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Scarica pdf - Scuola Lacaniana di psicoanalisi

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François Ansermet,<br />

Pierre Magistretti<br />

www.scuolalacaniana.it<br />

Neuroscienze e <strong>psicoanalisi</strong><br />

Ci sono molti malintesi sugli accostamenti possibili tra neuroscienze e<br />

<strong>psicoanalisi</strong>. In particolare <strong>di</strong> fronte alle critiche che vengono fatte<br />

attualmente alla <strong>psicoanalisi</strong> si rischierebbe <strong>di</strong> avvalersi delle neurosceinze<br />

per provare o <strong>di</strong>sconfermare la <strong>psicoanalisi</strong>. Ciò avviene quando si cerca <strong>di</strong><br />

far corrispondere in modo analogico i fenomeni psichici e i fenomeni<br />

biologici, attribuendo all’analogia il ruolo <strong>di</strong> una prova. E’ una prospettiva<br />

che sfocia in una nuova forma <strong>di</strong> riduzionismo, in cui spesso si confondono<br />

gli effetti con le cause. Si potrebbe citare l’esempio dell’autismo in cui si è<br />

pensato <strong>di</strong> identificare la causa del <strong>di</strong>sturbo nelle <strong>di</strong>sfunzioni della corteccia<br />

fusiforme, una struttura cerebrale implicata nelle vie visive. Ci si è poi resi<br />

conto che queste <strong>di</strong>pendevano invece da un <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> selezione funzionale<br />

come conseguenza dell’evitamento dello sguardo che caratterizza l’autista.<br />

Si è così riscoperto ciò che ogni clinico <strong>di</strong> base sa molto bene, cioè che<br />

l’autista non guarda.<br />

In ogni modo, si è assistito per decenni ad un an<strong>di</strong>rivieni costante tra il tutto<br />

organico e il tutto psichico, che sfocia in un <strong>di</strong>alogo impossibile. La<br />

tendenza attuale considera il fatto psichico come un fenomeno che emerge<br />

dal fatto biologico, in una sovrapposizione senza resti, in cui li si riunisce<br />

senza <strong>di</strong>fferenziarli. Il nostro punto <strong>di</strong> vista è <strong>di</strong>verso: consiste nel<br />

considerare che il fatto psichico e il fatto biologico, anche se non hanno una<br />

misura comune, si incontrano specificatamente intorno alla questione della<br />

traccia lasciata dall’esperienza. La prospettiva <strong>di</strong> partire dalla traccia è una<br />

questione che hanno in comune le neuroscienze e la <strong>psicoanalisi</strong>, e che è<br />

ancor più attuale da quando il fenomeno della plasticità è stato<br />

concretamente messo in evidenza dalla neurobiologia fondamentale,<br />

attraverso tutta una serie <strong>di</strong> lavori tra cui quelli <strong>di</strong> Kandel, che gli hanno<br />

valso il premio Nobel nel 2000 1 .<br />

1 Bliss T.V.P., Collingride G.L. A synaptic model of memory: long-term potentiation in the Hippopcampus,<br />

Nature,1993, 361, 31-39. Collingrige G.L. Morris R.G.M. Long-term potentiation: enhancing neuroscience<br />

for 30 years, Philosophical Transactions of the Royal Society, 2003, 1432.<br />

1


Traccia e plasticità<br />

Il rapporto tra la traccia psichica e la traccia sinaptica è un campo <strong>di</strong><br />

esplorazione privilegiato per pensare il rapporto tra neuroscienze e<br />

<strong>psicoanalisi</strong>. Precisiamo innanzitutto che cosa è una traccia per le<br />

neuroscienze. La nozione <strong>di</strong> traccia è stata sempre più precisata dalla<br />

biologia sperimentale nel corso degli ultimi vent’anni. Ci sono innanzitutto i<br />

cambiamenti morfologici indotti dall’impatto <strong>di</strong> un’esperienza. Inoltre,<br />

l’efficacia del tranfert <strong>di</strong> informazione può anche essere modulato<br />

dall’esperienza, dato che la trasmissione sinaptica può essere mo<strong>di</strong>ficata in<br />

modo duraturo come rivela il fenomeno del potenziamento a lungo termine 2 .<br />

Mentre i risultati sperimentali <strong>di</strong> questa ipotesi sono recenti, l’ipotesi è<br />

antica. Santiago Ramon y Cajal l’aveva già formulata più <strong>di</strong> un secolo fa: le<br />

connessioni nervose non sono quin<strong>di</strong> definitive e immutabili, dato che si<br />

creano per così <strong>di</strong>re delle associazioni <strong>di</strong> prova destinate a sussistere o a<br />

<strong>di</strong>struggersi a seconda <strong>di</strong> circontanze indeterminate, fatto che <strong>di</strong>mostra, tra<br />

parentesi, la grande mobilità iniziale delle espansioni del neurone. 3 Freud<br />

stesso ne aveva colto il ruolo nella teoria globale del cervello che presenta<br />

nel Progetto 4 . Questa ipotesi è stata rivisitata <strong>di</strong>verse volte, in particolare da<br />

Donald Hebb negli anni ’40 5 , sino a ricevere recentemente una prova<br />

sperimentale, tra altri, a partire dai lavori <strong>di</strong> Kandel.<br />

Attraverso il meccanismo dela plasticità sinaptica, l’esperienza lascia quin<strong>di</strong><br />

una traccia nella rete neuronale. Ma non si può pensare le cose come se ad<br />

una esperienza fosse associata una sola traccia. Si tratta piuttosto <strong>di</strong> un<br />

insieme <strong>di</strong> sinapsi facilitate, messe in rete sottoforma <strong>di</strong> un insieme <strong>di</strong><br />

neuroni (neuronal assembblies) 6 .Da cui appunto l’idea <strong>di</strong> plasticità, che<br />

evoca la forma, come nelle arti plastiche. L’esperienza dà la forma, la rete<br />

prende la forma. L’esperienza scolpisce la rete neuronale. Una metafora<br />

plastica deve quin<strong>di</strong> essere aggiunta alla metafora grafica freu<strong>di</strong>ana.<br />

Ma non ci sono soltanto le tracce coscienti. Certe tracce si iscrivono<br />

<strong>di</strong>rettamente in modo insconscio. Inoltre, attraverso i meccanismi della<br />

plasticità, si verificano delle riassociazioni <strong>di</strong> tracce, che sfociano in nuove<br />

tracce, lontane dalle esperienze iniziali che hanno presieduto all’iscrizione<br />

delle prime tracce, che partecipano anche alla formazione <strong>di</strong> una realtà<br />

inconscia, determinante nella costituzione del soggetto.<br />

2<br />

Bliss T.V.P., Collingride G.L. A synaptic model of memory: long-term potentiation in the Hippopcampus,<br />

Nature,1993, 361, 31-39. Collingrige G.L. Morris R.G.M. Long-term potentiation: enhancing neuroscience<br />

for 30 years, Philosophical Transactions of the Royal Society, 2003, 1432.<br />

3<br />

Ramon y Cajal, Histologie du système nerveux de l’homme et des vertébrés, Paris A. Maloine,<br />

1909-1911.<br />

4<br />

Freud S., Progetto <strong>di</strong> una psicologia scientifica (1985), Opere, vol 2., Boringhieri, Torino, 1968, p. 201<br />

5<br />

Hebb. D., The organisation of behavior, New York, John Wiley & Sons, 1949.<br />

6<br />

Dragoi G., Buszaki G., Temporal enco<strong>di</strong>ng of place sequences by hippocampal cel assemblies. Neuron<br />

2006, Apr 6; 50(1), 145-57.<br />

2


Traccia piacere e omeostasi<br />

Con la traccia entra anche in gioco un’altra <strong>di</strong>mensione, quella degli stati<br />

somatici associati. Un marker somatico, per riprendere il termine <strong>di</strong><br />

Damasio 7 è in effetti associato alla traccia sin dalla sua costituzione. La<br />

percezione che lascia una traccia nela rete neuronale si trova così associata<br />

ad un marker somatico particolare che può evocare uno stato <strong>di</strong> piacere o <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>spiacere. Non c’è dunque soltanto la percezione registrata dalle vie<br />

esterocettive. Un legame col corpo è veicolato dalle vie intracettive 8 , che<br />

informano in permanenza il cervello sullo stato del corpo. E’ questo sistema<br />

che permette <strong>di</strong> sentire il piacere o il <strong>di</strong>spiacere. La traccia quin<strong>di</strong> non può<br />

essere pensata senza pensare lo stato somatico che gli è associato.<br />

L’iscrizione dell’esperienza si fa quin<strong>di</strong> nell’interfaccia tra il somatico e lo<br />

psichico, per riprendere il modo in cui Freud poneva il problema attraverso<br />

la teoria della pulsione, come concetto limite tra i due campi 9 . Per Freud la<br />

meta della pulsione è <strong>di</strong> ripristinare uno stato anteriore, attraverso la scarica,<br />

che ha <strong>di</strong> mira un sod<strong>di</strong>sfacimento. L’oggetto preso a prestito per il<br />

sod<strong>di</strong>sfacimento della pulsione è ciò che gli è più in<strong>di</strong>fferente, in quanto<br />

l’elemento essenziale è che consenta la scarica e il ripristino <strong>di</strong> uno stato<br />

anteriore. In modo generale, si può <strong>di</strong>re che tutti i meccanismi <strong>di</strong> formazione<br />

<strong>di</strong> una traccia e della sua associazione ad uno stato somatico partecipano <strong>di</strong><br />

una funazione omeostatica, <strong>di</strong> protezione contro l’eccesso <strong>di</strong> eccitamento,<br />

contro il <strong>di</strong> troppo <strong>di</strong>struttivo proprio del vivente. A questo proposito si<br />

potrebbe riprendere il para<strong>di</strong>gma dell’esperienza del sod<strong>di</strong>sfacimenrto<br />

definita da Freud nel Progetto 10 . Il piccolo uomo, incompiuto dalla nascita,<br />

non può scaricare da solo gli eccitamenti che lo abitano, per cui si viene a<br />

trovare immerso in uno stato <strong>di</strong> pericolo (Hiflosigkeit), un trovarsi sperduto<br />

senza risorse <strong>di</strong> fronte alle esigenze del proprio organismo. Ha bisogno<br />

dell’intervento dell’altro (Nebenmensch) affinché una scarica possa prodursi,<br />

instaurando il passaggio dal <strong>di</strong>spiacere al piacere. Questa azione specifica<br />

dell’altro deve prodursi nella simultaneità (gleichzeitigkeit) affinché la<br />

scarica dell’eccitamento si verifichi. E’ ciò che le neuroscienze<br />

contemporanee identificano come il rilevamento <strong>di</strong> coincidenza, in cui una<br />

traccia può iscriversi solo in una finestra temporale definita. Da quest’azione<br />

dell’altro deriva una scarica <strong>di</strong> eccitamento e l’iscrizione <strong>di</strong> una traccia,<br />

associata ad uno stato somatico specifico.<br />

7<br />

Damasio A., L’erorre <strong>di</strong> Cartesio,<br />

8<br />

Graig A.D., How do you feel? Interoception: the sense of the physiological con<strong>di</strong>tion of the body. Nature<br />

Revieuw/Neuroscience, Vol. 3, 2002, 655-666.<br />

9<br />

Freud S. Pulsioni e loro destini (1915), in Metapsicologia, Opere vol 8, Boringhieri, Torino, 1976,<br />

pag. 13.<br />

10<br />

Freud S. Progetto <strong>di</strong> una psicologia scientifica op. cit., pag. 222-24.<br />

3


Traccia e linguaggio<br />

Quest’intervento dell’altro fa entrare al tempo stesso il soggetto in un mondo<br />

che gli preesiste, un mondo <strong>di</strong> linguaggio, il mondo dell’Altro, in cui deve<br />

alienarsi per avvenire. Forse all’inizio non c’è che il grido, il grido del<br />

vivente preso nell’esigenza della vita (Lebesnot). E’ la risposta dell’Altro a<br />

questo grido che lo trasforma in appello 11 . E’ così che l’emergenza del<br />

soggetto implica l’Altro in tutte le sue valenze, che si tratti dell’Altro del<br />

linguaggio o dell’Altro simbolico. Il secondo grido è già quello <strong>di</strong> un<br />

soggetto attivo nel suo <strong>di</strong>venire, sottomesso al mondo in cui si trova già<br />

preso, che preleva un significante nel campo dell’Altro per manifestare la<br />

sua domanda. La traccia primaria, inaugurale, può essere riportata a ciò che<br />

Freud designa come il segno della percezione (Wahmehmungszeichen) 12 .<br />

Questo realizza un primo contrasto tra il vivente e il linguaggio, tra il<br />

soggetto e l’Altro. Da allora il linguaggio parassita il vivente, in un modo<br />

inaggirabile e necessario, facendo andare il piccolo dell’uomo al <strong>di</strong> là del<br />

suo statuto naturale. In effetti, sin dal segno della percezione, si supera la<br />

semplice causalità naturale. Si è già in una causalità logica 13 , nel senso <strong>di</strong><br />

logos, che dà tutto il suo posto all’atto del soggetto, all’insondabile decisione<br />

dell’essere, che punta l’enigma dell’emergenza del soggetto, sia a partire dal<br />

vivente del suo organismo sia a partire dal mondo <strong>di</strong> linguaggio in cui è<br />

immerso sin dalla sua venuta al mondo. Si è dunque abbandonata in partenza<br />

una causalità legata agli avvenimenti. La prima traccia non è soltanto<br />

l’effetto <strong>di</strong> un avvenimento, ma implica il linguaggio che partecipa a<br />

produrre il soggetto. Il soggetto non è riducibile a ciò che gli succede.<br />

Tale prospettiva porta al superamento <strong>di</strong> qualunque considerazione empirista<br />

nel senso <strong>di</strong> John Locke, che considerava l’in<strong>di</strong>viduo come una tabula rasa<br />

in cui le esperienze si verrebbero a iscrivere in modo aleatorio. Il soggetto<br />

sin dalla sua emergenza è soggetto al significante, e Lacan lo identifica<br />

appunto come uno dei nomi del segno della percezione 14 . La traccia sin dalla<br />

sua iscrizione implica un al <strong>di</strong> là dell’esperienza che entra in gioco nei<br />

meccanismi stessi dell’iscrizione della traccia.<br />

11<br />

Si veda in proposito Freud S. Progetto <strong>di</strong> una psicologia scientifica; si veda anche Lacan J. Nota sulla<br />

relazione <strong>di</strong> Daniel Lagache : Occorre che al bisogno (…) si aggiunga la domanda, perché il soggetto<br />

faccia il suo ingresso nel reale Scritti p. 650,op. cit.<br />

12<br />

Freud S. Lettera a Wilhelm Fliess del 6-12-1896, in “Le origini della <strong>psicoanalisi</strong>”, Boringhieri, Torino<br />

1968, pag. 125<br />

13<br />

Lacan J. La psychanalyse vraie et la fausse in Autres E’crits, Paris Seuil, 2001, p 166.<br />

14<br />

“…Possiamo dare subito a queste Wahrnehmungszeichen il loro vero nome <strong>di</strong> significanti”, J. Lacan, Il<br />

Seminario. Libro XI. Einau<strong>di</strong>, Torino 1979, pag. 47.<br />

4


I paradossi della plasticità<br />

Pensare la traccia a partire dalla plasticità ci porta a incontrare una seria <strong>di</strong><br />

paradossi, che obbligano a imparare a pensare l’incommensurabile, un<br />

passaggio obbligato per interrogare il rapporto tra neuroscienze e<br />

<strong>psicoanalisi</strong> 15 .<br />

Un cambiamento permanente<br />

Ciò che <strong>di</strong>mostra il fenomeno della plasticità, è che l’esperienza lascia una<br />

traccia strutturale e funzionale nella rete neuronale: gli elementi più fini del<br />

processo <strong>di</strong> transfert dell’informazione tra i neuroni sono così costantemente<br />

rimodellati a seconda dell’esperienza, in un modo sempre rinnovato 1617 . Il<br />

cervello quin<strong>di</strong> non è una materia fissa, la rete neuronale non è una struttura<br />

determinata una volta per tutte: al contrario è sottoposto ad un cambiamento<br />

permanente. E’ così che la plasticità rovescia l’opposizione classica tra<br />

causalità psichica e causalità organica. Il fatto che l’esperienza lascia una<br />

traccia nella rete neuronale porta a concepire una causalità psichica che<br />

partecipa a determinare l’organismo. Inoltre, l’esperienza non è solo<br />

l’incidenza concreta dell’ambiente: implica l’Altro e il soggetto stesso, che<br />

tramite i suoi atti e attraverso le sue scelte partecipa al suo <strong>di</strong>venire.<br />

Plasticità e <strong>di</strong>scontinuità<br />

Anche se, come Freud 18 lo enuncia, tutto deriva inizialmente dalla<br />

percezione, le tracce che risultano dalla percezione si reiscrivono e si<br />

associano in seguito le une alle altre, allontanandosi irrime<strong>di</strong>abilmente<br />

dall’esperienza che le ha prodotte. Ci si trova quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> fronte a un paradosso<br />

in cui tutto si conserva, in quanto l’esperienza lascia una traccia, e tutto si<br />

trasforma, in quanto le tracce si riassociano tra loro per formare nuove<br />

tracce. E’ il paradosso centrale del fatto della plasticità: l’iscrizione<br />

dell’esperienza separa dall’esperienza, e al tempo stesso libera da essa.<br />

Anche se le prime tracce mantengono un legame <strong>di</strong>retto con l’esperienza,<br />

esse sono, come abbiamo detto prima, ritrascritte e associate per giungere<br />

alla costituzione <strong>di</strong> nuove tracce, senza comune misura con l’esperienza<br />

iniziale. E’ così che la plasticità introduce paradossalmente alla<br />

<strong>di</strong>scontinuità. L’inconscio procederebbe appunto da questa <strong>di</strong>scontinuità. In<br />

questo l’inconscio non sarebbe un sistema <strong>di</strong> memoria che rappresenterebbe<br />

fedelmente ciò che è stato vissuto. Questa constatazione sbocca su una<br />

concezione paradossale della memoria nel suo rapporto con l’inconscio, che<br />

non la riduce ad una conservazione dell’esperienza sotto forma <strong>di</strong> tracce a<br />

15<br />

Ansermet f. Magistretti P. A’ chacun son cerveau. Plasticité neuronale et inconscient. O<strong>di</strong>le jacob, Paris<br />

2004.<br />

16<br />

Kandel E.R., Cellular mechanism of learning and the biological nases of in<strong>di</strong>viduality, Principles of<br />

Neural Sciences. New York, MC Graw-Hill, 2000, p 1247-1298.<br />

17<br />

Kandel E.R. Psychotherapy and the single synapse: the impact of psychiatric though on neurobiological<br />

research, J. Neuropsychiatry Clin. Neurosc., 2001,13,2, 290-300<br />

18<br />

Freud S., La negazione, (1925) in Opere, op.cit.,Vol. 10<br />

5


partire dalla percezione. Percezione e memoria si escludono in effetti<br />

reciprocamente, come Freud ne aveva avuto il presentimento 19 . Le tracce<br />

mnestiche prodotte dall’esperienza possono associarsi le une alle altre per<br />

costituire una nuova realtà, inconscia. Questa è in<strong>di</strong>pendente da ciò che ha<br />

costituito le prime tracce. L’inconscio può così essere visto esso stesso come<br />

una <strong>di</strong>scontinuità, da cui procede il soggetto nella sua particolarità. I recenti<br />

lavori <strong>di</strong> Ta<strong>di</strong>n Dudai e <strong>di</strong> Cristina Alberini 20 sul fenomeno detto del<br />

riconsolidamento – un termine mal scelto, visto che si tratta piuttosto <strong>di</strong> un<br />

deconsolidamento – designa il fatto che la traccia mnestica, una volta<br />

riattivata, <strong>di</strong>venta momentaneamente mo<strong>di</strong>ficabile, cosa che si <strong>di</strong>mostra<br />

sperimentalmente. Ad essere rimessa in gioco attraverso una rimemorazione,<br />

non solo la traccia si mostra labile, ma <strong>di</strong>venta anche <strong>di</strong>sponibile per nuove<br />

riassociazioni, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ciò che aveva presieduto alla sua iscrizione. Si<br />

pensava sin qui che la rievocazione <strong>di</strong> un item mnesico aumentasse la sua<br />

iscrizione, meccanismo supposto essere alla base dei meccanismi <strong>di</strong><br />

appren<strong>di</strong>mento. Al contrario, ciò che <strong>di</strong>mostra sperimentalmente il<br />

riconsolidamento è che la traccia, una volta riattivata, può mo<strong>di</strong>ficarsi, per lo<br />

meno a breve termine. La traccia può indebolirsi, deconsolidarsi, associarsi<br />

con altre tracce, introducendo una <strong>di</strong>scontinuità nel processo mnesico, che<br />

apre al cambiamento: una libertà resa paradossalmente possibile tramite la<br />

riattivazione della traccia iscritta. Ciò che raggiunge in modo sorprendente la<br />

posta in gioco dell’impatto della parola nella cura analitica, attraverso il<br />

taglio che introduce, che consente <strong>di</strong> sfuggire alla pressione <strong>di</strong> ciò che era,<br />

alla necessità che impone, che permette <strong>di</strong> inventarsi al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ciò che ci<br />

determina. Il riconsolidamento, ecco una scoperta biologica che, con quella<br />

della plasticità, dà un sostegno a ciò che fà la portata dell’atto analitico, a<br />

partire dalla <strong>di</strong>scontinuità da cui procedono l’inconscio come pure il<br />

soggetto.<br />

Una determinazione dell’impreve<strong>di</strong>bile<br />

Attraverso il gioco sempre singolare della riassociazione tra le tracce, i<br />

meccanismi universali della plasticità arrivano a produrre dell’unico, del<br />

ogni volta <strong>di</strong>fferente. Si potrebbe <strong>di</strong>re che la plasticità implichi<br />

paradossalmente una determinazione dell’impreve<strong>di</strong>bile. La plasticità,<br />

rimaneggiando costantemente i circuiti neuronali, fa sì che uno stimolo<br />

anche identico può dare delle risposte ogni volta <strong>di</strong>verse in funzione dello<br />

stato del cervello. Come nel gioco degli scacchi tutto <strong>di</strong>pende dai colpi che<br />

19 Freud S., Lettera a Wilhelm Fliess del 6-12-1986, op. cit.<br />

20 Alberini C.M. Mechanism of memory stabilisation. Are consolidation and reconsolidation similar or<br />

<strong>di</strong>stinct process? Trends in neuroscineces, 28. 1, 2005, 51-56. Cf. Tronel S., Milekic M.H., Alberini C.M.<br />

Linking new information to reactive memory requires consolidation or not consolidation mechanism, PloS<br />

Biology, 3, (9) 2005, 1630-1638, Duday Y., Reconsolidation: the advantage being refocused, Curr. Opin.<br />

Neurobiol., 16 (2) 2006, 174-178.<br />

6


sono stati giocati in precedenza. La plasticità introduce una variabilità che<br />

allontana da qualunque idea <strong>di</strong> risposta univoca, determinata da un sistema<br />

rigido e fissato nel tempo. Non si userebbe dunque mai due volte lo stesso<br />

cervello! Si sarebbe dunque biologicamente determinati in modo da non<br />

essere del tutto biologicamente determinati. Si sarebbe geneticamente<br />

determinati per essere liberi. Il fatto della plasticità implica in ogni caso che<br />

si debba rivisitare in modo completamente nuovo la questione del<br />

determinismo.<br />

Il determinismo in questione<br />

Nell’après-coup, grazie ad una illusione retrospettiva, si può sempre vedere<br />

una azione come predeterminata. In realtà, non si fa che pre<strong>di</strong>re il passato.<br />

Nell’istante, il <strong>di</strong>venire non può essere affatto predetto. Attraverso i<br />

meccanismi della plasticità il sistema neuronale si riarrangia, si risitema, si<br />

libera dalla pressione iniziale. La plasticità, anche se risponde ad una logica<br />

determinista, sfocia in una <strong>di</strong>scontinuità ra<strong>di</strong>cale tra le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> partenza<br />

e il <strong>di</strong>venire. Il <strong>di</strong>venire per il fatto della plasticità può essere <strong>di</strong> una estrema<br />

variabilità, al punto che alla fin fine l’identità <strong>di</strong>acronica <strong>di</strong>venta una<br />

questione più <strong>di</strong>fficile da pensare che non la possibilità <strong>di</strong> un cambiamento.<br />

In ogni caso, la permanenza dell’identità è una questione centrale per le<br />

neuroscienze, in contappunto alla <strong>psicoanalisi</strong> in cui è la possibilità <strong>di</strong><br />

cambiamento che fa problema.<br />

Tali constatazioni paradossali, che si fondano sull’avanzata delle<br />

neuroscienze, mostrano quanto non ci si possa accontentare <strong>di</strong> un modello<br />

lineare tra la causa e l’effetto. Tra lo stimolo e la risposta c’è uno iato,<br />

qualcosa che non quadra. Non siamo nel registro <strong>di</strong> un legame lineare.<br />

La <strong>di</strong>scontinuità, come è stata messa in evidenza, mette l’atto del soggetto al<br />

centro della questione del <strong>di</strong>venire. Il soggetto partecipa al suo fare ciò che<br />

<strong>di</strong>venta. Ciascuno quin<strong>di</strong> è responsabile della propria posizione <strong>di</strong> soggetto 21 .<br />

La traccia lasciata dall’esperienza è <strong>di</strong>sponibile per un <strong>di</strong>venire <strong>di</strong>verso da<br />

quello determinato dall’esperienza iniziale. Siamo quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> fronte ad una<br />

determinazione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> determinazione. Il sistema neuronale resta<br />

aperto alla contingenza. La possibilità <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>fica che implica la plasticità<br />

<strong>di</strong>sfa qualunque legame <strong>di</strong>retto tra l’esperienza vissuta e l’effetto prodotto.<br />

La traccia segue un destino <strong>di</strong>verso da ciò che ha presieduto alla sua<br />

iscrizione. Ciò può <strong>di</strong>sorganizzarsi e riorganizzarsi in modo <strong>di</strong>verso. Nulla<br />

rimane fissato, tutto è suscettibile <strong>di</strong> trasformarsi, introducendo una<br />

<strong>di</strong>alettica nuova tra permanenza e cambiamento. Il soggetto procede dal<br />

taglio. E’ lui stesso ad essere l’agente della <strong>di</strong>scontinuità, preso tra ciò che lo<br />

causa e ciò che ha <strong>di</strong> mira. 22<br />

21 Lacan J., La scienza e la verità. In Scritti op.cit.<br />

22 Lacan J., L’angoscia. (1962-63) Il Seminario, Libro X .Einau<strong>di</strong>, Torino, 2007.<br />

7


Di traccia in traccia l’esperienza <strong>di</strong>venta inaccessibile: come <strong>di</strong>ce Freud, la<br />

realtà rimarrà per sempre inconoscibile 23 . La questione dell’atto del soggetto,<br />

della sua scelta, della sua decisione, attraverso il suo giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong><br />

attribuzione 24 , tra piacere e <strong>di</strong>spiacere, interviene pienamente nel suo<br />

<strong>di</strong>venire. E’ così che il fatto che il substrato biologico del soggetto sia<br />

interessato sin nel suo fondo non implica affatto che la causalità che scopre<br />

sia riducibile al biologico25. Lo iato tra l’esperienza e la sua iscrizione fa<br />

della rete neuronale un sistema aperto alla contingenza che porta<br />

l’organismo a essere preso nella <strong>di</strong>alettica del soggetto 26 .<br />

Il tempo della plasticità è un tempo <strong>di</strong>scontinuo, fatto <strong>di</strong> rotture. Ciò che è<br />

non risulta soltanto da ciò che era. E’ in gioco un movimento, preso<br />

nell’anticipazione <strong>di</strong> ciò che sta avvenendo e che non può essere predetto.<br />

Forse bisogna fare appello al futuro anteriore per definire il tempo della<br />

plasticità. In ogni caso non ci si può accontentare <strong>di</strong> una visione lineare e<br />

continua del tempo. Il tempo della plasticità procede dalla <strong>di</strong>scontinuità: ciò<br />

che è ad un dato momento si ritrova portato alla deriva in una temporalità<br />

<strong>di</strong>fficile da cogliere tra le necessità implicate da ciò che era, l’incidenza<br />

contingente del presente, e un <strong>di</strong>venire che rimane non pronosticabile.<br />

La plasticità comporta quin<strong>di</strong> che si rimetta in <strong>di</strong>scussione ra<strong>di</strong>calmente la<br />

causalità naturale nella questione del <strong>di</strong>venire. La plasticità implica una<br />

determinazione dell’unico, una determinazione dell’impreve<strong>di</strong>bile. Permette<br />

l’emergenza e l’incidenza <strong>di</strong> un soggetto, a partire da un posto lasciato libero<br />

dalle leggi stesse dell’organismo. Di conseguenza le <strong>di</strong>mensioni proprie del<br />

soggetto si rivelano operative, introducendo al tempo stesso l’unicità e la<br />

<strong>di</strong>versità. Ci sarebbe così sia una plasticità dell’organismo, sia una plasticità<br />

<strong>di</strong> un soggetto potenzialmente attivo nel suo <strong>di</strong>venire. Ciò che il soggetto<br />

<strong>di</strong>viene non è una funzione <strong>di</strong> ciò che è stato. Ciò che sarà passa dalla<br />

me<strong>di</strong>azione <strong>di</strong> ciò che è, aprendo un campo <strong>di</strong> indeterminazione in cui tutto è<br />

ancora possibile.<br />

L’irriducibile della singolarità<br />

Si può quin<strong>di</strong> constatare come, in complesso, le neuroscienze e la<br />

<strong>psicoanalisi</strong> – che restano due campi senza una comune misura – si<br />

imbattono entrambe, ciascuna dal proprio lato, nell’irriducibile della<br />

questione della singolarità, incontrandovisi. Si misuri quanto questa<br />

prospettiva sia controcorrente rispetto sovrapposizioni che stanno alla base<br />

dei trattamenti cognitivo-comportamentali, quando credono, procedendo a<br />

partire da meccanismi supposti universali, <strong>di</strong> poterne dedurre la posizione <strong>di</strong><br />

ciascuno. Al contrario, come abbiamo visto, le neuroscienze oggi continuano<br />

23 Ferud S. Compen<strong>di</strong>o <strong>psicoanalisi</strong>(1938), Opere Vol. 11, op.cit.<br />

24 Freud S., La negazione, op. cit.<br />

25 Lacan J. La psychanalyse vraie et la fausse. Op cit.<br />

26 Per parafrasare l’enunciato <strong>di</strong> Lacan: L’importante è cogliere come l’organismo viene ad essere preso<br />

nella <strong>di</strong>alettica del soggetto. Lacan J. Posizione dell’inconscio, in “Scritti”, op. cit.<br />

8


ad isolare dei meccanismi universali che giungono a produrre<br />

l’impreve<strong>di</strong>bile e l’unico. Di conseguenza, la <strong>psicoanalisi</strong> non è più la sola<br />

ad occuparsene. E’ un punto che ci sembra fondamentale rilevare a proposito<br />

del rapporto tra neuroscienze e <strong>psicoanalisi</strong>.<br />

Se i rapporti tra <strong>psicoanalisi</strong> e false scienze vanno male, ad esempio nel<br />

campo della valutazione, quelli tra <strong>psicoanalisi</strong> e scienza sembrano profilarsi<br />

sotto una luce <strong>di</strong>versa, come rivelano i recenti progressi delle neuroscienze<br />

intorno al dato della plasticità e del riconsolidamento. Questi due fatti<br />

biologici reintroducono la questione del soggetto nella scienza, a partire da<br />

punti <strong>di</strong> inciampo incontrati all’interno del suo stesso campo.<br />

Anche se il reale della scienza non è lo stesso <strong>di</strong> quello della <strong>psicoanalisi</strong>, si<br />

potrebbe fare l’ipotesi che la <strong>di</strong>scontinuità introdotta dalla plasticità porti a<br />

porre la questione <strong>di</strong> ciò che costituisce lo specifico della <strong>psicoanalisi</strong><br />

all’interno del campo della scienza. Il reale della scienza si <strong>di</strong>stingue dal<br />

reale della <strong>psicoanalisi</strong> per il fatto che si ra<strong>di</strong>ca nella necessità: un<br />

impossibile che sia <strong>di</strong>versamente. Mentre il reale della <strong>psicoanalisi</strong>, che è il<br />

reale dell’inconscio, è al contrario un impossibile che sia <strong>di</strong>versamente che si<br />

ra<strong>di</strong>ca nella contingenza. Il fatto della plasticità, con i suoi paradossi,<br />

implica quin<strong>di</strong> un nuovo para<strong>di</strong>gma per la scienza, fondato sulla<br />

contingenza, che raggiunge ciò che è al centro della <strong>psicoanalisi</strong>. Questi<br />

slittamenti, questi cambiamenti <strong>di</strong> para<strong>di</strong>gma nel senso <strong>di</strong> Kuhn 27 , aprono<br />

forse così ad una nuova epoca, quella <strong>di</strong> una scienza che includerebbe la<br />

<strong>psicoanalisi</strong> 28 .<br />

traduzione <strong>di</strong> Roberto Cavasola<br />

9<br />

Marzo 2007<br />

27 Kuhn T.S., La struttura delle rivoluzioni scientifiche.<br />

28 Per riprendere la sfida lanciata da Lacan: «Restava quin<strong>di</strong> irrisolta la questione che assumiamo come<br />

progetto ra<strong>di</strong>cale: quella che va da: la <strong>psicoanalisi</strong> è una scienza? a: cos’è una scienza che include la<br />

<strong>psicoanalisi</strong> ». J.Lacan, Résumé ré<strong>di</strong>gé pour l’annuaire de l’Ecole Pratique des Hautes Etudes, 1965. In : J.<br />

Lacan, Les quatre concepts de la psychanalyse, (1964), Le Séminaire, Livre XI, Paris, Seuil, 1973, 4 ème de<br />

couverture.

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