La Conquista_1:2021_SC
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Verrà la primavera…
che ci tira fuori dall’inverno.
Tanta, tantissima bella neve che ti ride in faccia, perché il lavoro non parte, per molti,
e lo sci non apre agli appassionati!
Almeno si spera che l’isolamento, nel quale l’inverno ci ha sepolti, abbia fermato i contagi.
L’Italia ha anche l’inverno demografico e quello della crisi economica.
Il mondo intero patisce di molte crisi… ma dopo l’inverno, ci sarà la primavera!
Chi ci tirerà fuori da questo inverno? Il bene seminato da molti altruisti.
La Parola seminata, invisibile come seme minuscolo. Gesù con la sua Pasqua ci tira fuori!
Si vedono qua e là germogli umili della nuova primavera.
Bollettino interparrocchiale
di S. Stefano, Costalissoio
e Campolongo di Cadore (BL)
ANNO LXXXVII - 2021
N. 1 / PRIMAVERA
La Conquista
Spedizione in abbonamento postale - DIRETTORE Rossini don Paolino - VICEDIRETTORE Coluzzi Lorenzo - RESPONSABILE Buzzo Guido - Aut. Trib. 6/84 n. 2539
Stampa: Tipografia Piave - Belluno - C.C.P. 10301323 intestato alla CHIESA PARROCCHIALE DI S. STEFANO DI CADORE (BL)
«Come può rinascere un uomo
quando è vecchio?». La domanda è stata
rivolta a Gesù da un personaggio in
vista che, per non farsi notare, andava
a parlare con lui di notte.
Bisogna avere almeno settant’anni
per ricordare l’evoluzione
della Chiesa da cinquant’anni in qua.
Solo quelli di una certa età possono ricordare
come vivevano le parrocchie
prima del Concilio… con la Messa in
latino, per intenderci. Era una Chiesa
“vecchia”, che andava avanti da
secoli sempre uguale, ma ben
organizzata alla base e al vertice.
Qualcuno la ricorda
con nostalgia… anche per
le chiese piene. Eppure quella
Chiesa vecchia aveva in sé fermenti
potenti di rinnovamento.
Al buon Papa Giovanni è bastata
una scintilla per innescare il
Concilio. Abbiamo poi vissuto
il cammino del dopo Concilio,
molto vivace e innovativo, con
Rinascere dall’alto
molte cose decisamente positive.
Anche i più nostalgici ammetteranno
che non si torna indietro.
Tra le cose positive di questo
tempo, c’è un atteggiamento nuovo di
accoglienza delle persone nel trasmettere
la fede. È in atto una trasformazione
positiva: un avvicinamento tra
parroci e laici, di gran lunga maggiore
rispetto al passato, che ha portato tanti
a sentirsi responsabili della Chiesa e a
collaborare fattivamente un po’ in tutti
i campi.
Con la cultura di oggi c’è
Gei. Chiusi in paese, quest’inverno si è riscoperta la neve
di casa. Neve abbondante, freddo e aria di giornate serene:
è bello ritrovarsi all’aperto nel mese di gennaio.
maggior dialogo, c’è interscambio, c’è
confronto di pareri. C’è (o ci dovrebbe
essere) maggior rispetto delle idee, anche
di quello che si chiama “pluralismo
religioso”, e quindi si dev’essere più
attenti nell’accogliere le persone, secondo
la loro situazione religiosa, pur
senza essere superficiali ed evitando il
pressapochismo.
Ciò nonostante, dopo cinquant’anni
dal Concilio la nostra Chiesa
si ritrova “vecchia”. Nuove
difficoltà sono nate vedendo
disciogliersi un cristianesimo
di tradizione. L’abbandono
della pratica religiosa si
è generalizzato nelle nuove
generazioni. Sono problemi
e difficoltà presenti in tutta
Europa e mica solo da noi
in Italia. Nelle parrocchie si
vedono sempre meno coloro
che si accostano ai sacramenti
(comunione, confessione,
matrimonio). I parroci
e i collaboratori nelle attività
pastorali si sono invecchiati…
2 La Conquista
A questo punto, torniamo alla
domanda di Nicodemo: «Come può rinascere
un uomo quando è vecchio?».
«È possibile – risponde Gesù -, se rinasce
dall’alto». Ma Nicodemo non ha
più compreso niente. La Chiesa rinasce
dall’alto, cioè rinasce dallo Spirito. È
stato così da sempre e continuerà solo
così, rinascendo dallo Spirito che la
prende vecchia com’è e la ringiovanisce.
Per poter rinascere dall’alto,
come singoli e come comunità, oggi
non ci basta neanche tornare al Concilio.
Occorre andare ancora più indietro
e ricominciare da Gesù. Oggi è possibile
proporre la buona notizia di Gesù
Cristo, ma non prima di aver ascoltato
attentamente gli interrogativi del mondo
attuale.
La Chiesa non ha niente da
ascoltare dagli uomini di oggi? È chiamata
solo a proporre agli altri la verità?
Non siamo chiamati tutti ad ascoltare
il Vangelo, proprio in questa nuova
situazione in cui viviamo? Anche noi,
parroci e operatori pastorali che proponiamo
la fede, abbiamo bisogno di
ascoltare gli inviti di Dio alla conversione.
Bisogna pur riconoscere che
passi importanti, per accostare la gente
col Vangelo, sono stati fatti in questi
anni. Il più delle volte sono stati fatti
in maniera un po’ defilata, ma con fatti
concreti: incontri con genitori, preparazione
al matrimonio, serate di comunità
e fraternità… dove collaboratori
pastorali, insieme ai parroci, hanno
cercato di creare un clima fraterno e
dialogante, in atteggiamento aperto di
ascolto reciproco con coloro che si avvicinavano
alla parrocchia.
Nella Chiesa pensiamo di avere
un’offerta che risponde alle domande
più profonde dell’essere umano,
ma ne siamo proprio convinti? Prima
di domandarci come interessare gli
uomini di oggi all’offerta di salvezza
che facciamo, occorre farla veramente
nostra. Prima di migliorare la proposta,
e renderla più attraente per gli uomini
che vivono in questa società, occorre
“rinascere dall’Alto”.
Che cosa vuol dire? Tornare
a Gesù. Di nascosto e in privato come
Nicodemo? Meglio insieme! Con tutte
le risorse che abbiamo ma, ancor
meglio, con la forza dello Spirito che
viene dall’Alto e che ha sempre portato
avanti, nel tempo, la sua comunità.
Dalla tradizione alla convinzione
Sempre meno di tradizione, sempre più di convinzione. Non siamo più nella cristianità! Era una cosa che gli
studiosi andavano dicendo da tempo, ma adesso l’ha detto anche il Papa: «Fratelli e sorelle, non siamo più nella
cristianità, non più! Abbiamo pertanto bisogno di un cambiamento di mentalità pastorale, che non vuol dire passare
a una pastorale relativistica.
Non siamo più in un regime di cristianità perché la fede – specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente
– non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa,
emarginata e ridicolizzata». Queste le parole di Papa Francesco del 21 dicembre 2019.
Chiesa del futuro
Il dato statistico più evidente: l’abbandono della pratica religiosa ufficiale è l’effetto più visibile della fine della
cristianità. Come dire, quando si tratta remare controcorrente i più si tirano indietro. Ne rimangono pochi, un piccolo
resto, una minoranza. E i giovani sono i primi a non partecipare più alla vita ordinaria della comunità cristiana.
È il dato più eclatante, tra l’altro previsto da alcuni teologi, tra cui il giovane J. Ratzinger nel lontano 1969. Per
lui era l’effetto della necessaria purificazione operata dal Concilio Vaticano II: «La Chiesa del futuro diventerà più
piccola, dovrà ricominciare tutto da capo. Essa non potrà più riempire molti degli edifici che aveva eretto nel periodo
della congiuntura alta. Essa, oltre che perdere degli aderenti numericamente, perderà anche molti dei suoi privilegi
nella società.
Essa si presenterà in modo molto più accentuato di un tempo come la comunità della libera volontà, cui si può
accedere solo per il tramite di una decisione».
Spazio promettente di autenticità
Il nostro è “il tempo dell’autenticità”: significa
che le cose che faccio devono essere
il frutto di una mia libera elezione, che nelle
mie opzioni di vita non posso né devo essere
costretto da nessuno.
Questo significa “autenticità”: una scelta
realmente personale, frutto di una convinzione,
esito di un discernimento. I giovani oggi
sono immersi un questo “contesto di autenticità”:
chi potrebbe, nel mondo occidentale,
imporre loro qualcosa?
È questo il nuovo spazio dell’annuncio cristiano, perché oggi nelle società secolari assistiamo anche a una
riscoperta di Dio e della spiritualità. Questo costituisce per la Chiesa uno stimolo a recuperare l’importanza dei dinamismi
propri della fede, dell’annuncio e dell’accompagnamento pastorale. (Sinodo dei Giovani).
La Conquista
3
Giorni dello Spirito e di comunità
GIOVEDÌ A CAMPOLONGO
In chiesa arriva il Vescovo in
collegamento TV. In questi giorni si fa
presente così nelle varie parrocchie.
C’è l’intervista a un testimone,
un medico bellunese impegnato in prima
persona nella cura dei malati in tempo di
Covid. Racconta l’esperienza difficile e la
volontà di non lasciarsi sopraffare dall’emergenza,
ma di voler essere comunque
sé stesso, cioè di sforzarsi di essere in
questo periodo, al di là della professione
medica, anche sposo e genitore.
La sostanza del discorso è che
la persona deve reagire ad ogni “sindrome
da pandemia”.
In scia con questa testimonianza,
alcuni tra i presenti accennano alla propria
esperienza, fatta in tempo di lockdown:
volontà di lavorare in presenza e a contatto
con le persone, superando la paura; cura
dei rapporti familiari con attenzione e speranza…
Si evidenziano fatti positivi di
questo periodo critico: la scuola è rimasta
aperta (in tutto per i più piccoli e in modo
parziale per i grandi; la messa festiva c’è
sempre stata e le chiese sono rimaste accessibili
e in questo modo si è permesso
alle persone di incontrarsi, sia pur con le
necessarie precauzioni.
VENERDÌ A CASADA
In sala della Regola di Casada si
è messi meglio e a proprio agio, su poltroncine
spostabili, a semicerchio.
Anche stasera arriva il Vescovo
Renato (via web) e un giovane seminarista
compare in compagnia di due amici, sposi
prossimi, mentre pure lui si trova alla vigilia
della sua consacrazione vocazionale.
Di qui ognuno parla della sua vocazione,
matrimoniale, imprenditoriale, di genitore e
anche di nonno… perché anche questa è
una vocazione che a un certo punto si
presenta ed
è del tutto
nuova!
S i
afferma che
rispondere
alla propria
vocazione è
fare le cose
“con cuore”.
Facendole
in questo
modo
le cose riescono.
La
vocazione è
una strada:
è sempre nuova, si presenta sempre nuova
e si modifica adattandosi col tempo…
Negli interventi tutti danno qualcosa di sé,
danno proprio il meglio!
A proposito di passi per prendersi
cura degli altri… c’è stato chi ha dovuto
stare isolato per il contagio e c’è stato chi
si è avvicinato alla sua porta non lasciando
mancar niente.
La frazione di Casada vuol offrire
agli ospiti di S. Stefano e Campolongo anche
qualcosa di sé e della propria storia
recente, fatta di immagini farcite di musica
e di bel canto… Ad un tratto il computer si
incanta. Vai a sapere… sono macchine intelligenti
che obbligano perfino a rispettare
il coprifuoco perché le 21 sono passate?
Ci si deve accontentare di questo assaggio,
ma quello che abbiamo avuto dai video
e dallo scambio di idee è qualcosa di
già molto sostanzioso.
Dopo lunghi digiuni, in fatto di incontri,
è stato con vivo piacere che ci si è
ritrovati insieme.
SABATO A S. STEFANO
Alla Messa della sera si è conclusa
la riflessione sul prendersi cura di sé e
degli altri… In che modo? Pregando.
Gli animatori
hanno
così riassunto
le
sere precedenti…
In questi
giorni abbiamo
condiviso
nelle
nostre comunità
l’iniziativa
dei
Giorni dello
Spirito e di
comunità.
Il tema di fondo di quest’anno è stato il
condividere nuovi passi per prendersi cura
della nostra vita, di ogni vocazione e gli uni
degli altri.
Abbiamo maturato l’esigenza di
una nuova fraternità, capace di aiuto reciproco
e di stima vicendevole, sentiamo, in
questo periodo più che in altri, che abbiamo
bisogno gli uni degli altri, che abbiamo
una responsabilità verso gli altri e verso il
mondo, che dobbiamo prenderci cura degli
altri.
Un modo per farlo è senza dubbio
la preghiera. Papa Francesco ha detto:
«La preghiera apre squarci di luce nelle tenebre
più fitte!» e mai come in questo periodo
abbiamo bisogno di vedere la luce.
Ecco quindi che durante questa Messa
siamo tutti invitati ad unirci nella preghiera
di intercessione a favore di tutte le nostre
comunità.
“ASSISTI IL TUO POPOLO”
Papa Francesco ha scritto queste
parole nel messaggio per la Giornata
mondiale del Malato (11 febbraio 2021):
«La vicinanza è un balsamo prezioso, che
dà sostegno e consolazione a chi soffre,
e viviamo questa vicinanza, oltre che personalmente,
anche in forma comunitaria,
infatti l’amore fraterno in Cristo genera una
comunità capace di guarigione, che non
abbandona nessuno, che include e accoglie
soprattutto i più fragili».
Nella preghiera abbiamo desiderato
farci vicini a tutte le persone delle nostre
comunità. Gesù, vincitore del peccato
e della morte, servito nel deserto dagli angeli,
ci incoraggia a perseverare in questo
cammino di conversione.
Abbiamo pregato per i giovani,
per gli ammalati, per chi ha difficoltà economiche,
per gli operatori sanitari, perché
nel nostro cuore non venga mai meno il
coraggio di affrontare le prove che incontriamo
nella vita.
4 La Conquista
La vita in Parrocchia
ULTIMO SALUTO A DON MAURIZIO
Sabato 16 gennaio a Danta, parroci
amici insieme con il vescovo, e presenti
le autorità, abbiamo concelebrato il
funerale di don Maurizio Doriguzzi.
Quando a fine dicembre 2018
era transvolato d’urgenza all’ospedale S.
Martino di Belluno, era cessata la presenza
fisica del parroco di Campolongo (dopo
37 anni!), ma certo non veniva meno la sua
presenza spirituale. Restava lui il pastore
“emerito” che dall’alto di Danta, a casa
sua dove era tornato per motivi di salute,
seguiva con l’affetto e la preghiera il popolo
che il Signore gli aveva affidato per oltre
trent’anni.
Benvoluto da tutti, a cominciare
dai suoi colleghi parroci, non si negava
alle nostre riunioni negli anni passati.
Ricordiamo la gioviale partecipazione
alle gite pellegrinaggio foraniali, a diversi
santuari lui un po’ più anziano «con questi
giovani!». Poi la sua puntuale presenza
alle riunioni (piuttosto rare a dire il vero!)
per iniziative pastorali e anche conviviali
(come quando gli avevamo organizzato un
pranzo per il suo 50° di sacerdozio, e ha
voluto poi offrircelo lui!).
Legami di affetto e di profonda
amicizia sono rimasti con i parrocchiani
di Campolongo. Gli effetti della sua opera
zelante di parroco, tanti anni, si vedono e
si sentono. Sono tanti i frutti di una presenza
attenta ma discreta, silenziosa ma
costante e determinata, umile e benevola
con tutti.
In questi due anni, la gente si
informava sempre del suo stato di salute.
Da parte sua, don Maurizio gradiva molto
qualche visita di parrocchiani, specialmente
dei bambini, ma dopo l’emergenza
Covid sono diventate più rare. Fortuna
che i social potevano supplire (senza pericolo!)
e anche l’autista della Dolomitibus,
Lorenzo, quando aveva la linea di Danta
manteneva i contatti settimanalmente e ci
aggiornava.
Don Maurizio non ha mancato
di scendere a concelebrare in chiesa, per
qualche occasione significativa di Campolongo,
come nelle feste di S. Giacomo
e della Madonna della Salute. Anzi, ha
superato sé stesso quando una volta ha
fatto anche lui tutto il percorso reggendo
la reliquia. Ha voluto esserci, un anno fa, al
funerale del giovane Gabriele.
L’opera pastorale di parroco, invisibile
e nascosta, si vede nella sensibilità
religiosa delle persone che rimane nei parrocchiani,
prima della cura dei particolari
nelle feste: nello zelo e nella partecipazione
collaborativa e corresponsabile di molti
laici… nella liturgia, nel canto, nella cura
degli edifici parrocchiali e nell’amministrazione.
Abbiamo dato l’ultimo saluto
al parroco “emerito”, ma è come non si
fosse mai staccato. Don Maurizio resta
nel ricordo di tutti, col suo volto sereno e
incoraggiante, col suo sorriso fatto anche
di arguzia e battutine simpatiche. Resta
soprattutto con la sua preghiera e gli incitamenti
decisi a perseverare sulla via della
fede. (don Paolino)
CONVERGENZA FORANIALE
Si è tenuta una riunione foraniale
on line il 18 dicembre. Vi ha partecipato
Nicola Pontil, vicepresidente del nostro
consiglio pastorale interparrocchiale.
Contento dell’esperienza ha comunicato:
«Ciao a tutti! Vi mando alcuni appunti della
riunione. Non è un verbale ma parte degli
interventi più saglienti così come ho cercato
di memorizzare. Scusate le imprecisioni,
ma ho scritto per far avere qualche
nota a chi non ha potuto esserci…
Personalmente ne sono uscito
contento, anche se non mi aspettavo miracoli.
Il confronto in forania è stato utile,
anche perché permette di conoscerci un
po’ meglio, di capirci anche nelle diversità,
di cercare nuovi stimoli anche se tendiamo
a mettere sempre davanti le difficoltà.
Il vescovo negli orientamenti pastorali
parlava di piccole luci da valorizzare:
non siamo dei fari, ma nel buio risalta
anche la luce delle piccole candele. Se
non ricordo male, Gesù non disse «State
fermi. Invocate lo Spirito Santo e qualcosa
succederà», ma «Andate, dunque!»…
NATALE IN CASA DI RIPOSO
Per gli ospiti della Casa di Soggiorno
queste festività sono state particolarmente
malinconiche e più di qualcuno
non ha nascosto il desiderio che
potessero passare in fretta. La difficoltà
ad accettare ancora il fatto di non poter
vedere i propri cari se non attraverso un
vetro, non potersi abbracciare, nemmeno
toccare, è grande, soprattutto in questo
periodo dell’anno che già di per sé rende
più complicato anche il fatto di trovarsi
ospiti in una struttura. Questa volta il tutto
si è amplificato dall’essere costretti a stare
“chiusi dentro” e non vedere mai nessuno
Ci piange il cuore di non aver potuto entrare più nella Casa di soggiorno che è rimasta prudentemente chiusa per
evitare contagi. Finalmente a Natale si è potuto comunicare via web e far arrivare la Messa dalla cappella di S. Stefano
al gruppo degli anziani radunati in sala. È stata una celebrazione vera: si vedevano le persone, si sentivano le
voci da una parte e dall’altra. Da una parte la liturgia, dall’altra risposte, canti e anche una poesia di saluto di Dino
Zandonella. Il “miracolo” del collegamento è stato fatto con la collaborazione di Vanessa e di Lorenzo. Preghiamo e
speriamo di tornare alla normalità!
La Conquista
5
varcare le porte della casa di soggiorno,
se non il personale che ci lavora.
La nostra vita, all’interno della
Casa di riposo, è fatta ancora di tante limitazioni,
ma sappiamo che fuori di qui tanta
gente ci vuole bene e si ricorda di noi.
Qualche giorno prima di Natale
ci sono arrivate in dono le creazioni dei ragazzi
delle scuole medie di Santo Stefano
e di San Pietro, fatti con grande inventiva
e cura, con soli materiali riciclati ; il 21
Dicembre ci siamo collegati con loro per
farci raccontare in che modo li avessero
realizzati, quali oggetti avessero utilizzato
e, naturalmente, anche per scambiarci gli
auguri di Buone Feste.
Anche la consueta messa settimanale
è solo un ricordo in via Dante Alighieri.
Nonostante le amicizie “altolocate”,
nemmeno a don Paolino è concesso entrare
in struttura, ma il 24 di Dicembre, grazie
al tecnico fidato Lorenzo Coluzzi e alle
moderne tecnologie è stato un po’ come
averlo con noi. Ci siamo collegati, e tramite
computer e proiettore abbiamo potuto
assistere alla S. Messa di Natale che don
Paolino ha celebrato (solo per noi!) nella
cappella invernale della chiesa di Santo
Stefano. È stato un momento molto sentito
da parte degli anziani e da parte di tutti
noi operatori: forse quest’anno, più delle
altre volte, abbiamo percepito il bisogno di
pregare, di rimanere uniti nella fede e nella
speranza che le cose finalmente migliorino.
Ed è stata anche un’occasione per
ricordare i nostri amici, con cui abbiamo
condiviso gioie e sofferenze, momenti belli
e brutti, e che purtroppo non ci sono più.
Desideriamo ringraziare anche
Serena Zandonella e le catechiste di S.
Stefano (Wilma, Lucia, Milena, Giuliana,
Domenica), tutti i familiari e i bambini di
Santo Stefano e di Campolongo che hanno
partecipato alla realizzazione dei videomessaggi
con canti, poesie e saluti per
rendere queste festività meno tristi e per
averci fatto sentire la loro vicinanza.
Vi ringraziamo davvero tutti con
grande affetto e riconoscenza e vi salutiamo,
mantenendo vivo il desiderio di
poter tornare a breve ad aprire le nostre
porte e rivedere le nostra casa rallegrata
dalla presenza di familiari, volontari, amici,
bambini.... (Vanessa Piovesan)
FESTE NATALIZIE
Silenziose, ritirate nel calore della
stufa e della famiglia, però vissute con
liturgie molto sentite, anche se con numeri
molto ridotti rispetto a come si era abituati.
C’è stata nell’antivigilia del Natale
la liturgia penitenziale che, con l’assoluzione
generale, ha riunito insieme tutti
coloro che negli anni passati facevano la
fila ai confessionali in occasione delle feste.
Questa forma di celebrazione è stata
permessa in via eccezionale perché è
prevista in tempo di pandemia (come in
tempo di guerra!).
L’iniziativa è venuta dai vescovi
del Triveneto. Le nostre parrocchie l’hanno
accolta bene, visto anche il numero dei
partecipanti, e con soddisfazione di tutti.
Molti conservano il desiderio di confessarsi
e, a causa del lock down, si era in
arretrato almeno di un anno.
Preghiera e auguri natalizi danno
la speranza di uscire un po’ alla volta
da questa situazione di rischio, e di necessaria
prudenza, per riprendere la vita
normale. Col canto si è fatto meglio che si
poteva, mancando la Corale, ma Lorenzo
all’organo c’era a creare il clima e a sostenere
le voci.
Saranno mancate molte cose,
quest’anno, ma non i presepi. Sono stati
allestiti nelle chiese con cura e maestria,
ma anche con la semplicità che fa risaltare
l’essenziale, cioè Gesù e le persone che
sono al centro del mistero.
REGALINI NATALIZI
Un’iniziativa di “Insieme si
può…” del Comelico la vigilia di Natale ha
fatto pervenire pacchetti contenenti qualcosa
di utile e simpatico. L’iniziativa, che
ha avuto molto seguito, intendeva raggiungere
famiglie meno abbienti con un
piccolo segno di amicizia.
Un regalo molto consistente è
arrivato invece dalla Diocesi alle parrocchie
che hanno avuto più difficoltà a causa
del Covid. Prima di Natale è arrivata
alle parrocchie di Costalissoio/Casada e
Campolongo la somma di 4mila euro ciascuna,
utile a compensare spese per sanificazione
e mancati introiti.
A PICCOLI GRUPPI
Gli incontri di catechismo sono
pressoché fermi da un anno. In autunno
ci sono stati i recuperi di cresime e prime
comunioni, ma poi c’è stato ancora lock
down.
Incoraggiati dal fatto che le
scuole vanno avanti lo stesso, a fine gennaio
ci si è accordati coi genitori per portare
avanti i piccoli gruppi che faranno –
se tutto va bene – le cresime (2 maggio) e
la prima comunione (9 e 16 maggio).
Si nota subito il cambiamento
rapido, da un anno all’altro, nella statura e
anche nel senso di responsabilità, specialmente
in seguito alle precauzioni da os-
Lavoro insolito per Amidu, operaio
esperto a montare impalcature, che si
è trovato a fare un lavoro proprio fuori
dall’ordinario per un africano.
servare in tempo di pandemia. Fa tenerezza
vedere la vivacità dei bambini frenata
dalle mascherine e non poter vedere i volti,
dai quali si nota subito lo stato d’animo
e i sorrisi, l’interesse o la rassegnazione,
partecipazione o passività, gioie e preoccupazioni.
GIORNI DELLO SPIRITO
Un anno fa erano stati ben programmati:
tre serate prevedevano incontri
a S. Stefano, a Casada e a Campolongo,
all’insegna dell’iniziativa diocesana denominata
“Giorni dello Spirito e di comunità”.
Poi non se n’era fatto più niente perché
proprio in quei giorni iniziava il lock
down.
Per i bambini lo spettacolo è pure insolito
e attraente. Spalatori sui tetti e
autoscale dei Vigili del Fuoco si sono
visti di frequente quest’inverno.
6 La Conquista
La voglia di “riprendere” ora c’è tutta: si è
accumulata e, dopo tanta attesa, si desidera
proprio di fare qualcosa. Si deve partire
un po’ in sordina, con prudenza (per
evitare assembramenti) e con sobrietà
(senza la bicchierata amichevole e senza
far troppo tardi per via del coprifuoco!),
ma si spera di ripartire per davvero.
2020 - RESOCONTO FINANZIARIO
Parrocchia di S. Stefano
Per vari motivi, specialmente per
la sospensione delle messe in un certo
periodo a causa della pandemia, le entrate
finanziarie sono complessivamente
diminuite: 4mila euro in meno di offerte
domenicali, mille in meno per candele votive,
675 in meno in occasione della benedizione
delle famiglie.
Parallelamente sono però diminuite
anche le spese solite. Ecco l’elenco
delle uscite: al primo posto il riscaldamento
(chiesa e casa parrocchiale) 8.507, imposte
e assicurazioni 5.246, luce 2.716 (e
gas 381), manutenzione fabbricati 1.921,
chiesa-culto 1.577, pullmino 1.256, telefono
622.
Il bollettino “La Conquista”
È in parità, pur con circa 500
euro in meno di entrate rispetto all’anno
precedente. Il costo totale di quattro numeri,
con in totale 144 pagine a colori, è
di euro 6.977. Bisogna a questo proposito
ringraziare Lorenzo che, col suo abile lavoro
di impaginazione telematico, permette
di risparmiare parecchio.
Sforamento per spese straordinarie
Tra entrate e uscite c’è sostanziale
parità. A sforare sono state due spese
a carattere straordinario. La prima di
euro 3.332 rappresenta il saldo per l’impianto
luce nuovo (spesa già prevista a
suo tempo). La seconda è dovuta alla sostituzione
di due battagli delle campane:
euro 2.074.
Il totale complessivo delle entrate
ammonta a 32.971 euro e delle uscite
a 38.574 euro. Lo sforamento è di 5.603
euro ed è compensato da un attivo degli
anni precedenti.
CONTI DI COSTALISSOIO - CASADA
Nell’anno 2020 si è dovuto intervenire
a riparare le vetrate della chiesa di
Casada. Dopo circa un anno di attesa, la
vetreria “Vierre” ha eseguito l’intervento.
Ha riposizionato vetri mancanti e ha messo
in solida vetrocamera la vetrata a nord.
Inoltre ha eseguito una piccola riparazione
sulla vetrata della facciata.
Finalmente si è potuto passare
l’inverno senza spifferi d’aria e pericolo di
caduta vetri.
La fattura, che la Regola ha detto
di voler saldare (e di questo ringraziamo!),
ammonta a 8.400 euro più Iva.
Come già si sa, la chiesa di Casada
ha bisogno di interventi di restauro
consistenti… a qualche parte del tetto,
ai cornicioni, al manto esterno soprattutto
del campanile e alla zoccolatura della
chiesa con risanamento. Per poter far
partire la domanda di contributo 8 x mille,
l’architetto Daniela e il suo team ARC
hanno predisposto il progetto di intervento
e hanno ottenuto l’autorizzazione della
Soprintendenza a tempo di record. Il compenso
dovuto è stato di euro 3.713 e bisogna
ringraziare per la rapidità con cui sono
riusciti a presentare il tutto entro il termine
che era metà novembre.
Confidiamo adesso in una risposta
positiva da Roma e poi nel contributo
anche da enti e privati locali per la parte
restante della somma che alla fine occorrerà.
Per dare un resoconto delle entrate
e uscite della parrocchia di Costalissoio
– Casada, si osserva che le entrate
ordinarie sono diminuite nel corso del
2020 (offerte in chiesa, benedizione, ecc.),
ma sono diminuite anche le uscite ordinarie
(con 1.072 euro in meno).
Le entrate nell’anno sono: elemosine
in chiesa 2.846, candele votive
615, altre offerte 776, benedizione famiglie
1.835, straordinarie (mercatino delle meraviglie)
2.000, riporto anno precedente
1.522. Il totale è di euro 9.594. Le uscite
sono: 1.498 imposte e assicurazioni, 376
culto in chiesa, 4.047 luce e riscaldamento
La neve della terrazza di casa è stata
smaltita così, con un voluminoso pupazzo,
cicciottello, e la bandiera che
tifa Lisa Vittozzi. Siamo a Casada.
(di cui 2.157 luce e gasolio a Costalissoio
e 1.872 luce a Casada), 170 offerte imperate
e 3.713 progetto e autorizzazioni. Il
totale è di 9.804 euro, per cui si pareggia
(quasi) il bilancio: meno 210 euro.
C’è da aggiungere che a fine
gennaio la Regola di Casada ha saldato
la fattura delle vetrate: euro 10.248. Una
buona notizia è anche quella che la diocesi
ha dato un contributo, di 4mila euro
ciascuna, a parrocchie disagiate di montagna
per spese di sanificazione da Covid
e altro: di questo ringraziano Costalissoio
/Casada, come pure Campolongo.
Marzo m to
Marzo mato e estrós
come un rédo capriziós.
Te pias canbié fazia
ogni dì,
ma ch són d isuda
t ne fas sintì.
Calch dì te ure,
n te sas che fèi,
se n fös al vénto
gniràa ncamò nèi.
E cuön ch al vénto
sófia benón
se sénte i rèume
ch fa mal de piön.
Un autro dì
iné un bél saróio che fnis
al nèi da dislegà.
Le fömne
vèrd fòra le finéstre,
le bate i léte
e le taca a netà.
Da la banda de Cróne
ne n é pi nèi
e grume d grasa
portade co l dèi
i fa figura in médo al prà:
gno ch é pi umdo
taca a verdolà.
Anch i canaie
l isuda sénte,
la scòla pöda,
n i a vòia da fèi niénte;
solo da córe e da mataié:
i somèia mate
pròpio com te.
Va là, va là, marzo,
fnis prösto parché
dòi te vèn aprile
ch pi savio l iné.
La Conquista
7
IN BREVE - IN BREVE - IN BREVE
L’ambulanza nel 2020
Dall’ufficio dei Vigili del Fuoco
di S. Stefano, Sebastiano Fontana ci
fa sapere alcuni dati riguardanti gli interventi
effettuati con l’ambulanza nel corso
dell’anno 2020. Nel Comune di S. Stefano
il numero degli interventi è stato 105,
segue Comelico Superiore con 77, poi S.
Pietro con 47, Auronzo con 5, S. Nicolò di
Comelico con 4, Danta con 1 e Sappada
con 1.
Aggiunge che nel corso dell’anno
ci sono stati vari interventi, coordinati
con l’elicottero del Suem, per persone
punte da vespe e allergiche, ma la
maggior parte degli interventi è stata per
persone anziane, allettate, per ricoveri o
visite in ospedale a Pieve, senza contare
poi quelle con sintomi di Covid e risultate
positive una volta effettuato il tampone al
pronto soccorso.
Ancora una volta si constata
quanto è importante e preziosa la presenza
dei VVF nella nostra zona disagiata.
Gli Alpini per
il Banco Alimentare
Come già si sa, nel novembre
scorso non si è potuto fare la consueta
colletta alimentare a causa del Covid. Gli
Alpini, che curavano la raccolta dei pacchi
nei supermercati, si sono trovati disoccupati
momentaneamente.
Allora hanno pensato bene di
destinare agli aiuti alimentari parte della
somma raccolta a primavera per l’emergenza
Covid. Una somma di 6.500 euro è
stata destinata in parti uguali a Comelico,
Centro Cadore e Val Boite, per acquistare
generi ogni mese, ad integrazione di quello
che si riceve dal centro di Udine, escludendo
di usare tale fondo per l’organizza
Tra montagne di neve e strani effetti si riesce a intravedere
il quadrante della farmacia che segna le temperature
meteo.
zione e trasporto coi pullmini (che sono a
carico delle parrocchie: S. Stefano mette
più di 2mila euro all’anno, e ringrazia l’opera
dei volontari!).
Ogni mese, in Cadore, gli Alpini
acquistano un quantitativo di generi che
vengono recapitati, per la parte spettante,
anche in Comelico. (Gennaio è stato il
mese dei wurstel).
A Udine ci danno ogni mese gli
aiuti del Fead (Ministero Lavoro e Politiche
sociali) e dell’Agea (Comunità europea).
Buon per noi che a dicembre c’è stato ad
Auronzo un supermercato (l’unico!) che ha
raccolto e recapitato una decina di scatoloni
per la nostra organizzazione a S.
Stefano. Da parte nostra, cerchiamo di
rispondere ad ogni richiesta di aiuto, almeno
per quanto riguarda generi di prima
necessità, e anzi chiediamo di segnalare
casi di bisogno senza esitare, perché i
tempi sono quelli che sono.
“Ripartire”
dei ragazzi di Facen
«Dal 22 febbraio al 9 giugno
2020 la Comunità di Villa S. Francesco in
Facen di Pedavena ha chiuso il cancello:
la pandemia con le sue ragioni non ha
concesso entrate in Comunità e nemmeno
uscite». È quanto si legge in una pubblicazione
uscita a natale e inviata agli amici.
«Non v’era che l’oratorio dedicato
al patrono S. Francesco Saverio per
ricevere qualche persona che aveva bisogno
di parlare, ascoltare, chiedere, anche
piangere, pure gioire, anche ora è così.
Vi era e vi è il Santissimo che
ascoltava, capiva, orientava, mediava,
soccorreva, trasformava, benediva, ovviamente
con la voce del silenzio, una
meraviglia. E alle 20,45 la preghiera del
vespro comunitario, vissuta dai ragazzi e
giovani con storie di vita differenti, anche
capacità limitate, con il
cuore significativo. E tutte
le sere con la memoria e la
richiesta di aiuto a Gesù e
Maria, il ricordo a persone
amiche malate, a chi
nel mondo lascia la vita,
un incoraggiamento e una
carezza a chi pareva a noi
avesse smarrito un poco
la speranza, insomma una
richiesta di intercessione
da mettere sul tavolo del
pane domestico, quello
Eucaristico prima di tutto,
il primo grande altare del
mondo ogni giorno…».
A ottobre si è ripartiti,
con i ragazzi a scuola e con le attività possibili
in tempo di pandemia. Uno sguardo
fugace al lungo, provvidenziale cammino
fatto negli anni dalla comunità, ma non c’è
tempo: si va avanti. Ripartono i ragazzi di
Aldo… «pochi, matti, pensanti, osanti».
Facciamo il tifo per voi!
Stradino in pensione
Pierino De Mario di Costalissoio, stradino
in servizio per 32 anni nel Comune di S.
Nicolò di Comelico, è andato in pensione,
salutato con rimpianto dalla comunità.
«Negli anni si è preso cura del territorio
ad ampio raggio, svolgendo il suo lavoro
con competenza e passione - si legge sul
Corriere delle Alpi che riporta il pensiero
dei residenti -; non potrebbe essere altrimenti,
del resto Pierino ha tenuto quotidianamente
pulite le strade del paese, con
la neve d’inverno e sotto il sole d’estate,
diventando un punto di riferimento, anche
a livello “informativo” per i turisti di passaggio
in Comelico. Uno stradino atipico
perché negli anni si è preso cura del cimitero
e, oltre ad occuparsi di tutte le principali
opere manutentive, ha curato anche il
parco dedicato ai cervi e, quando è stato
necessario, ha fatto anche l’accompagnatore
degli scolari sullo scuolabus…».
Aquila
salvata dai cacciatori
Trovata da un boscaiolo nella
zona di malga Melin, una giovane
aquila reale in difficoltà è stata soccorsa
dal presidente dell’azienda venatoria
di Costa e S. Nicolò, d’intesa con
la polizia provinciale. Si era ai primi di
dicembre. L’aquila si trovava a terra,
8 La Conquista
incapace di volare e di muoversi. È
stata messa in una gabbia e affidata
alle cure di un veterinario, con buone
speranze di salvarla e di riportarla a
volare nei luoghi dove è nata e cresciuta.
Alpinista precipita
ad Acquatona
Alpinista trentacinquenne di
Udine è volato per sei metri mentre
scalava il ghiaccio della cascata di
Acquatona. Non è stato giudicato in
pericolo di vita avendo riportato, alla
fine, contusioni lievi. Comunque essendo
la località sul confine tra Veneto
e Friuli, il Suem ha allertato le
stazioni del Soccorso alpino di Val
Comelico e Sappada e sono state
chiamate in campo anche la Guardia
di Finanza e l’ambulanza. Le squadre
sono calate in corda doppia dal livello
della strada fino al Piave, superando
un dislivello di 60 metri, hanno
spostato e imbarellato il ferito. Alla
fine l’elicottero del soccorso friulano
lo ha ricuperato con un verricello di
80 metri e lo ha portato in ospedale a
Udine.
Gei polo turistico
C’è qualche buona idea di
rilancio a Gei dell’area dell’impianto
di risalita dismesso e poi venduto.
Quest’inverno è stato rimesso in moto
il vecchio gatto delle nevi, di proprietà
del Comune, e sono state battute piste
di fondo per una lunghezza di 3 km.
La zona si è riempita di bambini con
gli slittini ed è stata anche frequentata
per lo sci alpinismo. In un inverno con
neve abbondante, con impianti chiusi
e divieto di spostamenti, la “Piccola
Russia” di S. Stefano che abbiamo vicino
a casa ha avuto il suo rilancio.
Abbondanti nevicate
Come formiche a Gei,
i bambini si vedono e si sentono fin qui.
Gennaio 2021 si è presentato
con tanta neve. Sono state almeno tre
le nevicate, particolarmente abbondanti,
che hanno messo in seria difficoltà
i paesi del Comelico. Gli abitanti
della montagna sono preparati agli
inverni, ma questa volta sono venuti
in aiuto per l’emergenza un esercito
volontari di rincalzo ai vigili del fuoco,
all’esercito, al personale dei comuni e
alle ditte private: tutti impegnati a liberare
i paesi, le piazze, perfino i tetti
delle case sporgenti sui transiti. Sono
stati circa duecento gli operatori impegnati:
47 vigili del fuoco con 25 mezzi;
l’esercito ha operato con 10 persone,
due piattaforme e una minipala, una
terna con camion; la protezione civile
con 74 volontari e il soccorso alpino
con altri 29. Poi ancora sono stati utilizzati
tre autocarri, due minipale, una
cesta cingolata… Anche Autostrade
per l’Italia ha messo a disposizione
una fresa per sgombrare la viabilità a
Campolongo. L’emergenza non è finita
perché dopo le nevicate c’è il pericolo
di valanghe e frane… Speriamo bene!
Troppi alberi
lungo le strade
La prima nevicata molto abbondante
ha bloccato tutta la viabilità
del Comelico. Mario Doriguzzi,
fondatore dell’azienda che si occupa
del taglio di legname, racconta che
sono state messe in campo cinque
squadre di boscaioli chiamati da
Anas, Veneto Strade e dai sindaci
per tagliare le piante schiantate, mettere
il legname in sicurezza ai bordi
delle strade, pulire la carreggiata dai
rami. I mezzi chiamati a ripulire le
strade dalla neve sono bloccati finché
ci sono tronchi in mezzo. Se non
si apre bene le strade, non possono
nemmeno farsi avanti coloro che devono
intervenire a riparare i cavi elettrici
e a portare i generatori a ridare
corrente ai paesi al buio. È stato un
lavoro immane.
Scoppia una bombola
L’ultima sera dell’anno, sirene
spiegate dei pompieri hanno attraversato
il paese. Alle 21,30 un furioso
incendio è divampato a Tamber, innescato
dallo scoppio di una bombola.
Molta paura e pure i danni, ma per
fortuna sane e salve le due famiglie
dei fratelli meccanici Armando e Giordano:
nessuno ferito né intossicato.
Sono stati pronti a uscire dagli alloggi
e gli interventi dei vigili del fuoco sono
stati tempestivi.
Scontro a Presenaio
Due auto si sono scontrate
frontalmente a Presenaio il 4 febbraio.
Forse abbagliata dal sole una delle
due ha provocato l’impatto, invadendo
la corsia opposta, ma la velocità era
bassa e non ci sono state lesioni. Sono
stati chiamati subito i vigili del fuoco
di S. Stefano, ma senza ambulanza.
Invece la viabilità ha registrato code e
disagi per sosta di circa un’ora.
Angelina
Ci ha lasciati serenamente il 4
febbraio, Angelina.
Si rimane sempre un po’ sorpresi,
davanti a un’epigrafe, apprendendo
della scomparsa di una persona
che, in un certo qual modo, nella
mente, rientra nel novero delle figure
che, chissà perché, sembra non dovrebbero
andarsene mai.
Si può dire che per un trentennio
Angelina è stata, per la quasi
totalità degli attuali over 40 del comu-
Gran lavoro di braccia quest’inverno
per scavarsi il sentiero di casa.
La Conquista
9
ne di S. Stefano (e anche molti di Danta!),
il simbolo in carne ed ossa della
scuola media di S. Stefano. Certo non
c’era solo lei ad occuparsi delle pulizie,
nel grande edificio di via Udine; i bidelli
(continuiamo pure a chiamarli così!)
erano diversi, suddivisi nelle tre sezioni,
e tutti hanno lasciato negli alunni un
caro ricordo. A ripensarci, oggi, sembra
quasi che si fossero suddivisi tra
loro gli “incarichi speciali”, quelli che
esulavano dall’inquadramento contrattuale:
la “pedagogia applicata”,
insomma. C’era chi, al bisogno, elargiva
qualche istruttiva pedata, oppure
chi si occupava di mantenere l’ordine
pubblico con qualche strigliata e tirata
d’orecchi…
… e poi c’era Angelina. Lei
era sempre presente, lì in corridoio:
non un capello fuori posto, il sorriso
solare e bonario, gli occhi luminosi.
Per il servizio indossava la divisa d’ordinanza:
i scarpét e il tòni blu; guanti
e straccio erano sempre a portata di
mano, come anche i ferri ed il gomitolo
del filo, perché durante le ore di lezione,
a quei tempi, se non c’erano ordini
particolari, si poteva fare anche un po’
a maglia.
La scuola degli anni ‘80 era
ben diversa da quella attuale; meno
“buona”, forse? Chissà… A cadenze
pressoché regolari c’era qualche studente
che veniva messo in castigo
fuori dalla porta, e lei era lì: chiedeva
il perché e, facendoti sedere accanto a
lei sulla panchetta delle scarpe, posando
i ferri, cercava di spiegarti che «bisogna
essere educati, obbedienti, silenziosi…»,
fino a quando l’insegnante
non mandava qualcuno a richiamarti
in classe, sempre che la pena comminata
non durasse tutta l’ora. A quei
tempi poi, fioccavano copiose anche
insufficienze e note sul libretto: Angelina
aveva il dono di saper leggere
sulla faccia degli studenti, anche dei
più disinvolti, quando qualcosa andava
storto in fatto di rendimento. E lì, in
corridoio, mentre durante la ricreazione
invece di giocare coi compagni te
ne stavi da solo con i gomiti appoggiati
al davanzale a guardare il cielo quasi
a implorare un suggerimento su come
rendicontare a casa l’insuccesso del
giorno, lei si avvicinava e con discrezione
ti diceva qualcosa per tirarti su il
morale, raccomandando: «… e contighi
pena che te rue a cèda, a to mare,
parchiè senò dopo é pèdo…».
Non era infrequente incontrarla
a S. Stefano, indaffarata attorno
a casa o alla Fiera: «Ciao Angelina!»,
e anche se era passato un secolo, lei
ti guardava, ti sorrideva, e ricambiava
il saluto chiamandoti per nome, come
se avesse ancora in mano il registro di
classe.
Sarà anche per questo che a
volte sembra che certe persone non
debbano andarsene mai? (lc)
Il centro storico
1987
Scuola media
di S. Stefano:
Angelina, Sergio
e Luigino posano
per una foto
ricordo ai piedi
della scala che
conduce all’ufficio
del Preside.
Tra loro Alex, che
proprio non ne
vuol sapere di
concedersi all’obbiettivo,
nonostante
le esortazioni
della bidella.
Il centro definisce il paese.
Per cui curare il centro, il cuore del
paese, è molto importante, costituisce
il biglietto da visita per i visitatori, gli
ospiti anche di passaggio, i villeggianti.
Se fortunatamente nel centro
esiste un antico manufatto, un reperto
antico, case datate, sono elementi da
sottolineare, proteggere e da restaurare
costantemente, per preservarli,
in quanto costituiscono testimonianza
tipica, locale, storica del paese.
Il centro storico. Se c’è qualche
appiglio gli ospiti sono curiosi, vogliono
conoscere la storia del paese. In
ogni caso il centro chiede abbellimenti,
aiuole, fioriere, panchine, targhe per
fatti storici se ci sono stati. Nei paesi ci
sono fatti, avvenimenti da ricordare e
le targhe sono importantissime. In Comelico
ci sono tanti fatti storici e personaggi
da far conoscere, importanti
da evidenziare e segnalare soprattutto
nelle zone turistiche. (G. Buzzo)
Qui per caso e...
Una coppia. Due amici in vacanza.
Qui per caso e siamo rimasti.
Pensavamo: questo posto di montagna
va bene per le vacanze, invece abbiamo
visto che è possibile fare qualcosa
di nuovo, diventare imprenditori
agricoli, allevatori.
Siamo venuti a conoscenza
che giovani hanno lasciato la città e
hanno scelto di produrre in montagna.
Anche noi ci siamo trovati qui a fare
qualcosa di nuovo. Abbiamo una visione
diversa da quella che avevamo
prima e abbiamo deciso di provare
l’esperienza di produttori agricoli. Così
abbiamo iniziato un percorso diverso
da quello che avevamo pensato.
Veramente ci hanno sempre
affascinato gli imprenditori liberi, in
proprio, e respirare aria pulita. Qui in
vacanza siamo tornati e rimasti. Altri
giovani hanno scelto la montagna e
gestiscono agriturismo, foresterie…
(G. Buzzo)
Nuovi stili per la gastronomia
di montagna
Ci saranno nuove pratiche in
cucina con l’impiego di erbe e di erbe
selvatiche e bacche nella confezione
dei cibi nella cucina di montagna.
Le nonne conoscevano molto
bene le erbe selvatiche, da usare
in cucina, le impiegavano largamente.
Testimonianze sono le erbe nei ripieni
dei casanziei, la “dota”, le “radice”, i
radicchi di prato cotti e conditi con patate
lesse, o soli, conditi con pancetta
a cubetti, il grasso bollente dei dadini
sciolto.
Tanti chef già agiscono in
questo senso, operano con prodotti
chilometro zero e erbe selvatiche. A
Cortina, per queste scelte, il ristorante
“San Brite” stellato (nel 2020 una stella
Michelin), ha ricevuto il premio del
Lagazuoi Expo Dolomiti. Il “San Brite”
in ladino d’Ampezzo è composto da
“san”, sano, e “brite”, malga.
Ristorante sano per mangiare
sano. (G. Buzzo)
Trattoria
Arrigo Cipriani, lo storico proprietario
dell’Harry’s Bar di Venezia in
Piazza San Marco, ricco di esperienza
nella ristorazione, maturata in settant’
anni nel settore, ha detto: “La vera cu-
10 La Conquista
cina è quella della trattoria, meglio se
familiare e ancor di più se recupera le
ricette della nonna”.
A S. Stefano, vicino alla Chiesa
madre del Comelico, c’era la trattoria
“Al Cacciatore”, base dei cacciatori.
La trattoria non esiste più ma è
diventata celebre perché era la trattoria
quotidiana dei Zanzotto, padre e
figlio, il professore e pittore Giovanni e
il futuro grande poeta veneto Andrea.
(G. Buzzo)
Laurea
Beatrice Lo Vullo
ha conseguito la laurea breve in
Scienze infermieristiche a Feltre,
polo dell’Ateneo di Padova.
Beatrice, nel frattempo, lavorava
già in RSA e ora continua
a tempo pieno in Casa di Riposo
a Meano (Santa Giustina). Ha discusso
la tesi dal titolo: “Epilessia
tra stigma e miscredenza. Educare
per conoscere e gestire: una revisione
della letteratura. Progetto
educativo rivolto alle scuole”.
Complimenti a Beatrice, oltre
che dai familiari e dagli amici,
anche dalle colonne de “La Conquista”
per il 110 e lode! ... e per la
scelta di una professione veramente
molto impegnativa, e, al tempo
stesso, anche tanto preziosa per la
nostra società.
Santi del Comelico
San Leonardo, patrono dell’antica
chiesa di Casamazzagno e
della locale Regola, fa parte dei
Santi del Comelico che sono
raffigurati nei quadri in alto, sulle
pareti della chiesa pievanale
di S.Stefano: terzo a sinistra
entrando.
Di San Leonardo di Nobiliacum
(o Limoges) abbiamo poche
notizie, per di più leggendarie,
e ci riportano a Clodoveo, il
fondatore del regno dei Franchi…
e questo invece è storia!
Clodoveo, convertito e battezzato
da S. Remigio a Reims la
notte di Natale del 498 o 499,
segna una pietra miliare nella
storia d’Europa come primo re
barbaro diventato cattolico e
capostipite di una nazione, la Francia, che sarà sempre fedele sostegno
al papa di Roma.
S. Leonardo sarebbe stato amico di Clodoveo e collaboratore di San
Remigio con la facoltà di liberare prigionieri, facoltà effettivamente affidata
al vescovo suo superiore. Uno scritto riguardante la sua vita, opera
di un anonimo, gli fece acquistare fama verso il Mille e la sua popolarità
crebbe a dismisura all’epoca delle Crociate, invocato e venerato soprattutto
dai prigionieri liberati. È per questo che il Santo è raffigurato con
catene in mano.
Il dipinto del Monforti, presente nella chiesa di S.Stefano e qui riportato,
presenta S. Leonardo entro una finta cornice a fogliami, in piedi,
con una lunga veste monacale scura e le mani incrociate sul petto; il volto
porta una folta barba e lo sguardo è rivolto verso l’alto con espressione
orante e assorta. Alla sua destra, un libro aperto è appoggiato su una roccia
e, a sinistra, un putto che regge manette e catene dalle quali il Santo
ha liberato molti infelici.
Il Santo fu invocato come protettore dei prigionieri e, in seguito, anche
dei fabbricanti di catene, di ceppi, fibbie, fermagli e arnesi affini e anche
protettore contro i briganti. In Belgio è anche protettore dei minatori.
La Conquista
11
A chi della Bibbia...
ne sa poco o niente
Nella Bibbia
ci sono anche novelle
Le novelle sono racconti,
non lunghi, di fatti inventati ma toccanti.
Può sembrare strano, ma
delle novelle così hanno trovato
posto in un libro “serio” come la
Bibbia. Si possono classificare in
questa serie di racconti i libretti di
Rut, Tobia, Ester, Giuditta e pure il
profeta Giona.
Le “Cenerentole”
Rut la Moabìta è una povera
vedova straniera che trova un
marito ricco e generoso, Booz. Lo
sposa per dare un figlio maschio a
sua suocera, vedova anch’essa e rimasta
senza figli.
Più prossima alla storia
di Cenerentola è Ester perché, da
semplice ragazza ebrea, diventa regina
di Persia. Sembra proprio uno
dei racconti orientali, magari delle
“Mille e una notte”, quando Ester
assieme a Mardocheo riescono a
sventare un complotto contro gli
ebrei dell’impero persiano.
Il racconto è tipico della
mentalità della diaspora, dove si devono
usare tutti i mezzi per sfuggire
a gravi pericoli che, a volte, minacciano
la piccola comunità indifesa
degli ebrei.
Tobia e l’Angelo
È un’altra storia tipica della
diaspora. I problemi sono la vecchiaia,
l’eredità, il matrimonio che
sia con correligionari, i lunghi viaggi
e le difficoltà a vivere la fede in
un ambiente talvolta ostile.
Il ragazzo, Tobia, deve recarsi
nella lontana Persia da un parente
a riscuotere una somma di suo
padre. Trova un compagno di viaggio
provvidenziale che lo aiuterà in
diverse occasioni. Arriva dal parente
ebreo e ne sposa anche la figlia
Sara. Torna a casa col denaro e un
rimedio che guarisce il padre cieco,
col fegato di un pesce… Alla fine
il misterioso compagno di viaggio
svela la sua identità e tutti sono stupiti,
ma non il lettore che era già al
corrente: si tratta dell’angelo Raffaele.
Tobia è un libro recente.
Pare abbia somiglianze col racconto
greco dell’Odissea. Anche la fede
negli “angeli custodi” pare sia nata
con questo racconto.
Una “partigiana” audace
Pieve di S. Stefano. Altare del Battesimo
di Gesù: un robusto Angelo conduce
a lunghi passi un Tobia ragazzino.
Giuditta è un racconto epico
di un’eroina che riesce a liberare
la sua città, Betulia: seduce il
comandante dell’esercito nemico,
Oloferne, e approfitta per tagliargli
la testa.
Dal punto di vista storico,
il racconto sembra inverosimile e
mette in scena la comunità ebrea
che deve usare l’intelligenza e anche
l’astuzia, non potendo disporre
di altra forza per difendersi. Qui
ritroviamo, come già nel libro di
Ester, la paura del piccolo popolo di
essere annientato dai potenti.
Giona uno strano profeta
Viene mandato a predicare
un castigo alla città di Ninive e, invece
di andare lì, scappa in direzione
opposta. All’inizio non si capisce
bene se ha paura di andare nella
crudele città capitale degli Assiri,
poi invece vien fuori che è contrario
al perdono di Dio verso chi si pente.
La fiaba del pesce enorme
(ripresa in epoca moderna dal libro
di Pinocchio) porta al ricupero di
Giona in mare per rimetterlo nella
giusta direzione. Ninive prende
sul serio il messaggio dell’inviato
di Dio e si converte. Il profeta sorprende
perché, anziché gioire, si
infuria per la misericordia usata dal
Signore.
Il racconto ha risvolti paradossali
e anche ridicoli, ma in realtà
contesta la diffidenza diffusa tra
gli ebrei verso gli stranieri, cioè un
atteggiamento frequente negli ebrei
del post-esilio. A dover cambiare
opinione (e convertirsi) questa volta
non è forse il profeta, insieme al
lettore?
Incoerenze dei racconti
È poco realistico che Giona
viva tre giorni nel ventre della balena.
Riferimenti di nomi e vicende,
presenti nelle “novelle”, non corrispondono:
Nabucodonosor in Assiria,
nomi persiani di re babilonesi…
Alcuni racconti sono molto aperti
verso gli stranieri, come Ester e
Giuditta, altri vedono gli stranieri
soprattutto come nemici minacciosi.
La biblioteca ebraica, la
Bibbia, ha conservato opere che riflettono
opinioni diverse, tenendo le
une accanto alle altre.
12 La Conquista
Nella casa del Padre
Don Maurizio è tornato alla
casa del Padre nel primo pomeriggio del
13 gennaio scorso: da Danta, la notizia
è giunta improvvisa, quando nessuno
se l’aspettava, sebbene il male l’avesse
minato nel fisico già da due anni. Tutto
tranquillo fino alla mattina del 10, quando,
come ogni giorno, aveva celebrato la
S. Messa in casa. Poi, il
repentino aggravamento
che l’ha costretto a letto
per tre giorni, prima di
esalare l’ultimo respiro.
In pochi minuti la notizia
ha fatto il giro del paese,
suscitando il cordoglio di
tutta la comunità di Campolongo
per la scomparsa
dell’amato pastore, che
per 37 anni ne è stato la
guida spirituale e primo
punto di riferimento in
ogni circostanza, lieta e
triste.
Già da quel lontano
1° settembre 1982,
don Maurizio fu capace di instaurare con
tutto il paese, nelle sue diverse anime,
un rapporto basato sulla disponibilità e
sulla piena collaborazione, che ben presto
fu cementato dalla stima e dal rispetto
reciproco. I suoi remi sono sempre stati
senz’altro il carattere mite (ma anche caparbio
al tempo stesso) e la grande dote
dell’umiltà; la sua bussola una fede incrollabile;
suo timone il Vangelo di Cristo.
Da questa rotta non ha mai deviato, e
sulla sua barca, che ha traghettato la Parrocchia
dal secondo al terzo millennio, in
bonaccia e in tempeste, ha accolto tutti
senza distinzioni: cardinali e laici, agiati
e disagiati, intellettuali e operai, credenti
e atei.
Alla fine del 2018, a poco più
di un mese dalla scomparsa di Adriano,
il collaboratore più stretto, e amico tra
i più fidati, fu un malore improvviso a
rivelare la presenza della patologia che
progressivamente l’avrebbe minato nel
fisico ma non nello spirito.
Non è stata la malattia però la
sofferenza più grande: il dolore più intenso,
in questi due anni, è stato quello
provocato dal distacco dal paese che
ormai era diventato “il suo”. «Cosa volete…
quassù ormai conosco ben poche
persone…» - confidava - «la “mia” Danta
è tutta in cimitero…». E quando scendeva
a fondovalle per una visita, chi lo
incontrava quando usciva dalla chiesa,
dove non mancava mai di sostare in preghiera
davanti all’altare della Madonna,
si accorgeva subito del benefico effetto
che l’aria, l’ambiente, il rumore del Piave,
che giusto lì sotto si scontra
con il Frison, avevano su di lui.
Non ha cambiato stile neppure
nelle ultime volontà, dalle quali
traspaiono ancora una volta le
naturali doti della umiltà e della
semplicità: «Desidero essere
rivestito con la sola mia veste
talare nera, non con i paramenti
liturgici, e voglio essere sepolto
a Danta, nel cimitero del paese
dove sono nato, ma non nella
cappella riservata ai preti! Giù,
sotto terra, con la gente!».
Durante i suoi quasi otto lustri
ai piedi delle Terze, per sé non
ha mai preteso nulla, nemmeno
un semplice grazie, che però è
sempre arrivato copioso dalla sua gente,
più a fatti che a parole, e che dal 13 gennaio
2021 si è trasformato in centinaia di
messaggi di affetto e riconoscenza profondi,
come se ad andarsene fosse stato
proprio il papà di tutti.
E non mancherà, la “sua” Campolongo,
di ricordarlo proprio così:
come un padre, del quale mai viene meno
la memoria del volto, delle parole, dell’esempio.
La Conquista
Le esequie a Danta
13
va, che ha proposto alcune note biografiche
di don Maurizio sottolineando che
la conclusione del suo servizio pastorale
a Campolongo nell’inverno tra il 2018
e il 2019 fu motivo di grande sofferenza
per lui e per la sua comunità che l’ha
sempre amato per il suo stile semplice e
discreto, per la generosa dedizione con
cui accompagnava la sua gente nei vari
momenti della vita interessandosi dei
problemi familiari e anche sociali, come
un buon pastore che condivide tutto
con il suo gregge. (L’Amico del Popolo –
16/01/2021)
«Grazie don Maurizio», così si
è conclusa l’omelia che il Vescovo Renato
ha tenuto nella mattinata di sabato
16 gennaio, a Danta, durante il funerale
di don Maurizio. All’inizio del suo dire
il Vescovo ha ricordato l’unzione degli
infermi ricevuta da don Maurizio poco
prima di morire, un’unzione – ha sottolineato
il Vescovo – che gli ha fatto
percepire in profondità la vicinanza di
Gesù, il suo prendere per mano che dà
concretezza alla sua alleanza con noi,
schiudendoci alla sua Pasqua e in particolare
alla sua resurrezione.
Nel corso del suo ministero – ha continuato
mons. Marangoni – con discrezione
di parole e di gesti, don Maurizio ha
saputo donare questa vicinanza, una vicinanza
di amore e di vita, che cura, che
consola, che rialza.
In questi ultimi tempi, da
quando è tornato nella sua Danta – ha
proseguito il Vescovo – don Maurizio è
sembrato esprimere la leggerezza che ha
connotato tutto il suo ministero. Egli si è
sempre rivestito di silenzio che si combinava
con il suo sorriso contenuto, carico
di uno sguardo di conoscenza interiore
e profondo. Era il suo modo di essere e
anche di rapportarsi con il mondo. La
fedeltà e l’attaccamento quotidiano con
cui ha svolto il suo ministero sono scritti
ora nel cuore delle comunità cui è stato
inviato.
Don Maurizio – ha fatto ancora
presente mons. Marangoni – ha portato
sulla sua pelle, nello stile semplice e fedele
che ha caratterizzato il suo ministero,
ciò che si dice di Gesù nella lettera
agli Ebrei: rendersi in tutto simile ai fratelli
per diventare un sacerdote misericordioso
e degno di fede nelle cose che
riguardano Dio.
Quando si è trattato di sollevarlo
dal suo servizio di parroco a motivo
del suo precario stato di salute – ha aggiunto
il Vescovo – mi ha colpito il suo
attaccamento affettivo e spirituale alla
comunità di Campolongo che portava
nel cuore. Possiamo dire: in tutto simile
ai fratelli, come è di Cristo. Quella
piazza, tra la chiesa di Campolongo e la
canonica, era spazio di attaccamento alla
gente, di cura pastorale, di visione, di
preghiera, di sguardo d’amore.
Le parole mai eccessive che
don Maurizio pronunciava – ha sottolineato
mons. Marangoni – avevano il sapore
evangelico. Dette con precisione e
misurate e veicolavano incoraggiamento
e fiducia. E lui si sentiva corrisposto,
sostenuto dalla popolazione. Quando ci
si preoccupava per il suo stato di salute,
trapelava in lui questo sentirsi accudito e
aiutato («Un grazie allora alla comunità
di Campolongo!», ha detto il Vescovo).
Don Maurizio aveva parole di
fiducia nei confronti della sua gente e si
sentiva in pace con essa. Si faceva carico
di tante situazioni di vita che lui ha portato
nel cuore, nei suoi pensieri, nella
concretezza della sua carità.
È bello per noi rivisitare la sua
ultima stagione di vita nella comunità di
Danta accompagnato dai familiari e da
persone che gli sono state a fianco – ha
concluso mons. Marangoni -. In questa
ultima fase don Maurizio ha continuato
nella preghiera il suo ministero, proseguendo
a vivere nella preghiera nel cuore
delle comunità a cui è rimasto legato.
Al termine della celebrazione
ha preso la parola il Vicario generale
della Diocesi, don Graziano Dalla Cane-
Nei giorni che hanno preceduto le
esequie, da Campolongo c’è stato un gran
andirivieni di auto per Danta, dove tanti
parrocchiani si sono recati per un ultimo
saluto a don Maurizio e una preghiera sul
feretro. A causa della pandemia, il giorno
del funerale non si è registrata la presenza
in massa di tante persone, come sicuramente
sarebbe avvenuto in tempi normali, tuttavia,
grazie alla trasmissione in diretta organizzata
da Paolo Costan Dorigon su Facebook,
sono state oltre 900 le persone, dal Comelico
e anche dall’estero, che hanno partecipato!
CENNI ANAGRAFICI
Era nato a Danta il 13 marzo
1941, da Luigi e Giulia Menia Cadore.
Dopo aver frequentato la scuola del
paese, incoraggiato da don Alberto
Chiarelli, l’indimenticato sacerdote che
fu Parroco di Danta dal 1929 al 1975,
il giovane Maurizio entrò nel Seminario
minore di Feltre, dove proseguì gli studi
e maturò la sua vocazione. Da qui,
passò al Seminario maggiore di Belluno,
dove completò la sua formazione.
Fu ordinato sacerdote dal Vescovo
Muccin il 29 giugno 1968, in un prefabbricato
adibito a chiesa nella Longarone
che portava ancora ben visibili le ferite
del disastro del Vajont, assieme a
don Giuseppe Capraro e a don Gemo
Bianchi. Il giorno successivo, nel suo
paese natio, celebrò la prima Messa,
assieme al suo Parroco e al fratello Padre
Angelo, Carmelitano Scalzo, che fu
poi missionario per molti anni in Madagascar.
I primi incarichi pastorali lo videro
cappellano a Sospirolo (1968 -1970)
e a Polpet – Ponte nelle Alpi (1970 –
1972), accanto a don Fortunato Zalivani,
di cui ricordava spesso la figura
esemplare di sacerdote e maestro. Nel
1972 giunse la nomina a Parroco di
Dosoledo, dove rimase per dieci anni,
fino al 1982, quando il Vescovo Ducoli
lo nominò Parroco di Campolongo. Per
dodici anni, risiedendo a Campolongo,
fu anche Parroco di Costalta (2003 –
2015), su mandato del Vescovo Savio.
14 La Conquista
I sentimenti
dei parrocchiani
È stato Lorenzo, alla fine della
recita del Rosario a Campolongo, in
chiesa, la sera prima del funerale, a dare
voce ai pensieri di tutta la Comunità parrocchiale:
Sono sicuro che da lassù, vedendomi
qui all’ambone, allargando le
braccia e alzando gli occhi avrai esclamato:
«Oh Dio! Chié faralo sto Pafut…
comédie!». Mi pare quasi di vedere il
gesto della mano accompagnare le tue
parole: «Stringi, stringi!». Prometto che
stavolta cercherò di essere breve.
Anzitutto, su incarico dei tuoi
familiari, mi faccio interprete dei loro
sentimenti di gratitudine verso Mons.
Vescovo Renato, Mons. Andrich, il Vicario
generale, don Fabio, don Paolino,
gli altri amici preti e tutte le persone
che sono state loro vicine nei mesi della
malattia e in questi giorni di lutto. Un
pensiero tutto speciale, di affetto e riconoscenza,
da parte della tua famiglia, è
riservato alla gente di Campolongo per
tutto quello che ha condiviso in tanti
anni con te.
Dal canto mio, non starò certo
qui a ripercorrere le tappe del tuo cammino
sacerdotale nelle Comunità che
hai servito, e tantomeno di quello quasi
quarantennale a Campolongo: non la
finiremmo più! E poi sai già che tutti ti
portiamo e ti porteremo sempre nel cuore
come hai fatto tu, soprattutto in questi
due anni trascorsi a Danta, da dove ogni
volta che passavo a trovarti, al momento
dei saluti mi dicevi: «Ciao, alla prossima!
E mi raccomando, salutami tutta Campolongo!».
Non è necessario neppure star
qui a tessere ricami sui pregi e i difetti
che hanno tinto la tua figura di uomo e di
sacerdote: «È solo il Signore che sa tutto,
e solo questo importa!», come amavi
ripetere spesso. Sono sicuro però di interpretare
i sentimenti dei più nell’esprimere
pubblicamente solo tre pensieri,
tra i tanti che hanno fatto capolino dal
cuore alla testa in questi giorni.
Il primo: in tutta la tua attività
pastorale non hai mai fatto a meno,
neppure una volta, di mettere al primo
posto gli insegnamenti del Vangelo: la
fede, la preghiera, la carità. Ne sei stato
sempre il primo testimone, soprattutto
nella carità: grande, discreta e sempre di
tasca tua, indistintamente per chiunque
abbia bussato al tuo portone. E se per
caso capitava che lì con te in canonica
ci fossi anch’io, ti affrettavi nel bruciare
le ricevute delle bollette o le quietanze
delle fatture, esclamando: «Noi cristiani,
per prima cosa, dobbiamo imparare
a sentirci responsabili anche del rossore
degli altri…». La banalità del bene, verrebbe
da pensare sulla semplicità dell’espressione,
se questa non contenesse un
significato ben più profondo.
Sei stato prete per Cristo, con
Cristo e in Cristo, viene da dire, e per
questo ti ringraziamo.
Il secondo pensiero: se qualcuno
mi chiedesse oggi di descriverti con
una parola, lascerei tutti gli aggettivi del
vocabolario per un sostantivo soltanto:
8.9.1975:
don Maurizio
(primo a dx),
già parroco
a Dosoledo
da tre anni,
concelebra
con d. Pietro
Dell’Amico
(cappellano
di Polpet), un
altro sacerdote
e e don
Pasquale
Campigotto
in occasione
della festa
patronale.
Presiede
don Fortunato
Zalivani,
primo indimenticato
parroco di
P. n. Alpi -
Polpet.
silenzio. Sei
stato fino
all’ultimo
giorno l’uomo
e il sacerdote
del
silenzio: silenzio
di chi
è semplice,
di chi prega,
di chi sa
riconoscere
i propri limiti,
di chi
accoglie, di
chi è attento
alle necessità
degli
altri, di chi
preferisce
rispondere
che chiedere, di chi sa leggere nei cuori
e che tace e perdona anche quando, a ragione,
potrebbe rispondere ad alta voce
alle critiche, allo scherno, alle falsità.
Sei stato un buon prete, don
Maurizio, e anche per tutto questo ti diciamo
grazie.
Il terzo: da quando s’è saputo
della tua morte, sono stati in tanti, da tutto
il Comelico, a dedicarti un pensiero
con messaggi di cordoglio, di stima, di
affetto, di riconoscenza. Quasi tutti hanno
potuto leggere quelli su Facebook,
veramente toccanti. Pensa però che c’è
stato anche chi mi ha scritto privatamente.
Sono stati i primi ad arrivare, i messaggi
di quelli del classico «io in chiesa
non entro di sicuro» o peggio… i messaggi
dei cosiddetti “lontani” insomma.
Credimi: sono tra le parole più limpide
che io abbia potuto leggere in questi
giorni.
Cento: tanti sono i passi che
separano la canonica di Campolongo
dalla chiesa; raramente sei andato oltre.
Eppure, rileggendo le parole di quei
“lontani”, che evidentemente poi tanto
lontani non sono, credo di farti il regalo
più bello nel dirti qui, oggi, davanti a tutti
“i vicini”, che lungo quei cento passi
non hai sotterrato i talenti a te affidati,
ma li hai fatti fruttare a dovere.
«Bene dunque, servo buono
e fedele, prendi parte alla gioia del tuo
Signore!».
Qualcuno ha espresso di getto i
propri sentimenti, con iniziative fuori dal
cliché tradizionale, ma spontanee, partite
dal cuore, come Christian o i coscritti...
La Conquista
15
Don, fèi bon viado!
La più comune
delle espressioni
dialettali,
usate qui da
noi per salutare
un caro amico
che se ne va, ha
dato il nome a
una nuova
“via” alpinistica.
L’ha aperta
Christian Casanova
(d Nazio),
classe’83, da
sempre appassionato
di roccia
e già autore
di imprese alpinistiche degne di nota, che ha dedicato il
nuovo tracciato alla memoria di don Maurizio.
La novità per gli amanti dell’arrampicata si trova
sulla parete rocciosa alle pendici sud del Monte Carro che
sovrasta la statale 52 bis, salendo verso Sappada, a sinistra
del primo ponte dopo la galleria di Salafossa.
È stato lo stesso Christian a raccontarci questa sua
nuova avventura: «Il 14 gennaio, grazie all’aiuto dell’amico
Lorenzo Zanella che mi ha assicurato, dopo quasi due
anni di inattività a causa di un infortunio, ho rispolverato
le picche, chiodando e liberando una nuova bella via di misto,
su roccia e ghiaccio, tra le cascate L’immortale e Futura
qui in Comelico. Il tiro è interamente attrezzato con
spit (tasselli meccanici in acciaio che si fissano alla roccia
previo foro con trapano), tranne un piccolo run-out finale
(significa che dall’ultima protezione alla sosta ci sono svariati
metri senza protezioni) dove è possibile proteggersi
con un chiodo da ghiaccio. Un paio di informazioni utili
per i ripetitori: tutti gli agganci sono naturali e richiedono
una buona sensibilità inoltre non ci sono segni spray....
total natural! Inizialmente volevo chiamarla Delicatess, in
quanto risulta una scalata molto delicata, dove gli agganci
per le piccozze su roccia sono molto piccoli e sfuggenti:
per scalarla occorre una buona preparazione per l’arrampicata
su misto, oltre a una buona dose di delicatezza e
sensibilità. Poi però il pensiero è andato a don Maurizio,
il nostro parroco “storico”, che purtroppo ci ha lasciati».
Cosa ti ha spinto a dedicare questa via, che per lui,
dopo due anni di inattività rappresenta sicuramente un
nuovo inizio, per certi versi quasi una rinascita, proprio a
don Maurizio?
«Sono rimasto colpito dalla notizia, non me l’aspettavo
proprio. Lui mi ha battezzato e mi ha visto crescere,
con lui ho fatto la prima Comunione e poi la preparazione
per la Cresima… mi ha visto crescere fin dalla nascita, insomma.
Io non sono certo un assiduo frequentatore della
chiesa, però per don Maurizio ho sempre avuto un profondo
rispetto. Era una persona molto umile, pacata, riservata:
aveva uno spirito ed un carattere che mi piacevano
molto. E così, per dargli un saluto tutto mio e personale,
ho voluti dedicargli
questa salita, proprio
perché racchiude
delle peculiarità che
lui aveva… delicatezza,
sensibilità, umiltà,
chiamandola Don,
fèi bon viado!».
È stata una sorpresa
per Christian, scoprire
che don Maurizio era
un vero appassionato
di montagna, che non
disdegnava le ascensioni,
anche a costo di
essere un po’ imprudente,
qualche volta.
Tra le ultime “imprese”
che “il don” ricordava
con nostalgia, la salita
in vetta al Peralba con
l’amico don Claudio
Sacco qualche tempo
prima della tragedia del
Pore.
L’omaggio dei
coscritti del ‘41
6 dicembre 1986. Alla pensione Dani di S. Stefano i coscritti del 1941
si sono ritrivati per festeggianre insieme i loro 45 anni.
Nell’immagine a lato, la dedica dei coetanei alla memoria dell’amico scomparso
realizzata da Anna Maria De Zolt Giustina.
16 La Conquista
Riconciliazione comunitaria
per il Natale 2020
In preparazione al Santo Natale
2020, il giorno 23 dicembre nella chiesa
di Campolongo si è svolta la celebrazione
comunitaria del Sacramento della
Riconciliazione, con la confessione e
assoluzione generale. Evento straordinario,
ma non nuovo, dato che il Catechismo
della Chiesa Cattolica (1483)
prevede questa possibilità per i fedeli
ove ricorrano “motivi di grave necessità”,
com’è appunto l’emergenza sanitaria
che stiamo vivendo ormai da un anno.
La partecipazione a questo
evento è stata molto positiva. La comunità
di Campolongo ha ben risposto a
questo invito, senza particolari distinzioni
di età tra giovani e meno giovani.
Tutti sono entrati in chiesa con lo stesso
obiettivo, quello cioè di prepararsi
al meglio al Santo Natale e riconciliarsi
nuovamente con Gesù.
Abbiamo ascoltato la Parola di
Dio, ci siamo ritagliati uno spazio per
l’esame di coscienza personale, invocato
la misericordia di Dio e ricevuto il
perdono con l’assoluzione generale per
mezzo del Parroco. E’ stata un’esperienza
particolare, ma non per questo
meno profonda e meditata, in quanto la
riconciliazione con Gesù porta sempre
felicità, ed è stata seguita dall’invito, non
appena sarà nuovamente possibile, a vivere
il Sacramento nelle modalità e forme
tradizionali e ordinarie (confessione
individuale).
Vale la pena ricordare le parole
di Papa Francesco sulla confessione nella
sua omelia del 29 marzo 2019:
Solo Dio col suo amore dunque, rimuove
il peccato dai
nostri cuori e
ci permette
di tornare a
vivere, come
è successo
all’adultera. Allora, diamo spazio al
Signore, che “perdona e guarisce” dal
male che “seduce e attira”, e facciamolo
soprattutto attraverso la Confessione:
La Confessione è il passaggio
dalla miseria alla misericordia, è la
scrittura di Dio sul cuore. Lì leggiamo
ogni volta che siamo preziosi agli occhi
di Dio, che Egli è Padre e ci ama più di
quanto noi amiamo noi stessi.
Bianca Maria Costa
Voglia di Sacramenti
Si sono svolti le sere del 26
gennaio e del 2 febbraio scorsi, in chiesa
a Campolongo, i primi incontri con
i genitori dei bambini e dei ragazzi del
paese che faranno la prima Comunione
e la Cresima quest’anno. La “truppa” al
completo ha dato una bella testimonian-
za di impegno comunitario con la partecipazione
alla S. Messa delle Ceneri, il
17 febbraio.
I bambini che il 16 maggio riceveranno
per la prima volta l’Eucarestia
sono 7: Alessandra, Emma, Filippo,
Giada, Martina, Maurilio e Raul. La loro
preparazione viene curata da don Paolino
ogni martedì alle 18.00 e si completerà
con la partecipazione alla S. Messa
feriale delle 18.30.
Sono ben otto i nostri giovani
che si apprestano a ricevere il Sacramento
della Confermazione e che si impegnano
a partecipare non solo alla Messa
domenicale, ma anche alla catechesi
settimanale per un’adeguata preparazione
a questo importantissimo momento
della loro formazione cristiana. Andrea,
Anna, Sara, Rebecca, Manuel, Sofia, Samuel
ed Andrea sono le perle della nostra
Comunità che andranno quest’anno
ad impreziosire lo scrigno dei tesori che
è il popolo di Dio!
Durante il primo incontro con
i genitori, don Paolino ha ben spiegato
la bellezza di questo sacramento e predisposto
il percorso che faranno, non solo
i ragazzi, ma anche i genitori e la Comunità
tutta che li accompagneranno in
queste settimane verso l’appuntamento
con lo Spirito Santo, il 2 maggio.
Gli incontri di preparazione
saranno circa undici ed avranno luogo
il martedì pomeriggio. Si parte dai ragazzi,
dalla tappa della vita in cui si trovano,
l’adolescenza, prendendola come
modello e punto di riferimento nella vita
Gesù e come aiuto straordinario per arrivare
a Lui: lo Spirito Santo!!!
Bianca Maria Costa
La Conquista
17
N vèn pi i inverne d n òta
Il presepio della parrocchiale in fase di ultimazione a ridosso delle feste natalizie
Il presepio in chiesa
Anche per il Natale 2020,
grazie alla perfetta sinergia di ben due
squadre di lavoro, è stato realizzato
il presepio in chiesa. Renzi, Alfonso,
Giorgio, e … , dopo aver provveduto
alle luminarie esterne alla chiesa, si sono
occupati dell’allestimento del palco e
del montaggio dello sfondo, dipinto ad
arte da Renzo Chinchirini. La rappresentazione
della nascita di Gesù, che ha
riscosso l’indiscusso apprezzamento di
tutti, è stata realizzata da Mauro, Sebastiano,
Luca e Marcello, mentre degli effetti
luminosi si è occupato Adriano con
maestria non comune.
Sant’Antonio Abate
Il Covid-19 non ferma la tradizione
a Campolongo. Domenica 17
gennaio si è infatti tenuta la festa di
Sant’Antonio Abate. Per il sesto anno
consecutivo, è stata ricordata la figura
del protettore degli animali domestici,
del bestiame, dei contadini, allevatori,
macellai, fornai, salumieri, tosatori, del
fuoco e contro le malattie della pelle.
Nella chiesa parrocchiale, nel
massimo rispetto delle misure di contenimento
della pandemia, si è tenuta la
Messa solenne, la cui apertura è stata dedicata
a don Maurizio Doriguzzi, lo stimato
ed amato parroco, scomparso nelle
settimane scorse, che volle riprendere e
tramandare la festa.
Durante il rito don Paolino
Rossini ha impartito la benedizione agli
agricoltori e al sale che, secondo un’antica
usanza, dato agli animali, ne previene
le malattie e quindi garantisce prosperità
alle famiglie. Insieme ai parrocchiani,
hanno partecipato gli addetti del settore
primario degli altri paesi comeliani, ai
quali la parrocchia, alla fine della cele-
brazione, ha donato simbolicamente un
sacchetto di sale benedetto. «Magari»,
ha raccontato il sacerdote, «la scorsa
estate, avessi avuto tutto questo sale sul
Quaternà: appena mi sono seduto e ho
aperto lo zaino, le mucche che erano al
pascolo si sono messe ordinatamente in
fila».
Come spiegano gli organizzatori,
anche in Comelico si sta assistendo
ad un ritorno alla terra, così qualche
anno fa si è pensato di ridare alla festa
la solennità di un tempo, riprendendo
l’usanza della benedizione. Esattamente
vent’anni fa, in un’inchiesta dell’Amico
del Popolo, era stata auspi- cata la rievocazione
dell’antico rito, durante il quale
ci si procurava l’immagine da appendere
successivamente nelle stalle, ed era stato
proposto di collegare la festa alla benedizione
degli animali domestici. (YT-GB)
Al termine della celebrazione eucaristica
del 17 gennaio, dopo la benedizione
impartita agli operatori impegnati
nel settore agricolo, don Paolino,
assistito dalla “valletta” Teresa, ha distribuito
i sacchetti del sale benedetto
e l’immagine di S. Antonio.
Ritorno alla terra non solo da parte degli
adulti, ma anche dei giovanissimi!
La frase è ricorrente, buona per
ogni stagione, e in voga da ben prima di
Greta. Essa rileva (neanche servisse!)
come negli ultimi decenni i cambiamenti
climatici siano sempre più frequenti,
fuori dagli schemi, e soprattutto estremi
nel loro manifestarsi. Trascorrono annate
in cui la neve si vede solo in cartolina,
e poi arriva una stagione dove il meteo
ti ricorda che è lui a decidere, e nessun
altro, per fortuna, come nel caso dell’inverno
appena trascorso. La neve che ha
ricoperto i nostri paesi è stata davvero
tanta a tutte le quote: quasi una beffa,
in una stagione in cui gli impianti sono
rimasti pressoché chiusi a causa della
pandemia.
“Quando si descrive la neve,
si dovrebbe cominciare dalle risate dei
bambini”, scrive l’aforista Fabrizio Caramagna,
e non si può che dargli ragione.
Soprattutto quest’anno, dove l’unica
nota allegra sono state proprio (e poche
anche quelle) le risate dei bambini. Per
il resto, sicuramente in misura maggiore
rispetto ad un tempo ormai lontano, disagi,
disguidi, lamentele, forse qualche
litigio.
E allora è proprio vero che n
vèn pi i inverne d n òta. Non tanto per
la quantità o la qualità delle precipitazioni
atmosferiche, quanto per le mutate
e mutanti esigenze della società, che
variano ad ogni stagione, ben più del
meteo. Si ha bisogno di spazi sempre
maggiori, urge arrivare dappertutto in
tempi brevi, non si può aspettare, si soffre
profondamente quando mancano le
comodità (anche quelle superflue!), ci si
cura solamente del proprio “orticello”…
Come si fronteggiano quindi i
inverne d adés? Secondo la moda del terzo
millennio, naturalmente. Cercando
18 La Conquista
XVII secolo scriveva: “Il mondo sarebbe
un luogo migliore ove vivere se gli esseri
umani, così come dotati della parola,
fossero dotati anche della capacità di tacere”.
E il concetto torna buono in ogni
risvolto, in ogni ambito del sociale, per il
lavoro fisico come per quello spirituale,
dove ancora troppo spesso è impossibile
non fare a meno di notare che si predica
bene, ma si razzola male!
Talmente tanta la neve, che è stato
difficile anche riuscire a mantenere un
varco libero per permettere ai fedeli di
entrare in chiesa per la Messa.
I volontari del Soccorso Speleologico
Veneto Orientale all’opera per liberare
dalla neve il tetto della canonica.
Le lune d San Iaco 2021: errata corrige!
Sul calendario Le lune d San Iaco 2021, nella pagina di febbraio a corredo
dell’argomento trattato, è apparsa la foto di un nonno in panchina attorniato
dai nipoti. Non si tratta di Piero d Soldi, come erroneamente riportato sulla
pubblicazione, ma di Igino Grandelis Péte, attorniato dai nipoti. L’errore è dovuto
ad un errore di archiviazione nei faldoni dell’Archivio Parrocchiale. Ce ne
scusiamo, pubblicando qui le due immagini con la corretta identificazione delle
persone ritratte. L’autore del calendario si scusa con gli affezionati lettori per
l’incidente di percorso!
Igino Grandelis Péte attorniato dai nipoti. Da sx: Mario Grandelis, Enrico
Coluzzi, Corinna Grandelis in braccio al nonno, Olivo Grandelis (fu Lino), Gino
Grandelis e Vasco Coluzzi. In piedi a destra Giuseppe Quattrer.
A volte si fatica ad andare avanti, nella
vita, nel lavoro, nei rapporti con il prossimo,
nelle iniziative che vengono proposte.
Ma l’importante è non fermarsi...
come il giovane cervo, che fatica a muoversi
nella neve, ma non si ferma!
una valvola attraverso la quale dare sfogo
alla fatica, allo stress, al malessere, ai
problemi, alla rabbia: e via quindi di voce
grossa, telefonate, whatsapp, reclami e
quant’altro. Talvolta a ragione, talvolta a
torto. Una cosa è certa: è meno faticoso
correre alla ricerca di un colpevole piuttosto
che rimboccarsi le maniche. Tutta
qui, dunque, la differenza da i inverne d
n òta a cöi d ades: tra il dire e il fare, c’è
di mezzo… anche la neve!
Aveva proprio naso (anche metaforicamente!)
il filosofo razionalista
olandese Baruch Spinoza, quando nel
Pietro Marta Soldi davanti a casa con i nipoti.
Da sx: Sergio Marta, Elvira De Zolt, Tullio Casanova e Rinaldi Marta.
La Conquista
19
RENDICONTO ECONOMICO
PARROCCHIALE 2020
A commento dello specchietto
sottostante, riportiamo le seguenti considerazioni
sull’esercizio economico
2020 della Parrocchia di Campolongo.
Come purtroppo dobbiamo
constatare, anche l’andamento delle
entrate parrocchiali a risentito, e tuttora
risente, delle conseguenze pratiche
della pandemia che ha generato,
da marzo in poi, tutta la serie infinita
di restrizioni totali o parziali, sia della
circolazione generale delle persone,
sia delle limitazioni specifiche imposte
anche allo svolgimento delle funzioni
liturgiche e delle iniziative parrocchiali
che tradizionalmente ne sostengono la
vita sociale ed economica.
Nella tarda primavera abbiamo
completato i residui lavori del campanile
e del basamento della chiesa a conclusione
del progetto finanziato dalla CEI
con i fondi dell’8x1000, quantificati
nelle voci Straordinarie in entrata (contributi
ricevuti) ed uscita (pagamenti
effettuati) nel corso di questo esercizio.
Riepilogando, l’anno chiude con un
passivo di Euro 14.500 che sarà coperto
con l’ultima rata del contributo CEI.
Come per il passato, per la
cor-retta interpretazione, chiariamo
meglio alcune voci più tecniche del
rendiconto: le “elemosine” sono le offerte
raccolte in chiesa; le “offerte servizi”
sono quelle lasciate in occasione
di funerali, battesimi, matrimoni, ecc.;
le “attività parrocchiali” comprendono
entrate ed uscite per il bollettino,
il calendario e quelle derivanti dalle
iniziative come la pesca, le torte, il
carnevale , la “bella stella”, ecc.,; le
“elemosine imperate” sono il risultato
della raccolta nelle giornate specifiche
decise dalla Diocesi per il sostegno del
Seminario, Missioni, ecc.,; le “spese di
culto” riguardano i costi sostenuti per
i materiali occorrenti alle celebrazioni
liturgiche, e quest’anno per gli obblighi
del covid-19; le “questue ordinarie”
sono le offerte ricevute in occasione
della benedizione delle case che, come
si vede, quest’anno sono azzerate dalla
pandemia; la “cassa anime” è il 10%
delle elemosine destinate alla celebrazione
di S. Messe “pro Animabus”; la
voce “affitti-rendite” contiene, quando
presente, importi residuali non rientranti
nelle categorie precedenti né
nelle altre poste che non hanno certo
bisogno di spiegazione.
A mitigare il risultato negativo
finale di questo esercizio è stata,
principalmente, la costante sensibilità
e generosità della nostra gente e, poi,
l’oculata gestione economica generale
con il contenimento delle spese non indispensabili
ed il contenimento di quelle
energetiche (riscaldamento – energia
elettrica – idrica) che consentirà – salvo
eventi straordinari - almeno il pareggio
nel 2021 dopo l’incasso dell’ultima
rata del contributo CEI avvenuta nel
mese di febbraio.
Renzi Pontil
20 La Conquista
Campolongo
da ricordare
Il medesimo canale di comunicazione
può essere utilizzato da chi,
eventualmente, volesse richiedere la rimozione
di una o più immagini a tutela
della propria privacy.
La Campolongo di una volta
sbarca nel web con la pubblicazione in
rete delle fotografie storiche del paese e
dei suoi abitanti conservate in cartaceo
nell’Archivio parrocchiale. È l’ultimo
step di un percorso culturale iniziato
poco meno di trent’anni fa’, quando,
in occasione di una mostra allestita per
celebrare il 40° di fondazione della
parrocchia, Ruggero Grandelis raccolse,
riprodusse e catalogò (con l’aiuto
di Adriano De Zolt, Lorenzo Coluzzi
e Cecilia Quattrer) oltre un migliaio di
fotografie riguardanti il paese.
Nel 2005, Aldino Del Fabbro,
Giuliano De Zolt e Moreno Marta
scansionarono tutto il materiale cartaceo,
lo suddivisero per argomenti e lo
riunirono in varie cartelle all’interno di
un DVD, in modo da conservare questo
prezioso scrigno di memorie su supporto
digitale.
A distanza di tre lustri, lo scorso
febbraio, un ulteriore passo con la
condivisione delle fotografie sul web,
tramite una apposita sezione (la cartella
“File”) all’interno della pagina Facebook
Zingar da Cianplongo. “Dei ex
machina” dell’operazione i poliedrici
Aldino e Marzio Del Fabbro, tramite la
“longa manus” del supertecnico Adriano
Casanova, che ci descrive l’operazione,
partita ad agosto 2020: «Abbiamo
messo in rete, così come è stato progettato
nel lungo lavoro di preparazione,
il DVD con la raccolta delle immagini
storiche di Campolongo. È stato necessario
solamente preparare un documento
con le informazioni sull’utilizzo e, a
seguire, i nomi degli album. Per ogni album,
ho provveduto a creare un indirizzo
web che punti al documento in rete.
Cliccando sul link, la raccolta si apre ed
è possibile visionare le fotografie».
Naturalmente, per visionare le
immagini, non è necessario essere titolari
di un account Facebook, in quanto la
pagina è pubblica ed accessibile a tutti.
Una volta entrati nella sezione desiderata,
se si è titolari di un account Google,
è possibile inserire un commento a lato
di ciascuna immagine, che sarà visibile
a tutti gli utenti. Questa possibilità
permetterà la corretta identificazione di
luoghi e personaggi ritratti nelle fotografie
e una sorta di controllo incrociato
dei dati.
Gli album in rete possono essere
anche arricchiti con nuove immagini,
che potranno essere consegnate
ad Aldino per la digitalizzazione oppure
dovranno essere scansionate e trasmesse
via mail all’indirizzo:
fotocampolongo@gmail.com.
Per i più tecnologici, è possibile accedere
agli album delle foto direttamente
da questa pagina del Bollettino, inquadrando
il QR Code con la apposita app
del telefonino.
Dalle immagini qui sopra è possibile capire come fare per poter procedere alla visualizzazione
delle fotografie e inserire i commenti una volta eseguito l’accesso
alla piattaforma web dal telefonino oppure dal personal computer.
La Conquista
21
BRUNO POMARE’
IL “VECCHIO FONDISTA” DI CAMPOLONGO
Il numero di gennaio 2021 de
Il Cadore ha dedicato una pagina al nostro
compaesano Bruno Pomarè con un
bell’articolo, che riportiamo, a firma di
Giovanni de Donà.
Bruno Pomarè, da Campolongo
di Cadore, è molto conosciuto in
tutto il Comelico per il suo prodigarsi
nel sociale, infatti è stato Presidente
del Comitato Turistico ed è l’ideatore
della tradizionale “Gara della Lioda”,
la manifestazione che ormai da più di
30 anni aggrega tante persone attorno
a questo antico mezzo di lavoro. Inoltre
Bruno, durante le feste natalizie era solito
far visita alle case di riposo, gli asili
e le scuole, vestito da Babbo Natale, per
portare una nota di allegria e speranza a
tante persone. Pochi però sanno che nel
corso della sua vita è stato un importante
campione nello sci di fondo. Ecco la
sua storia.
«Sono nato a Campolongo
il 4 febbraio 1937, terzo dei 7 figli di
Giuseppe e Marcellina Casanova da Costalta.
Per mantenere una famiglia così
numerosa il babbo si arrangiava come
poteva. Faceva il manovale, il boscaiolo
e perfino il contrabbandiere. Durante la
guerra militò anche nella Milizia Confinaria.
Ricordo che era un atleta e per
1962, Ziano di Fiemme: Bruno in gara
questo cercava di spronare
anche me nello
sport che allora andava
per la maggiore: il ciclismo.
Tutti infatti erano
affascinati da campioni
come Bartali e Coppi,
ma quando sono cresciuto
tutto è sfumato,
perché era più importante
trovare un lavoro
per sopravvivere. Nonostante
ciò a 13 anni
ho iniziato a praticare
lo sci di fondo e il mio
primo allenatore è stato
Genesio De Zolt, un
atleta molto forte e padre del nostro
campione Maurilio, “il Grillo”. Come
maestro di sciolinatura avevo Francesco
Pomarè “Fati” e in quegli anni correvo
per lo Sci Club S. Pietro, partecipando
a diverse gare, in particolare ricordo il
“Trofeo Zacchi” a Sappada.
Nell’inverno del 1955 ho avuto
la fortuna di incontrare proprio qui
in Comelico l’allenatore Cristiano Rodeghiero
da Asiago, un vero campione,
che mi ha “sgrezzato”, formandomi tecnicamente.
Alla fine del corso ha voluto
testarmi sfidandomi in una gara nella
quale l’ho battuto. Così mi ha apostrofato:
“Quando l’allievo supera il maestro
vuol dire che ha delle ottime possibilità e
certamente farà strada”.
In quel periodo
avevo vinto alcune
gare importanti, facendomi
notare, così
nel 1956 fui convocato
ad Asiago per
partecipare alla prova
di selezione per i
campionati italiani
di Tarvisio. Sfortuna
volle che alla vigilia di
questo test mi ammalassi
di bronchite con
38° di febbre, ma ero
deciso a farcela ad
ogni costo, l’occasione
era unica, da non
perdere. Alla gara arrivai
secondo, mentre
1960:, Passo Rolle: Eliseo Sartor e Bruno
verso i laghetti di Colbricon
primo giunse Marcello De Dorigo, mio
coetaneo: un grande campione, ma soprattutto
un grande amico.
Quindici giorni dopo Marcello
ed io fummo convocati a Tarvisio, ma io
non stavo ancora bene. Il giorno prima
della gara andai a provare la pista ma sulle
salite facevo ancora molta fatica, i polmoni
non funzionavano come di dovere.
Caparbiamente ho insistito e all’ultima
salita è successo davvero un miracolo:
mi sono sbloccato ed ho iniziato a respirare
a pieni polmoni ed a sentirmi
veramente in forma. Il giorno dopo,
alla partenza ero rimasto indietro con
il numero 24, non essendo entrato nella
categoria di merito come i campioni
che partivano con un pettorale più alto
quindi con la pista meglio battuta. Così
sono dovuto partire tra i primi, di norma
i più penalizzati. Nonostante ciò al traguardo
avevo superato 20 atleti partiti
prima di me, ad un minuto di distanza
l’uno dall’altro. Vincitore fu De Crinis,
secondo De Dorigo, terzo De Florian e
io quarto. Il giorno dopo partecipai alla
staffetta e la mia squadra, con De Dorigo
e Stella arrivò seconda grazie al fatto
che avevo tenuto il miglior tempo assoluto.
Da quella gara ho iniziato a crescere
partecipando a gare sul Nevegal,
al Trofeo Gismi dove ho battuto Eugenio
Mayer, poi il trofeo “Psaro” a Padola
dove ho trionfato. Ricordo allora le sfide
con Flavio De Martin, un grande atleta,
classe 1935. Sono poi rientrato a Tar-
22 La Conquista
visio dove erano stati convocati i migliori
atleti dell’epoca. Lì ho conosciuto la
Romanin e la Tafra che allora erano atlete
di spicco. Finita la stagione agonistica
ho ripreso a fare il muratore, lavoravo
su a Cima Canale e per tenermi in forma
mi spostavo in bicicletta. In agosto fui
convocato alla tenenza della Guardia di
Finanza a S. Stefano dove mi fu notificata
una lettera del Comando Generale
nella quale mi chiedevano di entrare a
far parte del “Gruppo Sportivo Fiamme
Gialle”. Il mio sogno si stava avverando!
Il 28 agosto 1956 andai a Trento per
un esame e da lì a Predazzo alla caserma
“Macchi” sede del Gruppo Sportivo e
dove intrapresi il corso nella scuola alpina.
Al termine fui inviato in “Brigata”,
assieme a Marcello De Dorigo e Vigilio
Mich, che quell’anno aveva partecipato
alla 50 chilometri alle olimpiadi di Cortina.
Tutti e tre inoltrammo domanda di
trasferimento a Sella Nevèa, sul confine
con la Jugoslavia, perché lì era possibile
allenarsi durante i mesi estivi. Qui incontrammo
campioni come Pesavento,
Rella ed Eliseo Sartor (quest’ultimo è
stato quello che ha formato i campioni
di Sappada, Fauner e Piller Cottrer).
Eravamo una bella compagnia.
In autunno tornai a Predazzo
e qui ho continuato la mia attività
sportiva fino al pensionamento con la
sola interruzione, tra il 1960-61, per la
scuola sott’ufficiali di Ostia. Negli anni
successivi ho continuato a gareggiare,
fino al 1968, vincendo 16 gare. Sono
stato anche selezionato per i mondiali
e per le Olimpiadi di Squaw Valley. La
stagione buona è stata quella 1961-62
dove ho vinto tre gare, una dietro l’altra:
Passo Rolle, Tesero e Zoppè di Cadore,
sui 15 km. Con De Dorigo ho fatto il
corso per allenatore, poi per un anno ho
allenato la squadra B e nel 1969, sempre
con De Dorigo, ho preso in mano il
Centro FISI di Falcade, dove sono rimasto
per 5 anni, sfornando campioni del
calibro di Deola, Adami, Paulin, mentre
a Saviner “ho tirato su” la Nadia Costa.
Oggi, a 83 anni, mi ritengo molto fortunato,
dopo che nelle settimane scorse
ho vinto la mia ultima sfida, quella con
il Coronavirus. Adesso godo di buona
salute, spero che la pandemia passi velocemente
e si possa tornare finalmente
alla normalità, così potrò di nuovo fare
il Babbo Natale e portare un sorriso e
tanta allegria agli anziani e ai bambini,
una cosa che sono sicuro ha il pregio di
mantenermi sempre giovane».
ANA CAMPOLONGO
Nonostante le difficoltà legate alla pandemia, si è celebrata
regolarmente l’assemblea annuale del Gruppo Alpini
di Campolongo. I lavori si sono svolti a distanza, con la
trasmissione a tutti i Soci delle relazioni del Capogruppo
e del Tesoriere relative all’anno 2020. Le votazioni, per
la maggior parte degli iscritti al Sodalizio, si sono svolte online, grazie ad appositi
moduli elettronici predisposti sulla piattaforma Google Drive. Per gli Alpini
privi di supporto informatico (ben pochi), sono stati predisposti e recapitati a
casa appositi modelli cartacei, restituiti in forma anonima presso la Sede del
Gruppo.
Con le stesse modalità si sono tenute anche le elezioni per il rinnovo delle
cariche sociali. Lo spoglio delle schede ha visto riconfermare Lorenzo Coluzzi
come Capogruppo e Alfredo Casanova, Ernesto de Zolt, Stefano De Zolt,
Roberto Mario e Celestino Marta come membri del Consiglio Direttivo, la cui
compagine ha trovato compimento con la “new entry” Carlo Pomarè, che ha
raccolto il testimone da Guido Buzzo.
L’assemblea si è conclusa con una riunione online alle 17 di domenica
31 gennaio. In questa sede, il Capogruppo ha riservato parole di ringraziamento
e stima verso il Socio fondatore Guido Buzzo, che per quasi settant’anni ha
profuso le sue energie per il bene del Sodalizio. Su proposta dell’Assemblea,
il Capogruppo ha provveduto a nominare Guido Buzzo consulente storico, referente
legale, addetto stampa e oratore ufficiale del Gruppo Alpini di Campolongo.
Non senza commozione, il “senatore” ha accettato i nuovi incarichi con
rinnovato entusiasmo e fattivo spirito di collaborazione.
Concludendo, il Capogruppo ha salutato gli iscritti con queste parole:
“Davanti a noi il cammino è reso incerto dalla nebbia della pandemia che ancora
non ci permette di guardare lontano, ma sicuramente gli Alpini di Campolongo,
del Cadore e di tutta Italia sapranno operare al meglio per il bene del Paese,
dell’Associazione, delle Sezioni e dei Gruppi”.
QUATTRO (+ 4)
GENERAZIONI
per
Ermanno Pomarè.
Sopra, il nostro
90enne è ritratto
insieme alla figlia
Paola, la nipote
Elisa e i pronipoti
Matteo
e Sandra Cecilia.
A lato, insieme al
figlio Massimo, al
nipote Jeremy e al
pronipote Jacopo
La Conquista
23
Impianti
chiusi?
Pazienza... perché la gran quantità di neve regalataci
da quest’inverno, ci ha permesso di sciare
ugualmente, con lunghe risalite a piedi, senza skilift e
cabine, sulle montagne e sulle piste naturali attorno a
casa nostra. Ristoro al sacco, fatica raddoppiata, ma
divertimento assicurato!!!
Note di servizio
La Parrocchia di Campolongo ringrazia i suoi benefattori e fa presente
che è possibile fare un’offerta per il Bollettino o per i lavori della chiesa
parrocchiale tramite i collaboratori oppure anche a mezzo bonifico sul
C/C bancario avente codice IBAN: IT27N0306909606100000146388.
Per i contributi in materiale fotografico, la redazione ringrazia Adriano
Casanova, Christian Casanova, Barbara Comis Da Ronco, Bianca Maria
Costa, Anita De Bernardin, Redenta De Bernardin, Cecilia De Filippo,
Imelda Doriguzzi Bozzo, O. F. ADOLOMITICA, O.F. DE MARTIN, Vanessa
Piovesan, Cristina Petris, Francesco Pomarè, Mauro Pomarè, Jeremy e
Paola Pomarè, Stefano Vietina.
24 La Conquista
Immensità
In cima alle vette scatta il
senso di immensità. È una visione
stupenda.
Tutto inizia con l’aurora rosea
e finisce con il calar del sole, il tramonto,
le ombre. Si fa sera e scende
il buio della notte.
Al primissimo mattino improvvisamente
un fascio di luce illumina
le cime e nelle zone basse ancora
domina l’ombra. Tutto d’un tratto
ecco il sole che conquista le cime,
vellutato da una pallida nebbia, i calighe,
poi splendente come l’oro. Poi
l’esplosione che investe tutto, nelle
altezze dolomitiche, sulle pareti rocciose,
con la discesa nel basso ombroso
e infine il possesso trionfale di
tutto l’habitat dell’uomo, investito da
una folgorante luce.
Tanta luce che folgora anche
gli occhi dell’uomo che attende il sole
perché non può vivere senza il sole.
Il 2 febbraio Santo Stefano saluta il
sole, festeggia il sole che furiosamente
lo investe, lo bacia e finalmente lo
premia per la lunga attesa con polvere
d’oro. (04.02.2021)
Comelico,
zona di passaggio, di transito
La strada di collegamento
proveniente da Montecroce, dove
era ubicato un presidio romano, passando
per i due Centenari creati dai
Longobardi, di Comelico Superiore e
Comelico Inferiore, diretta nel Patriarcato
di Aquileia, a Santo Stefano, in
particolare, passava dove attualmente
c’è la Via dante Alighieri.
Infatti nei pressi dell’attuale casa di
soggiorno, nel corso di scavi, vennero
trovate monete romane.
La strada principale nel cuore
di SaStefi passava sul retro del palazzo
avito dei primi Pellizzaroli che attualmente
ospita la farmacia. Infatti le
due torri, l’entrata principale e (sopra)
le belle trifore si trovano sul retro del
palazzo che ora ha l’entrata principale
sulla via Udine. Dunque la via Udine,
strada prima statale, ora regionale
“Val Degano”, venne utilizzata in
tempi successivi a quella antica, abbandonata.
(15.11.2020)
Turismo lento
tra borghi e boschi
Lentamente, lentamente.
Il 2020 segna i cento trent’anni
dell’escursionismo in Comelico che
parte dall’appassionato Giuseppe
Benzi da Treviso nel 1890, con base
organizzativa a Santo Stefano, sede
di prenotazione il Caffè Fontana.
Oltre al ricordo e all’omaggio
al pioniere del turismo di Santo
Stefano, il frequentatore del paese
per ben 45 anni consecutivi, il fedele
Giuseppe Benzi, sono da riproporre
due percorsi, in modesta salita, che
congiungono, tra prati e boschi, due
paesi comeliani in quota. I due percorsi
richiedono un cammino lento,
costretto dalla salita, e nel passato
erano molto praticati giornalmente.
Il primo, storico e molto antico,
di accesso al Comelico di Sotto
dal Cadore, via Auronzo - Santa Caterina,
e quello della stradetta del “Centenaro”
che da Danta, attraverso Le
Ante, giunge a Santo Stefano.
Tale percorso è molto interessante,
dal punto di vista turistico e merita
di essere
valorizzato,
da proporre
agli
appassionati
di
trekking e
mountain
bike. Un
percorso
lento,
verde, da
quota 908
di Santo
Stefano
a quota
1396 di
Danta, il
paese più
alto del
Comelico
tra storia
e cultura.
Ed è proprio lungo questa strada, nei
pressi di Pra del Moro, che è emersa
una spada del 1300 (probabilmente
luogo di una contesa) che è esposta
nel municipio di Santo Stefano di Cadore,
in affidamento alla soprintendenza
dei beni storici dello Stato.
Il secondo percorso in salita,
tra prati verdi, è quello da Santo
Stefano, quota 908, a località Federa,
una “pausa” in ladino, una fermata
per ammirare lo spettacolo naturale,
paesaggistico e poi salire a Costalissoio,
“Costa del sole” a quota 1249.
Anche qui c’è storia. Nel passato l’antica
strada per Federa iniziava da Via
San Candido, indicata in una mappa
del catasto napoleonico come Strada
del Calvario, è quella dove ora si trova
il sasso con la Croce di Aquileia che
ricorda come il Comelico apparteneva
allo storico Patriarcato di Aquileia.
Nella zona del Calvario, nei tempi
antichi, si svolgevano riti pagani, con
fuochi, lanci di rotelle di fuoco.
Il percorso Santo Stefano,
Federa, Costalissoio, è anche il “Sentiero
Andrea Zanzotto poeta” praticato
dal grande poeta veneto con il
padre pittore, autore dell’encausto
della Santissima Trinità nella chiesa di
Costalissoio.
Due percorsi da sostenere
turisticamente che meritano di essere
promossi, nell’ambito transfrontaliero,
per attirare visitatori ed escursionisti
anche stranieri. Un’importante
opportunità per S.Stefano di Cadore.
(10.11.2020)
Superstrade turistiche
verso Comelico e Austria
La carenza di veloci e sicure
comunicazioni stradali verso il Come-
Facciata dell’antico palazzo Pellizzaroli (al castèl), ora ristrutturato,
rivolta a nord dove un tempo passava la via Udine e oggi sepolta tra
le case.
La Conquista
25
lico ha impattato fortemente l’incentivazione
di movimenti per raggiungere
la zona che si trova nel profondo nord
d’Italia. Le strategie future dovranno
mirare alla realizzazione di una rete di
strade agevole, sicura, verso l’Europa.
Via di accesso sono superstrade
turistiche poiché hanno sbocco
verso l’estero, Austria, Germania.
E qui la sottolineatura dell’importanza
per giungere in Comelico, da Venezia,
del traforo di Coltrondo, poco più di
un chilometro di galleria che assicurerebbe
due sicurezze di accesso alla
cosiddetta “Strada della Valle”. La
prima con un tratto diretto in galleria,
tagliando diverse curve e due ponti,
che sbocca nelle immediate vicinanze
di Santo Stefano.
La seconda che consentirebbe
un deflusso, attraverso il tunnel,
dell’acqua nel caso di slittamento,
smottamento, di frane incombenti
che ostruendo il normale corso del
fiume Piave allagherebbe il paese di
S.Stefano. Un “Vajont alla rovescia”
come più volte segnalato alle istituzioni
e alle autorità dall’esperto di montagna
Italo De Candido. (06.11.2020)
Cos’era il Comelico
Il Comelico nel lontano passato
era una valle comunicante, di
passaggio, di transito. Ma anche di
sosta e ristoro.
Un riferimento importante:
Danta, snodo, bivio per Comelico
Superiore, Monte Croce, Sesto (La
via germanica delle mappe napoleoniche),
e per Comelico Inferiore attraverso
la strada delle Ante. Danta
è segnata su una carta geografica
stampata nel 1701, in lingua francese,
col titolo “Lombardia alta e bassa
Natalino ha un gran lavoro per misurare
tutta la neve di questo inverno!
e Stati ad essa confinanti”.
Due passaggi attraverso il
Comelico: la via verso la Germania,
da Auronzo – Santa Caterina, Danta,
Passo San Antonio, Monte Croce
e viceversa direzione Veneto, Lombardia;
la via della Germania Monte
Croce, Comelico Superiore, Inferiore,
Comeglians, Aquileia e viceversa.
Comeglians è anche luogo di
passaggio (Come-lico, Come-glians:
zona di transito). Il Comelico ha sempre
avuto contatti, comunicazioni dirette
con Sesto, San Candido. Danta
con il convento di San Candido.
A Sesto c’era il convento
dell’Ordine della Vigna, sede di un
monaco di Transacqua (Santo Stefano)
divenuto generale dell’ordine, poi
vescovo, Matteo De Mattio. L’ordine
della Vigna era presente a Venezia.
Attualmente c’è ancora la Chiesa della
Vigna. Le carovane di transito potevano
fermarsi in alcune tappe-sosta
del Comelico per pernottare riposocambio
cavalli. Ecco che trovavano
alloggio e ristoro nelle osterie col brodo
“orbo” caldo. (25.10.2020)
Un’opportunità
Il patrimonio artistico di Arte
sacra. Il turismo religioso. È un’opportunità
finora non considerata appieno.
Il Comelico offre considerevoli
opere d’arte visitabili. Un’immagine
forte, tra arte sacra e paesaggio.
Artisti importanti dal Monforti, a Gianfrancesco
da Tolmezzo, al Brustolon,
ai progettisti Barcelloni Corte. Un settore
positivo da lanciare e valorizzare.
Cinque i punti da portare all’attenzione:
1) Santo Stefano di Cadore,
centro storico, capoluogo del Comelico.
La
Chiesamadre
del
Comelico
con le opere
del pittore
Cristoforo
Monforti di
Milano.
2)
San Nicolò
di Comelico,
chiesa
Via Udine, transitabile
con scarpe grosse.
gotica con
importanti
affreschi di
Gianfrancesco
da Tolmezzo.
3) Comelico
Su
Casamazzagno
antica chiesetta di S.Leonardo
“Balcone del Comelico”. Dosoledo,
chiesa parrocchiale, con bellissimo
altare ligneo della Madonna Addolorata,
opera del grande Andrea Brustolon.
Stupendo.
4) San Pietro di Cadore. Presenaio
con la graziosa chiesetta quattrocentesca
(XV sec.) di San Wlfango.
5) Val Visdende “Valle da vedersi”,
“Tempio di Dio, inno al Creatore”,
chiesa Madonna della neve, tutta legno
e pietra. Progettista Vincenzo
Barcelloni Corte. (01.10.2020)
Bosco e turismo associati
Bosco e turismo possono
diventare, associati, due eccellenze
economiche del Comelico, concatenate
per far esplodere due filiere di
rilievo. Due settori abbinati: il bosco
per il legno normale e pregiato; il turismo
che dispone di bellezze naturali
eccezionali, che attendono venga
esaltata la loro notevole qualità.
Bellezze solo in parte immortalate
e additate, mentre esistono ancora
altre, straordinarie, che i territori
custodiscono segretamente e sono
da far emergere.
Di fatto due opportunità, una
naturale-ambientale e una di valore
bosco-legno, entrambi pozzi economici.
Costituiscono materia da approfondire,
da valorizzare, per creare un
segnale positivo di ottimismo e di incoraggiamento,
di sviluppo, di lavoro,
di vita. (04.11.2020)
Allevamenti
di animali da pelliccia
Nell’immediato secondo dopoguerra
(1940-45) a S. Stefano in via
Lungopiave si allevavano pecore per
gli agnelli karakui da pelliccia pregia-
26 La Conquista
ta di astrakan. Due soci, Ernesto De
Mattia allevatore esperto e Antonio
(Toni) Pellizzaroli.
In via VI Novembre, nello
spiazzo in riva al Padola, dopo la
caserma dei Vigili del fuoco, c’era un
grosso allevamento di volpi argentate
dei soci Massimo Doriguzzi e Giovanni
Solagna. Successivamente in via S.
Candido, presso Antonio Pellizzaroli,
c’era l’allevamento di cincillà.
L’ultimo allevamento, abbastanza
grande, è stato quello impiantato
a Casada da Luigi Solagna, di visoni.
E a Presenaio, l’ing. Cesco pure
aveva organizzato un allevamento di
cincillà. (17.01.2021)
Visdende
Istituzioni e leader comeliani
Interconnessi, lavorare insieme
per lo sviluppo e benessere del
comprensorio omogeneo.
È auspicabile che le istituzioni
comeliane si interconnettano
per affrontare la ripartenza post pandemia.
È necessario approntare un
piano programmatico di interventi di
sviluppo nei settori vocazionali del
territorio, in primis turismo sport nazionale
e internazionale.
Lavorare insieme, interconnessi,
in concordia fattiva.
(13.02.2021)
L’antica casta culturale
urbana dei notai
I notai dei tempi antichi erano
preposti a tante attività.
Verbalizzavano incontri, passaggi
di proprietà, accordi, contratti di
matrimonio, verbali della dote, compiti
di rappresentanza, diplomatici.
Merita ricordare il notaio De
Lavanzo da Tresaga (Transacqua di
Santo Stefano).
Nel Parlamento friulano,
eletto il 17 gennaio 1333 con sede a
Udine, figura per la prima volta nella
storia del Cadore come rappresentante
di questa regione, il notaio De
Lavanzo da Tresaga. (18.02.2021)
More le taute
nase i pozlogn
pàse ogni vacia
don via a pason.
Rinvien la vita
porta la grasa
vien tanto fien
ne né mai masa.
Visdende nostra
te das padime
a duce quance
sul to sedime.
Vende l vedèl
onto e formài
al late inè,
ruon a mai.
Un grasso porzèl
dinze staluz
par fèi luganghe
e stropà l bus.
Vo neschiè sace
farina d sòrgo
par fèi di fora
l inverno lòngo.
Doe bèle pite
e son a posto
inè l pulastro
da fèi arosto.
Vittorio BUZZO
Passa l inverno
col fogo à sosta
avon le legne
e schei a la posta.
Stadon ca chiéte
al di de Nadà
chi che sta mèio
de nei su cà.
Na damigiana
sconta de vin
l a da bastà
fin a san Martin.
Quante fadìe
da desmentià
nvido i amighe
Merlot a tetà.
In Visdènde
duce vo comprà
ma nsugn vénde
barche e tabià.
La Règola
c la tégna duro
cialò inà gola
calche madùro.
“Vallis videnda”
resta così
i nose nodes
vo cetate na dì.
La Conquista
27
Ricostruiremo
Pramarino
Parla Valerio De Bettin,
presidente della Regola di Costalissoio,
intervistato dal giornalista
Stefano Vietina (“Corriere delle
Alpi”, 4 febbraio 2021).
«È sicuro che la ricostruiremo,
e meglio di prima. Non possiamo
certo lasciare un rudere proprio
nel punto più panoramico della Val
Visdende». Valerio De Bettin, classe
1967, presidente della Regola
di Costalissoio, proprietaria della
Malga Pra Marino, è fermo quanto
triste.
All’indomani dell’incendio,
da montanaro abituato a gestire
emergenze un anno sì e l’altro pure,
non si lascia andare più di tanto allo
sgomento. Guarda avanti, ma senza
dimenticare la storia. Anche ieri
i vigili del fuoco di S.Stefano sono
tornati alla malga, trasportati dall’elicottero,
per terminare di spegnere
i focolai.
«Era una delle strutture più
importanti della valle – dice De
Bettin -, senza dubbio la più antica
perché la nostra Regola l’aveva edificata
nel 1800. Si era salvata anche
dagli incendi del
tempo di guerra,
che avevano
falcidiato molte
altre strutture. Si
trovava a poche
decine di metri
dalla Chiesa della
Madonna delle
Nevi, resa famosa
dalla Messa che
vi celebrò Papa Giovanni Paolo II,
il 12 luglio 1987, in occasione delle
sue prime vacanze in Cadore. L’avevamo
appena ristrutturata, in pieno
accordo con il gestore, Giuliano
Casanova Borca, che aveva aderito
ai finanziamenti consentiti dal Piano
di sviluppo rurale».
Cosa può essere successo?
«Non si sa ancora nulla, siamo in
attesa dei risultati delle indagini.
A breve credo vadano su i periti e
faranno le loro valutazioni». Accertamenti
che si faranno sempre in
elicottero, perché le vie di accesso
sono ancora chiuse causa neve e pericoli
di slavina.
«Certo, la situazione è davvero
difficile, anche e soprattutto se
Il complesso di Malga Pramarino come appariva dall’alto prima del disastro
Malga Pramarino collassata dopo l’incendio
si pensa che in Val Visdende ci sono
dei residenti, ad oggi completamente
isolati. E se capita loro qualcosa?
Un malore? Un infarto? Capisco che
la strada di Cima Canale (la principale,
n.d.r.) sia impraticabile, per il
pericolo di slavine ed anche perché
sotto la neve, caduta copiosa dall’inizio
di dicembre, probabilmente
ci sono ancora piante schiantate,
ma un accesso alla Val Visdende si
deve ripristinare subito, almeno per
le motoslitte, dalla strada superiore,
quella da Forcella Zovo, che parte
da Costalta».
Ricostruire subito Malga
Pra Marino: questo è dunque l’obiettivo
della Regola. «Certo – dice
il presidente -. Manteneva ancora
la struttura originale, con le stalle a
ferro di cavallo. Una volta la si usava
come alpeggio e come ricovero
per il bestiame; nella casa madre,
dove ora c’erano il bar e il ristorante,
allora c’era il ricovero dei
pastori e la lavorazione del latte. A
settembre avevamo ultimato i lavori,
in accordo con il gestore con cui
c’è un ottimo rapporto da oltre venti
anni, con la realizzazione di sei
camere, sei bagni ed un bagno per
disabili, sul lato sinistro del ferro di
cavallo. Tutto distrutto. Si è salvata
solo la parte destra, dove di solito,
in estate, c’erano i tavolini per mangiare
ed in questo periodo era stata
accatastata la legna da ardere. L’ultimo
lavoro, sempre in comune accordo,
lo avevamo fatto prima della
nevicata: una nuova grondaia con i
28 La Conquista
paravalanghe sui tetti».
La Regola di Costalissoio
conta 115 iscritti all’anagrafe ed ha
altre proprietà come La Baita in località
Piazzolette, sopra il paese, e
la Malga Ciampobon in Val Visdende.
Valerio De Bettin è presidente
dal 2002, il bilancio annuale, si
aggira sui 110.000 euro, quasi tutto
derivato dal taglio dei boschi e dagli
affitti. A livello di proprietà conta
circa mille ettari di terreni, di cui
600 di bosco produttivo e 250 ettari
di pascolo che viene dato in affitto;
il resto sono aree non boschive
(rocce, montagna, etc).
«Ma è sempre più difficile
programmare – prosegue De Bettin,
che ha una piccola impresa artigiana
che lavora nel settore della
realizzazione e produzione di pavimenti
in legno – perché un anno arriva
la tempesta Vaia, un altro anno
una nevicata di grandi proporzioni,
un altro una tromba d’aria: il bosco
viene danneggiato e siamo sempre
in emergenza».
Quanto stimate che possa
costare la ricostruzione? «Bisogna
vedere bene la situazione, ma credo
di debba partire dalle fondazioni e,
se va tutto bene, ci vorrà un milione
di euro. Non siamo certo coperti
per una cifra del genere, però siamo
assicurati e potremo procedere per
stralci, alzando la struttura per dare,
appena possibile, un servizio minimo
a livello di ristorazione e poi,
pian piano, ricostruire le camere.
Reagiremo. Stiamo già reagendo.
Ripartiremo cercando di migliorare
in tutto e per tutto». (S. Vietina)
L’area con le nuove stanze da letto,
ricavate dalle vecchie stalle, era stata
inaugurata l’estate scorsa.
Qualità dell’aria
a S. Stefano
Relazione annuale dell’Arpav con lettera
ai clienti
Da tempo i Comuni promuovono,
attraverso la propria società
Bim Belluno Infrastrutture, lo sviluppo
di impianti a fonti rinnovabili, nella ferma
convinzione che la tutela dell’ambiente
si attui anche attraverso l’utilizzo
di queste fonti, essenziali per la
sostenibilità.
A S. Stefano di Cadore Bim
Belluno Infrastrutture, in esecuzione
di un preciso mandato del Comune,
ha realizzato la centrale e la rete di
teleriscaldamento alimentata a biomasse
legnose, impianto a tecnologia
innovativa e a basso impatto ambientale,
che oggi serve 97 utenze pubbliche
e provate per il riscaldamento e la
produzione di acqua calda.
Un’opera rilevante, unica nel
territorio provinciale ma già attuata
in molte realtà montane confinanti,
che ha richiesto un importante investimento
economico (oltre 2 milioni di
euro) e che ha beneficiato in parte di
contributi pubblici riservati ai progetti
di sviluppo delle zone montane.
Massima attenzione, fin dalla
messa in esercizio avvenuta nel 2008,
è stata posta alle emissioni in ambiente,
a tutela e a salvaguardia della
salute dei cittadini.
A tale proposito va evidenziato
che Bim Belluno Infrastrutture,
pur rispettando ampiamente i parametri
ambientali previsti per legge,
ha realizzato nell’ultimo quinquennio
molteplici interventi presso la centrale
di Medola: è stata completamente rinnovata
la camera di combustione, sostituito
e aggiornato il sistema di pulizia
automatico del fascio tubiero della
caldaia, installato un secondo filtro
autopulente in aggiunta all’esistente,
rinnovata la gestione informatizzata
dei parametri della combustione, potenziato
il sistema di circolazione dei
fumi, automatizzata l’estrazione delle
ceneri a ciclo continuo.
Interventi strategici dal punto
di vista tecnico, che hanno consentito
di conseguire livelli di eccellenza in
termini di efficienza e controllo delle
emissioni.
Non sono mancate, naturalmente,
le verifiche annuali sulla qualità
delle emissioni prodotte, eseguite
sia da laboratori terzi certificati che da
Arpav, autorità competente.
Arpav, nello specifico, ha
eseguito un’approfondita campagna
di rilevamenti nel corso del mese di
febbraio 2020 presso il camino della
centrale, i cui esiti hanno evidenziato
che
• per le polveri totali di valore
rilevato (0,1 mg/Nmᵌ) è notevolmente
inferiore ai limiti di legge (100 mg/
Nmᵌ);
• per il Benzo(a)pirene, e più in
generale per gli Idrocarburi Policiclici
Aromatici, la qualità emessa è talmente
esigua (inferiore a 0,00000623
mg/Nmᵌ) da risultare irrilevante.
Le emissioni provenienti
dall’impianto di Medola, quindi, non
rappresentano in alcun modo la causa
delle criticità rilevate nella qualità
dell’aria di S. Stefano di Cadore.
Arpav stessa, infine, ha indicato
come «Il riscaldamento domestico
contribuisce in modo rilevante alla
presenza degli IPA, soprattutto durante
i mesi freddi e nelle aree contraddistinte
da climi rigidi, come la provincia
di Belluno» (Arpav, Relazione annuale
della qualità dell’aria Comune di S.
Stefano di Cadore, cap 4.1 Inquinanti,
anno 2018), evidenziando, cioè, che
il miglioramento della qualità dell’aria
va perseguito con la riduzione delle
emissioni provenienti da combustioni
discontinue e incontrollate.
Dati importanti, questi, che
confermano la bontà della scelta intrapresa
a suo tempo dal Comune,
dal Bim Belluno Infrastrutture e dagli
utenti che si sono allacciati alla rete
di teleriscaldamento. Scelta che rappresenta
un concreto contributo per
il miglioramento della qualità dell’aria
a S. Stefano e per la valorizzazione di
un combustibile locale qual è la biomassa
legnosa.
Belluno, 28 ottobre 2020.
Bim Belluno Infrastrutture
La Conquista
29
La Pieve di S. Stefano
Gli anni del Pievano don Germano Candeago (3a puntata)
Primo numero de
“La Conquista”
Molte parrocchie della
Diocesi di Belluno avevano cominciato,
proprio in quegli anni, a
pubblicare un bollettino proprio soprattutto
allo scopo di raggiungere i
numerosi emigranti lontano dal loro
paese e dalle famiglie. Nuove destinazioni
si erano aggiunte negli anni
Trenta aggiungendosi alle precedenti.
Ora molti andavano verso il
Piemonte piuttosto che in Australia,
verso l’Agro romano… Una nuova
forma di impiego era per le ragazze
il servizio in famiglie della grande
città: Milano, Torino, Roma…
A S. Stefano, non era passato
molto tempo dall’ingresso di
don Germano Candeago e anche
la nostra parrocchia ha cominciato
a stampare il suo giornale col titolo
“La Conquista”. Il primo numero
porta la data gennaio – febbraio
1936.
Si tratta di un foglio di
quattro facciate soltanto, ma fitte
di notizie, esortazioni del parroco e
riflessioni… parte fatte in casa a livello
locale, il resto riportando vuoi
parole del Papa, o brani di giornalisti
cattolici, vite di Santi e spesso
dibattiti controversisti.
Sulla testata compaiono
quattro chiese: la pievanale «matrice
del Comelico» (così è scritto),
poi le altre tre nell’ordine: Campolongo,
Costalissoio e la più piccola
Casada. Sotto un candelabro acceso,
una frase del vangelo di Giovanni:
«La luce splende nelle tenebre».
Una seconda, pure programmatica
di uno stile di dialogo, è: «Nelle
cose necessarie unità, nelle dubbie
libertà, in tutte carità».
Ma è la testata stessa, “La
Conquista”, originale, scelta dal redattore
e che lui stesso si appresta a
spiegare.
“La Conquista” sarà…
una campana di carta!
Don Germano comincia dicendo
quello che il bollettino non
vuole essere. Soprattutto non servirà
a rivolgere richiami all’ordine
e tanto meno rimproveri, ma vorrà
avere verso tutti «il linguaggio della
carità».
«Il Foglietto non sarà un
notiziario politico o una cronaca
che sia il sunto degli avvenimenti
civili; non un bollettino agricolo o
commerciale; nemmeno un’autoincensazione
o auto-difesa, o peggio,
una raccolta di pettegolezzi.
Se dovrà rilevare delle deficienze
immancabili in ogni famiglia, così
anche in quella più vasta della Parrocchia,
sarà sempre col linguaggio
della carità e con l’unico intento del
bene. Piccolo di proporzioni, ma
sempre elevato e cortese con tutti!».
Il foglietto, come l’autore
chiama “La Conquista”, voleva essere
strumento dello zelo del pastore
«che oltrepassa le mura del Tempio».
Don Germano voleva, al suo
tempo, un cristianesimo che usciva
dalla sacrestia… Oggi con papa
Francesco si direbbe “una Chiesa in
uscita”.
«Sarà invece [il bollettino]
la estensione dello zelo pastorale
del Parroco che oltrepassa le mura
del Tempio: uno sfogo del suo amore
paterno, nel timore che i figli
dimentichino troppo presto le sue
parole di verità e di salvezza, udite
nella chiesa: la premurosa sollecitudine
del Pastore che vuol giungere
anche a quelle anime, a tutte quel-
Don Germano (part.) attorniato dalle
scolare della Scuola di taglio e cucito
di Campolongo.
le anime, che lo fuggono, errando
lontano nell’indifferenza religiosa e
nel peccato.
Sarà ancora la voce delle
Opere Parrocchiali, l’eco di tutte le
iniziative di bene, per segnalare il
buon esempio, ovunque si trovi, a
risveglio dei sonnolenti, a stimolo
dei pigri, a incoraggiamento dei volonterosi!
Sarà la campana… di carta
che, nella famiglia parrocchiale,
chiamerà silenziosamente, ma insistentemente
i figli alla casa comune,
la Chiesa: perché là siamo nati alla
vita spirituale… Sarà, il Bollettino,
una bandiera di fede, un vincolo
d’amore, per tutti, vicini e lontani,
i figli della Parrocchia!».
Come le campane invitano
a recarsi nella propria chiesa, così
le pagine del bollettino avranno un
suono piacevole e un’armonia di
casa che si farà sentire lontano: «La
spiegazione del mio intento, nell’iniziare
la pubblicazione del Bollettino,
è tutta nel nome: la Conquista.
Memore delle parole programmatiche
del gran santo Don Bosco:
30 La Conquista
“Dammi le anime, o Signore, il resto
prendilo!” e più ancora ricordevole
della missione del Redentore,
venuto unicamente per riconquistare
le anime, non posso dare per non
alterare il carattere della mia missione
pastorale, anche a questa nuova
attività del mio ministero, altro
scopo che la conquista, la salvezza
delle anime!».
Altre notizie di quegli anni
Nel 1935 nel Comune di S.
Stefano, comprendendo le frazioni,
c’erano 3.249 abitanti o “anime”
come li chiamava il parroco. I battesimi
erano stati 53, i matrimoni 21 e
i morti 28. Gli elenchi sono riportati
puntualmente.
Dal primo numero del bollettino
si viene a sapere che in parrocchia
era nata una schola cantorum
sotto la guida del segretario
comunale Mario Corso. La corale
era formata da soli uomini, giovani
e ragazzi, perché così prescriveva
il vescovo Cattarossi, scrupoloso e
ligio alle regole ecclesiastiche, che
allora escludevano le donne.
C’era inoltre l’ente “Opere
assistenziali” che distribuiva la minestra
a mezzogiorno. A beneficiarne
erano a S. Stefano 50 scolari e 50
adulti, a Campolongo 110 scolari e
100 adulti, a Costalissoio 45 scolari
e 45 adulti, a Casada 20 scolari e 40
adulti. Don Germano riferiva che
«con l’opera solerte dei dirigenti
dell’Ente, la distribuzione avveniva
in ordine perfetto e con soddisfazione
d’ognuno».
Caduti della Guerra d’Africa
Mentre “La Conquista”
usciva con lo scopo di raggiungere
tutte le anime, in quegli anni era in
corso anche un’altra conquista, con
ben altri obiettivi, in Africa Orientale.
Il primo numero del bollettino
ne parla e ricorda i primi caduti della
parrocchia che fin dall’inizio delle
operazioni aveva dato il suo contributo
di sangue. «Stroncati dalla
morte nel compimento del loro dovere:
Bettini Aldo di Costalissoio,
Polzotto Azzolino di Costalissoio,
Eraldo Pomarè di Campolongo e un
operaio Bortolo Puliè di S.Stefano».
[Bortolo Puliè, già medaglia
d’argento nella grande guerra,
si era distinto come pompiere di
guerra a Castelfranco Veneto nel
1918, fermando il fuoco prima che
raggiungesse i grandi depositi di
esplosivi vicino alla stazione. A lui
quel Comune ha dedicato una via
nel 2019].
Eraldo Pomarè, classe
1915, si era arruolato volontario
nell’Aereonautica. Morì in Eritrea,
a Gurà, vicino ad Assab.
Azzolino Polzotto, Aldo
Bettini e Graziano De Mario, un
terzo caduto di Costalissoio, erano
impegnati ad aprire strade, o solo
delle piste, per carri veloci ovvero
camion dell’epoca. I primi due
erano del Genio Zappatori Artieri,
mentre il De Mario era del 7°Alpini
Battaglion Feltre. “La Conquista”
riportava quanto era stato detto dai
comandi militari: i nostri erano presi
di mira con imboscate, che intendevano
fermare l’avanzata italiana,
ed erano spesso assaliti da forze
preponderanti che affrontavano
con combattimenti strenui all’arma
bianca. Tutti e tre sono caduti nella
stessa zona chiamata Tembien.
A Costalissoio il 7 maggio
1936 i tre caduti della frazione hanno
avuto le esequie con una solenne
commemorazione, presenti tutte le
autorità, e la dedica di tre targhe in
marmo con le loro foto nelle aule
scolastiche.
(continua)
Testata del primo numero de “La Conquista”: 1936.
La Conquista
31
Anagrafe interparrocchiale
HANNO COMINCIATO A VIVERE IN CRISTO COL BATTESIMO
Margani Nicolò
di Gabriele e di
Federica Fontana
nato il
29 ottobre 2019
e battezzato
il 17 ottobre 2020
a Pelos
SONO RISALITI ALLA SORGENTE DELLA VITA
DE ZOLT TONO
Silvia,
ved. De Zolt
di anni 103,
mancata il
5 dicembre 2020,
riposa a
Campolongo
MECCHIA
Annamaria,
ved. De Zolt
di anni 79,
mancata il
9 dicembre 2020,
riposa a
Campolongo
DE MARIO
VAROLA
Eliseo,
di anni 87,
mancato il
31 dicembre
2020, riposa a
Calgary (Canada)
DORIGUZZI
BOZZO
don Maurizio,
di anni 79,
mancato il
13 gennaio,
riposa a
Danta
COMIS
Luciano,
di anni 72,
mancato il
20 gennaio,
riposa a
Casada
CASANOVA
Bruna,
ved. De Zolt Gai
di anni 89,
mancata il
22 gennaio,
riposa a
Campolongo
ZANDONELLA
PITON
Angelina,
di anni 83,
mancata il
4 febbraio,
riposa a
S. Stefano
PELLIZZAROLI
Daniela,
di anni 66,
mancata il
12 febbraio,
riposa a
S. Stefano
CASANOVA
MORO
Arduino (Bigio),
di anni 82,
mancato il
14 febbraio,
riposa a
Campolongo
32 La Conquista
Gei
Sulla neve di Transacqua, le grida dei bambini
si facevano sentire fino in centro al paese,
anche per il silenzio in tempo di lockdown.
Ancora con la prima neve si vedeva il raduno
sul pendio, nel breve sprazzo di sole pomeridiano,
e poi la discesa… in slitta, su una
paletta o semplicemente sulla tuta purché
scivolassero. Si sono visti i papà, incuranti
del freddo, avviare bambini piccolissimi al
brivido della velocità, con un’aria fredda che
arrossava le faccine.