La Conquista_2/2021
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L’undicesima orazione solenne
Per volontà del Vescovo si è aggiunta quest’anno la “Preghiera per quanti soffrono
a causa dell’epidemia, per quanti temono per la precarietà della salute e del lavoro,
perché abbiano particolare sostegno dal Signore e aiuto da noi tutti”.
Dio onnipotente ed eterno, creatore del cielo e della terra, ascolta le preghiere che ti rivolgiamo
in questo tempo di difficoltà: dona la guarigione ai malati, dà forza a chi si prende cura di loro,
sostieni le famiglie provate da difficoltà economiche,
aiutaci ad accrescere rispetto e responsabilità verso il creato
e fa’ che tutti possano trovare in te la sorgente della fiducia e della speranza.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
Bollettino interparrocchiale
di S. Stefano, Costalissoio
e Campolongo di Cadore (BL)
ANNO LXXXVII - 2021
N. 2 / ESTATE
La Conquista
Spedizione in abbonamento postale - DIRETTORE Rossini don Paolino - VICEDIRETTORE Coluzzi Lorenzo - RESPONSABILE Buzzo Guido - Aut. Trib. 6/84 n. 2539
Stampa: Tipografia Piave - Belluno - C.C.P. 10301323 intestato alla CHIESA PARROCCHIALE DI S. STEFANO DI CADORE (BL)
Vi precede...
Frase misteriosa di uno che è
andato oltre. Promessa enigmatica del
Cristo risorto: «Andate, dite ai suoi
discepoli e a Pietro: Egli vi precede in
Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto».
(Marco 16,7)
A quanto pare, non ci precede
nell’aldilà, perché la Galilea è
nell’al di qua. Quindi la promessa di
“precedere i suoi” pare debba attuarsi
nel mondo presente.
Fin dalla sua nascita Gesù
ha avuto un “precursore”, il Battista,
al quale spettava l’arduo compito di
camminare davanti al Signore a preparargli
le strade (Lc 2,76). Poi quando
Gesù è venuto ha sorpassato ben
presto Giovanni che lo precedeva. Lo
ha sorpassato in tutti i sensi… per il
messaggio di speranza, per il giudizio
di misericordia anziché di condanna,
per l’annuncio preciso: «Il tempo è
compiuto!».
A dire il vero Gesù ha avuto
come precursore non solo Giovanni,
l’ultimo dei profeti, ma tutto l’Antico
testamento che ha preparato e orientato
le sue scelte, il suo stile di rapportarsi
con gli uomini, il
dono di sé fedele alla missione
fino alla Croce.
Se esaminiamo bene
la promessa, vediamo che
è un ordine e riguarda il presente: «Ora
andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro:
Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete,
come vi ha detto». Dove è andato
Gesù, con la risurrezione? Sembrerebbe
che sia rimasto, più che andarsene.
Si preoccupa ancora dei suoi,
e lo fa per primo prendendo l’iniziativa.
Dà loro un appuntamento, in Galilea,
dove lo incontreranno di nuovo.
È il Pastore che raduna il
gregge e cammina davanti. Il popolo di
Gesù ha il suo bel da fare per stargli
dietro. Lo ha capito bene papa Francesco
quando parla di “Chiesa in uscita”.
Quando si crede di starsene bene, in
compagnia del Signore, e di godersi in
In fila alla sede degli Alpini. Era il 22 marzo,
e con la vaccinazione cominciava il nuovo cammino di speranza.
2
La Conquista
pace la preghiera e l’intimità con lui, ci
si accorge che lui è già andato avanti,
per le sue strade.
Insomma, è vero che ci precede
sulle strade del mondo. Sono strade
che non si conoscono in anticipo e
quindi sono strade sempre nuove e a
volte imprevedibili.
Voglia ora il Signore condurci
fuori dalla pandemia! Si dice che ci
saranno strade nuove da percorrere…
ecologiche, rispettose, di uguaglianza
e solidarietà maggiori. Discorsi molto
belli, ma guardiamo a Colui che ci precede
e andremo sicuri!
Man mano che si uscirà, come
si spera, da isolamento e mascherine, si
incontrerà il vero volto delle persone.
C’è una storia in ogni volto, un’esperienza
sofferta, un bisogno di comunicazione,
di accoglienza e di aiuto: è il
volto di Cristo che dice «l’avete fatto a
me!».
Colui che precede ci fa riscoprire
il dono gratuito della vita e della
salute. Lui ha creato gratuitamente l’universo.
L’ha fatto per amore e l’amore
è gratuito a cominciare dalla coppia che
dà vita a un figlio. Non è vero che il
mondo è governato solo dal dio denaro,
finché ci sono volti che si chinano sui
bambini e ci sono uomini e donne che
danno una mano volentieri.
Nell’amore gratuito e solidale
si percepisce veramente la presenza del
Signore risorto che precede sulle strade
del mondo. C’è da augurarsi che nessuno
si prenda indietro sulle strade di
uscita dalla pandemia, e che il Covid
dell’egocentrismo e dell’indifferenza
sia anch’esso debellato.
Annunciare
l’essenziale
del Vangelo
Il rinnovamento della Chiesa
è possibile stimolarlo solo
«dal cuore del Vangelo». Il Papa
insiste che dobbiamo porre al
centro l’annuncio del Vangelo,
l’essenziale. L’annuncio si concentra
su ciò che nel Vangelo è
più bello, più grande, più attraente
e allo stesso tempo più necessario.
La proposta si semplifica,
senza perdere per questo
profondità e verità, e così diventa
più convincente e radiosa.
A volte perdiamo l’entusiasmo
per la missione dimenticando
che il Vangelo risponde
alle necessità più profonde delle
persone. Dobbiamo ricordare
sempre che non è la stessa
cosa aver conosciuto Gesù o
non conoscerlo, non è la stessa
cosa camminare con lui o
camminare a tentoni, non è la
stessa cosa poterlo ascoltare o
ignorare la sua Parola, non è la
stessa cosa poterlo contemplare,
adorare, riposare in lui, o non
poterlo fare.
Non è la stessa cosa cercare
di costruire il mondo con
il suo Vangelo piuttosto che
farlo unicamente con la propria
ragione. Sappiamo bene che la
vita con Gesù diventa molto più
piena e che con lui è più facile
trovare il senso di ogni cosa.
Giornata ecologica
Il giorno 9 maggio 2021 la nuova “PRO LOCO SA STEFI” in collaborazione con
il gruppo Alpini, la riserva Cacciatori, la Regola e il Comune si Santo Stefano di Cadore
hanno organizzato una Giornata Ecologica nel comune capoluogo e nelle varie
frazioni.
Questa giornata ha avuto un grande successo grazie soprattutto alla numerosa
partecipazione da parte di tutti i volontari del posto che con sorrisi e tanta buona
volontà ci hanno permesso di raccogliere innumerevoli rifiuti, tagliare molti arbusti e
ripristinare alcuni sentieri resi inagibili dal lungo inverno.
Ad accompagnare la giornata è stato possibile organizzare una merenda al
sacco ed un pranzo, il tutto nel rispetto delle norme anti-covid imposte dal ministero.
(da “Tornare a Gesù. Come rinnovare
parrocchie e comunità”, di J.A.Pagola)
La Conquista 3
BUONA PARTENZA DELLA QUARESIMA
L’inizio ha visto le parrocchie in
partenza, pur con tutte le precauzioni. Si è
fatto quello che un anno fa non si era potuto,
nel marzo 2020: buona presenza alle
Ceneri e ai “Giorni di Spirito e comunità”.
Le parrocchie hanno messo in
cantiere quello che era possibile fare. Visto
che le scuole erano aperte, abbiamo riunito
i ragazzi assieme a catechiste coraggiose…
non tutti i ragazzi ma almeno i due
gruppi che si preparavano alla cresima e
gli altri due della prima comunione.
Era da tanto che non si vedevano
i ragazzi in sala parrocchiale. Poi c’è stata
a marzo una nuova chiusura e… niente
scuola, niente catechismo. Siccome però
in chiesa non c’è stata mai chiusura (per
grazia!), si è continuato a invitare i ragazzi
alla messa festiva.
I cresimandi hanno risposto alla
grande e hanno preso in mano l’animazione
della liturgia, leggendo la preghiera dei
fedeli. Il venerdì c’era la Via Crucis e le voci
dei piccoli non sono mai mancate, grazie
in particolare all’interessamento delle catechiste
e ai messaggi diramati in modo
capillare.
La Via Crucis ha avuto una buona
partecipazione anche a Campolongo,
animata dai ragazzi e curata da Cecilia e
da Bianca Maria. A Casada c’è stata il venerdì
santo e del tutto autogestita, perché
il parroco era occupato in altre tre chiese.
INTENSA LA SETTIMANA SANTA
La vita in Parrocchia
Piccolo gruppo tra un lockdown e l’altro
Il tempo ha favorito, dopo le
intemperanze dell’inverno, uno svolgimento
puntuale delle celebrazioni
nelle tre parrocchie.
C’è stata la Domenica
delle Palme senza
processione, ma con
ulivo in abbondanza. I
volontari sono scesi a
Vittorio Veneto a prenderlo
non senza qualche
apprensione per il
lockdown… non tanto
per i contagi, quanto per
le eventuali multe.
Buona
partecipazione
c’è stata alla lettura della
Passione, nelle varie
chiese, con interiore
raccoglimento da parte
di grandi e piccoli. Mercoledì
santo sono state
molto gradite le due celebrazioni
penitenziali,
con assoluzione generale,
cercate e attese a
Campolongo e a S. Stefano
con partecipazione
numerosa.
Si è fatto il possibile
per raggiungere tutte le
chiese il Venerdì Santo.
Invece si è puntato a
un’unica celebrazione nella veglia pasquale,
come si era già fatto due anni
fa, con scelta concordata del consiglio
pastorale interparrocchiale. Dalle parrocchie
sono stati portati i ceri pasquali
da accendere insieme.
Le comunità sono state coinvolte
e hanno partecipato concordi a
questa celebrazione liturgica, la più solenne
dell’anno. Numerosi fedeli sono
giunti da Campolongo e, anche questa
volta, hanno animato il canto che tra
letture, salmi e litanie è
condiviso con tutti i presenti.
PRIME CONFESSIONI
Dato il tempo di
pandemia, siamo partiti
a gennaio con l’idea di
fare quello che si poteva
fare. Si è cominciato a
riunire i bambini, si è sospeso
e si è ricominciato
di nuovo. Gli incontri
Prima confessione (Campolongo):
con strumento di lavoro, cioè con corona del rosario
da imparare a usare!
sono stati fatti in chiesa anziché in sala
parrocchiale, perché in chiesa il distanziamento
è già abbastanza assicurato.
Poi, volendo, lo si può ottenere anche
in sala… e allora, avanti!
Confessione: non si può confessarsi
a tu per tu. Il vescovo concede
l’assoluzione generale e ne approfittano
anche i familiari, padrini e genitori.
La festa del perdono è festa grande:
il Padre accoglie tutti i figli. C’è gioia
e un canto di “Grazie!” viene imparato
subito e cantato quasi da tutti, prima
con voce piuttosto sommessa e via via
più sicura. «Abbiamo fatto una grande
cantata!», ha detto un ragazzino dopo
la prima confessione.
Queste celebrazioni per la comunione
(e per la cresima) ci volevano
proprio. Ci hanno tirato fuori un po’
dall’isolamento al quale la pandemia ci
aveva obbligato.
GESÙ, COME TE LA PASSI COL COVID?
Come già detto, verso gennaio
si è cercato di riaprire, d’accordo coi
Prima confessione (S. Stefano): sempre emozionante,
anche con assoluzione generale!
4
La Conquista
domanda ingenua di un bambino, ma
quella seria che percorre tutta la Bibbia:
«Dio c’è o non c’è?», quella urlata:
«Non ti importa nulla se noi affondiamo?».
Allora si scopre il Dio che entra
nella storia: «Io ci sono! Questo è il mio
nome».
CRESIME
«Siamo otto ragazzi della parrocchia: Lorenzo, Nicolò, Christian, Elisa, Pietro,
Emma, Ester e Gabriel. Vi ringraziamo di essere venuti alla nostra festa…».
È domenica 9 maggio a S. Stefano. Attorno a loro, i familiari. (foto Zambelli)
La Corale fa tutto il possibile in tempo di lockdown. (foto Zambelli)
genitori e con le catechiste. Ci siamo
detti che, come la scuola va avanti,
così cerchiamo di portare avanti i gruppetti
di prima comunione e cresima. In
chiesa ci si era un po’ abituati a mantenere
le distanze, e in sala parrocchiale
si adottavano tutte le precauzioni: così
si è cominciato.
Con una sospensione in Quaresima
e la ripresa dopo Pasqua, abbiamo
avuto la grazia di raggiungere la
meta. Si è toccata con mano la soddisfazione
delle famiglie per essere uscite
finalmente dall’isolamento di tutti i
lockdown, con la speranza di riprendere
la vita di comunità.
La prima comunione si è rivelata
un’occasione importante per
riprendersi uno spazio sociale e sconfiggere
la paura… sempre però mantenendosi
all’erta!
Le preghiere inventate dai
bambini sono qualcosa di nuovo, inaspettato
e molto vero: «Gesù, come
te la passi col Covid?». La domanda
fa sorridere, ma è seria. Contiene la
sofferenza per un tempo di ansia per
i pericoli e le conseguenti limitazioni,
raccomandazioni, distanziamenti…
L’invocazione, che fa sorridere,
contiene la vera domanda che ci si
porta dentro: Gesù è al di fuori del contagio
ed è immune riguardo alle nostre
angosce? Oppure si prende carico delle
sofferenze umane e della nostra vita,
con tutti i pericoli che incontra?
È l’eterna domanda degli uomini:
se Dio ha a cuore le vicende pesanti
che si attraversano o se è estraneo
o, peggio, indifferente. Non è la
Sia a Campolongo che a S.
Stefano la breve presentazione dei ragazzi
al Vescovo, da parte delle catechiste
che li hanno accompagnati fin
qui, è contenuta in mezzo foglio, ma
si riferisce a una storia lunga di anni
di catechismo e di crescita, con tanti
momenti belli e non senza qualche difficoltà
superata.
C’è un’emozione nelle loro
parole che obbliga a qualche piccola
interruzione. C’è soprattutto tanto
amore e tanta perseveranza che solo
il Signore sa. Riconosciamo che c’è
nell’opera nascosta, invisibile, di queste
persone chiamate a evangelizzare,
qualcosa che è stato costruito per la
vita della comunità e che resta per il
suo futuro.
A S. Stefano, Nadia: «Un benvenuto
a lei, Vescovo Renato, nella nostra
comunità di S. Stefano di Cadore.
I ragazzi e le ragazze che stanno per
ricevere il sacramento della Cresima
sono il gruppo di terza media: Chiara,
Emanuele, Giada, Giulia, Lorenzo, Riccardo
e Sabrina.
Come catechista li seguo dalla
4^ elementare. Sono un gruppo molto
unito. Hanno partecipato con educazione,
impegno ed entusiasmo agli
incontri settimanali del catechismo,
alle varie iniziative proposte da noi catechiste
e anche in questo periodo di
preparazione alla Cresima sono stati
molto presenti e collaborativi.
Al gruppo di terza media si è
unito anche il gruppo di prima superiore:
Carlotta, Lisa, Lorenzo, Rebecca,
Riccardo e Sara che l’anno scorso,
causa pandemia da Covid-19, non
hanno potuto ricevere il sacramento
della Cresima. Un ringraziamento a
don Paolino e a voi genitori per la disponibilità
e collaborazione sempre
dimostrate, fondamentali per noi catechiste
al fine di svolgere al meglio il
nostro compito.
A voi ragazzi e ragazze noi catechiste
auguriamo un futuro ricco di
cose belle e di tante soddisfazioni sia
nel privato che nello studio e poi nel
lavoro, e nei momenti di difficoltà che
incontrerete sulla strada della vita possiate
trovare aiuto, coraggio, conforto
nel Signore che sempre ci è vicino».
La Conquista 5
ERIK E MANUEL
La comunità di Villa S. Francesco
ci tiene informati sui fratelli, nostri
amici e parrocchiani. Erik si appresta
ad affrontare l’esame di maturità e ha
superato l’esame di ammissione al
conservatorio di Venezia in composizione.
Manuel ha superato l’esame
della patente di guida. I nostri complimenti
a entrambi e tutta l’amicizia alla
comunità e alla sua anima, Aldo.
LUTTI TRA PRETI DIOCESANI
Domenica 2 maggio, cresima a S.Stefano. Davanti da sin.: Nadia (catechista),
Riccardo Lo Vullo, Emanuele Pradetto, Riccardo Pellizzaroli, Giada De Candido,
Chiara Buzzo, Sabrina Pomarè, Giulia Cecchetti e Sara De Bernardin;
dietro: Lorenzo De Mario, Lorenzo Da Rin, il Vescovo, Rebecca Carbogno,
Lisa Baldissarutti e Carlotta De Mario. (foto Zambelli)
La Corale riprende coraggiosamente dopo lungo silenzio. (foto Zambelli)
Il virus si è portato via alcuni preti
molto conosciuti in diocesi: prima don Vinicio
Marcon, in servizio pastorale a Soranzen
(Cesio), e don Tarsillo Bernardi in
servizio a Lamon. Nel mese di marzo è
stata colpita la comunità del seminario, a
Belluno, dove ci sono stati dei contagi. Il
covid è stato fatale per don Giovanni Unterberger,
classe 1943, cadorino di Tai,
insegnante di sacra Scrittura e padre spirituale,
educatore di una generazione di
preti giovani. Alcuni in Comelico ricordano
di sicuro don Giovanni quando veniva ad
aiutare a Campolongo, Costalta e Costalissoio-Casada
nelle feste, Natale e Pasqua,
sempre molto disponibile e discreto.
Una settimana dopo ci ha lasciato
anche don Elio Larese, classe 1947, nativo
di Villapiccola di Auronzo, insegnante
e preside del Liceo “Lollino”. Ha lasciato
grande rimpianto in tantissimi giovani, suoi
allievi negli anni, e in molti altri che lo hanno
conosciuto a S. Marco di Auronzo.
Appena passata Pasqua, ha addolorato
la diocesi e anche il Comelico la
prematura scomparsa di don Giuseppe
Bortolas. Prete di 67 anni, nativo di Cesiomaggiore,
che negli anni dal 2014 al 2017
da Auronzo saliva a Costalta per le messe
festive. Attualmente era parroco a Valle di
Cadore, Venas e Cibiana, impegnato a far
la spola fra tre parrocchie. Per di più era
gravato dal problema della frana che sta
mettendo in pericolo la chiesa parrocchiale
di S. Martino. Il Vescovo era di passaggio
e voleva conferire con lui. Lo ha trovato
in casa in gravi condizioni, per emorragia
cerebrale, e ha provveduto al suo ricovero
d’urgenza. Don Giuseppe non ce l’ha fatta
e si è spento la mattina dopo in ospedale a
Belluno.
Lo ricordiamo, anche in Comelico,
come amico cordiale di tutti e prete
buono, generoso, dalla battuta pronta e
allegra. Ovunque è passato nei suoi anni
di ministero ha portato una nota di buonumore
e speranza.
6
La Conquista
In diagonale lungo la diocesi
Meritano essere riportate le parole
commosse del Vescovo nel funerale di
don Giuseppe Bortolas.
«Lo ricordo con la maglietta un
po’ tirata, a motivo della sua robusta corporatura;
ma era un ragazzino nella sua
giovialità, nel suo entusiasmo, nel suo
compiacimento. A me ha testimoniato
quella gioia del Vangelo che gli apparteneva.
Ciò che di più prezioso ci ha lasciato
è il suo desiderio di votarsi, consegnarsi,
lasciarsi incontrare da tutti, da ciascuno».
«Il suo andarsene ci lascia con
questo senso di inadempimento che ci
stringe il cuore. Don Giuseppe ha ben conosciuto
il patire e mai ha illuso o tradito
questa sofferenza interiore, neppure nei
suoi risvolti psicologici e fisici. Ha lottato
in essa per scioglierla e aprirla. Quando
con la comunità di Longarone, di Igne,
di Ospitale ha affrontato la drammatica
scomparsa di don Francesco Cassol, don
Giuseppe si era pronunciato così: “La
fede è fede, il dolore è dolore. E questo
è un grande dolore!”. Ecco perché il suo
ministero, il suo stile, il suo tenore di vita
erano inclini alla sostanza delle cose, alla
loro nuda concretezza, allo spessore umano
delle relazioni, ad una fede reale senza
contorni inutili. Per cui anche la sua predica
era franca e spiazzante, ma consistente
di fede».
«Una cosa la posso dire con verità
di cuore e con commozione. Don Giuseppe
voleva dare molto di più di quanto
gli è stato possibile, lungo questi interminabili
mesi di pandemia, a queste tre
comunità [di Valle, Venas e Cibiana], così
come lo aveva fatto attraversando in diagonale
tutta quanta la diocesi, seminando
ovunque quell’umanità reale che gli apparteneva
e che dava concretezza alla sua
fede e al suo ministero».
«Più volte in questo tempo mi ha
confidato che gli mancava la possibilità di
un incontro più familiare, più fraterno, più
amicale con tutti, proprio con tutti. La sua
barba, che poteva sembrare inusuale nella
figura del parroco, simile a un macigno sul
suo volto, in realtà veicolava la sua bontà e
affabilità di pastore che si protendeva verso
il suo gregge».
DALLA CASA DI RIPOSO
La S. Messa di Pasqua in collegamento diretto con la cappella Don Alfonso
Ciao a tutti! Ormai è diventata
una piacevole consuetudine quella
di raccontarvi come procede la nostra
vita alla “Giovanni Paolo II”.
Anche per Pasqua abbiamo
avuto la gioia di poter partecipare alla
S. Messa, tutta per noi, celebrata a distanza
da don Paolino, con la consegna
dell’ulivo benedetto.
Al termine della Messa, via web,
il parroco ha rivolto gli auguri e
scambiato alcune battute con
gli ospiti della Casa di Riposo.
Alcuni giorni prima, ci eravamo collegati
nuovamente con i ragazzi delle
scuole di Santo Stefano e di San Pietro,
con in testa il professor Fontana,
per scambiarci gli auguri di buona
Pasqua e ascoltare le loro poesie. In
realtà, aspettavamo
con trepidazione
questo momento,
perché avremmo
dovuto consegnare
ai ragazzi anche dei
doni che avevamo
realizzato per loro,
ma la “zona rossa”
l’ha reso impossibile…
Rimanderemo
alla prossima volta!
Ad aprile
abbiamo avuto la
nostra ospite Apollonia
Festini che ha
raggiunto un gran
traguardo: i 100 anni!!! L’abbiamo festeggiata
tra noi, come si fa in famiglia.
Siamo anche stati rallegrati
dai ragazzi e bambini del catechismo
di Sappada assieme al gruppo Insieme
si può; e qualche giorno fa ci siamo
potuti collegare anche con loro per ringraziarli!
Ci hanno davvero fatto passare
un pomeriggio in allegria, tra poesie
e canti, portandoci “virtualmente” nella
foresta con dei coloratissimi cartelloni,
atraverso i quali ci hanno raccontato la
storia dei colbrì. Grazie Giannina che ti
ricordi sempre di noi!
Anche noi parteciperemo all’iniziativa
di VivaVittoria per la sensibilizzazione
contro la violenza sulle donne.
Alcune ospiti della casa di riposo,
infatti, stanno confezionando dei quadrati
di lana. Questi poi verranno cuciti
insieme per comporre una grande coperta
che verrà esposta sulle Tre Cime
di Lavaredo il 4 settembre prossimo.
Fare a maglia, in questo contesto, da
esigenza del vivere quotidiano che ha
caratterizzato gran parte della vita dei
nostri anziani, si trasforma in una modalità
creativa che riconnette ad imma-
Si fa festa proprio come in famiglia!
La Conquista 7
gini familiari, fa emergere ricordi e crea
un’attitudine all’incontro e alla relazione
interpersonale. Tra le tante mani che
“sferruzzano”, anche quelle di Cristina
Marta, che sta anche collaborando ai
preparativi per la festa della Madonna
della Salute della sua Campolongo con
il confezionamento di bellissimi fiori di
carta colorata.
Un grande abbraccio a tutti e
arrivederci presto in via Dante Alighieri!
(Vanessa Piovesan)
Teresa Da Col ha già confezionato
quattro coloratissimi riquadri
che andranno a formare, assieme
a tanti altri, la grande coperta.
Al centro, naturalmente, il nostro
Tricolore non poteva mancare!
I colibrì della foresta
giunti da Sappada.
FIORETTO IN USCITA
Capitello delle Ante.
Capitello di S. Rita… col ricordo della bomba inglese a
scoppio ritardato, le vittime ed Enrico che fu salvato.
Il lungo isolamento e il verde
della primavera invogliano a uscire per
il fioretto di maggio. Si recita rosario in
chiesa, nella chiesetta delle Grazie, davanti
ai capitelli.
Di attualità, quest’anno, c’è la
salute da domandare, la pace nel mondo
(come sempre!) e anche… la Divina
Commedia. Sì, perché il Papa di recente
ha dedicato una lettera apostolica a
Dante. E poi, c’è una via di S. Stefano
che è dedicata al sommo Poeta e lì c’è
un capitello con una Madonna antica.
Ai tempi di Dante si dava molta
importanza a Purgatorio, Inferno e
Paradiso. Ai nostri tempi si dà rilievo
piuttosto alla vita presente. Si pensa a
quello che precede la morte e ci si preoccupa
più delle sofferenze che l’accompagnano.
Non si pensa a quello
che viene subito dopo.
Se oggi l’attenzione si concentra
molto sul presente, anche il Vangelo
ci aiuta in questo senso. Infatti, il Figlio
di Dio si è incarnato. Si
direbbe che Dio non è
rimasto nell’aldilà, ma è
venuto al di qua. Non è
rimasto lontano, difficile
da raggiungere, ma
si fa vicino. La Bibbia
parla di un Dio così,
che entra nella storia
umana.
Il giudizio sugli
uomini non è fatto dal
Signore perché sono gli
uomini stessi che formulano
il giudizio su di
sé, a seconda di come si posizionano
di fronte a Gesù e alle sue proposte.
Accogliendo l’amore e la grazia, o rifiutandoli,
uno si autogiudica e si pone
nella salvezza o fuori.
Da parte sua, il Padre è sempre
pronto ad accogliere e a perdonare.
Il rosario aiuta a stare nella via
e a rafforzare la conversione a Gesù.
Capitello antico in via Centenaro.
Se peca pì
per el mal dì
che per el mal fa.
8
La Conquista
IN BREVE - IN BREVE - IN BREVE
Adotta una mucca
Il progetto della cooperativa Peralba
è stato rilanciato e continua a riscuotere
ampi consensi, tanto che presto è andato
di nuovo in tilt. Stavano lanciando un
pacchetto di prodotti per la Pasqua, ma
il sistema di adozione a distanza ha retto
all’urto appena qualche ora. Gli allevatori
di Costalta, che un anno fa’ hanno deciso
di investire sul marketing on line, hanno
ottenuto in breve tempo ampi consensi.
In fila
alla sede degli Alpini
Il primo appuntamento vaccinale,
al quale sono seguiti vari altri, ha avuto
luogo il pomeriggio di lunedì 22 marzo. I
Comeliani si sono messi in lunga fila per
il vaccino AstraZeneca. La Ulss 1 aveva
organizzato la seduta qui a S. Stefano
per chi aveva tra i 75 e i 79 anni ma, dato
l’accesso libero, alla fine ci sono state 212
somministrazioni. È andata bene così per
molti anziani che hanno più difficoltà a recarsi
a Belluno. Contenta la direttrice generale
dell’Ulss Dolomiti: «C’è stata unità
di intenti e di lavoro tra i Sindaci, i medici
e il mondo del volontariato. È stata un’azione
sinergica ed efficace: basti pensare
che la disponibilità del vaccino ci è stata
data solamente nella giornata di venerdì e
in un paio di giorni siamo riusciti a mettere
in piedi questa seduta vaccinale. I Sindaci
subito mi hanno detto: “Non si preoccupi,
ci attiviamo”. E così è stato…». Ancora
una volta è emersa la forza del volontariato
(in prima fila gli Alpini!) e la generosità di
chi si mette a disposizione gratuitamente a
favore del proprio territorio e della propria
comunità. Quando si è capito che c’erano
dosi in più disponibili, è partito il passaparola
(Alfredo, capogruppo degli Alpini, ha
fatto subito una ventina di telefonate) e la
notizia si è rapidamente allargata grazie ai
telefonini.
Non auguro a nessuno
In una lettera a “L’Amico del Popolo”,
Siro De Biasio, già Sindaco di Alleghe,
tira un sospiro di sollievo dopo la
guarigione… «Vorrei esprimere un doveroso
ringraziamento agli Angeli del Covid.
Ho trascorso quasi due mesi all’ospedale
S. Martino di Belluno dei quali venti giorni
in terapia intensiva e un mese in pneumologia,
dove sono giunto nelle condizioni di
un bambino nell’età dello svezzamento
quando dev’essere imboccato e impara a
muovere i primi passi.
Voglio sottolineare la disponibilità,
la professionalità e l’umanità di tutto
il personale infermieristico che mi ha pazientemente
accudito e che mi ha fatto
sentire quasi uno di famiglia. Un grazie
per la competenza e la presenza costante
di tutta l’equipe del dottor Muzzolon. Un
particolare grazie va al dottor Mazzon e
a tutti i suoi collaboratori in rianimazione,
urologi compresi, non solo per avermi tolto
da una situazione estremamente grave,
ma anche per la presenza telefonica costante
nei confronti di mia moglie.
Permettetemi di esprimere un
augurio a tutti i negazionisti e a quelli che
rifiutano il vaccino, di non trovarsi mai
nella condizione in cui mi sono trovato io.
Non avevo alcuna patologia particolare,
ma il virus non guarda né all’età né alle
condizioni di salute e quando ti prende
non sai dove ti può portare».
Lisa Vittozzi
Ha ottenuto il suo primo podio
stagionale nella Coppa del Mondo di Biatlon
in Repubblica Ceca. Dopo bei segnali
di ripresa, ha ritrovato una medaglia il 6
marzo nella gara sprint. Velocissima e perfetta
nella serie a terra e anche in piedi,
con ultima sessione perfetta è uscita terza
dal poligono.
Una settimana dopo, Lisa ottiene
un argento splendido con la staffetta
mista: Lisa Vittozzi, Dorothea Wierer, Dominik
Windisch e Lukas Hofer. Secondi
dopo la imprendibile Norvegia.
Alba De Silvestro
La comeliana di Padola, già vincitrice
della Coppa del Mondo nello Scialpinismo,
si è fregiata dell’oro mondiale
vincendo il titolo iridato con la squadra
femminile. Alba De Silvestro, insieme a
Ilaria Veronese e Mara Martini, ai campionati
di Andorra in Spagna hanno battuto
le agguerrite compagini di Francia e Svizzera.
È stata proprio Alba ad effettuare il
sorpasso decisivo, alla fine della seconda
frazione, nei confronti della elvetica che
era prima.
Due giorni dopo l’oro in staffetta,
Alba ha conquistato il bronzo nella gara
individuale. Ma la settimana successiva
c’è stata, in Francia, la più dura di tutte
le gare di scialpinismo, la “Pera Menta”, e
Alba ha preso di nuovo l’oro in coppia con
Giulia Murada. La giornata è stata esaltante
anche per le vittorie degli altri azzurri
che così hanno conquistato quattro dei sei
titoli mondiali di “lunghe distanze” disponibili.
Emanuele Buzzi
Il sappadino ha vinto il titolo
nazionale assoluto di SuperG. Dopo una
stagione abbastanza buona, col 13° posto
in SuperG ai Mondiali di Cortina, l’acuto è
venuto col titolo italiano a S. Caterina Valfurva
il 28 marzo, precedendo Innerhofer
di 26 centesimi, Marsaglia di 34 e Paris di
85.
L’allenatore
Matteo Baldissarutti di S.
Stefano fa parte dello staff italiano,
insieme a Livio Magoni, che ormai da
un paio di stagioni segue la campionessa
slovacca Petra Vlhova. C’erano
buonissime speranze per lei, nei
Campionati mondiali di Cortina, che
si sono avverate con la medaglia d’argento
conquistata nella combinata.
Ma qualche settimana dopo è arrivata,
per la fuoriclasse slovacca, la Coppa
del mondo generale e a gioirne era
in prima fila Matteo insieme allo staff
quasi interamente italiano. Ecco cosa
ha detto, tra l’altro, il nostro allenatore:
«Tra viaggi e limitazioni legate al Covid,
di festa ne abbiamo fatta poca,
anzi quasi nulla per il momento. Ma
la soddisfazione è immensa: vincere
la coppa del mondo è il sogno di una
sciatrice ma anche di un tecnico. Significa
che sei stato forte non in una
giornata, ma in una stagione. Petra è
stata fantastica, fisicamente e mentalmente.
A febbraio, proprio in corrispondenza
dei Mondiali di Cortina, ha
avuto un calo, preventivato del resto,
ma è riuscita comunque a vincere l’argento
in combinata e in slalom e poi a
tornare su di condizione…».
Lattebusche Bio
L’azienda agricola Monte
Spina di Casamazzagno fa parte di
un gruppo di aziende entrate in Lattebusche
col progetto della produzione
La Conquista 9
Bio - latte di montagna, progetto innovativo
che sta dando tante soddisfazioni
alla cooperativa con sede a Cesiomaggiore.
Recentemente Giuseppe
Martini Barzolai, titolare della suddetta
azienda comeliana, è entrato meritatamente
a far parte del consiglio di amministrazione
di Lattebusche.
60 anni di matrimonio
Ilva Baldissarutti e Angelo
Rossetti hanno festeggiato sessant’anni
di matrimonio il 30 gennaio
2021.
Abitano a Milano, ma quando
sono a S. Stefano abitano in Piazzetta
Baldissarutti, 15. Si erano conosciuti a
S. Stefano: lui panettiere da Battaglia
e lei commessa nello stesso negozio.
A Milano hanno fatto pane e gestito
pasticceria per una vita. A loro volta
la figlia e il genero, dopo aver operato
nella scuola, continuano l’attività
di panificio e anche di ristorante, con
molti giovani dipendenti.
Ci rallegriamo con loro e li
salutiamo cordialmente da “La Conquista”.
La figlia Daniela con Franco
Formiga ci hanno scritto nel mese di
marzo per renderci partecipi della lieta
ricorrenza e accennano alla vita in
tempo di lockdown a Milano…
«Buongiorno don Paolino,
come sta? Noi bene al momento, tra
una zona arancione e rossa facciamo
del nostro meglio per stare attenti ad
evitare i contatti esterni per non incontrare
questo brutto virus. Lavoriamo e
usciamo solo per le ore permesse altrimenti
dobbiamo sottostare alla cassa
integrazione con tutti i limiti di orario
ed economici che prevede sia per noi
che per le persone che collaborano
alla nostra
attività.
Anche
i miei
genitori
con tanta
fatica
cercano
di stare
attenti, la
mamma
non esce
da cinque
mesi
e il papà
esce solo
per fare
un po’ di
spesa...
Non è facile
ma
ogni sforzo, se tutti metteranno in pratica
un po’ di buonsenso porterà i suoi
frutti perché se riusciranno a vaccinare
come dicono tutti entri giugno, sarà un
bel traguardo! I miei genitori hanno già
ricevuto la prima dose una settimana
fa verranno chiamati per la seconda
alla fine di marzo.
Speriamo che anche a Santo
Stefano per il bene di tutti, per lei
e la comunità, migliorino le condizioni
di salute e climatiche viste anche le
abbondanti nevicate, le rinnovo i nostri
più cari saluti. Speriamo di poter
venire presto in montagna nel nostro
adorato Santo Stefano, a presto».
25° di matrimonio, domenica 25 aprile,
per Giulia e Gianbattista De Mattia, con Aline, parenti e amici.
Daniela Pellizzaroli
Ospite per quasi dieci anni in
Casa di riposo a Longarone, è venuta
a mancare il 12 febbraio scorso. La ricordiamo
in tanti, a S. Stefano e non
solo, per gli anni trascorsi a servizio
della Biblioteca Comunale.
Così il direttore della struttura
di Longarone ha risposto ai ringraziamenti
dei familiari. «…Porgo il più sentito
cordoglio per la scomparsa della
Sig.ra Daniela che, davvero, ha rappresentato
una componente significativa
della nostra piccola “Comunità”.
Al di là dello stupore per quanto accaduto
così repentinamente, questa triste
notizia ha scosso tutti i dipendenti,
da molto tempo abituati al suo saluto
cortese e ai suoi modi oltremodo dolci
e delicati. È strano constatare come le
persone semplici entrino nella nostra
vita senza fare nulla di eccezionale, ma
semplicemente dedicandoti costante
attenzione, come ha sempre fatto la
Sig.ra Daniela nei confronti di tutti…».
Cento anni di Apollonia
Ospite a Costalissoio dal nipote
Ruggero e ora in Casa di soggiorno
a S. Stefano. Così si legge
sul “Corriere delle Alpi” (L.O. 26.04):
Nonna Apollonia Festini spegne cento
candeline. È la “nonna” del Centro per
anziani “Giovanni Paolo II” di S. Stefano
di Cadore. Apollonia Festini Brosa
di Casamazzagno ha festeggiato
il traguardo dei cent’anni con la torta
inviata dal nipote Ruggero, che si è anche
collegato con una video chiamata.
Non è stato possibile organizzare una
festa in presenza, ma l’auspicio è che
si possa farlo nel prossimo futuro, visto
il miglioramento della situazione
interna: praticamente sono tutti vaccinati
e non vi sono casi di positività al
Covid.
Apollonia è ancora lucidissima.
Ama raccontare le vicende di una
vita dura e con molti sacrifici, visto che
appena tredicenne andò a lavorare a
Roma in una lavanderia e poi a servizio
nelle case di persone abbienti. «All’inizio
lavoravo solo per il vitto e l’alloggio
senza nessuna paga», ricorda ancora.
Eppure, ha sempre mantenuto un atteggiamento
sereno e il suo sorriso rallegra
gli altri ospiti ed il personale della
struttura.
Locanda La Baita
Ha buone prospettive la locanda
La Baita, di proprietà della Regola
di Costalissoio, che da un anno
10
La Conquista
è gestita dai fratelli Michel e Ileana De
Bettin. La posizione panoramica sul
Comelico, con una strada di passaggio
turistico alle falde del monte Zovo,
invoglia molti a fermarsi a mezzogiorno
proprio nonostante la chiusura degli
impianti sciistici e il tempo di pandemia.
Masso sulla strada
Il 25 aprile, un sasso di notevoli
dimensioni è caduto sulla strada
che da Costalissoio conduce a Costalta.
Per fortuna nessun automobilista o
passante è rimasto coinvolto dalla caduta.
Sul posto sono arrivati i vigili del
fuoco di S. Stefano che hanno provveduto
a rimuovere il masso e a mettere
in sicurezza il versante soprastante la
strada.
Costalissoio
Come previsto dallo statuto,
l’amministrazione della Regola di Costalissoio
ha deliberato l’aggiornamento
dell’elenco dei Regolieri, residenti
anagraficamente e di fatto nel comune
di S. Stefano, dei domiciliati fuori comune
e degli ospiti in casa di riposo.
Ciclopedonali “Zanzotto”
Rientra anche S. Stefano di
Cadore tra i 12 percorsi ciclopedonali
sulle tracce della poesia di Andrea
Zanzotto e dei suoi luoghi. Le Pro Loco
e le Università degli anziani del Veneto
propongono un aspetto poco noto del
poeta, la sua passione per la bicicletta,
segnalando itinerari a piedi, in bici o a
cavallo tra le colline trevigiane, Valbelluna
e Comelico, Colli Euganei e Padova.
La Cooperativa
sociale Cadore
La performance dell’impresa
di comunità operante in Cadore è stata
sintetizzata così, in un intervento del
responsabile della progettazione Michele
Pellegrini, ad un incontro a Verona.
«Abbiamo ripercorso le varie
tappe della Cadore Scs, dalla sua
nascita allo sviluppo che l’ha portata
al raggiungimento dell’attuale forma
consolidata di impresa capace di offrire
al territorio annualmente centinaia
di opportunità di lavoro. Abbiamo approfondito
gli obiettivi dell’impresa di
comunità con un’attenzione
particolare
al rapporto con gli
enti pubblici. Abbiamo
inoltre portato
l’esempio concreto
di un’iniziativa che la
Cadore ha promosso
con convinzione in
questi ultimi anni: “il
sistema salva – gente”,
progetto sostenuto
da un partenariato
territoriale con
il fine di promuovere
misure a contrasto
della povertà…».
W lo sci di fondo
Durante questo strano inverno
caratterizzato purtroppo dalle restrizioni
del Covid un bel gruppetto di ragazzini
di S. Stefano e Campolongo non
si è dato per vinto e su idea di alcune
mamme è stato organizzato un corso
di sci da fondo che si è svolto sulle bellissime
piste di Padola.
Un grazie va alla maestra Katia
Comis la quale si è resa disponibile
all’insegnamento ed ai genitori che due
Coi pattini a rotelle alla conquista del paese.
Dopo la “scalata” al tetto del barco, gli otto allievi del
corso posano con la maestra sul pianoro di Padola.
volte la settimana si sono impegnati
nel trasporto dei ragazzi. Partecipi e
contenti, i piccoli
sciatori hanno potuto
sperimentare lo sci di
fondo, svolgendo un’
attivita’ all’aria aperta,
divertendosi e
stando in compagnia
con tutte le dovute
precauzioni.
Hanno partecipato
al corso
Alice, Beatrice, Etel
Mery, Nicole, Matteo,
Melissa, Filippo
e Alessandro, speriamo
quest’esperienza
si possa ripetere anche
il prossimo anno
magari nell’anello di
Gei a S. Stefano.
(Claudia De Candido
- 20/04/2021)
E-Bike per
gli Alpini
Le Brigate
Alpine Julia e Taurinense,
durante i mesi
di febbraio – marzo
2021, hanno sperimentato
le mountain
bike a pedalata assistita,
in versione tattica,
prodotte dall’azienda trevigiana
“Fantic”.
Le e-bike sono appositamente
costruite per un uso sui sentieri di
montagna accidentati, ripidi e soprattutto
nei periodi invernali su strade
innevate. La sperimentazione viene
effettuata per accertare le caratteristiche
e definire le possibilità d’impiego
intenso a fini tattici militari. (Guido Buzzo
- 27/03/2021)
La Conquista 11
Santi
del Comelico
La Madonna del gonfalone
Il gonfalone settecentesco
della pieve di S. Stefano è bifacciale e
reca da una parte l’immagine del Santo
patrono, e dall’altra un’immagine originale
di Maria col Bambino, maestosa
e materna insieme.
Maria è nell’atteggiamento di
mostrare il figlio. Non presenta nessun
segno regale, corona in testa o altro.
Brilla la sua semplicità.
Il piccolo Gesù è benedicente,
staccato dalla madre, non seduto sulle
ginocchia e neanche sostenuto dalle
braccia materne che solo lo sorreggono:
una mano sotto il piede e l’altra che
sfiora il braccio sinistro del Bambino.
Gesù è come seduto su un globo azzurro,
in qualità di creatore del mondo
e di re, ma senza insegne, al contrario
di altre immagini più comuni. (Si veda
ad esempio una tra le tante Madonne
suggestive di Regianini qui riportata:
il Bambino con una preziosa aureola è
seduto nel grembo della Madre, come
raggomitolato).
Nell’immagine del gonfalone
c’è come un distacco di Maria dal figlio,
in atto di mostrarlo senza tenerlo
per sé stretto alla madre. È il distacco
che prefigura quello che avverrà all’inizio
della missione di Gesù, quando
prenderà la sua strada, in autonomia
piena dai genitori e in obbedienza a un
altro Padre.
Se si vuole c’è anche una curiosità:
gli occhi di entrambi, di Maria
e del Bambino, da qualunque parte ci si
posizioni, da parte o di lato, guardano
direttamente le persone (almeno questa
è l’impressione), ed è uno sguardo che
rasserena.
Un prodigio mai registrato
Gonfalone processionale antico di S. Stefano.
(foto Zambelli)
che Gesù scese dal dipinto che si trovava
sulla facciata di una piccola chiesa
dedicata a S. Nicola per andare a giocare
con altri bambini nella piazza antistante.
Anche la Vergine a quel punto
andò in strada a proteggere il figlio e
riportarlo al sicuro.
L’incredibile storia fu raccontata
dai ragazzini ai genitori, ma l’episodio
sarebbe stato archiviato come
frutto della loro fantasia di bimbi se non
fosse rimasto un segno inconfondibile
della presenza divina: Novello, uno dei
tre piccoli che giocavano in piazza quel
giorno, prima muto e sordo, iniziò improvvisamente
a parlare. Un miracolo
al quale nei giorni seguenti seguirono
molti altri: una cinquantina “nel giro di
80 giorni”, come si legge nel sito internet
del santuario.
Arte religiosa e surrealismo
Il Museo Regianini a Costalissoio
apre quest’estate, come di consuetudine,
con l’esposizione temporanea
di nuove opere. Il tema di questa mostra
nella mostra è “Surrealismo e arte
sacra”. Nell’estate 2021 sono esposti,
oltre ai tre quadri che raffigurano la
Madre di Gesù (la Madonna del Comelico,
la Madonna del
Lago di Auronzo e Mater
Dulcissima) già esposti
nell’estate scorsa, tre
nuove opere: Il Cristo
delle nevi, il Cristo Salvatore
e il Cristo della
montagna.
Riportiamo una nota
di Guido Buzzo a proposito
dell’arte sacra di
Regianini… «L’esplicito
senso della trascendenza
del pittore surrealista
Regianini si ritrova nelle
sue numerose opere di
espressione religiosa. Il
“Surrealista delle Dolomiti”
così definito perché
sullo sfondo di molti suoi
dipinti ha raffigurato le
Dolomiti, nude rocce tormentate,
con gli antenati,
spettacolari, elevantesi
dritte al cielo come colonne
di un tempio consacrato
al grande Creatore.
La sottolineatura per
i numerosi Cristi, le Madonne,
le chiese, le abbazie,
le cattedrali dipinti. Alcuni prettamente
secondo i canoni del surrealismo
del pittore, come il Cristo della montagna
raffigurato in modo crudo, urlo.
I Cristi: L’imprevisto, L’uomo, Solitudine,
i volti di Cristo, le deposizioni. E
le Madonne, alcune: Mater Dulcissima,
Madonna del Comelico, Madonna del
Lago di Auronzo, Madonna della Gioia
di Casada».
Il bollettino di don Virginio riporta
una devozione particolare per un
prodigio mai sentito.
A Corbetta, una cittadina poco
fuori di Milano, la Madonna apparve
nel 1555. La storia è estremamente particolare
e vede insieme la Madonna e
il Bambino Gesù. Quel giorno accadde
Dipinto di Regianini:
Madonna col bambino.
12
La Conquista
A chi della Bibbia...
ne sa poco o niente
Daniele,
il quarto dei Profeti Maggiori
Nella Bibbia ebraica è messo
all’ultimo posto, ma nella nostra
cristiana ha un posto di tutto rilievo.
È l’unico vero testo apocalittico nella
variegata biblioteca nazionale di Israele.
L’apocalittica fa entrare in un
mondo surrealista che non è molto in
sintonia col modo ebraico di raccontare
le cose. È stato scritto in un periodo
di persecuzione, sotto il dominio
dei Seleucidi di Siria (200-
142 a.Cr.), verso il 160.
I racconti e le visioni
di Daniele offrono una soluzione
all’angoscia che regnava
nel mondo ebraico in quel
tempo di oppressione. Non si
vedono vie d’uscita in questo
mondo e perciò si cercano
speranze e soluzioni nel
mondo soprannaturale, nelle
rivelazioni divine: il termine
“apocalisse” significa appunto
“rivelazione”.
Daniele,
scritto surrealista
Daniele è il solo testo
apocalittico che trova posto
nella Bibbia ebraica. Non
poteva essere escluso dalla
biblioteca nazionale un libro
che testimoniava come si vive
la fede e la religione in un ambiente
ostile in cui gli ebrei
erano dispersi dall’oriente
(Mesopotamia, Media) all’occidente.
Dopo la ribellione
degli ebrei nel 66-70 d.Cr. e
nel 135 d.Cr. i rabbini hanno
deciso di eliminare quelle opere
sovversive che potevano
incitare alla ribellione armata.
Per questo motivo Daniele è
relegato all’ultimo posto tra
gli “scritti”, mentre le Bibbie
cristiane ne fanno uno dei profeti
maggiori, accanto e Isaia,
Geremia ed Ezechiele.
Inoltre, nei manoscritti della
Settanta (la Bibbia greca tradotta
dall’ebraico), che sono tutti di origine
cristiana, i dodici profeti minori precedono
i quattro maggiori in modo tale
che il libro di Daniele sia l’ultimo libro
dell’antico testamento, come una finestra
aperta sul nuovo.
L’apocalittica
Nella pala del battesimo di Gesù della pieve
di S. Stefano si vede Daniele nell’angolo in basso,
inginocchiato e attorniato da leoni ammansiti.
Ha lo sguardo rivolto verso l’alto, nella visione
del Figlio dell’Uomo che verrà, mentre,
sulla destra, si intravedono altri profeti
che sostengono l’attesa
e indicano il Messia salvatore.
Nei nostri paesi di montagna Daniele era invocato
come protettore degli animali domestici contro
l’assalto di animali selvatici, avendo passato
indenne in mezzo ai leoni. Viene anche invocato
a protezione contro il vento vorticoso (come ad
esempio a Costa e a Vigo di Cadore) e questo in
base al racconto dei tre giovani nella fornace che
furono salvati e protetti da una brezza leggera.
L’apocalittica è un genere letterario
particolare, che nasce in situazioni
quasi disperate. Non si può trovare
rifugio in un passato idealizzato
(come si fa nei libri delle Cronache) o
in un presente tutto dedicato allo studio
della Torà (la Legge) secondo l’ideale
dell’uomo saggio, che non segue
i discorsi vuoti degli uomini ma vive
solo della parola di Dio (Salmo 1).
Si cercano motivi di speranza
nel futuro più o meno vicino e in un
intervento che viene dall’aldilà, dal
Dio onnipotente. Si cercano di decifrare
segni provenienti dal cielo che permettano
di capire il senso di una storia
spietata e disumana. Nel futuro, si spera,
il corso degli eventi cambierà, gli
oppressori riceveranno il salario delle
loro azioni e gli oppressi conosceranno
tempi migliori.
Il “Figlio dell’Uomo”
Una visione di Daniele spicca
tra tutte le altre e conoscerà una
fortuna senza precedenti: la visione
del “Figlio dell’Uomo” che sarà citata
più volte da Gesù (presa in Dn
7,13). Questo è certamente uno dei
motivi principali per cui il libro di
Daniele precede immediatamente
il nuovo testamento nei manoscritti
dei Settanta.
Daniele in origine parla della
comunità dei santi (Dn 7,18), cioè
dell’Israele fedele al suo Dio. Poi
nella comunità fedele si intravede
Uno che riceverà una dignità regale
che dura in eterno.
Testo ebraico e testo greco
Nel testo ebraico masoretico
il libro di Daniele si divide in due
parti. Nella prima (Dn 1-6) l’eroe è
il solo Daniele (Dn 2, 4, 6), oppure
i suoi tre compagni (Dn 3) o ancora
Daniele con i tre compagni (Dn 1);
nella seconda (Dn 7-12) ci sono visioni
del solo Daniele.
Il testo che abbiamo ricevuto
in lingua greca esiste in due forme
(Settanta e Teodozione). Entrambe
attingono alcuni brani al testo ebraico:
la preghiera di Azaria e il cantico
dei tre giovani nel capitolo 3; la storia
di Susanna e gli episodi di Bel e
del drago alla fine del libro.
La Conquista 13
Il vaccino della Pasqua
Abbiamo vissuto veramente con
gioia i giorni della settimana a cavallo tra
marzo e aprile, quest’anno. E non solo
per il bel tempo. Dopo la Pasqua 2020,
vissuta nel lockdown, quella del 2021
si è potuta celebrare regolarmente nelle
nostre chiese, pur con qualche “taglio”
della liturgia, nel rispetto delle norme
anti contagio.
Nei venerdì di Quaresima si
è tenuta la Via Crucis in chiesa, grazie
ai ragazzi, a Bianca e a Cecilia. Nei primi
giorni della settimana santa, come
di consueto, ci sono stati i momenti
dedicati all’adorazione eucaristica e al
Sacramento della Riconciliazione con
l’assoluzione collettiva, che hanno preparato
veramente tante persone a vivere
con fede i giorni del Triduo e la gioia del
sepolcro vuoto.
Particolarmente intensa e
coinvolgente è stata la Veglia pasquale
celebrata la sera del sabato santo. Le
Comunità parrocchiali si sono riunite a
Santo Stefano per vivere tutte insieme,
con i simboli della Parola, della Luce e
dell’Acqua, il momento dell’attesa che
ha preceduto la prima messa solenne
della Risurrezione.
Davanti all’altare, i ceri delle
quattro Comunità hanno reso una
bella e simbolica testimonianza
di come le nostre Comunità cristiane,
ciascuna con la propria
specificità, abbiano più che mai
bisogno di camminare insieme
attraverso il tempo che ci è dato.
E non solo in ambito strettamente
religioso!
La celebrazione della solenne
Veglia è stata animata anche
quest’anno dalle voci del coro
parrocchiale di Campolongo, diretto
dal Maestro Andrea Musio.
Se un anno fa’, a Pasqua, le nostre
chiese sono rimaste chiuse,
quest’anno si sono dunque trasformate
in tanti “hub” vaccinali
dell’anima, che hanno saputo
mettere in pratica, e bene, le parole
pronunciate da Papa Francesco in
Iraq il 6 marzo: «Sappiamo quanto sia
facile essere contagiati dal virus dello
scoraggiamento che a volte sembra diffondersi
intorno a noi. Eppure il Signore
ci ha dato un vaccino efficace contro questo
brutto virus: è la speranza. La speranza
che nasce dalla preghiera perseverante
e dalla fedeltà quotidiana al nostro
apostolato. Con questo vaccino possiamo
andare avanti con energia sempre nuova,
per condividere la gioia del Vangelo,
come discepoli missionari e segni viventi
della presenza del Regno di Dio, Regno
di santità, di giustizia e di pace».
E nell’”hub” di Santo Stefano,
sono state le parole pronunciate da don
Paolino a inoculare la dose di speranza ai
parrocchiani:
«… le donne vanno alla tomba per imbalsamare
un morto… che invece è vivo. Si
fanno problemi per la grossa pietra da
spostare… che invece è già rovesciata!
La pietra del sepolcro è simile alla preoccupazione
che grava sulla nostra vita di
fede. È la crisi (pandemica e non solo!)
che stiamo vivendo.
Come se ne uscirà?
È la prova della nostra fede, in
questi tempi. Sono tutte pietre rese ancora
più grandi dalla paura che in fondo abbiamo.
E se la pietra fosse già tolta?
E la via già liberata?
Dalla tomba aperta esce una
voce: Non abbiate paura!».
14
La Conquista
Giorni dello Spirito:
una Comunità in cammino
Anche la Parrocchia di Campolongo,
su invito del nostro Vescovo
ha indetto un incontro spirituale, per
iniziare il cammino quaresimale che ci
ha portati alla celebrazione della Santa
Pasqua.
Il cammino dello Spirito e di comunità,
questo il tema di fondo, vuole innanzitutto
stare in mezzo alle persone: quanto
il coronavirus ha cambiato le nostre abitudini
e il nostro modo di vivere?!
Tre momenti, tre giorni di condivisione,
ascolto e riflessione, a cui il
Vescovo Renato ha voluto essere virtualmente
presente registrando un video.
In una chiesa piccola ma accogliente, la
prima cosa che si è notata, entrando, è
stata l’immagine del mio paesello ripreso
dall’alto. Poco alla volta sono arrivati
gli interlocutori che hanno avuto modo
di portare le loro esperienze all’attenzione
dei presenti.
Dopo il lungo periodo di chiusura
forzata diventa assai difficile avere
un dialogo con gli altri e questo è ciò
che è mancato di più nelle nostre piccole
comunità, dove tutti si conoscono. Il
calore di un abbraccio, qualche parola
scambiata mentre si va a fare la spesa, il
sorriso portato a casa degli anziani che
per motivi di età, non se la sentono più
di uscire.
L’incontro di questa serata vissuta
a Campolongo voleva essere uno
sprone per trovare coraggio e fiducia
nel proseguire il cammino, nuovi passi
verso una fraternità che risorge dopo un
periodo tra i più neri della storia umana.
Nell’intervista trasmessa attraverso
il canale Youtube, con il medico
Spiridione Della Lucia abbiamo potuto
comprendere quanto questo virus abbia
cambiato le stesse persone che vivono
ogni giorno negli ospedali e si prendono
cura degli ammalati. Un anno di fatica,
di buio, di stress emotivo con turni massacranti,
una rivoluzione professionale
con totale dedizione alle tante persone,
giovani e meno giovani, le quali hanno
sofferto tantissimo e purtroppo parecchie
non sono riuscite a ritornare dai
propri cari. Ma il forte messaggio di
questo uomo, prima ancora che medico,
è che “la vita è un dono e vale la pena viverla,
anche fosse solo per un giorno!”.
Ecco la grande verità… Abbiamo
bisogno gli uni degli altri, ma per
dare bisogna essere, quindi dobbiamo
prenderci cura di noi stessi e aver a cuore
tutto quello che ci circonda, perché
sono doni che Dio ci ha dato e abbiamo
il dovere morale di esserne i custodi. La
pandemia non deve toglierci la speranza
di percorrere nuove vie, con responsabilità
verso il mondo.
Dobbiamo avere la capacità di
rinascere, un po’ come le stagioni per
la natura: dopo il signor inverno con abbondanti
nevicate, ecco la dolce primavera
che fa capolino con le prime gemme
sugli alberi!
Non manca la nota dolente ….
Ascoltare canzoni in mp4 non è stato
proprio un granché, le voci avrebbero
sicuramente avuto più effetto nell’accogliere
quanti hanno partecipato all’incontro,
riscaldandone l’atmosfera.
“…. E non esiste un altro giorno
che sia uguale a ieri. Tu allora vivilo
adesso, come se fosse l’ultimo… E dai
valore ad ogni singolo attimo. Il tempo ti
cambia fuori, l’amore ti cambia dentro”.
Buon cammino a tutti!
Cecilia Quattrer
Foto Zambelli
Domenica 2 maggio 2021.
Rebecca De Bernardin,
Andrea Da Corte Vecchino, Samuel
Casanova Borca, Anna Marta,
Andrea Pomarè, Manuel Iorio,
Sofia Bellini e Sara Quattrer
in posa davanti all’altar maggiore
con il Vescovo Renato, don Paolino
e la catechista Bianca
per la foto ricordo nel giorno
della loro Cresima.
2 maggio:
la Cresima dei nostri ragazzi
Il Vescovo Renato ha visitato
la nostra Comunità il 2 maggio scorso,
in occasione della Cresima degli otto ragazzi
di terza media di Campolongo.
Nonostante l’inclemenza del
tempo, si sono avvertiti ugualmente tutto
il calore e l’intensità di questa festa,
iniziata in sala parrocchiale con l’incontro
dei cresimandi con mons. Renato,
che si è intrattenuto con loro per circa
una mezz’ora, prima di accompagnarli
personalmente attorno all’altare del Signore.
Toccanti, e pronunciate non
senza una punta di commozione dalla
catechista Bianca, le parole di saluto e
presentazione dei ragazzi al Vescovo:
«Carissimo Vescovo Renato, cari genitori,
padrini e madrine, familiari e amici di
questi 8 ragazzi che siete qui a rappresentare,
l’abbraccio e l’appoggio della
intera Comunità di Campolongo.
Renato, è una grande gioia
averti qui tra noi per la celebrazione del
Sacramento della Confermazione di questi
ragazzi. Hai davanti a te otto giovani
di questa Comunità cristiana: sono Manuel,
Andrea, Rebecca, Samuel, Sofia,
Andrea, Anna e Sara.
E’ stato un percorso stupendo,
quello che come catechista ho percorso
assieme a loro per sette anni; non sono
mancati momenti di difficoltà o di stanchezza,
ma questi sono stati via via superati
assieme. Grazie ragazzi perché mi
avete dato tanto!
Questi giovani sono persone
uniche, ognuno con talenti differenti,
La Conquista 15
Il Vescovo Renato ascolta con attenzione le parole di saluto e presentazione dei
ragazzi rivoltegli dalla catechista Bianca all’inizio della celebrazione eucaristica.
preziose. Oggi sono oramai ragazzi,
adolescenti, con l’insicurezza, la spavalderia,
la timidezza, la forte ricerca
dell’amicizia, la tenerezza, il desiderio di
autonomia e anche la non accettazione di
stare diventando grandi, evitando impegni
in prima persona... Tutto fa parte del
momento che stanno vivendo.
Il nostro percorso di preparazione
alla Cresima è stato dettato da un
momento storico particolare, che ha causato
l’interruzione dei nostri incontri, per
poi ritrovarci con gioia ed entusiasmo a
febbraio. In questo periodo, in modo particolare,
abbiamo creduto che conoscere
Gesù, che essere suoi testimoni, sia il miglior
percorso di vita che possiamo augurarci
di fare, perché in Lui abbiamo visto
un vero modello unico di vita felice: non
sarebbe bello essere delle fotocopie!
Ringrazio il Signore per i passi
fatti assieme, per i bei momenti condivisi
in canonica, con don Maurizio, in salotto,
al caldo quando eravamo ai nostri
primi passi, per poi scendere nella stanza
al piano terra quando, più grandi,
qualche volta a fine incontro facevamo
le nostre partite allo strano gioco con la
palla, ho ancora mal di schiena al solo
pensiero...senza che mai il don venisse
a vedere il perché di tutta quella confusione!!
Ringrazio il Signore per tutto, per
don Paolino che ci dato preziosi momenti
di catechesi in queste settimane di preparazione
alla Cresima.
Preghiamo perché ciascuno di
voi ragazzi, che è prezioso agli occhi del
Signore, possa sempre camminare alla
sua luce; già, perché il cammino continua!
Caro Vescovo Renato, ora affidiamo
alle tue mani di Padre questi
ragazzi, perché lo Spirito possa davvero
scendere ed entrare in loro e vivificarli,
facendoli diventare portatori di amore,
gioia, pace, pazienza, benevolenza, dominio
di sé, bontà, mitezza, fedeltà».
Al termine della celebrazione,
animata e resa solenne dai canti del coro
parrocchiale, presente tutte le domeniche
e non solo nelle “grandi occasioni,
sono state le parole di don Paolino e del
Vescovo, indirizzate ai ragazzi, alle famiglie
ed alla Comunità tutta, a trasmettere
coraggio e speranza per andare avanti
cristianamente nel tempo che ci è dato.
Foto Zambelli
Foto Zambelli
16 maggio:
la prima Comunione
dei nostri bambini
Sette i bambini di terza elementare
che hanno ricevuto Gesù Eucarestia
per la prima volta la mattina di domenica
16 maggio, nella solennità dell’Ascensione
del Signore al cielo.
Per loro, il percorso di preparazione
al Sacramento, curato da don
Paolino con l’aiuto di Maria Grazia, si è
svolto ogni martedì, a partire dal febbraio
scorso, con il catechismo e la partecipazione
alla S. Messa feriale.
È sembrato davvero un miracolo,
dopo una settimana all’insegna del
brutto tempo e del freddo, lo splendere
del sole ed il cielo azzurro che hanno
fatto da cornice al corteo dei bimbi che
dalla sala parrocchiale, accompagnati
attraverso la piazza dalla croce, dal parroco
e dal suono a distesa delle campane,
hanno fatto il loro ingresso solenne in
chiesa, dove li attendevano i genitori e
gli altri famigliari assieme alla Comunità
parrocchiale in festa con loro.
All’inizio della Messa, al momento
della preghiera dei fedeli e prima
della benedizione finale, i bambini si
sono avvicendati attorno all’altare per
elevare a Dio le preghiere scritte da loro
stessi, mentre all’offertorio hanno portato
alla mensa l’acqua, il vino e il pane
necessari per la celebrazione eucaristica.
La festa in chiesa si è conclusa
con la foto a ricordo di questa tappa così
importante nel loro cammino di fede.
Da sx: Martina Del Fabbro, Giada De Zolt, Alessandra Iervasi, Filippo Fabbris,
Emma Grandelis, Maurilio De Zolt Lisabetta e Raul Bido
con don Paolino e Maria Grazia nel giorno della loro Prima Comunione.
16
La Conquista
Chiesa di S. Giacomo:
un inverno eccezzionale
(...e da dimenticare!)
Non è assolutamente inappropriato
affermare che l’inverno scorso
“ha lasciato il segno”, e non solo per
la quantità di neve caduta. È così senza
dubbio, e i “segni” sono evidenti anche
sulla chiesa parrocchiale.
Avevamo completato solo l’estate
scorsa la ricostruzione ed il consolidamento
dei cornicioni perimetrali
della chiesa seguendo necessariamente
le prescrizioni della Soprintendenza alle
Belle Arti di Venezia. Queste direttive
impongono sempre il recupero e consolidamento
dell’esistente anche quando,
come in questo caso, materiali e metodi
moderni avrebbero potuto risolvere
il problema di cedimenti di calcinacci a
tutto vantaggio della sicurezza, oltre che
evitare rilevanti danni economici.
L’inverno eccezionale 2020
-2021 ha subito evidenziato la fragilità
del metodo antico di formare i cornicioni
perimetrali, sagomati con intonaco di
calce applicato ai sottostanti listelli di legno.
Sì è così ripetuto nuovamente quanto
già accaduto in passato in circostanze
analoghe.
Riporto qui un libero estratto
della relazione tecnica redatta per la
Compagnia Assicuratrice dall’arch. Daniela
Zambelli, che ben conosce l’edificio
in tutte le sue componenti, costruttive
ed architettoniche, essendo stata la
progettista e direttore dei lavori qui eseguiti
negli ultimi anni.
«Le copiose nevicate, intercalate
da forti piogge e successive gelate, hanno
provocato uno straordinario accumulo
di neve, con scivolamento di carichi pesanti
su tutto il perimetro della copertura
della chiesa. La neve ha così gravato sia
sull’estremità della falda che sulle grondaie,
piegandole fino a comprimere la
sottostante struttura lignea della cornice.
Il ghiaccio ha poi occluso le
grondaie impedendo il normale deflusso
dell’acqua nei pluviali che ha tracimato,
a partire dai primi disgeli di gennaio nel
lato sud e proseguiti fino ad aprile nel
lato nord. Tale blocco ha provocato l’infiltrazione
dell’acqua, riscontrata in più
punti del cornicione, che ha impregnato
i listelli di abete del telaio e l’intonaco
coprente in malta di calce causando così
distacchi di lunghi tratti del cornicione
perimetrale.
I danni rilevati a seguito di questi eventi
sono stati denunciati e consistono in danni
diffusi in più punti sulle grondaie, sui
cornicioni perimetrali e lungo la facciata
sottostante.
Per ripristinare, le grondaie
dovranno essere rialzate al livello originario
e riparate in più punti ed anche
parzialmente smontate per permettere il
successivo rifacimento del cornicione e il
restauro lungo alcuni punti della facciata.
Il tutto da eseguire in conformità alle
prescrizioni della Soprintendenza di Venezia
competente su questo edificio».
Anche dal campanile sono nuovamente
caduti blocchi di ghiaccio sulla
falda innevata ed alcuni sono addirittura
rimbalzati nelle strade sottostanti con
grave pericolo per i passanti. E ciò è
avvenuto malgrado avessimo cercato di
aumentare la protezione applicando dei
paravalanghe completi di fermaghiaccio
anche sulla copertura del tettuccio
perimetrale sopra la cella campanaria.
Soprattutto per aumentare la sicurezza
generale, siamo in attesa di suggerimenti
tecnici (compatibili con le limitazioni
architettoniche imposte dalla Soprintendenza)
per intervenire anche qui.
A causa delle punte di gelo di
gennaio, si è nuovamente rotto il contatore
dell’acqua nonché il tubo della
rete idrica passante sotto la muratura di
fondazione. Ho presentato istanza al Gestore
affinché riveda la tariffa applicata
agli edifici di culto che, dal 2018, obbliga
l’installazione del contatore. Questo
semplicemente perché il costo delle
rotture, dei contatori e della connessa
manodopera hanno costi spropositati
se rapportati ai prelievi d’acqua che avvengono
in chiesa: 7 mc in 484 giorni di
misurazione del contatore. E va rilevato
come rotture non si siano mai verificate
nei precedenti 15 anni di utenza Bim-
Gsp!
Per lo sgombero della neve accumulata
a ridosso della chiesa, sono intervenute
squadre dei VV.FF. e della Protezione
Civile, oltre ad alcune ditte locali in soccorso
della struttura Comunale. A parte
alcuni graffi esterni sull’intonaco nuovo
delle pareti perimetrali, con la neve, è
andata a finire nel Piave anche una delle
pesanti fioriere in pietra. Il suo recupero
non è semplice, in quanto essa si trova,
capovolta e semisepolta dai detriti, proprio
nel punto del letto dove il livello
dell’acqua del fiume continua a restare
alto e la corrente piuttosto forte a causa
del disgelo e delle piogge di questa lunga
coda invernale. Speriamo di poterla
recuperare con l’aiuto di qualche nostra
impresa attrezzata e dei preziosi volontari
che non fanno mai mancare la loro
collaborazione.
Renzi Pontil
La Conquista 17
I versi di Cecilia Quattrer
nella Collana Logos
Il nono volume della collana poetica
“Logos”, uscito negli scorsi mesi,
porta la firma anche di Cecilia Quattrer di
Campolongo che, grazie ad una carissima
amica, ha preso la penna in mano ed ora
mette “nero su bianco” ciò che le detta il
cuore.
Per questa sua prima esperienza
editoriale la cinquantenne del Comelico
ha scelto dodici poesie, che invitano a riflettere
su profonde tematiche, occasioni
per esprimere e cogliere sensazioni e significative
immagini: la poesia, la figura
materna, l’attesa davanti al suggestivo
panorama primaverile, i legami interpersonali,
le ferite aperte nella natura, con
chiaro riferimento a Vaia, la malinconia, i
ricordi. Tra i testi poetici colpisce la fede
contenuta in «Preghiera», caratterizzata
da una richiesta d’aiuto rivolta alla Madre
di Gesù, in questa notte buia e silenziosa.
Le pagine dedicate alle liriche composte
da Cecilia Quattrer si chiudono con il saluto
al “maestro”. Nella poesia non viene
citato alcun nome, ma è chiaramente intuibile
come la decina di versi sia rivolta ad
Adriano De Zolt, direttore del Coro Peralba
e pilastro portante della parrocchia di
Campolongo, scomparso nel 2018.
Le parole e il linguaggio cui fa ricorso,
nelle proprie poesie, l’autrice sono
semplici e proprio per questo colpiscono
il lettore, accompagnandolo in contesti
emotivamente ricchi di significato. I “quadri”
scorrono davanti agli occhi, dando la
sensazione di esserne parte integrante e di
partecipare alle emozioni di chi ha trasferito
i pensieri dal proprio cuore al bianco
foglio, dandogli anima e profondi valori.
Assieme agli altri sette coautori (Diego
Cinardi, Rodolfo Fiorini, Adriana Galli,
Cecilia Marinelli, Domiziana Michetti,
Andrea Muraro, Liliana Paisa), Cecilia
Ciao, maestro!
Quattrer, che si sta preparando alla sua
seconda esperienza, il cui volume sarà disponibile
dal prossimo giugno, sceglie di
immergersi nel mare delle emozioni e nei
profondi abissi dell’io, dove si nascondono
preziosi tesori, ora riportati alla luce
nelle 125 pagine complessive, uscite per
la casa editrice Dantebus.
(YT - Amico del Popolo dell’8 aprile 2021)
Hai levato le ancore, spiegato le vele,
atteso quel leggero soffio di vento…
Lassù la stella polare… te ne sei andato, hai ripreso quel viaggio verso l’infinito.
Non un saluto… una parola… nel più assoluto silenzio.
… Ma ritornerà a splendere il sole un giorno, ricominceremo da dove hai lasciato…
Quando ci incontreremo nuovamente, sarà festa e tu,
ancora una volta ci darai… “la nota”.
Chi conosce Cristina Marta
sa bene come le sue mani siano sempre
state particolarmente abili anche nel confezionare
fiori con la carta crespa. Per la
processione della Madonna della Salute,
il suo “settore di competenza” negli
addobbi, in via Mazzini, riscuoteva ogni
anno notevole ammirazione.
In casa di riposo a S. Stefano,
quest’anno, la sua attività di fiorista non
si è affatto fermata. Tutt’altro! Cristina,
libera dai “vincoli di contrada”, ha deciso
di mettere la sua abilità a disposizione di
tutto Campolongo perché la nostra cara
Madonna sia onorata a dovere nel giorno
del suo passaggio tra le famiglie del paese.
Tramite l’operatrice Sonia Bettini,
via whatsapp, la richiesta di carta per
il confezionamento dei fiori si è diffusa
tra le contrade di Campolongo, e… il prodotto
finito non si è fatto attendere! Dai
fogli multicolori, anticipando di gran lunga
la primavera, hanno preso forma come
d’incanto scarpette della Madonna, stelle
alpine e genzianelle: i fiori della nostra
montagna.
Anche dalle colonne del nostro
giornale parrocchiale giungano a Cristina
il ringraziamento ed i complimenti
per la bella iniziativa che dimostra tutto
l’attaccamento verso la sua comunità
d’origine e la devozione che nutre per la
Madonna.
Visibilmente soddisfatta,
Cristina non si sottrae
all’obiettivo di Sonia,
tenendo in bella mostra
alcune sue composizioni floreali,
così ben fatte da sembrare
create con fiori veri!
18
La Conquista
Opere
pubbliche
Con il disgelo primaverile è arrivato
anche il “risveglio” dei cantieri che
interessano il Piave e il Frison. I lavori,
che rientrano nel piano di interventi per la
messa in sicurezza degli argini adottato dal
Commissario Delegato all’indomani del
passaggio della tempesta VAIA dell’autunno
2018, sono eseguiti dalla Ditta Zambelli
Olivo s.r.l. di Comelico Superiore e
seguiti dagli Studi FMP e DBA di Santo
Stefano di Cadore.
A destra, il cantiere
nel letto del Frison,
subito a monte
del cosiddetto “ponte
della vergogna”,
dove i massi ciclopici
sono stati posati
a formare la base
su cui andrà a poggiare
la nuova arginatura
di sponda.
La scogliera
realizzata ad arte
in sinistra orografica
del Piave all’altezza
della centrale ENEL
di Località Mas.
I lavori proseguono
ora lungo
la sponda destra
del fiume,
sotto alle abitazioni
della
Borgata Cunettone.
Nella foto a sinistra,
la posa dei cavi
con la fibra ottica
lungo via Ambrosiana.
Novità anche in paese, dove è sbarcata la fibra ottica. Nel mese di maggio infatti,
attraverso la piazza e alcune vie, sono stati posati i cavi e realizzati i pozzetti che
permetteranno il collegamento con la banda ultralarga. Pare però che da qui fino a poter
finalmente sbarcare in rete con la connessione veloce, ci vorrà ancora del tempo...
Noi, intanto, attendiamo fiduciosi!
DON MAURIZIO
RIPOSA IN PACE
Anche ai 1400 metri di quota
di Danta la neve è scomparsa del tutto,
e così, a quattro mesi di distanza, le spoglie
di don Maurizio hanno potuto finalmente
essere deposte sottoterra, come
desiderava lui. La casualità ha voluto
che il corpo fosse sepolto nella stessa
tomba che per tanti anni ha ospitato il
papà Luigi.
La traslazione è avvenuta il 13
maggio scorso, proprio nel giorno in
cui si festeggia la Madonna di Fatima,
a lui tanto cara, che don Maurizio aveva
molto desiderato di omaggiare con un
pellegrinaggio al santuario portoghese,
reso purtroppo impossibile dall’avanzare
della malattia.
Note di servizio
La Parrocchia di Campolongo
ringrazia i suoi benefattori
e fa presente che è possibile fare
un’offerta per il Bollettino o per i
lavori della chiesa parrocchiale
tramite i collaboratori oppure anche
a mezzo bonifico sul C/C bancario
avente codice IBAN:
IT27N0306909606100000146388
Per i contributi in materiale
fotografico, la redazione ringrazia
FOTO ZAMBELLI - Candide, O. F.
ADOLOMITICA, O.F. DE MARTIN,
Pro Loco Sastèfi, Studio Tecnico
FMP, Sonia Bettini, Lucina Casanova
Borca, Claudia De Candido,
Valeria De Zolt, Sonia Luce, Silvia
Menia Cadore, Laura Pagnin,
Vanessa Piovesan, Carlo Pomarè,
Renzo Pomarè Chinchirini, Renzi
Pontil, Stefano Vietina.
La Conquista 19
Ai nuovi gestori giungano anche
da queste colonne gli auguri di buon lavoro
all’interno della nostra Comunità.
BAR 2000
Sono Giulia, Maria e Roberto i
nuovi gestori del Bar 2000: l’avventura
è iniziata il 1° giugno.
La famiglia, proveniente da
Lugo di Ravenna, qualche tempo fa’ ha
deciso di lasciare la Romagna per trasferirsi
in Comelico. Qui ha comprato casa
e ha preso in mano le redini del bar di via
Nazionale a Campolongo.
Giulia, Maria
e Roberto sorridenti
e pieni di entusiasmo
dietro al bancone
del Bar 2000
nel loro primo giorno
a Campolongo.
Felice 60°
anniversario!
L’invidiabile traguardo
delle nozze di diamante
è stato raggiunto
l’11 marzo scorso da
Carolina De Bernardin
e
Alberto De Zolt
Ai sentimenti di gioia e augurio
delle figlie, dei nipoti,
del pronipote Alberto
e di tutti i familiari,
si aggiungono anche
quelli della Comunità!
A fine maggio, come ogni anno,
ha avuto luogo l’abbellimento del paese
con la posa dei fiori nelle aiuole dei giardini
pubblici e nelle fioriere che decorano
la piazza del paese.
La materia prima è stata fornita
dal Comune, mentre del “pollice verde”
si è occupata la Pro Loco Cianplongo
con alcune volontarie che si sono subito
rimboccate le maniche per mettere a dimora
i gerani e le begoniette che hanno
tinto il paese di rosso.
Da Milano
ci arrivano
i saluti di
Sara De Zolt,
che vediamo
in posa con i
pronipoti
Francesco,
Davide e Giulia
freschi di prima
Comunione
e Cresima.
Sara ha tanta
nostalgia di
Campolongo,
ma i 98 si fanno
sentire tutti,
e difficilmente
potrà passare
l’estate quassù
con noi
quest’anno.
20
La Conquista
Cordoglio per Annalisa De Bernardin
È stato un male incurabile, in pochi
mesi, a portare via ai suoi cari Annalisa
De Bernardin, il 19 marzo scorso, a 59
anni. Giornalista e scrittrice, ma anche
frescante allieva di Vico Calabrò, dopo
gli studi superiori si era spostata a Milano
per laurearsi in Scienze Politiche.
Dopo la laurea, aveva deciso di trasferirsi
a Padova per andare a lavorare alla
casa editrice Cedam, iniziando contemporaneamente
una lunga collaborazione
con Il Gazzettino, allora diretto da Giorgio
Lago.
Proprio della redazione padovana
de Il Gazzettino conobbe il marito
Stefano Vietina, anche lui giornalista
e scrittore, che sposò nel 1990. Anche
per avere la possibilità di seguire i figli,
Arianna e Francesco, Annalisa aveva
deciso di inventarsi una professione,
quella della “ghost writer”, di scrittrice
fantasma. È stata lei infatti, senza mai
apparire in prima persona, a curare le
biografie di molti fra i più importanti
imprenditori del Nordest. «Certo – diceva
– si può avere soddisfazione anche
a scrivere libri per altri; a non vedere la
propria firma sulla copertina di un volume
a cui si è dedicato tanto tempo. Il mio
è un lavoro stimolante, creativo, che mi
mette a contatto con tante persone interessanti
e tanti ambienti diversi».
A Campolongo tornava sempre
spesso e volentieri, assieme alla famiglia,
per alcuni periodi di vacanza ma anche
in occasione di eventi culturali o semplicemente
per respirare l’aria di casa sua,
che era la montagna. E proprio con il
pensiero rivolto alla montagna, il noto
giornalista Francesco Jori ha voluto dipingere
il suo ricordo della nostra compaesana,
nel giorno del funerale, che il
nostro Bollettino è onorato di pubblicare,
nella consapevolezza di come esso riesca
a interpretare alla perfezione i sentimenti
di affetto e vicinanza da parte di ciascuno
di noi.
“Solida come la roccia,
cangiante come la dolomia”
di Francesco Jori
S.T.T.L., Sit Tibi Terra Levis:
ti sia leggera la terra, era l’epigrafe che
gli antichi romani incidevano sulle tombe
delle persone care che se ne andavano.
E’ davvero leggera la terra che oggi
avvolge Annalisa, perché da quella lei
proviene ed a quella è tornata: uno spazio
che in tedesco viene chiamato “heimat”,
intraducibile in italiano con una
sola parola, in cui si mescolano i valori di
fondo dell’essere, le relazioni, il sangue
dei luoghi e la loro anima profonda, la
fede nella vita. Lei che ha scelto di spendere
la sua esistenza in pianura, è rimasta
fino all’ultimo figlia di quella montagna
in cui era nata, e di cui aveva assorbito la
natura stessa: solida come la roccia, cangiante
come la dolomia, morbida come
la tavolozza dell’enrosadira tra il rosa
e il viola, incardinata nello spirito delle
terre alte. Ci sono vite leggere come una
piuma e vite pesanti come una montagna,
suggerisce un antico detto indiano.
Annalisa ha saputo fare della sua vita una
sintesi di entrambe.
Negli affetti come nel lavoro,
nella testimonianza quotidiana come
nell’impegno civico, si è spesa senza riserve,
perché credeva fermamente nel
tempo pieno dell’esistenza: all’”io” aveva
sostituito il “noi”, con la gratuità totale
di chi ha scelto di stare dalla parte della
comunità, restituendo ad essa i doni che
ha ricevuto. Che in lei erano tanti, e di
spessore: il suo personale bilancio l’ha
chiuso con un saldo largamente in attivo.
Ma non se ne è mai fatta un vanto:
il suo stile di vita era improntato a uno
straordinario mix di modestia e di orgoglio.
Non si è mai sottratta alle battaglie,
a partire dalle più scomode, portando
fino in fondo la sua bandiera anche se
sdrucita dalle sconfitte: aveva fatto sua
la lezione di Steinbeck, sono gli uominigregge
che vincono le battaglie, ma sono
gli uomini liberi che vincono le guerre.
Lei, la sua l’ha vinta davvero.
Ha svolto al meglio la sua professione,
intrecciando il suo vissuto con
quello di tanti altri, in una serie di libri
ricchi d’anima, in cui faceva parlare personaggi
diversi: stando dietro le quinte,
spiegava con convinta soddisfazione che
ogni storia è unica, è una scintilla nell’infinito
che si può far brillare per sempre.
Attraverso la narrazione degli altri, ha
finito così per narrare la storia più bella,
la sua personale, facendone una scintilla
d’infinito. Oggi che la profondità del
suo sguardo si è spenta, e il mare dei suoi
occhi si è prosciugato, vediamo la sua
esistenza come un luminoso arcobaleno
gettato tra le sponde della vita, quella che
ci è stata data e quella che ci è stata tolta:
quella tavolozza di colori rimane nel nostro
cielo interiore. Perché proprio nel
momento della morte ha saputo e voluto
mandarci un potente messaggio di vita:
fino all’ultimo, privata di quella parola
che così bene sapeva trattare, pur inchiodata
su un letto di silenzio, ha continuato
a comunicare con chi le stava a fianco
con la stretta di mano, con la gentilezza
del sorriso, con la voce del cuore.
Certo, in chi rimane non può
non fermentare in questi momenti la
rabbia per un destino così ingiusto, che
l’ha sottratta a chi le voleva bene, ma soprattutto
l’ha espropriata della gioia di
vivere. Ma proprio perché le dobbiamo
tanto, spetta a noi imparare la sostanza
del messaggio che ci lascia: la vita è un
laboratorio continuo fatto di prove ed
errori, in cui però il bilancio dell’esistere
prevale sempre su quello del morire,
grazie al contributo che ciascuno di noi
porta. Il suo è stato davvero grande e generoso:
col tempo, capiremo che di una
persona che ci lascia non dobbiamo rimpiangere
quello che di lei perdiamo, ma
apprezzare, valutare, tenere vivo quello
che ci lascia in termini di valori, sentimenti,
testimonianza; e la sua è davvero
una ricca eredità, che abbiamo il dovere
di non disperdere. La vita è un viaggio
da fare a piedi, scriveva Chatwin: lei, cui
camminare piaceva immensamente, l’ha
percorsa in prima persona fino in fondo,
e ha tracciato la strada.
Adesso la ricordiamo con le
lacrime, domani toccherà al sorriso:
quando capiremo che in realtà non se n’è
andata. Diceva il mahatma Gandhi che
l’uomo è dov’è il suo cuore, non il suo
corpo. Oggi seppelliamo solo il corpo di
Annalisa. Lei, sappiamo dov’è.
La Conquista 21
Scrittrice, ma anche mamma e sposa
[...] Non avremmo mai pensato che un giorno ti sarebbe potuto accadere qualcosa di così feroce e inspiegabile. Sei sempre
stata la più forte e capace in ogni situazione in cui ti sei trovata, compresa questa. E noi ti abbiamo sempre ammirata ed amata
per questo. Quando ci siamo resi conto di cosa ti stava succedendo, piano piano hai permesso che ti aiutassimo e sei riuscita
a trasformare anche questo in un insegnamento. Ci hai fatto tirare fuori una forza che non credevamo di avere e sei riuscita
a trasformare persino la tua malattia in un dono, così come ci avevi già donato tutta la tua vita. Ci hai insegnato tutto ciò che
sapevi, ci hai dato più di quanto fosse umanamente possibile e anche adesso, separandoci, ancora ci dai e darai negli anni
a venire. [...] Perché sarai in ogni tazza di caffè e in ogni soffio di vento, specialmente in primavera. Sarai sempre in ogni
“Buongiorno” e in ogni “Grazie” che diremo, sarai in ogni sorriso che rivolgeremo ad amici ed estranei. Sarai nel suono di
una tastiera che ticchetta, nell’avviso della prossima fermata alla stazione, in ogni foglia che prende il volo separandosi dal
suo albero, e noi ti porteremo in viaggio sulle nostre spalle. Ogni volta che guarderemo la luna ti immagineremo sorridente
camminarci sopra, finalmente realizzando il sogno che custodivi nel cuore. E sarai nella forza che ogni giorno ci spingerà a
realizzare i nostri sogni. È la forza che ci hai dato tu. (Arianna)
[...] La tua silenziosa capacità di voler bene, di avere cura dell’altro, di aiutarlo e di metterlo sempre davanti a te, ma
di farlo senza rumore, senza protagonismo, è uno dei più grandi valori che ci lasci. [...] Così come anche l’essere “mamma” non
possessiva, ma pronta a calpestarsi, a soffrire, e a lasciarci allontanare pur di farci camminare e affrontare la vita con le nostre
gambe. In un recente video che mi hai dedicato, un video di incoraggiamento per la vita, ci hai regalato queste parole: “Se non ci
fossero ombre non ci sarebbero luci.” Talmente eri capace di vivere e affrontare le sfide della vita con il sorriso che ci hai insegnato
a riconoscere ed apprezzare la vita nella sua pienezza, aprendoci gli occhi su quanto anche le ombre e i momenti di dolore ne
facciano parte e la rendano così unica. Vita. Meritevole di essere vissuta, anche nei suoi dolori più grandi. [...] Per questo oggi non
voglio vivere solo il dolore, la fatica, lo straziante pensiero di non poterti più abbracciare... ma voglio pensare a questo momento
come ad un momento di festa, una festa alla vita, quella vita a cui tu hai sempre reso omaggio, ringraziandola, invece che lamentarti.
[...] Farò così, festeggerò la tua salita in cielo non come una fine, come un abbandono, ma cercherò di vivere questa giornata
come inizio, l’inizio della tua meravigliosa vita, insieme a noi, per sempre. (Francesco)
[...] Qualche giorno fa un’amica sottolineava come tu fossi unica (e quanta ragione aveva!) e che persone come te non ce
n’erano più in giro, perché si era perso lo stampo. Io gli ho indicato i nostri
figli, che erano con noi nella stanza, e gli ho detto: “Non è proprio così; noi,
due stampini li abbiamo conservati. Abbiamo il futuro assicurato”. [...] In loro
tu, Annalisa, hai infuso quanto di meglio avevi: l’intelligenza vivace, la dolcezza,
la forza delle proprie idee, la capacità di ascoltare quelle degli altri senza
pregiudizi, la serenità. Annalisa, hai insegnato tanto a loro, a tutti coloro che
ti hanno incontrata, e soprattutto a me. Mi hai insegnato a scrivere (eri infatti
molto più brava di me), un’attività che è stata da sempre il nostro lavoro, la
nostra professione. Mi hai insegnato a vivere, smorzando i lati peggiori del
mio carattere, la polemica, il nervosismo, la costante insoddisfazione. E mi
hai insegnato anche, in queste dure settimane, come si muore, affrontando la
malattia con dignità e coraggio, con il sorriso, senza mai cedere al disappunto
o alla rabbia per la tua condizione. Spero di essere diventato migliore dopo
questa difficile esperienza e spero di essere d’ora in poi degno di te. (Stefano)
Un parco che lasceremo ai nostri figli
Il disegno che il noto artista Fabio Vettori ha dedicato ad Annalisa
nel giorno della sua scomparsa.
E’ questo il progetto del Parco dei Salici
alla Guizza, quartiere padovano, a cura
dell’architetto Renzo Piano: 627 alberi
piantati a distanza di sicurezza (è stato il
primo parco realizzato nell’era Covid) ed
adottati ciascuno da un cittadino.
Annalisa decise di adottarne uno ed il suo
albero oggi è diventato un gioioso punto
di incontro per tutti coloro che la ricordano
e le vogliono bene.
22
La Conquista
IL BOSCO DOPO LA TEMPESTA VAIA
A Campolongo, i bambini delle
due classi della Scuola dell’Infanzia comunale,
seguiti con tanto scrupolo e passione
dalle loro insegnanti, hanno concluso un
importante lavoro dedicato alla tempesta
Vaia, che tanta devastazione portò nell’autunno
2018.
Il lavoro, inserito in un progetto
di intersezione, era iniziato nel 2019, ma
aveva subito un brusco arresto a causa del
lockdown.
Ha trovato compimento quest’anno,
con la produzione da parte dei piccoli
alunni di un libro personale e sette pannelli
murali riferiti al racconto (rielaborato
ed adattato per i bambini, tratto dal libro
Le dolomiti dopo la tempesta di Erika di
Marino). La narrazione è stata ascoltata
dai bambini tramite teatrino, dopo aver
effettuato un’uscita a Val Visdende e aver
osservato gli effetti della tempesta.
C’era una volta un grande bosco con
alberi altissimi che toccavano il cielo;
tanti, così grandi, così forti, alberi
che accoglievano e davano riparo agli
amici animali che lì ci vivevano: caprioli,
cervi, lepri, volpi, scoiattoli, civette.
Arrivò l’autunno, il bosco era ancora
troppo caldo, l’aria immobile; gli aghi
degli abeti, le foglie erano colorati di sole e
aspettavano un po’ di vento per cominciare
a correre nel cielo. Prima però arrivò la
pioggia e dopo le prime gocce anche le fate
delle quattro stagioni. Si erano incontrate
per avvisare gli animali: “Attenti, attenti!
Veloci, veloci! Lasciate questo bosco e
trovate riparo, non tardate! Sta arrivando
VAIA la tempesta!!”.
Gli animali spaventati si rifugiarono
più a valle lontani da dove la terra
sembrava tremare. Il cielo diventò scuro
e ci fu una lotta tra il caldo dell’estate e
l’autunno che stava per arrivare. Le nuvole
gonfie di pioggia non riuscivano
più a trattenere
la rabbia e cominciarono
a scaricare qua e là: fiumi
di acqua. Vaia arrivò trasformandosi
in un drago
avvolto nel suo mantello
d’autunno e distrusse
ogni cosa. Bastava che il
suo sguardo si fermasse
in un punto e proprio
là tutto spariva in pochi
istanti. Il drago fu frettoloso,
non aveva più tempo da perdere,
la sua rabbia doveva sfogarsi. Con le sue
zampe strappò gli alberi
dal suolo come fossero fili
d’erba e li scaraventò
a terra come fossero
birilli.
Gli alberi cercarono
di resistere ma
non vi riuscirono. Gli
abeti rossi più vecchi
e fragili con le loro
radici così deboli,
si strinsero in unico
abbraccio e caddero
tutti insieme, vicini per sempre.
Si sentirono le loro grida nell’aria:
“Aiutoooooo!!!”. Ma Vaia aprì la bocca
per far uscire, oltre al vento, una fittissima
pioggia che coprì ogni cosa. Si sentì solo
un unico cric, crac, cric, crac. E fu subito
notte. Le piante vennero strappate da terra
insieme alle radici.
Su questo morbido tappeto si accoccolavano
i folletti per dormire: creature
magiche invisibili all’occhio umano. Erano
minuscoli, azzurri e ricoperti di polvere di
stelle, erano soliti saltellare spargendo
polvere di fungo per farli crescere in più
posti diversi. Appena sentirono la tempesta
arrivare correvano urlando: “È la fine
del bosco!! Aiuto! Aiuto!! Ognuno di loro
raccolse e custodì un pezzo di fungo diverso.
Tutto si calmò e ritornò la
pace. Le fate dissero: “Cosa
dobbiamo fare ora?”. Parlò
una di loro: “Tu, fata dell’inverno,
prepara una copertina
di neve per gli alberi caduti,
tu, fata della primavera, riporterai
il profumo e il colore
dei fiori e gli animaletti;
tu, fata dell’estate, riporterai
il sole splendente e gli animali
scappati lontano, men
La Conquista 23
tre io, fata dell’autunno, riporterò i colori
e i funghetti”.
Niente era come prima: gli alberi
non toccavano più il cielo con i loro rami,
ma, distesi uno vicino all’altro, erano caduti
e sembravano dormire. Arrivò la fata
inverno che coprì con una coperta leggera
di neve il bosco di alberi dormienti.
Piano piano arrivò anche fata primavera
e con lei i primi coleotteri; arrivarono
come fossero una nuvola sospinta dal
vento. Erano piccoli piccoli con le antenne
lunghe, e cominciarono a scavare sotto la
corteccia. A loro piacevano solo alcuni alberi,
non tutti erano buoni.
Quando il ghiaccio lasciò libera
la terra, la vita ritornò anche nello spazio
nascosto: il sottosuolo.
Il legno umido cominciò a marcire e divenne
cibo per tanti animaletti del bosco.
Vermi, lombrichi, formiche
lavoravano senza sosta
per usare tutto ciò che alle
piante spezzate dal vento
non serviva più. Tutto,
si sarebbe trasformato in
“oro nero”, la ricchezza
della foresta.
La fata della primavera
raccolse tanti semi
caduti e così cominciarono
a spuntare i piccoli abeti
rossi; spuntarono anche i
funghetti che i folletti avevano salvato. Gli
uomini, seppur tristi nel vedere tanti alberi
caduti, insieme decisero che si doveva
utilizzare il legno del bosco e, allora, con
macchinari molto grandi, cominciarono.
Tanti boscaioli si misero al lavoro e il rumore
tornò nella foresta con motoseghe,
processori, trattori, gru.
Un via vai di
camion carichi
di tronchi fu
quello che tutti
videro. Dal legno
poi, alcuni
artisti ricavarono
bellissime
sculture come
“l’araba fenice”
di Vizart a Padola
che dalle
ceneri rinasce sempre, a simbolo che in
natura tutto muore e tutto rinasce.
Anche tu che stai ascoltando,
quando sarai più grande potrai camminare
tra i nuovi alberi cresciuti, ammirando il
bosco che rinasce come un regalo prezioso.
L’ANIMAZIONE
DEL RACCONTO
FATTA A SCUOLA
E IL PLASTICO
CREATO DAI BAMBINI
24
La Conquista
Luce e colore nelle pitture
di Sonia e Renzo
La collaborazione artistica tra
Renzo Pomarè (Chinchirini) e Sonia Luce
inizia nel 2013 con la realizzazione del
loro primo murales (delle ragguiardevoli
dimensioni di 6 x 2 metri!) in cui viene
raffigurata la fauna alpina.
Negli anni successivi, i nostri
due pittori continuano a collaborare dipingendo
vari soggetti su pareti interne
ed esterne delle abitazioni. Si tratta prevalentemente
di paesaggi montani, in cui
è facile trovarsi immersi nella realtà del panorama
alpino, dove luce e colore la fanno
da padroni.
I dipinti di Sonia e Renzo, eseguiti
con colori a base acrilica, si possono
trovare un po’ dappertutto, in Comelico,
ma i nostri artisti sono richiesti anche fuori
dalla vallata. Ultimamente, su commissione
degli Alpini del Gruppo di Roncade
(TV), hanno realizzato presso quella sede
un imponente dipinto che ricorda la drammatica
ritirata di Russia del gennaio 1943.
La pittura murale sulla parete ovest della casa di Errico Pomarè a Campolongo.
Diari dal ghiaccio (metri 2,20 x 1,80) nella sede del Gruppo ANA di Roncade (TV).
Lo sfondo
per la vetrina
del negozio di
Mauro Pomarè
e una finestra
spalancata
sulla splendida
cornice delle
Tre Terze.
La Conquista 25
Laurea
Chiara De Zolt
si è laureata in Scienze e Tecniche
Psicologiche il 21 settembre 2020
presso l’Università degli studi Gabriele
D’Annunzio di Chieti-Pescara.
Buon proseguimento, verso
la laurea magistrale!
Arianna Vietina
figlia di Annalisa De Bernardin e
di Stefano, lo scorso 22 aprile ha
conseguito la laurea magistrale in
CAM (Cinema, Arti della scena,
Musica e Media) all’Università di
Torino discutendo una tesi su “Ci
nema e COVID-19. Distribuzione
e fruizione in Italia durante la pandemia”.
Ha ottenuto la votazione
di 110/110 e Lode ed anche, da
parte della commissione di laurea,
una menzione speciale per l’elaborato
della tesi, di grande attualità.
Parole di elogio sono state spese
anche dalle professoresse che
l’hanno seguita: la relatrice Maria
Paola Pierini e la correlatrice Giovanna
Maina.
Il Covid-19 ha messo in
evidenza la stretta rete di relazioni
che governa il sistema cinema: in
particolare, come il sistema nazionale
non può sostenersi senza la
rete internazionale; come le sale
siano la chiave di volta nel sistema
teso tra produzione e distribuzione
in piattaforma; come il mondo
comunemente riassunto nel termine
“intrattenimento” abbia una dimensione
economica e sociale non
alienabile. Un tema ampio e complesso,
da analizzare giorno per
giorno man mano che l’evoluzione
della pandemia procede. Tenendo
a mente questo quadro di partenza,
Arianna ha raccolto le notizie relative
al mondo del cinema, concentrandosi
sui segmenti della distribuzione
e della fruizione del film,
e contestualizzandole con l’avanzamento
della pandemia e i meccanismi
preesistenti del sistema
cinematografico. Sulla base quindi
di testi precedentemente acquisiti
e articoli di cronaca e commento,
ha creato un percorso tra cinque
diversi settori, in cui gli eventi fossero
descritti attraverso la logica
di causa ed effetto. I cinque ambiti
indagati sono stati le sale cinematografiche,
le piattaforme di streaming,
le arene estive, i festival di
cinema e la critica cinematografica.
Ed è proprio dalla chiusura forzata
delle sale che questo lavoro di
ricerca ha preso le mosse.
I Volontari Alpini
Feltre – Cadore
Solamente a Campolongo di
Cadore sono ricordati e onorati i Volontari
Alpini, Battaglioni Feltre e Cadore del
Primo Conflitto Mondiale 1915 - 1918,
con una mostra permanente nel palazzo
della Magnifica Regola.
Tutto parte dall’ultimo Presidente
dell’Associazione Volontari Alpini,
con sede a Belluno, Virginio Andrea Doglioni
(1896 – 1979).
Questa Associazione si estinse
con la scomparsa dei Volontari.
Il Gruppo Alpini di Campolongo
(con Valerio Quattrer Capogruppo)
conosceva molto bene la storia dei Volontari,
raccontata da Germano De Zolt,
Volontario pure lui, diciassettenne primo
ferito sul fronte di Val Visdende, al quale
il Gruppo stesso venne poi intitolato.
Campolongo era considerato “la
culla” dei Volontari Alpini e intitolò il Rifugio
esistente al Passo della Merendera ai
“Volontari Alpini Feltre – Cadore 1915 –
1918”.
Il Presidente Doglioni, estinta
l’Associazione, decise di depositare presso
la Biblioteca Civica di Belluno i documenti
storici ed il carteggio dell’Associazione,
e, tramite Rino Cazzoli e Guido
Buzzo, di donare al Gruppo ANA di Campolongo
il quadro della Madonna del Piave
e dei Volontari Alpini, da lui stesso dipinto.
Contestualmente, furono donati al
Gruppo anche la gigantografia che ritrae
i Volontari Alpini del Battaglione Cadore,
gli elenchi nominativi, in cornici massicce,
dei Volontari provenienti da tutto il
Veneto, ma anche da Roma e da altre parti
d’Italia e il grande quadro con la foto panoramica
della vecchia Feltre, città ove si
formò il Btg. Volontari Alpini Feltre.
In un primo tempo, il Gruppo
Alpini collocò questi importanti ricordi
nel Rifugio dedicato ai Volontari costruito
al Passo della Merendera, in Val Frison,
a circa 5 km dall’abitato di Campolongo,
dove, ino occasione dell’inaugurazione
della struttura, avvenne anche il gemellaggio
del sodalizio di Campolongo con la
Sezione ANA di Feltre, nel ricordo delle
gesta operative, anche eroiche, dei due
Battaglioni di Volontari.
Successivamente, il Gruppo Alpini
(Roberto Mario Capogruppo), in sinergia
con la Magnifica Regola, approntò
una mostra permanente dei cimeli legati
26
La Conquista
alla memoria dei Volontari Alpini in una
sala del palazzo della Regola, in via Nazionale
nell’abitato di Campolongo. Tutto ciò
per garantire la possibilità di visita e ricordare
e onorare in questo modo i Volontari
Alpini.
Nella mostra campeggia anche il
grande quadro (V. A. Doglioni - 1935, cm
100 x 135) della Madonna del Piave e dei
Volontari Alpini, restaurato nello Studio
specializzato d’arte e di restauro “Tiozzo”
di Mirano (VE). Si tratta di un’opera
sobria, armoniosa, dalla quale traspare la
rassicurante spiritualità della Madonna in
contrasto con l’asprezza del paesaggio del
Piave.
Guido Buzzo
La Madonna del Piave esposta
nella sala della mostra permanente
presso la Regola di Campolongo
Via Dante Alighieri
A Santo Stefano, la storia dell’antica
strada “par sora” (per sopra) della
lunga via Dante Alighieri. La strada per
il Calvario – Federa che partiva dalla strada
per Comelico Superiore, indicata in
una mappa del catasto napoleonico, era il
punto d’inizio della strada “par sora” che
fiancheggiava il “Pra de Paule” (il prato di
Paolo Pellizzaroli) e sbucava presso il capitello
votivo della peste in Tambar.
Era la strada che nei muri di
controripa aveva fissati i grossi anelli di
ferro per agganciare le catene dei bovini:
mucche, tori, vitelloni per il mercato degli
animali aperto a tutto il Comelico per la
Fiera dei Santi, il foro boario durato fino al
secondo dopoguerra 1940 – 1945.
La strada negli anni Cinquanta
venne notevolmente allargata e si presentò
la necessità della sua intestazione. Su suggerimento
del maestro
Guido Dalla
Vedova il Comune
la denominò Via
dei Tigli, la pianta
della saggezza. Ma
i tigli non vennero
mai piantati.
Successivamente
il Comune,
negli anni
Sessanta del secolo
scorso, con l’aggiornamento
dello
stradario, denominò
l’antica strada
Via Dante Alighieri
in omaggio
al Sommo Poeta.
La proposta provenne
dal mondo
dell’istruzione,
cioè dai maestri
consiglieri comunali.
Il 2021 è
l’anno dei 700 anni della nascita di Dante,
il Grande, conosciuto in tutto il mondo per
il suo capolavoro La Divina Commedia.
Tutta Italia lo celebra, e anche S.Stefano
e” La Conquista” gli rendono omaggio
con l’orgoglio di avergli dedicato l’antica
storica strada “par sora” che nel lontano
passato assicurò il passaggio e la comunicazione
della “Via germanica” verso Aquileia.
Guido Buzzo
Classe ’34 il giorno della visita di leva,
in posa davanti agli scalini del municipio.
In piedi (da sin.) Sandrin Buzzo, Sergio Buzzetto,
Cesare De Candido, Ernesto Bratti, Erio De Candido,
Luigi Pellizzaroli (che era un anno più vecchio, ma era qui
perché revisibile), Celso Ianese e Mario Fontana.
In basso Enrico De Candido, Elio Baldissarutti («Siamo
rimasti in tre», dice), Mario Pellizzaroli (che ha fornito la foto)
e Lino Zandonella.
“SI DIMENTICA TROPPO SPESSO
CHE I DIRITTI
COMPORTANO DOVERI
E LA LIBERTÀ COMPORTA
CONDOTTE CHE NON NUOCCIANO
O METTANO IN PERICOLO ALTRI.
GRAN PARTE DELLA NOSTRA
VITA COLLETTIVA
È CONIUGATA
IN PRIMA PERSONA SINGOLARE.
È UN MALE,
CI SONO ANCHE GLI ALTRI”.
(D. GIACALONE)
Nuove generazioni... in arrivoo!
La Conquista 27
La Pieve di S. Stefano
Gli anni del Pievano don Germano Candeago (4 a puntata)
Primavera 1936 molto intensa
spiritualmente
Il bollettino “La Conquista” di
marzo annunciava la nuova visita pastorale
di mons. Cattarossi. La venuta
del Vescovo avrebbe avuto luogo dopo
Pasqua e doveva essere preceduta dalla
santa missione. Passata la settimana
santa, sarebbero entrati in azione tre
predicatori dei padri Oblati di Treviso,
dal 13 al 20 aprile. Infine, la settimana
dopo ci sarebbe stata la visita del Vescovo,
da giovedì 23 sera alla domenica
26 aprile, con messa solenne e predica
la mattina e conclusione della missione
nel pomeriggio.
L’intero mese di aprile di
quell’anno era dunque stato ben programmato,
una settimana dopo l’altra.
La settimana santa
di una volta
La sera della Domenica delle
Palme era in programma la recita del
rosario alle 18,30 in chiesa, seguita dalla
benedizione col Santissimo, e così
pure lunedì santo e martedì.
A quei tempi c’erano le lunghe
officiature, cioè il canto del Mattutino,
con molti salmi e molte letture in latino,
e c’era senso di sollievo quando le
candele del candelabro a triangolo venivano
gradatamente spente, alla fine
di ogni notturno. Questa liturgia incomprensibile
era anche suggestiva, con le
sue melodie antiche, e si ripeteva le
sere dal mercoledì al venerdì santo.
Le messe vespertine non esistevano,
per via anche del digiuno in
vigore dalla mezzanotte, perciò la messa
della Cena del Signore si celebrava
giovedì santo alla mattina, alle 8. C’era
la messa anche il venerdì santo mattina
ed era chiamata “Messa dei presantificati”
con il canto del Passio e, la sera, la
predica solenne della Passione inaugurava
la processione notturna, con lumini
sulle finestre in via Udine, a Tamber
e Col Puliè, col ritorno poi in chiesa.
Anche quella che oggi chiamiamo
Veglia pasquale si faceva di
mattina. Il sabato santo quindi molto
presto, alle 7, c’era la benedizione del
fuoco e del fonte battesimale, indi la S.
Messa solenne.
Settimana della Missione
Don Candeago paragonava la
sacra missione alle «grandi manovre
dell’esercito». Essa serviva a «addestrare
le anime alla lotta dello spirito,
per meglio radicarle nelle virtù contro
il vizio, nelle verità della fede contro
l’errore, nella pratica della vita cristiana
contro l’indifferenza religiosa» -
così si legge nel bollettino.
La predicazione cominciava
lunedì dell’Angelo nelle frazioni. I tre
padri facevano contemporaneamente
l’apertura della missione nelle tre
chiese periferiche di Campolongo, di
Costalissoio e di Casada. La domenica
sera ottava di pasqua, alle 19, cominciava
la predicazione nella parrocchiale
nell’imminenza ormai dell’arrivo del
Vescovo.
Colpo di scena:
il Vescovo non viene
Giovedì 23 aprile, nel pieno
della terza settimana delle «grandi manovre»,
arriva la notizia che «il Ve
scovo cade infermo». L’incontro tanto
atteso e preparato della visita pastorale,
il momento clou, «l’avvenimento
solenne» del pastore in mezzo a un
popolo numeroso e ben preparato dalla
missione, con duecento cresimandi,
coi fanciulli della prima comunione e
con le associazioni cattoliche recanti
le loro due bandiere dei giovani nuove
fiammanti… tutto era rinviato a data da
destinarsi.
Ma don Germano non era tipo
da perdersi d’animo e disse, come San
Paolo: «So di chi mi sono fidato!». Aiutato
dai missionari Oblati, col superiore
della loro Compagnia in testa, venerdì
24 mattina ha celebrato «la graziosa e
commovente funzione della prima comunione».
Al posto del Vescovo, la domenica
il direttore della missione aveva
tenuto lui «uno smagliante discorso»
sul comandamento della santificazione
della festa, riassunto poi nel santino –
ricordo: «Cristiani! Santifichiamo la
festa. La festa santificata significa: luce
di verità che ci libera dalla schiavitù
dell’errore e delle massime mondane.
Forza divina che ci affranca dal giogo
delle passioni. Amore alla famiglia, che
ripara la dissoluzione prodotta dallo
spirito di ribellione. Speranza certa di
eterna gioia, prefigurata dalle pure gioie
della preghiera, della partecipazione
al culto sacro e ai sacramenti».
Anni Trenta. Quando il pievano don Germano aveva le suore
e tanti bambini attorno.
28
La Conquista
A ricordo della missione, veniva
collocata sulla facciata della chiesa
una croce recante la scritta «Ricordati di
santificare la festa». Dopo aver sperato
che il «veneratissimo nostro Vescovo»
si fosse rimesso, accettò di venire ad
amministrare le cresime il Vescovo di
Vittorio Veneto, mons. Beccegato, ma
venne un mese dopo: il 25 maggio.
Risultato della Missione
Lasciamo al parroco tirare le
somme. Il mese successivo traccia un
bilancio, nel bollettino, senza guardare
a quello che era mancato ma valutando
il bene che c’era stato. La missione fatta
era da considerare punto di partenza
di un cammino da continuare.
«Da parte dei missionari, non
potevo desiderare di meglio. Da parte
della parrocchia, né tutto bene né tutto
male. Nostra consegna dunque: ringraziare
il Signore per il bene compiuto:
pregare e lavorare pel bene che resta
IL METEO DI NATALINO
A metà novembre 2020, Natalino
De Candido ha cominciato a
registrare temperature e tempo atmosferico,
giorno per giorno, con
puntualità meticolosa. Anche questo
inverno 2020 – 2021 viene archiviato
con i rilievi niviometrici e le annotazioni
del tempo effettuati nel suo osservatorio
in Via Dante Alighieri.
NOVEMBRE 2020
Il giorno 16 è nuvoloso e durante la
notte inizia a piovere, ma durante la
seconda quindicina si segnalano 12
giorni di sereno. Il giorno 20 è apparsa
la prima neve fino a basso del
Monte Col. Il 30 novembre è il giorno
più freddo del mese: -12 e +1.
DICEMBRE
Comincia a nevicare: la neve misurata
nel mese assomma a m 1,81 ma,
se si calcola anche quella caduta
mista ad acqua, si raggiungerebbe,
presumibilmente, nel mese, m 2,50 o
3,00. I giorni di sereno sono stati 10 e
quelli nuvolosi 21; tra questi 6 di pioggia
mista a neve. La temperatura è
sempre stata sotto allo zero, la notte,
e 7 volte anche di giorno: giornata più
fredda il 27, con -17 e -4.
GENNAIO 2021
Ricomincia a nevicare, ed è neve
asciutta: cm 14 il 2 gennaio, 50 il 3, 8
il 4, 3 il 5 e altri 3 il 6; poi il 22 gennaio
cm 13, il 23 cm 25, tracce di neve
da compiere. Dobbiamo considerare
la santa missione non solo come tappa
d’arrivo, ma più ancora come punto di
partenza.
Pensando ai tanti che sono rimasti
estranei alla santa missione, non
posso che ripetere con tristezza la parola
di un pastore d’anime, guidato dagli
stessi intenti, innanzi alle identiche
considerazioni: “Grande restat via”. Un
cammino ancora lungo ci resta da fare!
Un pensiero però conforta
grandemente: oltre il vedere sempre
più numerosa la schiera delle anime
che corrispondono alla grazia del Signore
e si stringono sempre più decise
attorno al parroco nelle sue iniziative di
bene, conforta il poter ripetere con S.
Paolo: “So di chi mi sia fidato!”. Poiché
ogni giorno più comprendo che è
vana ogni parola se il Signore non illumina
le menti; inutile ogni fatica se
egli non commuove i cuori; sterile ogni
sacrificio se non lo feconda con la sua
grazia».
(non rilevabili perché meno di 1 cm)
il 30 gennaio e 11 cm il 31. Totale di
neve caduta nel mese m 1,27. La
giornata più fredda è stata il 9 con -20
la notte e -5 di giorno. La temperatura
si è sempre mantenuta sotto lo zero
per tutto il mese (anche di giorno ad
eccezione dei primi 5 giorni).
FEBBRAIO
In prevalenza sereno: 17 giorni; nuvoloso
11 dei quali 6 sciroccali con
forte umidità. Neve poca e bagnata
cm 5 in totale (2 il 9, 2 il 10 e 1 il 21).
La temperatura è sempre rimasta sopra
allo zero di giorno eccetto il 15
(giorno più freddo: -19 e -1); il giorno
più caldo (si fa per dire!) è stato il 27:
-4 e +17.
MARZO
Neve per un solo giorno, il 14 marzo:
cm 7 di neve bagnata. Un mese di
tempo bello: 24 giornate
serene e solo 7 nuvolose.
Giorno più freddo il
21: -14 e +3; il più caldo
il 31: -2 e +20. La temperatura
sotto zero di notte
e sempre sopra lo zero di
giorno.
E continuava: «Godiamo dunque
del bene fatto: preghiamo per quel
che resta da fare. Lavoriamo, perché
il solco aperto non si chiuda mai; perché
il seme gettato fruttifichi; perché la
fiamma accesa in quei santi giorni nei
vostri cuori divampi, per opera vostra,
nelle famiglie, nella parrocchia… Così
la santa missione continua».
…E intanto don Germano si
soffermava ancora sulle due bandiere
delle associazioni maschile e femminile
dell’Azione Cattolica. Continuava a
guardare «i due tricolori in seta pesante,
con ricca frangia oro, asta di ottone
nichelato, i ricchi stoloni di velluto coi
nomi della parrocchia, di S. Gabriele
dell’Addolorata e di S. Agnese…». Ci
teneva che il Vescovo Cattarossi li avesse
visti, ma era comunque orgoglioso di
ciò che rappresentavano: i giovani e le
giovani della parrocchia che ora erano
presenti in un’associazione moderna,
con tante belle prospettive. (continua)
APRILE
Per la maggior parte si
sono avute giornate serene:
19 contro 11 nuvolose.
Il 12 e il 13 c’è stata
pioggia debole che ha
fatto segnare circa cm 9
di neve bagnata (e sciolta
in giornata) per tutto il mese di
aprile. Il giorno più caldo è stato il 2
(venerdì santo) con -1 e +24 e il più
freddo l’8 con -10 e +1.
Natalino termina i rilievi il giorno
30 aprile e tira le somme: durante
tutto l’inverno 2020 – 2021 la neve
caduta sulla tavoletta e misurata è
pari a m 3,30; si presume che durante
l’inverno la neve caduta al suolo,
mista acqua + quella asciutta, porti a
un totale complessivo di m 5,00 /5,50
circa.
Il fatto che la neve abbondante
di quest’inverno sia stata resa
pesante e compatta dalla pioggia e
abbia resa difficoltosa la circolazione
per le strade, oltre che crear pericolo
per i tetti e per caduta di valanghe, ha
fatto pensare a un inverno di nevicate
eccezionali come non si vedeva da
decenni, ma che sia stata solo un’impressione?
La Conquista 29
Ultimi
scampoli
di guerra:
un diario
Partito nel 1943
e tornato a casa nel 1945
Gino Pianezze, classe 1923,
aveva ricevuto la cartolina precetto
per gennaio 1943 ed era partito dal
villaggio di Fernazza, sopra Alleghe,
un villaggio a 1600 metri sul livello del
mare. Tornato a casa nel 1945, finita
la guerra, ha scritto il suo diario che
in seguito ha anche rivisto e in parte
riscritto.
La vita da ragazzo era stata
quasi serena e spensierata, come garzone
in qualche famiglia di Livinallongo,
lavorando col fieno e in stalla con
mucche, cavallo e molta campagna…
con domeniche rigorosamente a riposo.
Diversivi unici erano la ricerca di
materiale ferroso della Prima Guerra,
da vendere, qualche piccola gita in
bicicletta, quando aveva potuto procurarsela,
e il premilitare a Pieve di Livinallongo…
La cartolina precetto… e la nevicata
Tutti i sabati dopo pranzo dovevamo
andare a fare il premilitare. C’era
un istruttore locale che ci insegnava
a maneggiare le armi. Facevamo tiri al
bersaglio al vecchio poligono di Pieve.
Ogni tanto veniva un’ispezione di qualche
gerarca fascista da Belluno.
Siamo andati avanti così fino
alla chiamata alle armi.
Eravamo in piena guerra e
l’entusiasmo cominciava già a passare,
perché sentivamo per radio dei bombardamenti
delle nostre città e anche a
Pieve c’erano notizie di qualche paesano
morto in guerra.
Per le feste di Natale del 1942
sono rientrato a casa a Fernazza. Avevo
1 a puntata
Caserma di Fanteria a S. Severino Marche.
Gino con gli amici Fiore Pellegrini, Zito Casanova e Pio Dalvit.
bene.
Mia sorella era in servizio anche
lei e si trovava a Milano. Lei pure
era in pericolo perché c’erano già stati
diversi bombardamenti sulla città.
Ritornando al Distretto, ci diedero
la divisa perché eravamo ancora in
borghese. I vestiti civili ce li spedirono a
casa. Da quel momento mi è caduto addosso
il peso della naia con uno sconforto
che mi portai fino al rientro.
già ricevuto la cartolina e dovevo presentarmi
al Distretto di Belluno il 16
gennaio 1943. Durante la notte del 15
ci fu un’abbondante nevicata e per due
giorni le corriere non poterono viaggiare.
Così sono partito il giorno 18
mattina. Anche due amici di Pieve dovevano
presentarsi con me. Erano Pio
Dalvit e Fiore Pellegrini. Li ho trovati
sulla corriera proveniente da Pieve e ci
siamo presentati insieme al Distretto.
Ci dissero che a causa del nostro
ritardo, anziché essere ammessi a
far parte del Settimo Alpini, eravamo
stati assegnati al 50° Fanteria - Divisione
Parma - e ci dovevamo presentare
a Macerata Marche. Ci assegnarono il
capo drappello e toccò a Pio Dalvit, studente,
e siamo partiti il giorno dopo.
Il treno ci portò a Bologna. Poi
dovevamo attendere una tradotta che
veniva da Milano. Abbiamo atteso tutta
la notte nei sottopassaggi della stazione.
La mattina abbiamo proseguito e
dopo pranzo siamo arrivati a Macerata.
Un sergente ci attendeva e ci accompagnò
al Distretto.
Era la prima volta che salivo
sul treno. Non ero mai stato nemmeno
a Belluno. Tutto quello che vedevo mi
era nuovo. Il treno, le immense campagne
dell’Emilia Romagna, i grossi palazzi
di Padova e Bologna… mi facevano
rimanere incantato: tante cose belle
mai viste e mai immaginate.
Al distretto ci diedero un pacchetto
con viveri di conforto, che abbiamo
accettato volentieri perché avevamo
fame. Pensavo a mia madre che
avevo lasciata sola a casa. Era molto
triste alla mia partenza. Anche mio fratello
Vittorio era militare, alla Scuola di
alpinismo ad Aosta. Lui si trovava molto
Un nuovo amico… di Campolongo
Tutti in caserma ci diedero dei
pagliericci vuoti da riempire con paglia.
I letti dove dovevamo dormire erano
delle conigliere. Ci fecero tagliare i capelli
a zero. Ci portarono nel piazzale
a fare istruzione. Fui assegnato alla 3 a
Squadra. Il mio caposquadra era un
padovano anziano, bravo uomo però ci
teneva a farci scattare.
Erano con me anche i miei
amici di Pieve. Subito se ne aggiunse un
terzo che era di Campolongo di Cadore
e si chiamava Zito Casanova, bravo ragazzo
anche lui. Da quel momento eravamo
i quattro inseparabili.
A Macerata siamo rimasti due
giorni. Poi venne l’ordine di partire in
distaccamento a S. Severino Marche,
distante circa 40 km. In due ore di treno
siamo arrivati a destinazione. Scesi dal
treno, nell’andare in caserma incontravamo
la gente che ci faceva un sorriso e
un cenno di saluto con le mani. Si capiva
che per loro eravamo i benvenuti.
La caserma doveva essere un
vecchio convento, con un grosso arco
per accedere al cortile interno dove
veniva distribuito il rancio. Al primo
piano c’erano dei grandi stanzoni che
contenevano circa un plotone di solda-
30
La Conquista
ti ciascuno. Mancavano però le porte e
anche i vetri delle finestre: dovevamo
arrangiarci noi a mettere giornali per
ripararci un po’ alla meglio dal freddo.
A S. Severino c’era anche molta
nebbia. Ci diedero due coperte, un
pagliericcio da riempire con paglia e lì
dovevamo dormire. La naia si presentava
dura. Si prevedeva fame e freddo.
Il giorno dopo abbiamo fatto capire al
nostro comandante che così non potevamo
andare avanti e ci fece dare un’altra
coperta.
La mattina ci diedero il caffè e
ci portarono subito a fare istruzione sul
piazzale della stazione. Si rientrava a
mezzogiorno per il rancio. Sulla coperta
si trovavano due pagnottelle che dovevano
durare fino al giorno dopo. Una la
mangiavo prima del rancio e una dopo,
perché il mestolo di pastasciutta che
davano non era sufficiente.
La sera ci davano due mestoli
di brodo e un pezzetto di carne, ma finito
c’era ancora fame. Fortuna che la
sera si andava in libera uscita e, finché
avevamo soldi portati da casa, si trovava
nelle osterie un po’ di pane e anche
vino e al rientro si affrontava meglio la
nottata.
Passato qualche giorno, poi,
cominciarono a farci fare delle marce
di 20-25 km, spesso anche per le colline
dove c’erano solo sentieri. Le prime marce
erano molto faticose, ma in seguito
ci siamo abituati. Solo per la fame non
mi sono abituato. Scrivendo a mia madre
me ne sono lamentato e lei pensò di
mandarmi i suoi bollini per il pane (ogni
bollino valeva 100 grammi).
Dopo alcuni giorni mi sono arrivati
i bollini. Però non potevano darmi
il pane se non erano firmati dal podestà
di S. Severino. Una sera sono riuscito ad
andare in Comune per questa firma e
me ne hanno firmati per una settimana.
Pensai bene di fare la prova fino a
quando fossi riuscito a imitare la firma
del podestà e ci sono riuscito bene, tanto
che firmavo anche i bollini dei miei
colleghi. Così per il mangiare andava
un po’ meglio.
La gente in paese ci vedeva
con simpatia. Vedevano che eravamo
ragazzi e anche loro avevano dei figli
sotto le armi come noi. Certe sere ci capitava
di andare in qualche casa e ci davano
quello che avevano da mangiare
e anche del pane da portarsi via. S. Severino
era un paese agricolo e a loro il
mangiare non mancava.
Nelle fattorie con i soldi si poteva
trovare di tutto, ma purtroppo i miei
soldi erano contati. Me ne feci mandare
da mia madre di quelli che erano miei.
Mi mandò 35 lire. Come sono arrivati
sono andato allo spaccio a fare spesa di
lamette e sapone da barba. Ma quando
ho fatto per pagare non avevo più
il portafoglio. Mi era stato rubato dalla
tasca. Piansi, al momento, ma poi dovetti
farmi coraggio. Erano quei pochi
anziani che erano lì che facevano quel
servizio.
Passando i giorni l’addestramento
si faceva sempre più pesante.
Un giorno sì e uno no c’era la marcia in
collina o c’era il tiro al bersaglio, il lancio
delle bombe a mano, il percorso di guerra.
Quando pioveva si faceva istruzione
delle armi all’interno. Mai un minuto di
riposo. Questo però favoriva per dormire
la notte e superare il freddo.
Ragazzi mandati in guerra
Mia madre era molto in pensiero
e mi scriveva spesso. Mi dava coraggio
e mi diceva che la guerra sarebbe
presto finita. Certo questo lo pensavamo
anche noi in base alle notizie che si
sentivano dai vari fronti.
In Russia eravamo già sconfitti,
in Africa eravamo in ritirata, in Grecia i
partigiani ci davano del filo da torcere
e così per tutti i Balcani. Si capiva che
avevano fretta di prepararci per la partenza,
ma per dove?
L’11 febbraio ci fecero fare il
giuramento, ci diedero un po’ di rancio
in più e quello fu la festa. Il nostro
Maggiore ci fece, molto commosso, il
discorso spiegandoci un po’ la situazione
in cui ci trovavamo. Non ci disse dove
dovevamo andare ma ci fece capire che
presto dovevamo partire.
Passarono una ventina di giorni
e si cominciava a sentire che eravamo
destinati in Grecia. Così siamo arrivati
al 6 marzo e già si cominciava a stare
bene. Non c’era più la nebbia e si dormiva
senza sentire freddo. C’era già la
fioritura degli alberi. Sarebbe stato un
piacere poter rimanere.
Il 7 marzo anziché andare a
fare istruzione ci portarono al cinema. Il
film durò fino a mezzogiorno. Rientrati
in caserma non ci fecero più uscire. Non
ci dissero il perché, ma poi abbiamo capito
noi che era giunta l’ora.
Il giorno 8 ci consegnarono
armi e munizioni. Ci cambiarono la divisa,
ci diedero anche un vestito di tela
e i viveri di scorta con la raccomandazione
di non mangiarli senza ordine del
nostro comandante.
Eravamo pronti a partire. Il
giorno 9 ci fecero preparare e alle due ci
accompagnarono alla stazione. Il Maggiore
sul piazzale ci fece un discorso
e alla fine si mise a piangere anche lui
come tanti di noi. Noi non sapevamo
a che cosa andavamo incontro, ma lui
sapeva che eravamo ragazzi e non eravamo
preparati per andare in guerra.
C’erano tanti borghesi alla
stazione a salutarci e a farci gli auguri.
Anche tanti di loro piangevano. Alle
4 siamo saliti sul treno e siamo partiti.
Abbiamo viaggiato tutta la notte e la
mattina eravamo alla stazione di Mestre.
Qui ci fecero scendere e attendere
la composizione della tradotta che ci
doveva portare fino ad Atene in Grecia.
Mentre si attendeva, oltre la
rete di recinzione c’erano diversi borghesi
che si offrivano, dando loro il
denaro, di procurarci da mangiare o
quello di cui si aveva bisogno. Pochi
giorni prima di partire ci avevano dato
la decade che era di 15 lire. Io i soldi li
avevo ancora tutti perché non avevamo
più potuto uscire. Così diedi a un ragazzo
15 lire perché mi prendesse del pane.
Mi disse che sarebbe tornato presto, ma
non lo vidi più. E così è capitato a tutti i
miei colleghi che avevano dato dei soldi.
Che faceva quel servizio non
erano solo i ragazzi, ma anche i grandi.
Cose veramente vergognose! Eravamo
poveri ragazzi che andavano in guerra
e avrebbero fatto ritorno solo se erano
fortunati. Dopo, a guerra finita, ho avuto
modo di lavorare con uno di Mestre
e mi raccontò che anche lui lo faceva.
A quel tempo aveva 16 anni. Gli chiesi
solo cosa gli dicevano i suoi genitori!
Ci misero a disposizione la tradotta
e a mezzogiorno siamo partiti. In
serata abbiamo passato il confine slavo
di Postumia.
(continua)
La Conquista
Anagrafe interparrocchiale
HANNO COMINCIATO A VIVERE IN CRISTO COL BATTESIMO
31
Fabbris Leonardo
di Davide e Laura
Pagnin nato il
13 novembre 2020
e battezzato il
22 maggio 2021
a Campolongo
Michelazzi Gioia
di Federico e Giulia
Casanova nata il
17 ottobre 2020
e battezzata il
6 giugno 2021
a S. Stefano
Casanova Ambra
di Christian e Martina
Tremonti nata il
1° novembre 2020
e battezzata il
6 giugno 2021
a S. Stefano
SONO RISALITI ALLA SORGENTE DELLA VITA
BALDISSARUTTI
Pia,
vedova
Spadavecchia
di anni 87,
mancata il
9 gennaio,
riposa a
Pavullo (MO)
DE MARIO
SARTOR
Marianna,
ved. Crescenzi
di anni 87,
mancata il
6 marzo,
riposa a Fleurus
(Belgio)
DE BERNARDIN
Annalisa,
in Vietina,
di anni 59,
mancata il
19 marzo,
riposa a
Campolongo
DE CANDIDO
Norma,
di anni 96,
mancata il
9 aprile,
riposa a
S. Stefano
POCCHIESA CNÒ
Marcella,
ved. Casanova
di anni 88,
mancata il
20 aprile,
riposa a
Campolongo
BUZZO SALER
Anita,
ved. Sommacal
di anni 69,
mancata il
29 maggio,
riposa a
Castion (BL)
POMARÈ
Laura,
di anni 37,
mancata il
30 aprile,
riposa a
Campolongo
ABID
Mounir Ben
Hassen (Marco),
di anni 60,
mancato il
1° maggio,
riposa a
Campolongo
CASANOVA
Dario,
di anni 69,
mancato il
30 maggio,
riposa a
Campolongo
32 La Conquista
Meritato tutto,
il gelato per adulti
della Pro Loco Sastèfi
e ragazzi delle scuole
che si sono dati da fare
per la posa dei fiori
a S. Stefano
nel pomeriggio
di sabato 29 maggio!