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dell’impresa

42-63

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Eventi | Assemblea<br />

La relazione di Stefano Paleari, docente<br />

di Analisi dei sistemi finanziari all’Università di Bergamo<br />

La svolta epocale<br />

di Industria 4.0<br />

La quarta rivoluzione industriale<br />

è un cambiamento faticoso<br />

ma necessario. Occorre avere il coraggio<br />

di mutare schemi e modelli organizzativi<br />

per recuperare la produttività persa<br />

per strada negli anni della crisi. Insieme<br />

alle imprese, però, deve rinnovarsi<br />

anche la società nel suo complesso<br />

«L’Industria 4.0? Può essere la nuova frontiera del<br />

nostro mondo produttivo, a patto che il cambiamento<br />

sia sostanziale e non di facciata»: è tranchant<br />

e provocatoria la sintesi con cui il docente di<br />

Analisi dei sistemi finanziari presso l’Università di<br />

Bergamo, Stefano Paleari, ha aperto la parte pubblica<br />

dell’assemblea generale di Confindustria Modena.<br />

«La svolta<br />

è epocale,<br />

non a caso<br />

si parla<br />

di una quarta<br />

rivoluzione<br />

industriale.<br />

Chi la evita<br />

decide di perdere<br />

il treno<br />

della crescita<br />

e dello sviluppo»<br />

Gli ultimi otto anni<br />

Dopo otto anni di grave crisi economica le nuove tecnologie<br />

comprese sotto la definizione di «digital manufacturing»<br />

sono molto di più di un’ancora di salvataggio,<br />

rappresentano l’unica soluzione praticabile dalle<br />

aziende per scongiurare un futuro fatto di progressiva<br />

perdita di capacità competitiva.<br />

«La svolta è epocale, non a caso si parla di una quarta<br />

rivoluzione industriale», ha confermato il docente.<br />

«Chi la evita decide di perdere irrimediabilmente il<br />

treno della crescita e dello sviluppo». Dicevamo degli<br />

ultimi otto anni, segnati da una caduta rovinosa: la ricchezza<br />

pro capite del Paese si è ridotta del 10 per cento,<br />

e chi ha ottenuto di più lo ha ottenuto a scapito degli<br />

altri. Non si è trattato di un gioco a somma zero: «Dal<br />

2008 a oggi, abbiamo aggiunto al debito pubblico italiano<br />

ulteriori 500 miliardi di euro. Le sofferenze bancarie<br />

sono quadruplicate fino a 200 miliardi di euro, e la produzione<br />

industriale, in termini di volume, è scesa del<br />

20 per cento».<br />

Ma non è andata allo stesso modo in tutta Europa.<br />

L’Italia è il Paese Ue che più di tutti ha creato alla sua<br />

industria gravi scompensi. «Possiamo dire che oggi la<br />

caduta rovinosa è terminata? Forse, ma ciò non implica<br />

automaticamente che siamo al cospetto di una ripresa<br />

del Pil. Abbiamo potuto approfittare del basso costo<br />

del petrolio e del denaro, ma l’aereo della nostra economia<br />

non ha ripreso quota perché nel frattempo è cambiata<br />

in profondità la società in cui viviamo».<br />

SETTEMBRE/OTTOBRE 2016 - OUTLOOK 53

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