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milano

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club <strong>milano</strong><br />

n. 36<br />

Ezio Bosso: «La musica è spazio condiviso, non esiste ascolto. E noi abbiamo la responsabilità di coinvolgere»<br />

Viaggio nelle enoteche di città: da quelle storiche dove sentirsi milanesi DOC a quelle dove fare nuove amicizie<br />

Se non soffrite il freddo e non temete la velocità, quest’inverno potreste provare uno sport nuovo: l’ice sailing<br />

Sempre meno persone prendono appunti a mano, ma in tutta Italia fioriscono numerosi i corsi di calligrafia<br />

gennaio - febbraio 2017<br />

Antonio Marras: «La moda è un<br />

lavoro serio, che richiede tempo e<br />

passione per poter lasciare il segno»<br />

− pagina 16<br />

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editorial<br />

SHOWROOM MILANO | NEW YORK | TOKYO T. 800 835 039 LBM1911.IT<br />

Fuori classifica<br />

Le classifiche sono come i sondaggi, la Nutella e la Coca Cola. Non ne puoi fare a<br />

meno ma sai che dietro si nasconde il trucco. Fintanto che le si prende con leggerezza<br />

possono anche essere divertenti, il problema sorge nel momento in cui le si eleva a<br />

strumento utile, se non addirittura indispensabile, per costruirsi un’opinione. Proprio<br />

negli anni del boom rappresentato da Expo, Milano è crollata dal 1° al 48° posto<br />

nella speciale classifica italiana sulla qualità della vita (stilata da Italia Oggi e Università<br />

La Sapienza a novembre 2016). Quali siano i parametri di valutazione e come<br />

vengano pesati è sempre un po’ un mistero. Di certo, per chi ci vive, è evidente che<br />

Milano non è Mantova (oggi leader) e neppure Crotone (ultima), ma è qualcosa di<br />

completamente diverso. È come chiedere se è più buona una mela o la pizza. Rispetto<br />

a una qualsiasi città di provincia abbiamo più traffico, più smog, più giocolieri (e<br />

imprecazioni) ai semafori, meno asili e più cari, la trattoria è spesso solo sull’insegna<br />

e non sul conto da pagare, la pausa pranzo dura meno di un’ora e se sei fortunato<br />

la fai al bar e non certo a casa tua, un trilocale è un lusso per pochi, il parcheggio<br />

una chimera. Però può capitare di decidere all’ultimo minuto di andare a vedere<br />

una mostra di Basquiat, un concerto, di avere l’imbarazzo della scelta se mangiare<br />

indiano, thailandese, giapponese, oppure una pizza alta, bassa, al taglio o fritta. Puoi<br />

essere elegante anche senza marca, puoi essere ricco anche in bicicletta e nel week<br />

end decidere di andare al mare, a sciare o al lago. E tutto in meno di due ore. Oppure<br />

scegliere di andare a visitare le ricchezze artistiche di Mantova (proprio lei, la capoclassifica)<br />

senza alcun complesso di inferiorità, piuttosto con un po’ di stress in più<br />

addosso. In realtà Milano dovrebbe essere fuori classifica perché ha caratteristiche<br />

uniche che altre città non hanno. In particolare il gusto per la condivisione (spopola<br />

il coworking e qualunque forma di sharing) e l’esaltazione del diverso da sé come<br />

valore da ricercare e non da temere. Una rarità, soprattutto in quest’epoca in cui la<br />

cultura “trumpista” sembra dominare. La verità è che chi ha scelto di vivere a Milano<br />

difficilmente potrebbe accontentarsi di qualcosa di meno, per quanto più comodo e<br />

meno stressante. È come una donna bellissima che ti obbliga a tenere alta la soglia di<br />

attenzione, ti stanca, ma non riesci a farne a meno. Proprio come una bella classifica.<br />

Stefano Ampollini<br />

4<br />

VIA DELLA SPIGA 30


contents<br />

Volkswagen raccomanda Scopri tutti i prodotti che Volkswagen Financial Services ha ideato per te. www.volkswagen.it<br />

point of view 10<br />

Calligrafia dell’anima<br />

di Roberto Perrone<br />

inside 12<br />

Brevi dalla città<br />

a cura di Elisa Zanetti<br />

outside 14<br />

Brevi dal mondo<br />

a cura di Elisa Zanetti<br />

focus 26<br />

Spazio al pensiero<br />

di Marilena Roncarà<br />

interview<br />

28<br />

Ezio Bosso<br />

di Nadia Afragola<br />

focus 30<br />

Milano in un sorso<br />

di Elisa Zanetti<br />

Nuova Tiguan.<br />

Connected with your life.<br />

cover story 16<br />

Antonio Marras<br />

di Nadia Afragola<br />

interview 32<br />

Gigi Simoni<br />

di Simone Sacco<br />

portfolio 20<br />

Osservatorio Milanese<br />

foto di autori vari<br />

focus 34<br />

La città s’illimpidiva<br />

di Marilena Roncarà<br />

Nuova Tiguan 1.6 TDI di serie con:<br />

Radio touch da 8” con App-Connect<br />

Fari posteriori a LED<br />

Front Assist Lane Assist Park Pilot Climatronic 3 zone<br />

Tua a 26.500 euro.<br />

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Valori massimi: consumo di carburante ciclo comb. 7,4 l/100 km – CO2 170 g/km.


contents<br />

focus 38<br />

Scripta manent<br />

di Carolina Saporiti<br />

handwriting 40<br />

In bella scrittura<br />

di Alessia Delisi<br />

style 42<br />

Urban gentlemen<br />

di Elisa Anastasino<br />

hi tech 50<br />

Quando la tv è Ultra (HD)<br />

di Paolo Crespi<br />

weekend 52<br />

Storie preziose<br />

di Carolina Saporiti<br />

weekend 54<br />

Carnevale tutto l’anno<br />

di Tullia Carota<br />

overseas 56<br />

Mi Buenos Aires querido<br />

di Andrea Zappa<br />

sport 44<br />

Sailing on the rocks<br />

di Andrea Zappa<br />

design 46<br />

Giardino d’inverno<br />

di Marzia Nicolini<br />

food 58<br />

Gourmet in quota<br />

di Marzia Nicolini<br />

food 60<br />

Felix Lo Basso<br />

di Roberto Perrone<br />

free time 62<br />

Da non perdere<br />

a cura di Enrico S. Benincasa<br />

secret <strong>milano</strong> 64<br />

Il luogo che non c’è<br />

di Elisa Zanetti<br />

8<br />

wheels 48<br />

Genio volante<br />

di Ilaria Salzano<br />

In copertina<br />

Antonio Marras<br />

Foto di Matteo<br />

Cherubino<br />

Sealup Flagship Store<br />

Via Brera 3, Milano<br />

–<br />

www.sealup.net


point of view<br />

roberto perrone<br />

Giornalista e scrittore, vive a Milano ma ha<br />

solidi radici “zeneisi”. Si è occupato di sport,<br />

food e viaggi a “Il Corriere della Sera”. Ora è<br />

freelance. Il suo sito è perrisbite.it. A febbraio<br />

è uscito il suo primo noir, La seconda vita di<br />

Annibale Canessa (Rizzoli)<br />

Calligrafia dell’anima<br />

Il più bell’esempio di calligrafia lo ricordo ancora adesso con un po’ di dispiacere<br />

per il fatto che è andato perduto. Lo conservavo, insieme con le tante lettere che<br />

avevo ricevuto da amici e amiche di ogni parte d’Italia, qualcuna pure dall’estero,<br />

in una scatola che mia madre infilò in un cassonetto in un momento di iconoclastico<br />

repulisti (senza prima avvertirmi, ovviamente). Erano un paio di fogli vergati<br />

con una mano leggera e con una calligrafia perfetta, con le righe straordinariamente<br />

diritte, precise, come se ci fossero state delle linee di supporto. E poi non c’era<br />

una sbavatura, non c’era uno svolazzo di inchiostro che rovinasse l’impatto visivo.<br />

La penna della mia amica Lella aveva trasformato due salviette di carta delle allora<br />

FFSS, cioè le Ferrovie dello Stato, recuperate nel bagno della carrozza di un treno,<br />

in un perfetto esercizio di calligrafia. Non ho mai capito come avesse potuto<br />

scrivere là sopra, su una carta porosa, insidiosa, senza bucarla, senza sporcarla.<br />

Era ed è un’artista e infatti quella per me era un’opera d’arte. E come tante opere<br />

d’arte è andata perduta. Come è andata perduta la nostra abitudine a scrivere a<br />

mano in buona e meno buona calligrafia. Non so da quanto tempo non scrivo una<br />

lettera che non sia in formato mail. Eppure la scrittura mi affascina e acquisto una<br />

stilografica almeno una volta all’anno. Io credo che la scrittura dica molto di noi,<br />

di come siamo, di quello che pensiamo. Scrivere era qualcosa che ci apparteneva,<br />

che ci faceva unici, che ci rendeva speciali. Scrivere, con una calligrafia che fosse<br />

comprensibile, perché c’era anche questo sforzo da fare, rappresentava anche una<br />

fatica, era un gesto molto più impegnativo di quello che compiamo pigiando sui<br />

tasti di un computer, di un cellulare, di un tablet, insomma di quelli che oggi<br />

chiamiamo device. Ricordo la gioia di trovare nella cassetta delle lettere una busta<br />

con il mio nome scritto sopra, in una scrittura diversa, magari femminile, l’ansia<br />

di leggere di cosa si trattasse. Ricordo di lettere scritte a ragazze di cui mi ero<br />

innamorato in cui cercavo di dire e non dire, spesso di saggiare il terreno per non<br />

affondarvi con i miei sentimenti. Spesso in questa pagina racconto del passato, di<br />

quello che non c’è più. I cinema spariti, i telefoni a gettone, le mezze stagioni. Non<br />

è rimpianto, è storia. Il mondo va avanti e questi aggeggi che maneggiamo ora sono<br />

comodi. Lo faccio per ricordare, prima di tutto a me stesso, che sono stato felice e<br />

comunicativo anche senza WhatsApp, SMS, social vari e assortiti e che mi piaceva<br />

scrivere, la sera, ai miei amici e alle mie amiche (di più) per raccontare di me. E se<br />

mia madre non avesse distrutto tutte quelle lettere adesso cercherei di capire se allora<br />

dicevamo di noi di più con la calligrafia di quello che ora diciamo con gli strumenti<br />

elettronici. Sarebbe un bell’esercizio: capire la calligrafia della nostra anima.<br />

Roberto Perrone<br />

10


INSIDE<br />

Su il sipario<br />

Ricomincia in grande il 15 febbraio con la Compagnia Marionettistica<br />

Carlo Colla & Figli che torna nel luogo che per più<br />

di mezzo secolo è stato la sua casa, la programmazione del<br />

Teatro Gerolamo. Questo gioiello architettonico a pochi passi<br />

dal Duomo riapre dopo 33 anni di oblio e 10 di restauro e<br />

per il rinnovato debutto i Colla portano in scena proprio quel<br />

personaggio di Gerolamo che al teatro ha poi dato il nome.<br />

www.teatrogerolamo.it<br />

Live Wine<br />

Torna a Milano il Salone Internazionale<br />

del Vino Artigianale. Ospitato dal Palazzo<br />

del Ghiaccio il 18 e il19 febbraio<br />

l’evento porterà a Milano 150 cantine<br />

italiane e straniere. Durante la manifestazione<br />

si potranno seguire incontri e<br />

degustazioni a tema, mentre durante<br />

le serate Live Wine Night alcuni luoghi<br />

selezionati della città offriranno approfondimenti<br />

in compagnia di vignaioli.<br />

www.livewine.it<br />

Škoda Preview<br />

Si chiama Kodiaq ed è il nuovo arrivato di casa<br />

Škoda. Presentato con una preview esclusiva da<br />

AutoRigoldi, in una serata presso lo showroom<br />

di via Pecchio 10, questa automobile colpisce per<br />

il suo look imponente, grazie alla combinazione<br />

di design e ampi spazi interni. Dotata di sistemi di<br />

sicurezza e assistenza all’avanguardia e di sistemi<br />

di connettività innovativi, Škoda Kodiaq rivoluziona<br />

il mondo dei SUV. Gli amanti delle sportive<br />

ameranno la funzione off-road, che rende sicure<br />

anche le avventure fuori strada.<br />

www.autorigoldi.it<br />

A tempo di musica<br />

Orologio ufficiale e sponsor della stagione d’Opera, da molti<br />

anni Rolex sostiene le attività del Teatro alla Scala: anche<br />

quest’anno il noto marchio di orologeria è stato partner della<br />

serata inaugurale di Sant’Ambrogio e ha scelto di sostenere il<br />

Concerto di Natale e il programma Grandi Artisti alla Scala,<br />

con una serie di concerti che si chiuderanno il 19 settembre<br />

con Tamerlano con Plácido Domingo.<br />

www.rolex.com<br />

La casa dell’arte<br />

Riapre dopo 25 anni la Casa D’arte<br />

Spagna Bellora, che nella seconda metà<br />

degli anni Ottanta fu luogo di scambio<br />

e di dibattito culturale attento alle<br />

esperienze italiane e internazionali. Il<br />

progetto prevede di accostare opere<br />

storiche ad alcuni lavori recenti e per festeggiare<br />

inaugura una mostra dedicata<br />

a Alessandro Algardi, Agostino Ferrari,<br />

Umberto Mariani, Giorgio Milani, Kyoji<br />

Nagatani e Tino Stefanoni.<br />

12


outSIDE<br />

Ommm…<br />

Un weekend dedicato alla scoperta dello Yoga e<br />

delle sue tante sfaccettature. Giunto alla 17esima<br />

edizione, YogaPorteAperte coinvolge centri e<br />

insegnanti di tutta Italia proponendo un programma<br />

di incontri per gli appassionati, con la<br />

possibilità per il pubblico interessato di partecipare<br />

a lezioni gratuite di prova, conferenze, dibattiti,<br />

proiezioni di video e altre iniziative. Quando?<br />

Durante il weekend del 28 e 29 gennaio.<br />

www.insegnantiyoga.it<br />

Banff Mountain Film Festival<br />

Imprese di atleti ed esploratori, grandi spazi selvaggi<br />

e natura incontaminata. Sono i protagonisti del Banff<br />

Mountain Film Festival World Tour Italy, la rassegna cinematografica<br />

che porta in Italia i migliori film del Festival<br />

del Cinema di Montagna di Banff, in Canada. Giunta<br />

alla sua quinta edizione, la rassegna tocca 26 città italiane<br />

a partire da Torino il 13 febbraio. Tra i titoli spicca<br />

Poumaka, che racconta l’apertura di una nuova via sulla<br />

torre omonima situata sull’isola di Ua Pou, in Polinesia.<br />

www.banff.it<br />

Prêt-à-porter<br />

È una mostra da indossare Prêt-à-porter di Giovanni<br />

Frangi. Inserita nel programma di eventi ideati per<br />

Pistoia Capitale Italiana della Cultura 2017, dal 5<br />

febbraio al 2 aprile, l’esposizione dà vita a Palazzo Fabroni.<br />

Gli spazi espositivi sono infatti parte determinante<br />

del processo creativo dell’artista. Ogni opera si<br />

lega al contesto architettonico e storico dell’edificio,<br />

raggiungendo un suggestivo equilibrio compositivo.<br />

www.palazzofabroni.it<br />

Una laurea in caffè<br />

Sono in 28 e vengono da 17 Paesi del mondo.<br />

Sono gli studenti che hanno raggiunto Trieste<br />

per frequentare il settimo anno del Master in<br />

Economia e Scienza del Caffè promosso da Illy.<br />

Unico al mondo, questo corso offre ai giovani<br />

laureati una preparazione a tutto tondo sulla<br />

cultura del prodotto, dalla pianta alla tazzina,<br />

sulla valenza sociale ed economica del caffè e<br />

sulla cultura dei Paesi produttori.<br />

www.illy.com<br />

Storie per immagini<br />

Prosegue Storie di EOS 5 Tour, l’evento organizzato<br />

da Canon e partito il 5 novembre da<br />

Milano, che avrà come ultima tappa Bari, il prossimo<br />

11 febbraio. Durante la giornata gli amanti<br />

della fotografia potranno incontrare alcuni grandi<br />

fotografi italiani, partecipare a seminari tecnici e<br />

testare le ultime novità della casa giapponese.<br />

L’appuntamento sarà anche l’occasione per<br />

vedere gli scatti che hanno preso parte al contest<br />

dedicato alla serie Canon EOS 5D.<br />

www.canon.it/eos5tour<br />

14


Cover story<br />

Cover story<br />

ANTONIO MARRAS<br />

SEGNI RICONOSCIBILI<br />

Nato ai confini dell’Impero, come dice lui, per lo stilista sardo tutto può accadere,<br />

basta crederci. Appassionato di cinema, con la moda riesce a dare libero sfogo<br />

a quello che gli piace di più: dalla danza al teatro, dalla poesia alla letteratura.<br />

Nonostante sia legato alla sua terra natale, Marras si è radicato bene anche a<br />

Milano, una città piena di segreti, ma capace di aprirsi a chiunque<br />

di Nadia Afragola - foto di Matteo Cherubino<br />

Antonio Marras è il più intellettuale<br />

degli stilisti. Il più francese degli italiani.<br />

È stato tra i protagonisti dell’ultima<br />

Settimana della Moda Uomo di Milano<br />

con una sfilata, performativa, in Triennale,<br />

luogo che prima di aprire le porte<br />

alla nuova collezione, gli ha dedicato<br />

una mostra: Nulla dies sine linea. Vita,<br />

diari e appunti di un uomo irrequieto,<br />

nata per celebrare vent’anni di «stracci<br />

e pasticci». È un’isola felice la sua,<br />

come quella che gli ha dato i natali e<br />

che custodisce ancora oggi il suo laboratorio<br />

e lo studio di progettazione, la<br />

Sardegna.<br />

Si presenti...<br />

Nasco ai confini dell’Impero. In Sardegna,<br />

ad Alghero, un’isola nell’isola<br />

dove si parla ancora il catalano. Sono<br />

attaccato a quel posto in maniera viscerale,<br />

quasi morbosa, ma c’è in me<br />

da sempre il bisogno di andare via pur<br />

restando. C’è un confine da superare<br />

che è il mare e c’è un approdo che è<br />

solo una tappa di un viaggio che non<br />

finisce. Non ho pace in nessun luogo.<br />

Nasco con un DNA preciso: mio padre<br />

aveva un negozio di tessuti, fu il primo<br />

a portare Fiorucci in Sardegna negli<br />

anni Settanta. Il mio primo viaggio fu a<br />

Milano proprio da Elio. Ho iniziato a<br />

seguire il negozio di papà che nel frattempo<br />

si è ammalato ed è mancato nel<br />

giro di pochi mesi. Un signore, un bel<br />

giorno, mi ha chiesto di disegnare una<br />

collezione, l’ho ignorato per due anni,<br />

nel frattempo mi sono diplomato in<br />

ragioneria nonostante i miei problemi<br />

con i numeri. Non ricordo una data,<br />

non so le tabelline, ho dei problemi di<br />

discalculia. Sono la prova vivente che<br />

tutto può accadere. La mia passione<br />

vera è il cinema, la moda è un modo<br />

per mettere in scena quello che mi<br />

piace: la danza, il teatro, la poesia, la<br />

letteratura.<br />

Dice spesso che la sua arte è fatta di<br />

«stracci e pasticci». Ci spieghi meglio.<br />

Devo riempire pagine, imbrattare superfici,<br />

incollare, attaccare, sovrapporre,<br />

togliere, cancellare, rimettere, aggiungere,<br />

incastrare, incasellare e poi<br />

scomporre di nuovo tutto per cercarne<br />

l’armonia. Qualche volta queste cose<br />

trovano un loro perché che comprende<br />

tutto quello che ho in mano, da un<br />

ritaglio di foto, agli smalti di Patrizia (la<br />

moglie, NdR). Tutto diventa materiale<br />

utile per raccontare questa mia necessità<br />

di lasciare il segno… di riempire<br />

vuoti. Sono pasticci dei quali mi vergognavo,<br />

solo Maria Lai a suo tempo riuscì<br />

a convincermi del loro valore. C’è<br />

voluto tempo perché fossero esposti,<br />

incasellati e perché trovassero dimora<br />

in vecchie cornici prima e in un luogo<br />

come la Triennale poi.<br />

La Triennale ha riservato ai suoi 500<br />

quadri e alle installazioni di una carriera<br />

oltre 1.200 mq. Che legame c’è<br />

fra i segni e la cornice?<br />

Francesca Alfano Miglietti è stata la<br />

curatrice e ricordo ancora quando è venuta<br />

da me la prima volta. Si è fermata<br />

due giorni e ne è uscita ubriaca: le ho<br />

proposto di vedere una carrellata di<br />

cose che erano lì da una vita. Dopo un<br />

iniziale spaesamento è stata bravissima<br />

a riprendersi. Ho avuto poi sei mesi per<br />

mettere ordine: il mio è un lavoro in serie.<br />

Sono un “serial killer”, mi piacciono<br />

le cose ripetute, i multipli.<br />

Una richiesta precisa: nessun ambito,<br />

anche se c’è una stanza vietata ai mi-<br />

16 17


Cover story<br />

Cover story<br />

tana, non sapevo chi fosse all’epoca e<br />

non osai chiederlo. Era una ferita dove<br />

potevi entrare, passare e andare oltre.<br />

Mi si è aperto un mondo. E così ho iniziato<br />

a interessarmi solo alle cose che<br />

mi garantivano respiro, come la poesia.<br />

Ha però sempre trovato quel fil rouge<br />

necessario a fare di singoli capi una<br />

collezione completa: come si arriva a<br />

un’idea d’insieme?<br />

Il mio lavoro nasce dalla ricerca dei<br />

tessuti, incontro ancora i fornitori con<br />

i quali ho un rapporto stretto e ai quali<br />

posso chiedere qualsiasi cosa. Mi dicono<br />

che sono pazzo e poi alla fine riusciamo<br />

a trovare quello che mi piace.<br />

Sanno che mi devono far vedere errori,<br />

sbagli, quello che nessuno vuole, è<br />

lì che puoi costruire poi una storia. Il<br />

processo creativo non ha un iter sempre<br />

uguale, parto da una lettera, un<br />

quadro, un film, un romanzo, una persona<br />

che ho incontrato, un dettaglio...<br />

e da lì mettendo insieme frammenti,<br />

bottoni, provo semplicemente a vedere<br />

cosa succede.<br />

Nel 2003 diventa stilista per la linea<br />

prêt-à-porter della maison francese<br />

Kenzo. Nel 2006 rivoluziona il concept<br />

e nel 2008 è promosso direttore<br />

artistico globale del marchio. Come si<br />

rivoluziona un mondo?<br />

Rispettando il DNA del brand. Di solito<br />

chi arriva cerca di cancellare, togliere,<br />

annientare, buttare via, sradicare<br />

quello che c’è stato prima. Alle volte<br />

funziona ma non sempre. Credo che<br />

non si possa lavorare nel presente guardando<br />

al futuro se non si dà un’occhiata<br />

al passato. È stato un periodo molto<br />

intenso, una tappa di un viaggio molto<br />

lungo.<br />

Quell’equilibrio dei contrasti così tangibile<br />

nelle sue collezioni come si raggiunge?<br />

Con assoluta incoscienza. Agisco e mi<br />

muovo come un animale, per istinto.<br />

Sono un sardo marino, cocciuto, determinato,<br />

ascolto tutti ma faccio come<br />

penso sia opportuno fare. Porto avanti<br />

un’idea, un concetto ma spesso parto<br />

da cose che non mi piacciono, che ho<br />

trovato brutte, irritanti fino a poco prima<br />

e poi a un certo punto scatta in me<br />

il desiderio per certi dettagli sui quali<br />

mi accanisco, fino a quando non trovo<br />

la soluzione e quei particolari diventano<br />

parte integrante della collezione.<br />

Devo poi lottare con una serie di persone<br />

che mi danno sistematicamente<br />

del pazzo.<br />

Franca Sozzani era molto più di una<br />

semplice editrice italiana per la moda,<br />

l’Italia e la città di Milano. Cosa resta<br />

di questa donna così esile eppure così<br />

carismatica?<br />

Un vuoto. È riuscita a fare di un giornale,<br />

un baluardo, il biglietto da visita<br />

nel mondo dell’Italia. Sceglieva dei fotografi<br />

che trasformavano quel giornale<br />

in oggetto del desiderio da possedere<br />

anche solo per quei servizi. E poi aveva<br />

dei collaboratori straordinari, penso<br />

a Mariuccia Casadio, a Patrizia Gatti,<br />

Cesare Cunaccia che facevano del giornale<br />

“quel giornale”.<br />

Come definirebbe Milano?<br />

Milano è una bella donna. È una città<br />

nella quale sto molto bene, che negli<br />

anni è cambiata tanto, migliorata in<br />

maniera straordinaria, con i problemi<br />

che non può non avere una capitale<br />

così importante. È una donna piena di<br />

segreti che si apre in maniera piacevole<br />

nori. Vuol dire che è diventato talmente<br />

bravo da superare i confini della<br />

moda?<br />

Sono stato molto contento di questa<br />

richiesta, continuavano a chiedermi<br />

quale collezione avrei esposto e alla risposta<br />

che non ci sarebbe stato nessuno<br />

dei miei abiti la reazione era sempre la<br />

stessa, sconcerto. Mi sono messo a nudo<br />

e ho letto quella richiesta estrema, folle<br />

e scriteriata come un profondo atto di<br />

fiducia da parte di Silvana Annicchiarico,<br />

la direttrice della Triennale. Voleva<br />

vedere solo le mie cose delle quali forse<br />

aveva coscienza, ma non nella dimensione<br />

che poi hanno assunto. Ho ripreso<br />

in mano la mia vita, l’ho adattata al<br />

luogo, l’ho fatta dialogare con lo spazio,<br />

un luogo ostico, una curva bianca,<br />

asettica, che ho provato a rimpicciolire,<br />

accostandola alle pareti, come dentro<br />

un utero. Ci sono delle barriere di abiti<br />

non miei da superare, vecchie giacche<br />

appartenute a un’orchestra, camicie<br />

intrise di lavanda bianca, che ricordano<br />

l’odore del bucato e provano a farti<br />

sentire amato, protetto, accudito.<br />

Da bambino era dislessico. È per questo<br />

che ha cercato respiro nella pittura<br />

e nella fotografia?<br />

Ho un problema grandissimo a leggere<br />

a voce alta e avevo un maestro terribile<br />

che me lo imponeva nonostante questa<br />

mia paura. Una tortura: finivo sempre<br />

per inventare parole che non esistevano<br />

pur di andare avanti. La pagina<br />

scritta era un muro di lettere che bloccavano<br />

la mia mente, capace di trovare<br />

respiro solo nelle pagine illustrate. La<br />

prima cosa che ricordo della mia antologia<br />

è una foto con un campo bianco<br />

e un taglio al centro: un taglio di Fone<br />

totale, mi piace pensare di poterla vestire<br />

con uno di quei manteau che Biki<br />

(Elvira Leonardi Bouyeure, NdR) fece<br />

per Maria Callas.<br />

Spesso le sfilate di oggi prendono il<br />

via nel web e poi arrivano in passerella...<br />

è finita un’epoca o è solo cambiato<br />

il modo di fare moda?<br />

Nessun computer, tv o mezzo di proiezione<br />

ti possono regalare l’emozione<br />

e quell’atmosfera magica che vivi durante<br />

una sfilata. Un tempo le signore<br />

in prima fila potevano illustrare ma<br />

non pubblicare se non dopo mesi i loro<br />

disegni, pensate a Brunetta (Mateldi,<br />

NdR) geniale disegnatrice di moda.<br />

Oggi le prime file sono occupate da<br />

blogger e le giornaliste faticano a essere<br />

inserite. Quando mi chiedono chi ho<br />

in prima fila potrei uccidere. La moda è<br />

un lavoro serio, pesante, richiede tempo,<br />

passione, coinvolgimento, non può<br />

riassumersi con chi occupa la prima<br />

fila. Nessuno applaude più, sono tutti<br />

con il telefono in mano a fare foto.<br />

Sono cambiati i tempi, cambieranno<br />

ancora ma quei cinque minuti restano<br />

lì e raccontano il lavoro di sei mesi. Le<br />

persone vedono anche dieci sfilate al<br />

giorno, devi essere bravo a lasciare il<br />

segno.<br />

Perché ha deciso di far sfilare le collezioni<br />

femminili e maschili insieme?<br />

Ho bisogno di raccontare un universo,<br />

una storia che sia mia e mai come in<br />

queste stagioni sento l’esigenza di intersecare<br />

l’uomo con la donna, la prima<br />

con la seconda linea. È stato un anno in<br />

cui ho avuto la possibilità di mostrare<br />

un altro me. La mostra in Triennale mi<br />

ha spogliato e unendo uomo e donna,<br />

credo di essere riuscito a raccontare il<br />

mio mondo e una parte di quello che<br />

sono.<br />

Quante persone lavorano a una sua<br />

sfilata?<br />

Nonostante Marras è<br />

il concept store aperto<br />

a Milano nel 2012. Un<br />

po’ negozio, un po’<br />

libreria e un po’ bar, si<br />

trova al civico 8 di via<br />

Cola di Rienzo<br />

Sommando tutte le varie fasi di lavorazione<br />

si va dalle 400 alle 500 persone.<br />

Lavora nella moda eppure il suo<br />

quartier generale, il suo laboratorio è<br />

ancora in Sardegna. Perché ha scelto<br />

di complicarsi la vita?<br />

Anche lo studio di progettazione è lì.<br />

Devo rendere articolata la mia vita, le<br />

cose semplici non vanno bene, mi annoio,<br />

ho bisogno di alternative. Perché<br />

un simile attaccamento ad Alghero?<br />

Perché ho iniziato lì e perché è lì che<br />

tornavo a casa, nei fine settimana, la<br />

sera dai miei due figli piccoli. Ho bisogno<br />

di tornare anche se, oggi, la mia<br />

vita è equamente divisa tra Milano e<br />

Alghero, con le varie sortite tra Parigi,<br />

New York e Londra. Sia chiaro che Milano<br />

non è solo moda però, c’è stata la<br />

mostra, c’è il Salone del Mobile e uno<br />

spazio, Nonostante Marras, che apre la<br />

porte a un flusso sempre più importante<br />

di appuntamenti.<br />

18 19


Portfolio<br />

Portfolio<br />

OSSERVATORIO<br />

MILANESE<br />

Più in centro di così non si può. Ha aperto a dicembre in Galleria Vittorio<br />

Emanuele II Osservatorio Fondazione Prada, un nuovo spazio espositivo<br />

della maison di moda dedicato alla fotografia e ai linguaggi visivi. Si parte<br />

con la mostra “Give Me Yesterday”, a cura di Francesco Zanot, che raccoglie<br />

le immagini di 14 fotografi italiani e internazionali che hanno lavorato sul<br />

tema della fotografia come diario personale. I diari raccontano la quotidianità<br />

e i rituali intimi e personali in un arco di tempo che va dal Duemila a oggi.<br />

L’immediatezza e la spontaneità del documentario diventano in questo modo<br />

controllo estremo dello sguardo di chi osserva ed è osservato<br />

In questa pagina.<br />

Orange Blind, #smudge,<br />

2016, Kenta Cobayashi.<br />

L’artista giapponese<br />

esplora le possibilità<br />

di trasformazione<br />

dell’immagine digitale,<br />

sottoponendola<br />

a un processo di<br />

manipolazione che<br />

ne afferma la fragilità.<br />

Photo courtesy Kenta<br />

Cobayashi G/P gallery<br />

Nella pagina a fianco.<br />

Camera Woman,<br />

2015, Tomé Duarte.<br />

Gli autoritratti della<br />

fotografa portoghese<br />

sono realizzati mentre<br />

indossa i vestiti<br />

della ex-compagna<br />

nel tentativo di<br />

riconnettersi con lei.<br />

Photo courtesy Tomé<br />

Duarte<br />

di Carolina Saporiti - foto di autori vari<br />

20 21


Portfolio<br />

Portfolio<br />

In questa pagina.<br />

Her-story: Ke dutse<br />

pela dipalesa II, 2013.<br />

Lebohang Kganye è una<br />

fotografa del Sudafrica,<br />

i cui lavori si basano<br />

sulla figura materna e<br />

la memoria. L’artista<br />

inserisce digitalmente<br />

la propria immagine<br />

all’interno di vecchie<br />

istantanee della madre<br />

scomparsa. Photo<br />

courtesy Lebohanf<br />

Kganye, Afronova<br />

Gallery<br />

Nella pagina a fianco.<br />

To Me You Are a Work of<br />

Art, 2011, Maurice van<br />

Es. Olandese, Maurice<br />

fotografa oggetti e<br />

vestiti riordinati dalla<br />

madre nella propria<br />

casa, facendone delle<br />

eleganti sculture. Photo<br />

courtesy Maurice<br />

van Es<br />

22 23


Portfolio Portfolio<br />

osservatorio<br />

fondazione prada<br />

Ospitato al quinto e al sesto<br />

piano di uno degli edifici centrali<br />

della Galleria Vittorio Emanuele II,<br />

Osservatorio Fondazione Prada si<br />

trova al di sopra dell’ottagono, al<br />

livello della cupola in vetro e ferro<br />

che copre la Galleria realizzata tra<br />

il 1865 e il 1867. Gli ambienti,<br />

ricostruiti nel secondo dopoguerra,<br />

sono stati sottoposti a un restauro<br />

che ha reso disponibile una superficie<br />

espositiva di 800 mq sviluppata<br />

su due livelli.<br />

www.fondazioneprada.org<br />

In questa pagina.<br />

Orizzonte in Italia,<br />

2011-2015. Tra il 2011<br />

e il 2014 Antonio<br />

Rovaldi ha scattato<br />

immagini di orizzonti<br />

che esprimono una<br />

personale visione di<br />

paesaggio e tracciano<br />

i confini di un ideale<br />

viaggio in Italia. Photo<br />

courtesy Antonio<br />

Rovaldi; The Goma/<br />

Madrid; Galleria<br />

Michela Rizzo<br />

Nella pagina a fianco.<br />

Hair Cut, 2016.<br />

Izumi Miyazaki si<br />

autorappresenta in<br />

situazioni ironiche.<br />

Photo courtesy Izumi<br />

Miyazaki<br />

24 25


FOCUS<br />

FOCUS<br />

Spazio al pensiero<br />

A due anni dalla posa della prima pietra la Fondazione Feltrinelli ha inaugurato il 13<br />

dicembre la nuova sede di viale Pasubio con cinque giorni di incontri e letture, anticipo di<br />

una programmazione che si preannuncia intensa e la risposta della cittadinanza, con le<br />

lunghe file all’ingresso, è stata più che generosa<br />

di Marilena Roncarà - foto di Filippo Romano<br />

02<br />

01<br />

01. I 250 metri quadrati<br />

della sala lettura al<br />

quinto e ultimo piano<br />

della Fondazione<br />

Feltrinelli. La sala<br />

lettura è aperta dalle<br />

9.30 alle 17.30<br />

zione di non essere semplice edilizia, ma architettura<br />

per la città, luogo di sviluppo di idee, una<br />

piazza contemporanea di partecipazione e aggregazione.<br />

«Resto convinto che investire nella cultura<br />

e nell’istruzione sia fondamentale per creare<br />

e mantenere in vita una società aperta. La grande<br />

architettura può essere un sostegno rilevante, ma è<br />

meno importante delle attività che accadono dentro<br />

e intorno agli edifici» sostiene a questo proposito<br />

il progettista Jacques Herzog. A lui fanno eco<br />

le parole di Carlo Feltrinelli, committente dell’opera<br />

con il Gruppo, di cui è direttore «Ci siamo<br />

messi in moto per un progetto fuori dal tempo,<br />

da questo tempo, ma secondo noi necessario e che<br />

deve tornare attuale. Una nuova sede iconica per<br />

una grande casa delle culture sociali, moderna e<br />

internazionale: questa è l’idea». Non a caso con un<br />

patrimonio archivistico di 12 km lineari di archivi,<br />

270mila volumi e 16mila periodici, la Fondazione<br />

Giangiacomo Feltrinelli si configura come uno dei<br />

maggiori centri di documentazione e ricerca nel<br />

campo delle scienze storiche, politiche, economiche<br />

e sociali e la nuova sede di viale Pasubio vuole<br />

essere una piattaforma di confronto accessibile a<br />

tutta la cittadinanza nella convinzione profonda<br />

che cambiare le cose per migliorare le condizioni<br />

di vita di tutti sia possibile e necessario. «Il nostro<br />

DNA è scritto nei nostri libri e nei nostri archivi,<br />

aprire nuove opportunità di conoscenza e creare<br />

nuove occasioni di lavoro sono le nostre finalità.<br />

Fare dell’insieme delle nostre iniziative un fattore<br />

di politica partecipata è la nostra ambizione»<br />

precisa il segretario generale della Fondazione<br />

Massimiliano Tarantino. Ed è così che nei cinque<br />

piani più interrato del building Feltrinelli ha<br />

già preso vita e corpo tutto questo. Cominciando<br />

dall’alto il quinto e ultimo piano, quello dove<br />

davvero sembra di toccare il cielo, è una sala di<br />

lettura aperta a tutti con quaranta postazioni per<br />

la consultazione più altre poltrone a uso libero.<br />

Quarto e terzo piano sono dedicati agli uffici della<br />

Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, oltre che<br />

spazio di co-produzione, ricerca e didattica. Cuore<br />

del progetto è la sala polifunzionale del primo<br />

e secondo piano, un luogo di ritrovo, incontro e<br />

Qualcosa in viale Pasubio è cambiato, dove prima<br />

c’era un vivaio storico, adesso c’è un vivaio di idee<br />

o meglio un nuovo spazio di cittadinanza che ha<br />

la forma di un edificio possente, ma anche leggero,<br />

con lo scheletro in cemento armato e le superfici<br />

vetrate. Nei suoi 188 metri di lunghezza per 32 di<br />

altezza sulla cuspide, il palazzo è una piccola meraviglia<br />

che non lascia certo indifferente nemmeno<br />

il passante più distratto. Progettato dallo studio<br />

di architettura Herzog & De Meuron, che l’ha<br />

voluto aguzzo come il gotico locale e fortemente<br />

orizzontale come le cascine delle campagne della<br />

Lombardia, l’edificio alterna pieni e vuoti secondo<br />

un ritmo costante e crea un gioco di riflessi e<br />

viste prospettiche sul quartiere che mescolano il<br />

vecchio e il nuovo in un tutt’uno organico e originale.<br />

E questo è “il fuori”, ma il progetto nutre l’ambiscambio<br />

tra cittadini e realtà all’avanguardia in<br />

campo artistico e divulgativo nell’ambito della<br />

ricerca delle scienze sociali. Il piano interrato accoglie<br />

infine il materiale della biblioteca e degli<br />

archivi della Fondazione, mentre al piano terra c’è<br />

l’immancabile libreria che qui è anche il satellite<br />

culturale che orbita attorno alle attività di ricerca<br />

e divulgazione della Fondazione, accompagnando<br />

i lettori nell’esplorazione dei temi proposti: globalizzazione<br />

e sostenibilità, cittadinanza europea,<br />

innovazione politica, futuro del lavoro e fonti della<br />

Storia. L’assortimento dei circa 15mila titoli è<br />

stato, infatti, realizzato privilegiando le scienze<br />

umane e sociali, la letteratura e le arti visive. E<br />

considerata la generale vocazione all’incontro e<br />

alla socialità non poteva mancare neppure uno<br />

spazio di ristoro: il Babitonga Caffè, che deve il<br />

suo nome alla comunità brasiliana della Baia di<br />

Babitonga autrice già nel 1842 di un importante<br />

esperimento sociale all’insegna di un mondo più<br />

giusto. Ecco allora che l’eco di quest’utopia e il<br />

richiamo verso mondi nascosti sono ulteriori risonanze<br />

di un luogo che vuole combinare insieme<br />

cultura e convivialità. Insomma le suggestioni<br />

sono davvero tante: a noi non resta che andare a<br />

curiosare, approfittando il più possibile di questa<br />

occasione da vivere in maniera attiva.<br />

02. Vista dall’alto della<br />

Fondazione, il primo<br />

edificio pubblico<br />

italiano progettato da<br />

Herzog & de Meuron<br />

26 27


Interview<br />

interview<br />

EZIO BOSSO<br />

L’ULTIMO GESTO IN NOTE<br />

In Italia è diventato famoso lo scorso anno dopo la partecipazione a Sanremo, lui però fa musica da 41 anni<br />

e su quel palco non voleva salirci. Ora è a Milano agli Arcimboldi con il suo primo disco da solista<br />

“The 12th Room”, dodici brani che svelano le sue radici e quelle della sua musica<br />

di Nadia Afragola<br />

Dopo aver venduto oltre 100mila biglietti<br />

con il tour Al piano, collezionando<br />

un sold out dietro l’altro, ha<br />

firmato un contratto di esclusiva con<br />

Sony Classic, insieme al suo pianoforte<br />

Steinway Gran Coda. Come tutti i musicisti<br />

è un po’ nomade. Si considera un<br />

quarto inglese e un po’ bolognese, ma<br />

è Torino la prima città dalla quale è<br />

dovuto andare via per essere ascoltato.<br />

L’inizio è con il botto: «La musica è un<br />

fenomeno sociale, è il più grande coadiuvante.<br />

Non chiedetemi di parlare<br />

della mia musica, parliamo della musica,<br />

che è di tutti. Noi abbiamo semplicemente<br />

la responsabilità di scriverla,<br />

interpretarla e suonarla. La musica<br />

non vuole consenso». Poi prosegue con<br />

i pregiudizi da combattere: «Pensano<br />

che io scriva musica per balletti, ma<br />

sono i teatri più importanti al mondo<br />

a scegliere per i loro balletti la mia musica.<br />

In Italia invece pensano che io sia<br />

nato il 10 febbraio del 2016 sul palco<br />

dell’Ariston accanto a Conti, peccato<br />

che faccio musica da 41 anni e da 30<br />

concerti».<br />

Cosa resta di Sanremo, quel giorno in<br />

fondo le ha un po’ cambiato la vita?<br />

La cosa più bella è aver dato spazio alla<br />

musica. Sarai la prima a scriverlo, ma<br />

io non ci volevo proprio andare. Avevo<br />

paura, tre giorni prima dissi che non<br />

mi sarei presentato, non volevo essere<br />

confuso con un personaggio che era lì<br />

per se stesso. Ho rischiato per amore<br />

della musica, le devo tanto.<br />

Dice spesso che la musica non è di<br />

nessuno. In che senso?<br />

La musica si fa solo insieme: lo dicevo<br />

sempre ai miei concerti, ora non riesco<br />

più a dirlo perché continuate a ripeterlo<br />

in televisione. La musica è uno spazio<br />

condiviso, non esiste senza l’ascolto.<br />

Ai musicisti, che lavorano con me, dico<br />

sempre che la musica non sono le note<br />

che suonano. Ha uno strumento in più<br />

che non vedi, lo spazio e un musicista<br />

in più, chi ascolta. E noi, che mettiamo<br />

solo le mani, abbiamo la responsabilità<br />

di coinvolgere. Nella musica studi non<br />

per essere il migliore ma per essere migliori.<br />

Quando Ezio diventa il maestro?<br />

Mi imbarazza quando mi chiamano<br />

così… Quando ho la bacchetta in<br />

mano e anche in quel caso continuo a<br />

essere Ezio. Il maestro non è colui che<br />

ti dice come fare, ma colui che ti fa vedere<br />

la tua strada.<br />

Nel 2011 le è stata diagnosticata una<br />

malattia neurodegenerativa. Che cosa<br />

è successo dopo?<br />

Parto dalla fine, da chi mi ha salvato. È<br />

stato il pianoforte che mi ha permesso<br />

di tornare a vivere e ad ascoltare la<br />

musica. Nel 2011 mi sono perso per<br />

imparare a seguire. È cambiato tanto il<br />

mio corpo, a volte lui ha ancora memoria<br />

dell’uomo che ero e si arrabbia.<br />

Personalmente ho deciso che è meglio<br />

godere per le fortune che ho, non devo<br />

dimostrare nulla.<br />

Il 2016 è stato l’anno della sua consacrazione.<br />

Come si affronta, a riflettori<br />

spenti, un simile carico di aspettative?<br />

Non amo i riflettori, amo quello che<br />

faccio, musica. Credo profondamente<br />

nel condividere quello che imparo.<br />

Non mostri la musica ma la condividi,<br />

perché ha un potere fantastico e rende<br />

bello persino me. In Italia purtroppo<br />

credono che io sia un fenomeno da baraccone,<br />

è faticoso dover sempre dimostrare<br />

un po’ di più... Io che poi non ho<br />

niente da dimostrare!<br />

Le sue prove sono oramai quasi sempre<br />

aperte al pubblico. È sicuro di<br />

quello che fa?<br />

Mai stato più sicuro di così. Vorrei riportare<br />

all’umanità la musica. Quando<br />

devo spiegare le note ai musicisti dico<br />

sempre che sono l’ultimo gesto di una<br />

persona. Prima c’è la vita, la ricerca,<br />

la sua storia e la storia intorno a lui.<br />

Non chiamatela rivoluzione, la mia, è<br />

solo un bellissimo desiderio. È bello<br />

assistere a qualcosa che nel tempo si<br />

perfeziona. Non voglio far vedere solo<br />

il lato forte, non è nella mia natura. La<br />

musica è studio, ma per colpa della disattenzione<br />

mediatica c’è tanta gente<br />

che dice che non serve a niente studiare.<br />

Sogno che i teatri siano un posto<br />

per tutti, non dove si va a vedere un<br />

fenomeno paranormale. Bisognerebbe<br />

pensare a qualcosa di vivo quando si<br />

pensa a un teatro.<br />

Quando ha firmato con Sony Classic,<br />

quel giorno cosa vi siete detti?<br />

All’inizio la cosa mi ha un po’ spaventato,<br />

detto questo il resto è stato tutto<br />

in discesa perché l’obiettivo comune<br />

era quello di fare e divulgare musica.<br />

Sto pensando di dare vita a una Fondazione<br />

che si occupi di questo.<br />

La fine del 2016 è coincisa con l’uscita<br />

della sua antologia: “…And the<br />

Things that Remain”.<br />

Le antologie mi danno sempre l’idea di<br />

qualcosa di postumo, ma piacciono…<br />

Ci sono 12 anni di registrazioni dentro.<br />

Faccio tutto come fosse l’ultima cosa<br />

e sono sempre stato così, anche prima<br />

di ammalarmi. Sento l’urgenza di fare,<br />

non so per quanto ancora potrò tenere<br />

certi ritmi. Mi premeva dare protezione<br />

a me e alla mia musica.<br />

Ha ripreso a vivere grazie al suo pianoforte<br />

Steinway Gran Coda. Com’è<br />

andata all’inizio?<br />

Se usi il passato qualcosa nel presente<br />

non va, ecco perché mi piace ricordare<br />

che i più grandi amori sono quelli di cui<br />

non si ricorda il momento in cui li si è<br />

incontrati. Se sei innamorato il prima<br />

non conta, ami l’adesso e non ti importa<br />

niente del domani. Mi ha chiamato,<br />

mi ha detto: «Vieni qui, metti un dito<br />

su quel tasto, poi un altro e un altro ancora<br />

e vedrai che riusciremo a risolvere<br />

qualche problema, come quello di non<br />

connettere più tanto le sinapsi».<br />

Al piano da solo o a dirigere un’intera<br />

orchestra, cosa cambia?<br />

Sono più tranquillo quando ho la bacchetta<br />

in mano. Una precisazione: non<br />

si suona il pianoforte, si suona con il<br />

pianoforte e un direttore non suona<br />

un’orchestra ma con un’orchestra.<br />

28 29


FOCUS<br />

FOCUS<br />

Milano in un sorso<br />

In alcune si chiacchiera condividendo bottiglie prestigiose con perfetti sconosciuti, in altre si<br />

leggono poesie o componimenti in milanese, in altre ancora si socializza ballando o giocando<br />

a carte. Un viaggio fra le enoteche di Milano e le loro diverse anime<br />

di Elisa Zanetti<br />

INDIRIZZI<br />

Bicerìn Milano<br />

via Panfilo Castaldi 24<br />

Bottega del Vino La Coloniale<br />

corso Genova 19<br />

Cantine Isola<br />

via Paolo Sarpi 30<br />

La Cieca<br />

via Carlo Vittadini 6<br />

N’Ombra de Vin<br />

via San Marco 2<br />

Vineria di Via Stradella<br />

via Alessandro Stradella 4A<br />

03<br />

02<br />

01<br />

01. La Vineria di via<br />

Stradella propone<br />

degustazioni guidate<br />

dai produttori di vino<br />

che raccontano il loro<br />

lavoro<br />

«Bevendo gli uomini migliorano: fanno buoni affari,<br />

vincono le cause, son felici e sostengono gli amici».<br />

Così diceva più di 2000 anni fa il commediografo<br />

greco Aristofane. Seguire il suo consiglio potrebbe<br />

essere un buon proposito da aggiungere alla lista<br />

di quelli già preparati per il 2017: del resto chi l’ha<br />

detto che bisogna chiedere a se stessi solo di mangiare<br />

meno, fare più sport o smettere di fumare?<br />

Dedicare un momento in più a un buon bicchiere<br />

di vino può rappresentare un’occasione di convivialità,<br />

scambio e incontro (e se tra i vostri obiettivi<br />

per l’anno nuovo c’è anche quello di trovare<br />

l’anima gemella potrebbe essere di aiuto). A Milano<br />

sono diverse le enoteche dove è possibile assaporare<br />

le delizie di Bacco e fare anche molto altro.<br />

Partiamo con Cantine Isola. Nata nel 1896 come<br />

Boeucc dell’Isola, da un Giovanni Isola compagno<br />

di idee di Filippo Turati, sulla cui rivista “La Battaglia”<br />

Isola stesso inserì un invito a recarsi nella sua<br />

cantina. Questo storico locale milanese prese il<br />

nome attuale durante la seconda gestione, quando<br />

un’altra famiglia Isola formata da cinque fratelli<br />

scelse il plurale “cantine” che meglio si confaceva<br />

alla propria numerosa realtà. Sarà Giacomo, uno<br />

dei nipoti dei fratelli a portare avanti l’attività e<br />

sua moglie, conosciuta come Milly, potrà vantare<br />

di essere una delle prime sommelier donna. Tutti<br />

i suoi segreti li ha imparati Luca Sarais, l’attuale<br />

proprietario, che spiega: «Tenere il cliente al banco<br />

è un’arte, occorre saper parlare un po’ di tutto,<br />

senza mai cadere nel banale e nel ridicolo». Per<br />

riuscirci ha dato vita all’appuntamento La poesia<br />

del martedì: ogni settimana alle 20.30 si legge un<br />

piccolo brano «per regalare un momento di un’arte<br />

diversa dal fare vino» e da qualche anno ai versi<br />

si alternano letture in dialetto milanese.<br />

Ha una bella storia da raccontare anche N’Ombra<br />

de Vin: attaccata alle mura della Basilica di<br />

San Marco, questa enoteca sorge in quello che fu<br />

l’antico refettorio cinquecentesco dei frati agostiniani,<br />

citato da Manzoni ne I promessi Sposi. Frequentato<br />

un tempo dalle truppe napoleoniche,<br />

annovera fra i suoi illustri ospiti anche Mozart e<br />

oggi tutti i milanesi che la scelgono non solo per<br />

un calice, ma anche per serate con musica dal vivo<br />

dove non è difficile lanciarsi nelle danze, a volta<br />

addirittura sui tavoli. Inaugurato nel 1973 dal<br />

veneto Giacomo Corà offre un’ampia selezione<br />

di etichette, con una particolare attenzione per<br />

la Francia. Punto di incontro imperdibile anche il<br />

marciapiede davanti al locale, sempre frequentatissimo<br />

sia d’estate sia d’inverno.<br />

Con le belle giornate non perdetevi il rilassante<br />

giardino della Vineria di via Stradella. Nato come<br />

piccolo ristorante e punto vendita di vino sfuso<br />

di qualità, ha poi ampliato la sua offerta ai vini<br />

di etichetta, cui dedica degustazioni guidate dalla<br />

presenza dei produttori. Fra i progetti in cantiere<br />

un corso di avvicinamento al vino, con lezioni su<br />

bianchi, rossi e bollicine.<br />

Da Bicerìn Milano invece si fa winesharing: il primo<br />

lunedì di ogni mese Alberto, Lorenzo e Silvia<br />

propongono ai loro ospiti una bottiglia speciale<br />

che gli iscritti alla serata condividono seduti a un<br />

tavolo comune. Un’occasione per fare nuove conoscenze<br />

e per provare vini pregiati dall’annata e<br />

dal prezzo importante, che forse altrimenti difficilmente<br />

si avrebbe l’occasione di stappare.<br />

Se preferite mettere anche qualcosa sotto i denti<br />

scegliete la serata A cena con: si sta sempre insieme<br />

in uno dei grandi “tavoli sociali”, degustando<br />

una cena abbinata alle bottiglie che il produttore<br />

ospite ha scelto di raccontare. Grazie alla formazione<br />

di Lorenzo, architetto, Bicerìn Milano offre<br />

anche consulenze per la realizzazione di una cantina<br />

a casa propria, valutando se l’ambiente è idoneo<br />

e suggerendo la soluzione più adatta.<br />

Si condivide anche alla Bottega del Vino La Coloniale<br />

di corso Genova, storica enoteca aperta<br />

nel 1966 con una buona attenzione sia per i vini<br />

sia per le bollicine. Con la bella stagione, su ampi<br />

tavoloni di legno posti fuori dal locale, giovani e<br />

meno giovani si mescolano per un bicchiere in<br />

compagnia o una partita di carte.<br />

Infine i sommelier più esperti non possono perdere<br />

l’occasione di mettersi alla prova da La Cieca:<br />

oltre alla normale carta dei vini, questa enoteca<br />

propone ai suoi ospiti una carta “nera”, in cui<br />

l’unica informazione disponibile è il costo del<br />

vino al bicchiere abbinato a un nome di fantasia.<br />

I degustatori potranno provare il vino servito in<br />

un calice nero e fare delle domande per indovinare<br />

quale bottiglia è stata loro servita. L’oste potrà<br />

però rispondere solo con un “no” o un “forse” e<br />

scoprire l’identità del vino non sarà facile. Vale la<br />

pena provare: chi riesce non paga il bicchiere.<br />

02. Da Bicerìn Milano<br />

durante le serate di<br />

winesharing vengono<br />

aperte bottiglie<br />

prestigiose che gli ospiti<br />

hanno la possibilità di<br />

assaporare seduti a un<br />

tavolo comune<br />

03. L’offerta di<br />

N’Ombra de Vin<br />

è specializzata in<br />

etichette italiane e<br />

francesi e il locale<br />

ospita spesso serate<br />

con musica dal vivo<br />

30 31


Interview<br />

interview<br />

GIGI SIMONI<br />

Un Mister sottovoce<br />

Diciotto mesi circa all’Inter che valgono quasi come una vita intera. Nella sua biografia,<br />

“Simoni si nasce. Tre vite per il calcio” uno dei mister più amati dell’epopea nerazzurra<br />

apre gli scrigni della memoria. E a noi ne ha raccontate di storie succose, come quel<br />

famoso rigore non dato, Baggio e Suning…<br />

di Simone Sacco<br />

«Il mio pregio maggiore? L’umanità<br />

nel lavoro. Parlare ai giocatori come se<br />

fossero miei figli». Nell’affascinante e<br />

contrastata epopea interista, Gigi Simoni<br />

da Crevalcore – 78 anni – è stato<br />

l’allenatore “per bene”, che nel becero<br />

calcio di oggi è più handicap che valo-<br />

re indiscutibile. Solo che sono i buoni<br />

quelli che entrano nel cuore dei tifosi.<br />

A maggior ragione se sanno leggere la<br />

partita. Come appunto sa fare il vero<br />

cuore di Gigi Simoni. Lasciamo a lui la<br />

navigazione tra i ricordi.<br />

Mister, è stato “corteggiato” a lungo<br />

per questa sua biografia?<br />

Abbastanza. I tre autori (Carmignani,<br />

Tronchetti e Ghedini, NdR) non hanno<br />

mai smesso di farmi pressing, ma a<br />

me sembrava un progetto presuntuoso.<br />

Però sono contento d’aver ceduto.<br />

Perché la prefazione di Claudio Ba-<br />

glioni? Siete amici?<br />

Siamo molto amici. L’anno che ho allenato<br />

la Lazio (1985-86, NdR) Claudio<br />

mi chiese se poteva venire ad allenarsi<br />

a Tor Di Quinto per preparare il fiato<br />

in vista di una tournée. E il fatto<br />

che un tifoso della Roma volesse<br />

correre in mezzo ai laziali mi ha fatto<br />

simpatia. Da lì è nato un rapporto<br />

speciale.<br />

Il messaggio più importante del libro?<br />

Mai arrendersi nella vita. Io, a fine anni<br />

Ottanta, ero un allenatore in crisi; venivo<br />

da alcuni esoneri e avevo pensato<br />

di smettere. Nel 1991 mi ritrovai in C2<br />

con la Carrarese. Poteva essere la fine,<br />

ma strinsi i denti e risalii. Poi venne la<br />

straordinaria avventura con la Cremonese<br />

che mi portò a Napoli e da lì, nel<br />

1997, finalmente l’Inter.<br />

Sia sincero: è stato traumatico passare<br />

dal golfo di Napoli alla nebbia<br />

meneghina?<br />

Macché: io al mito di Milano città grigia<br />

non ci ho mai creduto. Certo, al<br />

Nord la gente è più riservata mentre<br />

a Napoli dal calcio non stacchi mai.<br />

Sotto il Duomo, allo stesso tempo, mi<br />

sono sempre trovato bene: camminavo<br />

in centro, prendevo la metro, andavo a<br />

teatro.<br />

Scusi, lei viaggiava in metropolitana?<br />

Abitavo in Duomo, a due passi dall’allora<br />

sede dell’Inter e perciò la metro<br />

era comodissima. Certo la gente attorno<br />

mi guardava un po’ stupita!<br />

La sua con l’Inter è stata simile a una<br />

love story con una donna capricciosa?<br />

Il grande amore e poi l’addio traumatico…<br />

Questo è un luogo comune che mi<br />

piace smentire. Tutti parlano di “piazza<br />

difficile” quando tirano in ballo i colori<br />

nerazzurri; al contrario per me il periodo<br />

ad Appiano Gentile fu il più facile<br />

di tutti perché i giocatori di quella rosa<br />

erano sempre felici. Certo, ne avevo 25<br />

e in campo potevo mandarne solo 11.<br />

Qualcuno ogni tanto giustamente mugugnava.<br />

Qualcuno tipo Roberto Baggio?<br />

No, lui no e mi sembra l’abbia scritto<br />

nella sua autobiografia. Una frase tipo:<br />

«Con tanti allenatori mi sono trovato<br />

in disaccordo, ma con Simoni mai.<br />

Sapeva sempre spiegarti i motivi della<br />

tua esclusione». In quell’Inter c’erano<br />

tanti campioni di vita e Roby era uno<br />

di questi. E in più ci univa l’amore per<br />

la caccia e la pesca.<br />

Baggio contro il Real Madrid campione<br />

d’Europa, il 25 novembre 1998,<br />

fu devastante. Una delle sue più belle<br />

partite in assoluto...<br />

Quella sera era infuriato per non essere<br />

partito titolare, ma in campo fece scintille:<br />

due goal in dieci minuti. Non venne<br />

subito ad abbracciarmi, ma cinque<br />

giorni dopo, quando venni esonerato,<br />

quello con lui fu l’addio più struggente.<br />

Gli dissi: «Roby, hai visto che con il<br />

Real quella panca ti ha dato la carica?».<br />

E lui mi abbracciò più forte.<br />

Ronaldo, invece, lo trovò cambiato in<br />

quel malinconico autunno del ’98?<br />

In ritiro si presentò un po’incupito,<br />

ma la cosa gli passò e tornò in fretta<br />

al massimo delle sue potenzialità. Quel<br />

Ronaldo non si può davvero descrivere<br />

a parole: era imprendibile e ubriacante.<br />

Una velocità pazzesca unita a una tecnica<br />

di un altro pianeta.<br />

Nonostante ciò non vinceste lo scudetto<br />

anche a causa di una certa partita<br />

che lei nel libro non cita…<br />

Non mi è mai piaciuto fare dietrologia<br />

su Juventus-Inter del 26 aprile 1998,<br />

quella del rigore non fischiato su Ronaldo.<br />

Però al signor Ceccarini, l’arbitro,<br />

glielo dissi al telefono: «Non le<br />

chiedo di ammettere il suo sbaglio, ma<br />

almeno mi confessi qui il suo dubbio».<br />

Lui fu irremovibile. Solo che a vent’anni<br />

di distanza tutti parlano ancora di<br />

quel fallo. Sta lì il paradosso…<br />

Con Massimo Moratti, al contrario,<br />

si è chiarito da tempo. Parlo del suo<br />

clamoroso esonero…<br />

Sì, lui ha fatto autocritica dicendo di<br />

essere stato avventato. E io, esonero o<br />

meno, non finirò mai di ringraziare il<br />

Presidente. Se non ci fosse stato Moratti<br />

non avrei potuto allenare l’Inter,<br />

avere a disposizione Ronnie, vincere<br />

una coppa UEFA, la Panchina d’Oro...<br />

Queste sono cose che non si dimenticano.<br />

Deduco quindi che non sia molto soddisfatto<br />

del passaggio di consegne tra<br />

Thohir e Suning con l’attuale proprietà<br />

nerazzurra in mano a Zhang Jindong…<br />

Semplicemente non mi pronuncio.<br />

Me la faccia tra due-tre anni questa<br />

domanda perché prima voglio vedere<br />

mister Zhang in azione. Da fuori vedo<br />

una persona ambiziosa e ricca, ma non<br />

basta a dargli credito. L’Inter è una creatura<br />

italiana e con questi investitori<br />

cinesi di mezzo non si capisce granché.<br />

32 33


FOCUS<br />

FOCUS<br />

La città s’illimpidiva<br />

Centosettanta immagini in bianco e nero ci portano per mano dal 1943 al 1953: dai<br />

bombardamenti alla ricostruzione, a ritrovare piazze e scorci del capoluogo lombardo.<br />

Merito della mostra “Milano, storia di una rinascita” che tra l’altro ci ricorda come la<br />

guerra, allora come oggi, abbia sempre la stessa faccia<br />

di Marilena Roncarà<br />

01<br />

<strong>milano</strong> centro<br />

Fino al 12 marzo, l’ultimo piano<br />

del Museo del Novecento, quello<br />

affacciato su piazza Duomo, presenta<br />

la personale della fotografa<br />

Paola Di Bello, che nelle proprie<br />

vedute coglie una Milano del tutto<br />

estranea ai meccanismi dell’abitudine<br />

con cui siamo soliti guardarla. In<br />

particolare le immagini concepite<br />

per la Sala Fontana e basate su<br />

riprese fotografiche realizzate<br />

intorno all’Arengario, mettono<br />

in moto un’interessante visione<br />

a doppio senso tra quello che si<br />

coglie a occhio nudo dalle vetrate<br />

e i paesaggi proposti dalla fotografa,<br />

creando un gioco a incastri tra<br />

reale e virtuale.<br />

02<br />

01. Lavori di<br />

rifacimento della<br />

copertura della Galleria<br />

Vittorio Emanuele,<br />

1948, Cittadella degli<br />

Archivi e Archivio<br />

Civico di Milano<br />

bida con il senso profondo che ci può essere un<br />

poi, una rinascita. E tutta la mostra è così: forte,<br />

emotiva, in grado di catturare lo sguardo di noi<br />

visitatori con le immagini dei 170 scatti d’epoca<br />

fino a riportarci, quasi per magia, in quel tempo<br />

e in quello spazio rappresentato. Ed è tutto un<br />

cercare di capire e riscoprire una città che è la<br />

nostra di adesso, ma andando a ritroso, prima in<br />

quell’abbattimento e sconforto fatto di macerie<br />

e distruzione dei bombardamenti e poi nello<br />

slancio e nella capacità della città di rialzare la<br />

testa dalla polvere, «a volte costruendo, altre ricostruendo,<br />

spesso speculando, dimentica di un<br />

passato ingombrante», come ci ricordano le parole<br />

del curatore Stefano Galli.<br />

La mostra si apre con i grandi bombardamenti<br />

del 1943, quando Milano fu oggetto di ripetuti<br />

attacchi e una mappa con i luoghi colpiti dai raid<br />

diventa il fulcro di una narrazione condotta attraverso<br />

immagini d’epoca, cimeli e reperti bellici:<br />

dalle maschere antigas, agli ordigni, al paracadute<br />

“da bengala” usato per illuminare a giorno la città<br />

prima dell’attacco. L’esposizione prosegue poi<br />

con il racconto di alcuni aspetti della quotidianità<br />

in tempo di guerra e a poco a poco, come a procedere<br />

per frammenti, la complessità, ma anche<br />

la ricchezza della vita e delle relazioni sociali di<br />

quei momenti così drammatici diventano palesi.<br />

Lo stesso accade per episodi non sempre noti,<br />

dalla Madonnina del Duomo ricoperta di stracci<br />

per mascherarne il luccichio alle case di tolleranza<br />

ben distribuite nel territorio cittadino, dal drammatico<br />

episodio della strage degli innocenti, che<br />

vide l’eccidio di oltre 180 bambini nella scuola<br />

elementare Crispi alla vista macabra dei cadaveri<br />

di Mussolini, della Petacci e degli altri gerarchi<br />

appesi in piazzale Loreto.<br />

Durante i bombardamenti la città era buia come<br />

anche nere sono le pareti dell’allestimento che<br />

racconta la guerra. Le stesse pareti diventano poi<br />

bianche quando si passa al dopo, alla fase della<br />

rinascita, come a dirci in maniera ineludibile che<br />

qualcosa è mutato, «la città s’illimpidiva», che un<br />

nuovo giorno si mostra luminoso e ricco di progetti<br />

per la città. Non a caso Milano diventa già da<br />

allora ciò che è adesso: un centro di sperimenta-<br />

«La morte ‘insudicia’. Insudicia quello che era<br />

pulito, intorbida quello che era limpido, inlaidisce<br />

quello che era bello, intenebra quello che era<br />

luminoso, instupidisce quello che era intelligente,<br />

immiserisce quello che era ricco. Pure si dice che<br />

la morte è serenità, calma, e l’arte per parte sua...<br />

Ma anche questa è forma di retorica: la peggiore:<br />

la retorica dell’ottimismo. Quella calma, quella<br />

serenità, non sono della morte, sì della vita che<br />

rinasce dalla morte: della vita che si è celata nella<br />

morte e l’ha vinta. Il primo giorno vidi Milano<br />

‘insudiciata’ dalla morte. Poi la notte calò e uno<br />

spettrale silenzio. L’indomani già Milano s’illimpidiva».<br />

Sono le parole di Alberto Savinio che si stagliano<br />

davanti a ogni visitatore appena oltrepassato l’ingresso,<br />

ad accoglierlo alla mostra in programma<br />

a Palazzo Morando fino al 12 febbraio: Milano,<br />

storia di una rinascita. 1943-1953 dai bombardamenti<br />

alla ricostruzione. Le parole dello scrittore<br />

e compositore ci ricevono come uno schiaffo<br />

potente, di quelli capaci di sbatterci in faccia la<br />

realtà, salvo poi farci atterrare in maniera morzione<br />

artistica, un motore industriale per l’intero<br />

Paese, una forza di rinnovamento continuo, senza<br />

sosta. Sorgono nuovi quartieri e nuovi edifici<br />

su progetti di grandi architetti: Figini, Moretti,<br />

Pollini, Bottoni, Portaluppi, si afferma la grande<br />

scuola di design e Palazzo Reale ospita nel ’53 la<br />

mostra monografica dedicata a Pablo Picasso, con<br />

l’esposizione nella Sala delle Cariatidi di quel capolavoro<br />

di denuncia sociale che è Guernica, mai<br />

più esposto in futuro in Italia, come a chiudere<br />

un cerchio di quella guerra prima vissuta e poi<br />

raffigurata.<br />

A scorrerli uno dopo l’altro i 170 scatti in bianco e<br />

nero della mostra emozionano, ci obbligano quasi<br />

a soffermarci davanti ancora qualche istante per<br />

cogliere meglio il racconto di cui sono testimoni.<br />

Le foto ci guidano in maniera lieve attraverso<br />

un allestimento semplice, ma puntuale, capace di<br />

meravigliare fino a diventare volano, soprattutto<br />

nella parte dei bombardamenti, di tutte le altre<br />

immagini di guerra che ogni giorno, anche nel nostro<br />

presente, arrivano sotto i nostri occhi. Come<br />

a dire che l’orrore è lo stesso. Oggi come allora.<br />

02. Palazzo Argentina,<br />

corso Buenos Aires,<br />

1949, Archivio Piero<br />

Bottoni, Dastu,<br />

Politecnico di Milano<br />

34 35


HANDWRITING<br />

Che bello scrivere…<br />

Un foglio bianco e una penna. Bastano queste due cose per scrivere a mano, eppure gli<br />

effetti benefici che questa azione ha sulla nostra mentre e sul nostro corpo sono tantissimi,<br />

dallo sviluppo della creatività allo stimolo del cervello. E se il digitale ci sta facendo<br />

dimenticare come farlo bene (o semplicemente come farlo), a rimetterci la matita in mano<br />

ci pensano tanti oggetti ispirati a questo universo, fatto di grazie e svolazzi<br />

illustrazione di Virassamy<br />

37


focus<br />

focus<br />

SCRIPTA MANENT<br />

Ma se smettessimo di scrivere a mano perderemmo qualcosa? Secondo i<br />

maestri di calligrafia, sì, perché la grafia è parte di noi, di ciò che siamo e<br />

della nostra civiltà, e racconta molto del nostro carattere. Ecco perché non<br />

dovremmo abbandonare del tutto l’uso di carta e penna<br />

di Carolina Saporiti - foto di ruskiduski<br />

02<br />

01<br />

01. Nonostante sia<br />

sempre meno comune<br />

annotarsi le cose a<br />

penna, aumentano (e<br />

sono frequentatissimi)<br />

i corsi di calligrafia in<br />

tutta Italia, per affinare<br />

la propria scrittura<br />

«Se non respiri attraverso la scrittura, se non piangi<br />

nello scrivere, o canti scrivendo, allora non scrivere,<br />

perché alla nostra cultura non serve» lo diceva<br />

Anais Nin. Scrittrice del Novecento, conosciuta<br />

soprattutto come la prima donna a pubblicare<br />

libri erotici, Anais scriveva tantissimo, prendeva<br />

appunti sul suo diario, poi pubblicato in una serie<br />

di volumi. Forse da piccoli un diario lo abbiamo<br />

avuto tutti, ma quanti di noi oggi ne hanno uno?<br />

Pochi. E ancora meno sono quelli che tengono un<br />

diario scritto a mano: capita di prendere appunti<br />

salvandoli nelle bozze della posta elettronica su<br />

smartphone o nelle note di un tablet, alcuni tengono<br />

un blog su cui riportano pensieri e riflessioni<br />

di vario genere, ma girare con carta e penna in<br />

borsa è sempre più raro.<br />

Ma non è che ci stiamo perdendo qualcosa? Secondo<br />

l’ACI (l’Associazione Calligrafica Italiana)<br />

sì, perché la tecnologia rischia di allontanarci dagli<br />

strumenti che ci permettono di comprendere<br />

la realtà, e soprattutto rischia di far scomparire<br />

i fondamenti della nostra civiltà che è basata<br />

sulla scrittura. Calligrafia è una parola derivante<br />

dal greco e composta dalle parole kalos, bello, e<br />

graphìa, scrittura. Calligrafia, poi, è l’arte della<br />

scrittura ornamentale. Si sviluppò soprattutto in<br />

ambito religioso, dove c’era abbastanza ricchezza<br />

da potersi permettere carta e inchiostro. Nei secoli<br />

divenne comune la grafia onciale (maiuscola,<br />

usata da latini e bizantini) prima e quella gotica<br />

poi, durante il Medioevo. A far tentennare per la<br />

prima volta la scrittura a mano fu la comparsa<br />

della stampa. Quando Gutenberg la inventò nel<br />

XV secolo, i libri scritti e decorati a mano divennero<br />

meno comuni, pur non scomparendo.<br />

Oggi, invece, ci chiediamo davvero che fine farà.<br />

Era il 2013 quando negli Stati Uniti cresceva un<br />

dibattito nazionale (che diventò cronaca internazionale)<br />

sull’utilità dell’insegnamento della scrittura<br />

a mano e in particolare dello stile corsivo.<br />

Stati come la California o il Massachusetts non<br />

volevano abbandonarlo, la Carolina del Nord addirittura<br />

varò la legge Back to basics, proponendo<br />

un ritorno alle fondamenta e quindi al corsivo<br />

nei programmi per la scuola primaria, mentre le<br />

Hawaii, l’Indiana e l’Illinois avevano sostituito le<br />

lezioni di scrittura a mano in corsivo con lezioni<br />

di battitura meccanica dei testi dal momento<br />

che ormai tutto – dalla corrispondenza personale<br />

a quella di lavoro, fino ai compiti in classe, tesi<br />

ecc... – viene fatto da tastiera.<br />

Sarà una scelta giusta? Se combattere contro la<br />

diffusione di PC e smartphone è senza senso, perdere<br />

la capacità di scrivere a mano lo è altrettanto.<br />

«La scrittura a mano e quella digitale hanno<br />

ognuna una propria area di competenza, una non<br />

esclude l’altra» afferma Veronica Rosano, maestra<br />

calligrafa e grafologa presso Fabriano Boutique.<br />

Ma oltre alla ricchezza di uno strumento che è<br />

stato fondamentale per lo sviluppo della nostra<br />

società, è anche provato che la scrittura a mano<br />

garantisca diversi tipi di stimoli (dall’associazione<br />

di forme e suoni al collegamento tra mente e<br />

mano durante il movimento). A fine novembre<br />

l’Archivio di Stato ha organizzato un convegno<br />

sul tema. «Diversi medici e optometristi hanno<br />

lanciato un allarme. Non scrivendo a mano alcune<br />

aree cerebrali non vengono più utilizzate, alcuni<br />

abilità cognitive si perdono e si memorizza<br />

in maniera diversa. Oggi nelle scuole le lavagne<br />

sulle quali si scriveva con i gessi sono state sostituite<br />

da quelle luminose, in questo modo gli<br />

studenti non vedono il movimento del braccio e<br />

della mano dell’insegnante che scrive, ma devono<br />

semplicemente copiare una forma. E il numero<br />

di ragazzi che soffrono di forme di disgrafia è aumentato<br />

notevolmente». Tra una decina di anni,<br />

secondo alcuni medici, vedremo che ripercussioni<br />

avrà sulla nostra vista e la nostra postura lo stare<br />

così tante ore davanti a uno schermo. «Siamo di<br />

fronte anche a un impoverimento della personalità<br />

e della creatività» spiega Veronica Rosano. In<br />

questo non aiuta la nostra società: «Al convegno<br />

è stato dato spazio anche alle grafiche, oggi quasi<br />

sempre disordinate. Soprattutto quelle online,<br />

che sono i nuovi riferimenti, gli unici per i più<br />

giovani, sono brutte e confuse».<br />

E così i corsi di grafia stanno vivendo una stagione<br />

fortunatissima: dalle mamme preoccupate che<br />

mandano i figli a lezione a chi, adulto, vuole imparare<br />

la scrittura ornamentale, in tutta Italia è un<br />

fiorire di seminari di calligrafia.<br />

02. La scrittura onciale<br />

fu usata dal III all’VIII<br />

secolo nei manoscritti<br />

dagli amanuensi<br />

latini e bizantini, e<br />

successivamente<br />

dall’VIII al XIII secolo<br />

soprattutto nelle<br />

intestazioni e nei titoli<br />

38 39


handwriting<br />

handwriting<br />

A mano<br />

Tanti prodotti dedicati a chi ha<br />

ancora il piacere di sfiorare la carta<br />

e sentire la penna scorrere sul foglio<br />

purity<br />

A partire dalla seconda metà degli<br />

anni Sessanta l’artista Irma Blank,<br />

tedesca di nascita, ma italiana di<br />

adozione, ha rivolto la propria<br />

attenzione al gesto scritturale puro.<br />

Le sue opere saranno in mostra<br />

presso la galleria P420 di Bologna<br />

dal 28 gennaio al 18 marzo<br />

www.p420.it<br />

Fabriano Boutique - Set Carta da Lettere<br />

Un canotto, 9 punte, 2 boccette di inchiostro e<br />

un foglio di carta da lettere possono farci riscoprire<br />

tutto il fascino di una lettera scritta a mano<br />

www.fabrianoboutique.it<br />

IN BELLA SCRITTURA<br />

“Scripta manent”, ovvero gli scritti rimangono, dice un proverbio latino,<br />

affermando la necessità di mettere nero su bianco i propri diritti. Ma<br />

se le parole volano, mentre la scrittura sopravvive ai capricci del tempo,<br />

quale futuro ha, nell’era digitale, quella a mano?<br />

Campo Marzio - Filigree Fountain Pen<br />

Un anticato motivo decorativo è lavorato<br />

a mano e curato nei minimi dettagli per<br />

dare vita a questa penna raffinata<br />

www.campomarzio.it<br />

di Alessia Delisi<br />

La calligrafia è l’arte che insegna a scrivere in<br />

modo elegante e regolare. Come il disegno, essa<br />

richiede una forte personalità, espressa però entro<br />

i confini strettamente definiti dell’armonia, le cui<br />

regole, costruite su relazioni matematiche e relative<br />

alla corretta interazione tra forme e spazio,<br />

rappresentano la visione che ciascuna civiltà ha<br />

del mondo e di Dio. Gli arabi, i cinesi e la civiltà<br />

occidentale – basata sull’alfabeto romano, la Chiesa<br />

cristiana e alcune istituzioni secolari come corti,<br />

cancellerie e laboratori di scribi – hanno scritto in<br />

accordo con la propria eredità culturale, il testo<br />

da trascrivere o comporre e tutti quegli strumenti<br />

che hanno permesso lo sviluppo nel tempo<br />

dei vari stili calligrafici, perché anche la penna,<br />

il modo in cui essa veniva tagliata e impugnata,<br />

era responsabile di una bella scrittura. E oggi? In<br />

un’epoca come la nostra, caratterizzata dalla diffusione<br />

delle tecnologie digitali, qual è il destino<br />

della calligrafia? Se lo sono domandati un gruppo<br />

di esperti provenienti da tutto il mondo – dall’artista<br />

statunitense Brody Neuenschwander ai calligrafi<br />

italiani Luca Barcellona e Giovanni de Faccio,<br />

dall’illustratrice Francesca Biasetton fino a Monica<br />

Dengo, docente di calligrafia dell’Università Ca’<br />

Foscari di Venezia – durante un convegno organizzato<br />

a Milano dall’Associazione Calligrafica<br />

Italiana. Se la conservazione e divulgazione della<br />

conoscenza non dipendono più, come un tempo,<br />

dall’effettivo processo di scrittura, perché a immagazzinare<br />

l’informazione ci pensano i computer,<br />

la storia della scrittura manuale può essere letta<br />

come il racconto di un’avventura che in quasi ventimila<br />

anni ha toccato tutti gli aspetti della vita<br />

umana, non solo quello filologico. Per questo è importante<br />

salvaguardarla: stringere una penna tra le<br />

dita mette in atto complessi coordinamenti sensomotori<br />

che richiedono molta più concentrazione<br />

di quella necessaria a digitare su una tastiera. La<br />

scrittura a mano inoltre stimola l’attività cerebrale<br />

e la capacità di fare collegamenti. A valorizzarne la<br />

funzione pedagogica e formativa sono oggi molte<br />

creazioni di design: se Tapparelle Desk dell’azienda<br />

italiana Colé fa parte di una collezione di mobili<br />

ispirata alle case degli scrittori, Campo Marzio<br />

e Fabriano Boutique propongono articoli per la<br />

scrittura con i quali dare forma al pensiero, riscoprendo<br />

il fascino senza tempo del gesto grafico.<br />

Bosa - Lume<br />

La luce, nella forma di una piccola lanterna luminosa che accompagna chi scrive,<br />

è protagonista del nuovo progetto ideato da Alessandro Zambelli per Bosa<br />

www.bosatrade.com<br />

Colé Italia - Tapparelle Desk<br />

Scrittoio in rovere naturale in cui la tapparella, originariamente<br />

pensata per piuma e calamaio, diventa un moderno contenitore<br />

che cela telefono, tablet e laptop<br />

www.coleitalia.com<br />

Internoitaliano – Stra<br />

Una lastra di alluminio, tagliata e<br />

ripiegata su se stessa, si fa incastro<br />

perfetto per questa lente di<br />

ingrandimento progettata da<br />

Giulio Iacchetti<br />

www.internoitaliano.com<br />

40 41


style<br />

style<br />

Bomber jacket<br />

Un classico del casualwear riproposto<br />

per il guardaroba primaverile<br />

tagliatore<br />

Manifattura completamente made<br />

in Italy per la giacca a due bottoni<br />

in tessuto mélange<br />

Sealup<br />

Verde militare in tessuto waterproof<br />

www.sealup.net<br />

Puntododici<br />

In tessuto tecnico super leggero<br />

www.puntododici.com<br />

Blauer<br />

Classico in stile aviator<br />

www.blauer.it<br />

berwich<br />

Cinquetasche dal taglio classico<br />

sdramattizzato dalla coulisse in vita<br />

Gant<br />

In suede nocciola con tasconi frontali<br />

www.gant.com<br />

MCS<br />

Con profili e colletto in pelle a contrasto<br />

www.mcs.com<br />

Stella McCartney<br />

Con terza tasca portadocumenti sul petto<br />

www.stellamccartney.com<br />

urban gentlemen<br />

salvatore ferragamo<br />

Stringata rivisitata in chiave<br />

moderna grazie ai dettagli futuristici<br />

su linguetta, tallone e suola<br />

Una combinazione perfetta tra tailoring e sportswear<br />

contraddistingue la collezione dal sapore retrò di Neil<br />

Barrett. I colori naturali e le forme senza tempo richiamano<br />

un guardaroba inglese per il perfetto gentiluomo urbano<br />

di Elisa Anastasino<br />

C.P. Company<br />

Con taschina e dettaglio logo sull’avambraccio<br />

www.cpcompany.com/it<br />

Eleventy<br />

Collo e bordi in maglia elasticizzati a contrasto<br />

www.eleventy.it<br />

AT.P.CO<br />

Interno in tessuto camiceria con zip a contrasto<br />

www.atpco.it<br />

42 43


sport<br />

sport<br />

SAILING ON THE ROCKS<br />

Le ice boat sono incredibili macchine da velocità in grado di sfrecciare<br />

su qualsiasi lago, fiume o mare che abbia perso la consistenza liquida<br />

a favore di quella solida. Intuitive e facili da condurre, hanno un unico<br />

“problema”: fermarle non è affatto facile<br />

di Andrea Zappa<br />

windsurf e kite<br />

Chi ama il ghiaccio ma preferisce<br />

sentire il vento nelle mani con una<br />

vela da windsurf o da kite può rivolgersi<br />

alla WISSA (World Ice and<br />

Snow Sailing Association). L’associazione<br />

organizza un campionato<br />

mondiale fin dal 1980 e quest’anno<br />

l’appuntamento sarà dal 20 al 27<br />

febbraio nella città russa Togliatti,<br />

nei presi del fiume Volga.<br />

www.wissa.org<br />

02<br />

01<br />

01. Un ice boat classe<br />

DN pronto a sfrecciare<br />

sul ghiaccio a più di 90<br />

km/h. Lo scafo dotato<br />

di tre pattini sganciabili<br />

misura 3,7 metri e<br />

ha una superficie<br />

velica di 5,57 metri<br />

quadrati. Foto courtesy<br />

iceboating.net<br />

Veloci, velocissime. Chi non soffre il freddo e ama<br />

le accelerazioni da brivido deve, almeno una volta<br />

nella vita, salire a bordo di una ice boat e provare<br />

questa eclettica quanto refrigerante evoluzione<br />

dell’andare a vela. L’ice sailing è una disciplina<br />

che ha trovato diffusione, per ovvie ragioni climatiche,<br />

soprattutto nelle regioni del nord tra<br />

Russia, Europa, Stati Uniti e Canada, anche se, in<br />

occasione di inverni particolarmente rigidi, qualche<br />

tentativo è stato compiuto anche in Italia.<br />

Il problema è trovare luoghi dove il ghiaccio sia<br />

spesso almeno quindici centimetri e ci siano spazi<br />

di fuga sufficientemente ampi per manovrare in<br />

sicurezza questi bolidi dalle alte velocità.<br />

In Europa gli appassionati sono qualche migliaio,<br />

ma spostandosi verso nord-est o andando direttamente<br />

oltreoceano, il numero degli ice sailor cresce<br />

in modo significativo. L’outfit di chi pratica<br />

questo sport consiste in una tuta, guanti da sci, un<br />

casco e un bel paio di scarpe chiodate necessarie<br />

per camminare sul ghiaccio, ma anche per fermare<br />

gradualmente il proprio mezzo una volta che<br />

la vela ha perso di portanza. Sfrecciare su una superficie<br />

ghiacciata controllando una vela diventa<br />

una pratica sportiva solo attorno al 1880 in Svezia,<br />

ma l’ice sailing ha radici più “pratiche” e abbastanza<br />

antiche. Per esempio in Olanda, già nel<br />

XVII secolo, durante la stagione invernale, molti<br />

commercianti montavano ai loro carri dei pattini<br />

e delle grandi vele in modo da poterli condurre<br />

con il minimo sforzo lungo i canali ghiacciati del<br />

Paese. La vela veniva regolata attraverso lunghe<br />

funi e chi la controllava seguiva a piedi il mezzo<br />

camminando lungo le sponde del corso d’acqua.<br />

In Québec, invece, delle piccole “caravelle” in legno<br />

progettate per scivolare erano utilizzate per<br />

attraversare gli innumerevoli laghi ghiacciati che<br />

caratterizzano la regione. L’evoluzione “ludica”<br />

si è avuta solo in un secondo tempo, quando le<br />

vele hanno iniziato a essere più performanti, dalle<br />

dimensioni ridotte e anche scafi e pattini sono<br />

diventati più leggeri e tecnici. Condurre una ice<br />

boat è abbastanza semplice, ovviamente bisogna<br />

possedere rudimentali conoscenze veliche, come<br />

intendere qual è la direzione del vento e le andature<br />

che si possono tenere in relazione a questa,<br />

e poi si è già pronti per salire a bordo e disegnare<br />

infinite traiettorie sul ghiaccio. Le regolazioni<br />

sono minime: il pattino anteriore fa da timone e<br />

poi c’è una scotta (paranco a più linee) con la<br />

quale il pilota regola l’angolo di apertura e chiusura<br />

dell’unica vela che ha a disposizione. Ci sono<br />

diverse classi di ice boat a seconda della lunghezza<br />

della “slitta” e della superficie velica. La più popolare<br />

è forse la DN. Il cui nome deriva da “Detroit<br />

News”, giornale che nel 1936 sponsorizzò un<br />

concorso per progettare un modello che potesse<br />

essere costruito facilmente da una sola persona<br />

nel proprio garage. Le dimensioni di un DN sono<br />

ridotte: lo scafo, dotato di tre pattini smontabili,<br />

è lungo 3,7 metri per 53 cm di larghezza e la<br />

vela misura 5,57 metri quadrati. Il tutto per un<br />

peso complessivo di circa 20,4 chili. Caratteristiche<br />

che lo rendono facilmente trasportabile così<br />

da permettere agli amanti di questa disciplina di<br />

spostarsi senza grossi problemi alla ricerca del<br />

“buon ghiaccio”. Il costo di una di queste “macchine<br />

volanti” si aggira tra i 4 e i 5mila euro, ma si<br />

possono trovare ottime occasioni anche nel mondo<br />

dell’usato. La International DN Ice Yacht Racing<br />

Association (www.icesailing.org) organizza<br />

ogni anno, dalla metà di novembre fino ai primi<br />

di aprile, un fitto circuito di regate che culmina<br />

con la World Cup, appuntamento che si tiene<br />

ogni volta in un Paese distinto tra Europa, Stati<br />

Uniti, Canada e Russia. Le regate si svolgono solitamente<br />

su un percorso a forma di bastone di<br />

circa 1,5 km da compiere per tre volte. Sulla linea<br />

di partenza possono schierarsi un massimo di 60<br />

ice boat, un numero impressionante se si pensa<br />

che, una volta dato lo start, sul campo di regata si<br />

incroceranno scafi in grado di tenere medie superiori<br />

ai 90 km/h, e in quei frangenti, per fermarsi<br />

non si può certo buttare l’ancora!<br />

02. ll lago Bajkal nella<br />

Siberia meridionale<br />

ospita innumerevoli<br />

regate sul ghiaccio, tra<br />

queste la più popolare<br />

è l’omonima Bajkal<br />

Cup. Foto courtesy<br />

iceboatracing.com<br />

44 45


design<br />

design<br />

In bloom<br />

La mania per la botanica ha<br />

raggiunto l’apice nell’800, quando si<br />

collezionavano piante esotiche. E anche<br />

oggi tutti vogliono circondarsi di verde<br />

Botanique - Jewelled Garden Hanging<br />

Ispirato dai cristalli sfaccettati e dai<br />

boudoir bohèmien, questo terrario è<br />

perfetto per ospitare belle<br />

piante rampicanti<br />

www.botanique-boutique.com<br />

Giardino d’inverno<br />

È tempo di motivi botanici e trame vegetali, che attaccano<br />

radici (anche) nel design. La natura è fonte di ispirazione<br />

primaria e dà vita a collezioni verdi tra felci e licheni<br />

di Marzia Nicolini<br />

Etsy<br />

Piante e fiori sulla tavola, per una prima colazione speciale.<br />

Tovaglietta in cotone di ispirazione scandinava<br />

www.etsy.com<br />

La carta da parati con<br />

motivi floreali disegnata<br />

da 4P1B Design Studio<br />

per Wall&Decò è un<br />

paradiso di felci e<br />

uccelli incantati<br />

Quello del plants power è un trend forte. Lo dimostrano<br />

le ultime uscite editoriali: dal nuovo<br />

libro da collezione A Garden Eden edito da Taschen,<br />

raccolta di alcune delle più belle illustrazioni<br />

botaniche di Ottocento e Novecento direttamente<br />

dagli archivi della biblioteca di Vienna,<br />

al più moderno volume Evergreen di casa Gestalten,<br />

raccolta ispirazionale tutta dedicata ai professionisti<br />

e appassionati del gardening. La verità<br />

è che quello per il verde è un amore ad alto tasso<br />

di contagio. Anche la moda si è lasciata influenzare,<br />

vedi la seducente collezione autunno inverno<br />

2016-17 firmata Dolce & Gabbana. Gli stilisti<br />

siciliani hanno detto di essersi ispirati ai lussureggianti<br />

alberi dell’orto botanico di Palermo. Gli<br />

abiti di Giambattista Valli, invece, si ricoprono di<br />

gardenie e peonie effetto 3D, in un inno alla femminilità,<br />

alle fioriture, alla primavera. E che dire<br />

del beauty? Dalle fragranze come My Burberry<br />

Black, che replica il profumo di un giardino inglese<br />

dopo una giornata di pioggia, alla mania degli<br />

estratti vegetali come elisir di giovinezza, con<br />

maison come Yves Rocher in prima fila, piante e<br />

fiori trovano il loro posto anche nell’olimpo della<br />

cosmesi. Poteva il design restare indifferente?<br />

No, ovviamente. Ed ecco che anche nel settore<br />

dell’interior è tutta una profusione di pattern vegetali<br />

e fantasie fiorite. Trame di felci, profili di<br />

muschi, ciuffi di palme esotiche, delicati boccioli<br />

hanno invaso divani, tappeti, sedute e tende, ma<br />

anche carte da parati, rivestimenti e copriletti. Un<br />

inno alla vita naturale che avrebbe reso orgoglioso<br />

Rousseau e il suo mito del bon sauvage. Nel<br />

frattempo Pantone Inc. ha decretato che il colore<br />

di questo nuovo anno è un bel verde chiaro e<br />

brillante: secondo gli esperti, infatti, il greenery,<br />

delicata sfumatura di verde e giallo, è destinata<br />

a influenzare le prossime mode. «Greenery simboleggia<br />

rinascita, rinnovamento e rigenerazione.<br />

Ogni primavera inizia un nuovo ciclo», ha spiegato<br />

Leatrice Eiseman, direttore esecutivo del Pantone<br />

Color Institute, ai giornalisti del “The New<br />

York Times”. Verde uguale piante, uguale tutti<br />

pazzi per la vegetazione. Design incluso.<br />

Kann Design - Kora Beechwood<br />

Poltroncina imbottita con braccioli<br />

della Collezione Rewind. Un<br />

progetto del designer José Pascal<br />

www.kanndesign.com<br />

Design by Nico - Leaf Rug<br />

Tappeto rettangolare in feltro di lana disegnato da Nicolette<br />

de Waart. Come un soffice prato sotto i piedi<br />

www.designbynico.co.uk<br />

House Of Hackney - Ananas<br />

Lampada da tavola con base a forma<br />

di ananas in fine porcellana, dettagli in<br />

ottone e paralume a fantasia tropicale<br />

www.houseofhackney.com<br />

46 47


wheels<br />

wheels<br />

genio volante<br />

Per i 60 anni di Citroën DS il Museo di Flaminio Bertoni si trasferisce a Volandia,<br />

a due passi dall’hub internazionale di Milano Malpensa. L’allestimento ripercorre<br />

la vita e le creazioni del designer varesino<br />

di Ilaria Salzano<br />

02 03<br />

01<br />

01. DS è oggi diventato<br />

un marchio a sé,<br />

sinonimo di lusso e<br />

innovazione. Una<br />

preziosa eredità che si<br />

deve alla DS 19, prima<br />

vettura della gamma<br />

Come fosse un passaggio temporale, dal terminal<br />

T1 dell’aeroporto di Milano Malpensa una passerella<br />

trasporta i curiosi direttamente a Volandia: il<br />

museo, concepito da principio per custodire pezzi<br />

unici del mondo dell’aeronautica, simulatori,<br />

archivi storici, oggi ha tutta l’intenzione di far volare<br />

i visitatori tra i successi di terra e cielo dello<br />

scorso secolo. L’omaggio “terrestre” va a Flaminio<br />

Bertoni, designer varesino nell’anima. Bertoni ha<br />

contribuito notevolmente nel settore proponendo<br />

automobili innovative, confortevoli e dallo<br />

stile inconfondibile. La collezione – installata dal<br />

2007 nella sede della provincia di Varese – dopo<br />

mesi di ricerca, dunque, adesso trova finalmente<br />

uno spazio ad hoc in grado di evocare le origini<br />

professionali del suo creatore. Siamo nell’ex<br />

lattoneria delle Officine Caproni. Chi conosce la<br />

storia sa che prima di andare a Parigi e iniziare<br />

la sua carriera Bertoni lavorò come lattoniere in<br />

alcune delle più importanti carrozzerie del posto<br />

(tra cui la Macchi, destinata a crescere come<br />

azienda aeronautica). Un filo che si ricongiunge,<br />

quindi, per partire dalla notte dei tempi e descrivere<br />

totalmente la personalità del genio. L’occasione<br />

è speciale: i 60 anni di Citroën DS, i marchi<br />

che più in assoluto ricordano il suo nome.<br />

L’allestimento, con una dozzina di stanze, ripercorre<br />

la sua vita, dai primi esordi nella scultura, ai<br />

bozzetti delle auto, intervallati da tutte le collaborazioni<br />

artistiche di cui nel contempo si cibava.<br />

Interessanti i pezzi unici, come ad esempio la curiosa<br />

vettura a tre ruote denominata V3R, oppure<br />

i prototipi dove Bertoni riponeva la sua creatività<br />

più fervida in attesa dei debutti.<br />

Era il 1934 quando venne lanciata sul mercato la<br />

Traction Avant, esposta in questa sede con tanto<br />

di manifesti pubblicitari e altre opportunità<br />

artistiche sviluppate al tempo. L’auto guadagnò<br />

subito il terzo premio di scultura alla quarta Exposition<br />

des Beaux Arts ad Asnières; fu un successo,<br />

così come accadde per la successiva 2 CV,<br />

attorniata nel museo da opere che si rifanno al<br />

tema del viaggio e della libertà. Temi con cui la<br />

vetturetta venne presentata nel 1948 al Salone<br />

dell’Automobile di Parigi e che contribuirono a<br />

renderla negli anni un fenomeno culturale.<br />

Quasi dieci anni dopo dall’elaborazione dei progetti<br />

è evidente come il designer si sentisse più<br />

vicino al mondo della natura: nello specifico, il<br />

disegno della DS 19 mostra come la calandra<br />

e il frontale riprendevano i tratti di un pesce.<br />

Quest’ultima produzione vinse il primo premio<br />

come opera d’arte industriale: presentata<br />

nel 1957, venne esposta alla Triennale di Milano<br />

come esemplare. Non fu l’ultimo lavoro per l’automotive.<br />

Con il mercato in aumento e le esigenze<br />

di un marchio in espansione, Bertoni in questi<br />

anni lavorò ancora per le quattro ruote. Fu la sua<br />

fatica più grande. Dal suo atelier di rue du Theatre<br />

48 nel 1964 uscì l’Ami6. Una storia lunga e<br />

tormentata.<br />

Per Citroën era indispensabile avere un segmento<br />

nuovo da poter inserire tra la 2CV e la DS. Per<br />

l’allora progetto M (M stava per milieu de gamme,<br />

che in francese significa di metà gamma), dunque,<br />

l’artista pensò a una due volumi con portellone:<br />

idea troppo innovativa per i tempi, che venne<br />

bocciata, come si vede dalle teche del museo. Il<br />

suo estro dunque diede vita a una versione con<br />

montante posteriore rovesciato, con cui i passeggeri<br />

posteriori avrebbero avuto spazio per la testa<br />

ma nel contempo anche un baule generoso. Non<br />

andò tutto liscio. Per ragioni di costo, il designer si<br />

vide costretto a ridisegnare di corsa il frontale, andando<br />

a ribassare in maniera drastica solo la parte<br />

centrale di muso e cofano. Per poi alzare anche<br />

l’alloggiamento dei fari anteriori e aumentare il<br />

fascio luminoso. «Sembra che abbia investito 3<br />

pedoni», commentò alla fine del proprio progetto.<br />

Nonostante ciò, la versione successiva, la Break,<br />

debuttata nel ‘64, riuscì a fregiarsi del titolo di<br />

“auto più venduta” in Francia (1965). Certo, per<br />

renderla accattivante, il nome scelto fu Amì (amico),<br />

venne pubblicizzata con donne bellissime a<br />

bordo e in luoghi da sogno. Ma il marketing poteva<br />

dirsi ancora agli antipodi. Quella fu la sua fortuna.<br />

Bertoni lo ricordiamo per il suo operato più<br />

puro. Male o bene, è così che ha lasciato il segno.<br />

02. Flaminio Bertoni<br />

lavorava di notte nel<br />

suo atelier. Per tutto<br />

ciò che diede alla<br />

cultura francese venne<br />

nominato Cavaliere<br />

dell’ordine delle Arti<br />

e delle Lettere della<br />

Repubblica Francese<br />

03. Il debutto in strada<br />

della DS negli anni<br />

del dopoguerra fu<br />

eclatante. Mai si era<br />

vista tanta eleganza<br />

“dentro” e tanta<br />

innovazione “fuori”<br />

48 49


hi tech<br />

hi tech<br />

Alta definizione<br />

Schermi, fotocamere, tv e proiettori.<br />

Con questi sofisticati device vedrete tutto,<br />

fino all’ultimo dettaglio<br />

BenQ - XI2000<br />

È il primo videoproiettore LED UHD 4K<br />

DLP al mondo dedicato all’home cinema,<br />

con 8,3 milioni di pixel reali. In parole<br />

povere, porta tra le pareti domestiche un<br />

perfetto equilibrio tra elevata luminosità e<br />

precisione cromatica<br />

www.benq.it<br />

Quando la tv è Ultra (HD)<br />

La parte del leone quest’anno la fanno gli OLED, sottili, sofisticati, super<br />

performanti. Ma c’è spazio anche per proiettori, fotocamere, webcam e<br />

monitor per computer. A una condizione: che spacchino il pixel!<br />

di Paolo Crespi<br />

Samsung - UBD-M9500<br />

Anche i lettori Blu-ray entrano nella partita dell’alta definizione.<br />

Quello appena lanciato al CES dispone di una modalità “private<br />

cinema” per trasferire l’audio del televisore agli auricolari<br />

Bluetooth personali. Inoltre riconosce automaticamente il tipo di<br />

pannello a cui è collegato e si setta di conseguenza<br />

www.samsung.it<br />

Fra i protagonisti di<br />

CES 2017, Sony ha<br />

presentato una vasta<br />

gamma di tv tra cui<br />

spiccano i nuovi Bravia<br />

delle serie A1 e XE93.<br />

Entrambi utilizzano<br />

pannelli Oled e<br />

tecnologia 4kK<br />

Alta definizione, anzi altissima. È la parola d’ordine<br />

di questo inizio d’anno, sia per i “broadcaster” e<br />

i produttori di contenuti che preparano e in parte<br />

hanno già realizzato il passaggio alle trasmissioni<br />

in HD, sia per i big player dell’audio/video, che al<br />

CES di Las Vegas (la più importante fiera mondiale<br />

dell’elettronica di consumo) hanno appena sfoderato<br />

le ultime novità in fatto di super schermi<br />

televisivi. A partire naturalmente dal nuovo fronte<br />

degli OLED, considerato lo standard del futuro,<br />

sempre più prossimo, man mano che i prezzi si<br />

“democratizzano” con il crescere della domanda.<br />

Ma non solo, perché nel club dell’alta definizione<br />

entrano di diritto anche i proiettori high-end, le<br />

foto-videocamere in grado di girare senza soluzione<br />

di continuità filmati in 4K (detto anche Ultra<br />

HD, questo standard fa riferimento ai circa 4mila<br />

pixel orizzontali di risoluzione), che a loro volta<br />

alimentano il circuito dell’home-entertainment di<br />

qualità, e i monitor da computer che in fatto di<br />

definizione non hanno nulla da invidiare ai totem<br />

da salotto… Parlando di tv, i brand del giorno sono<br />

LG, che dalla capitale del Nevada ha lanciato lo<br />

schermo OLED W77, premiato con il Best of Innovation<br />

Award, sottile come una carta da parati<br />

(aderisce al muro grazie a una lastra magnetica,<br />

mentre tutte le componenti elettroniche e gli<br />

speaker sono contenuti in una speciale soundbar),<br />

Sony con la serie A1, che al contrario riesce a<br />

proiettare l’audio direttamente dallo schermo, di<br />

grande design (Acoustic Surface il nome del loro<br />

brevetto), Panasonic con i nuovi OLED Ultra HD<br />

Hdr, dall’inarrivabile resa cromatica, e Samsung<br />

con i suoi QLed, alternativa agli Oled basata<br />

sulla tecnologia Quantum Dot, con picchi di luminosità<br />

e valori di contrasto superiori per ora a<br />

quelli dell’agguerrita concorrenza. E poi (o prima)<br />

viene il software, cioè i contenuti televisivi<br />

in 4K, di cui c’è grande richiesta ma scarsità di titoli,<br />

tutti per la verità di alto gradimento da parte<br />

del pubblico (come nel caso della serie I Medici,<br />

prodotto nativamente in 4K). E le infrastrutture<br />

tecnologiche che devono poter supportare i nuovi<br />

canali del palinsesto pubblico e privato. Per la<br />

Rai, lo switch è avvenuto curiosamente il giorno<br />

della Befana: ora tutte le reti del servizio pubblico,<br />

comprese quelle tematiche, viaggiano in HD, ma<br />

solo attraverso la piattaforma satellitare TivùSat,<br />

utilizzata soprattutto in quelle zone del Belpaese<br />

in cui il segnale del digitale terrestre è debole<br />

o assente. Per un cambio generalizzato bisognerà<br />

aspettare ancora un bel po’…<br />

LG - Ultra Wide Mobile da 34”<br />

Esperienza di gioco senza precedenti e grande produttività per<br />

i professionisti e gli appassionati di video con i nuovi monitor ad<br />

alta risoluzione della casa coreana. Si usano in abbinamento al<br />

computer ma anche come periferiche Chromecast<br />

www.lg.com/it<br />

Panasonic - Lumix LX15<br />

Versatile e creativa, la nuova fotocamera compatta<br />

a ottica fissa (Leica) dispone di ben 22 filtri e gira<br />

filmati in 4K di durata pressoché illimitata. Grazie al<br />

funzionamento digitale, “panning” e zoomate stabili<br />

sono un gioco da ragazzi<br />

www.panasonic.it<br />

Logitech - C922 Pro Stream<br />

La webcam, molto innovativa,<br />

permette di registrare e trasmettere<br />

video naturali in alta risoluzione a 30<br />

frame per secondo (fps) oppure a<br />

720p con 60fps. Include la modifica<br />

dinamica dello sfondo, senza bisogno<br />

di usare i tradizionali “teli verdi”<br />

www.logitech.it<br />

50 51


weekend<br />

weekend<br />

STORIE PREZIOSE<br />

Influenzata dalla vicinanza con la Germania, è una delle<br />

regioni più ricche di tradizioni. “Bienvenue en Alsace”, terra<br />

di ottimi vini, castelli incantati, artigiani maestri dell’intarsio<br />

e delle stoffe... e di mura misteriose<br />

01<br />

di Carolina Saporiti<br />

sul web<br />

www.auberge-de-l-ill.com<br />

www.les-haras-hotel.com<br />

www.tourisme-alsace.com<br />

www.france.fr<br />

www.paindepices-lips.com<br />

02<br />

eat & sleep<br />

A pochi km da Colmar Jérome<br />

Jaegle ha aperto il ristorante<br />

l’Alchemille, che prende il nome<br />

da una pianta famosa per le sue<br />

proprietà legate alla fertilità. Jaegle,<br />

chef giardiniere, propone piatti alla<br />

clorofilla e cioccolato alla regina dei<br />

prati. L’Auberge de l’Ill è un piccolo<br />

gioiello nel villaggio d’Illhauesern<br />

che esiste da 150 anni ed è gestito<br />

da quattro generazioni dalla famiglia<br />

Haeblin. Il ristorante detiene 3<br />

stelle Michelin. Lo chef Marc Haeblin<br />

ha firmato anche la carta del<br />

ristorante nel cuore di Starsburgo<br />

della brasserie dell’albergo Les<br />

Haras. Tutti templi imperdibili della<br />

gastronomia alsaziana.<br />

01. Vista dell’Ecomusée<br />

d’Alsace, il più grande<br />

ecomuseo di Francia,<br />

che riaprirà dopo la<br />

chiusura invernale<br />

il 19 marzo. Foto di<br />

Florentin Havet<br />

Non c’è bisogno di andare nelle grandi città per<br />

vedere monumenti storici o visitare musei affascinanti.<br />

E non serve prenotare una vacanza in<br />

montagna o in Paesi del nord per sentirsi nel posto<br />

giusto nella stagione invernale. Basta andare in<br />

Alsazia dove, passato il Natale, che qui è un affare<br />

molto serio (le decorazioni delle case di Strasburgo<br />

e Colmar fanno invidia a tutto il mondo) ci si<br />

può dedicare indisturbati alla scoperta del territorio<br />

e soprattutto alle sue storie preziose. Ogni<br />

eccellenza è accompagnata da tradizioni mitiche.<br />

Il primo motivo che rende speciale questa regione<br />

della Francia è la sua vicinanza alla Germania:<br />

per secoli i due Stati si sono alternati nella sua<br />

“gestione” e ciò le ha conferito un lato tipicamente<br />

indipendente. Le tre città principali sono<br />

Strasburgo, Colmar e Mulhouse e tutt’intorno il<br />

paesaggio è circondato dalle montagne verdi dei<br />

Vosgi, dal Reno e da ettari di vigneti. La strada<br />

del vino dell’Alsazia è la più antica di Francia ed<br />

è per questo che qui è molto sviluppato il turismo<br />

enologico. Ma la potenza della natura rende speciale<br />

l’Alsazia anche per chi vuole trascorrere una<br />

vacanza su una mountain bike o facendo attività<br />

sportive di vario genere – come trekking, pesca e<br />

canottaggio.<br />

Fondata nel 1953, la strada dei grand crus d’Alsazia<br />

si estende ai piedi delle foreste dei Vosgi,<br />

dominate da misteriosi castelli, attorno ai quali si<br />

sviluppano piccoli villaggi con locande dove assaggiare<br />

alcuni di questi vini. La route si estende<br />

per più di 170 km da nord a sud, con più di 1.000<br />

vignerons sempre pronti ad accogliere i visitatori<br />

nelle loro cantine per scoprire i sette vitigni alsaziani:<br />

sylvaner, gewurztraminer, muscat, riesling,<br />

pinot bianco, pinto grigio e pinot nero. Oltre al<br />

vino si possono assaggiare acquaviti distillate dalla<br />

frutta. La Maison Massenez, a Val de Villé, oggi<br />

guidata da Manou, ne produce di ottime ottenute<br />

da ciliegie, lamponi, prugne e pere. Le acquaviti<br />

prodotte da Manou Massenez (il nuovo volto<br />

– femminile – della casa) oggi si trovano un po’<br />

ovunque in tutto il mondo. Da Klur invece vi<br />

aspettano degustazioni e visite delle cantine (per<br />

le vigne non è la stagione più adatta) alla scoperta<br />

di una maison che da 10 anni è impegnata nel-<br />

la coltivazione biologica e biodinamica. Girando<br />

per i villaggi del vino vi sembrerà di essere in una<br />

fiaba tra cottage dipinti con colori vivaci, mura<br />

medievali e nidi di cicogna sulle guglie delle chiese.<br />

I più belli sono Riquewihr, Eguisheim, Kaysersberg<br />

e Bergheim, più piccoli e più silenziosi sono<br />

Saint-Hippolyte e Katzenthal.<br />

Nonostante la fama mondiale dei vini alsaziani,<br />

anche la birra di questa regione si difende bene.<br />

La famiglia Haag conduce il più antico birrificio<br />

d’Alsazia, Méteor, fondato nel 1640. Ma non di<br />

solo vino (e birra)... Quindi via alla scoperta del<br />

pane pepato (pain d’épices). Il pane al miele è<br />

citato sia da Omero sia da Virgilio, ma nel XIII<br />

secolo si è diffuso il suo consumo, con leggeri variazioni,<br />

tra Basilea, Strasburgo e Francoforte. Se<br />

viaggiate con bambini dovreste fermarvi al Gingerbread<br />

Museum, a Gertwiller, dove il maestro<br />

panettiere Michel Habsiger ha creato un museo<br />

pieno di giocattoli.<br />

Da nord a sud, percorrendo l’Alsazia in macchina,<br />

si incontrano anche città più grandi. Strasburgo<br />

non è solo sede del Parlamento europeo: dal 1988<br />

è infatti patrimonio dell’Umanità dell’Unesco e<br />

in effetti, nei secoli, in tanti si sono innamorati<br />

delle sue vie e delle sue piazze. Gutenberg, Victor<br />

Hugo, Napoleone e Gustave Doré rimasero probabilmente<br />

incantati dalla cattedrale gotica che si<br />

affaccia sulla place du Chateau.<br />

Spostandosi verso sud si incontra l’abbazia San<br />

Leonardo ai piedi del Mont Sainte Odile, dove<br />

Charles Spindler iniziò un’attività di intarsio che<br />

oggi è portata avanti dal nipote Jean Charles. Entrando<br />

le narici vi si riempiranno di profumo di<br />

legno. Attorno al monte si snoda un sentiero archeologico<br />

che inizia con il Muro Pagano (lungo<br />

11 km) probabilmente risalente al 1 secolo d.C.<br />

di cui è sconosciuta la funzione.<br />

Infine, prima di raggiungere la pittoresca Colmar<br />

con le sue case colorate affacciate sui canali, fermatevi<br />

al castello dell’Haut-Koenigsburg. Giunti<br />

in città concludete il viaggio con un po’ di arte.<br />

Progettato da Herzog e De Meuron nel cuore<br />

della città, il Musée Unterlinden racchiude capolavori<br />

di grandi artisti come Jean Dubuffet, Pablo<br />

Picasso e Grunewald. Per un finale in bellezza.<br />

02. Il Parc Salvator di<br />

Mulhouse, la seconda<br />

città d’Alsazia per<br />

dimensione dopo<br />

Strasburgo, è stato<br />

aperto nel 1890 dove<br />

un tempo sorgeva un<br />

cimitero<br />

52 53


weekend<br />

weekend<br />

Carnevale tutto l’anno<br />

Si avvicina il weekend più sentito per Ivrea. Nonostante la<br />

manifestazione prenda il via ufficiale il 6 gennaio e per tutto l’anno i<br />

cittadini si ritrovino in varie occasioni, è nel fine settimana di Carnevale<br />

che la festa esplode con la Battaglia delle Arance. Se siete scettici dovreste<br />

farci un salto. Verrete travolti dall’entusiasmo degli eporediesi<br />

di Tullia Carota<br />

02<br />

01. Il Carnevale di Ivrea<br />

prende ufficialmente<br />

il via il 6 di gennaio<br />

con la prima uscita di<br />

Pifferi e Tamburi, che<br />

accompagnano poi<br />

ogni momento della<br />

manifestazione fino al<br />

Martedì di Carnevale<br />

«Ivrea la bella». Se a dirlo è Carducci, allora deve<br />

essere vero. E, in effetti, lo è: il capoluogo simbolico<br />

del Canavese, quel territorio che si estende<br />

per circa 50 Km da Chivasso alla Valle d’Aosta,<br />

conta poco più di 25mila abitanti, è attraversato<br />

dalla Dora Baltea e il suo centro storico affascina<br />

chiunque lo veda per la prima volta.<br />

Seppure piccola e non in cima all’elenco delle<br />

mete turistiche italiane, Ivrea è famosa in tutto<br />

il mondo, soprattutto per due cose: l’Olivetti e il<br />

Carnevale. Sull’Olivetti si sa quasi tutto. Camillo<br />

e il figlio Adriano furono imprenditori illuminati<br />

che, oltre a sviluppare prodotti tecnologici all’avanguardia,<br />

ebbero la lungimiranza di proporre un<br />

modello di sviluppo industriale avanzato, attento<br />

ai propri dipendenti, al territorio e alla società.<br />

Il secondo motivo per cui Ivrea è famosa in tutto<br />

il mondo, si diceva, è il Carnevale. Ma a essere<br />

famosa è soprattutto la Battaglia delle Arance.<br />

Criticata e malvista da molti, ha una storia curiosa<br />

alle spalle e fa, in realtà, parte di una manifestazione,<br />

lo Storico Carnevale di Ivrea, che dura<br />

molti giorni e si apre ogni anno il 6 gennaio con<br />

l’uscita di Pifferi e Tamburi – che potrebbero essere<br />

considerati la banda ufficiale della manifestazione.<br />

Districarsi tra gli appuntamenti e la storia<br />

di questo Carnevale, il più antico d’Italia, non è<br />

facile, anche perché i diversi momenti pescano da<br />

differenti epoche storiche.<br />

Ma sono due le anime principali: da un lato c’è la<br />

componente storica, rappresentata dal corteo di<br />

cui fanno parte personaggi come il Generale, la<br />

Mugnaia, gli Abbà e il Podestà; dall’altro la Battaglia<br />

delle Arance, combattuta da squadre a piedi e<br />

squadre su carri da getto. Il comune denominatore<br />

è uno però: rappresentare la liberazione di Eporedia<br />

(questo il nome di Ivrea in epoca romana) dalla<br />

tirannia. Nel 1600 l’ennesima rivolta popolare<br />

contro il Marchese di Monferrato, signore della<br />

città, portò alla liberazione e così le nove squadre<br />

di aranceri a piedi rappresentano il popolo che<br />

sfida il tiranno, interpretato simbolicamente dalle<br />

squadre sui carri che indossano una maschera a<br />

protezione del volto. Se ve lo state chiedendo... sì,<br />

tutti possono partecipare alla Battaglia iscrivendosi<br />

a una delle squadre.<br />

01<br />

Le origini della Battaglia risalgono al Medioevo,<br />

quando a essere lanciati in strada erano i fagioli<br />

e non gli agrumi. Due volte l’anno, infatti, il feudatario<br />

donava una pignatta di legumi alle famiglie<br />

meno abbienti che per disprezzo gettavano il<br />

contenuto per strada. La battaglia moderna viene<br />

combattuta dal 1947, ma ha radici nell’Ottocento<br />

quando le giovani della città, per attirare l’attenzione<br />

dei ragazzi, lanciavano dai balconi coriandoli,<br />

confetti, lupini, fiori e anche arance, un frutto<br />

esotico (portugaj in dialetto piemontese) proveniente<br />

dalla Costa Azzurra. Era un modo (forse<br />

un po’ bizzarro) per richiamare la loro attenzione.<br />

Il gesto cortese si trasformò presto in duello.<br />

Le due anime, dunque, si incontrano per la prima<br />

volta il sabato sera di Carnevale quando alla<br />

città viene presentata la Mugnaia che ogni anno<br />

è interpretata da una giovane eporediese sposata:<br />

anche se può sembrare difficile da capire, per<br />

le donne della città essere Mugnaia è motivo di<br />

grande orgoglio. Inizia quindi, di sabato, il cuore<br />

della manifestazione con il Corteo Storico che attraversa<br />

la città e continua per i tre giorni successivi<br />

con la Battaglia, il Corteo, i fuochi, le fagiolate<br />

nei vari rioni e l’abbruciamento degli scarli (alti<br />

pali di legno, sinonimo di prosperità) il martedì<br />

sera, quando si svolge anche la marcia funebre per<br />

la fine del Carnevale dopo la quale viene dato appuntamento<br />

all’anno successivo. Ma non si può<br />

certo concludere una festa così: quindi mercoledì,<br />

primo giorno di Quaresima, nel rione Borghetto<br />

viene distribuita polenta con merluzzo (vengono<br />

cucinati 1400 kg di polenta, 800 di merluzzo e<br />

1400 di cipolle!).<br />

Chi c’è stato, al Carnevale di Ivrea, ci vuole tornare.<br />

Se fosse un eporediese a dirlo sarebbe troppo<br />

facile, ma invece ad assicurare che vale la pena<br />

andare almeno un giorno sono anche quelle persone<br />

che con il Canavese non hanno nulla a che<br />

fare. Le vie della città, preparate per difendersi dai<br />

lanci delle arance, sono invase da turisti, cittadini<br />

e curiosi, ma soprattutto da un’atmosfera di grande<br />

festa. Da non sottovalutare, poi, la possibilità<br />

di fermarsi a mangiare in qualche ristorante della<br />

zona per assaggiarne le specialità quali zuppe,<br />

pane, polenta, salumi e molti legumi e una sosta<br />

a Caluso, la culla dell’Erbaluce, vino tipico della<br />

zona che dal 1975 è tutelata dalla Cantina Cooperativa<br />

produttori Erbaluce di Caluso che oggi<br />

conta 160 produttori. Infine, per addolcire lo<br />

spettacolo della Battaglia (o da portare a casa) è<br />

consigliabile passare dalla pasticceria Balla a Ivrea<br />

a comprare la torta Novecento, la cui ricetta segreta<br />

è stata depositata come marchio registrato.<br />

02. La Battaglia delle<br />

Arance è il momento<br />

più famoso del<br />

Carnevale di Ivrea.<br />

Criticata da molti, è in<br />

realtà combattuta con<br />

lealtà e in amicizia<br />

54 55


overseas<br />

overseas<br />

MI BUENOS AIRES QUERIDO<br />

La capitale mondiale del tango è una città frenetica e dai mille volti, che<br />

si odia o si ama, dove noi italiani ci sentiamo quasi a casa, e che per<br />

essere capita deve venir vissuta barrio per barrio<br />

testo e foto di Andrea Zappa<br />

naturalmente<br />

Per prendersi una pausa della<br />

frenesia cittadina e conoscere la<br />

vera forza di Madre Natura, non<br />

resta che prendere un volo da<br />

Buenos Aires e andare a visitare le<br />

eccezionali cascate di Iguazù nella<br />

provincia argentina di Misiones al<br />

confine con il Brasile. Dichiarate<br />

patrimonio dell’umanità dall’Unesco,<br />

sono un sistema di 275<br />

cascate che raggiungono salti fino<br />

a 70 metri di altezza.<br />

02<br />

01<br />

01. La capitale<br />

dell’Argentina, Buenos<br />

Aires, è suddivisa in<br />

barrios ognuno dei<br />

quali con proprie<br />

caratteristiche<br />

Non c’è dubbio, “l’italianitudine” che si respira<br />

a Buenos Aires dà la sensazione, nonostante le<br />

14 ore di volo, di non essersi mossi dallo Stivale.<br />

La maggior parte dei porteñi, infatti, ha nel proprio<br />

albero genealogico un pezzo di quell’Italia<br />

migrante che se ne andò in Argentina in cerca di<br />

fortuna a partire dai primi del Novecento. E allora<br />

non ci si sorprende della calda accoglienza quando<br />

intuiscono la parentela, del «ciao» quando si<br />

esce da un negozio, o se, nel menù di un qualsiasi<br />

ristorante spicca in bella vista la Milanesa, che<br />

qui si presenta anche con una variante più ricca,<br />

la Milanesa Napolitana ricoperta di mozzarella e<br />

pomodoro.<br />

Buenos Aires è una città immensa, caotica e di<br />

grande fascino, chi viene da fuori la chiama, non<br />

a caso: la ciudad de la furia. Una delle esperienze<br />

più incredibili è quella di girarla sugli autobus. La<br />

fitta rete di linee porta in qualsiasi angolo della<br />

capitale, ovviamente con i dovuti tempi. I mezzi<br />

sono pittati come auto del circuito Nascar americano<br />

e i conduttori li guidano con lo stesso estro<br />

dei piloti di Indianapolis: velocità da ultimo giro<br />

di qualifica, la salita e la discesa avvengono quasi<br />

al volo e se non alzi il braccio alla fermata il bus<br />

tira dritto. La giustificazione? «La città è grande<br />

e per arrivare da un capo all’altro bisogna fare in<br />

fretta».<br />

Dopo essersi fatti frullare dentro l’autobus, non<br />

resta che iniziare il paseo por el barrio. A Buenos<br />

Aires ogni quartiere (barrio) possiede un’anima<br />

distinta. Gli amanti delle boutique alla moda e<br />

del design potranno incontrare “interessanti souvenir”<br />

tra le case basse e colorate di Palermo: il<br />

quartiere si divide in maniera non ufficiale nelle<br />

zone di Soho, Hollywood, Viejo e Chico. Sempre<br />

da queste parti si trova un parco, noto come il<br />

Bosques Palermo, di circa 25 ettari con un piccolo<br />

lago artificiale navigabile nel centro, dove trova<br />

spazio il Planetario Galileo Galilei.<br />

Molto in voga tra i turisti anche il quartiere Recoleta,<br />

famoso per il suo immenso cimitero (assolutamente<br />

da visitare) dalle lussuose tombe dove<br />

riposano le personalità più illustri del Paese, compresa<br />

la tanto amata Evita Peron. A pochi passi<br />

dall’entrata del cimitero, la piazza Intendente Alvear,<br />

meglio conosciuta come plaza Francia, ospita<br />

ogni fine settimana la Feria de Artesanos e gli<br />

spettacoli di numerosi artisti di strada.<br />

Chi ama lo shopping compulsivo a basso prezzo<br />

e cerca un’alternativa culinaria al classico asado<br />

argentino (carne cotta alla brace), apprezzerà invece<br />

i colori e i sapori del barrio chino (quartiere<br />

cinese) a Belgrano, una volta passati sotto l’arcoporta<br />

della via principale si viene catapultati in<br />

una vera Chinatown.<br />

Ma per respirare la reale atmosfera porteña, bisogna<br />

spingersi a sud nella zona del porto dove si<br />

incontra San Telmo, il primo quartiere della città,<br />

in cui nacque il tango tra taverne di marinai e<br />

bordelli. Oggi è una zona molto turistica con bancarelle<br />

e bar, da non perdersi il Bar Plaza Dorrengo,<br />

nell’omonima piazza, caratterizzato da tavoli<br />

in legno pieni di scritte e con le immagini delle<br />

leggende del tango appese alle pareti. Attaccato a<br />

San Telmo c’è la Boca, il multicolore quartiere del<br />

porto fondato dai nostri immigrati genovesi che<br />

decisero di dipingere le loro case con la vernice<br />

avanzava dagli scafi delle navi. Il cuore della Boca<br />

è rappresentato dalla Bombonera, ufficialmente<br />

lo stadio Alberto José Armando, culla del Boca Juniors,<br />

la squadra più amata dagli abitanti della capitale.<br />

Molto interessante la visita guidata di circa<br />

due ore alla scoperta dei segreti di questo tempio<br />

della fede calcistica porteña che ha dato la gloria a<br />

un giovane Diego Armando Maradona. Una volta<br />

calpestata l’erba del campo della Bombonera, se<br />

è l’ora dell’aperitivo, ci si può dirigere verso la<br />

moderna zona di Porto Madero, dove sorseggiare<br />

in relax un’ottima Patagonia Weisse, ammirando<br />

la silhouette illuminata di vecchie gru portuali.<br />

Un’altra tappa obbligata è il suggestivo e tradizionale<br />

Café Tortoni, in pieno centro, Avenida<br />

de Mayo 825. Inaugurato nel 1958, era il preferito<br />

di molti intellettuali dell’epoca. Un classico<br />

è fare merenda seduti nei piccoli tavoli di legno<br />

e marmo con medialunas e café con leche, il tutto<br />

accompagnato per tradizione da un bicchiere<br />

di soda. Alla sera il locale ospita anche esibizioni<br />

di tango. Ma se volete vedere uno spettacolo con<br />

un’intera compagnia di ballerini, non resta che<br />

passeggiare lungo la centralissima Avenida Corrientes,<br />

soprannominata il viale dei teatri e delle<br />

librerie. La vera anima del tango però la si può<br />

respirare andando una sera in una delle milongue<br />

più famose della città, come il Niño Bien, il Salon<br />

Canning, la Catedral e la Viruta, il cui slogan è<br />

entrás caminando y sales bailando, entri camminando,<br />

esci ballando. Se questo dovesse accadere<br />

per davvero, non lascerete più questa città.<br />

02. Porto Madero<br />

è la moderna zona<br />

portuale: andate all’ora<br />

dell’aperitivo per bere<br />

una birra Patagonia<br />

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food<br />

food<br />

Gourmet in quota<br />

La montagna d’inverno riserva sorprese. Oltre alle piste da sci<br />

e alle cime innevate, ci sono i ristoranti stellati. Che con i loro<br />

piatti capolavoro, sintesi di tradizione alpina e innovazione,<br />

conquistano i sensi. Sullo sfondo, paesaggi incantati<br />

di Marzia Nicolini<br />

02<br />

03<br />

01<br />

01. Servizio<br />

impeccabile e<br />

accoglienza altoatesina<br />

al ristorante St.<br />

Hubertus, due stelle<br />

Michelin gestito<br />

dallo chef Norbert<br />

Niederkofler.<br />

All’interno dell’hotel<br />

Rosa Alpina di San<br />

Cassiano, sposa la<br />

filosofia del cook the<br />

mountain<br />

Immaginate il paesaggio mozzafiato delle cime<br />

più belle delle nostre Alpi, tra comprensori sciistici<br />

invidiati in tutto il mondo, boschi innevati,<br />

ghiacciai e altopiani assolati. Amatissima dagli<br />

sportivi di ogni età, la montagna riserva però anche<br />

un lato meno dinamico e assai più godereccio:<br />

parliamo dell’haute cuisine firmata dagli chef del<br />

posto. Un connubio, quello tra territorio montano<br />

e alta gastronomia, che trova nelle loro creazioni<br />

la sintesi perfetta. Tradizione e innovazione vanno<br />

a braccetto, in piatti che dialogano con le vette<br />

circostanti. Perché per questi chef, fini conoscitori<br />

del luogo in cui operano (e da cui spesso provengono),<br />

è la montagna la fonte prima di ispirazione.<br />

Esserle fedeli è quasi d’obbligo.<br />

Le scuole di pensiero e i piatti da gustare sono<br />

tanti e diversi. Se la montagna resta il fil rouge per<br />

eccellenza, quelle degli chef di montagna sono<br />

preparazioni assai personali. Il St. Hubertus, due<br />

stelle Michelin, è il palcoscenico privilegiato dello<br />

chef Norbert Niederkofler, mente e mani dell’hotel<br />

Rosa Alpina, il Relais & Châteaux della famiglia<br />

Pizzinini a San Cassiano, nella bellissima Val<br />

Badia. In un borgo altoatesino dove si comunica<br />

in lingua ladina, si assaggiano piatti esaltanti come<br />

il trancio saltato di foie gras con créme brûlée alla<br />

mela e balsamico e risotto al pino mugo con faraona<br />

affumicata. A Niederkofler, sud-tirolese della<br />

Valle Aurina, il merito di aver concettualizzato la<br />

filosofia del cook the mountain, un grande progetto<br />

di promozione e valorizzazione della gastronomia<br />

montana. In un’ambientazione in puro stile sudtirolese,<br />

al ristorante del Romantik Hotel Stafler di<br />

Vipiteno, la doppia stella Michelin Peter Girtler,<br />

star della cucina della Gourmetstube Einhorn,<br />

crea piatti ricercati. Il suo riferimento? La migliore<br />

tradizione altoatesina, compresi gli antichi<br />

ortaggi dimenticati e la varietà di erbe spontanee<br />

selvatiche di montagna. Qui si mangia riscaldati<br />

da una grande stufa in maiolica, con la netta<br />

sensazione di fare un salto temporale nel passato.<br />

Sempre in Alto Adige, il promettente Matteo Metullio,<br />

classe 1989, triestino, dirige le cucine de La<br />

Siriola, il celebre ristorante dell’Hotel Ciasa Salares<br />

a San Cassiano. Il menu si apre con una frase<br />

che sembra un motto: «la forza sta in tutto quello<br />

che ha radici solide». Dall’uovo di Bresse al magret<br />

d’agnello in soffice crema al latte di capra, l’itinerario<br />

goloso lascia (estremamente) contenti. Altra<br />

regione alpina, altre suggestioni. Chi ha provato<br />

la cucina valdostana di Agostino Buillas, una stella<br />

Michelin, lo sa: la meticolosità che questo chef<br />

riserva ai piatti del suo Café Quinson a Morgex,<br />

pochi chilometri da Courmayeur, è unica. Situato<br />

nella piazza principale del paese e a conduzione<br />

familiare, il ristorante di Buillas è caldo e avvolgente.<br />

Merito della scelta di rivestimenti in pietra<br />

e legna locale, degli spessi tappeti che coprono<br />

i pavimenti e delle stufe che scoppiettano allegramente.<br />

Da non perdere l’hamburger di carne<br />

cruda valdostana, il magret d’anatra e l’ampia selezione<br />

di vini e formaggi della Valle (e non solo).<br />

Lasciarsi coccolare è un attimo. E quando si esce,<br />

la vista del Monte Bianco, svettante di fronte al<br />

paese, rende il tutto ancora più suggestivo. Ultima<br />

tappa all’Umami di Bormio, nel cuore della Valtellina.<br />

Il giovane chef Antonio Borruso, una stella<br />

Michelin, dedica al nome del suo ristorante, che in<br />

giapponese significa “saporito”, una cucina capace<br />

di miscelare abilmente aromi, colori, profumi,<br />

creando un insolito punto di incontro tra due (diversissime)<br />

tradizioni culinarie, quella napoletana<br />

e quella valtellinese, che si fondono in un menu<br />

inaspettato. Da ricette tradizionali come i succulenti<br />

pizzoccheri, rivisitati in forma sferica, al<br />

merluzzo gratinato con mandorle, non ci si annoia<br />

di certo. Anche l’arredamento gioca il suo ruolo:<br />

di gusto contemporaneo, il ristorante ha vetrate a<br />

tutta altezza che lasciano entrare la luce, toccando<br />

il paesaggio circostante. E dopo una bella mangiata,<br />

i più temerari possono avventurarsi sugli sci o<br />

sulle ciaspole.<br />

02. Ambientazione<br />

valdostana e caldi<br />

rivestimenti in legno<br />

locale al Café Quinson<br />

di Morgex. In cucina<br />

lo chef stellato<br />

Agostino Buillas è<br />

affiancato dalla sua<br />

famiglia<br />

03. Piatti come opere<br />

d’arte: al Romantik<br />

Hotel Stafler di<br />

Vipiteno, la doppia<br />

stella Michelin Peter<br />

Girtler propone<br />

ricette della tradizione<br />

sudtirolese<br />

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food<br />

food<br />

FELIX LO BASSO<br />

Felice, detto “Felix”, appare più giovane della sua<br />

età (compirà 44 anni quest’anno) probabilmente per<br />

l’entusiasmo, la sveltezza e un che di “guasconeria<br />

alla d’Artagnan” dei fornelli, che ha attraversato<br />

la provincia milanese in tutte le sue sfumature per<br />

arrivare nella grande città a vedere l’effetto che fa.<br />

Ed è anche l’ultima stella a essere stata accesa a<br />

Milano lo scorso novembre, ma per lui è la terza in<br />

tre ristoranti diversi<br />

Risotto alla parmigiana…<br />

La ricetta dello chef<br />

Intuizione, fantasia, innovazione e<br />

creatività sono i pilastri della cucina<br />

del cuoco pugliese<br />

di Roberto Perrone<br />

Natale è appena passato. Sono curioso,<br />

che cosa si prepara un cuoco per la<br />

festa più importante dell’anno?<br />

Tortellini in brodo, che mi faccio io.<br />

A novembre la terza stella con il nuovo<br />

ristorante a Milano, ma in realtà è<br />

la terza in tre ristoranti diversi, come<br />

vincere tre campionati di calcio con tre<br />

differenti club. Felix non le manda a<br />

dire, è schietto. Da dove viene?<br />

Vengo da Molfetta.<br />

Dalla Puglia come arriva qua?<br />

Frequento l’istituto alberghiero “Armando<br />

Perotti” a Bari. Quindi parto. Le<br />

mie prime esperienze sono sulla riviera<br />

romagnola, a Rimini, a Riccione.<br />

Da dove nasce la spinta?<br />

Avevo voglia di andare fuori, di mettermi<br />

in gioco, a quell’età non guardi<br />

alle stelle.<br />

C’è sempre un momento catartico nella<br />

vita di un uomo, specialmente di un<br />

cuoco...<br />

Il mio è rappresentato dall’incontro<br />

con Vincenzo Cammerucci, storico<br />

chef romagnolo con formazione marchesiana.<br />

È nata un’altra storia, un altro<br />

modo di pensare la ristorazione, capendo<br />

gli ingredienti che sono una cosa<br />

importante per l’alta cucina.<br />

Dopo la Romagna, una breve, ma<br />

intensa parentesi a Montecarlo da<br />

Robuchon, poi l’Alto Adige, all’Alpenroyal<br />

di Selva di Val Gardena...<br />

Qui sono rimasto dodici anni e nel<br />

2011 arriva la stella numero 1. A quel<br />

punto cercavo la seconda o comunque<br />

qualcosa in più, qualcosa di mio, ma il<br />

titolare aveva altre strategie. In definitiva<br />

ero io che sentivo di voler/dover<br />

cambiare.<br />

Dopo tanto girovagare per la provincia<br />

generosa è il momento di mettere<br />

piede in città. Prime impressioni?<br />

Arrivo a “Unico” nella cucina lasciata<br />

Fabio Baldassarre. A Milano, finalmente.<br />

Qui c’è un concentrato di ristorazione<br />

che ti spinge a voler fare meglio.<br />

La competizione a noi cuochi piace, è<br />

stimolante.<br />

Stella anche a Unico. E nuovo addio.<br />

Come mai?<br />

I proprietari non avevamo voglia di investire,<br />

volevano fare eventi, mischiare<br />

le cose. Stavo già pensando di lasciare<br />

Milano, ma all’ultimo minuto ho trovato<br />

questa location interessante che<br />

mi ha convinto a restare e così il 14<br />

giugno del 2016 apro in piazza Duomo<br />

e a novembre, a Parma, eccomi per<br />

la terza volta sul palco tra i premiati<br />

Michelin per il 2017. Tre stelle in tre<br />

posti differenti.<br />

Dove ha incontrato il piacere della<br />

cucina?<br />

Nella casa di mia nonna Marianna. Faceva<br />

di tutto: le orecchiette, i triddi,<br />

una pasta in brodo tradizionale, le polpette<br />

di uovo e la parmigiana di melanzane,<br />

la mia preferita. Così ho creato<br />

un risotto con il gusto di una parmigiana<br />

e l’ho dedicato a mia mamma.<br />

La sua idea di cucina?<br />

Prima avevo un’idea diversa, ora penso<br />

che si debba ritornare ad amare le cose<br />

più semplici. Riscoprire il servizio in<br />

sala ad esempio: completare un piatto<br />

al tavolo. Il cliente italiano lo chiede<br />

e poi così si dà un ruolo anche al<br />

cameriere che è un mestiere in via di<br />

estinzione. L’evoluzione ci sta, ma non<br />

è quello che principalmente chiede<br />

l’ospite.<br />

Approfondiamo la sua idea del mestiere<br />

di cuoco...<br />

Da ragazzo avevo un quadro con tutte<br />

le foto degli chef che ammiravo.<br />

Compravo giornali, ritagliavo le foto e<br />

le riunivo in un collage. Al primo posto,<br />

però, avevo sempre Alain Ducasse.<br />

Sempre francesi, a me gli italiani non<br />

mi fanno impazzire, anche quando<br />

viaggiavo e frequentavo gli eventi internazionali<br />

andavo a guardare gli altri,<br />

negli italiani non trovavo nulla di<br />

esaltante. Gli altri sono bravi, la Francia<br />

ancora oggi è un modello nell’hotellerie<br />

e nella ristorazione.<br />

Separato, con due figli, Samuele di 14<br />

anni e Melissa di 6 che vivono a Igea<br />

Marina, Felix, ma in Puglia torna?<br />

Ogni tanto. Mi hanno fatto ambasciatore<br />

della cucina pugliese.<br />

Con Milano ha un rapporto aperto,<br />

senza sconti...<br />

Sì, Milano è una metropoli, ma non la<br />

vedo come la descrivono, come la capitale<br />

economico-gastronomica. Non è<br />

una città che lavora tutti i giorni, non è<br />

ancora stabile ci sono alti e bassi. Milano<br />

si sveglia a dicembre.<br />

Ingredienti: 280 g di riso carnaroli, 60 g di parmigiano, 40<br />

g di burro di capra, 1 l d’acqua, 1 l di latte, 50 g di vino<br />

bianco, 250 g di latte, 25 g di scalogno, 2 melanzane nere,<br />

10 g di capperi disidratati, 300 g di pomodori San Marzano,<br />

sale, pepe, olio d’oliva q.b, 4 foglie di basilico comune piccolo,<br />

4 foglie di basilico rosso, 4 foglie di basilico thai, 4 foglie di<br />

basilico selvatico, dadini di melanzana fritta<br />

Preparazione. La crema di melanzane:<br />

realizzare incisioni nelle melanzane,<br />

cuocere e abbrustolire in salamandra<br />

prestando attenzione a girarle costantemente.<br />

Quando saranno morbide<br />

dentro e abbastanza abbrustolite all’esterno,<br />

toglierle dalla salamandra e<br />

sbucciarle. Frullare aggiustando di sale,<br />

pepe e un filo d’olio fina a ottenere una<br />

crema liscia e omogenea. Polvere di<br />

pomodoro: frullare il pomodoro crudo,<br />

quindi scolarlo per una notte nell’etamina.<br />

Frullare una seconda volta con<br />

un filo d’olio, stendere il composto su<br />

carta forno. Far essicare a 65° per 36<br />

ore. Quando il composto assumerà la<br />

consistenza di una cialda croccante,<br />

frullarla al Bimby ottenendo la polvere<br />

di pomodoro. Per il risotto: fare sudare<br />

lo scalogno con un cucchiaio d’olio<br />

in casseruola, quindi tostare il riso fin<br />

quando i chicchi non diventeranno traslucidi.<br />

Sfumare con il vino bianco, fare<br />

evaporare e continuare la cottura per<br />

altri 16 minuti con acqua e latte precedentemente<br />

miscelati. A fine cottura,<br />

togliere dal fuoco e mantecare con<br />

burro di capra e parmigiano reggiano.<br />

cena con vista<br />

All’ultimo piano di Townhouse<br />

Duomo, con vista sul Duomo,<br />

ha aperto lo scorso giugno il<br />

ristorante dello chef pugliese Lo<br />

Basso. E dopo appena cinque mesi<br />

ha conquistato la stella Michelin.<br />

L’ambiente accogliente è arredato<br />

con finiture curate in ogni dettaglio,<br />

per rendere l’esperienza unica e<br />

per far sentire gli ospiti a casa. Nel<br />

suo ristorante Felix Lo Basso offre<br />

una cucina di alto livello, sofisticata<br />

nell’elaborazione dei piatti ma con<br />

forti ancoraggi alla tradizione e alle<br />

materie prime italiane<br />

Ristorante Felix Lo Basso<br />

Piazza Duomo 21 – Milano<br />

www.duomo.townhousehotels.com<br />

60 61


free time<br />

free time<br />

Da non perdere...<br />

Una selezione dei migliori eventi che<br />

animeranno la città nei prossimi mesi<br />

a cura di Enrico S. Benincasa<br />

Keith Haring - About Art<br />

Jack Savoretti<br />

Boom 60!<br />

L’arte in Italia a cavallo degli anni<br />

Cinquanta e Sessanta era protagonista<br />

sulle pagine di magazine e<br />

rotocalchi più di quanto si pensi.<br />

Una mostra al Museo del Novecento<br />

celebra questa relazione<br />

esponendo copie originali dell’epoca<br />

con servizi e interviste ad artisti<br />

come De Chirico, Picasso e Niki<br />

de Saint Phalle.<br />

Museo del Novecento - Milano<br />

fino al 12 marzo<br />

www.museodelnovecento.org<br />

Art Garfunkel<br />

Quattro date in Italia per il cantautore<br />

statunitense, metà di quel duo<br />

capace di rimanere nella storia della<br />

musica con brani come The Sound<br />

of Silence. Accompagnato da Tab<br />

Laven (chitarra) e Cliff Carter (tastiere),<br />

Art Garfunkel passerà anche<br />

da Milano per un’unica occasione a<br />

metà febbraio.<br />

Teatro LinearCiak - Milano<br />

il 15 febbraio<br />

www.dalessandroegalli.com<br />

Palazzo Reale - Milano<br />

dal 20 febbraio al 18 giugno<br />

www.palazzoreale<strong>milano</strong>.it<br />

Fabrique - Milano<br />

il 24 febbraio<br />

www.jacksavoretti.com<br />

Kish Kush<br />

La compagnia Teatrodistinto porta<br />

al Parenti uno spettacolo di teatro<br />

danza che indaga sul tema della<br />

diversità e sulla meraviglia che può<br />

comportare. Un muro di carta<br />

sottile divide i due protagonisti sulla<br />

scena, desiderosi però di confrontarsi<br />

in un gioco di suoni, luci e<br />

ombre che porta poi alla creazione<br />

di immagini nuove.<br />

Teatro Franco Parenti - Milano<br />

dal 31 gennaio al 5 febbraio<br />

www.teatrofrancoparenti.it<br />

Sembra quasi un passaggio di testimone<br />

tra due grandi protagonisti della Pop<br />

Art del secolo scorso: Jean Michel Basquiat<br />

ci saluta, ma arriva Keith Haring<br />

a “sostituirlo” in un’ipotetica staffetta<br />

che vede coinvolti due grandi poli museali<br />

della città, il Mudec e Palazzo Reale.<br />

Sarà proprio quest’ultimo a ospitare<br />

fino alla metà di giugno la retrospettiva<br />

dedicata a Haring, artista fondamentale<br />

degli anni Ottanta che, tra i suoi tanti<br />

meriti, ha anche quello di aver aperto<br />

la via per lo “sdoganamento” dei graffiti<br />

e della street art nel panorama dell’arte<br />

mondiale. La mostra ripercorre tutta la<br />

sua carriera e contiene una vastissima<br />

selezione delle sue opere provenienti<br />

da tutto il mondo, mettendo in costante<br />

riferimento la sua produzione con<br />

quella di altri artisti. Il suo essere iconico<br />

nel tratto e la sua visione militante<br />

dell’arte ne hanno fatto un simbolo che<br />

oggi, a oltre 25 anni dalla morte, continua<br />

ad avere una forza e una capacità<br />

di influenzare, entrambe doti che<br />

contraddistinguono solo i grandi artisti.<br />

Ma la grandezza di Keith Haring passa<br />

anche dall’essere stato in grado di mettere<br />

in comunicazione mondi e culture<br />

diverse tra loro, a volte poco assimilabili<br />

almeno a prima vista: è proprio questo<br />

uno degli aspetti che la mostra di<br />

Palazzo Reale (curata da Gianni Mercurio)<br />

si propone di evidenziare.<br />

Lo scorso ottobre è uscito il suo quinto<br />

album in studio, Sleep No More, accolto<br />

come i precedenti da ottime recensioni<br />

da parte degli addetti ai lavori. Jack Savoretti<br />

continua sulla sua strada, quella<br />

della musica di qualità, cercando di<br />

non imitare nessuno e costruendosi<br />

pian piano un pubblico fedele e attento<br />

alla sua evoluzione. E la sua strada<br />

non può che passare dall’Italia perché<br />

Jack, nonostante i natali britannici, non<br />

ha mai rinnegato il legame con il nostro<br />

Paese e in particolare con la città da cui<br />

proviene suo padre, Genova. Un rapporto,<br />

però, vissuto in maniera normale<br />

e che, artisticamente parlando, si è<br />

declinato in diverse collaborazioni con<br />

altri artisti italiani, l’ultima delle quali<br />

è Elisa (con cui duetta nel brano Waste<br />

Your Time on Me contenuto nell’ultimo<br />

On della cantante friulana). Sleep<br />

No More può essere considerato il suo<br />

album della maturità per il quale si è<br />

avvalso della collaborazione di un team<br />

di produttori di primo livello, già al<br />

lavoro con fenomeni degli ultimi anni<br />

come per esempio Adele. Lui stesso<br />

l’ha definito come «una lettera d’amore<br />

dedicata a mia moglie», l’attrice Jemma<br />

Powell, dalla quale ha avuto due figli.<br />

Jack sarà in concerto a Milano alla fine<br />

di febbraio per una delle sue due date<br />

italiane (la seconda non può che essere<br />

quella di Genova).<br />

Identità golose<br />

Torna agli inizi di marzo la kermesse<br />

dedicata all’eccellenza gastronomica<br />

curata da Paolo Marchi. Il<br />

tema scelto per l’edizione 2017 è<br />

il viaggio, «per ribadire che tutto<br />

quello che consumiamo è frutto<br />

di viaggi». Si inizia il sabato, grande<br />

novità per questo evento, e non<br />

mancheranno certo i protagonisti<br />

della nostra cucina.<br />

MiCo - Milano<br />

dal 6 all’8 marzo<br />

www.identitagolose.it<br />

62 63


secret <strong>milano</strong><br />

network<br />

Il luogo che non c’è<br />

La sua realizzazione non fu semplice, Bramante affrontò diversi problemi, ma alla<br />

fine le difficoltà si rivelarono un’opportunità. Situata in pieno centro, ma poco nota,<br />

la basilica di Santa Maria presso San Satiro ha un aspetto apparentemente dimesso,<br />

ma svela a chi ha voglia di varcarne la soglia uno straordinario segreto<br />

di Elisa Zanetti<br />

Probabilmente ci sarete passati davanti<br />

mille volte, l’avrete intravista senza<br />

varcarne la soglia. Del resto accade<br />

spesso: alcuni tesori si hanno sotto gli<br />

occhi, eppure non si vedono. La basilica<br />

di Santa Maria presso San Satiro è<br />

sicuramente uno di questi.<br />

Collocata al 17/19 di via Torino, viene<br />

forse messa in ombra dalle vetrine<br />

di una delle vie dello shopping milanese,<br />

eppure non è difficile scorgerla.<br />

Leggermente aggettante, con il corpo<br />

centrale della sua facciata sembra quasi<br />

chiamare i passanti. Ascoltate il suo<br />

invito ma, fate attenzione, non fermatevi<br />

a osservare solamente l’esterno<br />

dalla corte poligonale irregolare che<br />

la ospita, anzi, sappiate che la facciata<br />

neorinascimentale fu tema di dibattito<br />

all’epoca della sua realizzazione: la<br />

chiesa del resto affondava le sue radici<br />

nella fine del XV secolo, ma fu portata<br />

a termine solo nel XIX. In origine<br />

il compito di realizzare la facciata fu<br />

affidato a Giovanni Antonio Amedeo,<br />

ma pare che a causa di divergenze con<br />

il Bramante – responsabile del progetto,<br />

che a sua volta aveva fatto una<br />

proposta per l’esterno oltre ad avere<br />

progettato la facciata posteriore – i<br />

lavori furono solo avviati. Si dovette<br />

aspettare il 1871 per vedere la struttura<br />

completata.<br />

La basilica venne costruita sulla preesistente<br />

San Satiro, di cui resta traccia<br />

nel nome, per ricordare un miracolo<br />

avvenuto nel 1242, quando un uomo<br />

pugnalò un’immagine della Madonna<br />

custodita all’interno della chiesa e questa<br />

iniziò a sanguinare. I problemi legati<br />

alla facciata principale non furono gli<br />

unici: a metà lavori l’amministrazione<br />

della città negò al Bramante il permesso<br />

di occupare con l’abside parte della<br />

via posteriore. L’artista si trovò quindi<br />

a dovere fare i conti con spazi ridotti.<br />

Ma si sa, non tutti i mali vengono per<br />

nuocere e così quello che in origine<br />

sembrava essere un ostacolo si rivelò il<br />

punto di forza dell’intera costruzione.<br />

Osservate ora gli interni della basilica,<br />

lasciatevi abbagliare dalle volte dorate<br />

percorrendo la navata centrale e ammirate<br />

i soffitti a cassettoni delle due<br />

laterali. Alzate gli occhi verso la cupola<br />

riccamente decorata da lacunari dipinti<br />

in oro e azzurro e infine godetevi<br />

lo spettacolo di questa piccola chiesa:<br />

l’abside in tutto il suo magnifico sviluppo.<br />

Notate niente di strano? Spostatevi<br />

lateralmente, vi sarà più facile<br />

ricordare quanto vi abbiamo raccontato<br />

poco fa: Bramante non potendo<br />

estendersi nella via adiacente per la<br />

realizzazione dell’abside, con un colpo<br />

di genio diede vita al cosiddetto finto<br />

coro bramantesco. Ciò che vi sembra<br />

profondo una decina di metri, in realtà<br />

è raccolto in poco più di un metro. Un<br />

abile gioco prospettico che, ancora una<br />

volta, mostra che spesso non si vede ciò<br />

che si ha davanti agli occhi.<br />

Puoi trovare Club Milano<br />

in oltre 200 location<br />

selezionate a Milano<br />

night & restaurant: Al fresco Via Savona 50 Angolo<strong>milano</strong> Via<br />

Boltraffio18 Antica Trattoria della Pesa V.le Pasubio 10 Bar Magenta Largo<br />

D’Ancona Beda House Via Murat 2 Bento Bar C.so Garibaldi 104 Bhangra<br />

Bar C.so Sempione 1 Blanco Via Morgagni 2 Blue Note Via Borsieri 37<br />

Caffè della Pusterla Via De Amicis 24 Café Gorille Via De Castillia 20<br />

Caffè Savona Via Montevideo 4 Cape Town Via Vigevano 3 Capo Verde<br />

Via Leoncavallo 16 Cheese Via Celestino IV 11 Chocolat Via Boccaccio 9<br />

Circle Via Stendhal 36 Colonial Cafè C.so Magenta 85 Combines XL Via<br />

Montevideo 9 Cubo Lungo Via San Galdino 5 Dada Cafè / Superstudio<br />

Più Via Tortona 27 Deseo C.so Sempione 2 Design Library Via Savona 11<br />

Elettrauto Cadore Via Cadore ang. Pinaroli 3 El Galo Negro Via Taverna<br />

Executive Lounge Via Di Tocqueville 3 Exploit Via Pioppette 3 Fashion<br />

Cafè Via San Marco 1 FoodArt Via Vigevano 34 Fusco Via Solferino 48<br />

G Lounge Via Larga 8 Giamaica Via Brera 32 God Save The Food Via<br />

Tortona 34 Goganga Via Cadolini 39 Grand’Italia Via Palermo 5 HB Bistrot<br />

Hangar Bicocca Via Chiese 2 Il Coriandolo Via dell’Orso 1 Innvilllà Via<br />

Pegaso 11 Jazz Cafè C.so Sempione 4 Kamarina Via Pier Capponi 1<br />

Kisho Via Morosini 12 Kohinoor Via Decembrio 26 Kyoto Via Bixio 29<br />

La Fabbrica V.le Pasubio 2 La rosa nera Via Solferino 12 La Tradizionale<br />

Via Bergognone 16 Le Biciclette Via Torti 1 Le Coquetel Via Vetere 14 Le<br />

jardin au bord du lac Via Circonvallazione 51 (Idroscalo) Leopardi 13 Via<br />

Leopardi 13 Les Gitanes Bistrot Via Tortona 15 Lifegate Cafè Via della<br />

Commenda 43 Living P.zza Sempione 2 Luca e Andrea Alzaia Naviglio<br />

Grande 34 MAG Cafè Ripa Porta Ticinese 43 Mandarin 2 Via Garofano<br />

22 Milano Via Procaccini 37 Mono Via Lecco 6 My Sushi Via Casati 1 - V.le<br />

Certosa 63 N’ombra de Vin Via San Marco 2 Noon Via Boccaccio 4 Noy<br />

Via Soresina 4 O’ Fuoco Via Palermo 11 Origami Via Rosales 4 Ozium<br />

t7 café - via Tortona 7 Palo Alto Café C.so di Porta Romana 106 Panino<br />

Giusto P.zza Beccaria 4 - P.zza 24 Maggio Parco Via Spallanzani - C.so<br />

Magenta 14 Patchouli Cafè C.so Lodi 51 Posteria de Amicis Via De Amicis<br />

33 Qor Via Elba 30 Radetzky C.so Garibaldi 105 Ratanà Via De Castillia<br />

28 Refeel Via Sabotino 20 Rigolo Via Solferino 11 Marghera Via Marghera<br />

37 Rita Via Fumagalli 1 Roialto Via Piero della Francesca 55 Serendepity<br />

C.so di Porta Ticinese 100 Seven C.so Colombo 11 - V.le Montenero 29<br />

- Via Bertelli 4 Smeraldino P.zza XXV Aprile 1 Smooth Via Buonarroti 15<br />

Superstudio Café Via Forcella 13 Stendhal Via Ancona 1 Tasca C.so Porta<br />

Ticinese 14 That’s Wine P.zza Velasca 5 Timè Via S.Marco 5 Tortona 36<br />

Via Tortona 36 Trattoria Toscana C.so di Porta Ticinese 58 Union Club Via<br />

Moretto da Brescia 36 Van Gogh Cafè Via Bertani 2 Volo Via Torricelli 16<br />

Zerodue_Restaurant C.so di Porta Ticinese 6 3Jolie Via Induno 1<br />

stores: Ago Via San Pietro All’Orto 17 Al.ive Via Burlamacchi 11 Ana<br />

Pires Via Solferino 46 Antonia Via Pontevetero 1 ang. Via Cusani Bagatt<br />

P.zza San Marco 1 Banner Via Sant’Andrea 8/a Biffi C.so Genova 6 Brand<br />

Largo Zandonai 3 Brian&Barry via Durini 28 Brooksfield C.so Venezia<br />

1 Buscemi Dischi C.so Magenta 31 Centro Porsche Milano Nord Via<br />

Stephenson 53 Centro Porsche Milano Est Via Rubattino 94 C.P. Company<br />

C.so Venezia Calligaris Via Tivoli ang. Foro Buonaparte Dantone C.so<br />

Matteotti 20 Eleven Store Via Tocqueville 11 Fgf store Piazza xxv Aprile1<br />

Germano Zama Via Solferino 1 Gioielleria Verga Via Mazzini 1 Joost Via<br />

Cesare Correnti 12 Jump Via Sciesa 2/a Kartell Via Turati ang. Via Porta 1<br />

La tenda 3 Piazza San Marco 1 Le Moustache Via Amadeo 24 Le Vintage<br />

Via Garigliano 4 Libreria Hoepli Via Hoepli 5 MCS Marlboro Classics C.so<br />

Venezia 2 - Via Torino 21 - C.so Vercelli 25 Moroso Via Pontaccio 8/10<br />

Native Alzaia Naviglio Grande 36 Open viale Monte Nero 6 Paul Smith<br />

Via Manzoni 30 Pepe Jeans C.so Europa 18 Pinko Via Torino 47 Rubertelli<br />

Via Vincenzo Monti 56 The Store Via Solferino 11 Valcucine (Bookshop)<br />

C.so Garibaldi 99<br />

showroom: Alberta Ferretti Via Donizetti 48 Alessandro Falconieri<br />

Via Uberti 6 And’s Studio Via Colletta 69 AutoRigoldi Showroom Skoda Via<br />

Pecchio10 AutoRigoldi Showroom Volkswagen Via Novara 235 Bagutta<br />

Via Tortona 35 Casile&Casile Via Mascheroni 19 Damiano Boiocchi Via<br />

San Primo 4 Daniela Gerini Via Sant’Andrea 8 Gap Studio C.so P.ta Romana<br />

98 Gallo Evolution Via Andegari 15 ang. Via Manzoni Gruppo Moda Via<br />

Ferrini 3 Guess Via Lambro 5 Guffanti Concept Via Corridoni 37 IF Italian<br />

Fashion Via Vittadini 11 In Style Via Cola Montano 36 Interga V.le Faenza<br />

12/13 Jean’s Paul Gaultier Via Montebello 30 Love Sex Money Via Giovan<br />

Battista Morgagni 33 Massimo Bonini Via Montenapoleone 2 Miroglio Via<br />

Burlamacchi 4 Missoni Via Solferino 9 Moschino Via San Gregorio 28 Parini<br />

11 Via Parini 11 Red Fish Lab Via Malpighi 4 Sapi C.so Plebisciti 12 Spazio<br />

+ Meet2Biz Alzaia Naviglio Grande 14 Studio Zeta Via Friuli 26 Who’s<br />

Who Via Serbelloni 7<br />

beauty & fitness: Accademia del Bell’Essere Via Mecenate 76/24<br />

Adorè C.so XXII Marzo 48 Aspria Harbour Club Milano Via Cascina<br />

Bellaria 19 Caroli Health Club Via Senato 1Centro Sportivo San Carlo Via<br />

Zenale 6 Damasco Via Tortona 19 Get Fit Via Lambrate 20 - Via Piranesi<br />

9 - V.le Stelvio 65 - Via Piacenza 4 - Via Ravizza 4 - Via Meda 52 - Via Vico<br />

38 - Via Cenisio 10 Greenline Via Procaccini 36/38 Gym Plus Via Friuli 10<br />

Intrecci Via Larga 2 Le Garcons de la rue Via Lagrange 1 Le terme in città<br />

Via Vigevano 3 Orea Malià Via Castaldi 42 - Via Marghera 18 Romans Club<br />

Corso Sempione 30 Spy Hair Via Palermo 1 Tennis Club Milano Alberto<br />

Bonacossa Via Giuseppe Arimondi 15 Terme Milano P.zza Medaglie d’Oro<br />

2, ang. Via Filippetti Tony&Guy Gall. Passerella 1 Virgin Active Milano Diaz<br />

Piazza Diaz 6<br />

art & entertainment: PAC (Padiglione Arte Contemporanea) Via<br />

Palestro 14 Pack Foro Bonaparte 60 Palazzo Reale P.zza Duomo Teatro<br />

Carcano C.so di Porta Romana 63 Teatro Derby Via Pietro Mascagni<br />

8 Teatro Libero Via Savona 10 Teatro Litta C.so Magenta 24 Teatro<br />

Smeraldo P.zza XXV Aprile 10 Teatro Strehler Largo Greppi 1 Triennale<br />

V.le Alemagna 6 Triennale Bovisa Via Lambruschini 31<br />

hotel: Admiral Via Domodossola 16 Astoria V.le Murillo 9 Boscolo C.so<br />

Matteotti 4 Bronzino House Via Bronzino 20 Bulgari Via Fratelli Gabba 7/a<br />

Domenichino Via Domenichino 41 Four Season Via Gesù 8 Galileo C.so<br />

Europa 9 Nhow Via Tortona 35 Park Hyatt (Park Restaurant) Via T. Grossi<br />

1 Residence Romana C.so P.ta Romana 64 Sheraton Diana Majestic V.le<br />

Piave 42<br />

inoltre: Bagni Vecchi e Bagni Nuovi di Bormio (SO) Terme di Pre-<br />

Saint-Didier (AO)<br />

64 65


Colophon<br />

club <strong>milano</strong><br />

viale Col di Lana, 12<br />

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