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Speciale
Atalanta-Valencia
L'ECO DI BERGAMO
FEBBRAIO 2020
Cantarutti, l’eroe di Coppa
«Atalanta favorita, credici»
Il doppio ex. «Ilicic e Gomez sono due fuoriclasse, possono fare la differenza anche in Europa
Il Valencia non superiore per tecnica e a livello psicologico può pagare. Il Mestalla una bolgia»
MATTEO SPINI
di Lisbona conosce
bene Valencia, ma punta
tutto sull’Atalanta.
L’eroe
Aldo Cantarutti, grande
protagonista della più esaltante
euro-avventura nerazzurra, ha
lavorato per il club spagnolo:
una ventina d’anni fa, operava
sul mercato, quando sulla panchina
dei pipistrelli sedeva il suo
amico Claudio Ranieri, che poi
avrebbe seguito anche all’Atletico
Madrid e al Chelsea. «Valencia
assomiglia a Bergamo per
come vive il calcio: al Mestalla
sarà dura, ma l’Atalanta secondo
me è più forte, grazie a Ilicic e
Gomez», racconta Cantarutti,
che parla del calcio di oggi e di
ieri, tra le memorie della Coppa
delle Coppe e dei derby di gioventù
vissuti con il rivale Gasperini.
Cantarutti, lei ha lavorato al Valencia
tra il 1997 e il 1999.
«Lì ho vissuto due anni molto
belli: ho fatto io da tramite per
il trasferimento di Lucarelli dall’Atalanta.
Ero il braccio destro
di Ranieri, un amico dai tempi
di Catania, quando eravamo
compagni di camera: ho lavorato
a più riprese con lui, anche nel
Chelsea, dove militava pure un
giovane Luca Percassi».
Che club è il Valencia?
«Non conosco la nuova società:
oggi c’è una proprietà straniera,
con l’impronta del business, tutto
molto diverso dall’Atalanta
dove c’è un presidente legato alla
sua storia, con un passato da
calciatore. I risultati, comunque,
bene o male continuano ad
arrivare».
E la città?
«Per certi versi assomiglia a Bergamo,
anche se è più grande: è
una città industriale, l’espressione
di una regione lavoratrice.
E, come a Bergamo, alla domenica
tutto si ferma: c’è il calcio. Si
Il famoso gol dell’1-1 segnato da Cantarutti a Lisbona contro lo Sporting nel 1988: valse la qualificazione
parla di due città legate visceralmente
ai colori della propria
squadra: il Mestalla è un ambiente
caldissimo, mi aspetto
una bolgia con cinquantamila
spettatori per il match di ritorno».
Meglio, per l’Atalanta, sistemare il
discorso all’andata?
«Ma no, evitiamo calcoli: in questi
casi non si possono fare.
L’Atalanta ha enormi possibilità:
sta bene, non ha infortunati.
Scommetterei su di lei».
Perché?
«Se devo essere arbitro, dico che
le due squadre sostanzialmente
si equivalgono, ma l’Atalanta ha
qualche carta in più. Innanzitutto,
non ha niente da perdere:
psicologicamente è favorita. E
poi, a livello tecnico, non è inferiore
al Valencia, anzi…».
È più forte?
«L’Atalanta è una buona squadra
con due fuoriclasse. Ilicic è tra
i migliori in tutta Europa: in
questo momento, determina le
partite come pochi altri. E poi c’è
Gomez: forse non ha la classe di
Ilicic, ma è altrettanto determinante
negli schemi dell’Atalanta,
perché sa agire tra le linee,
saltare l’uomo e ha senso del
gol».
E Zapata?
«Importantissimo anche lui, per
il lavoro e i gol, ma è un gradino
sotto. Zapata era un attaccante
da dieci reti all’anno, a Bergamo
ha più che raddoppiato i suoi
numeri: diventa risolutivo se è
sorretto da una squadra al top,
come tutti gli altri giocatori dell’Atalanta,
che danno il meglio
nel contesto collettivo che ha
creato Gasperini».
Cosa dice di Gasp?
«Lo conosco dai tempi dei derby
giovanili degli anni Settanta: siamo
entrambi del 1958, giocavamo
a Torino, lui nella Juve e io
nel Toro. Poi ci ritrovammo ad
affrontare altri derby in Sicilia,
infuocati, lui nel Palermo, io nel
Catania. C’è sempre stata una
certa sintonia tra di noi: ricordo
un centrocampista che giocava
un bel calcio, pur senza un gran
fisico. Avrei scommesso su di lui
come allenatore: si vedeva che
era sveglio, merita ciò che sta
facendo».
Nel Valencia, l’uomo chiave è Rodrigo?
«Buon giocatore: è un attaccante
moderno, che vede anche la
porta. Ma, nonostante i trentadue
anni, se non avranno acciacchi,
vedo più decisivi Ilicic e Gomez.
Per il resto, il Valencia ha
una squadra completa: dovrà fare
a meno di alcuni giocatori, ma
la sua rosa è competitiva e ora c’è
anche Florenzi che è un buon
rinforzo».
Come giudica la Champions dell’Atalanta?
«Non mi si dica che è stata fortunata:
qualcosa è andato per il
verso giusto, come il sorteggio
che ha scongiurato le big, ma la
squadra è stata bravissima a reagire
dopo un avvio negativo. A
Zagabria ha pagato lo scotto dell’inesperienza:
io seguo spesso
le squadre croate, sapevo che la
Dinamo è di buon livello, ma
quella partita fu solo frutto dell’impatto
negativo con la nuova
competizione».
L’esperienza può essere un fattore
anche negli ottavi?
«Il Valencia ne ha di più, ma
anche l’Atalanta ormai è abituata
a certe partite, quindi non
direi».
L’Atalanta è il nuovo Ajax?
«Ora accontentiamoci di questo
ottavo di finale: se superi questo
turno, però, è quasi inevitabile
che ti affibbino certe etichette».
Aldo Cantarutti ha
giocato nell’Atalanta
dal 1985 al 1988.
Dirigente del Valencia
dal 1997 al 1999
n n I bergamaschi
il nuovo Ajax? Beh,
se passano il turno
un’etichetta così
sarà inevitabile»
E in campionato è da quarto posto?
«Io dicevo che sarebbe andata in
Champions anche un anno e mezzo
fa e tutti mi davano del matto.
Figurarsi ora: per me è la prima
indiziata per il quarto posto, ha
più possibilità della Roma».
La cavalcata in Champions ricorda
la vostra in Coppa delle Coppe?
«È tutto diverso: il denominatore
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