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180Meraviglie n. 43

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180M e rav

i

gl

dell’Associazione 180amici Puglia

e del gruppo studio e ricerca “Marco Cavallo” di Latiano (BR)

i

e

n. 43

OTTOBRE 2022

Periodico informativo-culturale sulla Salute Mentale. Dir. resp. Maurizio Distante. Aut. Trib. di Brindisi n. 537/15 del 28/04/2015

PERIODICO IDEATO E REALIZZATO DAL CENTRO SPERIMENTALE PUBBLICO MARCO CAVALLO DI LATIANO (BRINDISI)

1

Disegno di Vincenzo Malorgio


Indice

Editoriale

• Il valore della testimonianza - Luther Blisset pag. 3

Testimonianze

• S

• I fantasmi del passato - R. S. pag. 5

• Centri come il Marco Cavallo non devono morire! - Davide Pecoraro pag. 5

• A Putignano ... Finalmente con serenità - Paolo Minervini pag. 6

• La mia nuova realtà riabilitativa al Centro Marco Cavallo - Luigi Cinieri pag. 6

• La mia frequenza al Centro Marco Cavallo tra titubanze ed entusiasmo - Concetta Bacca

pag. 6

Eventi

• Salute mentale: linee guida per la corretta applicazione della legge 6/2004 sull’istituto

pag. 11

• Bologna 17/18 giugno 2022: la mia esperienza all'incontro nazionale delle realtà della salute

mentale dove si pratica il supporto tra pari - Cosimo Venerito

pag. 12

Dalle altre Testate e dal Web

• Salute Mentale. Pratiche di formazione alla guarigione - Silva Bon pag. 14

• Torna il sopravvento della psichiatria violenta - Maria Grazia Giannichedda pag. 15

• Sul doppio binario “il treno all’incontrario va” - Franco Rotelli pag. 16

• L’urgenza del cambiamento nella quotidianità di Basaglia - Peppe DellAcqua pag. 17

pag. 18

• Cosa è stato e cosa è Trieste - Peppe Dell’Acqua pag. 20

Acquolina in bocca

• Il Centro Marco Cavallo di Latiano e la dieta mediterranea - Fabio Almento pag. 21

• Pasta mista con i fagioli - Fabio Almento pag. 22

Attacchi d'arte

• Il tempo va e passano le ore pag. 23

Questo è il periodico del Centro Sperimentale di Ricerca e Studio per

la Salute Mentale di Comunità “Marco Cavallo” e dell’Associazione

180amici Puglia.

Un centro del servizio Pubblico (Unità Operativa di Salute Mentale

Mesagne/San Pancrazio - A.S.L. BR) cogestito con l’Associazione.

Un impegno collettivo per la costruzione di un percorso di salute mentale

di comunità e, nel contempo, un tragitto che porta a riconquistare i

diritti di cittadinanza e renderli realmente esigibili per tutti.

Nel periodico riportiamo le esperienze di tutti i protagonisti organizzate

e vissute all’interno e all’esterno del Centro.

Il periodico è ora iscritto al Tribunale di Brindisi, così da poter

e non solo e si avvale della collaborazione del giornalista Maurizio

Distante che ha accettato la nostra richiesta nell’essere direttore

responsabile del nostro periodico 180 Meraviglie.

Comitato di Redazione

Serena d'Angela

Augusta Caforio

Cosimo Venerito

Gennaro Dinota

Vincenzo Malorgio

Riccardo Ierna

Maddalena Guida

Carlo Minervini

e

con la partecipazione di tutti coloro

che hanno qualcosa da dire

2


Editoriale

IL VALORE DELLA TESTIMONIANZA

di Luther Blisset

Negli ultimi tempi abbiamo avuto modo di constatare, tra i partecipanti alla stesura del nostro perio-

pagine del nostro 180meraviglie.

vissuto, da parte di chi attraversa un periodo di disagio psichico, nei contesti più disparati, quali gruppi

di automutuoaiuto, convegni e, nel nostro piccolo, la possibilità di scrivere un articolo sul nostro

periodico.

L’elevato numero di richieste di far conoscere la propria storia sul nostro periodico, da parte di chi

attraversa un periodo di disagio psichico, non è sicuramente casuale: è piuttosto il frutto di un processo

di consapevolezza di sé e del proprio vissuto che i frequentatori del Marco Cavallo hanno la

possibilità di costruire.

Costruire una diversa percezione di sé, da parte delle persone con disagio psichico, non è un lavoro

semplice, perché si fonda sul rifuggire il rischio di immedesimarsi totalmente con il proprio malessere.

attraverso gli strumenti che ci sono propri da tempo: percorsi di reinserimento sociale e lavorativo,

politiche abitative e diritto di rappresentanza negli organi decisionali.

Capita ancora, troppo spesso, che la persona con disagio si presenti agli altri associando sé stesso ad

una diagnosi, come naturale conseguenza del pregiudizio di chi, in quella diagnosi, trova comodo

racchiudere tutto il vissuto e le peculiarità del suo interlocutore; oppure sia totalmente refrattaria a

portare la propria testimonianza, pregna di quell’autostigma che precede la fase della consapevolezza,

come è successo a tanti di noi in un primo momento.

con disagio venga relegato all’esercizio di un diritto formale, a mo’ di parziale risarcimento per il

perpetrarsi di una percezione della follia ancora gravemente stereotipata, è grande.

-

cittadinanza non eradicabile neanche dal più profondo dei malesseri psichici. E per quanto paradossale

possa sembrare, il rivendicare il diritto alla piena cittadinanza da parte di chi attraversa un periodo

di disagio mentale non ha niente di rivoluzionario o sconvolgente; è piuttosto la naturale applicazione

di quel lavoro di trasformazione dell’assistenza psichiatrica in salute mentale di comunità che Franco

Basaglia ha attuato nei decenni scorsi e che ha trovato pieno riconoscimento nella tanto celebre

(quanto disattesa) Legge 180/78.

Testimoniare con consapevolezza è implicitamente dichiarare la propria dignità, è far trasparire le

al lavoro, dall’abitare all’inserimento comunitario. È costringere chi ti sta di fronte alla più liberatoria

delle consapevolezze: che valga la pena ascoltare il proprio interlocutore.

Con o senza disagio psichico.

3


TESTIMONIANZE

-

-

di Giovanna Semeraro

L’otto febbraio del 2021 ho iniziato

a frequentare il Centro Marco Cavallo

di Latiano dopo che avevo

frequentato per quasi sei anni un

altro Centro che si trova a San Pietro

Vernotico in provincia di Brin-

dall’inizio molto bene e continuo

ancora a stare bene. Le persone conosciute

non mi hanno fatta sentire

spaesata e con la loro accoglien-

disagio. All’inizio ho frequentato

per due giorni settimanali facendo

4

cui vivevo poichè ero costretta

a prendere due pullman

per l’andata e due per

il ritorno. Arrivavo a casa

distrutta, ma contenta di

aver trascorso giornate belle

e intense. Infatti il lunedì

alle 17.00 perché mi piaceva

e continua a piacermi

frequentare il laboratorio

180Note Rock, tanto che ho

anche acquistato un basso

per suonare. Adoro molto

la musica e quando torno a

casa sono molto carica; anche

se stanca, mi sentivo e

mi sento molto orgogliosa e grati-

in là, dopo che avevo stretto amicizia

con Vincenzo, anche lui frequentatore

del Centro e del gruppo

rock, ho iniziato a strappargli dei

passaggi con la sua auto rientrando

a casa più riposata. A maggio

2021, per evitare di stancarmi troppo

facendo il su e giù da Sandonaci

(Br), mi sono trasferita a Latiano in

Fiocco, la mia cagna e il mio gatto,

anche perché avrei dovuto frequentare

tutti i giorni. Mi trovo molto

bene al Marco Cavallo e partecipo

a varie attività che mi aiutano a crescere.

Il lunedì alle 11.00 frequento

il gruppo di Auto Mutuo Aiuto durante

il quale ci si apre sui propri

problemi, trovando, qualche volta,

delle risoluzioni grazie ai consigli

di ognuno, non solo dell’operatore

che modera. Il martedì partecipo

alla riunione allargata della redazione

del periodico 180Meraviglie,

che, se pur molto interessante, a

volte, risulta essere molto pesante.

Sempre il martedì, alle 12.00, c’è

una mezz’ora di laboratorio di lettura

critica del giornale (il Quotidiano

di Brindisi e il Messaggero)

come pure il giovedì; anche in questa

circostanza allargo i miei orizzonti

critico - formativi. Il giovedì

mi cimento molto volentieri a giocare

nella squadra di calcetto del

Centro e…sono l’unica donna! A

volte perdiamo, a volte vinciamo.

Comunque sia, è un modo per fare

amicizia con persone di altre squa-

aspetto che trovo mi giovi molto. Il

venerdì facciamo il Gruppo Donne

dove si trattano tematiche al femminile

e qualche volta ci concediamo


delle uscite sempre tutte al femminile.

Purtroppo il sabato il Centro

è chiuso, ma spero che un giorno

non molto lontano, si possa avere

la possibilità economica per tenerlo

aperto, magari con altre attività

che, senza dubbio, arricchiscono le

persone che lo frequentano.

I FANTASMI

DEL PASSATO

di R. S.

Il 17 e 18 Marzo 2022 a Latiano si

è tenuta una conferenza riguardante

il tema dei disturbi alimentari a

cui ho partecipato con altri due soci

dell’associazione 180amici Puglia,

che era stata invitata. L’evento si

è tenuto a Palazzo Imperiali nella

bellissima Sala Flora. Relatore

principale è stato lo psichiatra

Mendolicchio, che, oltretutto, ha

presentato un suo interessantissimo

libro e ovviamente è specializzato

in questo tema. Non sono mancati

il sindaco Cosimo Maiorano che ha

introdotto e concluso e un preparatissimo

assessore ai servizi sociali,

il signor Baldari, che ha moderato

il tutto. Io ero molto desiderosa di

assistere attivamente, avevo molta

voglia di scorgere soluzioni alle

problematiche dell’anoressia, che,

in passato, mi ha colpita personalmente.

Molta gente è intervenuta

mi ha colpito un padre che, quasi in

lacrime, chiedeva come poter aiu-

è stato quello di una signora che ha

proposto di parlarne nelle scuole,

magari, distribuendo gratuitamente

l’eccellente libro presentato, ricco

di consigli sia preventivi che di

cura, dal titolo IL PESO DELL’A-

MORE. Anche io ho fatto un intervento,

spiazzando un po’ lo psichiatra

perché ho chiesto se ci possa

essere connessione tra anoressia e

rapporto con la madre. La risposta

non è stata semplice, ma articolata,

tuttavia, tutto faceva intendere che

il nesso è possibile. Tra le persone

che hanno animato l’evento con

la propria diretta testimonianza,

mi ha colpito Ludovica, una giovanissima

ragazza che ha attraversato

il tunnel dell’anoressia e che

adesso sta meglio. Ella ha canta-

musicale una dolcissima canzone

scritta da lei. Più volte ho cercato

di scrivere questo mio contributo,

ma non ce la facevo. I motivi risiedevano

nel fatto che, come ho

citato poc’anzi, mi sentivo molto

coinvolta emotivamente, dato

che sono stata anoressica per più

di dieci anni. C’è da dire che noi

anoressiche siamo abilissime a nascondere

il problema. Infatti molte

madri si accorgono della malattia

in fase inoltrata o quando ormai è

troppo tardi; ebbene sì, di anoressia

si muore più di quanto si possa

immaginare! Ricordo che perdevo

peso rapidamente perché avevo iniziato

una dieta; più dimagrivo, più

forte mi sentivo. Facevo chilometri

di passeggiate per bruciare i grassi

miei familiari mangiavano le lasagne

al forno nei giorni di festa,

io mangiavo una confezione di

che li preferivo. C’è stato un lungo

periodo che usavo lassativi, sempre

per dimagrire rapidamente.

Ho trascorso estati con quaranta

gradi indossando una tuta che coprisse

la mia magrezza e quando

mia sorella mi abbassava i pantaloni

per scherzare, io ero aggressiva:

quanta rabbia in quel corpo esile! In

quel periodo ero in cura dallo psichiatra

che si accorse del problema

e convocò mia madre per metterla

al corrente. Mia madre cadde dalle

nuvole, si era accorta che dimagrivo,

ma non immaginava che io

avessi un tale disturbo. Ricordo che

andai a visita da un’endocrinologa,

mi pesò, mi diede delle vitamine e

5

una dieta equilibrata. All’inizio seguivo

tutto alla lettera, dopo continuai

con il mio comportamento

alimentare scorretto. L’anoressia,

ripeto, ha fatto parte di me per molti

anni e, come è capitato a me, credo

se ne possa anche uscire.

Dentro, però, ti rimangono strascichi

e cicatrici. Adesso che non ne

cuno

ha questo disagio, ciò non mi

rano

in me vecchi ricordi sepolti

come fantasmi.

CENTRI COME IL

MARCO CAVALLO

NON DEVONO

MORIRE!

di Davide Pecoraro

Salve, sono Davide. Nella mia vita

tato

diverse situazioni quasi ad avere

vissuto più vite. Non basterebbe

un solo testo per parlarne!

Io sono una persona con disturbo

bipolare, per di più aggravato in

passato dall’uso di sostanze stupefacenti

di quasi ogni genere, ma


soprattutto di eroina, la peggiore

tra le droghe, poiché si aggiunge

anche uno stile di vita distruttivo

quasi da strada. L’origine dei miei

problemi risale a quando ero piccolo.

Ero un bambino molto vi-

si suol dire, “tremendo”. Mi spiego

meglio: quando sembra che i

bambini non abbiano alcun difetto

psichico, in realtà, è proprio lì che

ci sbagliamo ed è proprio lì che

dobbiamo preoccuparci. Infatti io,

pur essendo molto bravo a scuola,

ero comunque un po’ bulletto, che

non è certo una marcia in più, col

senno di poi, per un bambino, per-

positiva. Ho vissuto esperienze di

violenze domestiche perpetrate da

parte di mio padre nei confronti di

mia madre, ma poco nei miei. Comunque

sia, mi hanno causato dei

una violenza di padre padrone che

ha fatto male anche a sé stesso con

ripercussioni sulla sua salute tanto

da averne la morte. Doppiamente

traumatizzato, mi sono ammalato

di disturbo bipolare. Per arrivare

allo stato di benessere in cui mi trovo

ora, ho dovuto lavorare su me

stesso per molti anni, perché, se

da un lato la mia mente si era per

così dire bloccata per questi eventi,

dall’altro lato i problemi potevano

ancora essere risolvibili. In sostanza

voglio dire che il tutto non è dipeso

da me, ma sono stato eccessivamente

divorato da sensi di colpa

per i comportamenti di mio padre.

Sono stati necessari anche i farmaci,

che, se usati in modo corretto,

ma non abusati, secondo una cura

corretta, sono utili. Fondamentali

sono stati anche la frequenza di

persone, di medici in gamba preparati

per strutture adatte, ma anche il

mio spirito collaborativo. Come ha

Morelli, “Le persone folli non vanno

in analisi perché non hanno la

consapevolezza delle proprie man-

mettono in discussione e non sono

folli”. Io sono cosciente di aver

usato sostanze stupefacenti sia per

svago che per rifugiarmi in esse illudendomi

di sentirmi meglio e la

colpa è mia. Per l’uso di sostanze,

in questi casi leggere, ci sono state

conseguenze serie segnate da tre ricoveri

in SPDC a causa di allucinazioni

visive ed uditive.

In seguito, ripeto, grazie all’aiuto

di molti, mi sono svincolato dalle

sostanze stupefacenti e adesso sto

“una favola”. Sono partito da zero,

ho contattato una dottoressa e grazie

al suo aiuto sono stato in una

Comunità. Adesso frequento e partecipo

attivamente alle attività del

Centro Marco Cavallo, buona occasione

per partire da qualcosa di

molto positivo per tutte le persone

che come me attraversano problemi

di disagio psichico.

Da soli, se pur con i familiari,

non ce la si può fare. C’è bisogno

di luoghi come il Marco Cavallo

dove iniziare a fare qualcosa come

trampolino di lancio per il lavoro.

In passato, grazie al mio titolo di

OSS, ho lavorato nel privato per un

anno e il mio obiettivo sarebbe di

ripartire da lì, per poi magari realizzare

qualche altro desiderio.

Qui al Centro, sono stato accolto

in modo esemplare sia dagli operatori

che dai SEPE, ma anche da

tutti i frequentatori. Se già prima

avevo iniziato a fare un percorso di

ripresa, adesso, a distanza di pochi

mesi posso testimoniare di essermi

ripreso maggiormente. Ho trovato

persone competenti ed empatiche.

Centri come questo non dovrebbero

“morire”, ma essere sempre

più sostenuti dagli Enti e dalle Istituzioni,

che invito fermamente ad

essere presenti.

qualcuno che conta, ma perché ci

credo fermamente vivendolo ogni

giorno.

A PUTIGNANO…

FINALMENTE

CON SERENITÀ

di Paolo Minervini

Il 6 Aprile 2022 io e la mia compagna

Patrizia abbiamo fatto una

gita insieme con i compagni del

Centro Marco Cavallo. Precisamente

siamo stati a Putignano, in

provincia di Bari. Per me è stata

la prima volta in assoluto che mi

sono trovato bene in questa città.

In un lontano passato, infatti, l’ho

frequentata per tre, quattro volte a

settimana a causa di un’amicizia

femminile universitaria, che, però,

mi ha fatto tanto stare male. Infatti,

venni a sapere che questa persona

frequentava ambienti malfamati e

ostili. Per la prima volta, invece, ho

potuto godere delle bellezze della

città quali la grotta del trullo, il

centro storico, il mercato e con Patrizia

ho fatto anche acquisti. Sarà

stato che siamo stati in buona compagnia

e con brave persone, come

sempre accade con il Centro Marco

so,

lì, una giornata serena, intensa

e rilassante soprattutto durante il

pranzo tenutosi in un agriturismo,

grazie al fatto che eravamo tutti insieme.

Quest’ultimo è un aspetto

fondamentale per il benessere della

6


persona e per la guarigione di brutti

ricordi, fortunatamente, legati ai

tempi che furono. E’ già da tempo

che ho una nuova compagna, sono

più stabile e più sereno, ma anche

più comunicativo con le persone.

Ci tenevo molto, sia pur nella semplicità,

a comunicarvi questo mio

cambiamento. Perciò devo ringraziare

anche la possibilità giornaliera

che ho a disposizione da parte

del Marco Cavallo e dell’Associazione

180amiciPuglia di poter fare

esperienze positive.

LA MIA NUOVA

REALTÀ

RIABILITATIVA

AL CENTRO

MARCO CAVALLO

di Luigi Cinieri

Salve a tutti, mi chiamo Luigi e

sono una persona con disagio psichico.

Prima di frequentare il Centro

Marco Cavallo, sono stato in

comunità per due anni, la San Giovanni

Paolo II di Latiano. Adesso

vivo a casa mia, ma dal 1° marzo

2022 per 5 giorni a settimana vado

al Centro dove pranzo e partecipo

alle attività, che, tutto sommato, mi

danno soddisfazione e mi aiutano

nel mio percorso di vita. Quelle che

mi piacciono di più sono: il gruppo

AMA (automutuoaiuto) dove tento

di aprirmi visto che sono un po’ ti-

interessanti che spesso vengono proiettati.

Inoltre trovo un bel diversivo

quando si esce insieme come l’essere

andati a Putignano, dove abbiamo

visitato le grotte con un ottimo speleologo

che ci ha fatto da guida. Pur

avendo la patente, non guido; per

me è stata una buona occasione per

uscire dalla solita routine. Dopo la

visita alle grotte abbiamo percorso il

centro storico e sostato in un bar a

siamo stati a mangiare in un agriturismo

molto bello e non ci è mancato

di vedere mucche, vitelli, maialini

e cavalli. Insomma, una full immersion

nella natura che tanto bene fa!

Era un bellissimo posto e abbiamo

fatto anche tante foto. Durante il

mato

a godere della vista di un immenso

campo di ciliegie. Bellissimo

anche quello. Spero in un’altra gita;

nel frattempo collaboriamo al nostro

percorso con le attività del Centro.

LA MIA

FREQUENZA

AL CENTRO

MARCO

CAVALLO TRA

TITUBANZE ED

ENTUSIASMO

di Concetta Bacca

Quando ho iniziato a frequentare

il Marco Cavallo nel giugno 2021,

sia trovata male, di per sé, era, ed

è un bel Centro. A volte, però, opponevo

una certa resistenza a venire

perché mi sentivo legata ad un

continuo impegno giornaliero dato

che ero già stata in Comunità Riabilitativa

per diverso tempo. In cuor

mio volevo sentirmi più libera

considerato che ormai avevo pre-

Tuttavia i periodi di riabilitazione

sono lunghi e gli operatori del

Centro mi consigliavano di frequentarlo

per non sentirmi sola.

Infatti i miei genitori sono morti,

Mano a mano mi sono convinta,

perché al Centro sto insieme ad

altre persone che sono diventate

amici. In particolar modo mi sento

molto legata a Giovanna, alla quale

voglio molto bene.

Oltretutto, se ho bisogno di parlare

sia con i compagni che con gli

operatori, essi sono sempre disponibili

a prestarmi ascolto e diverse

volte mi hanno aiutata a risolvere

problemi e situazioni casalinghe

recandosi anche nella casa dove

vivo. Adesso, sono molto più stabile

nella frequenza giornaliera e

lo faccio anche più volentieri partecipando

a diversi laboratori che

mi tengono attiva.

7


13 MAGGIO 2022:

GRAZIE

FRANCO

BASAGLIA!

Grazie al Signore Iddio ci siete tutti

Voi, ci sono ancora i Centri di Salute

Mentale a Trieste, che ascolta-

psichica e quella di altre persone

che vivono il disturbo mentale. Mi

è capitato la scorsa settimana, in

bus, - stavo per tornare a casa dopo

una mattinata impegnativa (forse

troppo) al CIF di Trieste dove svolgo

con una borsa lavoro attività

di organizzazione eventi culturali,

- di “incontrare” i miei terribili

sintomi di disturbo psichico. Non

sapevo cosa fare. Entrai d’improvviso

in una confusione totale

e sentivo, percepivo come un impeto

a scappare via, a correre fuori

dal bus. D’improvviso mi viene

in mente un gesto che è stato miracoloso:

chiamo al telefono mio

marito Vittorio e per fortuna lui mi

risponde; gli dico: “Vittorio, sono

in bus, sto male. Ho sintomi. Non

so cosa fare. Se andare al Centro

o se andare a casa.” Dicendo questo

a Vittorio percepisco in me

stessa interiormente una certa agitazione.

Lui mi ascolta e mi dice:

“Stai tranquilla. Vai a casa. Hai

comunque anche a casa il farmaco.

L’Haldol. Puoi prenderne dieci

gocce.” D’improvviso sto bene.

Mi sento rassicurata, capita, sono

stata ascoltata attivamente, con attenzione.

Vado a casa, sto meglio.

Mi rendo conto d’improvviso di

dover necessariamente frenare con

le mie amate attività e decido di

iniziare spegnendo il cellulare. Sto

meglio. Bevo bicchieri di acqua.

Ascolto me stessa. Mi rilasso. Respiro

profondamente. Con il telefono

spento sto molto meglio. Mi

rassereno. Poi decido di chiamare

il CSM e apro il telefono. Risponde

l’operatrice che mi ascolta e mi

rassicura: “Signora Elena, informo

il suo medico di riferimento, la

chiamiamo più tardi.” Mi ha fatto

molto piacere sentirmi dire questo

dall’operatrice del Centro. Potevo

stare tranquilla. Mi avrebbero chiamato.

E così hanno fatto. In qualsiasi

attimo del giorno può accadere

che stai male quando hai un disturbo

psichico come il mio. Per questo

motivo si ha bisogno di servizi

dove ci si possa rivolgere con una

telefonata in qualsiasi momento del

giorno o recandosi lì in ogni momento

del giorno. Grazie, Franco

Basaglia, per aver istituito i CSM.

Grazie, Franco Basaglia, per averci

liberato dal manicomio e grazie per

aver sempre creduto in noi “matti”,

nelle nostre capacità, nelle nostre

attitudini, grazie per averci dato dignità.

Grazie a chiunque considera

noi “matti” come degni dei diritti

che hanno tutti i "normali". Grazie

a tutti Voi, che siete qui.

QUANDO I

SERVIZI DI

SALUTE MENTALE

FUNZIONANO

BENE

Bad Kleinkirchheim, domenica 15

maggio 2022.

8

settimana con mio marito Vittorio

a Bad in Austria. Di mattina mi

sveglio presto. Mi preparo. Vado

a messa, osservo con piacere che

avevamo regalato al parroco ancora

tre settimane fa, sta ancora ben

sull’altare dentro alla chiesa. Dopo

no

bar sempre nella tranquillità del

luogo, di Bad, che sembra un luogo

benedetto dal Cielo. Dopodiché con

lo zaino in spalla cammino verso le

terme, dove passerò il tempo al sole

ma anche nuotando piacevolmente;

sono sola, prima di arrivare alle

terme sono andata a comprare al

supermercato un panino. Lo avrei

mangiato a pranzo. E una bottiglietta

di acqua. Il tempo trascorre

bene alle terme. Relax e anche un

po’ di attività. Penso e scrivo appunti

per la possibile intervista che

dovrei avere per un progetto cui mi

sono dedicata negli ultimi tempi.

Scrivo, prendo appunti. Riposo. Mi

rilasso. Decido poi di tornare a casa

Zirkitzen, dove abbiamo casa. Bella

la mattinata. Ero sola alle terme.

Vittorio è andato a camminare cinque,

sei ore. Troppa fatica. Non fa

per me. Io sono andata alle terme.

Sarei rimasta di più se vi fosse stato

anche Vittorio, avremmo potuto

parlare , chiacchierare, avrei potuto

ascoltare le sue battute che mi fanno

ridere e ridere a crepapelle. Il

tempo passava più velocemente, se

vi fosse stato Vittorio. Decido quindi

di tornare a casa. Mi preparo.

Esco dalle terme. Inizio a camminare

sul sentiero, prendo il berretto

fuori dallo zaino, me lo metto sulla

testa, il sole stranamente oggi mi

infastidisce. Giungo vicinissima a

casa, lungo il sentiero il rumore del

ruscello mi accompagna. Che bello.

Che meraviglia. Mi siedo su una

panchina, sono quasi giunta, sono a

due minuti da casa. Osservo il bellissimo

prato verde con i tantissimi


telefono: vedo sullo schermo del

telefono cellulare che mi chiamano

dal Centro di Salute Mentale

Maddalena di Trieste, quello mio

di riferimento. “Pronto” dico, “Signora

Elena, buongiorno, sono L.

della Maddalena, volevo solo dirle

do:

“Grazie, signora L. lo so, lo so,

certo, l’ho annotato in agenda. La

ringrazio comunque per avermi ricordato.”

Aggiungo che sono con

mio marito in Austria e L. mi augura

“buon divertimento!” Questo

accade oggi, domenica 15 maggio

2022 alle ore 12.30. Quando i servizi

funzionano bene. Un caro saluto,

da Elena.

di Silva Bon

E’ nel lessico italiano: “pazzo/pazza”, “pazza da legare”.

Si dice nella parlata, nella volgata comune: “pazza da legare”.

La mia è una denuncia.

Vorrei parlare della qualità dei Servizi della Sanità Pubblica

che si occupano delle persone con esperienza di

rienza.

Perché mi chiedo, e chiedo a tutti voi, di quali Servizi

stiamo parlando? Di quale realtà stiamo discutendo?

Io sento le voci, continuamente, incessantemente.

Ma oggi sto bene.

E devo la mia possibilità di condurre una vita “normale”,

se mai si può parlare di vite normali, grazie all’aiuto, al

della pandemia Covid. E posso testimoniare che salute

Sono stata seguita per più di trent’anni, un lungo per-

Eppure sono stata messa in grado di mantenere il mio

tinuare

a scrivere e a pubblicare riconosciuti articoli,

stata spinta e sostenuta nell’assumere cariche di responsabilità

nell’ambito dell’associazionismo sociale; ho se-

parole nuove, come libertà, rispetto, risposta ai bisogni. Mi è stato insegnato a diventare responsabile, consapevole,

indipendente, autonoma.

-

prima mi parevano insormontabili.

Oggi di quali Servizi psichiatrici potrei parlare?

Me ne sono allontanata, inorridita e spaventata, quando ho visto cambiare tutto attorno a me.

Cancellate le esperienze pregresse di costruzione di gruppi solidali, nei percorsi di auto mutuo aiuto. Chiuse

le porte. Sbarrati gli accessi, là al CSM dove le persone venivano ad incontrarsi, a parlare, in una libera comunicazione

tra donne e uomini con esperienza di malattia, ricoverate e no, gli operatori, di tutti i livelli, e anche

cittadini comuni.

punto di riferimento centrale, con la sua umanità, le sue battute scherzose, i suoi rimproveri e i suoi semplici

consigli di vita.

9


Io sto bene, ma se avessi bisogno di un aiuto, non mi rivolgerei più ai Servizi psichiatrici pubblici.

la mia città, ma sento estesa a tutto il territorio nazionale.

-

renti,

in questo modo colpite e “punite” - mi domando, punite (?) -, con conseguenze devastanti, incancellabili.

in un luogo di reclusione totale, perché l’esperienza del manicomio l’ho vissuta e subita, prima a Klagenfurt, in

Austria, e dopo a Praga, in Cecoslovacchia, nel cuore dell’Europa. So l’orrore di quei posti di disperazione, di

deprivazione. Esperienze di istituzioni in cui si subisce impotenti, immoti, come oggetti muti, vuoti, invisibili.

Vogliamo tornare a questo? Forse siamo già tornati a tutto questo.

E non solo in Italia.

Libertà e Cittadinanza riconosciute sulle Carte Costituzionali, alla pari con tutte le altre persone che vivono

sulla Terra.

Grazie.

QUESTO NOI CHIEDIAMO A GRAN VOCE:

CONDIVISIONE!

10


EVENTI

-

-

SALUTE MENTALE:

LINEE GUIDA PER

LA CORRETTA

APPLICAZIONE

DELLA LEGGE

6/2004

SULL’ISTITUTO

DELL'AMMINI-

STRAZIONE DI

SOSTEGNO –

RIFERIMENTI E

VINCOLI

COSTITUZIONALI

di Cosimo Venerito

2022 ha organizzato 3 Seminari

online su 3 argomenti fondamentali

in Salute Mentale: i farmaci; la

formazione e l’amministrazione di

sostegno. Sempre su questi 3 temi

si è espresso il Comitato Scienti-

cumenti

inviati anche al Ministero

della Salute. Ho relazionato al

Seminario sull’amministrazione

di sostegno il 18 febbraio con un

intervento preparato insieme alla

collega Augusta. L’articolo è stato

sviluppato con un’introduzione illustrativa

di questo Istituto a partire

dalle spiegazioni date dal Prof. Paolo

Cendon nel Convegno tenutosi

presso la cittadella della Ricerca di

Mesagne nel 2015. Sono state poi

inserite le interviste realizzate

ad alcuni frequentatori del Centro

Marco Cavallo ai quali il

Tribunale ha assegnato un amministratore

di sostegno. L’U-

NASAM è da sempre impegnata

nella corretta gestione della

Legge su questo Istituto, ha sostenuto

la necessità di uno stru-

ne

che vivono l’esperienza del

disagio mentale ancora prima

che la Legge venisse approvata.

Oltretutto questa Legge si poneva

come mezzo per il superamento de-

nistrazione

di sostegno interviene

laddove la persona con disagio psichico

non riesce da sola a tutelare

i propri interessi e i propri diritti.

Dalle segnalazioni pervenute l’ap-

su tutto il territorio nazionale e l’interlocuzione

avviata con il Ministero

ha proprio lo scopo di produrre

delle linee guida sulla corretta applicazione

della Legge su tutto il

territorio nazionale nell’esclusivo

interesse della persona che vive l’e-

La Legge nasce con l’intenzione di

assegnare un angelo custode alle

persone con invalidità, ma negli

anni abbiamo notato che abbiamo a

che fare con degli “arrivisti”, basti

pensare che ci sono delle Associazioni

che si occupano di amministrazione

di sostegno, organizzano

corsi e mettono in rete amministratori

di diverse regioni, venendo

meno alla regola che vuole che sia

11

un servizio gratuito o al massimo

che preveda la possibilità di un

equo indennizzo una volta all’anno.

È da qui che nasce il problema di limitare

il numero degli assistiti per

ogni singolo amministratore. Una

buona soluzione sarebbe quella di

creare degli elenchi da cui attingere

per le nomine degli amministratori

di sostegno.

Inoltre, spesso nei Tribunali gli

amministratori vengono nominati

dai Giudici Onorari e non dai Magistrati

Togati a dimostrazione che

abbiamo a che fare con una giustizia

di serie B, ma il destino delle

una giustizia di serie B.

La Costituzione italiana pone al

Centro dell’ordinamento la persona,

per questo motivo l’amministrazione

di sostegno funziona

molto bene quando si tratta di amministrare

i beni della persona con

disabilità, svolge una funzione limitata

invece quando abbiamo a

che fare con la libertà della perso-


Costituzione precisa chiaramente

che è inviolabile la libertà personale,

il domicilio, la comunicazione

riservata. Il problema dell’amministrazione

di sostegno si pose già

negli anni ’60 quando le persone

che uscivano dal manicomio avevano

bisogno di un supporto per

una casa di proprietà, fare l’allaccio

della luce, del gas, ecc., in poche

parole integrarsi. In molte persone,

in manicomio, che come noto era

molto simile al carcere, qualcosa

di buono era rimasto, allora venivano

invitate ad uscire, a trovarsi

un appartamento, magari c’era chi

desiderava avere una/o compagna/o

o addirittura, perché no, dei

stampella dell’amministratore di

sostegno raggiungeva lo scopo di

tutelare i diritti della persona. Oggi

gli amministratori sono spesso avvocati

con i quali gli amministrati

instaurano grosso modo un vero e

proprio rapporto di amicizia, si occupano

soprattutto di gestire le entrate

della persona che vive l’espe-

spesso gli assistiti sono persone che

BOLOGNA 17/18 GIUGNO 2022: LA MIA ESPERIENZA

ALL'INCONTRO NAZIONALE DELLE REALTÀ DELLA

SALUTE MENTALE DOVE SI PRATICA IL SUPPORTO

TRA PARI

di Cosimo Venerito

Il 13, il 20 e il 21 settembre 2021 si è tenuta in webinar la 1° Conferenza Nazionale degli Utenti e Familiari

Esperti nel supporto tra pari a cui ho partecipato con molto interesse. Sono state coinvolte 43 realtà nazionali

presenti in 11 Regioni dove si pratica il supporto tra pari. L’obiettivo di questi incontri è la promozione della

-

necessario organizzare un incontro in presenza: è stata scelta come sede Bologna, una città facilmente raggiungibile

da tutta Italia e ho partecipato ad alcuni incontri online in cui abbiamo organizzato le giornate del 17 e

18 giugno 2022. Dal Centro ci siamo preparati per partecipare in 3: Cosimo Cavallone, io e Carlo Minervini.

A Bologna abbiamo preso una camera tripla a 15 min. a piedi dalla Stazione Centrale. Siamo arrivati a Bologna

venerdì 17 alle 9:30, abbiamo preso il nuovo treno che dall’aeroporto porta alla Stazione (i biglietti sono

c’era ancora il bus per raggiungere la stazione, il trenino “Marconi Express” che collega l’Aeroporto alla Stazione

quindi è stato inaugurato da poco, ha il vantaggio di essere molto più veloce rispetto al bus che fa il giro

della città. Dalla Stazione siamo andati a piedi a lasciare i bagagli in albergo e da lì siamo andati direttamente

organizzato con delle sedute plenarie e con 3 gruppi di lavoro che avrebbero lavorato su 3 temi individuati per

i quali era necessario un approfondimento:

1. Identità dell’ESP (Utenti / Familiari) (Lavoratore / Volontario)

2. Dove opera l’ESP (Servizio Pubblico / 3° Settore / Privato)

3. Formazione ESP

Io ho partecipato al 3° gruppo, la mia esperienza di SEPE (Socio Esperto per Esperienza) e lavoratore è indicata

per questo gruppo.

Dal gruppo di lavoro del 17 giugno: C’è stata un’introduzione al Corso EX-IN e poi il dibattito ha avuto come

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si sentono perfettamente in grado

di lavorare, magari part time, e di

gestire le proprie somme, accettano

l’aiuto dell’amministratore, perché

consapevoli dei limiti imposti

dalla propria malattia. In questo

senso vorrebbero un maggior aiuto

da parte del CSM di appartenenza

rinunciando all’amministratore di

sostegno.


argomento i contenuti che vorremmo che avesse il corso per ESP partendo dalle esperienze di corsi tenuti sul

territorio nazionale e i cui fruitori sono presenti in questo gruppo di lavoro. Ci sono stati dubbi su quali con-

re

le persone che stanno male, collaborare con i Servizi pubblici e con le Associazioni alla pari con gli altri

l’ESP come orientatore, oppure addetto alla persona, oppure OSS, ma non avendo fatto il corso OSS, non è un

ri

per arrivare ad avere un contratto collettivo nazionale riconosciuto. Fra i requisiti è importante aver avuto

esperienze di gruppi di automutuoaiuto, che è la metodologia di lavoro che deve mettere in campo l’ESP, deve

il Dott. Renzo De Stefani di Trento: Eros aveva sostenuto nella prima Conferenza Nazionale tenuta a Settem-

fatto notare che tutte le persone presenti al Convegno sono di parere contrario: i percorsi di recupero/ripresa

degli ESP passano anche attraverso periodi in cui si rende necessario l’utilizzo di psicofarmaci.

Gruppo di lavoro di Sabato 18 giugno “Coinvolgimento e formazione degli operatori”

In qualche ASL gli ESP sono stati coinvolti e inseriti all’interno dei servizi su disposizione del Dipartimento,

in altre ASL gli operatori hanno fatto un corso sugli ESP per facilitare il loro inserimento all’interno dei servizi.

Sono iniziative che spesso sono terminate senza svilupparsi. È importante invece la conoscenza, l’informazione

sulle possibilità di ripresa della persona con disagio psichico e sulle capacità di svolgere un lavoro

all’interno dei servizi di salute mentale.

I lavori dell’Incontro Nazionale hanno portato a queste conclusioni:

lo

che ci ha permesso di arrivare alla 2 giorni di Bologna. Il coordinamento accoglierà anche altre persone

provenienti dalle realtà nazionali in modo da avere una base rappresentativa più ampia possibile

tutto il suo percorso dal coordinamento.

Saranno creati dei gruppi di lavoro che si occuperanno di sviluppare il tema della formazione ESP / formazione

operatori e un gruppo che si occuperà di coinvolgere oltre alle 43 realtà nazionali già contattate altre realtà

ed Associazioni presenti sul territorio nazionale. Un altro gruppo si potrebbe occupare delle Leggi nazionali.

Questi gruppi lavoreranno in previsione di un nuovo incontro in presenza che si terrà a marzo 2023 e che dovrà

essere organizzato.

La sera del 17 siamo andati in piazza Maggiore dove “La Repubblica” aveva organizzato con la giornalista

l’intervento dello psicoanalista Massimo Recalcati, il quale ci ha spiegato che all’origine dell’uomo c’è il

male, si pensi a Caino e Abele, e la guerra è il risultato di quel sentimento di odio insito nell’animo umano che

ancora oggi non riusciamo a superare. Abbiamo cenato frugalmente in una Osteria lì vicino. Siamo ritornati

in albergo, nella nostra stanza purtroppo c’era solo un ventilatore e non un climatizzatore, abbiamo cercato di

dormire nonostante il caldo e la mattina seguente siamo ritornati al Convegno. La sera del 18 siamo sempre

stati in Centro in piazza Santo Stefano ad assistere ad un concerto, abbiamo cenato vicino la stazione e alle

23:40 abbiamo preso il treno per il ritorno. Sono favorevole all’inserimento lavorativo degli ESP all’interno

dei servizi di salute mentale della ASL, come ho avuto modo di spiegare in precedenti incontri, ritengo che

l’Esp debba riprendere le capacità lavorative che aveva prima della malattia, quindi riprendere il lavoro che

aveva prima di essere preso in carico dal CSM oppure deve sviluppare delle nuove abilità sempre allo scopo

di rientrare nel mondo del lavoro. Una persona è davvero libera quando ha un lavoro che lo rende autonomo.

Valorizzare gli ESP e favorire il loro reinserimento lavorativo è quello che si fa al Centro Marco Cavallo. Qui

non ci sono operatori ASL a tempo pieno, ma la gestione è in realtà una cogestione tra la ASL e gli ESP assunti

dall’Associazione 180amici Puglia, questa organizzazione favorisce gli ESP stessi, i quali possono avere dei

contratti di lavoro (Pulizie, Orto, Manutenzione, Autista, Mensa, Ricerca, Redazione Periodico, Segreteria,

Amministrazione, ecc.) alla pari delle persone al di fuori del mondo della salute mentale.

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Dalle altre testate e dal web

-

SALUTE

MENTALE.

FORMAZIONE

ALLA

GUARIGIONE

di Silva Bon

Fonte: "Forum Salute Mentale"

Il mio intervento si basa su quelle

esperienze personali legate al bisogno

di cura, di ripresa, di salute

mentale, che ho vissuto per un arco

di tempo lungo più di trent’anni: infatti,

già all’inizio degli anni ‘90, ho

cominciato a essere curata con continuità

dal Centro di Salute Mentale

di Barcola, il primo dei CSM 24h

istituiti in Italia, presso il Dipartimento

di Salute Mentale di Trieste,

addirittura in anticipo rispetto alla

Legge 180. Ricordo con vivezza

il primo incontro con gli operatori

del Centro. È stato un momento in

cui, con molta pacatezza e umanità,

sono stata messa in grado di parlare

soprattutto di esprimere domande

e richieste di aiuto concrete. Cosa

assolutamente non facile, quando

si è contratti, chiusi nel dolore, che

impedisce di trovare le parole, e

la vergogna blocca ogni strada di

apertura verso il mondo esterno.

Ma, al di là della prescrizione di

to

delle risposte concrete, che mi

aiutavano a cercare di vincere e

superare fobie, isolamento, disperazione,

abbandono: esse sono iniziate

con l’invito a partecipare in

gruppi di discussione; in gruppi di

auto-mutuo-aiuto tra donne; in Associazioni

femminili del Terzo Settore

operanti con il DSM, e dunque

tutti improntati alla medicina di genere,

in anni davvero precoci. Tutto

ciò ha avuto un valore terapeutico

ancora maggiore dei colloqui individuali

tradizionali. Anche l’opportunità

di partecipare attivamente a

congressi e incontri sui temi della

salute mentale, nazionali e internazionali,

opportunità sempre condivisa

con molti amici e amiche, afferenti

come me al DSM di Trieste,

mi/ci ha messo di fronte, in ogni

occasione a esperienze formative

di vario livello: non solo di conoscenze

in senso stretto, ma anche

pratiche reali. Così già ben più di

vent’anni fa ho/abbiamo sentito

parlare di recovery; di resilienza,

parola allora del tutto nuova, mutuata

dalla lingua inglese; del valo-

proprie storie di vita, raccolte in

narrazioni ricche ed emozionanti;

di costruzione di percorsi di recupero

in accordo responsabile con

di guarigione. Ma anche, ho/abbiamo,

imparato a prendere treni, aerei;

a risiedere in alberghi; a vivere

in campeggi; a incontrare persone

e ad attraversare situazioni impre-

to

pubblico; a gestire momenti di

protagonismo individuale e corale

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davvero impegnativi, aiutandoci e

sostenendoci reciprocamente … E

tutto costituisce e costruisce esperienza;

bagaglio utile a conoscere e

a confrontarsi con situazioni diverse.

Ma soprattutto, costruisce da un

lato, inclusione e socializzazione

reali nel mondo non protetto, anzi

tendenzialmente ostile verso le persone

fragili; dall’altro, costruisce

coesione e senso di appartenenza

a un gruppo umano comunitario,

coltà

che reciprocamente si possono

comprendere e ci si aiuta a risolvere.

In questo senso penso alle

tante occasioni di partecipazione libera

a seminari dipartimentali, frutto

di co – progettazione, preparati

per tempo con numerose riunioni

operative, cui ho/abbiamo partecipato

in tanti e in prima persona.

Qui nascevano, si formavano possibilità

di dialogo e di conoscenza

reciproca più stretta e amicale tra

operatori di tutti i livelli, familiari e

persone con esperienza; sfumavano

pregiudizi; si sperimentavano pratiche

socializzanti fortemente terapeutiche;

si apprendevano metodi

di interazione medicale e di espe-

anche in paesi stranieri. Dunque,

pratiche formative comunitarie, organizzate

dal Dipartimento, a cui

le persone con esperienza erano

invitate e in cui erano coinvolte;

proprio a esse si dava spazio, parola,

libertà di presenza, sostegno

per chi in quel preciso momento

opportunità di crescita collettiva,


di costruzione di saperi circolanti

nella comunità. La formazione, a

mio avviso, deve essere altamente

raccomandazioni dell’OMS, aperta

agli studi internazionali più aggiornati;

e soprattutto deve essere permanente;

e deve essere sostenuta e

attuata non solo nelle sedi universitarie.

Penso che essa deve essere

rivolta non solo agli operatori; ma

che anzi deve coinvolgere anche le

persone che attraversano i Servizi,

familiari e utenti, chiamati auspicabilmente

a partecipare, apprendere,

confrontarsi negli spazi appositamente

istituiti dai Dipartimenti e

dai Centri. Perché proprio alle persone

con esperienza deve essere

che deriva dall’esperire le proprie

possibilità, conoscenze, competenze,

saperi, davanti e assieme a un

gruppo umano accogliente ed empatico,

in funzione di una crescita,

di un cambiamento migliorativo

personale e collettivo.Così, molti

anni fa è cominciato per me un

percorso di formazione, non esclusivamente

dottrinale, ma piuttosto

pratico e fattuale: esso sta durando

ancora oggi, quando mi trovo portata,

sollecitata, a prendere parte

attiva all’impegno comune di tanti

altri soggetti, persone, associazioni,

movimenti assembleari, gruppi

sindacali e politici, in difesa e per

la implementazione della Salute

mentale di comunità. E non solo

nel territorio giuliano.

Da "Il Manifesto" del 24 maggio 2022:

TORNA IL SOPRAVVENTO DELLA

di Maria Grazia Giannichedda

Abdel Latif e non solo. Ritorna

forte l’ossessione del controllo in

nome di una sicurezza che non ha

mai evitato gli “incidenti”, come

si diceva nei manicomi; dilaga,

in parte complice il Covid, la mi-

massacranti, dell’incuria verso la

legalità e il rispetto delle persone.

In meno di sei mesi, due giovani

uomini sono morti a Roma durante

il ricovero nel servizio psichiatrico

di diagnosi e cura (Spdc). La

magistratura indaga, gli operatori

e gli amministratori tacciono,

come se queste morti siano solo

un problema giudiziario e non un

segno ulteriore delle gravi carenze di persone e mezzi che da anni vengono

denunciate, delle scelte sbagliate di politica sanitaria che si riproducono

per inerzia e del rigenerarsi incontrastato, in forme nuove, di

culture e pratiche che hanno radici nel manicomio. Questi i fatti. All’alba

dello scorso sabato 7 maggio LD, 36 anni, viene trovato morto in un

letto del Spdc dell’ospedale di Monterotondo, piccolo comune nella Asl

Roma5. L’uomo, un italiano residente nel Lazio, era ricoverato da alcuni

giorni, proveniva da una comunità terapeutica privata e accreditata, la

Reverie di Capena, era in libertà vigilata e sembra non fosse in trattamento

sanitario obbligatorio (Tso). Le circostanze della sua morte non

sono chiare. I familiari non vogliono parlare, gli operatori sono chiusi in

un silenzio intimorito ma da giorni circolano domande e sospetti. È certo

che LD era stato legato al letto oltre che sedato, ma era legato anche al

momento della morte? Il particolare non è irrilevante dato che la sommatoria

di contenzione meccanica e farmacologica può indurre, com’è

come mai i “sistemi di sicurezza attiva e passiva”, che il servizio vanta

non andava? O forse i monitor nessuno li guardava perché era una notte

tranquilla e non ci si doveva difendere dai ricoverati? La magistratura,

che ha disposto l’autopsia di LD, potrà rispondere a queste domande ma

aspettare il lavoro di giudici e periti: come è stato denunciato più volte,

to

di molti Dipartimenti di salute mentale, e del resto un campanello di

allarme era già suonato meno di sei mesi fa, per chi voleva sentirlo. Il

28 novembre 2021, infatti, nel Spdc dell’ospedale San Camillo della Asl

Roma1 era stato trovato morto Wissem Abdel Latif, 26 anni, tunisino,

pesantemente sedato e legato per oltre 60 ore in un letto “soprannumerario”

nel corridoio del reparto. Abdel Latif era approdato a Lampedusa il 2

15


ottobre 2021, il 13 era stato trasferito

al Centro per il rimpatrio (Cpr)

di Ponte Galeria e il 23 novembre,

diagnosi psichiatrica, era stato inviato

all’ospedale Grassi di Ostia

dove aveva subito una contenzione

meccanica di 40 ore e poi il 25

era stato trasferito al San Camillo,

dove era stata confermata diagnosi

e contenzione senza che lui potesse

parlare con qualcuno che conosceva

la sua lingua. Abdel Latif resta

così, legato, sedato e isolato per

60 ore. Il 24 novembre il giudice

sospende il provvedimento di respingimento

e trattenimento presso

il Cpr, dunque Abdel Latif deve essere

rimesso in libertà ma nessuno

mediatore culturale arriva al San

Camillo, il giovane è così sedato

che non si riesce a parlare con lui.

Il 28 novembre Abdel Latif muore.

L’autopsia viene eseguita senza

informare i familiari, che sapranno

della morte del giovane solo il 3

dicembre dall’ambasciata tunisina.

L’indagine in corso dovrebbe

concludersi a breve, il “Comitato

verità e giustizia per Wissem Ben

Abdel Latif”, di cui i familiari fanno

parte, cerca di non far cadere il

silenzio su questa vicenda di una

crudeltà che lascia senza parole.

La psichiatria violenta, che mai è

andata fuori gioco, sta prendendo

il sopravvento di nuovo. Ritorna

forte l’ossessione del controllo in

nome di una sicurezza che non ha

mai evitato gli “incidenti”, come

si diceva nei manicomi; dilaga, in

parte complice il Covid, la miseria

cranti,

dell’incuria verso la legalità

e il rispetto delle persone. Ma

quando gli Spdc funzionano come

manicomi in sedicesimo è perché

gli ambulatori territoriali usurpano

il nome di centri di salute mentale,

sono luoghi frettolosi di controllo

che ignorano la vita delle persone e

alimentano il circuito delle strutture

dove metterle. È necessario investire

sulla trasformazione di questo

sistema di servizi per contrastare la

psichiatria violenta. Un anno fa, il

ministro della Salute ha proposto

alle Regioni un documento che indica

come superare in tre anni l’uso

della contenzione nei luoghi di cura

attraverso una serie di cambiamenti

nei servizi e nel loro funzionamento,

anche vincolando risorse a questo

scopo. Ma il documento giace

indiscusso e ci stiamo abituando a

pensare che sia pura fantasia passare

dai documenti, e anche dalle

leggi, alle decisioni e alla politica,

almeno quando si tratta di prendere

certi diritti sul serio.

SUL DOPPIO

BINARIO “IL

TRENO

ALL’INCONTRARIO

VA”

di Franco Rotelli

Intervento al IX convegno

nazionale – Associazione

Italiana dei Professori di Diritto

Penale

19 novembre 2021

Molte titubanze a pensare cosa dirvi.

Perplessità che derivano dalla

posizione sostanzialmente e probabilmente

molto elementaristica

che ho, abbiamo, a Trieste su questa

questione del doppio binario,

dell’imputabilità e del trattamento

delle persone con problemi di salute

mentale. In qualche modo, da molti

anni, noi sosteniamo che il tema

dell’incapacità totale di intendere e

di volere della persona al momento

di commettere il reato non esiste. Le

persone non arrivano mai a questo

stato di incomprensione del fatto

che stanno commettendo. Riteniamo

quindi che il doppio binario sia

una modalità da eliminare. Riteniamo

che tutti gli articoli del codice

di procedura penale che abbiano a

che fare con la pericolosità sociale,

con la non imputabilità totale e con

la totale incapacità di intendere e di

volere vadano superati. Mantenendo

però la possibilità di giudicare

come fortemente ridotta la capacità

di intendere e di volere in determinati

casi e la necessità in tutti i

modo più ampio possibile a misure

alternative alla detenzione. Quindi

giudizio, stare in giudizio, essere

giudicati, essere riconosciuti come

persone e quindi essere sanzionati

se ritenuti colpevoli di quel gesto,

di quel fatto, di quel reato. In sede

di trattamento essere riconosciuti,

se è il caso, come persone portatrici

di un grave stato di malessere

mentale e quindi come tali trattati e

come tali immessi in percorsi alternativi

alla detenzione, in percorsi

di cura, di sostegno con programmi

di trattamento e riabilitativi disegnati

sulla particolare storia di

quella persona. Quei percorsi che

le perizie psichiatriche dovrebbero

indicare. Non dovendo più indicare,

le perizie psichiatriche, risposte

a domande a cui lo psichiatra non

è in grado di rispondere. Cioè se

la persona è o era pericolosa se la

persona è o era incapace. Sono do-

mente

fondate. Mentre invece può

essere che la perizia psichiatrica

possa dare un contributo positivo

ai percorsi di cura, una raccomandazione

appropriata in base alla va-

16


mentale di una persona, indicazioni

appropriate in sede di trattamento

dopo giudizio. Ma il giudizio deve

esserci, al giudizio nessuno deve

essere sottratto perché tutti siamo

cittadini, nessuno escluso, e come

cittadini abbiamo il diritto dovere

di essere giudicati. Questo è quanto

noi pensiamo, questo è quello che

riteniamo, in perfetta buona fede,

frutto di esperienza e pluridecennale

rapporto con persone con problemi

psichiatrici e con un immaginario

che molto evidentemente ha a

che fare con la possibilità di recupero

delle persone. Recupero delle

persone che può avvenire solamente

se a esse viene riconosciuta

una capacità. Una capacità, anche

residuale, ridotta, a volte fortemente

ridotta ma sempre presente e che

su questa capacità si possa lavorare

per immaginare un trattamento,

una cura, un’emancipazione, un

futuro che tenga conto del reato

ma anche della possibilità di una

vita che deve continuare. Tutto qua

quello che noi pensiamo – Frutto di

almeno mezzo secolo di impegni

ed esperienze sul campo anche in

situazioni di apparente estrema incomprensibilità.

Forse queste scelte

giudicabili come semplicistiche

prendere posizione.

Dal quotidiano "Domani"

del 29 agosto 2022:

L’URGENZA DEL

CAMBIAMENTO

NELLA

QUOTIDIANITÀ

DI BASAGLIA

di Peppe Dell'Acqua

Ho conosciuto Franco Basaglia

che l’esperienza dell’ospedale psi-

17

lavorava da qualche anno a Parma

ventura

triestina". Sono andato a

trovarlo a Colorno, con alcuni compagni,

tutti laureandi in medicina,

di malattie nervose

e mentali. A Napoli,

negli anni caldi,

stituzione

negata.

Stavamo già ereditando

dal 1968

interrogativi e problemi:

il rapporto

tra la professione e

gli apparati del potere,

il ruolo subalterno del medico,

la dissociazione tra professione e

impegno politico. Era la prima volta

che entravamo in un manicomio

e non nascondo il senso di disgusto,

di nausea, di panico che quel primo

impatto mi provocò.

Franco Basaglia ci accolse con familiarità,

ci mise a nostro agio. Nel

manicomio di Colorno, quel giorno

riunione con gli operatori. Nessuno

indossava il camice. Discutevano

con calore, non risparmiando toni

duri. Tutto alla luce del sole. Un

sperienza

universitaria era stridente,

ci disorientava, ma eravamo già

disse che sarebbe andato a lavorare

a Trieste e che cercava medici freschi

di laurea. Più semplice - diceva

- formare nuovi psichiatri in una

pratica nuova, piuttosto che tentare

di cambiare testa e cultura a vecchi

psichiatri. E il rapporto con noi fu

arrivati a Trieste, nel novembre del

1971 ci inviò subito "al fronte", nei

reparti, con le nostre insicurezze, a

contatto immediato con tensioni e

durezze che ci mettevano alla prova.

Passavamo giornate intere nei

padiglioni di San Giovanni. A sera,

mo

con lui i problemi della giornata,

i rapporti non facili con gli

infermieri, le storie de gli internati

e i bisogni che emergevano. Quando

ci cacciavamo in vicoli ciechi,

Basaglia riusciva sempre a spostare

I termini del problema, a darci un

altro punto di vista, a capovolgere

le situazioni. Riuscì a capovolgere

anche la nostra vita. Eravamo avviati

a una vita professionale forse

frustrante e dissociata: da un lato

la professione medica, con i suoi

rituali, le sue distanze dalla realtà,

dalla concretezza dei bisogni;

che restava del Sessantotto. Quanti

di noi si sono persi drammaticamente

nel carrierismo esasperato

o al contrario in scelte politiche

estreme e senza sbocco!

Orizzonti sconosciuti

Con Basaglia abbiamo trovato la

nostra strada, senza dissociazioni:

è stata la lenta «lunga marcia

attraverso le istituzioni» vivendo

ta

del cambiamento. Basaglia ci ha

fatto scoprire orizzonti sconosciuti:

abbiamo abbandonato le sicurezze

della formazione universitaria; abbiamo

imparato che le persone con

disturbo mentale sono e non sono

capaci di vivere la dimensione relazionale;

abbiamo imparato che

sturbo

schizofrenico si muove su

terreni diversi di capacità, e che mai

la malattia in sé può condizionare

totalmente le sue facoltà di scelta;

abbiamo imparato quanto sia im-


portante la tutela della soggettività,

stenza

che diventa la condizione

indispensabile per la costruzione e

lo svi luppo della guarigione sempre

possibile. È accaduto così che

la malattia ha potuto assumere una

diversa visibilità in relazione alla

persona, ai suoi bisogni, alle sue

capacità, ai suoi desideri. E che il

pessimismo della diagnosi poteva

venire arginato.

Smarrimento

Negli ultimi anni la presenza delle

buone pratiche basagliane si

è fatta sporadica. Ovunque sono

tornate prepotenti le parole delle

psichiatrie dei farmaci, della peri-

sto

letto, delle smisurate "strutture

residenziali". Nella solitudine e

nella frammentazione di oggi è dif-

-

certezze delle psichiatrie. E, nella

smemoratezza generale, smarrire

il senso delle scelte di campo che

hanno avviato il radicale cambiamento

nel nostro paese. Il campo

delle contraddizioni si è fatto più

dei servizi mette alla prova quotidianamente

persone che vivono

La disat tenzione e la sciatteria dei

governi regionali e delle direzioni

aziendali, e spesso degli stessi

direttori dei dipartimenti, è ormai

intollerabile. Per non dire delle accademie.

Negli ultimi mesi abbiamo

dato nuovo impulso al Forum

sa lute mentale, una piazza in cui

persone che per ragioni e a titolo

diverso frequentano i luoghi delle

psichiatrie e della salute mentale

si incontrano, si riconoscono, par-

nare

lo smantellamento della sanità

pubblica e della rete dei servizi

territoriali ormai ridotta a miseria

e fragilità. Ora, con le elezioni alle

porte, la piazza del Forum vuole

adoperarsi perché la salute mentale

entri in una qualche agenda, ché

venga colta la drammaticità in cui

versano i servizi di salute mentale.

Bisogna iniziare a bussare forte alle

porte della politica. Due disegni di

legge sono depositati in parlamento

e pensiamo possano essere la via

"Disposizioni in materia di salute

-

ma

legislatura, che darebbero piena

attuazione alla legge 180, e il

Magi, che permetterebbe di superare

le vecchie norme del codice

Rocco, a proposito di irresponsabilità

penale, misure di sicurezza e

tutto ciò che ne deriva, resti tuendo,

insieme alla responsabilità penale,

dignità a chi ne viene privato.

«Bisognerà andare per strada a gridare

la nostra presenza contro tanta

sordità, gridare il dolo re dei fatti

mo

appello dal Forum.

agiato, come nel nostro pae se, un

-

stesso della diagnosi, di diventare

invisibile. Viene rinchiuso in unità

psi chiatriche bunker, svanisce

la sua storia, la sua voce diventa

muta. Smarrisce il senso della sua

vita. Le psichiatrie, che ormai dominano

il campo, con le loro porte

chiuse, i loro letti di contenzione, le

loro riduttive farmacologie, cancellano

la dimensione umana che rende

appena dignitoso questo nostro

mestiere.

E noi facciamo nostre le parole di

Eugenio Borgna, grande vecchio,

voce struggente e drammatica, che

la

psichiatria" continua a invocare

una psichiatria gentile.

18

BUDGET DI

SALUTE:

LE LINEE

CONCORDATE IN

CONFERENZA

UNIFICATA

Fonte: SIEP

cito

l’intesa per implementare il

modello organizzativo gestionale

del Budget di salute, approvando

il documento:

“Linee programmatiche: progettare

il Budget di salute con la persona

– proposta degli elementi qua-

Province Autonome di Trento e

Bolzano e Autonomie locali, la

necessità di impegnarsi a recepire

con propri provvedimenti i contenuti

del documento e auspicandone

un periodico monitoraggio

nazionale.

Il documento si propone di creare

le condizioni strutturali ed i contesti

tecnici innovativi per una articolata

integrazione delle politiche

e delle risorse del sistema sanitario

con quelle del sistema sociosanitario

e sociale; questo obiettivo si

propone di dare risposta alle persone

con gravi disturbi psichici o

severi problemi di salute mentale,

che presentano bisogni complessi

sanitari e sociali e per le quali sia

appropriato un intervento capacitante

ed evolutivo, realizzando

percorsi di cura personalizzati,

capaci di promuovere autonomie

e reinserimento sociale.

In termini più generali, si tratta

di implementare il modello organizzativo

gestionale del Budget

di salute sull’intero territorio nazionale,

attraverso interventi so-


cienti

collaborazioni con il Terzo

settore, per promuovere obiettivi

formativi e lavorativi, legati

all’abitare e all’inclusione sociale,

rivolti a persone con disturbi

psichici severi, di fatto maggiormente

discriminate dal mercato

del lavoro, dal mercato immobiliare

e dai contesti socioculturali.

Il documento, considerando le

esperienze già realizzate relative

al Budget di salute, pur sottolineandone

la ricchezza, ne rileva

anche la diversa distribuzione

nei territori, la diversità di prassi

e concezioni nei contesti locali,

sottolineando la necessità di promuovere

il modello del Budget

di Salute per facilitare i cambiamenti

organizzativi dei servizi

del welfare in modo trasversale e

cedure

amministrative che con-

zione

nell’applicazione di questo

modello.

-

l’altro: il Budget di Salute si rivolge

a persone prese in carico

dalla rete dei servizi sanitari territoriali

con bisogni complessi sia

sociali che sanitari e sostiene tra

l’altro progetti individualizzati,

nenza

della persona nel domicilio

prescelto, coinvolgendo i diversi

soggetti della comunità. Il Budget

di Salute è a governo e coordinamento

pubblico per garantire una

reale integrazione sociosanitaria.

La richiesta di attivazione del Budget

di Salute, anche su proposta

della persona e/o di un suo legale

rappresentante, deve avvenire

ad opera di un professionista sanitario,

sociosanitario o sociale

dei servizi che hanno in carico il

caso. In questo contesto, la persona

deve poter partecipare attivamente

alla valutazione di bisogni

e risorse, esprimere il diritto

all’autodeterminazione nella cura

progetto di vita, investendo consapevolmente

le proprie risorse

anche economiche, coinvolgendo

l’eventuale Amministratore di sostegno

e, su richiesta della perso-

lute,

viene realizzata una valutazione

multi professionale e multidimensionale

dei bisogni e delle

risorse considerando le seguenti

aree: clinica; del funzionamento

psicosociale; dei bisogni e risorse

personali e di comunità; della

qualità della vita.

ll budget di salute mette insieme

il percorso di cura e il progetto

di vita della persona attraver-

Terapeutico Riabilitativo lndividualizzato

(PTRI) che deve esplicitare

azioni e obiettivi da raggiungere

sugli assi casa/habitat,

formazione/lavoro, socialità e apprendimento/espressività/comunicazione.

Ogni progetto Budget

di Salute deve essere coordinato

da un Case Manager.

ll Budget di Salute richiede il

consenso della persona, che viene

espresso nella sottoscrizione di

obiettivi e impegni di tutti i soggetti

coinvolti.

ll Budget di Salute deve essere

costantemente monitorato e veri-

con la partecipazione attiva del-

19

considerare anche indicazioni di

esito, sarà coordinata dal Case

Manager.

attuativi, ovvero:

co-programmazione tra Aziende

Sanitarie e Enti Locali, con

il coinvolgimento degli Enti del

Terzo settore e di tutti i soggetti

potenzialmente interessati alla

costruzione del Budget di Salute

(es. associazioni, cooperative, fa-

-

interventi, delle modalità di realizzazione

degli stessi e delle risorse

disponibili.

Formulazione di elenchi di sog-

ne

di progetti Budget di Salute;

ovvero le Aziende Sanitarie e gli

Enti Locali possono istituire ap-

cati

che saranno coinvolti in modo

vità,

dei percorsi e degli interventi

socio-sanitari.

coinvolgimento delle associazioni

di utenti e familiari nella fase di

co-programmazione. Inoltre, nella

realizzazione del Budget di Salute,

possono essere coinvolti i fa-

la persona e deve essere incentivata

la partecipazione attiva delle

rienza

(ESP), o facilitatori.


COSA È STATO

E COSA È

TRIESTE

di Peppe Dell’Acqua

Ottobre 2022 - Tratto da un

video Facebook e trascritto

dalla redazione di 180Meraviglie

20

Dire di Trieste non è cosa facile.

Quando mi si domanda che cosa è

Trieste e che cosa è stato Trieste,

non posso non dire che la Trieste di

Basaglia è stata non soltanto chiudere

il manicomio, non soltanto

aprire le porte e liberare le persone,

ma è stata soprattutto una grande

rivoluzione culturale, una grande

interrogazione che Basaglia si

è dovuto porre entrando in manicomio.

Entrando a Gorizia è stato

tentato di scappare via, si domandava

cosa potesse fare, da direttore

ancora peggio, in un luogo dove

non c’era più nessuno. Nonostante

ci fossero 550 internati non c’era

più uno sguardo, non c’era più una

parola, non c’era più un gesto che

questa situazione, che era nuova

per lui, anche se era stato in una

clinica psichiatrica, ma nelle cliniche

psichiatriche di manicomio si

parla poco, è tentato di andar via,

ma non va via, per nostra fortuna,

perché gli viene incontro ciò che

in quel momento aleggiava e interessava

a lui e ad altri, cioè l’interesse

per la presenza del soggetto

nella Medicina: la Fenomenologia,

Basaglia sicuramente è condizionato

da questo e dunque quando

vede e quando entra nell’ospedale

psichiatrico, l’obiettivo grande che

le,

è quella di trovare, ricercare la

che ciò che dicono i matti è incomprensibile,

non hanno

senso i loro gesti.

Mentre, dai gesti

pratici che faranno,

viene a galla questa

presenza. Una presenza

che farà dire

a Basaglia quale sia

stata la psichiatria

che aveva studiato.”

Quale psichiatria?”

è uno dei primi

testi di Basaglia,

per dire semplicemente

che quella

psichiatria che opera

nei manicomi, è una psichiatria

che, per farsi, ha bisogno di oggettivare

l’altro, di renderlo distante,

di renderlo passivo, di renderlo

lontano. Lo fa con una prepotenza

di quella psichiatria, Basaglia, è

costretto ad abbandonarle. Sceglie

un terreno che deve rivedere continuamente

e così accade: quando

aprono le porte, il cittadino che

non ha diritti, la persona che non

ha dignità, l’internato ha perduto

ogni forma di soggettività e di storia

personale. E allora, aprendo le

porte, istituendo le assemblee, restituendo

voce, cominciano a crescere

da un silenzio assolutamente

doloroso, un mormorio e poi una

presenza vera di voci, di persone,

di sguardi, che continueranno di

anno in anno a chiedere e a chiedere

sempre di più. A Trieste tutto

questo accadrà più rapidamente,

dopo Gorizia intendo e, in quei primi

anni di Trieste, si gioca tutto il

sapere e l’esperienza goriziana per

sognerà

fare. Trieste è l’istituzione

inventata e Gorizia è l’istituzione

negata. Questo è anche il titolo

di un libro della Collana 180 che,

credo, se davvero i nostri amici tedeschi

sono interessati, dovrebbero

tradurre. Istituzione inventata,

mio

che cosa si

farà? Qui a Trieste,

l’interrogativo

è stato pressante,

angoscioso,

non si poteva stare

con le mani in

mano sugli allori

dalla chiusura del

manicomio, ma

era necessario inventare

qualcosa

che permettesse

di reinventare

l’istituzione. Ad

esempio i Centri

di Salute Mentale vicini ai cittadini

(uno su sessantamila), le cooperative

sociali, le associazioni dei familiari,

le assemblee con i pazienti,

il teatro, il calcio, i viaggi in giro

per il mondo…Tutto questo, in una

dimensione che doveva avere, ha

avuto, il rigore aperto, positivo,

luminoso, rispetto al rigore totalizzante

e repressivo che aveva avuto

il manicomio. Un rigore che ci ha

fatto fare molti passi avanti, tanto

che Trieste è diventata oggi una

esperienza, un faro, dal quale non è

possibile allontanarsi, nel momento

in cui si parla di politiche di salute

mentale, di diritti per i cittadini

vulnerabili, di possibilità di cure.

Concludo con una cosa che mi ha

detto un carissimo amico americano,

californiano, che ha lavorato

sempre per formulare il DSM (il

manuale diagnostico in psichiatria):

quando è arrivato alla quinta

edizione, ha cominciato a chiedersi

cosa stesse facendo. Infatti, più creava

questo DSM, più costruiva malattie

che non avevano niente a che

vedere con la “malattia mentale” e

servivano per curare i normali; allora

è venuto a Trieste più di una

volta, ha portato a Trieste gli amici

di Los Angeles e poi ha scritto vari

rapporti e in uno di questi dice:” Va

bene che sono vecchio, ma se dovessi

ammalarmi di schizofrenia,

per favore, portatemi a Trieste”.


Acquolina in bocca

IL CENTRO

MARCO CAVALLO

DI LATIANO E

LA DIETA

MEDITERRANEA

di Fabio Almento

Come in molti già sappiamo, il

Centro Marco Cavallo di Latiano

si ispira all’esperienza di Franco

Basaglia, il quale pose le basi delle

buone pratiche in Salute Men-

Direttore del Manicomio di Trie-

un legame con la sua esperienza,

da noi ben stimata, esiste sicuramente

al Marco Cavallo. Da molti

anni noi abbiamo un approccio

comunitario e assembleare. Mettere

la persona al centro, facendone

risaltare bisogni e abilità, ci sta a

cuore come egli faceva: è stato lui

a riorganizzare le persone in gruppi

di automutuoaiuto, in assemblee,

tentando di restituire dignità

al soggetto che poteva esprimersi

su bisogni, desideri, necessità e

diritti negati; è stato ancora lui a

portare in viaggio gli utenti, ecc…

Ed è stato a Trieste che poi sono

21

nate anche le prime cooperative

per fare lavorare le persone con

disagio psichico. Anche al Centro

Marco Cavallo esiste una situazione

lavorativa per diverse persone

con disagio psichico che nel

tempo hanno messo a frutto abilità

personali sviluppando competenze

nuove e ruoli, ahimè, ancora non

ben riconosciuti. E qui mi riferisco

ai SEPE, i cosiddetti Soci Esperti

per Esperienza. Tra i vari ruoli che

si sono sviluppati all’interno del

Centro, ci sono quelli eseguiti dai

Sepe che lavorano in Sala Mensa.

Consistono nel mandare avanti la

cucina: cucinare, sparecchiare, apparecchiare,

sgrassare le stoviglie

per poi inserirle nella lavastoviglie,

pulire 2 volte al giorno, selezionare

stracci usati, divise, tovaglie e

metterli in lavatrice per poi farli

asciugare e riporli puliti negli appositi

armadietti. Importante compito

è fare la spesa sulla base di un

menù che spesso tiene conto anche

dei prodotti dell’orto

del Marco Cavallo, gestito

da altri SEPE che

hanno abilità lavorative

adatte per occuparsi

della campagna. La

dieta che si rispetta, è

rigorosamente mediterranea,

dieta che a suo

tempo è stata sottoposta

e corretta da una nutrizionista.

Io sono colui

che ha in mano le redini

della cucina e sono aiutato

da altri SEPE come me. Non a

caso direi, dato che ho studiato per

diventare Chef, ma che ho attraversato

periodi di disagio psichico.

Con questo impegno però, sono migliorato

molto. Vorrei darvi adesso

alcune informazioni sulla dieta

mediterranea: è nata negli anni ’50

siologo

statunitense Ancel Keys, il

quale riscontrò che le popolazioni

dell’area del mediterraneo che si

cibavano di alimenti quali cereali

e derivati come pane e pasta possibilmente

integrale, riso, cous cous,

farro, orzo, legumi, verdure, pesce,

frutta, olio d’oliva extravergine,

bassa di malattie cardiovascolari e

piu bassa di displidemie, colesterolo,

arteriosclerosi, ipertensione.

Quindi, in ultima analisi, la dieta

mediterranea è molto utile per prevenire

e combattere le sopra citate

malattie. Infatti fu riscontrato pure

che le popolazioni del Nord che si

nutrivano con alimenti di origine

animale come la carne rossa, gli

insaccati, il burro, lo strutto, ricchi

di grassi saturi, erano più propense

ad avere in percentuale più alta

malattie cardiovascolari ed una vita

più breve rispetto alle popolazioni

del Mediterraneo. La dieta mediterranea,

se eseguita correttamente,

importanti e non esclude neanche

uno o due sani bicchieri di vino,

che tanto bene fanno anche allo

spirito. Naturalmente è importantissimo

bere molta acqua. Noi, al

Marco Cavallo rispettiamo molto

le regole alimentari della dieta mediterranea

e di una corretta alimentazione;

siamo anche avvantaggiati

perché abbiamo un orto non molto

distante dal Centro che ci permette

di avere prodotti freschi. Possiamo

na

pratica del lavoro nell’orto alla

ne

così come Basaglia attraverso

buone pratiche di vario tipo, voleva

raggiungerlo. Auguro a tutti di intraprendere

un percorso alimentare

di questo tipo, perché si traggono


PASTA MISTA CON I FAGIOLI

Ricetta di Fabio Almento

La pasta e fagioli è originaria di varie regioni d’Italia. Ci sono vari tipi di fagioli: borlotti, cannellini,

rossi, neri, all’occhio e altrettanti modi di fare la pasta e fagioli, ad esempio con il sugo, con gli ortaggi,

con la cotenna, con la pancetta, con il prosciutto. Le proteine dei fagioli e i carboidrati della pasta

apportano il fabbisogno nutrizionale necessario all’organismo. Qui vi proponiamo una pasta e fagioli

che viene fatta in Puglia, con solo ortaggi, che è una vera prelibatezza della dieta mediterranea ed il

costo è veramente esiguo. Una raccomandazione importante per chi si accinge a preparare i fagioli, è

RICETTA PER QUATTRO PERSONE

g. 240 di fagioli cannellini

g. 160 di pasta mista

g. 100 di cipolla a cubetti

g. 100 di carote a cubetti

g. 100 di sedano a cubetti

5 spicchi di aglio

3 foglie di alloro

Prezzemolo tritato

Sale quanto basta

Pepe quanto basta

Olio per condire

PROCEDIMENTO

Mettere in ammollo i fagioli 24 ore prima, poi scolare e sciacquare. Riporli in una pentola con acqua

necessaria per cuocerli e se non sono cotti e l’acqua è evaporata prepararne calda per aggiungerla.

Quando l’acqua bolle, i fagioli rilasciano della schiuma, quindi schiumarli del tutto ed aggiungere

la pasta già cotta e aggiungere il prezzemolo tritato con olio e aglio.

Non resta che impiattare, servire e degustare. Buon appetito!

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Attacchi d'arte!

IL TEMPO VA E PASSANO LE ORE

E INTANTO PASSANO LE ORE, I GIORNI E GLI

ANNI.

IL CENTRO MARCO CAVALLO,

APPESO AD UN FILO,

NON TROVA UN ATTIMO DI RESPIRO!

DI PROROGA IN PROROGA SPERA DI AVER VITA

NEL CORSO DI UNA BATTAGLIA

CHE NON SEMBRA MAI FINITA!

È LA BATTAGLIA DEGLI ULTIMI

CHE ANCORA NON SI ARRENDONO

AL SUO POSSIBILE DECLINO,

SE A NUOVA CONVENZIONE

NON SI FA CAPOLINO.

DURA È PARLAR CON I POTENTI

CHE VORREBBERO FORSE

CHIUDERE I BATTENTI.

MA NOI NON CI ARRENDIAMO,

LUNGA VITA CI AUGURIAMO!

23


Associazione 180amici Puglia

c/o Centro Sperimentale Marco Cavallo

via C. Scazzeri, 41 bis

72022 Latiano (BR)

180amicipuglia@libero.it

0831/727722

24

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