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48
Lo speciale
Ciao Papu/1
L’ECO DI BERGAMO
VENERDÌ 29 GENNAIO 2021
IL COMMENTO
Un finale triste
non cancella
6 anni di emozioni
Ciao Papu
La prima foto di Gomez a Zingonia, 2 settembre 2014 MAGNI
ROBERTO BELINGHERI
Ci sarà chi storcerà il naso,
per queste pagine di
saluto a Papu Gomez.
Perché ha sbagliato, e
nessuno lo nega, in questa sua
ultima «fase» atalantina. Ha
sbagliato a dire quel «no» al suo
allenatore, perché è un «no»
che fa vacillare i principi base
del buon funzionamento di
qualsiasi gruppo di lavoro. Ed
è stata parecchio discutibile -
almeno, vista da fuori - la sua
condotta sui social media fino
al video, molto sentimentale, di
saluto finale. Ma non è questa
la sede delle sentenze. E può
anche essere che Gomez abbia
avuto qualche attenuante in
una situazione che è facilissima
da giudicare col dito puntato,
ma è certamente difficilissima
da vivere. Sono calciatori,
alcuni diventano star, ma restano
uomini: un colpo di tacco
per loro è un giochetto da ragazzi,
la gestione della passione
della gente è forse più difficile
di un gol da centrocampo.
Su questo vien da riflettere: la
passione è materia altamente
infiammabile. Basti pensare a
Stromberg. Anno 1986/87, con
l’Atalanta che sta retrocedendo:
ogni tocco di palla una bordata
di fischi. Finestre di casa
fracassate, insulti agli allenamenti.
Restò, in serie B, dimezzandosi
lo stipendio, per riportare
la squadra in A. E Glenn
«incassa» ancora oggi i dividendi
d’affetto di quel gesto, e
degli anni gloriosi che seguirono,
pur restando lontano dalle
vette di risultati raggiunte da
Gomez e da questa Atalanta.
Quel che Stromberg seppe fare
- rovesciare la passione a suo
favore - Gomez non ha saputo
fare fino in fondo. Vero che,
legittimamente e, crediamo,
sinceramente, non ha mai battuto
i tasti della retorica, della
maglia baciata, delle dichiarazioni
d’amore eterno alla squadra.
L’ha sempre detto: sono un
professionista del pallone, ora
sto qui, poi chissà. E non ha mai
nascosto di ascoltare, e poi anche
«coraggiosamente» rifiutare,
le «sirene» miliardarie
che gli sono giunte da cinesi,
arabi e forse anche da altrove.
Ma una certa retorica molto
«neomelodica» applicata al
pallone preferisce di gran lunga
la dichiarazioni d’amore, anche
se spesso si sa che sono
farlocche, lievitate in laboratorio,
servite alla prima buona
occasione. Che poi, di dichiarazioni
da cioccolatino tradite
alla prima occasione, sono pieni
i cimiteri del calciomercato,
anche atalantino.
Peccato, dunque, non aver vissuto
ancora il carisma di uno
dei giocatori più forti che la
storia dell’Atalanta abbia conosciuto.
I confronti sono ardui,
lo sappiamo. Le classifiche di
valore sono impossibili, al di là
delle statistiche.
Qui, conta ricordare quel che
Gomez è stato negli anni che
hanno preceduto il fattaccio
che ci ha portati qui. Conta ricordare
che in questa Atalanta
il suo apporto è stato fondamentale.
Come quello di chi
scelse di investire per riportarlo
in Italia, come quello degli
allenatori che ha avuto, e che
pezzo per pezzo, ognuno con la
sua parte, hanno costruito il
campione che abbiamo ammirato
per 250 partite, e il resto
mancia.
Certo, ci resteranno nella memoria
quei post dall’aria di sfida,
quando avremmo voluto
parole di pace. Pugni nello stomaco,
anziché strette di mano.
Ma non riusciamo a non ricordare
la foto che vedete qui a
fianco: la sera di Kharkhiv, un
capitano che ha appena portato
la sua squadra e la sua gente
oltre i sogni del possibile. E poi
tante altre. Il «Papu chi?» dei
francesi di Lione, vendicato
con quella punizione. Le tante
magie di Champions, le infinite
prodezze in campionato.
Papu va a Siviglia e qui resta
un’aria ancora un po’ avvelenata,
specie sui ring dei social.
Speriamo che il tempo aiuti a
scolorire il «nero» di queste
ultime settimane, e conservi
nella memoria l’«azzurro» delle
tante imprese, delle tantissime
emozioni. Nero e azzurro,
com’è stato Alejandro Gomez,
con la fascia al braccio, per tutti
questi anni. Suerte, Papu.
L’ECO DI BERGAMO
VENERDÌ 29 GENNAIO 2021
49
2014/15, con COLANTUONO: esterno nel 4-4-1-1
2015/16, con REJA: ala sinistra nel 4-3-3
DRAME’
GOMEZ
DRAME’
GOMEZ
BENALOUANE
CARMONA
PALETTA
KURTIC
SPORTIELLO
MORALEZ
DENIS
SPORTIELLO
DE ROON
DENIS
(Pinilla)
STENDARDO
CIGARINI
TOLOI
GRASSI
BELLINI
ZAPPACOSTA
MASIELLO
MORALEZ
L’evoluzione di Gomez: 3 mister, 4 ruoli
Il racconto tecnico. Esterno, ala sinistra, trequartista, tuttocampista. E sempre all’insegna dell’intelligenza tattica
Dopo 6 anni e mezzo grandi numeri: 5° di sempre in serie A per presenze (209, 1°straniero) e 6° per gol segnati (50)
BERISHA
BERISHA
GOLLINI
2016/17, con GASPERINI: punta nel 3-4-1-2
MASIELLO
CALDARA
TOLOI
SPINAZZOLA
FREULER
(Gagliardini)
KESSIE
CONTI
KURTIC
GOMEZ
PETAGNA
2018/19, con GASPERINI: trequartista nel 3-4-1-2
MANCINI
PALOMINO
TOLOI
GOSENS
FREULER
DE ROON
HATEBOER
GOMEZ
ZAPATA
ILICIC
2020/21, con GASPERINI: il 3-4-1-2 dopo GOMEZ
DJIMSITI
ROMERO
TOLOI
GOSENS
FREULER
DE ROON
HATEBOER
PESSINA
ZAPATA
ILICIC
PIETRO SERINA
Definitene il ruolo, se vi
riesce. E dato che non ci riuscirete
sposate la tesi di tanti addetti ai
lavori: il Papu è nato per giocare a
calcio. È l’arguzia sommata al talento
sul tappeto verde. È intelligenza
tattica applicata alle necessità
contingenti.
Nessuno ha mai pensato di giocare
il più possibile vicino all’arbitro.
Lui sì. Perché l’arbitro si tiene
in posizione equidistante dai giocatori,
per vedere meglio il gioco.
Anche Gomez lo fa. O, meglio, l’ha
fatto nell’ultima fase della sua evoluzione
calcistica. Sì perché il Papu
- succede spesso ai giocatori
naturalmente predisposti a leggere
il gioco - è stato «itinerante», nei
sei anni e mezzo vissuti nell’Atalanta.
I 3 allenatori con i quali ha lavorato
- Colantuono, Reja e Gasperini
- lo hanno proposto in 4 posizioni
diverse. In ciascuna delle quali
Gomez si è sempre dimostrato
competitivo. I numeri finali sono
eloquenti: in A il Papu è 5° di sempre
per presenze (209, 1° straniero)
e 6° per gol segnati: 50. Pur
avendo giocato solo metà tempo
da punta vera.
Cola di striscio, il flipper di Reja
Quando Gomez è arrivato all’Atalanta
(dall’Ucraina, estate 2014),
nella testa di tutti c’era l’ala talentuosa
che creava problemi a tutti
nel 4-3-3 del Catania. Ma Colantuono
lo ha impiegato da esterno
nel 4-4-1-1 (il tecnico di Anzio non
si allontanava mai volentieri dalle
due linee di quattro giocatori...).
In attacco c’erano Denis all’ultimo
dei suoi anni d’oro con dietro
Maxi Moralez. La coppia aveva
segnato 18 gol l’anno prima, e condotto
la squadra a metà classifica.
Un lusso in quegli anni. E Gomez
cominciò da un ambientamento
difficile (l’adrenalina del tecnico,
un infortunio...), non giocando
mai più di tre gare di fila nei sei
mesi con Colantuono. In 25 turni
solo 7 volte titolare, in tutto 659’
(poco più di 7 partite intere...).
Poi è arrivato Reja, per il Papu
la prima gara in panca, a seguire
il tecnico friulano passando da
tanti moduli diversi è arrivato al
4-3-3. E in quell’assetto Gomez è
diventato l’ala sinistra, con Moralez
largo a destra e Denis o Pinilla
centravanti. Il picco di quel progetto
calcistico è arrivato nell’autunno
successivo: un’Atalanta
spettacolare come poche (Gasp
Gomez con Colantuono nel 2014
Gomez con Reja nel 2015
Gomez con Gasperini nel 2017
era ancora al di là da venire...) giocando
con la palla che sembrava
dentro un flipper dopo 6 turni era
6 a in classifica. Atalanta-Samp 2-1
del 28 settembre è diventata il
simbolo di una squadra che però
a gennaio ha perso Moralez e
Grassi (per fior di plusvalenze) e
salutato Denis. A fine torneo Gomez
(da ala, a volte da trequartista)
ha chiuso comunque da capocannoniere
(7 gol).
Via via sempre più indietro...
E capocannoniere il Papu s’è confermato
l’anno dopo, all’esordio di
Gasperini. Dopo le sofferenze iniziali,
quando il tecnico ha inserito
i giovani ecco il 3-4-1-2 con Kurtic
trequartista di corsa, Petagna centravanti
e Gomez largo a sinistra
con il compito di rientrare sul destro
e cercare la porta.
L’Atalanta è sbocciata e il Papu
a suon di gol (7 nella ultime 10 partite)
l’ha trascinata fino al 4° posto
finale, alla conquista dell’Europa
League. Risultato irripetibile, si
pensava. Come la stagione di Gomez:
16 gol e 15 assist in 37 gare (su
38). E 1° per minuti giocati. Ecco
il Papu-star. Che l’anno dopo da
bomber è diventato sempre più un
uomo assist, esaltando la fase realizzativa
del nuovo arrivato, Josip
Ilicic. Per Gomez comunque 6 gol
e 13 assist, impreziositi dalla corsa
fino al Borussia Dortmund in Europa.
Ma il calcio è imprevedibile e
nell’autunno successivo è arrivata
la crisi meno attesa: in 45 giorni 5
partite su 7 chiuse senza segnare.
E Gasp - prova e riprova - ha concluso
che Gomez non era più... un
attaccante. Così il 21 ottobre 2018
in Chievo-Atalanta 1-5 (tre gol di
Ilicic) ha proposto il Papu come
trequartista alle spalle di due punte
larghe (Ilicic e Zapata).
Sembrava impossibile che
l’Atalanta potesse reggere i tre insieme,
e invece Papu lì è diventato
un maestro: 7 gol e 14 assist, calcio
inventato a ripetizione, la finale di
Coppa Italia e la conquista del 3°
posto, cioè della Champions League.
Con l’Italia ammirata nel vedere
Gomez lì dietro gli attaccanti
a gestire la fase offensiva svariando
col suo istinto calcistico su tutto
il fronte offensivo.
Sembrava di aver già visto tutto,
ma ancora mancava l’ultima evoluzione
del Papu. Che nella stagione
seguente (19/20) andando a
cercare spazio lontano da una
marcatura ormai inevitabile
quando si avvicinava all’altra area
è diventato un «tuttocampista».
Ecco il Papu in giro per il campo (a
giocare vicino all’arbitro), lontano
dagli avversari. Sempre partendo
da trequartista, per poi giocare dove
alla squadra serviva la superiorità
numerica.
Così il Papu ha giocato (bene)
fino all’inizio di questa stagione,
prima che i viaggi in Nazionale e
il passare degli anni limitassero la
sua efficacia, fino ai fatti che hanno
portato allo strappo. Ora nell’Atalanta
dove giocava il Papu gioca
un centrocampista in più, e da
allora l’Atalanta non ha più perso.
Perché il calcio è anche evoluzione
continua.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
50
Lo speciale
Ciao Papu/2
L’ECO DI BERGAMO
VENERDÌ 29 GENNAIO 2021
Gli anni di Gomez a Bergamo
1
Settembre
Esordio nerazzurro
Atalanta-Fiorentina 0-1
(dentro al 16’ della ripresa
per D’Alessandro)
26
Aprile
Per la prima volta
indossa dal 1’
la fascia da capitano
nel 2-1 sul Torino
26
Settembre
Esordio con la nazionale
argentina
titolare nel 6-0 in casa
di Singapore, un gol
e un assist
14
Settembre
Gioca la finale
di Coppa Italia
l’Atalanta perde 2-0
a Roma,contro la Lazio
26
Maggio
2014
2014
2015
2016
2016
2017
2017
2019
2019
L’Atalanta acquista
Alejandro Gomez
dal Metalist
21
Settembre
Primo gol atalantino
segna la rete dell’1-1
in Atalanta-Empoli 2-2
11
Settembre
Segna il primo gol
del suo anno record,
nel 3-1 sul campo
del Crotone
a fine stagione saranno 16
13
Giugno
Esordio e gol in Europa
l’Atalanta batte 3-0
l’Everton in Europa League,
Gomez segna il raddoppio
15
Maggio
L’Atalanta festeggia
la qualificazione in
Champions League
batte 3-1 il Sassuolo
e il Papu segna la rete
del sorpasso
21/9/2014: Gomez esordisce in Atalanta-Fiorentina per D’Alessandro 26/4/2015: il primo gol di Gomez, in Atalanta-Empoli 2-2 13 giugno 2017: l’esordio con l’Argentina, contro Singapore
Dall’«esilio» alla gloria europea
I 2.339 giorni del gigante Papu
Il racconto. Così è cambiato Alejandro Gomez nei sei anni nell’Atalanta: preso in extremis dal Metalist fermato
dalla guerra, è cresciuto fino alle imprese in Champions League. E così ha scalato le classifiche, entrando nella storia
MATTEO SPINI
«Ahhh, che giocatore
era il Papu». Sospireranno più
o meno così - tra mezzo secolo
o anche meno - quei vecchietti
cresciuti ammirando una delle
migliori versioni di sempre dell’Atalanta:
e, rivolgendo antiche
storie di pallone ai nipotini, si
renderanno conto di quanto siano
stati sportivamente fortunati
ad essersi goduti in gioventù
le mirabilie di quella squadra
così bella e le giocate del suo
capitano, quel ragazzo con la
faccia simpatica e il nickname
da cartone animato.
Gomez + Atalanta
Uno che alla palla dava del tu e
faceva divertire. Ci si domanderà
magari anche allora se sia
stato il più grande o uno dei più:
e anche allora non ci sarà risposta,
perché è impossibile paragonare
campioni di età diverse.
Ma si potrà dire una cosa con
certezza: Gomez è stato il simbolo
della prima Atalanta che ha
frequentato i circoli dei grandi,
in Italia e in Europa. È appena
andato via, Papu, e l’Atalanta e
la Serie A ne sentiranno la mancanza:
al di là del finale amaro
e del nuovo corso già varato, è un
po’ come se fosse finita un’era.
Di ritorno dall’Ucraina
Perché Gomez, per l’Atalanta, è
stato tanto, tantissimo. Non lo
immaginava nessuno, neanche
lui, l’1 settembre 2014, quando
atterrò a Bergamo con l’ultimo
aereo del calciomercato, scappando
dalla guerra che l’aveva
spaventato in Ucraina: voleva
allontanarsi dall’unica decisione
della sua carriera ispirata dal
portafoglio. Sognava la Champions
e non l’aveva trovata, perché
la Uefa gliela sottrasse con
una squalifica ai danni del Metalist
Kharkiv: l’avrebbe abbracciata
più avanti, passando anche
da quella stessa città, quando
nel frattempo era diventato
eroe nerazzurro. Ma nel giorno
in cui firmò il suo primo contratto
con l’Atalanta, nessuno
avrebbe mai chiesto tanto. Percassi,
lui sì, ci aveva creduto: fu
la proprietà a spingere per il suo
acquisto.
Argentina e Catania
Non che fosse uno sconosciuto,
il Papu. Prima dell’esilio ucraino
era già stato protagonista in A
e aveva attirato le attenzioni
delle big: aveva giocato tre anni
a Catania, sotto la guida di Simeone,
Montella e Maran. Aveva
22 anni quando era sbarcato in
Italia, nel 2010, dopo avere conquistato
l’Argentina con la vittoria
del Mondiale Under 20 (con
Aguero, Di Maria e Maxi Moralez)
del 2007, anno in cui regalò
L’esultanza per il gol all’Everton, esordio europeo La tristezza post finale di Coppa Italia, maggio 2019
al piccolo Arsenal Sarandì la
Coppa Sudamericana: i siciliani
lo avevano acquistato dal San
Lorenzo, la squadra cara a Papa
Francesco. Tre anni a Catania,
poi l’Ucraina e il paracadute
Atalanta: stava per iniziare una
nuova storia, la più bella.
Inizio lento
E iniziò lentamente, se è vero
che Gomez impiegò un po’ per
diventare protagonista: si prese
tempo per scrollarsi di dosso gli
acciacchi. Sta di fatto che la prima
presenza arrivò a gara in
corso, il 21 settembre 2014, in
una gara persa in casa con la
Fiorentina, in cui segnò Kurtic,
suo futuro compagno. A causa
di una forma fisica precaria e di
una certa incompatibilità del
suo ruolo con il modulo di Colantuono,
il Papu attese la seconda
parte del campionato per
emergere. Era già salito al timone
Reja, in Atalanta-Empoli 2-2
del 26 aprile 2015, giorno della
sua prima rete: al 43’, lui segnò
l’1-1 e fu un gol da opportunista,
a porta vuota, non certo un manifesto
per uno che le reti si sarebbe
abituato a ricamarle. Tre
gol nelle ultime sette del
2014/15, poi una stagione più
che positiva con Reja, in cui era
diventato inamovibile: partiva
dalla sinistra nel 4-3-3, in zona
Papu, almeno per allora, visto
che ben presto ogni angolo del
campo sarebbe diventato casa
sua. Segnò sette gol, uno dei
quali direttamente da corner.
La svolta
Era già un giocatore da applausi,
Gomez, ma il meglio doveva ancora
venire. La svolta fu nel
2016/17, anno in cui l’Atalanta
–con Gasperini- si abituò a frequentare
l’alta classifica: iniziata
in maniera più che negativa,
la stagione regalò una serie infinita
di soddisfazioni, alla squadra,
che raggiunse il 4° posto e
la qualificazione europea dopo
tempo immemore, e al suo numero
dieci, che divenne leader,
trascinatore, fuoriclasse e bomber.
Non aveva mai raggiunto la
doppia cifra in carriera e quell’anno
si spinse a 16 reti (con la
sua prima tripletta in A, al Genoa),
toccando picchi qualitativi
eccelsi. Nel frattempo era diventato
capitano: Bellini e Raimondi
erano usciti o stavano
uscendo di scena e la fascia andò
a lui, per la prima volta in
un’Atalanta-Torino 2-1 dell’11
settembre 2016, prima vittoria
di Gasp a Bergamo.
L’ECO DI BERGAMO
VENERDÌ 29 GENNAIO 2021
51
Esordio in Champions
l’Atalanta perde 4-0
la prima del girone,
in casa della
Dinamo Zagabria.
2019
18
Settembre
26
Novembre
2019
Prima rete in Champions
dopo un superbo tunnel,
nel 2-0 alla Dinamo
Zagabria,a San Siro.
Due reti in
Lazio-Atalanta 1-4
la prima gli permette
di diventare il miglior
bomber straniero
dell’Atalanta tra tutte
le competizioni,
staccando Denis (a 56).
2020
30
Settembre
4
Ottobre
2020
In Atalanta-Cagliari 5-2,
segna il cinquantesimo gol
in A con l’Atalanta
è il sesto a riuscirci
nella storia.
Il suo secondo gol
in Champions,
in Midtjylland-Atalanta 0-4
il 59° in assoluto
con la maglia nerazzurra
e anche l’ultimo.
2020
21
Ottobre
1
Dicembre
2020
Atalanta-Midtjylland 1-1,
la partita dello strappo
il Papu gioca
nel primo tempo.
Entra nella ripresa
in Juventus-Atalanta 1-1
è l’ultima sua presenza
nerazzurra,
la numero 209 in A
(quinto di sempre)
e 252 in assoluto.
2020
16
Dicembre
Attenti
alla diagonale
Tutto come
previsto
E la lezione
di Icaro
PIETRO SERINA
1
3
4
5
7
8
9
10
11
12
13
Tutti i numeri di Gomez
209
252
50
59
16.663
19.975
99
135
Presenze in A
Presenze totali
Gol in A
Gol totali
Minuti giocati in A
Minuti giocati totali
Partite da capitano in A
Partite da capitano totali
Presenze in A
Gianpaolo Bellini
Stefano Angeleri
Livio Roncoli
Fabrizio Ferron
Alejandro Gomez
Piero Gardoni
Cristiano Doni
Enrico Nova
Valter Bonacina
Glenn Stromberg
Zaccaria Cometti
Luca Cigarini
Alberto Citterio
Gol nelle coppe
europee principali
1 Josip Ilicic
2 Alejandro Gomez
Duvan Zapata
4 Mario Pasalic
Musa Barrow
Eligio Nicolini
7 Hans Hateboer
Robin Gosens
Luis Muriel
Bryan Cristante
Andreas Cornelius
Aldo Cantarutti
Oliviero Garlini
Gol stranieri in A
1 German Denis
2 Paul Rasmussen
3 Leschly Soerensen
4 Alejandro Gomez
5 Duvan Zapata
6 Josip Ilicic
7 Claudio Paul Caniggia
8 Evair
9 Hasse Jeppson
Humberto Maschio
281
281
239
217
209
209
201
199
195
185
178
173
168
10
6
6
4
4
4
3
3
3
3
3
3
3
56
53
52
50
47
39
26
25
22
22
Papu d’Europa
Fu lì che il Papu diventò il Papu,
faccia felice in un’isola felice,
dispensatore di bel calcio ed
emozioni, leader carismatico di
una squadra che si divertiva a
stupire. La storia continuò l’anno
dopo, quando l’Atalanta si
ripresentò in Europa dopo più
di 26 anni e bagnò l’esordio con
un 3-0 all’Everton, a cui prese
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
1
2
3
4
6
7
8
10
allenatore
Colantuono
Reja
Gasperini
Stagione Presenze in A Reti in A Presenze totali Reti totali
2014/15
2015/16
2016/17
2017/18
2018/19
2019/20
2020/21
24
34
37
33
35
36
10
3
7
16
6
7
7
4
25
36
39
44
46
46
16
Presenze totali
Gianpaolo Bellini
Valter Bonacina
Stefano Angeleri
Cristiano Doni
Livio Roncoli
Fabrizio Ferron
Glenn Stromberg
Giovanni Vavassori
Severo Cominelli
Vittorio Schiavi
Alejandro Gomez
Piero Gardoni
Francesco Simonetti
Gol in A
3
7
16
9
11
8
5
Cristiano Doni
Adriano Bassetto
German Denis
Paul Rasmussen
Leschly Soerensen
Alejandro Gomez
Duvan Zapata
Josip Ilicic
Enrico Nova
Edmondo Fabbri
435
331
324
323
305
294
273
270
261
256
252
250
243
69
57
56
53
52
50
49
41
34
31
Gol stranieri
tra tutte le competizioni
Alejandro Gomez
Duvan Zapata
German Denis
Paul Rasmussen
Josip Ilicic
Leschly Soerensen
Gedeon Lukacs
Claudio Paul Caniggia
Dino Da Costa
Evair
presenze
14
47
191
59
58
56
53
53
52
33
31
31
30
reti
0
10
49
1
2
4
5
6
7
8
9
11
13
Presenze nelle coppe
europee principali
Alejandro Gomez
Remo Freuler
Hans Hateboer
Marten De Roon
Rafael Toloi
Josè Luis Palomino
Robin Gosens
Andrea Masiello
Josip Ilicic
Duvan Zapata
Mario Pasalic
Domenico Progna
Eligio Nicolini
28
27
27
26
23
22
21
18
17
17
16
16
15
Gol tra tutte le competizioni
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Cristiano Doni
Severo Cominelli
Alejandro Gomez
Duvan Zapata
Adriano Bassetto
German Denis
Paul Rasmussen
Leschly Soerensen
Josip Ilicic
Marino Magrin
112
62
59
58
57
56
53
52
51
50
parte anche lui, con un golazo da
fuori. Segnò anche al Lione, nel
turno successivo, quando gli avversari
dicevano di non conoscerlo
e lui tatuò il suo nome e
quello dell’Atalanta sulla mappa
del continente: la cavalcata in
Europa League si spense ai sedicesimi,
con il Borussia e i nerazzurri
chiusero il campionato un
po’ più indietro, con Gomez meno
incisivo sotto porta. Il
2018/19 si aprì a luglio e vide
subito naufragare l’euro-avventura
nei preliminari: il 30 agosto
il Copenaghen eliminò l’Atalanta
ai rigori, in uno dei rari momenti
amari per il Papu, che
suggellò con l’errore un rapporto
conflittuale con il dischetto.
Fu quello il suo ultimo penalty.
La stagione continuò però be-
La gioia per la conquista della qualificazione in Champions
Atalanta-Midtjylland, la partita del fattaccio l’1 dicembre 2020
nissimo: il capitano si travestì da
trequartista e l’Atalanta ingranò,
arrivando al terzo posto e
alla qualificazione Champions.
Sempre più su
E, nel 2019/20, la prima esperienza
nella vecchia Coppa dei
Campioni fu esaltante: salpata
con una débâcle (4-0 a Zagabria),
con bravura e fortuna, la
storia si capovolse, fino al doppio
ottavo con il Valencia (4-1 e
4-3) e al maledetto epilogo con
il Psg, ad un tiro di schioppo
dalla semifinale.
L’Atalanta –ancora terza in A
e ai primi sogni scudetto- era
diventata una realtà europea, il
Papu la sua perfetta sintesi. Un
racconto ricominciato nella stagione
in corso con le stesse premesse,
anzi con un incremento
incoraggiante anche in fase realizzativa
per il diez, a segno 4
volte nelle prime tre giornate e
poi alla prima di Champions.
Ironia della sorte, proprio nella
sua coppa preferita, quella che
aveva tanto inseguito e che poi
aveva assestato sul sedile della
normalità, Gomez andò incontro
alla serata dell’1 dicembre,
quella del Midtjylland, la partita
dello strappo.
Nella storia
Il resto è nel burrascoso finale.
Che non cancella quello che
l’Atalanta e Gomez hanno fatto,
insieme, in sei anni e mezzo. I
numeri del Papu dicono tanto:
252 presenze totali, 209 in A, 59
gol totali, 50 in A e 19.975’ sul
campo (fate pure 333 ore, in
pratica due settimane filate) lo
collocano nei primi posti di quasi
tutte le classifiche all time
tinte di nerazzurro. In Europa
è l’atalantino che ha giocato più
(28 gettoni) e il secondo goleador
(6 reti), in assoluto è lo straniero
con più gol (59) e quarto
in A (50). E poi, è terzo per reti
totali con l’Atalanta e sesto in A,
ma anche quinto per presenze
nella massima serie e appena
fuori dalla top ten tra tutte le
competizioni. E, negli anni atalantini,
è stato il miglior assistman
di A, a quota 58. Senza
considerare tutti i record raggiunti
con la squadra. Numeri
che raccontano quanto Gomez
ha fatto con l’Atalanta, nei 2.339
giorni - da ufficializzazione a
ufficializzazione - in cui ha vestito
la maglia nerazzurra: giorni
in cui il piccolo Papu si è riscoperto
gigante.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Dopo 57 giorni la vicenda
si è dunque chiusa
con un finale a sorpresa:
sono tutti felici. E
dediti a reciproci ringraziamenti.
Vien da dire che, a saperlo, ci
si poteva arrivare prima…
Ma dietro la facciata resta la
sostanza, che è quella prevista
già 24 ore dopo i fatti del 1° dicembre,
nell’intervallo di Atalanta-Midtjylland
1-1. Cioè frattura
non ricomponibile tra Gasperini
e Gomez; società che si
sarebbe schierata col tecnico
perché queste sono le regole di
ogni consesso sociale; giocatore
destinato ad andare altrove.
Nell’ordine 20 giorni dopo i
fatti (in mezzo c’era l’Ajax...)
l’Atalanta con due righe nel preambolo
all’elenco dei convocati
con la Roma ha sancito la scelta
di Gasperini . Dopo un’altra settimana
in un’intervista proprio
a questo giornale il presidente
Percassi ha chiuso a ogni possibile
riapertura al Papu («la vicenda
è chiusa. Punto»). E martedì
il percorso si è concluso col
passaggio del Papu al Siviglia.
I risultati sono quattro. La società
è più forte perché agendo
con l’abituale riservatezza ha
mandato un messaggio chiarissimo:
qui le regole della civile
convivenza valgono per tutti e
stanno sopra tutto. La squadra
è più solida e responsabilizzata:
nelle 14 partite giocate dopo Gomez
non ha mai perso. L’allenatore
ha più spazio per inserire i
giocatori sui quali l’Atalanta ha
investito per il futuro (Papu tra
due settimane compirà 33 anni,
auguri). E Gomez è soddisfatto
della soluzione spagnola.
Le lezioni, invece, sono due,
se possibili ancora più chiare.
Primo il bene comune è sempre
più forte dell’interesse del singolo.
Secondo l’umiltà è la prima
prerogativa dei grandissimi. Il
primo tema negli sport di squadra
(nelle realtà sociali) è un
concetto ben conosciuto, ma
non sempre applicato. Il più forte
è campione nella misura in cui
si mette al servizio del gruppo,
perché è sempre il gruppo che
esalta il suo talento. Quando non
succede il gruppo perde. E il singolo
perde con il gruppo.
Ma per applicare il principio
nel quotidiano serve anzitutto
una dose enorme di umiltà. Più
grandi sono le doti, più bisogna
trovare la forza di sentirsi piccoli
come chi ti circonda. Perché
arriva da lì lo slancio per crescere.
E quando non succede il rischio
è di perdere di vista la realtà.
Com’era successo a Icaro.
p.s.: un’ultima (amara) considerazione.
Senza entrare nel tema
delle scelte pedagogiche (anzitutto
per totale incompetenza)
tutti dovremmo ricordarci di
insegnare a figli e nipoti che anche
i calciatori sono esseri umani.
E quindi, come tutti indistintamente,
non esenti da errori.
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52
Lo speciale
Ciao Papu/3
L’ECO DI BERGAMO
VENERDÌ 29 GENNAIO 2021
Gomez, che personaggio
La Papu dance, la «sfida»
via post, il saluto da film
Social e non solo. Milioni di followers, da Bergamo alla fama internazionale
Dagli scherzi coi compagni alla «rottura». Fino all’addio, con parole dolci
MATTEO SPINI
Che fenomeno, il Papu.
Non solo sul campo, dove
si è abituato a deliziare il pubblico:
Alejandro Gomez è anche
fenomeno di costume. Cantante
o ballerino, comico o attore,
motivatore o influencer, testimonial
o filantropo: il personaggio
Papu è qualcosa che
straborda, ben oltre i confini
del semplice calciatore. È anche
una superstar, figlia dei nostri
giorni: i social sono stati la
cassa che ha amplificato la personalità
di un uomo poliedrico
e coinvolgente, esaltandone la
simpatia.
Consenso trasversale
Chi non vuole bene al Papu? Al
di là delle incomprensioni del
finale atalantino, proprio nessuno:
in uno sport divisivo come
il calcio, Gomez è una sorta
di passepartout universale. Anche
i più grandi fuoriclasse
mondiali catalizzano le antipatie
di una controparte: fa parte
delle regole del gioco. Solo certi
giganti del passato, forse, non
sono entrati in questo vortice,
anche perché i tempi erano meno
esasperati: Gomez è capace
di raccogliere un consenso
quasi assoluto, grazie a spontaneità
e naturalezza.
E l’Atalanta è diventata
squadra simpatia anche grazie
a lui, capitano coraggioso e sorridente.
Il celebre video della Papu dance, girato con gli «Autogol»
Una delle «parodie» più divertenti tra Papu e Petagna su instagram
Fantacalcio e figurine
Ci sono club che acquistano
giocatori in qualche strano angolo
del mondo in operazioni
di marketing che esulano dall’aspetto
tecnico. L’Atalanta
non ne ha mai avuto bisogno:
nel 2014 aveva ingaggiato un
ottimo calciatore, che con la
sua maglia si sarebbe trasformato
in fenomeno, dentro e
fuori dal campo, e in vero e
proprio brand. I fantacalcisti
di tutta Italia si sono scannati
nelle aste di settembre per assicurarsi
i bonus di Gomez, i naviganti
del web l’hanno idealmente
abbracciato, facendosi
grasse risate sui suoi siparietti
nei video con gli Autogol o nei
post su Instagram.
Non è un caso che sia lui, in
queste settimane, a finire in tv
con lo spot delle figurine Panini,
impegnato in improbabili e
distruttive partite di pallone
tra le mura casalinghe: un paradosso
pensare che la sua foto
sull’album sia già quella di un
ex. In ogni caso, da Nord a Sud,
in Italia ma anche fuori, chiunque
si è concesso un sorriso su
una «Papuata».
Un fotogramma del video di saluto pubblicato da Gomez martedì
Due nazionali
Ogni appassionato di calcio ha
apprezzato il suo futbol bailado
e spensierato: la sua kryponite
è sempre stata solo una, la tristezza,
che l’ha turbato –minandone
il rendimento- nei rari
momenti di difficoltà sul
campo, come quando si era
messo a sbagliare qualche rigore
di troppo. E mezza Italia
aveva tenuto le dita incrociate,
quando Ventura, nel 2016, provò
in ogni modo a convocarlo
in azzurro, salvo infrangere le
speranze contro un regolamento
che non lasciò scappatoie,
per le antiche partite con le
nazionali giovanili argentine.
Il Papu - diventato italiano
qualche mese prima - avrebbe
difeso volentieri il tricolore,
ma non fu certo scontentato
quando entrò nel giro della Seleccion:
dove è rientrato di recente,
con la concreta speranza
di giocarsi la Copa America
2021 e il Mondiale 2022.
Papu Dance
Il Papu è quello dei 2,4 milioni
di follower su Instagram. È
quello dei siparietti social con
Petagna, che hanno fatto sbellicare
tutti, come fossero Stanlio
e Ollio, tra fotomontaggi di locandine
di film e sfottò reciproci,
tra il «nano» e il «gordo»,
vecchi compari d’attacco per
due stagioni. È quello che ha
aperto al mondo le immagini di
teneri momenti familiari con
la sua Linda e i suoi bambini,
Bautista, Costantina e Milo.
È quello del libro a fumetti
rivolto ai più piccoli, che hanno
potuto conoscere la sua storia
di bambino che inseguiva il pallone.
È quello di «Baila como
el Papu», la canzone che diventò
una hit, ispirata alla Papu
Dance per festeggiare i gol (che
fece ballare anche Gasperini):
riciclando il suo commento,
non vincerà il Pallone d’oro, ma
un disco d’oro ce l’ha sulla mensola
di casa.
Cuore d’oro
I proventi del disco andarono
agli Insuperabili, scuola calcio
per ragazzi con disabilità. Cuore
grande, come dimostrato la
scorsa primavera, quando mise
tutto il proprio impegno per
reclutare mezzo mondo calcistico
(dai compagni nerazzurri
fino a grandi campioni come
Van Dijk, Dybala, Modric e
Rakitic) nel progetto da lui lanciato
sul web, «The Biggest Game»,
attraverso il quale raccolse
130mila euro per gli ospedali
attraverso le aste delle maglie.
Era da poco scoppiata la pandemia,
che lo toccò particolarmente:
provato dal dramma
che stava vivendo la sua Bergamo,
lanciava continui messaggi
di responsabilità e attenzione,
da ciò che postava sui social
L’AMICIZIA CON MARADONA
Instagram, i dialoghi con Diego
e quell’ultimo augurio al figlio
Il Pibe e il Papu, storia di
una particolare amicizia
tra due numeri dieci argentini.
Il primo è - con
Pelè - il più grande di sempre:
Diego Armando Maradona,
scomparso da un paio di mesi
ma leggenda perenne del pallone
che rotola. Il secondo è
uno che, come lui, ha calcato i
campi di A contribuendo ai migliori
risultati della propria squadra:
Alejandro Gomez, che da
buon argentino è cresciuto nel
mito del Pibe de Oro. L’ex capitano
dell’Atalanta nacque il 15 febbraio
1988, quando Maradona
giocava in Italia, nel Napoli: il
giorno prima aveva segnato un
gol all’Avellino, ubriacando mezza
squadra. Oggi, Gomez è finito
nel Siviglia, club che fu anche di
Diego, ventotto anni fa.
I due si conoscevano bene e il
web ne ha avuto testimonianza.
Per esempio, tre anni fa, Maradona
dedicò un lungo messaggio su
Facebook al Papu consolandolo
per la mancata convocazione al
Mondiale e cancellando le critiche
piovute dall’Argentina (anche
quelle di Aguero, suo ex genero)
per un fallo sul connazionale
Biglia, ai tempi al Milan. Oppure
a ottobre, El Diez si complimentò
con il suo «discepolo» che aveva
vinto il premio di giocatore del
mese dell’Aic. Diego era solito
commentare le foto dei figli del
Papu, Costantina travestita da
portiere oppure il piccolo Milo,
al quale il 30 ottobre dedicò un
buon compleanno. Era anche un
modo di ricambiare gli auguri
appena ricevuti (inviati dall’ami-
co insieme all’altro figlio Bautista
e poi prendendo parte a un video
con una serie di miti del calcio):
sì, perché il più giovane della famiglia
Gomez è nato lo stesso
giorno del Pibe de Oro. Maradona
se ne andò meno di un mese
dopo e l’ex atalantino lo omaggiò
con uno messaggio su Instagram:
«Oggi è morto anche il calcio».
Si volevano bene, Alejandro e
Diego: c’era stima reciproca. E
non tutti sanno che il loro non
era solo un rapporto social: si
conoscevano da tanto e si erano
incontrati per la prima volta nel
2005, in Venezuela, dove l’ex nerazzurro
difendeva i colori della
Seleccion nel Sudamericano
Under 17. Il Pibe de Oro, due
anni dopo, chiese al Papu la
maglia che aveva indossato
nella finale della Coppa Sudamericana
2007, vinta dal piccolo
Arsenal Sarandì in finale
contro i messicani dell’America,
grazie alla sua doppietta
nel 3-2 dell’andata. In un match
giocato all’Atzeca, il leggendario
stadio di Argentina-
Inghilterra 2-1 dell’‘86, la partita
del gol del secolo e della
mano de dios. L’ennesimo
punto di incontro tra il Papu
e il mito.
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L’ECO DI BERGAMO
VENERDÌ 29 GENNAIO 2021
53
E a breve
in centro apre
un ristorante
argentino
Le sue attività
Oltre alla palestra «Perform»
alla Malpensata, Gomez sta per
avviare «Boedo», con
specialità del suo Paese
La cittadinanza italiana ricevuta a Palazzo Frizzoni nel maggio 2016 La benemerenza civica di Bergamo consegnata a Gomez dal sindaco Gori a fine 2019
Uno dei tanti post scherzosi tra Gomez e Ilicic
(compreso un tutorial su comportamenti
e distanziamento
recitato dai suoi figli) all’arrabbiatura
con il cronista spagnolo
che lo avvicinò all’atterraggio
a Valencia.
mune: un riconoscimento che
era spettato anche a Doni, successivamente
incorso in situazioni
che ne avevano offuscato
la traccia. Bergamo, sempre
calda e generosa con i suoi eroi
calcistici, lo adottò alla svelta
e l’amore fu subito ricambiato:
Gomez ha più volte ripetuto
che, a fine carriera, rimarrà a
vivere nella sua città d’adozione,
quella dove sono nati due
dei suoi tre figli, Costantina e
Milo.
Coerenza e scivolate
E non erano parole al vento,
perché l’ex capitano è sempre
stato allergico alle frasi precotte
che popolano i manuali dei
L’ultima foto di Gomez con Ilicic
prima della «rottura» tra i due Il post della «rottura», pubblicato da Gomez il 14 dicembre 2020
l’hanno anche tradito. Saltuariamente
in passato (vedi qualche
schermaglia con Spinazzola
che manifestava la voglia di
andare alla Juve), ma soprattutto
nell’ultimo periodo,
quando la situazione con l’Atalanta
era compromessa e gli
utenti del web l’hanno condannato
per il post in cui rivendicava
la necessità di raccontare
la sua verità quando se ne sarebbe
andato.
Quei social che hanno anche
amplificato certi episodi, come
l’inno juventino canticchiato
o la mancata esultanza al gol di
Freuler contro la Signora: leggerezze
che il «tribunale di internet»
ha respinto con reaziocolleghi:
anche nei momenti di
amore incondizionato con i
suoi tifosi, si è sempre rifiutato
di fare promesse e di baciare la
maglia, dicendo che l’amore
per sempre lo riserva solo alla
sua Linda, perché nel calcio
non si sa mai cosa può succedere.
A costo di fare aggrottare il
sopracciglio a chi avrebbe preferito
un atteggiamento un po’
più ruffiano, che però avrebbe
sbriciolato l’incrollabile castello
della coerenza oggi, nel
momento dell’addio.
Papu in alto con il suo calcio
e la sua personalità. E il ruolo
da influencer ritagliatosi sui
social: che hanno contribuito
a creare il personaggio, ma
Bergamasco doc
Bergamo aveva impiegato poco
ad innamorarsi di lui. Intuendone
subito le capacità tecniche
e poi, con il passare del
tempo, facendosi conquistare
dal suo carattere, oltre che dal
suo calcio e dai risultati della
squadra che conduceva sul
campo. Tanto che, nel dicembre
2019, a suggellare quel rapporto
speciale, arrivò la benemerenza
civica offerta dal Coni
intrise anche di eccessi di
cattiveria. Fino ai post con Ilicic
poi cancellati da entrambi
e all’«unfollowing» tra capitano
e parte della squadra.
Sarebbe stato un vero peccato
se il grande personaggio dell’Atalanta
contemporanea se
ne fosse dovuto andare ricoperto
dalla rabbia.
Sempre Instagram, però, ha
regalato il bel «cortometraggio»
di addio di Gomez, intriso
di messaggi d’affetto per Bergamo
e la sua gente, che sembra
avere riconquistato i più irriducibili.
Perché amori così non
finiscono nemmeno dopo la separazione.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
La Bergamo di Gomez è
la città dove l’ex capitano dell’Atalanta
ha trascorso più anni della
sua carriera professionistica e
quella dove ha deciso di restare a
vivere una volta che avrà appeso
le scarpette al chiodo. Anche adesso
che il Papu si è spostato a Siviglia,
la sua casa in centro a Bergamo
resta la base europea: per affetto
e per affari. Perché il fantasista
si è trovato talmente bene da avviare
qui le sue attività imprenditoriali:
nel 2016 ha aperto un centro
medico sportivo e a breve lancerà
un ristorante argentino.
In principio fu Perform: Gomez
era arrivato in città da un paio
d’anni quando decise di tuffarsi
nell’avventura extracampo. Insieme
ad un gruppo di sei soci, comprendente
tra gli altri l’ex preparatore
atletico dell’Atalanta Francesco
Vaccariello (oggi al Frosinone)
e il mental trainer Emanuele Arioli,
ha aperto –in città, in zona Malpensata-
quella che non è una
semplice palestra, ma un centro
medico sportivo all’avanguardia.
Perform, insieme ad altre realtà,
ha anche in mano la gestione del
centro sportivo del Villaggio Sposi.
Nuovissima, invece, l’idea di
aprire - insieme a sua moglie Linda
Raff, architetto - un ristorante,
in pieno centro a Bergamo: il
buongustaio Papu, appassionato
di asado, porterà la cucina argentina
in città, con «Boedo».
Il nome viene dal barrio di Buenos
Aires (città natale di Gomez),
famoso per il tango e per il San
Lorenzo de Almagro, la squadra
del Papa (che è il primo tifoso) e
del Papu (che vestì il rossoblù):
l’apertura è attesa tra qualche mese.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Domani forse sarà già in campo contro l’Eibar
La presentazione
Gomez nella prima uscita
ufficiale: «Ho rifiutato
l’Arabia per restare
nel calcio che mi fa felice»
Papu, il ballerino di Siviglia.
Alejandro Gomez è atterrato
sul pianeta biancorosso: il
presidente Josè Castro, accogliendolo,
ha detto di avere
ascoltato la Papu Dance (e i
montaggi sui social lo mostrano
in ballo con Gomez, Monchi e
Lopetegui) e gli ha riservato parole
d’affetto.
Lui ha già conquistato la città
andalusa e ieri ha suscitato reazioni
entusiaste, con la presentazione
con il suo nuovo club: «È
stato tutto sorprendente: per
me è una nuova avventura, la
mia vita cambia completamente,
ma sono felice», ha detto il
Papu, che si è esibito in qualche
palleggio. L’esordio - con il 24
sulle spalle - sarà probabilmente
in trasferta: domani contro l’Eibar,
squadra dei Paesi Baschi,
Papu Gomez alla presentazione
ufficiale del Siviglia SEVILLA FC
15ª in classifica.
Il Siviglia fu squadra di Maradona,
idolo di Gomez: «Diego ha
giocato qui e tutti gli argentini
sono sempre orgogliosi di indossare
una maglia che è stata sua:
tanti miei connazionali hanno
giocato in questa squadra, è una
bella storia. Anche Banega: è un
complimento il paragone con
lui. Non so se sia destino: in tanti
mi hanno parlato bene del club
e della città, seguo il Siviglia su
Instagram da tempo, per i risultati
e le notizie. Mi piace l’entu-
siasmo della gente: è incredibile
che sia qui». Non sono scelte di
portafoglio quelle del Papu:
«Non mi è mai interessata la
parte economica: per lasciare
Bergamo, ho avuto proposte dall’Arabia
ma ho sempre cercato
il calcio che mi rende felice.
Quando c’è stata l’opportunità
di venire qui, non ho avuto dubbi».
I temi toccano anche l’Atalanta:
«Nelle ultime settimane mi
sono allenato con la seconda
squadra (la Primavera, ndr): sto
bene, mi manca solo il ritmo
partita. In queste stagioni ho
giocato in ogni posizione, dal
centrocampo in su: mediano,
mezzapunta, esterno. Sono a
completa disposizione dell’allenatore.
Oggi i calciatori giocano
più a lungo: prendendoti cura di
te stesso, arrivi fino a 38-39 anni.
La testa è tutto», continua Gomez.
Che si presenta così: «Sono
come mi vedono: cerco di essere
trasparente, dire sempre ciò che
penso, non c’è doppia faccia».
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