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SUPPLEMENTO AL NUMERO ODIERNO DE L’ECO DI BERGAMO
DIRETTORE RESPONSABILE: ALBERTO CERESOLI
Dal Mapello
al Valencia
Che notte
questa notte
ROBERTO BELINGHERI
«Ci siamo». Il
titolo qui a
f i a n c o
sembra banale.
Ci
siamo, siamo arrivati. Ma anche
ci siamo, ci saremo. Anche
«io c’ero». Chi ha vissuto partite
storiche dell’Atalanta sa cosa
significa parlarne anni e decenni
dopo. Raccontare i dettagli,
farli vivere a chi per mille motivi
non era lì.
Domani sera è una di quelle.
Atalanta-Valencia, gara valevole
- avrebbero detto i telecronisti
di una volta - per l’andata
degli ottavi di finale di Champions
League. Abbiamo dato
uno sguardo indietro, nell’archivio.
Dieci anni fa, il 19 febbraio
2010, l’Atalanta era reduce
da un 4-0 al Mapello, in un
test infrasettimanale in vista
della partita di campionato con
il Chievo. Era l’Atalanta di Mutti,
che poi retrocesse. Era l’Atalanta
di Coppola, Bianco, Pellegrino,
Volpi, Amoruso, Chevanton,
per dirne alcuni.
Dieci anni, eppure sembra
l’album dei ricordi di un secolo
fa. La partita di domani sera a
San Siro, comunque andrà, fotografa
meglio di tutto il cammino
incredibile, prodigioso,
fatto dall’Atalanta in questi dieci
anni. Da quel che eravamo -
salvezze tranquille se andava
bene, qualche pensierino d’Europa
inframmezzato da saltuarie
capatine in serie B - l’Atalanta
domani sera sarà in campo
tra le sedici migliori d’Europa.
Sarà didascalico dirlo, ma non
è inutile. Anche per questo abbiamo
riproposto nelle pagine
che seguono il «film» del girone.
Il calcio ormai è un tritatutto
in perenne funzione, e si tende
a sotterrare partite sotto altre
partite. Invece c’è stata la
Dinamo, il City in 10, l’impresa
di Kharkiv. Ci sono state emozioni
indescrivibili, e fiumi di
lacrime.
Tutto quel che pareva impossibile,
con questa Atalanta,
diventa possibile. La qualificazione
Champions, poi il terzo
posto, poi il passaggio del turno.
C’era poco da scommetterci, invece
siamo qui, di nuovo a bussare
ai cancelli di San Siro.Dormite,
stanotte, perché domani
sarà dura. E comunque andrà,
non ce la dimenticheremo mai.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
2
L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
Speciale
Atalanta-Valencia
3
L’indice
1
3
4
5
L’editoriale
di Roberto Belingheri
L’opinione di Elio Corbani
di Paolo Vavassori
Il tema della partita
di Pietro Serina
Il “borsino” degli ottavi
di Matteo Spini
8 9
10 11
12 13
14 15
16 17
18 19
Gli incassi della Champions
di Giovanni Cortinovis
Il film del girone, 6 partite in 6 fotonotizie
L’identikit del Valencia, portieri e difensori
di Matteo Spini
L’identikit del Valencia, centrocampisti e attaccanti
di Matteo Spini
La storia del Valencia nel calcio spagnolo
di Dino Nikpalj
Gli ottavi dell’Atalanta, la nostra storia
di Paolo Vavassori
DANIELE TORESANI
6
Intervista ad Aldo Cantarutti, l’eroe di Coppa
di Matteo Spini
20 21
Le imprese negli ottavi di Champions
di Giovanni Cortinovs
7
Valencia, la rivincita di Gasp
di Matteo Spini
22 23
Verso la trasfera, alla scoperta di Valencia
di Luca Bonzanni
Corbani, fiducia ma prudenza
«Il Valencia è una grande, occhio»
L’intervista-editoriale. Lo storico giornalista atalantino sul big match di domani: «Attenzione, il calcio
è imprevedibile. Troppo entusiasmo dopo il sorteggio. Ma abbiamo le qualità per fare la differenza»
PAOLO VAVASSORI
Elio Corbani dosa con cura
sentimento e ragione per
inquadrare questo storico
ottavo di Champions.
Ci sono prudenza e cautela nelle
sue parole, ma affiora sempre un
certo ottimismo. La qualificazione
ai quarti? «Dico 55% Atalanta
e 45% Valencia. E’ una sfida aperta.
E attenzione all’entusiasmo:
in quantità giuste va bene, se è
troppo, poi rischia di farti perdere
la misura».
Partiamo dal primo round: a San Siro
bisogna vincere senza prendere gol?
«Sarebbe meglio vincere la
prima, ovviamente. Ma il discorso
del non prendere tassativamente
gol in casa, con un tecnico
come Gasperini, i cui meriti nelle
imprese nerazzurre non smetterò
mai di esaltare, conta relativamente.
L’Atalanta gioca sempre
per vincere, contro tutti e su
qualsiasi campo, ed è la caratteristica
che mi entusiasma di più:
non si arrocca mai a difesa del gol
di scarto. Può ribaltare qualsiasi
situazione. Quindi immagino
due gare avvincenti, piene di
emozioni. Due partite vere, aperte.
Però mi lasci rimarcare un
punto...».
Dica?
«Non vorrei che il giorno del
sorteggio ci fosse stata un po’
troppa euforia fra la gente di Bergamo
e gli addetti ai lavori. Il sorteggio
è buono quando poi passi
il turno... Stiamo parlando di un
club come il Valencia, dalla solida
esperienza europea. Una squadra
che è stata in grado di battere il
Barcellona qualche settimana fa.
Quindi: benissimo l’entusiasmo,
la consapevolezza e la fiducia, ma
Il sorteggio dello scorso 17 dicembre, con il Valencia che esce dall’urna abbinato all’Atalanta
serve anche una certa prudenza,
mi raccomando».
Detto questo: che partita sarà secondo
lei?
«L’Atalanta ha una caratura
internazionale che si è conquistata
sul campo a suon di prestazioni.
Il gioco che esprime è la sua
vera forza. Nel calcio non si sa
mai come può andare a finire: un
palo, un rigore, un gol sbagliato
di pochi millimetri, un episodio,
un dettaglio, possono cambiare
il corso di una partita. Ma sono
certo di una cosa: l’Atalanta contro
il Valencia dovrà giocare ad un
livello altissimo».
Zapata è rientrato già da qualche
partita: sarà il valore aggiunto contro
il Valencia?
«Lo vedo che migliora leggermente
ma gradualmente partita
dopo partita. Ha ritrovato anche
il gol su azione ed è un bel segnale.
Lui e il Papu Gomez possono
fare la differenza».
Elio Corbani, «storica» firma del giornalismo legato all’Atalanta
n n Non è così
fondamentale non
prendere gol: non
rientra nello stile di
gioco di Gasperini»
n n Questa squadra
può centrare
anche la seconda
qualificazione
consecutiva»
E Ilicic?
«Beh, qui stiamo parlando di
un giocatore che, quando è in
giornata, è di un livello superiore
a tutti gli altri. Ma avete visto il
gol che ha realizzato al Torino?
Solo pensarla una cosa del genere
è un prodigio. E tra i potenziali
match winner mi faccia aggiungere
anche Gosens: con quei tiri
poderosi e improvvisi può far
male davvero».
L’Atalanta in A gravita in zona Champions.
Ormai è la sua dimensione...
«Sì, possiamo dirlo. Capita di
perdere qualche partita. Che siano
scontri diretti o no. Ci sta in un
campionato. Però prendete la gara
di Firenze: Straordinaria ed
emblematica. l’Atalanta ha iniziato
dominando, è andata sotto
per un tiro da fuori, ha reagito
ribaltando la situazione. E poi ha
gestito in totale controllo. Mentalità,
sicurezza, personalità nel
chiudere senza correre rischi:
queste sono caratteristiche da
grande squadra a tutti gli effetti».
Meglio battere il Valencia o riconquistare
la Champions a fine campionato?
«Possibili entrambi gli obiettivi
con questa Atalanta. Perché
produce un grande calcio. Sono
la bellezza e l’efficacia del gioco
corale che la rendono così speciale
agli occhi di tutti».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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4
Speciale
Atalanta-Valencia
L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
Atalanta, attesa febbrile
Una terra in movimento
per la sfida al Valencia
Domani la sfida. In 4 giorni dal 4° posto che vale il ritorno tra le big a giocarsi
un posto tra le prime otto di Champions. E si va verso il record di spettatori
PIETRO SERINA
Giorni così Bergamo
non li ha mai vissuti: il 2-1 alla
Roma di sabato non è ancora
stato del tutto celebrato ed è già
tempo di occuparsi del Valencia
(domani sera, ore 21 a Milano).
La prossima Champions è ipotecata
(+6 che vale +7 sulla Roma,
prima inseguitrice), e questa
splendida Atalanta nelle 14 partite
che restano da giocare la
difenderà attaccando.
Ma prima c’è da godersi la
Champions in corso, perché domani
si gioca l’andata degli ottavi
di finale: Atalanta-Valencia a
Milano (ore 21) è la sfida dei
nerazzurri - outsider nell’Europa
dei grandi - all’avversaria che
tutti a Bergamo avremmo voluto.
Forte, questo è certo, ma di
sicuro meno forte delle altre
possibili avversarie. Forte e capace
di imprese esterne inimmaginabili
(1-0 dal Chelsea e 1-0
dall’Ajax, nel girone), ma vulnerabile
per la situazione in cui è
costretto ad affrontare questo
doppio impegno.
Valencia con l’emergenza difesa
Perché l’Atalanta che come segno
distintivo ha la forza del suo
attacco, domani affronterà avversari
che hanno un problema
enorme: giocheranno praticamente
senza difesa. Al Valencia
mancano i due terzini destri
(italiani) presi per fare i titolari,
Piccini e Florenzi, e soprattutto
L’1-0 di Castagne allo Shakhtar, nel 3-0 della qualificazione, in Ucraina
i due difensori centrali (fortissimi)
che sono un segno distintivo
degli spagnoli.
Perché il brasiliano Gabriel
Paulista è squalificato (due turni)
e salterà entrambe le gare
con l’Atalanta e l’argentino Garay
si è rotto il crociato a fine
mercato e il Valencia non ha
fatto in tempo a sostituirlo.
Chiunque giochi non vale i titolari,
e sarebbe così per tutti. Se
i nerazzurri esalteranno i tre
tenori là davanti, potrebbe succedere
di tutto.
Anche perché, a veder le ultime
partite ufficiali, il Valencia
n Per i nerazzurri è
l’esordio a questi
livelli, il Valencia è
da anni ai vertici
del calcio europeo
patisce le avversarie che giocano
intense, alzando i ritmi. Il
4-4-2 degli spagnoli è di qualità,
ma non passa da ritmi forsennati
se non con delle fiammate
nelle ripartenze, illuminate da
quel Rodrigo che a gennaio è
stato a un passo dal Barcellona.
Su le antenne.
Spagnoli esperti, i nostri all’esordio
Ma a segnare la giornata sarà
soprattutto l’importanza psicologica
dell’appuntamento. Il Valencia
è abituato al calcio di questi
livelli: nella stagione scorsa,
3° nel girone di Champions dietro
Juventus e Manchester, è poi
arrivato alla semifinale di Europa
League. Giocherà freddo, oggi
non si presenterà neppure a
San Siro per provare il campo e
vedere lo stadio.
Il Valencia si allenerà questa
mattina in Spagna, nel pomeriggio
sarà a Milano, in serata solo
la conferenza stampa obbligatoria:
a San Siro si presenteranno
solo il tecnico Celades e un giocatore.
E solo per rispondere a
delle domande.
L’Atalanta, all’opposto, non
ha mai giocato una gara così importante
nella sua storia. E i
precedenti ci dicono che questa
squadra quando arrivano le
grandi giornate un po’ soffre.
Unica eccezione l’exploit memorabile
di Kharkiv. Giusto dire
che il popolo nerazzurro dovrà
aiutare la squadra.
Un esodo verso un sogno
Per questo siamo a grandi numeri.
Più di 40 mila bergamaschi
saranno sugli spalti, a spingere
la squadra. E il confronto
è già con il record storico - e che
tutti consideravamo irraggiungibile,
ma in realtà la storia va
sempre oltre l’immaginazione
- di 35 anni e mezzo fa. Era il 16
settembre 1984, ad Atalanta-Inter
1-1, partita del ritorno in A
dopo cinque stagioni di buio (4
di B e l’unico della storia in C),
assistettero 43.426 spettatori.
A Bergamo non succederà
mai più di arrivare a quei numeri,
lo stadio non lo permette. E
avvicinarsi al record a Milano
(che per ampie parti della provincia
comunque dista 100 km)
è già un record. Facile concludere
che quando domani sera arriverà
il dato ufficiale questo sarà
comunque diventato un memorabile
evento di massa.
Oltre 40 mila bergamaschi si
saranno trasferiti a San Siro per
vivere una partita di calcio fino
a pochi mesi fa neppure immaginabile.
Dai, diciamolo: sarà un
vero e proprio esodo verso un
sogno.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Arbitra Oliver: due anni fa
la lite con Buffon a Madrid
La vigilia
Il fischietto britannico da allora
non ha più diretto le italiane.
Formazione: Pasalic, Freuler
e Zapata per due posti
Atalanta-Valencia sarà
diretta da Michael Oliver. Se il nome,
in sé, non evoca ricordi, si sappia
che è quello con il «bidone della
spazzatura al posto del cuore».
Per dirla con Gigi Buffon, che al
termine del quarto di Champions
2018, si scagliò con quelle parole
contro l’operato dell’arbitro, che
in pieno recupero aveva concesso
un rigore agli spagnoli, vanificando
la rimonta bianconera. Al 97’,
dal dischetto, segnò Cristiano Ronaldo
(allora madridista), la Juve
andò a casa e partirono le proteste
contro l’oggi trentacinquenne inglese.
Che da quel giorno non ha
più incrociato un’italiana: lo trova
ora l’Atalanta, con i connazionali
Burt e Bennet, assistenti, il quarto
ufficiale Atkinson e gli addetti Var
e Avar Kavanagh e Pawson.
L’Atalanta si prepara al Valencia
nel migliore dei modi: la seduta
di ieri ha visto la squadra al completo,
con l’unica eccezione dell’infortunato
Sutalo. Il croato, comunque,
non è arruolabile come
Bellanova, in quanto non inserito
nella lista Uefa. Gasperini dovrà
scegliere 18 elementi su 20, lasciandone
due in tribuna (in
Champions, in panchina vanno
solo in 7): probabile restino fuori
il terzo portiere Rossi e Czyborra.
Tra i titolari, c’è un grande dubbio:
giocano in due tra Pasalic, Freuler
e Zapata. I due centrocampisti sono
in ballottaggio, ma è più che
possibile anche l’opzione con entrambi
in campo e senza centravanti
di ruolo, con Pasalic avanzato
con Gomez e Ilicic e con Zapata
fuori. Sulla destra, Castagne è favorito
su Hateboer. Oggi rifinitura
alle 15,15 a Zingonia, poi la squadra
si sposterà a Milano.
M. S.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Tutto sulla grande vigilia
Primo mese a 0,99 euro
Anche i contenuti di
Corner si stanno «scaldando»,
in vista della grande sfida di domani,
Atalanta-Valencia. Oggi,
dopo la pubblicazione integrale
di questo inserto, gli abbonati di
Corner potranno leggere un
racconto di Dino Nikpalj su un
personaggio che ha vestito entrambe
le divise di Atalanta e
Valencia: il mitico Heriberto
Herrera. Appuntamento alle 9.
Alle 12, invece, un nuovo racconto
di Stefano Corsi: ecco la
vigilia del professor Caudano.
Per abbonarsi a Corner, è sufficiente
cliccare la pagina https:/
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L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
5
Gli ottavi di finale di Champions League
Andata: oggi
Ritorno: mercoledì 11 marzo
Borussia D. (Ger)
Paris SG (Fra)
Atletico M. (Spa)
Liverpool (Ing)
Andata: domani
Ritorno: martedì 10 marzo
Andata: martedì 25 febbraio
Ritorno: mercoledì 18 marzo
NAPOLI
Barcellona (Spa)
Chelsea (Ing)
Bayern M. (Ger)
Andata: mercoledì 26 febbraio
Ritorno: martedì 17 marzo
LE ALTRE DATE
Quarti di finale
and. 7-8 aprile
rit. 14-15 aprile
Semifinali
and. 28-29 aprile
rit. 5-6 maggio
Finale
30 maggio
stadio Ataturk
di Istanbul
ATALANTA
Valencia (Spa)
Tottenham (Ing)
Lipsia (Ger)
Lione (Fra)
JUVENTUS
Real Madrid (Spa)
Man. City (Ing)
Il «borsino» di tutti gli ottavi
Real-City, ne resterà una sola
Le altre sfide. L’urna di Nyon ha regalato anche la replica della finalissima
del 2012, fra Chelsea e Bayern. Napoli e Juve in campo settimana prossima
Block notes
LA CHAMPIONS SU BERGAMO TV
STASERA DALLE 18,40 L’ANTEPRIMA
La vigilia di Atalanta-Valencia, gara
d’andata degli ottavi di finale di Champions
League, sarà al centro anche del
palinsesto serale dell’emittente televisiva
regionale Bergamo TV (canale 17
digitale terrestre - streaming www.bergamotv.it),
con Anteprima Champions
League che andrà in onda dalle ore
18,40 anche sul sito internet e sulla
pagina Facebook de L’Eco di Bergamo.
In studio Mariachiara Rossi ospiterà il
delegato provinciale del Coni Lara
Magoni. Sarà trasmessa in diretta dallo
stadio Meazza di Milano la conferenza
stampa prepartita che vedrà parlare
per l’Atalanta l’allenatore Gian Piero
Gasperini e l’attaccante sloveno Josip
Ilicic, insieme alle immagini dell’allenamento
di rifinitura della squadra
nerazzurra che si svolgerà nel primo
pomeriggio al centro sportivo Bortolotti
di Zingonia. La replica delle ore 22
conterrà anche la conferenza stampa
dell’allenatore del Valencia Albert
Celades. Domani dalle ore 18,40, invece,
inizierà la lunga serata di Diretta Stadio
Champions League dedicata al racconto
della gara. Giovedì, infine, l’analisi
finale di TuttoAtalanta Champions
League a partire dalle ore 20,50,
sempre su Bergamo Tv.
PIÙ DI 42.500 SPETTATORI
A SAN SIRO 27 BUS DEGLI AMICI
Saranno più di 42 mila gli spettatori di
Atalanta-Valencia di domani (ore 21 a
San Siro). Il numero dei biglietti emessi,
aggiornato a ieri sera, ha raggiunto
quota 42.514: di questi, sono poco più di
2 mila quelli provenienti dalla Spagna,
che troveranno posto nel settore ospiti.
La festa a Gomez dopo
il 2-0 alla Dinamo
Zagabria, a S. Siro, che ha
lanciato l’Atalanta verso
la qualificazione FOTO AFB
La vendita continua fino al fischio
d’inizio di domani. Nel frattempo il
Centro di coordinamento dei Club Amici
dell’Atalanta ha reso noto che saranno
27 i bus organizzati per il trasporto dei
tifosi nerazzurri a San Siro. Sold out,
invece, biglietti e pacchetti per il
settore ospiti del Mestalla per il match
di ritorno.
QUI VALENCIA
RODRIGO VERSO IL SÌ, MA NON AL TOP
Il Valencia che si avvicina all’Atalanta
spera di potere puntare su uno dei suoi
giocatori più rappresentativi: Rodrigo è
alle prese da qualche tempo con un
problema muscolare, contro l’Atletico
Madrid è rimasto a riposo, ma domani
dovrebbe essere della partita. L’ultimo
allenamento di oggi dovrebbe dare le
risposte definitive: l’alternativa a
Rodrigo sarebbe Guedes. Salvo sorprese,
poi, non ci sarà Florenzi, colpito
dalla varicella: sulla destra, dovrebbe
giocare Wass. L’emergenza dei pipistrelli
riguarda però come previsto il
cuore del reparto arretrato: sia all’andata
che al ritorno, mancheranno sia
l’infortunato Garay che lo squalificato
Gabriel Paulista (che per di più si è
anche fatto male). Rimangono due
centrali di ruolo, le riserve Diakhaby e
Mangala: il primo giocherà, mentre il
secondo ha visto pochissimo il campo e
non dà troppe garanzie, dunque è
probabile l’arretramento in terza linea
di un mediano tra Coquelin e Kondogbia,
con l’altro a fare coppia in mezzo
con Parejo. Nel 4-4-2 di Celades, le altre
certezze sono il terzino sinistro Gaya e
gli esterni offensivi Ferran Torres e
Soler, oltre al portiere Domenech e al
centravanti Maxi Gomez. (M. S.)
MATTEO SPINI
Di Atalanta-Valencia si
è detto tutto. Sulla carta, è la partita
meno ricca di fascino e tradizione,
perché gli altri ottavi di
finale di questa Champions propongono
abbinamenti da brivido.
Da Atletico Madrid-Liverpool
a Real Madrid-Manchester City:
di seguito, ecco il borsino delle
altre sfide, che –tra questa settimana
e la prossima- coinvolgeranno
le squadre che l’Atalanta
potrebbe incontrare superando
il turno.
Leo Messi affronterà il Napoli al San Paolo martedì 25 FOTO ANSA
Oggi
Atletico-Liverpool
Duello tra due specialiste di
Champions. In questo momento,
il pronostico è tutto dalla parte
del Liverpool, campione in carica
e forse indiziata numero uno alla
vittoria anche quest’anno: oltretutto,
i Reds hanno il vantaggio
di una Premier League già ipotecata,
che permetterà la massima
concentrazione nella coppa più
amata. L’Atletico non è al top: si
giocherà la maggior parte delle
sue speranze stasera, al Wanda
Metropolitano, dove nel giugno
scorso Salah e compagni alzarono
la coppa. È anche sfida tra due
degli allenatori più bravi ed iconici,
Simeone e Klopp. Favorito
il Liverpool, nettamente.
Borussia Dortmund-Psg
Ottavo carico di fascino, con il
Paris Saint-Germain che non può
più rimandare i sogni di gloria. I
francesi devono superare la maledizione
degli ottavi, capolinea
nelle ultime tre edizioni, e puntare
come minimo alle semifinali,
mai raggiunte negli anni degli
sceicchi. Dopo avere vinto il girone
sul Real, c’è da battere il Borussia
Dortmund, che non è rivale
da sottovalutare, specie nell’andata
al Signal Iduna Park: lo
spauracchio si chiama Haaland,
autore di 8 reti con il Salisburgo
e re Mida del gol anche dopo il
trasferimento in Germania. Ma
il Psg ritrova Neymar e ha Mbappé,
Icardi, Cavani, Di Maria e la
solita sfilza di campioni. Favorito
il Psg, ma occhio alle sorprese.
Domani
Tottenham-Lipsia
Sfida meno fascinosa di altre,
ma non per questo poco interessante.
Il Tottenham è leggermente
favorito, anche come finalista
della scorsa stagione, ma il Lipsia
è l’Atalanta di Germania ed è una
mina vagante. Per Mourinho non
sarà facile, anche per via dell’infortunio
di Kane: fari puntati su
Son e Dele Alli, con i tedeschi che
puntano tutto sul bomber Timo
Werner. Troppo equilibrio: non
ci sono favorite.
Martedì 25
Chelsea-Bayern Monaco
È la rivincita della finale del
2012, vinta ai rigori dal Chelsea,
proprio all’Allianz Arena. Entrambe
le squadre non vivono il
loro miglior momento: il Bayern
non è più cannibale neanche in
patria, il Chelsea sta sudando per
mantenersi in zona Champions.
Due habitué della coppa dalle
grandi orecchie: i tedeschi hanno
dominato il girone con il Tottenham
e contano su un Lewandowski
già autore di 10 reti in
questa Champions, gli inglesi si
sono qualificati per il rotto della
cuffia, dietro al Valencia. Favorito
il Bayern.
Napoli-Barcellona
Forse l’ottavo più squilibrato.
Questo non è il miglior Barcellona
degli ultimi anni, in Liga sta
faticando e deve fronteggiare assenze
pesanti (vedi Suarez), eppure
–salvo sorprese- non dovrebbe
esserci storia contro un
Napoli mai così stropicciato. I
partenopei stanno vivendo un
annus horribilis, anche se ora
sembrano in ripresa: dall’altra
parte c’è Messi e già questo basterebbe.
Favoritissimo il Barcellona.
Mercoledì 26
Lione-Juventus
La Juventus incrocia il vecchio
nemico Rudi Garcia. Un abbinamento
soft per la Signora,
che quest’anno non può che puntare
con decisione alla coppa:
Cristiano Ronaldo è mister
Champions e ancora non ha digerito
l’eliminazione ai quarti dell’anno
scorso. L’Olympique Lione
ha una certa tradizione, ma in
questa stagione fatica, occupando
l’undicesimo posto in Ligue 1.
Altro pronostico a senso unico:
Juve, senza dubbi.
Real Madrid-M. City
Dulcis in fundo, l’ottavo più
fascinoso. Real Madrid-Manchester
City è uno scherzo dell’urna
di Nyon (e conseguenza del secondo
posto del Real nel girone
del Psg), che ha messo di fronte
due squadre che hanno l’obbligo
assoluto di vincere.
Le merengues stanno vivendo
una fase di profondo rinnovamento,
ma sono sempre quelli
delle tredici Coppe dei Campioni,
il Manchester City è una delle
formazioni più forti del mondo,
ma continua a steccare l’appuntamento
più importante: la squalifica
dalle future competizioni
Uefa trasforma questa edizione
in una sorta di obbligo per Guardiola.
Roba da finale anticipata,
favorito il City, ma di un’incollatura.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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6
Speciale
Atalanta-Valencia
L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
Cantarutti, l’eroe di Coppa
«Atalanta favorita, credici»
Il doppio ex. «Ilicic e Gomez sono due fuoriclasse, possono fare la differenza anche in Europa
Il Valencia non superiore per tecnica e a livello psicologico può pagare. Il Mestalla una bolgia»
MATTEO SPINI
di Lisbona conosce
bene Valencia, ma punta
tutto sull’Atalanta.
L’eroe
Aldo Cantarutti, grande
protagonista della più esaltante
euro-avventura nerazzurra, ha
lavorato per il club spagnolo:
una ventina d’anni fa, operava
sul mercato, quando sulla panchina
dei pipistrelli sedeva il suo
amico Claudio Ranieri, che poi
avrebbe seguito anche all’Atletico
Madrid e al Chelsea. «Valencia
assomiglia a Bergamo per
come vive il calcio: al Mestalla
sarà dura, ma l’Atalanta secondo
me è più forte, grazie a Ilicic e
Gomez», racconta Cantarutti,
che parla del calcio di oggi e di
ieri, tra le memorie della Coppa
delle Coppe e dei derby di gioventù
vissuti con il rivale Gasperini.
Cantarutti, lei ha lavorato al Valencia
tra il 1997 e il 1999.
«Lì ho vissuto due anni molto
belli: ho fatto io da tramite per
il trasferimento di Lucarelli dall’Atalanta.
Ero il braccio destro
di Ranieri, un amico dai tempi
di Catania, quando eravamo
compagni di camera: ho lavorato
a più riprese con lui, anche nel
Chelsea, dove militava pure un
giovane Luca Percassi».
Che club è il Valencia?
«Non conosco la nuova società:
oggi c’è una proprietà straniera,
con l’impronta del business, tutto
molto diverso dall’Atalanta
dove c’è un presidente legato alla
sua storia, con un passato da
calciatore. I risultati, comunque,
bene o male continuano ad
arrivare».
E la città?
«Per certi versi assomiglia a Bergamo,
anche se è più grande: è
una città industriale, l’espressione
di una regione lavoratrice.
E, come a Bergamo, alla domenica
tutto si ferma: c’è il calcio. Si
Il famoso gol dell’1-1 segnato da Cantarutti a Lisbona contro lo Sporting nel 1988: valse la qualificazione
parla di due città legate visceralmente
ai colori della propria
squadra: il Mestalla è un ambiente
caldissimo, mi aspetto
una bolgia con cinquantamila
spettatori per il match di ritorno».
Meglio, per l’Atalanta, sistemare il
discorso all’andata?
«Ma no, evitiamo calcoli: in questi
casi non si possono fare.
L’Atalanta ha enormi possibilità:
sta bene, non ha infortunati.
Scommetterei su di lei».
Perché?
«Se devo essere arbitro, dico che
le due squadre sostanzialmente
si equivalgono, ma l’Atalanta ha
qualche carta in più. Innanzitutto,
non ha niente da perdere:
psicologicamente è favorita. E
poi, a livello tecnico, non è inferiore
al Valencia, anzi…».
È più forte?
«L’Atalanta è una buona squadra
con due fuoriclasse. Ilicic è tra
i migliori in tutta Europa: in
questo momento, determina le
partite come pochi altri. E poi c’è
Gomez: forse non ha la classe di
Ilicic, ma è altrettanto determinante
negli schemi dell’Atalanta,
perché sa agire tra le linee,
saltare l’uomo e ha senso del
gol».
E Zapata?
«Importantissimo anche lui, per
il lavoro e i gol, ma è un gradino
sotto. Zapata era un attaccante
da dieci reti all’anno, a Bergamo
ha più che raddoppiato i suoi
numeri: diventa risolutivo se è
sorretto da una squadra al top,
come tutti gli altri giocatori dell’Atalanta,
che danno il meglio
nel contesto collettivo che ha
creato Gasperini».
Cosa dice di Gasp?
«Lo conosco dai tempi dei derby
giovanili degli anni Settanta: siamo
entrambi del 1958, giocavamo
a Torino, lui nella Juve e io
nel Toro. Poi ci ritrovammo ad
affrontare altri derby in Sicilia,
infuocati, lui nel Palermo, io nel
Catania. C’è sempre stata una
certa sintonia tra di noi: ricordo
un centrocampista che giocava
un bel calcio, pur senza un gran
fisico. Avrei scommesso su di lui
come allenatore: si vedeva che
era sveglio, merita ciò che sta
facendo».
Nel Valencia, l’uomo chiave è Rodrigo?
«Buon giocatore: è un attaccante
moderno, che vede anche la
porta. Ma, nonostante i trentadue
anni, se non avranno acciacchi,
vedo più decisivi Ilicic e Gomez.
Per il resto, il Valencia ha
una squadra completa: dovrà fare
a meno di alcuni giocatori, ma
la sua rosa è competitiva e ora c’è
anche Florenzi che è un buon
rinforzo».
Come giudica la Champions dell’Atalanta?
«Non mi si dica che è stata fortunata:
qualcosa è andato per il
verso giusto, come il sorteggio
che ha scongiurato le big, ma la
squadra è stata bravissima a reagire
dopo un avvio negativo. A
Zagabria ha pagato lo scotto dell’inesperienza:
io seguo spesso
le squadre croate, sapevo che la
Dinamo è di buon livello, ma
quella partita fu solo frutto dell’impatto
negativo con la nuova
competizione».
L’esperienza può essere un fattore
anche negli ottavi?
«Il Valencia ne ha di più, ma
anche l’Atalanta ormai è abituata
a certe partite, quindi non
direi».
L’Atalanta è il nuovo Ajax?
«Ora accontentiamoci di questo
ottavo di finale: se superi questo
turno, però, è quasi inevitabile
che ti affibbino certe etichette».
Aldo Cantarutti ha
giocato nell’Atalanta
dal 1985 al 1988.
Dirigente del Valencia
dal 1997 al 1999
n n I bergamaschi
il nuovo Ajax? Beh,
se passano il turno
un’etichetta così
sarà inevitabile»
E in campionato è da quarto posto?
«Io dicevo che sarebbe andata in
Champions anche un anno e mezzo
fa e tutti mi davano del matto.
Figurarsi ora: per me è la prima
indiziata per il quarto posto, ha
più possibilità della Roma».
La cavalcata in Champions ricorda
la vostra in Coppa delle Coppe?
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L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
7
La gioia dei giocatori del Valencia per il 2-1 di Marassi il 17 dicembre 2009. In maglia genoana si riconosce Ivan Juric, attuale mister del Verona
è nel modo in cui la città vive
l’evento, stretta alla squadra. Del
1987/88 conservo tanti ricordi piacevoli:
eravamo giovani, ci divertivamo,
fu tutto bello e inaspettato
e andammo davvero vicinissimi
alla finale, mancata solo per un po’
di sfortuna. Il mio gol a Lisbona fu
importante per la qualificazione
alle semifinali, ma brutto: il più
bello della carriera lo segnai in
rovesciata in un Catania-Milan,
ma me lo annullarono».
Cantarutti è ancora in giro a scovare
calciatori?
«Ho fatto l’osservatore un po’
dappertutto, per parecchi anni
anche nell’Atalanta: nel mio periodo
sono arrivati Vieri, Inzaghi,
ma anche Mirkovic e Sgrò,
che ricordo con piacere. Ora ho
smesso, vivo a Trieste, ma a Bergamo
torno spesso e di solito
vado allo stadio: ci sono i miei
nipoti e poi c’è l’Atalanta, che è
la squadra che mi appassiona di
più. Credo che la seguirò anche
nel ritorno a Valencia».
E una dritta su un nuovo campione
da acquistare?
«All’Atalanta non ne servono, ha
già le idee molto chiare. Diciamo
che mi è dispiaciuto che, in passato,
non sia arrivata a Dani Olmo:
un giocatore giovane che
può diventare un campione, lo
seguivo già dalla scorsa stagione
e mi sarebbe piaciuto vederlo in
questa squadra».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Gasp battuto due volte
dal Valencia col Genoa
Ora potrà riscattarsi
Il precedente. Fase a gironi di Europa League 2009/10
Gli spagnoli eliminarono i liguri con un super Villa
In campo c’erano anche Biava, Juric, Palacio e Criscito
De Valencia di oggi non
c’era nessuno. Nemmeno capitan
Parejo, che la sua lunga militanza
con i pipistrelli l’ha aperta
solo nel 2011. D’altronde, da
quella doppia sfida europea, è
passato più di un decennio: nel
frattempo, è cambiato tutto.
L’Atalanta, allora, era allenata
da Antonio Conte, che a Bergamo
sarebbe durato poco ma che
sarebbe presto diventato un top
coach: quell’anno, invece, i nerazzurri
sarebbero scivolati in
B. Non c’erano ancora stati il
ritorno di Percassi, la risalita, le
penalizzazioni, le salvezze con
Colantuono e Reja. Mentre Gasp
era ancora nel bel mezzo della
sua prima avventura genoana.
Gasp-Valencia
Siamo nella parte finale del
2009, il Genoa di Gasperini torna
a giocare in Europa dopo
tempo immemore (scivolando
in Europa League dopo avere
perso il duello Champions con
Gian Piero Gasperini nei panni di allenatore del Genoa ANSA
la Fiorentina nel campionato
precedente) e, superata l’anticamera
dei preliminari con l’Odense,
squadra danese (come il Copenaghen),
si ritrova nel girone
B di quella che fino all’anno prima
si chiamava ancora Coppa
Uefa, insieme a Lille, Slavia Praga
e Valencia. Sì, proprio il Valencia:
Gian Piero Gasperini lo torna
ad affrontare ora dopo quel
doppio precedente negativo.
Al Mestalla
Vittorioso contro lo Slavia Praga
all’esordio, il Grifone si trovò a
giocare al Mestalla alla seconda
giornata del girone: il primo ottobre
2009, Sergio Floccari, che
fino a pochi mesi prima era nerazzurro,
portò avanti i rossoblù
nel primo tempo, ma nella ripresa
il Valencia rimontò, con
due campionissimi come Silva
e Villa, il primo appena affron-
tato dall’Atalanta in Champions
con il City, il secondo ormai ritiratosi
dopo una carriera al top
che l’ha visto imporsi come miglior
bomber di sempre della sua
Nazionale. A nulla servì il momentaneo
rigore del 2-2 di
Kharja: la rete del Guaje Villa
valse il 3-2 nel finale.
Eliminazione
Il match di ritorno fu anche l’ultimo
del girone, quello che decideva
le sorti di entrambe le
squadre. Il Genoa ci arrivò con
7 punti, alla pari con il Lille, che
però aveva dalla sua la miglior
differenza reti negli scontri diretti,
mentre il Valencia era più
avanti, a quota 9. Sostanzialmente,
per evitare calcoli, i liguri
avrebbero dovuto vincere per
superare i pipistrelli e qualificarsi.
A Marassi si giocò il 17
dicembre e in campo c’erano
anche il bergamasco Biava, Palacio
e Criscito, uno che quest’anno
-sempre con il Genoa -
ha segnato due volte all’Atalanta.
Serviva una vittoria, ma la
vittoria non arrivò. Anzi, il Valencia
passò nel primo tempo
con Bruno, poi Crespo pareggiò
a inizio ripresa e condusse i suoi
verso un sogno mai davvero avvicinato.
Perché, nel finale, fu
ancora Villa-show: rigore sbagliato
all’85’ e gol partita al 95’.
Uno a due e fine della prima
euro-avventura di Gasperini.
Oggi è tutto diverso: di quella
doppia sfida non ci sono tracce,
se non sulla panchina nerazzurra
(Gritti compreso): le uniche
reminiscenze sono legate all’amichevole
dell’Atalanta al
Mestalla nel 2017. Ma Gasp può
tentare la sua personale rivincita.
Mat. Spi.
8
Atalanta-Valencia Il business della Champions
L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
Il cassiere fa festa
Obiettivo 65 milioni
GIOVANNI CORTINOVIS
Ancora prima di scendere
in campo a San Siro per la
partita di andata degli ottavi
l’Atalanta ha guadagnato almeno
51 milioni di euro dalla partecipazione
alla Champions League
2019/2020. E tutto ciò senza
considerare la rivalutazione del
valore dei calciatori né eventuali
premi di risultato previsti nei
contratti con gli sponsor.
La parte del leone la fanno le
quota di partecipazione e i premi
pagati dall’Uefa per le prestazioni
in Europa da settembre ad
oggi. Più ridotta è invece l’incidenza
delle altre voci come il
market pool, gli incassi da stadio
e la quota per il rendimento storico
dei nerazzurri nelle competizioni
internazionali.
Quest’anno la semplice partecipazione
alla fase a gironi della
Champions League frutta a ciascuno
dei 32 club la bellezza di
15,25 milioni di euro. Dieci anni
fa invece lo «starting fee» ammontava
a 7,1 milioni di euro. Sia
allora che oggi l’importo prescinde
dai risultati ottenuti nel
corso delle 6 partite e ciò spiega
perché tutti aspirano ad approdare
a questa fase.
Avendo battuto la Dinamo
Zagabria e lo Shakhtar Donetsk
e pareggiato a San Siro con il
Manchester City, l’Atalanta ha
inoltre guadagnato 6,3 milioni
per i risultati nella fase a gironi:
ciascuna vittoria valeva infatti
un premio di 2,7 milioni mentre
ogni pareggio fruttava 900 mila
euro. Nonostante non abbia passato
il turno anche l’Inter intascherà
6,3 milioni di euro perché
anch’essa ha totalizzato 7 punti.
Essendo stata promossa agli
ottavi di Champions League,
l’Atalanta ha inoltre guadagnato
(e come lei anche le altre 15 che
hanno superato il turno) ulteriori
9,5 milioni di euro. Sommando
quindi questo valore a
quello per le due vittorie e il
pareggio il premio di risultato
per la Dea ammonta a 15,8 milioni
di euro.
La voce che al momento più
penalizza l’Atalanta è il coefficiente
decennale Uefa, calcolato
sulla base dei risultati nelle
competizioni europee: davanti
a tutti c’è il Real Madrid seguito
da Barcellona e Bayern Monaco.
La prolungata assenza dell’Atalanta
dalle coppe, tamponata
nell’ultimo triennio, la relega al
30° dei 32 posti di questa graduatoria.
Ciò significa incassare
da questa voce appena 3,324 milioni
di euro, il triplo della quota
spettante alla peggiore delle 32,
lo Slavia Praga.
La parte più incerta dei soldi
che arriveranno dall’Uefa all’Atalanta
è il market pool: con
tale termine si intende la quota
dei diritti tv e commerciali legata
all’ammontare dei contratti
sottoscritti con le aziende dei
vari Paesi, al momento ignota.
La quota presumibile di market
pool per l’Italia dovrebbe attestarsi
dai 50 ai 70 milioni di euro.
Questa voce verrà suddivisa
in due parti, una legata al piazzamento
nell’ultimo campionato
n Tutti i conti della
partecipazione
alla Champions
League, tra premi
partita e «pool»
e una al numero di partite giocate
in questa edizione della
Champions League. La ripartizione
della prima metà prevede
che alla vincitrice dello scudetto
vada il 40 per cento, alla seconda
classificata il 30 per cento, alla
terza il 20 per cento e alla quarta
il 10 per cento.
Ipotizzando quindi per difetto
che il market pool italiano sia
di 50 milioni di euro, per il 3°
n Dal girone 6,3
milioni, più i 9,5
previsti per gli
ottavi. E vola anche
il botteghino
posto nello scorso campionato
l’Atalanta avrebbe 5 milioni. A
questi va aggiunta la quota del
market pool proporzionale al
numero di partite giocate: l’Inter
si è fermata a 6 mentre Atalanta,
Juventus e Napoli con gli
ottavi ne giocheranno almeno 8.
Lo scenario peggiore per
l’Atalanta sarebbe l’eliminazione
negli ottavi e una finale tra
Juventus e Napoli. In tal modo
L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
9
I guadagni in Champions
Incassi San Siro
3 partite del girone
Incassi San Siro
partita con Valencia
4,281 2,350
Quota market pool
per numero gare giocate
5,000
Quota partecipazione
15,250
TOTALE
51,005
sia i bianconeri che i partenopei
arriverebbero a 13 partite. Per
l’Atalanta vorrebbe dire ottenere
8 quote su 40 totali ossia il 20
per cento dei 25 milioni, seconda
metà del market pool, quindi
5 milioni di euro. Per le due parti
del market pool quindi l’Atalanta
ha già in saccoccia 10 milioni
di euro.
C’è poi da considerare la questione
degli incassi da stadio a
San Siro per le tre partite giocate:
1.181.216 euro per il match
con lo Shakhtar (26.022 spettatori)
1.795.890 per il Manchester
City (31.147 presenti) e
1.304.094 per la Dinamo Zagabria
(26.496 sugli spalti) per un
totale di oltre 4,28 milioni di
euro. A questi vanno aggiunti
non meno di 2,3 milioni di euro
per la partita con il Valencia per
la quale sono stati già stati venduti
circa 42 mila biglietti.
Sommando tutte queste voci
(quota di partecipazione, premi
di risultato, coefficiente, market
pool e incassi da stadio) arriviamo
ai 51 milioni di euro citati in
avvio.
Ma questa torta potrebbe essere
ancora più ricca con il passaggio
ai quarti di finale: per il
superamento del turno è previsto
un premio di 10 milioni e
mezzo di euro, a cui andrebbero
aggiunti circa 2 milioni e mezzo
di incasso per la gara casalinga
e quasi un milione per la quota
maggiore del market pool.
Il totale salirebbe a 65 milioni
di euro.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Quota market pool
per piazzamento serie A
5,000
DATI IN MILIONI DI EURO
Quota coefficiente decennale
3,324
Premi approdo ottavi
9,500
Premi
2 vittorie e 1 pareggio
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10
Atalanta-Valencia Il film del girone
L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
Dinamo-Atalanta 4-0
Ecco l’esordio choc
La prima. La prima in Champions dell’Atalanta è un disastro.
Il debutto sulla carta soft contro una squadra che
aveva perso le precedenti 11 partite consecutive nella coppa
presenta un conto salatissimo: il 18 settembre, i nerazzurri
sbagliano tutto e, complice anche una condizione non
al top, vengono travolti da una Dinamo Zagabria in formissima.
Dani Olmo disegna calcio, Orsic è la mano armata e va
a segno tre volte, dopo che Leovac aveva aperto le marcature:
nel primo tempo è 3-0, alla fine 4-0. Il cammino nella
coppa più bella parte nel peggiore dei modi, i disfattisti
sostengono che l’Atalanta non può reggere certi livelli, di
certo la missione qualificazione si fa in salita. Il girone
teoricamente facile si rivela diverso da quel che si sperava.
Atalanta-Shakhtar 1-2
Doccia gelata nel finale
La seconda. Se, all’esordio, l’Atalanta aveva tutte le colpe,
stavolta ci si mette anche dell’altro. Non è fortunata la
squadra nerazzurra in occasione della prima partita casalinga
della sua storia in Champions: a San Siro, vince lo
Shakhtar Donetsk, nel recupero. Gomez e compagni partono
forte, sprecano un rigore generoso con Ilicic che si fa
ipnotizzare da Pyatov, il quale poco dopo sbaglia l’uscita e
regala il vantaggio a Zapata. La partita si mette bene, ma gli
ucraini sono squadra all’altezza: Junior Moraes pareggia
prima del riposo e, al 95’, il neoentrato Solomon confeziona
la beffa, dopo che l’Atalanta aveva provato a vincere. Zero
punti dopo le due partite più facili e il doppio confronto con
il City all’orizzonte: la situazione è più che complicata.
City-Atalanta 5-1
Vantaggio, poi goleada
La terza. Ancora una rimonta subita dai nerazzurri, ma
qui c’è poco da recriminare. Troppo forte il Manchester
City, che conferma il suo straordinario valore rifilando una
cinquina all’Atalanta, che si può aggrappare solo alla bella
mezz’ora iniziale, culminata nel gol su rigore di Malinovskyi.
Aguero rimette le cose a posto con due reti prima del
riposo (la seconda dal dischetto), poi Sterling (nella foto)
demolisce i bergamaschi nella ripresa: 5-1. Niente sconti
per la matricola: il City di Guardiola, tra i favoriti alla
vittoria finale, dà spettacolo e segna 5 reti. Senza punti
dopo tre gare, l’Atalanta è quasi fuori, ma il pareggio tra
Shakhtar e Dinamo tiene aperto uno spiraglio: nel 2002,
dopotutto, il Newcastle si qualificò dopo un’andata a secco.
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L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
11
Atalanta-City 1-1
L’occasione sprecata
Atalanta-Dinamo 2-0
Muriel e Papu, si sogna
Shakhtar-Atalanta 0-3
Un’impresa mai vista
La quarta. La rinascita atalantina comincia qui, nel ritorno
di inizio novembre con gli inglesi. Per un tempo, il Manchester
City domina e si pensa che sarà l’ennesima euroserata
amara: eppure, all’intervallo il risultato è solo sullo
0-1, con il gol lampo del solito Sterling e un rigore calciato
a lato da Gabriel Jesus. Nella ripresa, i Pep boys iniziano a
giochicchiare, anche pensando all’imminente sfida di
Premier con il Liverpool, mentre l’Atalanta esce con decisione
dal torpore: la capocciata di Pasalic vale subito l’1-1, i
nerazzurri prendono coraggio e alla fine provano a vincere,
quando il City –per l’espulsione del subentrato portiere
Bravo- si ritrova con il difensore Walker in porta. Il 2-1
sarebbe forse stato troppo, ma qualcosa è cambiato.
La quinta. La classifica è brutta, ma l’Atalanta ci crede.
Anche se nessuno, con un punto nelle prime quattro partite,
si è mai qualificato agli ottavi di Champions. Eppure le
due rivali hanno pareggiato anche al ritorno e c’è da giocarsi
le residue chance: con due vittorie, si può teoricamente
ancora andare avanti. Il 26 novembre, a San Siro, inizia la
vera Champions dell’Atalanta: la super-Dinamo di metà
settembre è scomparsa, ora c’è un’avversaria normale,
messa sotto dai nerazzurri, che vincono con merito, tenendo
in mano la partita fin dall’inizio. Muriel scrive il vantaggio
dal dischetto, poi capitan Gomez chiude i conti con un
capolavoro a inizio ripresa: tutto è ancora possibile e, visto
come era iniziata l’avventura, è già qualcosa di incredibile.
La sesta. La serata da incorniciare resta quella dell’11
dicembre, quando l’Atalanta si presenta a Kharkiv per
vincere: solo così potrà continuare la sua avventura in
Champions. Ai nerazzurri va tutto bene: a Zagabria la
Dinamo va subito sotto con il City e si capisce che i tre
punti diventeranno passaporto per gli ottavi. Lo 0-0 farebbe
felice lo Shakhtar, ma dura 66’. La svolta nella ripresa:
l’arbitro grazia Muriel non infliggendogli il secondo giallo e
l’Atalanta vola. Castagne segna con suspense-Var, poi Pasalic
e Gosens regalano contorni mitici a una serata indimenticabile.
Nonostante l’andata da incubo, l’Atalanta è agli
ottavi. Il sorteggio di qualche giorno dopo regala un’altra
bella notizia: il Valencia non è il Liverpool.
12
Speciale
Atalanta-Valencia
L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
IDENTIKIT/1
Ecco portieri e difensori
Gli avversari. Dal portiere fresco titolare all’allarme della difesa: qui potete scoprire la prima metà del Valencia
Due le assenze pesantissime dietro: Garay e Gabriel Paulista. C’è anche Diakhaby, già incontrato con il Lione
MATTEO SPINI
Con il servizio che segue,
e quello delle due pagine
successive, presentiamo nel
dettaglio l’intera rosa del Valencia,
settore per settore.
Portieri
1 Jaume DOMENECH
L’ex dodicesimo si è appena
guadagnato il posto. Dopo una
vita da vice, Jaume Domenech
ha messo a segno il golpe che gli
ha consegnato i pali della squadra
della sua città (lui è di Almenara,
a una trentina di chilometri
da Valencia): a dicembre Cillessen
si è infortunato e, al suo
ritorno, ha trovato la porta occupata.
L’ex numero uno del Valencia
Mestalla (la squadra riserve)
si è assicurato il posto
grazie ad una serie di buone prestazioni:
a ventinove anni, il Pinato
dei pipistrelli è chiamato
al full time dopo quattro stagioni
fatte soprattutto di panchina.
Il club ha sempre avuto fiducia
in lui: è il vice-capitano e il suo
cartellino ha una clausola rescissoria
di 50 milioni.
13 Jasper CILLESSEN
Una semifinale Mondiale e
tre anni (da riserva) al Barcellona.
Curriculum di tutto rispetto
quello del portiere olandese, arrivato
a Valencia la scorsa estate,
nello scambio con l’ex juventino
Neto, approdato in Catalogna.
Cillessen esplose con l’Ajax nel
2013/14 e subito si guadagnò la
maglia da titolare nell’Olanda
che al Mondiale brasiliano si
arrampicò fino in semifinale. Il
portiere giocò altri due anni in
Olanda prima di trasferirsi nel
2016 al Barcellona, dove è stato
la riserva di Ter Stegen. Spostatosi
a Valencia in estate, ha iniziato
da titolare, ma –complice
un infortunio- ha perso il posto
a dicembre: ora sta giocando
Jaume Domenech.
Terzini destri
25 Alessandro FLORENZI
n Domenech ha
conquistato la porta
grazie all’infortunio
di Cilessen, ora
relegatoin panchina
n Due gli elementi
italiani: Florenzi,
preso a gennaio
dalla Roma, e
Piccinni, ex Livorno
L’ultimo arrivato è il giocatore
del Valencia più conosciuto
in Italia. Romano, ex bandiera
della Roma, in giallorosso aveva
ereditato la fascia da capitano da
Totti e De Rossi: proprio negli
ultimi mesi, però, è andato in
crisi con il club della sua vita, per
via dell’impiego part-time concessogli
da Fonseca. A gennaio,
si è consumato il divorzio (ma in
prestito): dopo avere sfiorato
l’Atalanta, Florenzi è finito al
Valencia, con il quale incrocerà
da avversario i nerazzurri. Jolly
nel senso più completo del termine:
può giocare come terzino
destro, ma anche da ala e all’occorrenza
può essere spostato
sull’altra fascia o come mezzala.
A ventotto anni è già un veterano:
il Valencia ha guadagnato in
esperienza e duttilità.
18 Daniel WASS
Come Florenzi, è un factotum:
terzino destro de iure, sa
giocare in ogni posizione del
campo. Verosimilmente, lo si
può immaginare come alternativa
all’italiano o anche qualche
metro più avanti, su una delle
due fasce. Terzino di spinta che
ha affinato le proprie capacità
offensive, il trentenne danese è
un po’ il Gosens del Valencia,
visto che in carriera ha sempre
centrato la porta con continuità,
tanto che quando giocava all’Evian,
in Francia, ha due volte
sfiorato la doppia cifra (fermandosi
a 8 e 9 gol).
21 Cristiano PICCINI
Anche il secondo italiano del
Valencia è un terzino destro. Il
fiorentino, però, è stato acquistato
nell’estate 2018, dallo
Sporting Lisbona: in A ha giocato
solo una stagione, il 2013/14
con il Livorno, poi è emigrato
verso la penisola iberica. Bravo
nel dribbling e nei cross, il giramondo
Piccini è entrato nel giro
della Nazionale con Mancini,
ma quest’anno ha perso terreno
per via di un brutto infortunio
patito a fine estate: dovrebbe
recuperare giusto per l’Atalanta,
ma difficilmente giocherà.
2 Thierry CORREIA
Quarta scelta nel ruolo, non
dovrebbe vedere il campo nel
doppio ottavo con l’Atalanta, ma
è un giovane molto promettente:
nazionale Under 21 portoghese,
è un classe 2000 su cui il
Valencia ha investito molto, prelevandolo
dallo Sporting.
Centrali difensivi
4 Eliaquim MANGALA
Ex promessa ambita dai grandi
club d’Europa, il gigante francese
ha vestito a più riprese la
maglia del City, senza mai sfondare.
In estate è tornato a Valencia,
dove aveva giocato nel
2016/17, ma per ora è un desaparecido:
quarta scelta in difesa e
schierato solo due volte in campionato.
Si ritrova titolare obbligato
per le assenze di Garay e
Gabriel Paulista: non ci sono
altri difensori, l’unica alternativa
può essere l’arretramento in
terza linea di Coquelin.
24 Ezequiel GARAY
Assenza pesantissima per il
Valencia. Garay era il perno della
difesa dei pipistrelli, ma ha
finito anzitempo la sua stagione,
per via della rottura del crociato
di inizio febbraio. Gli spagnoli
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2020
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L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
13
perdono –in un solo colpo- grinta,
forza fisica ed esperienza:
trentatré anni, una finale mondiale
alle spalle, l’argentino è un
habitué delle coppe europee.
12 Mouctar DIAKHABY
L’unico giocatore che l’Atalanta
ha già incrociato. Nel
2017/18, Diakhaby giocava nel
Lione e affrontò i nerazzurri a
Reggio Emilia (persa 1-0) di Europa
League, faticando non poco,
dopo la panchina dell’andata.
Ventitreenne francese forte fisicamente
ma incline alle amnesie,
è una riserva, ma si trasforma
nel punto fermo di una retroguardia
priva dei due titolari.
5 GABRIEL PAULISTA
Altro rimpianto valenciano in
vista degli ottavi. Inamovibile in
tutta la stagione (540’ su 540’ in
campo in Champions), il brasiliano
ex Arsenal salterà la doppia
sfida con l’Atalanta per via di
una squalifica di due giornate,
conseguenza dell’espulsione rimediata
nel finale del match
qualificazione con l’Ajax. Celades
perde un difensore completo,
veloce e forte fisicamente.
Terzini sinistri
14 Josè GAYA
A sinistra non ci dovrebbero
essere dubbi: gioca Gaya. Prodotto
del vivaio locale, lo spagnolo
ha ultimamente trovato
spazio in nazionale. Ventiquattro
anni, mancino di spinta tecnico
e veloce, può all’occorrenza
giocare anche in posizione più
avanzata: nel 4-4-2 di Celades,
che punta su due terzini dalle
caratteristiche offensive, è un
uomo chiave.
3 Jaume COSTA
Trentunenne tornato (in prestito)
a Valencia, dove era cresciuto,
la scorsa estate dopo una
vita nei cugini del Villarreal: elemento
d’esperienza destinato
alla panchina.
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14
Speciale
Atalanta-Valencia
L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
IDENTIKIT/2
Centrocampisti e punte
Gli avversari. Parejo è l’uomo simbolo della squadra: capitano, regista e trascinatore da quasi un decennio
Il giovane Torres, cresciuto nel vivaio, è già nel mirino delle big d’Europa. Rodrigo è il pericolo numero uno
MATTEO SPINI
Dopo l’analisi della difese
(nelle due pagine precedenti),
ecco centrocampo e attacco.
Centrocampisti centrali
10 Daniel PAREJO
È lui l’uomo simbolo del Valencia.
Capitano, regista, trascinatore
da quasi un decennio: giocatore di
classe, è il fulcro della manovra dei
pipistrelli. Non ha ancora 31 anni,
ma sembra avere vissuto tante
carriere, che hanno forgiato un
giocatore di carattere e un capitano
vero: le sorti della squadra dipendono
soprattutto dalla vena
del suo diez, l’uomo che detta i
tempi e che con il suo destro raffinato
sa fare male in zona gol. Rigorista
e specialista dei calci piazzati,
possiede tiro e visione di gioco:
staziona nel cuore del campo ed
è l’unico vero insostituibile, perché
non ci sono giocatori con le
sue caratteristiche o il suo carisma.
Quando non c’è, spazio contemporaneamente
ai due interditori
Coquelin e Kondogbia, ma
senza Parejo non è lo stesso Valencia.
17 Francis COQUELIN
Lo scudiero di Parejo è questo
francese di Laval, originario dell’Isola
di Reunion. Dopo gli anni
all’Arsenal e qualche prestito tra
Francia e Germania, Coquelin ha
trovato il suo ambiente ideale a
Valencia, dove sta trovando continuità.
Mediano che abbina ordine
e aggressività, paragonato a
Makèlèlè, è il favorito per la seconda
maglia di centrocampo, che si
gioca con Kondogbia: vista la sua
duttilità, può giocare anche in altre
posizioni, per esempio in difesa,
dove è diventato la prima alternativa
ai due centrali, viste le assenze
di Gabriel Paulista e Garay.
6 Geoffrey KONDOGBIA
Nell’Inter non si rivelò all’altezza
delle attese, a Valencia ha
trovato la sua dimensione e si gioca
il posto con Coquelin, che ha
caratteristiche simili alle sue. Rispetto
al compagno, ha più fisicità:
n Anche il Valencia
ha il suo Gomez:
è il centravanti
uruguaiano
dal gol facile Maxi
pure lui può diventare un’opzione
in difesa. Francese di nascita, ha
optato per la nazionale della Repubblica
Centrafricana dopo avere
vestito la maglia Bleus solo in
amichevole.
n Il portoghese
Guedes, ala di 23
anni, è da sempre
paragonato
a Cristiano Ronaldo
Esterni destri
20 Ferran TORRES
È il crack del Valencia, il giovane
da cui ci si attende di più. Classe
2000, è un punto fermo della
squadra da quest’anno, dopo l’intera
trafila nel vivaio: ala vecchio
stampo, dotato di grande tecnica
individuale, sa creare superiorità
numerica nell’uno contro uno e
vede la porta. Non ha ancora vent’anni,
ma Ferran è uno dei volti
della Spagna del futuro e stuzzica
le big d’Europa, non spaventate
dalla clausola rescissoria da 100
milioni.
15 Manu VALLEJO
Un Ferran Torres in tono minore.
Ala dal dribbling fulminante,
il ventitreenne cresciuto nel
Cadice è arrivato in estate al Valencia
e rappresenta un buon investimento
per il futuro.
Esterni sinistri
8 Carlos SOLER
Nasce come punta, ma si è affermato
come esterno offensivo
nel 4-4-2 valenciano: può giocare
a destra al posto di Ferran, ma sta
trovando continuità sulla corsia
mancina, da dove parte per rientrare
sul destro. L’ex ragazzo che
sognava di diventare giornalista
fu avvicinato al calcio dal nonno,
in cambio di un Game Boy: a ventitré
anni, è diventato un giocatore
importante nella squadra della
sua città ed è un altro interprete
di spicco della nouvelle vague del
calcio spagnolo.
7 Gonçalo GUEDES
Sulle ali, in casa Valencia, vanno
di moda i giovani. Lo è anche il
portoghese Guedes, ventitré anni
sulla carta d’identità, a dispetto di
una carriera che sembra già infinita.
Esploso nel Benfica, non ha
avuto fortuna nel Psg ed è ripartito
dal Valencia, dove non ha ancora
mantenuto le promesse: quest’anno,
tra l’altro, ha giocato poco per
via di un infortunio alla caviglia
che si trascina da inizio autunno,
da cui è appena guarito. Da sempre
paragonato a Cristiano Ronaldo,
è cresciuto nell’orma dello juventino,
di cui da anni è compagno in
nazionale.
11 Denis CHERYSHEV
L’elemento più esperto sulle ali
è questo nazionale russo di ventinove
anni cresciuto nel Real Madrid.
Mancino naturale, parte dalla
corsia sinistra e può giocare pure
da seconda punta: alle prese con
un infortunio alla coscia, non dovrebbe
esserci con l’Atalanta.
Seconde punte
19 RODRIGO
La brutta notizia, per l’Atalanta,
è che il Barcellona non l’ha acquistato
a gennaio: l’operazione che
l’avrebbe vestito di rossoblù sembrava
ad un passo dalla chiusura
nelle scorse settimane. Poi, Rodrigo
è rimasto a Valencia e resta il
grande spauracchio atalantino:
attaccante dal discreto feeling con
la porta avversaria e dall’assist in
canna, sa svariare su tutto il fronte
offensivo ed è una punta duttile
con i piedi da numero dieci. Ventotto
anni, brasiliano di nascita (è
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L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
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cugino di Rafinha e Thiago Alcantara
e nipote dell’ex campione del
Mondo Mazinho), dal 2014 ha
scelto la Spagna. Quest’anno sta
segnando poco, ma resta il pericolo
pubblico numero uno: vale 60
milioni e resta nei radar del Barcellona
e di altri grandi club europei.
16 Kang-In LEE
Difficilmente, in Champions,
troverà spazio questo giovanissimo
sudcoreano (classe 2000), che
è cresciuto nel vivaio valenciano
e che è blindato da una clausola da
80 milioni. Trequartista o esterno
offensivo, in patria è considerato
l’erede di Son del Tottenham.
Centravanti
22 Maxi GOMEZ
Diciamolo subito: con il Papu
non ha niente a che vedere. Se
l’atalantino è un numero dieci di
classe, il suo omonimo uruguaiano
è un centravanti non propriamente
aggraziato, che però sa bucare
le reti con una certa continuità.
Dopo due stagioni in doppia
cifra nel Celta Vigo, il gordo (vedi
il fisico non certo longilineo) si sta
imponendo nel Valencia, di cui è
il bomber stagionale: con Rodrigo
forma una coppia ben assortita e
che di testa sa fare male.
9 Kevin GAMEIRO
Il cognome tradisce le origini
portoghesi, ma va letto Gameirò,
con l’accento finale: perché il centravanti
di riserva del Valencia è
francese e con i Bleus ha giocato.
È al secondo anno tra i pipistrelli,
dopo avere girato tra Francia e
Spagna, passando dal Psg al Siviglia
all’Atletico Madrid: un ottimo
rincalzo là davanti, ha dalla sua
esperienza e fiuto del gol.
23 Ruben SOBRINO
Jolly offensivo, è principalmente
un’arma da utilizzare a gara
in corso. Spagnolo di ventisette
anni, in carriera ha militato anche
per Real Madrid (dove è cresciuto)
e Manchester City, senza esordire.
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Speciale
Atalanta-Valencia
L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
LA QUINTA
Le big, poi il Valencia
La storia. Blasone e risultati pongono l’avversaria dell’Atalanta subito dietro le tre squadre
mai retrocesse (Barça, Real e Bilbao) e l’Atletico Madrid. Sei titoli e coppe: manca la Champions
DINO NIKPALJ
Paella, horchata (quella
a Santa Catalina in pieno centro
è da u-r-l-o) y Valencia. Intesa
come Club de futbol (questa
la denominazione ufficiale): un
secolo e un anno di storia e 85
campionati nella massima serie
spagnola. Come l’Espanyol. Solo
Barcellona, Real Madrid e Athletic
Bilbao hanno fatto di meglio
con 88: nella loro storia non
c’è retrocessione alcuna.
Tanti campionati e anche parecchi
titoli che pongono il club
valenciano - dal simbolo con il
pipistrello - appena dietro il poker
di squadre che da sempre
comanda il calcio spagnolo: le
tre mai retrocesse più l’Atletico
Madrid. In bacheca ci sono 6
titoli: il primo nel 1941-42 e l’ultimo
nel 2003-2004. Dietro di
loro quasi il nulla: 2 campionati
per la Real Sociedad e 1 a testa
per Betis, Deportivo La Coruna
e Siviglia.
Se però allarghiamo l’orizzonte
all’Europa, il Valencia è di
fatto la quarta squadra di Spagna:
ha vinto ogni coppa possibile
tranne la Champions. L’Athletic
Bilbao ha sì 2 campionati in
più, ma ancora zero tituli internazionali.
Il gap torna ad allargarsi
a favore dei baschi se consideriamo
la Coppa del Re: 23
(persino più del Real) contro 8.
L’ultima il Valencia l’ha conquistata
la scorsa stagione, superando
a sorpresa il Barcellona,
comunque irraggiungibile a
quota 30.
Ma c’è un dato che più di altri
spiega l’attitudine dei blanquinegres
all’Europa: le 12 presenze
tra Coppa Campioni e Champions
League. Considerato che
i primi tre campionati sono stati
vinti a cavallo tra gli anni ’40 e
’50, tre partecipazioni sono sì
frutto dei titoli vinti ma le altre
9 di piazzamenti nelle prime 4
posizioni. Come dire che il Valencia
è una squadra da quartieri
alti. Ma al Mestalla le squadre
italiane si sono sempre difese
bene: su 12 partite ne hanno
vinte 5 (Napoli, Juventus, Inter
2 volte e Roma), perse altrettante
e pareggiate 2.
A Valencia in realtà il calcio
l’avrebbe portato l’altra squadra,
quel Levante fondato nel
1909, 10 anni prima dei più titolati
rivali. Anzi, dominatori indiscussi,
considerando che i rossoblu
hanno in bacheca una sola
coppa. Che tecnicamente non è
manco quella del Re, ma la sostitutiva
coppa della Spagna libera
del 1937. Per il resto è tornato
nella massima serie solo nel
2003-2004 dopo 40 anni d’assenza,
ha fatto un paio di saliscendi
tra prima e seconda, è
persino arrivato agli ottavi di
finale di Europa League ed ora
staziona nelle parte destra della
classifica, in zona relativamente
tranquilla. Vero che il suo stadio
da 25mila posti si chiama Ciutat
de Valencia, ma in città il calcio
che conta si gioca al Mestalla. E
Lo stadio Mestalla, realizzato nel 1923
praticamente da sempre, visto
che stiamo parlando del più vecchio
stadio spagnolo in esercizio
- anno domini 1923 - che prende
il nome dal torrente che attraversa
il quartiere. E pure lo stadio.
In realtà il Valencia ha aperto
i cantieri del Nou Mestalla nel
2007, salvo chiuderli due anni
La gioia del Valencia
per la conquista della
Coppa delle Fiere nel 1962
dopo, a struttura abbondantemente
realizzata, causa problemi
economici. Ora si dice che
(forse) ripartiranno a breve: nel
frattempo la capienza è scesa
drasticamente: dagli iniziali
73mila a 61 prima e ora sui
45mila. Più o meno quella del
Mestalla originale: vecchio, ripido,
scomodo ma fascinoso.
La storia del Valencia si può
dividere in tre periodi ben distinti.
Gli anni ’40 dove vince tre
titoli nel 1942, 1944 e 1947: i ’60
che segnano le prime affermazioni
europee e i primi anni del
secondo millennio, dove squadra
e (soprattutto) città balzano
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L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
17
all’attenzione mondiale. Ma andiamo
con ordine: dei primi titoli
non ci sono tracce significative,
ma dal 1940 al 1955 la squadra
arriva per 10 volte nelle prime
tre posizioni.
Gli anni ’60 sono quelli dell’Europa:
Il Valencia è la sola
squadra ad avere vinto sia la
Coppa delle Fiere che la successiva
versione di Coppa Uefa. Per
tre anni consecutivi i bianconeri
(che in realtà in quegli anni sfoggiano
una divisa todos blanco
modello Real Madrid) arrivano
in finale e due ne vincono: nel
1962 col Barcellona e l’anno dopo
con la Dinamo Zagabria,
mentre nel 1964 ha la meglio il
Real Saragozza.
Prima dei successi del secondo
millennio c’è però un altro
trofeo europeo in bacheca, la
Coppa Coppe: succede nel maggio
1979 quando il Valencia di
Alfredo Di Stefano batte ai rigori
l’Arsenal. E qualche mese dopo
La Coppa delle Coppe vinta dal Valencia nel 1979
Heriberto Herrera, uno degli «storici» allenatori del Valencia
conquista anche la supercoppa
europea superando il Nottingham
Forest di Brian Clough.
Un trionfo per una squadra guidata
in campo da un tedesco
quadrato come solo i tedeschi
sanno essere: Rainer Bonhof.
Campione del mondo e per due
volte d’Europa (la prima a soli
20 anni) con la Germania, in
possesso di una castagna terrificante
sui calci di punizione. E
davanti c’è lui: il lungocrinito
Mario Kempes, campione del
mondo e capocannoniere ad Argentina
1978. Forse il giocatore
più amato al Mestalla.
Poi il buio. Il Valencia va in
crisi. Fino al 1999 non vince più
un trofeo che sia uno e nel 1986
retrocede pure. Il purgatorio
dura un anno, il digiuno altri 12.
Lo rompe un allenatore italiano,
Claudio Ranieri, che vince la
Coppa del Re. E qui comincia la
rinascita, in parallelo con
l’esplosione della città: l’enfant
de pays Santiago Calatrava progetta
la spettacolare città delle
arti e della scienza, David Chipperfield
gli edifici per la Coppa
America di vela che la città ospita
nel 2007 e 2010, persino la
Formula Uno fa capolino per le
strade dal 2008 al 2012. Un fermento
che rende la città tra le
mete turistiche più gettonate, e
la squadra anticipa il movimento.
Nel 2002 e 2004 con Rafa
Benitez in panchina arrivano
due titoli nazionali, nel 2004 la
Coppa Uefa contro il Marsiglia
e l’anno dopo la Supercoppa europea.
Unici (grossi) nei, le due
finali consecutive di Champions
perse nel 2000 senza appello
(3-0) con il Real Madrid e quella
amarissima dell’anno dopo ai
rigori col Bayern a San Siro.
Una storia lunga 101 anni che
fa del Valencia una delle squadre
più rappresentative del calcio
spagnolo: qui oltre a Di Stefano,
Ranieri e Benitez ha allenato
gente come Cuper, Valverde.
Koeman, Emery. Pellegrino,
Aragones, Valdano, Hiddink,
Parreira, il nostro Prandelli, Milianic
e pure Heriberto Herrera
(sì lui).
Sul prato del Mestalla hanno
giocato Rep, Mata, David Silva,
Albiol, Jordi Alba, David Villa,
Zubizarreta e soprattutto Canizares.
Un tipo biondo tinto capace
di vincere per tre volte il
trofeo Zamora, quello per il miglior
portiere, e perdere il mondiale
2002 per un infortunio
assurdo: la boccetta di dopobarba
che gli cade sul piede e lacera
il tendine. Storie di una grande
squadra di una bellissima città
dove a marzo si celebrano las
fallas, una sorta di gigantesco
rito popolare incentrato sul fuoco.
L’Atalanta dovrà essere brava,
bravissima, a non scottarsi.
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Speciale
Atalanta-Valencia
L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
CHE STORIE
Gli «ottavi» dell’Atalanta
Il racconto. Eligio Nicolini superstar di entrambi i precedenti europei: contro l’Ofi Creta nella Coppa Coppe
del 1987/88 e contro il Colonia nella Coppa Uefa del 1990/91. Contro i tedeschi andò a segno anche Bordin
Emiliano Mondonico, timoniere degli ottavi di Coppa Coppe 87/88
n Mondonico
fu il grande
protagonista delle
imprese europee
dell’Atalanta
Pierluigi Frosio, allenatore degli ottavi di Coppa Uefa del 90/91
n Frosio, dopo i
quarti di finale in
Uefa, fu esonerato
per lasciare il posto
a Bruno Giorgi
PAOLO VAVASSORI
C’era una volta la mitica
sfida di Salonicco e la favola
di un gol preso e rimontato con
la doppia scintilla di Bergamo
firmata Nicolini-Garlini. E poi
l’impresa di Colonia, dove la
capocciata poderosa di Bordin
alimentò speranze e sogni diventati
realtà al Comunale.
L’Atalanta sfida il Valencia negli
ottavi di finale di Champions e
la memoria si tuffa all’indietro
di oltre trent’anni. Sempre ottavi
di finale, sempre Europa, che
una volta si chiamava Coppa
delle Coppe e Coppa Uefa.
L’Atalanta, in quegli anni
ruggenti, di prime conquiste
continentali vissuti da mina vagante,
con la spregiudicatezza
di chi in fondo non aveva nulla
da perdere, era «soltanto» la
regina delle provinciali: la squadra
orgogliosa e indomita, capace
in una gara secca di rovesciare
le grandi d’Italia, di ribaltare
i valori tecnici con l’agonismo,
l’intensità, gli slanci del cuore
e magari l’abilità balistica di
qualche stoccatore di qualità.
Ora è tutta un’altra storia:
l’Atalanta di Gasp è volontà,
muscoli, corsa, caparbietà negli
assalti. Ma è, anche e soprattutto,
una squadra che punge con
la tecnica e la corale bellezza del
suo gioco. E’ considerata una
big a tutti gli effetti. Non più
solo una magnifica outsider.
Questo ottavo di finale di
Champions League, si inserisce,
quindi, in un contesto diverso
rispetto alle avventurose
sortite europee a cavallo fra gli
anni ’80 e ’90. E’ il contesto di
una consacrazione ad alti livelli.
Tuttavia, il profumo inebriante
delle sfide europee, con il fascino,
la trepidazione, la partecipazione
di una città intera,
l’adrenalina e l’orizzonte di entusiasmi
nuovi, si origina indubbiamente
e trae ispirazione
dall’Atalanta di Emiliano Mondonico,
audace e sbarazzina,
forte e orgogliosa, che sgambettava
le grandi e sapeva prendersi
il palcoscenico anche fuori
dai confini italiani. Riavvolgiamo
il nastro del film europeo
allora. E partiamo dalla più celebre
delle cavalcate continentali.
Quella scolpita nella memoria
a caratteri cubitali, nella
Coppa delle Coppe 1987/1988
che condusse fino alla semifinale
persa con il Malines e che,
nello snodo degli ottavi di finale,
presentò come avversario i
greci dell’Ofi Creta. Ostacolo
abbordabile, tutto sommato,
non proprio come il Merthyr
Tydfil nel turno precedente, ma
l’incrocio con il calcio greco,
anche per una squadra impegnata
nel campionato di serie
B, appariva all’epoca decisamente
alla portata. La doccia
gelata, nell’autunno del 1987,
arriva però dalla «battaglia»» di
Salonicco che vede spuntarla
l’Ofi di misura, con il sigillo del
centrocampista Takis Persias.
L’1-0 in trasferta, in tempi di
difese blindate e di marcature
asfissianti, era considerato un
risultato indigesto e potenzialmente
letale.
Il classico punteggio da difesa
arcigna e contropiede ficcante,
difficilissimo da maneggiare
a livello strategico per la squadra
chiamata a dover rimontare.
Se ti sbilanci troppo, rischi
la coltellata in ripartenza e addio
quarti di finale. Se non acceleri
con decisione, l’avversario
si barrica nelle retrovie, si chiude
come un bunker e scalfire la
muraglia diventa complicato, se
non quasi impossibile.
Un rompicapo sottilissimo,
di tattica e di atteggiamento,
una matassa intricata e tempestata
di grovigli e tranelli, che
però è più facile da sbrogliare se
in panchina c’è un maestro di
contromisure e di lettura della
gara come Emiliano Mondonico,
giovane tecnico rampante
nel 1987, ma già arguto pianificatore
di mosse spiazzanti e disegni
vincenti. Infatti, l’Atalanta,
nel secondo round di Bergamo,
giocato insolitamente di
primo pomeriggio come nei fischi
d’inizio della domenica, è
aggressiva al punto giusto, attacca
con intelligenza senza
scoprire le praterie al contropiede.
E prima si affianca con
un piazzato a fil di palo di quel
furetto tutto fosforo e dinamismo
di Eligio Nicolini. E poi
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L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
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Una formazione dell’Atalanta che affrontò la Coppa delle Coppe del 1987/88
Eligio Nicolini, grande protagonista dell’Atalanta a cavallo tra gli anni 80 e 90
il colpo di testa rapace del bergamasco
Oliviero Garlini. Finisce
2-0, il risultato perfetto secondo
qualcuno, epilogo di una
partita essenziale e concreta,
che profuma di missione compiuta
e spiana la strada verso
quella che diventerà poi l’impresa
di Lisbona.
L’altro ottavo di finale scolpito
nella storia è l’incrocio con
il Colonia, durante la Coppa
Uefa del 1990/1991. Il timoniere
questa volta è Pierluigi Frosio
che poi, a stagione in corso, sarà
sostituito da Bruno Giorgi.
L’Atalanta, in quel periodo, vive
una partenza di contraddizioni:
stenta in campionato, mentre
in Uefa va fortissimo ed elimina
Dinamo Zagabria e Fenerbahce,
prima dello scoglio Colonia.
L’avversario, in questo caso,
possiede ben altra cilindrata
rispetto all’Ofi Creta. Il Colonia
ha dalla sua la storia, il prestigio,
trascorsi a certi livelli, esperienza
europea e la solidità
strutturale del calcio tedesco.
Gioca la gare casalinghe al
Mungersdorfer Stadion, ora
RheinEnergie Stadion, un impianto
di quasi 50mila spettatori.
Insomma, i favoriti, sulla carta,
stavolta sono i tedeschi guidati
da Rotemoller. La gara di
Colonia diventerà una delle gare
più emozionanti dell’epopea
nerazzurra in Europa. All’autogol
di Progna che mette nei guai
i ragazzi di Frosio, risponde un
colpo di testa di Roberto Bordin,
mediano tignoso, basso di
statura ma capace di una elevazione
prodigiosa. L’1-1 nel clima
rovente (anche fra tifoserie) del
Mungersdorfer Stadion, sarà la
chiave per il passaggio del turno.
A Bergamo, infatti, è ancora
una volta Eligio Nicolini, a segno
pure nell’ottavo di Coppa
delle Coppe tre anni prima, il
grimaldello fatato per scardinare
l’arcigna difesa tedesca e
strappare il biglietto per i quarti.
Nella gelida notte di Santa
Lucia, l’Atalanta sfonda una sola
volta la porta difesa da Bodo
Ilgner, uno dei portieri più forti
della sua epoca, ma è quanto
basta per vincere il doppio confronto
e regalarsi l’Inter nei
quarti.
Altri ottavi che favorirono
una cavalcata significativa dell’Atalanta
li possiamo trovare
nel poker di finali di Coppa Italia.
Nel 1962-1963 l’Atalanta di
Tabanelli destinata ad alzare
poi il trofeo con la tripletta di
Domenghini al Torino, agli ottavi
sconfisse il Catania con
doppietta del danese Christensen
(2-1 lo score). Nell’edizione
1986/1987 (finale persa con il
Napoli di Maradona) che spalancò
le porte della leggenda in
Coppa delle Coppe, l’Atalanta
di Nedo Sonetti superò negli
ottavi la Casertana che militava
in C1: 2-1 a Bergamo, firmato
Progna-Francis e 0-0 a Caserta.
Poi nella carrellata sale in cattedra
l’ottavo forse più leggendario
nell’immaginario collettivo:
si tratta dell’edizione
1995/1996 (finale persa contro
la Fiorentina di Batistuta e Rui
Costa), in cui l’Atalanta del
Mondo eliminò la Juventus di
Lippi e Del Piero con un tracciante
di Fabio Gallo innescato
da Chicco Pisani, nei tempi supplementari,
in uno stadio di
Bergamo stracolmo e con i brividi
a fior di pelle. E si arriva ai
giorni nostri, con l’ottavo più
fresco, del gennaio 2019, quando
l’Atalanta ha espugnato Cagliari
con punture di Zapata e
Pasalic. Ma questa è già l’Atalanta
di Gasp, che ora nell’ottavo
più incredibile e prestigioso
della sua vita ultracentenaria,
affronta il Valencia. Sognando
il pomeriggio di gloria contro
l’Ofi Creta, e la nottata di Santa
Lucia che in un soffio spazzò via
il Colonia.
L’Eco del 5 novembre 1987: l’Atalanta ha eliminato l’Ofi Creta
L’Eco del 13 dicembre 1990, col racconto della vittoria sul Colonia
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20
Speciale
Atalanta-Valencia
L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
LE IMPRESE
Le piccole in Champions
Contro pronostico. Nel 2003/04 il Deportivo La Coruña eliminò Juve e Milan, le finaliste della stagione precedente
L’anno scorso l’Ajax mise fine al dominio del Real Madrid. Colpi anche per Benfica, Monaco, Leicester e le turche
Il portiere del Deportivo Molina festeggia l’eliminazione della Juve
Nel 2003/04 l’attaccante del Deportivo Walter Pandiani castigò Juve e Milan (foto), finaliste del 2003 ANSA
GIOVANNI CORTINOVIS
La storia della Champions
League è costellata di imprese
compiute negli ottavi di
finale da squadre sulla carta
sfavorite, in quanto provinciali
o dotate di budget modesti. In
questa casistica sono però assenti
le squadre italiane, nonostante
nove diversi club nostrani
abbiano disputato la fase a
gironi della coppa dalle grandi
orecchie dall’edizione 2003/04,
quella in cui ha assunto la forma
attuale.
In precedenza, infatti, dopo
una prima fase a gironi c’era
una seconda fase con 4 gruppi
da 4 squadre, inequiparabili
agli ottavi di finale ad eliminazione
diretta. Da allora ai quarti
di finale sono approdate almeno
una volta solo quattro italiane:
Inter, Milan, Juventus e Roma.
Napoli e Fiorentina non hanno
invece finora mai superato
gli ottavi mentre Lazio e Udinese
si sono arenate addirittura
ai gironi. L’Atalanta ha quindi
l’occasione di diventare la prima
squadra italiana di mediopiccole
dimensioni – per bacino
d’utenza e capitali a disposizione
– a raggiungere i quarti di
finale con il formato contemporaneo.
Proprio nel 2003/04 si registrò
la prima grandissima sorpresa,
peraltro duplice, e a pagare
dazio fu il calcio italiano:
il Deportivo La Coruña estromise
negli ottavi la Juventus e
nei quarti il Milan, ossia le due
squadre che l’anno prima si erano
giocate il trofeo nella finale
di Manchester, vinta ai rigori
dai rossoneri. La formazione
galiziana, all’epoca allenata da
Javier Irureta, faceva della tenuta
difensiva il suo punto di
forza mentre in attacco si affidava
a Diego Tristan: l’attaccante
iberico è stato capocannoniere
della Liga nel 2001/02
e quarto l’anno prima. Il resto
della rosa era composto da onesti
mestieranti e da stranieri di
secondo piano, come gli uruguaiani
Walter Pandiani e Gustavo
Munua, gli argentini Lionel
Scaloni (l’attuale ct dell’albiceleste
che poi approderà all’Atalanta)
che e Aldo Duscher
e i brasiliani Mauro Silva e Djalminha.
Al contrario la Juventus poteva
contare sul neo Pallone
d’Oro Pavel Nedved, su attaccanti
del calibro di David Trezeguet,
Alessandro Del Piero e
Marco Di Vaio e su una retroguardia
composta da Gigi Buffon,
Gianluigi Zambrotta, Pablo
Montero, Ciro Ferrara e Lilian
Thuram. Ma al Riazor la Juventus
si presentò molle, spaventata,
imprecisa. Gli spagnoli segnarono
al 37’ con Luque su
svirgolata del centrale transalpino
e poi addormentarono la
partita. L’attesa riscossa, due
settimane dopo al Delle Alpi, fu
rovinata soli 5 minuti dopo il
fischio d’inizio quando Del Pie-
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L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
21
2005/06: la rovesciata di Miccoli per il 2-0 del Benfica a Liverpool
2016/17: l’esultanza di un giovanissimo Mbappé dopo il gol al City
ro uscì dal campo per un problema
muscolare. Sette minuti
dopo Pandiani approfittò di
un’imprecisione di Montero
per infilare Buffon. Poi il Deportivo
chiuse gli spazi, conducendo
in porto la seconda vittoria
con il minimo scarto.
L’andata dei quarti, a San Siro,
sembrava riservare il medesimo
copione: gol di Pandiani
dopo 11 minuti e difesa arcigna
del risultato. Ma il Milan di Carlo
Ancelotti riuscì a ribaltare
l’inerzia del match e a imporsi
per 4-1. Il ritorno sembrava una
formalità e invece il SuperDepor
attaccò subito a testa bassa,
imponendosi con un inimmaginabile
4-0. Il Deportivo uscirà
in semifinale contro il Porto di
José Mourinho, poi vincitore
2018/19: Hakim Ziyech festeggia il primo gol a Madrid davanti ai tifosi del Real. Finirà 4-1 per l’Ajax
della competizione.
Due anni dopo il Benfica di
Ronald Koeman, che in estate
aveva rimpiazzato in panca
Giovanni Trapattoni, sorprese
il Liverpool campione in carica.
I reds avevano vinto il loro girone
da imbattuti mentre i lusitani
erano passati come secondi
alle spalle del Villarreal. Nell’andata
degli ottavi, in patria,
il Benfica vinse con un gol di
testa del difensore Luisao nel
finale di partita. Ad Anfield il
club portoghese colpì una traversa
con il brasiliano Geovanni,
poi segnò con un tiro da fuori
di Simao. A quel punto al Liverpool
di Rafa Benitez sarebbero
serviti 3 gol, come nella finale
di Istanbul del maggio precedente
contro il Milan. Invece
all’89’ Fabrizio Miccoli, entrato
12 minuti prima per Nuno Gomes,
raddoppiò con una rovesciata
in area di rigore, timbrando
il 2-0 finale. Così come
il Deportivo, anche il Benfica
verrà eliminato dal club che poi
conquisterà il titolo: nel suo
caso il Barcellona di Ronaldinho
e Samuel Eto’o.
Grande sorpresa ha destato
anche l’eliminazione, un anno
fa, del Real Madrid, reduce dalla
conquista di tre Champions
League consecutive, per mano
dei ragazzini dell’Ajax. Kpmg
aveva valutato la rosa delle merengues
981 milioni di euro, più
del quadruplo di quella olandese,
che si fermava a 227 milioni.
Ma ancora più ampio era il divario
in termini di fatturato annuale:
743 milioni di euro per
i madrilisti, appena 92 milioni
per l’Ajax, unica delle 16 squadre
agli ottavi con ricavi inferiori
a 100 milioni di euro. Il
primo tempo alla Johan Cruyff
Arena vide i padroni di casa
colpire un palo con Dusan Tadic
e segnare un gol con Nicolas
Tagliafico annullato dal Var per
fuorigioco. Nella ripresa, il gol
di Karim Benzema gelò i 52.286
spettatori ma l’Ajax pareggiò
con Hakim Ziyech.
Sbilanciati alla ricerca del
successo, i biancorossi furono
però beffati a 3 minuti dal termine
dal contropiede finalizzato
da Asensio. A quel punto la
qualificazione del Real Madrid
pareva in cassaforte e invece al
Bernabeu l’Ajax segnò 2 volte
nei primi 18 minuti (Ziyech e
David Neres), poi fece il 3-0 con
Dusan Tadic dopo un’ora di gioco
e segnò il gol del definitivo
4-1 con una splendida parabola
su punizione dell’attuale genoano
Lasse Schone.
Non contento l’Ajax illuse
anche la Juventus nei quarti di
finale: 1-1 ad Amsterdam e vittoria
in rimonta a Torino per
2-1 grazie al futuro bianconero
Matthijs De Ligt.
Inimmaginabile alla vigilia
fu anche il passaggio del turno
nel 2016/17 del Monaco contro
il Manchester City. All’Etihad
Stadium lo squadrone di Pep
Guardiola controllò il gioco (61
per cento di possesso palla e
590 passaggi completati, contro
i 275 dei monegaschi) e riuscì
a prevalere ma senza chiudere
i conti (successo per 5-3).
Nel Principato il copione fu il
medesimo ma il Monaco fu più
preciso sotto porta: gol di
Kylian Mbappé, Fabinho e Tiémoué
Bakayoko, quest’ultimo
decisivo dopo l’1-2 di Leroy
Sané.
Degne di menzione sono anche
le qualificazioni ai quarti
del Fenerbahçe nel 2008 e del
Galatasaray nel 2013, rispettivamente
contro il Siviglia (eliminato
ai rigori) e lo Schalke
04. E poi c’è la favola del Leicester
che all’esordio in Champions
League, nel 2016/17 arrivò
ai quarti dopo aver eliminato
il Siviglia. Un esempio a cui
l’Atalanta vorrebbe ispirarsi.
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22
Atalanta-Valencia Verso la trasferta
L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
VALENCIA
LUCA BONZANNI
È andata bene pure
fuori dal campo, vien da dire.
Perché il calcio è qualcosa in più
di un pallone che rotola su un
prato verde, e lo è soprattutto se
sulle spalle ci si deve caricare
chilometri e notti insonni, voli
e pullman, tirando fuori anche
un po’ di soldi. Allora, dopo la
nebbia post-sovietica d’Ucraina,
la playa spagnola sarà qualcosa
di rigenerante.
Certo, per tanti bergamaschi
Valencia, il teatro del punto più
alto della storia internazionale
dell’Atalanta, non è una terra
sconosciuta. È tra le rotte più
gettonate da Orio, meno di due
ore di volo e Ryanair porta ogni
anno decine e decine e decine di
passeggeri in una città che è «un
po’ di tutto». Perché Valencia è
grande (poco meno di 800 mila
abitanti) ma non gigante (niente
di paragonabile con Madrid o
Barcellona), ha un’anima antica
(dai Romani agli Arabi, e poi via
sino all’epoca d’oro aragonese)
eppure pulsa di una modernità
sfavillante (basta un nome: Calatrava),
è appunto un centro
economico e commerciale ma
ha pure il mare e un piccolo polmone
verde.
Una storia di sconfitte
A 350 chilometri da Barcellona
e ad altrettanti da Madrid, Valencia
è praticamente quasi a
metà della costa spagnola. La
storia è il copione in replica di
un bel po’ di località simili nei
dintorni: i Romani, i barbari, poi
gli Arabi e la reconquista. L’età
dell’oro si vive nel XV secolo,
Valencia diventa un porto di primaria
importanza nel Mediterraneo,
antipasto ingordo prima
di una serie clamorosa di autogol
che ne mineranno ricchezza
e prestigio. Il primo: quando Isabella
di Castiglia s’appresta a
finanziare la spedizione di Cristoforo
Colombo, i banchieri valenciani
danno un grande contributo,
ma sarà proprio la scoperta
dell’America a rivoluzionare
le rotte del commercio e a
relegare in un angolino Valencia.
Il secondo: nella guerra di
successione spagnola d’inizio
Settecento, Valencia si schiera
dalla parte degli Asburgo, che
perderanno contro i Borboni, e
dunque la città sarà privata dei
suoi buoni privilegi. Saltando
quasi al presente, c’è un periodo
in cui Valencia diventa capitale:
succede alla fine del 1936, alla
capitolazione di Madrid durante
la guerra civile, col governo della
Repubblica che si sposta così a
Valencia, ma dopo due anni tragici
d’assedio le forze franchiste
entreranno in città; la dittatura
sarà un duro colpo per Valencia,
di nuovo «castiglianizzata».
I «must»
Caduto il franchismo a fine anni
Settanta, si apre una nuova epoca.
Ed è sul volgere di millennio
che Valencia cambia volto, aggiungendo
la sfaccettatura più
moderna. La Città delle arti e
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L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
23
Una veduta aerea della città di Valencia
L’Oceanografic, bellissimo acquario di Valencia
La Plaza de Toros di Valencia
L’area protetta di Albufera, a poca distanza da Valencia FOTO UNSPLASH
è un gioiello unico; su una superficie
di 350 mila metri quadrati
che un tempo faceva da letto al
fiume Turia, a partire dalla fine
degli anni Novanta s’è costruito
un «villaggio» galattico: il Palau
de les Arts Reina Sofía, a forma
di elmo o di casco da Formula 1
(a Valencia si è corso anche un
Gran premio su un circuito urbano);
l’Umbracle, una sorta di
giardino che diventa anche discoteca;
il museo delle scienze,
a forma di scheletro di dinosauro;
l’Oceanogràfic, tra gli acquari
più grandi e ricchi d’Europa; il
r, con un pilone alto 125 metri.
A proposito del Turia: dopo una
tragica alluvione nel 1957, il corso
del fiume è stato deviato, e nel
1986 è stato realizzato nel vecchio
letto un giardino urbano di
110 ettari, una manna per i salutisti.
Naturalmente, tra i «must» ci
sono le attrazioni della parte più
storica: i mercati (Colon, soprattutto),
la Plaza de Toros, Ayuntamiento,
la piazza Redona (per
sentirsi un po’ a Bergamo…), la
Lonja de la Seda che è patrimonio
Unesco, Plaza de la Virgen
con i suoi colori serali, la Cattedrale…
A proposito di quest’ultima
e di coppe (ma non quelle
con le grandi orecchie): lì dentro
è custodito quello che da molti
– anche da studiosi – è ritenuto
il Sacro Graal, il calice dell’ultima
cena. Non mancano le tradizioni:
la più importante è quella
delle Fallas, patrimonio immateriale
dell’umanità per l’Unesco,
in cui si realizzano costruzioni
in materiali combustibili
che poi vengono bruciate in un
tripudio di luci. Coincidenza:
quest’anno la festa cade dal 15 al
19 marzo, neanche troppo distante
dalla trasferta dell’Atalanta.
La Valencia insolita
Poi c’è la Valencia più leggera,
meno impegnativa culturalmente,
ma certo ugualmente
piacevole, magari da scoprire
sorseggiando un’orxata, bevanda
tipica con latte, zucchero e
«chufa». La movida è soprattutto
nel barrio del Carmen, a ridosso
del centro (punto d’interesse
parecchio carino: Plaza
Lope de Vega), un dedalo di bar,
tapas, ristorantini, locali. E graffiti,
accattivanti e fantasiosi come
quelli che si trovano dipinti
anche lungo Benimaclet, l’anima
bohemienne e universitaria
della città; tra le zone trendy,
negli ultimi tempi s’è issato anche
Ruzafa (o Russafa), quartiere
dalle radici arabe ancora vive,
dove non mancano accattivanti
caffè letterari (anche gestiti da
italiani). E per mangiare il pesce?
Una buona tappa può essere
Cabanyal, il quartiere marinaro
che ancora conserva le casette
tipiche dei pescatori. Ci si
muove facilmente, con i mezzi
(la metro arriva direttamente in
aeroporto…) o anche a piedi. E
se si volesse uscire dalla città?
Soprattutto col bel tempo, una
tappa obbligata è Albufera, una
laguna a una decina di chilometri
da Valencia, area naturale
protetta.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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24
L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020