dell’impresa
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Eventi | Assemblea<br />
La relazione di Stefano Paleari, docente<br />
di Analisi dei sistemi finanziari all’Università di Bergamo<br />
La svolta epocale<br />
di Industria 4.0<br />
La quarta rivoluzione industriale<br />
è un cambiamento faticoso<br />
ma necessario. Occorre avere il coraggio<br />
di mutare schemi e modelli organizzativi<br />
per recuperare la produttività persa<br />
per strada negli anni della crisi. Insieme<br />
alle imprese, però, deve rinnovarsi<br />
anche la società nel suo complesso<br />
«L’Industria 4.0? Può essere la nuova frontiera del<br />
nostro mondo produttivo, a patto che il cambiamento<br />
sia sostanziale e non di facciata»: è tranchant<br />
e provocatoria la sintesi con cui il docente di<br />
Analisi dei sistemi finanziari presso l’Università di<br />
Bergamo, Stefano Paleari, ha aperto la parte pubblica<br />
dell’assemblea generale di Confindustria Modena.<br />
«La svolta<br />
è epocale,<br />
non a caso<br />
si parla<br />
di una quarta<br />
rivoluzione<br />
industriale.<br />
Chi la evita<br />
decide di perdere<br />
il treno<br />
della crescita<br />
e dello sviluppo»<br />
Gli ultimi otto anni<br />
Dopo otto anni di grave crisi economica le nuove tecnologie<br />
comprese sotto la definizione di «digital manufacturing»<br />
sono molto di più di un’ancora di salvataggio,<br />
rappresentano l’unica soluzione praticabile dalle<br />
aziende per scongiurare un futuro fatto di progressiva<br />
perdita di capacità competitiva.<br />
«La svolta è epocale, non a caso si parla di una quarta<br />
rivoluzione industriale», ha confermato il docente.<br />
«Chi la evita decide di perdere irrimediabilmente il<br />
treno della crescita e dello sviluppo». Dicevamo degli<br />
ultimi otto anni, segnati da una caduta rovinosa: la ricchezza<br />
pro capite del Paese si è ridotta del 10 per cento,<br />
e chi ha ottenuto di più lo ha ottenuto a scapito degli<br />
altri. Non si è trattato di un gioco a somma zero: «Dal<br />
2008 a oggi, abbiamo aggiunto al debito pubblico italiano<br />
ulteriori 500 miliardi di euro. Le sofferenze bancarie<br />
sono quadruplicate fino a 200 miliardi di euro, e la produzione<br />
industriale, in termini di volume, è scesa del<br />
20 per cento».<br />
Ma non è andata allo stesso modo in tutta Europa.<br />
L’Italia è il Paese Ue che più di tutti ha creato alla sua<br />
industria gravi scompensi. «Possiamo dire che oggi la<br />
caduta rovinosa è terminata? Forse, ma ciò non implica<br />
automaticamente che siamo al cospetto di una ripresa<br />
del Pil. Abbiamo potuto approfittare del basso costo<br />
del petrolio e del denaro, ma l’aereo della nostra economia<br />
non ha ripreso quota perché nel frattempo è cambiata<br />
in profondità la società in cui viviamo».<br />
SETTEMBRE/OTTOBRE 2016 - OUTLOOK 53