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La meravigliosa storia<br />
di un uomo<br />
tenero e arrabbiato.<br />
Intervista a Sue Mingus<br />
di Corrado Beldì<br />
Sue Mingus si fa a volte silenziosa,<br />
appoggia gli occhi chiari su un punto<br />
indistinto di fronte a sé e lì capisci<br />
che sta pensando a lui, a Charles. Il grande uomo della sua vita,<br />
incontrato una sera, per caso, nei primi anni Sessanta, in un jazz<br />
club fumoso e non proprio affollato. Uno sguardo, poche parole,<br />
l’ingresso in un vortice di suoni e avventure da cui non sarebbe<br />
mai più uscita. La relazione tra Charles e Sue è stata forte e burrascosa<br />
e la scomparsa di Mingus nel 1979 non l’ha interrotta ma<br />
semplicemente cambiata e per certi versi resa più profonda e<br />
consapevole: da trent’anni Sue è l’anima di Mingus Dinasty e<br />
Mingus Big Band. Il suo progetto è continuare a rendere viva la<br />
musica del marito.<br />
Come vi siete incontrati la prima volta?<br />
Avvenne negli anni Sessanta al Five Spot. Ero lì per i fatti miei e<br />
stavo leggendo Changes, un giornale di cui mi occupavo. Qualche<br />
tempo dopo scrisse un brano: Sue’s Changes (inizialmente intitolato<br />
Sue’s Moods, n.d.r.). Bellissimo, registrato poi nel ‘74.<br />
Cosa ci faceva al Five Spot?<br />
Lavoravo per Changes ma avevo anche partecipato a un film del<br />
fotografo Robert Frank che era alla ricerca delle musiche per la<br />
colonna sonora. Andai al Five Spot perché mi avevano detto che<br />
c’era una band interessante. Era forse il mio primo concerto di jazz.<br />
Una lunghissima storia: quell’incontro ha cambiato la sua<br />
vita.<br />
Allora non avrei mai pensato che un giorno sarei diventata una<br />
band leader. Invece è successo, pur non essendo di fatto una<br />
musicista.<br />
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