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numero 14

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APPROFONDIMENTO<br />

Martedì 11 Aprile 2017 - Anno 3 - N° <strong>14</strong><br />

27<br />

Note di politica internazionale<br />

di Sergio Cirio<br />

Siria: Trump e gli altri<br />

controlli preventivi di sicurezza,<br />

ciò che obiettivamente aumenta<br />

la possibilità che altri pazzi e<br />

somari decidano di farne uso.<br />

Gli Stati Uniti hanno<br />

lanciato 59 missili contro la base<br />

aerea siriana da cui sarebbe partito<br />

l’attacco con armi chimiche<br />

che ha sconvolto il mondo per<br />

le orripilanti immagini di bambini<br />

agonizzanti tra spasmi atroci,<br />

subito abbondantemente diffuse<br />

dai media.<br />

Diciamo subito che, almeno<br />

al momento in cui scriviamo<br />

queste note, la vicenda presenta<br />

non pochi lati oscuri. Ad esempio,<br />

è difficile immaginare le<br />

ragioni che potrebbero aver spinto<br />

il presidente siriano Assad<br />

ad autorizzare, se è vero che è<br />

stato lui, un attacco con armi<br />

chimiche, ciò che gli avrebbe<br />

senz’altro attirato il disprezzo<br />

generale dell’opinione pubblica<br />

internazionale, in un momento<br />

per lui estremamente favorevole<br />

della guerra civile in corso, dato<br />

che stava per riconquistare il<br />

completo controllo del territorio<br />

nazionale.<br />

Sull’argomento si contrappongono<br />

le ipotesi più disparate:<br />

da quella di un’iniziativa autonoma<br />

e sconsiderata di qualche<br />

capo militare a quella del deposito<br />

di armi chimiche colpito<br />

per errore o per provocazione<br />

(di chissà chi): ma, appunto,<br />

soltanto ipotesi, e talvolta fantasiose.<br />

L’iniziativa militare USA è<br />

presentata dagli stessi americani<br />

come attacco delimitato, puntuale<br />

ed ha avuto l’appoggio esplicito<br />

ed immediato sia della Gran<br />

Bretagna che dell’UE, con una<br />

dichiarazione del presidente del<br />

Consiglio europeo Donald Tusk.<br />

Alcuni commenti sembrano<br />

differenziare la posizione italiana<br />

e spagnola da quella dell’asse<br />

franco-tedesco, nel senso che<br />

Roma e Madrid, pur condividendo<br />

l’azione di Trump, sarebbero<br />

per un atteggiamento<br />

più “soft” nei confronti di Assad,<br />

ovvero, sarebbero disponibili ad<br />

accettare il presidente siriano<br />

ad un eventuale prossimo tavolo<br />

di ricomposizione politica della<br />

crisi. Ma si tratta di sfumature,<br />

probabilmente di scarso rilievo<br />

e riteniamo che, alla fine, l’Europa<br />

si ritroverà compatta sulla<br />

posizione franco-tedesca.<br />

Anche il Giappone appoggia<br />

l’iniziativa americana mentre,<br />

per quanto riguarda la Cina, bisogna<br />

pensare che Jinping ne<br />

fosse quanto meno al corrente,<br />

dato che stava pranzando con<br />

Trump proprio nel momento del<br />

lancio dei missili.<br />

D’altra parte, il ministero<br />

cinese degli esteri si è ufficialmente<br />

pronunciato in termini<br />

critici nei confronti degli USA<br />

solo in quanto colpevoli di aver<br />

preso un’iniziativa militare non<br />

preventivamente concordata in<br />

sede ONU. Anche questa è sostanzialmente<br />

una sfumatura.<br />

Molto più importante è ,<br />

invece, rilevare che, in termini<br />

diplomatico-militari, i missili<br />

americani sono indubbiamente<br />

un segnale nei confronti della<br />

stessa Cina, della Corea del<br />

Nord e dell’Iran, del tipo: attenti,<br />

nella politica estera degli Stati<br />

Uniti la musica è cambiata.<br />

Pesante, ovviamente, la<br />

condanna russa. Mosca, peraltro<br />

preavvisata dell’attacco in tempo<br />

utile ad avvertire anche Assad,<br />

accusa Washington di aver aggredito<br />

uno stato sovrano ed alleato<br />

della Russia e senza neppure<br />

il beneplacito delle Nazioni<br />

Unite. L’effetto immediato della<br />

reazione di Mosca è stata la sospensione<br />

delle trattative in corso<br />

tra USA e Russia per la definizione<br />

dei codici di volo sul territorio<br />

siriano, il che comporta,<br />

ovviamente, il rischio di incidenti<br />

aerei tra le forze armate delle<br />

due potenze presenti sul territorio<br />

siriano.<br />

Va inoltre osservato che,<br />

oltre all’appoggio dell’Arabia<br />

Saudita, Trump ha incassato<br />

quello della Turchia che allineandosi<br />

a Washington ha ribadito<br />

i suoi legami con la NATO e<br />

preso le distanze da Mosca, nonostante<br />

il recente riavvicinamento<br />

fra Putin ed Erdogan.<br />

Negli USA, Trump è stato<br />

appoggiato sia dal Congresso<br />

che dai principali giornali.<br />

In effetti, Trump si è<br />

avvalso della prerogativa attribuita<br />

dopo l’11 Settembre al<br />

presidente dal Congresso degli<br />

USA di ordinare azioni militari<br />

per ragioni di sicurezza nazionale<br />

senza preavvertire il Congresso<br />

stesso.<br />

D’altra parte, Trump sta,<br />

per così dire, riequilibrando la<br />

proiezione americana di potenza<br />

in Medio Oriente, dopo che il<br />

ritiro militare dall’area, decretato<br />

da Obama, aveva determinato<br />

uno scompenso apertamente criticato<br />

da osservatori del calibro<br />

di Henry Kissinger, l’ex segretario<br />

di stato del tempo di Nixon.<br />

Anzi, non si può neppure escludere<br />

che proprio anche da Kissinger<br />

possa essere partito un<br />

input a porre in atto l’operazione<br />

militare di Trump. Infatti, da<br />

qualsiasi punto di vista la si osservi,<br />

essa presenta un carattere,<br />

tipicamente kissingeriano: cogliere<br />

al volo una circostanza<br />

favorevole ( in questo caso, la<br />

possibilità di rispondere militarmente<br />

ad un attacco chimico<br />

che ha indignato il mondo), per<br />

risolvere un problema magari<br />

di altra natura ( in questo caso,<br />

riaffermare con forza la presenza<br />

militare americana in Medio<br />

Oriente). Kissinger, inoltre, aveva<br />

esplicitamente raccomandato di<br />

non lasciare incontrastata l’iniziativa<br />

russa in Medio Oriente.<br />

Premesso che l’evoluzione della<br />

guerra siriana sottolinea il ritardo<br />

del processo europeo con<br />

l’inevitabile conseguenza di lasciare<br />

ad altre potenze, agli USA<br />

in primo luogo, la regia di quanto<br />

accade nel teatro mediterraneo,<br />

l’effetto dell’azione di Trump<br />

potrà manifestarsi in più direzioni:<br />

in primo luogo, producendo<br />

un riallineamento dell’Europa<br />

su posizioni transatlantiche<br />

che l’elezione di Trump<br />

sembrava aver indebolito; in secondo<br />

luogo, richiamando sulla<br />

posizione USA in politica estera<br />

anche il Giappone (che, dal<br />

canto suo, chiede un intervento<br />

contro la Corea del Nord); in<br />

terzo luogo, fungendo da avvertimento<br />

alla Russia ma anche<br />

riproponendo con forza il ruolo<br />

di Washington in una futura,<br />

eventuale cantonizzazione della<br />

Siria (che, nessuno può escluderlo,<br />

potrebbe anche verificarsi<br />

in accordo con la stessa Russia).<br />

Occorre, inoltre, osservare che<br />

dato il fatto che Jinping stava<br />

pranzando con Trump proprio<br />

nel momento del lancio dei missili,<br />

l’azione di Trump deve essere<br />

considerata un avvertimento<br />

anche nei confronti della Cina,<br />

almeno nella misura in cui essa<br />

non sia stata condivisa in tempo<br />

reale dallo stesso Jinping. Nei<br />

confronti della Corea del Nord,<br />

siamo invece di fronte ad un<br />

avvertimento in termini pesantissimi<br />

e foriero di sviluppi imprevedibili.<br />

Tornando al Medio Oriente,<br />

il quadro politico complessivo<br />

vede, quindi, rinforzarsi i venti<br />

di guerra sulla Siria, accompagnati<br />

da un’evidente ripresa della<br />

spirale terroristica in Europa,<br />

anche se non è possibile individuare<br />

nessi causali tra i missili<br />

americani ed il camion sulla<br />

folla di Stoccolma.<br />

Si può, semmai, aprire qui<br />

una parentesi per riflettere sulla<br />

frequenza dell’uso dei camion<br />

negli attentati terroristici.<br />

I primi terroristi ad adottare<br />

questa tecnica furono i palestinesi,<br />

ma la cronaca più recente<br />

dimostra, a partire dalla strage<br />

di Nizza, che si tratta di un metodo<br />

semplice, a basso costo e<br />

difficilmente intercettabile dai<br />

Brexit e Gibilterra<br />

Su Carta Bianca abbiamo<br />

già classificato il Brexit come<br />

una sorta di incidente di percorso<br />

della democrazia capitalistica<br />

britannica, costretta ora, di conseguenza,<br />

ad affrontare una serie<br />

notevole di difficoltà di varia<br />

natura per portare avanti un<br />

poco credibile processo di separazione<br />

dall’Unione Europea.<br />

La cosa andrà comunque avanti:<br />

se si concluderà senza intoppi o<br />

addirittura ripensamenti, come<br />

e per quanto tempo andrà avanti,<br />

lo vedremo.<br />

Prima del Brexit, l’involucro<br />

politico comunitario che avvolgeva<br />

tutti gli Stati dell’Unione,<br />

Gran Bretagna compresa, pur<br />

presentando una serie di problemi<br />

che il processo di unificazione<br />

continentale non ha mai<br />

risolto, “copriva”, per così dire,<br />

una serie di situazioni altrimenti<br />

problematiche. Ad esempio, e<br />

ne abbiamo già parlato su questo<br />

giornale, prima del Brexit non<br />

esisteva più, se non formalmente,<br />

una linea di confine tra l’Irlanda<br />

del Nord (la parte britannica e<br />

protestante dell’Irlanda settentrionale,<br />

comprendente l’Ulster)<br />

e l’Irlanda, cattolica e membro<br />

dell’UE. Ora che la Gran Bretagna<br />

non fa più parte dell’Unione,<br />

e quella linea di confine<br />

dovrà essere necessariamente<br />

ripristinata, nessuno può dire se<br />

non verranno tragicamente a riaprirsi<br />

le vecchie ferite di una<br />

guerra terroristica che per tanti<br />

anni aveva insanguinato quella<br />

regione.<br />

L’Irlanda e l’Irlanda del Nord (Ulster)<br />

La messa in discussione da<br />

parte britannica dell’assetto politico<br />

comunitario fa, quindi,<br />

riemergere antiche questioni che<br />

erano state sepolte.<br />

Il riemergere della questione<br />

irlandese richiama evidentemente<br />

quello della sovranità sulla Rocca<br />

di Gibilterra.<br />

La Rocca di Gibilterra, l’estremità<br />

meridionale della penisola<br />

iberica, separata dal continente<br />

africano dal braccio di mare denominato,<br />

appunto, stretto di<br />

Gibilterra, fu occupata nel 1704<br />

da un corpo di spedizione an-<br />

La Rocca di Gibilterra<br />

glo-olandese nel corso della<br />

Guerra di Successione spagnola.<br />

Col trattato di Utrecht (1713) e<br />

la successiva Pace di Rastatt,<br />

che nel 17<strong>14</strong> pone fine alla guerra,<br />

la Rocca venne ceduta dalla<br />

Spagna alla Gran Bretagna.<br />

In seguito, la Spagna cercherà<br />

ripetutamente ma invano di riconquistarla:<br />

ultimo caso nel<br />

1967, quando in un referendum<br />

popolare, gli abitanti, che oggi<br />

sono circa 30.000, si pronunciarono<br />

quasi unanimemente per<br />

la sovranità britannica.<br />

Con l’adesione della Gran Bretagna<br />

all’Unione Europea le<br />

cose cambiarono, dato che il<br />

trattato di adesione specificava<br />

anche la collocazione “europea”<br />

della Rocca di Gibilterra (in<br />

quanto possedimento britannico<br />

d’oltremare).<br />

Tra l’altro, nell’85 erano state<br />

completamente aperte le frontiere<br />

tra la Spagna e Gibilterra, ciò<br />

che costituiva una condizione<br />

posta dall’UE alla Spagna proprio<br />

per entrare a far parte dell’Unione.<br />

Inoltre, al recente referendum<br />

per il Brexit hanno<br />

votato anche gli abitanti della<br />

Rocca di Gibilterra esprimendosi<br />

nella quasi totalità per rimanere<br />

nell’UE.<br />

La questione ora è: uscendo<br />

la Gran Bretagna dall’Unione,<br />

viene meno anche il trattato di<br />

adesione e, di conseguenza, anche<br />

la collocazione della Rocca.<br />

A sollevare la questione è<br />

stato lo stesso presidente del<br />

Consiglio europeo, Tusk, che<br />

nel fissare le condizioni della<br />

trattativa sul Brexit con Londra<br />

ha accennato anche alla futura<br />

collocazione della Rocca di Gibilterra,<br />

affidandola comunque<br />

ad un nuovo, futuro accordo tra<br />

Spagna e Gran Bretagna.<br />

Peraltro, la Spagna ha già<br />

fatto sapere che non si opporrebbe<br />

ad un’eventuale richiesta<br />

di ingresso nell’UE da parte<br />

della Scozia, notoriamente contraria<br />

al Brexit e intenzionata a<br />

celebrare nel merito un nuovo<br />

referendum.<br />

Il vittorioso pronunciamento<br />

sul Brexit rischia di scatenare<br />

una serie di problemi che l’Inghilterra<br />

“profonda” dei Farage<br />

non aveva probabilmente neppure<br />

preso in considerazione,<br />

ma che ora Londra dovrà per<br />

forza affrontare.

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