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Sponsor della mostra<br />
Mantova
Confluenze<br />
Dialoghi d’arte tra antico e contemporaneo<br />
Opere di Giorgio De Chirico e Carlo Vighi<br />
Mostra - Installazione dal 04 marzo al 11 giugno 2107<br />
Curatrice Benedetta Lorenzi<br />
Referente culturale Monica Daccò<br />
INAUGURAZIONE<br />
Sabato 4 Marzo ore 16,00 presso Museo <strong>Diocesano</strong> Francesco Gonzaga, sala<br />
“Paolo Pozzo”<br />
Durante l’inaugurazione avverrà la visita guidata della mostra e un breve<br />
intrattenimento musicale a cura della violinista Barbara Rubin e della pianista<br />
Veronica Fasanelli.<br />
ORARI DI APERTURA<br />
dal Mercoledì alla Domenica 9.30 – 12.00 15.00 – 17.30<br />
Lunedì e Martedì, aperto solo su prenotazione<br />
Chiuso a Pasqua, Natale e Capodanno<br />
Visite guidate, su prenotazione<br />
MUSEO DIOCESANO FRANCESCO GONZAGA<br />
Piazza Virgiliana, 55 – 46100 Mantova<br />
Tel e fax 0376-320602<br />
info@museofrancescogonzaga.it<br />
www.museofrancescogonzaga.it
Note biografiche Giorgio de Chirico<br />
Giorgio de Chirico (Volo, Grecia, 10 luglio 1888 – Roma, 20 Novembre 1978)<br />
è stato il principale esponente della pittura metafisica. Dopo aver studiato ad<br />
Atene e a Monaco (periodo, questo decisivo per la sua formazione culturale<br />
che lo porta ad avvicinarsi alla filosofia nietzschiana, al simbolismo e alla<br />
pittura di Böcklin), sarà a Parigi dal 1911 e tornerà in Italia allo scoppio della<br />
prima guerra mondiale.<br />
A Ferrara, all’ospedale militare, conosce il pittore futurista Carlo Carrà e,<br />
nel clima straordinario di questa città, segreta e come rarefatta, nasce la<br />
pittura metafisica, una pittura nella quale la raffigurazione sembra raggelarsi,<br />
immersa in un silenzio quasi palpabile, in una sorta di negazione di vita e<br />
di movimento, sublimazione e trasformazione della materia da organica a<br />
inorganica. “Il valore reale di una simile opera d’arte – scriveva de Chirico<br />
– starà nella sua nuova melodia, perché più importante di tutto rimarrà<br />
sempre la nuova cosa che l’artista avrà estratto dal vuoto, qualcosa che<br />
prima non esisteva”. E ancora, plasmando la sua pittura nel concetto di<br />
volontà di potenza creatrice di Nietzsche, affermava: “L’opera d’arte, per<br />
essere veramente immortale dev’essere tutta oltre i limiti dell’umano: il buon<br />
senso e la logica le mancheranno. Per questa strada si giunge in prossimità<br />
del sogno”. Personaggi e oggetti assumono una natura ambigua e una<br />
collocazione improbabile.<br />
La composizione conserva un accento ironicamente solenne, oratorio, le forme<br />
geometriche si materializzano e vengono inserite nello spazio dell’opera. Gli<br />
inquietanti manichini, le silenziose piazze d’Italia, i quadri ermetici, composti<br />
di simboli tutti mentali faranno di de Chirico il punto di riferimento di Breton<br />
e dei surrealisti. Nel 1935 de Chirico è in America, tra il 1937 e il 1939 ancora<br />
a Parigi, intento in una pittura che lo riporta sui sentieri di quel realismo<br />
magniloquente e baroccheggiante che gli susciterà contro l’indignazione di<br />
Breton, quasi a rinnegarlo.<br />
L’artista ritornò periodicamente ai suoi temi metafisici, pur continuando a<br />
dipingere nature morte, paesaggi, ritratti ed interni in costante opposizione<br />
con le tendenze dell'arte contemporanea. In seguito a un periodo che lo trova<br />
impegnato con alcuni contratti di committenza, l’ottantenne artista riacquista<br />
una tranquillità lavorativa e inizia un nuovo periodo di ricerca conosciuto<br />
come la Neometafisica, durante il quale dipinge opere sulla meditazione e<br />
la rielaborazione di soggetti della sua pittura e arte grafica degli anni Dieci,
Venti e Trenta. Soggetti come il Manichino, il Trovatore, gli Archeologi, i<br />
Gladiatori, i Bagni misteriosi e il Sole sul cavalletto sono reinterpretati sotto<br />
una nuova luce, con colori accesi e atmosfere più serene rispetto a quelle<br />
severe e cupe della prima Metafisica, pervase da una strana sensazione<br />
d’inquietudine.<br />
È con grande poesia che imposta nuove combinazioni dei soggetti all’interno<br />
delle sue più famose innovazioni spaziali come la Piazza d’Italia e gli Interni<br />
Metafisici, abitate nuovamente dai personaggi mitologici come Minerva e<br />
Mercurio. Da sempre interessato alla scenografia si dedicherà alla tecnica della<br />
scultura in bronzo che coltiverà per tutta la seconda metà degli anni sessanta<br />
De Chirico fu anche incisore, la sua versatilità lo porterà a creare nuove<br />
illustrazioni per l'Apocalisse da realizzarsi, questa volta, con il metodo della<br />
litografia a colori.<br />
(fonte: Fondazione Giorgio e Isa de Chirico)
Note biografiche Carlo Vighi<br />
Carlo Vighi nasce a Ravenna nel 1951, in gioventù studia musica classica,<br />
disegno e pittura. Dopo gli studi superiori lavora per qualche anno come<br />
disegnatore progettista. Dirigente a trent'anni, a partire dagli anni ottanta<br />
divide il tempo tra marketing, comunicazione e pittura.<br />
La prima esposizione a 14 anni mostra un eccezionale talento naturale che<br />
gli consente di diventare un apprezzato ritrattista in Italia e all'estero. Negli<br />
anni, molte sono state le opere esposte anche in palazzi storici, numerose<br />
le conferenze, i seminari, i corsi di pittura con la pubblicazione di trattati<br />
considerati prezioso patrimonio storico e culturale. L’artista vive e lavora a<br />
Volta Mantovana.<br />
Ricerca, esplorazione e sperimentazione creativa caratterizzano il modus<br />
operandi di Carlo Vighi, il suo percorso pittorico si radica nella pittura realista,<br />
incontra l’espressionismo, si confronta con la metafisica, sfocia nell’astrazione<br />
e prosegue oltre creando nuovi linguaggi. Lo stile elegante e preciso per la<br />
cura nella definizione dei dettagli e il disegno, strutturato da un complesso<br />
chiaroscurale eccellente, rivelano la profondità introspettiva e la permeabilità<br />
dell’artista. Così nei ritratti: Carlo Vighi si pone all’ascolto di tutte le<br />
manifestazioni del soggetto protagonista, ne condivide emozioni e sentimenti,<br />
ne coglie le impercettibili sfumature e le rende espressioni vive nell’opera.<br />
Per anni, nel laboratorio di Volta Mantovana, studia il metodo pittorico delle<br />
antiche botteghe fiamminghe riscoprendo le caratteristiche tecniche dei<br />
dipinti del periodo dominato da Rubens. Una rivoluzione che gli consente<br />
di accelerare i procedimenti e di fondere le peculiarità culturali della pittura<br />
italiana del Rinascimento con le sorprendenti innovazioni tecniche dei pittori<br />
fiamminghi.<br />
In ambito classico Vighi studia le espressioni del processo creativo nella<br />
pittura rinascimentale e ripropone la pittura monumentale come mezzo di<br />
comunicazione: ecco allora l’impegno dell’artista che si concentra nell’analisi<br />
del sociale, nella diffusione culturale e nell’esaltazione di un’arte che non resta<br />
solo esteticamente fruibile, ma diviene un linguaggio che agisce nel mondo.<br />
Oggi le opere di Carlo Vighi sviluppano un percorso orientato secondo<br />
due matrici: la ricerca di un nuovo linguaggio e l’interpretazione di tracce,
uno studio di materiali grezzi che rivela l’esigenza di un ritorno ab origine.<br />
Dalla matrice, Heteros, si snodano sentieri di parole e forme racchiuse in<br />
temi: le Tracce, il Linguaggio, gli Strumenti, il Mito, la Materia, la Polis, i<br />
Labirinti e le Relazioni. I temi raccontano il pensiero che si muove attingendo<br />
dalla filosofia il suo fondamento, la meraviglia, che ci pone interroganti<br />
sul Principio, sulla Natura, sull’Essere, sull’io in relazione con il mondo. È<br />
un’interpretazione dell’archeologia intesa nel suo significato etimologico di<br />
ragionamento sull’archè, il principio.<br />
È consapevolezza di storicità come risorsa etica per l’uomo. È ricerca e<br />
ascolto: il manufatto vive attraverso l’interpretazione dell’autore, ma anche<br />
dello spettatore in una dinamica che non è mai conclusa e univoca nel tempo e<br />
nello spazio.<br />
Creazioni su piani sbalzati bidimensionali e tridimensionali esprimono<br />
l’esperienza dell’artista e invitano all’interpretazione: così il testo dell’opera<br />
diventa con-testo, un soggetto di pensiero che interagisce con noi e si espande<br />
in interpretazioni sempre differenti.
CONFLUENZE<br />
“C’è sempre un che di accattivante nell’opera d’arte che, sottraendola alla<br />
ricerca storica, la rende presente e contemporanea. [..] Questo tempo è un<br />
presente in cui dal passato si fa incontro il futuro che è atteso e che attende.<br />
È qui, in questo tratto di tempo, [..] che l’opera d’arte ci invita a trattenerci”<br />
(H. G. Gadamer, Linguaggio)<br />
Qual è il tempo dell’arte? È presenzialità, nelle parole di Gadamer “presenza<br />
del passato”, temporalità che non marca la distanza, ma l’incontro delle<br />
epoche della storia. L’opera d’arte non è solo figlia del suo tempo, ma si<br />
espande, si trasforma, aprendosi al mondo, liberando l’infinita espressione del<br />
pensiero creativo che, pur con linguaggi e stili differenti, diventa enunciato di<br />
verità, interpretazione dell’essere.<br />
L’incontro con l’opera d’arte è un evento che ci coinvolge, che crea il dialogo<br />
tra presente e passato proiettando il futuro, è un’esperienza che ci mette in<br />
gioco e ci invita alla partecipazione: così ogni rappresentazione tramanda<br />
la sua storia, ma si arricchisce di nuove letture, ci mostra una realtà che<br />
riconosciamo, ma che rivela nuovi significati e suggerisce legami nuovi,<br />
relazioni profonde. Intrattenersi nell’arte significa comprendere i modi<br />
possibili di essere di un’opera, scoprire orizzonti concettuali che si intrecciano<br />
nelle epoche storiche giocando con simboli antichi e nuove metafore.<br />
A partire dal nostro presente siamo chiamati a dare un senso al manufatto<br />
artistico mediando tra storia e contemporaneità, consegnando al futuro<br />
inesauribili interpretazioni. Il tempo dell’arte diventa, allora, una “simultaneità<br />
in movimento” che irrompe nella storia e la trasforma portandone alla luce<br />
l’attualità, perché l’opera d’arte è sempre situata in un’esperienza viva, come<br />
scrisse Theodor Adorno: “Non ciò che è stato sottratto al tempo mediante<br />
un’astrazione è veramente duraturo nelle opere d’arte, anzi, nella sua<br />
vacuità è la prima cosa a cader preda del tempo. Si affermano invece come<br />
duraturi quei motivi la cui recondita eternità è più profondamente immersa<br />
nella costellazione del temporale, più fedelmente custodita nel suo cifrario<br />
segreto.” Un cifrario segreto disseminato nella storia, racchiuso in antichi<br />
codici che alimentano il senso del nostro presente.<br />
Nello spazio e nel tempo i sentieri della conoscenza conservano tracce che<br />
il pensiero, come il filo d’Arianna nelle nostre mani, conduce a noi. Così<br />
“Confluenze” nell’intenzione della curatrice della mostra, Benedetta Lorenzi,
propone una koinè culturale che coinvolge il pubblico in un percorso artistico<br />
di esplorazione e scoperta: abbandonata la staticità che la lega solo al suo<br />
autore chiudendola in un’epoca, l’opera d’arte racconta le forme della<br />
creatività e dell’ingegno umano, di quel fare artistico che scaturisce da un<br />
pensiero “che mentre fa inventa il modo di fare” e lo modella nel tempo<br />
attraverso nuovi linguaggi.<br />
Dipinti, sculture, manufatti, gioielli delle collezioni museali condividono con<br />
l’espressione metafisica di Giorgio de Chirico e il linguaggio ipercontestuale<br />
di Carlo Vighi un orizzonte di dialogo che svela i nessi nella differenza,<br />
esalta i punti di confluenza, suggerisce nuove letture, aprendo i confini<br />
dell’esperienza creativa.<br />
Monica Daccò
Sez. 1 Tema: La rivoluzione copernicana da Galileo a Cartesio, il dibattito tra<br />
scienza e fede. Le forme nel linguaggio artistico tra fisica e metafisica.<br />
La parabola concettuale illustra il dibattito tra scienza e fede nella storia della<br />
rivoluzione copernicana. Il pensiero combatte una dura battaglia per affermare<br />
l’autonomia del logos. Letterati, filosofi, artisti, scienziati, assumono posizioni<br />
in netto contrasto con la Chiesa che vede scardinato il sistema sul quale era<br />
stata costruita la visione teologica dell’universo fino ad allora.<br />
Il conflitto culturale sarà lungo e avrà conseguenze spesso drammatiche:<br />
Galileo sarà costretto ad abiurare di fronte alla Sacra Inquisizione, Cartesio<br />
e altri come lui, rinunceranno alla pubblicazione di alcune opere, molti<br />
saranno incarcerati o condannati a morte, solo con Newton si giungerà alla<br />
consapevolezza che la scienza deve procedere priva di dogmatismi mentre la<br />
Chiesa svilupperà un’ermeneutica sempre più complessa nella lettura dei testi<br />
sacri.<br />
L’arte, da sempre potente strumento di comunicazione, riflette le dinamiche<br />
di un’epoca e ne trasmette i contenuti con un linguaggio ricco di metafore<br />
e simboli che rimandano oltre, che esprimono il profondo legame tra<br />
trascendenza e immanenza.<br />
Adorazione dei Magi, Pietro Fabbri 1730
Giorgio de Chirico<br />
Cavalli in riva al Tirreno, 1970<br />
Litografia a 4 colori<br />
Giorgio de Chirico<br />
Il cavallo Balio, 1971<br />
Litografia a 5 colori<br />
Giorgio de Chirico<br />
Cavalli con tempio, 1974<br />
Litografia a 9 colori<br />
Carlo Vighi<br />
Quadrilogia Cartesiana, 2016<br />
Bassorilievo dipinto
Sez. 2 Tema: La meraviglia matrice originaria della filosofia. Contemplazione<br />
e estasi come metafora del viaggio verso la conoscenza e nel percorso di fede.<br />
E proprio questo legame struttura la seconda composizione scelta dalla<br />
curatrice: “il viaggio dell’eroe-uomo verso la patria, il viaggio fedele verso<br />
Dio”.<br />
Viaggiare assume il senso del fare esperienza, conoscere: il nostro percorso<br />
esistenziale è ricerca di tracce, di risposte alle domande stimolate dalla<br />
meraviglia, il sentimento metafisico per eccellenza da cui nasce la filosofia.<br />
Conoscere è anche contemplare raggiungere quella condizione estatica che<br />
trascende l’umano anelando al divino. “Intellectus quaerens fidem” la ragione<br />
si rivolge alla fede per avere la spiegazione ultima dell’enigma della realtà<br />
così come la fede cerca conferma di sé nella ragione: “intelligo ut credam” è<br />
il senso dell’esperienza anselmiana.<br />
Visione di Sant’Anselmo, Francesco Borgani 1616
Carlo Vighi<br />
Heteros nelle Tracce, 2016<br />
Bassorilievo dipinto<br />
Giorgio de Chirico<br />
Il ritorno di Ulisse, 1973<br />
Litografia
Sez. 3 Tema: La dialettica tra trascendenza e immanenza che esprime la<br />
tensione tra finito e infinito, tra dualismo e dualità.<br />
Tensione dialettica tra finito e infinito, dualismo oppositivo e dualità positiva<br />
che mantiene la differenza investono il contenuto delle tre opere che più<br />
rappresentano la struttura concettuale di Confluenze.<br />
Forma e geometria si inscrivono nel linguaggio metafisico di de Chirico “come<br />
intuizione, sospensione di una forma riconoscibile attraverso la proiezione in<br />
un’atmosfera rarefatta”.<br />
Mentre in Vighi l’utilizzo di materiali grezzi frantumati segna l’uscita<br />
dall’alveo dell’astrazione ed evidenzia la cesura: una discontinuità marcata da<br />
elementi formali posti nel caos informale.<br />
Inserendo la propria firma in una geometria profondamente simbolica l’autore<br />
del San Sebastiano esprime la polarità conflittuale del dualismo anima-corpo.<br />
Nella dualità icona dell’incarnazione di Cristo si colloca il martirio del santo<br />
che si svolge nel corpo e libera l’anima che può ascendere a Dio.<br />
San Sebastiano, Benedetto Pagni 1560 (circa)
Carlo Vighi<br />
Heteros, la matrice, 2015<br />
Bassorilievo dipinto<br />
Giorgio de Chirico<br />
Gli Archeologi, 1970<br />
Litografia
Sez. 4 Tema: Dalla rappresentazione celebrativa del sé alla ricerca<br />
introspettiva. Narrazione della soggettività: l’essere si comprende e si<br />
costruisce attraverso il linguaggio.<br />
Dall’antico al contemporaneo il linguaggio dell’arte mette in gioco l’essere,<br />
lo celebra rappresentandolo idealmente, lo racconta ancorandolo alla realtà,<br />
lo significa rivelandone l’essenza. L’espressione linguistica così come quella<br />
artistica, diventano atti di un gioco in cui l’essere è giocato e noi stiamo al<br />
gioco, partecipiamo a quel movimento ermeneutico di comprensione che ci<br />
coinvolge e ci mette, appunto, in gioco, ci rivela e manifesta il mondo.<br />
Nella storia dell’arte il ritratto nasce dall’esigenza di voler tramandare<br />
ai posteri la propria immagine, l’effige della persona, è strumento di<br />
celebrazione di imprese gloriose, propaganda politica, retorica di potere e<br />
ricchezza. Nell’antichità la rappresentazione dell’individuo è sostanzialmente<br />
“principio di autorità” come afferma Lorenzi, che legge nelle opere di Alari<br />
un esercizio ossequioso e manieristico di tale principio, declinato, invece,<br />
con ironia nell’autoritratto di de Chirico. Nel tempo l’arte diventa sempre più<br />
un’esperienza estetica di ricerca, scoperta e sperimentazione, un modo per<br />
comprendere se stessi, uno strumento introspettivo che, giocando con nuovi<br />
linguaggi, disegna le manifestazioni più profonde dell’essere. L’opera di<br />
Vighi racconta di questo dialogo interiore rappresentando le sfumature di una<br />
soggettività che si conosce e si rivela mettendosi in gioco.<br />
Busti, Jacopo Alari Bonacolsi (l’Antico) fine XV sec.
Giorgio de Chirico<br />
Autoritratto in costume, 1953<br />
Litografia<br />
Giorgio de Chirico<br />
Il riposo dell’archeologo, 1953<br />
Litografia a 4 colori<br />
Carlo Vighi<br />
4ME, 2014<br />
Bassorilievo dipinto
Sez. 5 Tema: La trasformazione della materia espressione di elevazione<br />
spirituale, la metafora del possesso della pietra filosofale. L’artista interpreta<br />
mentre imprime la forma, sente la materia, ne ascolta l’ispirazione.<br />
La materia, hyle, è principio costitutivo delle realtà sensibili. Nel pensiero<br />
antico la materia non è semplicemente sostrato della forma, qualcosa che<br />
l’artefice plasma formando, è sostanza in divenire, riguarda il divenire<br />
dell’essere. Aristotele negli scritti di Metafisica formula la dottrina della<br />
sostanza iniziando la sua ricerca da ciò che è più conoscibile per l’uomo: le<br />
sostanze sensibili “Tutto ciò che diviene, diviene per opera di qualcosa, viene<br />
da qualcosa, diventa qualcosa… così che il divenire sarebbe impossibile se<br />
non preesistesse qualcosa. Che una parte dunque debba necessariamente<br />
esistere già, è evidente; questa parte è la materia: essa infatti è insita e<br />
diviene.” Secondo Aristotele, dunque, la materia è potenzialità indeterminata,<br />
possibilità di divenire, cioè di attuarsi e ciò che determina e attua la materia<br />
è la forma. Nel corso dei secoli la materia perde il suo significato metafisico,<br />
filosofi e pensatori ne parleranno essenzialmente in termini fisici, in rapporti<br />
matematici e verrà abbandonato il concetto sotteso alla materia e alla<br />
sostanza come principi della realtà. Nella teoria ermeneutica un ambito molto<br />
importante riguarda l’estetica con riferimento all’operosità umana, intesa<br />
come praxis, e all’attività artistica. Luigi Pareyson nel suo saggio Teoria della<br />
formatività estetica afferma che l’interpretazione è conoscenza di forme da<br />
parte di persone: “formare è un fare che mentre fa inventa il modo di fare”<br />
è tentatività, la persona produce la forma, crea il bello entrando in rapporto<br />
con la materia, plasmando materiali. L’artista interpreta mentre imprime la<br />
forma, sente la materia, ne ascolta l’ispirazione, ne esalta la preziosità, coglie<br />
il disegno creativo. Interpretare, creare, leggere un’opera vuol dire farla vivere<br />
come essa vuole, rendere la sua materia, attraverso la forma, viva nella storia.<br />
Cofanetti avorio, bottega spagnola e manifattura islamica XI-XII sec.
Carlo Vighi<br />
Athanor, l’alchimia, 2016<br />
Bassorilievo dipinto<br />
Giorgio de Chirico<br />
Le mani misteriose, 1973<br />
Litografia
Sez. 6 Tema: Il particolare è Signum che rivela l’universale. Dalla divinità al<br />
divino.<br />
“La natura più profonda delle cose è quella di essere segni che trasmettono<br />
significati di verità” (C.S. Peirce)<br />
Il ritorno al passato non è semplicemente memoria storica di un’epoca<br />
scritta e conclusa, è evento che anima l’esperienza del nostro “qui e ora” è<br />
interpretazione di segni che raccontano l’essere e il mondo attraverso categorie<br />
sempre nuove, che rivelano tracce di contenuti.<br />
Il profondo valore espressivo dell’arte attinge dalla funzione allegorica del<br />
linguaggio la capacità di dire e dare un senso al bisogno umano del sacro e<br />
della sua rappresentazione. Architetture, manufatti, sculture, oggetti vengono<br />
investiti di una sacralità che esalta il rapporto con il divino.<br />
Gli strumenti rituali e i luoghi di celebrazione restano testimonianza<br />
dell’eternità che entra nel tempo delle civiltà, tramandano il valore assoluto di<br />
cui sono il signum assumendo nuovi significati nella trascendenza.<br />
Ostensori Romani, bottega orafa lombarda XVI sec.
Giorgio de Chirico<br />
Nettuno, 1973<br />
Litografia<br />
Giorgio de Chirico<br />
Le Vestali, 1976<br />
Litografia a 6 colori<br />
Carlo Vighi<br />
Nàos, 2016<br />
Bassorilievo dipinto
Sez. 7 Tema: Lo spazio umano tra memoria e quotidianità. La cultura e la<br />
storia nell’architettura urbana sono garanti della comunità.<br />
“Quando l’arte diventa performance, il bello è nel legame con gli altri” (T.<br />
Todorov)<br />
L’arte, la letteratura, la musica e molto altro, sono declinazioni immense di ciò<br />
che è stato e che è il pensiero nell’esperienza della creatività e nella narrazione<br />
dell’umanità abitante il mondo, la storia e la cultura di una comunità sono<br />
scritte nell’architettura urbana che ne conserva il valore identitario in una<br />
cornice di senso.<br />
Costruito tra memoria e quotidianità, lo spazio umano tesse nel tempo il suo<br />
legame con l’eternità.<br />
Urna di Santa Barbara, Bottega veneziana<br />
(ebano, oro, argento dorato e quarzo) XVI sec.
Giorgio de Chirico<br />
Malinconia, 1972<br />
Litografia<br />
Giorgio de Chirico<br />
Piazza d’Italia<br />
Litografia a 5 colori<br />
Carlo Vighi<br />
Amida, 2016<br />
Bassorilievo dipinto
Sez. 8 Tema: Avidità e tracotanza. L’interpretazione del mito che rivela un<br />
rovesciamento dei valori pagani nel Cristianesimo.<br />
“Anche se non si volesse credere alla verità che nascondono, è impossibile non<br />
credere alla loro incomparabile potenza simbolica. I miti restano [..] un ponte<br />
gettato verso la trascendenza” (E. Junger)<br />
Esiste un nesso fondamentale tra logos e mito, tra verità e interpretazione.<br />
Il mito è già un’interpretazione della verità, è quel luogo sorgivo in cui si radicano<br />
arte, religione e anche la stessa filosofia. È pensiero originario, rivelativo, è<br />
coscienza dell’essere nel pensiero che precede la distinzione tra razionalità e<br />
irrazionalità, è poesia, esperienza religiosa, arte.<br />
Il mito è il luogo in cui si sedimentano le questioni esistenziali originarie,<br />
precede il logos e ne è la scaturigine.<br />
Il mito parla, attraverso un linguaggio simbolico, di una verità come fonte<br />
inesauribile il cui senso non può essere colto attraverso la ragione. “Il simbolo<br />
dà a pensare” come ci rammenta un grande filosofo, Paul Ricoeur, il simbolo<br />
è dono fecondo che stimola il pensiero, è latore di un senso che va sempre<br />
interpretato e ogni sua interpretazione non ne esaurisce mai la ricchezza perché<br />
diviene lo spunto di un nuovo inizio.<br />
Fermaglio di Piviale con Monogramma di Cristo, bottega tedesca<br />
1561 - 1562 (oro e pietre preziose)
Giorgio de Chirico<br />
Il Trofeo, 1973<br />
Litografia<br />
Carlo Vighi<br />
Babilonia, 2016<br />
Bassorilievo dipinto<br />
Carlo Vighi<br />
Mida, 2014<br />
Bassorilievo dipinto
Sez. 9 Tema: La distruzione della città come annientamento di una civiltà.<br />
Chiusura, esclusione: l’indifferenza di fronte all’orrore.<br />
“Come restare vivi senza parlare di voi, vittime della lotta per la libertà in<br />
Siria? [..] Soprattutto non dimenticare nessuno. Così come ci sono – militi<br />
ignoti – ci sono uomini e donne e bambini ignoti…e il corpo stesso della terra<br />
siriana è reso martire” (Maram al Masri)<br />
Ci sono città violate, annientate nella loro umanità: un crimine contro l’essere<br />
perpetrato attraverso la cancellazione di una cultura, di una storia.<br />
Incombono nuovi secoli oscuri, i barbari, ieri come oggi, straziano, violentano e<br />
uccidono non soltanto mietendo vite, ma anche distruggendo le dimore custodi<br />
di quei simboli che rappresentano l’essenza trascendente e trascendentale<br />
dell’uomo.<br />
Arazzi fiamminghi, 1530
Carlo Vighi<br />
Aleppo, 2016<br />
Bassorilievo dipinto
Sez. 10 Tema: Il labirinto come metafora della ricerca introspettiva.<br />
L’architettura del mondo rispecchia l’architettura della mente: progettualità<br />
umana e azione dell’inconscio.<br />
Parole, immagini, visioni oniriche abitano la mente, si dipanano in sentieri<br />
impervi, avvolti in un’oscurità che la luce non riesce a penetrare, che il<br />
pensiero fatica a decifrare. Nei luoghi costellati di simboli procediamo<br />
come nelle foreste incantate delle fiabe, costruiamo il percorso della nostra<br />
conoscenza cogliendo sulla strada piccoli segni, tracce di un passato atavico<br />
che, giunto a noi, ci interpella.<br />
Rappresentazione e progettualità umana realizzano architetture complesse<br />
fuori di noi come proiezioni della complessità della nostra mente, perché<br />
l’uomo immagina e costruisce il proprio labirinto, la sua esperienza di vita si<br />
forma in un dedalo, la sua capacità di affrontare gli ostacoli nel quotidiano<br />
diventa volontà di esserci, la sua forza è ricerca della via d’uscita.<br />
L’inconscio scava nel corpo dell’essere: siamo nel labirinto che è la vita attiva<br />
nel pensiero, nell’azione che non teme la ricerca introspettiva, quell’incessante<br />
lavoro del conoscere se stessi percorrendo sentieri inesplorati, fino a cogliere,<br />
nell’oscurità, la possibilità di ritornare al rischiaramento.<br />
Armature, opere di armaioli milanesi e bresciani, tra cui l’officina dei<br />
Missaglia, XV Sec.
Giorgio de Chirico<br />
Il Trovatore nella stanza del mistero, 1973<br />
Acquaforte/acquatinta a 2 colori<br />
Giorgio de Chirico<br />
Le maschere, 1973<br />
Litografia a 5 colori<br />
Carlo Vighi<br />
Heteros nei Labirinti, 2016<br />
Bassorilievo dipinto<br />
Carlo Vighi<br />
Specchi, 2016<br />
Bassorilievo dipinto
Sez. 11 Tema: Il lutto e la speranza. La città, luogo di ricerca del bene,<br />
espressione di ordine e armonia, giustizia e libertà condivise.<br />
“La pólis realizza la prassi dell’uomo nel senso più alto della parola” (H.G.<br />
Gadamer)<br />
Il modello ideale della città: realtà autonoma articolata in un mosaico di<br />
situazioni ricco di contrasti e di sfumature, in cui ogni attentato alle istituzioni,<br />
alle leggi e al culto era considerato una limitazione della libertà, la pólis greca<br />
ha ispirato il concetto di politica negli stati del mondo moderno. Il pensiero<br />
che permea tutta la Grecia classica e che fonda lo spirito della comunità<br />
dell’uomo greco è l’appartenenza alla pólis, a quello spazio pubblico che,<br />
sebbene idealizzato, garantiva la realizzazione e l’esaltazione del bene<br />
e della virtù. Libertà e giustizia erano i pilastri che dovevano reggere la<br />
comunità politica, la realizzazione del bene comune aveva come matrice<br />
performante la paideía, quell’educazione, cioè, che insegnava l’amore per<br />
il bello e per la cultura. La comunità politica che sa agire virtuosamente ha<br />
ricevuto un’educazione morale alimentata nella cultura del sentimento e della<br />
capacità di giudizio, una cultura che sa discernere “secondo giusta misura”,<br />
saggiamente, come scrisse Aristotele, e che può esistere solo dove la prassi e<br />
la teoria sociale respirano libertà. Ed è nella libertà priva di condizionamenti<br />
ideologici, consapevole del proprio limite, che sorgono le condizioni di<br />
possibilità di una trasformazione delle esperienze di violenza collettiva in<br />
impegni di valore universale che riconoscano la sacralità e l’inviolabilità della<br />
persona.<br />
Sala degli arazzi
Carlo Vighi<br />
Heteros nella Polis, 2016<br />
Bassorilievo dipinto<br />
Carlo Vighi<br />
Nizza 14 luglio 2016, Studio
Sez. 12 Tema: Il circolo ermeneutico delle parti con il tutto. La verità come<br />
fonte, la persona come prospettiva.<br />
“L’opera d’arte agisce come formante prima ancora di esistere come<br />
formata” (L. Pareyson)<br />
Ogni interpretazione è una prospettiva sulla verità, un’immersione mai<br />
esaurita nella fonte dell’inesauribile.<br />
L’azione creativa e la creatività dell’azione muovono il pensiero sul sentiero<br />
dell’arte tra parole e forme che accolgono in sé la parte e il tutto, in un dialogo<br />
costante che vive nelle infinite domande e che si alimenta in risposte sempre<br />
nuove.<br />
Carlo Vighi<br />
Le miniature, 2016 bassorilievo dipinto
Carlo Vighi<br />
Le miniature 2016, bassorilievi dipinti
Questo mio lavoro fa parte di un più ampio progetto di ricerca che fonda<br />
la sua struttura sul dialogo tra arte e filosofia. Un percorso iniziato in<br />
collaborazione con Carlo Vighi, che ha dato vita ad un nuovo linguaggio<br />
artistico: Ipercontesto, narrazione di un’esperienza nella cultura, attraverso<br />
la scrittura di parole e forme che muovono il pensiero all’interpretazione<br />
dell’atto, alla ricerca di segni colti in prospettiva e vissuti nel linguaggio duale,<br />
quella forma grammaticale del greco antico che esprimeva l’heteros, “l’altro<br />
di due” l’unione che mantiene la differenza, espressione di una condivisione<br />
e di apertura verso l’altro che resta a me nella sua differenza e nella sua<br />
preziosa unicità. La Filosofia rappresenta per me un modus vivendi, l’essenza<br />
del pensare, l’arte e la filosofia una scelta come ricerca di senso e lettura<br />
dell’essere che abita il mondo e struttura il reale.<br />
Monica Daccò<br />
Note biografiche<br />
Monica Daccò (Novara, 8 marzo 1969) ha svolto un percorso di studi in<br />
ambito umanistico. Si è laureata in Filosofia e Comunicazione all’Università<br />
degli Studi del Piemonte Orientale (Vercelli), discutendo una tesi di filosofia<br />
ermeneutica che presenta il pensiero della filosofa Luce Irigaray e analizza la<br />
sua teoria sulla differenza di genere. Lasciata la docenza nel 2013, si dedica<br />
allo studio e alla ricerca sui linguaggi e sulla comunicazione. Dal 2015<br />
collabora con Carlo Vighi e fonda con l’artista il nuovo linguaggio pittorico<br />
“Ipercontesto”.
MUSEO DIOCESANO FRANCESCO GONZAGA<br />
Piazza Virgiliana, 55 – 46100 Mantova<br />
Tel e fax 0376-320602<br />
info@museofrancescogonzaga.it<br />
www.museofrancescogonzaga.it