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club <strong>milano</strong><br />
n. 36<br />
Ezio Bosso: «La musica è spazio condiviso, non esiste ascolto. E noi abbiamo la responsabilità di coinvolgere»<br />
Viaggio nelle enoteche di città: da quelle storiche dove sentirsi milanesi DOC a quelle dove fare nuove amicizie<br />
Se non soffrite il freddo e non temete la velocità, quest’inverno potreste provare uno sport nuovo: l’ice sailing<br />
Sempre meno persone prendono appunti a mano, ma in tutta Italia fioriscono numerosi i corsi di calligrafia<br />
gennaio - febbraio 2017<br />
Antonio Marras: «La moda è un<br />
lavoro serio, che richiede tempo e<br />
passione per poter lasciare il segno»<br />
− pagina 16<br />
Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO/MI 3,00 euro
editorial<br />
SHOWROOM MILANO | NEW YORK | TOKYO T. 800 835 039 LBM1911.IT<br />
Fuori classifica<br />
Le classifiche sono come i sondaggi, la Nutella e la Coca Cola. Non ne puoi fare a<br />
meno ma sai che dietro si nasconde il trucco. Fintanto che le si prende con leggerezza<br />
possono anche essere divertenti, il problema sorge nel momento in cui le si eleva a<br />
strumento utile, se non addirittura indispensabile, per costruirsi un’opinione. Proprio<br />
negli anni del boom rappresentato da Expo, Milano è crollata dal 1° al 48° posto<br />
nella speciale classifica italiana sulla qualità della vita (stilata da Italia Oggi e Università<br />
La Sapienza a novembre 2016). Quali siano i parametri di valutazione e come<br />
vengano pesati è sempre un po’ un mistero. Di certo, per chi ci vive, è evidente che<br />
Milano non è Mantova (oggi leader) e neppure Crotone (ultima), ma è qualcosa di<br />
completamente diverso. È come chiedere se è più buona una mela o la pizza. Rispetto<br />
a una qualsiasi città di provincia abbiamo più traffico, più smog, più giocolieri (e<br />
imprecazioni) ai semafori, meno asili e più cari, la trattoria è spesso solo sull’insegna<br />
e non sul conto da pagare, la pausa pranzo dura meno di un’ora e se sei fortunato<br />
la fai al bar e non certo a casa tua, un trilocale è un lusso per pochi, il parcheggio<br />
una chimera. Però può capitare di decidere all’ultimo minuto di andare a vedere<br />
una mostra di Basquiat, un concerto, di avere l’imbarazzo della scelta se mangiare<br />
indiano, thailandese, giapponese, oppure una pizza alta, bassa, al taglio o fritta. Puoi<br />
essere elegante anche senza marca, puoi essere ricco anche in bicicletta e nel week<br />
end decidere di andare al mare, a sciare o al lago. E tutto in meno di due ore. Oppure<br />
scegliere di andare a visitare le ricchezze artistiche di Mantova (proprio lei, la capoclassifica)<br />
senza alcun complesso di inferiorità, piuttosto con un po’ di stress in più<br />
addosso. In realtà Milano dovrebbe essere fuori classifica perché ha caratteristiche<br />
uniche che altre città non hanno. In particolare il gusto per la condivisione (spopola<br />
il coworking e qualunque forma di sharing) e l’esaltazione del diverso da sé come<br />
valore da ricercare e non da temere. Una rarità, soprattutto in quest’epoca in cui la<br />
cultura “trumpista” sembra dominare. La verità è che chi ha scelto di vivere a Milano<br />
difficilmente potrebbe accontentarsi di qualcosa di meno, per quanto più comodo e<br />
meno stressante. È come una donna bellissima che ti obbliga a tenere alta la soglia di<br />
attenzione, ti stanca, ma non riesci a farne a meno. Proprio come una bella classifica.<br />
Stefano Ampollini<br />
4<br />
VIA DELLA SPIGA 30
contents<br />
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point of view 10<br />
Calligrafia dell’anima<br />
di Roberto Perrone<br />
inside 12<br />
Brevi dalla città<br />
a cura di Elisa Zanetti<br />
outside 14<br />
Brevi dal mondo<br />
a cura di Elisa Zanetti<br />
focus 26<br />
Spazio al pensiero<br />
di Marilena Roncarà<br />
interview<br />
28<br />
Ezio Bosso<br />
di Nadia Afragola<br />
focus 30<br />
Milano in un sorso<br />
di Elisa Zanetti<br />
Nuova Tiguan.<br />
Connected with your life.<br />
cover story 16<br />
Antonio Marras<br />
di Nadia Afragola<br />
interview 32<br />
Gigi Simoni<br />
di Simone Sacco<br />
portfolio 20<br />
Osservatorio Milanese<br />
foto di autori vari<br />
focus 34<br />
La città s’illimpidiva<br />
di Marilena Roncarà<br />
Nuova Tiguan 1.6 TDI di serie con:<br />
Radio touch da 8” con App-Connect<br />
Fari posteriori a LED<br />
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contents<br />
focus 38<br />
Scripta manent<br />
di Carolina Saporiti<br />
handwriting 40<br />
In bella scrittura<br />
di Alessia Delisi<br />
style 42<br />
Urban gentlemen<br />
di Elisa Anastasino<br />
hi tech 50<br />
Quando la tv è Ultra (HD)<br />
di Paolo Crespi<br />
weekend 52<br />
Storie preziose<br />
di Carolina Saporiti<br />
weekend 54<br />
Carnevale tutto l’anno<br />
di Tullia Carota<br />
overseas 56<br />
Mi Buenos Aires querido<br />
di Andrea Zappa<br />
sport 44<br />
Sailing on the rocks<br />
di Andrea Zappa<br />
design 46<br />
Giardino d’inverno<br />
di Marzia Nicolini<br />
food 58<br />
Gourmet in quota<br />
di Marzia Nicolini<br />
food 60<br />
Felix Lo Basso<br />
di Roberto Perrone<br />
free time 62<br />
Da non perdere<br />
a cura di Enrico S. Benincasa<br />
secret <strong>milano</strong> 64<br />
Il luogo che non c’è<br />
di Elisa Zanetti<br />
8<br />
wheels 48<br />
Genio volante<br />
di Ilaria Salzano<br />
In copertina<br />
Antonio Marras<br />
Foto di Matteo<br />
Cherubino<br />
Sealup Flagship Store<br />
Via Brera 3, Milano<br />
–<br />
www.sealup.net
point of view<br />
roberto perrone<br />
Giornalista e scrittore, vive a Milano ma ha<br />
solidi radici “zeneisi”. Si è occupato di sport,<br />
food e viaggi a “Il Corriere della Sera”. Ora è<br />
freelance. Il suo sito è perrisbite.it. A febbraio<br />
è uscito il suo primo noir, La seconda vita di<br />
Annibale Canessa (Rizzoli)<br />
Calligrafia dell’anima<br />
Il più bell’esempio di calligrafia lo ricordo ancora adesso con un po’ di dispiacere<br />
per il fatto che è andato perduto. Lo conservavo, insieme con le tante lettere che<br />
avevo ricevuto da amici e amiche di ogni parte d’Italia, qualcuna pure dall’estero,<br />
in una scatola che mia madre infilò in un cassonetto in un momento di iconoclastico<br />
repulisti (senza prima avvertirmi, ovviamente). Erano un paio di fogli vergati<br />
con una mano leggera e con una calligrafia perfetta, con le righe straordinariamente<br />
diritte, precise, come se ci fossero state delle linee di supporto. E poi non c’era<br />
una sbavatura, non c’era uno svolazzo di inchiostro che rovinasse l’impatto visivo.<br />
La penna della mia amica Lella aveva trasformato due salviette di carta delle allora<br />
FFSS, cioè le Ferrovie dello Stato, recuperate nel bagno della carrozza di un treno,<br />
in un perfetto esercizio di calligrafia. Non ho mai capito come avesse potuto<br />
scrivere là sopra, su una carta porosa, insidiosa, senza bucarla, senza sporcarla.<br />
Era ed è un’artista e infatti quella per me era un’opera d’arte. E come tante opere<br />
d’arte è andata perduta. Come è andata perduta la nostra abitudine a scrivere a<br />
mano in buona e meno buona calligrafia. Non so da quanto tempo non scrivo una<br />
lettera che non sia in formato mail. Eppure la scrittura mi affascina e acquisto una<br />
stilografica almeno una volta all’anno. Io credo che la scrittura dica molto di noi,<br />
di come siamo, di quello che pensiamo. Scrivere era qualcosa che ci apparteneva,<br />
che ci faceva unici, che ci rendeva speciali. Scrivere, con una calligrafia che fosse<br />
comprensibile, perché c’era anche questo sforzo da fare, rappresentava anche una<br />
fatica, era un gesto molto più impegnativo di quello che compiamo pigiando sui<br />
tasti di un computer, di un cellulare, di un tablet, insomma di quelli che oggi<br />
chiamiamo device. Ricordo la gioia di trovare nella cassetta delle lettere una busta<br />
con il mio nome scritto sopra, in una scrittura diversa, magari femminile, l’ansia<br />
di leggere di cosa si trattasse. Ricordo di lettere scritte a ragazze di cui mi ero<br />
innamorato in cui cercavo di dire e non dire, spesso di saggiare il terreno per non<br />
affondarvi con i miei sentimenti. Spesso in questa pagina racconto del passato, di<br />
quello che non c’è più. I cinema spariti, i telefoni a gettone, le mezze stagioni. Non<br />
è rimpianto, è storia. Il mondo va avanti e questi aggeggi che maneggiamo ora sono<br />
comodi. Lo faccio per ricordare, prima di tutto a me stesso, che sono stato felice e<br />
comunicativo anche senza WhatsApp, SMS, social vari e assortiti e che mi piaceva<br />
scrivere, la sera, ai miei amici e alle mie amiche (di più) per raccontare di me. E se<br />
mia madre non avesse distrutto tutte quelle lettere adesso cercherei di capire se allora<br />
dicevamo di noi di più con la calligrafia di quello che ora diciamo con gli strumenti<br />
elettronici. Sarebbe un bell’esercizio: capire la calligrafia della nostra anima.<br />
Roberto Perrone<br />
10
INSIDE<br />
Su il sipario<br />
Ricomincia in grande il 15 febbraio con la Compagnia Marionettistica<br />
Carlo Colla & Figli che torna nel luogo che per più<br />
di mezzo secolo è stato la sua casa, la programmazione del<br />
Teatro Gerolamo. Questo gioiello architettonico a pochi passi<br />
dal Duomo riapre dopo 33 anni di oblio e 10 di restauro e<br />
per il rinnovato debutto i Colla portano in scena proprio quel<br />
personaggio di Gerolamo che al teatro ha poi dato il nome.<br />
www.teatrogerolamo.it<br />
Live Wine<br />
Torna a Milano il Salone Internazionale<br />
del Vino Artigianale. Ospitato dal Palazzo<br />
del Ghiaccio il 18 e il19 febbraio<br />
l’evento porterà a Milano 150 cantine<br />
italiane e straniere. Durante la manifestazione<br />
si potranno seguire incontri e<br />
degustazioni a tema, mentre durante<br />
le serate Live Wine Night alcuni luoghi<br />
selezionati della città offriranno approfondimenti<br />
in compagnia di vignaioli.<br />
www.livewine.it<br />
Škoda Preview<br />
Si chiama Kodiaq ed è il nuovo arrivato di casa<br />
Škoda. Presentato con una preview esclusiva da<br />
AutoRigoldi, in una serata presso lo showroom<br />
di via Pecchio 10, questa automobile colpisce per<br />
il suo look imponente, grazie alla combinazione<br />
di design e ampi spazi interni. Dotata di sistemi di<br />
sicurezza e assistenza all’avanguardia e di sistemi<br />
di connettività innovativi, Škoda Kodiaq rivoluziona<br />
il mondo dei SUV. Gli amanti delle sportive<br />
ameranno la funzione off-road, che rende sicure<br />
anche le avventure fuori strada.<br />
www.autorigoldi.it<br />
A tempo di musica<br />
Orologio ufficiale e sponsor della stagione d’Opera, da molti<br />
anni Rolex sostiene le attività del Teatro alla Scala: anche<br />
quest’anno il noto marchio di orologeria è stato partner della<br />
serata inaugurale di Sant’Ambrogio e ha scelto di sostenere il<br />
Concerto di Natale e il programma Grandi Artisti alla Scala,<br />
con una serie di concerti che si chiuderanno il 19 settembre<br />
con Tamerlano con Plácido Domingo.<br />
www.rolex.com<br />
La casa dell’arte<br />
Riapre dopo 25 anni la Casa D’arte<br />
Spagna Bellora, che nella seconda metà<br />
degli anni Ottanta fu luogo di scambio<br />
e di dibattito culturale attento alle<br />
esperienze italiane e internazionali. Il<br />
progetto prevede di accostare opere<br />
storiche ad alcuni lavori recenti e per festeggiare<br />
inaugura una mostra dedicata<br />
a Alessandro Algardi, Agostino Ferrari,<br />
Umberto Mariani, Giorgio Milani, Kyoji<br />
Nagatani e Tino Stefanoni.<br />
12
outSIDE<br />
Ommm…<br />
Un weekend dedicato alla scoperta dello Yoga e<br />
delle sue tante sfaccettature. Giunto alla 17esima<br />
edizione, YogaPorteAperte coinvolge centri e<br />
insegnanti di tutta Italia proponendo un programma<br />
di incontri per gli appassionati, con la<br />
possibilità per il pubblico interessato di partecipare<br />
a lezioni gratuite di prova, conferenze, dibattiti,<br />
proiezioni di video e altre iniziative. Quando?<br />
Durante il weekend del 28 e 29 gennaio.<br />
www.insegnantiyoga.it<br />
Banff Mountain Film Festival<br />
Imprese di atleti ed esploratori, grandi spazi selvaggi<br />
e natura incontaminata. Sono i protagonisti del Banff<br />
Mountain Film Festival World Tour Italy, la rassegna cinematografica<br />
che porta in Italia i migliori film del Festival<br />
del Cinema di Montagna di Banff, in Canada. Giunta<br />
alla sua quinta edizione, la rassegna tocca 26 città italiane<br />
a partire da Torino il 13 febbraio. Tra i titoli spicca<br />
Poumaka, che racconta l’apertura di una nuova via sulla<br />
torre omonima situata sull’isola di Ua Pou, in Polinesia.<br />
www.banff.it<br />
Prêt-à-porter<br />
È una mostra da indossare Prêt-à-porter di Giovanni<br />
Frangi. Inserita nel programma di eventi ideati per<br />
Pistoia Capitale Italiana della Cultura 2017, dal 5<br />
febbraio al 2 aprile, l’esposizione dà vita a Palazzo Fabroni.<br />
Gli spazi espositivi sono infatti parte determinante<br />
del processo creativo dell’artista. Ogni opera si<br />
lega al contesto architettonico e storico dell’edificio,<br />
raggiungendo un suggestivo equilibrio compositivo.<br />
www.palazzofabroni.it<br />
Una laurea in caffè<br />
Sono in 28 e vengono da 17 Paesi del mondo.<br />
Sono gli studenti che hanno raggiunto Trieste<br />
per frequentare il settimo anno del Master in<br />
Economia e Scienza del Caffè promosso da Illy.<br />
Unico al mondo, questo corso offre ai giovani<br />
laureati una preparazione a tutto tondo sulla<br />
cultura del prodotto, dalla pianta alla tazzina,<br />
sulla valenza sociale ed economica del caffè e<br />
sulla cultura dei Paesi produttori.<br />
www.illy.com<br />
Storie per immagini<br />
Prosegue Storie di EOS 5 Tour, l’evento organizzato<br />
da Canon e partito il 5 novembre da<br />
Milano, che avrà come ultima tappa Bari, il prossimo<br />
11 febbraio. Durante la giornata gli amanti<br />
della fotografia potranno incontrare alcuni grandi<br />
fotografi italiani, partecipare a seminari tecnici e<br />
testare le ultime novità della casa giapponese.<br />
L’appuntamento sarà anche l’occasione per<br />
vedere gli scatti che hanno preso parte al contest<br />
dedicato alla serie Canon EOS 5D.<br />
www.canon.it/eos5tour<br />
14
Cover story<br />
Cover story<br />
ANTONIO MARRAS<br />
SEGNI RICONOSCIBILI<br />
Nato ai confini dell’Impero, come dice lui, per lo stilista sardo tutto può accadere,<br />
basta crederci. Appassionato di cinema, con la moda riesce a dare libero sfogo<br />
a quello che gli piace di più: dalla danza al teatro, dalla poesia alla letteratura.<br />
Nonostante sia legato alla sua terra natale, Marras si è radicato bene anche a<br />
Milano, una città piena di segreti, ma capace di aprirsi a chiunque<br />
di Nadia Afragola - foto di Matteo Cherubino<br />
Antonio Marras è il più intellettuale<br />
degli stilisti. Il più francese degli italiani.<br />
È stato tra i protagonisti dell’ultima<br />
Settimana della Moda Uomo di Milano<br />
con una sfilata, performativa, in Triennale,<br />
luogo che prima di aprire le porte<br />
alla nuova collezione, gli ha dedicato<br />
una mostra: Nulla dies sine linea. Vita,<br />
diari e appunti di un uomo irrequieto,<br />
nata per celebrare vent’anni di «stracci<br />
e pasticci». È un’isola felice la sua,<br />
come quella che gli ha dato i natali e<br />
che custodisce ancora oggi il suo laboratorio<br />
e lo studio di progettazione, la<br />
Sardegna.<br />
Si presenti...<br />
Nasco ai confini dell’Impero. In Sardegna,<br />
ad Alghero, un’isola nell’isola<br />
dove si parla ancora il catalano. Sono<br />
attaccato a quel posto in maniera viscerale,<br />
quasi morbosa, ma c’è in me<br />
da sempre il bisogno di andare via pur<br />
restando. C’è un confine da superare<br />
che è il mare e c’è un approdo che è<br />
solo una tappa di un viaggio che non<br />
finisce. Non ho pace in nessun luogo.<br />
Nasco con un DNA preciso: mio padre<br />
aveva un negozio di tessuti, fu il primo<br />
a portare Fiorucci in Sardegna negli<br />
anni Settanta. Il mio primo viaggio fu a<br />
Milano proprio da Elio. Ho iniziato a<br />
seguire il negozio di papà che nel frattempo<br />
si è ammalato ed è mancato nel<br />
giro di pochi mesi. Un signore, un bel<br />
giorno, mi ha chiesto di disegnare una<br />
collezione, l’ho ignorato per due anni,<br />
nel frattempo mi sono diplomato in<br />
ragioneria nonostante i miei problemi<br />
con i numeri. Non ricordo una data,<br />
non so le tabelline, ho dei problemi di<br />
discalculia. Sono la prova vivente che<br />
tutto può accadere. La mia passione<br />
vera è il cinema, la moda è un modo<br />
per mettere in scena quello che mi<br />
piace: la danza, il teatro, la poesia, la<br />
letteratura.<br />
Dice spesso che la sua arte è fatta di<br />
«stracci e pasticci». Ci spieghi meglio.<br />
Devo riempire pagine, imbrattare superfici,<br />
incollare, attaccare, sovrapporre,<br />
togliere, cancellare, rimettere, aggiungere,<br />
incastrare, incasellare e poi<br />
scomporre di nuovo tutto per cercarne<br />
l’armonia. Qualche volta queste cose<br />
trovano un loro perché che comprende<br />
tutto quello che ho in mano, da un<br />
ritaglio di foto, agli smalti di Patrizia (la<br />
moglie, NdR). Tutto diventa materiale<br />
utile per raccontare questa mia necessità<br />
di lasciare il segno… di riempire<br />
vuoti. Sono pasticci dei quali mi vergognavo,<br />
solo Maria Lai a suo tempo riuscì<br />
a convincermi del loro valore. C’è<br />
voluto tempo perché fossero esposti,<br />
incasellati e perché trovassero dimora<br />
in vecchie cornici prima e in un luogo<br />
come la Triennale poi.<br />
La Triennale ha riservato ai suoi 500<br />
quadri e alle installazioni di una carriera<br />
oltre 1.200 mq. Che legame c’è<br />
fra i segni e la cornice?<br />
Francesca Alfano Miglietti è stata la<br />
curatrice e ricordo ancora quando è venuta<br />
da me la prima volta. Si è fermata<br />
due giorni e ne è uscita ubriaca: le ho<br />
proposto di vedere una carrellata di<br />
cose che erano lì da una vita. Dopo un<br />
iniziale spaesamento è stata bravissima<br />
a riprendersi. Ho avuto poi sei mesi per<br />
mettere ordine: il mio è un lavoro in serie.<br />
Sono un “serial killer”, mi piacciono<br />
le cose ripetute, i multipli.<br />
Una richiesta precisa: nessun ambito,<br />
anche se c’è una stanza vietata ai mi-<br />
16 17
Cover story<br />
Cover story<br />
tana, non sapevo chi fosse all’epoca e<br />
non osai chiederlo. Era una ferita dove<br />
potevi entrare, passare e andare oltre.<br />
Mi si è aperto un mondo. E così ho iniziato<br />
a interessarmi solo alle cose che<br />
mi garantivano respiro, come la poesia.<br />
Ha però sempre trovato quel fil rouge<br />
necessario a fare di singoli capi una<br />
collezione completa: come si arriva a<br />
un’idea d’insieme?<br />
Il mio lavoro nasce dalla ricerca dei<br />
tessuti, incontro ancora i fornitori con<br />
i quali ho un rapporto stretto e ai quali<br />
posso chiedere qualsiasi cosa. Mi dicono<br />
che sono pazzo e poi alla fine riusciamo<br />
a trovare quello che mi piace.<br />
Sanno che mi devono far vedere errori,<br />
sbagli, quello che nessuno vuole, è<br />
lì che puoi costruire poi una storia. Il<br />
processo creativo non ha un iter sempre<br />
uguale, parto da una lettera, un<br />
quadro, un film, un romanzo, una persona<br />
che ho incontrato, un dettaglio...<br />
e da lì mettendo insieme frammenti,<br />
bottoni, provo semplicemente a vedere<br />
cosa succede.<br />
Nel 2003 diventa stilista per la linea<br />
prêt-à-porter della maison francese<br />
Kenzo. Nel 2006 rivoluziona il concept<br />
e nel 2008 è promosso direttore<br />
artistico globale del marchio. Come si<br />
rivoluziona un mondo?<br />
Rispettando il DNA del brand. Di solito<br />
chi arriva cerca di cancellare, togliere,<br />
annientare, buttare via, sradicare<br />
quello che c’è stato prima. Alle volte<br />
funziona ma non sempre. Credo che<br />
non si possa lavorare nel presente guardando<br />
al futuro se non si dà un’occhiata<br />
al passato. È stato un periodo molto<br />
intenso, una tappa di un viaggio molto<br />
lungo.<br />
Quell’equilibrio dei contrasti così tangibile<br />
nelle sue collezioni come si raggiunge?<br />
Con assoluta incoscienza. Agisco e mi<br />
muovo come un animale, per istinto.<br />
Sono un sardo marino, cocciuto, determinato,<br />
ascolto tutti ma faccio come<br />
penso sia opportuno fare. Porto avanti<br />
un’idea, un concetto ma spesso parto<br />
da cose che non mi piacciono, che ho<br />
trovato brutte, irritanti fino a poco prima<br />
e poi a un certo punto scatta in me<br />
il desiderio per certi dettagli sui quali<br />
mi accanisco, fino a quando non trovo<br />
la soluzione e quei particolari diventano<br />
parte integrante della collezione.<br />
Devo poi lottare con una serie di persone<br />
che mi danno sistematicamente<br />
del pazzo.<br />
Franca Sozzani era molto più di una<br />
semplice editrice italiana per la moda,<br />
l’Italia e la città di Milano. Cosa resta<br />
di questa donna così esile eppure così<br />
carismatica?<br />
Un vuoto. È riuscita a fare di un giornale,<br />
un baluardo, il biglietto da visita<br />
nel mondo dell’Italia. Sceglieva dei fotografi<br />
che trasformavano quel giornale<br />
in oggetto del desiderio da possedere<br />
anche solo per quei servizi. E poi aveva<br />
dei collaboratori straordinari, penso<br />
a Mariuccia Casadio, a Patrizia Gatti,<br />
Cesare Cunaccia che facevano del giornale<br />
“quel giornale”.<br />
Come definirebbe Milano?<br />
Milano è una bella donna. È una città<br />
nella quale sto molto bene, che negli<br />
anni è cambiata tanto, migliorata in<br />
maniera straordinaria, con i problemi<br />
che non può non avere una capitale<br />
così importante. È una donna piena di<br />
segreti che si apre in maniera piacevole<br />
nori. Vuol dire che è diventato talmente<br />
bravo da superare i confini della<br />
moda?<br />
Sono stato molto contento di questa<br />
richiesta, continuavano a chiedermi<br />
quale collezione avrei esposto e alla risposta<br />
che non ci sarebbe stato nessuno<br />
dei miei abiti la reazione era sempre la<br />
stessa, sconcerto. Mi sono messo a nudo<br />
e ho letto quella richiesta estrema, folle<br />
e scriteriata come un profondo atto di<br />
fiducia da parte di Silvana Annicchiarico,<br />
la direttrice della Triennale. Voleva<br />
vedere solo le mie cose delle quali forse<br />
aveva coscienza, ma non nella dimensione<br />
che poi hanno assunto. Ho ripreso<br />
in mano la mia vita, l’ho adattata al<br />
luogo, l’ho fatta dialogare con lo spazio,<br />
un luogo ostico, una curva bianca,<br />
asettica, che ho provato a rimpicciolire,<br />
accostandola alle pareti, come dentro<br />
un utero. Ci sono delle barriere di abiti<br />
non miei da superare, vecchie giacche<br />
appartenute a un’orchestra, camicie<br />
intrise di lavanda bianca, che ricordano<br />
l’odore del bucato e provano a farti<br />
sentire amato, protetto, accudito.<br />
Da bambino era dislessico. È per questo<br />
che ha cercato respiro nella pittura<br />
e nella fotografia?<br />
Ho un problema grandissimo a leggere<br />
a voce alta e avevo un maestro terribile<br />
che me lo imponeva nonostante questa<br />
mia paura. Una tortura: finivo sempre<br />
per inventare parole che non esistevano<br />
pur di andare avanti. La pagina<br />
scritta era un muro di lettere che bloccavano<br />
la mia mente, capace di trovare<br />
respiro solo nelle pagine illustrate. La<br />
prima cosa che ricordo della mia antologia<br />
è una foto con un campo bianco<br />
e un taglio al centro: un taglio di Fone<br />
totale, mi piace pensare di poterla vestire<br />
con uno di quei manteau che Biki<br />
(Elvira Leonardi Bouyeure, NdR) fece<br />
per Maria Callas.<br />
Spesso le sfilate di oggi prendono il<br />
via nel web e poi arrivano in passerella...<br />
è finita un’epoca o è solo cambiato<br />
il modo di fare moda?<br />
Nessun computer, tv o mezzo di proiezione<br />
ti possono regalare l’emozione<br />
e quell’atmosfera magica che vivi durante<br />
una sfilata. Un tempo le signore<br />
in prima fila potevano illustrare ma<br />
non pubblicare se non dopo mesi i loro<br />
disegni, pensate a Brunetta (Mateldi,<br />
NdR) geniale disegnatrice di moda.<br />
Oggi le prime file sono occupate da<br />
blogger e le giornaliste faticano a essere<br />
inserite. Quando mi chiedono chi ho<br />
in prima fila potrei uccidere. La moda è<br />
un lavoro serio, pesante, richiede tempo,<br />
passione, coinvolgimento, non può<br />
riassumersi con chi occupa la prima<br />
fila. Nessuno applaude più, sono tutti<br />
con il telefono in mano a fare foto.<br />
Sono cambiati i tempi, cambieranno<br />
ancora ma quei cinque minuti restano<br />
lì e raccontano il lavoro di sei mesi. Le<br />
persone vedono anche dieci sfilate al<br />
giorno, devi essere bravo a lasciare il<br />
segno.<br />
Perché ha deciso di far sfilare le collezioni<br />
femminili e maschili insieme?<br />
Ho bisogno di raccontare un universo,<br />
una storia che sia mia e mai come in<br />
queste stagioni sento l’esigenza di intersecare<br />
l’uomo con la donna, la prima<br />
con la seconda linea. È stato un anno in<br />
cui ho avuto la possibilità di mostrare<br />
un altro me. La mostra in Triennale mi<br />
ha spogliato e unendo uomo e donna,<br />
credo di essere riuscito a raccontare il<br />
mio mondo e una parte di quello che<br />
sono.<br />
Quante persone lavorano a una sua<br />
sfilata?<br />
Nonostante Marras è<br />
il concept store aperto<br />
a Milano nel 2012. Un<br />
po’ negozio, un po’<br />
libreria e un po’ bar, si<br />
trova al civico 8 di via<br />
Cola di Rienzo<br />
Sommando tutte le varie fasi di lavorazione<br />
si va dalle 400 alle 500 persone.<br />
Lavora nella moda eppure il suo<br />
quartier generale, il suo laboratorio è<br />
ancora in Sardegna. Perché ha scelto<br />
di complicarsi la vita?<br />
Anche lo studio di progettazione è lì.<br />
Devo rendere articolata la mia vita, le<br />
cose semplici non vanno bene, mi annoio,<br />
ho bisogno di alternative. Perché<br />
un simile attaccamento ad Alghero?<br />
Perché ho iniziato lì e perché è lì che<br />
tornavo a casa, nei fine settimana, la<br />
sera dai miei due figli piccoli. Ho bisogno<br />
di tornare anche se, oggi, la mia<br />
vita è equamente divisa tra Milano e<br />
Alghero, con le varie sortite tra Parigi,<br />
New York e Londra. Sia chiaro che Milano<br />
non è solo moda però, c’è stata la<br />
mostra, c’è il Salone del Mobile e uno<br />
spazio, Nonostante Marras, che apre la<br />
porte a un flusso sempre più importante<br />
di appuntamenti.<br />
18 19
Portfolio<br />
Portfolio<br />
OSSERVATORIO<br />
MILANESE<br />
Più in centro di così non si può. Ha aperto a dicembre in Galleria Vittorio<br />
Emanuele II Osservatorio Fondazione Prada, un nuovo spazio espositivo<br />
della maison di moda dedicato alla fotografia e ai linguaggi visivi. Si parte<br />
con la mostra “Give Me Yesterday”, a cura di Francesco Zanot, che raccoglie<br />
le immagini di 14 fotografi italiani e internazionali che hanno lavorato sul<br />
tema della fotografia come diario personale. I diari raccontano la quotidianità<br />
e i rituali intimi e personali in un arco di tempo che va dal Duemila a oggi.<br />
L’immediatezza e la spontaneità del documentario diventano in questo modo<br />
controllo estremo dello sguardo di chi osserva ed è osservato<br />
In questa pagina.<br />
Orange Blind, #smudge,<br />
2016, Kenta Cobayashi.<br />
L’artista giapponese<br />
esplora le possibilità<br />
di trasformazione<br />
dell’immagine digitale,<br />
sottoponendola<br />
a un processo di<br />
manipolazione che<br />
ne afferma la fragilità.<br />
Photo courtesy Kenta<br />
Cobayashi G/P gallery<br />
Nella pagina a fianco.<br />
Camera Woman,<br />
2015, Tomé Duarte.<br />
Gli autoritratti della<br />
fotografa portoghese<br />
sono realizzati mentre<br />
indossa i vestiti<br />
della ex-compagna<br />
nel tentativo di<br />
riconnettersi con lei.<br />
Photo courtesy Tomé<br />
Duarte<br />
di Carolina Saporiti - foto di autori vari<br />
20 21
Portfolio<br />
Portfolio<br />
In questa pagina.<br />
Her-story: Ke dutse<br />
pela dipalesa II, 2013.<br />
Lebohang Kganye è una<br />
fotografa del Sudafrica,<br />
i cui lavori si basano<br />
sulla figura materna e<br />
la memoria. L’artista<br />
inserisce digitalmente<br />
la propria immagine<br />
all’interno di vecchie<br />
istantanee della madre<br />
scomparsa. Photo<br />
courtesy Lebohanf<br />
Kganye, Afronova<br />
Gallery<br />
Nella pagina a fianco.<br />
To Me You Are a Work of<br />
Art, 2011, Maurice van<br />
Es. Olandese, Maurice<br />
fotografa oggetti e<br />
vestiti riordinati dalla<br />
madre nella propria<br />
casa, facendone delle<br />
eleganti sculture. Photo<br />
courtesy Maurice<br />
van Es<br />
22 23
Portfolio Portfolio<br />
osservatorio<br />
fondazione prada<br />
Ospitato al quinto e al sesto<br />
piano di uno degli edifici centrali<br />
della Galleria Vittorio Emanuele II,<br />
Osservatorio Fondazione Prada si<br />
trova al di sopra dell’ottagono, al<br />
livello della cupola in vetro e ferro<br />
che copre la Galleria realizzata tra<br />
il 1865 e il 1867. Gli ambienti,<br />
ricostruiti nel secondo dopoguerra,<br />
sono stati sottoposti a un restauro<br />
che ha reso disponibile una superficie<br />
espositiva di 800 mq sviluppata<br />
su due livelli.<br />
www.fondazioneprada.org<br />
In questa pagina.<br />
Orizzonte in Italia,<br />
2011-2015. Tra il 2011<br />
e il 2014 Antonio<br />
Rovaldi ha scattato<br />
immagini di orizzonti<br />
che esprimono una<br />
personale visione di<br />
paesaggio e tracciano<br />
i confini di un ideale<br />
viaggio in Italia. Photo<br />
courtesy Antonio<br />
Rovaldi; The Goma/<br />
Madrid; Galleria<br />
Michela Rizzo<br />
Nella pagina a fianco.<br />
Hair Cut, 2016.<br />
Izumi Miyazaki si<br />
autorappresenta in<br />
situazioni ironiche.<br />
Photo courtesy Izumi<br />
Miyazaki<br />
24 25
FOCUS<br />
FOCUS<br />
Spazio al pensiero<br />
A due anni dalla posa della prima pietra la Fondazione Feltrinelli ha inaugurato il 13<br />
dicembre la nuova sede di viale Pasubio con cinque giorni di incontri e letture, anticipo di<br />
una programmazione che si preannuncia intensa e la risposta della cittadinanza, con le<br />
lunghe file all’ingresso, è stata più che generosa<br />
di Marilena Roncarà - foto di Filippo Romano<br />
02<br />
01<br />
01. I 250 metri quadrati<br />
della sala lettura al<br />
quinto e ultimo piano<br />
della Fondazione<br />
Feltrinelli. La sala<br />
lettura è aperta dalle<br />
9.30 alle 17.30<br />
zione di non essere semplice edilizia, ma architettura<br />
per la città, luogo di sviluppo di idee, una<br />
piazza contemporanea di partecipazione e aggregazione.<br />
«Resto convinto che investire nella cultura<br />
e nell’istruzione sia fondamentale per creare<br />
e mantenere in vita una società aperta. La grande<br />
architettura può essere un sostegno rilevante, ma è<br />
meno importante delle attività che accadono dentro<br />
e intorno agli edifici» sostiene a questo proposito<br />
il progettista Jacques Herzog. A lui fanno eco<br />
le parole di Carlo Feltrinelli, committente dell’opera<br />
con il Gruppo, di cui è direttore «Ci siamo<br />
messi in moto per un progetto fuori dal tempo,<br />
da questo tempo, ma secondo noi necessario e che<br />
deve tornare attuale. Una nuova sede iconica per<br />
una grande casa delle culture sociali, moderna e<br />
internazionale: questa è l’idea». Non a caso con un<br />
patrimonio archivistico di 12 km lineari di archivi,<br />
270mila volumi e 16mila periodici, la Fondazione<br />
Giangiacomo Feltrinelli si configura come uno dei<br />
maggiori centri di documentazione e ricerca nel<br />
campo delle scienze storiche, politiche, economiche<br />
e sociali e la nuova sede di viale Pasubio vuole<br />
essere una piattaforma di confronto accessibile a<br />
tutta la cittadinanza nella convinzione profonda<br />
che cambiare le cose per migliorare le condizioni<br />
di vita di tutti sia possibile e necessario. «Il nostro<br />
DNA è scritto nei nostri libri e nei nostri archivi,<br />
aprire nuove opportunità di conoscenza e creare<br />
nuove occasioni di lavoro sono le nostre finalità.<br />
Fare dell’insieme delle nostre iniziative un fattore<br />
di politica partecipata è la nostra ambizione»<br />
precisa il segretario generale della Fondazione<br />
Massimiliano Tarantino. Ed è così che nei cinque<br />
piani più interrato del building Feltrinelli ha<br />
già preso vita e corpo tutto questo. Cominciando<br />
dall’alto il quinto e ultimo piano, quello dove<br />
davvero sembra di toccare il cielo, è una sala di<br />
lettura aperta a tutti con quaranta postazioni per<br />
la consultazione più altre poltrone a uso libero.<br />
Quarto e terzo piano sono dedicati agli uffici della<br />
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, oltre che<br />
spazio di co-produzione, ricerca e didattica. Cuore<br />
del progetto è la sala polifunzionale del primo<br />
e secondo piano, un luogo di ritrovo, incontro e<br />
Qualcosa in viale Pasubio è cambiato, dove prima<br />
c’era un vivaio storico, adesso c’è un vivaio di idee<br />
o meglio un nuovo spazio di cittadinanza che ha<br />
la forma di un edificio possente, ma anche leggero,<br />
con lo scheletro in cemento armato e le superfici<br />
vetrate. Nei suoi 188 metri di lunghezza per 32 di<br />
altezza sulla cuspide, il palazzo è una piccola meraviglia<br />
che non lascia certo indifferente nemmeno<br />
il passante più distratto. Progettato dallo studio<br />
di architettura Herzog & De Meuron, che l’ha<br />
voluto aguzzo come il gotico locale e fortemente<br />
orizzontale come le cascine delle campagne della<br />
Lombardia, l’edificio alterna pieni e vuoti secondo<br />
un ritmo costante e crea un gioco di riflessi e<br />
viste prospettiche sul quartiere che mescolano il<br />
vecchio e il nuovo in un tutt’uno organico e originale.<br />
E questo è “il fuori”, ma il progetto nutre l’ambiscambio<br />
tra cittadini e realtà all’avanguardia in<br />
campo artistico e divulgativo nell’ambito della<br />
ricerca delle scienze sociali. Il piano interrato accoglie<br />
infine il materiale della biblioteca e degli<br />
archivi della Fondazione, mentre al piano terra c’è<br />
l’immancabile libreria che qui è anche il satellite<br />
culturale che orbita attorno alle attività di ricerca<br />
e divulgazione della Fondazione, accompagnando<br />
i lettori nell’esplorazione dei temi proposti: globalizzazione<br />
e sostenibilità, cittadinanza europea,<br />
innovazione politica, futuro del lavoro e fonti della<br />
Storia. L’assortimento dei circa 15mila titoli è<br />
stato, infatti, realizzato privilegiando le scienze<br />
umane e sociali, la letteratura e le arti visive. E<br />
considerata la generale vocazione all’incontro e<br />
alla socialità non poteva mancare neppure uno<br />
spazio di ristoro: il Babitonga Caffè, che deve il<br />
suo nome alla comunità brasiliana della Baia di<br />
Babitonga autrice già nel 1842 di un importante<br />
esperimento sociale all’insegna di un mondo più<br />
giusto. Ecco allora che l’eco di quest’utopia e il<br />
richiamo verso mondi nascosti sono ulteriori risonanze<br />
di un luogo che vuole combinare insieme<br />
cultura e convivialità. Insomma le suggestioni<br />
sono davvero tante: a noi non resta che andare a<br />
curiosare, approfittando il più possibile di questa<br />
occasione da vivere in maniera attiva.<br />
02. Vista dall’alto della<br />
Fondazione, il primo<br />
edificio pubblico<br />
italiano progettato da<br />
Herzog & de Meuron<br />
26 27
Interview<br />
interview<br />
EZIO BOSSO<br />
L’ULTIMO GESTO IN NOTE<br />
In Italia è diventato famoso lo scorso anno dopo la partecipazione a Sanremo, lui però fa musica da 41 anni<br />
e su quel palco non voleva salirci. Ora è a Milano agli Arcimboldi con il suo primo disco da solista<br />
“The 12th Room”, dodici brani che svelano le sue radici e quelle della sua musica<br />
di Nadia Afragola<br />
Dopo aver venduto oltre 100mila biglietti<br />
con il tour Al piano, collezionando<br />
un sold out dietro l’altro, ha<br />
firmato un contratto di esclusiva con<br />
Sony Classic, insieme al suo pianoforte<br />
Steinway Gran Coda. Come tutti i musicisti<br />
è un po’ nomade. Si considera un<br />
quarto inglese e un po’ bolognese, ma<br />
è Torino la prima città dalla quale è<br />
dovuto andare via per essere ascoltato.<br />
L’inizio è con il botto: «La musica è un<br />
fenomeno sociale, è il più grande coadiuvante.<br />
Non chiedetemi di parlare<br />
della mia musica, parliamo della musica,<br />
che è di tutti. Noi abbiamo semplicemente<br />
la responsabilità di scriverla,<br />
interpretarla e suonarla. La musica<br />
non vuole consenso». Poi prosegue con<br />
i pregiudizi da combattere: «Pensano<br />
che io scriva musica per balletti, ma<br />
sono i teatri più importanti al mondo<br />
a scegliere per i loro balletti la mia musica.<br />
In Italia invece pensano che io sia<br />
nato il 10 febbraio del 2016 sul palco<br />
dell’Ariston accanto a Conti, peccato<br />
che faccio musica da 41 anni e da 30<br />
concerti».<br />
Cosa resta di Sanremo, quel giorno in<br />
fondo le ha un po’ cambiato la vita?<br />
La cosa più bella è aver dato spazio alla<br />
musica. Sarai la prima a scriverlo, ma<br />
io non ci volevo proprio andare. Avevo<br />
paura, tre giorni prima dissi che non<br />
mi sarei presentato, non volevo essere<br />
confuso con un personaggio che era lì<br />
per se stesso. Ho rischiato per amore<br />
della musica, le devo tanto.<br />
Dice spesso che la musica non è di<br />
nessuno. In che senso?<br />
La musica si fa solo insieme: lo dicevo<br />
sempre ai miei concerti, ora non riesco<br />
più a dirlo perché continuate a ripeterlo<br />
in televisione. La musica è uno spazio<br />
condiviso, non esiste senza l’ascolto.<br />
Ai musicisti, che lavorano con me, dico<br />
sempre che la musica non sono le note<br />
che suonano. Ha uno strumento in più<br />
che non vedi, lo spazio e un musicista<br />
in più, chi ascolta. E noi, che mettiamo<br />
solo le mani, abbiamo la responsabilità<br />
di coinvolgere. Nella musica studi non<br />
per essere il migliore ma per essere migliori.<br />
Quando Ezio diventa il maestro?<br />
Mi imbarazza quando mi chiamano<br />
così… Quando ho la bacchetta in<br />
mano e anche in quel caso continuo a<br />
essere Ezio. Il maestro non è colui che<br />
ti dice come fare, ma colui che ti fa vedere<br />
la tua strada.<br />
Nel 2011 le è stata diagnosticata una<br />
malattia neurodegenerativa. Che cosa<br />
è successo dopo?<br />
Parto dalla fine, da chi mi ha salvato. È<br />
stato il pianoforte che mi ha permesso<br />
di tornare a vivere e ad ascoltare la<br />
musica. Nel 2011 mi sono perso per<br />
imparare a seguire. È cambiato tanto il<br />
mio corpo, a volte lui ha ancora memoria<br />
dell’uomo che ero e si arrabbia.<br />
Personalmente ho deciso che è meglio<br />
godere per le fortune che ho, non devo<br />
dimostrare nulla.<br />
Il 2016 è stato l’anno della sua consacrazione.<br />
Come si affronta, a riflettori<br />
spenti, un simile carico di aspettative?<br />
Non amo i riflettori, amo quello che<br />
faccio, musica. Credo profondamente<br />
nel condividere quello che imparo.<br />
Non mostri la musica ma la condividi,<br />
perché ha un potere fantastico e rende<br />
bello persino me. In Italia purtroppo<br />
credono che io sia un fenomeno da baraccone,<br />
è faticoso dover sempre dimostrare<br />
un po’ di più... Io che poi non ho<br />
niente da dimostrare!<br />
Le sue prove sono oramai quasi sempre<br />
aperte al pubblico. È sicuro di<br />
quello che fa?<br />
Mai stato più sicuro di così. Vorrei riportare<br />
all’umanità la musica. Quando<br />
devo spiegare le note ai musicisti dico<br />
sempre che sono l’ultimo gesto di una<br />
persona. Prima c’è la vita, la ricerca,<br />
la sua storia e la storia intorno a lui.<br />
Non chiamatela rivoluzione, la mia, è<br />
solo un bellissimo desiderio. È bello<br />
assistere a qualcosa che nel tempo si<br />
perfeziona. Non voglio far vedere solo<br />
il lato forte, non è nella mia natura. La<br />
musica è studio, ma per colpa della disattenzione<br />
mediatica c’è tanta gente<br />
che dice che non serve a niente studiare.<br />
Sogno che i teatri siano un posto<br />
per tutti, non dove si va a vedere un<br />
fenomeno paranormale. Bisognerebbe<br />
pensare a qualcosa di vivo quando si<br />
pensa a un teatro.<br />
Quando ha firmato con Sony Classic,<br />
quel giorno cosa vi siete detti?<br />
All’inizio la cosa mi ha un po’ spaventato,<br />
detto questo il resto è stato tutto<br />
in discesa perché l’obiettivo comune<br />
era quello di fare e divulgare musica.<br />
Sto pensando di dare vita a una Fondazione<br />
che si occupi di questo.<br />
La fine del 2016 è coincisa con l’uscita<br />
della sua antologia: “…And the<br />
Things that Remain”.<br />
Le antologie mi danno sempre l’idea di<br />
qualcosa di postumo, ma piacciono…<br />
Ci sono 12 anni di registrazioni dentro.<br />
Faccio tutto come fosse l’ultima cosa<br />
e sono sempre stato così, anche prima<br />
di ammalarmi. Sento l’urgenza di fare,<br />
non so per quanto ancora potrò tenere<br />
certi ritmi. Mi premeva dare protezione<br />
a me e alla mia musica.<br />
Ha ripreso a vivere grazie al suo pianoforte<br />
Steinway Gran Coda. Com’è<br />
andata all’inizio?<br />
Se usi il passato qualcosa nel presente<br />
non va, ecco perché mi piace ricordare<br />
che i più grandi amori sono quelli di cui<br />
non si ricorda il momento in cui li si è<br />
incontrati. Se sei innamorato il prima<br />
non conta, ami l’adesso e non ti importa<br />
niente del domani. Mi ha chiamato,<br />
mi ha detto: «Vieni qui, metti un dito<br />
su quel tasto, poi un altro e un altro ancora<br />
e vedrai che riusciremo a risolvere<br />
qualche problema, come quello di non<br />
connettere più tanto le sinapsi».<br />
Al piano da solo o a dirigere un’intera<br />
orchestra, cosa cambia?<br />
Sono più tranquillo quando ho la bacchetta<br />
in mano. Una precisazione: non<br />
si suona il pianoforte, si suona con il<br />
pianoforte e un direttore non suona<br />
un’orchestra ma con un’orchestra.<br />
28 29
FOCUS<br />
FOCUS<br />
Milano in un sorso<br />
In alcune si chiacchiera condividendo bottiglie prestigiose con perfetti sconosciuti, in altre si<br />
leggono poesie o componimenti in milanese, in altre ancora si socializza ballando o giocando<br />
a carte. Un viaggio fra le enoteche di Milano e le loro diverse anime<br />
di Elisa Zanetti<br />
INDIRIZZI<br />
Bicerìn Milano<br />
via Panfilo Castaldi 24<br />
Bottega del Vino La Coloniale<br />
corso Genova 19<br />
Cantine Isola<br />
via Paolo Sarpi 30<br />
La Cieca<br />
via Carlo Vittadini 6<br />
N’Ombra de Vin<br />
via San Marco 2<br />
Vineria di Via Stradella<br />
via Alessandro Stradella 4A<br />
03<br />
02<br />
01<br />
01. La Vineria di via<br />
Stradella propone<br />
degustazioni guidate<br />
dai produttori di vino<br />
che raccontano il loro<br />
lavoro<br />
«Bevendo gli uomini migliorano: fanno buoni affari,<br />
vincono le cause, son felici e sostengono gli amici».<br />
Così diceva più di 2000 anni fa il commediografo<br />
greco Aristofane. Seguire il suo consiglio potrebbe<br />
essere un buon proposito da aggiungere alla lista<br />
di quelli già preparati per il 2017: del resto chi l’ha<br />
detto che bisogna chiedere a se stessi solo di mangiare<br />
meno, fare più sport o smettere di fumare?<br />
Dedicare un momento in più a un buon bicchiere<br />
di vino può rappresentare un’occasione di convivialità,<br />
scambio e incontro (e se tra i vostri obiettivi<br />
per l’anno nuovo c’è anche quello di trovare<br />
l’anima gemella potrebbe essere di aiuto). A Milano<br />
sono diverse le enoteche dove è possibile assaporare<br />
le delizie di Bacco e fare anche molto altro.<br />
Partiamo con Cantine Isola. Nata nel 1896 come<br />
Boeucc dell’Isola, da un Giovanni Isola compagno<br />
di idee di Filippo Turati, sulla cui rivista “La Battaglia”<br />
Isola stesso inserì un invito a recarsi nella sua<br />
cantina. Questo storico locale milanese prese il<br />
nome attuale durante la seconda gestione, quando<br />
un’altra famiglia Isola formata da cinque fratelli<br />
scelse il plurale “cantine” che meglio si confaceva<br />
alla propria numerosa realtà. Sarà Giacomo, uno<br />
dei nipoti dei fratelli a portare avanti l’attività e<br />
sua moglie, conosciuta come Milly, potrà vantare<br />
di essere una delle prime sommelier donna. Tutti<br />
i suoi segreti li ha imparati Luca Sarais, l’attuale<br />
proprietario, che spiega: «Tenere il cliente al banco<br />
è un’arte, occorre saper parlare un po’ di tutto,<br />
senza mai cadere nel banale e nel ridicolo». Per<br />
riuscirci ha dato vita all’appuntamento La poesia<br />
del martedì: ogni settimana alle 20.30 si legge un<br />
piccolo brano «per regalare un momento di un’arte<br />
diversa dal fare vino» e da qualche anno ai versi<br />
si alternano letture in dialetto milanese.<br />
Ha una bella storia da raccontare anche N’Ombra<br />
de Vin: attaccata alle mura della Basilica di<br />
San Marco, questa enoteca sorge in quello che fu<br />
l’antico refettorio cinquecentesco dei frati agostiniani,<br />
citato da Manzoni ne I promessi Sposi. Frequentato<br />
un tempo dalle truppe napoleoniche,<br />
annovera fra i suoi illustri ospiti anche Mozart e<br />
oggi tutti i milanesi che la scelgono non solo per<br />
un calice, ma anche per serate con musica dal vivo<br />
dove non è difficile lanciarsi nelle danze, a volta<br />
addirittura sui tavoli. Inaugurato nel 1973 dal<br />
veneto Giacomo Corà offre un’ampia selezione<br />
di etichette, con una particolare attenzione per<br />
la Francia. Punto di incontro imperdibile anche il<br />
marciapiede davanti al locale, sempre frequentatissimo<br />
sia d’estate sia d’inverno.<br />
Con le belle giornate non perdetevi il rilassante<br />
giardino della Vineria di via Stradella. Nato come<br />
piccolo ristorante e punto vendita di vino sfuso<br />
di qualità, ha poi ampliato la sua offerta ai vini<br />
di etichetta, cui dedica degustazioni guidate dalla<br />
presenza dei produttori. Fra i progetti in cantiere<br />
un corso di avvicinamento al vino, con lezioni su<br />
bianchi, rossi e bollicine.<br />
Da Bicerìn Milano invece si fa winesharing: il primo<br />
lunedì di ogni mese Alberto, Lorenzo e Silvia<br />
propongono ai loro ospiti una bottiglia speciale<br />
che gli iscritti alla serata condividono seduti a un<br />
tavolo comune. Un’occasione per fare nuove conoscenze<br />
e per provare vini pregiati dall’annata e<br />
dal prezzo importante, che forse altrimenti difficilmente<br />
si avrebbe l’occasione di stappare.<br />
Se preferite mettere anche qualcosa sotto i denti<br />
scegliete la serata A cena con: si sta sempre insieme<br />
in uno dei grandi “tavoli sociali”, degustando<br />
una cena abbinata alle bottiglie che il produttore<br />
ospite ha scelto di raccontare. Grazie alla formazione<br />
di Lorenzo, architetto, Bicerìn Milano offre<br />
anche consulenze per la realizzazione di una cantina<br />
a casa propria, valutando se l’ambiente è idoneo<br />
e suggerendo la soluzione più adatta.<br />
Si condivide anche alla Bottega del Vino La Coloniale<br />
di corso Genova, storica enoteca aperta<br />
nel 1966 con una buona attenzione sia per i vini<br />
sia per le bollicine. Con la bella stagione, su ampi<br />
tavoloni di legno posti fuori dal locale, giovani e<br />
meno giovani si mescolano per un bicchiere in<br />
compagnia o una partita di carte.<br />
Infine i sommelier più esperti non possono perdere<br />
l’occasione di mettersi alla prova da La Cieca:<br />
oltre alla normale carta dei vini, questa enoteca<br />
propone ai suoi ospiti una carta “nera”, in cui<br />
l’unica informazione disponibile è il costo del<br />
vino al bicchiere abbinato a un nome di fantasia.<br />
I degustatori potranno provare il vino servito in<br />
un calice nero e fare delle domande per indovinare<br />
quale bottiglia è stata loro servita. L’oste potrà<br />
però rispondere solo con un “no” o un “forse” e<br />
scoprire l’identità del vino non sarà facile. Vale la<br />
pena provare: chi riesce non paga il bicchiere.<br />
02. Da Bicerìn Milano<br />
durante le serate di<br />
winesharing vengono<br />
aperte bottiglie<br />
prestigiose che gli ospiti<br />
hanno la possibilità di<br />
assaporare seduti a un<br />
tavolo comune<br />
03. L’offerta di<br />
N’Ombra de Vin<br />
è specializzata in<br />
etichette italiane e<br />
francesi e il locale<br />
ospita spesso serate<br />
con musica dal vivo<br />
30 31
Interview<br />
interview<br />
GIGI SIMONI<br />
Un Mister sottovoce<br />
Diciotto mesi circa all’Inter che valgono quasi come una vita intera. Nella sua biografia,<br />
“Simoni si nasce. Tre vite per il calcio” uno dei mister più amati dell’epopea nerazzurra<br />
apre gli scrigni della memoria. E a noi ne ha raccontate di storie succose, come quel<br />
famoso rigore non dato, Baggio e Suning…<br />
di Simone Sacco<br />
«Il mio pregio maggiore? L’umanità<br />
nel lavoro. Parlare ai giocatori come se<br />
fossero miei figli». Nell’affascinante e<br />
contrastata epopea interista, Gigi Simoni<br />
da Crevalcore – 78 anni – è stato<br />
l’allenatore “per bene”, che nel becero<br />
calcio di oggi è più handicap che valo-<br />
re indiscutibile. Solo che sono i buoni<br />
quelli che entrano nel cuore dei tifosi.<br />
A maggior ragione se sanno leggere la<br />
partita. Come appunto sa fare il vero<br />
cuore di Gigi Simoni. Lasciamo a lui la<br />
navigazione tra i ricordi.<br />
Mister, è stato “corteggiato” a lungo<br />
per questa sua biografia?<br />
Abbastanza. I tre autori (Carmignani,<br />
Tronchetti e Ghedini, NdR) non hanno<br />
mai smesso di farmi pressing, ma a<br />
me sembrava un progetto presuntuoso.<br />
Però sono contento d’aver ceduto.<br />
Perché la prefazione di Claudio Ba-<br />
glioni? Siete amici?<br />
Siamo molto amici. L’anno che ho allenato<br />
la Lazio (1985-86, NdR) Claudio<br />
mi chiese se poteva venire ad allenarsi<br />
a Tor Di Quinto per preparare il fiato<br />
in vista di una tournée. E il fatto<br />
che un tifoso della Roma volesse<br />
correre in mezzo ai laziali mi ha fatto<br />
simpatia. Da lì è nato un rapporto<br />
speciale.<br />
Il messaggio più importante del libro?<br />
Mai arrendersi nella vita. Io, a fine anni<br />
Ottanta, ero un allenatore in crisi; venivo<br />
da alcuni esoneri e avevo pensato<br />
di smettere. Nel 1991 mi ritrovai in C2<br />
con la Carrarese. Poteva essere la fine,<br />
ma strinsi i denti e risalii. Poi venne la<br />
straordinaria avventura con la Cremonese<br />
che mi portò a Napoli e da lì, nel<br />
1997, finalmente l’Inter.<br />
Sia sincero: è stato traumatico passare<br />
dal golfo di Napoli alla nebbia<br />
meneghina?<br />
Macché: io al mito di Milano città grigia<br />
non ci ho mai creduto. Certo, al<br />
Nord la gente è più riservata mentre<br />
a Napoli dal calcio non stacchi mai.<br />
Sotto il Duomo, allo stesso tempo, mi<br />
sono sempre trovato bene: camminavo<br />
in centro, prendevo la metro, andavo a<br />
teatro.<br />
Scusi, lei viaggiava in metropolitana?<br />
Abitavo in Duomo, a due passi dall’allora<br />
sede dell’Inter e perciò la metro<br />
era comodissima. Certo la gente attorno<br />
mi guardava un po’ stupita!<br />
La sua con l’Inter è stata simile a una<br />
love story con una donna capricciosa?<br />
Il grande amore e poi l’addio traumatico…<br />
Questo è un luogo comune che mi<br />
piace smentire. Tutti parlano di “piazza<br />
difficile” quando tirano in ballo i colori<br />
nerazzurri; al contrario per me il periodo<br />
ad Appiano Gentile fu il più facile<br />
di tutti perché i giocatori di quella rosa<br />
erano sempre felici. Certo, ne avevo 25<br />
e in campo potevo mandarne solo 11.<br />
Qualcuno ogni tanto giustamente mugugnava.<br />
Qualcuno tipo Roberto Baggio?<br />
No, lui no e mi sembra l’abbia scritto<br />
nella sua autobiografia. Una frase tipo:<br />
«Con tanti allenatori mi sono trovato<br />
in disaccordo, ma con Simoni mai.<br />
Sapeva sempre spiegarti i motivi della<br />
tua esclusione». In quell’Inter c’erano<br />
tanti campioni di vita e Roby era uno<br />
di questi. E in più ci univa l’amore per<br />
la caccia e la pesca.<br />
Baggio contro il Real Madrid campione<br />
d’Europa, il 25 novembre 1998,<br />
fu devastante. Una delle sue più belle<br />
partite in assoluto...<br />
Quella sera era infuriato per non essere<br />
partito titolare, ma in campo fece scintille:<br />
due goal in dieci minuti. Non venne<br />
subito ad abbracciarmi, ma cinque<br />
giorni dopo, quando venni esonerato,<br />
quello con lui fu l’addio più struggente.<br />
Gli dissi: «Roby, hai visto che con il<br />
Real quella panca ti ha dato la carica?».<br />
E lui mi abbracciò più forte.<br />
Ronaldo, invece, lo trovò cambiato in<br />
quel malinconico autunno del ’98?<br />
In ritiro si presentò un po’incupito,<br />
ma la cosa gli passò e tornò in fretta<br />
al massimo delle sue potenzialità. Quel<br />
Ronaldo non si può davvero descrivere<br />
a parole: era imprendibile e ubriacante.<br />
Una velocità pazzesca unita a una tecnica<br />
di un altro pianeta.<br />
Nonostante ciò non vinceste lo scudetto<br />
anche a causa di una certa partita<br />
che lei nel libro non cita…<br />
Non mi è mai piaciuto fare dietrologia<br />
su Juventus-Inter del 26 aprile 1998,<br />
quella del rigore non fischiato su Ronaldo.<br />
Però al signor Ceccarini, l’arbitro,<br />
glielo dissi al telefono: «Non le<br />
chiedo di ammettere il suo sbaglio, ma<br />
almeno mi confessi qui il suo dubbio».<br />
Lui fu irremovibile. Solo che a vent’anni<br />
di distanza tutti parlano ancora di<br />
quel fallo. Sta lì il paradosso…<br />
Con Massimo Moratti, al contrario,<br />
si è chiarito da tempo. Parlo del suo<br />
clamoroso esonero…<br />
Sì, lui ha fatto autocritica dicendo di<br />
essere stato avventato. E io, esonero o<br />
meno, non finirò mai di ringraziare il<br />
Presidente. Se non ci fosse stato Moratti<br />
non avrei potuto allenare l’Inter,<br />
avere a disposizione Ronnie, vincere<br />
una coppa UEFA, la Panchina d’Oro...<br />
Queste sono cose che non si dimenticano.<br />
Deduco quindi che non sia molto soddisfatto<br />
del passaggio di consegne tra<br />
Thohir e Suning con l’attuale proprietà<br />
nerazzurra in mano a Zhang Jindong…<br />
Semplicemente non mi pronuncio.<br />
Me la faccia tra due-tre anni questa<br />
domanda perché prima voglio vedere<br />
mister Zhang in azione. Da fuori vedo<br />
una persona ambiziosa e ricca, ma non<br />
basta a dargli credito. L’Inter è una creatura<br />
italiana e con questi investitori<br />
cinesi di mezzo non si capisce granché.<br />
32 33
FOCUS<br />
FOCUS<br />
La città s’illimpidiva<br />
Centosettanta immagini in bianco e nero ci portano per mano dal 1943 al 1953: dai<br />
bombardamenti alla ricostruzione, a ritrovare piazze e scorci del capoluogo lombardo.<br />
Merito della mostra “Milano, storia di una rinascita” che tra l’altro ci ricorda come la<br />
guerra, allora come oggi, abbia sempre la stessa faccia<br />
di Marilena Roncarà<br />
01<br />
<strong>milano</strong> centro<br />
Fino al 12 marzo, l’ultimo piano<br />
del Museo del Novecento, quello<br />
affacciato su piazza Duomo, presenta<br />
la personale della fotografa<br />
Paola Di Bello, che nelle proprie<br />
vedute coglie una Milano del tutto<br />
estranea ai meccanismi dell’abitudine<br />
con cui siamo soliti guardarla. In<br />
particolare le immagini concepite<br />
per la Sala Fontana e basate su<br />
riprese fotografiche realizzate<br />
intorno all’Arengario, mettono<br />
in moto un’interessante visione<br />
a doppio senso tra quello che si<br />
coglie a occhio nudo dalle vetrate<br />
e i paesaggi proposti dalla fotografa,<br />
creando un gioco a incastri tra<br />
reale e virtuale.<br />
02<br />
01. Lavori di<br />
rifacimento della<br />
copertura della Galleria<br />
Vittorio Emanuele,<br />
1948, Cittadella degli<br />
Archivi e Archivio<br />
Civico di Milano<br />
bida con il senso profondo che ci può essere un<br />
poi, una rinascita. E tutta la mostra è così: forte,<br />
emotiva, in grado di catturare lo sguardo di noi<br />
visitatori con le immagini dei 170 scatti d’epoca<br />
fino a riportarci, quasi per magia, in quel tempo<br />
e in quello spazio rappresentato. Ed è tutto un<br />
cercare di capire e riscoprire una città che è la<br />
nostra di adesso, ma andando a ritroso, prima in<br />
quell’abbattimento e sconforto fatto di macerie<br />
e distruzione dei bombardamenti e poi nello<br />
slancio e nella capacità della città di rialzare la<br />
testa dalla polvere, «a volte costruendo, altre ricostruendo,<br />
spesso speculando, dimentica di un<br />
passato ingombrante», come ci ricordano le parole<br />
del curatore Stefano Galli.<br />
La mostra si apre con i grandi bombardamenti<br />
del 1943, quando Milano fu oggetto di ripetuti<br />
attacchi e una mappa con i luoghi colpiti dai raid<br />
diventa il fulcro di una narrazione condotta attraverso<br />
immagini d’epoca, cimeli e reperti bellici:<br />
dalle maschere antigas, agli ordigni, al paracadute<br />
“da bengala” usato per illuminare a giorno la città<br />
prima dell’attacco. L’esposizione prosegue poi<br />
con il racconto di alcuni aspetti della quotidianità<br />
in tempo di guerra e a poco a poco, come a procedere<br />
per frammenti, la complessità, ma anche<br />
la ricchezza della vita e delle relazioni sociali di<br />
quei momenti così drammatici diventano palesi.<br />
Lo stesso accade per episodi non sempre noti,<br />
dalla Madonnina del Duomo ricoperta di stracci<br />
per mascherarne il luccichio alle case di tolleranza<br />
ben distribuite nel territorio cittadino, dal drammatico<br />
episodio della strage degli innocenti, che<br />
vide l’eccidio di oltre 180 bambini nella scuola<br />
elementare Crispi alla vista macabra dei cadaveri<br />
di Mussolini, della Petacci e degli altri gerarchi<br />
appesi in piazzale Loreto.<br />
Durante i bombardamenti la città era buia come<br />
anche nere sono le pareti dell’allestimento che<br />
racconta la guerra. Le stesse pareti diventano poi<br />
bianche quando si passa al dopo, alla fase della<br />
rinascita, come a dirci in maniera ineludibile che<br />
qualcosa è mutato, «la città s’illimpidiva», che un<br />
nuovo giorno si mostra luminoso e ricco di progetti<br />
per la città. Non a caso Milano diventa già da<br />
allora ciò che è adesso: un centro di sperimenta-<br />
«La morte ‘insudicia’. Insudicia quello che era<br />
pulito, intorbida quello che era limpido, inlaidisce<br />
quello che era bello, intenebra quello che era<br />
luminoso, instupidisce quello che era intelligente,<br />
immiserisce quello che era ricco. Pure si dice che<br />
la morte è serenità, calma, e l’arte per parte sua...<br />
Ma anche questa è forma di retorica: la peggiore:<br />
la retorica dell’ottimismo. Quella calma, quella<br />
serenità, non sono della morte, sì della vita che<br />
rinasce dalla morte: della vita che si è celata nella<br />
morte e l’ha vinta. Il primo giorno vidi Milano<br />
‘insudiciata’ dalla morte. Poi la notte calò e uno<br />
spettrale silenzio. L’indomani già Milano s’illimpidiva».<br />
Sono le parole di Alberto Savinio che si stagliano<br />
davanti a ogni visitatore appena oltrepassato l’ingresso,<br />
ad accoglierlo alla mostra in programma<br />
a Palazzo Morando fino al 12 febbraio: Milano,<br />
storia di una rinascita. 1943-1953 dai bombardamenti<br />
alla ricostruzione. Le parole dello scrittore<br />
e compositore ci ricevono come uno schiaffo<br />
potente, di quelli capaci di sbatterci in faccia la<br />
realtà, salvo poi farci atterrare in maniera morzione<br />
artistica, un motore industriale per l’intero<br />
Paese, una forza di rinnovamento continuo, senza<br />
sosta. Sorgono nuovi quartieri e nuovi edifici<br />
su progetti di grandi architetti: Figini, Moretti,<br />
Pollini, Bottoni, Portaluppi, si afferma la grande<br />
scuola di design e Palazzo Reale ospita nel ’53 la<br />
mostra monografica dedicata a Pablo Picasso, con<br />
l’esposizione nella Sala delle Cariatidi di quel capolavoro<br />
di denuncia sociale che è Guernica, mai<br />
più esposto in futuro in Italia, come a chiudere<br />
un cerchio di quella guerra prima vissuta e poi<br />
raffigurata.<br />
A scorrerli uno dopo l’altro i 170 scatti in bianco e<br />
nero della mostra emozionano, ci obbligano quasi<br />
a soffermarci davanti ancora qualche istante per<br />
cogliere meglio il racconto di cui sono testimoni.<br />
Le foto ci guidano in maniera lieve attraverso<br />
un allestimento semplice, ma puntuale, capace di<br />
meravigliare fino a diventare volano, soprattutto<br />
nella parte dei bombardamenti, di tutte le altre<br />
immagini di guerra che ogni giorno, anche nel nostro<br />
presente, arrivano sotto i nostri occhi. Come<br />
a dire che l’orrore è lo stesso. Oggi come allora.<br />
02. Palazzo Argentina,<br />
corso Buenos Aires,<br />
1949, Archivio Piero<br />
Bottoni, Dastu,<br />
Politecnico di Milano<br />
34 35
HANDWRITING<br />
Che bello scrivere…<br />
Un foglio bianco e una penna. Bastano queste due cose per scrivere a mano, eppure gli<br />
effetti benefici che questa azione ha sulla nostra mentre e sul nostro corpo sono tantissimi,<br />
dallo sviluppo della creatività allo stimolo del cervello. E se il digitale ci sta facendo<br />
dimenticare come farlo bene (o semplicemente come farlo), a rimetterci la matita in mano<br />
ci pensano tanti oggetti ispirati a questo universo, fatto di grazie e svolazzi<br />
illustrazione di Virassamy<br />
37
focus<br />
focus<br />
SCRIPTA MANENT<br />
Ma se smettessimo di scrivere a mano perderemmo qualcosa? Secondo i<br />
maestri di calligrafia, sì, perché la grafia è parte di noi, di ciò che siamo e<br />
della nostra civiltà, e racconta molto del nostro carattere. Ecco perché non<br />
dovremmo abbandonare del tutto l’uso di carta e penna<br />
di Carolina Saporiti - foto di ruskiduski<br />
02<br />
01<br />
01. Nonostante sia<br />
sempre meno comune<br />
annotarsi le cose a<br />
penna, aumentano (e<br />
sono frequentatissimi)<br />
i corsi di calligrafia in<br />
tutta Italia, per affinare<br />
la propria scrittura<br />
«Se non respiri attraverso la scrittura, se non piangi<br />
nello scrivere, o canti scrivendo, allora non scrivere,<br />
perché alla nostra cultura non serve» lo diceva<br />
Anais Nin. Scrittrice del Novecento, conosciuta<br />
soprattutto come la prima donna a pubblicare<br />
libri erotici, Anais scriveva tantissimo, prendeva<br />
appunti sul suo diario, poi pubblicato in una serie<br />
di volumi. Forse da piccoli un diario lo abbiamo<br />
avuto tutti, ma quanti di noi oggi ne hanno uno?<br />
Pochi. E ancora meno sono quelli che tengono un<br />
diario scritto a mano: capita di prendere appunti<br />
salvandoli nelle bozze della posta elettronica su<br />
smartphone o nelle note di un tablet, alcuni tengono<br />
un blog su cui riportano pensieri e riflessioni<br />
di vario genere, ma girare con carta e penna in<br />
borsa è sempre più raro.<br />
Ma non è che ci stiamo perdendo qualcosa? Secondo<br />
l’ACI (l’Associazione Calligrafica Italiana)<br />
sì, perché la tecnologia rischia di allontanarci dagli<br />
strumenti che ci permettono di comprendere<br />
la realtà, e soprattutto rischia di far scomparire<br />
i fondamenti della nostra civiltà che è basata<br />
sulla scrittura. Calligrafia è una parola derivante<br />
dal greco e composta dalle parole kalos, bello, e<br />
graphìa, scrittura. Calligrafia, poi, è l’arte della<br />
scrittura ornamentale. Si sviluppò soprattutto in<br />
ambito religioso, dove c’era abbastanza ricchezza<br />
da potersi permettere carta e inchiostro. Nei secoli<br />
divenne comune la grafia onciale (maiuscola,<br />
usata da latini e bizantini) prima e quella gotica<br />
poi, durante il Medioevo. A far tentennare per la<br />
prima volta la scrittura a mano fu la comparsa<br />
della stampa. Quando Gutenberg la inventò nel<br />
XV secolo, i libri scritti e decorati a mano divennero<br />
meno comuni, pur non scomparendo.<br />
Oggi, invece, ci chiediamo davvero che fine farà.<br />
Era il 2013 quando negli Stati Uniti cresceva un<br />
dibattito nazionale (che diventò cronaca internazionale)<br />
sull’utilità dell’insegnamento della scrittura<br />
a mano e in particolare dello stile corsivo.<br />
Stati come la California o il Massachusetts non<br />
volevano abbandonarlo, la Carolina del Nord addirittura<br />
varò la legge Back to basics, proponendo<br />
un ritorno alle fondamenta e quindi al corsivo<br />
nei programmi per la scuola primaria, mentre le<br />
Hawaii, l’Indiana e l’Illinois avevano sostituito le<br />
lezioni di scrittura a mano in corsivo con lezioni<br />
di battitura meccanica dei testi dal momento<br />
che ormai tutto – dalla corrispondenza personale<br />
a quella di lavoro, fino ai compiti in classe, tesi<br />
ecc... – viene fatto da tastiera.<br />
Sarà una scelta giusta? Se combattere contro la<br />
diffusione di PC e smartphone è senza senso, perdere<br />
la capacità di scrivere a mano lo è altrettanto.<br />
«La scrittura a mano e quella digitale hanno<br />
ognuna una propria area di competenza, una non<br />
esclude l’altra» afferma Veronica Rosano, maestra<br />
calligrafa e grafologa presso Fabriano Boutique.<br />
Ma oltre alla ricchezza di uno strumento che è<br />
stato fondamentale per lo sviluppo della nostra<br />
società, è anche provato che la scrittura a mano<br />
garantisca diversi tipi di stimoli (dall’associazione<br />
di forme e suoni al collegamento tra mente e<br />
mano durante il movimento). A fine novembre<br />
l’Archivio di Stato ha organizzato un convegno<br />
sul tema. «Diversi medici e optometristi hanno<br />
lanciato un allarme. Non scrivendo a mano alcune<br />
aree cerebrali non vengono più utilizzate, alcuni<br />
abilità cognitive si perdono e si memorizza<br />
in maniera diversa. Oggi nelle scuole le lavagne<br />
sulle quali si scriveva con i gessi sono state sostituite<br />
da quelle luminose, in questo modo gli<br />
studenti non vedono il movimento del braccio e<br />
della mano dell’insegnante che scrive, ma devono<br />
semplicemente copiare una forma. E il numero<br />
di ragazzi che soffrono di forme di disgrafia è aumentato<br />
notevolmente». Tra una decina di anni,<br />
secondo alcuni medici, vedremo che ripercussioni<br />
avrà sulla nostra vista e la nostra postura lo stare<br />
così tante ore davanti a uno schermo. «Siamo di<br />
fronte anche a un impoverimento della personalità<br />
e della creatività» spiega Veronica Rosano. In<br />
questo non aiuta la nostra società: «Al convegno<br />
è stato dato spazio anche alle grafiche, oggi quasi<br />
sempre disordinate. Soprattutto quelle online,<br />
che sono i nuovi riferimenti, gli unici per i più<br />
giovani, sono brutte e confuse».<br />
E così i corsi di grafia stanno vivendo una stagione<br />
fortunatissima: dalle mamme preoccupate che<br />
mandano i figli a lezione a chi, adulto, vuole imparare<br />
la scrittura ornamentale, in tutta Italia è un<br />
fiorire di seminari di calligrafia.<br />
02. La scrittura onciale<br />
fu usata dal III all’VIII<br />
secolo nei manoscritti<br />
dagli amanuensi<br />
latini e bizantini, e<br />
successivamente<br />
dall’VIII al XIII secolo<br />
soprattutto nelle<br />
intestazioni e nei titoli<br />
38 39
handwriting<br />
handwriting<br />
A mano<br />
Tanti prodotti dedicati a chi ha<br />
ancora il piacere di sfiorare la carta<br />
e sentire la penna scorrere sul foglio<br />
purity<br />
A partire dalla seconda metà degli<br />
anni Sessanta l’artista Irma Blank,<br />
tedesca di nascita, ma italiana di<br />
adozione, ha rivolto la propria<br />
attenzione al gesto scritturale puro.<br />
Le sue opere saranno in mostra<br />
presso la galleria P420 di Bologna<br />
dal 28 gennaio al 18 marzo<br />
www.p420.it<br />
Fabriano Boutique - Set Carta da Lettere<br />
Un canotto, 9 punte, 2 boccette di inchiostro e<br />
un foglio di carta da lettere possono farci riscoprire<br />
tutto il fascino di una lettera scritta a mano<br />
www.fabrianoboutique.it<br />
IN BELLA SCRITTURA<br />
“Scripta manent”, ovvero gli scritti rimangono, dice un proverbio latino,<br />
affermando la necessità di mettere nero su bianco i propri diritti. Ma<br />
se le parole volano, mentre la scrittura sopravvive ai capricci del tempo,<br />
quale futuro ha, nell’era digitale, quella a mano?<br />
Campo Marzio - Filigree Fountain Pen<br />
Un anticato motivo decorativo è lavorato<br />
a mano e curato nei minimi dettagli per<br />
dare vita a questa penna raffinata<br />
www.campomarzio.it<br />
di Alessia Delisi<br />
La calligrafia è l’arte che insegna a scrivere in<br />
modo elegante e regolare. Come il disegno, essa<br />
richiede una forte personalità, espressa però entro<br />
i confini strettamente definiti dell’armonia, le cui<br />
regole, costruite su relazioni matematiche e relative<br />
alla corretta interazione tra forme e spazio,<br />
rappresentano la visione che ciascuna civiltà ha<br />
del mondo e di Dio. Gli arabi, i cinesi e la civiltà<br />
occidentale – basata sull’alfabeto romano, la Chiesa<br />
cristiana e alcune istituzioni secolari come corti,<br />
cancellerie e laboratori di scribi – hanno scritto in<br />
accordo con la propria eredità culturale, il testo<br />
da trascrivere o comporre e tutti quegli strumenti<br />
che hanno permesso lo sviluppo nel tempo<br />
dei vari stili calligrafici, perché anche la penna,<br />
il modo in cui essa veniva tagliata e impugnata,<br />
era responsabile di una bella scrittura. E oggi? In<br />
un’epoca come la nostra, caratterizzata dalla diffusione<br />
delle tecnologie digitali, qual è il destino<br />
della calligrafia? Se lo sono domandati un gruppo<br />
di esperti provenienti da tutto il mondo – dall’artista<br />
statunitense Brody Neuenschwander ai calligrafi<br />
italiani Luca Barcellona e Giovanni de Faccio,<br />
dall’illustratrice Francesca Biasetton fino a Monica<br />
Dengo, docente di calligrafia dell’Università Ca’<br />
Foscari di Venezia – durante un convegno organizzato<br />
a Milano dall’Associazione Calligrafica<br />
Italiana. Se la conservazione e divulgazione della<br />
conoscenza non dipendono più, come un tempo,<br />
dall’effettivo processo di scrittura, perché a immagazzinare<br />
l’informazione ci pensano i computer,<br />
la storia della scrittura manuale può essere letta<br />
come il racconto di un’avventura che in quasi ventimila<br />
anni ha toccato tutti gli aspetti della vita<br />
umana, non solo quello filologico. Per questo è importante<br />
salvaguardarla: stringere una penna tra le<br />
dita mette in atto complessi coordinamenti sensomotori<br />
che richiedono molta più concentrazione<br />
di quella necessaria a digitare su una tastiera. La<br />
scrittura a mano inoltre stimola l’attività cerebrale<br />
e la capacità di fare collegamenti. A valorizzarne la<br />
funzione pedagogica e formativa sono oggi molte<br />
creazioni di design: se Tapparelle Desk dell’azienda<br />
italiana Colé fa parte di una collezione di mobili<br />
ispirata alle case degli scrittori, Campo Marzio<br />
e Fabriano Boutique propongono articoli per la<br />
scrittura con i quali dare forma al pensiero, riscoprendo<br />
il fascino senza tempo del gesto grafico.<br />
Bosa - Lume<br />
La luce, nella forma di una piccola lanterna luminosa che accompagna chi scrive,<br />
è protagonista del nuovo progetto ideato da Alessandro Zambelli per Bosa<br />
www.bosatrade.com<br />
Colé Italia - Tapparelle Desk<br />
Scrittoio in rovere naturale in cui la tapparella, originariamente<br />
pensata per piuma e calamaio, diventa un moderno contenitore<br />
che cela telefono, tablet e laptop<br />
www.coleitalia.com<br />
Internoitaliano – Stra<br />
Una lastra di alluminio, tagliata e<br />
ripiegata su se stessa, si fa incastro<br />
perfetto per questa lente di<br />
ingrandimento progettata da<br />
Giulio Iacchetti<br />
www.internoitaliano.com<br />
40 41
style<br />
style<br />
Bomber jacket<br />
Un classico del casualwear riproposto<br />
per il guardaroba primaverile<br />
tagliatore<br />
Manifattura completamente made<br />
in Italy per la giacca a due bottoni<br />
in tessuto mélange<br />
Sealup<br />
Verde militare in tessuto waterproof<br />
www.sealup.net<br />
Puntododici<br />
In tessuto tecnico super leggero<br />
www.puntododici.com<br />
Blauer<br />
Classico in stile aviator<br />
www.blauer.it<br />
berwich<br />
Cinquetasche dal taglio classico<br />
sdramattizzato dalla coulisse in vita<br />
Gant<br />
In suede nocciola con tasconi frontali<br />
www.gant.com<br />
MCS<br />
Con profili e colletto in pelle a contrasto<br />
www.mcs.com<br />
Stella McCartney<br />
Con terza tasca portadocumenti sul petto<br />
www.stellamccartney.com<br />
urban gentlemen<br />
salvatore ferragamo<br />
Stringata rivisitata in chiave<br />
moderna grazie ai dettagli futuristici<br />
su linguetta, tallone e suola<br />
Una combinazione perfetta tra tailoring e sportswear<br />
contraddistingue la collezione dal sapore retrò di Neil<br />
Barrett. I colori naturali e le forme senza tempo richiamano<br />
un guardaroba inglese per il perfetto gentiluomo urbano<br />
di Elisa Anastasino<br />
C.P. Company<br />
Con taschina e dettaglio logo sull’avambraccio<br />
www.cpcompany.com/it<br />
Eleventy<br />
Collo e bordi in maglia elasticizzati a contrasto<br />
www.eleventy.it<br />
AT.P.CO<br />
Interno in tessuto camiceria con zip a contrasto<br />
www.atpco.it<br />
42 43
sport<br />
sport<br />
SAILING ON THE ROCKS<br />
Le ice boat sono incredibili macchine da velocità in grado di sfrecciare<br />
su qualsiasi lago, fiume o mare che abbia perso la consistenza liquida<br />
a favore di quella solida. Intuitive e facili da condurre, hanno un unico<br />
“problema”: fermarle non è affatto facile<br />
di Andrea Zappa<br />
windsurf e kite<br />
Chi ama il ghiaccio ma preferisce<br />
sentire il vento nelle mani con una<br />
vela da windsurf o da kite può rivolgersi<br />
alla WISSA (World Ice and<br />
Snow Sailing Association). L’associazione<br />
organizza un campionato<br />
mondiale fin dal 1980 e quest’anno<br />
l’appuntamento sarà dal 20 al 27<br />
febbraio nella città russa Togliatti,<br />
nei presi del fiume Volga.<br />
www.wissa.org<br />
02<br />
01<br />
01. Un ice boat classe<br />
DN pronto a sfrecciare<br />
sul ghiaccio a più di 90<br />
km/h. Lo scafo dotato<br />
di tre pattini sganciabili<br />
misura 3,7 metri e<br />
ha una superficie<br />
velica di 5,57 metri<br />
quadrati. Foto courtesy<br />
iceboating.net<br />
Veloci, velocissime. Chi non soffre il freddo e ama<br />
le accelerazioni da brivido deve, almeno una volta<br />
nella vita, salire a bordo di una ice boat e provare<br />
questa eclettica quanto refrigerante evoluzione<br />
dell’andare a vela. L’ice sailing è una disciplina<br />
che ha trovato diffusione, per ovvie ragioni climatiche,<br />
soprattutto nelle regioni del nord tra<br />
Russia, Europa, Stati Uniti e Canada, anche se, in<br />
occasione di inverni particolarmente rigidi, qualche<br />
tentativo è stato compiuto anche in Italia.<br />
Il problema è trovare luoghi dove il ghiaccio sia<br />
spesso almeno quindici centimetri e ci siano spazi<br />
di fuga sufficientemente ampi per manovrare in<br />
sicurezza questi bolidi dalle alte velocità.<br />
In Europa gli appassionati sono qualche migliaio,<br />
ma spostandosi verso nord-est o andando direttamente<br />
oltreoceano, il numero degli ice sailor cresce<br />
in modo significativo. L’outfit di chi pratica<br />
questo sport consiste in una tuta, guanti da sci, un<br />
casco e un bel paio di scarpe chiodate necessarie<br />
per camminare sul ghiaccio, ma anche per fermare<br />
gradualmente il proprio mezzo una volta che<br />
la vela ha perso di portanza. Sfrecciare su una superficie<br />
ghiacciata controllando una vela diventa<br />
una pratica sportiva solo attorno al 1880 in Svezia,<br />
ma l’ice sailing ha radici più “pratiche” e abbastanza<br />
antiche. Per esempio in Olanda, già nel<br />
XVII secolo, durante la stagione invernale, molti<br />
commercianti montavano ai loro carri dei pattini<br />
e delle grandi vele in modo da poterli condurre<br />
con il minimo sforzo lungo i canali ghiacciati del<br />
Paese. La vela veniva regolata attraverso lunghe<br />
funi e chi la controllava seguiva a piedi il mezzo<br />
camminando lungo le sponde del corso d’acqua.<br />
In Québec, invece, delle piccole “caravelle” in legno<br />
progettate per scivolare erano utilizzate per<br />
attraversare gli innumerevoli laghi ghiacciati che<br />
caratterizzano la regione. L’evoluzione “ludica”<br />
si è avuta solo in un secondo tempo, quando le<br />
vele hanno iniziato a essere più performanti, dalle<br />
dimensioni ridotte e anche scafi e pattini sono<br />
diventati più leggeri e tecnici. Condurre una ice<br />
boat è abbastanza semplice, ovviamente bisogna<br />
possedere rudimentali conoscenze veliche, come<br />
intendere qual è la direzione del vento e le andature<br />
che si possono tenere in relazione a questa,<br />
e poi si è già pronti per salire a bordo e disegnare<br />
infinite traiettorie sul ghiaccio. Le regolazioni<br />
sono minime: il pattino anteriore fa da timone e<br />
poi c’è una scotta (paranco a più linee) con la<br />
quale il pilota regola l’angolo di apertura e chiusura<br />
dell’unica vela che ha a disposizione. Ci sono<br />
diverse classi di ice boat a seconda della lunghezza<br />
della “slitta” e della superficie velica. La più popolare<br />
è forse la DN. Il cui nome deriva da “Detroit<br />
News”, giornale che nel 1936 sponsorizzò un<br />
concorso per progettare un modello che potesse<br />
essere costruito facilmente da una sola persona<br />
nel proprio garage. Le dimensioni di un DN sono<br />
ridotte: lo scafo, dotato di tre pattini smontabili,<br />
è lungo 3,7 metri per 53 cm di larghezza e la<br />
vela misura 5,57 metri quadrati. Il tutto per un<br />
peso complessivo di circa 20,4 chili. Caratteristiche<br />
che lo rendono facilmente trasportabile così<br />
da permettere agli amanti di questa disciplina di<br />
spostarsi senza grossi problemi alla ricerca del<br />
“buon ghiaccio”. Il costo di una di queste “macchine<br />
volanti” si aggira tra i 4 e i 5mila euro, ma si<br />
possono trovare ottime occasioni anche nel mondo<br />
dell’usato. La International DN Ice Yacht Racing<br />
Association (www.icesailing.org) organizza<br />
ogni anno, dalla metà di novembre fino ai primi<br />
di aprile, un fitto circuito di regate che culmina<br />
con la World Cup, appuntamento che si tiene<br />
ogni volta in un Paese distinto tra Europa, Stati<br />
Uniti, Canada e Russia. Le regate si svolgono solitamente<br />
su un percorso a forma di bastone di<br />
circa 1,5 km da compiere per tre volte. Sulla linea<br />
di partenza possono schierarsi un massimo di 60<br />
ice boat, un numero impressionante se si pensa<br />
che, una volta dato lo start, sul campo di regata si<br />
incroceranno scafi in grado di tenere medie superiori<br />
ai 90 km/h, e in quei frangenti, per fermarsi<br />
non si può certo buttare l’ancora!<br />
02. ll lago Bajkal nella<br />
Siberia meridionale<br />
ospita innumerevoli<br />
regate sul ghiaccio, tra<br />
queste la più popolare<br />
è l’omonima Bajkal<br />
Cup. Foto courtesy<br />
iceboatracing.com<br />
44 45
design<br />
design<br />
In bloom<br />
La mania per la botanica ha<br />
raggiunto l’apice nell’800, quando si<br />
collezionavano piante esotiche. E anche<br />
oggi tutti vogliono circondarsi di verde<br />
Botanique - Jewelled Garden Hanging<br />
Ispirato dai cristalli sfaccettati e dai<br />
boudoir bohèmien, questo terrario è<br />
perfetto per ospitare belle<br />
piante rampicanti<br />
www.botanique-boutique.com<br />
Giardino d’inverno<br />
È tempo di motivi botanici e trame vegetali, che attaccano<br />
radici (anche) nel design. La natura è fonte di ispirazione<br />
primaria e dà vita a collezioni verdi tra felci e licheni<br />
di Marzia Nicolini<br />
Etsy<br />
Piante e fiori sulla tavola, per una prima colazione speciale.<br />
Tovaglietta in cotone di ispirazione scandinava<br />
www.etsy.com<br />
La carta da parati con<br />
motivi floreali disegnata<br />
da 4P1B Design Studio<br />
per Wall&Decò è un<br />
paradiso di felci e<br />
uccelli incantati<br />
Quello del plants power è un trend forte. Lo dimostrano<br />
le ultime uscite editoriali: dal nuovo<br />
libro da collezione A Garden Eden edito da Taschen,<br />
raccolta di alcune delle più belle illustrazioni<br />
botaniche di Ottocento e Novecento direttamente<br />
dagli archivi della biblioteca di Vienna,<br />
al più moderno volume Evergreen di casa Gestalten,<br />
raccolta ispirazionale tutta dedicata ai professionisti<br />
e appassionati del gardening. La verità<br />
è che quello per il verde è un amore ad alto tasso<br />
di contagio. Anche la moda si è lasciata influenzare,<br />
vedi la seducente collezione autunno inverno<br />
2016-17 firmata Dolce & Gabbana. Gli stilisti<br />
siciliani hanno detto di essersi ispirati ai lussureggianti<br />
alberi dell’orto botanico di Palermo. Gli<br />
abiti di Giambattista Valli, invece, si ricoprono di<br />
gardenie e peonie effetto 3D, in un inno alla femminilità,<br />
alle fioriture, alla primavera. E che dire<br />
del beauty? Dalle fragranze come My Burberry<br />
Black, che replica il profumo di un giardino inglese<br />
dopo una giornata di pioggia, alla mania degli<br />
estratti vegetali come elisir di giovinezza, con<br />
maison come Yves Rocher in prima fila, piante e<br />
fiori trovano il loro posto anche nell’olimpo della<br />
cosmesi. Poteva il design restare indifferente?<br />
No, ovviamente. Ed ecco che anche nel settore<br />
dell’interior è tutta una profusione di pattern vegetali<br />
e fantasie fiorite. Trame di felci, profili di<br />
muschi, ciuffi di palme esotiche, delicati boccioli<br />
hanno invaso divani, tappeti, sedute e tende, ma<br />
anche carte da parati, rivestimenti e copriletti. Un<br />
inno alla vita naturale che avrebbe reso orgoglioso<br />
Rousseau e il suo mito del bon sauvage. Nel<br />
frattempo Pantone Inc. ha decretato che il colore<br />
di questo nuovo anno è un bel verde chiaro e<br />
brillante: secondo gli esperti, infatti, il greenery,<br />
delicata sfumatura di verde e giallo, è destinata<br />
a influenzare le prossime mode. «Greenery simboleggia<br />
rinascita, rinnovamento e rigenerazione.<br />
Ogni primavera inizia un nuovo ciclo», ha spiegato<br />
Leatrice Eiseman, direttore esecutivo del Pantone<br />
Color Institute, ai giornalisti del “The New<br />
York Times”. Verde uguale piante, uguale tutti<br />
pazzi per la vegetazione. Design incluso.<br />
Kann Design - Kora Beechwood<br />
Poltroncina imbottita con braccioli<br />
della Collezione Rewind. Un<br />
progetto del designer José Pascal<br />
www.kanndesign.com<br />
Design by Nico - Leaf Rug<br />
Tappeto rettangolare in feltro di lana disegnato da Nicolette<br />
de Waart. Come un soffice prato sotto i piedi<br />
www.designbynico.co.uk<br />
House Of Hackney - Ananas<br />
Lampada da tavola con base a forma<br />
di ananas in fine porcellana, dettagli in<br />
ottone e paralume a fantasia tropicale<br />
www.houseofhackney.com<br />
46 47
wheels<br />
wheels<br />
genio volante<br />
Per i 60 anni di Citroën DS il Museo di Flaminio Bertoni si trasferisce a Volandia,<br />
a due passi dall’hub internazionale di Milano Malpensa. L’allestimento ripercorre<br />
la vita e le creazioni del designer varesino<br />
di Ilaria Salzano<br />
02 03<br />
01<br />
01. DS è oggi diventato<br />
un marchio a sé,<br />
sinonimo di lusso e<br />
innovazione. Una<br />
preziosa eredità che si<br />
deve alla DS 19, prima<br />
vettura della gamma<br />
Come fosse un passaggio temporale, dal terminal<br />
T1 dell’aeroporto di Milano Malpensa una passerella<br />
trasporta i curiosi direttamente a Volandia: il<br />
museo, concepito da principio per custodire pezzi<br />
unici del mondo dell’aeronautica, simulatori,<br />
archivi storici, oggi ha tutta l’intenzione di far volare<br />
i visitatori tra i successi di terra e cielo dello<br />
scorso secolo. L’omaggio “terrestre” va a Flaminio<br />
Bertoni, designer varesino nell’anima. Bertoni ha<br />
contribuito notevolmente nel settore proponendo<br />
automobili innovative, confortevoli e dallo<br />
stile inconfondibile. La collezione – installata dal<br />
2007 nella sede della provincia di Varese – dopo<br />
mesi di ricerca, dunque, adesso trova finalmente<br />
uno spazio ad hoc in grado di evocare le origini<br />
professionali del suo creatore. Siamo nell’ex<br />
lattoneria delle Officine Caproni. Chi conosce la<br />
storia sa che prima di andare a Parigi e iniziare<br />
la sua carriera Bertoni lavorò come lattoniere in<br />
alcune delle più importanti carrozzerie del posto<br />
(tra cui la Macchi, destinata a crescere come<br />
azienda aeronautica). Un filo che si ricongiunge,<br />
quindi, per partire dalla notte dei tempi e descrivere<br />
totalmente la personalità del genio. L’occasione<br />
è speciale: i 60 anni di Citroën DS, i marchi<br />
che più in assoluto ricordano il suo nome.<br />
L’allestimento, con una dozzina di stanze, ripercorre<br />
la sua vita, dai primi esordi nella scultura, ai<br />
bozzetti delle auto, intervallati da tutte le collaborazioni<br />
artistiche di cui nel contempo si cibava.<br />
Interessanti i pezzi unici, come ad esempio la curiosa<br />
vettura a tre ruote denominata V3R, oppure<br />
i prototipi dove Bertoni riponeva la sua creatività<br />
più fervida in attesa dei debutti.<br />
Era il 1934 quando venne lanciata sul mercato la<br />
Traction Avant, esposta in questa sede con tanto<br />
di manifesti pubblicitari e altre opportunità<br />
artistiche sviluppate al tempo. L’auto guadagnò<br />
subito il terzo premio di scultura alla quarta Exposition<br />
des Beaux Arts ad Asnières; fu un successo,<br />
così come accadde per la successiva 2 CV,<br />
attorniata nel museo da opere che si rifanno al<br />
tema del viaggio e della libertà. Temi con cui la<br />
vetturetta venne presentata nel 1948 al Salone<br />
dell’Automobile di Parigi e che contribuirono a<br />
renderla negli anni un fenomeno culturale.<br />
Quasi dieci anni dopo dall’elaborazione dei progetti<br />
è evidente come il designer si sentisse più<br />
vicino al mondo della natura: nello specifico, il<br />
disegno della DS 19 mostra come la calandra<br />
e il frontale riprendevano i tratti di un pesce.<br />
Quest’ultima produzione vinse il primo premio<br />
come opera d’arte industriale: presentata<br />
nel 1957, venne esposta alla Triennale di Milano<br />
come esemplare. Non fu l’ultimo lavoro per l’automotive.<br />
Con il mercato in aumento e le esigenze<br />
di un marchio in espansione, Bertoni in questi<br />
anni lavorò ancora per le quattro ruote. Fu la sua<br />
fatica più grande. Dal suo atelier di rue du Theatre<br />
48 nel 1964 uscì l’Ami6. Una storia lunga e<br />
tormentata.<br />
Per Citroën era indispensabile avere un segmento<br />
nuovo da poter inserire tra la 2CV e la DS. Per<br />
l’allora progetto M (M stava per milieu de gamme,<br />
che in francese significa di metà gamma), dunque,<br />
l’artista pensò a una due volumi con portellone:<br />
idea troppo innovativa per i tempi, che venne<br />
bocciata, come si vede dalle teche del museo. Il<br />
suo estro dunque diede vita a una versione con<br />
montante posteriore rovesciato, con cui i passeggeri<br />
posteriori avrebbero avuto spazio per la testa<br />
ma nel contempo anche un baule generoso. Non<br />
andò tutto liscio. Per ragioni di costo, il designer si<br />
vide costretto a ridisegnare di corsa il frontale, andando<br />
a ribassare in maniera drastica solo la parte<br />
centrale di muso e cofano. Per poi alzare anche<br />
l’alloggiamento dei fari anteriori e aumentare il<br />
fascio luminoso. «Sembra che abbia investito 3<br />
pedoni», commentò alla fine del proprio progetto.<br />
Nonostante ciò, la versione successiva, la Break,<br />
debuttata nel ‘64, riuscì a fregiarsi del titolo di<br />
“auto più venduta” in Francia (1965). Certo, per<br />
renderla accattivante, il nome scelto fu Amì (amico),<br />
venne pubblicizzata con donne bellissime a<br />
bordo e in luoghi da sogno. Ma il marketing poteva<br />
dirsi ancora agli antipodi. Quella fu la sua fortuna.<br />
Bertoni lo ricordiamo per il suo operato più<br />
puro. Male o bene, è così che ha lasciato il segno.<br />
02. Flaminio Bertoni<br />
lavorava di notte nel<br />
suo atelier. Per tutto<br />
ciò che diede alla<br />
cultura francese venne<br />
nominato Cavaliere<br />
dell’ordine delle Arti<br />
e delle Lettere della<br />
Repubblica Francese<br />
03. Il debutto in strada<br />
della DS negli anni<br />
del dopoguerra fu<br />
eclatante. Mai si era<br />
vista tanta eleganza<br />
“dentro” e tanta<br />
innovazione “fuori”<br />
48 49
hi tech<br />
hi tech<br />
Alta definizione<br />
Schermi, fotocamere, tv e proiettori.<br />
Con questi sofisticati device vedrete tutto,<br />
fino all’ultimo dettaglio<br />
BenQ - XI2000<br />
È il primo videoproiettore LED UHD 4K<br />
DLP al mondo dedicato all’home cinema,<br />
con 8,3 milioni di pixel reali. In parole<br />
povere, porta tra le pareti domestiche un<br />
perfetto equilibrio tra elevata luminosità e<br />
precisione cromatica<br />
www.benq.it<br />
Quando la tv è Ultra (HD)<br />
La parte del leone quest’anno la fanno gli OLED, sottili, sofisticati, super<br />
performanti. Ma c’è spazio anche per proiettori, fotocamere, webcam e<br />
monitor per computer. A una condizione: che spacchino il pixel!<br />
di Paolo Crespi<br />
Samsung - UBD-M9500<br />
Anche i lettori Blu-ray entrano nella partita dell’alta definizione.<br />
Quello appena lanciato al CES dispone di una modalità “private<br />
cinema” per trasferire l’audio del televisore agli auricolari<br />
Bluetooth personali. Inoltre riconosce automaticamente il tipo di<br />
pannello a cui è collegato e si setta di conseguenza<br />
www.samsung.it<br />
Fra i protagonisti di<br />
CES 2017, Sony ha<br />
presentato una vasta<br />
gamma di tv tra cui<br />
spiccano i nuovi Bravia<br />
delle serie A1 e XE93.<br />
Entrambi utilizzano<br />
pannelli Oled e<br />
tecnologia 4kK<br />
Alta definizione, anzi altissima. È la parola d’ordine<br />
di questo inizio d’anno, sia per i “broadcaster” e<br />
i produttori di contenuti che preparano e in parte<br />
hanno già realizzato il passaggio alle trasmissioni<br />
in HD, sia per i big player dell’audio/video, che al<br />
CES di Las Vegas (la più importante fiera mondiale<br />
dell’elettronica di consumo) hanno appena sfoderato<br />
le ultime novità in fatto di super schermi<br />
televisivi. A partire naturalmente dal nuovo fronte<br />
degli OLED, considerato lo standard del futuro,<br />
sempre più prossimo, man mano che i prezzi si<br />
“democratizzano” con il crescere della domanda.<br />
Ma non solo, perché nel club dell’alta definizione<br />
entrano di diritto anche i proiettori high-end, le<br />
foto-videocamere in grado di girare senza soluzione<br />
di continuità filmati in 4K (detto anche Ultra<br />
HD, questo standard fa riferimento ai circa 4mila<br />
pixel orizzontali di risoluzione), che a loro volta<br />
alimentano il circuito dell’home-entertainment di<br />
qualità, e i monitor da computer che in fatto di<br />
definizione non hanno nulla da invidiare ai totem<br />
da salotto… Parlando di tv, i brand del giorno sono<br />
LG, che dalla capitale del Nevada ha lanciato lo<br />
schermo OLED W77, premiato con il Best of Innovation<br />
Award, sottile come una carta da parati<br />
(aderisce al muro grazie a una lastra magnetica,<br />
mentre tutte le componenti elettroniche e gli<br />
speaker sono contenuti in una speciale soundbar),<br />
Sony con la serie A1, che al contrario riesce a<br />
proiettare l’audio direttamente dallo schermo, di<br />
grande design (Acoustic Surface il nome del loro<br />
brevetto), Panasonic con i nuovi OLED Ultra HD<br />
Hdr, dall’inarrivabile resa cromatica, e Samsung<br />
con i suoi QLed, alternativa agli Oled basata<br />
sulla tecnologia Quantum Dot, con picchi di luminosità<br />
e valori di contrasto superiori per ora a<br />
quelli dell’agguerrita concorrenza. E poi (o prima)<br />
viene il software, cioè i contenuti televisivi<br />
in 4K, di cui c’è grande richiesta ma scarsità di titoli,<br />
tutti per la verità di alto gradimento da parte<br />
del pubblico (come nel caso della serie I Medici,<br />
prodotto nativamente in 4K). E le infrastrutture<br />
tecnologiche che devono poter supportare i nuovi<br />
canali del palinsesto pubblico e privato. Per la<br />
Rai, lo switch è avvenuto curiosamente il giorno<br />
della Befana: ora tutte le reti del servizio pubblico,<br />
comprese quelle tematiche, viaggiano in HD, ma<br />
solo attraverso la piattaforma satellitare TivùSat,<br />
utilizzata soprattutto in quelle zone del Belpaese<br />
in cui il segnale del digitale terrestre è debole<br />
o assente. Per un cambio generalizzato bisognerà<br />
aspettare ancora un bel po’…<br />
LG - Ultra Wide Mobile da 34”<br />
Esperienza di gioco senza precedenti e grande produttività per<br />
i professionisti e gli appassionati di video con i nuovi monitor ad<br />
alta risoluzione della casa coreana. Si usano in abbinamento al<br />
computer ma anche come periferiche Chromecast<br />
www.lg.com/it<br />
Panasonic - Lumix LX15<br />
Versatile e creativa, la nuova fotocamera compatta<br />
a ottica fissa (Leica) dispone di ben 22 filtri e gira<br />
filmati in 4K di durata pressoché illimitata. Grazie al<br />
funzionamento digitale, “panning” e zoomate stabili<br />
sono un gioco da ragazzi<br />
www.panasonic.it<br />
Logitech - C922 Pro Stream<br />
La webcam, molto innovativa,<br />
permette di registrare e trasmettere<br />
video naturali in alta risoluzione a 30<br />
frame per secondo (fps) oppure a<br />
720p con 60fps. Include la modifica<br />
dinamica dello sfondo, senza bisogno<br />
di usare i tradizionali “teli verdi”<br />
www.logitech.it<br />
50 51
weekend<br />
weekend<br />
STORIE PREZIOSE<br />
Influenzata dalla vicinanza con la Germania, è una delle<br />
regioni più ricche di tradizioni. “Bienvenue en Alsace”, terra<br />
di ottimi vini, castelli incantati, artigiani maestri dell’intarsio<br />
e delle stoffe... e di mura misteriose<br />
01<br />
di Carolina Saporiti<br />
sul web<br />
www.auberge-de-l-ill.com<br />
www.les-haras-hotel.com<br />
www.tourisme-alsace.com<br />
www.france.fr<br />
www.paindepices-lips.com<br />
02<br />
eat & sleep<br />
A pochi km da Colmar Jérome<br />
Jaegle ha aperto il ristorante<br />
l’Alchemille, che prende il nome<br />
da una pianta famosa per le sue<br />
proprietà legate alla fertilità. Jaegle,<br />
chef giardiniere, propone piatti alla<br />
clorofilla e cioccolato alla regina dei<br />
prati. L’Auberge de l’Ill è un piccolo<br />
gioiello nel villaggio d’Illhauesern<br />
che esiste da 150 anni ed è gestito<br />
da quattro generazioni dalla famiglia<br />
Haeblin. Il ristorante detiene 3<br />
stelle Michelin. Lo chef Marc Haeblin<br />
ha firmato anche la carta del<br />
ristorante nel cuore di Starsburgo<br />
della brasserie dell’albergo Les<br />
Haras. Tutti templi imperdibili della<br />
gastronomia alsaziana.<br />
01. Vista dell’Ecomusée<br />
d’Alsace, il più grande<br />
ecomuseo di Francia,<br />
che riaprirà dopo la<br />
chiusura invernale<br />
il 19 marzo. Foto di<br />
Florentin Havet<br />
Non c’è bisogno di andare nelle grandi città per<br />
vedere monumenti storici o visitare musei affascinanti.<br />
E non serve prenotare una vacanza in<br />
montagna o in Paesi del nord per sentirsi nel posto<br />
giusto nella stagione invernale. Basta andare in<br />
Alsazia dove, passato il Natale, che qui è un affare<br />
molto serio (le decorazioni delle case di Strasburgo<br />
e Colmar fanno invidia a tutto il mondo) ci si<br />
può dedicare indisturbati alla scoperta del territorio<br />
e soprattutto alle sue storie preziose. Ogni<br />
eccellenza è accompagnata da tradizioni mitiche.<br />
Il primo motivo che rende speciale questa regione<br />
della Francia è la sua vicinanza alla Germania:<br />
per secoli i due Stati si sono alternati nella sua<br />
“gestione” e ciò le ha conferito un lato tipicamente<br />
indipendente. Le tre città principali sono<br />
Strasburgo, Colmar e Mulhouse e tutt’intorno il<br />
paesaggio è circondato dalle montagne verdi dei<br />
Vosgi, dal Reno e da ettari di vigneti. La strada<br />
del vino dell’Alsazia è la più antica di Francia ed<br />
è per questo che qui è molto sviluppato il turismo<br />
enologico. Ma la potenza della natura rende speciale<br />
l’Alsazia anche per chi vuole trascorrere una<br />
vacanza su una mountain bike o facendo attività<br />
sportive di vario genere – come trekking, pesca e<br />
canottaggio.<br />
Fondata nel 1953, la strada dei grand crus d’Alsazia<br />
si estende ai piedi delle foreste dei Vosgi,<br />
dominate da misteriosi castelli, attorno ai quali si<br />
sviluppano piccoli villaggi con locande dove assaggiare<br />
alcuni di questi vini. La route si estende<br />
per più di 170 km da nord a sud, con più di 1.000<br />
vignerons sempre pronti ad accogliere i visitatori<br />
nelle loro cantine per scoprire i sette vitigni alsaziani:<br />
sylvaner, gewurztraminer, muscat, riesling,<br />
pinot bianco, pinto grigio e pinot nero. Oltre al<br />
vino si possono assaggiare acquaviti distillate dalla<br />
frutta. La Maison Massenez, a Val de Villé, oggi<br />
guidata da Manou, ne produce di ottime ottenute<br />
da ciliegie, lamponi, prugne e pere. Le acquaviti<br />
prodotte da Manou Massenez (il nuovo volto<br />
– femminile – della casa) oggi si trovano un po’<br />
ovunque in tutto il mondo. Da Klur invece vi<br />
aspettano degustazioni e visite delle cantine (per<br />
le vigne non è la stagione più adatta) alla scoperta<br />
di una maison che da 10 anni è impegnata nel-<br />
la coltivazione biologica e biodinamica. Girando<br />
per i villaggi del vino vi sembrerà di essere in una<br />
fiaba tra cottage dipinti con colori vivaci, mura<br />
medievali e nidi di cicogna sulle guglie delle chiese.<br />
I più belli sono Riquewihr, Eguisheim, Kaysersberg<br />
e Bergheim, più piccoli e più silenziosi sono<br />
Saint-Hippolyte e Katzenthal.<br />
Nonostante la fama mondiale dei vini alsaziani,<br />
anche la birra di questa regione si difende bene.<br />
La famiglia Haag conduce il più antico birrificio<br />
d’Alsazia, Méteor, fondato nel 1640. Ma non di<br />
solo vino (e birra)... Quindi via alla scoperta del<br />
pane pepato (pain d’épices). Il pane al miele è<br />
citato sia da Omero sia da Virgilio, ma nel XIII<br />
secolo si è diffuso il suo consumo, con leggeri variazioni,<br />
tra Basilea, Strasburgo e Francoforte. Se<br />
viaggiate con bambini dovreste fermarvi al Gingerbread<br />
Museum, a Gertwiller, dove il maestro<br />
panettiere Michel Habsiger ha creato un museo<br />
pieno di giocattoli.<br />
Da nord a sud, percorrendo l’Alsazia in macchina,<br />
si incontrano anche città più grandi. Strasburgo<br />
non è solo sede del Parlamento europeo: dal 1988<br />
è infatti patrimonio dell’Umanità dell’Unesco e<br />
in effetti, nei secoli, in tanti si sono innamorati<br />
delle sue vie e delle sue piazze. Gutenberg, Victor<br />
Hugo, Napoleone e Gustave Doré rimasero probabilmente<br />
incantati dalla cattedrale gotica che si<br />
affaccia sulla place du Chateau.<br />
Spostandosi verso sud si incontra l’abbazia San<br />
Leonardo ai piedi del Mont Sainte Odile, dove<br />
Charles Spindler iniziò un’attività di intarsio che<br />
oggi è portata avanti dal nipote Jean Charles. Entrando<br />
le narici vi si riempiranno di profumo di<br />
legno. Attorno al monte si snoda un sentiero archeologico<br />
che inizia con il Muro Pagano (lungo<br />
11 km) probabilmente risalente al 1 secolo d.C.<br />
di cui è sconosciuta la funzione.<br />
Infine, prima di raggiungere la pittoresca Colmar<br />
con le sue case colorate affacciate sui canali, fermatevi<br />
al castello dell’Haut-Koenigsburg. Giunti<br />
in città concludete il viaggio con un po’ di arte.<br />
Progettato da Herzog e De Meuron nel cuore<br />
della città, il Musée Unterlinden racchiude capolavori<br />
di grandi artisti come Jean Dubuffet, Pablo<br />
Picasso e Grunewald. Per un finale in bellezza.<br />
02. Il Parc Salvator di<br />
Mulhouse, la seconda<br />
città d’Alsazia per<br />
dimensione dopo<br />
Strasburgo, è stato<br />
aperto nel 1890 dove<br />
un tempo sorgeva un<br />
cimitero<br />
52 53
weekend<br />
weekend<br />
Carnevale tutto l’anno<br />
Si avvicina il weekend più sentito per Ivrea. Nonostante la<br />
manifestazione prenda il via ufficiale il 6 gennaio e per tutto l’anno i<br />
cittadini si ritrovino in varie occasioni, è nel fine settimana di Carnevale<br />
che la festa esplode con la Battaglia delle Arance. Se siete scettici dovreste<br />
farci un salto. Verrete travolti dall’entusiasmo degli eporediesi<br />
di Tullia Carota<br />
02<br />
01. Il Carnevale di Ivrea<br />
prende ufficialmente<br />
il via il 6 di gennaio<br />
con la prima uscita di<br />
Pifferi e Tamburi, che<br />
accompagnano poi<br />
ogni momento della<br />
manifestazione fino al<br />
Martedì di Carnevale<br />
«Ivrea la bella». Se a dirlo è Carducci, allora deve<br />
essere vero. E, in effetti, lo è: il capoluogo simbolico<br />
del Canavese, quel territorio che si estende<br />
per circa 50 Km da Chivasso alla Valle d’Aosta,<br />
conta poco più di 25mila abitanti, è attraversato<br />
dalla Dora Baltea e il suo centro storico affascina<br />
chiunque lo veda per la prima volta.<br />
Seppure piccola e non in cima all’elenco delle<br />
mete turistiche italiane, Ivrea è famosa in tutto<br />
il mondo, soprattutto per due cose: l’Olivetti e il<br />
Carnevale. Sull’Olivetti si sa quasi tutto. Camillo<br />
e il figlio Adriano furono imprenditori illuminati<br />
che, oltre a sviluppare prodotti tecnologici all’avanguardia,<br />
ebbero la lungimiranza di proporre un<br />
modello di sviluppo industriale avanzato, attento<br />
ai propri dipendenti, al territorio e alla società.<br />
Il secondo motivo per cui Ivrea è famosa in tutto<br />
il mondo, si diceva, è il Carnevale. Ma a essere<br />
famosa è soprattutto la Battaglia delle Arance.<br />
Criticata e malvista da molti, ha una storia curiosa<br />
alle spalle e fa, in realtà, parte di una manifestazione,<br />
lo Storico Carnevale di Ivrea, che dura<br />
molti giorni e si apre ogni anno il 6 gennaio con<br />
l’uscita di Pifferi e Tamburi – che potrebbero essere<br />
considerati la banda ufficiale della manifestazione.<br />
Districarsi tra gli appuntamenti e la storia<br />
di questo Carnevale, il più antico d’Italia, non è<br />
facile, anche perché i diversi momenti pescano da<br />
differenti epoche storiche.<br />
Ma sono due le anime principali: da un lato c’è la<br />
componente storica, rappresentata dal corteo di<br />
cui fanno parte personaggi come il Generale, la<br />
Mugnaia, gli Abbà e il Podestà; dall’altro la Battaglia<br />
delle Arance, combattuta da squadre a piedi e<br />
squadre su carri da getto. Il comune denominatore<br />
è uno però: rappresentare la liberazione di Eporedia<br />
(questo il nome di Ivrea in epoca romana) dalla<br />
tirannia. Nel 1600 l’ennesima rivolta popolare<br />
contro il Marchese di Monferrato, signore della<br />
città, portò alla liberazione e così le nove squadre<br />
di aranceri a piedi rappresentano il popolo che<br />
sfida il tiranno, interpretato simbolicamente dalle<br />
squadre sui carri che indossano una maschera a<br />
protezione del volto. Se ve lo state chiedendo... sì,<br />
tutti possono partecipare alla Battaglia iscrivendosi<br />
a una delle squadre.<br />
01<br />
Le origini della Battaglia risalgono al Medioevo,<br />
quando a essere lanciati in strada erano i fagioli<br />
e non gli agrumi. Due volte l’anno, infatti, il feudatario<br />
donava una pignatta di legumi alle famiglie<br />
meno abbienti che per disprezzo gettavano il<br />
contenuto per strada. La battaglia moderna viene<br />
combattuta dal 1947, ma ha radici nell’Ottocento<br />
quando le giovani della città, per attirare l’attenzione<br />
dei ragazzi, lanciavano dai balconi coriandoli,<br />
confetti, lupini, fiori e anche arance, un frutto<br />
esotico (portugaj in dialetto piemontese) proveniente<br />
dalla Costa Azzurra. Era un modo (forse<br />
un po’ bizzarro) per richiamare la loro attenzione.<br />
Il gesto cortese si trasformò presto in duello.<br />
Le due anime, dunque, si incontrano per la prima<br />
volta il sabato sera di Carnevale quando alla<br />
città viene presentata la Mugnaia che ogni anno<br />
è interpretata da una giovane eporediese sposata:<br />
anche se può sembrare difficile da capire, per<br />
le donne della città essere Mugnaia è motivo di<br />
grande orgoglio. Inizia quindi, di sabato, il cuore<br />
della manifestazione con il Corteo Storico che attraversa<br />
la città e continua per i tre giorni successivi<br />
con la Battaglia, il Corteo, i fuochi, le fagiolate<br />
nei vari rioni e l’abbruciamento degli scarli (alti<br />
pali di legno, sinonimo di prosperità) il martedì<br />
sera, quando si svolge anche la marcia funebre per<br />
la fine del Carnevale dopo la quale viene dato appuntamento<br />
all’anno successivo. Ma non si può<br />
certo concludere una festa così: quindi mercoledì,<br />
primo giorno di Quaresima, nel rione Borghetto<br />
viene distribuita polenta con merluzzo (vengono<br />
cucinati 1400 kg di polenta, 800 di merluzzo e<br />
1400 di cipolle!).<br />
Chi c’è stato, al Carnevale di Ivrea, ci vuole tornare.<br />
Se fosse un eporediese a dirlo sarebbe troppo<br />
facile, ma invece ad assicurare che vale la pena<br />
andare almeno un giorno sono anche quelle persone<br />
che con il Canavese non hanno nulla a che<br />
fare. Le vie della città, preparate per difendersi dai<br />
lanci delle arance, sono invase da turisti, cittadini<br />
e curiosi, ma soprattutto da un’atmosfera di grande<br />
festa. Da non sottovalutare, poi, la possibilità<br />
di fermarsi a mangiare in qualche ristorante della<br />
zona per assaggiarne le specialità quali zuppe,<br />
pane, polenta, salumi e molti legumi e una sosta<br />
a Caluso, la culla dell’Erbaluce, vino tipico della<br />
zona che dal 1975 è tutelata dalla Cantina Cooperativa<br />
produttori Erbaluce di Caluso che oggi<br />
conta 160 produttori. Infine, per addolcire lo<br />
spettacolo della Battaglia (o da portare a casa) è<br />
consigliabile passare dalla pasticceria Balla a Ivrea<br />
a comprare la torta Novecento, la cui ricetta segreta<br />
è stata depositata come marchio registrato.<br />
02. La Battaglia delle<br />
Arance è il momento<br />
più famoso del<br />
Carnevale di Ivrea.<br />
Criticata da molti, è in<br />
realtà combattuta con<br />
lealtà e in amicizia<br />
54 55
overseas<br />
overseas<br />
MI BUENOS AIRES QUERIDO<br />
La capitale mondiale del tango è una città frenetica e dai mille volti, che<br />
si odia o si ama, dove noi italiani ci sentiamo quasi a casa, e che per<br />
essere capita deve venir vissuta barrio per barrio<br />
testo e foto di Andrea Zappa<br />
naturalmente<br />
Per prendersi una pausa della<br />
frenesia cittadina e conoscere la<br />
vera forza di Madre Natura, non<br />
resta che prendere un volo da<br />
Buenos Aires e andare a visitare le<br />
eccezionali cascate di Iguazù nella<br />
provincia argentina di Misiones al<br />
confine con il Brasile. Dichiarate<br />
patrimonio dell’umanità dall’Unesco,<br />
sono un sistema di 275<br />
cascate che raggiungono salti fino<br />
a 70 metri di altezza.<br />
02<br />
01<br />
01. La capitale<br />
dell’Argentina, Buenos<br />
Aires, è suddivisa in<br />
barrios ognuno dei<br />
quali con proprie<br />
caratteristiche<br />
Non c’è dubbio, “l’italianitudine” che si respira<br />
a Buenos Aires dà la sensazione, nonostante le<br />
14 ore di volo, di non essersi mossi dallo Stivale.<br />
La maggior parte dei porteñi, infatti, ha nel proprio<br />
albero genealogico un pezzo di quell’Italia<br />
migrante che se ne andò in Argentina in cerca di<br />
fortuna a partire dai primi del Novecento. E allora<br />
non ci si sorprende della calda accoglienza quando<br />
intuiscono la parentela, del «ciao» quando si<br />
esce da un negozio, o se, nel menù di un qualsiasi<br />
ristorante spicca in bella vista la Milanesa, che<br />
qui si presenta anche con una variante più ricca,<br />
la Milanesa Napolitana ricoperta di mozzarella e<br />
pomodoro.<br />
Buenos Aires è una città immensa, caotica e di<br />
grande fascino, chi viene da fuori la chiama, non<br />
a caso: la ciudad de la furia. Una delle esperienze<br />
più incredibili è quella di girarla sugli autobus. La<br />
fitta rete di linee porta in qualsiasi angolo della<br />
capitale, ovviamente con i dovuti tempi. I mezzi<br />
sono pittati come auto del circuito Nascar americano<br />
e i conduttori li guidano con lo stesso estro<br />
dei piloti di Indianapolis: velocità da ultimo giro<br />
di qualifica, la salita e la discesa avvengono quasi<br />
al volo e se non alzi il braccio alla fermata il bus<br />
tira dritto. La giustificazione? «La città è grande<br />
e per arrivare da un capo all’altro bisogna fare in<br />
fretta».<br />
Dopo essersi fatti frullare dentro l’autobus, non<br />
resta che iniziare il paseo por el barrio. A Buenos<br />
Aires ogni quartiere (barrio) possiede un’anima<br />
distinta. Gli amanti delle boutique alla moda e<br />
del design potranno incontrare “interessanti souvenir”<br />
tra le case basse e colorate di Palermo: il<br />
quartiere si divide in maniera non ufficiale nelle<br />
zone di Soho, Hollywood, Viejo e Chico. Sempre<br />
da queste parti si trova un parco, noto come il<br />
Bosques Palermo, di circa 25 ettari con un piccolo<br />
lago artificiale navigabile nel centro, dove trova<br />
spazio il Planetario Galileo Galilei.<br />
Molto in voga tra i turisti anche il quartiere Recoleta,<br />
famoso per il suo immenso cimitero (assolutamente<br />
da visitare) dalle lussuose tombe dove<br />
riposano le personalità più illustri del Paese, compresa<br />
la tanto amata Evita Peron. A pochi passi<br />
dall’entrata del cimitero, la piazza Intendente Alvear,<br />
meglio conosciuta come plaza Francia, ospita<br />
ogni fine settimana la Feria de Artesanos e gli<br />
spettacoli di numerosi artisti di strada.<br />
Chi ama lo shopping compulsivo a basso prezzo<br />
e cerca un’alternativa culinaria al classico asado<br />
argentino (carne cotta alla brace), apprezzerà invece<br />
i colori e i sapori del barrio chino (quartiere<br />
cinese) a Belgrano, una volta passati sotto l’arcoporta<br />
della via principale si viene catapultati in<br />
una vera Chinatown.<br />
Ma per respirare la reale atmosfera porteña, bisogna<br />
spingersi a sud nella zona del porto dove si<br />
incontra San Telmo, il primo quartiere della città,<br />
in cui nacque il tango tra taverne di marinai e<br />
bordelli. Oggi è una zona molto turistica con bancarelle<br />
e bar, da non perdersi il Bar Plaza Dorrengo,<br />
nell’omonima piazza, caratterizzato da tavoli<br />
in legno pieni di scritte e con le immagini delle<br />
leggende del tango appese alle pareti. Attaccato a<br />
San Telmo c’è la Boca, il multicolore quartiere del<br />
porto fondato dai nostri immigrati genovesi che<br />
decisero di dipingere le loro case con la vernice<br />
avanzava dagli scafi delle navi. Il cuore della Boca<br />
è rappresentato dalla Bombonera, ufficialmente<br />
lo stadio Alberto José Armando, culla del Boca Juniors,<br />
la squadra più amata dagli abitanti della capitale.<br />
Molto interessante la visita guidata di circa<br />
due ore alla scoperta dei segreti di questo tempio<br />
della fede calcistica porteña che ha dato la gloria a<br />
un giovane Diego Armando Maradona. Una volta<br />
calpestata l’erba del campo della Bombonera, se<br />
è l’ora dell’aperitivo, ci si può dirigere verso la<br />
moderna zona di Porto Madero, dove sorseggiare<br />
in relax un’ottima Patagonia Weisse, ammirando<br />
la silhouette illuminata di vecchie gru portuali.<br />
Un’altra tappa obbligata è il suggestivo e tradizionale<br />
Café Tortoni, in pieno centro, Avenida<br />
de Mayo 825. Inaugurato nel 1958, era il preferito<br />
di molti intellettuali dell’epoca. Un classico<br />
è fare merenda seduti nei piccoli tavoli di legno<br />
e marmo con medialunas e café con leche, il tutto<br />
accompagnato per tradizione da un bicchiere<br />
di soda. Alla sera il locale ospita anche esibizioni<br />
di tango. Ma se volete vedere uno spettacolo con<br />
un’intera compagnia di ballerini, non resta che<br />
passeggiare lungo la centralissima Avenida Corrientes,<br />
soprannominata il viale dei teatri e delle<br />
librerie. La vera anima del tango però la si può<br />
respirare andando una sera in una delle milongue<br />
più famose della città, come il Niño Bien, il Salon<br />
Canning, la Catedral e la Viruta, il cui slogan è<br />
entrás caminando y sales bailando, entri camminando,<br />
esci ballando. Se questo dovesse accadere<br />
per davvero, non lascerete più questa città.<br />
02. Porto Madero<br />
è la moderna zona<br />
portuale: andate all’ora<br />
dell’aperitivo per bere<br />
una birra Patagonia<br />
56 57
food<br />
food<br />
Gourmet in quota<br />
La montagna d’inverno riserva sorprese. Oltre alle piste da sci<br />
e alle cime innevate, ci sono i ristoranti stellati. Che con i loro<br />
piatti capolavoro, sintesi di tradizione alpina e innovazione,<br />
conquistano i sensi. Sullo sfondo, paesaggi incantati<br />
di Marzia Nicolini<br />
02<br />
03<br />
01<br />
01. Servizio<br />
impeccabile e<br />
accoglienza altoatesina<br />
al ristorante St.<br />
Hubertus, due stelle<br />
Michelin gestito<br />
dallo chef Norbert<br />
Niederkofler.<br />
All’interno dell’hotel<br />
Rosa Alpina di San<br />
Cassiano, sposa la<br />
filosofia del cook the<br />
mountain<br />
Immaginate il paesaggio mozzafiato delle cime<br />
più belle delle nostre Alpi, tra comprensori sciistici<br />
invidiati in tutto il mondo, boschi innevati,<br />
ghiacciai e altopiani assolati. Amatissima dagli<br />
sportivi di ogni età, la montagna riserva però anche<br />
un lato meno dinamico e assai più godereccio:<br />
parliamo dell’haute cuisine firmata dagli chef del<br />
posto. Un connubio, quello tra territorio montano<br />
e alta gastronomia, che trova nelle loro creazioni<br />
la sintesi perfetta. Tradizione e innovazione vanno<br />
a braccetto, in piatti che dialogano con le vette<br />
circostanti. Perché per questi chef, fini conoscitori<br />
del luogo in cui operano (e da cui spesso provengono),<br />
è la montagna la fonte prima di ispirazione.<br />
Esserle fedeli è quasi d’obbligo.<br />
Le scuole di pensiero e i piatti da gustare sono<br />
tanti e diversi. Se la montagna resta il fil rouge per<br />
eccellenza, quelle degli chef di montagna sono<br />
preparazioni assai personali. Il St. Hubertus, due<br />
stelle Michelin, è il palcoscenico privilegiato dello<br />
chef Norbert Niederkofler, mente e mani dell’hotel<br />
Rosa Alpina, il Relais & Châteaux della famiglia<br />
Pizzinini a San Cassiano, nella bellissima Val<br />
Badia. In un borgo altoatesino dove si comunica<br />
in lingua ladina, si assaggiano piatti esaltanti come<br />
il trancio saltato di foie gras con créme brûlée alla<br />
mela e balsamico e risotto al pino mugo con faraona<br />
affumicata. A Niederkofler, sud-tirolese della<br />
Valle Aurina, il merito di aver concettualizzato la<br />
filosofia del cook the mountain, un grande progetto<br />
di promozione e valorizzazione della gastronomia<br />
montana. In un’ambientazione in puro stile sudtirolese,<br />
al ristorante del Romantik Hotel Stafler di<br />
Vipiteno, la doppia stella Michelin Peter Girtler,<br />
star della cucina della Gourmetstube Einhorn,<br />
crea piatti ricercati. Il suo riferimento? La migliore<br />
tradizione altoatesina, compresi gli antichi<br />
ortaggi dimenticati e la varietà di erbe spontanee<br />
selvatiche di montagna. Qui si mangia riscaldati<br />
da una grande stufa in maiolica, con la netta<br />
sensazione di fare un salto temporale nel passato.<br />
Sempre in Alto Adige, il promettente Matteo Metullio,<br />
classe 1989, triestino, dirige le cucine de La<br />
Siriola, il celebre ristorante dell’Hotel Ciasa Salares<br />
a San Cassiano. Il menu si apre con una frase<br />
che sembra un motto: «la forza sta in tutto quello<br />
che ha radici solide». Dall’uovo di Bresse al magret<br />
d’agnello in soffice crema al latte di capra, l’itinerario<br />
goloso lascia (estremamente) contenti. Altra<br />
regione alpina, altre suggestioni. Chi ha provato<br />
la cucina valdostana di Agostino Buillas, una stella<br />
Michelin, lo sa: la meticolosità che questo chef<br />
riserva ai piatti del suo Café Quinson a Morgex,<br />
pochi chilometri da Courmayeur, è unica. Situato<br />
nella piazza principale del paese e a conduzione<br />
familiare, il ristorante di Buillas è caldo e avvolgente.<br />
Merito della scelta di rivestimenti in pietra<br />
e legna locale, degli spessi tappeti che coprono<br />
i pavimenti e delle stufe che scoppiettano allegramente.<br />
Da non perdere l’hamburger di carne<br />
cruda valdostana, il magret d’anatra e l’ampia selezione<br />
di vini e formaggi della Valle (e non solo).<br />
Lasciarsi coccolare è un attimo. E quando si esce,<br />
la vista del Monte Bianco, svettante di fronte al<br />
paese, rende il tutto ancora più suggestivo. Ultima<br />
tappa all’Umami di Bormio, nel cuore della Valtellina.<br />
Il giovane chef Antonio Borruso, una stella<br />
Michelin, dedica al nome del suo ristorante, che in<br />
giapponese significa “saporito”, una cucina capace<br />
di miscelare abilmente aromi, colori, profumi,<br />
creando un insolito punto di incontro tra due (diversissime)<br />
tradizioni culinarie, quella napoletana<br />
e quella valtellinese, che si fondono in un menu<br />
inaspettato. Da ricette tradizionali come i succulenti<br />
pizzoccheri, rivisitati in forma sferica, al<br />
merluzzo gratinato con mandorle, non ci si annoia<br />
di certo. Anche l’arredamento gioca il suo ruolo:<br />
di gusto contemporaneo, il ristorante ha vetrate a<br />
tutta altezza che lasciano entrare la luce, toccando<br />
il paesaggio circostante. E dopo una bella mangiata,<br />
i più temerari possono avventurarsi sugli sci o<br />
sulle ciaspole.<br />
02. Ambientazione<br />
valdostana e caldi<br />
rivestimenti in legno<br />
locale al Café Quinson<br />
di Morgex. In cucina<br />
lo chef stellato<br />
Agostino Buillas è<br />
affiancato dalla sua<br />
famiglia<br />
03. Piatti come opere<br />
d’arte: al Romantik<br />
Hotel Stafler di<br />
Vipiteno, la doppia<br />
stella Michelin Peter<br />
Girtler propone<br />
ricette della tradizione<br />
sudtirolese<br />
58 59
food<br />
food<br />
FELIX LO BASSO<br />
Felice, detto “Felix”, appare più giovane della sua<br />
età (compirà 44 anni quest’anno) probabilmente per<br />
l’entusiasmo, la sveltezza e un che di “guasconeria<br />
alla d’Artagnan” dei fornelli, che ha attraversato<br />
la provincia milanese in tutte le sue sfumature per<br />
arrivare nella grande città a vedere l’effetto che fa.<br />
Ed è anche l’ultima stella a essere stata accesa a<br />
Milano lo scorso novembre, ma per lui è la terza in<br />
tre ristoranti diversi<br />
Risotto alla parmigiana…<br />
La ricetta dello chef<br />
Intuizione, fantasia, innovazione e<br />
creatività sono i pilastri della cucina<br />
del cuoco pugliese<br />
di Roberto Perrone<br />
Natale è appena passato. Sono curioso,<br />
che cosa si prepara un cuoco per la<br />
festa più importante dell’anno?<br />
Tortellini in brodo, che mi faccio io.<br />
A novembre la terza stella con il nuovo<br />
ristorante a Milano, ma in realtà è<br />
la terza in tre ristoranti diversi, come<br />
vincere tre campionati di calcio con tre<br />
differenti club. Felix non le manda a<br />
dire, è schietto. Da dove viene?<br />
Vengo da Molfetta.<br />
Dalla Puglia come arriva qua?<br />
Frequento l’istituto alberghiero “Armando<br />
Perotti” a Bari. Quindi parto. Le<br />
mie prime esperienze sono sulla riviera<br />
romagnola, a Rimini, a Riccione.<br />
Da dove nasce la spinta?<br />
Avevo voglia di andare fuori, di mettermi<br />
in gioco, a quell’età non guardi<br />
alle stelle.<br />
C’è sempre un momento catartico nella<br />
vita di un uomo, specialmente di un<br />
cuoco...<br />
Il mio è rappresentato dall’incontro<br />
con Vincenzo Cammerucci, storico<br />
chef romagnolo con formazione marchesiana.<br />
È nata un’altra storia, un altro<br />
modo di pensare la ristorazione, capendo<br />
gli ingredienti che sono una cosa<br />
importante per l’alta cucina.<br />
Dopo la Romagna, una breve, ma<br />
intensa parentesi a Montecarlo da<br />
Robuchon, poi l’Alto Adige, all’Alpenroyal<br />
di Selva di Val Gardena...<br />
Qui sono rimasto dodici anni e nel<br />
2011 arriva la stella numero 1. A quel<br />
punto cercavo la seconda o comunque<br />
qualcosa in più, qualcosa di mio, ma il<br />
titolare aveva altre strategie. In definitiva<br />
ero io che sentivo di voler/dover<br />
cambiare.<br />
Dopo tanto girovagare per la provincia<br />
generosa è il momento di mettere<br />
piede in città. Prime impressioni?<br />
Arrivo a “Unico” nella cucina lasciata<br />
Fabio Baldassarre. A Milano, finalmente.<br />
Qui c’è un concentrato di ristorazione<br />
che ti spinge a voler fare meglio.<br />
La competizione a noi cuochi piace, è<br />
stimolante.<br />
Stella anche a Unico. E nuovo addio.<br />
Come mai?<br />
I proprietari non avevamo voglia di investire,<br />
volevano fare eventi, mischiare<br />
le cose. Stavo già pensando di lasciare<br />
Milano, ma all’ultimo minuto ho trovato<br />
questa location interessante che<br />
mi ha convinto a restare e così il 14<br />
giugno del 2016 apro in piazza Duomo<br />
e a novembre, a Parma, eccomi per<br />
la terza volta sul palco tra i premiati<br />
Michelin per il 2017. Tre stelle in tre<br />
posti differenti.<br />
Dove ha incontrato il piacere della<br />
cucina?<br />
Nella casa di mia nonna Marianna. Faceva<br />
di tutto: le orecchiette, i triddi,<br />
una pasta in brodo tradizionale, le polpette<br />
di uovo e la parmigiana di melanzane,<br />
la mia preferita. Così ho creato<br />
un risotto con il gusto di una parmigiana<br />
e l’ho dedicato a mia mamma.<br />
La sua idea di cucina?<br />
Prima avevo un’idea diversa, ora penso<br />
che si debba ritornare ad amare le cose<br />
più semplici. Riscoprire il servizio in<br />
sala ad esempio: completare un piatto<br />
al tavolo. Il cliente italiano lo chiede<br />
e poi così si dà un ruolo anche al<br />
cameriere che è un mestiere in via di<br />
estinzione. L’evoluzione ci sta, ma non<br />
è quello che principalmente chiede<br />
l’ospite.<br />
Approfondiamo la sua idea del mestiere<br />
di cuoco...<br />
Da ragazzo avevo un quadro con tutte<br />
le foto degli chef che ammiravo.<br />
Compravo giornali, ritagliavo le foto e<br />
le riunivo in un collage. Al primo posto,<br />
però, avevo sempre Alain Ducasse.<br />
Sempre francesi, a me gli italiani non<br />
mi fanno impazzire, anche quando<br />
viaggiavo e frequentavo gli eventi internazionali<br />
andavo a guardare gli altri,<br />
negli italiani non trovavo nulla di<br />
esaltante. Gli altri sono bravi, la Francia<br />
ancora oggi è un modello nell’hotellerie<br />
e nella ristorazione.<br />
Separato, con due figli, Samuele di 14<br />
anni e Melissa di 6 che vivono a Igea<br />
Marina, Felix, ma in Puglia torna?<br />
Ogni tanto. Mi hanno fatto ambasciatore<br />
della cucina pugliese.<br />
Con Milano ha un rapporto aperto,<br />
senza sconti...<br />
Sì, Milano è una metropoli, ma non la<br />
vedo come la descrivono, come la capitale<br />
economico-gastronomica. Non è<br />
una città che lavora tutti i giorni, non è<br />
ancora stabile ci sono alti e bassi. Milano<br />
si sveglia a dicembre.<br />
Ingredienti: 280 g di riso carnaroli, 60 g di parmigiano, 40<br />
g di burro di capra, 1 l d’acqua, 1 l di latte, 50 g di vino<br />
bianco, 250 g di latte, 25 g di scalogno, 2 melanzane nere,<br />
10 g di capperi disidratati, 300 g di pomodori San Marzano,<br />
sale, pepe, olio d’oliva q.b, 4 foglie di basilico comune piccolo,<br />
4 foglie di basilico rosso, 4 foglie di basilico thai, 4 foglie di<br />
basilico selvatico, dadini di melanzana fritta<br />
Preparazione. La crema di melanzane:<br />
realizzare incisioni nelle melanzane,<br />
cuocere e abbrustolire in salamandra<br />
prestando attenzione a girarle costantemente.<br />
Quando saranno morbide<br />
dentro e abbastanza abbrustolite all’esterno,<br />
toglierle dalla salamandra e<br />
sbucciarle. Frullare aggiustando di sale,<br />
pepe e un filo d’olio fina a ottenere una<br />
crema liscia e omogenea. Polvere di<br />
pomodoro: frullare il pomodoro crudo,<br />
quindi scolarlo per una notte nell’etamina.<br />
Frullare una seconda volta con<br />
un filo d’olio, stendere il composto su<br />
carta forno. Far essicare a 65° per 36<br />
ore. Quando il composto assumerà la<br />
consistenza di una cialda croccante,<br />
frullarla al Bimby ottenendo la polvere<br />
di pomodoro. Per il risotto: fare sudare<br />
lo scalogno con un cucchiaio d’olio<br />
in casseruola, quindi tostare il riso fin<br />
quando i chicchi non diventeranno traslucidi.<br />
Sfumare con il vino bianco, fare<br />
evaporare e continuare la cottura per<br />
altri 16 minuti con acqua e latte precedentemente<br />
miscelati. A fine cottura,<br />
togliere dal fuoco e mantecare con<br />
burro di capra e parmigiano reggiano.<br />
cena con vista<br />
All’ultimo piano di Townhouse<br />
Duomo, con vista sul Duomo,<br />
ha aperto lo scorso giugno il<br />
ristorante dello chef pugliese Lo<br />
Basso. E dopo appena cinque mesi<br />
ha conquistato la stella Michelin.<br />
L’ambiente accogliente è arredato<br />
con finiture curate in ogni dettaglio,<br />
per rendere l’esperienza unica e<br />
per far sentire gli ospiti a casa. Nel<br />
suo ristorante Felix Lo Basso offre<br />
una cucina di alto livello, sofisticata<br />
nell’elaborazione dei piatti ma con<br />
forti ancoraggi alla tradizione e alle<br />
materie prime italiane<br />
Ristorante Felix Lo Basso<br />
Piazza Duomo 21 – Milano<br />
www.duomo.townhousehotels.com<br />
60 61
free time<br />
free time<br />
Da non perdere...<br />
Una selezione dei migliori eventi che<br />
animeranno la città nei prossimi mesi<br />
a cura di Enrico S. Benincasa<br />
Keith Haring - About Art<br />
Jack Savoretti<br />
Boom 60!<br />
L’arte in Italia a cavallo degli anni<br />
Cinquanta e Sessanta era protagonista<br />
sulle pagine di magazine e<br />
rotocalchi più di quanto si pensi.<br />
Una mostra al Museo del Novecento<br />
celebra questa relazione<br />
esponendo copie originali dell’epoca<br />
con servizi e interviste ad artisti<br />
come De Chirico, Picasso e Niki<br />
de Saint Phalle.<br />
Museo del Novecento - Milano<br />
fino al 12 marzo<br />
www.museodelnovecento.org<br />
Art Garfunkel<br />
Quattro date in Italia per il cantautore<br />
statunitense, metà di quel duo<br />
capace di rimanere nella storia della<br />
musica con brani come The Sound<br />
of Silence. Accompagnato da Tab<br />
Laven (chitarra) e Cliff Carter (tastiere),<br />
Art Garfunkel passerà anche<br />
da Milano per un’unica occasione a<br />
metà febbraio.<br />
Teatro LinearCiak - Milano<br />
il 15 febbraio<br />
www.dalessandroegalli.com<br />
Palazzo Reale - Milano<br />
dal 20 febbraio al 18 giugno<br />
www.palazzoreale<strong>milano</strong>.it<br />
Fabrique - Milano<br />
il 24 febbraio<br />
www.jacksavoretti.com<br />
Kish Kush<br />
La compagnia Teatrodistinto porta<br />
al Parenti uno spettacolo di teatro<br />
danza che indaga sul tema della<br />
diversità e sulla meraviglia che può<br />
comportare. Un muro di carta<br />
sottile divide i due protagonisti sulla<br />
scena, desiderosi però di confrontarsi<br />
in un gioco di suoni, luci e<br />
ombre che porta poi alla creazione<br />
di immagini nuove.<br />
Teatro Franco Parenti - Milano<br />
dal 31 gennaio al 5 febbraio<br />
www.teatrofrancoparenti.it<br />
Sembra quasi un passaggio di testimone<br />
tra due grandi protagonisti della Pop<br />
Art del secolo scorso: Jean Michel Basquiat<br />
ci saluta, ma arriva Keith Haring<br />
a “sostituirlo” in un’ipotetica staffetta<br />
che vede coinvolti due grandi poli museali<br />
della città, il Mudec e Palazzo Reale.<br />
Sarà proprio quest’ultimo a ospitare<br />
fino alla metà di giugno la retrospettiva<br />
dedicata a Haring, artista fondamentale<br />
degli anni Ottanta che, tra i suoi tanti<br />
meriti, ha anche quello di aver aperto<br />
la via per lo “sdoganamento” dei graffiti<br />
e della street art nel panorama dell’arte<br />
mondiale. La mostra ripercorre tutta la<br />
sua carriera e contiene una vastissima<br />
selezione delle sue opere provenienti<br />
da tutto il mondo, mettendo in costante<br />
riferimento la sua produzione con<br />
quella di altri artisti. Il suo essere iconico<br />
nel tratto e la sua visione militante<br />
dell’arte ne hanno fatto un simbolo che<br />
oggi, a oltre 25 anni dalla morte, continua<br />
ad avere una forza e una capacità<br />
di influenzare, entrambe doti che<br />
contraddistinguono solo i grandi artisti.<br />
Ma la grandezza di Keith Haring passa<br />
anche dall’essere stato in grado di mettere<br />
in comunicazione mondi e culture<br />
diverse tra loro, a volte poco assimilabili<br />
almeno a prima vista: è proprio questo<br />
uno degli aspetti che la mostra di<br />
Palazzo Reale (curata da Gianni Mercurio)<br />
si propone di evidenziare.<br />
Lo scorso ottobre è uscito il suo quinto<br />
album in studio, Sleep No More, accolto<br />
come i precedenti da ottime recensioni<br />
da parte degli addetti ai lavori. Jack Savoretti<br />
continua sulla sua strada, quella<br />
della musica di qualità, cercando di<br />
non imitare nessuno e costruendosi<br />
pian piano un pubblico fedele e attento<br />
alla sua evoluzione. E la sua strada<br />
non può che passare dall’Italia perché<br />
Jack, nonostante i natali britannici, non<br />
ha mai rinnegato il legame con il nostro<br />
Paese e in particolare con la città da cui<br />
proviene suo padre, Genova. Un rapporto,<br />
però, vissuto in maniera normale<br />
e che, artisticamente parlando, si è<br />
declinato in diverse collaborazioni con<br />
altri artisti italiani, l’ultima delle quali<br />
è Elisa (con cui duetta nel brano Waste<br />
Your Time on Me contenuto nell’ultimo<br />
On della cantante friulana). Sleep<br />
No More può essere considerato il suo<br />
album della maturità per il quale si è<br />
avvalso della collaborazione di un team<br />
di produttori di primo livello, già al<br />
lavoro con fenomeni degli ultimi anni<br />
come per esempio Adele. Lui stesso<br />
l’ha definito come «una lettera d’amore<br />
dedicata a mia moglie», l’attrice Jemma<br />
Powell, dalla quale ha avuto due figli.<br />
Jack sarà in concerto a Milano alla fine<br />
di febbraio per una delle sue due date<br />
italiane (la seconda non può che essere<br />
quella di Genova).<br />
Identità golose<br />
Torna agli inizi di marzo la kermesse<br />
dedicata all’eccellenza gastronomica<br />
curata da Paolo Marchi. Il<br />
tema scelto per l’edizione 2017 è<br />
il viaggio, «per ribadire che tutto<br />
quello che consumiamo è frutto<br />
di viaggi». Si inizia il sabato, grande<br />
novità per questo evento, e non<br />
mancheranno certo i protagonisti<br />
della nostra cucina.<br />
MiCo - Milano<br />
dal 6 all’8 marzo<br />
www.identitagolose.it<br />
62 63
secret <strong>milano</strong><br />
network<br />
Il luogo che non c’è<br />
La sua realizzazione non fu semplice, Bramante affrontò diversi problemi, ma alla<br />
fine le difficoltà si rivelarono un’opportunità. Situata in pieno centro, ma poco nota,<br />
la basilica di Santa Maria presso San Satiro ha un aspetto apparentemente dimesso,<br />
ma svela a chi ha voglia di varcarne la soglia uno straordinario segreto<br />
di Elisa Zanetti<br />
Probabilmente ci sarete passati davanti<br />
mille volte, l’avrete intravista senza<br />
varcarne la soglia. Del resto accade<br />
spesso: alcuni tesori si hanno sotto gli<br />
occhi, eppure non si vedono. La basilica<br />
di Santa Maria presso San Satiro è<br />
sicuramente uno di questi.<br />
Collocata al 17/19 di via Torino, viene<br />
forse messa in ombra dalle vetrine<br />
di una delle vie dello shopping milanese,<br />
eppure non è difficile scorgerla.<br />
Leggermente aggettante, con il corpo<br />
centrale della sua facciata sembra quasi<br />
chiamare i passanti. Ascoltate il suo<br />
invito ma, fate attenzione, non fermatevi<br />
a osservare solamente l’esterno<br />
dalla corte poligonale irregolare che<br />
la ospita, anzi, sappiate che la facciata<br />
neorinascimentale fu tema di dibattito<br />
all’epoca della sua realizzazione: la<br />
chiesa del resto affondava le sue radici<br />
nella fine del XV secolo, ma fu portata<br />
a termine solo nel XIX. In origine<br />
il compito di realizzare la facciata fu<br />
affidato a Giovanni Antonio Amedeo,<br />
ma pare che a causa di divergenze con<br />
il Bramante – responsabile del progetto,<br />
che a sua volta aveva fatto una<br />
proposta per l’esterno oltre ad avere<br />
progettato la facciata posteriore – i<br />
lavori furono solo avviati. Si dovette<br />
aspettare il 1871 per vedere la struttura<br />
completata.<br />
La basilica venne costruita sulla preesistente<br />
San Satiro, di cui resta traccia<br />
nel nome, per ricordare un miracolo<br />
avvenuto nel 1242, quando un uomo<br />
pugnalò un’immagine della Madonna<br />
custodita all’interno della chiesa e questa<br />
iniziò a sanguinare. I problemi legati<br />
alla facciata principale non furono gli<br />
unici: a metà lavori l’amministrazione<br />
della città negò al Bramante il permesso<br />
di occupare con l’abside parte della<br />
via posteriore. L’artista si trovò quindi<br />
a dovere fare i conti con spazi ridotti.<br />
Ma si sa, non tutti i mali vengono per<br />
nuocere e così quello che in origine<br />
sembrava essere un ostacolo si rivelò il<br />
punto di forza dell’intera costruzione.<br />
Osservate ora gli interni della basilica,<br />
lasciatevi abbagliare dalle volte dorate<br />
percorrendo la navata centrale e ammirate<br />
i soffitti a cassettoni delle due<br />
laterali. Alzate gli occhi verso la cupola<br />
riccamente decorata da lacunari dipinti<br />
in oro e azzurro e infine godetevi<br />
lo spettacolo di questa piccola chiesa:<br />
l’abside in tutto il suo magnifico sviluppo.<br />
Notate niente di strano? Spostatevi<br />
lateralmente, vi sarà più facile<br />
ricordare quanto vi abbiamo raccontato<br />
poco fa: Bramante non potendo<br />
estendersi nella via adiacente per la<br />
realizzazione dell’abside, con un colpo<br />
di genio diede vita al cosiddetto finto<br />
coro bramantesco. Ciò che vi sembra<br />
profondo una decina di metri, in realtà<br />
è raccolto in poco più di un metro. Un<br />
abile gioco prospettico che, ancora una<br />
volta, mostra che spesso non si vede ciò<br />
che si ha davanti agli occhi.<br />
Puoi trovare Club Milano<br />
in oltre 200 location<br />
selezionate a Milano<br />
night & restaurant: Al fresco Via Savona 50 Angolo<strong>milano</strong> Via<br />
Boltraffio18 Antica Trattoria della Pesa V.le Pasubio 10 Bar Magenta Largo<br />
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Bar C.so Sempione 1 Blanco Via Morgagni 2 Blue Note Via Borsieri 37<br />
Caffè della Pusterla Via De Amicis 24 Café Gorille Via De Castillia 20<br />
Caffè Savona Via Montevideo 4 Cape Town Via Vigevano 3 Capo Verde<br />
Via Leoncavallo 16 Cheese Via Celestino IV 11 Chocolat Via Boccaccio 9<br />
Circle Via Stendhal 36 Colonial Cafè C.so Magenta 85 Combines XL Via<br />
Montevideo 9 Cubo Lungo Via San Galdino 5 Dada Cafè / Superstudio<br />
Più Via Tortona 27 Deseo C.so Sempione 2 Design Library Via Savona 11<br />
Elettrauto Cadore Via Cadore ang. Pinaroli 3 El Galo Negro Via Taverna<br />
Executive Lounge Via Di Tocqueville 3 Exploit Via Pioppette 3 Fashion<br />
Cafè Via San Marco 1 FoodArt Via Vigevano 34 Fusco Via Solferino 48<br />
G Lounge Via Larga 8 Giamaica Via Brera 32 God Save The Food Via<br />
Tortona 34 Goganga Via Cadolini 39 Grand’Italia Via Palermo 5 HB Bistrot<br />
Hangar Bicocca Via Chiese 2 Il Coriandolo Via dell’Orso 1 Innvilllà Via<br />
Pegaso 11 Jazz Cafè C.so Sempione 4 Kamarina Via Pier Capponi 1<br />
Kisho Via Morosini 12 Kohinoor Via Decembrio 26 Kyoto Via Bixio 29<br />
La Fabbrica V.le Pasubio 2 La rosa nera Via Solferino 12 La Tradizionale<br />
Via Bergognone 16 Le Biciclette Via Torti 1 Le Coquetel Via Vetere 14 Le<br />
jardin au bord du lac Via Circonvallazione 51 (Idroscalo) Leopardi 13 Via<br />
Leopardi 13 Les Gitanes Bistrot Via Tortona 15 Lifegate Cafè Via della<br />
Commenda 43 Living P.zza Sempione 2 Luca e Andrea Alzaia Naviglio<br />
Grande 34 MAG Cafè Ripa Porta Ticinese 43 Mandarin 2 Via Garofano<br />
22 Milano Via Procaccini 37 Mono Via Lecco 6 My Sushi Via Casati 1 - V.le<br />
Certosa 63 N’ombra de Vin Via San Marco 2 Noon Via Boccaccio 4 Noy<br />
Via Soresina 4 O’ Fuoco Via Palermo 11 Origami Via Rosales 4 Ozium<br />
t7 café - via Tortona 7 Palo Alto Café C.so di Porta Romana 106 Panino<br />
Giusto P.zza Beccaria 4 - P.zza 24 Maggio Parco Via Spallanzani - C.so<br />
Magenta 14 Patchouli Cafè C.so Lodi 51 Posteria de Amicis Via De Amicis<br />
33 Qor Via Elba 30 Radetzky C.so Garibaldi 105 Ratanà Via De Castillia<br />
28 Refeel Via Sabotino 20 Rigolo Via Solferino 11 Marghera Via Marghera<br />
37 Rita Via Fumagalli 1 Roialto Via Piero della Francesca 55 Serendepity<br />
C.so di Porta Ticinese 100 Seven C.so Colombo 11 - V.le Montenero 29<br />
- Via Bertelli 4 Smeraldino P.zza XXV Aprile 1 Smooth Via Buonarroti 15<br />
Superstudio Café Via Forcella 13 Stendhal Via Ancona 1 Tasca C.so Porta<br />
Ticinese 14 That’s Wine P.zza Velasca 5 Timè Via S.Marco 5 Tortona 36<br />
Via Tortona 36 Trattoria Toscana C.so di Porta Ticinese 58 Union Club Via<br />
Moretto da Brescia 36 Van Gogh Cafè Via Bertani 2 Volo Via Torricelli 16<br />
Zerodue_Restaurant C.so di Porta Ticinese 6 3Jolie Via Induno 1<br />
stores: Ago Via San Pietro All’Orto 17 Al.ive Via Burlamacchi 11 Ana<br />
Pires Via Solferino 46 Antonia Via Pontevetero 1 ang. Via Cusani Bagatt<br />
P.zza San Marco 1 Banner Via Sant’Andrea 8/a Biffi C.so Genova 6 Brand<br />
Largo Zandonai 3 Brian&Barry via Durini 28 Brooksfield C.so Venezia<br />
1 Buscemi Dischi C.so Magenta 31 Centro Porsche Milano Nord Via<br />
Stephenson 53 Centro Porsche Milano Est Via Rubattino 94 C.P. Company<br />
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Matteotti 20 Eleven Store Via Tocqueville 11 Fgf store Piazza xxv Aprile1<br />
Germano Zama Via Solferino 1 Gioielleria Verga Via Mazzini 1 Joost Via<br />
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La tenda 3 Piazza San Marco 1 Le Moustache Via Amadeo 24 Le Vintage<br />
Via Garigliano 4 Libreria Hoepli Via Hoepli 5 MCS Marlboro Classics C.so<br />
Venezia 2 - Via Torino 21 - C.so Vercelli 25 Moroso Via Pontaccio 8/10<br />
Native Alzaia Naviglio Grande 36 Open viale Monte Nero 6 Paul Smith<br />
Via Manzoni 30 Pepe Jeans C.so Europa 18 Pinko Via Torino 47 Rubertelli<br />
Via Vincenzo Monti 56 The Store Via Solferino 11 Valcucine (Bookshop)<br />
C.so Garibaldi 99<br />
showroom: Alberta Ferretti Via Donizetti 48 Alessandro Falconieri<br />
Via Uberti 6 And’s Studio Via Colletta 69 AutoRigoldi Showroom Skoda Via<br />
Pecchio10 AutoRigoldi Showroom Volkswagen Via Novara 235 Bagutta<br />
Via Tortona 35 Casile&Casile Via Mascheroni 19 Damiano Boiocchi Via<br />
San Primo 4 Daniela Gerini Via Sant’Andrea 8 Gap Studio C.so P.ta Romana<br />
98 Gallo Evolution Via Andegari 15 ang. Via Manzoni Gruppo Moda Via<br />
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12/13 Jean’s Paul Gaultier Via Montebello 30 Love Sex Money Via Giovan<br />
Battista Morgagni 33 Massimo Bonini Via Montenapoleone 2 Miroglio Via<br />
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11 Via Parini 11 Red Fish Lab Via Malpighi 4 Sapi C.so Plebisciti 12 Spazio<br />
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Who Via Serbelloni 7<br />
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38 - Via Cenisio 10 Greenline Via Procaccini 36/38 Gym Plus Via Friuli 10<br />
Intrecci Via Larga 2 Le Garcons de la rue Via Lagrange 1 Le terme in città<br />
Via Vigevano 3 Orea Malià Via Castaldi 42 - Via Marghera 18 Romans Club<br />
Corso Sempione 30 Spy Hair Via Palermo 1 Tennis Club Milano Alberto<br />
Bonacossa Via Giuseppe Arimondi 15 Terme Milano P.zza Medaglie d’Oro<br />
2, ang. Via Filippetti Tony&Guy Gall. Passerella 1 Virgin Active Milano Diaz<br />
Piazza Diaz 6<br />
art & entertainment: PAC (Padiglione Arte Contemporanea) Via<br />
Palestro 14 Pack Foro Bonaparte 60 Palazzo Reale P.zza Duomo Teatro<br />
Carcano C.so di Porta Romana 63 Teatro Derby Via Pietro Mascagni<br />
8 Teatro Libero Via Savona 10 Teatro Litta C.so Magenta 24 Teatro<br />
Smeraldo P.zza XXV Aprile 10 Teatro Strehler Largo Greppi 1 Triennale<br />
V.le Alemagna 6 Triennale Bovisa Via Lambruschini 31<br />
hotel: Admiral Via Domodossola 16 Astoria V.le Murillo 9 Boscolo C.so<br />
Matteotti 4 Bronzino House Via Bronzino 20 Bulgari Via Fratelli Gabba 7/a<br />
Domenichino Via Domenichino 41 Four Season Via Gesù 8 Galileo C.so<br />
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inoltre: Bagni Vecchi e Bagni Nuovi di Bormio (SO) Terme di Pre-<br />
Saint-Didier (AO)<br />
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club <strong>milano</strong><br />
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