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BERNARD AUBERTIN territori di fuoco - Rosenberg

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<strong>BERNARD</strong> <strong>AUBERTIN</strong><br />

<strong>territori</strong> <strong>di</strong> <strong>fuoco</strong>


COMUNE DI MACCAGNO<br />

Civico Museo Parisi-Valle<br />

<strong>BERNARD</strong> <strong>AUBERTIN</strong><br />

<strong>territori</strong> <strong>di</strong> <strong>fuoco</strong><br />

a cura <strong>di</strong><br />

Clau<strong>di</strong>o Rizzi<br />

Ad Acta


<strong>BERNARD</strong> <strong>AUBERTIN</strong><br />

<strong>territori</strong> <strong>di</strong> <strong>fuoco</strong><br />

COMUNE DI MACCAGNO<br />

15 maggio - 3 luglio 2011<br />

Via Leopoldo Giampaolo, 1<br />

Maccagno - Varese<br />

info@museoparisivalle.it<br />

www.museoparisivalle.it<br />

A cura <strong>di</strong><br />

Clau<strong>di</strong>o Rizzi<br />

Realizzazione<br />

Ad Acta<br />

Apparati<br />

Elena Banderali<br />

Coor<strong>di</strong>namento<br />

Mario Quadraroli<br />

Marco Rovatti<br />

Progetto grafico e realizzazione<br />

Grazia Ribaudo<br />

Trattamento immagini<br />

Rosita Celorio Campana<br />

Fotografie<br />

Andrea Chisesi<br />

Civico Museo Parisi-Valle<br />

Collaborazione all’allestimento<br />

Rosaria Mendetta<br />

Angelo Minazzi<br />

Piermarco Mariani<br />

ISBN 978-88-95490-28-1<br />

© 2011 Paolini, Mantova<br />

© 2011 Ad Acta<br />

con il Patrocinio <strong>di</strong><br />

www.arteadacta.com<br />

adacta@tiscali.it<br />

In copertina<br />

Un’opera in <strong>di</strong>venire, 2010<br />

Un sentito ringraziamento a<br />

Jolanta <strong>Rosenberg</strong>,<br />

Riccardo Conte,<br />

Enrico Fumagalli,<br />

Melania Gazzotti,<br />

Giuseppe Laghezza,<br />

Fabio Pappalardo,<br />

Fabio Paternò,<br />

Giancarlo Rovetta.<br />

ARCHIVIO GENERALE<br />

<strong>BERNARD</strong> <strong>AUBERTIN</strong><br />

in collaborazione con<br />

Giancarlo Rovetta


Massimo Buscemi<br />

Assessore alla Cultura<br />

6<br />

La vocazione <strong>di</strong> Maccagno all’ospitalità e al <strong>di</strong>alogo internazionale si manifesta oggi<br />

ancor più nell’iniziativa del Civico Museo rivolta alla figura <strong>di</strong> Bernard Aubertin.<br />

Il Museo <strong>di</strong> Maccagno, che nel corso della programmazione annuale presenta<br />

anche approfon<strong>di</strong>menti riferiti a singole personalità contemporanee, de<strong>di</strong>ca oggi<br />

il palcoscenico ad un autore francese per nascita ed europeo per formazione,<br />

esponente <strong>di</strong> quella cultura <strong>di</strong> ricerca e <strong>di</strong> avanguar<strong>di</strong>a che ha caratterizzato il<br />

rinnovamento artistico in Germania, Italia e Francia nella seconda metà del Secolo<br />

scorso.<br />

Espressioni e concetti <strong>di</strong> forte intensità animano questa esposizione e invitano alla<br />

lettura dei contenuti oltre la suggestione <strong>di</strong> primo impatto, evidenziando come i<br />

nuovi linguaggi dell’arte, nonostante la lontananza dalla più nota tra<strong>di</strong>zione,<br />

possano accendere e instaurare rapporto <strong>di</strong> comprensione con gli spettatori.<br />

La mostra configura un omaggio alla personalità <strong>di</strong> Aubertin ma al contempo rivolge<br />

un motivo <strong>di</strong> accoglienza al pubblico internazionale che frequenta le nostre sponde<br />

del Lago Maggiore e che, tanto più, le affolla nella buona stagione.<br />

Un segno <strong>di</strong> attenzione al <strong>di</strong>alogo europeo, alle espressioni artistiche internazionali<br />

e ai protagonisti del fermento culturale che ha caratterizzato il passaggio epocale<br />

tra due secoli.<br />

Il progetto, che con<strong>di</strong>vide l’impegno <strong>di</strong> Regione Lombar<strong>di</strong>a alla considerazione dei<br />

valori europei e ad un rapporto sempre più stretto e <strong>di</strong>namico, merita dunque<br />

stima e partecipazione morale, sia nel merito critico, sia nel valore simbolico e nella<br />

prospettiva <strong>di</strong> apertura intellettuale oltre le nostre ra<strong>di</strong>ci.<br />

Con l’augurio, rivolto a Maccagno e al suo Museo, <strong>di</strong> ulteriore interpretazione del<br />

proprio ruolo <strong>di</strong> “ponte” tra le nazioni in un contesto <strong>di</strong> relazioni culturali sempre più<br />

intense e propositive, ringrazio gli organizzatori dell’iniziativa e saluto sinceramente<br />

tutti coloro che vi parteciperanno.


Fabio Passera, Sindaco <strong>di</strong> Maccagno<br />

Andrea Maccario, Assessore alla Cultura<br />

Dopo la vera e propria ubriacatura <strong>di</strong> pubblico e <strong>di</strong> critica che ha caratterizzato la<br />

mostra delle statue <strong>di</strong> cera e dei quadri che hanno celebrato i 150 anni dell’Unità<br />

d’Italia, il Civico Museo torna ad una mostra monografica.<br />

In questa occasione, ospitiamo un artista straniero e davvero suggestivo, Bernard<br />

Aubertin.<br />

Ancora una volta il nostro Museo e il suo Direttore Artistico Clau<strong>di</strong>o Rizzi <strong>di</strong>mostrano<br />

una grande apertura mentale e, con il coraggio che li contrad<strong>di</strong>stingue, aprono le<br />

sale al grande pubblico con un artista <strong>di</strong> caratura internazionale che colpisce con le<br />

combustioni e le bruciature delle sue opere o <strong>di</strong> altri manufatti dal valore simbolico.<br />

L’operazione, naturalmente, non è fine a sé stessa e non rappresenta semplicemente<br />

una trovata me<strong>di</strong>atica: il <strong>fuoco</strong> è allegoria della vita (la vita <strong>di</strong> ciascuno) che si<br />

consuma, proprio come un fiammifero, proprio come le opere esposte.<br />

E, lasciatecelo <strong>di</strong>re, brucia anche il <strong>fuoco</strong> sacro del Museo <strong>di</strong> Maccagno, vale a <strong>di</strong>re<br />

l’attenzione e la curiosità per l’arte e l’entusiasmo <strong>di</strong> darle sempre più spazio.<br />

Non è un caso se sbarca nelle nostre sale un artista <strong>di</strong> origini francesi e da anni <strong>di</strong><br />

stanza in Germania.<br />

Non è un caso che, a breve, quest’artista esporrà alla Biennale <strong>di</strong> Venezia.<br />

Ancora, non è un caso se, con le sue opere e la sua arte abbia attirato l’attenzione<br />

<strong>di</strong> molti, compresa la nostra.<br />

Quest’artista porta, con la sua poetica e la sua arte, una ventata <strong>di</strong> novità e <strong>di</strong><br />

cosmopolitismo che ci permette <strong>di</strong> guardare oltre confine, <strong>di</strong>etro quelle montagne<br />

tanto alte quanto valicabili, anche idealmente, se solo si ha la volontà e la curiosità<br />

<strong>di</strong> farlo.<br />

Pensiamo che sia un ottimo biglietto da visita per la stagione entrante: sul nostro lago<br />

calano numerosi turisti da tutto il pianeta e noi vogliamo accoglierli con un artista<br />

- per esperienze e cultura – <strong>di</strong> fama mon<strong>di</strong>ale.<br />

L’elemento <strong>fuoco</strong> rappresenta un ulteriore motivo d’interesse legato a questa<br />

mostra, in grado <strong>di</strong> stupire e far <strong>di</strong>scutere per la sua forza espressiva e la sua carica<br />

simbolica.<br />

É proprio quello che vogliamo, in fondo: continuare, con quel filo rosso che lega tutte<br />

le nostre mostre, a far parlare del Museo, degli artisti che qui scelgono <strong>di</strong> esporre e<br />

delle loro opere.<br />

In questo modo, a nostro avviso, si rende l’arte sempre più interessante, anche <strong>di</strong><br />

fronte ai più refrattari fruitori <strong>di</strong> questa affascinante forma culturale.<br />

Lanciamoci senza paura ad ammirare le opere proposte da Bernard Aubertin, nella<br />

speranza che rimarrete positivamente “scottati” da quest’esperienza e continuiate<br />

a frequentare e a far vivere il nostro Polo culturale.<br />

7


Semema, 1990


Bernard Aubertin<br />

<strong>territori</strong> <strong>di</strong> <strong>fuoco</strong><br />

L’idea dell’assoluto, nel colore, nella tensione dell’arte, nel grado zero<br />

<strong>di</strong> annullamento del passato per formulazione del nuovo, certamente<br />

appassionava Aubertin dalla prima maturità.<br />

Una motivazione imperativa e perentoria, capace <strong>di</strong> sfidare le tra<strong>di</strong>zioni<br />

più ra<strong>di</strong>cate e le <strong>di</strong>scendenze più evolute, tanto sincera da abbracciare le<br />

avanguar<strong>di</strong>e della seconda metà del secolo.<br />

Un lavoro fondato sul pensiero, su concetti intransigenti che analizzavano il<br />

percorso dell’arte, l’estetica e il senso della vita.<br />

La soluzione formale era cammino d’impegno. Il rigore totale, la<br />

determinazione dello spazio e la suggestione dell’infinito. Il campo visivo e<br />

la proiezione evocativa.<br />

Poi venne il volume, primo in<strong>di</strong>ce del tempo, della materia, simbolo <strong>di</strong><br />

esistenza alterna e palpitante.<br />

Dettato da chio<strong>di</strong>, <strong>di</strong>segna luci e ombre, <strong>di</strong>namiche e staticità, suoni e<br />

silenzi. Nella vicissitu<strong>di</strong>ne tra piano e cuspi<strong>di</strong> risaltano il flusso delle cose e<br />

la metafora della vita. Tensioni acuminate e superfici <strong>di</strong> scorrimento. Come<br />

<strong>di</strong>re, citando gli antichi, che tutto passa, anche nelle avversità.<br />

I riferimenti alla classicità sono evidenti in Aubertin ma attingono all’ambito<br />

filosofico, non alla voce dell’arte.<br />

Fedele all’annullamento del passato, Aubertin ra<strong>di</strong>ca nel pensiero classico la<br />

continuità e la logica del percorso storico e adotta il <strong>fuoco</strong> quale elemento<br />

<strong>di</strong> vitalità a commisurazione del tempo.<br />

La bruciatura in apparenza determina un fatto compiuto, in<strong>di</strong>ca un momento<br />

concluso e preclude il <strong>di</strong>venire. Risuona sinonimo <strong>di</strong> fine e <strong>di</strong> inerte. Ma da<br />

questa soglia deve originare la riflessione e confutare l’implicito aspetto <strong>di</strong><br />

nullità fatiscente attribuito alla cosa consunta nella combustione.<br />

Si tratta <strong>di</strong> una convenzione, quasi semantica sociale, posta tra pregiu<strong>di</strong>zio e<br />

faciloneria. Insorge spontanea una connotazione, o etichetta, che attiva un<br />

senso <strong>di</strong> condanna e <strong>di</strong> rifiuto.<br />

La realtà invece offre <strong>di</strong>verse letture. Sia perché un’antica tra<strong>di</strong>zione<br />

ravvede nel <strong>fuoco</strong> la purificazione, sia perché sono molteplici le esperienze<br />

<strong>di</strong> recupero <strong>di</strong> valori storici aggre<strong>di</strong>ti dalle fiamme.<br />

Le bruciature <strong>di</strong> Aubertin non sono fini a se stesse né tantomeno conducono<br />

all’estinzione della cosa. Sono autoritratto nel pensiero e nel principio<br />

Clau<strong>di</strong>o Rizzi<br />

9


10<br />

artistico: determinare un segno <strong>di</strong> annullamento e rifondare un nuovo<br />

costrutto.<br />

All’artista competono l’idea e la prima parte dell’operazione; all’osservatore,<br />

nella libertà <strong>di</strong> interpretazione e nello spazio <strong>di</strong> evocazione, spetta formulare<br />

presente e futuro.<br />

I fiammiferi semplificano il significato poiché luogo comune nell’identificazione<br />

del <strong>fuoco</strong>. Ma posti in sequenza, l’uno dopo l’altro, ravvicinati come una<br />

folla, <strong>di</strong>vengono simbolo <strong>di</strong> umanità. Allora, in quelle moltitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> steli<br />

annerite, potremmo riconoscere la nostra storia e la scrittura del passato.<br />

Anche i nostri giorni, i nostri anni si bruciano nella consumazione del tempo<br />

e i fiammiferi non finiscono mai perché in ogni istante se ne estingue uno.<br />

Il presente trascorre imme<strong>di</strong>ato e persino il futuro, che appare sempre<br />

lontano, improvviso si tuffa alle spalle.<br />

Il tempo, più del <strong>fuoco</strong>, è ineluttabile.<br />

La retorica del moralismo genera miopi preconcetti: da un lato parla <strong>di</strong><br />

ardore alludendo a valori positivi, d’altro canto ad<strong>di</strong>ta una vita bruciata<br />

sottintendendo giu<strong>di</strong>zio negativo.<br />

É vero che l’ar<strong>di</strong>mento corrisponde a focose passioni ma non è altrettanto<br />

adeguato che la “ vita bruciata” appartenga solo a chi abbia gettato alle<br />

ortiche i comuni valori sociali. Ogni vita si consuma nell’ardere lento della<br />

linea dei giorni.<br />

In realtà, mentre tutto scorre tra le nostre mani, tutto si consuma come<br />

lenta erosione.<br />

Il <strong>fuoco</strong> è elemento fondamentale nella storia dell’uomo, ha suffragio<br />

mitologico e <strong>di</strong>viene simbolo <strong>di</strong> vita, <strong>di</strong> morte e <strong>di</strong> catarsi.<br />

I fiammiferi, allineati nelle sequenze allusive <strong>di</strong> infinito, sono emblemi delle<br />

nostre esistenze, si ergono impassibili a sinonimo <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zione comune.<br />

Nell’assolutezza del silenzio <strong>di</strong>chiarano l’obbligatorietà del destino.<br />

Come simulacri, come <strong>di</strong>vinità antiche, sono memento <strong>di</strong> felicità che potrà<br />

transitare e arridere ma comunque si consumerà.<br />

La ritualità del gesto, la ripetitività dell’azione, nella precisione del modo e<br />

nel ritmo della misura, ripercorrono la normalità del quoti<strong>di</strong>ano.<br />

I chio<strong>di</strong> <strong>di</strong> Aubertin sono uguali, gli uni agli altri, immersi nel monocromo,


nella lastra, nella materia, avvolti dal <strong>fuoco</strong> e insieme consumati dalla stessa<br />

legge.<br />

Il senso delle cose <strong>di</strong> ogni giorno risuona nella modularità del lavoro e si<br />

rispecchia nella scansione <strong>di</strong> sequenze e pause, <strong>di</strong> lampi e <strong>di</strong> silenzi.<br />

Pulsa la concretezza della visione, della giornata comune, del mondo, del<br />

vivere l’attesa come dell’affrontare la vita. Anche le opposte tendenze,<br />

l’apatia della sopravvivenza oppure il coraggio dell’azione, confluiscono poi<br />

alla medesima meta.<br />

Eppure Aubertin alla crudezza della verità coniuga l’incanto della sublimazione,<br />

nell’assoluto dell’idea come del colore, nella tensione poetica, nel sapore<br />

<strong>di</strong> favola.<br />

Adotta strumenti <strong>di</strong> uso domestico, parla una lingua ben nota, poi intona<br />

metafore e similitu<strong>di</strong>ni, allevia l’asperità <strong>di</strong> linguaggio e invita a vedere il<br />

futuro.<br />

Ci appartiene l’avvenire. Il <strong>fuoco</strong> allude a preistoria e storia ma significa<br />

continuità e progresso, che consiste nel progetto civile e nella cultura della<br />

convivenza per le generazioni del domani, sapendo che il vero benessere si<br />

consolida quando la soglia della <strong>di</strong>gnità viene garantita a tutti.<br />

Valore implicito nell’universalità del simbolo, che un tempo, con religiosità,<br />

si manteneva acceso e non si negava a nessuno.<br />

Territori intellettuali oltre l’aspetto <strong>di</strong> semplicità astratta e gioiosa, prospettive<br />

acute che ignorano i dettagli del tempo ma ne inquadrano il significato.<br />

E dalla cenere del vissuto traggono nuove pagine <strong>di</strong> lettura.<br />

11


12<br />

Disco <strong>di</strong> <strong>fuoco</strong>, 1987


Disco <strong>di</strong> <strong>fuoco</strong>, 1987<br />

13


14<br />

Piano brûlé, 2010


Moteures brûlées, 2010<br />

15


Bernard Aubertin all’opera, 2010<br />

17


18<br />

Bernard Aubertin all’opera, 2010


Bernard Aubertin all’opera, 2010<br />

19


“E’ evidente che il quadro monocromo e l’opera attraversata dal <strong>fuoco</strong> costituiscono, nel mio lavoro,<br />

il punto <strong>di</strong> partenza per un tentativo <strong>di</strong> sublimazione”.<br />

Bernard Aubertin<br />

Monochrome rouge, 2008, acrilico su cartoncino riportato su tavola, cm 70x50<br />

21


“Nella ricerca dell’assoluto spirituale l’osservatore partecipa all’opera monocromo senza intervento<br />

<strong>di</strong>retto. Entra nel campo d’energia e ne <strong>di</strong>viene parte. Si trova avvolto dallo spazio <strong>di</strong>namico dettato<br />

dal monocromo. Con i quadri <strong>di</strong> <strong>fuoco</strong> e i lavori della serie “Avalanche”, l’osservatore si integra nel<br />

processo creativo con gesti e riflessi spontanei, vive reazioni fisiche e psicologiche. Diviene operatore,<br />

attore, opera medesima. Con Aubertin, creatore dello strumento-spettacolo, con<strong>di</strong>vide un rito<br />

arcaico e tribale.”<br />

Bernard Aubertin<br />

23


24<br />

Bernard Aubertin all’opera, 2010


OPERE


26<br />

Dessin de feu, 1974, fiammiferi bruciati su cartone, cm 65x50


Dessin de feu, 1974, fiammiferi bruciati su cartone, cm 102x72<br />

27


28<br />

Dessin de feu, 1974, fiammiferi bruciati su cartone, cm 45x65


Dessin de feu, 1974, fiammiferi bruciati su cartone, cm 50x65<br />

29


30<br />

Dessin de feu, 1974, fiammiferi bruciati su cartone rosso, cm 70x100


Livre brûlé, 1974, libro bruciato su tavola, cm 50x70<br />

31


32<br />

Allumettes brûlées, 1974, pacchetti <strong>di</strong> fiammiferi bruciati su tavola, cm 104x70


Allumettes brûlées, 1974, pacchetti <strong>di</strong> fiammiferi bruciati su tavola, cm 104x70<br />

33


34<br />

Dessin de feu, 1974, fiammiferi bruciati su cartone, cm 101x71


Allumettes brûlées, 1974, pacchetti <strong>di</strong> fiammiferi bruciati su tavola, cm 104x70<br />

35


36<br />

Dessin de feu, 1974, fiammiferi bruciati su cartone, cm 45x45


Dessin de feu, 1974, fiammiferi bruciati su cartone, cm 45x45<br />

37


38<br />

Dessin de feu, 1974, fiammiferi bruciati su cartone, cm 50x65


Dessin de feu, 1974, fiammiferi bruciati su cartone, cm 50x65<br />

39


40<br />

Livre brûlé, 1974, libro bruciato su metallo, cm 50x70


Livre brûlé, 1974, libro bruciato su metallo, cm 50x70<br />

41


Dessin de feu, 1974, fiammiferi bruciati su cartone, cm 65x50<br />

Dessin de feu, 1974, fiammiferi bruciati su cartone, cm 50x65<br />

43


44<br />

Dessin de feu, 1974, fiammiferi bruciati su cartone, cm 50x65


Dessin de feu, 1974, fiammiferi bruciati su cartone, cm 50x65<br />

45


46<br />

Allumettes brûlées, 1974, pacchetti <strong>di</strong> fiammiferi bruciati su tavola, cm 104x70


Dessin de feu, 1974, fiammiferi bruciati su cartone, cm 100x70<br />

47


48<br />

Livre brûlé, 1974, libro bruciato su tavola, cm 50x70


Tableau clous, 1970, chio<strong>di</strong> su tavola, cm 50x50<br />

49


50<br />

Tableau clous, 1970, chio<strong>di</strong> su tavola, cm 20x20


Tableau clous, 1970, chio<strong>di</strong> su tavola, cm 30x30<br />

51


Tableau clous, 1970, chio<strong>di</strong> su tavola, cm 40x40<br />

52<br />

Dessin de feu sur aluminium, anni 2000, fiammiferi bruciati su alluminio, cm 100x50


54<br />

Dessin de feu sur aluminium, anni 2000, fiammiferi bruciati su alluminio, cm 50x100


Dessin de feu sur aluminium, anni 2000, fiammiferi bruciati su alluminio, cm 50x100<br />

55


56<br />

Allumettes sur metal, anni 2000, fiammiferi bruciati su alluminio, cm 100x100


Allumettes sur metal, anni 2000, fiammiferi bruciati su alluminio, cm 100x100<br />

57


58<br />

Allumettes sur metal, anni 2000, fiammiferi bruciati su alluminio, cm 100x100


Allumettes sur metal, anni 2000, fiammiferi bruciati su alluminio, cm 100x100<br />

59


60<br />

Allumettes sur metal, anni 2000, fiammiferi bruciati su alluminio, cm 100x100


Dessin de feu sur aluminium, 2011, fiammiferi bruciati su alluminio, cm 30x30<br />

61


Dessin de feu sur aluminium<br />

2011, fiammiferi bruciati su alluminio, cm 30x30<br />

62


Dessin de feu sur aluminium<br />

anni 2000, fiammiferi bruciati su alluminio, cm 50x50<br />

67


Dessin de feu sur table rouge,<br />

anni 2000, fiammiferi bruciati su tavola rossa, cm 40x40<br />

76


Dessin de feu sur table rouge,<br />

anni 2000, fiammiferi bruciati su tavola rossa, cm 50x50<br />

78


80<br />

Dessin de feu sur table rouge, 2008, fiammiferi bruciati su tavola rossa, cm 35x35


Dessin de feu sur table rouge, 2008, fiammiferi bruciati su tavola rossa, cm 60x60<br />

81


82<br />

Dessin de feu sur table rouge, 2007, fiammiferi bruciati su tavola rossa, cm 70x70


Dessin de feu sur table rouge, 2009, fiammiferi bruciati su tavola rossa, cm 70x70<br />

83


84<br />

Dessin de feu sur table rouge, 2007, fiammiferi bruciati su tavola rossa, cm 70x70


Dessin de feu sur table rouge, 2008, fiammiferi bruciati su tavola rossa, cm 70x70<br />

85


86<br />

Dessin de feu sur table rouge, 2008, fiammiferi bruciati su tavola rossa, cm 60x60


Dessin de feu sur table rouge, 2008, fiammiferi bruciati su tavola rossa, cm 70x70<br />

87


88<br />

Dessin de feu sur table rouge, 2006, fiammiferi bruciati su tavola rossa, cm 100x100


Dessin de feu sur table rouge, 2006, fiammiferi bruciati su tavola rossa, cm 100x100<br />

89


90<br />

Dessin de feu sur table rouge, 2006, fiammiferi bruciati su tavola rossa, cm 100x100


Dessin de feu sur table rouge, 2006, fiammiferi bruciati su tavola rossa, cm 100x100<br />

91


92<br />

Dessin de feu sur table rouge, 2006, fiammiferi bruciati su tavola rossa, cm 100x100


Dessin de feu sur table rouge, 2006, fiammiferi bruciati su tavola rossa, cm 100x100<br />

93


94<br />

Dessin de feu sur table rouge, 2006, fiammiferi bruciati su tavola rossa, cm 100x200


Dessin de feu sur table rouge, 2007, fiammiferi bruciati su tavola rossa, cm 40x40<br />

95


96<br />

Fer brûlé, 2010, ferro bruciato su tavola, cm 50x35


Fer brûlé, 2010, ferro bruciato su tavola, cm 35x50<br />

97


98<br />

Moteur brûlé, 2010, motorino bruciato, cm 108x165x65


Moteur brûlé, 2010, motorino bruciato, cm 110x170x67<br />

99


100<br />

Moteur brûlé, 2010, motorino bruciato, cm 102x168x62


Moteur brûlé, 2010, motorino bruciato, cm 99x170x64<br />

101


102<br />

Voitures brûlées, 2010, modellini bruciati su tavola, cm 50x70


Voitures brûlées, 2010, modellini bruciati su tavola, cm 50x70<br />

103


104<br />

Voiture brûlé, 2010, modellino bruciato su tavola, cm 30x40<br />

Voiture brûlé, 2010, modellino bruciato su tavola, cm 30x40


Voiture brûlé, 2009, modellino bruciato su tavola, cm 30x40<br />

Voiture brûlé, 2009, modellino bruciato su tavola, cm 30x40<br />

105


106<br />

Voiture brûlé, 2009, modellino bruciato su tavola, cm 30x40


APPARATI


108<br />

Machine à écrire brûlé, 2011


<strong>BERNARD</strong> <strong>AUBERTIN</strong><br />

Nasce a Fontenay-aux-Roses, in Francia, nel 1934.<br />

Inizia l’appren<strong>di</strong>stato nel 1951 alla Scuola d’Arte Decorativa. Nel 1957 conosce Yves Klein<br />

e questo incontro risulta fondamentale: lo influenza e lo porta a realizzare l’anno successivo<br />

le prime quattro tavole monocrome rosse.<br />

Debutta in pubblico a Parigi nel 1960 e da allora il percorso espositivo conta innumerevoli<br />

partecipazioni a mostre personali e collettive in Francia, Germania, Austria, Olanda,<br />

Svizzera, Belgio, Italia, Svezia, Spagna, Venezuela e Stati Uniti, in gallerie private e in<br />

importanti se<strong>di</strong> istituzionali.<br />

Nel 1957-1958 prende parte al Gruppo NUL <strong>di</strong> Amsterdam e nel 1961 al Gruppo ZERO<br />

<strong>di</strong> Düsseldorf con Mack, Piene, Ueker. Entra in contatto anche con Piero Manzoni e Lucio<br />

Fontana.<br />

Contemporaneamente ai monocromi, dal 1961, realizza i primi “tableaux feu” (quadri<br />

<strong>fuoco</strong>); nel 1962 i libri bruciati che riproporrà in seguito come “livres brûlées et a<br />

brûlér” (libri bruciati e da bruciare) aggiungendo fiammiferi esplosivi, micce, bastoncini <strong>di</strong><br />

fulminato, sacchetti <strong>di</strong> polvere fumogena, ceri ed altro all’interno <strong>di</strong> ogni prima pagina del<br />

libro e invitando lo spettatore a bruciare il libri.<br />

Ancora propone i “tableaux clous” (quadri chio<strong>di</strong>) che, essendo ricoperti <strong>di</strong> vernice,<br />

rappresentano perfettamente le fiamme, i “tableaux fils de fer” (quadri fil <strong>di</strong> ferro), i<br />

“dessin de feu” (<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> <strong>fuoco</strong>) e ancora ai “parcours d’allumettes” (percorsi <strong>di</strong> fiammiferi)<br />

sino ad arrivare alle performances dei pianoforti dati alle fiamme che risalgono al 1988, alle<br />

automobili e alle motociclette bruciate degli anni Novanta.<br />

Vive e lavora a Reutlingen in Germania.<br />

109


ANTOLOGIA CRITICA<br />

Dominique Stella, 2007<br />

Bernard Aubertin<br />

Dopo l’incontro con Yves Klein, nel 1957, Bernard<br />

Aubertin inizia a fare pittura monocroma. Tutto ha<br />

origine, quin<strong>di</strong>, da una visita all’atelier <strong>di</strong> Klein, a<br />

Montparnasse. Un anno dopo, per l’esattezza nel<br />

1958, Aubertin realizza i suoi primi “monocromi rossi”<br />

in eco al monocromo blu <strong>di</strong> Yves Klein. Attraverso la<br />

monocromia Aubertin pratica ciò che egli definisce il<br />

silenzio pittorico. Per sfuggire all’arte <strong>di</strong> sensazione e<br />

<strong>di</strong> sentimento, per sfuggire al piacere delle tecniche<br />

pittoriche o del puro montaggio/collages, quale è stato<br />

praticato nell’arte dall’inizio del XX secolo, Aubertin<br />

offre la propria visione nichilista dell’arte: l’arte deve<br />

essere noiosa, afferma; è un’evocazione semplice<br />

del reale, che oggi non è possibile raffigurare. Non è<br />

per niente descrittiva, può solo essere contemplativa.<br />

Aubertin è “artista monocromo” come altri sono stati<br />

impressionisti, astratti, espressionisti; egli appartiene<br />

a quella sfera dell’arte in cui il colore in sé giustifica il<br />

gesto pittorico. Bernard Aubertin è un artista a parte<br />

nella storia recente dell’arte contemporanea. Atipico e<br />

inclassificabile, rimane unico per la sua ricerca ostinata<br />

e solitaria che attraversa la storia dall’inizio degli anni<br />

Sessanta sino ad oggi. La sua ricerca si caratterizza per<br />

l’uso esclusivo del rosso. Egli s’identifica interamente<br />

con questo colore <strong>di</strong> cui per molti anni farà uso nel<br />

proprio lavoro, senza mai abbandonare il filo <strong>di</strong> questa<br />

tinta da lui privilegiata come simbolo del sangue e al<br />

tempo stesso dell’elemento FUOCO.<br />

(...) Nel suo lavoro, Bernard Aubertin sviluppa la<br />

propria affinità con il concetto base della “tabula rasa”<br />

promosso dal gruppo Zero. Il nome del gruppo<br />

tedesco non era in alcun modo volto a celebrare il<br />

nichilismo: Zero deve essere inteso come il vuoto<br />

che include un insieme <strong>di</strong> altri concetti, in particolare<br />

l’infinito e il nulla, che gli artisti del gruppo cercavano<br />

<strong>di</strong> raggiungere attraverso un lavoro sul monocromo<br />

privilegiando, nelle prime opere della fine degli anni<br />

‘50, l’utilizzo del bianco. Il Manifesto Zero definisce i<br />

<strong>di</strong>versi livelli d’azione del gruppo: “ZERO è silenzio,<br />

ZERO è principio, ZERO è rotondo”. Malgrado<br />

l’aspetto iconoclasta dell’atteggiamento innovatore <strong>di</strong><br />

questi giovani artisti, la continuità del retaggio culturale<br />

è innegabile e assicura il legame con il futurismo, con<br />

110<br />

l’interrogazione spazialista <strong>di</strong> Fontana. La rivoluzione<br />

“Zero”, per i tedeschi, o rivoluzione “Blu”, per Yves<br />

Klein, s’interroga sulla modernità, sul ruolo dell’artista<br />

nella società e la sua azione su ciò che è vivente. Questa<br />

ricerca caratterizza le tendenze che segnano l’arte<br />

europea degli ultimi anni Cinquanta e degli anni Sessanta,<br />

in una tra<strong>di</strong>zione nata nell’imme<strong>di</strong>ato dopoguerra. La<br />

modernità era allora sinonimo <strong>di</strong> libertà e veicolava una<br />

visione “romantica universalista, coerente, spirituale,<br />

strutturata e gerarchica del mondo, nella quale l’atto<br />

artistico assumeva un ruolo ben definito. Come<br />

sottolinea Lazlo Gloser, si assisteva alla trasformazione<br />

della percezione dell’arte: “Più che la realizzazione<br />

in<strong>di</strong>viduale, che conta tutt’al più a titolo <strong>di</strong> esempio,<br />

ciò che importa è il fenomeno della “modernità”, che<br />

per il pubblico rappresenta un incontro globale con il<br />

“nuovo”“. Zero con<strong>di</strong>vide questa percezione dell’arte<br />

e anche Aubertin, nella sua ostinazione monocroma,<br />

rivela la medesima ambiguità tra principio e continuità<br />

storica: “Gli artisti <strong>di</strong> ZERO volevano fare tabula<br />

rasa <strong>di</strong> tutto ciò che era esistito prima <strong>di</strong> loro. Ma è<br />

evidente che la loro nuova concezione della pittura<br />

faceva parte della continuità storica, proveniva dal<br />

retaggio culturale futurista della liberazione del colore e<br />

assicurava così il prolungamento della tra<strong>di</strong>zione delle<br />

arti plastiche. “ Le scelte <strong>di</strong> Aubertin derivano da una<br />

logica implacabile e rispondono a un’accumulazione<br />

<strong>di</strong> elementi e avvenimenti, che creano l’opera a<br />

partire dall’azione sublimata dal gesto che egli vuole<br />

ripetitivo e, citando le sue parole, “seriale”. Aubertin<br />

abbandona ogni implicazione emotiva per rifugiarsi<br />

nel silenzio creatore che lo assimila all’artigiano,<br />

autore <strong>di</strong> un gesto meticoloso che sia il più possibile<br />

esatto. Nessun effetto <strong>di</strong> spettacolo, nessun effetto<br />

<strong>di</strong> stile, ma lo svolgimento lento e progressivo <strong>di</strong> un<br />

lavoro che si compie nel tempo e nel raccoglimento.<br />

Quando Aubertin definisce il suo lavoro, nel 1977,<br />

egli si <strong>di</strong>chiara allora e per sempre Realista: stabilisce<br />

la traccia <strong>di</strong> questo svolgimento effettivo del tempo<br />

sulla superficie <strong>di</strong> un quadro, preferibilmente rosso.<br />

È spaziotempo quantificato, “rappresentato”, in un<br />

desiderio <strong>di</strong> intercettare questa effimera realtà. Effimera<br />

realtà che egli cattura anche nelle sue azioni <strong>di</strong> <strong>fuoco</strong>,<br />

fra cui la più spettacolare è probabilmente il Feu en<br />

lévitation (1968), materializzazione fisica <strong>di</strong> fenomeni<br />

puramente astratti che raffigurano “l’accelerazione


dell’istante”. Realista, quin<strong>di</strong>, sino all’”oblio <strong>di</strong> sé”, egli<br />

continua: “Si, sono un realista, poiché per avvicinare la<br />

natura devo continuamente mantenere una <strong>di</strong>stanza,<br />

una perfetta abnegazione, tra l’opera e me. (...)<br />

E il FUOCO partecipa <strong>di</strong> questo realismo: “Ancor<br />

più nel caso del quadro-<strong>fuoco</strong>, opera e uomo qui si<br />

fondono intimamente, interamente. Creo e ricreo<br />

il <strong>fuoco</strong> sino alla completa combustione delle strisce<br />

<strong>di</strong> plastica e rimango pericolosamente al centro delle<br />

fiamme”. Questa attrazione per il <strong>fuoco</strong> potrebbe<br />

partecipare del rito della purificazione. Purificazione<br />

attraverso il <strong>fuoco</strong> dell’azione creatrice e, in effetti,<br />

Aubertin riven<strong>di</strong>ca attraverso la sua arte un’azione<br />

rigeneratrice del mondo, un’azione <strong>di</strong> terapia collettiva<br />

che nobiliterebbe il concetto <strong>di</strong> arte; egli scrive: “l’arte,<br />

a mio avviso, può solo essere considerata una terapia<br />

a livello della comunità, ciò che genera il fraternizzare<br />

degli uomini e nobilita la dose <strong>di</strong> terapia inerente<br />

all’arte. Il ruolo <strong>di</strong> noi artisti è aspirare alla pienezza,<br />

privata delle contrad<strong>di</strong>zioni, della natura umana. Così<br />

l’uomo sarà sempre in grado <strong>di</strong> prevedere e sod<strong>di</strong>sfare<br />

i bisogni dell’umanità. Agendo per la collettività, noi<br />

ci liberiamo della natura e della nostra stessa natura.<br />

Dobbiamo sforzarci <strong>di</strong> prendere <strong>di</strong>stanza dalla<br />

natura, se vogliamo realizzarci come specie umana<br />

specifica.” C’è, in questo, il concetto del controllo<br />

e della partecipazione <strong>di</strong> ognuno all’opera. Questa<br />

interazione è volta all’umanizzazione; Aubertin afferma:<br />

“UMANIZZARE significa: inventare, fabbricare,<br />

identificare spiritualmente e fisicamente l’uomo con la<br />

cosa creata, quin<strong>di</strong> con la natura.” Aubertin propone<br />

una visione rigeneratrice dell’arte e quin<strong>di</strong> portatrice<br />

<strong>di</strong> una realtà creativa; allo stesso tempo, però, essa<br />

è subor<strong>di</strong>nata alla realtà naturale magnificata dall’atto<br />

creatore. L’uomo, in questa realtà, è nobile e umile al<br />

tempo stesso, demiurgo e misero attore della propria<br />

creazione. Da alcuni anni, l’artista ha abbandonato il<br />

rosso. Nel 1990, Bernard Aubertin <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong> non<br />

vedere più il rosso. Privilegia allora l’utilizzo del nero che,<br />

come precisa: “è il colore che fissa meglio l’atmosfera<br />

spirituale della monocromia metafisica” (appunto del<br />

gennaio 2000). La sua ricerca abbandona la sfera delle<br />

arti plastiche e si orienta verso la materializzazione <strong>di</strong><br />

uno spazio spirituale, mentale, che si rivolge all’anima e<br />

trascende l’espressione <strong>di</strong> Sé, in una “sovra<strong>di</strong>mensione”<br />

volta ad annullare il carattere visivo dell’opera per<br />

privilegiarne l’aspetto spirituale. L’artista tende così a<br />

scomparire, ad annientarsi nella sua opera attraverso<br />

l’oblio <strong>di</strong> se stesso, al quale accede con la ripetizione,<br />

l’accumulazione, la sovrapposizione che annullano<br />

lo spazio-tempo e <strong>di</strong>luiscono lo spazio materiale<br />

dell’opera nell’automatismo della realizzazione.<br />

Jean-Philippe Lemée, 2007<br />

Le azioni <strong>di</strong> <strong>fuoco</strong> <strong>di</strong> Bernard Aubertin<br />

(...) Aubertin considera il mondo come un artificio<br />

e questa intuizione lo spinge a smaterializzare<br />

progressivamente le sue opere, come se cercasse <strong>di</strong><br />

riflettere su un altro volto dalla realtà concreta. Così,<br />

dai monocromi rossi del 1958, immagini anticipatrici <strong>di</strong><br />

un “mare <strong>di</strong> <strong>fuoco</strong> pietrificato”, alle valanghe <strong>di</strong> cenere<br />

<strong>di</strong>eci anni dopo, il succedersi dei suoi gesti corrisponde<br />

a una rigorosa logica <strong>di</strong> smaterializzazione, secondo la<br />

quale l’opera <strong>di</strong>venta <strong>di</strong> volta in volta più vibrante, più<br />

leggera, più fragile e infine più inafferrabile. In modo<br />

significativo, l’azione pubblica appare nel 1961 con i<br />

“quadri <strong>di</strong> <strong>fuoco</strong>”, lavori effimeri non fosse altro perché<br />

esistono solamente se c’è un pubblico che li osservi<br />

andare in fumo...<br />

Il <strong>fuoco</strong> è sottile, inafferrabile e allo stesso tempo<br />

concreto. Bachelard ha molto insistito sulle sue qualità<br />

ipnotiche, sul fascino rinnovato e avvincente dello<br />

spettacolo delle fiamme. Sempre simile e sempre<br />

<strong>di</strong>verso, il <strong>fuoco</strong> può rinascere qua o là per effetto <strong>di</strong><br />

un contatto o <strong>di</strong> una frizione, ma la materia che esso<br />

consuma, invece viene definitivamente annullata: è<br />

a questo duplice spettacolo del <strong>fuoco</strong>, rinnovabile e<br />

<strong>di</strong>struttore, che Aubertin ci invita a partecipare.<br />

A partire dal 1961, le azioni <strong>di</strong> <strong>fuoco</strong> sono legate alle<br />

evoluzioni del quadro-<strong>fuoco</strong>.<br />

Il quadro-<strong>fuoco</strong> originario, <strong>di</strong>venta un “cammino <strong>di</strong><br />

<strong>fuoco</strong> nello spazio” in cui si afferma l’idea <strong>di</strong> un percorso<br />

progressivo delle fiamme (idea già presente nel quadro<br />

<strong>di</strong> <strong>fuoco</strong> poiché, dopo l’accensione, la fiamma si<br />

propaga da un fiammifero all’altro); poi, esso <strong>di</strong>venta<br />

“Cammino <strong>di</strong> <strong>fuoco</strong> nello spazio”, opera liberata, fra<br />

l’altro, <strong>di</strong> una parte del suo pesante supporto <strong>di</strong> legno e<br />

<strong>di</strong> alluminio; infine è la volta del “<strong>fuoco</strong> in levitazione”,<br />

la cui denominazione è già piuttosto eloquente. A<br />

111


quest’ultimo sta<strong>di</strong>o, il supporto dell’azione pubblica<br />

viene ridotto il più possibile, mente la presenza del<br />

<strong>fuoco</strong> invade lo spazio in modo più massiccio.<br />

Con il “<strong>fuoco</strong> in levitazione” tutto brucia e l’utilizzo<br />

della bomboletta incen<strong>di</strong>aria, che proietta un materiale<br />

infiammabile quasi completamente invisibile, giunge<br />

assolutamente a proposito. A quest’ultimo sta<strong>di</strong>o della<br />

smaterializzazione, il pericolo è grande sia per l’artista<br />

sia per lo spettatore. Dal punto <strong>di</strong> vista simbolico,<br />

ciò potrebbe in<strong>di</strong>care che, malgrado la speranza <strong>di</strong><br />

liberazione o <strong>di</strong>salienazione, è rischioso misurarsi con gli<br />

impe<strong>di</strong>menti del mondo materiale. L’esperienza vissuta<br />

del <strong>fuoco</strong> acquisisce allora un carattere iniziatico.<br />

Con i “libri da bruciare”, lo spettacolo della <strong>di</strong>struzione<br />

ci cattura e ci affascina acquisendo una <strong>di</strong>mensione<br />

particolare. Il pensiero va infatti, a quelle cerimonie<br />

simboliche ed espiatorie che sono gli autodafè.<br />

Opporsi a un’ideologia dando <strong>fuoco</strong> ai libri che la<br />

veicolano, significa credere nel potere del libro... e in<br />

quello <strong>di</strong> combustione. Aubertin gioca su queste due<br />

immagini in uno spirito tipico degli anni ‘60, non privo<br />

<strong>di</strong> humor, che consiste nel bruciare per “fare tabula<br />

rasa”. Qui si rientra ancora nella logica che volge quasi<br />

al termine, delle avanguar<strong>di</strong>e.<br />

Con le sue combustioni reiterate ed evolutive,<br />

Aubertin ci consegna senza sosta lo spettacolo della<br />

smaterializzazione. egli non propone solamente opere<br />

o risultati tangibili della sua attività artistica, ma propone<br />

<strong>di</strong> vivere in <strong>di</strong>retta e in tempo reale - quin<strong>di</strong> “senza rete<br />

<strong>di</strong> protezione” - la sua arte e le sue idee.<br />

(...) Smaterializzazione dell’arte, Bernard Aubertin<br />

si considera non<strong>di</strong>meno un realista, nel senso<br />

che egli manipola innanzitutto il reale e non la sua<br />

rappresentazione. Il rosso dei monocromi è un rosso<br />

concreto, i chio<strong>di</strong> sono chio<strong>di</strong>, il <strong>fuoco</strong> che brucia è<br />

ben presente, tanto che non si osa toccarlo. Attraente<br />

e repellente, il <strong>fuoco</strong> è forse persino il massimo del<br />

realismo. Quanto all’azione pubblica, essa, come<br />

abbiamo già sottolineato, è arte del vissuto. meglio<br />

ancora, Aubertin utilizza il <strong>fuoco</strong> come un mezzo per<br />

condensare il reale, per renderlo più memorabile, più<br />

sorprendente.<br />

(...) Più le opere <strong>di</strong> Aubertin si smaterializzano, più le<br />

azioni pubbliche <strong>di</strong>ventano spettacolari e coinvolgono<br />

lo spettatore in modo più “autentico” sino a fargli<br />

ad<strong>di</strong>rittura vivere situazioni <strong>di</strong> pericolo. Certo, in<br />

generale è Aubertin a svolgere il ruolo <strong>di</strong> piromane,<br />

ma il coinvolgimento fisico del pubblico non è meno<br />

intenso.<br />

(...) ciò che rende singolari le azioni <strong>di</strong> <strong>fuoco</strong> <strong>di</strong><br />

Aubertin, è la teatralizzazione, su durate piuttosto<br />

brevi, <strong>di</strong> questa ritmica fondamentale. Aubertin<br />

provoca consapevolmente dei cicli ternari, immagini<br />

<strong>di</strong> una pulsazione vitale. Ci invita ad assistere a piccoli<br />

peripli esistenziali drammatizzati o condensati, che<br />

112<br />

riproducono su piccola scala lo sviluppo lineare <strong>di</strong> un<br />

tempo più universale. Aubertin ne ricorda i tre sta<strong>di</strong>:<br />

“... barbarie, apogeo della civiltà, e decadenza”.<br />

O meglio, così come l’arte <strong>di</strong> Aubertin nutre l’arte <strong>di</strong><br />

Aubertin, dopo l’estinzione del <strong>fuoco</strong> è sempre presente<br />

la promessa <strong>di</strong> un continuum o <strong>di</strong> una rinascita. Ciò è<br />

illustrato soprattutto da quelle Valanghe <strong>di</strong> cenere, nate<br />

da opere bruciate in precedenza. Finiremo in polvere<br />

e dalla polvere rinasceremo... Aubertin allevatore <strong>di</strong><br />

cenere, come Duchamp lo era della polvere, è autore<br />

<strong>di</strong> un’opera realista quanto ottimista.<br />

Così, tutta l’aggressività, la violenza dell’arte, il rosso<br />

vivo dei monocromi, le punte dritte dei chio<strong>di</strong>, la<br />

piromania, le bombolette incen<strong>di</strong>arie, le esplosioni e<br />

gli autodafè... tutto l’arsenale aubertiniano, insomma,<br />

è orientato verso la speranza. Il terrore poetico<br />

dell’artista stregone è simbolico, esorcizzante e, infine,<br />

liberatorio.<br />

(...) Bernard Aubertin non ambisce a un’arte <strong>di</strong><br />

espressione, al contrario. Egli mette in moto dei<br />

processi che si esprimono ampiamente da sé. “Il <strong>fuoco</strong>,<br />

<strong>di</strong>ce Aubertin, mi obbliga a tenere la <strong>di</strong>stanza da lui, mi<br />

obbliga a lasciarlo fare, a mettermi da parte”.<br />

Ciò che prevale è il <strong>fuoco</strong>, il fumogeno in azione o il<br />

fiammifero acceso.<br />

(...) Per Aubertin, c’è urgenza <strong>di</strong> agire perché l’artista<br />

è in lotta imme<strong>di</strong>ata. Il suo progetto, improntato alla<br />

generosità, rientra in una sorta <strong>di</strong> terapia collettiva da<br />

intraprendere per il bene <strong>di</strong> tutti. È in questa prospettiva,<br />

fra l’altro che bisogna situare questi momenti <strong>di</strong> realtà<br />

che sono le azioni <strong>di</strong> <strong>fuoco</strong>. Nell’appen<strong>di</strong>ce al testo<br />

“Je suis un réaliste” l’artista accenna alla formazione <strong>di</strong><br />

un’alleanza <strong>di</strong> persone, <strong>di</strong> spiriti liberi, e propone <strong>di</strong><br />

creare dei collegi aperti ai ricercatori <strong>di</strong> tutte le <strong>di</strong>scipline<br />

che siano desiderosi <strong>di</strong> collaborare al progresso<br />

dell’umanità. Dobbiamo dunque intravedere, nelle sue<br />

azioni pubbliche degli anni Sessanta, un’anticipazione <strong>di</strong><br />

analoghi luoghi <strong>di</strong> sperimentazione e comunicazione?<br />

Ad ogni modo, Aubertin incarna un nuovo modello<br />

attraverso la con<strong>di</strong>visione, qui e ora, delle sue opere <strong>di</strong><br />

<strong>fuoco</strong> e attraverso un impegno ostinato, coraggioso e<br />

senza concessioni, nella creazione pura.<br />

Jolanta <strong>Rosenberg</strong>, 2010<br />

Bernard Aubertin<br />

(...) Si <strong>di</strong>ceva del 1957, anno in cui Bernard Aubertin<br />

incontra sul proprio cammino Yves Klein; sarà questa<br />

un’esperienza fondamentale che lo condurrà ad<br />

accogliere l’idea della monocromia come principio<br />

fondante <strong>di</strong> una profonda espressione artistica;<br />

Aubertin si concentra però sul rosso, su <strong>di</strong> un<br />

colore che non tende ad azzerare la tensione ma a


sollecitarla. Il viaggio però non si arresta; nel 1961 è<br />

tra i fondatori del Gruppo Zero con il quale con<strong>di</strong>vide<br />

l’idea <strong>di</strong> una rifondazione assoluta dell’arte: ripartire<br />

daccapo, eliminare tutto ciò che è preesistente per<br />

tentare <strong>di</strong> dare un nuovo significato al fare artistico. Ed<br />

ancora; il suo itinerario prende altre e nuove <strong>di</strong>rezioni.<br />

È il momento dei materiali, dei chio<strong>di</strong>, delle tavole <strong>di</strong><br />

legno, del <strong>fuoco</strong>. A questo proposito sono da citare<br />

perlomeno i Tableaux-feu realizzati negli anni Sessanta<br />

e capaci <strong>di</strong> incorporare lo spettatore, <strong>di</strong> eliminare in<br />

modo definitivo lo spazio che separa opera e pubblico,<br />

<strong>di</strong> far <strong>di</strong>venire quest’ultimo non solo parte attiva del<br />

processo artistico, ma processo artistico vivente, reale.<br />

È solo così che Aubertin ritiene possibile catturare<br />

la realtà, è solo così che è possibile <strong>di</strong>ventare un<br />

Realista.<br />

È per questa costante tensione che credo vi sia<br />

tanta energia nelle opere <strong>di</strong> questo autore; l’urgenza<br />

che muove ogni suo gesto non finisce nell’opera,<br />

ma continua ad essere una corrente che si propaga<br />

ininterrottamente dal lavoro compiuto.<br />

E ciò è vero tanto per le opere del passato quanto<br />

per quelle del presente nelle quali, ancora una volta,<br />

Aubertin cerca <strong>di</strong> trovare una nuova via per poter<br />

far fluire quell’energia oscura che si cela dentro alle<br />

cose, ai colori, ai materiali. Penso ad esempio ai nuovi<br />

monocromi, nei quali tenta <strong>di</strong> giungere allo svelamento<br />

dello spirito puro, nei quali i colori sono scelti sulla base<br />

della loro profonda valenza mistica. È questa la strada<br />

maestra percorsa da Aubertin: la spiritualità. E d’altra<br />

parte nessun altro, se non Aubertin, avrebbe potuto<br />

proseguire il <strong>di</strong>fficile cammino iniziato nel 1958, quello<br />

della riappropriazione <strong>di</strong> quella sensorialità e <strong>di</strong> quella<br />

trascendenza da cui la società contemporanea sembra<br />

essersi allontanata.<br />

Chiara Gattamelata, 2010<br />

Bernard Aubertin<br />

(…) Aubertin si definisce Realista: la precisazione non<br />

è una sfumatura: ma una scelta che l’autore in<strong>di</strong>ca fin<br />

da quegli anni. E per arrivare alla Realtà nessun mezzo<br />

è mai sufficiente: ed ecco allora lo spazio, la luce, la<br />

tecnologia, i materiali nuovi: tutto entra nella ricerca<br />

<strong>di</strong> Aubertin che non desidera realizzare quadri ma<br />

strumenti attraverso i quali lo spettatore sia in grado<br />

<strong>di</strong> comprendere un autore che si definisce istintivo,<br />

passionale ed intuitivo. Pochi anni dopo, nel 1961,<br />

Aubertin aderisce al Gruppo Zero; i due sono uniti da<br />

quella poetica che impetuosamente irrompe negli Anni<br />

Sessanta e che ha determinato un nuovo modo <strong>di</strong> fare<br />

e <strong>di</strong> vedere l’arte. È da quel momento che Aubertin<br />

<strong>di</strong>venta uno straor<strong>di</strong>nario esponente del movimento <strong>di</strong><br />

Düsseldorf; è da quel momento che il quadro <strong>di</strong>venta il<br />

luogo dell’energia, la <strong>di</strong>mensione ove la combinazione<br />

fra silenzio ed elementi naturali conduce all’oggettività<br />

della materia e quin<strong>di</strong> alla verità dell’arte.<br />

(…) Dice Aubertin che quando si <strong>di</strong>pingono<br />

monocromi per più <strong>di</strong> cinquanta anni giunge il<br />

momento in cui si comprende <strong>di</strong> dover operare una<br />

scelta: per non incorrere nel rischio <strong>di</strong> tramutare i<br />

monocromi in una sorta <strong>di</strong> catalogo cromatico risulta<br />

inevitabile selezionare i colori più densi <strong>di</strong> significato.<br />

È come se risultasse necessario rifondare il proprio<br />

lavoro, instaurare un nuovo rapporto con i colori,<br />

ricomprenderli per poter ricomprendere, ricapirli per<br />

poter ricapire. Ed Aubertin li riseleziona e li ridefinisce:<br />

i rossi e gli arancioni che sono i colori della lava fusa, i<br />

gialli che sono i colori delle fiamme, i grigi che sono i<br />

colori dei fumi, il nero che significa il bruciato. (…)<br />

Flaminio Gualdoni, 2011<br />

Bernard Aubertin. Voitures brûlées<br />

Entrambe le componenti, quella dell’azzeramento<br />

ra<strong>di</strong>cale e dell’apparente <strong>di</strong>ssoluzione del senso da un<br />

lato, e del transito verso umori metafisici dall’altro, sono<br />

presenti sin dall’inizio nell’opera <strong>di</strong> Bernard Aubertin.<br />

Il quale ha, negli anni fervi<strong>di</strong> <strong>di</strong> maturazione <strong>di</strong> Nouveau<br />

Réalisme e <strong>di</strong>ntorni, per riferimento primario Yves<br />

Klein, l’artista il cui scostamento dalla tra<strong>di</strong>zione dada<br />

non avviene per estremizzazione dell’elemento<br />

lu<strong>di</strong>co e criticistico della nozione corrente d’arte, ma<br />

prevedendo una pars construens non meno cospicua,<br />

<strong>di</strong> fondazione <strong>di</strong> un valore che dal reale si metamorfizzi<br />

verso lo spirituale.<br />

Si tratta per Aubertin, come per Klein, <strong>di</strong> risimbolizzare<br />

l’esperienza sensibile concreta, l’oggettività opaca delle<br />

cose, schiudendo varchi <strong>di</strong> senso ulteriori, perdendo<br />

per trovare: soprattutto, non considerando l’opera<br />

come un tutto compiuto e già in odore <strong>di</strong> morte, ma<br />

ancora vibrante dell’energia che l’ha attraversata e<br />

generata.<br />

I monocromi <strong>di</strong> Aubertin sono, da sempre, rossi. È<br />

Kan<strong>di</strong>nskij a scrivere, in Dello spirituale nell’arte che<br />

“il rosso esercita interiormente l’azione <strong>di</strong> un colore<br />

molto vivo, vivace e irrequieto... nonostante tutta la<br />

sua energia e intensità ha una robusta nota <strong>di</strong> immensa<br />

forza quasi consapevole del proprio scopo. In questo<br />

fremere e ardere precipuamente in sé, e pochissimo<br />

verso l’esterno, v’è, per così <strong>di</strong>re, della maturità<br />

virile”.<br />

Ciò ne fa il segno <strong>di</strong> un’arte che non intende azzerare,<br />

spingendo la monocromia verso implicazioni<br />

d’acromia, ma orientare la ricezione dello spettatore<br />

verso una saturazione sensoriale, una stimolazione<br />

113


inelu<strong>di</strong>bile, che inquadri l’evento e le sue tracce in una<br />

<strong>di</strong>mensione emotivamente eccitata e allo stesso tempo<br />

oggettivamente straniata. È, per <strong>di</strong>re con Aubertin<br />

stesso, “ossessione lirica <strong>di</strong> un colore unico”.<br />

Ovvero, è grazie al rosso che chi guar<strong>di</strong> non vede<br />

più una cosa, ma la monumentalizzazione laica d’un<br />

processo del quale conta solo cogliere le implicazioni<br />

concettuali e poetiche. Ed è grazie a un così autorevole<br />

encadrement che, mantenendosi attiva la convezione<br />

co<strong>di</strong>ficata della forma/quadro, l’oggetto mo<strong>di</strong>ficato<br />

dal processo cui Aubertin l’ha sottoposto assume<br />

un’evidenza a priori alta e autre, sprigionando umori<br />

simbolici e suggestioni d’esemplarità.<br />

“Ci sono due colori nella mia opera, quello del <strong>fuoco</strong>,<br />

della caramellizzazione, della cremazione del nero e<br />

quello rosso della pittura dei monocromi”: così scrive<br />

Aubertin. Il quale dunque pone esplicitamente il rosso<br />

come alter naturale del nero: il rosso che è <strong>fuoco</strong> e<br />

<strong>di</strong>namica <strong>di</strong> trasformazione purificante, per processo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>struzione e rigenerazione, il nero combusto che non<br />

è negazione ma a sua volta trasformazione, materia<br />

in trapasso, in un processo morte/vita d’alto valore<br />

emblematico.<br />

Il <strong>fuoco</strong> dunque, matrice e anima del rosso e del nero,<br />

è con ogni evidenza il nucleo ra<strong>di</strong>ante del programma<br />

espressivo e intellettuale <strong>di</strong> Aubertin. Il <strong>fuoco</strong> che è<br />

stato, per secoli, rappresentazione, e che ora - dopo<br />

Burri, in parallelo ancora con Klein - si fa protagonista<br />

appropriato e attivo dell’opera. Il <strong>fuoco</strong> che assume<br />

su se stesso, in con<strong>di</strong>zioni stabilite e non aleatorie,<br />

un valore d’imme<strong>di</strong>ata valenza rituale, <strong>di</strong> cui conta più<br />

il contesto d’evenienza e il corso processuale che la<br />

brutale, intrinseca violenza.<br />

(...) Il suo far agire il <strong>fuoco</strong>, il quale opera in perfetta<br />

appropriata identità come sostituto del fare artificioso<br />

dell’autore, non è progetto orientato, d’umore lud<strong>di</strong>sta<br />

e ideologicamente <strong>di</strong>struttivo, dell’artista: non è<br />

Aubertin che brucia qualcosa: è il <strong>fuoco</strong> che trasforma<br />

qualcosa in qualcos’altro, che replica indefinitamente il<br />

flusso dell’energia vitale <strong>di</strong> cui la natura gli ha conferito<br />

il segreto e il potere.<br />

Certo, i suoi orizzonti <strong>di</strong> riferimento non possono<br />

che essere, storicamente, il gruppo Zero e l’area <strong>di</strong><br />

cui ben stabilì il perimetro la storica mostra “Nul” ad<br />

Amsterdam, 1962. Ma il suo ra<strong>di</strong>camento dada va<br />

inteso in tutte le sue complesse sfumature.<br />

Vi agisce in modo determinante la purezza non<br />

artificiosa del processo, in cui tutto è presente, agisce,<br />

viene presentato senza me<strong>di</strong>azioni, senza coinvolgere<br />

la menzogna geniale del fare artistico <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione<br />

storica: è, questa, scelta primariamente etica, scelta <strong>di</strong><br />

rigore, scelta <strong>di</strong> una limpidezza intellettuale che nella<br />

propria stessa ostensione spettacolare non sottintende<br />

lo stupore, la meraviglia, ma la nu<strong>di</strong>tà effettuale <strong>di</strong> ciò<br />

che si vede.<br />

114<br />

E ben vi si intende lo statuto <strong>di</strong> un reale la cui unica<br />

ragion d’essere è quella <strong>di</strong> spingere la sensorialità verso<br />

frequenze pienamente spirituali, verso un’alterità che<br />

non è dell’apparato <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce dell’opera d’arte, ma<br />

dell’esperienza estetica tutta.<br />

Questo è il “grado zero” che interessa a Aubertin, e<br />

che da sempre, sino a questa serie intensa, egli pone<br />

in atto. Non è un less metodologicamente calcolato<br />

né un’igiene estetica formalmente prestabilita. Non gli<br />

importa, per altro verso, passare per un <strong>di</strong>struttore<br />

barbarico dell’arte che è stata.<br />

Egli sa, da sempre, che non <strong>di</strong> questo un artista deve<br />

occuparsi, ma <strong>di</strong> ragionare in piena onestà del pensiero<br />

e del fare intorno all’in<strong>di</strong>cibile, alla purezza, a una forma<br />

<strong>di</strong> verità ancora possibile e attingibile.<br />

Flaminio Gualdoni, 2011<br />

Bernard Aubertin. Dessins de feu<br />

(...) Il clima è quello che vede incrociarsi la vicenda<br />

estrema <strong>di</strong> Azimut, Manzoni in specie, con le esperienze<br />

“à quarante degrés au-dessus du zéro dada” – cito<br />

ancora Restany – <strong>di</strong> Yves Klein et Tinguely, Hains et<br />

Arman, e con quelle nor<strong>di</strong>che del “neue Idealismus”<br />

<strong>di</strong> Zero.<br />

Bernard Aubertin matura in questo clima, frequentando<br />

sin dal 1957 Klein, l’autore con il quale la sua ricerca<br />

più intensamente <strong>di</strong>aloga, e avviando nel 1959 lo<br />

spettro d’esperienze <strong>di</strong> cui la monocromia del rosso e<br />

la combustione fisica sono protagoniste assolute.<br />

Vengono poi, è storia, le partecipazioni alle attività<br />

<strong>di</strong> Zero, in testa la partecipazione alla leggendaria<br />

Tentoonstelling Nul nel marzo 1962 allo Stedelijk<br />

Museum <strong>di</strong> Amsterdam, e le tangenze con il versante<br />

spettacolare e performativo <strong>di</strong> Fluxus, i cui germi<br />

pure si scorgono già in plurime pratiche dell’area <strong>di</strong><br />

riferimento in cui egli opera.<br />

Alla monocromia del rosso Aubertin affida le implicazioni<br />

simboliche, in odore <strong>di</strong> metafisico, <strong>di</strong> un ardore in cui<br />

l’idea stessa <strong>di</strong> <strong>fuoco</strong> si coagula. Ma è nell’esperienza<br />

<strong>di</strong>retta del bruciare, della mo<strong>di</strong>ficazione intima della<br />

materia e della sua costituzione visiva attraverso un<br />

processo solo in piccola parte padroneggiabile, che<br />

risiede l’aspetto più intellettualmente e linguisticamente<br />

vitale del suo operare.<br />

Aubertin sceglie la combustione, quel suo essere<br />

generatrice <strong>di</strong> luce perfetta e insieme della nerità<br />

ossidata e fisicamente impura del segno. E la identifica<br />

come matrice d’un segno in odore d’assolutezza.<br />

Segno assoluto. Cioè perfettamente sottratto<br />

all’arbitrio dell’artificio fabrile della pittura, ma non<br />

demateriato, non concentrato sul possibile zen che<br />

pure molti, e gran<strong>di</strong>, in quegli anni perseguono. Un


segno, per Aubertin, che sia intrinseco e frutto dello<br />

stesso processo fisiologicamente vitale della materia,<br />

in cui si ritrovi e si <strong>di</strong>ca la sua interna dynamis e il suo<br />

flusso ininterrotto <strong>di</strong> vita/morte.<br />

Per certi versi, è il segno originario, ritrovato<br />

antropologicamente nel momento primo d’identità tra<br />

il corpo agente dell’artista e le materie che gli fanno<br />

da complici nell’esperienza: e ra<strong>di</strong>ante, aperto allo<br />

spettro tutto dei possibili, a contenere il tutto pensabile<br />

e affettivo: dunque, un monema altissimo <strong>di</strong> senso.<br />

Nel clima allora montante, <strong>di</strong> ripresa della lezione<br />

dada, è anche segno anartistico, ovvero frutto<br />

della <strong>di</strong>ssoluzione della questione dell’artistico in<br />

una <strong>di</strong>mensione esistenziale e <strong>di</strong> pensiero più alta e<br />

complessa, implicante un valore irrelativo <strong>di</strong> opera,<br />

antinominalistico e anticonvenzionale: soprattutto<br />

totale, specchiante la soggettività tutta dell’in<strong>di</strong>viduo<br />

agente e la frequenza e ragione del suo rapporto con<br />

il mondo.<br />

In questo senso, Aubertin assume la combustione<br />

come fattore costruttivo, costitutivo dell’opera,<br />

estraneo alle pure pulsioni sovversive ed épatantes che<br />

pure - era inevitabile - agli inizi molti leggevano come<br />

imme<strong>di</strong>atamente evidenti.<br />

La combustione, e gli oggetti per convenzione tipici del<br />

generare <strong>fuoco</strong>, i fiammiferi. I quali sono a loro volta<br />

oggetti adespoti, privi in se stessi <strong>di</strong> identità e suggestione<br />

e storia, figli minori <strong>di</strong> una objecthood teoricamente<br />

non riscattabile nell’artistico e dall’artistico.<br />

(...) L’artista esplora e verifica, in sottoserie interne <strong>di</strong><br />

grande compattezza e coerenza, una sorta <strong>di</strong> ritualità<br />

straniata e rigorosa del formare, in cui la componente<br />

lu<strong>di</strong>ca stessa non è mera esibizione e suggestione, ma<br />

coscienza <strong>di</strong>stillata della ragione problematica del fare.<br />

I fiammiferi si pongono ortogonali alla superficie,<br />

secondo sagome geometriche elementari e chiuse,<br />

subito vivendo la contrad<strong>di</strong>zione della perfezione<br />

astratta attraverso l’apparenza <strong>di</strong>messa, desolata,<br />

irregolare, imperfetta, che la combustione conferisce<br />

loro.<br />

Oppure determinano, stesi orizzontalmente, sagome<br />

<strong>di</strong>verse, come campiture d’un <strong>di</strong>pingere ra<strong>di</strong>calmente<br />

sottratto a se stesso: che cadenzano il quadrato dato,<br />

lo compartiscono e lo ritmano, vere cellule grafiche<br />

d’un costruire che, nel costeggiare le logiche interne<br />

della geometria, non <strong>di</strong>smettono né fingono tuttavia<br />

altra identità e presenza che quella appropriata.<br />

Aubertin procede, così, per moduli e iterazioni,<br />

implicazioni d’esattezza e inneschi profon<strong>di</strong> d’alea,<br />

a esplorare un mondo <strong>di</strong> oggetti visivi che, nella<br />

piena corporeità <strong>di</strong> cui si fanno vessilli, sul piano<br />

dell’esperienza estetica che attivano agiscono su piani<br />

<strong>di</strong>versi, schiudendo misure intellettuali ed espressive<br />

ulteriori. (...)<br />

115


116<br />

Piano brûlé , 2010


1962 Klagenfurt (Austria), Galerie Wulfengasse 14<br />

1964 Parigi, Galerie Weiller<br />

1967 Parigi, Galerie Weiller<br />

Essen (Germania), Galerie M.E. Thelen<br />

1968 Parigi, Galerie Riquelme<br />

Parigi, Maison des Quatre Vents<br />

Francoforte, Kleine Galerie<br />

1969 Stoccarda, Galerie Senatore<br />

1971 Francoforte, Galerie Ursula Richter<br />

1972 Parigi, Centre National d’Art Contemporain<br />

1973 Les Sables d’Olonnes (Francia), Musée de l’Abbaye Sainte-Croix<br />

Grenchen (Svizzera), Galerie Toni Brechbuhl<br />

Bludenz, Nüziders (Austria), Galerie Seebacher<br />

1974 Stoccarda, Galerie 2<br />

Brescia, Stu<strong>di</strong>o Brescia<br />

Brescia, Galleria Banco<br />

Palazzolo sull’Oglio (Brescia), Stu<strong>di</strong>o F 22<br />

Firenze, Stu<strong>di</strong>o Firenze<br />

Bergamo, Galleria Dei Mille<br />

Salo’, Galleria Salo’<br />

Salerno, Galleria Delta<br />

1975 Brescia, Stu<strong>di</strong>o Brescia<br />

Venezia, Galleria Il Canale<br />

Torino, Galleria Il Punto<br />

1977 Firenze, Galleria Rebus<br />

1978 Abano Terme, Palazzetto dello sport<br />

Düsseldorf, Galerie 44<br />

1979 Parigi, Galerie Weiller<br />

1983 Parigi, Galerie J&J, Donguy<br />

Grenchen (Svizzera), Galerie Toni Brechbuhl<br />

1986 Parigi, Galerie Charley Chevalier<br />

MOSTRE PERSONALI<br />

117


118<br />

1987 Stoccarda, Galerie Beatrix Wilhelm<br />

1988 Parigi, Galerie Gilbert Brownstone & Cie,<br />

Reutlingen, (Germania), Stiftung Für Konkrete Kunst - “Trous de clou”<br />

1989 Düsseldorf, Galerie Schoeller<br />

Caracas (Venezuela), Galeria Oscar Ascanio<br />

1990 Parigi, Galerie Gilbert Brownstone & Cie<br />

Milano, Galleria Vinciana<br />

Parigi, Galerie Jousse Seguin<br />

1991 Stoccarda, Kunsthaus Schaller<br />

Verona, Domus Jani<br />

Kaiserslautern (Germania), Galerie Wack<br />

Monaco, Galerie Von Braunbehrens<br />

1993 Parigi, Galerie Jousse Seguin,<br />

Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst<br />

“Aubertin Bernard. Le Rouge. Retrospective”<br />

1994 Monaco, Galerie Gudrun Spielvogel<br />

Mouans-Sartoux (Francia), Espace de l’Art Concret “Le feu de la couleur.<br />

Hommage à Bernard Aubertin accompagné de ses amis du Mouvement Zéro”<br />

1995 Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst<br />

“100 x Aubertin Konsequenzen einer ausstellung”<br />

1996 Parigi, Institut Français De Cologne<br />

Düsseldorf, Galerie Schoeller<br />

Amsterdam, Galerie A<br />

1997 Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst<br />

“Bernard Aubertin Dokumentarisch”<br />

Koblenz (Germania), Ludwig Museum im Deutschherrenhaus<br />

“Bernard Aubertin. Le feu et le rouge”<br />

1998 Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst<br />

“L’ancien et le nouveau rouge. Bernard Aubertin”<br />

Francoforte, Galerie Durhammer<br />

1999 Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst<br />

“Tout rouge Bernard Aubertin. Zum 65. Geburtstag”<br />

2000 Kaiserslautern (Germania), Galerie Wack<br />

Colonia, Galerie Benden & Klimczak


2001 Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst - “Aubertin Actuel”<br />

Stoccolma, Galerie Konstruktiv Tendens<br />

Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst - “Austellung Raumformat “<br />

Brescia, Associazione Culturale Area - “Biancorosso - il Rosso”<br />

Saumur (Francia), Centre D’art Contemporain Bouvet Ladubay - “10 Ans”<br />

Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst<br />

“Ausstellung en gros & en detail. Werke von A bis Z”<br />

2002 Düsseldorf, Galerie Scholler<br />

Brescia, Galleria Cidacarte - “Bernard Aubertin. Opere”<br />

2003 Parigi, Galerie Arlette Gimaray - “Bernard Aubertin. Picard de Gennes”<br />

2004 Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst - “Bernard Aubertin. Blanc libre”<br />

2005 Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst<br />

“Aubertin. Le voyage à Rome/Die Reise nach Rom”<br />

2006 Brescia, Galleria Cidacarte - “Bernard Aubertin. Le rouge total”<br />

Parigi, Galerie Jean Brolly - “Bernard Aubertin. Peintures monochromes”<br />

Düsseldorf, Museum Kunst Palast<br />

Saint-Etienne (Francia), Musée d’Art Moderne<br />

2007 Kaiserslautern (Germania), Galleria Wack<br />

Pietrasanta, Galleria Proposte d’Arte Contemporanea - “Dessin de feu”<br />

Treviso, XXVI E<strong>di</strong>zione Asolo Art Film Festival - “Le rouge et le feu”<br />

Verona, Artantide - “Energia Rosso Fuoco”<br />

2008 Milano, Galleria d’Arte <strong>Rosenberg</strong><br />

2009 Den Haag (Olanda), Galerie De Rijk<br />

Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst<br />

“75 X Aubertin. Werke 1958-2008. Retrospective”<br />

2010 Parigi, Galerie Arlette Gimaray - “Bernard Aubertin. Pleins feux”<br />

Parigi, Galleria Brolly - “Dipinti e Luce Monocromatica”<br />

Milano, Galleria d’Arte <strong>Rosenberg</strong> - “Il Fuoco e il Rosso”<br />

Milano, Galleria d’Arte <strong>Rosenberg</strong> - “Bernard Aubertin. Sensorialità e trascendenza”<br />

Chiari, Galleria L’incontro <strong>di</strong> colossi E. - “Rosso Assoluto”<br />

Verona, Artantide - “Livres d’art brùlées”<br />

Santa Teresa <strong>di</strong> Gallura, Porto - “Poesia Azione e Parole”<br />

Brescia, Fondazione Berardelli - “Piano et Violon brùlées”<br />

Arezzo, Palazzo Ducale - “Sacrifice”<br />

Milano, Ippodromo <strong>di</strong> San Siro<br />

119


MOSTRE COLLETTIVE<br />

120<br />

1960 Parigi, Galerie Le soleil dans le tête - “Propositions pour un jar<strong>di</strong>n n° 1”<br />

Caen, Galerie d’exposition de l’Universite de Caen - “Aspects de l’art Contemporain”<br />

1961 Francoforte, Galerie Dato - “Zero”<br />

Arnhem (Olanda), Galerie A - “Zero”<br />

Orsay (Francia) - “Propositions pour un jar<strong>di</strong>n n° 2”<br />

Düsseldorf, Galerie Schmela - “Zero-Exposition-Demonstration”<br />

Klagenfurt (Austria), Galerie Wulfengasse 14<br />

“Graphik aus Parigi (Nouvelle Ecole de Paris)”<br />

Den Haag, Galerie Orez - “Nieuwe tendenzen”<br />

1962 Berna, Galerie Schindler - “Zero”<br />

Amsterdam, Stedelijk Museum - “NUL=0 N. 1”<br />

Rotterdam, Galerie T’venster - “Anno ‘62”<br />

Parigi, Salon De Comparaisons<br />

Anversa (Belgio), Galerie Dorekens<br />

1963 Amsterdam, Galerie Amstel 47 - “Panorama de la nouvelle tendance”<br />

Berlino, Galerie Diogenes - “Zero-Der neue idealismus”<br />

Francoforte, Galerie D - “Europaische avantgarde”<br />

1964 Rotterdam, Galerie Delta - “Mirko Zero/Nul”<br />

Velp (Olanda), Jugendfestival - “Mirko Zero/Nul”<br />

Amsterdam, Galerie Amstel 47 - “Mirko Zero/Nul”<br />

Parigi, Galerie Weiller - “Ardoises, papiers clous”<br />

1965 Milano, Atelier De Fontana - “Zero Avantgarde”<br />

Venezia, Galleria Del Cavallino - “Zero Avantgarde”<br />

Torino, Galleria Il Punto - “Zero Avantgarde”<br />

Berna, Galerie Actuel - “Zero”<br />

Arnhem (Olanda), Galerie 20<br />

Amsterdam, Galerie Bij Et Galerie Orez - “Nouveau style”<br />

Céret (Francia), Musee de Céret - “Aspects de l’Art Contemporain”<br />

1966 Roma, Galleria Il Segno<br />

Brescia, Galleria Associazione Zen - “Zero Avantgarde 1966”<br />

Klagenfurt (Austria), Galerie Hildebrand - “Konfrontation 66”<br />

Soletta (Svizzera), Galerie Bernhard<br />

Rotterdam, Galerie T’venster - “Licht en beweging”<br />

Den Haag (Olanda), Galerie Al Veka - “Licht en beweging”<br />

Eindhoven (Olanda) - “Licht en beweging”<br />

Den Haag (Olanda), Galerie Orez - “Zero op zee”<br />

Grenoble (Francia), Musee de Grenoble (Francia) - “Climat ‘66”<br />

Le Havre (Francia), Maison de la Culture du Havre - “Service de pret,exposition”<br />

Parigi, Salon Comparaisons<br />

Velp (Olanda), Gelders Kunstcentrum Epok - “Licht en beweging”


Berna, Galerie Actuel - “Sommeraustellung”<br />

Amsterdam, Galerie Bezige Bij - “Mikro-zero”<br />

1967 Monaco, Galerie Heseler - “Aspekte 1”<br />

Klagenfurt (Austria), Galerie Hildebrand<br />

Londra - Destruction In Art Symposium<br />

New York - Luminism<br />

Parigi, Salon Comparaisons<br />

Parigi, Marche expérimental d’Art<br />

Fiumalbo (Modena) -“Parole sui muri”<br />

1968 Parigi, Maison des quadre vents - “Constructivisme et mouvement”<br />

Grenoble, Maison de la Culture de Grenoble - “Cinetisme, Spectacle, Environnement”<br />

Saint Paul de Vence (Francia), Fondation Maeght - “L’art vivant, 1965/68”<br />

Amburgo, Kunsthalle - “Public eye”<br />

1969 Stoccarda, Staarsgalerie - “Objekte und bildreliefs”<br />

Francoforte, Galerie Ursula Lichter - “Dynamozero 1959/69”<br />

Parigi, Salon des réalités nouvelles<br />

Arras (Francia), Espace-Animation, Cercle Noroit<br />

Innsbruck, Tiroler Kunstpavillon - “Hommage an das schweigen”<br />

Stoccarda, Galerie in Hause Behr - “Multiples”<br />

Avignone (Francia), Palais des Papes - “L’oeil ecoute”<br />

Stoccolma, Galerie Scan<strong>di</strong>navia<br />

1970 Parigi, Galerie Weller<br />

Francoforte, Galerie Ursula Lichter - “Tewndenzen-aspekte”<br />

Zurigo, Kunsthaus Zurich - “Peau de lion”<br />

Essen (Germania), Galerie M.E. Thelen<br />

Krefeld (Germania), Galerie Denise Rene-Hans Mayer - “Zero”<br />

1971 Heidelberg (Germania), Heidelberger Kunstverein<br />

“Sammlung cremer,kunst der 60 er jahre”<br />

Stoccarda, Galerie Muller - “Konstraste”<br />

1972 Berlino, Modern Art Galerie - “Das neue programm”<br />

Monaco, Galerie Hesele - “Otto piene. Lichballett und kunstler del Gruppo Zero”.<br />

Parigi, Grand Palais - “12 ans d’art contemporain en Francia”.<br />

Parigi, Galerie Weiller - “3 peintres opèrationnels marrons”<br />

1973 Stoccarda, Staatsgalerie - “Austellung sammlung Siegfried cremer”<br />

Tubingen (Germania), Kunsthalle<br />

“Sammlung cremer europaische avantgarde 1950 bis 1970”<br />

1974 Francoforte, Stadtische galerie im stadelschen kunstinstitut<br />

“Beispiele aus der Sammlung Lenz Kronberg”<br />

121


122<br />

1976 Olten (Svizzera), Kunstmuseum - “Mèfiez-vous de l’art!” (Collection Helmut Dudè)<br />

Bonn, Kunstmuseum - “Kunst der 60er und 70er jahren aus bonner privatbesitz”<br />

1977 Kassel (Germania) - “Documenta 6”<br />

1978 Zurigo, Kunsthaus - “Le Musee en tiroirs d’Herbert Distel”<br />

1979 Zurigo, Kunsthaus<br />

“Zero. Bildvorstellungen einer europainschen avantgarde 1958-1964”<br />

Anversa (Belgio), Koninklijk Museum voor schone kunsten<br />

“Zero international Antwerpen”<br />

1980 Monaco, E<strong>di</strong>tion-E Galerie - “Rot ist schön”<br />

Klagenfurt (Austria), Kärntner Landesgalerie - “Sammlung Hildebraind”<br />

1983 Parigi, Galerie au fond de la cour - “L’objet de feu”<br />

1984 Mönchengladbach (Germania), Galerie Löhrl - “Zero”<br />

1985 Salisburgo, Salzbunger Museum Carolino Augusteum<br />

“Eine europaische Bewegung Bilder un Objekte aus der Sammlung Lenz Schonberg”<br />

Parigi, Galerie Wieller - “La peinture poussee a bout”<br />

1986 Stoccarda, Galerie Beatrix Wilhelm - “1 + 1 = 3 Anton Stankowski und seine freunde”<br />

Digione, F.R.A.C. Bourgogne - “Acquisition 1984-1985”<br />

Digione, F.R.A.C. Bourgogne - “Premiere presentation d’un choix d’oeuvres”<br />

Digione, F.R.A.C. Bourgogne - “Deuxieme presentation d’un choix d’oeuvres”<br />

1987 Digione, F.R.A.C. De Bourgogne - “Le Carré”<br />

Parigi, Galerie J & J Donguy - “Retrospective de la revue : ou”<br />

Parigi, Chapelle Saint-Louis de la Salpetrière - “Ephémérite”<br />

1988 Monaco, Städtische Galerie im Lenbachhaus<br />

“Zero, vision und bewegung, werke aus der Sammlung Lenz Schönberg”<br />

Reutlingen (Germania), Inauguration de la Stiftung Fur Konkrete Kunst<br />

“Ordnung im chaos”<br />

Zurigo, Stiftung für konstruktive und konkrete Kunst<br />

“Sammlung subil albers. Minimalistesche tendenzen”<br />

Düsseldorf, Galerie Schoeller - “Gruppe Zero”<br />

Parigi, Centre Georges Pompidou - “Les années 50”<br />

Lione, Musée Saint-Pierre d’Art Contemporain<br />

“La couler seule, l’experience du monochrome”<br />

Parigi, Fondation Nationale des Arts Graphiques et Plastiques (F.N.A.C.)<br />

“Acquisitions 1988”<br />

Madrid, Fondación Juan March<br />

“Zero,un movimento europeo” collecciòn Lenz Schönberg.<br />

1989 Parigi, Galerie Gilbert Brownstone & Cie - “Forme set Couleurs”<br />

Reutlingen, (Germania), Stiftung für konkrete Kunst - “Das ende der komposition”<br />

Reutlingen, (Germania), Stiftung für konkrete Kunst<br />

“Aus der Sammlung Sybil Albers-Barrier Zurich”<br />

1990 Düren (Germania), Leopold-Hoesch Museum Terza Biennale Internazionale<br />

Der Papierkunst


1990 Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst<br />

“Linie farbe fläche (Werke aus der sammlung wandel)”<br />

Mouans-Sartoux (Francia), Chateau de Mouans-Sartoux - inaugurazione de<br />

l’Espace de l’Art Concret<br />

1991 Parigi, Galerie 1990-2000<br />

“Diversité contemporaine en Europe. Non peinture e sculpture”<br />

Mouans-Sartoux (Francia), Espace de l’Art Concret, Chateau de Mouans-Sartoux<br />

“Voir et s’asseoir. Œuvres de la collection Sybil Albers-Barrier”<br />

Vienna, Museum des 20 Jahrhunderts<br />

“Bildlicht. Malerei zwischen Material und Immaterialität”<br />

Stoccarda, Handelsbank Stuttgard eg Volksbank - “Zero”<br />

Dortmund, Museum am Ostwall - “Sammlung Cremer 1”<br />

Innsbruck, Tiroler Landesmuseum Fer<strong>di</strong>nandeum<br />

“...Die Kunst von innen bittend...(Sammlung Lenz Schönberg)”<br />

Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst - “Eikon = Das Bild”<br />

Madrid, Theospacio, “Monocromo”<br />

1992 Parigi, Galerie Thorigny - “Mise à feu”<br />

Mouans-Sartoux (Francia), Espace de l’Art Concret, Chateau de Mouans-Sartoux<br />

“Le Regard libéré”<br />

Gladbach (Germania), Villa Zanders - “Only Paper?”<br />

Parigi, Galerie Gilbert Brownstone & Cie - “Simply Red”<br />

Saumur (Francia), Galerie d’Art Contemporain Bouvet-Ladubay Art Concept<br />

Mouans-Sartoux (Francia), Espace de l’Art Concret, Chateau de Mouans-Sartoux<br />

“Face à face (Icônes russes des XVIe, XVIIe et XVIIIe siècles)”<br />

1993 Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst - “De Rechte lijn-<strong>di</strong>e Gerade Linie”<br />

Mouans-Sartoux (Francia), Espace de l’Art Concret, Chateau de Mouans-Sartoux<br />

“L’Esprit Dada ou la fin de la composition. Hommage à Marcelle Cahn”<br />

1994 Digione, Hôtel Bounier De Savigny<br />

Düsseldorf, Galerie Schoeller - “Jubiläumsausstellung”<br />

Mouans-Sartoux (Francia), Espace de l’Art Concret, Chateau de Mouans-Sartoux<br />

“Vue de collectionneur. Werke der Sammlung Sybil Albers-Barrier”<br />

1995 Mouans-Sartoux (Francia), Espace de l’Art Concret, Chateau de Mouans-Sartoux<br />

“L’art concret aujour’hui”<br />

1996 Reutlingen (Germania)- Stiftung für konkrete Kunst<br />

“Die konkrete Zeit. Gegenstände eines Jahrhunderts”<br />

Monaco, Galerie Gudrun Spielvogel - “5 Jahre Jubiläumsasstellung der Galerie”<br />

Sankt Ingbert (Germania), Albert Weisgerber Stiftung Museum St. Ingbert<br />

“Konkret Konstruktiv. Aus Saarlän<strong>di</strong>schen Privatsammlungen”<br />

1997 Kaiserslautern (Germania), Galerie Wack - “Zeichnungen”<br />

Heidenheim (Germania), Kunstmuseum<br />

“Only paper?” Papier als künstlerisches Me<strong>di</strong>um”<br />

Esslingen Am Neckar (Germania), Villa Merkel - “Zero und Paris 1960”<br />

1998 Nizza, Musée d’Art Moderne et Contemporain de Nice - “Zero et Paris 1960”<br />

Mouans-Sartoux (Francia), Espace de l’Art Concret, Chateau de Mouans-Sartoux<br />

“Pour nous irriter l’esprit-le corps”<br />

Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst - “Stiftung-ganz konkret 1988-1998”<br />

Mouans-Sartoux (Francia), Espace de l’Art Concret, Chateau de Mouans-Sartoux<br />

123


124<br />

“Le droit de rêver”<br />

Rottenburg Am Neckar (Germania), Kulturverein Zehntscheuer - “Objekt buch”<br />

1999 Nizza, Galerie de la Marine - “Le Feu aux poudres”<br />

Koblenz (Germania), Ludwig Museum im Deutschherrenhaus<br />

“Deutschland - Frankreich <strong>di</strong>alogue der Kunst in XX. Jahrhundert”<br />

Mouans-Sartoux (Francia), Espace de l’Art Concret, Chateau de Mouans-Sartoux<br />

“La nature imite l’Art”<br />

2000 Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst<br />

“Austellung einfach Weiß. Austellung einfach Schwarz”<br />

Mouans-Sartoux (Francia), Espace de l’Art Concret, Chateau de Mouans-Sartoux<br />

“Art Concret”<br />

Reutlingen (Germania), Kreissparkasse<br />

“30 jahre kunst-beispiele aus der sammlung der kreissparkasse”<br />

Digione, Musée des Beaux-Arts<br />

“Bricolages? Oeuvres de la collection du frac de Bourgogne”<br />

Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst - “Raumformat”<br />

2001 Saumur (Francia), Centre d’Art Contemporain Bouvet Ladubay - “10 ans”<br />

Brescia, Associazione Culturale Area - “Biancorosso il rosso”<br />

Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst<br />

“En gros et en détail. Werke von A bis Z”<br />

2002 Weizelsdofr/Rosental (Austria), Galerie Ju<strong>di</strong>th Walker, Schloss Ebenau<br />

“Hans Bischoffshausen und sein umfeld”<br />

2003 Palm Beach, The Norton Museum Of Art<br />

“The Brownstone Collection. Minimal to the max”<br />

La Baule (Francia), Chapelle Saint-Anne, Espace Cultural De La Baule - “Couleur visions”<br />

Düsseldorf, Galerie Schoeller - “Ein Rückblick als stiftung”<br />

New York , Hunter College, Times Square Gallery,<br />

“Seeing red, part 2: Contemporary Nonobjetive Painting”<br />

Kaiserslautern (Germania), Galerie Wack<br />

“Collègues à Paris: Aubertin, Breuer, Cruz-Diez, Erb, Nemours”<br />

Reutlingen (Germania), Kreissparkasse Reutlingen<br />

“Einblicke in <strong>di</strong>e Kunstsammlung des Landkreises Reutlingen”<br />

2004 Mouans-Sartoux (Francia), Espace de l’Art Concret, Chateau de Mouans-Sartoux<br />

Inauguration de la donnation Albers-Honegger<br />

Dürer (Germania), Leopold-Hoesch-Museum<br />

“Stets konkret. Die Hubetus Schoeller Stiftung”<br />

2005 Bonn, Verband deutscher Papierfabriken<br />

“Die Hubertus Schoeller Stiftung…stets konkret”<br />

Waldenbuch (Germania), Museum Ritter - “Die Sammlung Marli Hoppe-Ritter”<br />

Mouans-Sartoux (Francia), Espace de l’Art Concret, Chateau de Mouans-Sartoux<br />

“Autor de groupe Zero. Hier et aujourd’hui. Une œuvre majeure du travail de Bernard<br />

Aubertin: performance ”<br />

2006 Kaiserslautern (Germania), Galerie Wack<br />

“Künstler der Zero-Bewegung : Aubertin, Bartels, Castellani, Dorazio, Erb, Goepfert,<br />

Leblanc, Luther, Mack, Megert, Uecker, Simeti”


Düsseldorf, Museum Kunst Palast kulturzentrum Ehrenhof<br />

“Austellung Zero. Internationale Kunstler Avant-garde der 50cr/60er Jahre”<br />

Düsseldorf, Galerie Lausberg<br />

“Stets Konkret…in Zusammenarbeit mit Hubertus Schoeller”<br />

Salisburgo, Museum Der Moderne - “Zero. Kunstler einer europaischen Bewengung.<br />

Sammlung Lenz Schonberg 1956- 2006”<br />

Saint-Étienne (Francia), Musée d’Art Moderne<br />

“Zero avant-garde internationale des années 1950-1960”<br />

2007 Den Haag, Galerie Kunsthandel De Rijk - “10 Jaar”<br />

Waldenbuch (Germania), Museum Ritter<br />

“Bilder Tausch 2. Neupräsentation der sammlung Marli Hoppe Ritter”<br />

Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst -“Der zweite blick”<br />

Brest (Francia), Galerie Stella & Vega - “Papier d’artistes”<br />

Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst<br />

“Ähnlichketein. Hommage à Fortuny”<br />

2008 Digione, Cave<br />

“Dimensions variables. Présentation d’oeuvres de la collection du Frac Bourgogne”<br />

Rosental (Austria), Galerie Ju<strong>di</strong>th Walker, Schloss Ebenau<br />

“Monochromie-reflexions-variotion-reduktion”<br />

Mouans-Sartoux (Francia), Espace de l’Art Concret, Chateau de Mouans-Sartoux<br />

“Le jar<strong>di</strong>n de la géométrie”<br />

2009 Rosental (Austria), Galerie Ju<strong>di</strong>th Walker, Schloss Ebenau- “ Überschneidungen II”<br />

Rennes (Francia), Galeries du Cloître, Ecole De Beaux Arts De Rennes<br />

“Carte blanche à la Galerie Jean Brolly”<br />

Den Haag (Olanda), Galerie Kunsthandel De Rijk - “Zwart Wit”<br />

Reutlingen (Germania), Stiftung für konkrete Kunst - “Das quadrat”<br />

Marcigny (Francia), Centre d’Art Contemporain Frank Popper<br />

“Ouvres optiques et lumino-cinétiques”<br />

Salisburgo, Galerie Ju<strong>di</strong>th Walker - “Echoes Bernard Aubertin, Heinz Mack,<br />

Hans Bischoffshausen, Bruno Gironcoli, Meina Schellander, Hanns Kunitzberger,<br />

Karl Prantl, Reimo Wukounig, Tone Fink, Markus Prachensky”<br />

Hameau Du Lac (Francia), L.A.C. Lieu d’Art Contemporain - “Regard d’artiste”<br />

125


Prefazione<br />

Massimo Buscemi<br />

Prefazione<br />

Fabio Passera, Andrea Maccario<br />

Bernard Aubertin<br />

<strong>territori</strong> <strong>di</strong> <strong>fuoco</strong><br />

Clau<strong>di</strong>o Rizzi<br />

Opere<br />

Biografia<br />

Antologia Critica<br />

Mostre Personali<br />

Mostre Collettive<br />

Sommario<br />

6<br />

7<br />

9<br />

25<br />

109<br />

110<br />

117<br />

120


Finito <strong>di</strong> stampare<br />

nel mese <strong>di</strong> maggio 2011<br />

da Publi Paolini - Mantova

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