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VIAGGI NELLA FANTASIA

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Anno Scolastico 2016/2017<br />

Istituto Istruzione Secondaria I Grado “A.Schiaffini”<br />

Santo Stefano Magra<br />

(La Spezia)<br />

Classi I A - I B - I C - I D<br />

<strong>VIAGGI</strong><br />

<strong>NELLA</strong><br />

<strong>FANTASIA</strong><br />

Prof.ssa Pastene Paola<br />

1


PRESENTAZIONE<br />

I contenuti delle lezioni di approfondimento hanno mirato a far conoscere<br />

agli alunni i miti dell’ antichità sotto un duplice aspetto: sia come<br />

narrazioni “meravigliose”, che mescolano l’umano e il divino, sia come<br />

fonti utili a ricostruire la cultura materiale ed il sistema di valori che<br />

furono alla base delle comunità che li formularono. In particolare ci si è<br />

soffermati sulle vicende di quegli eroi, come Gilgamesh, Odisseo,<br />

Giasone, Eracle, che compirono viaggi avventurosi e ricchi d’incontri<br />

“fantastici”, realizzando un percorso di purificazione o di affermazione di<br />

sé e del proprio ruolo sociale. La presentazione di tali viaggi ha offerto<br />

l’occasione per illustrare le conoscenze geografiche degli uomini antichi,<br />

ricostruirne le rotte ed i percorsi terrestri, scoprirne le modalità di<br />

orientamento attraverso gli astri, risalire alle motivazioni che li spinsero<br />

a varcare i propri confini fisici e mentali.<br />

Dall’ esame approfondito di questi personaggi e delle loro peripezie, è<br />

emerso negli alunni il desiderio di cimentarsi anch’ essi nella produzione<br />

scritta ed iconografica di viaggi di loro invenzione. Molto utile è stata, a<br />

tal fine, l’ attività a piccoli gruppi perché ha consentito loro di operare in<br />

sinergia mettendo in comune i propri punti di vista e le proprie abilità.<br />

BUONA LETTURA!!!<br />

2


CLASSE I A<br />

3


Le nuove avventure di Eracle<br />

Eracle, finalmente tornato a casa, aveva ripreso una vita felice con sua<br />

moglie Megara. Ma dopo qualche anno la moglie, sentendo la mancanza<br />

dei figli, si era ammalata di malinconia perdendo la felicità ed iniziando a<br />

vivere sempre di più nell’ ombra.<br />

Eracle decise così di recarsi dalla sacerdotessa di Tebe, la quale gli<br />

disse che avrebbe dovuto affrontare un lungo viaggio con quattro prove<br />

da superare, giungendo infine alla Costa del Sol per catturare un raggio<br />

di sole da portare alla moglie e guarirla. La sacerdotessa, inoltre, porse<br />

una mappa ad Eracle su cui erano indicati i luoghi dove recuperare<br />

quattro oggetti che gli sarebbero serviti per prendere il raggio di sole.<br />

Il giorno seguente Eracle salutò la moglie e, esaminando la mappa, vide<br />

che la prima tappa erano i boschi della Slovenia in cui avrebbe trovato<br />

dei guanti di pelle.<br />

1^ Tappa<br />

Eracle non sapeva bene cosa cercare e, prima di giungere in quei<br />

luoghi, attraversò una palude piena di serpenti e ragni velenosi. Ne trovò<br />

uno che gli disse che avrebbe dovuto cercare il bonnacon, un grande<br />

mammifero dalla pelle resistentissima, ma che l’ unico modo per<br />

scovarlo era quello di tagliare tutti gli alberi dei boschi dove l’ animale<br />

viveva.<br />

Eracle, che era pronto a tutto, accettò: per tre giorni e tre notti fece<br />

quanto gli era stato richiesto ma decise di salvare un solo albero.<br />

Dietro alla pianta si nascondeva il bonnacon che, appena vide Eracle,<br />

cercò di aggredirlo con le possenti corna ma l’ eroe, raccolte le ultime<br />

forze, prese uno degli alberi tagliati e lo colpì stordendolo.<br />

L’ animale cadde pesantemente a terra, allora Eracle prese la spada e lo<br />

uccise.<br />

Giunto il tramonto, Eracle si addormentò sfinito ma il mattino seguente<br />

tagliò la pelle dell’animale e si confezionò i guanti indicati dalla<br />

sacerdotessa.<br />

4


2^ Tappa<br />

Lasciati i boschi della Slovenia, il giovane combattente giunse sulle Alpi<br />

italiane per cercare il cristallo di ghiaccio. Lì alcune persone gli<br />

raccontarono che in quelle zone viveva il dahù e che, probabilmente, ciò<br />

che Eracle stava cercando era il cuore dell’ animale.<br />

Il dahù era una creatura bella ed allo stesso tempo particolare perché le<br />

sue zampe erano asimmetriche: quelle di destra erano più lunghe di<br />

quelle di sinistra; ciò gli permetteva di muoversi meglio sulle pareti<br />

scoscese delle montagne.<br />

Eracle aveva sentito dire che il modo più facile ed efficace per catturarlo<br />

era quello di sorprenderlo alle spalle ed urlare ad alta voce: “Dahù”; così<br />

facendo, l’animale, molto curioso di sua natura, si sarebbe girato per<br />

vedere chi lo stesse chiamando e, trovandosi improvvisamente con le<br />

zampe più corte sul lato a valle, avrebbe perso l’ equilibrio e lui avrebbe<br />

potuto ucciderlo con una freccia.<br />

Prima di trovarsi di fronte a questo animale, Eracle trascorse nove lunghi<br />

giorni alla sua ricerca soffrendo il freddo e la fame ma finalmente lo trovò<br />

e, come aveva programmato, urlò il suo nome; così il dahù si girò e lui<br />

potè ucciderlo in un attimo. Poi prese il suo cuore che era un cristallo di<br />

ghiaccio e si preparò per la terza tappa.<br />

3^ Tappa<br />

Seguendo la mappa della sacerdotessa, Eracle riprese il viaggio verso<br />

una regione chiamata Loira, in cerca del vaso in grado di contenere il<br />

raggio di sole.<br />

Arrivato in questa terra, non sapeva dove cercare; così intervenne in suo<br />

aiuto la dea Atena che, dopo aver aperto un vortice, lo trasportò nella<br />

Francia del Medioevo e più precisamente in uno dei castelli per i quali la<br />

Loira è famosa.<br />

In questo maniero, infatti, Era, per intralciare il viaggio di Eracle, aveva<br />

nascosto un vaso speciale forgiato da Efesto e capace di resistere al<br />

fuoco.<br />

La dea, inoltre, aveva messo a guardia del recipiente una mostruosa<br />

creatura alata di colore verde: il graoully.<br />

5


Eracle si avventurò nel castello per un giorno intero fino a quando si<br />

accorse di essersi perso tra decine di stanze e ripidissime scale che non<br />

portavano da nessuna parte.<br />

Allora l’ eroe si sedette stanco vicino ad un muro ma all’ improvviso la<br />

sua schiena iniziò a vibrare, così si alzò di scatto: dietro di lui si era<br />

aperta una porta segreta.<br />

“Altre scale…” pensò Eracle tra sè e sè scoraggiato, ma non si arrese.<br />

Corse con coraggio fino ad una ampio terrazzo dove vide il meraviglioso<br />

vaso: era d’ oro e così luccicante che gli abbagliò gli occhi.<br />

Lì davanti giaceva il graoully: dal suo naso usciva fumo e dalla bocca<br />

fuoco.<br />

Eracle, però, si poteva proteggere solo con lo scudo.<br />

Iniziò a correre intorno alla creatura, stordendola; poi con una corda<br />

resistente le legò la bocca, le ali e le zampe, infine sguainò la spada e le<br />

tagliò la testa.<br />

Il graoully era stato ucciso ed Eracle riuscì finalmente a rubare il<br />

prezioso vaso; poi ripartì per l’ ultima tappa del viaggio.<br />

4^ Tappa<br />

Eracle giunse alla Costa del Sol, in Spagna, prima del tramonto per<br />

seguire il dio Apollo e scoprire in quale palazzo fosse rinchiuso il carro<br />

con il sole durante la notte.<br />

Una volta individuato il posto, l’ eroe si nascose ed attese che Apollo si<br />

allontanasse per andare ad avvertire Selene, la dea della luna, che il<br />

giorno era terminato.<br />

Però Apollo, uscendo dal palazzo, aveva posto a guardia del carro una<br />

anfisbena: un serpente a due teste, una ad ogni estremità del corpo, che<br />

quando una dormiva l’ altra vegliava e con occhi che brillavano come<br />

lampade.<br />

Eracle decise di affrontare la bestia e, dopo un lungo<br />

combattimento,riuscì a tagliare la testa sveglia in modo tale che l’altra<br />

non potesse più farlo.<br />

Indossò i guanti realizzati con la pelle del bonnacon, prese un raggio di<br />

sole, cautamente lo sistemò nel vaso trovato nel castello della Loira e lo<br />

chiuse con il cristallo di ghiaccio del dahù.<br />

6


Felice di essere riuscito nell’ impresa, decise di riprendere il viaggio<br />

verso casa dove vi giunse prima dell’ alba.<br />

Arrivato dalla moglie, la ritrovò nella sua camera buia, le mise in mano il<br />

vaso, lo aprì di colpo e si voltò per non essere abbagliato. In quel<br />

momento tutta l’ oscurità si racchiuse nel vaso e la moglie, circondata<br />

dalla luce fuoriuscita, sorrise e lo abbracciò.<br />

Alla vista di ciò Era tornò infuriata nell’ Olimpo ed i due coniugi poterono<br />

riprendere la loro vita felice insieme.<br />

7


Testo e disegni realizzati da: Guastini Margherita, Musio Andrea, Pietra<br />

Gaia, Soremekun Emmanuel (classe I A)<br />

8


Eracle<br />

Eracle era felice con la sua famiglia, aveva una moglie dolce e<br />

disponibile e tre figli vivaci e curiosi. L’ unico problema era che, per<br />

colpa di Era, viveva nella miseria.<br />

Un giorno, mentre stava camminando per le vie della città, vide molta<br />

gente in una locanda. Entrò e vide un cantore che diceva: “Chi supererà<br />

queste quattro fatiche riceverà per ognuna di esse ben dieci monete<br />

d’oro”.<br />

In tanti partirono ma solo Eracle riuscì a tornare a casa con un bel<br />

bottino; la moglie fu contentissima ed il popolo lo venerò come fosse un<br />

dio perché aveva ucciso le creature che li aveva molto spaventati.<br />

Le quattro fatiche<br />

- Andare a Sparta ad uccidere duecento maiali feroci che<br />

distruggevano i raccolti. Eracle ed altri eroi partirono per quella città e<br />

riuscirono ad ucciderli quasi tutti.<br />

- Salire su degli alberi e togliere le api dagli alveari. Tutti furono<br />

punti tranne Eracle perché aveva una corazza che lo proteggeva.<br />

- Entrare dentro alla bocca di una balena per prendere una chiave e<br />

sacrificarla a Poseidone. Alcuni si rifiutarono di tentare l’ impresa e<br />

rimasero solo in quattro.<br />

- Scalare il monte Everest. Ad arrivare alla cima fu solo Eracle<br />

perché gli altri morirono lungo il tragitto.<br />

9


Testo e disegni realizzati da: Ait Moussa Ayoub, Benedetti Ines, Donato<br />

Giacomo, Pietrelli Diletta (classe I A)<br />

10


Il viaggio di Doriforo<br />

Alla ricerca del ricciolo d’argento<br />

Tutto ebbe inizio sull’ isola di Nasso, patria di Doriforo e della madre<br />

Alcmea. Eurineo, il vecchio e crudele re di quella terra, voleva sposare<br />

Alcmea, vedova giovane e bella, ma aveva paura che Doriforo si<br />

opponesse alle nozze; così disse al giovane che, se gli avesse portato il<br />

ricciolo d’ argento della maga Arcigna, egli non avrebbe più sposato la<br />

madre ed avrebbe lasciato l’ isola.<br />

La maga Arcigna viveva nell’ isola di Cefalonia ed ogni cinque anni<br />

inviava terribili aquile dal muso di cane a rapire dieci giovani dell’ isola di<br />

Nasso per tenerli come schiavi nei suoi magici giardini. Nessuno era mai<br />

riuscito ad avvicinarsi alla maga che aveva tutti i suoi poteri in un ricciolo<br />

d’ argento nascosto tra i capelli.<br />

Doriforo era terrorizzato dall’impresa ma un giorno, mentre vagava<br />

pensieroso sulla spiaggia, gli apparve un vecchio dalla lunga barba<br />

bianca e dagli occhi luminosi che gli si avvicinò e gli disse: “Tu non sai<br />

chi sono io ma io so che devi affrontare un viaggio lungo e pericoloso e<br />

che il tuo cuore è pieno di paura. Ricordati: quando vedrai degli uccelli<br />

volare molto bassi ed ululare come cani, dovrai sdraiarti a terra e restare<br />

immobile; se incontrerai una donna molto bella le donerai questo anello<br />

e le getterai addosso questa acqua profumata e, quando ti troverai di<br />

fronte all’ antro della maga,strofinerai quest’ anfora e chiuderai gli occhi”.<br />

Dopo aver pronunciato queste parole e donati gli oggetti di cui aveva<br />

parlato, s’ immerse nel mare e sparì.<br />

Doriforo continuò a cercarlo con gli occhi ma al suo posto vide una nave<br />

con a bordo dieci marinai che lo invitarono a salire. Allora il giovane vide<br />

seduto sull’ albero della nave il dio Nettuno che, con il suo tridente alzato<br />

verso il cielo, gridò: “Con la mia benedizione guida questa nave e con i<br />

tuoi dieci marinai vai a Cefalonia a prendere il ricciolo d’ argento della<br />

maga Arcigna”.<br />

Doriforo salpò con la sua nave ed iniziò a navigare verso l’ isola di<br />

Melos.<br />

Dopo un giorno ed una notte di navigazione, il mare iniziò ad agitarsi, le<br />

onde si fecero sempre più alte ed improvvisamente un terribile mostro<br />

11


marino a tre teste apparve ai marinai. Doriforo iniziò a dare ordini ai suoi<br />

compagni e, ricordandosi di ciò che suo padre anche lui marinaio gli<br />

aveva detto da bambino, insegnò loro a fare dei nodi con le corde così<br />

da poter legare le tre teste.<br />

L’ impresa fu durissima, tre uomini caddero in mare e morirono ma alla<br />

fine il mostro fu sconfitto.<br />

Stanchi ed ancora spaventati, i marinai con il loro comandante<br />

raggiunsero l’ isola di Melos e qui il dio Morfeo, nemico del dio Nettuno,<br />

li fece cadere in un sonno profondo.<br />

Solo Doriforo restò sveglio e, mentre vagava sull’isola per cercare un<br />

modo per svegliare i suoi compagni, vide una grossa pietra su cui era<br />

inciso un indovinello. Lo risolse e così trovò un’erba magica che fece<br />

svegliare i marinai.<br />

In tutta fretta risalirono sulla nave e navigarono verso l’ isola di Citera:<br />

un’ isola stupenda piena di fiori profumati e colorati; era il regno di<br />

Criseida, una ragazza bellissima, dai lunghi capelli corvini e dagli occhi<br />

verdi come il mare.<br />

Appena Doriforo l’ ebbe vista, lei gli si avvicinò e gli chiese di sposarla;<br />

in cambio sarebbe diventato il re di quell’ isola incantata.<br />

L’ eroe, allora, si ricordò delle parole del vecchio dalla barba bianca e le<br />

donò l’ anello. Criseida lo infilò al dito, in un attimo si trasformò in una<br />

strega malvagia e con una spada infuocata cercò di ucciderlo. Egli,<br />

allora, le gettò addosso l’ acqua profumata e lei morì.<br />

Superata anche questa brutta avventura, la compagnia si rimise in<br />

viaggio verso l’ isola di Zacinto. Il mare era tranquillo: di giorno<br />

splendeva un bel sole e di notte le stelle indicavano la rotta.<br />

Durante una di quelle notti il dio Nettuno apparve in sogno a Doriforo per<br />

annunciargli una prova davvero dura da affrontare nell’ isola di Zacinto.<br />

Gli raccomandò di non farsi distrarre dagli intensi profumi che avrebbe<br />

sentiti ma di guardarsi sempre attorno, anche in alto.<br />

Svegliatosi da quel sogno, Doriforo andò sul ponte della nave e vide in<br />

lontananza una lunga distesa di alberi alti e pieni di foglie. Era l’ isola di<br />

Zacinto, bella, rigogliosa e piena di una fitta vegetazione.<br />

L’ eroe ed i suoi compagni attraccarono la nave all’unica insenatura che<br />

trovarono in quella parte di costa e s’ incamminarono alla ricerca di cibo;<br />

avevano bisogno di fare rifornimento e speravano di incontrare qualcuno<br />

che potesse aiutarli.<br />

12


Durante il cammino, però, accadde una cosa terribile: due uomini, che<br />

brancolavano per il forte profumo che emanavano le piante, si<br />

avvicinarono troppo ad una di esse e vennero stritolati. Gli altri capirono<br />

che erano giunti nel “bosco della morte”di cui tanto si parlava a Nasso<br />

perché chi era entrato in quel luogo non ne era più uscito vivo.<br />

Tutti insieme cercarono allora di tornare alla nave ma, all’ improvviso,<br />

sentirono un forte ululato.<br />

Doriforo si guardò attorno ed in alto, come gli aveva detto in sogno<br />

Nettuno.<br />

Vide degli uccelli mostruosi sopra di sé ed allora si sdraiò immobile a<br />

terra. Gli altri suoi compagni, invece, vennero afferrati con gli artigli e<br />

portati via. Passato questo brutto momento, l’ eroe solo, stanco e<br />

spaventato salì sulla sua nave sapendo che ormai Cefalonia era vicina e<br />

che non gli restava altro che affrontare l’ ultima prova.<br />

All’ alba approdò all’ isola e trovò sulla spiaggia delle donne che<br />

avevano accompagnato i loro mariti pescatori. Una di esse gli si avvicinò<br />

e gli chiese chi fosse: “Sono Doriforo” disse “Vengo dall’ isola di Nasso e<br />

sono alla ricerca della maga Arcigna”.<br />

“Stai molto attento” gli rispose la donna “La maga ha immensi poteri e<br />

nessuno è mai riuscito a sconfiggerla. Tiene schiavi tanti giovani nei suoi<br />

giardini e noi mamme temiamo per i nostri figli. Pregherò per te e perché<br />

la tua impresa abbia buon fine”.<br />

Dette queste parole, gli indicò una vasta pianura nella quale scorreva un<br />

lungo fiume. Gli disse di percorrerlo in direzione delle montagne fino a<br />

quando non avesse trovato la sua sorgente. Là una grotta lunga e buia<br />

conduceva ai giardini della perfida maga.<br />

Doriforo seguì le indicazioni e giunse alla grotta. Si avvicinò ed<br />

improvvisamente uscì una lingua di fuoco. Era Crotalo, un mostro simile<br />

ad un serpente, che si avventò su di lui. Lo avvinghiò, lo strinse forte ma<br />

Doriforo resistette, riuscì a liberarsi e con uno scatto improvviso gli tagliò<br />

la testa.<br />

Si addentrò così nella caverna fredda e buia e, dopo aver camminato<br />

lentamente ed in silenzio, in lontananza scorse una luce e sulla parete<br />

intravide l’ ombra della maga.<br />

Lei urlava e si avvicinava sempre di più a lui, intenzionata ad ucciderlo.<br />

Doriforo, allora, strofinò l’ancora con tutta la sua forza e da essa<br />

uscirono insieme tutti i venti. La maga girò su se stessa, non riusciva a<br />

13


stare in piedi ma con una mano afferrò l’ eroe per un braccio. Doriforo le<br />

era vicino e la luce fece brillare il ricciolo d’ argento. Con un’abile mossa<br />

lo tagliò e subito la caverna s’ illuminò tutta, la maga cadde a terra ed i<br />

venti si placarono.<br />

In un attimo i ragazzi che la maga aveva rapito andarono da Doriforo e<br />

lo salutarono come il loro liberatore. Così egli li fece salire sulla sua nave<br />

ed intraprese con loro il viaggio di ritorno a Nasso. Non incontrò più<br />

mostri sulla sua strada ma Nettuno lo guidò per tutta la navigazione.<br />

Giunto a destinazione, consegnò il ricciolo d’argento a Eurineo, la folla lo<br />

acclamò re dell’ isola e la madre non dovette più sposarsi.<br />

14


Testo e disegni realizzati da: Bongi Michael, Casciaro Arianna, Mavilla<br />

Andrea, Michelucci Giorgia (classe I A)<br />

15


L’ avventura dei mitici eroi<br />

Un tempo il re di Iolco Giasone era sposo innamorato della maga<br />

Medea.<br />

Circe, la zia della sposa, possedeva potenti arti magiche ed era gelosa<br />

della nipote. Invaghitasi di Giasone, un giorno lanciò un incantesimo ed<br />

egli tradì Medea proprio con lei che aveva cambiato fattezze per non<br />

farsi riconoscere.<br />

La regina furente, per vendicarsi del tradimento e far soffrire il marito,<br />

scagliò una maledizione sui suoi suoceri, Alcimede ed Esone, a cui lui<br />

era molto affezionato: sarebbero morti lentamente soffrendo<br />

terribilmente per anni ed anni.<br />

Giasone, vedendo i suoi genitori in quello stato, si risvegliò dal torpore<br />

indottogli dalla maga Circe e comprese quanto era successo.<br />

Medea, visto il ripensamento del marito, si pentì di ciò che aveva fatto,<br />

ma la sua magia avrebbe potuto essere annullata solo dal semidio della<br />

medicina Asclepio, figlio del dio Apollo e cresciuto dal centauro Chirone<br />

alle pendici del monte Pelo.<br />

Asclepio aveva appreso dal suo tutore l’ uso dei medicamenti e degli<br />

strumenti chirurgici; era diventato abile e saggio e curava le persone con<br />

devozione.<br />

Atena, per ricompensare la sua generosità, gli aveva donato due fiale:<br />

una contenente il sangue colato dalla parte sinistra della Gorgone<br />

Medusa che aveva il potere di resuscitare i morti, l’ altra il sangue colato<br />

dalla parte destra che aveva il potere di donare la morte.<br />

Ade, temendo che Asclepio potesse sovvertire l’ ordine naturale del ciclo<br />

della vita, si era lamentata con Zeus che prima aveva fulminato con le<br />

sue folgori il dio della medicina e poi, per placare l’ ira di Apollo, padre di<br />

Asclepio, ne aveva fatto una costellazione: quella di Ofiuco.<br />

Giasone avrebbe dovuto, quindi, raggiungere quella costellazione per<br />

recuperare qualche goccia della preziosa fiala che avrebbe riportato in<br />

salute i suoi genitori.<br />

La nave Argo, rimessa in mare dopo la spedizione che aveva portato<br />

alla conquista del vello d’oro, era pronta a salpare.<br />

Il dio Poseidone, in quel momento benevolo verso i naviganti, aveva<br />

mostrato a Giasone la rotta da seguire per passare dal mare al cielo, ma<br />

16


per questo particolare viaggio non avrebbe potuto contare sui suoi<br />

cinquantadue Argonauti in quanto avrebbe dovuto fare tutto da solo.<br />

L’ eroe avrebbe dovuto far rotta per la Sicilia, Efesto avrebbe collocato<br />

Argo all’ interno dell’ Etna e la potenza generata dalla caldaia<br />

magmatica avrebbe sospinto la nave fino alle stelle, verso Asclepio.<br />

Sarebbe poi stato compito di Eolo creare un vortice per riportarlo sulla<br />

Terra.<br />

Sulla nave Argo si stagliava la polena che conteneva ancora il pezzetto<br />

di legno magico che aveva fornito, per volere di Era, protezione e<br />

profezie agli Argonauti nella loro missione.<br />

Anche in questo viaggio lo sguardo benevolo della sposa di Zeus aiutò<br />

Giasone: sulla sua rotta avrebbe dovuto scontrarsi con personaggi che,<br />

però, poi lo avrebbero aiutato nel raggiungimento del suo scopo.<br />

Giasone partì, quindi, a bordo della nave Argo ed arrivò ad Itaca (per<br />

volere degli dei a lui favorevoli).<br />

Odisseo pensò ad una nuova minaccia per il suo regno ed avrebbe<br />

voluto combattere contro il nuovo venuto, pensandolo accompagnato dai<br />

suoi soldati. Fortunatamente l’ intervento di Atena placò l’ irruenza del<br />

sovrano di Itaca il quale, ascoltate le motivazioni del condottiero degli<br />

Argonauti, decise di unirsi a Giasone mettendogli a disposizione la sua<br />

astuzia.<br />

Giasone ed Odisseo raggiunsero Tebe dove fu inevitabile lo scontro con<br />

Eracle che aveva pensato di dover affrontare contro di loro una delle sue<br />

tante fatiche. I due eroi domarono a stento le potenti braccia del rivale<br />

che, dopo essere stato vinto, venne reclutato per la sua forza nella<br />

prosecuzione del viaggio.<br />

Giasone, Odisseo ed Eracle attraversarono il deserto verso Uruk dove il<br />

tiranno Gilgamesh stava terrorizzando i suoi sudditi. I tre uomini<br />

proposero un patto al sovrano di Uruk: se li avesse accompagnati nel<br />

viaggio, Argo sarebbe diventata di sua proprietà. A Giasone serviva un<br />

elemento con pochi scrupoli e capace di azioni di forza. Gilgamesh<br />

accettò la proposta lusingato dalla possibilità di entrare in possesso del<br />

leggendario vascello.<br />

I quattro mitici eroi puntarono la prua verso la Sicilia dove Efesto li<br />

attendeva per aiutarli nel loro viaggio verso le stelle. Il dio deviò tutta la<br />

potenza del suo magma verso la chiglia della nave che, salendo<br />

velocissima lungo il cono del vulcano, venne lanciata verso il cielo.<br />

17


Il viaggio verso quel luogo dove nessun uomo era mai giunto prima fu<br />

brevissimo: la costellazione di Ofiuco era ad un passo dalla prua della<br />

nave; Asclepio, però, era protetto dalle spire sinuose di Draco; era<br />

quindi giunto il momento che Giasone, Odisseo, Eracle e Gilgamesh<br />

unissero le proprie forze per sconfiggere l’ invincibile guardiano.<br />

Fu allora che Odisseo ebbe una delle sue mirabili intuizioni: dispose<br />

scudi ed armi in modo tale da riflettere la luce delle stelle creando la<br />

illusione ottica dell’ occultamento della nave. Giasone, saldamente al<br />

timone, portò l’ invisibile Argo vicina a Draco in modo da permettere ad<br />

Eracle di afferrarlo e bloccarlo con la sua forza mentre Gilgamesh<br />

sferrava il colpo finale tagliandogli la testa.<br />

A quel punto i quattro eroi si avvicinarono ad Ofiuco ed Asclepio si rivelò<br />

nel suo vero aspetto. Le lodevoli motivazioni, che avevano portato<br />

Giasone ed i suoi compagni a chiedere il suo aiuto spingendosi fino al<br />

limite della volta celeste, convinsero Asclepio a donare senza indugio le<br />

gocce di sangue portatrici di vita.<br />

A quel punto Eolo, come previsto da Era, creò un grande vortice sotto la<br />

nave Argo che vene risucchiata e trasportata fino alla città di Iolco.<br />

Arrivati a destinazione, gli eroi corsero subito verso la nobile casa di<br />

Giasone dove Medea disse loro di far bollire sul fuoco il sangue<br />

curatore, in modo da ottenere una pozione di guarigione. Dopo aver<br />

seguito alla lettera tutte le indicazioni della maga, Giasone diede da bere<br />

il magico intruglio ai suoi genitori che tornarono subito in salute tra le<br />

lacrime di gioia del figlio che tanto aveva osato per loro.<br />

Nel frattempo Odisseo era tornato ad Itaca ma la sua fame di<br />

conoscenza lo avrebbe spinto di lì a poco ad intraprendere un altro epico<br />

viaggio; Eracle, scontata con questa ennesima prova la pena morale per<br />

l’ eccidio della sua famiglia, era ritornato a Tebe; Gilgamesh, dopo<br />

essere diventato il comandante della gloriosa nave Argo secondo quanto<br />

stabilito dai patti e contagiato dallo spirito d’ avventura che animava i<br />

suoi compagni, aveva lasciato il governo della città di Uruk nelle mani di<br />

un reggente più umano ed intrapreso una navigazione senza fine.<br />

La fine di un viaggio è solo l’ inizio di un altro.<br />

18


costellazione di Ofiuco<br />

nave Argo<br />

19


20


Testo e disegni realizzati da: Berisha Andi, Ferri Tommaso, Iacob<br />

Alexandru, Faro Gennaro (classe I A)<br />

21


Ivan e le mele d’ oro<br />

Tanto tempo fa nella lontana città di Beval vivevano un re, una regina ed<br />

il loro figlio Ivan.<br />

Un giorno, per porre fine ad una guerra che durava ormai da anni, il re<br />

Espon e la regina Uri decisero di affidare il figlio Ivan, l’ intero palazzo ed<br />

il popolo allo zio Dektos. Quest’ ultimo, però, non voleva il ragazzo ma<br />

solo le sue ricchezze.<br />

Così, quando venne a sapere che i sovrani erano morti, diede Ivan alla<br />

balia costringendola a tenerlo nascosto, poi andò davanti al popolo<br />

riunito e disse: “Il figlio del re è morto a causa di una malattia misteriosa,<br />

ora sarò io ad avere il potere che sarebbe spettato a lui”. Da quel giorno<br />

governò al suo posto.<br />

Quando Ivan fu cresciuto, venne a scoprire la triste verità e, furioso,<br />

marciò verso il palazzo reale. Giunto davanti a Dektos, gli urlò<br />

minaccioso: “Dektos, come osi tu nascondere la verità a me ed a tutto il<br />

popolo; quella corona, quel trono e tutto ciò che possiedi spettano a me<br />

e tu me li hai portati via con un inganno, una sciocca bugia a cui, però,<br />

credono tutti”.<br />

Lo zio si limitò a rispondere: “ Facciamo un patto: se tu riuscirai da solo<br />

a portarmi tre mele d’ oro che crescono nei campi della città proibita, io<br />

lascerò il trono e tu sarai re”.<br />

“Ma come farò da solo- cercò di obiettare Ivan- dovrò ammazzare<br />

draghi, prendere erbe magiche, per non parlare delle mele d’ oro che<br />

crescono nel giardino della dea Maya a cui agli umani è severamente<br />

proibito avvicinarsi”.<br />

“O questo o nient’ altro” concluse Dektos. “E va bene” replicò il giovane.<br />

Ivan impiegò quindici giorni a progettare la sua nave e venti per<br />

costruirla, poi si diresse verso le terre proibite. Dopo tante avventure,<br />

giunse proprio davanti all’ albero dalle mele d’ oro e riuscì ad<br />

impadronirsene di tre offrendo splendidi abiti che aveva nella nave alla<br />

dea Medea.<br />

Ritornò davanti a Dektos con i frutti ma lui non accettò quanto aveva<br />

promesso anche perché aveva sperato che fosse morto.<br />

22


“Sai, non sono ancora pronto a lasciare il trono” disse lo zio; allora Ivan<br />

sguainò la spada e lo invitò a combattere. Il giovane uccise l’ usurpatore<br />

e finalmente riprese i diritti che da sempre gli erano spettati.<br />

Testo e disegni realizzati da: Colombo Jeson, Omontuehmen Darlene<br />

Eghonghon, Pezzoni Margherita, Ruffini Flippo (classe I A)<br />

23


Le dieci fatiche di Eracle<br />

Eracle voleva sposare la figlia di Efesto ma il dio gli disse che, se voleva<br />

farlo, doveva superare “dieci fatiche”.<br />

I Fatica<br />

Prendere le pietre preziose contenute in una grotta dei Ciclopi<br />

Sbarcato nella terra dei Ciclopi, Eracle scelse la grotta di Polifemo<br />

perché , essendo cieco, non lo avrebbe potuto vedere. Quindi potè<br />

prendere le pietre preziose e portarle ad Efesto.<br />

II Fatica<br />

Andare nelle profondità dell’ oceano<br />

Per prendere il corallo dell’ immortalità Eracle si fece dare dal dio<br />

Poseidone il potere della respirazione sott’ acqua e riuscì ad andare sul<br />

fondo dell’oceano a prendere il corallo dell’immortalità.<br />

III Fatica<br />

Sterminare l’ esercito del re Gilgamesh<br />

Eracle andò ad Uruk per distruggere l’ esercito di Gilgamesh e ci riuscì<br />

grazie ad un’armatura donatagli dal dio Ares.<br />

IV Fatica<br />

Andare nel bosco e sradicare cento querce<br />

Si avvicinava l’ inverno ed Efesto ordinò ad Eracle di sradicare cento<br />

querce nel bosco vicino per riscaldarsi.<br />

V Fatica<br />

Prosciugare un lago<br />

Il lago esondava spesso infastidendo il villaggio vicino che aveva<br />

richiesto aiuto ad Efesto; Eracle con un solo respiro risucchiò l’ intero<br />

lago.<br />

24


VI Fatica<br />

Distruggere la nave Argo<br />

Efesto si accorse che la nave Argo si stava per schiantare contro il suo<br />

palazzo, perciò ordinò ad Eracle di distruggerla prima del suo arrivo.<br />

VII Fatica<br />

Catturare i musicanti di Brema<br />

Eracle, per volere di Efesto, catturò i musicanti di Brema che gli<br />

suonarono delle bellissime musiche.<br />

VIII Fatica<br />

Uccidere un polpo gigante che infestava l’ oceano<br />

Eracle arrivò nel fondo dell’ oceano e lì il polpo cercò di soffocarlo con i<br />

suoi lunghi tentacoli, ma Eracle riuscì a liberarsi ed a tagliargli i tentacoli.<br />

IX Fatica<br />

Uccidere un grifone<br />

Eracle andò nella grotta dove viveva il grifone, mentre l’ animale<br />

dormiva.<br />

L’ eroe estrasse la sua spada, gli trafisse il cuore e lo uccise.<br />

X Fatica<br />

Conquistare Uruk<br />

Avendo già ucciso i soldati posti a guardia di Uruk, per Eracle questa<br />

impresa fu molto facile. Fece scappare gli abitanti e conquistò la città.<br />

Eracle, dopo aver superato tutte le “dieci fatiche”, si sposò con Elena.<br />

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26


Testo e disegni realizzati da: De Vivo Lorenzo, Micheli Matteo, Montani<br />

Viola, Paioletti Matilde (classe I A)<br />

27


CLASSE I B<br />

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Le prove dei tre frammenti<br />

Un tempo vivevano in un lontano regno un re e sua moglie: Aschelide ed<br />

Elida. Essi avevano un grande segreto: senza la “pietra sacra” non<br />

potevano sopravvivere.<br />

Purtroppo la terribile maga Orisida, che voleva governare al loro posto,<br />

riuscì a rubarla e la ruppe in tre frammenti che disperse nei luoghi più<br />

pericolosi mettendovi a guardia dei mostri orripilanti.<br />

La coppia reale era sempre più debole e dopo cinquanta giorni sarebbe<br />

morta.<br />

Allora il figlio Ortelide, che era un guerriero potente, decise di recuperare<br />

tutti i pezzi per salvare i suoi genitori.<br />

I Frammento<br />

Il primo frammento era nascosto nel punto più oscuro di un bosco di<br />

aceri e precisamente dentro ad una grotta con a guardia l’ hamunk, un<br />

mostro con il corpo di serpente e la testa d’ aquila.<br />

Per ucciderlo, Ortelide dovette tendergli un tranello: costruì un enorme<br />

buco che ricoprì con foglie e rami nelle vicinanze della grotta ed attirò<br />

fuori il mostro. Così vi cadde dentro ed il principe potè recuperare il<br />

frammento della “pietra sacra”. Una volta ottenuto quanto cercato, lasciò<br />

morire il terribile hamunk nella trappola.<br />

II Frammento<br />

Il secondo frammento era nascosto all’ interno della piramide di<br />

Tutancamon in Egitto ed a guardia c’era un enorme scarabeo dorato.<br />

I soldati di Ortelide pensarono a distrarre il mostro mentre il principe<br />

prese la pietra; poi, con l’ aiuto di tutti i suoi uomini, fece cadere la<br />

piramide addosso allo scarabeo che morì schiacciato.<br />

Però in seguito, dispiaciuto per quanto aveva fatto, fece ricostruire l’<br />

edificio.<br />

29


III Frammento<br />

L’ ultimo frammento si trovava sul fondo del mare e precisamente in una<br />

grotta corallina con a guardia un mostro marino.<br />

L’unica cosa che poteva ucciderlo era il fuoco ma a contatto con l’ acqua<br />

si sarebbe subito spento. Allora Ortelide si fece ingoiare tutto intero dal<br />

mostro e, una volta entrato nella sua pancia, appiccò un fuoco con due<br />

pietre focaie che aveva tenute ben asciutte nella sua sacca. Una volta<br />

ucciso, uscì dalla sua bocca e recuperò l’ ultimo pezzo di pietra.<br />

Infine il giovane fece ritorno nella sua terra dove ricompose la “pietra<br />

sacra” ed i suoi genitori furono salvi, mentre la maga Orisida venne<br />

condannata alla prigione a vita.<br />

Per ricompensa, Ortelide ascese al Sacro Olimpo dove venne accolto<br />

calorosamente.<br />

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31


Testo e disegni realizzati da: Calzolari Andrea, Giovanelli Matilde, Pucci<br />

Pietro Thanhuy, Traversi Francesca (classe I B)<br />

32


Lo scrigno dorato<br />

Un giovane di nome Guglielmo volle oltrepassare i sette mari per<br />

impadronirsi di uno scrigno ereditato dal padre ormai deceduto da un<br />

anno.<br />

Esso era molto prezioso e tutti lo volevano.<br />

Prima navigò nell’ Oceano Atlantico dove incontrò la bella guerriera<br />

Felis di cui s’ innamorò. Così i due continuarono il viaggio insieme.<br />

Ad un certo momento approdò in un’ isola sperduta dove affrontò un<br />

gruppo di nomadi chiamati Celsi. Guglielmo e la sua amata vennero<br />

catturati ma, mentre procedevano verso le prigioni, sentirono dire che lo<br />

scrigno era in loro possesso ma che era custodito nell’ isola di Ioda e<br />

custodito dal drago Cem, il più potente di tutti i suoi simili.<br />

I ragazzi cercarono un modo per fuggire e ci riuscirono grazie ad uno<br />

stratagemma: fecero ubriacare la guardia che aprì la porta della cella e<br />

indicò loro la strada per Ioda dicendo che occorreva per forza andare via<br />

mare e fare molta attenzione al “Triangolo delle Bermuda”.<br />

I due partirono ed arrivarono su un’ isola tutta buia credendo di essere<br />

giunti a destinazione. Così andarono subito a cercare la grotta dov’ era<br />

nascosto lo scrigno e lo trovarono grazie ad una scia di fumo<br />

proveniente dalle fauci del drago.<br />

Non appena trovato il mostro, Guglielmo lo attaccò ed i due<br />

combatterono a lungo fino a quando il giovane lo sconfisse e lo uccise.<br />

Poi Guglielmo entrò nella grotta ed intravide lo scrigno nell’ oscurità.<br />

Però c’ erano diverse trappole che impedivano di avvicinarsi; allora lui si<br />

ricordò di una canzone che gli cantava il padre e decise di seguire le<br />

indicazioni proposte dal testo.<br />

Pareva incredibile ma il giovane riuscì ad evitare le trappole, a prendere<br />

lo scrigno ed a portarlo ad Itaca assieme all’ amata Felis.<br />

33


il triangolo delle Bermuda<br />

lo scrigno dorato<br />

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Testo e disegni realizzati da: Acerbi Alessio, Bologna Christian, Kolaj<br />

Lorenzo, Porto Gaia, Reginato Camilla (classe I B)<br />

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La nuova dinastia di Iulio<br />

Iulio, figlio di Enea e della dea Atena, era stato scelto per fondare una<br />

nuova città. Così, spinto dal Fato, una mattina lui e suo padre partirono<br />

con quaranta navi e navigarono verso la Calabria dove incontrarono il<br />

mago Cero che li trattenne per tre anni.<br />

Poi ripartirono ma una tempesta li fece naufragare in Africa.<br />

Lì incontrarono una sibilla di nome Rita che spiegò loro che la città che<br />

Iulio doveva fondare avrebbe dovuto essere situata a levante dove sorge<br />

il sole e ricoperta completamente d’ oro e d’ argento.<br />

Subito al padre Enea venne in mente la terra di Santina perché da lì si<br />

vedeva subito il sole. Così i due giunsero in quel luogo e vi fondarono la<br />

città.<br />

Ci volle un anno per completarne l’ edificazione; alla fine Iulio ed Enea<br />

ripartirono ma sfortunatamente un tempesta li fece naufragare sull’ isola<br />

d’ Elba dove degli enormi scarafaggi provenienti dall’ Africa dimezzarono<br />

le loro truppe.<br />

Gli dei, per far comprendere al giovane che non era quella la città<br />

indicata,gli apparvero in sogno e gli proposero un enigma: LA TERRA<br />

DOVE SORGE IL SOLE NON HAI ANCORA TROVATO E DI QUESTO<br />

NON HAI ANCORA PAGATO.<br />

Iulio pensò che fosse solo un incubo ma non era così: ad Ogigia morì<br />

suo padre, così comprese il significato delle parole del sogno e trovò la<br />

terra giusta in Grecia.<br />

Prima di arrivarci, approdò in Tracia dove s’ innamorò di Leti, la regina<br />

del luogo. Così partirono insieme ed arrivarono a Troia dove Iulio rimase<br />

affascinato dalle bellezze della città ma, purtroppo, successe una<br />

disgrazia: Leti venne uccisa dal crollo di un edificio.<br />

Allora Iulio disperato ripartì, poi arrivò finalmente in Grecia dove costruì<br />

la città e diede inizio ad una nuova dinastia.<br />

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Testo e disegni realizzati da: Gaido Chiara, Giorgini Nicolò, Mattioni<br />

Giulia, Moretti Filippo (classe I B)<br />

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Wilsena<br />

Il protagonista della storia è Wilson, un giovane inglese che ha voglia di<br />

conoscere la Terra in tutti i suoi aspetti e per questo decide di esplorare<br />

alcune città, partendo da Roma, la città eterna, dove è sempre vissuto.<br />

Come prima tappa decide di andare ad Istanbul ma una tempesta lo<br />

porta ad Atene dove viene accolto da delle guinzie: bellissime fanciulle<br />

che, con il loro fascino, incantano gli uomini facendoli stare con loro per<br />

anni allo scopo di ucciderli. Wilson non cade nella trappola perché ha già<br />

sentito parlare di loro, però perde tutti gli uomini del suo equipaggio.<br />

Finalmente approda ad Istanbul dove un uomo molto anziano gli rivela<br />

che non è figlio di Ilenia (la donna che lo ha cresciuto) e che, appena<br />

nato, è stato trovato sulla sponda del fiume Tevere. Wilson, molto<br />

arrabbiato e contemporaneamente deluso per quanto ha appreso, si<br />

rimette in viaggio.<br />

Giunge in Egitto e rimane stupito per la bellezza del Cairo dove trova<br />

una grande quantità di antichissimi resti. Dopo qualche settimana si<br />

rimette in viaggio.<br />

Arriva in Tunisia e precisamente nella capitale dove incontra Klunie, un<br />

uomo molto astuto che ha la sua stessa voglia di viaggiare. Così i due<br />

diventano amici e decidono di recarsi in Sicilia; lì si fermano per molto<br />

tempo perchè due fanciulle dell’ isola s’ innamorano di loro e li<br />

costringono a stare con loro. Fortunatamente, grazie all’ astuzia di<br />

Wilson , riescono a fuggire.<br />

I due giovani giungono a Cagliari in Sardegna dove incontrano due<br />

mostri che li vogliono uccidere, ma loro riescono a sconfiggerli.<br />

Arrivano all’ isola di Minorca, dominata dalla macchia mediterranea e<br />

rinomata per la quiete che vi regna. Affascinati e stupiti per l’ acqua<br />

cristallina, decidono di tuffarsi in mare per fare un bagno. Però,<br />

nonostante all’apparenza sia incantevole, racchiude un pericolo: la<br />

presenza di tanti piccoli pesciolini che si attaccano alle gambe e non si<br />

staccano più, simili a sanguisughe. Klunie, che si è avventurato troppo in<br />

mare aperto, all’ improvviso si accorge di questi animaletti, grida a<br />

Wilson di scappare e di tornare sulla spiaggia; poi scompare tra i flutti<br />

annegato.<br />

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Wilson, rimasto solo, è addolorato e triste perché per la prima volta<br />

prova che cosa significhi perdere una persona cara. Vorrebbe ritornare a<br />

Roma ma, ripensando alle parole pronunciate dall’ anziano uomo di<br />

Istanbul, decide di non farlo e di fermarsi ad Ajaccio, in Corsica, dove<br />

incontra una bellissima donna di cui s’ innamora, ricambiato. I due si<br />

sposano e vivono felici e contenti.<br />

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Testo e disegni realizzati da: Bini Michele, Gallina Alice, Foschi Michele,<br />

Pedrazzi Alessia, Poletti Simone(classe I B)<br />

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Lenao ed Anchise<br />

L’ isola di Linosa era abitata da un popolo molto pacifico: gli Etagini. Essi<br />

erano governati da un sovrano molto saggio, il re Nestore, che dopo un<br />

anno di governo aveva sposato Fedra. Dopo un po’ di tempo la regina<br />

era rimasta incinta di due gemelli; il parto fu molto doloroso così, appena<br />

dati alla luce i due fratellini, lei morì.<br />

Nestore era molto triste ma aveva due figli da crescere da solo, così si<br />

diede subito da fare perché era quello che avrebbe voluto anche sua<br />

moglie.<br />

Fin da quando erano piccoli, il re diede ai suoi due figli, Lenao ed<br />

Anchise, un’ educazione molto severa. Il tempo trascorse ed i due<br />

gemellini, da bambini vivaci divennero uomini molto determinati.<br />

Un giorno, il padre convocò i due figli nella sua stanza e fece loro un<br />

discorso. Disse che ormai era anziano, mancava poco tempo alla sua<br />

morte e, quindi, aveva bisogno di un successore che governasse al suo<br />

posto, però non voleva fare preferenze. Così li avrebbe sottoposti ad<br />

una prova molto difficile per stabilire chi sarebbe diventato re: dopo due<br />

settimane da quell’ incontro avrebbero dovuto scalare il monte Acrena<br />

prima che la “Grande clessidra del tempio” avesse finito di far scorrere la<br />

sua magica sabbia ( cioè entro mezzogiorno) e, naturalmente, avrebbe<br />

vinto il primo arrivato.<br />

I due fratelli si volevano molto bene ma entrambi volevano avere il<br />

comando sul regno e, quindi, erano determinati a vincere.<br />

Le voci si sparsero in fretta nel regno ed i cittadini speravano che<br />

superasse la prova il loro preferito, il principe Lenao, perché era<br />

altruista, generoso, gentile, educato, insomma un uomo amabile ma, all’<br />

occorrenza, anche spietato. Invece il gemello Anchise era viziato,<br />

arrogante, antipatico, maleducato, presuntuoso e pensava solo al suo<br />

aspetto. Inoltre era un fifone ed aveva paura anche solo della sua<br />

ombra.<br />

I due fratelli, indifferenti di quello che pensava la gente, si allenarono<br />

intensamente durante quelle due settimane.<br />

La gara sarebbe iniziata alle cinque del mattino e sarebbe durata al<br />

massimo fino a mezzogiorno ed i lettori, a questo punto, penseranno: il<br />

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giorno prima i due contendenti avrebbero dovuto dormire tutto il giorno e<br />

invece…<br />

Lenao continuò a svegliarsi presto per fare gli allenamenti ed Anchise<br />

andò con i suoi amici a “compiere avventure”.<br />

Il giorno dopo, alle cinque in punto, sia Lenao che Anchise si trovarono<br />

ai piedi della montagna con il padre, le guardie e molti spettatori<br />

incuriositi. Iniziò uno stressante conto alla rovescia, al segnale del re un<br />

cavaliere capovolse la clessidra ed i due fratelli diedero inizio alla<br />

scalata.<br />

Ci furono molti alti e bassi, ma in testa era Anchise, non si sapeva come<br />

avesse fatto, ma stava vincendo (probabilmente aveva barato). Alla fine,<br />

quando ormai mancava pochissimo allo scadere del tempo stabilito, uno<br />

scatto fulmineo di Lenao lo portò in testa e lo fece vincere.<br />

Poco tempo dopo il loro padre morì ma il regno aveva un bravissimo e<br />

saggio sovrano: Leonao.<br />

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Testo e disegni realizzati da: Casotti Elena, Moscano Sofia, Piva<br />

Andrea, Vesigna Enrico Pablo (classe I<br />

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CLASSE I C<br />

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Il dio Terremoto, la dea Natura e gli umani<br />

Tanto tempo fa sul monte Fuji viveva Terremoto, dio della Terra. Egli<br />

aveva il corpo fatto di roccia e polvere e tutti ( sia dei che umani) lo<br />

ammiravano per questo ma lo detestavano per il suo carattere irascibile.<br />

Egli scaricava la sua rabbia dicendo con un vocione profondo e potente<br />

che faceva tremare tutto ciò che lo circondava: “Dannati…ora vi faccio<br />

vedere io!”.<br />

Fortunatamente, però, la sua rabbia svaniva in pochi minuti e, man<br />

mano che si tranquillizzava e tornava bonaccione, la Terra tremava<br />

sempre meno. Così gli umani, che vivevano rinchiusi nelle loro case ai<br />

piedi del monte, potevano ritornare tranquilli e sereni ad occuparsi delle<br />

loro faccende quotidiane.<br />

Gli altri dei si erano tanto abituati al comportamento di Terremoto che<br />

ormai fingevano di temerlo. Calma apparente!!!<br />

Un giorno di sole arrivò nel regno di Terremoto la bellissima dea Natura<br />

che gli disse: “O Terremoto, non sai in che guaio sono capitata…gli<br />

umani mi maltrattano: sciupano l’ acqua ignorando le necessità delle<br />

piante e degli animali che soffrono, e non solo questo, portano via l’<br />

argilla, scavando strati profondi nella terra, per costruire oggetti , vasi,<br />

piatti ma, soprattutto, case; loro sono comandati dal dio Fuoco,<br />

ambizioso e desideroso di diventare il capo di tutti. Ti prego, Terremoto,<br />

aiutami!”.<br />

Il dio, livido dalla rabbia per il racconto ma contento di aver trovato<br />

qualcuno che gli confidasse le sue pene, andò su tutte le furie<br />

scatenando la sua rabbia in modo più violento del solito, lasciando<br />

scorrere l’ ira nelle sue vene senza contenersi.<br />

Un boato terrificante pervase l’ atmosfera e la terra tremò così forte che<br />

tutte le case costruite in precedenza dagli uomini finirono miseramente<br />

in frantumi, senza possibilità di recupero. Da quel giorno sorse una<br />

nuova civiltà.<br />

Gli uomini e gli dei rispettarono maggiormente la dea Natura e cercarono<br />

di rendere le giornate del dio Terremoto più tranquille. Tutti erano<br />

diventati più attenti al rispetto dell’ altro.<br />

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Testo e disegni realizzati da: Evangelisti Giada, Franceschini Ella,<br />

Gaggini Matteo, Puggioni Nicole (classe I C)<br />

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Italo ed il mare<br />

Viaggio di un eroe alla ricerca di se stesso<br />

Un giorno un giovane di nome Italo partì dalle suggestive coste liguri per<br />

andare alla scoperta di nuove terre. Prima di affidarsi al suo ignoto<br />

destino, gettò un ultimo sguardo veloce ma intenso alle alte mura che<br />

circondavano la suggestiva chiesetta di San Pietro a Portovenere,<br />

affacciandosi alle cui finestrelle aveva infinite volte sognato di partire.<br />

Quel momento era finalmente arrivato ed il suo cuore fremeva al<br />

pensiero di quel viaggio avventuroso. Italo era curioso, sapeva che oltre<br />

l’ orizzonte si apriva un mondo tutto da scoprire a costo della sua stessa<br />

esistenza perché il senso di ciò che stava per compiere stava proprio nel<br />

fatto che la vita si sarebbe incontrata con la morte ed avrebbe cercato in<br />

ogni modo di sfidarla.<br />

Ma a quali difficoltà egli avrebbe dovuto far fronte?<br />

Italo, di certo, allora non immaginava quanti ostacoli avrebbe incontrato<br />

prima di tornare in patria.<br />

PRIMA TAPPA: L’ ISOLA D’ ELBA<br />

Italo stava navigando ormai da molti giorni ed era solo, perché così<br />

aveva voluto, in balìa del destino e delle onde. Davanti a lui c’ era solo il<br />

mare sconfinato e burrascoso. Un giorno il giovane, come per miracolo,<br />

avvistò all’ orizzonte un’ isola, la cui forma allungata e sottile faceva da<br />

barriera all’ infinito. Appena l’ ebbe raggiunta, egli rimase a contemplare<br />

il paesaggio in silenzio fino a quando udì una vocina delicata che disse:<br />

“La tua determinazione ti ha spinto fin qui, Italo, guarda oltre ed otterrai<br />

riposta al tuo desiderio di conoscere. Spingiti oltre, coraggio!”. Si trattava<br />

di una bellissima sirena che lo stava fissando e gli suggeriva di<br />

procedere. Più oltre il giovane vide l’ imbocco di una caverna, come se<br />

fosse stato l’ unico punto di accesso verso l’ orizzonte non troppo<br />

lontano.<br />

La sirena continuò: “Sfida il serpente della caverna e potrai continuare il<br />

tuo viaggio, altrimenti torna indietro!”.<br />

Italo, sicuro e coraggioso, le rispose: “Ce la farò, sfiderò il serpente a<br />

costo della vita!”. Così intraprese una difficile lotta con l’ animale e, dopo<br />

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essere riuscito a sconfiggerlo, scorse dinanzi ai suoi occhi una strada<br />

luminosa che lo condusse dall’ altra parte dell’ isola. Là il mare era<br />

calmo, piatto ed invitante. Egli non aveva paura, mise in acqua la sua<br />

piccola imbarcazione e si lasciò trasportare verso il suo destino.<br />

SECONDA TAPPA: GAETA ED IL MONDO SOTTERRANEO<br />

Il viaggio procedeva proprio come Italo aveva sempre immaginato. Dopo<br />

alcuni giorni di navigazione si fermò nel golfo di Gaeta; poi, tremante ed<br />

eccitato, andò a baciare la terraferma. Mosse qualche passo incerto ma,<br />

improvvisamente, cadde pesantemente in basso, sprofondò e si trovò al<br />

centro di un bosco buio dove tanti minuscoli uomini barbuti e seri lo<br />

osservarono curiosi. Essi, in coro, ripeterono la stessa frase che gli<br />

aveva precedentemente detto la sirena: “ La tua determinazione ti ha<br />

spinto fin qui. Vuoi continuare il viaggio? Aiutaci ad uscire da qui e ad<br />

arrivare al mare, così tu sarai di nuovo libero ed anche noi”. Italo rispose<br />

loro: “Non vi preoccupate, ce la farò e saremo tutti liberi!”. Da quel<br />

momento lavorò incessantemente per parecchi giorni e, con l’ aiuto dei<br />

buffi ometti, costruì una strada verso il cielo, verso la libertà che permise<br />

a tutti di risalire e di tornare al mare. Poi salutò i suoi nuovi amici e<br />

riprese la navigazione verso il suo destino.<br />

TERZA TAPPA: SALERNO<br />

Questa fu una sosta determinante perchè Italo trovò il relitto di una<br />

misteriosa nave abitata dal fantasma di un sapiente imperatore che, alla<br />

sua richiesta di conoscere il motivo di tanto vagabondare, gli rivelò che<br />

era quello di andare alla ricerca di se stesso.<br />

QUARTA TAPPA: TROPEA<br />

In questa località il giovane entrò in possesso di una chiave magica che<br />

gli permise di accedere negli abissi più profondi del mare e di<br />

comunicare con mostruosi animali marini che gli indicarono la giusta via<br />

da percorrere.<br />

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QUINTA TAPPA: LO STRETTO DI MESSINA<br />

Qui Italo conobbe l’ amore: un meraviglioso uccello si trasformò in una<br />

fanciulla, che era stata fatta prigioniera di un incantesimo ed Italo se ne<br />

innamorò perdutamente. Purtroppo la sua vita poteva continuare solo in<br />

quel luogo altrimenti sarebbe subito morta ma il giovane, mosso sempre<br />

dal desiderio di viaggiare, la lasciò pur con dolore.<br />

SESTA ED ULTIMA TAPPA: IL RITORNO IN PATRIA<br />

Erano trascorsi molti anni, Italo era invecchiato, le sue avventure erano<br />

sempre eccitanti ma cominciavano a stancarlo. Egli poteva ritenersi<br />

soddisfatto: aveva realizzato il suo sogno, viaggiato per anni, visto luoghi<br />

inesplorati ed incantati, conosciuto persone nuove e culture diverse dalla<br />

sua.<br />

Il suo corpo ormai indebolito dal peso degli anni racchiudeva una mente<br />

lucida in cui era racchiuso un intenso desiderio di tornare a casa, al suo<br />

punto di partenza e di approdo. Egli, sebbene impegnato nelle sue<br />

molteplici avventure, non aveva mai cessato di pensare alla sua terra<br />

natia ed alle persone amate che aveva lasciato. Ora si chiedeva se<br />

fossero ad attendere il suo ritorno e se, come lui, desiderassero<br />

rivederlo. La vita gli aveva dato molto ma si rendeva conto che non gli<br />

avrebbe concesso ancora tanto tempo. Come avrebbe fatto a tornare in<br />

patria? Si trovava lontano da Portovenere e non sapeva se avrebbe<br />

avuto le forze necessarie per affrontare un così lungo viaggio; sarebbero<br />

occorsi mesi e lui era stanco.<br />

Un giorno andò in cerca di una risposta al suo tormento e, per farlo,<br />

camminò nella bellissima Lampedusa, dove risiedeva da due anni, fino<br />

alla cima di un monte dove abitava un anziano sapiente che, si diceva,<br />

avesse poteri soprannaturali perchè in contatto con gli dei.<br />

Italo, giunto davanti a lui, si prostrò ai suoi piedi e pianse: “Solo tu puoi<br />

aiutarmi. Nella mia vita ho visto tanti paesi e persone diversi, però vorrei<br />

morire nella mia patria. Indicami , ti prego, la strada per la costa ligure,<br />

dimmi come posso trovare i mezzi per poterla raggiungere, così i miei<br />

occhi potranno gioire nuovamente dinanzi alle bellezze della mia terra<br />

lontana!”.<br />

54


L’ interlocutore, sebbene fosse cieco,poteva percepire chiaramente tutto<br />

il dolore di Italo e disse: “Domani mattina all’ alba vai al porto. Cerca in<br />

cielo la stella del desiderio che noterai perché, anche se giorno, c’ è<br />

sempre. Fissala a lungo stringendo fra le mani l’ amuleto che ti sto per<br />

dare e si spalancherà davanti a te un labirinto complesso ed enigmatico,<br />

percorrilo tutto affrontando le prove che vi troverai e, alla fine del<br />

percorso, potrai salire su una nave. Come per magia rivivrai il tuo<br />

viaggio, approdando in tutti i porti in cui sei stato, vedrai la tua vita<br />

scorrerti davanti agli occhi. Il dio della Fortuna sarà lì accanto a te”.<br />

Italo fece quanto gli aveva ordinato l’ anziano sapiente; così tornò a<br />

rivedere la tanto amata costa ligure ed in particolare Portovenere dove<br />

visse fino alla morte.<br />

1) Portovenere (partenza) – 2) Isola d’ Elba – 3) Golfo di Gaeta<br />

4) Salerno – 5) Tropea – 6) Stretto di Messina – 7) Lampedusa –<br />

8) Portovenere (ritorno)<br />

Testo e disegni realizzati da: Cipriani Gaia, Gemmi Leonardo, Mannarà<br />

Martina, Morelli Alice (classe I C)<br />

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Il viaggio di Euriloco<br />

Dopo dieci anni dalla fine della battaglia di Adrianopoli, circa nel 388, l’<br />

eroe Euriloco con alcuni compagni, dopo essere riusciti a sfuggire alla<br />

strage dei soldati romani,stavano effettuando un viaggio nelle acque del<br />

Mediterraneo per volere del Fato.<br />

Egli era un guerriero molto forte ed audace, biondo con gli occhi azzurri,<br />

per metà divino e per l’ altra umano (semidio).<br />

Un giorno il vento li condusse presso le coste di un’ isola abitata dalla<br />

bellissima dea Cimsene, maestra di incantesimi. Appena la ragazza li<br />

vide, chiese loro: “Qual buon vento vi conduce da queste parti?” e loro<br />

risposero: “Sono stati gli dei a portarci qui con il favore dei venti!”; poi la<br />

dea li invitò a pranzo. Ma le sue intenzioni non erano buone: infatti<br />

voleva renderli incoscienti e darli in pasto ai suoi leoni. Così fece un<br />

incantesimo dando al veleno il sapore ed il colore del vino e lo offrì alla<br />

ciurma: di colpo tutti caddero per terra senza sensi. Poi li fece portare<br />

dai suoi servitori in una stanza e li chiuse dentro.<br />

Per farli perire più in fretta, non diede loro più alcun cibo, così molti<br />

morirono di fame. Poi venivano tirati fuori dal locale e dati in pasto alle<br />

belve.<br />

Euriloco, vedendo sempre meno compagni attorno a sé, urlando e<br />

piangendo disse: “Cimsene, perché fai questo?”. Ormai erano rimasti<br />

solo in due e, fra poco, sarebbero diventati anch’ essi cibo per i leoni.<br />

Allora l’ eroe, temendo la morte imminente, decise di evadere assieme al<br />

fedele marinaio Piros, passando attraverso un piccolo passaggio che<br />

avevano scavato nel muro. Appena usciti all’ esterno della stanza,<br />

corsero dal portone che era stranamente aperto, poi si diressero in fretta<br />

al porto dove li aspettava la loro imbarcazione. In quel momento Piros<br />

disse: “Finalmente, Euriloco, siamo riusciti a scappare. Non ci speravo<br />

più” e ripresero il viaggio per tornare in patria.<br />

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57


Testo e disegni realizzati da: Oddone Giacomo e Truglio Jasmine<br />

(classe I C)<br />

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Il viaggio di Ascanio<br />

Un tempo nella pianura padana viveva Ascanio, bellissimo figlio di<br />

Apollo e dai poteri soprannaturali, con sua madre Alide. Un giorno,<br />

quando il giovane tornò a casa, trovò sua madre distesa per terra<br />

agonizzante; lui la prese tra le braccia e la depose sul letto. Lei lo<br />

guardò con i suoi dolci occhi e con un filo di voce disse: “ Figliolo, è<br />

giunta la mia ora, gli dei non vogliono più farmi ridere e camminare all’<br />

aria aperta. Ascanio, ora me ne andrò per sempre ma prima senti bene<br />

le mie parole: per ogni decisione che dovrai prendere nella vita ascolta<br />

sempre che cosa ti dice il cuore…”ma non riuscì a terminare la frase<br />

perchè la morte la portò via con sè. Allora il giovane si recò subito dalla<br />

principessa Efigenia, di cui la madre era stata l’ ancella, per annunciarle<br />

la triste notizia. Ma, non appena la vide, rimase senza parole tanta era la<br />

sua bellezza e se ne innamorò. “Bel giovane, perchè mi vuoi parlare?<br />

Quale notizia mi porti?” disse la fanciulla. Ascanio rispose: “Mia<br />

bellissima principessa, sono venuto fin qui per dirle che la sua ancella,<br />

nonchè mia madre, è morta” A quelle parole il sorriso di lei si spense<br />

sulle sue labbra, si sedette sul letto e si mise a piangere. Lui avrebbe<br />

voluto dichiararle il suo amore ma non gli sembrò giusto e decise di<br />

andarsene, però la principessa lo fermò e disse: “Bel giovane. non<br />

andare via perchè vorrei conoscerti!”. Ascanio rimase di sasso perchè<br />

non riusciva a capire come mai quella meravigliosa creatura volesse<br />

proprio la sua compagnia. Si lasciò convincere a restare e ne approfittò<br />

per dichiararle il suo amore; lei sorrise alla dichiarazione, però aveva lo<br />

sguardo assente come se nascondesse un segreto. Egli lo capì subito e,<br />

incuriosito, cercò di scoprirlo: lei era la promessa sposa di Eurione,<br />

crudele e spietato sovrano di Cipro, ma non lo conosceva neppure”.<br />

Allora Ascanio si alzò prontamente in piedi e le giurò che sarebbe<br />

andato da quel re, lo avrebbe sconfitto e sarebbe tornato per sposarla.<br />

Lei, sentendo quelle parole, lo abbracciò felice ma, prima che se ne<br />

andasse, gli disse: “Il re è invulnerabile e l’ unico modo per sconfiggerlo<br />

è strappargli il solo capello d’ oro che ha in testa; così tornerà umano e<br />

potrai ucciderlo senza alcuna fatica”, gli consegnò tutto ciò che avrebbe<br />

potuto servirgli per il viaggio, gli fornì un equipaggio ed una nave; poi lui<br />

partì. Durante il tragitto incontrò le sirene che, con il loro canto<br />

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melodioso, fecero cadere metà dei suoi uomini in mare. Lui si salvò<br />

grazie all’ arpa donatagli dal padre Apollo che rendeva sordi il suonatore<br />

mentre la suonava e chi stava ascoltando. Successivamente approdò<br />

nell’ isola dei Ciclopi a cui, di nascosto, rubò il cibo. Dopo tante tempeste<br />

ed incontri con vari mostri, approdò a Cipro. Al porto incontrò un<br />

giovane, che in realtà era suo padre travestito, a cui chiese dove si<br />

trovasse il re Eurione. Egli gli rispose che si trovava nella sua reggia<br />

circondata da mostri e demoni. Disse, inoltre, che in quei giorni il<br />

sovrano era molto adirato e che, perciò, occorreva stare ancora più<br />

attenti. Ascanio stava per ringraziarlo per le sue parole, quando si<br />

accorse che era scomparso; così capì che era suo padre e, fiducioso, si<br />

recò alla reggia. Si mise a suonare la sua arpa stordendo tutti i mostri ivi<br />

presenti; poi, con la spada, li tagliò a metà. Ne rimaneva solo uno<br />

ancora vivo: aveva la coda da scorpione, il corpo da drago alato, cinque<br />

teste umane nelle quali due occhi ardenti per ciascuna lo fissavano e su<br />

una c’era un unico capello d’ oro. Non aveva dubbi: quello era il re.<br />

Eurione parlò con voce roca ma solenne: “O straniero, come osi entrare<br />

nel mio castello. Questo affronto lo pagherai con la vita!”. Neanche ebbe<br />

finito di pronunciare la frase che si gettò addosso ad Ascanio, ma egli ne<br />

approfittò per sguainare la spada e tagliargli il capello. In quello stesso<br />

istante il mostro si trasformò in un ometto basso e calvo che gli chiese di<br />

risparmiargli la vita; egli, impietosito, accettò. Poi, felice, tornò dalla<br />

principessa Efigenia che lo attendeva impaziente. Ben presto i due si<br />

sposarono, regnarono saggiamente ed ebbero due figli che erano l’ una<br />

il contrario dell’ altro: la bambina era timida e calma, con i capelli di color<br />

argento come la Luna; mentre il maschietto era solare e vivace, con i<br />

capelli di color oro come il Sole. Ascanio ed Efigenia, quando morirono,<br />

salirono all’ Olimpo e diventarono semidei.<br />

Testo realizzato da Moracci Ginevra (classe I C)<br />

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La ricerca del Portale Divino<br />

“Quel giorno tutti gli dei scesero dall’ Olimpo e giunsero sulla Terra con<br />

un unico scopo: l’ edificazione del Portale Divino. Molti credono che sia<br />

una leggenda, altri dicono di averlo visto ed alcuni sono morti per non<br />

averne svelato l’ esatta collocazione. Si dice che questo portale sia stato<br />

forgiato da Ermes con del marmo incorruttibile, che Ares gli abbia dato la<br />

forza per resistere alle intemperie, che Poseidone lo abbia collocato in<br />

fondo al mare, che Afrodite lo abbia reso splendido ed Era, con il marito<br />

Zeus, gli abbiano dato la maestosità e la grandezza. Si racconta che da<br />

esso si possa raggiungere ogni luogo e che chi lo attraversi possa,<br />

inoltre, avere il dono della vita eterna”. Questo narrava la sciamana ai<br />

bambini del villaggio e Yake adorava le sue leggende, anche se non tutti<br />

ci credevano.<br />

Un giorno la donna gli rivelò un segreto che non avrebbe mai dovuto<br />

rivelare ad alcuno. Il Portale Divino esisteva davvero ma erano in pochi<br />

a sapere dove fosse, inoltre era protetto da dei guardiani.<br />

Yake, incuriosito, le chiese: “Sciamana, da che cosa lo difendono?” e lei<br />

rispose: “Come sai, ragazzo mio, non tutti sono buoni come te. Alcuni<br />

vorrebbero il Portale tutto per sé, per avere la vita eterna e distruggere<br />

gli altri; per questo noi guardiani lo proteggiamo”.<br />

“Noi?” chiese ancora Yake. “Anche io sono una guardiana - riprese la<br />

sciamana - e ti stavo cercando da molto tempo. Vedi, il Padrone del<br />

Buio ci sta attaccando perché sa che solo noi guardiani sappiamo dove<br />

si trova il Portale. Tu sei il solo che possa sconfiggerli. Ascoltami<br />

attentamente, Yake, io sono troppo anziana per seguirti, perciò dovrai<br />

raggiungere il mio villaggio da solo ma ora io ti darò tutte le indicazioni.<br />

Giunto alle montagne di fuoco, gira ad est finchè non troverai un’ aquila<br />

di pietra, segui la direzione in cui guarda quella statua e presta<br />

attenzione a scoprire le orme della morte. Quando le avrai scoperte, vai<br />

al nord ed arriverai al villaggio”.<br />

Il giovane partì ma il viaggio non fu semplice perché dovette affrontare l’<br />

“ira di molti mari” ma, finalmente, trovò le montagne di fuoco. Esse non<br />

erano normali ma, come rivela il nome, fatte di fiamme! Yake era<br />

disperato perché non sapeva come oltrepassare quell’ostacolo ma alla<br />

base c’ era una foresta in cui scorreva un fiume e….gli venne un’ idea.<br />

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Al suo villaggio aveva imparato a costruire delle zattere, così tagliò i<br />

tronchi di alcuni alberi con un’ accetta che aveva con sè, prese delle<br />

liane e legò insieme i tronchi. Poi adagiò la piccola imbarcazione sul<br />

fiume e…via. Viaggiò per ore sul fiume e, durante il tragitto si<br />

addormentò, risvegliandosi nel deserto. “La sciamana non me ne aveva<br />

parlato” pensò Yake; così, un po’ smarrito e timoroso di essersi perso,<br />

iniziò a camminare ma…dopo un po’ cadde a terra e svenne. Si risvegliò<br />

sotto ad un albero, in un’ oasi, dove una donna bellissima vestita con<br />

drappi argentei si stava lisciando i capelli: era Nausicaa. Ella lo salutò<br />

dolcemente come se si conoscessero da tempo e gli disse: “Yake, come<br />

stai? Va tutto bene? Abbeverati con l’ acqua che scorre in quest’ oasi, è<br />

così fresca e nel deserto c’ è così caldo”. Yake la ringraziò ma d’ un<br />

tratto Nausicaa si fece seria e proseguì: “Il viaggio che stai affrontando<br />

è pieno di difficoltà e per questo voglio aiutarti. Ad un certo punto capirai<br />

che ciò che stai cercando non è fuori ma dentro”. Poi, al termine del<br />

discorso, scomparve.<br />

Yake si risvegliò nel punto esatto in cui era svenuto. “Ma, allora, è stata<br />

un’ allucinazione, un miraggio” convenne. Proseguì per la sua strada<br />

finchè il paesaggio non cambiò: il caldo torrido del sabbioso ed arido<br />

deserto aveva lasciato posto all’ aria fresca ed umida ed a Yake<br />

facevano male i polmoni per lo sbalzo climatico.<br />

All’ improvviso una grande ombra lo ricoprì, ma non un’ ombra qualsiasi,<br />

infatti, quando Yake si voltò vide due grandi ali di pietra sopra di lui. “Le<br />

ali dell’ aquila! Ce l’ ho fatta!” esclamò e, pieno di euforia, si diresse<br />

verso l’ ultima tappa: le orme della morte. Proseguì per il percorso<br />

indicato dallo sguardo della statua che appariva come libera nell’ aria<br />

anche se fatta d’ indistruttibile pietra. Egli, però, ancora non sapeva che<br />

cosa lo aspettava alla sua ultima tappa.<br />

Giunto alla meta, Yake si trovò davanti ad uno spettacolo inaspettato: in<br />

quel luogo erano riuniti al completo i mostri incontrati da tutti gli eroi della<br />

mitologia. Negli occhi del giovane si riflettevano i volti orripilanti di Scilla<br />

e Cariddi, le spaventose Arpie, Cerbero, i mostruosi giganti e molti altri.<br />

La paura lo pietrificava, sarebbe stato possibile scappare? No, era<br />

troppo tardi, ma come riuscire a sopravvivere? Ad un certo punto, si fece<br />

largo tra tutti quegli esseri una figura totalmente nera di cui solo il<br />

mantello che strusciava per terra era riconoscibile, ma la cosa più<br />

spaventosa era il fatto che dietro di lui una scia oscura colorava il cielo di<br />

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nero.”Il signore del buio” sussurrò Yake. La misteriosa figura iniziò a<br />

parlare:”Già, sono proprio io! Penso di sapere chi tu sia e quale sia lo<br />

scopo per cui sei qui. Da tanto tempo ti aspettavo ma non so se l’<br />

anziana sciamana abbia fatto una buona scelta mandando te al mio<br />

cospetto!”.<br />

La paura aumentava sempre di più ed a Yake sembrava che l’ aria<br />

intorno a lui si raffreddasse ad ogni singola parola che veniva<br />

pronunciata da quel personaggio. “Tu vuoi che io liberi gli abitanti di<br />

questa regione dalla presenza di questi esseri mostruosi, giusto.<br />

Ebbene, lo farò solo se tu mi sconfiggerai in un duello. Accetti?” disse il<br />

signore del buio. Yake annuì. D’ un tratto la terra iniziò a tremare e si<br />

formò un’ alta montagna su cui salirono a combattere. Dei fulmini<br />

iniziarono ad illuminare il cielo. Il duello ebbe inizio ma il giovane non<br />

riusciva a tenergli testa, stava ormai perdendo quando, all’improvviso, il<br />

signore del buio cadde da una rupe. Dietro di lui, Yake riuscì ad<br />

intravedere una figura non ben delineata ma che riconobbe subito: la<br />

sciamana. Lei gli donò un arco; non poteva parlare, ma lo accarezzò e,<br />

per prodigio, si rimpicciolì infilandosi poi nella punta della freccia. A quel<br />

punto fu tutto chiaro: l’ essere contro cui Yake stava combattendo non<br />

era il signore del buio ma del male, dove c’è il buio non è detto che sia<br />

sempre presente il male ma è vero il contrario. Per sconfiggere quel<br />

personaggio occorreva l’ amore.Yake scese dalla montagna, si diresse<br />

verso l’ ombra e...lo colpì con la freccia. In quel momento tutto l’amore<br />

che la sciamana aveva provato nella sua vita si trasferì nel signore del<br />

buio e venne polverizzato da tutto quel calore. Il sole riprese a splendere<br />

nel cielo e Yake fu subito circondato dagli abitanti del luogo che, in<br />

segno di riconoscenza, unirono insieme le loro mani da cui fuoriuscirono<br />

piccoli raggi di luce che formarono il Portale Divino. Finalmente il<br />

giovane aveva trovato l’ oggetto delle sue ricerche e ne fu molto felice<br />

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Yake e la sciamana<br />

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Testo ed illustrazioni realizzati da Benetti Emma, Franceschini Marta,<br />

Piccolo Gabriele (classe I C).<br />

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CLASSE I D<br />

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Elocreide<br />

CAPITOLO I<br />

PARTENZA DA TROIA<br />

La guerra di Troia si scatenò perché Paride era fuggito con Elena,<br />

moglie di Menelao il quale era fratello di Agamennone, re di Sparta.<br />

Dopo dieci anni di combattimenti, la città fu distrutta dagli Achei guidati<br />

da Achille che venne ucciso da Paride.<br />

Elocre, figlio di Ares e di Persefone, era un generale che affiancò<br />

Ettore, principe di Troia e fratello maggiore di Paride. Egli partì dalla città<br />

in fiamme con il figlioletto Oranu nato da pochi giorni ed alcuni compagni<br />

di guerra e si recarono in una foresta di cedri dove costruirono una nave<br />

possente.<br />

CAPITOLO II<br />

L’ ORACOLO DI DELO<br />

Giunto a Delo con Oranu ed i suoi compagni, Elocre andò alla ricerca di<br />

un oracolo che avrebbe dovuto indicargli la strada che conduceva al<br />

Triangolo delle Bermuda per poter sconfiggere suo fratello Anteno, il<br />

quale aveva ucciso sua moglie Miranda, madre di Oranu.<br />

Una volta trovato, l’ oracolo disse queste parole: “Elocre, devi portarmi la<br />

testa dell’ idra che troverai nella foresta dei cedri”. L’ eroe rispose:<br />

“Perché devo farlo ed a che cosa serve l’ idra?” e l’ interlocutore<br />

continuò: “Voglio testare la tua forza!”.<br />

Allora Elocre prese con sé cinque uomini per sconfiggere il mostro; dopo<br />

essersi incamminati, sentirono uno schioccare di ramoscelli e ad un<br />

certo punto…bam!!!! L’ idra arrivò di scatto sputando fuoco dalla bocca<br />

e dalle narici. Il generale con la spada con cui aveva combattuto a Troia<br />

gli tagliò la testa centrale e la portò all’ oracolo che gli disse: “Ho capito<br />

quanto sei forte, così ora t’ indicherò la strada per raggiungere tuo<br />

fratello, ma dovrai stare molto attento…”; Elocre rimase ad ascoltarlo e<br />

rispose: “Perchè mai?”.<br />

L’ oracolo concluse: “Potresti naufragare in qualche isola per colpa di<br />

Poseidone”.<br />

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CAPITOLO III<br />

LA MORTE DI ARCHIDE<br />

A bordo della nave Elocre fece amicizia con Archide, esperto timoniere e<br />

coraggioso guerriero. Sì…era bravo a manovrare la nave ma non con<br />

una tempesta scatenata da Poseidone. Così l’ imbarcazione fece<br />

naufragio presso le isole Strofadi dove vivevano le arpie, creature con<br />

corpo di uccello, volto di donna ed artigli affilati.<br />

Elocre ed i suoi compagni combatterono contro di loro ed una di queste,<br />

Celeno, uccise Archide con i suoi artigli. Allora il generale<br />

arrabbiatissimo e con le lacrime agli occhi disse: “….Nooo!!! Hai ucciso il<br />

mio migliore amico, ora assaggerai la mia ira” e le tagliò la testa con la<br />

spada.<br />

Poi la nave, sfasciata dalla tempesta, venne bruciata ed Apollo gliene<br />

regalò un’ altra con la sua immagine.<br />

CAPITOLO IV<br />

LA FUGA AD OGIGIA<br />

Elocre ed i suoi compagni continuarono il viaggio ma, mentre stavano<br />

attraversando lo Stretto di Messina, si scontrarono con Scilla, che uccise<br />

tutti i suoi guerrieri e marinai, e Cariddi, che gli distrusse la nave.<br />

Il generale e suo figlio furono gli unici a salvarsi dai due mostri;<br />

naufragando nell’ isola di Ogigia, Elocre disse: “Ci siamo salvati…penso<br />

che ci troviamo in nell’ isola di Ogigia perché vedo alberi che mi<br />

ricordano di un viaggio compiuto insieme a mio padre”.<br />

Lì rimasero per oltre dieci anni fino a quando suo figlio divenne bravo nel<br />

combattere e navigare. Trascorsi gli anni di addestramento, la ninfa<br />

Calipso gli donò una nave ed Apollo altre venti con oltre duecento<br />

uomini pronti per partire per il Triangolo delle Bermuda. Prima di iniziare<br />

il viaggio, i due benefattori dissero a Elocre ed a Oranu: “Vi vogliamo<br />

premiare per la vostra devozione con queste navi, vi porteranno di sicuro<br />

al Triangolo delle Bermuda”.<br />

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CAPITOLO V<br />

LA SFIDA FINALE<br />

Arrivate le navi a destinazione, tutte furono circondate da squali che<br />

giravano loro attorno in maniera così veloce da provocare un mulinello<br />

gigantesco che le spinse alla terra di Anteno. Una volta approdati, Elocre<br />

ed i suoi uomini si schierarono contro mille scheletri, una piccola parte<br />

dell’ esercito di Anteno. Una volta sconfitti gli strani guerrieri, il generale<br />

si recò nel palazzo per incontrare il sovrano che disse: “Voi? Come<br />

avete osato mettere piede su queste terre?”; subito scoccò una freccia<br />

che, invece di colpire Elocre, mirò al povero Oranu, il quale, dopo essere<br />

riuscito a schivarla, prese la spada ed infilzò Anteno con un colpo<br />

mortale.<br />

Prima che il nemico morisse, Oranu gli disse: “Questa è la punizione che<br />

ti spetta per aver ucciso mia madre!”.<br />

A quel punto gli dei fecero salire i due eroi sull’Olimpo, mentre i<br />

compagni ereggevano una statua in loro onore e dicevano: “Elocre ed<br />

Oranu, questa statua è un omaggio al coraggio dimostrato nell’<br />

affrontare il perfido Anteno”.<br />

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Testo e disegni realizzati da: Alberghi Mattia, Barcellone Daniel,Grillo<br />

Alice, Stellaccio Francesco (classe I D)<br />

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Plantoneide<br />

Plant ed i suoi due amici JacK e Rosie erano tra i pochi sopravvissuti<br />

insieme ad altre venti persone ad una terribile guerra che era scoppiata<br />

cinque anni prima. Un giorno d’estate arrivò il capitano BarbaBianca con<br />

il suo fedele braccio destro e tutta la ciurma di pirati...e disse a Plant:<br />

“Per il corpo di mille balene, che brutta terra arida e senza vita! Che<br />

cosa vi è capitato?”; rispose il giovane con voce triste: “O mio caro<br />

capitano ci è accaduta una vera e propria sventura :siamo stati assediati<br />

per molto tempo da un popolo nemico che, alla fine, ha distrutto la<br />

nostra città. Così ora abbiamo trovato rifugio nella foresta”.<br />

Il capitano, che voleva divertirsi alle loro spalle, disse: “Ho sentito dire<br />

che girano brutte persone da queste parti, perciò vi consiglio di stare<br />

attenti durante la notte”. Poi fece finta di andarsene ma in realtà<br />

stava architettando un piano malvagio per sbarazzarsi delle persone<br />

appena conosciute ed impossessarsi delle poche ricchezze che erano<br />

loro rimaste.<br />

Il giorno dopo Spugna radunò la ciurma per la partenza ma prima<br />

sterminò quel pugno di uomini trovati in quel luogo, ad eccezione di<br />

Plant e dei suoi due amici che vennero portati a bordo.<br />

La nave, però, fece naufragio nell’ oceano. Si salvarono solo il<br />

comandante Barbabianca e Spugna che riuscirono ad approdare in una<br />

isola sperduta nell’ oceano: Quakquok. Appena arrivati sulla spiaggia,<br />

Spugna disse: “Signor comandante, penso che siamo giunti nella<br />

famosa isola di Quakquok” e Barbabianca rispose: “Sì e, a quanto pare,<br />

non siamo soli!”.<br />

Egli pronunciò queste parole perché aveva scorto in lontananza Plant,<br />

Jack e Rosie che stavano costruendo una capanna dove passare la<br />

notte.<br />

Jack disse: “Plant, è meglio accendere il fuoco perché si sta facendo<br />

notte”, Rosie continuò: “Riusciremo mai a ritornare nella nostra patria?”<br />

e Plant la rassicurò:”Certo, non ci arrenderemo mai”.<br />

Calò il buio e Barbabianca con Spugna ne approfittarono per attaccare<br />

di sorpresa i tre ragazzi; però questi ultimi ebbero la meglio perché<br />

riuscirono a metterli in trappola.<br />

Una volta sconfitti i loro nemici, pensarono a come andarsene dall’ isola.<br />

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JacK aveva notato dei grossi tronchi sulla spiaggia con cui costruirono<br />

una zattera. Plant disse: “Ragazzi, ci siamo”, Rosie rispose:<br />

“Finalmente!” e salirono a bordo.<br />

Mentre erano al largo già da qualche giorno, videro in lontananza una<br />

nave, si misero ad urlare: “Aiuto!!!” ed il comandante li accolse a bordo.<br />

Così poterono far ritorno a casa.<br />

Testo ed illustrazioni realizzati da: Carpanese Nicole, Gerini Emma,<br />

Giumelli Serena, Lorenzoni Manila, Mazzacua Caterina, Tushi Daniela<br />

(classe I D)<br />

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Viaggio alla ricerca dell’ avventura perfetta<br />

In una foresta incantata viveva una ninfa di strepitosa bellezza che diede<br />

alla luce una creatura molto bella e vigorosa di nome Oliver.<br />

Ben presto, però, abbandonò il figlio sulla riva del fiume perché era<br />

gelosa di lui. Fortunatamente quel giorno passò di lì uno snaso: una<br />

piccola creatura fantastica e molto curiosa che viveva nelle foreste<br />

ricche di vegetazione. L’ essere, alla vista del piccolo, decise di portarlo<br />

con sè e crescerlo. Oliver crebbe fino a diventare un ragazzo molto agile<br />

ed intelligente che aveva un solo scopo nella vita: difendere una città dai<br />

soprusi e combattere contro il crimine.<br />

Un giorno Oliver, mentre esplorava la foresta, scoprì un luogo<br />

insolito…si trattava di un portale che conduceva in una città fantastica<br />

chiamata Hogsmade.<br />

Ora il suo sogno si sarebbe realizzato: Hogsmade non aveva ancora un<br />

paladino della giustizia.<br />

Egli, incuriosito da quella strana città, si avventurò tra le vie e conobbe<br />

molte persone tra cui una ragazza molto gentile che sembrava proprio<br />

una dea e che lo fece innamorare.<br />

Così il giovane e lo snaso decisero di abitare lì.<br />

Un giorno di tempesta Oliver vide un’ ombra all’ orizzonte che lo<br />

incuriosì; così, con molta cautela, cercò di avvicinarsi per scoprire di chi<br />

o di che cosa si trattasse. Arrivò ad un metro di distanza ma<br />

inutilmente… non c’ era modo di identificarla.<br />

Improvvisamente la pekka, così si chiamava quello strano essere che<br />

seminava dolore in città, sferrò un attacco contro Oliver mentre<br />

continuava a ripetere le stesse parole ma con tono sempre più alto:<br />

“OBBEDIENZA AL PADRONE, OBBEDIENZA AL PADRONE,<br />

OBBEDIENZA AL PADRONE”.<br />

In quel momento il giovane non sapeva come reagire ma pensò a come<br />

si sarebbe comportato un vero eroe. Così si fece coraggio, affrontò la<br />

pekka in un duello ma non vinse nessuno dei due.<br />

La pekka tornò dal suo padrone per dirgli che in città era giunto un<br />

nuovo paladino della giustizia e quest’ ultimo le rispose: “ Io ti avevo<br />

dato un ordine e tu avresti dovuto ubbidirmi! Sai che cosa ti aspetta<br />

ora?”. L’ essere ribattè: “Lo so, signore, ma le prometto che se mi<br />

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concederà un po’ di tempo in più, io riuscirò a sconfiggere quel giovane<br />

e non si metterà più tra i piedi!”.<br />

Nel frattempo Oliver decise di andare alla ricerca della pekka per<br />

vincerla una volta per tutte; così, in compagnia dello snaso, attraversò<br />

montagne e vallate fino ad arrivare al monte Lentini.<br />

Lì si fermarono, diedero uno sguardo intorno, poi Oliver disse: “Stai<br />

tranquillo, la troveremo!”. Alzarono gli occhi al cielo e videro una<br />

creatura straordinaria e mastodontica. Allora lo snaso disse: “Che<br />

cooooosa è?” ed il giovane rispose: “ Non ne ho la più pallida idea!”.<br />

L’ essere si avvicinò e disse loro: “Salve, paladino di Hogsmade,<br />

immagino che lei sia sorpreso di vedermi! Io sono un esemplare di<br />

ippogrifo, vi ho visti in città e voglio aiutarvi!”. Oliver rispose: “ Salve,<br />

signor ippogrifo, sono lieto di conoscerla però vorrei che mi<br />

soddisfacesse una curiosità: come ha fatto a trovarmi?”. L’ ippogrifo<br />

replicò: “L’ ho seguita da Hogsmade fino a qui”.<br />

Poi la creatura fece salire in “sella” Oliver e lo snaso e li condusse fino al<br />

covo della pekka. All’ ingresso l’ ippogrifo se ne andò aprendo le sue<br />

enormi ali ma prima disse loro: “Io vi ho aiutati…ora tocca a voi!”. Lo<br />

snaso saltò in braccio al giovane lamentandosi: “Oliver, tienimi stretto<br />

perché ho molta paura! Si dice che il mini pekka sia davvero<br />

pericoloso!”. Oliver rispose: “Ma quale mini pekka? Quel coso è<br />

enorme!”. Lo snaso continuò: “Il vero cattivo è il mini pekka ma, siccome<br />

è piccolo di statura, deve farsi aiutare dallla pekka,che è la sua guardia<br />

del corpo”.<br />

Dopo aver pronunciato quelle parole, i due “eroi” s’ intrufolarono nel<br />

covo dove si trovarono di fronte la pekka che ripeteva sempre le stesse<br />

parole: “obbedienza al padrone, obbedienza al padrone, obbedienza al<br />

padrone” e, dietro di lei, il mini pekka.<br />

Oliver e la strana creatura si scontrarono e finalmente vinse il primo<br />

perché aveva messo in pratica tutto ciò che lo snaso gli aveva<br />

insegnato.<br />

La pekka morì ed il mini pekka, guardando il giovane con occhi pieni di<br />

paura, scappò dicendo: “Quando sarò più potente, ritornerò e ti<br />

distruggerò una volta per tutte”. Da quel giorno in città regnarono la pace<br />

e la tranquillità.<br />

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Oliver e lo snaso<br />

l’ippogrifo<br />

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la mini pekka<br />

la pekka<br />

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Testo e disegni realizzati da: Amontagna Emma,Borsi Sveva, Calia<br />

Giovanni, Lazzini Emma,Scialpi Elisabetta (classe I D)<br />

85


Lazarochia<br />

Lazaros era un eroe nato a Corfù nonché semi-dio in quanto figlio di<br />

Zeus e di una mortale che si chiamava Milena. Era molto devoto ad<br />

Atena e ad Efesto e, durante il suo viaggio di ritorno a casa, ebbe in suo<br />

sfavore gli dei Ares e Poseidone.<br />

Dopo aver combattuto per dieci lunghi anni a Troia, ripartì con la flotta<br />

delle navi greche ma con una diversa destinazione: Corfù, la sua amata<br />

patria.<br />

Sulla nave su cui era imbarcato l’ eroe c’ erano ventiquattro suoi<br />

compatrioti e compagni di battaglia, tutti felici ed ansiosi di fare ritorno a<br />

casa. Però, proprio questo irrefrenabile desiderio, li fece cadere in un<br />

terribile errore: non fecero alcun sacrificio in onore del dio del mare<br />

Poseidone, colui che avrebbe potuto garantire loro un tranquillo viaggio<br />

di ritorno.<br />

Così ben presto il dio si vendicò scatenando una terribile tempesta in<br />

prossimità dell’ isola di Creta: il viaggio si prospettava lungo e<br />

complicato. A quel punto Lazaros richiamò all’ ordine tutti i compagni di<br />

viaggio.<br />

Lazaros: “Uomini, armatevi di coraggio e siate forti, solo così potremo<br />

superare le onde”<br />

Premes: “Sì, signore, faremo del nostro meglio ma il mare è troppo<br />

agitato!”<br />

Socrates: “E’ colpa nostra, ci siamo dimenticati di fare sacrifici<br />

propiziatori a Poseidone ed ora lui ci sta punendo!”<br />

Verso sera la tempesta si quietò ma dopo aver fatto diversi danni alla<br />

nave ed alcune vittime.<br />

Arrivati a Creta, si fermarono per riparare l’ imbarcazione e fare<br />

provviste. Mentre stavano andando a caccia di selvaggina, si<br />

imbatterono in tre creature mostruose con teste coperte da mille<br />

serpenti: le Gorgoni.<br />

Esse riuscirono con il loro sguardo pietrificante a colpire a morte tre<br />

uomini che avevano osato guardarle direttamente negli occhi.<br />

Lazaros e gli altri si misero in salvo.<br />

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Il giorno dopo ripartirono alla volta di Zante e la navigazione fu tranquilla:<br />

così decisero di proseguire senza sosta.<br />

Lazaros: “Uomini, la prossima tappa sarà Cefalonia e ben presto saremo<br />

a casa!”.<br />

Premes: “Il mare è calmo e c’è il giusto vento, issiamo le vele e<br />

sfruttiamo questo buon momento…”<br />

Socrates: “Forza uomini, abbracceremo presto i nostri cari…”<br />

Durante la navigazione si scatenò a bordo una terribile epidemia di<br />

scorbuto che provocò la morte di diversi uomini. A quel punto Lazaros<br />

invocò la protezione della saggia dea Atena.<br />

Lazaros: “Come posso fare ad aiutare i miei compagni che hanno già<br />

subito tante prove?”<br />

Atena: “Mio caro Lazaros, capisco il tuo sgomento ma devi farti forza, fai<br />

riposare un po’ i tuoi uomini e poi prosegui il tuo viaggio. Io veglierò su di<br />

voi!”<br />

Così avvenne e, una volta arrivati a Cefalonia, scesero per riposare e<br />

per recuperare le forze. Nella notte, però, furono svegliati da alcuni<br />

Cinocefali, mostri con la testa di cane, che li aggredirono prendendoli di<br />

sorpresa.<br />

Socrates: “Lazaros! Prendi il tuo arco ed aiutami ad ucciderli!”<br />

Così fecero e ci furono pochi feriti. La mattina seguente ripresero la<br />

navigazione anche se stanchi per la lunga notte trascorsa pressoché<br />

insonni.<br />

La tratta ancora da percorrere era ormai breve ma Poseidone mise<br />

ancora a dura prova Lazaros ed i suoi pochi uomini. Dal mare sbucò una<br />

terribile creatura marina, il kraken, che con i suoi lunghi tentacoli avvolse<br />

la nave.<br />

Alcuni membri dell’ equipaggio, tra cui Socrates, furono sbalzati in<br />

acqua.<br />

Lazaros: “Maledetto Poseidone! Cosa ti abbiamo fatto per meritarci tutto<br />

questo?!”<br />

Poseidone: “Un buon comandante deve compiere convenienti sacrifici<br />

per avere un viaggio in mare favorevole”.<br />

In quel momento intervenne Zeus che, in difesa del figlio, lanciò la sua<br />

folgore contro il kraken, uccidendolo. Poi il dio, stanco del<br />

comportamento di Poseidone, iniziò a proteggere la nave e gli uomini<br />

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che vi erano imbarcati. Così la nave, anche se in parte distrutta, potè<br />

raggiungere il porto di Corfù.<br />

Lazaros ed i pochi superstiti erano arrivati in patria stremati ma poterono<br />

ritrovare gli affetti familiari.<br />

Dopo qualche giorno l’ eroe, mentre si stava recando al tempio di Atena<br />

ad offrirle un sacrificio, incontrò il dio della guerra Ares che era stato da<br />

lui offeso durante la guerra di Troia perché aveva osato dire di<br />

combattere meglio di lui.<br />

Ares: “Lazaros, come hai osato Sfidarmi? Te ne farò pentire!”<br />

Allora ci fu un feroce e sanguinoso duello da cui Ares uscì sconfitto<br />

perché Lazaros, ancora una volta, fu protetto da alcuni dei ed in<br />

particolare da Efesto, dio del fuoco, che lo armò con una lunga ed<br />

affilata spada.<br />

Dopo questo episodio, finalmente, Lazaros potè regnare sulla sua isola<br />

fino alla morte ma, prima di lasciare questa vita, lasciò in eredità il trono<br />

al figlio che aveva chiamato Socrates in onore del vecchio e caro<br />

compagno morto durante il viaggio di ritorno a casa.<br />

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Testo e disegni realizzati da: Capetta Filippo, Dodi Alessandro,<br />

Garfagnini Mattia, Ruberto, Tonarelli Gabriele (classe I D)<br />

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Alla ricerca del Natale…<br />

Questa storia nara di Zen-torno, il piccolo e dolce elfo/ segretario di<br />

Babbo Natale.<br />

Quando, una mattina come tutte le altre, Zen andò nell’ ufficio del tanto<br />

amato Babbo Natale per dargli nuove informazioni, non lo trovò…al suo<br />

posto c’era solo un piccolo uovo di Pasqua. “Per me c’ è qualcosa sotto,<br />

mi ricorda qualcuno…ma non riesco a capire chi?” pensò l’ elfo; lì di<br />

fianco c’ era un biglietto con su scritto “Addio Natale, Addio Carnevale,<br />

un ‘ unica festa dovrai festeggiare”.<br />

CHI SARA’ STATO?<br />

Intanto si era sparsa voce in tutta la fabbrica della scomparsa di<br />

“Pallone” (uno dei tanti nomignoli che gli elfi avevano dato a Babbo<br />

Natale).<br />

I piccoli aiutanti iniziarono ad urlare ed a correre per tutto l’ edificio.<br />

“Ragazzi calmatevi!!!...” urlò Zen e corse subito alla sala del timer dove<br />

vide che rimaneva pochissimo tempo all’ arrivo del Natale. Per mille<br />

elfi!!! Pallone è scomparso da poco”.<br />

Il piccolo elfo andò in panico, rimanevano ormai pochi giorni all’ arrivo<br />

del Natale!!! Zen doveva subito capire chi era stato a rapirlo, seguendo<br />

degli indizi…Probabilmente era qualcuno a cui stavano a cuore le feste<br />

soprattutto quelle con le uova.<br />

Si mise a riflettere e capì che quel brutto ladro di feste era Pasquale, l’<br />

acerrimo nemico del Natale conosciuto come Coniglio di Pasqua.<br />

Zen, essendo diventato il capo dell’ impianto di costruzione giocattoli, si<br />

fece dare delle informazioni in più su Pasquale e scoprì che in quei<br />

giorni era in vacanza a Parigi con la moglie Cristina la Pasqualina.<br />

Così deciso a raggiungerlo, il piccolo elfo salì sulla slitta di Babbo Natale<br />

e partì per la città francese o, meglio, così sperava…<br />

Appena salito a bordo, la renna Bis disse alla sua compagna: “Cotto,<br />

dove dobbiamo andare? Io sono ancora stanca dall’ anno scorso!!!”,<br />

“Dobbiamo andare a salvare Pallone, me l’ ha detto Zen” rispose l’<br />

amica.<br />

“Speriamo che Zen abbia la patente!!!” conclusero insieme le due renne.<br />

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PARIGI, PALLONE, STIAMO ARRIVANDO!!!<br />

Arrivati a Parigi, Zen, Bis e Cotto si recarono al Piazzale Trocadero (la<br />

piazza principale della città sotto la Torre Eiffel) dove videro l’ albero di<br />

Natale più grande del mondo. Si stupirono per la sua immensa bellezza:<br />

tutte quelle luci, quegli addobbi, quei suoni melodiosi,. “Wow, siamo<br />

arrivati!”.<br />

Camminando tra la gente e le bancarelle, si accorsero di una piccola<br />

bottega abbandonata con la luce accesa. “Che strano!” pensarono, però<br />

entrarono e videro ragnatele e polvere ovunque.<br />

“C’ è nessuno?” ma la domanda non ebbe risposta.<br />

Ad un certo punto notarono che dal piano inferiore proveniva una strana<br />

luce e tutti insieme, facendosi coraggio, scesero a controllare. E<br />

videro…<br />

Pasquale e Pasqualina stavano imbavagliando Pallone per non farlo<br />

parlare… “Caspita, ci avete trovati! Manca ormai poco tempo al Natale.<br />

Non potete fermarci: Pallone è nelle nostre mani!” urlò il rapitore e<br />

concluse con una battuta: “Ah ah ah ah ah, è legato come un salame”.<br />

“Bis, Cotto: all’ attaccooooo! Scatenate l’ inferno” ordinò Zen.<br />

Le due renne si lanciarono contro Pasquale e Pasqualina con ferocia<br />

mentre l’ elfo liberava Pallone.<br />

“Grazie amico mio, grazie renne, ora i bambini crederanno in me” disse<br />

Babbo Natale e li abbracciò felice.<br />

“Sistemiamo questi due furfanti” e, con la forza del Natale, Pallone li<br />

sollevò in aria e li appese alla Torre Eiffel.<br />

La notte di Natale Pallone riuscì a consegnare tutti i doni, per la prima<br />

volta i bambini di Parigi e di tutto il mondo videro i “guastafeste”.<br />

In questa storia non è stato maltrattato alcun animale.<br />

Questa storia è stata scritta con la collaborazione del P.A.N.E….Ops,<br />

scusate, E.N.P.A.<br />

Durante la storia una delle renne ha avuto un attacco di panico per colpa<br />

di Diego, uno degli autori, che le ha provocato un momentaneo cambio<br />

d’ identità: credeva di essere un muflone!!!<br />

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Testo e disegni realizzati da: Pescini Nikolai, Razza Diego, Tudisco<br />

Marco (classe I D)<br />

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INDICE<br />

Presentazione 2<br />

Le nuove avventure di Eracle 4<br />

Eracle 9<br />

Il viaggio di Doriforo alla ricerca del ricciolo d’ argento 11<br />

L’ avventura dei mitici eroi 16<br />

Ivan e le mele d’ oro 22<br />

Le dieci fatiche di Eracle 24<br />

Le prove dei tre frammenti 28<br />

Lo scrigno dorato 33<br />

La nuova dinastia di Iulio 36<br />

Wilsena 41<br />

Lenao ed Anchise 46<br />

Il dio Terremoto, la dea Natura e gli umani 50<br />

Italo ed il mare 52<br />

Il viaggio di Euriloco 56<br />

Il viaggio di Ascanio 60<br />

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La ricerca del Portale Divino 62<br />

Elocreide 69<br />

Plantoneide 78<br />

Viaggio alla ricerca dell’ avventura perfetta 80<br />

Lazarochia 88<br />

Alla ricerca del Natale… 95<br />

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