Come si dovrebbe fare e valutare il Test di Provocazione ... - RIAP

Organo Uffi ciale della Società Italiana di Allergologia ed Immunologia Pediatrica
Direttore Editoriale e Scientifi co
Alberto E.Tozzi
Comitato di Redazione
Fabio Cardinale, Giovanni Cerimoniale,
Silvia Di Michele, Marina Macchiaiolo, Daniele Radzik,
Luigi Terracciano
Direttore Responsabile
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Segreteria Scientifi ca
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Segreteria di Redazione
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Pacini Editore S.p.A. - Via Gherardesca - 56121 Pisa
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Società Italiana di Allergologia ed Immunologia Pediatrica
Presidente
Francesco Paravati
Consiglio Direttivo
Roberto Bernardini, Fabio Cardinale,
Gian Luigi Marseglia, Stefano Miceli Sopo,
Daniele Radzik, Guglielmo Scala
Supplemento 3
05
ottobre 2009 • anno XXIII
Come si dovrebbe fare e valutare
il Test di provocazione orale per alimenti
Norme pratiche di comportamento
Commissione Allergie Alimentari, Anafi lassi
e Dermatite Atopica della SIAIP
Commissione Diagnostica Allergologica della SIAIP

TEST DI PROVOCAZIONE ORALE PER ALIMENTI
2
Come si dovrebbe fare
e valutare il Test
di provocazione orale
per alimenti
Norme pratiche di comportamento
PREMESSA
Le allergie alimentari costituiscono una problematica di frequente riscontro. Circa
il 20% della popolazione infatti ritiene di esser affetto da un’allergia o da un’intolleranza
alimentare, ma il sospetto viene confermato solo nel 10-20% dei casi se si
applica un corretto iter diagnostico 1-3 . D’altra parte al contrario, in alcuni bambini
allergici la diagnosi non viene posta. I motivi che determinano gli errori diagnostici
sono molteplici. L’allergia alimentare può manifestarsi con quadri clinici diversi e
la sua diagnosi non è sempre semplice, dato che i sintomi sono spesso aspecifi ci.
I comuni test per diagnosticare la sensibilizzazione ad un alimento (skin prick test
(SPT) e/o determinazione delle IgE specifi che, atopy patch test) non hanno una
effi cacia diagnostica assoluta: possono risultare positivi in bambini che tollerano
l’alimento e al contrario possono essere negativi in presenza di un’allergia
alimentare, come ad es. nelle forme allergiche di tipo non IgE mediato 4 5 . La
sola regressione del quadro clinico in seguito ad una dieta di eliminazione non
è suffi ciente a porre la diagnosi di allergia alimentare: solo poco più della metà
dei casi che migliorano in seguito a dieta di eliminazione presentano positività
al test di provocazione orale 6 7 .
In pratica nella gran parte dei bambini con sospetta allergia alimentare, il test
di provocazione orale (TPO) per alimenti o test di scatenamento o, con termine
inglese, il “challenge”, è l’unico test in grado di confermare in via defi nitiva la
diagnosi di allergia alimentare.
Il TPO è tuttavia un test complicato, che impegna sia il medico sia la famiglia, e
non è scevro da rischi per il paziente. Sebbene sia considerato da anni il gold
standard nella diagnosi delle allergie alimentari, presenta ancora molti punti
controversi, ad esempio su quali siano i bambini da sottoporre al TPO, su quale sia
il modo migliore per eseguirlo e soprattutto quando sia opportuno sospenderlo,
ovvero quando considerare positiva una reazione.
Scopo di questo lavoro collaborativo da parte delle Commissioni SIAIP, è stato
quello di proporre un documento di indirizzo che illustri le norme pratiche di esecuzione
e valutazione del TPO per alimenti, dopo aver esaminato le varie Linee
Guida, Review, Position Paper attualmente disponibili nella letteratura internazionale
sull’argomento.
STRATEGIA DI RICERCA
Gli articoli rilevanti sono stati identifi cati mediante ricerca su Medline digitando
“food allergy and guidelines” e “food challenges” e “food allergy and diagnosis”:
altri articoli sono stati individuati attraverso le bibliografi e degli articoli rilevanti.
Nella analisi degli articoli si è data priorità alle Linee Guida e alle Raccomandazioni
pubblicate dalle diverse Società Scientifi che, alle revisioni sistematiche, agli
studi di Coorte condotti sui bambini allergici.
Il draft del documento è stato redatto da tre autori (MC, EG, AM) e successivamente
è stato rivisto, integrato e corretto dai membri della Commissione sulle Allergie
Alimentari, Anafi lassi e Dermatite Atopica e della Commissione sulla Diagnostica
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica • 05/2009 • 2-16 • Supplemento 3
Estensori
Mauro Calvani*
Elena Galli*
Alberto Martelli**
Revisori
Claudia Alessandri**
Marcello Bergamini*
Roberto Berni Canani**
Irene Berti*
Francesco Borghesan**
Luigi Calzone*
Iride Dello Iacono*
Paolo Matricardi**
Lamberto Reggiani**
Paolo Pigatto**
* Commissione Allergie
Alimentari, Anafi lassi
e Dermatite Atopica
della SIAIP;
** Commissione
Diagnostica Allergologica
della SIAIP
Mauro Calvani
mi5660@mclink.it

Allergologica della Società Italiana di Immunologia
ed Allergologia Pediatrica (SIAIP).
DEFINIZIONE DI TEST DI PROVOCAZIONE
ORALE (TPO)
Per TPO intendiamo la somministrazione orale di un
alimento, eseguita sotto il controllo medico, in modo
standardizzato e controllato. Il test è necessario per
valutare con certezza se un bambino è clinicamente
allergico ad un alimento sospetto e viene eseguito in
modo controllato sia per valutare la sintomatologia
anche sfumata di una possibile allergia alimentare, sia
per poter far fronte alle eventuali reazioni allergiche,
potenzialmente gravi, che potrebbero svilupparsi.
La reintroduzione nella dieta di un alimento precedentemente
eliminato per un quadro clinico cronico
e probabilmente non IgE mediato, per il quale quindi
non ci sia assolutamente la possibilità di insorgenza
di una reazione allergica immediata non dovrebbe
essere considerata un TPO 8 .
LA RICERCA DELLE IGE SPECIFICHE
È noto che la probabilità di una reazione clinica aumenti
con l’aumentare della positività degli SPT e/o
del valore delle IgE specifi che per un alimento, ma in
realtà, nonostante siano stati proposti dei cut off 9-12 ,
ad oggi non è possibile stabilire per ogni alimento
dei valori precisi che possano evitare l’esecuzione
del TPO 13 14 . Numerosi studi hanno infatti dimostrato
come i vari cut off suggeriti possano variare, nelle
diverse popolazioni studiate, a seconda dell’età, dell’alimento,
della proteina valutata, della prevalenza
della malattia nella popolazione studiata, ecc. Il dosaggio
quantitativo degli anticorpi IgE nei confronti
degli estratti alimentari quindi puó essere molto utile
ad orientare l’interpretazione dell’esito del TPO, ma
non ad evitarlo.
Anche le più recenti indagini diagnostiche, effettuate
con la biologia molecolare (anche con microtecnologie
con microarray proteomici), seppure abbiano
fatto intuire interessanti prospettive 15 , non si sono dimostrate,
allo stato attuale delle conoscenze, in grado
di migliorare l’effi cacia diagnostica per gli alimenti più
comuni nell’età pediatrica, come il latte e l’uovo, al
punto tale da poter evitare di eseguire un TPO 16-18 .
SKIN PRICK TEST
Lo skin prick test (SPT) eseguito con metodica standard,
al pari del dosaggio degli anticorpi IgE, non
riesce a predire con suffi ciente confi denza la positivitá
del TPO.
Una sola eccezione può forse essere fatta per il latte
vaccino, per il quale negli ultimi anni diversi studi hanno
proposto cut off piuttosto omogenei tra loro 19 20 . In
questi studi il diametro del pomfo evocato dal prick
test effettuato con latte fresco intero (quindi con l’alimento
naturale) pari a 13-15 mm offre un VPP ≥ 95%
nei confronti della diagnosi di APLV. La coerenza di
questi 3 studi rafforza l’attendibilità del risultato e ne
permetterebbe l’utilizzo in popolazioni con prevalenza
di APLV simile a quella degli studi in questione, cioè ≥
40%. La performance diagnostica infatti potrebbe
rivelarsi meno brillante in popolazioni con una pre-
Come si dovrebbe fare e valutare il Test di provocazione orale per alimenti. Norme pratiche di comportamento
valenza di malattia inferiore. Va segnalato peró che
solo un’esigua minoranza dei bambini con sospetto di
APLV presentano un pomfo di tali dimensioni. Di conseguenza,
l’impatto di uno screening basato sugli skin
test eseguiti con metodica tradizionale è minimo.
Altri studi hanno provato a cercare metodi alternativi
per predire la positività del TPO. Uno studio ha evidenziato
che gli SPT per l’uovo eseguiti con la metodica
della titolazione dell’end-point hanno un eccellente
potere predittivo positivo per un TPO positivo. Nello studio,
tutti i bambini con una reazione di almeno 3 mm
ad una diluizione 1:256 di un estratto di bianco d’uovo
hanno poi presentato un TPO marcatamente positivo
(grado 3 o superiore della scala di Sampson) 21 . Nella
casistica tale evenienza si è presentata nel 40% dei
bambini con sospetta allergia all’uovo. In un altro
studio la positività degli SPT per le tre proteine del latte
vaccino (lattalbumina, caseina, beta-lattoglobulina)
aveva un potere predittivo positivo per la positività
del TPO di oltre il 90%, e anche in questo studio tale
evenienza si verifi cava in oltre il 40% dei challenge
positivi 12 . Se questi risultati venissero confermati, tali
metodi potrebbero avere un impatto rilevante nella
esecuzione dei TPO.
TIPI DI TEST DI PROVOCAZIONE
I TPO possono essere condotti con tre diverse modalità
22 , utilizzabili per svelare le reazioni allergiche
immediate (IgE mediate) e tardive (non IgE mediate)
agli alimenti.
1) In aperto. Il test viene defi nito in aperto quando
medico, bambino e familiari sono a conoscenza
del tipo di alimento che viene proposto. È il più
semplice da eseguire, richiede meno impegno sia
per il pediatra che per il bambino e la sua famiglia
e presenta costi più contenuti per la struttura
sanitaria. Vengono somministrate al bambino solo
le dosi dell’alimento sospetto. Prima di iniziare il
TPO è necessario eseguire un minuzioso esame
obiettivo, cardine per una valutazione comparativa
fra pre e post TPO. L’osservazione clinica procede
fi no a 2 ore dopo l’assunzione dell’ultima dose di
alimento, per la valutazione delle eventuali reazioni
immediate e, dopo la dimissione del paziente, viene
stabilito un appuntamento dopo alcuni giorni per
la valutazione delle eventuali reazioni ritardate.
Viene raccomandato al genitore di condurre il
piccolo a visita nel caso in cui insorga, nel frattempo,
qualunque reazione ipoteticamente correlata
all’assunzione dell’alimento.
2) In singolo cieco. Il test viene defi nito in “singolo
cieco”, quando solo il pediatra è a conoscenza
dell’alimento. È una procedura meno utilizzata,
perché comporta, in linea di massima, le stesse
diffi coltà di un test in doppio cieco contro placebo,
ma è meno attendibile in quanto introduce
le problematiche connesse alla interpretazione
soggettiva dell’osservatore (il pediatra) 23 . Le indicazioni
possono essere varie ma il minimo comune
denominatore rimane quello di non far sapere a
genitori e bambino quale alimento viene proposto.
Può essere eseguito con o senza il placebo e
prevede la somministrazione dell’alimento in due
TEST DI PROVOCAZIONE ORALE PER ALIMENTI
3

TEST DI PROVOCAZIONE ORALE PER ALIMENTI
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occasioni in giorni diversi oppure, se si sospettano
reazioni immediate, anche nella stessa giornata,
ma somministrando l’alimento a distanza di almeno
2 ore.
Nel caso si sospetti una reazione su base psicogena,
è preferibile somministrare prima il placebo.
Se nel corso del TPO si verifi cano sintomi soggettivi,
è possibile ripetere il test somministrando 3 volte il
verum e 2-3 volte il placebo 22 .
3) In doppio cieco contro placebo (DBPCFC). Consiste
nella somministrazione di quantità crescenti di
placebo e dell’alimento sospetto in doppio cieco,
ovvero senza che né il pediatra, né il bambino
siano a conoscenza del tipo di alimento somministrato,
di norma, in giorni diversi.Utilizzato per
la prima volta nel 1973 da May 24 per studiare le
reazioni allergiche ad alimenti nei bambini con
asma bronchiale, rappresenta ancora oggi secondo
la letteratura il”gold standard” per la diagnosi
di allergie alimentari 25-27 . Solo il personale
che prepara il test, è a conoscenza dell’alimento
proposto in quel momento (verum o placebo).
Nei DBPCFC tale operatore, che non è in contatto
né con il bambino né con la famiglia, è l’unico a
preparare gli alimenti e, di norma, a deciderne la
randomizzazione. Il mascheramento degli alimenti
comporta la necessità di aggiungere all’alimento
base altri alimenti e per tale motivo, sarà opportuno
verifi care attraverso l’anamnesi e i test (SPT e IgE
specifi che) l’eventuale sensibilizzazione verso gli
alimenti utilizzati come mascheramento. Per poter
rendere il più possibile simili di aspetto, consistenza
e sapore il pasto contenente il verum e quello
con il solo placebo è necessario che la quantità
di placebo sia approssimativamente la metà nel
pasto contenente il verum.
SELEZIONE DEI PAZIENTI
(CRITERI DI INCLUSIONE ED ESCLUSIONE)
Un corretto approccio diagnostico è ovviamente fondamentale.
Tutti i pazienti dovrebbero essere esaminati
valutando attentamente sia l’anamnesi, sia l’esame
obiettivo sia i test in vivo ed in vitro a disposizione
prima di iniziare una dieta “diagnostica“.
Criteri di inclusione
Sono candidati ad eseguire un TPO i bambini di ogni
età 22 :
A) Con storia clinica di una reazione avversa ad un
alimento, sia in presenza che in assenza di IgE
specifi che per l’alimento sospetto:
• per stabilire od escludere una diagnosi di allergia
alimentare;
• per comprovare la raggiunta tolleranza.
B) Con storia clinica poco suggestiva o assenza di
una riferita reazione avversa ad un alimento, ma
• se il bambino è a dieta da tempo e si tema
quindi una possibile reazione in considerazione
della presenza di IgE specifi che per l’alimento
in questione;
• in presenza di cross reattività o co-sensibilizzazioni
verso proteine omologhe, (ad es. in un
paziente con allergia alle arachidi, in cui venga
riscontrata la presenza di IgE specifi che anche
per la noce, che non ingerisce da tempo);
• in presenza di sensibilizzazione verso un alimento
pur mai ingerito (ad es. in un lattante con test
cutanei e/ o IgE specifi che positive per l’uovo,
mai assunto).
Nota
• È ancora discusso se sia opportuno eseguire un
TPO solo per la determinazione di una dose soglia
al di fuori di uno studio di carattere scientifi co, dato
che la soglia di reattività ad un alimento può variare
in relazione a altri fattori concomitanti e non
facilmente controllabili.
• Sul rapporto tra dermatite atopica e allergia alimentare
vi è stata una vivace discussione tra gli
autori/revisori. Alcuni revisori del documento sottolineano
che la dieta, in un bambino che abbia
esclusivamente DA e sia sensibilizzato all’alimento
in questione, andrebbe tentata solo quando l’adeguata
terapia topica non abbia ottenuto un suffi -
ciente miglioramento della dermatite, dopo aver
informato della eventualità che alla successiva
reintroduzione dell’alimento potrebbero manifestarsi
non solo una riacutizzazione della DA ma
anche sintomi immediati più gravi 28 . Un revisore
ritiene che la letteratura non sia concorde nel dire
che la dieta sia utile nella DA moderata-grave e
pertanto ritiene che non debba essere proposta
nemmeno in questi casi.
Criteri di esclusione
Non sono candidati ad eseguire un TPO i bambini:
A) con storia clinica di una recente (entro 12 mesi)
reazione anafi lattica, in presenza di IgE sieriche
specifi che per l’alimento sospetto;
B) nei quali non siano stati sospesi i farmaci che potrebbero
modifi care e attenuare la risposta immune
(es. l’antistaminico, regolandosi sempre in base
all’emivita del farmaco);
C) che non siano in buone condizioni di salute (es. un
episodio infettivo o disturbi gastrointestinali quali
vomito e/o diarrea, recenti (entro 1 settimana).
Allo stesso modo si suggerisce di posticipare il
test in presenza di una riacutizzazione della rinite
allergica e/o dell’asma bronchiale, in presenza di
asma cronica non controllata o di una Dermatite
Atopica con SCORAD > di 50;
D) con storia clinica di una reazione allergica (anche
anafi lattica) che però in seguito abbia già
assunto in più occasioni l’alimento sospetto in dosi
adeguate senza reazioni o sintomi compatibili con
un’allergia alimentare, anche in presenza di IgE
specifi che. In questo caso è stata già dimostrata
la tolleranza;
E) per i quali, sulla base della storia clinica e della
valutazione allergologica, sia assolutamente improbabile
l’insorgenza di una reazione allergica
immediata e/o assai improbabile l’insorgenza di
una qualunque reazione allergica;
F) bambini affetti da malattie croniche in fase attiva;
G) in mancanza del consenso informato da parte
dei genitori.
Come si dovrebbe fare e valutare il Test di provocazione orale per alimenti. Norme pratiche di comportamento

Controindicazione relativa è l’assunzione di farmaci
che possano mascherare o interferire con la reazione
clinica o con l’eventuale terapia successiva, quali
beta-bloccanti, aspirina, antinfi ammatori non steroidei,
ACE inibitori.
Nota
Il TPO di solito non viene eseguito nei primi mesi di vita,
tuttavia l’età non è una controindicazione ad eseguirlo.
Allo stesso modo, seppure la stagione dell’anno
potrebbe interferire con la reattività alla frutta e alla
verdura, non esiste una stagionalità di esecuzione.
Criteri di possibile esclusione
In alcune situazioni il rapporto costo/benefi cio tra
desiderio di arrivare ad una diagnosi di certezza di
allergia alimentare e desiderio di evitare una possibile
reazione allergica nel corso del TPO può essere meno
netto, vuoi perché la concordanza della storia clinica
e della ricerca delle IgE specifi che appare suffi cientemente
diagnostica, vuoi perché la reazione allergica
descritta appare lieve o diretta verso alimenti poco
importanti dal punto di vista dietetico. In questi casi
appare consigliabile discutere con i genitori circa
l’opportunità di eseguire un TPO per confermare una
diagnosi.
Ad esempio:
1) nei bambini con storia clinica suggestiva di reazione
allergica immediata alle proteine del latte
vaccino e positività del prick by prick per il latte
vaccino intero > a 15 mm;
2) nei bambini con storia clinica suggestiva (insorgenza
di sintomi obiettivi tipici) di una o meglio più
recenti reazione avverse, insorte immediatamente
(entro 2 ore) dalla ingestione di un alimento, specie
se assunto in modo isolato, in presenza di IgE
specifi che per l’alimento sospetto, magari a titolo
elevato;
3) nei bambini con reazione allergica lieve o soggettiva
(sindrome allergica orale, dolori addominali,
ecc.) nei confronti di un alimento poco importante
ai fi ni della alimentazione (ad es il kiwi) insorta
immediatamente (entro 2 ore dalla ingestione) in
presenza di IgE specifi che per l’alimento sospettato.
DIETA DI ELIMINAZIONE DIAGNOSTICA
La letteratura è concorde nell’eliminare, ove possibile,
solo l’alimento sospetto.
Come sostituto del latte vaccino si consiglia, nei
bambini di età inferiore ai 6 mesi, una formula estensivamente
idrolisata 29 30 . In caso di fallimento, o in
casi selezionati per la gravità della reazione clinica,
si può ricorrere alle formule a base di aminoacidi 31 32 .
Oltre i 6 mesi di età si possono impiegare anche i
latti di soia 33 . Ulteriori alternative sono gli idrolisati di
riso 34 o la dieta di Rezza-Cardi, una ricetta a base
di crema di riso, olio di oliva, carne di agnello 35 . I
latti parzialmente idrolizzati (HA) e il latte di capra 36
non costituiscono un’alternativa valida per l’elevata
probabilità di fallimento. Nei latti HA infatti la limitata
idrolisi non è suffi ciente a ridurre il potere allergenico.
Il latte di capra presenta un’elevata omologia per le
caseine con quelle del latte vaccino. L’impiego di
altri latti animali (cavalla 37 o asina 38 ), pur effi caci
Come si dovrebbe fare e valutare il Test di provocazione orale per alimenti. Norme pratiche di comportamento
in alcuni casi di APLV, non sembra documentato al
punto di poterli utilizzare durante la dieta di eliminazione
diagnostica.
La dieta di eliminazione diagnostica deve essere
condotta per un minimo di 1-2 settimane nelle forme
sicuramente IgE mediate fi no a un massimo di
4-6 settimane nella dermatite atopica e nelle forme
gastrointestinali 39 .
QUALE TEST ESEGUIRE?
Circa 30 anni fa Bock e Sampson sulla base della
loro esperienza clinica, prevalentemente effettuata
su bambini affetti da Dermatite Atopica e sospetta
allergia alimentare, affermarono che il DBPCFC è da
ritenersi il “gold standard” per la diagnosi di allergia
alimentare, e tale affermazione è ritenuta tutt’oggi valida
40 . Tuttavia diversi autori hanno messo in evidenza
come anche il DBPCFC non sia esente da criticità ed
è stato contestato il fatto che, almeno nell’adulto, il
DBPCFC debba essere considerato necessario nella
pratica clinica 41 .
In età pediatrica il DBPCFC viene eseguito piuttosto
raramente 42 , poiché è un test molto indaginoso e complicato
da eseguirsi. Uno studio retrospettivo eseguito in
Italia dalla Commissione Allergie Alimentari, Anafi lassi
e Dermatite Atopica ha dimostrato che nel 2008, in
6 centri allergologici di terzo livello, il DBPCFC è stato
eseguito solo in 79/826 (9,5%) dei TPO effettuati 43 .
D’altra parte, l’affermazione che il DBPCFC è superiore
al TPO in aperto nei bambini con sospetta allergia
alimentare e reazione immediata è suffragata da
pochi studi clinici. Nella ricerca bibliografi ca effettuata
abbiamo individuato solo 2 studi nei quali si sia paragonata
l’effi cacia clinica del DBPCFC nei confronti del
TPO in aperto. Il primo studio 44 , eseguito su 41 bambini
con sospetta allergia alimentare e quadro clinico sia
immediato che tardivo, ha dimostrato che il TPO in
aperto è attendibile (viene sempre confermato da un
DBPCFC) se positivo con sintomi obiettivi e immediati,
mentre il DBPCFC è utile nel diagnosticare con maggior
precisione le allergie alimentari che si manifestino
con sintomi tardivi e/o soggettivi, indipendentemente
dall’età. Nel secondo studio, eseguito su 50 bambini
di età inferiore ai 5 mesi affetti da dermatite atopica
e sospetta allergia alimentare, il DBPCFC confermava
solo 4/14 dei TPO risultati positivi o dubbi in aperto 45 .
Tuttavia lo studio, raggruppando i risultati dei TPO
positivi con quelli dubbi, non permetteva di capire
se e quanti TPO in aperto risultati positivi con sintomi
obiettivi non venissero poi confermati dal DBPCFC.
Per tali motivi riteniamo, d’accordo con le recenti Linee
Guida sulla Diagnosi e sul trattamento della Allergia
alle proteine del latte vaccino 30 , che il TPO in aperto
possa essere il primo test da eseguirsi nella gran parte
dei casi, specie se nella anamnesi risultano segni
obiettivi (ad es. orticaria), ad esordio immediato e
se la componente psicologica del bambino e della
famiglia non sembra poter interferire con la lettura
clinica dei risultati. (Fig. 1).
La pratica clinica quotidiana conferma che in età pediatrica
tale test, se correttamente eseguito, può essere
diagnostico nella gran parte dei casi 46 , è certamente
più agevole da eseguire e, se risulta negativo, permette
TEST DI PROVOCAZIONE ORALE PER ALIMENTI
5

TEST DI PROVOCAZIONE ORALE PER ALIMENTI
6
Positivo con
sintomi
oggettivi
Continua
dieta
Reazione allergica
immediata
TPO in aperto
Positivo con sintomi
soggettivi o non
conclusivi
Negativo
DBPCFC Dieta libera
Reazione allergica non
immediataoasospetta
componente psicogena
DBPCFC
Positivo Negativo
Continua
dieta
TPO in aperto
Dieta libera
FIG. 1.
Algoritmo per la diagnosi delle allergie alimentari.
solitamente di escludere un’allergia alimentare. Il suo
limite è l’esser gravato da possibili falsi positivi, ma ciò
si verifi ca soprattutto nei primi mesi di vita nei bambini
con dermatite atopica o se si considerano suffi cienti
alla diagnosi i soli sintomi soggettivi, la cui genesi,
in specie nel bambino più grande, può non essere
legata alla allergia ma alla componente psicologica
(paura dell’alimento, avversione, ecc.) che spesso
accompagna il vissuto di un’allergia alimentare.
È indicato eseguire il TPO in aperto:
1) nei bambini di età inferiore ai 3 anni con storia clinica
di reazione immediata all’alimento. In questa
fascia di età infatti è assai improbabile l’insorgenza
di sintomi a componente psicogena;
2) nei bambini di età superiore ai 3 anni con storia
clinica di reazione immediata, il TPO in aperto
può essere comunque eseguito in prima istanza,
qualora non ci sia una importante componente
psicogena. Il suo risultato sarà considerato attendibile
e suffi ciente alla diagnosi se negativo o se
positivo con l’insorgenza di sintomi obiettivi evidenti
(orticaria generalizzata, asma, rinorrea, iperemia
congiuntivele, ipotensione, ecc.). Nel caso invece
in cui risultasse positivo solo con sintomi soggettivi
(dolore addominale, fastidio o senso di ostruzione
della gola) o obiettivi ma a possibile componente
psicogena (vomito, prurito cutaneo) sarà indicato
ricorrere al DBPCFC;
3) nei bambini con storia clinica di dermatite atopica
associata ad altri sintomi allergici e positività dei
test cutanei per l’alimento. In questi casi, seppure
il test più indicato sia il DBPCFC, si può eseguire
inizialmente un TPO in aperto, che potrà essere
considerato diagnostico solo se risulta negativo
o positivo con sintomi obiettivi immediati.
I bambini da sottoporre a un DBPCFC (o a un TPO in
cieco) sono:
1) i bambini sottoposti a TPO in aperto e risultato
non conclusivo a causa dell’insorgenza di sintomi
esclusivamente soggettivi (dolori addominali, fastidio
alla gola o senso di ingombro) o obiettivi ma
a possibile insorgenza psicogena (vomito, prurito
cutaneo, ecc.);
2) i bambini con storia clinica di dermatite atopica
isolata o sintomi tardivi o poco suggestivi, in particolare
se i genitori appaiono convinti della esistenza
di un’allergia alimentare e quindi propensi
ad interpretare qualunque segno clinico come
legato alla allergia;
3) i pazienti arruolati in studi scientifi ci, a meno che
non si tratti di una popolazione di bambini selezionata
per una storia di reazione immediata, in
presenza di IgE specifi che per l’alimento in questione
e si prosegua il TPO fi no alla comparsa di
sintomi obiettivi inequivocabili.
Nota
Nei bambini in cui il DBPCFC abbia dato un esito negativo
è comunque necessario reintrodurre l’alimento
in aperto, preferibilmente sotto controllo clinico.
Nella Tabella 1 sono esplicitate le indicazioni al TPO
in alcune situazioni cliniche.
RISCHI DEL TEST DI PROVOCAZIONE ORALE
Prima di eseguire un TPO è necessario acquisire il
consenso informato da parte dei genitori dopo averli
informati dei rischi insiti nella procedura. Il modo
più appropriato sembra essere quello di riferire che
esiste un rischio di reazione grave, ma che questo,
mettendo in atto tutte le misure atte a fronteggiarle,
è remoto. Il rischio sembra essere in effetti inferiore a
quello di altre comuni procedure, quali ad esempio,
un’endoscopia in anestesia generale o l’iniezione di
mezzi di contrasto 47 .
La presenza di un rischio è intrinseca nel test di provocazione
orale (TPO), e d’accordo con Sicherer
riteniamo che quando si decide che è necessario
un TPO, la prima cosa da fare è discutere con la famiglia/paziente,
in dettaglio, la procedura e pesare
attentamente i rischi e i benefi ci connessi” 48 .
I principali fattori di rischio per una reazione più grave
sono:
1) il meccanismo immunologico coinvolto. Le forme
IgE mediate, che costituiscono, almeno per l’allergia
alle proteine del latte vaccino, oltre la metà
delle allergie alimentari 49 , sono quelle più a rischio
di sviluppare una reazione sistemica, con l’unica
eccezione della enterocolite allergica (food protein
enterocolitis) del primo anno di vita. Infatti anche
se questa manifestazione clinica interessa principalmente
l’apparato gastrointestinale, comporta
spesso l’insorgenza di vomito ripetuto, ipotensione
ed acidosi metabolica, fi no allo shock ipovolemico
50 . D’altra parte il problema del meccanismo
immunologico si pone soprattutto nei primi 2-3
anni di vita, poiché in seguito la maggior parte
delle forme non IgE mediate si risolvono spontaneamente
51 ;
2) la storia clinica e la gravità delle precedenti reazioni.
In uno studio retrospettivo eseguito su circa
3000 bambini con allergia alimentare sottoposti a
TPO in un periodo di 5 anni, di cui 1769 con storia
convincente di allergia alimentare e positività degli
SPT, Spargel ha dimostrato che esiste una signifi -
cativa correlazione tra la sintomatologia iniziale e
quella sviluppata al TPO 52 ;
Come si dovrebbe fare e valutare il Test di provocazione orale per alimenti. Norme pratiche di comportamento

TAB. I.
Indicazioni al TPO in alcune situazioni cliniche.
Quadro clinico e Storia clinica Indicazione al TPO TPO proposto
come primo
approccio
Anafi lassi verso un alimento Non indicato alla diagnosi.
Eventualmente indicato dopo almeno un anno
per valutare l’insorgenza della tolleranza
Reazione allergica generalizzata o a carico di un singolo organo ma di entità
importante (come orticaria generalizzata, angioedema importante, o vomito
ripetuto, o sintomi respiratori), verifi catasi in più occasioni, insorta immediatamente
(entro 2 ore dalla ingestione) in presenza di IgE specifi che verso lo
stesso alimento, specie se a titoli elevati
Reazione allergica a carico di un singolo organo (come orticaria, angioedema,
o vomito, o sintomi respiratori) in presenza di IgE specifi che verso lo stesso
alimento
Reazione allergica lieve o soggettiva (sindrome allergica orale, dolori addominali,
ecc.) nei confronti di un alimento poco importante ai fi ni della alimentazione (ad
es il Kiwi) insorta immediatamente (entro 2 ore dalla ingestione) in presenza
di IgE specifi che per l’alimento sospettato
Quadro clinico di Food Protein Induced Enterocolitis con anamnesi positiva
per almeno un episodio precedente, sia in presenza che in assenza di IgE
specifi che per l’alimento sospettato
Dermatite atopica di entità moderata-grave, senza altri sintomi allergici associati,
resistente ad una terapia topica condotta correttamente per un periodo
congruo (alcuni mesi) in presenza di IgE specifi che per l’alimento interessato
o Dermatite atopica anche lieve, ma associata all’insorgenza di altri sintomi
allergici (rinite, asma, diarrea, vomito, ecc.) sia in presenza sia in assenza di
IgE specifi che per l’alimento interessato
Quadro clinico non suggestivo e/o reazione clinica non immediata (ad es. la
dermatite atopica), in specie se il paziente o la famiglia sono convinti della
esistenza di una allergia alimentare e quindi propensi ad interpretare qualunque
segno clinico come legato alla allergia
Introduzione di un alimento, mai assunto in precedenza per il riscontro occasionale
di cutipositità o per la presenza di IgE specifi che verso tale alimento
Reintroduzione di un alimento consumato comunemente (ad es. il latte) impropriamente
escluso dalla dieta da diversi mesi per il solo riscontro di IgE
specifi che, in assenza di una storia clinica suggestiva
Quadro clinico di reazione allergica tardiva e non IgE mediata (diarrea cronica,
colite allergica, proctocolite, refl usso gastroesofageo) con negatività delle IgE
specifi che per l’alimento
3) una storia di asma instabile o grave, reazioni all’alimento
sospetto progressivamente più severe,
alla assunzione anche di minime quantità e
il trattamento con farmaci antagonisti dei beta
adrenergici 47 ;
4) l’ntensità degli SPT o delle IgE specifi che si correla
certamente con la possibilità di sviluppare una
reazione clinica, ma la loro predittività nei confronti
della gravità della reazione stessa viene evidenziata
per alcuni alimenti in alcuni studi 53-56 , ma non in
altri 52 57 . Nel dubbio tuttavia a nostro avviso sembra
ragionevole tenere conto della positività degli SPT
e del valore delle IgE specifi che;
5) alcuni alimenti (arachidi, sesamo, semi, uovo) sembrano
in grado di determinare reazioni di maggiore
Da valutare se eseguire alla diagnosi.
Eventualmente indicato dopo 9-12 mesi, anche
in funzione dell’alimento e dell’età del bambino,
per confermare la persistenza della allergia o
l’insorgenza della tolleranza
Come si dovrebbe fare e valutare il Test di provocazione orale per alimenti. Norme pratiche di comportamento
Setting
Aperto Ospedale
Aperto Ospedale
Indicato Aperto Ospedale
Da valutare se eseguire alla diagnosi, ad es. se
espressamente richiesto dal bambino o dai genitori.
Eventualmente indicato dopo almeno un
anno per confermare la persistenza della allergia
o l’insorgenza della tolleranza
Non indicato alla diagnosi.
Eventualmente indicato dopo 18-24 mesi per
valutare l’insorgenza della tolleranza
Indicato Aperto o
DBPCFC
Aperto Ospedale
Aperto Ospedale
Ospedale
Indicato DBPCFC Ospedale
Indicato Aperto Ospedale
Indicato Aperto Ospedale
Indicato Aperto o
DBPCFC
A domicilio
gravità, anche se il dato non è confermato in tutti
gli studi.
L’incidenza di reazioni allergiche gravi al TPO è piuttosto
variabile nei diversi studi della letteratura. Uno
studio di alcuni anni fa riferiva un’incidenza di circa 1%
nei TPO eseguiti in aperto in una pratica di routine 58
mentre negli ultimi anni sono descritte incidenze più
elevate. Nella casistica di Reibel il 67% dei TPO positivi
ha richiesto la somministrazione di farmaci, di cui il
35% per via parenterale 53 . In quella di Perry il 43%
manifestarono reazioni allergiche, di cui il 39% erano
defi nite lievi, il 33% moderate e il 28% gravi 54 . Benhamou,
la cui casistica comprendeva solo bambini
affetti da allergia all’uovo, segnala che nel 37% dei
casi si verifi cavano reazioni gravi 59 . È probabile che le
TEST DI PROVOCAZIONE ORALE PER ALIMENTI
7

TEST DI PROVOCAZIONE ORALE PER ALIMENTI
8
differenze siano dovute prevalentemente alle caratteristiche
della popolazione che si arruola: l’incidenza è
probabilmente rara se non si includono bambini con
storia di reazione allergica grave, mentre può salire
anche al 30% dei casi se la casistica ne comprende.
Tuttavia è da tenere presente che reazioni gravi possono
verifi carsi anche in assenza di una precedente
storia clinica. Nelle casistiche pubblicate dal 1976 a
oggi non viene riportato alcun decesso 22 , anche se,
come suggerisce Perry 54 , i risultati apparentemente
riassicuranti potrebbero derivare dalla riluttanza a
sottoporre a TPO i bambini ad alto rischio.
MISURE DI SICUREZZA
Nell’accingersi ad effettuare un TPO è necessario mettere
in atto tutti gli accorgimenti possibili allo scopo
di ridurre il verifi carsi di reazioni allergiche gravi e di
essere nelle condizioni ottimali per poterle trattare nel
modo più tempestivo e adeguato. D’altra parte, seppure
come detto sopra esistono delle condizioni che
costituiscono un fattore di rischio per una reazione allergica
grave, questa eventualità può verifi carsi anche
in soggetti senza fattori di rischio. Per questo motivo il
TPO deve essere eseguito da personale esperto nella
esecuzione di TPO e quindi in grado di riconoscere e
trattare l’anafi lassi e in un ambiente medico attrezzato
con tutti i farmaci e i presidi necessari.
Schematicamente potremmo proporre le seguenti
condizioni:
1) Situazioni ad alto rischio. Sono bambini con allergia
IgE mediata molto probabile perché sensibilizzati
verso l’alimento in causa e in cui l’anamnesi mette
in evidenza di solito sintomi come i dolori addominali
e il vomito, la diffi coltà respiratoria e l’asma o
lo shock ad esordio entro alcuni minuti massimo 2
ore dall’assunzione dell’alimento. In questi casi, in
specie se l’anamnesi riporti una precedente reazione
allergica grave, il TPO deve essere eseguito in
strutture attrezzate, con personale adeguatamente
preparato a fronteggiare l’emergenza ed in cui
sia reperibile, in tempi brevissimi, un rianimatore,
allertato prima di procedere all’esecuzione dell’indagine.
Il test può essere eseguito anche in regime
di Day Hospital 60 .
2) Situazioni a possibile rischio. Sono bambini con
possibile allergia IgE mediata. Sono di solito affetti
da dermatite atopica o comunque da sintomi
che insorgono non immediatamente in seguito
alla assunzione di un alimento (riacutizzazione
dell’eczema, diarrea acuta, ecc.) nei quali sia
evidenziabile la presenza delle IgE specifi che per
l’alimento sospettato o al contrario bambini con
una storia suggestiva per reazione allergica immediata
e negatività delle IgE specifi che. Anche
in questi casi il rischio di una reazione anafi lattica
è comunque presente. Infatti se l’anamnesi è suggestiva
per una reazione immediata la negatività
della ricerca delle IgE specifi che potrebbe essere
un falso negativo o, in specie se la reazione insorge
dopo 2-4 ore e si tratta di un bambino nel primo
anno di vita, potrebbe trattarsi di una Food Protein
Induced Enterocolitis Sindrome (FPIES) 61 .
3) Situazioni a basso rischio. Sono bambini in cui la
storia clinica è suggestiva di un’allergia alimentare
non IgE mediata, con sintomi che insorgono
molte ore dopo l’assunzione dell’alimento, prevalentemente
o meglio solo gastrointestinali come
la diarrea cronica, il malassorbimento con scarso
accrescimento o l’eczema e nei quali la ricerca
delle IgE specifi che risulta negativa. Anche in questi
casi tuttavia la diagnosi può essere diffi cile, sia per
l’assenza di segni di laboratorio indicativi di allergia,
sia per la latenza temporale tra assunzione dell’alimento
e insorgenza della sintomatologia. Pertanto,
seppure la reintroduzione dell’alimento possa essere
eseguita gradualmente a casa, è preferibile
che sia condotta in modo standardizzato, dopo
aver visitato il bambino per accertarsi delle sue
condizioni generali prima di introdurre l’alimento
sospetto e poter quindi meglio interpretare l’eventuale
insorgenza di sintomi successivi. Non è infrequente
infatti che sintomi vaghi e recidivanti di altra
origine (ad es. diarrea cronica, dolori addominali)
vengano attribuiti invece alla allergia alimentare.
Nel caso in cui non si sia convinto della diagnosi,
vi è indicazione ad eseguire un DBPCFC.
Prima di eseguire il TPO è opportuno preparare i farmaci
che potrebbero essere necessari. In particolare
è consigliabile preparare la siringa della adrenalina
già riempita con la dose adeguata di adrenalina da
iniettare per via IM.
Circa la necessità di applicare una ago-cannula,
le più recenti Linee Guida 22 recitano che “come regola
generale un accesso venoso dovrebbe essere
disponibile quando si effettua un TPO e sempre se si
sospetta la possibilità di una reazione severa sistemica.
Nei bambini piccoli l’accesso EV è necessario solo in
casi selezionati, ma se si sospetta una reazione grave,
è consigliabile applicare una ago cannula prima del
test”. Queste raccomandazioni, che sembrano suggerire
di essere meno “invasivi” nei bambini piccoli,
tengono probabilmente in considerazione il fatto che
le morti per anafi lassi sono più frequentemente descritte
dopo l’età di 5 anni. D’altra parte è necessario
sottolineare che nel sospetto di FPIES è raccomandato
applicare una ago-cannula e tenere presente che
se reperire un accesso venoso nei bambini piccoli in
generale può non essere facile, diventerebbe una vera
impresa farlo nel caso in cui il bambino presentasse
una importante reazione allergica.
È necessario ricordare infi ne come l’applicazione
della ago cannula può essere essa stessa causa
di complicanze, oltre che di dolore e irritabilità per il
bambino 53 .
Concluso il TPO, se non si è verifi cata alcuna reazione,
è necessario tenere in osservazione il bambino per
almeno 2 ore dopo l’assunzione dell’ultima dose. Alla
dimissione, verrà stabilito un appuntamento ambulatoriale
per i giorni successivi, per valutare l’insorgenza
di reazioni ritardate.
Se invece si è verifi cata una reazione allergica, il tempo
della osservazione deve essere aumentato in relazione
alla gravità della reazione stessa. In caso di reazione
anafi lattica al TPO viene raccomandata osservazione
ospedaliera per 6-24 ore per il rischio dell’anafi lassi
bifasica 62-64 .
Come si dovrebbe fare e valutare il Test di provocazione orale per alimenti. Norme pratiche di comportamento

MODALITÀ DI ESECUZIONE
Quale alimento testare?
La scelta dell’alimento da testare deve essere decisa
in relazione a quanto emerso dalla anamnesi, e dalla
ricerca delle IgE specifi che o dalla esecuzione degli
SPT, oltre che dall’impatto e dall’importanza che un
determinato alimento ha nella dieta di quel bambino.
Ogni alimento può essere preso in considerazione,
ma in una casistica statunitense di bambini piccoli
con dermatite atopica, è stato rilevato che 6 alimenti
erano responsabili del 90% delle allergie alimentari.
Pertanto studi americani suggeriscono che gli alimenti
più comuni da testare siano il latte, l’uovo, il grano,
la soia, l’arachide e il pesce 65 . In Italia il latte, l’uovo,
il pesce sono gli alimenti più comunemente responsabili
di reazioni allergiche gravi, a seguire vi sono, la
nocciola, la noce, il kiwi 66 .
Come devono essere preparati
gli alimenti?
Nel TPO in aperto l’alimento non deve essere mascherato
e viene pertanto proposto al bambino come di
norma è solito assumerlo. Nel TPO in cieco l’alimento
deve essere nascosto e quindi il colore, il gusto, l’odore,
la consistenza e la quantità del verum e del placebo
devono essere, se non identici (cosa impossibile perché
comunque gli alimenti, anche se mascherati, sono
differenti) almeno molto simili. È importante ricordare
che se durante il TPO l’alimento viene somministrato
in forma diversa rispetto a quella che abitualmente
il bambino assume, l’allergenicità può variare 67 . Il
principio da seguire è quello di studiare la reattività
all’alimento preparato nelle stesse condizioni in
cui avviene la preparazione domiciliare ed è quindi
indispensabile eseguire con la madre un’accurata
anamnesi alimentare. Poiché non sempre un alimento
viene consumato cotto, sarebbe opportuno, per una
migliore conoscenza del pattern individuale di reazione,
somministrarlo sia cotto che crudo. Infatti, dato che
la cottura è in grado di denaturare alcune proteine
allergeniche, è descritta per alcuni alimenti come
ad es. l’uovo, la possibilità di avere manifestazioni
allergiche ingerendo l’alimento crudo e tollerandolo
invece se cotto 68 69 .
Nei TPO in cieco è possibile utilizzare delle capsule
di alimento liofi lizzato. Il loro impiego è consigliabile
solo nel bambino di età superiore agli 8-10 anni, in
grado di deglutire tali capsule se, per problemi di
palatabilità, rifi uta l’alimento fresco. I vantaggi dei
liofi lizzati in capsula sono l’indubbia cecità, la facilità
nella preparazione del placebo (capsula vuota se
opaca o con glucosio) e la possibilità di miniaturizzare
le dosi. Gli svantaggi sono costituiti dal “salto”
della mucosa oro-faringea, capace di assorbire dosi
di allergene alimentare, con la conseguente impossibilità
di diagnosticare la sindrome orale-allergica
(SOA) 70 . Inoltre il tempo di rottura della capsula può
determinare una diffi cile interpretazione del quadro
clinico, cosa di cui è necessario tenere conto nello
stabilire i tempi di intervallo tra le dosi.
L’alimento liofi lizzato può essere utilizzato anche disciolto
in una soluzione, per consentire una più facile
Come si dovrebbe fare e valutare il Test di provocazione orale per alimenti. Norme pratiche di comportamento
assunzione nel bambino piccolo. Le proteine liofi lizzate
preparate in soluzione e non in capsula, consentono
di proporre con maggior precisione la corretta grammatura
proteica, dose per dose, non realizzabile con
la stessa precisione neppure utilizzando l’alimento
fresco, almeno per alcuni alimenti. Ad esempio, un
uovo intero corrisponde a 5 g. di liofi lizzato e 30 ml di
latte vaccino a 3 g. di latte in polvere.
Esistono diversi modi per mascherare i vari alimenti.
Questo argomento è stato trattato in un documento
dell’EAACI 22 che rimanda per gli aspetti pratici
alle pagine web del sito EAACI (http://www.eaaci.
net/site/content.php?artid=63) dove sono specifi -
cati i placebo raccomandati per ciascun alimento,
attraverso le indicazioni stilate da gruppi di ricerca
italiani, svizzeri e tedeschi. Le indicazioni fornite sono
certamente preziose, anche se alcune di esse non
sono facili da attuare nella pratica quotidiana.
Nei test per l’allergia alle proteine del latte vaccino si
utilizza, di norma, una miscela di aminoacidi come
placebo, eliminando così il rischio di falsi positivi del
placebo legati alla possibile reazione agli idrolisati
estensivi, eventualità stimata dall’American Academy
of Pediatrics in circa 5 casi su 100 71 . Ad esempio, per
il TPO in cieco al latte vaccino la ripartizione sarà la
seguente:
verum = ½ latte vaccino + ½ miscela di aminoacidi.
placebo = miscela di aminoacidi
Per altri alimenti (ad esempio, grano e uovo) i cibi più
comunemente usati per il mascheramento sono il riso,
la patata, la carota, la mela, la pera e la banana. Meno
alimenti si utilizzano (è preferibile uno solo) più è basso
il rischio che l’alimento aggiunto possa ipoteticamente
provocare reazione allergica. Se il gusto fi nale dell’alimento
è ancora poco gradevole, per incrementare la
palatabilità si possono aggiungere zucchero o sale o
raffreddare l’alimento. È necessario porre attenzione,
specialmente nel lattante, alle concentrazioni ottimali
dell’alimento e all’osmolarità del preparato, a causa
della diarrea che ne potrebbe seguire.
Procedura del TPO in aperto
Prima di iniziare il TPO è buona norma effettuare un
raccordo anamnestico, volto a evidenziare il tipo e la
gravità delle reazioni precedenti, le recenti condizioni
cliniche del bambino, la dieta assunta e le eventuali
interruzioni, la comparsa di manifestazioni allergiche
nell’ultimo periodo. È necessario indagare l’assunzione
di farmaci in grado di mascherare una reazione allergica,
come gli antistaminici, o di renderla più grave,
come gli antiacidi, gli antistaminici di tipo H2 o gli
inibitori di pompa protonica 72 , o di interferire con la
somministrazione dei farmaci somministrati necessari
a trattare una eventuale reazione allergica, come i
farmaci beta bloccanti.
È fondamentale eseguire un minuzioso esame obiettivo,
con varie valutazioni tra cui certamente anche
la frequenza cardiaca e respiratoria, l’ispezione del
faringe e dell’ugola, l’auscultazione del torace, la
pressione arteriosa basale, lo SCORAD della dermatite,
sia per accertare che il bambino sia effettivamente
TEST DI PROVOCAZIONE ORALE PER ALIMENTI
9

TEST DI PROVOCAZIONE ORALE PER ALIMENTI
10
FIG. 2.
Form per TPO.
in grado di essere sottoposto al TPO sia per effettuare
una valutazione comparativa pre e post challenge.
È necessario inoltre valutare il peso del bambino, per
poter preparare l’adeguato dosaggio dei farmaci da
somministrare in caso di reazione allergica.
Il TPO in aperto viene eseguito al mattino, dopo alcune
ore di digiuno, per evitare interferenze di altri
alimenti ingeriti in precedenza con l’alimento testato,
somministrando solo le dosi dell’alimento sospettato.
Nel caso in cui si sospetti una reazione immediata il
digiuno dovrebbe essere di almeno 4 ore (o 2-3 nel
bambino molto piccolo) mentre è preferibilmente più
lungo se ci si attende una reazione tardiva. Durante
l’esecuzione del TPO, è buona norma registrare l’orario
d’inizio, le quantità di alimento effettivamente assunte
per ogni dose, gli eventuali sintomi clinici soggettivi
riferiti (ad esempio bruciore della bocca, prurito sine
materia, sensazione di “fastidio” oro-faringeo, nausea,
dolori addominali ecc.) 73 e i sintomi obiettivi eventualmente
insorti. A questo fi ne si può utilizzare un form
prestampato 74 , come quello attualmente in uso in
alcuni centri di allergologia pediatrica (Fig. 2).
Procedura del DBPCFC
La procedura da seguire per effettuare un DBPCFC
è più complessa. Al mattino vengono preparate le
dosi che, in base alla randomizzazione, possono essere
rappresentate da verum o placebo. In generale
la presenza di un genitore è utile in special modo
quando il bambino rifi uta di essere alimentato dal
personale infermieristico 75 .
In assenza di reazioni immediate, il bambino prosegue
l’osservazione e la dieta ipoallergenica nelle 24-48 ore
successive al Test. Prima della seconda prova, viene
rivalutata l’eventuale sintomatologia presentata, l’esame
obiettivo e, nei bambini con Dermatite Atopica lo
SCORAD. Poiché sono possibili piccole differenze nella
valutazione fra pediatri diversi, è consigliabile che
l’esame sia eseguito sempre dallo stesso operatore.
La valutazione complessiva dei segni clinici presentati
dopo il TPO permetterà di porre diagnosi di risultato
(positivo o negativo) del test di provocazione. Segni
clinici immediati e tardivi possono anche essere associati
nello stesso bambino 76 . Un aumento dello
SCORAD di almeno 15 punti, anche in assenza di altri
sintomi, è ritenuto suffi ciente a far considerare positivo
il TPO 73 . Al termine dei due test potrà essere aperta
la busta chiusa con la randomizzazione e quindi,
nel caso in cui i sintomi siano insorti solo durante la
somministrazione dell’alimento, potrà essere posta
diagnosi di allergia alimentare. Non si potrà invece
giungere ad una conclusione defi nitiva nel caso in cui
i sintomi insorgano nel corso della somministrazione
del placebo o di entrambi i test. Se il test è positivo con
il placebo e negativo con l’alimento, quest’ultimo può
essere liberamente introdotto nella dieta. È dubbio se
si debba tener conto della eventuale insorgenza di
sintomi oltre le 48h dal test.
Ogni DBPCFC negativo dovrebbe essere seguito da
un TPO in aperto con lo stesso alimento, nella giornata
successiva, preferibilmente in regime di DH. L’alimento
dovrebbe essere liberamente proposto, preparato nel
modo più consono alle abitudini alimentari (cotto o
crudo), per verifi care la raggiunta tolleranza all’alimento.
L’alimento dovrebbe essere somministrato
con le stesse modalità con cui viene abitualmente
consumato nella vita di tutti i giorni 7 .
DOSI ED INTERVALLI
DI SOMMINISTRAZIONE
Più di venti anni fa fu proposto di individualizzare,
per ogni singolo bambino, sia le dosi sia i tempi di
somministrazione dell’alimento nel corso del TPO in
accordo con quanto emerso dall’anamnesi allergologica
74 , ma tale suggerimento non è stato accolto
dalle principali società scientifi che. Al contrario nel
tempo sono state avanzate diverse proposte tese ad
uniformare le principali modalità di esecuzione del
TPO, nessuna delle quali in particolare si è affermata
77-80 . D’altra parte non esistono studi che abbiano
comparato l’eventuale effetto delle differenti quantità
di alimento o di differenti intervalli di tempo rispetto
al risultato del TPO. Come conseguenza di ciò esiste
una grande variabilità nelle dosi e nei tempi di
somministrazione nei vari centri, come anche una
recente indagine eseguita nel territorio nazionale
ha evidenziato 81 .
Con quale dose iniziare un TPO? Nei casi in cui si
sospetta una reazione immediata, era stato suggerito
di iniziare il TPO con un challenge labiale. Tale
procedura prevedeva il posizionamento dell’estratto
proteico dell’alimento o dell’alimento fresco sulla
Come si dovrebbe fare e valutare il Test di provocazione orale per alimenti. Norme pratiche di comportamento

mucosa del labbro inferiore per 2 minuti osservando
poi, nei successivi 30 minuti le eventuali reazioni locali
o sistemiche. Tuttavia l’importanza del challenge
labiale è stata ridimensionata in quanto è stato osservato
che le reazioni locali non sempre sono seguite
da una vera reazione allergica 82 83 . La dose con cui
iniziare il TPO dovrebbe essere inferiore a quella che
ha determinato la reazione allergica. Tuttavia, poiché
questa informazione può non essere nota, è stato proposto
di iniziare con una dose inferiore a quella che
è usualmente in grado di determinare una reazione
allergica. Questa dose è stata individuata in meno di
0,25 mg di proteine per le arachidi, meno di 0,13 mg
di proteine per l’uovo e meno di 0,6 mg di proteine
per il latte vaccino. Le quantità sono state espresse in
proteine anche perché il contenuto proteico dei vari
alimenti cambia da alimento ad alimento 84 .
Per semplifi care la procedura, il Position Paper dell’EAA-
CI ha proposto un approccio più pratico indicando,
per i più comuni alimenti, la quantità minima di alimento
con cui iniziare il TPO (Tab. II). Tuttavia, poiché
raramente è possibile avere reazioni allergiche anche
con queste quantità, si consiglia di adattare sempre
la dose al singolo caso, sulla base della storia clinica
22 . Le successive somministrazioni dell’alimento,
prevedono un incremento progressivo delle dosi, fi no
all’assunzione di una dose totale simile a quella abitualmente
consumata. Sono state suggerite diverse
modalità d’incremento con aumenti al raddoppio,
esponenziali, oppure con aumenti solo nelle prime
dosi e poi ripetendo la stessa dose nelle somministrazioni
successive.
Nei bambini con precedente anafi lassi o laddove, per
motivi di studio, si voglia ricercare la dose soglia, è stato
proposto di effettuare il TPO con dosi particolarmente
basse, iniziando con 10 μg di alimento allergenico
o addirittura 3 μg come nello studio Europrevall 85 e
di continuare, ogni 30 minuti, con dosi successive di
100 μg, poi 1 mg fi no a 100 mg 84 . Se si considera che
una goccia di latte vaccino dovrebbe contenere 150
μg di proteine del latte vaccino o che la porzione di
burro di arachidi che è possibile raccogliere con la
punta di uno spillo, equivalente a 1 mm3, dovrebbe
contenere 250 μg di proteine dell’arachide 58 , risulta
chiaro come sia quasi impossibile mettere in atto tali
suggerimenti nella pratica clinica.
TAB. II.
Dosi iniziali suggerite per il challenge.
Alimento Dose
Arachide 0,1 mg
Latte vaccino 0,1 ml
Uovo 1 mg
Merluzzo 5 mg
Grano 100 mg
Soia 1 mg
Gamberetto 5 mg
Nocciola
(Da: Bindslev Jensen, 2004, adattata)
0,1 mg
Come si dovrebbe fare e valutare il Test di provocazione orale per alimenti. Norme pratiche di comportamento
In accordo con Niggemann et al. 86 , noi proponiamo
uno schema semplice per la preparazione dei 2
alimenti più comuni (latte e uovo), che può essere
facilmente utilizzato nella routine del TPO, dove i due
alimenti si differenziano quantitativamente solo nell’ultima
dose. Questo schema prevede la preparazione
di 7 dosi, per ogni TPO in cieco, che saranno proposte
triplicando circa la quantità in ogni somministrazione
successiva (Tab. III) e di 7-8 dosi per il TPO in aperto
rispettivamente per l’uovo e per il latte (Tab. IV).
Nel caso si utilizzi l’alimento in forma liofi lizzata, è necessario
conoscere le equivalenze: ad esempio 8-10
g di liofi lizzato sono equivalenti a circa 100 ml di latte
vaccino e ad 1 uovo. L’intervallo di tempo fra una
dose e quella successiva dovrebbe essere di 15-20
minuti, in modo da terminare la somministrazione in
90-120 minuti 8 74 82 87 .
Un caso a parte è costituito dalla Food Protein
Enterocolitis,per la quale sono state proposte quantità
e tempi di somministrazione particolari. Si consiglia di
somministrare 0,06-0,6 gr/kg della proteina allergenica
sospettata, non superando i 3-6 gr di proteine
totali (per il latte non oltre i 100 ml), impiegando le
dosi più basse nei bambini che hanno manifestato
sintomi più gravi. Poiché la reazione clinica compare
più lentamente rispetto alle forme IgE mediate, sembra
razionale la raccomandazione di somministrare tre
dosi eguali di alimento in 45 minuti. Se non si verifi cano
reazioni, dopo 3-4 ore si può proporre una nuova
somministrazione di alimento, alla dose abituale, ed
una ulteriore osservazione per diverse ore 58 .
TAB. III.
Schema per eseguire un DBPCFC.
Dosi Latte
vaccino
Soluzione di
mascheramento
Emulsione
di uovo
1 0,1 ml + 0,1 ml 0,1 ml
2 0,3 ml + 0,3 ml 0,3 ml
3 1 ml + 1 ml 1 ml
4 3 ml + 3 ml 3 ml
5 10 ml + 10 ml 10 ml
6 30 ml + 30 ml 30 ml
7 100 ml +100 ml il resto dell’uovo
TAB. IV.
Schema per eseguire un TPO in aperto con latte o
uovo.
Dosi Latte vaccino Emulsione di uovo
1 1 gtt 1 gtt
2 3 gtt 3 gtt
3 1 ml 1 ml
4 3 ml 3 ml
5 10 ml 10 ml
6 30 ml 30 ml
7 50 ml il resto dell’uovo
8 100 ml
TEST DI PROVOCAZIONE ORALE PER ALIMENTI
11

TEST DI PROVOCAZIONE ORALE PER ALIMENTI
12
QUANDO CONSIDERARE POSITIVO
UN TPO E QUANDO SOSPENDERLO
Questo è uno dei temi più discussi. Il problema è che
nel corso del TPO alcuni bambini possono manifestare
dei sintomi soggettivi (come fastidio, bruciore
alla bocca, ecc.) o talora anche sintomi obiettivi lievi
(come alcuni pomfi ) che però poi non sono seguiti,
pur continuando il TPO, da una conclamata reazione
allergica. Conoscendo questa eventualità, in specie
se si esegue un TPO per valutare la possibile tolleranza
in un bambino più grande a dieta già da alcuni anni,
non è facile trovare il giusto equilibrio tra la prudenza
dettata dalla volontà di evitare una reazione allergica
potenzialmente grave e la volontà di evitare una falsa
diagnosi di allergia alimentare, con tutte le conseguenze
nutrizionali e psicologiche che ne possono
seguire. In generale le attuali linee guida consigliano
di sospendere un TPO alla comparsa di sintomi obiettivi,
visibili, e quindi in qualche modo non simulabili,
mentre in caso di comparsa di sintomi soggettivi, è
necessario continuare il TPO, senza aumentare la dose
di alimento 73 . Si può considerare positivo un DBPCFC
se i sintomi soggettivi si ripetono almeno 3 volte solo
con il verum e non con il placebo 88 . Allo stesso modo,
riteniamo che se i sintomi soggettivi si ripetono più
volte in modo convincente, nel bambino piccolo,
laddove possa essere ragionevolmente esclusa una
componente soggettiva, il TPO potrà essere interrotto
e considerato positivo. Nei casi in cui il TPO, pur condotto
correttamente in aperto, abbia dato esito ad
un risultato dubbio 56 è necessario ricorrere al TPO in
cieco o in DBPCFC.
Ma vediamo un po’ in particolare. Quando consideriamo
i sintomi cutanei, la comparsa di una orticaria
generalizzata oppure di un rash eritematoso con intenso
prurito e grattamento, costituisce certamente
un segno obiettivo. Nel caso in cui compaiano invece
solo alcuni pomfi , specie sulle mani o nella regione
periorale, è necessario, in assenza di altra sintomatologia,
continuare il TPO, se si vuole adottare un criterio
di prudenza, ripetendo la stessa dose, poiché questi
sintomi potrebbero essere evocati dal contatto dell’alimento
sulla cute, contatto che andrebbe per tale
motivo accuratamente evitato. È noto che un TPO
considerato positivo solo per la comparsa di alcuni
pomfi sulla faccia o sulle mani, in assenza di sintomi
gastrointestinali o respiratori, viene spesso smentito
da un successivo DBPCFC 74 89 .
Per quanto riguarda i sintomi gastrointestinali, il
prurito orale, la nausea, la disfagia, i dolori addominali
sono sintomi soggettivi mentre il vomito è
un sintomo obiettivo, che tuttavia potrebbe esser
causato dalla avversione del bambino verso il cibo,
dalla sua paura e/o agitazione, o infi ne anche
solo dall’esser stato costretto ad assumere contro
voglia l’alimento. In questi casi, si può continuare
il test, magari camuffando l’alimento nel bambino
più piccolo, se si sta effettuando un TPO in aperto.
Peraltro nel bambino con APLV è stato recentemente
segnalato come i sintomi orofaringei siano
frequenti predittori di segni obiettivi nel DBPCFC 90 .
Il ripetersi del vomito o del dolore addominale alle
successive somministrazioni conferisce maggiore
probabilità che la diagnosi di allergia sia corretta 91 .
Tra i sintomi respiratori, la sensazione di ostruzione
respiratoria è un sintomo soggettivo mentre la congestione
nasale, gli starnuti ripetuti, la rinorrea acquosa
o la rino-congiutivite, le variazioni nel tono della voce,
lo stridore, il laringospasmo, o il tirage inspiratorio, così
come la tosse e il wheezing sono segni obiettivi, suffi -
cienti a considerare positivo il TPO e devono sempre
allertare per la possibile insorgenza di una successiva
diffi coltà respiratoria. Laddove si controllino i parametri
di funzionalità respiratoria, una riduzione del FEV 1 di
oltre il 15% o del peak fl ow di oltre il 20% costituiscono
un criterio oggettivo suffi ciente a considerare positivo
un TPO.
Per quanto riguarda i sintomi generali, il cambiamento
del comportamento, la prostrazione, la cefalea o il
rifi uto di assumere l’alimento costituiscono sintomi
soggettivi mentre sono considerati sintomi obiettivi
un abnorme pallore, l’aumento della frequenza cardiaca
di oltre il 20% o la diminuzione della pressione
arteriosa di oltre il 20% e ovviamente il collasso o
l’anafi lassi 91 .
In tutti i casi, alla comparsa di sintomi soggettivi è
comunque necessario interrompere il test, visitare il
bambino, ispezionando accuratamente la cute, l’orofaringe,
l’apparato respiratorio e quello cardiovascolare,
alla ricerca di ulteriori segni o sintomi associati.
Se si riscontrano sintomi oggettivi, il TPO verrà interrotto
e considerato positivo. In alternativa può essere prudente
allungare l’intervallo di tempo della successiva
somministrazione, dato che talora i sintomi soggettivi
possono essere il prodromo di una incipiente reazione
allergica obiettiva 58 .
Quando il bambino assume tutte le dosi dell’alimento
senza alcuna reazione, il TPO può essere considerato
negativo per reazioni immediate, ma è necessario
aspettare almeno 48 h per considerare il bambino
veramente tollerante l’alimento, in quanto potrebbero
verifi carsi delle reazioni tardive 73 .
Nel corso di un TPO le manifestazioni cliniche più frequenti
(presenti nell’84% -90% dei casi) sono quelle
cutanee. Seguono i sintomi respiratori, quali rinite,
congiuntivite, broncostruzione e/o gastrointestinali,
quali vomito e diarrea 92 93 .
COME COMPORTARSI IN CASO
DI RIFIUTO DELL’ALIMENTO
Non è infrequente che il TPO possa fallire perché il
bambino rifi uta l’alimento proposto. Molteplici sono le
cause di questo evento. In primis, il condizionamento
psicologico del bambino più grande che, dopo aver
eliminato per alcuni anni dalla dieta un alimento
offendente, è condizionato dall’idea che possa fargli
male e pertanto lo rifi uta. Un’altra causa può essere
indotta dall’ambiente ospedaliero e dal rifi uto del
bambino di rimanere in tale sede. Ci sono inoltre
problemi di palatabilità legati alla non conoscenza
del “nuovo” alimento, nuovo perché non assunto per
molti anni o mai assunto o al rifi uto del nuovo gusto.
I provvedimenti correttivi possono essere adottati nel
corso del TPO cercando di interpretare nel singolo
caso i motivi del rifi uto. Se si sospetta un rifi uto legato
al gusto, si potranno utilizzare ingredienti differenti da
Come si dovrebbe fare e valutare il Test di provocazione orale per alimenti. Norme pratiche di comportamento

mescolare all’alimento base per renderlo più gradevole.
È importante chiedere alla madre se l’alimento
che si intende utilizzare per il mascheramento è già
tollerato dal bambino, e se è di suo gradimento 94 .
Nel caso in cui ci sia una parziale assunzione dell’alimento
è raccomandabile non forzare il bambino ad
assumere tutta la dose prevista. Il vomito infatti è, in
questi casi, un evento molto frequente che può invalidare
l’interpretazione del risultato del TPO, poiché
non è possibile stabilire con certezza se è indotto
dall’allergia alimentare o dalla forzatura del bambino
ad assumerlo.
In caso di negatività del TPO in bambini con una
pregressa allergia immediata e persistenza delle IgE
specifi che per l’alimento, è importante consigliare di
continuare l’assunzione dell’alimento nei giorni successivi
poiché in questo modo è possibile rinforzare
lo sviluppo della tolleranza, come è stato dimostrato
per le arachidi 95 96 . Non è infrequente infatti che,
per avversione, paura e/o abitudine, alcuni bambini
nonostante abbiano tollerato il test di provocazione
continuino a evitare l’alimento, e questo sembra poter
ostacolare lo sviluppo completo della tolleranza 97 .
Qualora il TPO fosse interrotto per rifi uto prima del termine,
senza alcuna reazione clinica, si potrà assegnare
una tolleranza per quell’alimento solo relativamente
alla dose realmente assunta nel TPO.
Non vi è completo accordo su come comportarsi in
questi casi, in specie se il bambino ha assunto solo
piccole quantità di alimento. Si potrebbe trattare infatti
di un bambino del tutto tollerante all’alimento oppure
di un bambino che avrebbe potuto manifestare una
reazione allergica se avesse assunto dosi superiori.
In questi casi si può programmare di ripetere il TPO
oppure, in specie se si tratta di un TPO effettuato per
valutare la possibile tolleranza e se la dose tollerata
nel TPO è stata almeno di 30 ml per il latte o per
l’uovo, proporre ai genitori di continuare l’assunzione
dell’alimento nei giorni successivi, aumentandone le
quantità molto lentamente, fi no a raggiungere la dose
abituale consumata, come effettuato in alcuni studi 98 .
In questo caso sarà necessario tuttavia comportarsi
come se si stesse effettuando una desensibilizzazione
orale per l’alimento: sarà richiesto il consenso
informato, bisognerà fornire tutte le informazioni utili
al trattamento di una eventuale reazione allergica,
saranno programmati controlli ravvicinati per seguire
l’evoluzione clinica.
LA DESENSIBILIZZAZIONE ORALE
PER ALIMENTI
La possibilità di raggiungere la tolleranza per un
alimento somministrando piccole dosi lentamente
crescenti dell’alimento stesso è stata proposta per la
prima volta oltre 100 anni fa da Finkelstein 99 , l’autore
che per primo descrisse l’anafi lassi da alimento nell’uomo
100 . Negli ultimi anni tale pratica è stata rivisitata,
anche per merito di autori italiani 101 102 , e sono stati
pubblicati diversi studi, tra cui 6 trial randomizzati e
controllati 103-108 , dei quali 3 (Enrique, Fernandez Rivas
e Skripak) condotti in doppio cieco. In generale la
desensibilizzazione orale si è dimostrata effi cace e in
grado di indurre la tolleranza completa (o almeno
Come si dovrebbe fare e valutare il Test di provocazione orale per alimenti. Norme pratiche di comportamento
parziale per una dose di alimento inferiore a quella
consumata abitualmente), in percentuali variabili,
ma generalmente intorno al 70-80% dei casi, con
differenze probabilmente legate al tipo di desensibilizzazione
impiegata (orale o sublinguale), della
popolazione arruolata (includendo o escludendo i
bambini con anafi lassi), del tipo di alimento studiato,
dell’età, ecc. D’altra parte, gli stessi studi hanno
dimostrato che tale pratica è gravata dalla possibile
insorgenza di reazioni allergiche, di entità variabile
da reazioni lievi, più frequenti, fi no alla anafi lassi,
reazioni segnalate in percentuali variabili dal 12,5 al
100% dei casi 109 . Per tale motivo, in considerazione
del fatto che la mortalità per anafi lassi da alimenti
è un evento piuttosto raro (l’incidenza oscilla tra un
decesso ogni 154-675 110-112 casi di anafi lassi), che
l’anafi lassi può essere mortale anche se correttamente
trattata e che fi no ad oggi solo poche centinaia di
bambini sono state trattate con desensibilizzazione
orale, si raccomanda che tale pratica rimanga per
ora nell’ambito della ricerca e venga svolta solo in
centri allergologici selezionati 113 .
LA DIMISSIONE DOPO IL TPO
Il paziente che ha eseguito un TPO deve essere dimesso
con istruzioni dettagliate e preferibilmente scritte.
Se il TPO è risultato positivo con una reazione immediata
grave (anafi lassi), è consigliabile prescrivere
una terapia con antistaminici e steroidi per i tre giorni
successivi al test 62 114 . I genitori devono essere inoltre
avvertiti che la reazione immediata potrebbe essere
seguita da una reazione ritardata nelle successive
48-72h (riacutizzazione della Dermatite Atopica, disturbi
gastrointestinali, o più raramente manifestazioni
orticarioidi).
È bene ricordare tuttavia, che una riacutizzazione della
DA e/o disturbi gastrointestinali potrebbero verifi carsi
come risposta tardiva anche nei bambini con TPO
inizialmente negativo. È pertanto necessario avvisare i
genitori di questa eventualità, seppure poco frequente,
e prescrivere, qualora si rendesse necessario, una terapia
adeguata ed un ulteriore controllo. Nel caso di
insorgenza di sintomi ritardati il bambino infatti dovrà
essere ricontrollato e la sintomatologia accuratamente
rivalutata insieme ai genitori.
COME TRATTARE LA REAZIONE ALLERGICA
Nel caso in cui il TPO dia luogo ad una reazione allergica,
la terapia deve essere iniziata il più precocemente
possibile dal momento che, come è noto, l’intervento
precoce si associa ad una prognosi migliore. Il tipo
di farmaco e la via di somministrazione, oltre che la
dose, devono essere decisi sulla base del tipo, della
severità e della eventuale progressione dei sintomi.
Nel caso in cui i sintomi siano limitati alla cute (orticaria
generalizzata o angioedema) o all’apparato
gastrointestinale (dolore addominale o vomito) si somministrerà
un antistaminico. La sua somministrazione
può essere utile nel corso di una reazione allergica
generalizzata, ma non costituisce un trattamento suffi
ciente se si verifi ca un’anafi lassi. Né la sua somministrazione
è in grado di prevenirla. Gli antistaminici
di prima scelta sono quelli a breve durata d’azione,
TEST DI PROVOCAZIONE ORALE PER ALIMENTI
13

TEST DI PROVOCAZIONE ORALE PER ALIMENTI
14
anche quelli di nuova generazione (cetirizina, loratadina,
ecc). Se nel corso della reazione allergica
si sono manifestati sintomi gastrointestinali sarà da
preferirsi la via di somministrazione intramuscolare (ad
esempio difenidramina alla dose di 1,5-2 mg/kg, dose
massima da somministrare 50 mg), in caso contrario,
gli antistaminici potranno essere somministrati per os.
La stessa dose del farmaco può essere ripetuta per via
intramuscolare nel caso in cui insorga vomito entro 30
minuti dall’assunzione orale. La loro somministrazione
può essere consigliata anche per i tre giorni successivi
all’episodio anafi lattico 114 .
Quando invece insorgano sintomi di interessamento
del laringe, come tosse secca e abbaiante o stridore,
può essere somministrata della adrenalina per via
aerosolica 62 . La sua somministrazione tuttavia non dovrebbe
sostituire la somministrazione di adrenalina per
via IM, laddove necessaria, come nel caso di interessamento
delle basse vie respiratorie o di compromissione
cardiovascolare (ipotensione, bradicardia, ecc.). In
questi casi l’adrenalina va somministrata per via intramuscolare
profonda, preferibilmente sulla superfi cie
anterolaterale della coscia 115 . Le quantità sono in
funzione del peso corporeo: 0,01 mg/kg, ossia 0,01
ml/kg di una soluzione 1:1000 (dose massima 0,5 ml).
La dose iniziale può essere ripetuta dopo 5-10 minuti,
fi no ad un massimo di tre dosi, in caso di persistenza
o aggravamento della sintomatologia 62 116 . In caso
di ipotensione è utile somministrare rapidamente per
via endovenosa dei liquidi, in particolare la soluzione
fi siologica (NaCl 0,9%), fi no alla dose di 20-30 ml/kg
nella prima ora 117 . In presenza di diffi coltà respiratoria
(stridore laringeo, wheezing, dispnea) occorre inoltre
somministrare ossigeno in maschera e un farmaco
broncodilatatore per via inalatoria 118 . Il Salbutamolo,
per la sua rapidità di azione, è il farmaco di prima
scelta e può essere somministrato alla dose di 2,5 mg
(0,5 ml - 10 gtt) della soluzione allo 0,5% o per mezzo
di aerosol predosati. In caso di persistenza di sintomi
respiratori e/o gastrointestinali (refrattari alle terapie
precedenti) si ricorre all’utilizzo di corticosteroidi: 1-2
mg/kg di prednisone orale. La dose di steroidi deve
essere ripetuta se insorge il vomito entro 30 minuti
dalla prima assunzione 119 .
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Come si dovrebbe fare e valutare il Test di provocazione orale per alimenti. Norme pratiche di comportamento