BERNARD AUBERTIN territori di fuoco - Rosenberg
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artistico: determinare un segno <strong>di</strong> annullamento e rifondare un nuovo<br />
costrutto.<br />
All’artista competono l’idea e la prima parte dell’operazione; all’osservatore,<br />
nella libertà <strong>di</strong> interpretazione e nello spazio <strong>di</strong> evocazione, spetta formulare<br />
presente e futuro.<br />
I fiammiferi semplificano il significato poiché luogo comune nell’identificazione<br />
del <strong>fuoco</strong>. Ma posti in sequenza, l’uno dopo l’altro, ravvicinati come una<br />
folla, <strong>di</strong>vengono simbolo <strong>di</strong> umanità. Allora, in quelle moltitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> steli<br />
annerite, potremmo riconoscere la nostra storia e la scrittura del passato.<br />
Anche i nostri giorni, i nostri anni si bruciano nella consumazione del tempo<br />
e i fiammiferi non finiscono mai perché in ogni istante se ne estingue uno.<br />
Il presente trascorre imme<strong>di</strong>ato e persino il futuro, che appare sempre<br />
lontano, improvviso si tuffa alle spalle.<br />
Il tempo, più del <strong>fuoco</strong>, è ineluttabile.<br />
La retorica del moralismo genera miopi preconcetti: da un lato parla <strong>di</strong><br />
ardore alludendo a valori positivi, d’altro canto ad<strong>di</strong>ta una vita bruciata<br />
sottintendendo giu<strong>di</strong>zio negativo.<br />
É vero che l’ar<strong>di</strong>mento corrisponde a focose passioni ma non è altrettanto<br />
adeguato che la “ vita bruciata” appartenga solo a chi abbia gettato alle<br />
ortiche i comuni valori sociali. Ogni vita si consuma nell’ardere lento della<br />
linea dei giorni.<br />
In realtà, mentre tutto scorre tra le nostre mani, tutto si consuma come<br />
lenta erosione.<br />
Il <strong>fuoco</strong> è elemento fondamentale nella storia dell’uomo, ha suffragio<br />
mitologico e <strong>di</strong>viene simbolo <strong>di</strong> vita, <strong>di</strong> morte e <strong>di</strong> catarsi.<br />
I fiammiferi, allineati nelle sequenze allusive <strong>di</strong> infinito, sono emblemi delle<br />
nostre esistenze, si ergono impassibili a sinonimo <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zione comune.<br />
Nell’assolutezza del silenzio <strong>di</strong>chiarano l’obbligatorietà del destino.<br />
Come simulacri, come <strong>di</strong>vinità antiche, sono memento <strong>di</strong> felicità che potrà<br />
transitare e arridere ma comunque si consumerà.<br />
La ritualità del gesto, la ripetitività dell’azione, nella precisione del modo e<br />
nel ritmo della misura, ripercorrono la normalità del quoti<strong>di</strong>ano.<br />
I chio<strong>di</strong> <strong>di</strong> Aubertin sono uguali, gli uni agli altri, immersi nel monocromo,