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Pirandello

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<strong>Pirandello</strong>: Uno Nessuno e Centomila<br />

Introduzione<br />

Uno, nessuno e centomila è, insieme a Il Fu Mattia Pascal, il romanzo più famoso di Luigi<br />

<strong>Pirandello</strong>. Come vedremo, questo è uno dei libri più pirandelliani che <strong>Pirandello</strong> scrisse,<br />

la quintessenza del suo pensiero e della sua scrittura. E questo è, ancora, più importante se<br />

pensiamo che Uno, nessuno e centomila fu l’ultimo romanzo di <strong>Pirandello</strong> e per questo<br />

rappresenta anche l’immagine di sé che egli volle lasciare. Dopo anni dedicati<br />

principalmente al teatro, <strong>Pirandello</strong> torna al romanzo e non possiamo non vedere in questo<br />

gesto una volontà testamentaria, la volontà di fissare nella forma più chiara possibile e una<br />

volta per tutte la propria idea di mondo.<br />

Genesi e storia editoriale<br />

<strong>Pirandello</strong> scrive Uno, nessuno e centomila nell’arco di molti anni e più nello specifico in<br />

quegli anni in cui l’autore è preso dal teatro e viaggia per il mondo per assistere o mettere<br />

in scena lui stesso i suoi spettacoli. L’elaborazione del romanzo era iniziata già intorno<br />

al 1910, ma il grosso del lavoro di scrittura si concentra nei primi anni 20.<br />

Il romanzo Uno, nessuno e centomila viene pubblicato tra il 1925 e il 1926 sulla rivista<br />

«La Fiera Letteraria». Non dobbiamo stupirci che un romanzo apparisse sulle pagine di<br />

una rivista: si trattava di una pratica molto diffusa a quell’epoca, le riviste letterarie erano<br />

molto importanti e attiravano molti lettori. Lo stesso <strong>Pirandello</strong> aveva pubblicato su<br />

varie riviste molte delle sue novelle e praticamente tutti i suoi romanzi, tra cui il suo<br />

capolavoro, Il Fu Mattia Pascal. In ogni caso nel 1926 Uno, nessuno e centomila viene<br />

pubblicato anche in volume, diventando ben presto uno dei classici della letteratura<br />

italiana.<br />

Trama<br />

Il naso<br />

La storia raccontata nel romanzo Uno, nessuno e centomila inizia con un evento fortuito e<br />

apparentemente insignificante. Vitangelo Moscarda, il protagonista, scopre dalla moglie di<br />

avere il naso storto, un dettaglio di sé stesso che egli non aveva mai notato. Questa piccola<br />

coincidenza innesca un vortice di ragionamenti che lo portano, attraverso vari esperimenti,<br />

alla consapevolezza di non essere per gli altri come egli è per sé stesso.


L'usuraio<br />

I ragionamenti continuano ad affollarsi nella sua testa fino<br />

ad un altro momento di rottura. Vitangelo pensa al padre, un<br />

padre distante e arcigno che, secondo lui, di professione<br />

faceva il banchiere. Ma all’improvviso ecco l’illuminazione: il<br />

padre non era un banchiere, ma un usuraio! Questo<br />

intensifica la sua frustrazione. Dunque per gli altri lui è il<br />

figlio dell’usuraio e, dal momento che ha ereditato la banca<br />

del padre, usuraio egli stesso, un ruolo nel quale non si era<br />

mai visto. Decide allora di iniziare a scompigliare le carte,<br />

distruggendo le immagini di lui che gli altri si erano fatti, gli<br />

altri “lui” che vivono negli occhi delle persone che lo<br />

conoscono.<br />

<strong>Pirandello</strong> nella<br />

sua stanza<br />

Follie<br />

Vitangelo comincia a compiere delle azioni che ai suoi occhi hanno un senso e uno scopo<br />

preciso, ma che agli occhi degli altri appaiono come segni di follia. Il primo esperimento è<br />

quello con Marco di Dio e sua moglie Diamante, due poveri sognatori, vecchi clienti del<br />

padre usuraio, che vivono in una catapecchia di Vitangelo. Il protagonista decide<br />

di inscenare lo sfratto dei due, salvo poi, a sorpresa, donargli una casa. Di fronte a questo<br />

gesto, col quale Vitangelo vorrebbe allontanare la fama di usuraio che egli ha in paese, la<br />

gente reagisce gridandogli: «Pazzo! Pazzo! Pazzo!».<br />

La seconda azione folle che Vitangelo compie, questa volta in preda alla rabbia, è di ritirare<br />

il proprio capitale dalla sua banca, mandandola fallita. Le reazioni degli altri questa volta<br />

sono più violente. La moglie va via di casa e lui litiga col suocero. Tutti, in primis gli<br />

amministratori della sua banca, ormai lo credono impazzito.<br />

Ma interviene qui un nuovo personaggio, Anna Rosa, amica della moglie, che lo fa<br />

chiamare e lo avverte che tutti stanno cospirando contro di lui per farlo dichiarare insano di<br />

mente. Per fare ciò lo fanno parlare con il vescovo, ma Vitangelo lo riesce a sviare<br />

motivando le sue scelte con la bontà e la carità. Con Anna Rosa Vitangelo si apre, cerca di<br />

spiegargli i suoi pensieri, lei li capisce e, sconvolta e con un gesto inaspettato, cerca<br />

di ucciderlo con una pistola.<br />

Il nulla<br />

Dopo il tentato omicidio di Vitangelo, c’è il processo contro Anna Rosa. La versione che<br />

Vitangelo dà al giudice è che si sia trattato di un incidente, ma Anna Rosa ha già<br />

confessato. Nel finale, Vitangelo ci dice che ora vive in un ospizio e che ormai ha accettato<br />

la propria condizione attraverso l’accettazione del nulla, del fatto che la vita “non conclude”.<br />

Egli è ormai fuori dal mondo e lontano dalle persone e il libro si chiude con queste parole:<br />

«muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi: vivo e intero, non più in me, ma in<br />

ogni cosa fuori».


La forma<br />

Il romanzo si divide in otto libri, che contengono al loro interno altri sotto capitoli,<br />

ognuno dei quali con un titolo proprio. In questo modo <strong>Pirandello</strong> crea una struttura<br />

spezzettata, ma fortemente coesa, un insieme di piccole unità che si collegano tra di loro<br />

e vanno a formare il tutto del romanzo, nello stesso modo in cui tanti pensieri vanno a<br />

formare un’idea.<br />

Uno, nessuno e centomila presenta un narratore interno, che è anche il protagonista,<br />

Vitangelo Moscarda. Il racconto è fatto in prima persona, con un tipo<br />

di focalizzazione interna. Il protagonista ci mostra il proprio punto di vista, ci parla dei<br />

suoi pensieri. L’azione avviene tutta al passato, nel momento in cui li racconta i fatti sono<br />

già avvenuti, e il narratore-protagonista li sta rievocando.<br />

Come la struttura, anche lo stile di Uno, nessuno e centomila risulta spezzettato. La<br />

scrittura segue i pensieri del personaggio, tra improvvise illuminazioni e ripensamenti. È<br />

uno stile divertente e allegro, fatto di incisi e intercalari. La scrittura si costituisce<br />

attraverso flussi di pensiero e ragionamenti. Sono presenti domande retoriche ed<br />

esclamazioni, che mantengono vivo il ritmo della scrittura. Il narratore inserisce spesso<br />

un interlocutore immaginario, che è il lettore stesso, risponde alle possibili obiezioni<br />

che questi potrebbe fargli e cerca di convincerlo del suo ragionamento.<br />

La lingua di Uno, nessuno e centomila è, in generale, semplice con molti elementi del<br />

parlato, in particolare nei dialoghi. <strong>Pirandello</strong> unisce però questa tendenza all’oralità con<br />

l’uso di alcuni termini meno comuni, che appaiono di tanto in tanto tra le pagine del<br />

romanzo, termini di cui il lettore può non capire il significato e che rimandano sia<br />

all’italiano dotto che alle varie tradizioni popolari italiane (toscana, romana, siciliana).<br />

I temi: tutto <strong>Pirandello</strong> in un romanzo<br />

In questo romanzo ritroviamo tutti i temi più cari a <strong>Pirandello</strong>, primi quelli<br />

della maschera e della follia. Vitangelo<br />

Moscarda scopre di non conoscersi, di non<br />

essere una persona, di indossare centomila<br />

maschere, una per ogni persona che conosce e<br />

una anche per sé stesso. Vitangelo è uno, è<br />

tanti e allo stesso tempo è nessuno.<br />

Interviene allora la follia, unica via di scampo


dalla tragicità e la paradossalità della vita. La follia deriva dalla consapevolezza, dal<br />

pensiero che lo porta a convincersi delle proprie teorie e a voler sfidare quel mondo dalle<br />

centomila apparenze nel quale si sente imprigionato.<br />

Uno, nessuno e centomila può essere interpretato come esempio perfetto di romanzo<br />

umoristico, in cui il personaggio si autoanalizza, scopre e allo stesso tempo perde sé<br />

stesso in un’azione che passa dalla disperazione al divertimento nel giro di poche pagine.<br />

Umoristico è l’atteggiamento che Vitangelo assume nei confronti di coloro che gli stanno<br />

attorno e le reazioni che provoca in loro. Egli cerca di far vacillare le certezze degli altri, ma<br />

ottiene in molti casi solo incomprensione. Gioca con le persone che ha intorno, cerca di<br />

scrutare nelle loro anime, di disorientarli e instillare in loro quel dubbio che sta<br />

sconvolgendo lui stesso.<br />

Vitangelo Moscarda si scopre un estraneo a sé stesso, egli non è quello che gli altri vedono<br />

in lui. Molto importante è l’immagine dello specchio che gli rivela che oltre ad essere<br />

tante persone diverse per gli altri, egli stesso non sa in fondo chi è veramente. Davanti allo<br />

specchio Vitangelo capisce di non conoscersi, di non riconoscere il suo riflesso come suo.<br />

Bisogna poi sottolineare la centralità del pensiero: tutto il processo di<br />

mutazione avviene attraverso la riflessione e il pensiero, a cui seguono poche azioni, che<br />

vengono lette come follia e tagliano Vitangelo fuori dalla società, che non riconosce più in<br />

lui i vari Vitangelo che ognuno dei suoi amici e conoscenti avevano costruito nelle proprie<br />

menti.<br />

La riflessione parte da due eventi minimi:<br />

la rivelazione del naso, che insinua per la prima volta il dubbio nel protagonista;<br />

la presa di coscienza di essere considerato un usuraio, che lo spinge a iniziare ad agire<br />

diversamente da come le persone si aspettavano da lui.<br />

Uno, nessuno e centomila è il romanzo della crisi dell’individuo, argomento caro a <strong>Pirandello</strong>,<br />

e Vitangelo Moscarda è l’ultima di tante figure di uomini e personaggi frantumati e in<br />

conflitto con la realtà e con sé stessi. Nel finale il protagonista sceglie di rinunciare a ogni<br />

identità, chiudendosi in un ospizio e abbandonandosi al puro fluire della vita.<br />

Ma il romanzo di <strong>Pirandello</strong>, oltre alla crisi dell’io ci mostra anche la crisi della società, di<br />

tutti quelli che proprio non riescono a capire quello che passa per la testa di Vitangelo, e ci<br />

offre un’interessante idea sull’origine dei conflitti tra gli uomini: essi nascono dal fatto che<br />

ogni persona cerca di imporre la propria visione di sé e degli altri. Il conflitto interno all’io<br />

porta al conflitto con il mondo.<br />

Conclusioni<br />

Abbiamo qui toccato i punti centrali di Uno, nessuno e centomila, ma in realtà in questo<br />

romanzo c’è molto di più. Potremmo dire che in esso ci sono una, nessuna e centomila cose<br />

da scoprire.


Una perché il concetto di fondo, intorno al quale il narratore continuamente torna, è la<br />

frammentazione dell’io;<br />

Nessuna, perché quello che Vitangelo dice già lo sappiamo se guardiamo a fondo dentro di noi;<br />

Centomila, come le sfumature e i percorsi che <strong>Pirandello</strong> intraprende intorno al tema principale.<br />

Il modo più facile per capire questo romanzo e apprezzarne ogni aspetto è allora leggerlo,<br />

immergersi in queste 140 pagine al fianco del nostro amico-nemico Vitangelo e cercare di<br />

uscirne, se ci riuscite, tutti interi.

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