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180Meraviglie n. 45

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180M e rav

i

gl

dell’Associazione 180amici Puglia

e del gruppo studio e ricerca “Marco Cavallo” di Latiano (BR)

i

e

n. 45

LUGLIO 2023

Periodico informativo-culturale sulla Salute Mentale. Dir. resp. Maurizio Distante. Aut. Trib. di Brindisi n. 537/15 del 28/04/2015

PERIODICO IDEATO E REALIZZATO DAL CENTRO SPERIMENTALE PUBBLICO MARCO CAVALLO DI LATIANO (BRINDISI)

1

Disegno di Vincenzo Malorgio


INDICE

Editoriale

• Rinunciare alla fuga - Serena Corrao pag. 3

Un grande che rimarrà nei nostri cuori

• Caro Franco... - Carlo Minervini pag. 6

• Quale Psichiatria? - Franco Rotelli pag. 7

• Da "Quale Psichiatria?": La rosa che (ancora) non c'è - Franco Rotelli pag. 7

• Umanità e ferocia critica. Franco Rotelli e le lotte di due generazioni - Daniele Piccione pag. 9,10

Dalle altre testate e dal web

• I Nuovi Manicomi - Benedetto Saraceno pag. 11

• A 45 anni dalla Legge Basaglia: liberarsi ancora dal Manicomio - Maria Grazia Giannichedda pag. 13

• Restare terapeuti. Anche di fronte al male - Francesco Colizzi pag. 14

Hanno detto di noi

• Latiano, per il Centro «Marco Cavallo» ora tocca alla Regione - Nichi Vendola pag. 16

• Latiano, Centro Diurno «Marco Cavallo»: strappata proroga di 3 mesi - Antonio Macchia pag. 17

L'attuale sorte del Marco Cavallo...

• Alla Presidenza della Regione Puglia, mobilitati per la Salute Mentale e per il Centro Marco Cavallo

- Paolo Minervini pag. 18

• Centro di Salute Mentale a rischio chiusura, sit in dinanzi alla Regione pag. 19

• Salute Mentale di Comunità allo sbando, esplode la rabbia di operatori e famiglie pag. 19

• «Marco Cavallo» Convenzione non rinnovata: operatori e pazienti per strada - Marina Poci pag. 20

Formazione

• Formazione EX-IN (Terzo Modulo) Esperienza e Partecipazione - Cosimo Venerito pag. 25

• Formazione EX-IN (Quarto Modulo) Recovery - Cosimo Venerito pag. 26

• Formazione EX-IN (Quinto Modulo) Il Triaologo - Cosimo Venerito pag. 27

• Formazione EX-IN (Sesto Modulo) Esplorazione di sé - Cosimo Venerito pag. 28

• 3° Convegno Nazionale Rete ESP Nazionale: verso una Associazione professionale pag. 28

Laboratori

• Note di Primavera - Rosario Diviggiano pag. 30

Progetti

• Progetto "AugelluzziBeneComune (ABC) 2.0: i custodi della bellezza" pag. 31

• Progetto "Il calore della natura: visioni di inclusione civilMente possibili" pag. 32

Le nostre uscite culturali

• Una Brindisi diversa - Matilde Carrozzo pag. 33

• Uscita a Taranto pag. 34

Aquolina in bocca

• Orecchiette alla Mediterranea - Fabio Almento pag. 35

Questo è il periodico del Centro Sperimentale di Ricerca e Studio per

la Salute Mentale di Comunità “Marco Cavallo” e dell’Associazione

180amici Puglia.

Un centro del servizio Pubblico (Unità Operativa di Salute Mentale

Mesagne/San Pancrazio - A.S.L. BR) cogestito con l’Associazione.

Un impegno collettivo per la costruzione di un percorso di salute mentale

di comunità e, nel contempo, un tragitto che porta a riconquistare i

diritti di cittadinanza e renderli realmente esigibili per tutti.

Nel periodico riportiamo le esperienze di tutti i protagonisti organizzate

e vissute all’interno e all’esterno del Centro.

Il periodico è ora iscritto al Tribunale di Brindisi, così da poter

e non solo e si avvale della collaborazione del giornalista Maurizio

Distante che ha accettato la nostra richiesta nell’essere direttore

responsabile del nostro periodico 180 Meraviglie.

Comitato di Redazione

Serena d'Angela

Augusta Caforio

Cosimo Venerito

Gennaro Dinota

Vincenzo Malorgio

Riccardo Ierna

Maddalena Guida

Carlo Minervini

e

con la partecipazione di tutti coloro

che hanno qualcosa da dire

2


Editoriale

RINUNCIARE ALLA FUGA

di Serena Corrao

(conduttrice del laboratorio di Scrittura Creativa nel biennio 2008-09)

C'era una volta Alice, che di tanto in tanto fuggiva dal reparto psichiatrico, co-

racconto dell'avventura del Centro Marco Cavallo - che allora avviava i suoi primi

passi - consegnata a un "giornalino" di cui ricorre la sua quarantacinquesima uscita.

I passi del Marco Cavallo, però, volevano andare in una direzione contraria a quella

di Alice. E sì, perché narrare e narrarsi è rinunciare alla fuga, è sostare preziosamente

nella propria condizione, per chiarirla a noi stessi, esplorarla, abbracciarla e,

da questo 'interno', trovare le chiavi per uscire ‘sanamente’, come soggetti capaci

progetto. Insomma: una corsa senza ali. Al contrario, decidere di restare, comprendere,

narrare il proprio mondo, trovando parole che esprimono contenuti dolorosi,

a volte indicibili, consente di costruire aquiloni e deltaplani per andare lontano,

insieme. 45 numeri per costruire parole, un senso e un viaggio, dunque. 45 'pam-

lontana, visionaria legge n. 180 del 1978, ma che socialmente e politicamente deve

ancora essere incarnata nelle persone e nelle istituzioni. Noi, attori di un passaggio

da pazienti nel ‘regime psichiatrico’ a soggetti della salute mentale di comunità.

Noi protagonisti della nostra storia, quella che guarda a “una guarigione sempre

43 di questo giornalino, ricordano gli anni di formazione accanto a Basaglia, in cui

assorbiva la vision di una “strada senza dissociazioni”… Noi manovratori dello

scambio tra il binario che scandaglia ossessivamente la patogenesi, e il binario che

immagina le possibili, multiformi pratiche della “salutogenesi”. Noi, insomma,

generatori di salute. Ma come si genera la salute? Esprimendo con autenticità e

coraggio le emozioni che scorrono dentro, creando una cultura della comunicazione-nella-relazione,

costruendo comunità (dalla dualità, ai piccoli gruppi, alle

grandi collettività) in cui tutti si guardano reciprocamente come soggetti paritetici

e hanno cura del legame; in cui ognuno riconosce, dunque, “se’ come l’altro” (P.

Ricoeur) e si sente parte di un "noi" più grande, un organismo solidale che pulsa

sorse,

pescando a piene mani dalla cultura della non-violenza, con i suoi stringenti

3


requisiti. Eccoli i dettami virtuosi e fecondi della comunicazione non-violenta,

necessari per generare svolte inedite nelle relazioni e, quindi, salute individuale e

collettiva:

- non mi pongo come vittima: il vittimismo scoraggia il dialogo e fa serrare il 'nemico'

nelle sue difese;

- non molesto il nemico, comunicando apparente amicizia, mentre “sotto” insinuo:

“guarda cosa mi hai fatto!” e implicitamente lo accuso e condanno;

gerò

personalmente la meta, ma lascerò un compito aperto per chi verrà dopo di

me, nella consapevolezza che i cambiamenti culturali richiedono il lungo tempo

della maturazione collettiva. 45 numeri del periodico per costruire e raccontare

tutto questo… 45 atti d'amore, quelli con i quali si è deciso di uscire dal silenzio e

seminare, realizzando che quello che doniamo, anche in parole, fa bene a noi come

agli altri. Per fuggire, come Alice, occorre solo astuzia. Per liberarsi realmente e

profondamente occorre creatività e il suo esercizio paziente e costante: stare, sentire,

trasformare le strade abitudinarie in scelte e direzioni inedite... scendere nel

annientati - e risalire con il nostro tesoro, per poi ricominciare: scendere e risalire

alla luce, possiamo spiccare il volo con un grande paio d'ali. Narrare l'avventura

del Marco Cavallo è narrare questo lavorìo paziente, tradotto in 45 numeri e migliaia

di parole in libertà. Marco Cavallo è un sogno, e non dimentichiamo che per

cercare di inseguirlo, siamo in volo già da un pezzo. Bravissimi!

Vecchia foto con noi che hanno i periodici in mano

4


un grande che rimarrà nei nostri cuori

5


CARO FRANCO...

di Carlo Minervini

mancherai davvero, e tanto, a molti

di noi. Per quanto mi riguarda mi

hai sempre accolto amichevolmente

insieme a Roberto Mezzina, “venimmo

a vedere” (come si diceva

allora) l’esperienza di Trieste e co-

le altre e tutti gli altri dell’equipe del

Manicomio di San Giovanni che si

andava aprendo (ricordo in particolare

Domenico Casagrande che era

allora il vice di Basaglia, tu che eri

nonostante la tua giovanissima età

il loro braccio destro, ed i “giovani”

tra cui Peppe Dell’Acqua, Giovanna

Del Giudice, Maria Grazia Giannichedda,

Giovanna Gallio etc...).

Tra l’altro si era all’indomani dello

straordinario Reseau internazionale

svoltosi pochi giorni prima (a cui

con dolore mancammo perché impegnati

nell’esame/mattone di Anatomia

Patologica) e la sua eco era

ancora ben presente. Probabilmente

avevi intuito, con la tua straordinaria

sensibilità e capacità predittiva,

la nostra reale volontà di impegnarci

in questo mondo con tutti noi stessi.

La prima sera della nostra visita

partecipammo alla riunione/assemblea

giornaliera in Direzione, a cui

lo stesso Basaglia ci aveva invitati:

a noi sembrava impossibile, eravamo

imbarazzati e increduli, ma ci facemmo

coraggio ed entrammo nella

sala riunioni; poi cominciammo pian

piano a realizzare che per tutti voi,

che intanto riempivate i molti posti a

sedere, era normale che noi, semplici

studenti di medicina baresi e forse

aspiranti psichiatri, potessimo presenziare.

Tutti senza camice e senza

apparenti gerarchie, liberi di dire la

propria in libertà, i tavoli disposti in

modo da creare un cerchio attorno a

cui, alla pari, Basaglia e le/gli altre/i

discutevano animatamente di argomenti

e progetti per il prossimo fu-

esperienza già assurta all’attenzione

mondiale. La assemblea evidenziò

non solo condivisioni ma anche con-

Basaglia non solo sembrava tollerare

ma in qualche modo stimolava…; ed

in tutto questo nessuna/o sembrava

senza preoccuparsi dei due giovanissimi

“intrusi”. Esperienza per noi

indimenticabile ed altamente forma-

contro

e ci invitasti a voler rimanere

ancora un pò: con il senno del poi fu

in qualche modo una prima convocazione.

Seduto a cavalcioni su uno

dei tavoli, dopo alcune domande per

approfondire il motivo della nostra

venuta, volesti regalarci una lezione

magistrale, ma totalmente gratuita e

amicale, su cosa e come steste facendo

a Trieste e soprattutto sul rapporto

tra Potere e Psichiatria e su come

questo, di norma un ostacolo all’alleanza

terapeutica, si potesse invece

declinare positivamente utilizzando

appieno il ruolo di professionista

specialista, a condizione di imparare

a scioglierlo e a distribuirlo in

modo trasversale agli altri operatori

e agli stessi utenti e familiari. Lezione

che noi abbiamo interiorizzato e,

da allora in poi, abbiamo provato a

praticare. Negli anni successivi mi

sono rivolto a te molte volte durante

i numerosi ostacoli che ho dovu-

solo tre: il primo quando il 19 marzo

1982 occupammo il CSM di Gravina

per permettere ad un primo gruppo

di gravinesi, da anni ricoverati nel

Manicomio di Bisceglie, di rientrare

nel paese di origine: tu, anticipato da

6

una delegazione di “triestini” composta

da Peppe Dell’Acqua, Anna

Scoppio, Roberto Mezzina e Bruno

Norcio che vennero a darci solidarietà

e supporto, e da un telegramma

stare un paio di giorni con noi, condividendo

la nostra quotidianità di

“lotta”; il secondo quando ti chiesi

aiuto dopo che il 31 dicembre 1999

fui rimosso dall’incarico di Responsabile

del Centro di Salute Mentale

di Cisternino dopo un lungo periodo

di contrasti con l’allora Direttore

del Dsm: eri allora Direttore Generale

della Asl triestina e non esitasti

a metterci la faccia e a scrivere una

nota “forte” al tuo collega della ASL

di Brindisi in cui raccontavi il mio

impegno e le mie “imprese” dei 20

anni precedenti. Questa lettera fu per

me come una Laurea ad honorem e

comunque ebbe il suo peso, insieme

alla mobilitazione di utenti e familiari

e all’appoggio di molti colleghi

da tutta Italia, per il mio reintegro; il

terzo, ma non certo ultimo, quando

dal Sistema Psy, ti chiesi di venire

a lavorare ad Aversa (eravamo nel

2002): anche allora cogliesti subito il

mio bisogno e mi invitasti senza alcun

indugio nella tua dimora napoletana.

Mi accogliesti come un fratello

minore e mi dicesti che, se ero davvero

intenzionato a lavorare in quella

esperienza straordinaria in cui lui ed

altre/i dell’equipe triestina si stavano

impegnando per trasformare in una

situazione del Sud i servizi psichiatrici

in servizi di salute mentale comunitari

(sfatando il mito di quegli

anni che l’esperienza triestina non

fosse in alcun modo replicabile altrove),

potevo chiedere trasferimento

e tu lo avresti autorizzato (come

poi fu). Insomma una conoscenza ed

una condivisione che sono durati circa

45 anni e che fanno parte di me.

Ora sei nei nostri cuori. Cercheremo

di portare avanti le tue geniali intuizioni,

i tuoi continui stimoli ed i tuoi


è stato uno dei protagonisti della Riforma Psichiatrica Italiana, partendo dall’essere un seguace

dai primi mesi del 1998. Nello stesso anno divenne Direttore Generale dell'Azienda Sanitaria

di Trieste e lo fu per 10 anni.

risposta di Rotelli su “Quale Psichiatria?” (tra l’altro titolo del suo ultimo libro) e poi con lo

scritto “La rosa che (ancora) non c'è”.

QUALE PSICHIATRIA?

di Franco Rotelli

Il libro intitolato “Quale psichiatria?”, per sua risposta,

non ce n’è neanche una che ci stia bene. Ci sta bene

però, un’opera di grande ingegneria sociale, un’opera

di grande mobilizzazione di risorse, di energie, di

intelligenze, di professionalità e di relazionalità che

l’hanno mitizzato, se vogliamo ,appunto, parlare di

politiche e di pratiche di salute mentale e oggi, non

parlare di politiche e di pratiche di salute mentale è

allontanarci il più possibile dalla psichiatria. Questo,

purtroppo, si fa poco in giro per l’Italia, si regredisce

ai piccoli campi propri delle psichiatrie, ai recinti delle

psichiatrie e di sguardi assolutamente limitativi. Noi invece proponiamo di rompere questi sguardi limitativi,

proponiamo di avvicinarsi all’altro mobilizzando un campo di forze molto più ampie in questo avvicinamento.

Il manicomio era l’esempio più estremo della deprivazione dei rapporti, della deprivazione dei diritti, della

deprivazione dei rapporti, era la miseria istituzionalizzata dei rapporti, della vita quotidiana, la miseria degli

oggetti, la deprivazione. Noi dobbiamo fare il contrario, dobbiamo arricchire continuamente ciò che sta attorno

alla vita delle persone, impedirne l’impoverimento, combattere questo impoverimento che provoca lo

star male e ne è provocato e quindi ricreare tutti quei laboratori di senso, quei laboratori di vita, laboratori di

bellezza e, quelle risposte ai bisogni che possono aiutare davvero le persone a farcela a sopportare alcune cose

e a immaginare che è possibile anche avere dei disturbi, come si vuol dire, ma potersela cavare, poterci convivere,

poter andare oltre e poter avvicinarsi a una vera normalità, se, per normalità intendiamo la ricchezza

delle diversità possibili.

DA "QUALE PSICHIATRIA?", LA ROSA CHE (ANCORA) NON C'È

“Mancano cinquemila rose, perché tante ne abbiamo messe, ma altrettanto ne avevamo, in

inserito nel libro “Quale Psichiatria?”. Egli si propose di farne piantare diecimila nel Parco

-

fatto dopo la chiusura dei manicomi, in primo luogo a Trieste, ma anche altrove e che quelle

da piantare, rappresenterebbero, ciò che ancora c’è da fare nel campo psichiatrico, perché non

pochi ostacoli culturali, burocratici ed istituzionali sono in agguato, non permettendo le buone

pratiche dettate e motivate da vero e profondo ascolto e dal prendersi cura della persona, così

come un giardiniere fa con le sue rose.

7


Cosa può fare una semplice rosa

Nient'altro che essere vita

Contro la vita tradita.

Cosa può fare una semplice vita

Di pace, a un amico e a un'arnica.

Che appesta da sempre la terra,

a nostra giustizia sia

rosa d'amore e d'utopia.

Mancano cinquemila rose, perché tante ne abbiamo messe, ma altrettante ne avevamo, in più, promesse. Sono

quelle che non ci sono, se spesso alla sera d'estate nel parco non c'è ancora nessuno, se la vita vera, promessa

al posto dell'orribile cosa che era lì, non è stata ancora davvero prodotta. Mancano ancora troppo suoni, risa

Se l'amore non è lo scopo vero, la scusa vera, unica cosa sensata, dove trovarne un'altra? Quelle (le rose) che ci

sono, raccontano dell'amore che, sorprendendo il mondo, ha consentito a tante, tantissime persone di cui tengo

il ricordo, di immaginare che avesse un senso stare lì, giorno dopo giorno, a cambiare il mondo (no, solo quel

mondo lì). Le rose che mancano narrano di qualcosa che qualcuno vuole fermare, e che nessuno sa se ripren-

non possono avere un luogo dove restare. La caparbietà con cui abbiamo popolato per quarant'anni il San Gio-

tino

quando,

da solo, mi

aggiro a pu- lire queste

qui, dai loro

riti.

Le rose

che non ci

sono parlano di quando

qualcuno vorrà forse

accusarti di

quel che hai

fatto, mentre tu vorresti

accusare tut- ti di quel

che non han- no fatto:

dell'inerzia

colpevole e

dell'incuria

regole, che ci

hanno (inerzia,

incuria e regole, qui

sempre co- niugate in-

-

so, umiliato,

che voglio- no toglierci

la voglia di vivere. Per

colpa di quelli che contano ma che non hanno voglia, tanto meno coraggio, non lavorano, non giocano, non

guardano, non hanno mai cura. «Dopo averli chiusi, i manicomi, bisognerebbe raderli al suolo e spargerci

sale.» L'espressione estrema di Basaglia negli anni settanta ci diceva del rischio di controriforma, del timore

che si potesse ritornare indietro. Non intendemmo ascoltare quel consiglio. Nel frattempo, mentre mol-

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te amministrazioni provinciali si

susseguivano negli anni ottanta e

novanta, e lasciavano crollare edi-

noi psichiatri, dismettendo uno per

che avanzano di trincea in trincea,

invitavamo le autorità a riprendersi

per altro, più nobile, pubblico uso),

si ebbe il coraggio mediatico di in-

ra

(poi) furioso dovere dimostrare

che, se eravamo capaci di fare il

nostro mestiere rimuovendo le vergogne

della psichiatria, eravamo

anche capaci, per esattamente i medesimi

motivi e con esattamente la

medesima energia, come esercizio

dei poteri conferitici pro tempore,

di ricostruire il San Giovanni ai più

nobili, appunto, fìni. Con i poteri

di direttore generale dell'Azienda

amministratori comproprietari sensati,

potemmo coordinare recuperi

e forzando (ebbene sì!) tempi, metodi

e competenze, riparare a tanti

anni di altrui (quella sì!) disastrosa

gestione dei pubblici beni. Mancano

però cinquemila rose e per

me sono il segno della città ancora

incerta, la cifra del possibile, non

inverata la pienezza della vita vera

che volevamo per noi e per i folli,

fratelli e sorelle dolenti con cui abbiamo

fatto un lungo cammino che

dove speravamo di arrivare (molto

più in là, comunque, di quel che

lor signori immaginavano). La rosa

che non c'è chiama un tempo altro,

una generazione altra, una nuova

fatica, una nuova energia, un

nuovo amore. Di cui nessuno può

certo, tantomeno oggi, fare profezia:

profezia di uomini e donne che

vedano, sentano, guardino, tocchino,

annusino, adoperino i loro

sensi tutti, e ne coltivino i simboli

concreti, perché capaci di ascoltare

i rumori delle vite (e toccare la

terra e bagnare le rose e cambiare

le cose).

UMANITÀ E

FEROCIA

CRITICA.

FRANCO

ROTELLI E LE

LOTTE DI DUE

GENERAZIONI

di Daniele Piccione

(Tratto dal sito

www.salutementale.it - 26

marzo 2023)

9

Per me che sono nato nel 1975,

accettare un compromesso delicato.

Un’immagine ormai remota di

rimasta nella mia memoria di bambino,

nel mio ultimo inverno triestino,

quello fatidico del 1980. La

-

attraverso i racconti e gli aneddo-

corso delle epiche battaglie di decostruzione

delle istituzioni della

violenza; lotte consumatesi nel

decennio dei settanta. Mio padre

era una di queste persone e mi ha

sempre restituito l’immagine di un

personaggio ieratico, magnetico,

capace – come dicono gli Americani

– di farsi bigger than life. Autentico

eroe del corpo a corpo contro il

manicomio, i suoi contorni avevano

preso forma in me attraverso le

ammirate descrizioni di interminabili

viaggi in treno in cui mio padre

e lui si giocavano a dadi i rispettivi

stipendi. Stipendi che, comunque,

sarebbero stati poi fatti oggetto di

spartizioni comunitarie, come sabato

scorso veniva ricordato nella

toccante cerimonia di addio collettivo

nel suo parco di San Giovanni.

Non di rado, mio padre mi andava

narrando di alcuni tratti che legavano

Basaglia e Rotelli, ben oltre

il comune nome di battesimo. La

vocazione alla guida, il senso delle

responsabilità rispetto

alle generazioni più

giovani, il continuo richiamo

all’intransigente

impegno del collettivo,

a imboccare sentieri su

cui altri avrebbero dovuto

seguire, a pena di

di arresto. E ancora: la

consapevole fusione tra

le pratiche di restituzione

della soggettività e

l’elaborazione teorica,

l’innato senso del rischio

come componente vitalistica

e volano della trasformazione, la

comprensione tattica e strategica

del contesto politico e dei punti

di debolezza su cui aprire le contraddizioni

nel fronte avverso delle

istituzioni repressive. In questi

racconti di un’epoca che, mentre

crescevo, andava allontanandosi

nella memoria del suo tempo

dell’oro, il mito non accennava a

scolorire. Basaglia non c’era più,

proprio dall’estate del 1980, ma

mano, in sella a Marco Cavallo,

direttore del dipartimento triestino,

poi direttore generale della Azienda

Sanitaria, non prima di essersi

lanciato, in Campania e nel mondo

largo, a inventare pratiche e soluzioni,

a dimostrare che Trieste non

era un’isola e neanche un modello

autoreferenziale; sarebbe stata poi

questa la stantia critica ricevuta dal


stagioni di crescita e prese di consapevolezza

in cui l’ingenuità non

mi mancava di certo, lo (ri)conobbi

di persona in una circostanza che

to

a parlare a Trieste della Costituzione

e del legato di Basaglia nella

cultura dei diritti fondamentali. Lo

vidi, seduto su un banco nelle retrovie,

con le mani giunte davanti a

le presentazioni chiarendo di conoscermi

già, da quando ero bambino.

Ne sentii tutto il carisma che

negli spazi di una comunità politica

che gli si riconosceva debitrice.

Parlammo un poco, ma a fondo. Ne

trassi una sensazione mai percepita

prima. Mi parve che quello che

diceva arrivasse in modo assertivo

ma problematico insieme. L’avrei

rivisto due anni dopo, in un’altra

insolita occasione. Mi era venuto a

trovare a Roma al Consiglio Superiore

della Magistratura, per scrivere,

insieme a Peppe Dell’Acqua e a

Roberto Mezzina, il disegno di legge

di rilancio dei valori compositi-

strano lavoro di scrittore di norme

già da vent’anni, eppure non mi era

mai capitato di vedermi spiegate le

idee in quel modo: a braccio, come

con quegli occhi che dardeggiavano

intensità, doppiando la voce

profonda con la caratteristica “r”

telli

svolgeva il contenuto di quella

proposta di legge come se fosse

una sceneggiatura che gli risuonava

dentro da altre ere. Si srotolava

davanti a me una summa di quarant’anni

di esperienze, di pratiche

geniali, di intuizioni che avevano

consentito a un mondo di risalire la

corrente come i salmoni, di migrare

contro stagione, di farsi paradigma

di resistenza a tempi crudeli che

sembravano chiudere ogni spazio

all’immaginazione di libertà. Durante

quell’ora, vidi ridispiegarsi i

centri di salute mentale aperti ventiquattro

ore, i distretti e le micro-aree

delle città che curano, i livelli

essenziali di protezione della salute

mentale, l’impresa sociale come

nucleo primigenio delle più innovative

forme di integrazione del terzo

settore, il mutuo aiuto che progetta

l’abitare e de-istituzionalizza, la

di campo, al grande internamento:

gli tornava alla memoria l’assedio

mosso al gigantesco ospedale concentrazionario

a Leros, in un’isola

europea ferita, ma che continuava

tutto questo, disse con il suo tono

sentenzioso: “la penna la metti tu,

adesso. Tanto so che hai capito”.

Occorre interrogarsi sull’adesso e

subito, così come su quale sarà il

telli.

Un duplice interrogativo che

chiama a raccolta le generazioni di

cui è stato Maestro e compagno.

Questo discorso risuonava sabato,

presso il suo roseto, invaso da un

senso elegiaco e crepuscolare di

di una cesura nel tempo, sono attutite

dalla speranza che un passaggio

di saperi e un legato di pratiche

sia avvenuto e sia ancora in corso.

Certo, si deve allargare lo sguardo

e pensare di radunare anche chi non

perché sparso per l’Italia o mobilitato

in Argentina. Quando, la mattina

di giovedì, era giunta la terribile

notizia da Trieste, non so perché ho

co

di cui sapevo; ai suoi primi (ma

già fermi) passi nell’ospedale psichiatrico

giudiziario di Castiglione

delle Stiviere: la più violenta delle

istituzioni totali. In quel luogo sinistro,

da antesignano, si era messo a

decostruire e a liberare, instaurando

un’alleanza solidale con una generazione

di giovani magistrati. Al

termine di quegli intensi anni sessanta,

una costellazione di istituzioni

della violenza e di rapporti di

10

oppressione dominava lo scenario.

di aperture, di decostruzioni e pratiche

inventive di libertà. In chiesa,

sabato, nel salutarlo – lui proietta-

sia mai riconciliato con le disegua-

intransigenza ostinata e fantasia

fertile i segni della dissoluzione

di una cultura, di un movimento,

che tante volte apparivano inarrestabili.

Eppure, a fargli giocare un

ruolo così determinante nella vita

di tanti, è stato qualcosa di più del

sentimento di indignazione, perché

ta,

si è combinato con l’inventiva

dell’istituzionalista intransigente,

con l’umanesimo del medico, con

la ferocia critica di chi ha contestato

per una vita i meccanismi di po-

po

chiaro quello che c’è da fare: ri-

prirne

la dote più rara: quella di chi

contrattacca in minoranza e rilancia

su costrutti più ampi, sapendo

che certe lotte non circondano, ma

integrano la vita stessa. L’immenso

Archivio dell’avventura sarà alimentato,

curato, reso fruibile. La

ricerca delle faglie vulnerabili delle

istituzioni che opprimono continua

no,

tanto simile a quello in cui lo

conobbi inconsapevole e bambino,

resta invece dentro di me quell’insegnamento

che una volta gli chiesi

di ripetermi: “Per i matti, ma non

solo per loro, il problema non è

chiedersi dove li metto; è consentirgli

di spiegare quali siano i loro

bisogni. Se parti da questo, tutto diventa

possibile”.


DALLE ALTRE TESTATE e dal web

Le violenze di Foggia, all’interno

dell’istituzione Don Uva,

non rappresentano il caso isolato.

Le violazioni dei diritti

danno dei pazienti dei servizi

psichiatrici ma anche, e forse

soprattutto, a danno di tutte

quelle persone che, per disabilità

e vulnerabilità, sono ospiti

in strutture residenziali di varia

natura.

I NUOVI MANICOMI

di Benedetto Saraceno

dal sito (www.sossanità.org - 6 febbraio 2023)

Nella notte del 23 di gennaio i carabinieri

e i NAS di Foggia hanno

eseguito unamisura cautelare

nei confronti di trenta operatori

sanitari (infermieri e ausiliari)

della istituzione Don Uva di Foggia.

L’operazione ha coinvolto otto

dipendenti della struttura, sedici

operatori sociosanitari della società

Universo Salute, tre operatorisociosanitari

dipendenti della società

Etjca spa, due educatrici professionali

dipendenti della società Universo

Salute e un addetto alle pulizie

della La Pulisan srl. Alcuni di

questi operatori sono stati messi in

carcere, altri sono ai domiciliari e i

restanti sono indagati senza misure

coercitive. I reati contestati sono

quelli di maltrattamenti aggravati,

sequestro di persona e violenza sessuale

ai danni di venticinque donne

degenti. Ma cosa è la società Universo

Salute che impiega quasi

tutti gli indagati? Ebbene, l’istituzione

don Uva, che è una vecchia

conoscenza della psichiatria

privata convenzionata italiana

e Potenza, non esiste più dal punto

di vista amministrativo. Una nuova

società, appunto la Universo Salute

nata nel 2015, è subentrata alla

Congregazione delle Ancelle della

Divina Provvidenza nella proprietà

del Don Uva. Universo Salute opera

in regime di accreditamento

istituzionale con il Servizio Sanitario

della Regione Puglia e il

Servizio Sanitario della Regione

Basilicata nelle sedi di Bisceglie,

le

strutture sanitarie assistenziali

servizi, di strutture e di spazi riabilitativi,

socializzanti, lavorativi,

ludici, sportivi e ricreativi. Il sito

web recita: «Una comunità in cui

si è circondati da un’atmosfera

familiare, compartecipe delle pro-

spite

trova le risposte adeguate al

recupero della propria autonomia.»

È dunque la Universo Salute che

impiega tutti questi operatori

che, scrive il gip: “hanno mostrato

particolare disprezzo per

la condizione di vulnerabilità

11

dei pazienti” e lo hanno fatto at-

che

e psicologiche (“Io ti sparo in

bocca” oppure “…ti devo spaccare

la testa”). Inoltre, nella fascia oraria

notturnamolti pazienti venivano

chiusi a chiave nelle loro stan-

come “la stalla”) e durante il giorno

rinchiusi nel locale soggiorno. La

Proprietà e i vertici di Universo Sa-

zione

nelle indagini sui gravissimi

abusi:“Siamo in attesa dei dettagli

del lavoro svolto dalla magistratura

in collaborazione con lanostra

Amministrazione che – dichiara

l’AD di Universo Salute Luca Vigilante

– sin dal primo giorno, ha

lavorato per la tutela dei pazienti,

soprattutto di quelli più fragili sul

piano mentale, chiedendo a tutte

le Organizzazioni sindacali e a

tutti i lavoratori l’autorizzazione

all’installazione di telecamere anche

nelle camere”. D’altra parte,

già nel 1997, l'indagine conoscitiva

del Senato della Repubblica

sullo stato di attuazione del programma

di soppressione delle

strutture manicomiali residue e

di realizzazione delle strutture alternative

di assistenza psichiatrica,

conclusivo: «Nel corso dei sopralluoghi,

comunque, la Commissione

ha riscontrato una forte disponibilità

da parte dei responsabili delle

due più importanti reti di assistenza

psichiatrica convenzionata - l’ordine

ospedaliero San Giovanni di


12

Pasquale Uva casa della Divina

Provvidenza, che rappresentano,

rispettivamente nel settentrione e

nel mezzogiorno, la grande maggioranza

delle istituzioni private

convenzionate – a collaborare con

il settore pubblico per prestare la

loro attività nell’ambito della assistenza

territoriale». Dunque, tout

va bien madame la marquise: una

istituzione riabilitativa gigantesca

che inciampa nel comportamento

criminoso di qualche operatore, la

massima collaborazione con la magistratura

e una tradizione di collaborazione

col servizio sanitario

pubblico che viene da lontano. Ma,

in realtà, le cose non stanno così.

Innanzitutto, va sottolineato

come le violenze di Foggia non

rappresentano il caso isolato di

un operatore violento e perverso

bensì sono il risultato del comportamento

criminoso di 30 operatori

che agiscono in maniera continuativa

contro le leggi della repubblica,

dell’etica e della umanità. In

secondo luogo, anche se i medici

e i vertici della istituzione non sono

oggetto di indagine, è tuttavia legittimo

chiedersi e soprattutto

chiedere come sia possibile che

tali violenze continuative da parte

di tanti operatori non siano

state rilevate dal personale medico

e dai dirigenti. Ricordiamo

che le rilevazioni audio visive dei

carabinieri erano attivate dal mese

di luglio e questo ci dice che da

mesi quelle violenze e quegli abusi

erano messi in atto non da uno ma

da numerosi operatori. Più in generale,

è bene considerare la vicenda

allarme e non come un increscioso,

se pur grave, incidente di percorso.

Infatti, le violazioni dei dirit-

danno dei pazienti dei servizi

psichiatrici ma anche, e forse soprattutto,

a danno di tutte quelle

persone che, per disabilità e vulnerabilità,

sono ospiti in strutture

residenziali di varia natura.

Dunque, le vittime sono i disabili

intellettuali e anche, semplicemente,

degli anziani istituzionalizzati.

Violenze, vessazioni, abusi più o

meno odiosi che vanno dall’isolamento

alla privazione della privacy

e di ogni forma di dignità. Ricordiamo,

ancora una volta se ne ce

fosse bisogno, che la contenzione

cumentata

malgrado la Corte di

Cassazione V sezione, sentenza 20

giugno 2018, abbia stabilito che la

contenzione non ha natura di “atto

medico” in quanto quest’ultimo ha

cio

per la salute”. La contenzione

te

invece in atto un “presidio restrittivo

della libertà personale che

di migliorare le condizioni di sa-

ca

che i sanitari che utilizzano di

routine la contenzione meccanica

“sottopongono il paziente a una

illegittima privazione della libertà

di sequestro di persona, ex art.605

CP” (3). Dunque, la Convenzione

delle Nazioni Unite sui diritti delle

-

dello stato) è ignorata, non applicata

e sistematicamente violata in

molte strutture sociosanitarie, soprattutto

private e/o convenzionate.

Dunque, la legge 180 invece che

essere solidamente attaccata deve

essere semplicemente pienamente

applicata dovunque e comunque.

Nel 2018, Matteo Salvini, allora

ministro dell’Interno, scriveva:

“Noi stiamo lavorando per un’Italia

più buona. Penso alla assurda

riforma che ha lasciato nella miseria

migliaia di famiglie con parenti

malati psichiatrici” e denunciava,

senza fornire alcun fondamento

fattuale: “C’è quest’anno un’esplosione

di aggressioni per colpa

di malati psichiatrici”. Biso-

dell’ex ministro poiché esse non

sono soltanto l'espressione della

morale del peggior ministro che il

nostro paese abbia avuto, ma sono

ignoranza dei fatti, delle evidenze e

delle realtà a proposito della riforma

psichiatrica preconizzata dalla

legge 180 e dei diritti in generale

delle persone che si trovano nelle

istituzioni socio-sanitarie. Questa

ignoranza, fatta di disinformazione

e spesso anche di malafede, alimenta

anche una narrazione schematica

e molto rozza che nega gli straordinari

progressi della assistenza psichiatrica

italiana grazie anche alla

legge 180. Quello che deve preoccuparci

è che quell’insieme di

ignoranza, disinformazione e malafede,

consente progressivamente

tellati,

i servizi di salute mentale

Questo è il tema, e va ben oltre

le necessarie denunce e le giuste

sanzioni nei confronti degli operatori

violenti di Foggia: si tratta

di difendere la riforma psichiatrica

italiana, promuovere la applicazione

della legge 180, promuovere la

applicazione della Convenzione

delle Nazioni Unite e fornire le urgenti

e necessarie risorse umane e

lute

mentale. Il progressivo depauperamento

dei servizi pubblici di

salute mentale alimenta l’assurdo

e scandaloso ricorso a medici gettonisti

che con tre turni di guardia

in un servizio di diagnosi e cura

guadagnano quanto in un mese i

loro colleghi del servizio pubblico.

Ma, soprattutto, alimenta la

progressiva privatizzazione della

assistenza sanitaria e il ricorso

alle strutture convenzionate e alle

cooperative di operatori che, in un


mercato opaco, vendono servizi

assistenziali a un servizio pubbli-

una buona volta la questione delle

strutture e delle cooperative private

convenzionate che con il denaro

pubblico operano troppo spesso

e impiegando operatori scarsamen-

Marcello Veneziani,

un modestissimo intellettuale di

spicco della destra che scrive sul

quotidiano La Verità, a proposito

di Basaglia e della sua opera ha

parlato di “neuro-comunismo” e

di una “aberrazione ideologica di

questa (di Basaglia, n.d.r.) perni-

zione

a Basaglia, Veneziani ricorda

za

covava dietro quelle grate. Così

dopo trent’anni di gestione degli

ospedali psichiatrici (che furono

scandalo nazionale, n.d.r.) progettò

il villaggio post-manicomiale

(ossia il ritorno alla organizzazione

manicomiale dei primi del Novecento,

n.d.r.): avrebbe avuto al suo

interno azienda agricola, pascoli,

stalle, orti, vigneti e frutteti, labo-

pianti

sportivi…”.

Facciamo volentieri a meno

dell’eredità del beato don Uva.

Invece, ben venga l’eredità della

che ha creato servizi di salute men-

in molte realtà italiane e ha avuto il

riconoscimento dell'eccellenza del

modello triestino da parte della Organizzazione

Mondiale della Salute.

Una eredità, quella di Basaglia,

che ci ha insegnato che ogni uomo

o donna o bambino, quantunque

disabile e abitato dalle più gravi

fettive,

resta sempre, comunque e

ovunque un soggetto, produttore di

senso, detentore di diritti, cittadino

uguale fra cittadini uguali.

A 45 ANNI DALLA LEGGE BASAGLIA:

LIBERARSI ANCORA

DAL MANICOMIO

di Maria Grazia Giannichedda

(fonte: Il Manifesto, dal sito www.conferenzasalutementale.it - 14 maggio 2023)

L’uccisione della psichiatra

Capovani solleva il nodo del

rapporto tra psichiatria e giu-

capacità «di intendere e di volere»

e pericolosità sociale.

La coincidenza fra i 45 anni

della “legge 180” del 13 maggio

’78 e l’uccisione, il 21

aprile scorso, della psichiatra

Barbara Capovani da parte

di Gianluca Seung, che era

stato suo paziente nel servizio

psichiatrico di diagnosi e

cura (Spdc) di Pisa, non può

che farci guardare alla riforma

partendo da quel fatto. Non

per rievocarlo ma per coglierela questione che pone e che è centrale nella

legge di riforma. E nella formazione della psichiatria occidentale moder-

mentale, capacità «di intendere e di volere» e pericolosità sociale. Questi

temi si sono in gran parte persi nelle discussioni di questi giorni, segnate

sul serio, che non si sentivano più dagli anni ’80. Si capisce che questa

ridica,

di quella psichiatria che ha sempre mal digerito la riforma e che

vorrebbe spostare il discorso sulla legge. Va ripresa invece la questione

psichiatria e giustizia, perché solo da qui può passare un rilancio vero

del sistema della salute mentale in Italia ormai ridotto in miseria, che

certo ha bisogno di più soldi ma anche di riprendere a ragionare e fare

ricerca sui propri strumenti, sui modelli organizzativi, sui fondamenti.

Sia chiaro: il dramma dei giorni scorsi interroga non una ma due istituzioni,

servizi psichiatrici e psichiatria da una parte, polizia e giustizia

penale dall’altra. Il 30 marzo Seung era andato in questura a Lucca per

presentare delle denunce, come faceva spesso e non mancava di divul-

spruzza spray al peperoncino contro i presenti, la Questura lascia che si

allontani chiedendo a Comune e Asl di attivare un accertamento sanitario

obbligatorio che nessuno mette in atto. Sul giovane pendeva già una

misura di sicurezza disposta da un magistrato di Lucca per l’aggressione,

nel 2022, contro un vigilante del tribunale. Il perito psichiatra aveva

dichiarato Seung «incapace di intendere e di volere» e «di accertata pe-

sentenza che avrebbe comportato libertà vigilata o ricovero in una struttura,

ma anche questa disposizione nessuno la mette in atto. Starà alla

magistratura dipanare il problema delle responsabilità. Intanto però una

13


domanda possiamo farcela: perché

Seung non è stato preso sul serio?

Solo sciatteria? Lentezza burocratica?

Ma forse il problema è che

le sue parole e i suoi ripetuti gesti

aveva ferito al volto un operatore

del servizio psichiatrico) sono stati

rubricati come solo malati e quindi

di pertinenza solo psichiatrica, motivando

così il gioco di scaricabarile

delle persone «disturbanti» che i

servizi psichiatrici conoscono bene

ma in cui la psichiatria non è in-

liberato la psichiatria dal controllo

della pericolosità, anche nel momento

del trattamento obbligatorio.

La pericolosità resta un compito di

polizia e giustizia penale che non

sono esentate dall’eseguirlo anche

quando la persona presenti un disturbo

mentale. Questa è la legge,

che quindi obbliga a costruire protocolli

di comunicazione e collaborazione

tra psichiatria e giustizia,

dei quali fa parte, quando è inevitabile,

anche la cura di una persona

le

sottoposta a misure restrittive o

detenuta. Questi protocolli ci sono,

ma non ovunque, comunicazione e

collaborazione lasciano a desiderare,

mentre i servizi di salute mentale

troppo spesso sembrano non

mandato al controllo, sembrano organizzati

cioè come se pensassero

ancora al malato di mente pericoloso

e incapace, con cui non si può

interloquire né negoziare, da sedare

e custodire per poterlo poi curare.

Come spiegare altrimenti il fatto

che la gran parte degli Spdc hanno

senti

spazi esterni, usano i rituali di

spoliazione degli oggetti, costringono

alla vita in pigiama, usano la

contenzione meccanica insieme a

quella farmacologica?

tale

sono solo ambulatori per il

controllo dei farmaci, con colloqui

radi e sporadiche visite domiciliari,

diventa inevitabile questo tipo

di Spdc, in cui può anche accadere

di morire legati a un letto. Non si

dica che queste constatazioni gettano

discredito sulla psichiatria: al

contrario sono quegli psichiatri che

programmano, con gli amministratori,

e che gestiscono questo tipo di

servizi a screditare la psichiatria,

ed erede del manicomio. Né si dica

gli

perché da decenni vengono denunciati

questi problemi e indicate

le soluzioni: si veda ad esempio il

disegno di legge nato nel 2017 e

ripresentato da Serracchiani alla

Camera e Sensi al Senato. Anche

penale per il superamento dell’istituto

dell’incapacità per vizio di

mente ha un suo disegno di legge,

presentato dal deputato Magi. Questo

per dire che gli strumenti per il

rilancio del sistema pubblico della

salute mentale nel nostro paese ci

sono, a condizione che crescano le

risorse ma anche la volontà di liberarci

davvero dal manicomio.

RESTARE

TERAPEUTI.

ANCHE DI

FRONTE AL MALE.

di Francesco Colizzi

dal sito www.sanità.it -

30 aprile 2023

L’omicidio della collega Barbara

14

Capovani ha ferito me, come tutti

coloro che operano nel campo immenso

della salute mentale, richiamando

anche la dolorosa memoria

dell’uccisione dell’amica e collega

Paola Labriola, avvenuta a Bari

dieci anni fa, e costringendoci tutti

a volgere nuovamente lo sguardo al

lato più oscuro e inquietante della

condizione umana. Scrivo perciò

sotto un denso gravame emotivo,

che tento di chiarire con quel tan-

che posso spremere dai miei studi

e dalla mia esperienza. Condivido

i dubbi, i timori e le proteste di chi

tare

le tante forme di disagio e di

dolore mentale, per migliorare almeno

la qualità della vita di pazienti

e familiari, sottoponendo la

propria salute mentale a tensioni

ed angosce che possono lasciare

segni duraturi. La questione della

sicurezza nei servizi sanitari è una

allarmante realtà, in particolare in

psichiatria e nei pronto-soccorso:

non si può lavorare serenamente,

rispondendo con la tempestività e

l’impegno che sono spesso richiesti,

col minimo di personale, senza

protezione, esposti a mille richieste

che non sono tutte solo di cura ma

nascono anche da svariati tipi di

disagio sociale. Comprendo la reazione

sociale di cordoglio, mista a

rabbia ed angoscia. E’ però perico-

mette in discussione tanti aspetti

della vita umana, tanti saperi e tante

istituzioni. Innanzitutto, etichet-

Italia colpisce seriamente almeno

un milione di persone l’anno, come

“incomprensibile follia” o peggio

“pericolosità sociale” vuol dire

apporre un marchio emarginante,

può essere compresa e che gran

parte degli esseri umani incontrerà

nel corso della sua vita. In secondo

luogo, riferirsi ai manicomi e

agli ospedali psichiatrici giudiziari,


vero obbrobrio antiterapeutico del

passato, come a possibili soluzioni,

vuol dire non conoscere la storia ed

il funzionamento di tali istituzioni

totali e non comprendere il grande

passo di civiltà che invece si è compiuto

in Italia con la loro chiusura,

sostituita da una vasta rete territoriale

ed ospedaliera di servizi ben

più avanzati, anche se

non ancora pienamente

rispondenti al grande

bisogno di promozione,

prevenzione, cura e riabilitazione

esistente.

ta

il tema inquietante

della violenza da parte

disturbi mentali, non si

sa o si dimentica che

essa non è mediamente

superiore a quella

presente nel resto della

popolazione e pertanto

quando esplode essa

viene erroneamente

percepita come fosse

un rischio molto più

te

le diverse dimensioni

del dolore e della patologia mentale

se vogliamo impedire i corto

circuiti tra il nostro approccio di

ascolto e di accoglienza, che è per

sua natura non violento, e il fondo

violento della nostra vita cosiddetta

civile, che avolte contribuisce a

creare la psicopatologia e spesso la

esaspera, anziché attenuarla, con il

fondo paranoico dei complottismi e

eventuali responsabilità, carenze,

omissioni che, dai livelli clinici a

quelli sociali e giudiziari, possono

aver impedito i possibili interventi

preventivi. Ma non avendo gli

elementi per entrare nel merito,

non è corretto avanzare commenti

che poi, nel perdurare di un troppo

basso livello di cultura della salute

Una dolcissima immagine della compianta Dottoressa

Barbara Capovani, crudelmente aggredita da un suo

paziente e poi deceduta qualche giorno dopo

mentale, non farebbe altro che assommarsi

a quelle reazioni emotive

di tante persone e delle stesse istituzioni

che risultano distorsive e provocano

solo sentimenti di paura, di

rabbia e di vendetta nelle comunità.

Va invece detto ad alta voce che ora

non si tratta di rassicurare la gente,

di promettere soluzioni organizzative,

lasciando poi che resti scandalosamente

bassa l’attenzione alla

salute mentale e che le risorse ad

essa destinate, anche con il PNRR,

continuino ad essere del tutto inadeguate.

Dobbiamo gridare che

sono almeno due decenni che l’Organizzazione

mondiale della sanità

invita, inascoltata, i governi, le

istituzioni e chiunque abbia potere

decisionale, a considerare la salute

ne,

oltre tutto questo, noi psichiatri,

psicologi, infermieri, assistenti

sociali, terapisti della riabilitazione

psichiatrica, cosa dovremmo fare?

Cambiare il nostro sguardo umanistico?

Non credere più alla bellezza,

faticosa quanto vogliamo, a

volte tragica, del diventare persone?

E credere invece, anche noi,

15

allo stereotipo della pericolosità di

ogni malato mentale? Militarizzare

i servizi per la salute mentale?

Tornare alle vecchie e sempre seduttive

logiche della segregazione

e dell’esclusione, magari oggi dorate

e mitigate dai nuovi psicofarmaci?

A quel punto tradiremmo noi

stessi. E tanto varrebbe cambiare

mestiere. Abbiamo perso

Barbara, una collega, una

madre, una bella persona,

e non possiamo farla resuscitare.

Dovremmo anche

sfuggente, del nostro proporci

come argine, sia pure

fragile, sia pure precario,

alle più tremende vertigini

della mente? La tentazione

di molti operatori e professionisti

della salute mentale

di fare anche solo un passo

indietro è forte perché non

siamo degli eroi. Quei colpi

di martello hanno dilaniato

anche il corpo del sogno che

ci muove, hanno squarciato

l’ordito, già così precario,

dei rapporti di cura

reciproca, di condivisione

della nostra condizione di

fragilità. E’ utile allora ricordare il

no,

che ci esorta ad imparare a riconoscere

tutto ciò che non è inferno

sulla Terra, a difenderlo, a farlo durare.

Allora, nessun passo indietro.

Dobbiamo restare fedeli al senso

profondo del nostro mestiere. Il

nostro impegno, adesso e sempre,

dev’essere quello di conservare il

sorriso di Barbara Capovani, come

quello lasciatoci dieci anni fa da

Paola Labriola a Bari, di conferma-

persone. Dobbiamo mantenere l’apertura

al dono e alla gratuità anche

di fronte al male. Dobbiamo restare

terapeuti.


hanno detto di noi

LATIANO, PER IL CENTRO «MARCO CAVALLO»

ORA TOCCA ALLA REGIONE

di Nichi Vendola (dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 23 marzo 2023)

cavallo az zurro, fatto di legno e

cartapesta, con la pancia piena dei

pensieri e dei desideri degli ospiti

dell'Ospedale Psichiatrico di Trieste.

Era alto 4 metri e per farlo

uscire dal recinto del nosocomio

si dovette pic conare un ingresso, e

quello fu un modo anche simbolico

per rompere la dimensione carceraria

in cui veniva imprigionato

il disagio mentale. Era il lontano

1973 e da quell'esperienza, sotto la

saglia,

si avviò il percorso di liquidazione

dei manicomi. Perché ne

parlo? Perché anche in Puglia c'è

un «Marco Cavallo»: non è un manufatto

ma è un'esperienza bellissima,

un cammino di guari gione e

nel mattatoio della buro crazia o

dell'indolenza politi ca. Si tratta di

un Centro speri mentale di salute

mentale nato nel 2008, a Latiano,

in provincia di Brin disi, e cresciuto

su impulso di quelli che chiamiamo

«matti» e dei loro familiari, di volontari

e di operatori sanitari, con il

sapiente accompa gnamento della

Asl competente. Si tratta di rompere

non solo l'idea di una medicina

punitiva e violenta, quella dei letti

di contenzione e degli elettrochoc,

ma anche di superare la verticalità

di un modello di cura incapace di

ascolto e di apprendi mento. Nel

maggio 2009 questa inedita esperienza

di solidarietà e di de mocrazia

si trasforma in un progetto che vie-

la

Regione: si tratta di dare forza e

respiro a un metodo di lavoro i cui

dal punto di vista terapeutico che

da quello della complessiva crescita

culturale di un territorio.

Con le prime dotazioni di risorse

pubbliche questa esperienza ha potuto

fare un salto in avanti, soprat

tutto con la possibilità di inserimento

lavorativo dei Sepe (Soci Esperti

Per Esperienza) che nel frattempo

erano nati all'interno della Associa-

diretta di emancipazione dalla sof-

le re lazioni tra operatori e pazienti

delle reti assistenziali. Per dieci

no

potuto continuare a lavorare,

godendo di proroghe con tinue dei

loro contratti. Tutte le au torità, a

livello regionale e nazionale, e persino

il Cnr, hanno riconosciuto il

valore di questa sperimentazione.

Negli anni si è provato a «mettere a

regime» il Centro, ma il cammino

am ministrativi, sempre più legati

al paradigma della «retta», non

pre vedono la tipologia innovativa

messa in campo a Latiano, anche se

con sentita dalla Legge Regionale

n. 26 del 2006 sui servizi di salute

16

mentale che prevede: «gestione, in

via sperimen tale, di forme di autogestione

di Cen tri Diurni da parte

di utenti e gruppi di self help». E

provata

una delibera che vuol regolamentare

i Centri Diur ni Cogestiti,

il percorso per rendere operativa la

stessa delibera ha con tinuato ad essere

in salita, aumen tando nel contempo

pregiudizi «tec nici» e miserie

burocratiche. Il tavolo di lavoro

presso la Re gione, lentamente e faticosamente

attivatosi negli ultimi

mesi, nell'ul timo incontro ha partorito

una pro posta che ridimensiona

i già scar sissimi fondi a disposizione

del «Mar co Cavallo»: ciò signi-

delle sue attività e la cancellazione

di fatto della pre senza di quei Soci

Esperti che hanno rappresentato

l'architrave decisivo dell'esperienza

socio-terapeutica, proprio perché

sono stati il cuore dell'innovazione

messa in campo, in linea con

orientamenti nazionali sempre più

cogenti, in sintonia con le esperienze

più avanzate che già esi stono in

molte regioni. Se il riconoscimento

dei Soci Esperti inciampa in barriere

nor mative, nonostante essi operino

straordinariamente da oltre un

de cennio e siano testimonianza vivente

di come si barriere possa trasformare

in realtà una speranza di

futuro e inclusione, allora è proprio

qui che occorre lo scatto decisivo

verso il progresso, il coraggio del

cambia mento non solo enunciato.

Le norme vanno pensate e costruite

a tutela delle persone e del loro

benessere. Spero di cuore che la


Regione possa accogliere questo

appello. Lo spero perché tocca alla

politica prendere il piccone e rompere

il muro che im pedisce di fare

ciò che è giusto fare, ciò che è necessario,

soprattutto per chi vive in

una condizione di fra gilità.

LATIANO,

CENTRO DIURNO

«MARCO

CAVALLO»:

STRAPPATA

PROROGA DI 3

MESI

Sotto, l'articolo pubblicato

dalla Gazzetta del Mezzogiorno

del 24 marzo 2023, si riferisce

alla giornata in cui, per

la seconda volta di quest'anno,

i SEPE, i frequentatori del

Marco Cavallo insieme con gli

operatori, alcuni familiari e la

CGIL locale, hanno presidiato

sotto il palazzo della Direzione

Generale della ASL di Brindisi

per avere udienza riguardo

le sorti del Marco Cavallo,

purtroppo, da un pò di tempo,

precario a causa di continue

mini-proroghe per il proseguio

dell'esperienza

Altri tre mesi di sopravvivenza,

marzo aprile e maggio, poi – conclusi

i tre mesi di proroga dei contratti

– gli operatori del Centro

diurno Marco Cavallo di Latiano,

si ritroveranno di nuovo di fonte

allo stesso problema. La sorte del

Centro, una delle strutture uniche

nel Mezzogiorno per la sua espe-

da disagio psichico, resta sospesa

e subordinata ad una decisa azione

politica. A battersi da anni per

la sopravvivenza del Centro Marco

Camera del lavoro territoriale che

proprio i 16 marzo scorso ha protestato

nei pressi della direzione

generale della Asl di Brindisi chiedendo

che non venisse interrotto

un «pubblico servizio». «Esattamente

– dice il segretario generale

della Camera del lavoro di Brindisi

Antonio Macchia – perché è proprio

di quello che stiamo parlando.

Rischiamo di disperdere una esperienza

unica nel suo genere costruita

sul nostro territorio la cui opera

è stata riconosciuta a livello nazionale

e regionale e persino dal Cnr.

Purtroppo però come dicevamo

anche nei giorni scorsi il disagio

mentale resta la Cenerentola della

Sanità brindisina a dispetto anche

di casi di eccellenza». Ieri sulla opportunità

di tenere in piedi questa

esperienza di eccellenza rappresentata

dal Centro «Marco Cavallo» di

Latiano si è speso anche l’ex presidente

della Regione Puglia Nichi

Vendola. «Sì, l’onorevole Vendola

ben conoscendo questa esperienza

positiva e di assoluta eccellenza ha

centrato il cuore del problema. E

per dirla con le sue parole a rischio

è l’esperienza di quei lavoratori che

hanno rappresentato l’architrave

decisivo dell’esperienza socio-terapeutica,

proprio perché sono stati

il cuore dell’innovazione messa in

campo». Ma c’è anche una struttura

fatta di alto livello che hanno

permesso di ottenere grandi risultati

con bravissimi professionisti.

E questa è una esperienza non solo

che va salvata, ma che andrebbe ulteriormente

implementata visto il

bisogno sociale e la carenza di tante

strutture nel territorio brindisino

del disagio psichico». L’ultima protesta

del 16 marzo – dopo i reiterati

appelli – è servita comunque

a scongiurare al chiusura e i licenziamenti

di una ventina di persone.

«Sì, una soluzione temporanea. Ma

la politica dovrebbe assumere scelte

precise per salvaguardare queste

esperienze e portare avanti, non si

può stare ogni tre mesi a combattere

per la sopravvivenza. La politica

deve arrivare ad una determinazione,

istituzionalizzare questa la fase

17

sperimentale è passata ora bisogna

occupazionali». Non c’è solo il caso

di Latiano, ma anche del Day Hospital

di San Pietro V. ad aggravare

la situazione. «Sì. Ora va bene che

si proceda con le opere di edilizia

sanitaria che anche la Cgil ha chiesto

di accellerare altrimenti entro

novembre ci sarebbe stato il rischio

ma si poteva adottare una soluzione

dal piano di riordino regionale, il

reparto di psichiatria doveva essere

chiuso per essere allocato presso il

-

della chiusura dell’Spdc (Servizio

psichiatrico di diagnosi e cura) questo

trasferimento non si è concretizzato.

Dal 31 dicembre 2017 restava

a San Pietro il Dh psichiatrico che

domanda di ricovero presso l’Spdc

di Brindisi e di attutire il disagio

determinato dalla carenza di posti

letto dovuta alla mancata apertura

spital

era anche una struttura intermedia

che permetteva ai pazienti di

essere seguiti con regolarità lungo

il percorso della propria malattia,

con un modello organizzativo multidisciplinare.

Dal 31 gennaio 2002,

a seguito del trasferimento in altra

sede e provincia dell’unico medico

in servizio, mai sostituito nonostante

l’arrivo di nuove risorse nel Dsm

(Dipartimento di salute mentale), Il

Dh svolgeva solo le attività di tipo

psicologico». Insomma cosa chiedete

alla Asl? «Chiediamo una programmazione

che tenga conto dei

bisogni dei pazienti e degli operatori

e questo si rende più evidente in

occasione della ristrutturazione del

Pta di San Pietro, che necessitava

di una strategia attenta e condivisa

disagi. Ma vale per il Csm (Centro

di salute mentale) dove il personale

è carente».


l'attuale sorte del marco Cavallo...

ALLA

PRESIDENZA

DELLA REGIONE

PUGLIA,

MOBILITATI

PER LA SALUTE

MENTALE E

PER IL CENTRO

MARCO CAVALLO

di Paolo Minervini

Lunedì 22 maggio scorso, il Centro

diurno Sperimentale di Studi e

Ricerca per la Salute Mentale di

Comunità di

Latiano (BR)

e l’Associazione

180amici

Puglia, si sono

mobilitati a

Bari sotto gli

sidenza

della

Regione per

protestare e

chiedere l’impegno

del Presidente

Michele

Emiliano nel

dare una svolta

alle politiche

della Salute

Mentale regionali,

a favore

di percorsi in cui i cittadini possano

essere protagonisti insieme agli

operatori e ai decisori politici nella

cogestione dei Servizi. In particolar

modo, si è protestato, per chiedere

che l’esperienza del Centro Marco

Cavallo, non venga dispersa, ma

consolidata e rilanciata. Questa

iniziativa, è rientrata nella mobilitazione

promossa in tutta Italia dal

Coordinamento Nazionale Salute

Mentale, denominata “Salute Mentale

per Tutti: Riprendiamoci i diritti”.

Il sit-in, sul lungomare, è stato

ben organizzato i giorni prima,

non sono mancati tanti striscioni e

nemmeno la statua di cartapesta di

Marco Cavallo del Sud che è stata

trasportata con un furgone cargo

da Latiano. Le persone coinvolte

(utenti, volontari, famigliari, operatori,

simpatizzanti, ecc.), compresi

coloro che sono venuti da Bari,

sono state circa una settantina e a

vario titolo hanno dato il loro contributo

facendo leggere cartelloni

e operando con un volantinaggio

a tappeto davanti la sede della Regione.

Siamo rimasti diverse ore in

attesa che una delegazione venisse

ricevuta e, solo verso le 15:00 circa

del pomeriggio, è stata convocata.

Purtroppo, anche questa volta a ricevere

soci, famigliari e volontari

ne

che, per molto tempo, si sono

appellati solo ad aspetti tecnico-burocratici,

per cui, non hanno sortito

18

appieno le nostre richieste e i nostri

obiettivi. Solo diversi giorni dopo,

quando c’è stata una richiesta della

Direzione Generale ASL di Brindisi

e del Direttore di Dipartimento

Salute Mentale di Brindisi d’incontrare

una delegazione della 180amici

Puglia, è stata strappata una proroga

di sei mesi, grazie anche alla

CGIL che era presente, risultato

meno precario rispetto ai brevissimi

tempi delle ultime proroghe,

alla questione del Centro Marco

Cavallo che vorrebbe raggiungere

l’obiettivo di una nuova Convenzione

con un budget più adeguato.

La giornata della mobilitazione a

Bari, per me

è stata una

giornata bellissima,

ho

partecipato

attivamente

al volantinaggio

e mi

sono sentito

protagonista.

Devo dire

che, comunque,

a livello

mediatico

ha sortito

molto interesse,

tanto

che sia Telenorba,

ma

anche Rai3,

sono intervenute per interessarsi

all’evento. Personalmente, mi è

piaciuto molto tornare a Bari, mio

capoluogo di provincia, perché io

sono originario di Molfetta. Erano

cinque anni che non vi tornavo

e anche se non dovevo incontrare

degli amici, mi è piaciuto proprio

stare sul lungomare e rivedere, in

parte, la mia città.


Come riferito nell'articolo di Paolo Minervini, il presidio

sotto il palazzo della Regione Puglia ha riscontrato molta

attenzione da parte dei Media. Sotto, seguono tre articoli,

tratti rispettivamente dal Quotidiano di Puglia del 22 maggio,

dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 23 maggio, da IL7

magazine del 26 maggio

CENTRO DI SALUTE MENTALE A

RISCHIO CHIUSURA.

SIT IN DINANZI ALLA REGIONE

"A 45 anni dalla legge180 la Sa lute

Mentale di Comunità è al collasso".

Ad asserirlo sono i soci del centro

sperimentale pubblico "Marco

Cavallo" di Latiano che per lunedì

hanno organizzato un sit-in davanti

alla presidenza della Regione

Puglia per protestare contro i tagli

del settore e chiedere l'im pegno del

presidente Michele Emiliano nel

dare una svolta al le politiche della

a favo re di percorsi in cui i cittadini

possano essere protagonisti, insieme

agli operatori ed ai de cisori politici,

nella cogestione dei servizi.

i soci-lavoratori -, chiediamo di in-

l'innova tiva esperienza del centro

della nostra Regione, non venga dispersa,

ma conso lidata e rilanciata».

Molti citta dini, familiari, persone

za psichica, volontari ed operatori,

hanno voluto realizzare una

"sperimentazione" di co-gestione

di un Centro diur no tra operatori

del pubblico e cittadini attraverso

l'associa zione "180amici Puglia" e

l'im pegno dei suoi soci esperti per

esperienza. Tale pratica ha ottenuto

ne gli anni risultati "terapeutici"

straordinari in termini emanci pativi

per chiunque vi fosse coinvolto,

operatori compresi, con aumento

della consapevo lezza e con l'opportunità

di ri conoscersi come soggetti

di di ritto, ed i risultati positivi sono

stati riconosciuti all'unanimi tà, a livello

regionale e naziona le, anche

attraverso una prima fase di ricerca

del Cnr di Roma pubblicata su una

importante rivista anglosassone. La

caratteristica innovativa fondante

dell'esperienza collet tiva e sperimentale

del "Marco Cavallo" del

Sud consiste nella co-progettazione

e nella co-gestione di un servizio

con un or ganico "misto" composto

da esperti per esperienza ed esperti

per professione, carat teristica

che tra l'altro si pone all'interno di

orientamenti na zionali sempre più

cogenti che ormai da oltre un decennio

ri conoscono le persone con

come "esperte per esperienza", individuando

nel valore espe rienziale

un valore aggiunto utile e prezioso

nei percorsi di "Salute mentale di

comunità". «Da anni l'esperienza

brindisina, nonostante tutti a parole

la riconoscano come valida

e po sitiva, versa in un grave stato

di precarietà, con continue brevi

proroghe "straccione" e lo spet tro

incombente di una possibi le "chiusura".

Ed allora biso gna passare

dalle belle parole ai fatti», hanno

dichiarato i so ci del sodalizio. Su

questa esperienza si è espresso di

recente anche l'ex presidente della

Regione Pu glia, Nichi Vendola,

che ha te stimoniato come il "Marco

Ca vallo" di Latiano «sia un'esperienza

bellissima, un cammino di

guarigione e di libertà, che non

burocrazia o dell'in dolenza politi-

Regione pos sa accogliere questo

appello. Lo spero perché tocca alla

19

poli tica prendere il piccone e rompere

il muro che impedisce di fare

ciò che è giusto fare, ciò che è necessario,

soprattutto per chi vive in

una condizione di fragilità»

SALUTE

MENTALE DI

COMUNITÀ ALLO

SBANDO.

ESPLODE LA

RABBIA DI

OPERATORI E

FAMIGLIE

A 45 anni dalla legge 180, la salute

mentale di co munità è al collasso.

Lo grida una delle migliori

realtà di Puglia (e d'Italia) il Centro

sperimentale pubblico «Marco

Cavallo» che dal 2008, a La tiano,

in provincia di Brindisi, interpreta

lo spirito di una legge innovatica

e rivoluzio naria, la 180 appunto.

Oggi, viceversa, «il paradig ma

biomedico è tornato im perante, il

circuito psichiatri co è sempre più

orientato alla stabilizzazione e alla

croniciz zazione, la spesa ingessata

sul "posto letto"». Operatori, utenti,

famiglie del «Marco Ca vallo» si

sono riuniti in sit-in ieri sul lungomare

di Bari, davanti alla sede della

pre sidenza della Regione. Al governatore

Emiliano si chiede «una

svolta» nelle politiche della salute

favore di per corsi in cui i cittadini

possano essere Protagonisti, insieme

agli operatori ed ai decisori politici,

nella cogestione dei Servizi».

Alla Regione, in particolare, si chiede

«di intervenire tem pestivamente

chiello della nostra Regione, non

venga dispersa ma con solidata e

rilanciata». Molte persone, alcune


za psichica, poi anche volon tari e

operatori, hanno rea lizzato a Latiano

una speri mentazione di co-gestione

di un Centro diurno. È nata

così l'associazione «180amici Puglia»

e l'impegno dei suoi «Se pe»

(Soci Esperti Per Espe rienza). Tale

pratica ha ottenuto ne gli anni risultati

terapeutici straordinari per

chiunque vi fosse coinvolto, operatori

com presi, con aumento della

consapevolezza e con l'opportunità

di riconoscersi come sog getti

di diritto. Risultati ri conosciuti

unanimemente a li vello regionale e

nazionale, an che attraverso una prima

fase di ricerca del Cnr di Roma

pubblicata su una importante rivista

anglosassone. La caratteristica

innovativa fon dante dell'esperienza

colletti va e sperimentale del «Marco

Cavallo del Sud» consiste nella

co-progettazione e nella co-ge

stione di un Servizio con un organico

misto composto da esperti per

esperienza ed esperti per professione.

«Da anni - hanno spiegato i

protagonisti del sit-in - l'espe rienza

brindisina, nonostante tutti a parole

la riconoscano come valida e

positiva, versa in un grave stato di

precarietà, con continue brevi proroghe

"straccione" e lo spettro incombente

di una possibile "chiusura".

Ed allora bisogna passare dalle

belle parole ai fatti». Di qui la pro-

scioni, slogan, un presidio an dato

ieri. Operatori, vo lontari, familiari

dei pazienti hanno denunciato con

ama rezza come «l'impegno verso

percorsi di protagonismo e di ripresa,

seppur declamato in ogni dove,

rimane purtroppo residuale nella

cultura degli operatori, nonostante

siano per fortuna ancora tante le

esperienze locali che andreb bero

adeguatamente ricono sciute, protette,

rilanciate in cui operatori e

cittadini di mostrano nei fatti che

"è pos sibile" un altro modo di "fare

psichiatria"».

«MARCO CAVALLO» CONVENZIONE

NON RINNOVATA:

OPERATORI E PAZIENTI

PER STRADA

di Marina Poci

Il cavallo azzurro Marco, trasporta-

Associazione 180amici Puglia, che

cogestisce con la Asl di Brindisi il

centro polifunzionale sperimentale

latianese che porta il suo nome, è

stato il primo ad arrivare sul lungomare

di Bari, di fronte alla sede della

Presidenza della Regione Puglia,

nella mattina di lunedì 22 maggio.

Poi piano a piano, timidamente,

nello stesso tratto di strada si sono

tori,

tutti con la risoluta intenzione

di difendere il rivoluzionario polo

di cura, assistenza e ricerca scienti-

quelle che lo psichiatra Carlo Minervini,

ex responsabile del centro

ed ora presidente della 180amici,

della convenzione regionale che

getto

e la cui ennesima scadenza è

tre anni, infatti, il “Marco Cavallo”,

la cui esperienza nella gestione

delle problematiche psichiatriche

-

migliori esperienze di assistenza

psichiatrica territoriale in Puglia,

nel Meridione e in Italia”, vive una

condizione di precarietà che non

consente una solida e durevole progettazione

delle peculiari attività

20

che vi si svolgono e che hanno permesso,

dal 2008 ad oggi, il riscatto

e il recupero ad una piena socialità

dalle più svariate patologie mentali.

“Purtroppo la manifestazione,

pur essendo stata molto partecipata

e pur contando sul sostegno del

Coordinamento Nazionale Salute

Mentale (costituito da Cgil, Cisl

Mentale e tantissimi altri soggetti)

e dell’Unasam (Unione nazionale

delle Associazioni per la Salute

Mentale) all’interno di una mobilitazione

lanciata nei giorni scorsi in

con amarezza il dottor Minervini.

“Speravamo in un’interlocuzione

politica, se non con il Presidente

della Regione Michele Emiliano,

almeno con qualche esponente del

suo entourage. Invece siamo stati

ricevuti dalla dottoressa Memeo,

una dirigente tecnico-amministrativa,

con cui già in passato avevamo,

per quanto stentatamente, iniziato

un dialogo: persona rispettabilis-

decisionale, la quale si è limitata ad

assicurare che saremo convocati,

prima della scadenza della convenzione,

per il rinnovo della stessa

sulla base del vecchio regime. Ma

non è questo ciò di cui il Marco Cavallo

ha bisogno: occorre innanzi

tutto uno stanziamento più cospicuo,

perché anche noi, come tutti,

dobbiamo fare i conti con l’aumento

del costo della vita, a sostenere il

euro annui erogati. Inoltre, è quanto

mai necessario un intervento

legislativo regionale per adattare

la normativa in vigore alle modalità

di svolgimento del servizio in


un centro, quale è il nostro, che

per moltissimi aspetti è innovativo.

Mi riferisco, naturalmente, alla

questione dei SEPE, cioè dei “soci

esperti per esperienza”, persone

psichica, che nel Marco Cavallo lavorano

con regolare stipendio e con

tutte le garanzie del lavoro dipendente:

tale pratica, comunque, rientra

in quegli orientamenti nazionali

sempre più cogenti che ormai da

oltre un decennio riconoscono que-

tutta Italia) individuando nell’esperienza

diretta un valore aggiunto

utile e prezioso nei percorsi di salute

mentale di comunità”, prosegue

l’ex direttore. La singolarità dell’esperienza

del “Marco Cavallo”,

d’altronde, risiede proprio nell’aver

pienamente incarnato i principi

della legge regionale numero 26 del

2006 (Disposizioni programmatiche

per la tutela della salute mentale)

che all’art. 9 comma h prevede

la “gestione, in via sperimentale

di forme di autogestione di Centri

diurni da parte di utenti e gruppi di

self-help”, stabilendo che la riabilitazione

in materia di salute mentale

può essere condotta anche tramite

il concorso dell’associazionismo

e, cioè, prevedendo, nelle strutture

territoriali che si occupano di servizi

di assistenza psichiatrica, un organico

misto, in cui al professioni-

sta ancora attraversando una condizione

di disagio mentale. Proprio in

tale ottica, in uno dei frequenti momenti

assembleari che costituiscono

il fulcro del “Marco Cavallo”,

già nel 2008, anno in cui cominciò

questa scommessa, si decise collettivamente

di dare vita ad un’associazione,

la "180amici Puglia”, che,

da statuto, lavora “per garantire un

della persona con disturbi psichici

mediante la valorizzazione delle

capacità e delle potenzialità preesistenti

e l'inserimento lavorativo

(previsto dalla legge 68/99) per favorire

lo sviluppo della creatività,

della produttività, dell'autostima,

della realizzazione di sé e dei propri

desideri, nonché, per costruire

percorsi socioculturali atti a ridurre

la discriminazione nei confronti del

malessere mentale”.

“Nel nostro centro, a fronte di un

organico professionistico veramente

minimo e accanto a famigliari

di pazienti e a volontari che hanno

sposato la nostra causa, lavorano,

come cuoco, autista, segretario, impiegato

amministrativo, esperto informatico,

caporedattore del periodico

180Meraviglie, ricercatore,

eccetera, persone che conoscono la

in trattamento. Ogni volta che ci avviciniamo

alla scadenza della convenzione,

siamo costretti a inviare

i preavvisi di licenziamento. Per

qualsiasi lavoratore perdere l’occupazione

è estremamente doloroso,

ma a maggior ragione lo è per chi,

reduce da un percorso virtuoso di

emancipazione sociale e lavorativa

che lo ha portato a rendersi indipendente,

debba tornare ad una situazione

di precarietà. I SEPE sono

persone che faticosamente, dopo

un periodo di buio, hanno rivisto il

sole, sperimentando

la

possibilità

di

essere un

cittadino

che paga

le tasse,

un soggetto

di

diritto,

una persona

in

grado di

guardare

al futuro

con

speranza

e ottimi-

21

per motivi burocratici è profondamente

ingiusto. Voglio anche

aggiungere che, a causa di questa

instabilità, negli ultimi 3 anni siamo

stati costretti a ridurre le nostre

attività, in quantità e qualità, cosa

che limita fortemente il senso della

nostra missione riabilitativa,

anche perché, oltre al pagamento

degli stipendi, dobbiamo sostenere

il piano di rientro delle passività

purtroppo maturate negli ultimi

tempi, proprio a causa degli scarsi

nervini.

Alla manifestazione barese

del 22 maggio era presente anche il

già assessore regionale alla Salute

avallo, sotto il primo mandato del

Presidente Vendola, nel 2010 fu

del Marco Cavallo di Latiano (che

già dal 2008 era in attività in forma

totalmente volontaristica), ispirato

ai principi maturati dal compianto

-

1978 (quella che, in nome del superamento

delle logiche manicomiali,

dispose l’abolizione degli ospedali

psichiatrici in favore di strutture

terapeutiche e riabilitative all’in-


terno dei territori di vita di ognuno

di noi). Proprio all’esperienza del

professionista veneziano si deve il

nome del centro latianese: Marco

Cavallo era una installazione di legno

e cartapesta azzurra ideata nel

1973 nel manicomio di Trieste nel

corso dei laboratori artistici creati

all'interno della struttura nosocomiale

da Basaglia. Era così che i

ricoverati dell'ospedale psichiatrico

di Trieste chiamarono il cavallo

che dal 1959 era adibito al traino

del carretto della lavanderia, dei ri-

rio

e per il quale, nel 1972, era stata

prevista la macellazione. I pazienti

scrissero una lettera al Presidente

della provincia di Trieste, chiedendo

di risparmiare l’animale e promettendo

che se ne sarebbero occupati

a proprie spese sino alla morte

naturale. Da allora Marco Cavallo,

portatore dei sogni e dei desideri di

libertà dei ricoverati in manicomio,

è nel mondo icona del cambiamento

culturale che di lì a poco avrebbe

portato alla legge Basaglia e al

riconoscimento

della

dignità

personale

di tutti

gli esseri

umani,

inclusi i

pazienti

psichiatri-

mente

cittadini,

per

ognuno

dei quali,

per la prima

volta,

venivano

individuati

percorsi

terapeutici

specifici.

Proprio i

progetti

terapeutici

riabilitativi individualizzati

costituiscono il vanto del “Marco

Cavallo” che, lungi dal prevedere

strategie univoche e standardizzate

di intervento, lavora sullo sviluppo

delle capacità personali di chi frequenta

il centro, partendo dall’ascolto

dell’altro e puntando alla

sperimentazione di sé attraverso

il confronto alla pari con operatori,

famigliari e altri assistiti. In un

momento di grande crisi per i servizi

psichiatrici in tutto il Paese,

in cui si torna a rivalutare pratiche

desuete come la contenzione e l’e-

essere la risorsa privilegiata a disposizione

dello psichiatra, il sit-in

organizzato a Bari si colloca nel

solco di una mobilitazione nazionale

che punta esattamente a rico-

livello normativo uniforme, che la

persona che ha vissuto direttamen-

terrompendo

il proprio percorso di

vita, può, all’esito di un cammino

di cura e riabilitazione, riprendere

le proprie competenze, acquisirne

di nuove e diventare membro attivo

nell’ambito della co-progettazione

e della co-gestione dei servizi psichiatrici.

“A quarantacinque anni dall’introduzione

della legge Basaglia,

l’utopia alla base di quell’idea di

psichiatria, e soprattutto di salute

mentale, viene ferita da ragioni burocratiche

e da un vuoto legislativo.

Ci vuole coraggio ad adottare

provvedimenti innovativi di politica

sanitaria: da circa quindici anni

noi sperimentiamo un modello rivoluzionario

di cura e riabilitazione

psichiatrica e ne abbiamo dimo-

che la regione Puglia faccia uno

sforzo ulteriore di svecchiamento

della regolamentazione di settore

e riconosca, con i dovuti interventi

normativi, l’importanza del nostro

esempio e agisca di conseguenza.

Non possiamo restare sperimentali

per sempre”, conclude il Dottor

Minervini.

22


formazione

IL FAREASSIEME PER SERVIZI SEMPRE PIU’ NOSTRI ED

EFFICACI

di Gennaro Dinota

Il 18 maggio 2023 una delegazione

della 180amici Puglia, composta

oltre che dal sottoscritto, da Cosimo

Venerito, Augusta Caforio,

to,

Paolo Galasso e Vito Polito (alla

quale si sarebbero aggiunti Carlo

Minervini e Maddalena Guida) si è

recata ad Andria per presenziare al

convegno “I Maratoneti della Via

Lattea”, promosso dal Dipartimento

di Salute Mentale della provincia

di Barletta-Andria-Trani e dal

Centro Diurno cogestito “Oltre il

Muro”, sito nello stesso capoluogo

andriese. Il tema portante del Convegno

era imperniato sulla pratica

clinazioni,

che per la nostra Associazione

è stata fonte di ispirazione

sin dal 2009, allorquando una nostra

delegazione fu ospite presso il

Dipartimento di Salute Mentale di

Trento per toccare con mano le caratteristiche

di quella che allora era

una delle poche esperienze italiane

che mirava ad allargare le maglie

della gestione dei servizi di salute

mentale con la fattiva collaborazio-

Esperti). Sono passati circa 14 anni

da allora e qualcosa sembra (anche

se lentamente) muoversi. In Puglia

sono attualmente attivi tre centri

diurni cogestiti; oltre al succitato

“Oltre il Muro” e al “Marco Cavallo”,

da noi cogestito, è da segnalare

l’esperienza del Centro “Piazza

Grande” di Santeramo, in provincia

di Bari. I referenti sanitari del

Centro Diurno di Andria hanno illustrato

le peculiarità del loro servizio;

le spiegazioni circa la struttura

organizzativa e l’impegno degli

operatori pubblici (provenienti dai

tori

delle cooperative sociali del

territorio) sono state integrate dalle

testimonianze delle persone con

esperienza di disagio psichico, che

hanno reso partecipi i presenti de-

strutture atipiche ha loro apportato.

Anche la nostra delegazione ha

avuto l’opportunità di presentare

alcuni interventi, inclusa l’intro-

Cavallo illustrate dal Dottor Carlo

Minervini. I nostri interventi erano

un compendio di testimonianze

nostre peculiarità nel portare avanti

una forma di salute mentale quanto

più comunitaria possibile e i bene-

avuto sui frequentatori del nostro

Centro. Ovviamente grande interesse

hanno suscitato gli interventi

di Renzo De Stefani e Roberto

Cuni, rispettivamente ex Direttore

del DSM della Provincia Autonoma

di Trento e Coordinatore degli

Come sempre, le testimonianze

dirette, vis a vis, sono le migliori

per spiegare le peculiarità di un

progetto; così è stato per Renzo De

Stefani, che ha rivangato la situazione

non certo entusiasmante, agli

inizi degli anni Duemila, del servizio

che era chiamato a dirigere. Si

avvertiva uno scollamento profondo

tra quelle che erano le esigenze

di utenti e familiari e quello che

il Dipartimento di Salute Mentale

to,

che si ripercuoteva anche sulle

motivazioni degli operatori. È stato

quindi quasi naturale, per De Stefani,

attingere a quelle pratiche di

coinvolgimento della cittadinanza

nella gestione dei servizi, percorso

già iniziato negli anni Novanta, at-

I risultati non hanno tardato a manifestarsi:

sintomatico in tal senso

è stato il cambiamento di atteggiamento

della cittadinanza nei confronti

dei servizi di salute mentale,

che ora venivano indicati come i nostri

servizi. A dimostrazione che la

pratica, mutuando il gergo teatrale,

23


di sfondamento

di quella quarta

parete rappresentata

dall’insindacabilità

del

sapere dei tecnici,

rappresenta

condizione essenziale

nel funzionamento

della

cosa pubblica.

In questa rivoluzione

copernicana

ha rivestito

un ruolo importante

Roberto

Cuni: bergamasco, elettricista di

professione, ma soprattutto familiare

di una persona caduta nel

ziale

che ti porta a peregrinare in

cerca di una soluzione miracolistica,

quando magari la soluzione

è a due passi da te. È stato proprio

l’impegno di Cuni nella pratica del

self-help a fargli conoscere Renzo

De Stefani e sentirsi proporre

da quest’ultimo di passare dagli

intrecci dei cavi elettrici a quello

delle relazioni delle persone con

disagio con il Dipartimento di Salute

Mentale. Un intreccio fatto di

esperienza e di supporto, che si è

scontrato inizialmente con la ri-

dei servizi; sono stati questi ultimi,

però, con il consolidarsi dell’esperienza,

a ritenere via via sempre più

imprescindibile l’apporto di utenti

e familiari esperti nella gestione

dei servizi. Di grande interesse è

stato l’intervento di Giuseppe Salamina,

responsabile del progetto

-

Supporto tra Pari (ESP), realizzato

nell’ultimo anno attraverso dei webinar

che hanno coinvolto diverse

realtà interessate sparse per lo stivale.

Il Dottor Salamina ha messo

organica la presenza delle persone

con esperienza di disagio psichico

nell’organigramma dei servizi pub-

dotare la competenza esperienziale

giuslavoristico. Negli ultimi anni,

chi ha voluto attingere alla collaborazione

professionale dei potenziali

ESP è ricorso sovente a degli

escamotage contrattuali, somministrando

un contratto di lavoro che

contemplasse delle mansioni già

previste dall’attuale ordinamento.

Nel mese di giugno, in quel di Bologna,

si terrà l’assemblea nazionale

che farà il punto sullo

stato dell’arte e sulla

possibilità di attingere a

Nazionale di Ripresa e

il progetto. Terminato il

convegno, ci siamo dati

appuntamento con operatori

e frequentatori del

Centro Diurno Oltre il

Muro, cogestito dall’omonima

associazione,

per una cena conviviale

che, come spesso accade

in questi casi, ci ha

consentito di conoscere

la loro realtà in maniera

più diretta, lontani da

rigidi formalismi. E così abbiamo

avuto modo di toccare con mano

l'entusiasmo di operatori, volontari

e frequentatori nel tentare una

24

strada nuova e, al contempo

il disappunto nel

constatare la riluttanza

che ancora pervade alcuni

settori della salute

mentale quando si

parla di coinvolgimento

della cittadinanza.

Il centro andriese può

contare sul supporto

part-time di alcuni

operatori, sia del servizio

pubblico che del

privato sociale, che

coadiuvano i membri

dell’associazione nello

svolgimento delle attività quotidiane.

Al momento non vi sono inserimenti

lavorativi che coinvolgono

le persone con disagio psichico;

non sono comunque escluse in un

prossimo futuro, qualora si concretizzasse

la possibilità di attingere ai

fondi europei prospettati dal Dottor

Salamina nel suo intervento. Ringraziando

i componenti del Centro

Diurno Oltre il Muro per la splendida

ospitalità ricevuta, ci siamo congedati

ripromettendoci che questa

sarebbe stata la prima di numerose

occasioni nelle quali cementare la

nostra collaborazione per il nostro

obiettivo comune: una salute mentale

realmente comunitaria.


Il corso di formazione EX-IN a Bologna continua. Cosimo Venerito ha relazionato

anche questa volta sui moduli a cui ha parteciapto. Sotto, il 3°, 4°, 5° e 6° modulo,

seguiti da alcune considerazioni sul III Convegno Nazionale ESP, tenutosi il 23 e

24 giugno 2023.

FORMAZIONE

EX-IN (TERZO

MODULO)

ESPERIENZA E

PARTECIPAZIONE

di Cosimo Venerito

La nostra formatrice Kirsten Dusberg,,

nel terzo incontro, si è soffermata

sui concetti di esperienza

e partecipazione riferiti alle per-

corso

di cura nei servizi di salute

zione

di Esperienza del sociologo

nel seguente modo: è l’insieme di

quello che viviamo ogni giorno,

cioè, ciò che facciamo, che viviamo

nell’immaginazione e ciò a cui

siamo esposti. E’, inoltre, l’insieme

dei momenti che, a tratti, ci fanno

domandare il senso delle cose che

ci accadono. Il punto cruciale, in

questa rappresentazione dell’esperienza,

è l’idea di un contatto fra il

soggetto e sé stesso, che si instaura

a tratti e che gli permette, se elaborato,

di orientare l’azione. Questo

contatto non è propriamente una

della propria presenza. La ricerca

di questo contatto corrisponde a

prendere atto di ciò che viviamo,

per farcene responsabili. Lo psicologo

Harrie van Haaster, invece,

spiega il valore dell’Esperienza

come la competenza che è basata

sull'esperienza cioè quella conoscenza

di esperti la quale è stata ac-

esperienze. Nel campo della salute

della malattia, del disagio e della

disabilità, esperienza con il sistema

sanitario, esperienza con le reazioni

dell'ambiente sociale e, in ultima

analisi, esperienza nel confrontarsi

con le esperienze di altri pazienti o

utenti. La competenza può aumentare

attraverso l’apprendimento,

imparando dalle nostre esperienze

e da quelle degli altri. Chiamiamo

una persona saggia nella misura in

cui ha esperienza e la usa nella sua

vita. Una persona saggia è una persona

con molta esperienza di vita.

La conoscenza basata sull’esperienza

nasce nella vita pratica e

quotidiana. È innanzitutto rilevante

per la propria vita, per imparare

a gestire al meglio certe situazioni

della vita. Spesso si impara per

tentativi ed errori. Di conseguenza,

molte persone desiderano trasmettere

le proprie conoscenze ai

pazienti e agli utenti che si trovano

nelle stesse situazioni. L’obiettivo

è evitare gli errori e consentire così

il maggior numero di successi. Nel

frattempo sono stati compiuti e ampliati

alcuni passi pratici in questa

direzione: iniziative sociali come

associazioni, gruppi di auto-aiuto,

campagne di emancipazione e

25

autodeterminazione, consulenza

telefonica e siti web. In tutte queste

iniziative, la conoscenza basata

sull’esperienza è stata utilizzata per

fornire consigli pratici da parte di

-

ca

coinvolgimento attivo nel proprio

percorso di cura, assunzione

di responsabilità. Prendere parte,

partecipare, dare ha a che fare con

opportunità e diritti all’autodeterminazione.

Possiamo individuare 3 livelli di

partecipazione:

• Livello Micro = individuo: livello

personale (piano di cura, progetto

terapeutico personale, ambiente

privato, ecc.)

• Livello intermedio = Pubblico: livello

dei servizi istituzionali

(associazioni, istituzioni, carta dei

servizi, linee guida, ecc.)

• Livello macro = strutturale: politico

- giuridico - quadro nazionale,

internazionale (leggi, norme, ecc.)

Nella mia esperienza e mio percorso

di cura ho avuto 3 fasi:

Una prima fase in cui non ricono-

le cure e quindi ogni esperienza era

negativa, di contrasto con gli altri,

non ero io il responsabile di quello

che mi succedeva, il problema

erano gli altri, non imparavo dai

miei stessi errori. Una seconda fase

in cui ancora non riconoscevo che

bo

psichico, ma preferivo essere

coinvolto in esperienze positive di

lavoro e di socialità con gli altri e

quindi dall’esperienza avevo imparato

ad essere partecipativo con

tutti e in tutto quello che mi succedeva.

Poi c’è stata una terza fase

in cui ho capito di avere un disagio

grave e invece volevo stare bene.

Per stare bene dovevo fare di tutto

per riprendermi. Per quanto le

esperienze dei ricoveri, della solitudine,

della mancanza di lavoro

la

inesistente socializzazione siano

esperienze negative di cui tutti

farebbero a meno sono comunque


le mie esperienze, sono io ad aver

fatto quelle scelte, quelli errori che

mi hanno condotto inevitabilmente

ad una crescita personale, sono le

esperienze che mi hanno permesso

di essere quello che sono adesso,

le esperienze che bisogna custodire

per imparare da loro e ripescarle

quando si fanno le prossime scelte.

FORMAZIONE

EX-IN (QUARTO

MODULO)

RECOVERY

di Cosimo Venerito

tato

il tema della recovery. Recovery

è il termine internazionale per

si”

dalla malattia mentale, dal disagio

psichico. Il verbo “to recover”

dersi

da uno svenimento. È quel

periodo della propria vita successivo

a quello acuto della “malattia”

con i suoi sintomi e con uno scarso

funzionamento sociale, in cui si

peggio è passato”. Le persone sono

in recovery quando i sintomi della

loro “malattia” non interferiscono

con il loro funzionamento nella vita

quotidiana. Le due cose da sottolineare

sulla Recovery sono:

1. Non è qualcosa da raggiungere,

ma, soprattutto un viaggio, un processo

complesso e non lineare, di

cambiamento, una esperienza di

crescita oltre la malattia coltivando

la speranza di momenti migliori

2. Le storie di Recovery non sono

sempre storie di successi sebbene si

possano riportare anche le storie di

persone uscite dal circuito psichiatrico.

È un percorso verso una buona

qualità di vita e questo implica

imparare a (con-) vivere bene con

il disagio e le limitazioni o ancora

meglio di superarlo e vivere un

ruolo sociale attivo e soddisfacente

nella comunità. L’esperienza con la

persona colpita da disagio psichico

essere esattamente come si era prima

della crisi. Ogni utente dei servizi

di Salute Mentale che si trova

in una fase di Recovery costruirà

delle strategie personali di supporto

(incluso farmaci e l’utilizzo dei

servizi), per poter prendersi cura

connessi ad essa. La Recovery è

supportata da una visione positiva

della vita, dalla propria capacità di

gestire la malattia, dall’abitare in

un luogo sicuro, dall’avere delle

dio,

tempo libero, dalla capacità di

socializzazione che si mette in atto.

Patricia Deegan, esperta per esperienza,

psicologa, attivista, pioniera

del movimento degli utenti per

la recovery (U.S.A.) dice che: “Qui

sta il paradosso della guarigione:

accettando ciò che non si può fare

o essere, si inizia a scoprire, chi si

può essere e cosa si può fare. La recovery

è un processo. È uno stile

Recovery è ciò che dobbiamo fare

per noi stessi, nessun’altro può

farlo per noi. Nel mio caso ritengo

di aver mantenuto una visione

positiva della vita anche nel perio-

psichica, quando ho avuto bisogno

dell’SPDC più volte, ma ritenevo

di essere in grado lo stesso di lavorare

e di avere un buon inserimento

sociale: “Qualcosa mi impediva di

avere una qualità di vita soddisfa-

-

un po' di più dello psichiatra, di un

infermiere che mi ha conosciuto

bene, degli utenti che ho incontrato

all’inizio della mia ripresa e che

avevano avuto problemi simili ai

miei. Ho cercato di conoscere meglio

i miei problemi e di apprendere

sempre nuove strategie per stare

bene e superare la malattia partecipando

a vari Convegni. In uno di

questi, a Modena, ho capito che il

26

CSM (Centro di Salute Mentale) ti

prende in carico, diventi un utente

dei servizi psichiatrici, ma dal

CSM si può anche essere dimessi,

se intraprendi un percorso di ripresa

superando il blocco maturativo

conseguente al profondo disagio

mentale. Adesso suppongo che

ogni CSM abbia un certo numero

di cartelle cliniche di persone dimesse

dal CSM e che si siano riprese

del tutto. Ho capito che era

iniziata la mia ripresa quando ho

avuto il primo contratto di lavoro

part time, anche se di poche ore,

dopo un periodo di diversi anni in

cui cercavo lavoro senza riuscire ad

ottenere nulla. Nel mio percorso di

Recovery mi ha aiutato seguire una

dieta prescritta da un nutrizionista,

-

carmi

a momenti socializzanti e ad

attività formative, anche leggendo

dei libri. A questi ultimi aspetti della

mia recovery mi sono impegnato

seguendo però le mie inclinazioni

e interessi. Inoltre mi ha stimolato

l’esperienza di andare a vivere in un

gruppo di convivenza autogestito

dagli stessi ospiti dell’appartamento

e successivamente ne ho preso in

iscritto alla Laurea Magistrale in

Ingegneria Aerospaziale, per continuare

il percorso dopo la laurea

potuto dare nessun esame perché a

tutt’oggi sono molto impegnato nel

mio lavoro al Centro Marco Cavallo.

Ho avuto una crisi a settembre

15 giorni presso il CSM e con una

compressa per dormire la notte. Poi

ho ripreso a dormire abbastanza

bene e non ho avuto più bisogno

di farmaci per passare la notte più

tranquillamente. A marzo 2021 a

causa di un forte passivo, dovuto a

portare avanti l’esperienza innovativa

in corso da oltre 10 anni, il Direttivo

dell’Associazione 180amici


Puglia ha dovuto adottare un piano

di rientro che, oltre a ridurre molte

attività e a chiudere i pomeriggi,

ha dovuto purtroppo tagliare gli

stipendi più alti compreso il mio.

Sono dovuto passare da 36 ore settimanali

di contratto part-time a 32

ore. Adesso, a febbraio scorso ho

di nuovo avuto un aumento che mi

ha riportato a 36 ore settimanali su

38, grazie a dei risparmi associativi

all’interno del Progetto Marco

Cavallo, nonché al riconoscimento

unanime del mio impegno e della

mia polivalenza di ruoli. A giugno

scorso ho conosciuto il corso EX-

IN ad un Seminario a Bologna a cui

abbiamo partecipato dalla Puglia in

un piccolo gruppo, mentre conoscevo

da tempo il Dott. Giuseppe Salamina,

responsabile del Progetto di

Corso stesso in Associazione ed è

stato espresso collegialmente parere

positivo a parteciparvi, sia come

opportunità di crescita culturale sia

perché si tratta di un importante

passo in avanti verso il riconoscimento

degli Esperti per Esperienza

(già presenti da noi da molti anni

come SEPE). Io sono stato scelto

come rappresentante per cui ho inviato

la domanda di partecipazione.

Dopo un colloquio di selezione a

settembre, che ha avuto esito positivo,

ho iniziato a frequentare il

corso con il modulo di Novembre

2022. Il corso è molto interessante,

mi permetterà di rielaborare il mio

percorso all’interno dei Servizi di

Salute Mentale e spero di raggiungere

un impiego full-time con 38

ore settimanali, non appena e se la

nuova convenzione per la Cogestione

del Centro Marco Cavallo si

realizzerà.

FORMAZIONE

EX-IN (QUINTO

MODULO)

IL TRIALOGO

di Cosimo Venerito

È un incontro tra persone con problemi

psichici, i loro familiari e i

professionisti nel campo della salute

mentale per parlare delle proprie

esperienze, alla pari. In ogni incon-

tema concordato insieme, sul quale

i partecipanti si scambiano le loro

esperienze. Un moderatore, che

può essere un utente, un familiare

o un professionista, si incarica del

rispetto dei tempi e del tema e fa

in modo che il clima dei colloqui

sia costruttivo. Naturalmente anche

negli incontri trialogici viene

garantita la massima riservatezza:

tutto quanto viene detto non va in

nessun modo divulgato. Ho partecipato

a due incontri trialogici online

organizzati dall’Associazione

Ariadne di Bolzano il 15 febbraio

con argomento “Opportunità di

esprimere la propria autenticità”

e il 15 marzo con argomento “Il

paternalismo che provoca rabbia

e reazioni “. Questi incontri sono

stati di preparazione all’incontro

organizzato all’interno del corso di

formazione EX-IN, il 18 marzo, a

Borgonuovo (BO) con argomento

“Ciò che mi fa stare bene quando

non sto bene”. Nell’incontro

di febbraio il mio punto di vista è

stato quello di essere favorevole

ad esprimere la propria autenticità,

perché questo modo di comportarsi

migliora le relazioni sociali, con

gli amici, i colleghi, costituisce un

al punto in cui non costituisce un

boomerang contro sé stessi, ci sono

delle verità che è meglio tenere per

sé. Nell’incontro del 15 marzo ho

spiegato che essere paternalistici

non è una cosa grave. Nel rappor-

essere paternalistici se questo può

evitare un pericolo o un guaio alla

27

persona a cui si vuole bene. Il 18

marzo ho spiegato che quello che

mi fa stare bene quando non sto

bene è dedicarsi ad un momento

di socializzazione che può essere

semplicemente uscire per andare a

giata

al mare, andare in palestra. In

generale, come ci ha spiegato un

ospite del trialogo, è utile dedicarsi

a qualcosa che ci piace. Tra gli altri,

un familiare ha espresso la pro-

trova in comunità da oltre 20 anni

e vorrebbe riportarlo a casa, era un

signore di 79 anni, ancora piuttosto

attivo. In questo modulo abbiamo

ascoltato la storia di Recovery di

3 partecipanti al corso, tra cui la

rapporto con i familiari e con gli

operatori/professionisti. Nel raccontare

la mia storia ho notato di

aver intrapreso un percorso di Recovery

con ottimi risultati, purtroppo

il percorso verso una buona qualità

di vita è stato piuttosto lungo

e con qualche ricaduta. Nel lavoro

che riguardava il rapporto con familiari

e professionisti sono emerse

domande su che cosa vorrei sapere

da un professionista oppure da un

familiare. Ricordo che nel periodo

delle mie crisi e dei ricoveri volevo

sapere come fare per stare bene e

che in quei momenti mi impediva

di dedicarmi ai progetti di vita

che avevo scelto per me stesso.

Sia i professionisti che i familiari

mi davano delle risposte per aiutarmi,

(una terapia farmacologica,

la frequenza di un Centro diurno,

frequentare degli amici), ma nella

mia percezione della realtà erano

tavano

ad una soluzione. A distanza

di anni chiederei la stessa cosa.

Ci si rivolge ad un professionista

dere

aiuto, anche i familiari sono in

grado di aiutarti se hai un problema

che non riesci a risolvere da solo.


Starei più attento all’ascolto, però.

FORMAZIONE

EX-IN (SESTO

MODULO)

ESPLORAZIONE

DI SÉ

di Cosimo Venerito

Il modulo sull’esplorazione di sé è

il primo dei moduli avanzati. Serve

come base per gli altri moduli, poiché

la comprensione della propria

storia e della propria esperienza

è fondamentale nel lavoro con le

persone. Il modulo si sviluppa invi-

storia ed a essere di supporto per gli

altri, per riuscire a comprendere i

propri vissuti e acquisire maggiore

chiarezza sulla propria esperienza.

In questo incontro abbiamo ascoltato

la storia di recovery di 2 colleghe

ESP, la volta precedente avevo

raccontato la mia e elaborato

la storia in plenaria all’interno del

gruppo che ha poi commentato. In

questa lezione ho imparato che la

vita consta non soltanto d’integrità,

ma anche di rottura e, come tale,

va accolta. In Giappone, quando

un oggetto in ceramica si rompe,

lo si ripara con l’oro, poiché si è

convinti che un “vaso rotto possa

divenire ancora più bello di quanto

già non lo fosse in origine”. La

ture,

ma al contempo, le impreziosisce

aggiungendo valore a ciò che

si ripara. Per l’ESP sarà importante

nel suo lavoro di supporto ad altri

utenti saper modulare l’esposizione

della propria storia secondo il contesto

e saper valutare come utiliz-

domande:

1. In quali momenti della tua vita

hai sentito la necessità di interrogarti

sulle tue esperienze, sulla tua

vita?

2. Quali circostanze e quali fattori

esattamente ti hanno permesso o

incoraggiato a esplorare la tua storia,

di aprirti, di parlare anche di

Cos’è alla base del tuo equilibrio,

del tuo sentirti appagato, cosa ti so-

di studi all’Università avevo una

per il lavoro che non trovavo, per la

mancanza di una compagna, tanto

che mi sono chiesto che cosa stesse

succedendo, cosa non andasse nella

mia vita. Non ho trovato risposte

per molti anni, perché nel frattempo

sono iniziati i problemi psichici

(probabilmente c’erano anche prima)

e i ricoveri. Il disagio psichico

mi ha assorbito per diversi anni nei

quali non parlavo con nessuno della

mia esperienza se non con gli psichiatri

che mi seguivano e dai quali

non mi sentivo aiutato. Poi, però,

sono stato sostenuto e incoraggiato

a esprimere la mia opinione e fare

brevi interventi all’interno di convegni

e seminari sulla salute mentale

e in occasioni di confronto con

altre realtà della Salute Mentale,

ho raccontato della mia esperienza

all’interno dei servizi di salute

mentale e il mio approccio al Centro

di Salute Mentale. L’esperienza

con il Centro Marco Cavallo iniziata

nel 2011 mi ha permesso di ritrovare

un mio equilibrio, di sentirmi

nuovamente in una relazione di

confronto paritario con gli altri, di

lavorare e appagare almeno in parte

i miei bisogni, sostenuto da una

nel futuro che non mi ha abbandonato.

Per fortuna la mia autostima

re

ogni accadimento che incontro.

ste

domande a cui aggiungo le mie

risposte:

1. Come descrivi tu l’esperienza

del disagio vissuto?

Era una continua ricerca di allevia-

2. Quali sono le caratteristiche del

disagio e della sua espressione in

sintomi?

Urlare alle persone accusandole di

28

motivazioni inesistenti

3. Cosa c’era o c’è di interessante,

positivo o prezioso in questa esperienza?

Credo nulla, perché nessuno vuole

avere un disagio psichico

4. Cosa ti ha aiutato nella crisi?

Stare a casa ad occuparmi di cose

che mi piaceva fare

5. Cosa ti ha aiutato ad uscire dalla

crisi?

Seguire i consigli del CSM

6. Che cosa ti ha aiutato ad accettare

voi stessi?

Stare insieme agli altri, socializzare.

3° CONVEGNO NA-

ZIONALE

RETE ESP

NAZIONALE: VER-

SO UNA

ASSOCIAZIONE

PROFESSIONALE

23-24 GIUGNO 2023

– CENTRO

SOCIALE

MONTANARI –

BOLOGNA

di Cosimo Venerito

I tre convegni sono stati organizzati

per mettere in rete tutti gli ESP delle

varie realtà in cui è attivo il supporto

tra pari nelle diverse regioni

italiane. Il coordinamento è a cura

del Dipartimento Salute Mentale

di Bologna. In particolar modo se

ne occupano la Dott.ssa Guzzetta

e gli stessi ESP di Bologna. Il 23

e 24 giugno si è svolto, sempre a

Bologna, il terzo convegno nazionale.

Dal 20 al 23 giugno ho seguito

l’ottavo modulo del corso EX-

IN con argomento l’“Assesment”,

poi, mi sono fermato un giorno in

più a Borgonuovo, sede del corso,

per seguire il convegno. Il giorno

di pernottamento in più è stato pagato

sempre nell’ambito del corso

di formazione, mentre il viaggio di

ritorno in aereo è stato pagato dalla

mia Associazione. Venerdì 23

abbiamo pranzato alle 12:30 e alle


13:40 abbiamo preso il treno per

Bologna dove siamo arrivati alle

14:00. Dalla stazione di Bologna

al Centro Sociale Montanari, sede

del Convegno, ci sono solo 15 min.

a piedi. La sala convegni è proprio

di Ustica che abbiamo visitato prenotandoci

sabato 24 alle 13:00 durante

la pausa pranzo. Mi ha molto

sto

all’interno del museo la dichiarazione

della Senatrice Daria Bon-

1980 nei pressi di Ustica in realtà

fu abbattuto all’interno di un con-

sidente

Cossiga nel 2008 rilasciò

delle dichiarazioni secondo le quali

l’aereo italiano con un missile. In

seguito a queste dichiarazioni l’inchiesta

fu riaperta. Ritornando agli

ESP, possiamo dire che sono perso-

renza

psichica e hanno partecipato

mettere a disposizione di utenti,

famigliari e operatori il proprio

“sapere esperienziale”, la propria

capacità di ascolto e il proprio sostegno

empatico. Possono operare

all’interno dei Dipartimenti di Salute

Mentale, per un Ente del Terzo

Settore oppure per altre istituzioni

o Enti. Mi ha fatto molto piacere

passare la serata di venerdì in pizzeria

con i colleghi e i formatori

del corso EX-IN. Abbiamo cenato

in una pizzeria a metà strada tra la

stazione e la sede del Convegno,

poi siamo rientrati a Borgonuovo

per dormire. Io ho raccontato che

mi è capitato di avere la colazione

se

e che c’è una pizzeria che fa la

Al convegno del 23 e 24 giugno

di quest’anno, vale a dire la terza

conferenza nazionale, è stato fatto

il punto della situazione su quanto

era stato prodotto durante la prima

e la seconda conferenza nazionale

ed è stato proseguito il tema convenendo

a nuovi intenti. La prima

Conferenza nazionale del 13,20 e

27 settembre 2021, svoltasi online,

ha prodotto un documento di consenso

e la 1a carta nazionale degli

Esperti in supporto tra pari in Salute

Mentale. Questa Conferenza era

stata programmata per aprile 2020

e rimandata a causa della pandemia

da Covid-19 a settembre 2021. La

seconda Conferenza Nazionale, tenutasi

a Bologna a giugno 2022, ha

ottenuto il risultato di costituire 3

gruppi di lavoro:

1. Riconoscimento Istituzionale

3. Promozione

Questi gruppi hanno lavorato prin-

tima

Conferenza dove sono stati

restituiti e condivisi i risultati. La

strada da percorrere è quella della

costituzione di una associazione

professionale i cui Soci sono tutti

ESP, ai sensi della LEGGE 14 gennaio

2013, n. 4. Il nome dell’Associazione

dovrebbe essere Associazione

professionale degli Esperti

in Supporto tra pari. Viene omesso

“in Salute Mentale”,

perché l’Associazione

includerà gli esperti

in supporto tra pari in

Salute Mentale, tra ex

tossicodipendenti ed ex

carcerati. Saranno individuate

3 sedi in 3 diverse

Regioni e durante

i lavori della Conferenza

sono stati raccolti

i nomi degli ESP che

costituiranno l’Associazione

attraverso l’Atto

Costitutivo. C’è stato

un acceso dibattito sulla

presenza dei famigliari

all’interno dell’Associazione,

ma faranno

parte dell’Associazione

anche loro, andando a

sezione all’interno di

essa. È sorto anche qualche dubbio

sul nome, esso infatti non include

la dicitura “esperti per esperienza”,

ma studiando le norme è scaturito

che non è necessario includere que-

avanti con ulteriori 2 gruppi di lavoro:

1. Un gruppo si occuperà dello Statuto

dell’Associazione

2. Il secondo gruppo si occuperà di

scrivere una normativa sulla formazione

che sarà obbligatoria per

gli ESP che faranno parte dell’Associazione

e sulla formazione

professionale continua per chi è

iscritto all’Associazione. Sono stati

presentati dei possibili loghi per

l’Associazione e in plenaria si è

discusso dei pro e contro nella costituzione

dell’Associazione, dei

requisiti per la costruzione di una

Associazione professionale che va

ricordato non è un Ente del Terzo

Settore. Gli ESP che al Convegno

hanno lasciato il numero di telefono

e l’indirizzo e-mail saranno

ricontattati per i successivi passi

verso la costituzione di un’Associazione

professionale.

29


NOTE DI

PRIMAVERA

di Rosario Diviggiano

Si è svolto il 20 Aprile 2023 l’Evento

"Note di Primavera" c/o il

Centro Polifunzionale di Latiano.

Grande successo e grande partecipazione

di pubblico per quello che

è ormai diventato un appuntamento

immancabile per gli appassionati di

Musica nel Sociale. Il concerto, or-

Beato Bartolo Longo di Latiano ha

visto protagoniste alcune

band del territorio e nello

- La Pasone Band di San

Giorgio Jonico (TA)

tiano

(Br)

- l’OBBL Band di Latiano

(Br)

Hanno aperto il concerto

la Pasone Band, for-

Laboratori

batteria, voci e tastiere), guidati

dal Maestro Antonio Ricciardi. La

band, nata all'interno della Cooperativa

Robert Owen di San Giorgio,

ha deliziato la platea con la rivisita-

e della musica leggera italiana. Il

gruppo formato da esperti maestri

musicisti e da alcune giovani

leve ha divertito il

pubblico con ritmi incalzanti

e divertenti. "Siamo

nati per divertirci e per

fare aggregazione sociale,

ma quando ci siamo

accorti che riuscivamo a

far divertire chi ascoltava

la nostra musica, abbiamo

deciso di proporci all'

esterno dei nostri ambienti

consueti”: queste le parole

di Ricciardi, con il quale

ha salutato i presenti. La

tato

invece trenta minuti

di musica completamente

inedita, con brani scritti e

arrangiati completamente

all'interno del laboratorio

musicale svolto nel loro

quartier generale, il Centro Diurno

Marco Cavallo di Latiano. Il grup-

fondità

di alcuni testi scritti dai loro

30

autori e componenti della band. Armonie,

cori e ritmo, oltre che tanta

creatività presente nei loro brani.

stata ideata dal batterista della 180

che ha creato un’opera originale

OBBL Band di Latiano ha chiuso

il concerto con cinque cover di brani

musicali del panorama italiano

anni '70 '80 '90. Riarrangiati all' interno

del laboratorio musicale della

Longo, la formazione composta da

Utenti fruitori dei servizi residenziali

dell'Opera Beato Bartolo Longo,

operatori ed amici hanno scelto

brani con temi caldi quali la solidarietà,

la sostenibilità ambientale e

la lotta alle discriminazioni sociali,

talvolta arricchite da intro e testi recitati.

Presenti molte comunità ria-

culturali e naturalmente addetti ai

lavori che sono stati salutati dalla

presenza importante dell’amministrazione

comunale della città

di Latiano. La musica che accorcia

le distanze, che unisce e che

te,

arricchisce le relazioni e lancia

messaggi di amicizia, di pace e di

cittadinanza attiva.


L'Associazione 180amici Puglia, si è impegnata a collaborare con l'Associazione di promozione sociale

"Trullo Sociale" per il nuovo progetto "AugelluzziBeneComune (ABC) 2.0: I custodi della bellezza"

e per il progetto "Il calore della natura: visione di inclusione civilMente possibili". Sotto, la

scheda descrittiva del primo e l'abstract del secondo

PROGETTO

“AUGELLUZZIBENECO-

MUNE (ABC) 2.0: I

CUSTODI DELLA

BELLEZZA”

Il progetto “AugelluzziBeneComune

(ABC) 2.0: i custodi della bellezza”,

iniziativa dell'APS Trullo-

Sociale, prevede il coinvolgimento

attivo dell'ente locale, nonché di

di sostenere e consolidare forme di

mozione

della cittadinanza attiva,

dell’inclusione sociale e della tutela

dei beni comuni. Un vero e proprio

comitato di progetto, coinvolgerà,

oltre ai Collaboratori formali, tutto

il Paese di San Michele Salentino,

in azioni e interventi di cittadinanza

attiva per la valorizzazione dei

Beni Comuni, a partire da quelli individuati

nell’indagine svolta con la

Campagna "SAN MICHELE SA-

LENTINO IL TUO BENE COMU-

NE" # DIVENTA CUSTODE DEL

31

progetti

TUO PAESE, avviata nell’estate

e conclusasi il 31/12/2021, che ha

permesso di costruire una "Mappa

dei Beni Comuni di San Michele

Salentino" attraverso la raccolta di

n.58 schede

di valutazione,

la

cui sintesi

è stata formalmente

inviata al

Comune.

Il Progetto,

ha come

persegue

scopi di

promozione

e solidarietà

sociale per

il miglioramento

della qualità della vita

della comunità locale. Le attività,

che mirano al coinvolgimento di

residenti, cittadini, frequentatori

dell’area e della comunità in senso

più ampio, verranno svolte negli

spazi e nei luoghi del Paese riconosciuti

come Beni Comuni. Il

Progetto vuol altresì dare sostegno

all’inclusione sociale attiva, in particolare

delle persone con disabilità

cittadinanza attiva, della legalità e

della corresponsabilità, attraverso

la tutela e la valorizzazione dei

di cambiamento che si propone di

attuare è la gestione condivisa dei

Beni Comuni del Paese, a partire

dal Parco, applicando il Regolamento

Comunale per la gestione

condivisa dei Beni Comuni approvato

nel 2021 grazie al Progetto

Parco Augelluzzi Bene Comune

(realizzato a valere sull’Avviso

PugliaCapitaleSociale2.0, terminato

il 30/06/2021). Il Comitato

Territoriale ABC2.0 realizzerà attività

di promozione e salvaguardia

delle aree individuate come Bene

Comune, a partire da Parco ABC,

al miglioramento delle condizioni

ambientali ed all'uso razionale

delle risorse naturali, nonché della

promozione della cultura e dell’inclusione

sociale. Il programma

tanto,

di realizzare le seguenti n.13

AZIONI e ATTIVITA’:

1. Campagne creative di Comunicazione

e Promozione del Progetto

comune con Patto di Collaborazione

con il Comune;

una “Piccola Guida Pratica per

Aspiranti Custodi del Paese” per le

scuole, gli ETS, le aziende locali,

anche in versione online

4. Accreditamento del bene comune

come Bosco Didattico (L.R.

40/2012 e s.m.) nel registro regionale;

Beni Comuni e la gestione condivisa;

-

Collaborazione con il Comune per

la gestione dei Beni Comuni individuati

nel Paese (: le biblioteche di

rione; le social street di quartiere);

7. Azioni di ripristino funzionale


cata

nel cuore del Parco;

8. Valorizzazione delle strutture

esistenti nel Parco: n. 2 "Case

nel bosco" (polifunzionali: angolo

co,

servizio guide, deposito piccoli

attrezzi), le aree di accoglienza, il

parcheggio, l’area giochi e pic nic,

i percorsi didattico-sensoriali, il

perimetro di sgambatura cani ed i

sentieri interni al Parco;

9. Azioni di tutela dell'ecosistema

boschivo e di manutenzione ordinaria

del verde;

didattica, sociale e turistica stagionale

(: I Tesori del Parco: Exence;

Le Api ed il Miele; BioScrittura;

BioDanza; Mapping & Orienteering;

percorso O.C.R. (Obstacle

Course Racing); Riciclando; Agri-

Camp: una notte sotto le stelle;

L’Olio del Parco) nell'ottica della

massima accessibilità;

11. Attività di landart (: NaturalPainting;

Il laghetto in coccio

pesto; La casa delle lucciole; La

tieri

e nelle aree attrezzate nell'ottica

della massima accessibilità;

12. Dotazione n.1 deposito acqua e

di n.2 bagni chimici;

13. Monitoraggio e Rendicontazione

Collaboratori di Progetto per il Comitato

Territoriale ABC2.0:

1. A.P.S. 180AmiciPuglia; 2. APD

Runner San Michele Salentino; 3.

4. Borgo Ajeni Cooperativa Agricola

Sociale di Comunità; 5. Associazione

culturale CREATURA/

DanceReseach;

6. Pro Loco San Michele Salentino;

7. Protezione Civile San Michele

Salentino.

Durata 18 mesi. Risorse Umane

attivate 4. Costo complessivo

44.444,44 euro compreso il 10% di

IL CALORE DELLA

NATURA: VISIONI

DI INCLUSIONE

CIVILMENTE

POSSIBILI

getti

e attività di interesse generale

nel Terzo Settore, ai sensi degli artt.

72 e 73 del D.Lgs. 117/2017 Codice

del Terzo Settore Obiettivi del

attività di interesse generale di cui

all’art. 5 del Codice del Terzo Settore,

oggetto di iniziative e progetti

promossi da (ODV), Associazioni

di Promozione Sociale (APS) e

A Interventi innovativi per l’attuazione

di attività di interesse generale,

in coerenza con gli obiettivi indicati

al punto 2 dell’Avviso Puglia

Capitale Sociale 3.0

Soggetto Proponente: ASSOCIA-

ZIONE DI PROMOZIONE SO-

SOCIALE PUGLIA

Collaboratori: Borgo Ajeni cooperativa

agricola sociale di comunità,

A.P.S. 180Amici Puglia, Cooperativa

Tracce Verdi, Cooperativa Sociale

Rosa dei Venti, Cooperativa

Luogo di realizzazione: San Michele

Salentino (Br), Copertino

(Le), Gioia del Colle (BA).

Priorità di intervento:

forme di violenza, discriminazione

e intolleranza, con particolare riferimento

a quella nei confronti di

soggetti vulnerabili;

di intervenire sui fenomeni di marginalità

e di esclusione sociale, con

particolare riferimento alle persone

senza dimora, a quelle in condizioni

di povertà assoluta o relativa e ai

migranti;

pagnamento

al lavoro di fasce deboli

della popolazione;

32

Costo Totale progetto € 44.444,44).

Durata 18 mesi.

Il progetto si inserisce in un programma

di azioni più complesso

che la nostra Associazione porta

avanti da anni, che orienta gli interventi

quotidiani dei propri professionisti

verso valori fondanti quali

la "Centralità della Persona" e "Diritti

di Cittadinanza". La Persona è

vizi

e recettore dell'impegno e della

buona pratica professionale rivolta

a migliorare lo stato di benessere

e promuovere la "buona vita". La

"perdita della capacità di socializzazione

competente", all’interno di

tale quadro, rappresenta una grande

criticità con la scarsità di iniziative

volte a creare opportunità di

rapporti, luoghi di incontro dove

confrontarsi con problemi e risorse

altrui. Questa carenza è anche

la conseguenza dello stigma che

circonda la salute mentale e chi è

Obiettivi Generali:

Contrastare lo stigma sociale verso

il disagio psichico e dell’auto-stigma.

Promuovere i percorsi di autonomia

nell’ambito della salute mentale

e una comunità tollerante e competente

Orientare la crescita umana e professionale

del volontario rendendolo

partecipe delle problematiche

dell'inclusione.

to

al contesto e alla vita formativa,

sociale e lavorativo dei destinatari;

Migliorare la compliance ai percorsi

di cura di tutti i destinatari.

regionali, Laboratori di agricoltura

sociale nei territori, Percorsi formativi,

Organizzazione dei mercati

della Terra/animazione territorio,

Sensibilizzazione comunità e comunicazione.


le nostre uscite culturali

UNA BRINDISI

DIVERSA

di Matilde Carrozzo

Il 10 maggio, un gruppo di frequentatori

del Marco Cavallo si è

recato in gita a Brindisi per scoprire

la città in alcuni suoi aspetti di

importante rilevanza storico – culturale.

È stata una giornata molto

interessante e visitare direttamente

i luoghi ha destato in me una meraviglia

superiore rispetto a quando

se ne viene a conoscenza mediante

i libri. Abbiamo visitato prima il

castello di Alfonsino secondo e dei

suoi discendenti, una fortezza da

cui si intravede l’isola di Sant’Andrea

che è situata appena all’ester-

zione

del castello iniziò nel 1558

e continuò per ben 46 anni. Esso è

denominato anche “Castel Rosso”

per il colore dei conci di carparo.

All’interno abbiamo visto un grandissimo

salone costituito da varie

rendersi conto di presenze nemiche

e difendersi. Uscendo dalla parte

del salone e scendendo delle scale,

ci siamo ritrovati in una zona dove

c’erano sette porte: da lì si accedeva

agli appartamenti dei soldati

che vivevano con le loro famiglie.

Non abbiamo potuto visitarlo tutto,

perché, anche adesso, una parte è

adibita a vera e propria zona militare.

Dopo la visita al castello Alfonsino

è stata la volta del così detto

“Castello Sgarrato”

cioè Castello crollato

chiamato anche Torre

dello Zoccolo di cavallo

per la forma assunta

in seguito al crollo.

Per raggiungere questa

vecchia torre di vedetta

anti-corsara, abbiamo

percorso con il pulmino

una parte della

costa ed è stato molto

bello osservarla per il

suo fascino intrecciato

tra storia ed archeologia

marina. Quasi inutile

dire che sono state

scattate delle foto, sia

ai siti, che al nostro

gruppo. Di ritorno a

Brindisi, ci siamo fermati a pranzare

al ristorante “Il Capitano” che

è proprio vicino al mare. Abbiamo

concluso poi la nostra

interessante gita, con

un giro in motobarca

per ammirare da

vicino il monumento

al marinaio, dove è

situata, in alto, la statua

della Madonna.

Purtroppo non siamo

saliti perché era chiuso.

Rifarei con piacere

un’esperienza di

questo tipo, per me

è stata la prima volta

che ho preso un mezzo

via mare ed è stato

tutto interessante.

bella Brindisi, città che conoscevo

più per la frequenza dei suoi servizi

sanitari o di altro tipo, che per le

sue bellezze antiche e culturali. Mi

sono anche divertita e rilassata.

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Oltre a Brindisi, altra interessante uscita è stata quella che ci ha portati a Taranto.

Essa è una splendida città portuale e non solo. Noi, in particolare, il 27 giugno

2023, abbiamo voluto visitare il castello Aragonese per poi pranzare a base di

pesce tutti insieme prima del rientro. E così, un'altra tappa importante del nostro

vicino territorio è stata lietamente e allegramente vissuta.

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Aquolina in bocca

ORECCHIETTE ALLA MEDITERRANEA

di Fabio Almento

Le orecchiette alla mediterranea sono un pasto semplice della tradizione pugliese per il quale vengono utilizzati

prodotti genuini come le orecchiette integrali, le mozzarelle di mucca, pomodorini piccadilly. In base

alle province pugliesi, si possono utilizzare diversi tipi di pomodori, come il ciliegino o il datterino. Altri

ingredienti sono l’olio extravergine d’oliva, l’aglio tritato, l’origano e il basilico tritati. Questo piatto, si

narra che sia nato nella provincia di Bari, precisamente nei suoi territori rurali. I prodotti sono dell’area del

periodi caldi dell’anno, soprattutto in estate. Se tutti gli ingredienti si fanno macerare per un’ora il risultato

sarà una squisitezza.

Ingredienti per 4 persone:

320 gr. di orecchiette integrali

200 gr. di pomodori piccadilly

basilico q.b.

origano q.b.

aglio tritato 5 spicchi

pepe q.b.

Procedimento:

Lavare i pomodori e tagliarli a cubetti

mettendoli in una coppa; aggiungere

la mozzarella tagliata a

cubetti, l’aglio e il basilico tritati

e anche l’origano. Condire il tutto

con olio extravergine d’oliva,

sale e pepe e far macerare in frigo

per un’ora. Dopo, cuocere le orecchiette

integrali e quando saranno

pronte, condirle con olio extravergine

d’oliva per non farle attacca-

in seguito, aggiungere tutti gli altri

ingredienti fatti macerare pre-

un’altra ora, dopodiché le orecchiette

alla Mediterranea saranno

pronte per essere gustate. Buon

appetito e buona estate a tutti!

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Devolvi il 5x1000

all'Associazione

180amici Puglia - ETS

C.F.: 91056050742

Potete fare una donazione con un bonifico

sul seguente codice IBAN:

IT59S0306909606100000178667

intestando i proventi all'Associazione

180amici Puglia

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