Parte Seconda - Cineforum della formica

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Con la sua trilogia della Resistenza - Roma città aperta, Paisà e Germania anno zero - Rossellini rivela la sua personalissima marca autoriale, il suo stile "antispettacolare", riportando la macchina da presa ad altezza d'uomo e così facendo ridando visibilità alle piccole cose e ai fatti insignificanti, alla realtà così come si offre all'improvviso. Luchino Visconti Grandissimo intellettuale e regista, Visconti lavora in Francia come aiuto regista di Jean Renoir prima di approdare alla regia con Ossessione, tratto dal romanzo americano Il postino suona sempre due volte, che diventa il manifesto della nuova onda cinematografica del neorealismo. Ma Visconti si iscrive con difficoltà in questo gruppo. Sebbene La terra trema del 1948 possa sembrare il film emblema di un'apparente spontaneità, nulla viene mai lasciato al caso, sia nella recitazione che nelle inquadrature. Inoltre, a differenza degli altri autori del neorealismo, i suoi film sono tutti strettamente legati a fonti letterarie. E questo lo porterà inevitabilmente ad allontanarsi dalla totale aderenza al presente richiesta dallo spirito neorealista. Fino ad arrivare
al suo capolavoro del 1954, Senso, che effettivamente, riannodando i fili con la cultura letteraria e visiva ottocentesca, segna una svolta decisiva nei confronti del neorealismo. Emblematico è l'articolo scritto da Guido Aristarco, teorico e direttore della rivista "Cinema Nuovo", che difende Senso come opera-emblema del passaggio dal neorealismo al "realismo". In pratica, dice Aristarco, con Senso si ha il passaggio dalla mera registrazione e descrizione dell'esistente alla sua narrativizzazione e spettacolarizzazione. Giuseppe De Santis Con Riso amaro del 1949, De Santis si pone come spartiacque tra il neorealismo e il cinema popolare degli anni Cinquanta. La sua cifra stilistica risiede nella profonda sensibilità nei confronti dei gusti del pubblico. In pratica, De Santis opera un abbassamento dei canoni neorealistici per permettere una resa popolare dei suoi film, non disdegnando contaminazioni con il cinema americano e con le forme "basse" del cine e del fotoromanzo. Saranno proprio queste ultime a rappresentare il passaggio dalla realtà presa dal vero del neorealismo alla realtà reinventata dalla cultura popolare. De Santis diceva che il realismo non esclude affatto una finzione, ed è così che un film ricco di derivazioni culturali e letterarie come Riso amaro può diventare un vero momento di coinvolgimento e partecipazione del pubblico alle vicende dei personaggi. E' il passaggio dal neorealismo di fine anni Quaranta a quello che è stato definito il "neorealismo rosa" degli anni Cinquanta.
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