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Critically Appraiced Topic - RIAP

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La Commissione<br />

Il montelukast nel trattamento<br />

della rinite allergica<br />

Un <strong>Critically</strong> <strong>Appraiced</strong> <strong>Topic</strong> (CAT)<br />

Scenario clinico<br />

Raffaele è un simpatico ragazzo di 9 anni, frequenta<br />

la scuola elementare. Non è che sia molto... contento<br />

(come direbbe Edoardo Bennato) all’arrivo della<br />

primavera. Infatti soffre di rinite allergica stagionale<br />

(persistente moderata-grave), i genitori arrivano nel<br />

mio studio per la scorta degli immancabili farmaci<br />

antistaminici e steroidi inalatori nasali.<br />

L’altro giorno ho ricevuto la visita di un informatore<br />

farmaceutico che mi ha illustrato la possibilità di usare<br />

gli anti-leucotrienici, in particolare il montelukast,<br />

nella seasonal allergic rhinitis. Me ne ha decantato l’efficacia<br />

e la potenza e mi ha proposto di “cominciare a<br />

farmi una certa esperienza in qualche caso di SAR al posto<br />

dei soliti farmaci”. Mi ha detto proprio così.<br />

Questi farmaci costano un po’ e quindi, perché ciò sia<br />

compensato e farmi cambiare la mia solita prescrizione<br />

“stagionale”, mi piacerebbe che potessero ridurre i<br />

sintomi della rinite di Raffaele (sia diurni che notturni)<br />

diciamo del 50% rispetto alla terapia solita, forse<br />

è però pretendere un po’ troppo. Allora, mi accontenterei<br />

di sapere intanto se il montelukast è veramente<br />

efficace (più del placebo insomma) e, se sì, se lo è<br />

tanto da poter costituire una alternativa, anche solo<br />

temporanea, ai due classici farmaci che qualche effetto<br />

avverso ogni tanto potrebbero darlo. Affronto<br />

quindi le fatiche di un <strong>Critically</strong> <strong>Appraiced</strong> <strong>Topic</strong><br />

(CAT), chiedendo aiuto agli amici della Commissione<br />

Rinocongiuntivite, cominciamo proprio dal …<br />

Quesito Clinico Strutturato (PICI)<br />

1. In bambini affetti da rinite allergica stagionale o<br />

perenne (Popolazione) la somministrazione di antagonisti<br />

dei leucotrieni (Intervento) rispetto alla<br />

terapia con antistaminici o steroidi nasali (Con-<br />

A cura della Commissione Rinocongiuntivite<br />

Coordinatore: Giuseppe Pingitore<br />

Componenti: Sergio Arrigoni, Gabriele Di Lorenzo, Gian Luigi Marseglia, Neri Pucci, Giovanni Simeone, Anna Maria Zicari<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

16<br />

fronto), migliora la sintomatologia soggettiva (Indicatore<br />

di esito) ?<br />

2. Ovvero in bambini con rinite allergica stagionale<br />

(Popolazione) l’aggiunta dei farmaci antileucotrienici<br />

ai farmaci antistaminici (Intervento), rispetto<br />

all’uso dei soli farmaci antistaminici e/o dei<br />

soli steroidi nasali (Confronto), migliora la sintomatologia<br />

soggettiva (Indicatore di esito)?<br />

Poche informazioni di fondo<br />

Il trattamento della rinite allergica si avvale, accanto a<br />

misure atte a ridurre l’esposizione allergene (qualora<br />

possibile), di presidi farmacologici. Questi sono rappresentati<br />

fondamentalmente dai farmaci:<br />

• anti-istaminici che antagonizzano gli effetti dell'istamina<br />

mediante un'azione di tipo competitivo<br />

e reversibile a livello dei recettori H1;<br />

• corticosteroidi topici nasali che, grazie alla loro attività<br />

antinfiammatoria, hanno la capacità di sopprimere<br />

simultaneamente a più livelli la flogosi allergica;<br />

• anti-leucotrienici, che antagonizzano l’ azione dei<br />

leucotrieni, mediatori endogeni dell' infiammazione<br />

e giocano un ruolo importante nelle malattie<br />

allergiche delle vie respiratorie stimolando la<br />

broncocostrizione, la produzione di muco, l'edema<br />

delle mucose, l'infiltrazione da parte degli eosinofili<br />

e delle cellule dendritiche. I leucotrieni<br />

giocano un ruolo importante nell'ostruzione nasale,<br />

mentre la loro influenza sulla rinorrea è molto<br />

modesta e quella sul prurito e sulla starnutazione<br />

quasi nulla.<br />

Il montelukast per i pazienti >12 anni è disponibile<br />

in compresse da 10 mg , nei bambini dai 6 ai 12 anni<br />

è presente sotto forma di compresse da 4 e 5 mg<br />

masticabili. L'utilizzo di tale farmaco è stato esteso a


Tab. I.<br />

Autore, data Popolazione e Intervento<br />

Wilson AM et al.,<br />

2004<br />

Esiti Risultati<br />

primario:<br />

punteggio che valuta i<br />

sintomi nasali diurni e/<br />

o notturni;<br />

secondario:<br />

score ottenuto da un<br />

questionario standard<br />

bambini dai 6 mesi di vita ed è disponibile in bustine<br />

granulate da 4 mg. In Italia, secondo la recente revisione<br />

della scheda tecnica del montelukast, tale farmaco<br />

(con nota 82) è approvato per la terapia della<br />

rinite allergica stagionale solo in soggetti > di 15 anni<br />

con asma concomitante, per la quale vi è indicazione<br />

all'uso dell'anti-leucotrienico. In effetti, non è esattamente<br />

il caso di Raffaele, ma la nostra curiosità ha la<br />

meglio, andiamo avanti.<br />

Strategia di Ricerca<br />

Cerchiamo prima delle sintesi di evidenze, sono comode,<br />

diamo un’ occhiata al database della Cochrane<br />

Library ma non vi sono, alla data della nostra ricerca<br />

(18 Luglio 2007), revisioni sistematiche (RS) sull’argomento.<br />

Ci rivolgiamo allora alla banca dati Medline,<br />

usando Pubmed Real Time, una simpatica utility messa<br />

a punto dal Coordinatore della nostra Commissione:<br />

riesco a reperire 75 citazioni, la stringa completa della<br />

ricerca la allego alla fine dell’ articolo), giudico perti-<br />

La Commissione<br />

La revisione sistematica comprende 11 Studi Clinici Randomizzati (SCR) per un totale di 4.210<br />

pazienti, non è descritta una popolazione pediatrica. Vengono comparati gli anti-leucotrienici<br />

(10 studi con il montelukast, 1 studio piccolo con lo zafirlukast) vs. placebo o vs. antistaminici e<br />

steroidi nasali. La durata della terapia oscilla tra 2 settimane e 50 giorni.<br />

Antileucotrieni (aLT) vs. placebo:<br />

Migliorano i sintomi nasali del 5% (Intervallo di Confidenza, IC, 95% = 3-7%) rispetto al placebo,<br />

molti studi hanno uno score di Jadad basso. Nei riguardi dello score realizzato nel RQLQ migliorano<br />

la qualità della vita di 0,3 U rispetto al placebo senza poter vedere in dettaglio quale sintomo<br />

sia in realtà migliorato.<br />

aLT vs. steroidi nasali<br />

Vi sono 4 studi nei quali gli steroidi nasali migliorano i sintomi nasali del 12% in più rispetto agli<br />

aLT. Gli studi sono comunque eterogenei come metodologia e hanno valutato quattro differenti<br />

molecole con potenza differente. Nessuno degli studi ha valutato la qualità della vita.<br />

aLT + antistaminici vs. steroidi nasali<br />

La terapia associata (antiLT +antistaminico) riduce i sintomi della rinite del 3-4% in più rispetto<br />

all’uso del solo aLT o del solo antistamico (3 SCR). Tale differenza tuttavia non appare significativa<br />

riguardo al punteggio che valuta la qualità della vita. Non sono rilevabili differenze significative<br />

tra l’uso di uno steroide nasale da solo vs. la terapia combinata aLT più antistaminico orale<br />

per ciò che riguarda i sintomi nasali<br />

Note<br />

• 4 degli otto studi che valutano il montelukast vs. un placebo sono sponsorizzati dalle aziende farmaceutiche e tali studi comprendono ben il<br />

90% del campione della popolazione in studio<br />

• Tutti gli studi riguardano pazienti con rinite allergica stagionale, pertanto le conclusioni potrebbero non essere applicabili ai pazienti con<br />

rinite allergica perenne.<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

17<br />

nenti per la mia ricerca 3 RS e 4 studi primari 1-7 . Li sintetizziamo<br />

di seguito.<br />

Wilson et al., Am J Med 2004 1<br />

L’ esito primario di questa RS è stato quello di valutare<br />

i sintomi nasali (daytime nasal syntoms) attraverso<br />

un punteggio, calcolato dal paziente giornalmente,<br />

che teneva conto della presenza di rinorrea, starnutazioni,<br />

prurito e ostruzione nasale. Il punteggio veniva<br />

espresso come percentuale del punteggio massimo,<br />

più elevato era il punteggio registrato, peggiore era<br />

il controllo dei sintomi. L’ esito secondario riguardava<br />

la qualità di vita misurata attraverso il questionarrio<br />

Standard rhinoconjuntivitis quality of life (RQLQ), che<br />

prende in considerazione 7 parametri riguardanti<br />

eventuali disturbi del sonno, la presenza o l’ assenza<br />

di sintomi nasali e/o oculari, lo svolgimento più o meno<br />

regolari delle normali attività quotidiane. Esaminiamo<br />

attraverso l’uso di una tabella riassuntiva (Tabella<br />

I) i risultati di questa RS.


Tab. II.<br />

Autore, data Popolazione<br />

Rodrigo et al., Ann Allergy Asthma<br />

Immunol 2006 2<br />

La RS comprende SCR pubblicati entro il 2005, la popolazione<br />

era composta da giovani dai 15 anni in su<br />

con rinite allergica stagionale (SAR). L’ esito primario<br />

considerato è stato la sintomatologia nasale sia diurna<br />

che notturna, i sintomi oculari, e la qualita della<br />

vita. Gli esiti secondari sono stati rappresentati dalla<br />

registrazione dal flusso nasale inspiratorio e dalla rinomanometria.<br />

I trattamenti duravano dalle 2 alle 4 settimane. I risultati<br />

della RS di Rodrigo et al sono riassunti nella<br />

Tabella II.<br />

La Commissione<br />

Rodrigo G et al., 2006 Pazienti di età >18 anni con SAR per un totale di 6.260 persone.<br />

La RS comprende 17 SCR: 16 studi hanno valutano il montelukast al dosaggio 10 mg<br />

e uno lo zafirlukast 20 mg. Gli aLT vengono valutati vs. placebo o verso antistaminici<br />

e steroidi nasali. La durata del trattamento è di 2-4 settimane.<br />

Esiti Risultati<br />

primario:<br />

sintomi nasali sia diurni<br />

che notturni<br />

secondario:<br />

misurazione del flusso nasale inspiratorio<br />

e della rinomanometria<br />

aLT vs. placebo<br />

8 SCR valutano gli ALT vs. placebo. I risultati sono i seguenti: gli aLT riducono significativamente<br />

i sintomi diurni e notturni e i sintomi oculari, e producono un miglioramento<br />

maggiore rispetto al placebo nello punteggio relativo alla valutazione della<br />

qualità di vita<br />

aLT vs. antistaminici<br />

6 SCR valutano questo confronto: 5 usano loratadina e 1 cetirizina come antistaminico.<br />

Non si evidenzia alcuna differenza nei sintomi nasali diurni, notturni e oculari e<br />

nel punteggio relativo alla valutazione della qualità di vita<br />

aLT vs. steroidi nasali<br />

3 SCR disponibili, solo due però riportano i punteggi per i sintomi giornalieri e notturni<br />

nasali. Gli steroidi nasali (fluticasone) riducono in misura maggiore i sintomi<br />

nasali notturni e diurni rispetto agli aLT<br />

aLT + antistaminici vs. antistaminici da soli<br />

5 SCR hanno valutato questo confronto. Due studi hanno valutato montelukast + loratadina<br />

vs loratadina, 1 studio montelukast + loratadina vs. fexofenadina, e 1 montelukast<br />

+ cetirizina vs. cetirizina da sola. Le informazioni sono insufficienti per valutare<br />

i sintomi nasali e la qualità della vita. La terapia associata produce un miglioramento<br />

dei sintomi oculari rispetto alla monoterapia.<br />

aLT + antistaminici vs. steroidi nasali<br />

Viene riportata una migliore riduzione dei sintomi di congestione nasale da parte<br />

degli steroidi. Non vi sono informazioni sufficienti per altre valutazioni come l’uso<br />

degli antileucotrieni orali + antistaminici vs. steroidi nasali + antistaminici orali.<br />

Punti di debolezza • 10 SCR con Jadad score ≤ 3 (segno di qualità metodologica non sufficiente)<br />

• non vi è una popolazione pediatrica<br />

• tutti gli studi riguardano pazienti con SAR<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

18<br />

Grainger et al., Clin Otolaryngol 2006 3<br />

Gli Autori, nei criteri di inclusione della loro RS, affermano<br />

di voler prendere in considerazione solo studi<br />

che siano in lingua inglese, vengono esclusi studi<br />

pertinenti l’età pediatrica e studi che confrontino<br />

il montelukast con farmaci non usati in Gran Bretagna.<br />

I risultati finali, in ogni caso, non sono dissimili<br />

da quanto emerso nelle RS precedenti.<br />

Gli studi primari<br />

Nella Tabella III abbiamo sintetizzato gli studi primari 4-7 ,<br />

pubblicati negli ultimi 3 anni, che abbiano valutato l’uti-


Tab. III.<br />

La Commissione<br />

Autore, data Popolazione e Intervento Outcome Risultati<br />

Hsieh JC, 2004 60 pazienti tra 6 e 12 anni con<br />

rinite allergica perenne<br />

Intervento: montelukast 5 mg<br />

vs. cetirizina 10 mg vs. placebo<br />

per 12 settimane<br />

Chen ST, 2006 60 bambini tra 2 e 6 anni con rinite<br />

allergica perenne<br />

Keskin, 2006 50 bambini con rinite allergica<br />

stagionale e sensibilizzazione a<br />

pollini.<br />

Intervento: montelukast 5 mg +<br />

loratadina 10 mg vs. placebo<br />

Razi C, 2006 57 bambini di età compresa tra<br />

7 e 14 anni con SAR.<br />

SCR in doppio cieco a gruppi<br />

paralleli.<br />

Dopo una settimana di run-in<br />

viene effettuata una terapia di<br />

2 settimane con montelukast 5<br />

mg die o placebo.<br />

lizzo del montelukast nella cura della RA in età pediatrica<br />

e che non siano già stati inclusi in nessuna delle RS<br />

finora analizzate.<br />

Risoluzione dello Scenario<br />

Ci sa tanto che anche quest’anno Raffaele dovra’ sopportare<br />

la “solita prescrizione” di farmaci antistaminici<br />

per os e steroidi nasali. Le evidenze scientifiche fino<br />

ad ora esaminate, seppure con alcuni limiti metodologici,<br />

confortano questa decisione. E ci sono anche<br />

altre considerazioni, per esempio riguardo i costi<br />

e la rimborsabilità. Il montelukast compresse da 5 mg<br />

Valutazione dei sintomi<br />

mediante punteggio per<br />

la qualità della vita, inoltre<br />

picco espiratorio nasale<br />

e conta eosinofili nel<br />

muco<br />

Valutazione di un punteggio<br />

per la qualità della vita<br />

e dei sintomi, conteggio<br />

di eosinofili circolanti,<br />

degli eosinofili nel muco<br />

nasale e delle resistenza<br />

delle vie aeree<br />

Valutazione della reazione<br />

infiammatoria dopo<br />

test di provocazione nasale<br />

con allergene a 15 minuti<br />

e a 4 ore<br />

Valutare il ruolo del montelukast<br />

sui sintomi, sul livello<br />

dell’eNO, sulla conta<br />

degli eosinofili periferici<br />

nei bambini con SAR, durante<br />

la stagione pollinica<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

19<br />

La cetirizina migliora la rinorrea, la congestione<br />

nasale, gli starnuti più del<br />

montelukast (p di 15 anni con SAR e asma concomitante, pertanto<br />

la famiglia di Raffaele lo dovrebbe pagare di tasca<br />

propria. Una confezione di antistaminico da 10 mg,<br />

20 compresse costa un po’ più di 9 euro, prescrivibile<br />

con nota 89. Una confezione di steroide nasale da<br />

60 dosi costa 15 euro, non rimborsabili però dal SSN.<br />

Quello che ci risulta strano, in questa ricerca, è come<br />

mai una classe di farmaci (gli steroidi somministrati<br />

per via nasale) di provata efficacia nella SAR, alla luce<br />

delle diverse RS finora prodotte, non venga ritenuta<br />

rimborsabile dal nostro SSN, mistero. Raffele in fin dei


conti è un ragazzo diligente, i farmaci li prende senza<br />

tante storie e non ha avuto finora effetti collaterali di<br />

rilievo, vedremo in futuro.<br />

Clinical Bottom Lines<br />

• Esistono evidenze che dimostrano che l’ aLT nella<br />

terapia della SAR è più efficace del placebo<br />

• Non sono riportati effetti avversi significativi negli<br />

SCR considerati per terapie di durata tra le 2 e le 6<br />

settimane<br />

• Non esistono evidenze che dimostrino un effetto<br />

superiore degli aLT nei riguardi degli antistaminici<br />

per il miglioramento dei sintomi della SAR<br />

• L'uso concomitante di aLT e antistaminico migliora<br />

il punteggio dei sintomi allergici nasali rispetto<br />

al placebo (Number Needed to Treat, NNT=3)<br />

Bibliografia<br />

1 Wilson AM, O’Byrne PM, Parameswaran K. Leukotriene receptor<br />

antagonists for allergic rhinitis: a systematic review<br />

and meta-analysis. Am J Med 2004; 116: 338-44.<br />

2 Rodrigo GJ, Yanez A. The role of antileukotriene therapy<br />

in seasonal allergic rhinitis: a systematic review of randomized<br />

trials. Ann Allergy Asthma Immunol 2006; 96:<br />

779-86.<br />

3 Grainger J, Drake-Lee A. Montelukast in allergic rhinitis:<br />

a systematic review and meta-analysis. Clin Otolaryngol<br />

2006; 31: 360-7.<br />

4 Hsieh JC, Lue HL, Lai DS, Sun HL, Lin YH. Comparison<br />

of cetirizine and montelukast for treating childhood pe-<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

20<br />

• L'uso degli aLT associati ad antistaminici non migliora<br />

il punteggio dei sintomi della rinite, rispetto<br />

all' uso separato dei singoli farmaci<br />

• Gli steroidi nasali permettono di ottenere un<br />

maggiore beneficio nei riguardi della sintomatologia<br />

rinitica (composite nasal symptoms scores)<br />

sia diurna che notturna rispetto all'uso degli aLT<br />

Stringa di ricerca Pubmed<br />

(allergic[All Fields] AND (“rhinitis”[MeSH Terms] OR<br />

rhinitis[Text Word])) AND (“montelukast”[Substance<br />

Name] OR montelukast[Text Word]) OR<br />

((“leukotrienes”[TIAB] NOT Medline[SB]) OR<br />

leukotrienes”[MeSH Terms] OR leukotriene[Text Word]))<br />

AND (“2002/06/28”[PDat] : “2007/06/26”[PDat] AND<br />

humans”[MeSH Terms] AND (“infant”[MeSH Terms] OR<br />

“child”[MeSH Terms] OR “adolescent”[MeSH Terms]))<br />

rennial allergic rhinitis. Pediatr Asthma Allergy Immunol<br />

2004; 17: 59-69.<br />

5 Chen ST, Lu KH, Sun HL, Chang WT, Lue KH, Chou MC.<br />

Randomized placebo-controlled trial comparing montelukast<br />

and cetirizine for treating perennial allergic rhinitis<br />

in children aged 2-6 yr. Pediatr Allergy Immunol 2006;<br />

17:49-54.<br />

6 Keskin O, Alyamac E, Tuncer A, Dogan C, Adalioglu G,<br />

Sekerel BE. Do the leukotriene receptor antagonists work<br />

in children with grass pollen-induced allergic rhinitis?<br />

Pediatr Allergy Immunol. 2006; 17: 259-68.<br />

7 Razi C, Bakirtas A, Harmanci K, Turktas I, Erbas D. Effect of<br />

montelukast on symptoms and exhaled nitric oxide levels<br />

in 7- to 14-year-old children with seasonal allergic rhinitis.<br />

Ann Allergy Asthma Immunol 2006; 97: 767-74.<br />

Caprarola da Palazzo Farnese - Stefano Miceli Sopo Palazzo Farnese da Caprarola - Stefano Miceli Sopo


La Commissione<br />

Perché devo adoperare un<br />

antistaminico per via orale invece che<br />

uno spray nasale al cortisone nella rinite<br />

allergica intermittente lieve?<br />

Il quesito che dà il titolo, apparentemente banale<br />

e dalla risposta scontata, aveva suscitato un vivace<br />

scambio di opinioni tra gli iscritti alla mailing list dell’ApPAL<br />

(www.apalweb.it). Tra le risposte arrivate ve<br />

ne sottoponiamo alcune:<br />

1. Per la sua maggiore rapidità di azione, il cortisone<br />

spray impiega giorni prima di essere efficace.<br />

2. Perché il cortisone spray è a carico del paziente e<br />

sui sintomi “istaminici” l’antistaminico è efficace.<br />

3. Se prevale la componente ostruttiva adopero il<br />

cortisone spray e se prevalgono le componenti irritativi<br />

e secretiva l’antistaminico;<br />

4. Non adopero gli antistaminici nella terapia della<br />

rinite allergica, il cortisone spray è più efficace.<br />

5. Li associo a volte, se il prurito è dominante, non<br />

adopero l’antistaminico da solo.<br />

6. Li associo sempre.<br />

7. Adopero l’antistaminico se è presente anche congiuntivite.<br />

8. Riservo gli steroidi ai casi più severi.<br />

9. Adopero l’antistaminico in caso di sintomi rari e<br />

saltuari, salvo che in caso di ipersensibilità a questo<br />

farmaco.<br />

La domanda, come dicevamo, può sembrare banale,<br />

ma tra le righe sottintende delle sottili valutazioni<br />

che tenteremo di approfondire, cominciando da una<br />

classica pietra miliare. Gli autorevoli esperti che hanno<br />

approntato le Linee Guida ARIA (Allergic Rinithis<br />

and its Impact on Asthma), nel 2006 hanno partorito<br />

un dettagliato update sul trattamento farmacologico<br />

1 , chi meglio di loro? In questo documento vengono<br />

elencate le proprietà ideali che antistaminici orali<br />

e steroidi topici nasali dovrebbero possedere. L’antistaminico<br />

ideale dovrebbe, fra l’altro, “possedere rapida<br />

insorgenza d’azione, per dare immediati ed evidenti<br />

benefici clinici e permetterne l’uso anche al bi-<br />

A cura della Commissione Rinocongiuntivite<br />

Coordinatore: Giuseppe Pingitore<br />

Componenti: Sergio Arrigoni, Gabriele Di Lorenzo, Gian Luigi Marseglia, Neri Pucci, Giovanni Simeone, Anna Maria Zicari<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

21<br />

sogno”. Lo steroide topico ideale dovrebbe, fra l’altro,<br />

“essere valutato in ulteriori studi per essere proposto<br />

in un impiego al bisogno”.<br />

Va bene… questo per il futuro. Ma le evidenze scientifiche<br />

su cui basare la nostra scelta oggi?<br />

Scopriamo che nelle conclusioni i livelli di evidenza si<br />

riferiscono ancora a rinite stagionale e perenne, con<br />

qualche indicazione, per estensione, alla persistente,<br />

di intermittente non si parla (Tab. I). Gli autori ci lasciano<br />

dunque senza risposta, auspicando la messa<br />

in opera di nuovi lavori utilizzando la nuova classificazione<br />

ARIA (che contempla, appunto, la suddivisione<br />

in intermittente e persistente, e per ciascuna delle<br />

due, in lieve, moderata e grave). Non ci perdiamo<br />

d’animo e cerchiamo di costruire un <strong>Critically</strong> <strong>Appraiced</strong><br />

<strong>Topic</strong> (CAT).<br />

Scenario clinico<br />

Lorenzo ha dieci anni, è un bel bambino che frequenta<br />

con diligenza la quinta primaria (la nostra vecchia<br />

scuola elementare). Dopo 6 anni di odiate lezioni di<br />

nuoto ha chiesto quest’anno di iscriversi ad un corso<br />

di calcetto, ed è stato accontentato. Già da 2 anni soffre<br />

di rinite allergica primaverile, con sintomi che vanno<br />

e vengono, senza dargli troppi problemi. Dopo insistenze<br />

il papà pediatra gli ha fatto in studio i prick<br />

test ed è comparso un bel pomfo per le graminacee.<br />

Giocando a calcetto nei tornei di aprile e maggio ha<br />

iniziato ad avere crisi di starnuti con naso chiuso e la<br />

mamma per qualche giorno gli ha dato il “solito” antistaminico.<br />

Facendo il tifo a bordo campo ha saputo<br />

dalla mamma di Federico (il portiere), che lui, con gli<br />

stessi sintomi, fa gli spruzzi nel naso e riesce a parare<br />

meravigliosamente, senza il fazzoletto in mano. Tor-


nata a casa la mamma di Lorenzo chiede al marito se<br />

non sia il caso di provare a fare così anche con il proprio<br />

campioncino.<br />

Quesito Strutturato<br />

Popolazione: nei bambini con rinite allergica intermittente<br />

lieve.<br />

Intervento: l’uso di uno steroide nasale.<br />

Confronto: verso un antistaminico orale.<br />

Indicatore di esito: riduce la sintomatologia soggettiva<br />

ed oggettiva e migliora la qualità di vita in maniera<br />

più rapida ed efficace?<br />

Informazioni di base necessarie<br />

1. Secondo la nuova classificazione elaborata dalle<br />

Linee Guida ARIA 2 , si parla di rinite intermittente<br />

quando i sintomi persistono per meno di 4 giorni<br />

alla settimana o per meno di 4 settimane. Nella<br />

sua forma lieve il sonno è conservato, non vi è alcuna<br />

limitazione nelle attività quotidiane, né nella<br />

normale attività lavorativa e scolastica; inoltre i<br />

sintomi non sono fastidiosi.<br />

2. È documentato che gli antistaminici posseggono<br />

una rapida insorgenza d’azione, contrastando la<br />

risposta precoce, caratterizzata da rinorrea, starnutazione<br />

e prurito.<br />

3. Inoltre, alcuni antistaminici di seconda generazione<br />

(cetirizina, levocetirizina, loratadina, desloratadina)<br />

possono inibire i mediatori della flogosi, riu-<br />

La Commissione<br />

Tab. I. Forza della raccomandazione per l’utilizzo dei farmaci indirizzati al trattamento della rinite allergica (modificata<br />

da Bousquet et al. 1 ).<br />

Categorie di farmaci Rinite stagionale Rinite perenne Rinite persistente †<br />

Adulti Bambini Adulti Bambini<br />

Antistaminici H1 orali A A A A A<br />

Antistaminici H1 intranasali A A A A B *<br />

Steroidi intranasali A A A A B *<br />

Cromoni intranasali A *** A *** A *** A ***<br />

Antileucotrienici A A B **<br />

Anticorpi monoclonali Anti-IgE A A A A B *<br />

B * : per trasferimento dagli studi sulla rinite allergica perenne di durata ≥ a 4 settimane, studi che adoperino la nuova classificazione devono<br />

però essere effettuati per confermare questa indicazione.<br />

B ** : per trasferimento dagli studi sulla rinite allergica stagionale di durata ≥ a 4 settimane, studi che adoperino la nuova classificazione devono<br />

però essere effettuati per confermare questa indicazione.<br />

A *** : la maggioranza degli studi è di piccolo numerosità campionaria.<br />

† Adolescenti e adulti.<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

22<br />

scendo a controllare anche l’ostruzione nasale 3 .<br />

4. Gli steroidi nasali sono attivi dopo 7-8 ore dalla<br />

prima somministrazione, esplicando il massimo<br />

effetto dopo 24-48 ore, agendo soprattutto sulla<br />

fase tardiva, caratterizzata prevalentemente dall’afflusso<br />

di eosinofili e dalla congestione 1 .<br />

5. Le più recenti Linee Guida ARIA raccomandano<br />

l’uso dell’antistaminico orale nella rinite lieve intermittente.<br />

Solo nella forma moderata-grave viene<br />

indicato l’utilizzo dello steroide nasale.<br />

Nella Tabella I è illustrato l’utilizzo dei vari farmaci<br />

nella terapia della rinite allergica stagionale o perenne,<br />

sia nell’adulto sia nell’età pediatrica, con accanto<br />

la forza della raccomandazione.<br />

Strategia di ricerca<br />

Cerchiamo dapprima su fonti di letteratura secondaria<br />

(sintesi di evidenze) e ci rivolgiamo a Clinical Evidence<br />

e alla Cochrane Library, siamo fortunati. Su Clinical<br />

Evidence vi è una revisione 4 che in parte potrebbe<br />

rispondere al nostro quesito. Nel capitolo “Steroidi<br />

nasali vs. antistaminici orali”, l’argomento che a noi<br />

interessa, gli Autori esaminano una revisione sistematica<br />

(RS) con metanalisi pubblicata nel 1998 5 (la<br />

esamineremo in dettaglio più avanti) che riporta come<br />

dato fondamentale una maggiore efficacia degli<br />

steroidi nasali per quanto riguarda l’ostruzione nasale,<br />

la rinorrea, il prurito, pur a fronte di una certa disomogeneità<br />

degli studi inclusi.<br />

Sulla Cochrane Library, inserendo nel campo di ricer-


Tab. II. Caratteristiche e risultati della RS di Weiner et al. 5 .<br />

Popolazione<br />

e intervento<br />

ca “allergic rhinitis” troviamo una recentissima RS 6 . La<br />

RS prende (stranamente) in considerazione solamente<br />

3 studi clinici per un totale di 79 bambini, le misure<br />

La Commissione<br />

RS con metanalisi comprendente 16 RCT (studi randomizzati controllati, 14 in persone con SAR (rinite allergica<br />

stagionale), 2 con PAR (rinite allergica perenne). Popolazione studiata = 2267 soggetti, età media<br />

32 anni (range 12-75). Antistaminici orali (desclorfeniramina, terfenadina, astemizolo, loratadina, cetirizina)<br />

vs. steroidi nasali (beclometasone, budesonide, fluticasone, triamcinolone).<br />

Esiti Efficacia degli steroidi nasali vs. antistaminici orali sui sintomi nasali, oculari e sulla resistenza nasale ove misurata.<br />

Le misure di esito sono espresse come odds e ne viene calcolato l’IC (intervallo di confidenza).<br />

Risultati Gli steroidi danno luogo ad un miglioramento maggiore rispetto agli antistaminici orali sulla ostruzione<br />

nasale (14 RCT [inclusi 2 RCT in PAR]; SMD -0.63, 95% IC -0.73 to -0.53), la rinorrea (14 RCT [inclusi 2 RCT<br />

in PAR]; SMD: -0.5, 95% CI -0.6 to -0.4), gli starnuti (14 RCT [inclusi 2 RCT in PAR]; SMD -0.49, 95% CI -0.59<br />

to -0.39).<br />

Per ciò che riguarda il prurito nasale vi è una eterogeneicità statistica significativa tra gli RCT inclusi (11<br />

RCTs [inclusi 2 RCTs in PAR]; SMD -0.38, 95% IC -0.49 to -0.21).<br />

Lo sgocciolamento retronasale (2 RCTs; SMD -0.24, 95% IC -0.42 to -0.06), e i sintomi nasali complessivi<br />

vengono valutati solo in 9 RCTs; (SMD -0.42, 95% IC: -0.53 to -0.32).<br />

2 RCT hanno riportato risultati sulla valutazione globale sul peggioramento dei sintomi: Odds ratio (OR):<br />

0.26, 95% IC: 0.08 to 0.80.<br />

Non vengono trovate differenze significative per i sintomi oculari (11 RCTs [inclusi 2 RCTs in PAR]; SMD -<br />

0.043, 95% IC -0.16 to +0.07)<br />

Punti di<br />

debolezza<br />

Non vengono riportati i risultati in maniera separata tra SAR e PAR.<br />

I revisori riportano che alcuni risultati eterogenei esplicitati nella loro RS sarebbero occorsi a causa di differenti<br />

metodi di score clinici riportati negli studi presi in considerazione e da come sono stati riportati gli outcome<br />

primari, per esempio sull’intera durata della terapia oppure su periodi di tempo (1-2 settimane).<br />

Tab. III. Caratteristiche e risultati dello studio di Kaszuba et al. 7 .<br />

Popolazione<br />

ed intervento<br />

Studio in aperto, randomizzato, parallelo su 88 pazienti di età oltre i 18 anni, con SAR da ambrosia. 44<br />

sono stati trattati con fluticasone propionato 100 µg e 44 con loratadina 10 mg. La terapia è stata somministrata<br />

al bisogno per 4 settimane, durante il periodo dell’ambrosia (non più di una volta al giorno).<br />

Esiti Primario: punteggio sulla qualità di vita ottenuto da un questionario validato (RQLQ di Juniper).<br />

Secondario: diario dei sintomi (punteggio totale e scorporato), quantificazione eosinofili ed ECP (proteina<br />

cationica degli eosinofili) nei campioni di lavaggio nasale raccolti al tempo 0-14-28 gg.<br />

Risultati I trattati con fluticasone hanno riportano al secondo e terzo rilevamento un significativo e superiore<br />

miglioramento nello punteggio sulla qualità di vita, con specifico riferimento ai vari 7 punti (sonno, sintomi<br />

non nasali e non oculari, emozionali, problemi quotidiani, sintomi nasali, sintomi oculari, normali<br />

attività) (p < 0,05).<br />

Punti di<br />

debolezza<br />

per quanto ci<br />

riguarda<br />

Il diario dei sintomi totali segnala un miglioramento significativo nei trattati con fluticasone già dopo 5<br />

giorni, rispetto ai trattati con antistaminici (p = 0,005).<br />

I trattati con fluticasone presentano una riduzione significativa degli eosinofili nasali fra la prima e la terza<br />

visita(p = 0,001), come anche di ECP, mentre i trattati con loratadina ne presentano un aumento.<br />

Gli esclusi dall’analisi finale dei dati sono stati contenuti, 2 nei trattati con fluticasone e 2 nei trattati con<br />

loratadina.<br />

Studio in aperto, casistica non pediatrica.<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

23<br />

di esito sono l’efficacia terapeutica dei farmaci analizzati<br />

(nello specifico beclometasone e flunisolide) ed<br />

i loro effetti collaterali. Gli Autori, pur riconoscendo


un’efficacia terapeutica ai farmaci, concludono che<br />

sono necessarie ulteriori valutazioni e che la scelta di<br />

usarli “deve essere guidata dall’esperienza del medico<br />

e dalle esigenze del paziente”, in pieno stile EBM<br />

(Evidence-Based Medicine)!<br />

Ma Lorenzo ci chiede: “E quindi cosa devo fare?” Che<br />

gli steroidi nasali funzionavano bene lo sapevamo<br />

già; ma a noi interessa il confronto con gli antistaminici<br />

orali in una situazione particolare (rinite intermittente<br />

lieve). Passiamo pertanto ad interrogare Pubmed<br />

lanciandoci alla ricerca di studi, primari o secondari,<br />

che possano rispondere in maniera più stringente<br />

al nostro quesito. Per farlo utilizziamo la seguente<br />

stringa: “rhinitis, allergic, seasonal”[Mesh] AND (“histamine<br />

H1 antagonists”[Mesh] OR intranasal corticosteroids<br />

[tw]) con limiti “all child” e “last 5”. Otteniamo così<br />

facendo 107 titoli. Dalla lettura degli abstract e ampliando<br />

la ricerca mediante l’utilizzo dello strumento<br />

related articles, selezioniamo alla fine 2 articoli 5-7 che<br />

utilizzeremo per rispondere al quesito iniziale: uno<br />

è la RS 5 di cui abbiamo già letto su Clinical Evidence<br />

4 , l’altro uno studio primario, entrambi riguardano<br />

adulti, li abbiamo riassunti nelle Tabelle II e III. Quindi<br />

studi proprio pertinenti e riguardanti i bambini non<br />

ne abbiamo trovati. Ma queste sono le migliori evidenze<br />

scientifiche reperibili al momento e al riguardo,<br />

e per prendere la nostra decisione clinica su di esse<br />

ci baseremo (anche), come suggerisce l’EBM.<br />

Riassunto dei risultati<br />

- Gli steroidi nasali determinano un miglioramento<br />

maggiore riguardo all’ostruzione nasale, la rinorrea<br />

e gli starnuti.<br />

- Sui sintomi oculari non ci sono differenze significative<br />

tra streroidi nasali e antistaminici orali.<br />

- Gli steroidi nasali determinano anche rapido mi-<br />

Bibliografia<br />

1 Bousquet J, van Cauwenberge P, Aït Khaled N, Bachert<br />

C, Baena-Cagnani CE, Bouchard J, et al. Pharmacologic<br />

and anti-IgE treatment of allergic rhinitis ARIA update (in<br />

collaboration with GA2LEN). Allergy 2006;61:1086-96.<br />

2 Bousquet J, Van Cauwenberge P, Khaltaev N. Allergic<br />

rhinitis and its impact on asthma. J Allergy Clin Immunol<br />

2001;108 (Suppl. 5):S147-S334.<br />

3 Simons FE. Advances in H1-antihistamines. N Engl J Med<br />

2004;351:2207-17.<br />

4 Sheikh A et al. Seasonal allergic rhinitis in adolescent and<br />

adult. Clinical Evidence, September 2005 http://clinicalevidence.bmj.com/ceweb/index.jsp.<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

24<br />

glioramento nei parametri testati per la qualità di<br />

vita.<br />

- Gli steroidi nasali determinano miglioramento di<br />

dati di laboratorio (riduzione di eosinofili nasali<br />

ed ECP – proteina cationica degli eosinofili).<br />

A fronte di questi risultati gli Autori propongono una<br />

revisione del posizionamento degli steroidi nasali,<br />

caldeggiando il loro uso come farmaco di prima scelta<br />

nella rinite stagionale al bisogno. In realtà la letteratura,<br />

proprio per la mancanza di studi sviluppati<br />

sulle nuove classificazioni, non sembra ancora in grado<br />

di dare risposte basate sull’evidenza, tali da sciogliere<br />

in modo convincente il nostro quesito. La proposta<br />

andrà sempre valutata paziente per paziente,<br />

considerando alcune variabili, quali il costo, l’età del<br />

soggetto e la adesione all’uso degli erogatori nasali,<br />

l’eventuale cortisonofobia e la presenza di altre patologie<br />

allergiche concomitanti. Infatti, nei soggetti<br />

che soffrono anche d’asma, il rischio di sviluppare<br />

una crisi è meno probabile nei pazienti che assumono<br />

steroidi nasali 7 .<br />

Risoluzione dello scenario<br />

Lorenzo l’unica “aria” che conosce è quella che tenta<br />

di respirare (preferibilmente bene e dal naso) quando<br />

si trova di fronte al portiere avversario. Cosa potremmo<br />

consigliare al suo papà, nonché nostro collega?<br />

Sicuramente i dati della maggior efficacia dello<br />

steroide andrebbero confermati in lavori con una popolazione<br />

selezionata, affetta da rinite allergica intermittente,<br />

magari anche lieve. Per cui, pur non sentendoci<br />

di dare una indicazione univoca e precisa, potremmo<br />

comunque far provare a Lorenzo lo steroide<br />

nasale per un periodo breve, anche consci del buon<br />

profilo sicurezza ed efficacia ed alla luce dei dati seppur<br />

parziali trovati nella nostra ricerca.<br />

5 Weiner JM, Abramson MJ, Puy RM. Intranasal corticosteroids<br />

versus oral H1 receptor antagonists in allergic<br />

rhinitis:systematic review of randomised controlled trials.<br />

BMJ 1998;317:1624-9.<br />

6 Al Sayyad JJ, Fedorowicz Z, Alhashimi D, Jamal A. <strong>Topic</strong>al<br />

nasal steroids for intermittent and persistent allergic rhinitis<br />

in children. Cochrane Database 2007;1:CD003163.<br />

7 Kaszuba SM, Baroody FM, Tineo M, Haney L. Superiority<br />

of an intranasal corticosteroid compared with an oral antihistamine<br />

in the as-needed treatment of seasonal allergic<br />

rhinitis. Arch Intern Med 2001;161:2581-7.<br />

8 Adams RJ. Intranasal steroids and risk of emergency department<br />

visits of asthma. JACI 2002;109:636-42.


La Commissione<br />

Come faccio a stabilire con ragionevole<br />

certezza che una malattia da reflusso<br />

gastroesofageo dipende da una allergia<br />

alle proteine del latte vaccino?<br />

La diagnosi di malattia da reflusso gastroesofageo<br />

(MRGE) secondaria ad allergia alle proteine del latte<br />

vaccino (APLV) è poco agevole e si basa prevalentemente<br />

su dati clinici. Infatti, i meccanismi attraverso<br />

cui le proteine del latte vaccino (PLV) inducono anomalie<br />

della motilità gastroesofagea sono ancora poco<br />

definiti 1 . Elemento centrale della diagnosi è l’osservazione<br />

di un chiaro miglioramento clinico durante<br />

una rigorosa dieta di esclusione priva di PLV, seguito<br />

da un marcato peggioramento clinico alla loro<br />

reintroduzione.<br />

Percorso diagnostico<br />

A cura della Commissione Diagnostica Immunoallergologica<br />

Coordinatore: Alberto Martelli<br />

Membri: Claudia Alessandri, Roberto Berni Canani, Franco Borghesan, Paolo Matricardi, Paolo Pigatto, Lamberto Reggiani<br />

Gli elementi di sospetto per una MRGE da APLV sono<br />

riassunti nella Tabella I. Il percorso diagnostico<br />

Mareggiata a Scilla - Antonio Cardona<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

25<br />

nel bambino con sospetta MRGE secondaria ad APLV<br />

prevede la valutazione di:<br />

- anamnesi, tesa a valutare: familiarità allergica, i<br />

rapporti temporali tra insorgenza della sintomatologia<br />

ed assunzione delle PLV, la sintomatologia<br />

clinica [per identificare la reale presenza di MRGE<br />

ed escludere altre possibili eziologie di MRGE secondaria<br />

(infezioni, patologie metaboliche, disturbi<br />

neurologici)];<br />

- esame obiettivo, per cercare eventuali altri segni<br />

clinici concomitanti di allergia (es. dermatite atopica);<br />

- risposta alla terapia farmacologica e/o alla dieta<br />

di esclusione.<br />

Terapia farmacologica e/o dieta di<br />

esclusione<br />

Per i soggetti senza un evidente sospetto di APLV<br />

(non storia familiare, non altri segni clinici suggestivi<br />

di allergia, negatività dei test allergologici), una volta<br />

posta la diagnosi di MRGE, oltre alle raccomandazioni<br />

comportamentali (per es.: favorire la postura antireflusso<br />

ed evitare posture con pressioni extra-addominali),<br />

si prescrive generalmente una terapia farmacologia<br />

per almeno 14 giorni (ranitidina, 5-10 mg/kg/<br />

die suddivisi in 2 dosi; od omeprazolo 1-3 mg/kg/die<br />

in monosomministrazione). In mancanza di una chiara<br />

risposta clinica ed in assenza di indizi di altre forme<br />

di MRGE secondaria è legittimo sospettare la presenza<br />

di una allergia alimentare alla base della sintomatologia<br />

ed eventualmente proporre una dieta di<br />

esclusione senza PLV.


Nel bambino con forte sospetto di APLV (familiarità<br />

positiva; presenza di altri sintomi suggestivi come<br />

diarrea, rettorragia, stipsi ostinata, scarsa crescita,<br />

dermatite atopica, etc.) per confermare il sospetto<br />

diagnostico può essere raccomandata (anche<br />

prima di un eventuale tentativo farmacologico<br />

con inibitori dell’acidità gastrica) una dieta di esclusione<br />

priva di PLV. In caso di allattamento artificiale,<br />

si utilizza un idrolisato spinto (eHF) 2 . In caso di<br />

esclusivo allattamento al seno, si deve proporre alla<br />

nutrice una dieta rigorosamente priva di PLV 2 . È<br />

sempre utile concordare attentamente con i genitori<br />

i parametri di valutazione dell’efficacia della dieta<br />

di esclusione, utilizzando un diario giornaliero dettagliato<br />

del comportamento del lattante. Se non si<br />

osservano miglioramenti consistenti del quadro clinico,<br />

si esclude la diagnosi di APLV. Se, al contrario,<br />

si verificano miglioramenti significativi occorre programmare<br />

il Test di Provocazione Orale (TPO) per<br />

ottenere la conferma diagnostica.<br />

TPO<br />

Verrà effettuato in aperto, oppure in cieco nel caso<br />

che il piccolo sia ospedalizzato. Certamente, se<br />

il TPO risulta positivo, è possibile porre la diagnosi.<br />

Ma qual’è il limite oltre il quale possiamo etichettare<br />

come sicuramente positivo un TPO che orienti<br />

per una MRGE secondaria a APLV? Non esiste né<br />

un valore numerico limite in uno punteggio clinico<br />

globale, né un numero di episodi di rigurgito o<br />

vomito, nè modificazioni comportamentali rilevabili<br />

su scale appropriate, oltre le quali il TPO possa essere<br />

considerato sicuramente positivo. È sempre e<br />

solo l’esperienza del pediatra nel gestire e valutare<br />

tali situazioni a consentirgli una sintesi diagnostica<br />

che nei casi dubbi rimane meritevole di conferme<br />

anche con l’esecuzione di un nuovo TPO, possibilmente<br />

in cieco, se il primo è stato eseguito in aperto.<br />

Poiché l’osservazione pre-TPO è condotta duran-<br />

La Commissione<br />

Tab. I. Criteri di sospetto per la diagnosi di MRGE secondaria ad APLV.<br />

• Familiarità allergica<br />

• Rapporti temporali tra insorgenza della sintomatologia ed assunzione delle PLV<br />

• Esclusione di altre possibili cause di MRGE secondaria<br />

• Concomitanti segni di allergie (es.: alvo diarroico, rettorragia, stipsi ostinata, scarsa crescita, dermatite atopica)<br />

• Inefficacia della terapia farmacologia<br />

• Efficacia della dieta di esclusione con eHF<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

26<br />

te 2-4 settimane di dieta priva di PLV, anche la fase<br />

post-TPO sarà della stessa durata per poter meglio<br />

comparare, anche come durata, il pre- e il post.<br />

È importante sottolineare che né altri esami allergologici<br />

nè la diagnostica strumentale sono utili nel<br />

percorso diagnostico per poter distinguere una MR-<br />

GE primitiva da una MRGE secondaria ad APLV. Infatti,<br />

come già accennato, i meccanismi fisiopatologici<br />

della MRGE secondaria ad APLV non sono ancora<br />

del tutto chiariti.<br />

Altre indagini diagnostiche<br />

Non essendo generalmente in causa reazioni immunoglobuline<br />

E (IgE)-mediate, non vanno eseguite<br />

né la ricerca delle IgE sieriche specifiche per le<br />

PLV, né i prick test cutanei per PLV e per le loro frazioni.<br />

Alcuni studi hanno suggerito meccanismi legati<br />

a reazioni allergiche non-IgE mediate. Sarebbe<br />

quindi promettente l’impiego dell’Atopy Patch Test<br />

(APT) con latte fresco 3 4 , ma i risultati sono ancora<br />

preliminari e richiedono nuove conferme. In ogni<br />

caso, quindi, non bisognerà mai proporre una dieta<br />

di esclusione o una diagnosi di MRGE secondaria<br />

a APLV solo sulla base della positività di questi test<br />

allergologici.<br />

L’ecografia non può che evidenziare quanto già si<br />

osserva clinicamente, cioè i reflussi gastro esofagei.<br />

Quindi ha scarso valore diagnostico anche in virtù<br />

del breve tempo di osservazione.<br />

Il tracciato della pHmetria è poco utile per poter distinguere<br />

una MRGE primitiva da una forma secondaria<br />

ad APLV 5 .<br />

L’eosinofilia della mucosa del tratto gastroesofageo<br />

non è patognomonica di MRGE secondaria ad<br />

APLV 6 . Può essere utile invece l’esame immunoistochimico<br />

della biopsia esofagea per la ricerca di altri<br />

parametri (presenza di eotassina, infiltrato di linfociti<br />

T). Tale esame, eseguito in corso di esofagogastroscopia,<br />

permette di distinguere la MRGE secon-


daria ad APLV (eosinofilia assente o < 20 eosinofili<br />

per campo) dalla esofagite eosinofila (> 20 eosinofili<br />

per campo). Quest’ultima patologia può infatti presentarsi,<br />

specie nei bambini più piccoli, con un qua-<br />

Bibliografia<br />

1 Heine RG. Gastroesophageal reflux disease, colic and<br />

constipation in infants with food allergy. Curr Opin Allergy<br />

Clin Immunol 2006;6:220-5.<br />

2 Garzi A, Messina M, Frati F, Carfagna L, Zagordo L, Belcastro<br />

M, et al. An extensively hydrolysed cow’s milk formula<br />

improves clinical symptoms of gastroesophageal reflux<br />

and reduces the gastric emptying time in infants. Allergol<br />

Immunopathol (Madr) 2002;30:36-41.<br />

3 De Boissieu D Waguet JC, Dupont C. The atopy patch<br />

test for detection of cow’s milk allergy with digestive<br />

symptoms. J Pediatr 2003;142:203-5.<br />

4 Berni Canani R, Ruotolo S, Auricchio L, Caldore M, Porcaro<br />

F, Manguso F, et al. Diagnostic accuracy of the atopy<br />

patch test in children with food allergy-related gastroin-<br />

Mareggiata a Scilla - Antonio Cardona<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

27<br />

dro clinico molto simile ad una MRGE 7 . La metodica<br />

immunoistochimica per il dosaggio dell’eotassina è<br />

appannaggio però di pochissimi centri e quindi, al<br />

momento, di fatto non realizzabile di routine.<br />

testinal symptoms. Allergy 2007;62:738-43.<br />

5 Nielsen RG, Bindslev-Jensen C, Kruse-Andersen S, Husby<br />

S. Severe gastroesophageal reflux disease and cow<br />

milk hypersensitivity in infants and children: disease association<br />

and evaluation of a new challenge procedure. J<br />

Pediatr Gastroenterol Nutr 2004;39:383-91.<br />

6 Nielsen RG, Fenger C, Bindslev-Jensen C, Husby S. Eosinophilia<br />

in the upper gastrointestinal tract is not a characteristic<br />

feature in cow’s milk sensitive gastro-oesophageal<br />

reflux disease. Measurement by two methodologies.<br />

J Clin Pathol 2006;59:89-94.<br />

7 Butt AM, Murch SH, Ng CL, Kitching P, Montgomery SM,<br />

Phillips AD, et al. Upregulated eotaxin expression and T<br />

cell infiltration in the basal and papillary epithelium in<br />

cows’ milk associated reflux oesophagitis. Arch Dis Child<br />

2002;87:124-30.


La Commissione<br />

Il Test di Provocazione Orale alimentare<br />

nel bambino con pregressa anafilassi<br />

Premessa<br />

L’esigenza di rispondere alle seguenti domande nasce<br />

dalla necessità comune a molti pediatri di dover eseguire,<br />

nel tempo, il Test di Provocazione Orale (TPO)<br />

con alimenti a bambini che hanno presentato una precedente<br />

anafilassi dopo l’assunzione di un alimento. È<br />

proprio un nostro dovere domandarci se quell’alimento,<br />

eliminato da tempo dalla dieta, può essere reintrodotto<br />

perché la storia naturale dell’allergia alimentare<br />

tende alla tolleranza in tempi più o meno lunghi nei<br />

diversi alimenti. Ma nell’esecuzione di questi TPO devono<br />

essere attuate modalità particolari? Pur in mezzo<br />

alle difficoltà di una letteratura davvero carente sull’argomento,<br />

cercheranno di rispondere a queste domande,<br />

in maniera congiunta, i componenti di 2 commissioni<br />

della SIAIP: la Commissione dell’Allergia alimentare,<br />

dell’Anafilassi e della Dermatite atopica e la Commissione<br />

di Diagnostica Immunoallergologica.<br />

Documento congiunto della<br />

Commissione Allergia alimentare, Anafilassi, Dermatite atopica<br />

Coordinatore: Mauro Calvani; Membri: Marcello Bergamini, Irene Berti, Salvatore Bragò, Luigi Calzone, Iride Dello Iacono,<br />

Roberto Lisi<br />

Commissione Diagnostica Immunoallergologica<br />

Coordinatore: Alberto Martelli; Membri: Claudia Alessandri, Roberto Berni Canani, Franco Borghesan, Paolo Matricardi,<br />

Paolo Pigatto, Lamberto Reggiani<br />

Quali sono i bambini che hanno<br />

presentato un episodio di anafilassi e<br />

che dovrebbero essere sottoposti a un<br />

TPO?<br />

Risposta breve<br />

- Quelli per i quali l’alimento offendente non è stato<br />

identificato tramite la raccolta della storia e<br />

l’esecuzione di test allergometrici;<br />

- quelli per i quali si intende valutare l’eventuale acquisizione<br />

della tolleranza.<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

28<br />

L’approccio che ha guidato le Commissioni è stato<br />

quello, da un lato, di cautelare il più possibile il bambino<br />

nel corso di un test ipoteticamente pericoloso e<br />

dall’altro di non sconfinare in indicazioni troppo articolate<br />

che renderebbero difficilmente realizzabile o<br />

impraticabile il TPO.<br />

Mettetevi tranquilli e prendetevi un po’ di tempo, una<br />

volta tanto. Leggete le risposte (date in forma breve<br />

e in forma estesa), stavolta non con il fucile spianato,<br />

ma con la giusta benevolenza per un argomento davvero<br />

ostico. Mentre leggete le risposte potete pensare<br />

alla frase “Se tu verrai a trovarmi, per esempio, tutti<br />

i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere<br />

felice”, la scrisse Antoine De Saint-Exupéry ne Il<br />

Piccolo Principe, nel 1943.<br />

Grazie<br />

Mauro Calvani e Alberto Martelli<br />

Risposta estesa<br />

Nel caso di anafilassi da cibo riferita nell’anamnesi, il<br />

TPO andrebbe eseguito solo nelle seguenti due circostanze:<br />

1. Qualora non sia certa l’identificazione dell’alimento<br />

offendente attraverso il racconto anamnestico e/o:<br />

a. quando le prove allergiche verso l’alimento<br />

sospettato, eseguite correttamente e in più<br />

occasioni, risultino negative. In questi casi è<br />

necessario riconsiderare la diagnosi di anafilassi<br />

o pensare ad una anafilassi idiopatica o<br />

da altre cause;


. quando le prove allergiche risultino positive<br />

per più alimenti di comune uso (ad es. latte, e<br />

uovo e grano). Talvolta infatti la reazione grave<br />

si verifica subito dopo che il bambino ha<br />

consumato più alimenti o più ingredienti nello<br />

stesso momento.<br />

Il TPO invece non dovrebbe essere eseguito nel caso<br />

di anafilassi immediatamente successiva all’ingestione<br />

di un solo alimento confermato da sensibilizzazione<br />

allo stesso in vivo e/o in vitro. L’identificazione dell’alimento<br />

implicato nella reazione anafilattica è utile<br />

ad evitare inutili restrizioni dietetiche e limitazioni<br />

nello stile di vita 1 . Inoltre, se non è possibile, per vari<br />

motivi, individuare l’alimento responsabile, i TPO per<br />

il ventaglio di alimenti, comunque sospetti, possono<br />

risultare salvavita o comunque utili ad evitare diete<br />

troppo estese 2 . Nella pratica clinica non è infrequente<br />

riscontare situazioni particolari, come il caso del<br />

bambino che abbia manifestato anafilassi dopo aver<br />

assunto due alimenti contemporaneamente e verso i<br />

quali dimostri sensibilizzazione in vivo e/o in vitro (es.<br />

latte e grano assunti con la pastina col formaggino) e<br />

l’anamnesi alimentare non consenta di comprendere<br />

quale dei due alimenti possa essere responsabile<br />

dell’episodio di anafilassi. Cosa fare? Una soluzione<br />

potrebbe essere quella di tenere il bambino a dieta<br />

rigorosa per entrambi gli alimenti e non eseguire subito<br />

il TPO, a causa della recente anafilassi, ma di programmarlo,<br />

dopo 6-12 mesi, prima con uno, poi con<br />

l’altro alimento. Viceversa, non articolando correttamente<br />

un programma diagnostico, si rischia anche di<br />

etichettare come allergici bambini che in realtà non<br />

lo sono “medicalizzando” inutilmente situazioni che<br />

non lo richiedono, anche con l’indicazione all’adrenalina<br />

autoiniettiva. Poiché l’anafilassi da alimenti,<br />

come tutte le esperienze a rischio di vita, porta ad<br />

un profondo coinvolgimento psicologico, anche dei<br />

genitori di un bambino affetto, come dimostrato nel<br />

caso dell’allergia alle arachidi 3 , bisognerà assicurarsi<br />

che la diagnosi di anafilassi sia dettagliatamente<br />

comprovata. Quando si parla di anafilassi, pertanto,<br />

si deve far riferimento all’ultima classificazione dell’anafilassi<br />

dove vengono annoverate, in questo termine,<br />

le manifestazioni cliniche più severe 4 .<br />

2. Nella valutazione dell’acquisizione della tolleranza<br />

nei bambini che, dopo congruo periodo di<br />

tempo dalla pregressa anafilassi, potrebbero non<br />

presentare più la loro grave reattività a quel cibo.<br />

Il TPO potrebbe includere anche il test da sforzo<br />

se l’esercizio fisico dovesse risultare un meccanismo<br />

favorente 5 .<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

29<br />

Quali criteri, clinici e di laboratorio,<br />

possiamo utilizzare per stabilire se un<br />

bambino, con pregressa anafilassi da<br />

alimenti, può essere sottoposto ad un<br />

nuovo Test di Provocazione Orale per<br />

saggiare l’eventuale tolleranza?<br />

Risposta breve<br />

- Importanza del cibo nella dieta;<br />

- eventuale reintroduzione erronea o voluta, senza<br />

reazione avversa conseguente, di piccole dosi di<br />

quell’alimento.<br />

Risposta estesa<br />

Attualmente, non esistono criteri di laboratorio certi<br />

che possano aiutarci per stabilire i tempi per un<br />

nuovo TPO. Sebbene la dimensione del pomfo evocato<br />

dal prick test e il valore assoluto del livello delle<br />

immunoglobuline E (IgE) sieriche specifiche possano<br />

sempre più correlare, attraverso il loro incremento,<br />

alla reazione positiva del TPO, nessun valore può<br />

essere predittivo della severità della reazione 6 . Recentemente<br />

un’osservazione del gruppo di Eigenmann<br />

ha mostrato, analizzando i dati di 51 TPO eseguiti<br />

con uovo cotto o crudo, una chiara correlazione<br />

fra il livello sierico di IgE specifiche per le proteine<br />

dell’uovo e severità della reazione clinica concludendo<br />

che il titolo di IgE specifiche per l’uovo può<br />

aiutare a predire il rischio di una reazione severa al<br />

momento dell’introduzione dell’uovo 7 . Non venivano<br />

osservate significative differenze statistiche fra<br />

i bambini che avevano eseguito il TPO con l’uovo<br />

cotto o crudo.<br />

Da vari autori sono stati studiati i punti di cut-off per<br />

le IgE sieriche specifiche e per prick test in relazione a<br />

singoli alimenti e alla probabilità che risulti positivo il<br />

TPO per quell’alimento 8-12 , ma non sono stati stabiliti<br />

tali valori per il bambino con pregressa anafilassi e sulla<br />

predittività di un nuovo analogo episodio.<br />

Di quanto dovrebbe ridursi il pomfo evocato dal prick<br />

test o il il valore assoluto del livello delle IgE sieriche<br />

specifiche relativi ad uno specifico alimento<br />

per suggerirci, dopo una pregressa anafilassi, la ripetizione<br />

di un TPO? Al momento pare impossibile<br />

rispondere. Si potrà rispondere a questa domanda<br />

solo dopo la verifica attraverso studi clinici metodologicamente<br />

validi condotti su vaste popolazioni di<br />

età diverse con alimenti differenti. Occorre ricordare<br />

inoltre che l’anafilassi assai raramente può verificarsi<br />

in bambini con IgE specifiche (cutanee o sieriche)<br />

negative per quell’alimento e, viceversa, IgE<br />

specifiche positive (cutanee o sieriche) spesso pos-


sono osservarsi in bambini asintomatici che tollerano<br />

perfettamente l’alimento 13 . È lecito pensare, anche<br />

se mancano dati specifici in letteratura, che valori<br />

in incremento di IgE specifiche (cutanee o sieriche),<br />

rispetto a quelli concomitanti alla precedente<br />

anafilassi, suggeriscano di evitare l’esecuzione di un<br />

TPO. In altre parole i valori di IgE specifiche (cutanee<br />

o sieriche) sono considerati utili, in questo caso, più<br />

per non fare che per fare il TPO. Hill et al. ipotizzano<br />

che una naturale diminuzione delle IgE circolanti,<br />

ma non di quelle adese ai mastociti, in chi è a dieta<br />

di eliminazione, possa rendere spiegazione di quei<br />

casi che hanno basse IgE specifiche ma che reagiscono<br />

comunque al TPO e che abitualmente non<br />

vengono annoverati tra i più a rischio 14 .<br />

Altre osservazioni suggeriscono che la sensibilizzazione<br />

ad epitopi lineari anziché conformazionali, possa<br />

essere responsabile della persistenza dell’allergia 15-17<br />

e come, ad esempio, le IgE dirette contro epitopi lineari<br />

dell’ovomucoide possano predire la persistenza<br />

dell’allergia all’uovo 15 . Inoltre il riconoscimento di più<br />

epitopi sull’allergene può determinare la persistenza<br />

del fenomeno, indipendentemente dalla quantità di<br />

IgE specifiche dirette verso l’estratto allergenico 18 .<br />

Anche la severità della reazione clinica almeno per<br />

alcuni alimenti, come le arachidi, potrebbe essere in<br />

parte predetta dall’eterogeneità degli epitopi allergenici<br />

coinvolti nella reazione IgE mediata 19 .<br />

In conclusione si può eseguire un TPO, a distanza dal<br />

precedente episodio anafilattico, pur in presenza di<br />

valori elevati di IgE o di diametro del pomfo superiore<br />

ai cut-off, per non rischiare di innescare un iter di<br />

prosecuzione dietetica per anni, solo in considerazione<br />

della persistenza di questi dati.<br />

Chiaramente venire a conoscenza della spontanea o<br />

involontaria assunzione di piccole quantità dell’alimento<br />

senza aver riportato reazioni importanti costituisce<br />

un criterio per stabilire che il bambino può essere<br />

sottoposto ad un TPO.<br />

Dopo quanto tempo da un episodio di<br />

anafilassi è lecito ritestare il bambino<br />

TPO?<br />

Risposta breve<br />

Dopo 1 anno e in considerazione dell’età del bambino<br />

e del tipo di alimento.<br />

Risposta estesa<br />

Benché non esistano dati certi in merito, c’è uniformità<br />

di consensi nel ritenere che si possa ripetere un<br />

TPO dopo 12 mesi da un precedente TPO positivo,<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

30<br />

soprattutto nel caso si tratti di bambini allergici ad<br />

alimenti fondamentali nella dieta (latte, grano, uovo)<br />

e ciò indipendentemente se abbiano reagito a piccole,<br />

medie o grandi quantità dell’alimento in causa.<br />

Il TPO va ripetuto, anche questa volta, senza troppo<br />

prolungare i tempi.<br />

L’acquisizione della tolleranza verso un allergene<br />

alimentare è condizionata da diversi fattori, principalmente<br />

dal tipo di alimento e dall’età, per questo<br />

devono essere considerati anche il tipo di alimento<br />

e l’impatto che lo stesso ha nella dieta del<br />

bambino. Ad esempio le proteine del latte, dell’uovo<br />

e del grano non possono essere considerate, come<br />

valenza nutrizionale, al pari delle proteine del<br />

kiwi o dell’anacardio. In poche parole, il bambino<br />

cresce sicuramente bene senza la frutta secca ma<br />

non si può permettere che rimanga privato delle<br />

proteine “nobili” senza giustificazione. Pertanto sarà<br />

più serrata la “caccia alla tolleranza” per latte, uovo<br />

e grano proponendo di ritestare annualmente,<br />

educando la famiglia ad evitare il più possibile errori,<br />

tra un TPO e l’altro a causa del rischio enorme<br />

che si affronta.<br />

La valutazione di eventuali ingestioni accidentali, anche<br />

in tracce e sconosciute, in assenza di sintomi, potrebbe<br />

costituire un valido motivo per una proposta<br />

di TPO, come pure il riscontro di IgE specifiche (cutanee<br />

o sieriche) negative per quell’alimento, consentono<br />

di testare immediatamente l’alimento indice<br />

con TPO.<br />

Nel caso in cui si sia verificata una nuova reazione di<br />

anafilassi o comunque allergica a seguito di contatto<br />

voluto od accidentale con l’allergene, i dodici mesi di<br />

attesa per poter riproporre il TPO scatteranno dalla<br />

data del nuovo episodio di anafilassi.<br />

In quale ambiente e in quali condizioni<br />

un bambino con pregressa anafilassi<br />

dovrebbe essere sottoposto a un TPO?<br />

Risposta breve<br />

- In ambiente ospedaliero;<br />

- con posizionamento di agocannula;<br />

- con farmaci a disposizione;<br />

- con pronta reperibilità del rianimatore.<br />

Risposta estesa<br />

Poiché è opportuno, giustamente, cautelarsi in tali<br />

circostanze, è indispensabile eseguire il TPO in ambiente<br />

ospedaliero attrezzato con possibilità di intervento<br />

rapido del rianimatore e in regime di ricovero<br />

ospedaliero 20-22 .


Fig. 1. Incremento percentuale di reazioni severe ed uso di<br />

adrenalina nel corso di successive reazioni di anafilassi per<br />

frutta secca.<br />

Infatti la Simmons ha osservato, nella sua casistica,<br />

che le successive reazioni di anafilassi, almeno per<br />

quanto concerne la frutta secca, come le arachidi e le<br />

noci, comportano, nelle recidive, una maggiore percentuale<br />

di reazioni severe e di conseguenza un uso<br />

più frequente di adrenalina con l’autoiniettore (Fig.<br />

1) 23 . Questo si nota sia nel secondo episodio rispetto<br />

al primo sia nel terzo rispetto al secondo. Ovviamente<br />

questa osservazione fa riferimento ad una casistica<br />

con reazioni di anafilassi verificatisi nella real<br />

life e non indotte da procedure diagnostiche, come il<br />

TPO, dove la somministrazione dell’alimento avviene<br />

in maniera differente e più graduale, interrompendo<br />

le successive somministrazioni ai primi segni clinici<br />

significativi di reattività.<br />

Se il Day Hospital (DH) è correttamente attrezzato<br />

(farmaci, apparecchio per misurazione della pressione<br />

arteriosa con differenti bracciali a seconda della<br />

diversa età, aspiratori, lettino con possibilità di postura<br />

in Trendelemburg, ossigeno umidificato, saturimetro,<br />

nebulizzatore o distanziatore per aerosolterapia,<br />

ecc) non ci sono preclusioni all’esecuzione in tale sede<br />

a meno che non ci sia, in virtù degli aspetti strutturali<br />

del DH, troppa promiscuità con gli altri bambini<br />

che afferiscono al servizio in quella mattinata. Un’ipotetica<br />

reazione grave al TPO deve essere gestita in un<br />

ambiente molto ben equipaggiato ma comunque<br />

riservato. Al bambino dovrebbe essere preliminarmente<br />

posta una agocannula per infusione endovenosa,<br />

è una cautela indispensabile a fronte di un disagio<br />

per il piccolo, davvero contenuto. Non ci sono<br />

ragionevoli motivi per non farlo. Inoltre in un gruppo<br />

di 204 bambini con dermatite atopica, e non con anafilassi,<br />

che erano stati sottoposti a 349 TPO alimenta-<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

31<br />

ri, Reibel et al. 24 , osservando tale casistica retrospettivamente,<br />

evidenziarono una reazione clinica positiva<br />

in 178 casi (51%). Di questi ben 120 bambini (67%)<br />

ebbero bisogno di un intervento terapeutico. In 78<br />

casi (65%) fu sufficiente la terapia orale mentre in 42<br />

casi (35%) fu necessaria la terapia parenterale. In base<br />

alla stretta correlazione (90%) osservata, in questa<br />

casistica, fra i livelli di IgE specifiche e la necessità<br />

dell’intervento terapeutico gli Autori suggeriscono<br />

di preparare un accesso venoso, prima del TPO, nei<br />

bambini con IgE specifiche per latte e grano maggiori<br />

di 17,50 kU/l (CAP classe 4) e con IgE specifiche per<br />

l’uovo maggiori di 3,50 kU/l (CAP classe 3).<br />

In merito alla scelta del tipo di TPO da utilizzare (aperto<br />

o in doppio cieco verso placebo, Double Blind Placebo<br />

Controlled Food Challenge – DBPCFC), poiché si tratta<br />

di reazioni IgE mediate con chiara espressività clinica,<br />

non servono di norma le procedure per il TPO in<br />

cieco, un TPO in aperto è sufficiente nella quasi totalità<br />

dei casi. In rari casi, se il ragazzo è grande e per tanti<br />

anni è cresciuto con la fobia di assumere quell’alimento,<br />

si può pensare a un DBPCFC. Non tutti sono d’accordo<br />

su questa linea. Ad esempio, nei practice parameters,<br />

Liebermanmn et al. affermano che il TPO, in caso<br />

di sospetta anafilassi da alimento, andrebbe svolto<br />

comunque in cieco, singolo o doppio che sia 25 . Se ci<br />

sono dubbi interpretativi la cecità nella procedura aiuta<br />

a limitare i possibili errori. In questo caso, per il mascheramento<br />

del verum, occorre fare attenzione al tipo<br />

di placebo prescelto che potrebbe modificare il tipo di<br />

reazione allergica 29 . Attenzione andrà posta anche al<br />

rischio di DBPCFC con placebo positivi 27 .<br />

Il TPO nei casi di pregressa anafilassi andrebbe sempre<br />

condotto con l’alimento fresco. Infatti i preparati liofilizzati,<br />

rispetto all’alimento fresco, possono determinare<br />

una difficile interpretazione dei tempi di rottura<br />

della capsula e del successivo assorbimento intestinale.<br />

Ciò potrebbe comportare un troppo breve tempo<br />

di attesa per la dose successiva nel caso in cui si verifichi,<br />

successivamente, una reazione anafilattica.<br />

Per quanto invece concerne l’assistenza rianimatoria<br />

durante la procedura del TPO, è indubbiamente una<br />

grave limitazione pretendere la presenza del medico<br />

rianimatore durante il test. Lo specialista deve però sapere<br />

che in quel momento si sta svolgendo, in pediatria,<br />

una procedura potenzialmente a rischio e non deve<br />

essere impegnato nel turno di sala operatoria perché<br />

si deve mantenere prontamente disponibile. Purtroppo<br />

nella realtà territoriale italiana, nel momento<br />

in cui si esegue un TPO, la pronta disponibilità del rianimatore<br />

avviene solo in 75 Ospedali su 268 (pari al<br />

27,9%) 28 . Non sappiamo, nel sottogruppo di bambini<br />

che esegue il TPO per pregressa anafilassi, quale sia la


percentuale di pronta disponibilità del rianimatore ma<br />

è probabile che il dato non si discosti molto dal precedente.<br />

Per tale motivo è importante che il pediatra<br />

sappia quali farmaci e presidi debba tenere a disposizione<br />

per un immediato impiego. Se si verifica una<br />

nuova reazione di anafilassi, durante un TPO, è meglio<br />

ospedalizzare il bambino in virtù dell’anafilassi bifasica<br />

29 . In studi pediatrici il 6% dei casi di anafilassi è progredita<br />

in una reazione bifasica 30 31 .<br />

Anche se non sono stati stabiliti protocolli specifici sulla<br />

durata del periodo di osservazione una recente position<br />

paper suggerisce di tenere in osservazione per<br />

6-8 ore i bambini con segni o sintomi respiratori, e per<br />

almeno 24 h, in terapia intensiva, i bambini che hanno<br />

presentato anafilassi con ipotensione arteriosa 4 .<br />

Le stesse precauzioni da adottare nel caso di pregressa<br />

anafilassi alimentare andrebbero attuate nel caso di<br />

una sospetta Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome<br />

(FPIES) o enterocolite allergica cibo-indotta, caratterizzata<br />

dall’esordio precoce, spesso prima dei 9 mesi<br />

di vita, dalla negatività della ricerca delle IgE specifiche,<br />

dalla sintomatologia solo gastrointestinale con<br />

vomito e diarrea dopo esposizione all’alimento incriminato,<br />

drastico miglioramento con la sospensione<br />

dell’alimento responsabile, e ripresa dei segni gastrointestinali<br />

al TPO con l’alimento offendente 32 33 .<br />

Riassumendo, il TPO per testare un bambino con pregressa<br />

anafilassi, dovrebbe essere sempre condotto<br />

in ambiente ospedaliero, sempre con l’alimento fresco<br />

e nella maggior parte dei casi in aperto, con posizionamento<br />

preliminare dell’agocannula, e con la<br />

pronta disponibilità di un rianimatore.<br />

Quali farmaci devono essere tenuti a<br />

portata di mano in caso di reazione di<br />

tipo anafilattico?<br />

Risposta breve<br />

- Adrenalina;<br />

- antistaminici;<br />

- cortisonici.<br />

Risposta estesa<br />

La prima cosa da fare è assicurarsi che nella sala medica<br />

sia già predisposto il necessario dei farmaci (con<br />

i quantitativi individualizzati al peso del bambino, già<br />

pronti nella siringa) e di attrezzature per far fronte a<br />

una eventuale emergenza. L’altro aspetto importante,<br />

in caso di episodio di anafilassi, è riconoscerlo perché<br />

il rapido trattamento è cruciale. Dopo aver assicurato<br />

l’ABC, devono essere somministrati 0,01 ml/kg di una<br />

soluzione acquosa di adrenalina 1:1000 (dose max 0,5<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

32<br />

mg = 0,5 ml) per via intramuscolare profonda, preferibilmente<br />

nel muscolo vasto laterale della coscia 34 . Per<br />

fare questa iniezione, il bambino andrebbe steso supino<br />

sollevandogli le gambe in posizione antishock, allo<br />

scopo di ridistribuire la massa circolante e favorire<br />

la perfusione degli organi vitali. Se non vi è dispnea è<br />

meglio porre il bambino nella posizione di Trendelenburg.<br />

Tenere sollevato o in posizione eretta il piccolo<br />

potrebbe diminuire il ritorno venoso e causare un arresto<br />

cardiaco 35 . Inoltre poiché a causa dell’ipossia cerebrale<br />

può verificarsi una variazione nel livello neurologico<br />

di attività ed obnubilamento del sensorio con<br />

ipotetica perdita di coscienza, è importante mantenere<br />

tale posizione per ovviare all’ipotetico inconveniente<br />

del trauma cranico da caduta. In seconda battuta<br />

utilizzare antistaminici per via e.v. (ad es. clorfenamina<br />

maleato), infondere soluzioni saline isotoniche (fisiologica)<br />

alla dose di 20-30 ml/kg nel bambino nella prima<br />

ora e, dopo aver rivalutato la pervietà delle vie aeree,<br />

somministrare ossigeno, eventualmente con cannula<br />

di Mayo, alla dose di 6-8 l/min, specie se la sintomatologia<br />

si protrae o se la saturimetria lo suggerisce.<br />

L’adrenalina, sempre per via i.m., è ripetibile, se non<br />

si osserva efficacia, dopo 5-10 minuti. Devono essere<br />

somministrati anche broncodilatatori short-acting, ad<br />

es. salbutamolo, se compare broncostruzione e corticosteroidi,<br />

es. idrocortisone o metilprednisone. Questi<br />

farmaci hanno minore rapidità di azione ed efficacia<br />

rispetto all’adrenalina, ma sono indicati come intervento<br />

di supporto aggiuntivo. La loro somministrazione<br />

è finalizzata a ottenere un effetto adiuvante in caso<br />

di persistenza dei sintomi. In caso di edema laringeo<br />

con stridore e difficoltà respiratoria si può associare la<br />

somministrazione di adrenalina per via aerosolica 4 .<br />

Da quale dose iniziale di alimento è<br />

lecito partire nel TPO di un bambino con<br />

pregressa anafilassi?<br />

Risposta breve<br />

Dalla dose minima, specifica per alimento, come suggerito<br />

dall’anamnesi e dalla letteratura.<br />

Risposta estesa<br />

Non è possibile stabilire la stessa dose iniziale per tutti<br />

gli alimenti, ma la dose iniziale deve essere stabilita<br />

alimento per alimento. Nel TPO tradizionale, non<br />

eseguito in bambini con pregressa anafilassi, la dose<br />

iniziale deve essere suggerita dall’anamnesi e dai dati<br />

della letteratura 36 . Ovviamente tali dosi iniziali non<br />

dovrebbero mai essere superate in virtù del maggior<br />

rischio del bambino con pregressa anafilassi.


Tab. I. Dosi iniziali dei principali alimenti da utilizzare<br />

nei TPO.<br />

Alimento Dose<br />

Arachide 0,1 mg<br />

Latte vaccino 0,1 ml<br />

Uovo 1 mg<br />

Merluzzo 5 mg<br />

Grano 100 mg<br />

Soia 1 mg<br />

Gamberetto 5 mg<br />

Nocciola 0,1 mg<br />

Il test labiale, eseguito ponendo un goccia dell’alimento,<br />

diluito o non, nel cercine gengivale inferiore e<br />

non sul labbro inferiore, è un buon sistema per iniziare<br />

un TPO, benché non ci siano dimostrazioni di una<br />

sua predittività. Attenzione però, perché, una sicura<br />

positività (ovvero il manifestarsi di una reazione clinica<br />

evidente), dopo la somministrazione di una dose<br />

così bassa, suggerisce l’opportunità, quando si ripeterà<br />

nel tempo il TPO, di progredire più lentamente<br />

e con dosi più basse. Ad esempio per il latte vaccino<br />

può essere seguita la seguente modalità, per preparare<br />

la prima dose, diluendo un goccia di latte vaccino<br />

in acqua con diluizione 1:100 e proponendo una<br />

goccia della soluzione 37 . Di contro una negatività clinica<br />

dopo la prima dose labiale non deve indurre una<br />

falsa sensazione di sicurezza ma mantenere invariate<br />

tutte le norme di sicurezza.<br />

Il motivo per cui Spergel et al. hanno osservato su<br />

69 bambini che afferivano al loro centro per anafilassi<br />

da alimento solo 22 reazioni di anafilassi al TPO<br />

di controllo verte sul fatto che, almeno in una buona<br />

percentuale dei casi, il TPO veniva interrotto ai primi<br />

segni clinici prima che si verificasse l’anafilassi 38 . In<br />

una casistica di bambini portatori di dermatite atopica<br />

ma non di anafilassi, con allergia a latte e uovo,<br />

attraverso la realizzazione di 52 TPO, è stato suggerito<br />

un modello per TPO a basse dosi, per latte e uovo,<br />

ma occorreranno nuove osservazioni per sapere se<br />

questo modello possa essere traslabile in casistiche<br />

di bambini con anafilassi 39 .<br />

Quale intervallo di tempo è<br />

raccomandato fra una dose e l’altra nel<br />

corso di un TPO con pregressa anafilassi?<br />

Risposta breve<br />

- 20 minuti.<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

33<br />

Risposta estesa<br />

Non esistono studi comparativi che documentino<br />

una diversa risposta immune tra la somministrazione<br />

a 10, 15, 30 o 60 minuti. Anche su questo argomento<br />

si scontrano le 2 esigenze diverse: da un lato quella<br />

di cautelare il piccolo da reazioni severe, proponendo<br />

intervalli più lunghi fra una somministrazione e l’altra,<br />

dall’altro quella di non rendere troppo prolungato<br />

il TPO. Poiché però il piccolo è in ambiente ospedaliero<br />

e stiamo valutando, per lui, una cosa importante<br />

davvero, crediamo che l’intervallo fra una somministrazione<br />

e l’altra non debba essere inferiore a 20 minuti.<br />

Così facendo dieci dosi crescenti vengono somministrate<br />

in complessive 3 ore e questo sembra più<br />

che ragionevole sia se il bambino è ricoverato in reparto<br />

sia se è in DH<br />

Con TPO negativo eseguito per verificare<br />

avvenuta tolleranza dopo pregressa<br />

anafilassi, possiamo dare l’indicazione di<br />

reintrodurre l’alimento a casa senza altre<br />

precauzioni?<br />

Risposta breve<br />

- No.<br />

Risposta estesa<br />

Anche in tale circostanza qualche cautela è raccomandata.<br />

Non esistono lavori, nei bambini con anafilassi<br />

alimentare, che abbiano studiato, comparativamente,<br />

la reattività nei confronti di una dose di alimento<br />

proposta in maniera refratta in 3 o 5 ore rispetto a<br />

quello che può essere il comportamento del sistema<br />

immunitario se la dose è assunta in un breve intervallo<br />

di tempo, di norma pochi minuti, come quando,<br />

nella vita di tutti i giorni, si consuma una tazza di latte<br />

vaccino o un uovo. La raccomandazione, ove possibile<br />

da un punto di vista organizzativo, è quella di<br />

riproporre, nella giornata successiva al classico TPO,<br />

un nuovo test dove l’alimento, ovviamente in aperto,<br />

venga riproposto in un tempo molto breve, pochi<br />

minuti, con le identiche modalità di quanto potrebbe<br />

succedere a domicilio, proprio perché, non esistendo<br />

lavori che abbiano studiato comparativamente tale<br />

situazione, dobbiamo mettere in opera ogni provvedimento<br />

per tutelare il bambino con pregressa anafilassi<br />

specialmente in situazioni di particolare ansietà<br />

della famiglia, in cui è consigliabile dare la possibilità<br />

al bambino di ritornare in ospedale e completare<br />

il tutto in una seconda seduta di DH. Il TPO dovrebbe<br />

essere ripetuto, anche se negativo, nel caso ci si ac-


corgesse di averlo eseguito mentre il bambino assumeva<br />

farmaci anti-allergici, che potrebbero aver mascherato<br />

o ridotto la possibile reazione allergica.<br />

Se un bambino con pregressa<br />

anafilassi presenta, ad un TPO<br />

eseguito per saggiare la tolleranza,<br />

una reazione allergica, ad esempio<br />

solo orticaria diffusa, senza anafilassi,<br />

siamo autorizzati a sospendere la<br />

precedente indicazione all’adrenalina<br />

autoiniettabile?<br />

Risposta breve<br />

- No.<br />

Risposta estesa<br />

No. Non esistono dati di letteratura o “prove” che ci<br />

assicurino al 100% che ad una nuova reintroduzione<br />

dell’allergene la reazione possa essere la stessa,<br />

soprattutto nel singolo bambino e magari in condizioni<br />

diverse (infezioni, attività fisica, assunzione di<br />

farmaci, etc.). Saremmo stati autorizzati a sospendere<br />

l’adrenalina solo se il bambino, nel corso del TPO,<br />

avesse assunto, senza reazione, tutte le dosi e se l’introduzione<br />

dell’alimento, il giorno dopo e in unica<br />

dose, non avesse evocato reazioni.<br />

Se un bambino ha presentato una<br />

pregressa anafilassi da alimenti come<br />

ci comportiamo nei confronti degli<br />

allergeni alimentari cutinegativi o<br />

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La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

34<br />

cutipositivi ipoteticamente cross-reattivi<br />

con l’alimento incriminato?<br />

Risposta breve<br />

- L’alimento cutinegativo può somministrato a domicilio;<br />

- l’alimento cutipositivo deve essere testato con<br />

TPO se non è mai stato assunto di recente;<br />

- l’alimento cutipositivo può essere lasciato nella<br />

dieta se è stato già assunto di recente senza reazione.<br />

In caso di cutinegatività l’alimento, ipoteticamente<br />

cross-reattivo, può essere somministrato a domicilio<br />

senza particolari precauzioni. Non è previsto in<br />

questo caso un TPO ospedaliero.<br />

In caso di cutipositività ci si comporterà come per gli<br />

altri alimenti cutipositivi. Se già introdotti nella dieta<br />

senza reattività clinica devono essere mantenuti nella<br />

dieta, perché non avrebbe senso eliminare dalla dieta<br />

un alimento perfettamente tollerato, benché cutipositivo.<br />

Nel caso in cui l’alimento cutipositivo non sia<br />

stato ancora introdotto nella dieta si dovrà eseguire la<br />

stessa procedura utilizzata nel TPO per l’alimento coinvolto<br />

nell’anafilassi. Infatti il sistema immunitario del<br />

bambino non reagisce ad alimenti ma ad epitopi allergenici<br />

posti su proteine allergeniche. Il riconoscimento<br />

degli epitopi, da parte dell’allergico è individuale e<br />

non riconducibile a dati statistici. Non esistono ancora<br />

mezzi diagnostici applicabili alla routine che ci permettano<br />

di distinguere chi reagirà tra coloro che sono<br />

cutipositivi. La cutipositività è legata al riconoscimento<br />

di una omologia di sequenza tra molecole simili, la<br />

cross reattività clinica al riconoscimento di un determinato<br />

numero e tipo di valenze allergeniche che il singolo<br />

bambino “vede” sull’allergene.<br />

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Introduzione<br />

La Commissione<br />

Studio prospettico sulla<br />

desensibilizzazione orale<br />

per il latte vaccino<br />

A cura della Commissione Allergia alimentare, Anafilassi, Dermatite atopica<br />

Coordinatore: Mauro Calvani<br />

Membri: Marcello Bergamini, Irene Berti, Salvatore Bragò, Luigi Calzone, Iride Dello Iacono, Roberto Lisi<br />

La terapia delle allergie alimentari è ben codificata, e<br />

consiste nel consigliare di evitare la assunzione dell’alimento<br />

allergizzante, quindi una dieta rigorosa,<br />

e in caso di precedenti reazioni anafilattiche, raccomandare<br />

l’impiego della adrenalina auto-iniettabile.<br />

Più di recente tuttavia il dogma che la dieta rigorosa<br />

sia l’unico modo possibile per favorire lo sviluppo<br />

della tolleranza, oltre che per prevenire ulteriori reazioni<br />

allergiche, è stato messo in dubbio da alcune<br />

osservazioni 1 , ma anche dal riscontro di una più frequente<br />

recidiva della allergia alle arachidi nei soggetti<br />

che ne interrompevano la assunzione dopo aver recuperato<br />

la tolleranza, rispetto a quelli che continuavano<br />

ad assumerle più regolarmente 2 . Come a suggerire<br />

quindi che non la dieta, bensì la continua somministrazione<br />

di un alimento potesse favorire lo sviluppo<br />

o il mantenimento della tolleranza. Di qui un<br />

supporto a quanti sostengono la possibilità di praticare<br />

una terapia desensibilizzante orale ai bambini<br />

con allergia alimentare, proposta e praticata già circa<br />

20 anni fa da Mc Ewen 3 e oggetto di rinnovato interesse<br />

e dibattito in letteratura. Negli ultimi anni in<br />

particolare sono stati pubblicati diversi studi sull’argomento,<br />

la gran parte tuttavia di bassa qualità, poiché<br />

viziati da bias metodologici (diagnosi di allergia<br />

posta in modo incerto, assenza di randomizzazione,<br />

assenza di gruppi di controllo, casistiche piccole, etc.)<br />

nei quali la desensibilizzazione orale si è dimostrata<br />

efficace in percentuali molto variabili (tra il 37% e<br />

l’83%) 4 5 . Allo stesso modo molto differente è stata la<br />

frequenza di effetti collaterali descritti, oscillante tra<br />

il 12,5% e il 100% 5 6 . In tutti i casi comunque le rea-<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

36<br />

zioni sono state controllate agevolmente dalla terapia<br />

antiallergica.<br />

Non è chiaro quindi quale sia la effettiva efficacia della<br />

terapia desensibilizzante orale, né quale la migliore<br />

strategia per praticarla 7 .<br />

Obiettivi dello studio<br />

Obiettivo primario dello studio è valutare l’efficacia e<br />

la tollerabilità della desensibilizzazione orale con latte<br />

vaccino fresco, in bambini con allergia alle proteine<br />

del latte vaccino (APLV) Ig (immunoglobulina) E<br />

mediata, in un periodo di tempo della durata di sei<br />

mesi, mediante induzione della tolleranza attraverso<br />

2 diversi protocolli:<br />

a) partendo da dosi estremamente basse e con incrementi<br />

quotidiani progressivi, fino alla ingestione<br />

di una dose di 150 ml o comunque alla dose<br />

massima tollerata;<br />

b) partendo da dosi basse, con incrementi progressivi<br />

raggiungere la dose di 1 ml di latte che viene<br />

tenuto in bocca per due minuti e poi sputato.<br />

I risultati dei due gruppi saranno paragonati a quelli<br />

di un gruppo di controllo che rimarrà a dieta senza<br />

latte nello stesso periodo di tempo.<br />

L’efficacia sarà valutata determinando:<br />

a) la tolleranza totale per il latte, ovvero la percentuale<br />

di bambini che sono in grado di completare<br />

lo studio ingerendo la quantità massima prevista<br />

di latte, e che mantengono la tolleranza, verificata<br />

con un test in doppio cieco contro placebo, dopo<br />

un mese di sospensione del latte dalla dieta;<br />

b) la tolleranza parziale, ovvero la percentuale di


ambini che sono in grado di completare lo studio<br />

ingerendo una quantità di latte inferiore alla<br />

quantità massima prevista di latte, ma comunque<br />

superiore a 30 ml, e che mantengono la tolleranza<br />

per la stessa quantità, verificata con un test in<br />

doppio cieco contro placebo, dopo un mese di<br />

sospensione del latte dalla dieta;<br />

c) in coloro che non raggiungono la tolleranza verrà<br />

verificato un eventuale aumento della dose minima<br />

in grado di provocare la comparsa di sintomi<br />

al Test di Provocazione Orale (TPO) in doppio<br />

cieco (Double Blind Placebo Controlled Food Challenge<br />

– DBPCFC) eseguito all’arruolamento ed alla<br />

conclusione dello studio;<br />

d) il verificarsi di eventuali reazioni insorte in seguito<br />

alla inavvertita assunzione dell’alimento nella<br />

dieta dei soggetti appartenenti ai tre gruppi.<br />

La tollerabilità sarà valutata sulla base della presenza<br />

o meno di sintomi durante gli incrementi della dose<br />

nei due gruppi di pazienti sottoposti a desensibilizzazione<br />

orale.<br />

Obiettivo secondario sarà valutare se i trattamenti desensibilizzanti<br />

sono in grado di condizionare una riduzione<br />

del diametro del pomfo verso le diverse proteine<br />

del latte vaccino e/o una variazione nel livello<br />

delle IgE sieriche specifiche (IgEs).<br />

Popolazione<br />

È previsto l’arruolamento di un minimo di 60 bambini,<br />

20 per gruppo. Il campione è stato calcolato secondo<br />

le seguenti assunzioni:<br />

- guarigione del 10% nei trattati a dieta senza proteine<br />

del latte vaccino;<br />

- guarigione attesa del 50% nei trattati con desensibilizzazione<br />

per il latte vaccino;<br />

- potenza dello studio 80%;<br />

- errore di prima specie 5%.<br />

Date queste assunzioni si ottiene un campione di 17<br />

unità per gruppo che vengono aumentate ad almeno<br />

20 per gruppo per tenere conto dei possibili drop outs.<br />

Inizio dello studio<br />

È previsto dal 1 gennaio 2008.<br />

Disegno dello studio<br />

Si tratta di uno studio prospettico, randomizzato,<br />

multicentrico.<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

37<br />

Lo studio dovrà essere sottoposto e approvato dai Comitati<br />

Etici dei centri partecipanti (Allegato 1) e i genitori<br />

del bambino arruolato firmeranno il consenso informato<br />

all’arruolamento nello studio (Allegato 2).<br />

Criteri di inclusione nello studio<br />

Verranno arruolati pazienti di età compresa tra 5 e 18<br />

anni, affetti da APLV IgE mediata, a dieta priva di proteine<br />

del latte vaccino da almeno 12 mesi, giunti all’osservazione<br />

nei vari centri partecipanti allo studio.<br />

In tutti la diagnosi di APLV verrà confermata, prima<br />

dell’ inizio della desensibilizzazione orale, attraverso<br />

DBPCFC (Allegato 3). Per eseguire tale test sarà necessario<br />

acquisire il consenso informato (Allegato 4).<br />

Protocollo dello studio<br />

I pazienti in cui la APLV verrà confermata saranno<br />

randomizzati, dopo aver ottenuto il consenso informato,<br />

in tre gruppi:<br />

a) ai bambini afferenti al primo gruppo (Protocollo<br />

n. 1) verranno somministrate dosi lentamente<br />

crescenti di latte vaccino per os, fino a raggiungere<br />

la dose di 150 ml (Tab. I). Questo gruppo continuerà<br />

ad assumere il latte vaccino per cinque mesi,<br />

quindi riprenderà la dieta per un mese e poi ripeterà<br />

un DBPCFC;<br />

b) ai bambini afferenti al secondo gruppo (Protocollo<br />

n. 2) verranno somministrate dosi lentamente<br />

crescenti di latte vaccino, trattenuto in bocca per<br />

due minuti e poi sputato, partendo da 0,1 ml (2<br />

gocce) ed aumentando, progressivamente la dose<br />

di 0,1 ml ogni 2 settimane fino alla dose di 1 ml<br />

(Tab. II). Questo secondo gruppo continuerà ogni<br />

mattina e per altri cinque mesi a trattenere in bocca<br />

per 2 minuti 1 ml di latte vaccino per poi sputarlo,<br />

quindi sospenderà per 1 mese e poi ripeterà<br />

un DBPCFC;<br />

c) i bambini afferenti al terzo gruppo continueranno<br />

la dieta priva di proteine del latte vaccino per 12<br />

mesi ed al termine ripeteranno un DBPCFC.<br />

I pazienti arruolati in entrambi i gruppi di trattamento<br />

attivo riceveranno in osservazione, in ospedale (è<br />

consigliato il regime di day hospital), le prime tre somministrazioni<br />

di latte all’ inizio dello studio, mentre le<br />

rimanenti somministrazioni verranno effettuate a domicilio.<br />

Il trattamento verrà iniziato a partire dal giorno<br />

successivo a quello in cui si è concluso il secondo<br />

accesso per DBPCFC (e comunque entro 15 giorni dal


DBPCFC) e sono previsti controlli mensili. A tutti i pazienti<br />

arruolati nello studio verranno fornite istruzioni<br />

scritte circa la modalità di trattamento di eventuali<br />

reazioni anafilattiche. In particolare si prescriverà<br />

adrenalina autoiniettabile e si istruirà adeguatamente<br />

la famiglia e/o il paziente stesso circa il trattamento<br />

di una reazione allergica e di una anafilassi. Si consiglierà<br />

inoltre, durante il periodo dello studio:<br />

- di tenere in osservazione il bambino per almeno 2<br />

ore dopo la somministrazione dell’alimento;<br />

- di evitare la attività sportiva, bagni caldi o la ingestione<br />

di altri cibi freddi per almeno sei ore dopo<br />

la somministrazione dell’alimento;<br />

- di registrare eventuali reazioni insorte in seguito<br />

alla inavvertita assunzione di alimenti contenenti<br />

proteine del latte vaccino;<br />

- nel gruppo che esegue la desensibilizzazione orale<br />

con ingestione dell’alimento, di diluire il latte<br />

in 50 ml di placebo, ad esempio il suo abituale<br />

latte sostitutivo del latte vaccino o un succo di<br />

frutta alla banana o alla pera e di non informare il<br />

bambino circa gli aumenti della dose, sì da evitare<br />

possibili reazioni psicologiche. Analogamente,<br />

anche i pazienti appartenenti al secondo gruppo,<br />

ossia coloro che non ingeriscono l’alimento ma lo<br />

trattengono in bocca per 2 minuti, dovranno diluire<br />

il latte vaccino con 1 ml placebo;<br />

- di compilare un diario clinico, registrando ogni<br />

sintomo insorto nelle ore successive alla ingestione<br />

dell’ alimento;<br />

- di somministrare, in caso di reazioni allergiche lievi<br />

(rinite, congiuntivite, nausea, fugaci dolori addominali,<br />

vomito, prurito del cavo orale o prurito<br />

e orticaria localizzata del volto o generalizzata), in<br />

cui manchi una sostanziale difficoltà respiratoria<br />

o un interessamento cardiovascolare, che non si<br />

risolvano spontaneamente nel giro di 20 minuti,<br />

loratadina, alla dose di 5 mg nei bambini di peso<br />

< 30 kg ed alla dose di 10 mg nei bambini di peso<br />

> 30 kg. In tal caso, il giorno successivo, sarà somministrata<br />

nuovamente in ospedale la dose che<br />

ha preceduto quella che ha causato la reazione<br />

clinicamente evidente ed il protocollo riprenderà<br />

da quel momento;<br />

- nel caso invece di reazioni più lievi o dubbie, che<br />

non richiedano la somministrazione di farmaci, o<br />

si realizzino in concomitanza di eventi infettivi o<br />

manifestazioni allergiche respiratorie, sarà consentito<br />

procedere con l’aumento della dose di latte,<br />

rallentando la progressione e concordando la<br />

procedura con l’investigatore responsabile;<br />

- in caso di reazioni più intense (prurito e orticaria<br />

generalizzata, angioedema, raucedine o difficoltà<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

38<br />

respiratoria, vomito o dolori addominali, ipotensione<br />

o shock) si somministrerà subito adrenalina<br />

1:1000 alla dose di 0,01 ml/kg (fino alla dose max<br />

di 0,5 ml) (o adrenalina autoiniettabile nelle dosi<br />

adeguate qualora la reazione si verifichi a domicilio)<br />

per via intramuscolare profonda e loratadina,<br />

alla dose di 5 mg nei bambini di peso < 30 kg ed<br />

alla dose di 10 mg nei bambini di peso > 30 kg e,<br />

se necessario betametasone, alla dose di 0,1 mg/<br />

kg e β 2-stimolante per via aerosolica; se si verificano<br />

tali circostanze il paziente interromperà la partecipazione<br />

allo studio e il caso verrà conteggiato<br />

come insuccesso.<br />

Metodologia di randomizzazione<br />

I bambini saranno assegnati ad uno dei tre gruppi<br />

di trattamento secondo una sequenza stabilita precedentemente.<br />

Per garantire il rispetto della randomizzazione,<br />

la assegnazione ad uno dei tre gruppi di<br />

trattamento sarà stabilita di volta in volta da un investigatore<br />

“centralizzato” non partecipante all’arruolamento.<br />

Per garantire inoltre una omogenea distribuzione<br />

dei trattamenti all’interno di ogni centro verrà<br />

effettuata una randomizzazione a blocchi per singolo<br />

centro.<br />

Criteri di esclusione dallo studio<br />

- Pazienti di età inferiore ai 5 anni;<br />

- pazienti che abbiano presentato al TPO una anafilassi<br />

moderata o grave come recentemente definita<br />

dalla European Academy of Allergy and Clinical<br />

Immunology (EAACI) (Tab. III) dopo la ingestione<br />

di una quantità di latte ≤ 0,3 ml.<br />

Dosaggio delle IgE specifiche<br />

Tutti i bambini verranno sottoposti 3 volte al dosaggio<br />

delle IgEs (ImmunoCap Phadia) nei confronti della<br />

lattalbumina, caseina, beta-lattoglobulina e a prick<br />

test (Lofarma) nei confronti del latte intero e delle<br />

tre proteine del latte (lattalbumina, caseina, beta-lattoglobulina).<br />

Tali dosaggi verranno eseguiti all’arruolamento<br />

nello studio, alla fine del trattamento attivo<br />

dopo 6 mesi, e in occasione del TPO, dopo un mese<br />

di dieta, alla fine dello studio. Infine, negli stessi tempi<br />

verranno prelevati e conservati 3 ml di siero a -20<br />

°C per effettuare il dosaggio delle molecole allergeniche<br />

con microarray (test ISAC).


Metodologia di esecuzione del prick test<br />

Sulla superficie volare dell’avambraccio verranno<br />

eseguiti prick test con latte vaccino fresco intero, ed<br />

estratti commerciali, di caseina, di beta-lattoglobulina<br />

e di lattoalbumina (Azienda Lofarma). Verrà utilizzata<br />

una lancetta metallica con punta da 1 mm e<br />

si avrà cura di sostituire la lancetta ad ogni prick. In<br />

ogni caso, per la metodologia da utilizzare per l’esecuzione<br />

del prick test saranno seguite le indicazioni<br />

internazionali note. Le reazioni verranno lette dopo<br />

15 minuti, ed il prick verrà considerato positivo se il<br />

diametro medio (media della somma dei due diametri<br />

ortogonali) del pomfo sarà di almeno 3 mm superiore<br />

a quello della soluzione di controllo negativo.<br />

Come controllo positivo si userà istamina (10 mg/ml)<br />

con lettura a 10 minuti. Come controllo negativo sarà<br />

adoperata la soluzione diluente gli allergeni.<br />

Allegato 1<br />

(Richiesta per il Comitato Etico)<br />

Spett. Dott. ……… (il nome del Responsabile del Comitato<br />

Etico della struttura di appartenenza)<br />

Noi sottoscritti ……… (i nomi dei medici che condurranno<br />

la sperimentazione e qualifica), chiediamo al Comitato<br />

Etico della ………, l’autorizzazione a condurre<br />

una sperimentazione terapeutica in bambini affetti da<br />

allergia alle proteine del latte vaccino Ige mediata.<br />

Si tratta di uno studio prospettico, multicentrico, proposto<br />

dalla Commissione Allergia alimentare, Anafilassi<br />

e Dermatite atopica della Società Italiana di Allergologia<br />

ed Immunologia pediatrica, cui noi vorremmo<br />

partecipare in qualità di centro allergologico<br />

pediatrico. La sperimentazione consiste in una “desensibilizzazione<br />

orale con latte vaccino” in bambini<br />

di età superiore ai 5 anni .<br />

In caso di allergia alimentare IgE mediata le Linee Guida<br />

ufficiali prevedono l’esclusione dell’alimento dalla<br />

dieta, fino alla dimostrazione della acquisita tolleranza.<br />

La storia naturale delle allergie alimentari infatti<br />

mostra che con il passare degli anni una percentuale<br />

sempre maggiore di bambini posti a dieta tollera il latte<br />

vaccino. Tuttavia dall’età di 5 anni tale percentuale<br />

diminuisce e le probabilità di tollerare il latte si riducono,<br />

mentre i bambini sono sempre più a rischio di<br />

sviluppare reazioni allergiche, talora gravi, per la frequente<br />

eventualità di assumere inavvertitamente il<br />

latte, contenuto spesso in tracce in altri alimenti.<br />

La desensibilizzazione orale per alimenti si contrappone<br />

a tale approccio tradizionale, ed è stata già speri-<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

39<br />

mentata, sia in campo nazionale che internazionale 1-7 ,<br />

con risultati incoraggianti per la discreta possibilità di<br />

raggiungere una tolleranza almeno parziale per il latte<br />

(50-70%), con una bassa evenienza di reazioni allergiche<br />

gravi, peraltro variabile nei diversi protocolli impiegati.<br />

Tuttavia gli studi pubblicati fino a oggi hanno<br />

una scarsa qualità metodologica, essendo case report,<br />

o eseguiti senza gruppi di controllo, fatta eccezione<br />

per un unico studio clinico randomizzato 4 . Anche le<br />

metodologie proposte sono state diverse: alcuni studi<br />

prevedevano la somministrazione orale del latte a dosi<br />

crescenti fino a raggiungere in un tempo più o meno<br />

lungo una quantità consistente (circa 200 ml). Altri<br />

invece, studiavano la possibilità di raggiungere la tolleranza<br />

attraverso la ripetuta somministrazione di piccole<br />

dosi (1 ml) di latte che veniva trattenuto in bocca<br />

solo per qualche minuto, e poi sputato.<br />

Lo studio multicentrico proposto dalla Società Italiana<br />

di Allergologia ed Immunologia pediatrica è il primo<br />

randomizzato e controllato, che si propone di valutare<br />

la possibilità di acquisire la tolleranza nei confronti del<br />

latte vaccino, in bambini di età superiore ai 5 anni, con<br />

entrambe le modalità finora sperimentate.<br />

Esso prevede di confrontare un gruppo che esegue la<br />

desensibilizzazione orale con dosi progressivamente<br />

crescenti di latte vaccino, un secondo gruppo che effettua<br />

la somministrazione di piccole dosi, trattenute<br />

in bocca e poi sputate ed un terzo gruppo, di controllo,<br />

che continua a mantenere la dieta.<br />

Scopo principale di questo studio è valutare se tale nuovo<br />

approccio terapeutico sia in grado di far raggiungere<br />

una tolleranza nei confronti del latte vaccino in un tempo<br />

più rapido di quello che occorre naturalmente.<br />

Poiché alcuni studi hanno messo in dubbio la persistenza<br />

dei risultati della desensibilizzazione nel tempo, soprattutto<br />

se il paziente non dovesse più assumere il latte<br />

nella dieta, nello studio è inclusa una seconda fase<br />

che prevede la sospensione della somministrazione del<br />

latte per un mese e un secondo test di provocazione<br />

orale per testare la persistenza della tolleranza.<br />

Si allega il Protocollo, così come elaborato dalla Commissione<br />

Allergia alimentare, Anafilassi e Dermatite<br />

atopica della Società Italiana di Allergologica ed Immunologia<br />

pediatrica.<br />

I pazienti, arruolati dai vari centri che aderiscono allo<br />

studio, verranno continuamente monitorati, sia in<br />

regime di day hospital, che ambulatoriale e gli sperimentatori<br />

daranno una disponibilità telefonica 24<br />

ore su 24. La sperimentazione dura, in media, sei mesi<br />

per ogni paziente.<br />

I genitori saranno adeguatamente informati del fatto<br />

che si tratta di una terapia ancora sperimentale e firmeranno<br />

un modulo di consenso informato (Allegato 2).


Le prospettive di un risultato positivo sembrano essere<br />

notevoli e pertanto chiediamo l’autorizzazione a<br />

procedere nella sperimentazione.<br />

Data………<br />

Con osservanza<br />

Allegato 2<br />

Consenso informato alla<br />

partecipazione allo studio sulla terapia<br />

desensibilizzante orale<br />

La terapia della allergia alimentare consiste nella completa<br />

esclusione dell’alimento dalla dieta del bambino.<br />

Tuttavia, in casi selezionati per la persistenza della<br />

sintomatologia, considerato che con il passare del<br />

tempo aumenta anche la possibilità di una involontaria<br />

assunzione dell’alimento, che potrebbe esporre il<br />

bambino al rischio di una inaspettata reazione allergica<br />

grave, è stato proposto di effettuare un tentativo di<br />

terapia desensibilizzante. Questa terapia consiste nel<br />

somministrare l’alimento allergizzante in dosi progressivamente<br />

crescenti, molto lentamente e cominciando<br />

con dosi molto basse. Il tutto avendo a disposizione<br />

tutti i consigli e i farmaci utili per sedare l’insorgenza<br />

di una possibile reazione allergica o anafilattica. Negli<br />

studi fino ad ora effettuati le percentuali di successo,<br />

ovvero di raggiungimento della tolleranza dell’alimento,<br />

oscillano tra il 45 e l’83% nei diversi studi.<br />

Questo studio, che interessa diversi tra i principali<br />

centri di allergologia pediatrica in Italia, si propone di<br />

valutare l’efficacia e la sicurezza di due diversi protocolli<br />

di desensibilizzante orale, paragonandone l’esito<br />

con il continuare la dieta senza proteine del latte<br />

vaccino. A tal fine per evitare i fenomeni, anche involontari,<br />

di suggestione, per confermare la diagnosi di<br />

allergia al latte sarà utilizzata la metodica del test di<br />

provocazione in doppio cieco contro placebo: il bambino<br />

verrà sottoposto a 2 test di provocazione, di cui<br />

solo uno solo conterrà, all’insaputa sia del medico<br />

che del bambino, il latte vaccino. Se il test risulterà<br />

positivo, e Lei accetterà di partecipare allo studio, il<br />

bambino verrà assegnato in modo del tutto casuale<br />

(mediante lista di randomizzazione) ad uno dei tre<br />

trattamenti previsti dallo studio:<br />

a) desensibilizzazione orale partendo con dosi bassissime<br />

e aumentando gradualmente, nel periodo<br />

di 6 mesi, fino alla dose di 150 ml al giorno, o<br />

alla dose massima tollerata, poi continuando per<br />

altri 5 mesi;<br />

b) desensibilizzazione orale partendo con dosi bassissime<br />

e aumentando gradualmente, nel perio-<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

40<br />

do di 1 mesi, fino alla dose di 1 ml al giorno, e poi<br />

continuando per altri 5 mesi;<br />

c) dieta senza proteine del latte vaccino per 12 mesi.<br />

Alla fine di detto periodo in tutti i bambini verrà effettuato<br />

di nuovo un test di provocazione in doppio cieco<br />

contro placebo, dopo 1 mese di sospensione del<br />

latte dalla dieta, per verificare lo sviluppo effettivo<br />

della tolleranza verso il latte. Questo perché gli studi<br />

effettuati fino ad ora hanno messo in evidenza che in<br />

molti bambini la tolleranza che si sviluppa verso il latte<br />

è comunque dipendente dalla assunzione del latte:<br />

ovvero è anche possibile che dopo un periodo di<br />

sospensione del latte vaccino dalla dieta, possano di<br />

nuovo verificarsi reazioni allergiche al latte.<br />

Sarà, ovviamente, rispettata la legge sulla privacy,<br />

pertanto tutti i dati saranno utilizzati a fine scientifico<br />

in maniera aggregata, in altre parole non sarà possibile<br />

risalire al singolo paziente.<br />

Infine Lei potrà ritirarsi in qualunque momento dallo<br />

studio, senza che ciò influisca sulla migliore assistenza<br />

e terapie che continueranno ad essere assicurate<br />

a suo figlio.<br />

Io sottoscritto genitore, avente la patria potestà del<br />

minore:…………, essendo stato esaurientemente<br />

e chiaramente informato dal Dr.………su: princìpi,<br />

modalità d’esecuzione. scopi e possibili effetti indesiderati,<br />

anche possibilmente gravi, della terapia desensibilizzante<br />

orale<br />

Acconsento<br />

- a che mio/a figlio/a si sottoponga a tale prova,<br />

conscio che da parte del Dr. ………viene messa<br />

in atto ogni misura prudenziale.<br />

Data<br />

Firma del Genitore/Tutore<br />

Firma del Medico<br />

Allegato 3<br />

Modalità di esecuzione del test di<br />

provocazione in doppio cieco contro<br />

placebo<br />

Il DBPCFC può essere eseguito, secondo il documento<br />

dell’EAACI (Allergy 2004) modificato, come sotto<br />

descritto. I pasti verranno preparati secondo le seguenti<br />

indicazioni:<br />

- verum = 1/2 latte vaccino (senza lattosio ) + 1/2<br />

miscela aminoacidi + 1 gr di aroma di banana;<br />

- placebo = miscela di aminoacidi + 1 gr di aroma<br />

di banana.<br />

Il pasto viene fornito in una siringa opaca o in un contenitore<br />

ricoperto da un foglio metallico. Il TPO viene


interrotto se compaiono reazioni immediate di sicura<br />

positività clinica: rinite (secrezione nasale con starnuti<br />

ripetuti), congiuntivite (iperemia congiuntivale<br />

con fastidio oculare), broncostruzione (tosse, sibili,<br />

difficoltà respiratoria), vomito, orticaria (diversi elementi<br />

eritematopomfoidi non nelle sede di possibile<br />

contatto con l’alimento), angioedema, indipendentemente<br />

dall’intensità e lo si considera positivo. Eseguito<br />

il primo TPO con verum o placebo, nelle 48 ore<br />

che seguono il bambino prosegue la dieta di eliminazione.<br />

Dopo 48 ore dalla prima provocazione e prima<br />

della seconda prova viene rivalutato l’esame obiettivo.<br />

Al termine dei test può essere aperta la busta<br />

chiusa con la randomizzazione, lasciata dal personale<br />

deputato alla preparazione degli alimenti da testare.<br />

Le dosi da somministrare sono 7, per ogni TPO, di verum<br />

e placebo, somministrate, ogni 20 minuti: 0,1 ml<br />

(2 gocce), 0.3 ml (6 gocce), 1 ml (20 gocce), 3 ml, 10<br />

ml, 30 ml, 100 ml.<br />

Allegato 4<br />

Consenso informato per test di<br />

provocazione alimentare<br />

Data…………………<br />

Io sottoscritto/a ………………… padre/madre del<br />

paziente ………………… ricoverato presso l’ Ospedale<br />

………………… dichiaro di essere stato/a informato/a<br />

dal Dott. ………………… dei rischi che mio/<br />

a figlio/a corre a seguito della esposizione all’alimento<br />

fino ad oggi escluso dalla dieta.<br />

Ho ben compreso che l’alimento sarà somministrato<br />

a mio figlio/a in dosi progressivamente crescenti, in<br />

modo nascosto in altri alimenti.<br />

Sono consapevole, inoltre, che tale test di provocazione<br />

rappresenti il modo più attendibile per porre<br />

con certezza la diagnosi di allergia alimentare, come<br />

riconosciuto dalle varie Società di Allergologia ed Immunologia<br />

nazionali ed internazionali, ma anche del<br />

fatto che tale test non sia del tutto privo di rischi, potendo<br />

causare reazioni anafilattiche anche gravi, solo<br />

eccezionalmente fatali. Avendo, pertanto, chiaramente<br />

compreso quanto sopra, acconsento alla somministrazione<br />

dell’alimento in oggetto, essendo stato rassicurato<br />

dal Dott. …………………………………….<br />

che il test sarà sospeso allorquando compariranno<br />

sintomi chiaramente collegati alla somministrazione<br />

dell’alimento e che ogni misura prudenziale sarà presa<br />

per far fronte ad eventuali reazioni, anche gravi.<br />

In fede<br />

Il genitore Il Medico<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

41<br />

Tab. I. Protocollo n. 1.<br />

1°-6° giorno: 1 goccia + placebo fino a 50 ml<br />

7°-12° giorno: 2 gocce + placebo fino a 50 ml<br />

13°-18° giorno: 3 gocce + placebo fino a 50 ml<br />

19°-24° giorno: 4 gocce + placebo fino a 50 ml<br />

25°-30° giorno: 5 gocce + placebo fino a 50 ml<br />

31°-35° giorno: 6 gocce + placebo fino a 50 ml<br />

36°-40° giorno 7 gocce + placebo fino a 50 ml<br />

41°-45° giorno: 8 gocce + placebo fino a 50 ml<br />

46°-50° giorno: 10 gocce + placebo fino a 50 ml<br />

51°-55° giorno: 12 gocce + placebo fino a 50 ml<br />

56°-60° giorno: 14 gocce + placebo fino a 50 ml<br />

61°-64° giorno: 1 ml + placebo fino a 50 ml<br />

65°-68° giorno: 1,5 ml + placebo fino a 50 ml<br />

69°-72° giorno: 2 ml + placebo fino a 50 ml<br />

73°-76° giorno: 3 ml + placebo fino a 50 ml<br />

77°-80° giorno: 4 ml + placebo fino a 50 ml<br />

81°-84° giorno: 5 ml + placebo fino a 50 ml<br />

85°-88° giorno: 6 ml + placebo fino a 50 ml<br />

89°-92° giorno: 7 ml + placebo fino a 50 ml<br />

93°-95° giorno: 9 ml + placebo fino a 50 ml<br />

96°-98° giorno: 11 ml + placebo fino a 50 ml<br />

99°-101°giorno: 13 ml + placebo fino a 50 ml<br />

102°-104° giorno:15 ml + placebo fino a 50 ml<br />

105°-107° giorno: 18 ml + placebo fino a 50 ml<br />

108°-110° giorno: 21 ml + placebo fino a 50 ml<br />

111°-113° giorno: 24 ml + placebo fino a 50 ml<br />

114°-116° giorno: 28 ml + placebo fino a 50 ml<br />

117°-119° giorno: 32 ml + placebo fino a 50 ml<br />

120°-122° giorno: 36 ml + placebo fino a 50 ml<br />

123°-125° giorno: 41 ml + placebo fino a 50 ml<br />

126°-128° giorno: 46 ml + placebo fino a 50 ml<br />

129°-131° giorno: 51 ml<br />

132°-134° giorno: 56 ml<br />

135°-137° giorno: 62 ml<br />

138°-140° giorno: 68 ml<br />

141°-143° giorno: 74 ml<br />

144°-146° giorno: 80 ml<br />

147°-149° giorno: 86 ml<br />

150°-152° giorno: 92 ml<br />

153°-155° giorno: 98 ml<br />

156°-158 giorno: 104 ml<br />

159°-161° giorno: 110 ml<br />

162°-164° giorno: 116 ml<br />

165°-167° giorno: 122 ml<br />

168°-170° giorno: 129 ml<br />

171°-173° giorno: 136 ml<br />

174°-176° giorno: 143 ml<br />

177°-179° giorno: 150 ml


Tab. II. Protocollo n. 2.<br />

1°-15° giorno: 0,1 ml pari a 2 gocce + placebo fino a 1 ml<br />

16°-30° giorno: 0,2 ml “ a 4 gocce + placebo fino a 1 ml<br />

31°-45° giorno: 0,3 ml “ a 6 gocce + placebo fino a 1 ml<br />

46°-60° giorno: 0,4 ml “ a 8 gocce + placebo fino a 1 ml<br />

61°-75° giorno: 0,5 ml “ a 10 gocce + placebo fino a 1 ml<br />

76°-90° giorno: 0,6 ml “ a 12 gocce + placebo fino a 1 ml<br />

91°-105° giorno: 0,7 ml “ a 14 gocce + placebo fino a 1 ml<br />

106°-120° giorno: 0,8 ml “ a 16 gocce + placebo fino a 1 ml<br />

122°-135° giorno: 0,9 ml “ a 18 gocce + placebo fino a 1 ml<br />

136°-180° giorno:1 ml “ a 20 gocce<br />

La Commissione<br />

Tab. III. Gradi di severità della reazione anafilattica (da Muraro et al. 8 ).<br />

Grado Cute Gastrointestinale Respiratorio Cardiovascolare Neurologico<br />

1 lieve Improvviso prurito<br />

degli occhi e<br />

del naso, prurito<br />

generalizzato,<br />

flushing, orticaria,<br />

angioedema<br />

Prurito o pizzicore<br />

orale, lieve edema<br />

delle labbra, nausea<br />

o vomito, lievi dolori<br />

addominali<br />

2 moderata Come sopra Come sopra, dolori<br />

crampiformi addominali,<br />

diarrea, vomito<br />

ricorrente<br />

3 grave Come sopra Come sopra, perdita<br />

di controllo degli<br />

sfinteri<br />

Bibliografia<br />

1 Flinterman AE, Knulst AC, Meijer Y, Bruijnzeel-Koomen<br />

CAF M, Pasmans SGMA et al. Acute allergic reactions in<br />

children with AEDS after prolonged cow’s milk elimination<br />

diets. Allergy 2006;61:370-4<br />

2 Sicherer SH. An expanding evidence base provides<br />

food for thought to avoid indigestion in managing difficult<br />

dilemmas in food allergy. J Allergy Clin Immunol<br />

2006;117:1419-22.<br />

3 Mc Ewen LM. Hyposensitization. In: Brostoff J, Challacombe<br />

SJ (eds.). Food allergy and intolerance. Philadelphia:<br />

Baillier Tindall 1988, pp. 985-994.<br />

4 Patriarca G, Nucera E, Roncallo C, Pollastrini E, Bartolozzi<br />

F, De Pasquale T, et al. Oral desensitizing treatment in<br />

Congestione nasale<br />

e/o starnuti, rinorrea,<br />

prurito della gola,<br />

gonfiore della gola,<br />

lieve wheezing<br />

Come sopra raucedine,<br />

tosse abbaiante,<br />

difficoltà alla deglutizione,<br />

stridore, dispnea,<br />

wheezing moderato<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

42<br />

Mareggiata a Scilla - Antonio Cardona<br />

Come sopra, cianosi<br />

o saturazione di O 2 <<br />

92% arresto respiratorio<br />

Tachicardia (aumento<br />

di > 15 battiti/<br />

min)<br />

Variazioni del<br />

livello di attività<br />

più ansia<br />

Come sopra Lieve stordimento,sensazione<br />

di morte<br />

imminente<br />

Ipotensione e/o collasso<br />

disritmia, grave<br />

bradicardia e/o<br />

arresto cardiaco<br />

C o n f u s i o n e ,<br />

perdita di coscienza<br />

food allergy:clinical and immunological results. Aliment<br />

Pharmacol Ther 2003;17:459-65.<br />

5 De Boissieu D, Dupont C. Sublingual immunotherapy for<br />

cow’s milk protein allergy: a preliminar report. Allergynet<br />

2006;61:1238-9.<br />

6 Longo G, Barbi E. Anafilassi da allergia alle proteine<br />

del latte vaccino: clinica, storia naturale, challenge<br />

e desensibilizzazione orale. Medico e Bambino<br />

2004;23:20-9.<br />

7 Calvani M, Zappala D, Panetta V. Novità in Allergologia<br />

Pediatrica. Prospettive in Pediatria 2007; in press.<br />

8 Muraro A, Roberts G, Clark A, Eigenmann PA, Halken S,<br />

Lack G, et al. The management of anaphylaxis in childhood:<br />

a position paper of the European academy of allergology<br />

and clinical immunology. Allergy 2007;62:857-71.


La Commissione<br />

Efficacia degli antistaminici anti-H1<br />

nella terapia della dermatite atopica<br />

in età pediatrica.<br />

Una revisione sistematica<br />

Introduzione<br />

A cura della Commissione Allergia alimentare, Anafilassi, Dermatite atopica<br />

Coordinatore: Mauro Calvani<br />

Membri: Marcello Bergamini, Irene Berti, Salvatore Bragò, Luigi Calzone, Iride Dello Iacono, Roberto Lisi<br />

La dermatite atopica (DA) è la più comune malattia infiammatoria<br />

cronica della cute, descritta con una prevalenza<br />

del 10-20% dei casi nell’età pediatrica 1 . È una<br />

malattia a decorso cronico-recidivante, intensamente<br />

pruriginosa. Per contrastare il prurito vengono frequentemente<br />

prescritti gli antistaminici, e tuttavia la<br />

letteratura in proposito è discordante. Nelle stesse più<br />

recenti Linee Guida o Consensus sull’argomento le raccomandazioni<br />

non sono uniformi. Ad esempio le Linee<br />

Guida Prodigy inseriscono gli antistaminici tra i trattamenti<br />

della DA con valore non provato e sull’argomento<br />

dicono che “gli antistaminici sedativi sono prescritti<br />

per favorire il sonno e ridurre il trattamento: comunque<br />

gli studi hanno fallito nel dimostrare un chiaro effetto<br />

sul prurito o sul trattamento globale dell’eczema” 2 . La<br />

Position Paper redatta dall’European Task Force on Atopic<br />

Dermatitis afferma che “le evidenze a sostegno dell’efficacia<br />

degli antistaminici sistemici nel ridurre il prurito<br />

sono ancora insufficienti, ma alcuni pazienti sembrano<br />

giovarsene” 3 . Le Linee Guida di Hanifin a proposito<br />

degli antistaminici dicono che “ci sono poche evidenze<br />

che gli antistaminici sedativi e non sedativi siano<br />

efficaci nell’alleviare il prurito o sintomi orticarioidi<br />

nei bambini con DA. Per i bambini con significativo disturbo<br />

del sonno dovuto al prurito, al dermografismo<br />

allergico, alla rinocongiuntivite allergica, gli antistaminici<br />

sedativi potrebbero essere utili. Molti dei pazienti<br />

con DA hanno anche rinocongiuntivite allergica, orticaria<br />

e dermografismo e quindi l’uso di un antistaminico<br />

potrebbe essere utile 4 . Le Linee Guida di Leung,<br />

redatte secondo i livelli di evidenza, affermano “Alcuni<br />

pazienti possono giovarsi dell’uso di antistaminici per<br />

alleviare il prurito associato alla DA (livello di evidenza<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

43<br />

C)” 5 . La Consensus sudafricana riporta che “gli studi Evidence<br />

Based sulla efficacia degli antistaminici orali nel<br />

trattamento della dermatite atopica hanno dato risultati<br />

contrastanti e il loro valore è spesso discusso. Gli<br />

antistaminici sedativi di prima generazione vengono<br />

tradizionalmente prescritti per il trattamento del prurito<br />

e per ottenere sedazione. Anche se possono essere<br />

di beneficio in alcuni pazienti, la loro efficacia è breve a<br />

causa della tachifilassi; per tale motivo possono essere<br />

richieste dosi maggiori e quindi vi è una controindicazione<br />

alla terapia a lungo termine. Potrebbero essere<br />

utili come terapia aggiuntiva durante le riacutizzazioni,<br />

in specie per l’effetto sedativo e ansiolitico. Dato che il<br />

prurito peggiora di notte, gli antistaminici sedativi potrebbero<br />

essere usati alla sera” 6 .<br />

Scopo della revisione<br />

Lo scopo di questa revisione sistematica è quello di<br />

valutare l’esistenza di prove scientifiche dell’efficacia<br />

degli antistaminici anti-H1 nella terapia della DA in<br />

età pediatrica.<br />

Strategie di ricerca delle prove di<br />

efficacia<br />

Abbiamo condotto il processo di ricerca delle prove<br />

di efficacia selezionandole in modo gerarchico, secondo<br />

il principio di saturazione teoretica 7 8 : siamo<br />

pertanto partiti dalla ricerca delle fonti di livello superiore<br />

(Revisioni Sistematiche – RS) su: Clinical Evidence,<br />

Cochrane Library, Database of Abstracts of Reviews<br />

of Effects (DARE), database Health Technology Asses-


sment (HTA), passando infine alle principali banche<br />

dati di studi biomedici (PubMed ed Embase). Questo<br />

tipo di strategia consente di interrompere la selezione<br />

dei lavori al livello di evidenza più elevato, laddove<br />

si sia identificata una prova di efficacia rilevante.<br />

Abbiamo consultato il registro meta-Register of Controlled<br />

Trials (mRCT) alla ricerca di eventuali studi in<br />

corso, il cui scopo coincidesse con il nostro quesito.<br />

Sia nella valutazione critica delle fonti secondarie che<br />

nella successiva ricerca delle fonti primarie, abbiamo<br />

dato esclusiva priorità, trattandosi di un quesito di<br />

intervento, agli studi randomizzati controllati (SCR),<br />

con la possibile inclusione, fra questi, anche di studi a<br />

popolazione mista, pediatrica e non.<br />

Non essendo a tutt’oggi conosciuto un unico gold<br />

standard terapeutico, né per il trattamento globale<br />

della DA, né per quello del prurito ad essa associato,<br />

abbiamo optato per l’esclusione degli studi di confronto<br />

fra due o più antistaminici o fra dosaggi diversi<br />

di uno stesso antistaminico in assenza di confronto<br />

con un placebo.<br />

Negli studi con modello “cross-over” abbiamo tenuto<br />

conto del possibile effetto di trascinamento del trattamento<br />

eseguito nel primo periodo sui risultati registrati<br />

nel secondo periodo.<br />

I termini usati nella ricerca delle sintesi di evidenza<br />

sono stati quelli, più generici, di “antihistamines”,<br />

“atopic dermatitis”, “atopic eczema”, “pruritus” e “itch”.<br />

Nella ricerca delle fonti primarie su MedLine, relativamente<br />

agli antistaminici, abbiamo utilizzato soltanto<br />

i termini inclusivi (Medical Subject Headings – Me-<br />

SH), dopo aver attentamente controllato che il nome<br />

di ogni singolo principio attivo fosse effettivamente<br />

contenuto in essi. Per quanto riguarda invece Embase,<br />

non abbiamo potuto fare altrettanto avendo riscontrato<br />

gravi incongruenze fra i risultati della ricerca<br />

eseguita attraverso i termini inclusivi di quel database<br />

(Emtreeterms) e quelli della ricerca attraverso i<br />

singoli nomi farmacologici; abbiamo pertanto preferito<br />

affidarci solo a questi ultimi.<br />

Le fonti di evidenza terziarie (Linee Guida sulla DA)<br />

non sono state considerate.<br />

Risultati della ricerca<br />

A. Attraverso la strategia di ricerca delle fonti secondarie<br />

(le revisioni sistematiche) abbiamo selezionato:<br />

1. un protocollo Cochrane dal titolo “Antihistamines<br />

for atopic eczema” 9 , indicizzato e attivo dal 1999,<br />

ma non ancora concluso;<br />

2. una revisione dello stesso anno 10 : si tratta di una<br />

revisione dedicata ai soli antistaminici di II gene-<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

44<br />

razione, assolutamente non sistematica, priva di<br />

una qualsivoglia descrizione della strategia di reperimento<br />

delle fonti. Il paragrafo dedicato alla<br />

DA riporta l’efficacia proveniente da un totale di<br />

7 studi, solo 4 dei quali erano SCR; di questi, due<br />

erano lavori pediatrici 11 12 ;<br />

3. una revisione sistematica, ancora del 1999, sull’efficacia<br />

degli antistaminici nel trattamento del prurito<br />

in corso di DA 13 . La metodologia di ricerca prevedeva<br />

soltanto la Cochrane Library, Best Evidence e<br />

MedLine; gli Autori selezionano 16 studi clinici, fra<br />

i quali compaiono anche alcuni studi non randomizzati.<br />

Gli studi clinici comprendenti popolazione<br />

pediatrica sono sette 13-17 ; due di questi 11 12 erano<br />

già contenuti nella review precedente;<br />

4. una RS da Health Technology Assessment 18 , prodotta<br />

dallo stesso gruppo di autori del citato protocollo<br />

Cochrane citato, che seleziona 21 lavori. La metodologia<br />

di ricerca bibliografica risulta altamente<br />

esaustiva, i criteri adottati per l’inclusione/esclusione<br />

dall’analisi dei lavori selezionati sono molto<br />

chiari; a differenza della RS di Klein et al., nella quale<br />

era il prurito l’unico outcome di interesse per la ricerca<br />

in letteratura, qui vengono considerati pertinenti<br />

tutti gli outcomes relativi alla DA (sia i sintomi<br />

soggettivi, come il prurito e la perdita del sonno,<br />

sia i segni oggettivabili, rappresentati dalle multiformi<br />

lesioni dermatologiche della malattia, come<br />

eritema, escoriazioni, secchezza, lichenificazione,<br />

etc.). È per questi motivi che Hoare et al. individuano<br />

altri sei trials 19-24 . Essi peraltro non selezionano<br />

il lavoro di Yoshida, probabilmente perché non lo<br />

ritengono randomizzato.<br />

B. Da qui in avanti la nostra ricerca bibliografica si è<br />

trasferita allo studio delle fonti primarie (gli SCR), dal<br />

1999 ad oggi, in considerazione dell’elevato livello<br />

delle prove ottenute attraverso la RS di Hoare et al.<br />

1. MedLine via PubMed: .<br />

Limits: Publication Date from 1999 to 2007, Randomized<br />

Controlled Trial, All Child.<br />

Questa strategia ha ottenuto come risultato sei lavori,<br />

di cui cinque pertinenti 25-29 .<br />

2. Embase (Advanced search): <br />

Limits: Publication Date from 1999 to 2007, Randomized<br />

Controlled Trial, 0-18 anni.<br />

Nota: abbiamo preferito adottare questa strategia<br />

di ricerca particolarmente generica, anche se


sicuramente esaustiva, a causa della mancata corrispondenza<br />

fra i rilevamenti ottenuti con il termine<br />

generico “histamines H1 receptor antagonists” e<br />

quelli ottenuti con i nomi dei singoli principi attivi.<br />

Questa strategia ha ottenuto 217 rilevamenti di cui<br />

uno soltanto è nuovo e pertinente 30 .<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

45<br />

Sono stati così individuati 19 articoli che abbiamo poi<br />

sottoposto al vaglio dei criteri di selezione riportati<br />

nella parte introduttiva di questo lavoro.<br />

Le caratteristiche dei lavori esclusi (14) e di quelli inclusi<br />

(5) nella nostra analisi finale sono esposte nelle<br />

Tabelle I, IIa e IIb.<br />

Tab. I. Caratteristiche dei 14 lavori pediatrici esclusi dall’analisi finale di efficacia in questa RS, e principali motivazioni<br />

per l’esclusione.<br />

Klein 1980 18<br />

20 pazienti di 2-16 anni Mancanza di controllo con placebo<br />

Disegno: SCR in parallelo<br />

Confronto: idrossizina vs. ciproeptadina<br />

Esito: severità prurito<br />

Fould 1981 16<br />

21 pazienti di 14-29 anni<br />

Disegno: SCR modello cross-over, multiplo Mancanza di controllo con placebo<br />

Confronto: cimetidina vs. antiH1 sedativo e vs. cimetidina + antiH1<br />

Esito: severità prurito<br />

Frosch 1984 15<br />

18 pazienti di 14-43 anni<br />

Disegno: SCR modello cross-over, multiplo<br />

Confronto: cimetidina + clorfeniramina vs. clorfeniramina e vs. placebo Mancanza di confronto tra clorfeniramina e placebo<br />

Esito: severità prurito<br />

Simons 1984 23<br />

12 pazienti di 1-14 anni<br />

Disegno: SCR modello cross-over Mancanza di controllo con placebo<br />

Confronto: fra due diversi dosaggi di idrossizina<br />

Esito: severità prurito<br />

Ishibashi 1989 21<br />

168 pazienti di 1-15 anni<br />

Disegno: SCR in parallelo Mancanza di controllo con placebo<br />

Confronto: fra 3 diversi dosaggi di azelastina<br />

Esito: severità di segni/sintomi di eczema<br />

Ishibashi 1989 22<br />

179 pazienti di 6 anni e oltre<br />

Disegno: SCR in parallelo<br />

Confronto: fra due dosaggi di azelastina e un dosaggio di chetotifene Mancanza di controllo con placebo<br />

Esito: severità di segni/sintomi di eczema<br />

Yoshida 1989 12<br />

284 pazienti di 9-11 anni<br />

Disegno: SCR in parallelo Mancanza di controllo con placebo<br />

Confronto: clemastina vs. chetotifene<br />

Esito: severità di segni/sintomi di eczema<br />

Zuluaga de Cadena 1989 24


52 pazienti di 2-6 anni<br />

La Commissione<br />

Disegno: SCR in parallelo Mancanza di controllo con placebo<br />

Confronto: idrossizina vs. terfenadina vs. astemizolo<br />

Esito: severità di segni/sintomi di eczema<br />

Hamada 1996 20<br />

64 pazienti di oltre 7 anni<br />

Disegno: SCR in parallelo Mancanza di controllo con placebo<br />

Confronto: terfenadina + alclometasone vs. betametasone<br />

Esito: severità prurito<br />

Simons 1999<br />

817 pazienti di 12-24 mesi<br />

Disegno: SCR in parallelo Mancanza di dati di efficacia (tali dati verranno riportati<br />

in Diepgen 2002 25 )<br />

Confronto: cetirizina vs. placebo<br />

Esito: effetti avversi<br />

Patel 1997 22<br />

118 pazienti di 12-65 anni<br />

Disegno: SCR in parallelo Mancanza di controllo con placebo<br />

Confronto: terfenadina vs. cetirizina<br />

Esito: severità globale della malattia e sonnolenza<br />

Nakagawa 2006 30<br />

190 pazienti di 7-15 anni<br />

Disegno: SCR in parallelo Mancanza di controllo con placebo<br />

Confronto: fexofenadina vs. chetotifene<br />

Esito: severità prurito<br />

Simons 2007 28<br />

510 pazienti di 12-24 mesi<br />

Disegno: SCR in parallelo Mancanza di dati di efficacia<br />

Confronto: levocetirizina vs. placebo<br />

Esito: effetti avversi<br />

Simons 2007 29<br />

510 pazienti di 12-24 mesi<br />

Disegno: SCR in parallelo Mancanza di dati di efficacia<br />

Confronto: levocetirizina vs. placebo<br />

Esito: incidenza di orticaria<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

46


Tab. IIa. Caratteristiche principali dei 5 lavori inclusi nell’analisi finale di efficacia.<br />

Durata dello<br />

studio<br />

Popolazione Cecità Placebo Intervento Co-interventi Drop-out Intention To<br />

Treat analysis<br />

Referenza Disegno<br />

di studio<br />

(ITT)<br />

- Steroidi topici 4 (14,3%) No 7 giorni (primi 3 di<br />

(non specificati)<br />

wash out)<br />

- Emollienti<br />

Dati non riportati 1 (4,3%) No 8 settimane<br />

Sì Terfenadina 120 mg<br />

x 2/die<br />

Definito “doppio<br />

cieco”, descrizio-<br />

28 pz. (11-67<br />

anni)<br />

SCR crossover<br />

Berth-Jones<br />

1989 14<br />

ne insufficiente<br />

Sì Cetirizina<br />

- 5 mg/die < 30 Kg<br />

Definito “doppio<br />

cieco”, descrizio-<br />

23 pz. (6-12<br />

anni)<br />

SCR in parallelo<br />

La Rosa<br />

1994 11<br />

- 10 mg/die > 30 kg<br />

ne insufficiente<br />

99 (12,2%) Sì 18 mesi<br />

La Commissione<br />

- Emollienti<br />

- Steroidi topici di<br />

varia potenza<br />

- Altri anti-H1<br />

- Antibiotici<br />

Sì Cetirizina 0,25 mg/<br />

kg x 2/die<br />

Definito “doppio<br />

cieco”, descrizione<br />

insufficiente<br />

817 pz. (12-24<br />

mesi)<br />

SCR in parallelo<br />

Diepgen<br />

2002 25<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

47<br />

*Quantificati<br />

21 (13,5%) Sì 29 giorni<br />

- Idrocortisone topico<br />

- Emolliente<br />

- *Quantificati<br />

Sì Clorfeniramina<br />

- 1 mg la sera < 5<br />

anni<br />

- 2 mg la sera > 5<br />

Definito “doppio<br />

cieco”, descrizione<br />

insufficiente<br />

155 pz. (1-12<br />

anni)<br />

SCR in parallelo<br />

Munday<br />

2003 26<br />

anni<br />

27 (6,6%) Sì 14 giorni (7 di run<br />

in e 7 di intervento<br />

comparativo)<br />

Idrocortisone butirrato<br />

*Quantificato<br />

Doppio cieco Sì Fexofenadina 60 mg<br />

x 2/die<br />

411 pz. (> 16<br />

anni)<br />

SCR in parallelo<br />

Kawashima<br />

2003 27


Tab. IIb. Caratteristiche di partenza, outcomes e risultati rilevati nei 5 lavori inclusi nell’analisi di efficacia; principali commenti.<br />

Referenza Caratteristiche di Esiti Risultati Commenti<br />

partenza dei pazienti<br />

Berth-Jones<br />

1989 14<br />

Descritte solo età e ade- Variazione di uno score del Differenza fra terfenadina e placebo non significativa - Metodo di randomizzazione e allocasione<br />

ai criteri diagnostici prurito, non validato, basa- (punteggio 23,95 gruppo terfenadina vs. 25,13 gruppo tion concealment non chiariti<br />

(Hanifin e Rajka)<br />

to su una VAS*<br />

placebo)<br />

- Insufficiente descrizione della baseline<br />

- Disegno cross-over con 3 soli giorni di<br />

wash out non esclude effetti di trascinamento<br />

- Assenti dati di frequenza dei singoli<br />

eventi **<br />

- Farmaco ritirato dal commercio<br />

- Studio definito “preliminare”<br />

- 11 pazienti per gruppo<br />

- Metodo di randomizzazione e allocation<br />

concealment non chiariti<br />

- Assenti dati di frequenza dei singoli<br />

- Differenze fra gli scores medi non significative: da punteggio<br />

230 a 155 gruppo cetirizina; da 205 a 180 gruppo<br />

placebo (p ≥ 0.05)<br />

- Significativa la differenza per il solo prurito alla 1°-2° e<br />

6° settimana (p ≤ 0,05)<br />

Variazione di uno score misto<br />

(sintomi e segni clinici)<br />

non validato, comprendente<br />

7 fra segni e sintomi<br />

di DA<br />

La Rosa 1994 11 - Diagnosi secondo Hanifin<br />

e Rajka<br />

- Pazienti con gradi lievi o<br />

moderati di DA<br />

eventi **<br />

La Commissione<br />

- Studio di prevenzione (Early Treatment<br />

of the Atopic Child –ETAC), non di<br />

terapia<br />

- Metodo di randomizzazione e di allocation<br />

concealment ottimamente<br />

descritti nel lavoro ETAC di “safety” (Simons<br />

1999)<br />

- I risultati per il controllo del prurito sono<br />

inglobati nello Scoring System<br />

- Differenze non significative fra gli Scorad medi, ai vari<br />

tempi di rilevamento<br />

- La % di pazienti che hanno usato antiH1 è inferiore nel<br />

gruppo Cetirizina (p = 0,03), con Number Needed to Treat<br />

(NNT) = 10<br />

- Giorni di terapia con antiH1 (%) inferiore nel gruppo<br />

attivo (p = 0,035)<br />

- Nei pazienti attivi con Scorad > 25 è minore l’uso di antibatterici<br />

topici (p = 0,037; NNT = 10) e la durata di utilizzo<br />

degli steroidi topici a media/elevata potenza (p =<br />

0,014)<br />

- Nei pazienti attivi sensibilizzati ad aeroallergeni è minore<br />

l’uso di antibatterici locali (p = 0,024; NNT = 6) e la<br />

durata del loro utilizzo (p = 0,038)<br />

- Numero episodi di orticaria inferiore nel gruppo cetirizina<br />

(5,8% vs. 16,2%), con NNT = 10<br />

- Variazione dello Scorad<br />

medio a 1, 3, 6, 9, 12, 15 e<br />

18 mesi<br />

- Consumo di farmaci aggiuntivi<br />

(% di pazienti e %<br />

giorni di terapia)<br />

- Effetti avversi (%)<br />

Diagnosi via Scorad System<br />

***<br />

Diepgen<br />

(Studio ETAC)<br />

2002 25<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

48<br />

Scorad medio nei 2 gruppi:<br />

25


- Nessuna descrizione dei metodi di<br />

randomizzazione, di allocation concealment<br />

e di ottenimento della doppia cecità<br />

- Baseline valutata solo dai medici, in<br />

seguito prurito notturno valutato solo<br />

dai genitori<br />

- Il 78,1% dei pazienti studiati aveva un<br />

prurito nullo, minimo o lieve in partenza<br />

(possibile bias di selezione)<br />

- Non significative le differenze fra gli scores medi a 1, 15<br />

e 29 giorni<br />

- Non significative le differenze fra i punteggi del prurito,<br />

in tutti e 3 i periodi<br />

- Non significative le differenze nel consumo di farmaci<br />

Variazione dello score di<br />

Costa a 1, 15 e 29 giorni di<br />

trattamento<br />

- Severità prurito notturno<br />

(scala a 5 punti compilata<br />

dai genitori) nei periodi 1-<br />

15 giorni/15-29 giorni/1-<br />

29 giorni)<br />

- Consumo di idrocortisone<br />

topico e di emollienti a<br />

termine trattamento<br />

Munday 2003 26 Gradi lievi-moderati di<br />

prurito e di DA diagnosticata<br />

(dai medici) con lo<br />

score di Costa ****<br />

Pazienti con punteggi da<br />

4 a 8 (massimo possibile<br />

10) di un nuovo score del<br />

prurito, non validato<br />

Kawashima<br />

2003 23<br />

La Commissione<br />

- Allocation concealment non descritta<br />

- Analisi ITT su 11 pazienti in meno<br />

- Pochissimi pazienti in età pediatrica<br />

- Farmaco non utilizzabile sotto i 12 anni<br />

- La rilevanza clinica degli effetti risulta<br />

modesta<br />

- Gli estremi degli Intervalli di Confidenza<br />

degli scores prurito coincidono: -0,75<br />

(-0,88, -0,62) vs. -0,50 (-0,62, -0,38)<br />

- Significativa la differenza di 0,25 fra gli scores prurito da<br />

-3 a +7 giorni nei 2 gruppi (p = 0.0005)<br />

- La significatività è presente anche per i punteggi diurni<br />

e notturni e per il trend temporale<br />

- Significativa (p = 0.047) la differenza fra % di pazienti<br />

con diminuzione del punteggio > 1 (33,3% gruppo fexofenadina<br />

vs. 24,1% gruppo placebo), con NNT = 11<br />

- Significativa la differenza fra % di pazienti con nessun<br />

miglioramento o con peggioramento delle superfici colpite<br />

dalla DA (34,8% gruppo fexofenadina vs. 51,2 gruppo<br />

placebo) con NNT = 6<br />

- Variazioni degli scores<br />

prurito negli ultimi giorni<br />

di run in e al termine del<br />

trattamento (registrazioni<br />

separate per i periodi diurno<br />

e notturno e per ogni<br />

singola giornata)<br />

- Variazione nel computo<br />

delle aree di cute soggette<br />

a prurito<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

49<br />

* Visual Analogue Scale.<br />

** Proporzione fra numero di soggetti che, in ognuno dei 2 gruppi, hanno presentato un evento (ad es. una differenza fra gli scores superiore ad un valore predeterminato e ritenuto clinicamente<br />

rilevante).<br />

*** European Task Force on Atopic Dermatitis. Severity scoring of atopic dermatitis; the SCORAD index. Dermatology 1993;186:23-31.<br />

**** Costa C, Rilliet A, Nicolet M, Saurat JH. Scoring atopic dermatitis: the simpler the better? Acta Derm Venereol (Stockh) 1989;69:41-5.


Commenti finali<br />

La letteratura pediatrica riguardante l’argomento “terapia<br />

della DA con antistaminici” è sorprendentemente<br />

scarsa, limitatamente agli studi clinici randomizzati.<br />

Lo è ancor di più se si considerano gli SCR nei quali siano<br />

contemporaneamente presenti il confronto con il<br />

placebo e i dati di efficacia. Infatti, solo i risultati provenienti<br />

da studi con tali prerogative possono costituire<br />

prove robuste dell’efficacia (o dell’inefficacia) di un farmaco,<br />

quando per una determinata patologia non esiste<br />

ancora un gold standard terapeutico. Come già detto<br />

nell’introduzione, le importanti e recenti Linee Guida<br />

sulla DA offrono in realtà debolissime raccomandazioni<br />

per l’uso degli antiH1, in particolare nel controllo<br />

del prurito durante le riacutizzazioni (flares) e con speciale<br />

riguardo agli antiH1 di prima generazione, dotati<br />

di effetto sedativo e ipnotico.<br />

La nostra revisione sottolinea come tutto ciò, per l’età<br />

pediatrica, si basi su uno scarso supporto scientifico.<br />

La qualità metodologica dei 19 studi pediatrici che abbiamo<br />

selezionato è globalmente mediocre. La validità<br />

interna di questi studi è pertanto piuttosto bassa, ma<br />

tende a migliorare nei lavori prodotti più recentemente.<br />

Come è possibile verificare analizzando le Tabelle IIa<br />

e IIB relative ai 5 studi inclusi nella nostra analisi di efficacia,<br />

in tre lavori su 5 la somministrazione di un antistaminico<br />

sembra avere una certa efficacia, in due<br />

non sembra avere effetti superiori al placebo. Tuttavia<br />

i due lavori (Diepgen 2002 25 e Kawashima 2003 27 )<br />

che presentano le migliori caratteristiche metodologiche<br />

(qualità e descrizione della randomizzazione, del<br />

mascheramento delle liste, della cecità e numerosità<br />

campionaria elevata) hanno riportato il maggior numero<br />

di risultati favorevoli all’uso degli antiH1. In questi<br />

studi l’efficacia appare evidente sia sui segni della<br />

malattia (peggioramento della dermatite, riduzione<br />

utilizzo creme steroidee, etc.) che sul sintomo “prurito”.<br />

Nello studio di Diepgen il prurito è integrato nello<br />

Scoring System, pertanto l’effetto sul singolo sintomo<br />

non è distinguibile. Nello studio di Kawashima invece<br />

vi è un miglioramento del prurito significativamente<br />

maggiore nel gruppo trattato con fexofenadina. Tale<br />

differenza è riscontrabile già dopo 24 ore di trattamento<br />

e si protrae per tutta la durata dello studio. L’entità<br />

di questa differenza appare però modesta (al termine<br />

dello studio è circa 1/16 del massimo miglioramento<br />

possibile) e, d’altra parte anche il miglioramento dello<br />

score medio del prurito ottenuto con l’applicazione<br />

della semplice crema steroidea, seppure di bassa potenza<br />

(idrocortisone butirrato allo 0,1%), non era entusiasmante,<br />

essendo di circa 0,5 punti vs. circa 0,8 punti<br />

ottenuti dalla terapia crema steroidea+antistamini-<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

50<br />

co, in una scala che aveva come massimo possibile 10<br />

punti. Nel terzo studio a favore, quello di La Rosa, l’efficacia<br />

del trattamento sul prurito è significativamente<br />

presente solo in alcune settimane dello studio. È da<br />

notare tuttavia che si tratta di studi effettuati con antistaminici<br />

differenti, di seconda generazione, su popolazioni<br />

differenti, di cui una pediatrica solo in parte,<br />

con obiettivi profondamente diversi e con outcomes,<br />

primari e secondari, altrettanto diversi. È perciò impossibile<br />

effettuare un qualsivoglia accorpamento dei dati<br />

per eventuali metanalisi.<br />

L’importanza dei risultati favorevoli agli antiH1 nei lavori<br />

di La Rosa, Diepgen e Kawashima, appare discreta<br />

(NNT = tra 6 e 11) anche se questi lavori presentano<br />

debolezze che limitano l’applicabilità esterna di detti<br />

risultati. Il lavoro italiano di La Rosa sulla cetirizina<br />

è stato eseguito su un piccolo campione di pazienti,<br />

tant’è vero che viene definito dagli stessi autori come<br />

uno studio preliminare. Il lavoro di Diepgen riporta i<br />

dati di efficacia del classico studio ETAC nel quale la<br />

cetirizina era stata somministrata per un periodo di un<br />

anno e mezzo; i vantaggi dimostrati dallo studio devono<br />

pertanto essere commisurati con l’impatto che<br />

una terapia cronica può avere sia sul bambino che sulla<br />

sua famiglia. Il lavoro di Kawashima sulla fexofenadina<br />

infine, individuato solo grazie alla strategia di ricerca<br />

da noi adottata comprendente l’intera popolazione<br />

pediatrica fino a 18 anni, presenta risultati interessanti<br />

ma la loro applicabilità a fasce di bambini più piccoli è<br />

difficilmente pensabile, anche a causa della limitazione<br />

di utilizzo, in scheda tecnica, sotto i 12 anni.<br />

D’altra parte i lavori che negano l’efficacia degli antiH1<br />

hanno una qualità metodologica ancora inferiore. Il lavoro<br />

di Berth-Jones aveva un disegno cross-over con soli<br />

tre giorni di wash out che può aver mascherato l’effetto<br />

del farmaco, arruolava casistica solo in parte pediatrica,<br />

utilizzava un antistaminico non più in commercio.<br />

Lo studio di Munday invece arruolava prevalentemente<br />

bambini con dermatite atopica lieve, con prurito minimo<br />

o nullo, ed è difficile immaginare che in tale popolazione<br />

l’effetto antiprurito dell’antistaminico potesse risultare<br />

significativamente superiore al placebo.<br />

L’ipotesi, sostenuta dai risultati degli studi sopra citati,<br />

che alcuni antistaminici siano efficaci nel bambino<br />

su alcuni outcomes, andrebbe pertanto verificata con<br />

larghi studi prospettici comparativi, su molecole scelte<br />

e su pazienti pediatrici con ben definite severità della<br />

malattia, pazienti nei quali si sia provveduto a separare<br />

gli indicatori soggettivi (prurito, disturbo della qualità<br />

del sonno e della qualità di vita, irritabilità) da quelli<br />

oggettivi (estensione e gravità dell’eczema), sia al momento<br />

dell’inclusione dei pazienti nella sperimentazione,<br />

sia durante il rilevamento delle variazioni di tali


indicatori di malattia durante il corso della sperimentazione<br />

stessa.<br />

In conclusione, sulla base della letteratura pediatrica<br />

esistente pensiamo di poter concludere che:<br />

a) gli antistaminici orali non dovrebbero costituire<br />

il principale presidio terapeutico della dermatite<br />

atopica;<br />

b) laddove il prurito e la dermatite siano scarsamente<br />

controllati da una corretta terapia antinfiammatoria<br />

locale, può essere presa in considerazione dal<br />

medico l’eventuale aggiunta di un antistaminico<br />

per via orale, non necessariamente sedativo.<br />

Qualche ulteriore riflessione<br />

La DA è una malattia infiammatoria della cute, a decorso<br />

cronico recidivante, pruriginosa. Il prurito è presente<br />

sin dalla prima descrizione della malattia nel 1884, il<br />

prurigo di Hebra 31 , o nelle successiva nel 1892, il prurigo<br />

di Besnier 32 . Scompare nella definizione di eczema<br />

atopico, proposta da Wise e Sulzberger nel 1933,<br />

che misero l’accento sulla frequente associazione tra<br />

la dermatite e le altre malattie allergiche, quali la rinite<br />

e l’asma 33 , che è tuttora attuale e sinonimo di dermatite<br />

atopica nelle recenti definizioni della American<br />

Academy of Dermatology 34 o della European Academy<br />

of Allergy and Clinical Immunology 35 .<br />

Il prurito è universalmente riconosciuto essere il sintomo<br />

fondamentale nella malattia, in assenza del quale<br />

la diagnosi non può essere posta. E tuttavia il motivo<br />

della sua presenza nei bambini con DA, così come<br />

i meccanismi attraverso cui si verifica sono conosciuti<br />

solo in parte.<br />

L’istamina è il mediatore del prurito più importante<br />

nelle reazioni allergiche IgE dipendenti 36 . È stato dimostrato<br />

che il rilascio di istamina durante la reazione<br />

allergica può determinare un transitorio aumento<br />

del prurito nei soggetti con DA, che a sua volta induce<br />

il trattamento e quindi la comparsa di eczema 37 . E<br />

tuttavia è certo che un ruolo altrettanto importante<br />

viene svolto da altre sostanze come neurotrasmettitori,<br />

proteinasi, citochine, eicosanoidi, leucotrieni, etc.<br />

(Tab. III) 38 . In particolare i mediatori della flogosi allergica<br />

sembrerebbero avere un ruolo, come suggerito<br />

dal fatto che gli inibitori topici della calcineurina, che<br />

inibiscono il rilascio di numerose citochine [quali la interluchina<br />

(IL)-2, IL-3, IL-4, IL-5, GM-CSF, e il tumor necrosis<br />

factor (TNF)-α] riducono la intensità del prurito<br />

nei soggetti affetti da DA 39 .<br />

Inoltre alcuni Autori 40 hanno suggerito che i soggetti<br />

con DA abbiano una erronea percezione dello stimolo<br />

meccanico, che avvertono come prurito inve-<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

51<br />

ce che come tocco, e hanno messo in evidenza come<br />

nei soggetti con DA in seguito all’insorgere del prurito<br />

si verifica anche nella cute circostante una aumentata<br />

tendenza ad avvertire come pruriginosi altri stimoli<br />

meccanici lievi, un fenomeno denominato “alloknesi”.<br />

E questa anomalia attribuita ad una alterazione della<br />

trasmissione neurogena trova conferme sia a livello<br />

periferico che a livello centrale. A livello periferico è<br />

stata descritta la presenza di fibre nervose iperplastiche<br />

con assoni ingranditi 41 , forse per l’aumentato rilascio<br />

di nerve growth factor da parte dei cheratinociti<br />

42 , ma anche un possibile squilibrio tra fibre sensoriali<br />

(aumentate) e fibre nervose adrenergiche autonomiche<br />

(ridotte) 43 . A livello centrale è segnalata una diminuita<br />

attività dei nervi sensoriali nel comunicare il prurito<br />

al sistema nervoso centrale 44 . E d’altra parte altri<br />

studi hanno dimostrato come talora anche lo stimolo<br />

doloroso possa essere avvertito come pruriginoso nei<br />

soggetti con DA 45 .<br />

In conclusione, considerando che nella DA i meccanismi<br />

che determinano il prurito sono molteplici e complessi,<br />

sia immunologici 46 che non immunologici, si<br />

può comprendere meglio la modesta e incostante (nei<br />

diversi studi) efficacia terapeutica degli antistaminici.<br />

Il Marco Aurelio ai Musei Capitolini - Stefano Miceli Sopo


La Commissione<br />

Tab. III. Mediatori del prurito e meccanismi proposti nella DA (modificata da Stander et al. 38 ).<br />

Mediatori Prurito Meccanismo<br />

Neurotrasmettitori<br />

- Acetilcolina + Sconosciuto<br />

- Sostanza P + Liberatore di istamina<br />

- Calcitonin gene-related<br />

peptide<br />

- Peptide intestinale vasoattivo<br />

+ Liberatore di istamina, aumenta la IL-8<br />

+ Liberatore di istamina<br />

- Somatostatina + Sconosciuto<br />

- Neurotensina + Liberatore di istamina<br />

- Endorfine + Modulatore centrale e periferico del prurito, istamino indipendente<br />

- Encefaline + Modulatore centrale e periferico del prurito, istamino indipendente<br />

- Morfina + Modulatore centrale e periferico del prurito, istamino indipendente<br />

Istamina ± Legame diretto ai recettori del prurito, infiammazione neurogena<br />

Proteinasi<br />

- Triptasi + Attiva il recettore attivato dalle proteinasi<br />

- Chimasi + Sconosciuto<br />

- Papaina + Sconosciuto<br />

Citochine<br />

- Il-2 + Possibile rilascio di vari mediatori<br />

- Il-6 -<br />

- Il-8 -<br />

Interferon gamma Allevia il prurito Sconosciuto<br />

Neurotrofina-4 + Sconosciuto<br />

Eosinofili + Rilascio di mediatori come il PAF (Platelet Activating Factor) e i leucotrieni,<br />

liberazione di istamina?<br />

Basofili -<br />

Eicosanoidi-prostaglandine ± Potenzia il prurito indotto da istamina, serotonina, papaina, abbassa la<br />

soglia del prurito<br />

Leucotrieni + Sconosciuto<br />

Platelet-activating factor + Liberazione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

52


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La Commissione<br />

Commenti alla Circolare Ministeriale<br />

sulla prevenzione ed il controllo<br />

dell’influenza<br />

Il Ministero della Salute redige ogni anno una nuova<br />

Circolare per la strategia preventiva dell’influenza<br />

stagionale. Il documento rappresenta un riferimento<br />

per tutti i professionisti che offrono la vaccinazione<br />

antinfluenzale, sia per le modalità di scelta dei prodotti<br />

vaccinali, che per le categorie oggetto della<br />

strategia, che per le modalità di somministrazione.<br />

Molto si discute su questa vaccinazione alla luce degli<br />

studi disponibili e della difficoltà di poter contare<br />

su un corpo di conoscenze solido a causa delle mutazioni<br />

stagionali del virus e delle conseguenti modificazioni<br />

del vaccino disponibile.<br />

Il ruolo delle Società Scientifiche dovrebbe essere<br />

quello di dare supporto alle autorità governative<br />

nella messa a punto delle azioni di prevenzione. Con<br />

questo spirito la Commissione Vaccini della SIAIP ha<br />

analizzato la Circolare sulla prevenzione dell’influenza<br />

per la stagione 2007-2008 per quello che riguarda<br />

le indicazioni di interesse pediatrico.<br />

Le categorie a rischio<br />

Molte delle raccomandazioni per la vaccinazione influenzale,<br />

nazionali e internazionali, definiscono una<br />

serie di categorie di pazienti che come principio dovrebbero<br />

avere una maggiore probabilità di sviluppare<br />

l’influenza o le sue complicazioni rispetto alla<br />

popolazione generale. Si tratta per lo più di pazienti<br />

con malattie croniche nei quali lo stato di equilibrio<br />

della patologia di base può essere compromesso dall’influenza.<br />

Purtroppo non sono disponibili evidenze<br />

incontrovertibili circa il maggiore rischio che alcuni<br />

di questi pazienti corrono in caso di malattia influenzale<br />

e sarebbe opportuno raccogliere maggiori dati<br />

per mirare alle categorie che possono trarre il maggior<br />

beneficio dalla vaccinazione.<br />

Per contro, nel nostro Paese e in molti altri, la coper-<br />

A cura della Commissione Vaccini<br />

Coordinatore: Alberto E. Tozzi<br />

Membri: Chiara Azzari, Giorgio Bartolozzi, Susanna Esposito, Gaetano Maria Fara, Milena Lo Giudice<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

55<br />

tura vaccinale che viene raggiunta nelle categorie a<br />

rischio è generalmente scarsa. Nella circolare per la<br />

vaccinazione 2007-2008 la vaccinazione è raccomandata<br />

ad una serie di pazienti con patologie di interesse<br />

pediatrico la cui definizione merita alcuni commenti<br />

ed una esemplificazione allo scopo di chiarire<br />

ulteriormente le indicazioni.<br />

Malattie croniche a carico dell’apparato respiratorio<br />

(inclusa l’asma, la displasia broncopolmonare, la<br />

fibrosi cistica)<br />

La indicazione relativa all’asma è probabilmente<br />

troppo generica. Se si pensa che nell’età evolutiva almeno<br />

un bambino su cinque ha avuto i sintomi dell’asma<br />

bronchiale, magari per una sola volta limitatamente<br />

ai primi anni di vita, l’allargamento dell’indicazione<br />

sembra veramente eccessivo. Sarebbe opportuno<br />

che nella definizione di questa categoria fossero<br />

precisati il requisito di presenza attuale della malattia<br />

e una eventuale soglia di gravità. Nella Circolare della<br />

scorsa stagione la vaccinazione, ad esempio, veniva<br />

raccomandata solo ai pazienti con asma severo. Sarebbe<br />

importante che nelle prossime circolari venisse<br />

data nuovamente una definizione all’asma bronchiale<br />

e fossero chiarite le caratteristiche dei bambini<br />

asmatici che richiedono la vaccinazione (in accordo<br />

alle classificazioni internazionali).<br />

Chiari i riferimenti alla displasia broncopolmonare,<br />

una malattia cronica del polmone dovuta alla prematurità<br />

e legata ad una lesione polmonare in lattanti<br />

che hanno richiesto una ventilazione meccanica, e alla<br />

fibrosi cistica. È necessario, però, sottolineare che,<br />

nonostante la raccomandazione per la vaccinazione<br />

dei pazienti con fibrosi cistica sia presente in tutto il<br />

mondo, una revisione sistematica della letteratura<br />

condotta dalla Cochrane Collaboration non è riuscita<br />

a dimostrare il beneficio della vaccinazione influenzale<br />

in questi pazienti.


Malattie dell’apparato cardio-circolatorio, comprese<br />

le cardiopatie congenite o acquisite<br />

Anche in questo caso, la definizione di cardiopatia<br />

congenita o acquisita è troppo generica. Sarebbe utile<br />

disporre di un elenco delle cardiopatie che richiedono<br />

la prevenzione dell’influenza, sulla base di dati<br />

che dimostrino la gravità della malattia e l’efficacia<br />

della vaccinazione nelle singole categorie. È logico<br />

pensare che un soggetto cardiopatico che si ammala<br />

di influenza possa andare incontro a uno scompenso<br />

cardiaco ma è altrettanto ovvio che questo rischio<br />

dipende strettamente dal fatto che la cardiopatia sia<br />

emodinamicamente significativa.<br />

Diabete mellito e altre malattie metaboliche<br />

La raccomandazione per la vaccinazione dei pazienti<br />

con diabete tipo 1 è classicamente disattesa. Non<br />

c’è, infatti, la percezione che l’influenza possa compromettere<br />

l’equilibrio metabolico della malattia.<br />

D’altra parte, con i nuovi sistemi di rilascio dell’insulina,<br />

le glicemie di questi pazienti sono molto più controllate<br />

di quanto avveniva anni fa, anche in corso di<br />

processi infettivi acuti, e poche sono le dimostrazioni<br />

che associano il paziente diabetico a un aumentato<br />

rischio di complicanze in corso di influenza. La presenza<br />

di una raccomandazione ministeriale impone,<br />

tuttavia, uno standard. D’altra parte, purtroppo non<br />

è infrequente registrare l’opposizione alla vaccinazione<br />

in questi pazienti in alcuni Servizi, a fronte dell’incoraggiamento<br />

da parte del proprio pediatra. Si sottolinea<br />

al riguardo che non esiste alcun rischio a vaccinare<br />

i pazienti diabetici.<br />

Per quanto riguarda le altre malattie metaboliche, sarebbe<br />

importante ancora una volta avere un elenco<br />

dettagliato delle condizioni che sono associate a un<br />

aumentato rischio di complicanze in corso di influenza.<br />

Anche in questo caso è logico pensare che siano i<br />

pazienti con malattie metaboliche poco controllabili<br />

con la dieta e con i farmaci quelli che possono trarre i<br />

maggiori benefici dalla vaccinazione.<br />

Malattie renali con insufficienza renale<br />

È ovviamente necessario ricordare che questa raccomandazione<br />

include anche i pazienti che sono sottoposti<br />

ad emodialisi e quelli in terapia immunosopressiva<br />

ad alte dosi.<br />

Malattie degli organi emopoietici ed emoglobinopatie<br />

In questo gruppo di patologie vanno inclusi i trapianti<br />

di midollo osseo, le leucemie e i linfomi. Relativamente<br />

ai pazienti con leucemie o linfomi, sarebbero<br />

utili precisazioni su quando somministrare il vaccino<br />

in rapporto alle diverse fasi dei cicli di chemioterapia<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

56<br />

e alla gravità della neutropenia allo scopo di garantire<br />

la massima efficacia possibile.<br />

Tumori<br />

Come per le malattie degli organi emopoietici, sarebbero<br />

utili precisazioni su quando somministrare il<br />

vaccino in rapporto alle diverse fasi dei cicli di chemioterapia<br />

e alla gravità della neutropenia da esso<br />

indotta.<br />

Malattie congenite e acquisite che comportino carente<br />

produzione di anticorpi, immunosoppressione indotta<br />

da farmaci o HIV<br />

In questo item rientrano le immunodeficienze primitive<br />

di diversa gravità (come l’agammaglobulinemia<br />

X-recessiva, l’immunodeficienza comune variabile,<br />

l’immunodeficienza con iper-IgM, il difetto selettivo<br />

di IgA; le immunodeficienza combinate come le immunodeficienze<br />

combinate gravi, la SCID; le sindromi<br />

o malattie associate ad immunodeficienza come<br />

la sindrome di Di George, l’atassia-telangectasia e la<br />

sindrome di Wiskott-Aldrich). Certamente, è presumibile<br />

che nei pazienti con immunodeficienze primitive<br />

e in quelli con immunosoppressione indotta da<br />

farmaci la risposta immunitaria alla vaccinazione sia<br />

inferiore a quella che si osserva nei soggetti immunocompetenti.<br />

Per questo sarebbero necessarie precisazioni<br />

sul tipo di vaccino da utilizzare (ad esempio,<br />

con adiuvanti).<br />

Per quanto riguarda, invece, i dati dei pazienti con infezione<br />

da HIV, numerosi sono i dati che dimostrano<br />

l’immunogenicità, la sicurezza, la tollerabilità e l’efficacia<br />

della vaccinazione, la quale non determina alcun<br />

effetto negativo sulla situazione immuno-virologica<br />

dei pazienti.<br />

Malattie infiammatorie croniche e sindromi da<br />

malassorbimento intestinali<br />

In realtà, questa categoria viene indicata in modo<br />

specifico soltanto nelle raccomandazioni italiane. Di<br />

fatto, il rischio di complicanze da influenza in questi<br />

pazienti è legato alla situazione di immunodeficienza<br />

indotta dalla malattia di base e dai farmaci<br />

assunti per controllarla. Quindi, questi stessi pazienti<br />

rientrano nella categoria di quelli con immunodeficienze.<br />

Patologie per le quali siano programmati importanti<br />

interventi chirurgici<br />

È necessario ricordare che un imminente intervento<br />

chirurgico è un’indicazione alla vaccinazione influenzale<br />

ma, soprattutto, che la recente vaccinazione influenzale<br />

non controindica l’intervento.


Patologie associate a un aumentato rischio di<br />

aspirazione delle secrezioni respiratorie (es. malattie<br />

neuromuscolari)<br />

Questo item era presente anche nella Circolare<br />

della scorsa stagione con una diversa descrizione<br />

(Bambini affetti da patologie neurologiche e neuromuscolari)<br />

con una indicazione forse più facilmente<br />

comprensibile per il pediatra. D’altra parte,<br />

la definizione di “bambini affetti da patologie<br />

neurologiche” è estremamente ampia e quella di<br />

“bambini con malattie neuromuscolari” risulta per<br />

contro troppo restrittiva. Un elenco delle patologie<br />

neurologiche pediatriche che si associano a un<br />

aumentato rischio di complicanze da influenza potrebbe<br />

essere utile.<br />

Individui di qualunque età ricoverati presso strutture<br />

per lungodegenti<br />

Questa raccomandazione andrebbe estesa anche<br />

ai bambini che vivono in comunità come le case<br />

famiglia, gli orfanotrofi e i collegi nelle quali<br />

il rischio di contagio e di epidemie è sicuramente<br />

elevato.<br />

Familiari e contatti di soggetti ad alto rischio<br />

Questa categoria dovrebbe includere anche tutti i<br />

contatti stretti dei bambini di età inferiore a 6 mesi,<br />

in quanto la vaccinazione non può essere effettuata<br />

prima di questa età.<br />

Cosa si può fare<br />

Per migliorare la copertura vaccinale nelle categorie<br />

a rischio in età pediatrica, nelle scorse stagioni la<br />

SIAIP ha prodotto un indirizzario composto da circa<br />

1000 recapiti relativi a centri specialistici per la<br />

cura di malattie croniche in età pediatrica, associazioni<br />

scientifiche e associazioni di familiari. A questi<br />

indirizzi, prima la SIAIP, poi il Ministero della Salute,<br />

hanno inviato una lettera per ricordare l’importanza<br />

della vaccinazione prima dell’inizio della stagione<br />

influenzale.<br />

È necessario mettere in atto strategie integrate per<br />

raggiungere elevate coperture vaccinali anche nelle<br />

categorie a rischio, ma la chiarezza delle definizioni<br />

per quanto riguarda le categorie a rischio è importante.<br />

È noto che per la stessa vaccinazione, infatti,<br />

una chiara definizione della popolazione target come<br />

quella degli anziani > 64 anni e l’adozione di strategie<br />

che coinvolgono direttamente la medicina del<br />

territorio sono state in grado di ottenere coperture<br />

vaccinali dell’ordine del 70%.<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

57<br />

La vaccinazione del pediatra<br />

È noto che tra le categorie per le quali la vaccinazione<br />

influenzale è raccomandata è incluso il personale sanitario.<br />

Il principio sulla base del quale viene fornita questa<br />

indicazione è che il professionista della salute fornisce<br />

un servizio di prima necessità e per questo è importante<br />

limitare le assenze dovute a malattia proprio<br />

nel periodo in cui vi è maggiore richiesta di assistenza<br />

da parte della popolazione. Inoltre, i medici e il personale<br />

infermieristico sono a contatto costante nelle comunità<br />

dove esercitano la loro attività lavorativa con<br />

pazienti vulnerabili che possono sviluppare complicazioni<br />

a causa dell’influenza. A fronte della raccomandazione<br />

di vaccinare il personale sanitario, tuttavia, le<br />

coperture vaccinali che si osservano in questa categoria<br />

sono tutt’altro che elevate. La percezione dell’influenza<br />

è spesso quella di una malattia banale, oppure<br />

si pensa di essere scarsamente suscettibili all’infezione<br />

virale. I numeri dicono, invece, che questo segmento<br />

della strategia preventiva è importante e richiede<br />

massima attenzione nella sua applicazione.<br />

Dosaggio e modalità di somministrazione<br />

Come è noto, i vaccini autorizzati per l’uso in età pediatrica<br />

sono quelli split, a subunità o adiuvati con virosomi.<br />

Interessanti sono i recenti dati ottenuti nei<br />

primi anni di vita con il vaccino adiuvato con MF59<br />

ma al momento questo prodotto è approvato per<br />

l’uso solo nell’anziano. Come al solito, nel bambino<br />

di età compresa tra 6 e 36 mesi va somministrata o<br />

la formulazione pediatrica o mezza dose del vaccino<br />

per adulti (0,25 ml invece che 0,50 ml). Se pur in alcuni<br />

Paesi europei dall’età di 3 anni, anche in bambini<br />

mai vaccinati in precedenza contro l’influenza, è<br />

prevista un’unica dose di vaccino, in Italia, come negli<br />

Stati Uniti, sono tuttora previste due dosi nei bambini<br />

di età inferiore a 9 anni vaccinati per la prima volta.<br />

Questo perché solo una parte minore della popolazione<br />

pediatrica di età inferiore a 3 anni risulta essere<br />

stata infettata dai virus influenzali e nei soggetti naive<br />

dei primi anni di vita è stato dimostrato che i tassi<br />

di sieroconversione e sieroprotezione con un’unica<br />

dose di vaccino sono inferiori e meno persistenti nel<br />

tempo rispetto a quelli ottimali.<br />

Misure di prevenzione alternative<br />

Non tutti hanno notato che nel documento ministeriale<br />

di questa stagione esiste una forte enfasi


sul ruolo delle misure alternative alla vaccinazione<br />

e dimostratamente efficaci nella prevenzione dell’influenza.<br />

È importante, infatti, che misure preventive<br />

diverse siano tra loro integrate per ottenere<br />

il massimo impatto sulla popolazione. È necessario<br />

sottolineare che le misure igieniche standard<br />

come il lavaggio delle mani, l’igiene respiratoria,<br />

l’isolamento volontario dalle comunità in caso di<br />

malattia e l’uso di mascherine da parte delle persone<br />

con sintomatologie influenzali abbiano un impatto<br />

anche su altre infezioni trasmesse per via respiratoria<br />

che si riscontrano comunemente durante<br />

la stagione invernale. Tali raccomandazioni vanno<br />

sottolineate in particolare modo al pediatra che<br />

può fare di questa azioni preventive un importante<br />

strumento di salute nel proprio ambulatorio e in<br />

ambiente ospedaliero.<br />

Herd immunity<br />

Per l’influenza, come per le altre malattie trasmesse<br />

da persona a persona, è verosimile che un intervento<br />

vaccinale efficace in un largo segmento della<br />

popolazione possa ridurre la circolazione del virus<br />

e, quindi, indurre una protezione indiretta nel resto<br />

della popolazione. A questo proposito esistono alcuni<br />

studi che suggeriscono un possibile effetto in<br />

questa direzione e alcuni ricercatori hanno suggerito<br />

che la vaccinazione della popolazione pediatrica<br />

potrebbe avere un impatto superiore a quello della<br />

strategia vaccinale rivolta alle popolazioni a rischio.<br />

Purtroppo le prove a sostegno di questa ipotesi sono<br />

ancora limitate ed è necessario che maggiori informazioni<br />

vengano raccolte a questo riguardo. È<br />

auspicabile che vengano condotti nel futuro studi<br />

Bibliografia essenziale<br />

Belshe RB, Edwards KM, Vesikari T, Black SV, Walker RE, Hultquist<br />

M, et al.; CAIV-T Comparative Efficacy Study Group.<br />

Live attenuated versus inactivated influenza vaccine in infants<br />

and young children. N Engl J Med 2007;356:685-96.<br />

Centers for Disease Control. Prevention and control of influenza.<br />

MMWR 2007;56:RR6. http://www.cdc.gov/<br />

mmwr/PDF/rr/rr5606.pdf.<br />

Circolare Ministeriale n. 1, del 9 agosto 2007 “Prevenzione e<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

58<br />

di grandi dimensioni in grado di definire il potenziale<br />

di una simile strategia.<br />

Il futuro<br />

Nessuno può prevedere come sarà la prossima epidemia<br />

di influenza e quante infezioni riusciremo a<br />

prevenire attraverso la vaccinazione. Sappiamo, però,<br />

che a breve anche nel nostro Paese sarà disponibile<br />

un vaccino vivo attenuato contro l’influenza in preparazione<br />

spray nasale. Questo vaccino ha dimostrato<br />

una migliore efficacia rispetto ai vaccini inattivati e<br />

potrebbe incidere maggiormente sull’epidemiologia<br />

dell’influenza.<br />

Rimangono da sciogliere in modo definitivo i dubbi<br />

sulla tollerabilità dei vaccini vivi attenuati specie in<br />

relazione alla possibilità di innescare una crisi asmatica<br />

nei bambini più piccoli. È importante, tuttavia, che<br />

si faccia un maggiore sforzo per raccogliere informazioni<br />

più precise sull’epidemiologia dell’influenza nel<br />

nostro Paese e in altri Paesi europei. L’Italia, come abbiamo<br />

più volte sostenuto, ha una carta da giocare<br />

che è rappresentata dal potenziale di rete della pediatria<br />

di famiglia. È opportuno che si passi dalla raccolta<br />

di dati aggregati (come avviene tuttora per la<br />

sorveglianza dell’influenza) alla raccolta di dati individuali<br />

e che questi vengano correlati alle informazioni<br />

virologiche. L’analisi dei dati per gruppi di età<br />

più attinenti alle possibili strategie vaccinali potrebbe<br />

fornire informazioni solide per orientare la vaccinazione,<br />

specie in età pediatrica. Ma il nostro Paese<br />

e la nostra pediatria possono scommettere su obiettivi<br />

anche più ambiziosi come la realizzazione di studi<br />

sperimentali attraverso la pediatria del territorio e<br />

con l’integrazione della sanità pubblica.<br />

controllo dell’influenza: raccomandazioni per la stagione<br />

2007-8”. http://www.iss.it/binary/iflu/cont/C_17_<br />

normativa_1244_allegato.1188806372.pdf.<br />

Commissione Vaccini SIAIP. La vaccinazione contro l’influenza<br />

in età pediatrica. <strong>RIAP</strong> 2007;20(S1).<br />

ECDC. Technical Report of the Scientific Panel on Vaccines<br />

and Immunisation. Infant and children seasonal immunisation<br />

against influenza on a routine basis during •<br />

inter-pandemic period. Stockholm, 2007. http://www.<br />

ecdc.eu.int/documents/pdf/Flu_vacc_18_Jan.pdf.


Il difetto selettivo di immunoglobuline A (IgAD) è la<br />

più frequente immunodeficienza primitiva, pur variando<br />

la sua frequenza a seconda delle popolazioni considerate.<br />

La prevalenza è di circa 1:500 tra i Caucasici.<br />

Operativamente, si definisce IgAD la condizione caratterizzata<br />

da livelli sierici di Ig A inferiori a 5 mg/dl<br />

con livelli sierici di IgG e IgM normali e senza alterazioni<br />

dell’immunità cellulo-mediata.<br />

Si definisce:<br />

1. deficit assoluto, la presenza di livelli di IgA < 5<br />

mg/dl;<br />

2. deficit parziale, la presenza di livelli di IgA > 5 mg/<br />

dl, ma inferiori di almeno due deviazioni standard<br />

rispetto ai livelli normali per l’età (Tab. I).<br />

I livelli sierici delle altre classi di immunoglobuline sono<br />

normali. Nel 20% dei casi si riscontrano bassi livelli<br />

di IgG2 e di IgG4. Normale è la risposta anticorpale<br />

agli stimoli antigenici. I B linfociti sono presenti in numero<br />

normale, tuttavia non sono in grado di differenziarsi<br />

in plasmacellule secernenti IgA. Numero, distri-<br />

La Commissione<br />

Difetto selettivo di Immunoglobuline A<br />

A cura della Commissione di Immunologia<br />

Coordinatrice: Annarosa Soresina<br />

Membri: Salvo Accomando, Patrizia Bertolini, Rosi Delle Piane, Metello Jacobini, Silvana Martino, Baldo Martire<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

59<br />

buzione in sottopopolazioni e funzionalità in vivo e in<br />

vitro dei T linfociti circolanti sono normali.<br />

Funzione delle IgA<br />

Le IgA rappresentano quantitativamente la seconda<br />

immunoglobulina circolante e la più abbondante<br />

presente nelle secrezioni. Mentre le IgA presenti<br />

nelle secrezioni vengono sintetizzate da plasmacellule<br />

sottomucose, quelle sieriche sono sintetizzate da<br />

plasmacellule del midollo osseo. Delle due sottoclassi<br />

di IgA, le IgA1 prevalgono nel siero (più dell’80%)<br />

mentre IgA1 e IgA2 contribuiscono in eguale misura<br />

alla composizione delle IgA secretorie. Le IgA sono i<br />

principali costituenti delle secrezioni esocrine e rappresentano<br />

la principale classe di anticorpi prodotti<br />

dalle plasmacellule delle vie respiratorie, del tratto<br />

gastrointestinale e delle vie genitourinarie. Gli antigeni<br />

esogeni a livello della mucosa di questi orga-<br />

Tab. I. Valori normali di immunoglobuline sieriche in rapporto all’età (da Ugazio et al. 1995).<br />

Età IgG (mg/dl) IgA (mg/dl) IgM (mg/dl)<br />

Cordone ombelicale 1112 (862-1434) Non dosabili 9 (5-14)<br />

1-3 mesi 468 (231-947) 24 (8-74) 74 (26-210)<br />

4-6 mesi 434 (222-846) 20 (6-60) 62 (28-39)<br />

7-12 mesi 569 (351-919) 29 (10-85) 89 (38-204)<br />

13-24 mesi 801 (264-1509) 54 (17-178) 128 (48-337)<br />

2-3 anni 889 (462-1710) 68 (27-173) 126 (62-257)<br />

4-5 anni 1117 (528-1959) 98 (37-257) 119 (49-292)<br />

6-8 anni 1164 (633-1016) 113 (41-315) 121 (56-261)<br />

9-11 anni 1164 (707-1919) 127 (60-270) 129 (61-276)<br />

12-16 anni 1105 (604-1909) 136 (61-301) 132 (59-297)


ni stimolano la secrezione di IgA, che impediscono<br />

l’adesione dei patogeni stessi e quindi la loro penetrazione.<br />

Neutralizzano inoltre l’infettività locale e sistemica<br />

di virus come il poliovirus, i virus parainfluenzali,<br />

il citomegalovirus e il virus respiratorio sinciziale;<br />

inibiscono anche l’assorbimento di vari antigeni alimentari;<br />

attivano la via alternativa del complemento<br />

e sono capaci di attivare il sistema macrofagico.<br />

Le IgA sono anche i principali anticorpi del colostro<br />

e del latte materno.<br />

Patogenesi e basi genetiche<br />

Il IgAD è nella maggior parte dei casi sporadico. Tuttavia,<br />

sono state descritte famiglie in cui era dimostrabile<br />

una trasmissione autosomico-recessiva o autosomico-dominante<br />

del difetto. Inoltre il IgAD può<br />

manifestarsi come complicanza, sebbene rara, di infezioni<br />

intrauterine come rosolia, citomegalovirus,<br />

toxoplasmosi. Anche farmaci come la fenilidantoina,<br />

il valproato di sodio, la penicillamina, il captopril e i<br />

sali d’oro, possono causare IgAD.<br />

Numerosi autori hanno descritto un’associazione tra<br />

il IgAD ed alcuni alleli del sistema di HLA (Human Leucocyte<br />

Antigen). Ad esempio è stata osservata una<br />

maggiore frequenza dell’allele B8 nei soggetti con<br />

diabete mellito e deficit di IgA così come di alleli A1 e<br />

B8 in soggetti con IgAD e malattie autoimmuni. Inoltre,<br />

lo studio dell’HLA ha rivelato una forte associazione<br />

con gli stessi alleli e con alcuni aplotipi estesi con<br />

cui è associata l’immunodeficienza comune variabile<br />

(CVID). Molti elementi accomunano queste due immunodeficienze:<br />

il IgAD si accompagna frequentemente<br />

a deficit di sottoclassi IgG; in molte famiglie<br />

le due immunodeficienze si associano; in entrambe è<br />

in gioco un blocco maturativo dei B linfociti. Recenti<br />

studi hanno evidenziato che il locus HLA DQ/DR è il<br />

maggiore determinante ereditario che predispone al<br />

IgAD e alla CVID. Al contrario, alcuni aplotipi sembrano<br />

essere “protettivi” rispetto al rischio di sviluppare<br />

il IgAD. Ancora recentemente, sono stati identificati<br />

alcuni pazienti con IgAD e con CVID che presentano<br />

mutazioni del gene TACI: la mutazione compromette<br />

la completa maturazione delle cellule B, impedendo<br />

alle cellule B di passare dalla produzione di IgM alla<br />

produzione di altre famiglie di Ig specifiche.<br />

Clinica<br />

Molti soggetti sono asintomatici e vengono diagnosticati<br />

casualmente nel corso di esami di routine. Tut-<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

60<br />

tavia, alcuni soffrono di numerose infezioni respiratorie,<br />

di problemi gastrointestinali o di altre patologie,<br />

come è elencato nella Tabella II. Infatti, le infezioni<br />

sinupolmonari ricorrenti sono la patologia più<br />

frequente associata al IgAD. È appunto il ripetersi di<br />

queste infezioni che porta alla misurazione delle immunoglobuline<br />

sieriche e alla diagnosi di IgAD. Molte<br />

infezioni sono causate da agenti batterici minori o,<br />

in assenza di una diagnosi eziologica esatta, da numerosi<br />

agenti virali.<br />

Spesso si associano problemi allergici: congiuntivite,<br />

rinite, orticaria, eczema, allergia alimentare ed<br />

asma, che possono decorrere in modo resistente alla<br />

terapia. Maggiore è pure la frequenza di problemi<br />

gastrointestinali: giardiasi, celiachia e malattia<br />

infiammatoria intestinale, epatite cronica, cirrosi biliare<br />

ed anemia perniciosa. La giardiasi può essere<br />

resistente alla terapia classica. Anche l’intolleranza<br />

al lattosio sembra essere più frequente. La celiachia<br />

è circa 20 volte più frequente che nella popolazione<br />

generale, ma la prognosi dopo adeguata dieta priva<br />

di glutine è la stessa per i pazienti sia con che senza<br />

IgAD. È importante ricordare che nei soggetti con<br />

IgAD per definizione gli anticorpi IgA anti-transglutaminasi<br />

e anti-endomisio sono negativi e quindi, in<br />

tutti i casi con storia clinica suggestiva per celiachia<br />

può essere utile la determinazione di anticorpi IgG<br />

anti-transglutaminasi e per la diagnosi di certezza<br />

deve essere consigliata l’esecuzione di biopsia intestinale.<br />

Numerose sono le malattie autoimmuni associate:<br />

artrite reumatoide giovanile, lupus eritematoso<br />

sistemico (LES), ma anche malattie endocrine,<br />

vitiligine, anemia emolitica, porpora trombocitopenica<br />

idiopatica (PTI) e malattie neurologiche. Nel siero<br />

è frequente il riscontro di autoanticorpi: anticorpi<br />

anti-nucleo, anticorpi contro tireoglobulina, globuli<br />

rossi, cellule pancreatiche, cardiolipina, collagene.<br />

Un numero notevole di soggetti con IgAD presenta<br />

anticorpi anti-IgA. Infine, si possono associare con<br />

maggiore frequenza i seguenti tumori: carcinoma,<br />

in particolare l’adenocarcinoma dello stomaco, e il<br />

linfoma, usualmente a cellule B. Spesso i linfomi sono<br />

extranodali e coinvolgono il digiuno. Altri tumori<br />

possono essere il tumore ovarico, il linfosarcoma, il<br />

melanoma e il timoma.<br />

Prognosi<br />

Alcuni pazienti con IgAD sono predisposti a sviluppare<br />

immunodeficienze più severe come CVID (in circa<br />

il 5% dei casi), che si presenta con il diminuire della<br />

produzione di IgG e IgM ed un difetto parziale di im-


La Commissione<br />

Tab. II. Numero e percentuale di pazienti con patologie associate nel difetto selettivo di IgA.<br />

munità cellulomediata: proprio per evidenziare tale<br />

condizione è consigliato monitorare nel tempo i livelli<br />

delle immunoglobuline sieriche. In pochi casi, il<br />

IgAD può sottendere patologie molto severe come<br />

l’atassia teleangectasia: al momento quindi della diagnosi<br />

di IgAD, soprattutto in bambini piccoli, sotto i<br />

2 anni di età che hanno da poco cominciato a camminare<br />

e che quindi possono non aver manifestato<br />

segni neurologici di atassia, è importante eseguire il<br />

dosaggio della α-fetoproteina.<br />

La prognosi del IgAD è in genere molto buona,<br />

purchè vengano adottate misure efficienti soprattutto<br />

per la prevenzione delle infezioni polmonari<br />

ricorrenti. La prognosi dipende anche dal tipo di<br />

difetto: i deficit completi sono in genere irreversibili,<br />

mentre nei deficit parziali le IgA sieriche ritornano<br />

a livelli normali nel 50% dei casi entro 4 anni<br />

dalla diagnosi.<br />

Trattamento<br />

Consensus Conference Gruppo<br />

Immunologia e Allergologia<br />

Pediatrica 1990 (modificata)<br />

Numero totale di pazienti 258 127<br />

Infezioni ricorrenti 123 (48%) 63 (50%)<br />

Patologie allergiche 39 (15%) 16 (13%)<br />

Patologie autoimmuni 32 (12%) 34 (28%)<br />

LES 2 3<br />

Diabete 13 2<br />

Vitiligo 4<br />

Artrite reumatoide giovanile 5 4<br />

Tiroidite 2 3<br />

Celiachia 8<br />

PIT 4 7<br />

Anemia emolitica 3 5<br />

Kawasaky 1<br />

Patologie gastrointestinali 4 (3%)<br />

Patologie tumorali 3 (1%) 9 (7%)<br />

Non esiste una terapia specifica per i pazienti sintomatici<br />

con IgAD. In particolare, per i bambini con<br />

infezioni respiratorie ricorrenti, il trattamento va<br />

commisurato alla gravità del quadro clinico. A tut-<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

61<br />

Cunningham- Rundles 2004<br />

(modificata)<br />

ti i soggetti è da consigliare l’esecuzione oltre che<br />

del normale calendario vaccinale anche delle vaccinazioni<br />

anti-Pneumococco, anti-Haemophilus influentiae,<br />

anti-Meningococco e del vaccino antinfluenzale.<br />

Nel IgAD non è indicata la terapia con immunoglobuline<br />

per via endovenosa (IVIG). In letteratura<br />

(Quartier, Cunningham-Rundles) è suggerito l’utilizzo<br />

di IVIG per i rari casi di soggetti con IgAD associato<br />

a deficit di IgG2 o a difettiva risposta anticorpale<br />

che presentano infezioni gravi e ricorrenti. In questi<br />

casi, le infusioni di IVIG, come la somministrazione<br />

di qualunque emoderivato, vanno iniziate soltanto<br />

dopo aver misurato il titolo degli anticorpi sierici anti-IgA<br />

e sotto stretta sorveglianza medica, preferendo<br />

i preparati a basso contenuto di IgA. Anche in caso<br />

di emotrasfusioni è opportuno trasfondere emazie<br />

lavate oppure sangue intero da donatori con deficit<br />

di IgA. L’incidenza attuale delle reazioni anti-IgA<br />

mediate durante le trasfusioni di sangue è stimata<br />

a 1,3 x milione di unità di sangue trasfuso. Le IVIG<br />

contengono vari titoli di IgA, ma preparati IgA depleti<br />

sono facilmente disponibili e sono usualmente<br />

ben tollerati, anche in pazienti con alti titoli di anticorpi<br />

anti-IgA.<br />

In pratica, la prognosi e la terapia del IgAD si identifi-


cano con quella della patologia eventualmente associata.<br />

Per i bambini con IgAD e infezioni respiratorie<br />

ricorrenti e gravi, va presa in considerazione la fisiochinesiterapia<br />

respiratoria nonché una pronta e appropriata<br />

antibioticoterapia; la profilassi antibiotica<br />

continuativa può essere indicata nei casi più sintomatici.<br />

Il malassorbimento deve essere monitorato<br />

con esami delle feci per la ricerca della Giardia e, se la<br />

clinica lo suggerisce, con indagini strumentali come<br />

l’esofagogastroduodenoscopia per escludere la celiachia.<br />

La terapia specifica per ogni patologia associata<br />

deve essere pianificata come di norma, in quanto<br />

le malattie autoimmuni, le neoplasie e le enteropatie<br />

rispondono al trattamento come nei soggetti senza<br />

deficit immunitari associati.<br />

Invece, per quanto riguarda le malattie allergiche, soprattutto<br />

l’asma che può essere particolarmente resistente<br />

alla terapia, la prognosi può essere meno favorevole<br />

che nei soggetti senza deficit associati. Questo<br />

sembra essere spiegato dal fatto che la suscettibilità<br />

a sviluppare infezioni aggrava la condizione di infiammazione<br />

tipica dell’asma.<br />

Bibliografia essenziale<br />

Cataldo F, Lio D, Marino V, Picarelli A, Ventura A, Corazza GR;<br />

and the Working Groups on Celiac Disease of SIGEP. IgG<br />

antiendomysium and IgG antitissue translutaminase (anti-tTG)<br />

antibodies in celiac patients with selective IgA deficiency.<br />

Gut 2000;47:366-9.<br />

Cataldo F, Marino V, Ventura A, Bottaro G, Corazza GR. Prevalence<br />

and clinical features of selective immunoglobulin<br />

A deficiency in celiac disease: an Italian multicenter study.<br />

Gut 1998;42:362-5.<br />

Consensus Conference 1990. <strong>RIAP</strong> aprile 1991<br />

Cunningham-Rundles C. Physiology of IgA and IgA deficiency.<br />

J Clin Immunol 2001;5:303-9.<br />

Cunningham-Rundles C. Selective IgA deficiency. In: Stiehm R,<br />

Ochs HD, Winkelstein JA (eds.). Immunologic disorders in<br />

infants and children. 5 th ed., W.B. Saunders Company 2004.<br />

Edwards E, Razvi S, Cunningham-Rundles C. IgA deficiency:<br />

clinical correlates and responses to pneumococcal vaccine.<br />

Clin Immunology 2004;111:93-7.<br />

Gruppo di Immunologia e Allergologia Pediatrica della Società<br />

Italiana di Pediatria. Il bambino con deficit di IgA:<br />

le caratteristiche cliniche, immunologiche e genetiche per<br />

una corretta gestione.<br />

Kralovicova J, Hammarström L, Plebani A, Webster AD, Vorechovsky<br />

I. Fine-scale mapping at IGAD1 and genome-wide<br />

genetic linkage analysis implicate HLA-D/DR<br />

La Commissione<br />

Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica<br />

62<br />

Indicazioni per la pratica<br />

Sulla base di quanto noto e di quanto qui riassunto<br />

brevemente, il comportamento suggerito nella pratica<br />

quotidiana è il seguente. Alla diagnosi è opportuno<br />

effettuare alcuni accertamenti consigliati per<br />

l’inquadramento completo del deficit di IgA: esame<br />

emocromocitometrico completo, dosaggio delle immunoglobuline<br />

sieriche, delle sottopopolazioni linfocitarie<br />

(CD3, CD4, CD8, CD19), dell’α-fetoproteina<br />

(se il bambino ha meno di due anni di età), degli Ab<br />

(IgG) anti-transglutaminasi. In seguito, si consiglia di<br />

controllare nei soggetti asintomatici gli Ab (IgG) antitransglutaminasi<br />

una volta ogni 1-2 anni. La determinazione<br />

delle immunoglobuline sieriche non ha utilità<br />

pratica nei soggetti asintomatici mentre andrà ripetuta<br />

più o meno frequentemente, in base all’andamento<br />

del quadro clinico ed a giudizio del pediatra<br />

nei bambini sintomatici. In base all’andamento clinico<br />

individuare la comparsa di problemi di autoimmunità,<br />

allergici o tumorali con gli accertamenti specifici<br />

caso per caso e provvedimenti terapeutici specifici.<br />

as a major susceptibility locus in selective IgA deficiency<br />

and Common variable immunodeficiency. J Immunol<br />

2003;170:2765-75.<br />

Latiff AHA, Kerr MA. The clinical significance of Immunoglobulin<br />

A deficiency. Ann Clin Biochem 2007;44:131-9.<br />

Litzman J, Vilkova M, Pikulova Z, Stikarovska D, Lokai J. T<br />

and B lymphocyte subpopolations and activation/differentiation<br />

markers in patients with selective IgA deficiency.<br />

Clin Exp Immunol 2006;147:249-54.<br />

Ozkan H, Atlihan F, Genel F, Targan S, Gunvar T, et al. IgA<br />

and/or IgG subclass deficiency in children with recurrent<br />

respiratory infections and its relationship with chronic<br />

pulmonary damage. J Invest Allergol Clin Immunol<br />

2005;15:69-74.<br />

Quartier P. Deficits en IgA. Arch Pediatr 2001;8:629-33.<br />

Rachid R, Castigli E, Geha RS, Bonilla FA. TACI mutation in<br />

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Curr Allergy Asthma Rep 2006;6:357-62.<br />

Ugazio AG, Duse M, Notarangelo LD, Plebani A, Porta F. Il<br />

bambino immunodepresso: perché lo è e come va difeso.<br />

2 a ed. Milano: CEA 1995.<br />

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