L'abduzione in Aristotele
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<strong>L'abduzione</strong> <strong>in</strong> <strong>Aristotele</strong><br />
Dario Compagno<br />
In queste pag<strong>in</strong>e analizzo il rapporto esistente tra la sillogistica di <strong>Aristotele</strong>, <strong>in</strong> particolare i concetti<br />
di <strong>in</strong>duzione e schema di seconda figura, e gli studi peirciani sui tipi di ragionamento, <strong>in</strong> particolare<br />
sull'abduzione e sull'ipotesi.<br />
Muovo dall'idea che l'abduzione <strong>in</strong> Peirce sia un oggetto complesso, composto di almeno due<br />
aspetti dei quali ciascuno non è <strong>in</strong>cluso nell'altro, che si sviluppano successivamente nel pensiero<br />
del filosofo.<br />
Propongo che il primo di questi aspetti corrisponda alla seconda figura, mentre l'altro sia un<br />
elemento costitutivo di ogni sillogismo.<br />
Indice<br />
1) La sillogistica aristotelica<br />
1.1) I sillogismi<br />
1.2) Le figure del sillogismo<br />
1.3) Due sensi di antistréfe<strong>in</strong><br />
1.4) L'<strong>in</strong>duzione come conversione s<strong>in</strong>tetica<br />
1.5) L'apagoge<br />
1.6) Riassumendo<br />
2) <strong>L'abduzione</strong> peirciana<br />
2.1) Evoluzione dei concetti di abduzione e <strong>in</strong>duzione<br />
2.2) L'ipotesi perfetta e l'<strong>in</strong>duzione perfetta<br />
2.3) L'ipotesi nella sillogistica<br />
2.4) L'approccio stoico<br />
2.5) Tipi di abduzione<br />
2.6) Riassumendo<br />
3) Tentativo di formalizzazione nella deduzione naturale<br />
3.1) La deduzione<br />
3.2) <strong>L'abduzione</strong><br />
3.3) L’<strong>in</strong>duzione e il macroargomento<br />
3.4) Riassumendo<br />
4) Conclusioni<br />
4.1) Generalizzazione e spiegazione<br />
4.2) <strong>L'abduzione</strong> <strong>in</strong> <strong>Aristotele</strong><br />
Bibliografia
1) La sillogistica aristotelica<br />
1.1) I sillogismi<br />
<strong>Aristotele</strong> basò il suo sistema filosofico sul concetto di sostanza.<br />
La sostanza è “ciò che spiega e giustifica l'essere di ogni cosa” (Abbagnano 1969, p.152), è il<br />
pr<strong>in</strong>cipio (arché) e la causa (aitìa) di tutto.<br />
<strong>Aristotele</strong>, pr<strong>in</strong>cipe degli scienziati, diede grandissima importanza allo studio della fisica e delle<br />
scienze naturali. Cercò allora di sviluppare un metodo per comprendere il mondo, fondato su di una<br />
conoscenza che fosse più che probabile e desse delle garanzie di veridicità assoluta.<br />
Per questo impose come basilare per i suoi <strong>in</strong>segnamenti uno studio precedente e fondamentale<br />
all'analisi della natura. L'Organon è una raccolta di scritti che vuole <strong>in</strong>segnare a controllare i propri<br />
ragionamenti, <strong>in</strong> modo da poter dist<strong>in</strong>guere i pensieri corretti e, affidandosi a questi, produrre delle<br />
conoscenze di valore superiore a quello delle semplici ipotesi.<br />
“Sillogismo è la controparte logico-l<strong>in</strong>guistica del concetto di sostanza” (Abbagnano, op. cit.,<br />
p.184)<br />
Infatti è su di esso, la cui trattazione occupa la parte centrale dell'opera logica del filosofo, che si<br />
basa ogni conoscenza.<br />
Un sillogismo è formato dall'unione di tre proposizioni (la natura delle quali viene spiegata nei libri<br />
precedenti agli Analitici), di cui due ne costituiscono le premesse, delle quali non si discute la<br />
validità, ma da questa si muove; e la restante ne è conclusione: ovvero proposizione a cui il<br />
ragionamento <strong>in</strong>fonde validità.<br />
La logica aristotelica è simbolica e formale (Penco, 2001), ed i sillogismi saranno appunto dei<br />
contenitori <strong>in</strong> grado di veicolare i più diversi contenuti. E' la natura di queste forme vuote oggetto di<br />
analisi e comprensione, giacché operando tramite sillogismi corretti, avremo la certezza di non<br />
allontanarci mai dalla verità delle premesse che affidiamo loro.<br />
Ogni premessa è una proposizione categorica, che assegna un predicato ad un soggetto 1 .<br />
La gerarchia tra term<strong>in</strong>i, proposizioni e sillogismi sarà caratteristica pr<strong>in</strong>cipale del modo di fare<br />
logica di <strong>Aristotele</strong>.<br />
Molto importante è il term<strong>in</strong>e medio, elemento <strong>in</strong> comune alle due premesse ed assente nella<br />
conclusione, che permette l'<strong>in</strong>ferenza (o almeno le <strong>in</strong>ferenze deduttive, come si vedrà <strong>in</strong> 1.3.1).<br />
“Term<strong>in</strong>e medio del sillogismo: esso rappresenta nel sillogismo la sostanza, o la causa o la ragione,<br />
che solo rende possibile la conclusione: l'uomo è mortale perché, e solo perché, è animale.”<br />
(Abbagnano, op.cit., p.184)<br />
Il ruolo del term<strong>in</strong>e medio nelle <strong>in</strong>ferenze è stato preso <strong>in</strong> esame da Eco (1990), per il quale, ciò che<br />
permette secondo <strong>Aristotele</strong> di conoscere la causa dell'esistenza di una cosa (e qu<strong>in</strong>di la sua ousìa) è<br />
la def<strong>in</strong>izione di questa cosa.<br />
Il sillogismo sarà uno strumento che permetterà, partendo da def<strong>in</strong>izioni, di <strong>in</strong>ferire se gli oggetti <strong>in</strong><br />
questione esistano o meno.<br />
“Def<strong>in</strong>ire significa isolare il term<strong>in</strong>e medio, e scegliere il term<strong>in</strong>e medio [<strong>in</strong> un sillogismo] significa<br />
decidere cosa deve essere spiegato” (ibidem.).<br />
1 E nella dist<strong>in</strong>zione tra predicati e soggetti si <strong>in</strong>dividua la nascita della disputa sugli universali (Penco, op. cit.).<br />
2
1.2) Le figure del sillogismo<br />
E' la funzione del term<strong>in</strong>e medio che determ<strong>in</strong>a le figure (schémata) del sillogismo.<br />
La premessa maggiore di un sillogismo predica qualcosa del term<strong>in</strong>e medio, la premessa m<strong>in</strong>ore<br />
predica il term<strong>in</strong>e medio ad un soggetto. Soggetto e predicato sono qu<strong>in</strong>di uniti attraverso il medio.<br />
Il più semplice dei sillogismi, BARBARA, che è per <strong>Aristotele</strong> l'unico auto-evidente al quale<br />
bisogna ricondurre tutti gli altri per poterli dimostrare (si veda qui il paragrafo 1.3), manifesta<br />
proprio questa relazione di transitività.<br />
E' possibile però trovare anche dei sillogismi <strong>in</strong> cui entrambe le proposizioni predich<strong>in</strong>o lo stesso<br />
medio di due soggetti dist<strong>in</strong>ti (terza figura), ed ancora altri <strong>in</strong> cui queste attribuiscano allo stesso<br />
soggetto due predicati (seconda figura).<br />
Ecco la suddivisione delle quattro figure sillogistiche:<br />
I figura II figura III figura IV figura<br />
S è M<br />
S è M<br />
M è S<br />
M è P<br />
M è P<br />
P è M<br />
M è P<br />
S è M<br />
La prima e la quarta figura possono venire considerate come specie dello stesso genere di<br />
argomento che abbia il term<strong>in</strong>e medio una volta <strong>in</strong> posizione predicativa ed una volta <strong>in</strong> posizione<br />
di soggetto, e più avanti mi riferirò a questo come sillogismo di prima figura <strong>in</strong> generale.<br />
Ogni figura comprende molti sillogismi poiché <strong>Aristotele</strong> (nel De Interpretazione) classifica le<br />
proposizioni che possono comparire <strong>in</strong> ogni premessa, secondo il fatto che afferm<strong>in</strong>o e negh<strong>in</strong>o<br />
qualcosa, e secondo il loro essere generali o particolari.<br />
Alcuni sillogismi, determ<strong>in</strong>ati qu<strong>in</strong>di a partire dal tipo di proposizioni che hanno per premesse e<br />
dalla posizione del term<strong>in</strong>e medio <strong>in</strong> esse, saranno validi, ed ogni ragionamento effettuato per loro<br />
tramite sarà sempre vero, a condizione che le premesse utilizzate siano vere.<br />
Bisogna mettere subito <strong>in</strong> evidenza che <strong>in</strong> ogni figura si trovano sia sillogismo validi che sillogismi<br />
non validi. L'appartenere qu<strong>in</strong>di alla prima figura non è s<strong>in</strong>onimo di validità.<br />
1.3) Due sensi di antistréfe<strong>in</strong><br />
<strong>Aristotele</strong> negli Analitici mostra come si possano effettuare delle trasformazioni sui sillogismi, per<br />
poter ricondurre tutti quelli validi, di figure diverse dalla prima, a quest'ultima.<br />
Egli chiama queste trasformazioni conversioni, e la tradizione medievale ha codificato questa<br />
tecnica di dimostrazione <strong>in</strong> una mnemotecnica molto raff<strong>in</strong>ata.<br />
Ad ogni sillogismo valido viene dato un nome, e le lettere che compongono questo nome ci danno<br />
delle <strong>in</strong>formazioni che allo stesso tempo ci consentono di identificare il sillogismo, e ci ricordano<br />
quale tipo di conversione bisogna utilizzare per ricondurlo al sillogismo universale affermativo di<br />
prima figura (chiamato BARBARA).<br />
Queste conversioni (identificate nelle tre tipologie mutatio praemissarum, conversio simplex,<br />
conversio per accidens a seconda della trasformazione che applicano alle premesse) hanno la<br />
fondamentale proprietà di non modificare la verità di ciò che viene trasformato, non ampliando<br />
cioè quello che la premessa dice.<br />
3
In questo modo viene garantito che le conclusioni tratte sulla base delle figure valide riconducibili<br />
alla prima, abbiano la stessa necessarietà di quest'ultima.<br />
<strong>Aristotele</strong> <strong>in</strong> un passo degli Analitici Primi parla <strong>in</strong> un secondo senso, completamente diverso da<br />
quello <strong>in</strong>teso come conversio, del term<strong>in</strong>e convertire o antistréfe<strong>in</strong>. Questo senso secondo del<br />
term<strong>in</strong>e viene riconosciuto all'<strong>in</strong>terno della filologia come dist<strong>in</strong>to dal primo (Colli, nota ad An. Pr.<br />
II (B), 8, 59b).<br />
Nel passo 59b <strong>Aristotele</strong> scrive: “Convertire un sillogismo, d'altro canto, significa permutare la<br />
conclusione, e dedurre poi sillogisticamente che l'estremo maggiore non appartiene al medio,<br />
oppure il medio non appartiene all'ultimo term<strong>in</strong>e”.<br />
Innanzitutto non si tratta di operare una trasformazione che miri a ricondurre un sillogismo ad un<br />
altro che sia più chiaro ovvero più simile a BARBARA.<br />
Poi questa trasformazione non rispetta l'assunto fondamentale delle prime conversioni, cioè non<br />
mantiene <strong>in</strong>alterato ciò che è enunciato da una proposizione, anzi esplicitamente nega la<br />
conclusione (<strong>Aristotele</strong> esplicita poche righe più avanti che permutare una proposizione vuol dire<br />
trasformarla nella sua contraddittoria o nella sua contraria 2 ).<br />
Il filosofo sta osservando che, dato un sillogismo valido, se la sua conclusione venisse negata, allora<br />
ne seguirebbe necessariamente la falsità di (almeno) una delle due premesse (giacché, se così non<br />
fosse, vi sarebbe una contraddizione tra la conclusione assunta e quella ottenuta per deduzione:<br />
qu<strong>in</strong>di se la conclusione assunta è vera ed il ragionamento è corretto, allora una delle premesse del<br />
ragionamento deve essere falsa).<br />
Questo è paragonabile al risultato della scuola stoica detto poi del modus tollens (si veda 2.4).<br />
1.4) L'<strong>in</strong>duzione come conversione s<strong>in</strong>tetica<br />
Ancora un altro è il senso dato dal filosofo al term<strong>in</strong>e <strong>in</strong>duzione negli Analitici Primi (II (B) 23, 68b<br />
15).<br />
Questo è un ragionamento che può venir ricondotto al sillogismo di prima figura, sebbene tramite<br />
una conversione particolare.<br />
Infatti "mediante le figure esposte <strong>in</strong> precedenza si sviluppano non soltanto i sillogismi dialettici e i<br />
sillogismi dimostrativi, ma [...] <strong>in</strong> generale, si costituisce ogni forma di conv<strong>in</strong>zione" (ibidem, 10).<br />
L'<strong>in</strong>duzione ha uno statuto ibrido, è un sillogismo nel senso che ha la sua forma, ma non può essere<br />
completamente ridotta a questo. In un certo senso l'<strong>in</strong>duzione è opposta al sillogismo proprio.<br />
“Ogni nostra conv<strong>in</strong>zione si raggiunge, <strong>in</strong>fatti, o attraverso il sillogismo, o partendo dall'<strong>in</strong>duzione”<br />
(An. Pr. 68b, 10)<br />
Ma poi: “L'<strong>in</strong>duzione – e più precisamente il sillogismo fondato sull'<strong>in</strong>duzione” (68b, 15).<br />
Questa è un <strong>in</strong>ferenza, direbbe Peirce, cioè un argomento che da due proposizioni assunte come<br />
premesse mi permette di giungere ad una conclusione, ma non è un sillogismo che basa la sua<br />
validità su di un term<strong>in</strong>e medio: “Le proposizioni che hanno un medio vengono provate attraverso<br />
questo medio, mentre le proposizioni che non l'hanno attraverso l'<strong>in</strong>duzione” (68b, 30).<br />
Anzi la sua f<strong>in</strong>alità è proprio quella di provare il riferimento di un estremo al medio.<br />
L'<strong>in</strong>duzione “ha come conclusione la prima premessa, priva di medio” (68b, 30).<br />
2 Contrarietà e contraddittorietà sono relazioni tra proposizioni trattate nel De Interpretazione (17a-b).<br />
4
“Consiste nel dedurre, mediante uno degli estremi, il riferimento dell'altro estremo al medio; ad<br />
esempio, se B è il term<strong>in</strong>e medio tra A e C, nel provare mediante C che A appartiene a B.” (68b, 15)<br />
Abbagnano scrive “L'<strong>in</strong>duzione, secondo <strong>Aristotele</strong>, è una deduzione 3 , la quale, <strong>in</strong>vece di dedurre<br />
un estremo dall'altro mediante il term<strong>in</strong>e medio, come fa il sillogismo vero e proprio, deduce il<br />
tem<strong>in</strong>e medio da un estremo” (op. cit., p. 185 – corsivo mio).<br />
Avrà dunque questa forma (da 68b, 15-25):<br />
C è A<br />
C è B<br />
-------<br />
B è A<br />
Rappresentando così questa configurazione di premesse, ci appare chiaro quanto sia simile alla terza<br />
figura del sillogismo.<br />
Anche qui <strong>Aristotele</strong> parla di conversione, e questa sarà più simile al secondo tipo da noi analizzato<br />
(al paragrafo 1.3) che non a quello più familiare alla tradizione medievale.<br />
L'<strong>in</strong>duzione è una deduzione. Qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong> un certo qual modo va ricondotta a, trasformata <strong>in</strong>, una<br />
prima figura sillogistica. Solo che per fare questo bisogna alterare quello che una premessa dice:<br />
bisogna a dire il vero sostituire una premessa con un' altra che dica qualcosa di più. Solo <strong>in</strong> questo<br />
modo sarà possibile dedurre qualcosa “attraverso una totalità di oggetti s<strong>in</strong>goli”.<br />
<strong>Aristotele</strong> ci spiega a che condizioni sarà possibile realizzare questa conversione: “Orbene, se C si<br />
converte con B e il medio non è più esteso di C, sarà necessario che A appartenga a B” (68b, 20 –<br />
corsivo mio.).<br />
Si può realizzare una conversione solamente se sappiamo qualcosa di diverso dalle sole premesse di<br />
partenza, cioè se <strong>in</strong> una premessa al posto di un'implicazione si può sostituire una doppia<br />
implicazione.<br />
Questa <strong>in</strong>formazione, che esula dalle premesse, sarà una dato nuovo, non ottenuto per deduzione,<br />
ma che giustificherà l'<strong>in</strong>duzione facendola rientrare di diritto all'<strong>in</strong>terno dei sillogismi.<br />
In concreto bisognerà aggiungere all'<strong>in</strong>ferenza una proposizione non nata da trasformazioni<br />
necessarie, bensì data, offerta dall'esterno.<br />
Potremo qu<strong>in</strong>di rappresentare un'<strong>in</strong>duzione così:<br />
C è A<br />
C è B ---> B è C<br />
-----------<br />
B è A<br />
Dove la freccia <strong>in</strong>dica la trasformazione della seconda premessa.<br />
L'<strong>in</strong>duzione è un procedimento molto diverso dalla dimostrazione di un sillogismo valido di terza<br />
figura. Ricondurre un BOCARDO ad un BARBARA implicherà la “riscrittura” delle medesime<br />
premesse e non l'aggiunta di una nuova. In questo si basa la validità, deduttività della dimostrazione<br />
per <strong>Aristotele</strong>. Qui non si può <strong>in</strong>vece ottenere deduttivamente "B è C" da "C è B".<br />
3 Qui ci viene mostrata la più grande differenza tra l'<strong>in</strong>duzione <strong>in</strong> <strong>Aristotele</strong> e <strong>in</strong> Peirce: quello che per il primo è una<br />
deduzione, per il secondo (nel suo pensiero più maturo) sarà differente e giustapposto a questa.<br />
5
<strong>Aristotele</strong> è chiaro quando dice che l'<strong>in</strong>duzione muove da oggetti, osservazioni, e che per poter<br />
compiere questa conversione “additiva” bisognerà avere la certezza di non commettere un errore.<br />
L'<strong>in</strong>duzione descritta da <strong>Aristotele</strong> (negli Analitici Primi) è l'<strong>in</strong>duzione perfetta di Peirce (si veda<br />
2.2): un'<strong>in</strong>duzione che non tralasci nemmeno un elemento della classe sotto analisi, che sia cioè<br />
completa 4 .<br />
Questo <strong>in</strong> verità fa perdere molta potenza all'<strong>in</strong>duzione <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di <strong>in</strong>troduzione di nuova<br />
conoscenza, ma quello che essa perde, lo guadagna <strong>in</strong> correttezza formale, e sappiamo come la<br />
sillogistica per il filosofo greco si offrisse al bisogno di poter pensare senza errori più che a quello<br />
di formulare proposizioni <strong>in</strong>novative.<br />
Negli Analitici Secondi comunque <strong>Aristotele</strong> dà all'<strong>in</strong>duzione una rilevanza maggiore <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di<br />
ragionamento s<strong>in</strong>tetico, che muove dall'esperienza per <strong>in</strong>dividuare le proposizioni generali da<br />
utilizzare poi nei sillogismi: "La dimostrazione parte da proposizioni universali, mentre l'<strong>in</strong>duzione<br />
si fonda su proposizioni particolari; non è tuttavia possibile cogliere le proposizioni universali, se<br />
non attraverso l'<strong>in</strong>duzione [...]. D'altro canto è impossibile che chi non possiede la sensazione venga<br />
guidato <strong>in</strong>duttivamente" (An. Sec., I (A), 18, 81b, 40)<br />
La polarità tra deduzione ed <strong>in</strong>duzione completa <strong>in</strong> Grecia il processo della conoscenza, e sarà<br />
Peirce a presentare la necessità di <strong>in</strong>trodurre un terzo tipo di ragionamento dist<strong>in</strong>to dagli altri due.<br />
1.5) L'apagoge<br />
Discorso a parte richiede l'apàgoge: ragionamento (o classe di ragionamenti) che vive oggi tra i<br />
term<strong>in</strong>i dist<strong>in</strong>ti di riduzione, retroduzione e anche abduzione.<br />
Leggiamo sempre negli Analitici Primi che “Si ha poi riduzione, quando l'appartenenza del primo<br />
term<strong>in</strong>e al medio sia evidente, ma risulti <strong>in</strong>certa l'appartenenza del medio all'ultimo term<strong>in</strong>e, pur<br />
possedendo questa seconda premessa un grado di credibilità eguale a quello della conclusione, o<br />
anche maggiore 5 ” (II (B) 25, 69a, 20).<br />
Si tratta qu<strong>in</strong>di di un sillogismo (formulato attorno ad un medio) di cui però la premessa maggiore<br />
non è assunta per certa, ma come probabile.<br />
Si tratta più che di una nuova figura, di una qualità di certi sillogismi di non essere fondati su<br />
premesse certe al cento per cento.<br />
Quello che si ottiene con essa è di ampliare l'affidabilità che nutriamo per una premessa, verso<br />
un'altra <strong>in</strong> qualche modo legata alla prima. Si “trasporta” una credenza verso un'altra che viene a<br />
trovarsi <strong>in</strong>clusa nella prima, e che per tanto si appoggia ad essa.<br />
E' paragonabile a certe applicazioni dell'argomento a fortiori che muovono da una credenza per<br />
offrire autorevolezza ad un'altra, quando nessuna delle due sia certa.<br />
Peirce si riferisce a questo senso del term<strong>in</strong>e quando nel saggio Deduzione, <strong>in</strong>duzione e ipotesi<br />
(1984 p.205, C.P. 2619) scrive che <strong>in</strong>vertire una deduzione (prima figura, BARBARA) produce<br />
un'altra deduzione <strong>in</strong> un'altra figura (BAROCO o BOCARDO), ma che “se <strong>in</strong>vece di partire come<br />
abbiamo fatto da una deduzione necessaria <strong>in</strong> Barbara, prendiamo una deduzione probabile <strong>in</strong><br />
4 <strong>Aristotele</strong> descriverà dopo un differente tipo di argomentazione che è l'esempio, dist<strong>in</strong>guendola totalmente<br />
dall'<strong>in</strong>duzione <strong>in</strong> senso proprio: “non passa dalla parte al tutto, né dal tutto alla parte, ma procede dalla parte alla<br />
parte” (An. Pr., II (B), 24, 68b-69a). L'esempio funziona per somiglianza di un caso con un altro assunti sotto lo<br />
stesso genere. L'<strong>in</strong>duzione statistica odierna si situerebbe qu<strong>in</strong>di a metà tra l'<strong>in</strong>duzione e l'esempio.<br />
5 E anche "quando siano pochi i medi, attraverso cui si può provare l'appartenenza del medio all'ultimo term<strong>in</strong>e"<br />
(ibidem.).<br />
6
Barbara, allora i modi <strong>in</strong>diretti che otterremo saranno: un'ipotesi, corrispondente a Baroco; e<br />
un'<strong>in</strong>duzione, corrispondente a Bocardo” (1984 p.209, C.P. 2627).<br />
Bisogna stare attenti al concetto di deduzione probabile <strong>in</strong> Peirce, cioè ragionamento certo che<br />
opera però con percentuali o valori di probabilità, che permette di raggiungere delle certezze sulla<br />
distribuzione di una proprietà <strong>in</strong> una classe; diverso da un ragionamento probabile nel senso di<br />
debole, dal quale non segua <strong>in</strong> modo automatico una conclusione (per quanto questa possa trattare<br />
sia probabilità che proposizioni categoriche), come ad esempio l'ipotesi.<br />
Peirce ripeterà più volte che nel primo caso si può e si deve parlare di deduzione (è quello che la<br />
matematica oggi fa all'<strong>in</strong>terno della teoria della probabilità), mentre nel secondo si esce dal campo<br />
delle conseguenze certe e si <strong>in</strong>contrano altre <strong>in</strong>ferenze meno sicure, ma per altri versi più<br />
<strong>in</strong>teressanti.<br />
Non soltanto l’abduzione è <strong>in</strong> rapporto con l’apagoge qu<strong>in</strong>di, essendo anche l’<strong>in</strong>duzione probabile<br />
<strong>in</strong> relazione con questa.<br />
Peirce sembra di questa idea quando scrive che l'<strong>in</strong>duzione e l'ipotesi possono entrambe venire<br />
ridotte al tipo generale di sillogismo probabile (C. P. 2.514); e che ogni <strong>in</strong>ferenza probabile è legata<br />
alla "apagogical proof" (C. P. 2.516).<br />
In C. P. 1.65 scrive: "The term 'apagoge' <strong>in</strong> Aristotle was misunderstood because of corrupt text and<br />
as misunderstood usually translated abduction".<br />
1.6) Riassumendo<br />
La seconda e la terza figura sono <strong>in</strong>siemi di sillogismi ord<strong>in</strong>ati secondo la disposizione del medio<br />
nelle loro premesse. Alcuni di essi sono validi, e possono venir dimostrati, ovvero ricondotti, per<br />
mezzo di trasformazioni che non alterano l'<strong>in</strong>formazione contenuta nelle premesse, al sillogismo<br />
valido di prima figura chiamato BARBARA.<br />
L'<strong>in</strong>duzione è un <strong>in</strong>sieme di sillogismi di terza figura che, per poter venire dimostrati, hanno<br />
bisogno di un tipo di conversione che aggiunga <strong>in</strong>formazione alle premesse.<br />
Per questo l'<strong>in</strong>duzione è un modo a sé stante di ragionamento, e non è un vero e proprio sillogismo<br />
valido, sebbene produca <strong>in</strong>formazione certa.<br />
L'apagoge è un <strong>in</strong>sieme di sillogismi che presentano una premessa come probabile e non certa.<br />
Questi sillogismi possono presentarsi <strong>in</strong> ogni figura e non necessitano di una particolare<br />
conversione per venir dimostrati. In tutti i casi le loro conclusioni avranno al più la stessa<br />
probabilità attribuita alle premesse.<br />
Ogni sillogismo può anche venir convertito mediante una permutazione della conclusione nella<br />
sua contraddittoria o contraria. A questo seguirà necessariamente che almeno una delle sue<br />
premesse debba a sua volta venire permutata.<br />
7
2) <strong>L'abduzione</strong> peirciana<br />
2.1) Evoluzione dei concetti di abduzione e <strong>in</strong>duzione<br />
Giampaolo Proni, <strong>in</strong> Introduzione a Peirce (1990), opera un taglio nella cont<strong>in</strong>uità del pensiero del<br />
filosofo, riguardo il suo modo di vedere l'<strong>in</strong>duzione e l'ipotesi.<br />
Pur mantenendo certi assunti di base (ad esempio sulla natura triadica di tutte le <strong>in</strong>ferenze, e sulla<br />
possibilità di classificare ogni <strong>in</strong>ferenza come deduzione, <strong>in</strong>duzione o ipotesi) Peirce elaborerà<br />
successivamente due approcci al problema.<br />
Leggiamo <strong>in</strong> un passo sulla natura dell'ipotesi: "But I was too much taken up <strong>in</strong> consider<strong>in</strong>g<br />
syllogistic forms [...] which I made more fundamental than they really are" (C.P. 2.102).<br />
Qui egli sembra avvertire la necessità di allontanarsi dalla dottr<strong>in</strong>a aristotelica per poter dar spazio<br />
all'<strong>in</strong>tuizione che lo porta a formulare un nuovo concetto di ipotesi, e qu<strong>in</strong>di di abduzione.<br />
S<strong>in</strong>tetizzando possiamo dire che <strong>in</strong> un primo momento del pensiero di Peirce l'ipotesi è parallela<br />
all'<strong>in</strong>duzione. Dove quest'ultima aumenta l'estensione di un concetto (il numero di <strong>in</strong>dividui che<br />
posseggono certi predicati), la prima aumenta la sua <strong>in</strong>tensione (numero di predicati posseduti da<br />
certi <strong>in</strong>dividui).<br />
"L'ipotesi è un'<strong>in</strong>duzione riguardante caratteri anziché <strong>in</strong>dividui." (2.706)<br />
Ma questa <strong>in</strong>duzione di caratteri presenta un problema: mentre vi è la possibilità di r<strong>in</strong>tracciare<br />
tutti gli elementi di un <strong>in</strong>sieme di <strong>in</strong>dividui concreti, è molto più difficile operare con oggetti i cui<br />
caratteri siano completamente numerabili.<br />
Se il numero di oggetti sotto analisi può essere f<strong>in</strong>ito, il numero di analisi applicabili ad un oggetto<br />
difficilmente può esserlo.<br />
Se com<strong>in</strong>cio ad elencare le proprietà <strong>in</strong> comune tra due oggetti, ad esempio provando a stabilire a<br />
quante categorie appartengono <strong>in</strong> comune per stabilire la loro similarità, non arriverò mai a ottenere<br />
una certezza sulla totale identità tra essi, e la mia sarà sempre solo un'ipotesi di somiglianza,<br />
giacché non si esauriranno mai le caratteristiche che potrò cercare ed <strong>in</strong> cui potrei trovare una<br />
cruciale differenza.<br />
F<strong>in</strong>o a questo punto Peirce parla di ipotesi come tipo di <strong>in</strong>duzione qu<strong>in</strong>di, e (come vedremo <strong>in</strong> 2.2)<br />
renderà possibile ad entrambe la partecipazione alla natura della deduzione, sebbene soltanto a certe<br />
condizioni.<br />
Le due sono <strong>in</strong> rapporto parallelo e non sequenziale: o si opera un'<strong>in</strong>duzione o un'ipotesi, aut aut.<br />
Ma col tempo Peirce com<strong>in</strong>cia ad <strong>in</strong>teressarsi, più che alla validità dei ragionamenti, a come questi<br />
possano produrre nuove verità (Proni, op. cit.).<br />
Allora l'ipotesi viene ad assumere una vita propria <strong>in</strong>dipendente dall'<strong>in</strong>duzione, e sarà anzi<br />
quest'ultima a veder ridef<strong>in</strong>ito il proprio ruolo nei processi del pensiero.<br />
Bisogna <strong>in</strong>tanto dire che l'ipotesi e l'<strong>in</strong>duzione sono adesso visti esclusivamente come ragionamenti<br />
s<strong>in</strong>tetici, con la parole di Peirce probabili nel senso di opposto ad apodittici (ovvero deduttivi e<br />
necessari).<br />
La loro validità non sarà <strong>in</strong>dipendente da tutto ciò di esterno alle premesse, ma avremo sempre a<br />
che fare con l'ignoranza di qualche fattore che potrebbe <strong>in</strong> un qualsiasi momento rivelarsi rilevante.<br />
Abbandoniamo qu<strong>in</strong>di il mondo della deduzione e della perfezione per poter dire qualcosa di nuovo.<br />
L'ipotesi rimane <strong>in</strong>duzione di caratteri, ma acquista un'altra natura.<br />
8
Diviene spiegazione causale, che non opera più soltanto per generalizzazione di tratti come<br />
l'<strong>in</strong>duzione, ma permette di <strong>in</strong>dagare ciò che non è direttamente percepibile, mettendolo <strong>in</strong><br />
connessione con ciò che lo è.<br />
Ad esempio l'<strong>in</strong>duzione ci permettere di concludere (<strong>in</strong> modo probabile) dai pochi verso il tutto che,<br />
se due fogli di carta combaciano <strong>in</strong> alcuni punti, allora combaceranno ovunque.<br />
Potremo <strong>in</strong>vece formulare l'ipotesi che, dati due fogli, questi saranno (forse) due parti strappate da<br />
un foglio unico.<br />
Peirce studia adesso l'<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e concreta, il come noi pensiamo il mondo <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i sì di categorie<br />
generali, ma anche e soprattutto di connessioni causali.<br />
Sviluppa l'idea di <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e come macroargomento, che si sviluppa <strong>in</strong> tre momenti (corrispondenti<br />
ai tre tipi di <strong>in</strong>ferenza possibili), e rende conto del naturale movimento del pensiero.<br />
L'<strong>in</strong>duzione diventa il modo <strong>in</strong> cui cerchiamo conferme per un'ipotesi, le è sempre successiva<br />
cronologicamente e non più parallela.<br />
Se ad esempio vedo due fogli, e noto una qualche strana similarità fra essi (ipotesi di somiglianza,<br />
qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong>duzione di caratteri), allora potrò formulare un'ipotesi causale come "se un foglio viene<br />
strappato, si ottengono due parti", che è una regola generale 6 , e potrò osservare nei due pezzi di<br />
carta un'occorrenza concreta dell'apodosi di quel condizionale. Per deduzione potrò allora<br />
chiedermi: "se due fogli sono parti strappate da un unico foglio, allora dovranno necessariamente<br />
combaciare <strong>in</strong> tutti i punti", e mi servirò dell'<strong>in</strong>duzione (stavolta di <strong>in</strong>dividui) per concludere<br />
dall'osservazione di un certo numero di spigoli combacianti che i due fogli, combaciando <strong>in</strong> tutti i<br />
loro punti, effettivamente un tempo fossero lo stesso foglio.<br />
Avremo qu<strong>in</strong>di un'ipotesi di somiglianza tra due oggetti, che vedremo muove dalla seconda figura<br />
del sillogismo aristotelico; ed un'ipotesi di spiegazione di un evento per mezzo di una regola.<br />
Dove r<strong>in</strong>tracciare questa seconda natura dell'ipotesi <strong>in</strong> <strong>Aristotele</strong> è l'oggetto di questa ricerca.<br />
2.2) L'ipotesi perfetta e l'<strong>in</strong>duzione perfetta<br />
Peirce nel passo 2.508 dei Collected Papers parla della Perfect or Formal Induction.<br />
Si tratta di un'<strong>in</strong>ferenza (o sillogismo) con questa forma:<br />
Σ'S' is P<br />
Σ'S' is M<br />
-----------<br />
M is P<br />
Dove Σ'S' è la somma di tutte le classi <strong>in</strong>cluse <strong>in</strong> M.<br />
La forma di questo ragionamento è quella di un sillogismo di terza figura: vi sono due predicati ed<br />
un solo soggetto.<br />
Ma questo soggetto è di natura particolare, essendo un aggregato di tutti gli <strong>in</strong>dividui della classe di<br />
uno dei due predicati (M). In pratica qu<strong>in</strong>di co<strong>in</strong>cide con l'<strong>in</strong>sieme def<strong>in</strong>ito dal predicato M, e la<br />
seconda premessa realizza di fatto un'identità tautologica.<br />
6 Si veda 2.5 per la dist<strong>in</strong>zione tra l'ipotizzare una regola generale e l'ipotizzare che un'occorrenza concreta sia il caso<br />
di una regola generale.<br />
9
Potremmo realizzare una conversione della seconda premessa <strong>in</strong> "M is Σ'S'" senza alterarne la<br />
verità. A quel punto avremmo un sillogismo di prima (quarta) figura:<br />
Σ'S' is P<br />
M is Σ'S'<br />
-----------<br />
M is P<br />
<strong>Aristotele</strong> parlava di questa conversione nella dimostrazione dell'<strong>in</strong>duzione (si veda 1.4), e Peirce,<br />
def<strong>in</strong>endo il term<strong>in</strong>e comune ad entrambe le premesse come equivalente (per estensione) al<br />
predicato da convertire, assicura la correttezza deduttiva dell'argomento che anche <strong>Aristotele</strong> vi<br />
attribuiva.<br />
Ma viene da chiedersi una cosa: qual'è la differenza tra l'<strong>in</strong>duzione perfetta è un sillogismo<br />
deduttivo di prima figura?<br />
Intendo: se convertiamo la premessa aggiungendo nuova <strong>in</strong>formazione, cioè che M sia Σ'S', non<br />
stiamo implicitamente costruendo un sillogismo transitivo, e mostrando la premessa "Σ'S' is M"<br />
soltanto per mantenere l’aspetto della terza figura aristotelica?<br />
Forse la differenza è che questa è la forma con cui otteniamo questa premessa partendo<br />
dall'esperienza.<br />
Potremmo <strong>in</strong>fatti com<strong>in</strong>ciare (ipoteticamente) ad analizzare ogni elemento dell'<strong>in</strong>sieme M, ogni S'<br />
qu<strong>in</strong>di, e rilevare la sua appartenenza a M:<br />
S' is M<br />
S'' is M<br />
S''' is M<br />
...<br />
Poi osserviamo che tutti gli elementi che <strong>in</strong> partenza volevamo considerare (tutti gli S') si<br />
esauriscono e affermiamo di averli analizzati tutti: Σ'S' è allora la somma di tutte le classi<br />
dell'<strong>in</strong>sieme oggetto di <strong>in</strong>duzione. Questo potrebbe essere l'andamento dell'<strong>in</strong>duzione.<br />
Il problema è che questo <strong>in</strong>sieme oggetto di <strong>in</strong>duzione è per scelta di partenza proprio M, ed è<br />
scontato s<strong>in</strong> dall'<strong>in</strong>izio che tutti i suoi sotto<strong>in</strong>siemi saranno suoi membri.<br />
Qu<strong>in</strong>di non c'è una vera e propria ricerca empirica: non potrebbe mai saltar fuori un S' che non sia<br />
M, perché è dentro M che lo cerchiamo. E' come cercare tutti i pesci del mare avendo già scartato a<br />
priori quegli animali acquatici che non lo sono, ad esempio le balene.<br />
Sembra che la premessa "M is Σ'S'" sia sempre <strong>in</strong> agguato.<br />
Diventa chiaro l'uso dell'<strong>in</strong>duzione solo nel momento <strong>in</strong> cui questa premessa implicita viene a<br />
mancare.<br />
Nel passo immediatamente successivo Peirce def<strong>in</strong>isce la Formal Hypothesis.<br />
Dato un sillogismo (di quarta figura):<br />
Any M is Π'P'<br />
Any S is M<br />
-----------------<br />
Any S is Π'P'<br />
10
dove Π'P' è la congiunzione di tutti i caratteri di M, possiamo, convertendo la conclusione con la<br />
seconda premessa, ottenere:<br />
Any M is Π'P'<br />
Any S is Π'P'<br />
-----------------<br />
Any S is M<br />
che, sillogismo con la forma di una seconda figura, viene chiamato ipotesi perfetta.<br />
Se prima ci occupavamo di elementi (gli S') di un <strong>in</strong>sieme potenzialmente f<strong>in</strong>ito, qui i P'<br />
appartengono all'<strong>in</strong>sieme "tutti i caratteri di M". E le possibili proprietà ascrivibili ad un soggetto<br />
sono di numero <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato, potendo noi <strong>in</strong> un qualunque momento trovare un nuovo genere che<br />
lo abbia come sua specie. Questa è un'<strong>in</strong>duzione di caratteri.<br />
Ogni ipotesi potrà qu<strong>in</strong>di essere perfetta soltanto riguardo a certi oggetti che vengano costruiti con<br />
un certo numero determ<strong>in</strong>ato di proprietà, e soltanto f<strong>in</strong>ché ci limitiamo a quelle proprietà.<br />
Ogni altra ipotesi sarà ipotetica, qu<strong>in</strong>di non riconducibile al sillogismo di prima figura.<br />
Ma solo <strong>in</strong> questo secondo tipo di ragionamento probabile, risulta l'utilità della seconda e terza<br />
figura del sillogismo rispetto al loro equivalente <strong>in</strong> prima figura 7 (che nei ragionamenti perfetti è<br />
come mostrato sopra sempre presente ed implicito).<br />
Ogni <strong>in</strong>duzione di caratteri <strong>in</strong>fatti non darà mai certezze, e allo stesso modo non darà mai certezze<br />
un’<strong>in</strong>duzione che non analizzi tutti gli elementi di un <strong>in</strong>sieme.<br />
Ciononostante entrambi sono ragionamenti che si fanno quotidianamente, e su cui si basa la nostra<br />
conoscenza del mondo.<br />
Non solamente le <strong>in</strong>ferenze della prima figura hanno un ruolo nel pensiero, e Peirce <strong>in</strong>dagherà<br />
proprio queste altre forme di ragionamento, non idealmente perfette, ma molto concrete.<br />
2.3) L’ipotesi nella sillogistica<br />
Peirce nel saggio Deduzione, <strong>in</strong>duzione e ipotesi (op. cit.) per spiegare la relazione tra i tre tipi di<br />
<strong>in</strong>ferenza utilizza un esempio dest<strong>in</strong>ato a divenire molto famoso a venire: il sacco di fagioli.<br />
Scrive che tutte le <strong>in</strong>ferenze possono venir ricondotte al sillogismo di prima figura aristotelico, ma<br />
che ciò non vuol dire che tutte le <strong>in</strong>ferenze abbiano la sua stessa natura.<br />
BARBARA raffigura specificamente il ragionamento deduttivo, è l'applicazione di una regola.<br />
Esistono altre forme di ragionamento non deduttive e che non operano applicando una regola.<br />
Ma ogni <strong>in</strong>ferenza, è come BARBARA composta da tre elementi, ed <strong>in</strong> questo senso può venire<br />
ricondotta a questo: ogni <strong>in</strong>ferenza per Peirce è una relazione triadica tra elementi e avrà sempre la<br />
forma di un sillogismo.<br />
Ogni <strong>in</strong>ferenza è composta da:<br />
Ad esempio:<br />
un caso, cioè una premessa m<strong>in</strong>ore S è M "Questi fagioli vengono da questo sacco"<br />
una regola, una premessa maggiore M è P "Tutti i fagioli del sacco sono bianchi"<br />
un risultato, una conclusione S è P "Questi fagioli sono bianchi"<br />
7 Qui parlo ovviamente dell'utilità dei casi <strong>in</strong> cui un sillogismo di seconda o terza figura non possa essere convertito<br />
automaticamente <strong>in</strong> uno di prima figura, e non sia qu<strong>in</strong>di deduttivamente valido come BOCARDO o BAROCO.<br />
11
L'ord<strong>in</strong>e <strong>in</strong> cui compaiono questi tre elementi determ<strong>in</strong>erà se di volta <strong>in</strong> volta si tratti di una<br />
deduzione, un'<strong>in</strong>duzione o un'abduzione.<br />
Notiamo subito che è la stessa cosa parlare di ord<strong>in</strong>e delle premesse come fa Peirce e di posizione<br />
del term<strong>in</strong>e medio come <strong>Aristotele</strong>. Infatti cambiando l'ord<strong>in</strong>e delle premesse e della conclusione il<br />
term<strong>in</strong>e medio assumerà le tre figure classiche.<br />
Una <strong>in</strong>duzione avrà questa configurazione:<br />
caso S è M "Questi fagioli sono bianchi"<br />
risultato S è P "Questi fagioli vengono da questo sacco"<br />
regola M è P "Tutti i fagioli del sacco sono bianchi"<br />
Vi riconosciamo la terza figura aristotelica (C. P. 2.516).<br />
La conclusione è una regola. E' qualcosa di nuovo, che prima non conoscevamo, non contenuto<br />
nelle premesse, e per questo si tratta di un'<strong>in</strong>ferenza s<strong>in</strong>tetica.<br />
La sua validità dipende da quante applicazioni senza errori ad oggetti diversi riusciamo a trovare,<br />
qu<strong>in</strong>di il metodo di verifica risiede <strong>in</strong> una generalizzazione a partire un gran numero di casi<br />
particolari.<br />
Non si può convertire <strong>in</strong> un sillogismo di prima figura senza aggiungere <strong>in</strong>formazione, cioè senza<br />
convertire la prima premessa <strong>in</strong> un modo deduttivamente scorretto.<br />
Quando <strong>Aristotele</strong> parla di <strong>in</strong>duzione (si veda 1.4) e Peirce di <strong>in</strong>duzione formale (2.2) analizzano<br />
proprio come ottenere questa conversione.<br />
Vorrei porre l'attenzione sul fatto che noi non sappiamo se, contrariamente alle <strong>in</strong>duzioni<br />
"analitiche", S ed M abbiano la stessa estensione.<br />
Realizziamo qu<strong>in</strong>di sempre un'<strong>in</strong>duzione probabile, che a lungo andare può confermare o smentire<br />
l'esistenza della regola "ogni M è P", ma che non avrà mai la validità di una deduzione 8 .<br />
Un'abduzione <strong>in</strong>vece sarà così composta:<br />
regola M è P "Tutti i fagioli del sacco sono bianchi"<br />
risultato S è P "Questi fagioli sono bianchi"<br />
caso S è M "Questi fagioli vengono da questo sacco"<br />
Avrà la forma di un sillogismo di seconda figura.<br />
Scopriamo un predicato P comune a due soggetti, e se cont<strong>in</strong>uiamo, cercando, a trovare altri<br />
predicati comuni, rafforziamo la nostra ipotesi di somiglianza tra i due.<br />
Si tratta di un'<strong>in</strong>duzione di caratteri.<br />
Qui non si conclude una regola, bensì l'appartenenza di un soggetto (la classe S) ad un genere (la<br />
classe M).<br />
Bisogna però comprendere se si sta formando anche qui una nuova regola, come nell'<strong>in</strong>duzione<br />
("ogni S è M"), oppure se si stia dicendo che un elemento appartenga ad una classe ("S è un<br />
elemento di M").<br />
La dist<strong>in</strong>zione dei significati del verbo essere è un risultato moderno della logica (Penco, op. cit.).<br />
Oggi si parlerebbe della differenza tra la relazione di <strong>in</strong>clusione di un <strong>in</strong>sieme <strong>in</strong> un altro, e<br />
l'appartenenza di un <strong>in</strong>dividuo, che non sia una classe di per sé, ad un <strong>in</strong>sieme.<br />
8 Avrà per Peirce un valore maggiore della deduzione stessa. Infatti quest'ultima opera con oggetti ideali, lontani dalla<br />
realtà, mentre l'<strong>in</strong>duzione: "E' ottenuta con un metodo che deve portare alla verità nel mondo reale ed <strong>in</strong> ogni mondo<br />
possibile" (C. P. 7.206, <strong>in</strong> Peirce 1984).<br />
12
“Questi fagioli” è un riferimento a degli <strong>in</strong>dividui particolari, non si tratta di una proposizione<br />
generale <strong>in</strong>trodotta da “Tutti”.<br />
Tradizionalmente si dice che nella sillogistica non si dia scienza degli <strong>in</strong>dividui (Penco, op. cit.),<br />
tuttavia si possono costruire dei sillogismi che riguard<strong>in</strong>o degli <strong>in</strong>dividui (ad esempio<br />
sull’eccellente e sapiente Pittarco, per il quale si veda anche Manetti, 1987).<br />
Per molte f<strong>in</strong>alità si può equiparare una proposizione che parla di un <strong>in</strong>dividuo con una<br />
proposizione particolare (<strong>in</strong>trodotta da “Alcuni”).<br />
Se il prodotto di un’abduzione sia una regola o un “risultato” è determ<strong>in</strong>ante nella comprensione di<br />
questa.<br />
L'approccio di Peirce cerca una ed una sola "regola" all'<strong>in</strong>terno del sillogismo, che <strong>in</strong>vece riguarda<br />
tre proposizioni che possono avere lo stesso grado di generalità. Diviene difficile qu<strong>in</strong>di riuscire a<br />
comprendere appieno come oper<strong>in</strong>o l'<strong>in</strong>duzione e l'abduzione all'<strong>in</strong>terno di un sistema, che nasce<br />
per rendere conto di deduzioni, e per giunta solo di deduzioni tra proposizioni di un certo tipo.<br />
Sarà lui stesso, come ricordato <strong>in</strong> 2.1, ad abbandonare questa cornice nelle sue ricerche.<br />
2.4) L'approccio stoico<br />
Proviamo a vedere cosa accadrebbe se utilizzassimo un approccio proposizionale alla<br />
formalizzazione dei tre tipi di <strong>in</strong>ferenza. Questo non è il modo <strong>in</strong> cui Peirce analizza l'<strong>in</strong>ferenza, ma<br />
nonostante questo potrebbe condurci verso dei risultati <strong>in</strong>teressanti.<br />
L'approccio stoico alla logica potrebbe affrontare il problema così:<br />
regola se il primo, allora il secondo "se da questo sacco, allora bianchi"<br />
caso il primo "da questo sacco"<br />
risultato il secondo "bianchi"<br />
La prima figura sillogistica, ovvero la deduzione peirciana, corrisponde al modus ponens, e<br />
permette di dedurre il risultato a partire dai primi due elementi.<br />
L'<strong>in</strong>duzione o terza figura avrebbe questa forma:<br />
caso il primo "da questo sacco"<br />
risultato il secondo "bianchi"<br />
[regola se il primo, allora il secondo "se da questo sacco, allora bianchi"]<br />
E l'abduzione:<br />
regola se il primo, allora il secondo "se da questo sacco, allora bianchi"<br />
risultato il secondo "bianchi"<br />
[caso il primo "da questo sacco"]<br />
Secondo la dottr<strong>in</strong>a delle conseguenze, queste coppie di premesse non portano a nessuna<br />
conclusione.<br />
Quello che vorrei mettere <strong>in</strong> evidenza qui, è la relazione tra regola, caso e risultato da un lato, e<br />
implicazione, antecedente e conseguente dall'altro.<br />
13
Stavolta, a differenza che nei sillogismi, la regola è messa <strong>in</strong> evidenza come unica. Allo stesso<br />
modo si vede come solo l'<strong>in</strong>duzione conclude (vorrebbe concludere) una regola, mentre l'abduzione<br />
un caso.<br />
Sebbene l’antecedente o il conseguente di un condizionale possano essere essi stessi implicazioni,<br />
nell’<strong>in</strong>ferenza questi verrebbero considerati come unità atomiche (“il primo”, “il secondo”), e<br />
solamente una delle tre proposizioni sarebbe formata dalla connessione implicativa delle altre due, e<br />
sarebbe qu<strong>in</strong>di la regola su cui si articola l’<strong>in</strong>ferenza.<br />
2.5) Tipi di abduzione<br />
Ci siamo imbattuti nella molteplice natura dell'ipotesi e dell'abduzione.<br />
A volte Peirce sembra <strong>in</strong>tendere con abduzione la prima formulazione di un'ipotesi, cioè di una<br />
spiegazione causale che, partendo da delle osservazioni, produca delle leggi.<br />
Infatti l'<strong>in</strong>duzione non può far altro che generalizzare e verificare un'ipotesi di partenza, ed è<br />
necessaria l’abduzione per ottenere qualcosa da generalizzare e verificare.<br />
Volendo utilizzare la term<strong>in</strong>ologia della Logica contemporanea, l’abduzione potrebbe qu<strong>in</strong>di<br />
<strong>in</strong>trodurre il connettivo di implicazione, mentre l'<strong>in</strong>duzione quello di quantificazione universale 9 .<br />
Questa è la strada qui tentata nel capitolo 3.<br />
Altre volte Peirce sembra <strong>in</strong>vece <strong>in</strong>tendere per abduzione l'applicazione di un'ipotesi già<br />
formulata ad un'osservazione. L'<strong>in</strong>dividuare <strong>in</strong> un fatto il conseguente di una legge (C. P. 2.96,<br />
2.619), e pertanto risalire all'esistenza di un antecedente (retrodurre) <strong>in</strong> grado di spiegare il perché<br />
dell'esistenza del fatto. Dato un effetto si risale alla sua causa.<br />
Questo aspetto è messo <strong>in</strong> evidenza nel “filtrare” le tre proposizioni del sillogismo per mezzo di<br />
un’analisi proposizionale, che sp<strong>in</strong>ge a dist<strong>in</strong>guere <strong>in</strong>duzione ed ipotesi proprio <strong>in</strong> base al fatto che<br />
concludano diversamente una regola o un “caso”.<br />
Così Paul Thagard (Semiotics and hypothetic <strong>in</strong>ference <strong>in</strong> C. S. Peirce) dist<strong>in</strong>gue nei primi scritti<br />
del filosofo statunitense l'ipotesi dall'abduzione 10 , nei term<strong>in</strong>i rispettivamente di <strong>in</strong>ferenza a un caso<br />
ed <strong>in</strong>ferenza a una regola.<br />
Nel dist<strong>in</strong>guere caso da regola Thagard si rifà ad un’idea che potrebbe dirsi di massima generalità<br />
relativa. Ovvero sarà regola “some statement [that] is the highest pr<strong>in</strong>ciple under which expla<strong>in</strong>ed<br />
statements are shown to fall”. Tra alcune proposizioni date (pensiamo alle tre di un’<strong>in</strong>ferenza) sarà<br />
regola quella che <strong>in</strong>clude le altre e le spiega.<br />
Si può dist<strong>in</strong>guere tra la creazione e l'applicazione di uno schema, per quanto risulti ardito nelle<br />
situazioni concrete riuscire ad identificare quando si svolga l'una o l'altra di queste elaborazioni.<br />
Eco (1993) dist<strong>in</strong>gue diversi tipi di pensiero congetturale, dist<strong>in</strong>ti proprio dallo sforzo creativo<br />
necessario a realizzare un'ipotesi riguardo a qualcosa.<br />
9 Oltre appunto a svolgere il ruolo di <strong>in</strong>duzione di caratteri la prima e di confrontare le proposizioni dedotte<br />
dall'ipotesi con osservazioni empiriche la seconda.<br />
10 Un'analisi esaustiva della differenza tra l'uso del term<strong>in</strong>e ipotesi e quello di abduzione richiederebbe molto tempo.<br />
Sia Proni che Thagard dist<strong>in</strong>guono l'<strong>in</strong>trattenimento (enterta<strong>in</strong>ment) dell'ipotesi dalla sua verifica o accettazione ad<br />
essa successiva (acceptance). Si potrebbe pensare qu<strong>in</strong>di ad una dist<strong>in</strong>zione <strong>in</strong> tal senso. Ma entrambi concordano<br />
che <strong>in</strong> altri scritti il loro uso diviene <strong>in</strong>dist<strong>in</strong>guibile.<br />
Vi è accordo comunque che la struttura logica delle due <strong>in</strong>ferenze sia lo stesso.<br />
14
Si può ipotizzare un caso producendo ex novo una regola o utilizzando una regola a disposizione.<br />
Il questo secondo caso il numero di regole che sarà possibile applicare ad una data situazione<br />
determ<strong>in</strong>erà poi se l’<strong>in</strong>ferenza avverrà <strong>in</strong> modo totalmente automatico, o se richiederà una scelta nel<br />
selezionare quale regola vada applicata.<br />
Nel primo caso l’abduzione partecipa alla natura dell’<strong>in</strong>duzione: di fatto costr<strong>in</strong>ge a generare una<br />
nuova regola (ed Eco scrive che qu<strong>in</strong>di sarà necessario <strong>in</strong>tegrare questa nuova conoscenza con le<br />
altre a nostra disposizione).<br />
Bonfant<strong>in</strong>i (Introduzione a Peirce, 1984) scrive che la differenza tra l'applicare ipotesi già<br />
conosciute a fatti nuovi e la ricerca di nuove ipotesi sia confrontabile a quella tra scienza normale e<br />
rivoluzionaria <strong>in</strong> Thomas Kuhn (La struttura delle rivoluzioni scientifiche, 1969 – E<strong>in</strong>audi, Tor<strong>in</strong>o).<br />
La scienza normale muove per deduzioni da una teoria (cioè un'ipotesi comprovata da numerose<br />
osservazioni), ed ottiene nuovi risultati f<strong>in</strong>ché si trova qualcosa che questa non riesce a spiegare, ed<br />
allora si adotta una nuova ipotesi e si ricom<strong>in</strong>ciano a dedurre e riverificare le sue conseguenze.<br />
L’adozione di una nuova ipotesi può avere un “effetto dom<strong>in</strong>o” su altre nostre credenze precedenti<br />
che riguardavano il suo stesso dom<strong>in</strong>io di applicazione.<br />
Potrebbe essere necessario qu<strong>in</strong>di rivedere l’<strong>in</strong>tero nostro sistema di credenze, la nostra<br />
Enciclopedia, con un processo che (forse <strong>in</strong> analogia con la funzione metal<strong>in</strong>guistica di Jakobson<br />
nel ristrutturare il codice) viene da Eco (op. cit.) detto meta-abduzione.<br />
2.6) Riassumendo<br />
<strong>L'abduzione</strong> si presenta come oggetto complesso sia ad un'analisi s<strong>in</strong>cronica che diacronica, e si<br />
scopre subito <strong>in</strong>timamente legato al concetto di <strong>in</strong>duzione.<br />
Esiste un’<strong>in</strong>duzione completa o formale e un’<strong>in</strong>duzione non completa. La prima produce delle<br />
certezze, mentre la seconda solamente delle conoscenze probabili.<br />
L’ipotesi formale è un’<strong>in</strong>duzione di caratteri, parallela all’<strong>in</strong>duzione vera e propria, sebbene<br />
sempre <strong>in</strong>evitabilmente <strong>in</strong>certa.<br />
L’<strong>in</strong>duzione formale è costruita <strong>in</strong> modo simile alla terza figura del sillogismo, e l’ipotesi alla<br />
seconda.<br />
L’ipotesi e l’<strong>in</strong>duzione non formali sono <strong>in</strong>ferenze “s<strong>in</strong>tetiche” che possono comunque venire<br />
articolate sul modello del sillogismo.<br />
Ma se è chiaro ciò che conclude l’<strong>in</strong>duzione (una regola), questo non lo è riguardo all’ipotesi.<br />
Spesso <strong>in</strong>fatti oltre ad un caso viene anche prodotta la connessione tra questo e il risultato che mette<br />
<strong>in</strong> moto il processo, cioè una regola.<br />
Peirce parla <strong>in</strong>fatti di abduzione come generazione di una spiegazione causale che l’<strong>in</strong>duzione da<br />
sola non potrebbe concludere.<br />
Ma allora non si tratterebbe più di concludere un elemento a partire da altri due, bensì due elementi<br />
a partire da uno solo, e Peirce è molto chiaro quando dice che tutte le <strong>in</strong>ferenze hanno <strong>in</strong>vece quella<br />
prima forma.<br />
15
3) Tentativo di formalizzazione nei term<strong>in</strong>i della deduzione naturale<br />
3.1) La deduzione<br />
Proviamo a comprendere le differenze tra i vari tipi di abduzione, ricercando i tipi di <strong>in</strong>ferenza di<br />
Peirce all'<strong>in</strong>terno del simbolismo sviluppato a partire dalle idee freghiane e di Genzen.<br />
Avremmo come elementi delle <strong>in</strong>ferenze:<br />
∀x (Sx → Bx)<br />
Sa<br />
Ba<br />
“Tutti i fagioli di questo sacco sono banchi"<br />
“Questi fagioli vengono da questo sacco"<br />
“Questi fagioli sono bianchi"<br />
A questo punto è <strong>in</strong>teressante provare a comprendere come si può ottenere l'<strong>in</strong>duzione o l'abduzione<br />
all'<strong>in</strong>terno di un sistema deduttivo con quantificatori.<br />
A tal f<strong>in</strong>e propongo di considerare l'ipotesi come espressa da un condizionale, cioè una<br />
proposizione composta per mezzo di un'implicazione.<br />
Mi rifaccio <strong>in</strong> questo ad esempio al modo <strong>in</strong> cui Goodman considera le leggi <strong>in</strong> Fatti, ipotesi,<br />
previsioni (1985).<br />
Peirce dist<strong>in</strong>gue l'<strong>in</strong>duzione dall'abduzione dicendo che l'<strong>in</strong>duzione è una generalizzazione, mentre<br />
l'abduzione una spiegazione causale (C. P. 7.202; Proni op. cit.).<br />
Ma l'<strong>in</strong>trodurre una regola era tradizionalmente chiamato <strong>in</strong>duzione, e corrispondeva alla sua<br />
generalizzazione: <strong>in</strong>fatti una regola è sempre generale per def<strong>in</strong>izione.<br />
Ad esempio ∀x (Ax → Bx) è una legge applicabile a qualsiasi x (è una proposizione universale), e<br />
dice che ogni qualvolta un elemento appartenga all'<strong>in</strong>sieme A, allora apparterrà anche all'<strong>in</strong>sieme B.<br />
Si potrebbe leggere anche come "ogni volta che si verifica l'evento A, allora ne seguirà l'evento B".<br />
L'applicazione di questa regola ad un <strong>in</strong>dividuo è una proposizione condizionale particolare.<br />
Ad esempio (Ai → Bi) dice che se si ha come premessa Ai allora si potrà dedurre Bi.<br />
Ma se si può realizzare l'applicazione particolare di una regola, esiste anche un modo di ottenere<br />
appunto una sua generalizzazione: all'<strong>in</strong>terno del sistema di deduzione naturale viene utilizzata una<br />
regola di <strong>in</strong>ferenza che permette di <strong>in</strong>ferire ∀x (Ax → Bx) da (Ai → Bi) a certe condizioni.<br />
Quello che vorrei far notare è come per l'appunto oggi la generalizzazione (per mezzo dei<br />
quantificatori), sia dist<strong>in</strong>ta dall'<strong>in</strong>troduzione di un rapporto implicativo.<br />
Questo è per me la chiave di volta che dist<strong>in</strong>gue l’<strong>in</strong>duzione dall’abduzione.<br />
Il connettivo di implicazione si può <strong>in</strong>trodurre, grazie ad un altra regola di <strong>in</strong>ferenza, ancor più<br />
facilmente di un quantificatore. Da una qualunque proposizione B potrò <strong>in</strong>ferire che essa venga<br />
implicata da un'altra proposizione (A → B).<br />
Da un risultato concludo una regola, che lo abbia come conseguenza.<br />
Questo è possibile perché un condizionale è più debole o meno <strong>in</strong>formativo dell'affermazione del<br />
suo conseguente (come vuole anche Peirce parlando di fallibilità delle ipotesi, di contro alla relativa<br />
certezza delle osservazioni empiriche).<br />
16
Il sistema logico di <strong>in</strong>ferenza qui preso <strong>in</strong> considerazione si chiama non a caso deduzione naturale,<br />
perché rispetta quei pr<strong>in</strong>cipi che già <strong>Aristotele</strong> voleva per la sua logica, ovvero che si possano<br />
operare delle trasformazioni di proposizioni astratte, a partire da una qualunque osservazione, ed il<br />
risultato ottenuto dopo queste trasformazioni non condurrà mai ad un errore (sempre a patto che non<br />
si fosse già <strong>in</strong> errore <strong>in</strong> partenza, adottando delle premesse non valide).<br />
L'<strong>in</strong>duzione (nel senso di <strong>in</strong>troduzione del quantificatore universale) e l'abduzione (nel senso di<br />
<strong>in</strong>troduzione dell'implicazione) saranno qu<strong>in</strong>di anch'esse delle deduzioni.<br />
Quelle condizioni a cui facevo riferimento sopra, a proposito di quando si può <strong>in</strong>trodurre un<br />
quantificatore universale, servono a garantire proprio la validità della generalizzazione stessa, e<br />
corrispondono agli assunti sull'estensione del medio nell'<strong>in</strong>duzione di <strong>Aristotele</strong> (1.4), ovvero alle<br />
caratteristiche dell'<strong>in</strong>duzione perfetta <strong>in</strong> Peirce (2.2).<br />
Bisogna aggiungere a questo punto che, come ripete molte volte Peirce, la deduzione opera solo su<br />
condizioni ideali e mai sul reale; il che ha come conseguenza pragmatica che sarà impossibile<br />
ottenere delle generalizzazioni o <strong>in</strong>duzioni perfette che non riguard<strong>in</strong>o oggetti matematici.<br />
E Peirce non è affatto <strong>in</strong>teressato solamente al pensiero pitagorico ed euclideo.<br />
C’è forse un modo di coniugare s<strong>in</strong>teticità (e qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong>formatività) con correttezza formale.<br />
Riprendendo "deduzione" (elim<strong>in</strong>azione dell'implicazione), <strong>in</strong>duzione (<strong>in</strong>troduzione del<br />
quantificatore universale) e abduzione (<strong>in</strong>troduzione dell'implicazione) nell'esempio dei fagioli:<br />
∀x (Sx → Bx) [da cui (Sa → Ba)]<br />
Sa<br />
Ba<br />
“Tutti i fagioli di questo sacco sono bianchi"<br />
“Questi fagioli vengono da questo sacco"<br />
“Questi fagioli sono bianchi"<br />
Qui vi sono:<br />
due regole, ovvero la stessa regola a due livelli di generalità, di cui il secondo è deducibile del<br />
primo;<br />
l'asserzione dell'antecedente della regola resa particolare per a;<br />
l'asserzione del suo conseguente.<br />
Dalla comb<strong>in</strong>azione a coppie di queste tre premesse, l'unica conclusione che per deduzione<br />
possiamo ottenere è di dedurre Ba dalle altre due (come nell'ord<strong>in</strong>e <strong>in</strong> cui sono sopra riportate).<br />
3.2) <strong>L'abduzione</strong><br />
Nel senso <strong>in</strong> cui "l'ipotesi è l'<strong>in</strong>ferenza del caso da una regola e da un risultato" (C. P. 2.619), essa<br />
potrebbe venir formalizzata così:<br />
∀x (Sx → Bx) [da cui (Sa → Ba)]<br />
Ba<br />
Sa<br />
“Tutti i fagioli di questo sacco sono bianchi"<br />
“Questi fagioli sono bianchi"<br />
“Questi fagioli vengono da questo sacco"<br />
Questa non è un'<strong>in</strong>ferenza valida (come avveniva nella logica delle conseguenze stoica).<br />
Dalle prime due premesse non segue alcuna conclusione.<br />
Resta però l'aspetto dell'abduzione come <strong>in</strong>troduzione di una regola: "Una circostanza curiosa<br />
potrebbe essere spiegata solo da una regola generale, essendo la circostanza risultato della regola.<br />
Perciò adottiamo questa supposizione di relazione" (C. P. 2.624, <strong>in</strong> 1984).<br />
17
Possiamo allora muoverci <strong>in</strong> due modi, che potrebbero corrispondere all'abduzione codificata e a<br />
quella creativa di Eco (1993).<br />
Osserviamo che:<br />
I) Ba "Questi fagioli sono bianchi"<br />
A questo punto potremmo già sapere che:<br />
II) ∀x (Sx → Bx)<br />
Supponiamo allora che:<br />
III) Sa → Ba<br />
“Tutti i fagioli di questo sacco sono bianchi"<br />
"Se questi fagioli venissero da questo sacco<br />
sarebbero bianchi"<br />
Se ottenessimo III a partire da II avremmo un'abduzione codificata.<br />
Applichiamo <strong>in</strong>fatti la regola già da noi conosciuta ai fagioli che osserviamo, ed ipotizziamo che<br />
questi fagioli vengano da quel sacco (particolarizziamo un condizionale quantificato<br />
universalmente).<br />
Il risultato non è un caso, bensì un condizionale.<br />
Se ottenessimo III a partire solamente da I avremmo un'abduzione creativa.<br />
Infatti <strong>in</strong>troduciamo un implicazione senza bisogno di utilizzare una proposizione generale da cui<br />
dedurla, ma muoviamo (grazie alla regola di <strong>in</strong>ferenza della deduzione naturale sull'<strong>in</strong>troduzione del<br />
condizionale) direttamente dall'osservazione verso un'ipotesi.<br />
Ancora una volta il risultato è un condizionale.<br />
Quello che l'utilizzo delle <strong>in</strong>ferenze all'<strong>in</strong>terno della deduzione naturale potrebbero suggerirci, è che<br />
ci siano tre tipi di abduzione, di cui due contemplati al suo <strong>in</strong>terno (abduzione "codificata" e<br />
"creativa" di regole) e che qu<strong>in</strong>di a certe condizioni sarebbero delle deduzioni corrette; ed uno che<br />
<strong>in</strong>vece non rientra all'<strong>in</strong>terno delle <strong>in</strong>ferenze sicure, cioè il concludere una proposizione che sia<br />
antecedente di un condizionale a partire dal suo conseguente.<br />
Bisogna comunque considerare che:<br />
1) Le abduzioni <strong>in</strong> senso proprio per Peirce sono (nel suo pensiero più maturo) tutte s<strong>in</strong>tetiche<br />
e mai riconducibili alla deduzione, qu<strong>in</strong>di non sono identificabili appieno con le <strong>in</strong>ferenze<br />
deduttive riprese sopra.<br />
2) Le differenze tra diversi tipi di abduzione come analizzate da Eco e Thagard rispettano<br />
questo pr<strong>in</strong>cipio di s<strong>in</strong>teticità e si applicano qu<strong>in</strong>di a questa analisi solo come guida.<br />
Nonostante questo possiamo osservare che l'<strong>in</strong>troduzione del condizionale rispetta l'idea peirciana<br />
che un'ipotesi determ<strong>in</strong>ata sia solamente una tra le tante possibili. Da B si può deduttivamente<br />
<strong>in</strong>ferire un numero <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato di antecedenti che lo implicano (A, C, D...).<br />
L'ipotesi (non matematica 11 ) ha un carattere fallibilista, "f<strong>in</strong>o a prova contraria".<br />
Tra queste possibili ipotesi alternative si sceglie cont<strong>in</strong>uando a produrre delle proposizioni che<br />
andranno ad escludere alcune delle spiegazioni date al fenomeno. Peirce scrive: "Adottiamo<br />
11 Si potrebbe ricordare, di passaggio e senza pretese di esaustività, che <strong>in</strong> matematica esistono le cosiddette<br />
congetture. Ma diversamente dalle l<strong>in</strong>gue naturali, congettura e ipotesi non sono quasi s<strong>in</strong>onimi: <strong>in</strong>fatti una<br />
congettura è una proposizione che ha bisogno di venire dimostrata rigorosamente, ma di cui si riconosce la verità;<br />
mentre l'ipotesi (specie quella peirciana) non è al contrario mai riconosciuta come assolutamente vera, ed ammette<br />
<strong>in</strong>oltre solo confutazioni e non dimostrazioni.<br />
18
un'ipotesi anche perché l'adozione dell'ipotesi contraria condurrebbe (probabilmente) risultati<br />
contrari a quelli osservati" (C. P. 2.628).<br />
Se io osservando B ipotizzo A → B ad esempio, deduttivamente saprò che nel momento <strong>in</strong> cui<br />
osservo non B potrò <strong>in</strong>ferire non A: allora mi basterà cercare se A (derivare A o osservare A), per<br />
confutare l'ipotesi A → B e magari sostituirla con un'altra, ad esempio C → B.<br />
Questo processo di cont<strong>in</strong>ua correzione è permesso all’<strong>in</strong>terno di un sistema di deduzione naturale.<br />
3.3) L'<strong>in</strong>duzione e il macroargomento<br />
L'<strong>in</strong>duzione potrebbe <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e essere vista <strong>in</strong> due sensi dist<strong>in</strong>ti, come generalizzazione, ed <strong>in</strong> questo<br />
senso contemplata tra le regole di <strong>in</strong>ferenza della deduzione naturale (<strong>in</strong>troduzione di un<br />
quantificatore universale), e come processo di osservazione che ci dia delle proposizioni con cui<br />
condurre i nostri ragionamenti alla ricerca della ‘best explanation’.<br />
Il primo aspetto di <strong>in</strong>duzione come generalizzazione sarebbe deduttivo solo di verità matematiche.<br />
Il secondo aspetto avrebbe una vasta applicazione pratica consentendo di aggiungere dati che non<br />
siano tautologie al sistema deduttivo.<br />
La loro comb<strong>in</strong>azione è a mio parere <strong>in</strong> effetti il procedimento che ci permette di compiere una<br />
generalizzazione (adottata provvisoriamente a partire da un numero limitato di osservazioni), e poi<br />
di cercarvi eccezioni con l'osservazione.<br />
Nel momento <strong>in</strong> cui si trovi una contraddizione tra osservazione e conseguenze dedotte della nostra<br />
generalizzazione <strong>in</strong>iziale, è giunto il momento di pensare ad una nuova ipotesi, e di compiere qu<strong>in</strong>di<br />
una nuova abduzione.<br />
Proni scrive, riferendosi al secondo modo di vedere l'<strong>in</strong>duzione di Peirce (si veda 2.1), che<br />
"all'<strong>in</strong>ferenza come atto logico viene aggiunto un carattere sperimentale".<br />
Ma l'<strong>in</strong>ferenza non perde il suo status di ragionamento formale: Peirce ci spiega come utilizzare il<br />
ragionamento riguardo a fatti del mondo, coniugando l'osservazione al pensiero astratto.<br />
La Critical Logic (C. P. 2100) potrebbe allora essere un allargamento, un'applicazione al reale della<br />
logica deduttiva. E con gli strumenti della logica oggi a nostra disposizione (al cui sviluppo tra<br />
l'altro Peirce ha contribuito) possiamo cercare di analizzarla.<br />
Il suo ciclo com<strong>in</strong>cia dal reale e si conclude nel reale.<br />
<strong>L'abduzione</strong> nasce dal riconoscimento di un rapporto iconico tra l'osservazione e la causa che le<br />
attribuiamo: "[Abduction is] consider<strong>in</strong>g a conclusion as represent<strong>in</strong>g a fact of which the facts of<br />
the premisses constitute an icon" (ibidem.).<br />
Con la deduzione poi traiamo delle virtual predictions da confrontare con ulteriori osservazioni<br />
ottenute per mezzo dell'<strong>in</strong>duzione o ricerca empirica.<br />
Peirce <strong>in</strong> C. P. 2100 descrive questi punti:<br />
Abduzione<br />
Deduzione<br />
Induzione<br />
Ipotesi<br />
Predizioni Virtuali<br />
Verità dell'ipotesi<br />
19
Ed il procedimento di <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e di Peirce potrebbe forse, alla luce delle dist<strong>in</strong>zioni sopra operate<br />
riguardo all'abduzione e all'<strong>in</strong>duzione, essere così articolato:<br />
Dove i term<strong>in</strong>i a s<strong>in</strong>istra <strong>in</strong>dicano i passi dell'<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e, <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e:<br />
l'abduzione come <strong>in</strong>duzione di caratteri;<br />
l'abduzione come <strong>in</strong>troduzione di una spiegazione causale, a partire dal conseguente;<br />
l'<strong>in</strong>duzione come generalizzazione di una regola, adottata provvisoriamente;<br />
la deduzione che mostra le conseguenze necessarie dell'ipotesi;<br />
l'<strong>in</strong>duzione come ricerca di conferme empiriche;<br />
il confronto tra conseguenze dell'ipotesi e osservazioni sperimentali;<br />
<strong>in</strong>f<strong>in</strong>e la conferma o disconferma dell'ipotesi di partenza.<br />
I simboli a destra l'applicazione dell'<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e ad una situazione come:<br />
Vedo 12 dei fagioli bianchi (Qa), che mi fanno venire <strong>in</strong> mente un sacco di fagioli che ho appena<br />
notato (Pa). Ipotizzo che i fagioli vengano da quel sacco (Pa → Qa), e che tutti fagioli di quel sacco<br />
siano bianchi (∀x (Px → Qx)). Ma se questo fosse vero allora anche un'altra manciata di fagioli<br />
presa da quel sacco dovrebbe essere bianca (Pb → Qb), e decido di controllare <strong>in</strong>filando la mano ed<br />
estraendone una (Pb) con l'aspettativa che questa sia di soli fagioli bianchi (Qb).<br />
Di che colore sono i fagioli nella mia mano? Se bianchi (Qb) allora la mia ipotesi viene confermata<br />
e la mia credenza rafforzata; altrimenti (non Qb) ho una concreta evidenza dell'<strong>in</strong>sufficienza della<br />
mia congettura.<br />
Questo segue a mio parere l’ord<strong>in</strong>e <strong>in</strong> cui Peirce scompone il processo d’<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e.<br />
12 Le parentesi quadre identificano le proposizioni ottenute per mezzo dell'osservazione.<br />
20
3.4) Riassumendo<br />
Seguendo l'idea di Peirce che si debbano dist<strong>in</strong>guere i due momenti di spiegazione e<br />
generalizzazione, proviamo ad <strong>in</strong>dividuarne la natura all'<strong>in</strong>terno del sistema di deduzione naturale.<br />
Scopriamo rispettivamente l'implicazione e la quantificazione universale come mezzi idonei a<br />
rappresentare questi due concetti.<br />
Deduzione, <strong>in</strong>duzione ed abduzione peirciane saranno allora tre regole di <strong>in</strong>ferenza del<br />
sistema:<br />
La deduzione è l’elim<strong>in</strong>azione dell’implicazione;<br />
l'<strong>in</strong>duzione è l'<strong>in</strong>troduzione del quantificatore universale;<br />
l'abduzione è l'<strong>in</strong>troduzione dell'implicazione.<br />
Quest'ultima può essere ottenuta sia tramite particolarizzazione di una proposizione condizionale<br />
quantificata universalmente, sia come costruzione di un'implicazione a partire dal suo conseguente.<br />
Si potrebbe allora <strong>in</strong> queste due <strong>in</strong>ferenze r<strong>in</strong>tracciare la differenza tra abduzione codificata e<br />
creativa.<br />
<strong>L'abduzione</strong> <strong>in</strong>troduce un condizionale, non lo elim<strong>in</strong>a.<br />
La derivazione dell'antecedente a partire da una regola e dall'asserzione del conseguente non è<br />
contemplata come <strong>in</strong>ferenza valida all'<strong>in</strong>terno del sistema.<br />
Propongo <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e un'<strong>in</strong>terpretazione della Critical Logic come metodo di applicazione di un sistema<br />
di deduzione all'<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e empirica.<br />
Qui l'abduzione recupera la sua natura di <strong>in</strong>duzione di caratteri e l'<strong>in</strong>duzione quella di verifica<br />
sperimentale, rispettivamente nel primo e nell’ultimo passo del processo.<br />
La generalizzazione come <strong>in</strong>ferenza deduttiva è l’<strong>in</strong>duzione perfetta o formale; mentre la<br />
generalizzazione provvisoria e f<strong>in</strong>o a prova contraria di una proposizione, al f<strong>in</strong>e di cercarvi<br />
eccezioni, è l’<strong>in</strong>duzione probabile.<br />
Bisogna stare molto attenti che un sistema di deduzione naturale potrebbe <strong>in</strong>ferire direttamente la<br />
prima (<strong>in</strong> questo senso l’<strong>in</strong>troduzione del quantificatore universale è una regola di <strong>in</strong>ferenza), ma<br />
potrebbe solamente assumere la seconda (derivando però deduttivamente da questa le conseguenze<br />
da verificare).<br />
21
4) Conclusioni<br />
4.1) Generalizzazione e spiegazione<br />
Per legge tradizionalmente si <strong>in</strong>tende una proposizione universale, che imponga un comportamento<br />
a tutti gli elementi che rientrano all'<strong>in</strong>terno del suo raggio d'azione.<br />
In questo senso le asserzioni universali dei sillogismi (<strong>in</strong>trodotte da "Tutti") sono leggi, mentre<br />
quelle particolari (<strong>in</strong>trodotte da "Alcuni") non lo sono.<br />
Ogni sillogismo può avere anche tutte e tre le proposizioni che lo compongono <strong>in</strong> forma universale,<br />
ma per poter concludere qualcosa di diverso dalla congiunzione delle premesse, almeno una di<br />
queste due dovrà essere della forma “Tutti”.<br />
Questo rende conto del fatto che un sillogismo per essere conclusivo (con una parola stoica<br />
synaktikòs) deve avere all’<strong>in</strong>terno delle sue premesse una regola.<br />
Le rappresentazioni della teoria degli <strong>in</strong>siemi (<strong>in</strong>genue o rigorose) permettono di comprendere la<br />
differenza tra i due tipi di proposizioni aristoteliche <strong>in</strong> base alla relazione tra gli elementi da loro<br />
presi <strong>in</strong> considerazione (Si veda anche Qu<strong>in</strong>e, 1960 e Johnson-Laird, 1988).<br />
Le proposizioni universali saranno <strong>in</strong>clusioni di <strong>in</strong>siemi dentro altri, mentre quelle particolari<br />
<strong>in</strong>dividueranno un <strong>in</strong>tersezione non vuota tra due <strong>in</strong>siemi 13 .<br />
Interessante è il modo <strong>in</strong> cui viene trascritta <strong>in</strong> simboli <strong>in</strong>siemistici una proposizione universale:<br />
"Tutti gli A sono B"<br />
A ⊃ B<br />
Il simbolo di <strong>in</strong>clusione tra <strong>in</strong>siemi è <strong>in</strong>fatti (non a caso) lo stesso con cui si <strong>in</strong>dividua il connettivo<br />
logico di implicazione materiale.<br />
La proposizione si potrà allora leggere anche come "Se A allora B", tipico enunciato analizzato<br />
dalla scuola megarico-stoica, a partire da cui poi Frege organizzerà il suo sistema logico (Penco, op.<br />
cit.).<br />
E nella logica con quantificatori, la differenza tra i due tipi di proposizioni aristoteliche sarà resa<br />
così:<br />
"Tutti gli A sono B"<br />
"Alcuni A sono B"<br />
∀x (Ax → Bx)<br />
∃x (Ax → Bx)<br />
Quello che è qui comune ad entrambe le proposizioni, espresse <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i sillogistici o con<br />
quantificatori è, nel primo caso, il verbo essere (la predicazione); nel secondo caso, la freccia<br />
(l'implicazione).<br />
Anche le proposizioni particolari della logica peripatetica hanno qu<strong>in</strong>di un germe del rapporto<br />
implicativo.<br />
13 L'<strong>in</strong>tersezione è non vuota <strong>in</strong> base all'assioma di <strong>Aristotele</strong>, secondo il quale tutti gli <strong>in</strong>siemi considerati dalle<br />
proposizioni categoriche non sono vuoti. Senza questo assunto alcuni sillogismi descritti dal filosofo come validi<br />
non lo sarebbero. Conseguenza ne è che all'<strong>in</strong>terno della logica aristotelica vi sia una sostanziale equivalenza tra il<br />
def<strong>in</strong>ire un <strong>in</strong>sieme ed affermare che esistano degli elementi appartenenti a quell'<strong>in</strong>sieme.<br />
Nella logica contemporanea, che <strong>in</strong>vece contempla che si possa def<strong>in</strong>ire un <strong>in</strong>sieme senza elementi, le proposizioni<br />
aristoteliche vanno formulate mediante l'utilizzo di un quantificatore esistenziale.<br />
22
Potremmo ritrovare l’oggetto della generalizzazione e della spiegazione causale di Peirce <strong>in</strong><br />
<strong>Aristotele</strong>: come divisione <strong>in</strong> proposizioni universali e particolari per la prima, e come relazione<br />
predicativa per la seconda.<br />
Sillogistica<br />
Quantificatori<br />
Generalizzazione<br />
Intersezione comune Alcuni ∃<br />
Inclusione Tutti ∀<br />
Spiegazione causale Relazione È<br />
(Si predica di)<br />
→<br />
L’analisi di Peirce muove verso il cuore della proposizione categorica, che prima di poter venire<br />
generalizzata deve essere formulata.<br />
L’abduzione è la costituzione di una proposizione predicativa, di cui non si sa ancora se sia vera<br />
o meno.<br />
Questa proposizione potrebbe essere sia una legge valida per molti elementi 14 (e rappresentata da<br />
un’<strong>in</strong>clusione tra <strong>in</strong>siemi), che un’asserzione applicabile ad uno solo di essi (rappresentata da<br />
un’<strong>in</strong>tersezione), ma questa differenza di generalizzazione non smette di renderla una descrizione<br />
possibile di uno stato di cose.<br />
Una proposizione <strong>in</strong>fatti spiega quello che una cosa è mettendola <strong>in</strong> relazione con un genere che è<br />
più vic<strong>in</strong>o alla sua essenza (si veda 1.1).<br />
L'implicazione è antecedente alla sua quantificazione così come la predicazione è antecedente alla<br />
universalizzazione o particolarizzazione. Non si <strong>in</strong>tenda qui antecedente <strong>in</strong> senso cronologico, bensì<br />
nel senso che la quantificazione non potrebbe esistere senza qualcosa da quantificare.<br />
"A è B", senza una parola che ci qualifichi la proposizione come riferentesi a tutti o a qualcuno<br />
degli elementi di A, è come una proposizione che presenti variabili slegate: "(Ax → Bx)".<br />
Ha un "senso <strong>in</strong>completo": per poter essere rappresentata mediante degli <strong>in</strong>siemi ha bisogno di<br />
qualcos'altro.<br />
Non sappiamo se <strong>in</strong>dichi un'<strong>in</strong>tersezione o un'<strong>in</strong>clusione, e per saperlo abbiamo bisogno di poterla<br />
riconoscere come legge generale (universale) o come asserzione particolare (esistenziale).<br />
Dobbiamo sapere se tutti i sapienti siano eccellenti o se solamente Pittarco racchiuda <strong>in</strong> sé le due<br />
proprietà.<br />
Ma ciò che è <strong>in</strong> comune ai due stati di cose è proprio l'esistenza di quella relazione tra classi (o<br />
<strong>in</strong>dividui e classi) che è la predicazione.<br />
14 Per gli enunciati di forma universale che però non abbiano un valore di verità ancora determ<strong>in</strong>ato Goodman (1985)<br />
utilizza il nome legiformi.<br />
23
4.2) <strong>L'abduzione</strong> <strong>in</strong> <strong>Aristotele</strong><br />
L'<strong>in</strong>duzione permetterebbe allora di passare da un quantificatore esistenziale ad uno universale;<br />
mentre l'abduzione comporrebbe due proposizioni per mezzo del connettivo di implicazione.<br />
Potremmo schematizzare questa mia ipotesi così:<br />
Abduzione<br />
Induzione di caratteri<br />
1<br />
Seconda figura<br />
Intrattenimento dell'ipotesi<br />
2<br />
Predicazione<br />
Dove il primo momento del pensiero di Peirce viene identificato con 1, il secondo con 2.<br />
Allora:<br />
<strong>L'abduzione</strong> 1 si può r<strong>in</strong>tracciare nella seconda figura di <strong>Aristotele</strong>. Questi non ne parla<br />
esplicitamente come <strong>in</strong>vece fa per l'<strong>in</strong>duzione (r<strong>in</strong>tracciabile nella terza figura), ma Peirce ne studia<br />
le potenzialità ed i limiti come <strong>in</strong>duzione di caratteri proprio paragonandola all’<strong>in</strong>duzione di<br />
<strong>in</strong>dividui.<br />
Potrebbe essere stato il suo essere sempre ipotetica e mai certa ad aver fatto brillare <strong>in</strong> Peirce l’idea<br />
di studiare il modo <strong>in</strong> cui l’uomo formula ipotesi da verificare.<br />
<strong>L'abduzione</strong> 2 è l’<strong>in</strong>troduzione della relazione tra un predicato ed un soggetto, base di ogni<br />
proposizione categorica.<br />
Non ha più nulla a che fare con l'<strong>in</strong>duzione di caratteri r<strong>in</strong>tracciabile all’<strong>in</strong>terno della seconda<br />
figura.<br />
Muove dal percepibile al non percepibile, non dal simile al simile come l’<strong>in</strong>duzione (di <strong>in</strong>dividui o<br />
di caratteri che sia): è la formulazione di una relazione causale a partire dall’effetto da essa causato.<br />
Può essere <strong>in</strong> questo senso r<strong>in</strong>tracciata all’<strong>in</strong>terno di un sistema di deduzione naturale.<br />
Il problema del sistema logico stoico è che non contempla una divisione tra proposizioni<br />
implicative generali o particolari. Il concludere un’implicazione è sempre concludere una regola<br />
generale.<br />
Il sillogismo <strong>in</strong>vece non rende chiaro se ci sia un’unica figura che concluda una regola generale,<br />
dato che può venire composto da più proposizioni universali.<br />
La Logica contemporanea scompone un momento di connessione tra due proposizioni dist<strong>in</strong>te, da<br />
quello di generalizzazione di una proposizione data <strong>in</strong> una sua forma più generale.<br />
Resta problematico il senso di abduzione come spiegazione di un caso.<br />
Né nel sillogismo, né <strong>in</strong> una logica delle conseguenze come quella stoica, né <strong>in</strong> un tentativo di<br />
applicazione delle idee della deduzione naturale, è mai possibile <strong>in</strong>ferire un caso "a ritroso", a<br />
partire da una regola ed una sua conseguenza.<br />
24
Per questo Peirce ci avverte che le ipotesi vanno sempre comprovate con altri dati, e per questo un<br />
<strong>in</strong>vestigatore odierno non verrebbe mai ascoltato <strong>in</strong> tribunale se dicesse che, siccome ha <strong>in</strong>dividuato<br />
qualcosa come effetto di qualcos'altro, ed ha ipotizzato (immag<strong>in</strong>ato) questo come causa di quello,<br />
allora esso debba essere reale o probabile.<br />
Certamente sarà possibile, e qu<strong>in</strong>di potrà dargli spunto per ulteriori <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i.<br />
Forse questo è il significato di segno <strong>in</strong> <strong>Aristotele</strong>, a cui il filosofo dedica la parte conclusiva degli<br />
Analitici Primi. Muovere dal conseguente all’antecedente.<br />
All'<strong>in</strong>terno della logica deduttiva la formulazione di un'ipotesi, nel senso di <strong>in</strong>trodurre un<br />
condizionale, non rappresenta un'<strong>in</strong>ferenza s<strong>in</strong>tetica (un errore).<br />
Aggiungiamo nuova <strong>in</strong>formazione se <strong>in</strong>vece assumiamo autonomamente l'antecedente del<br />
condizionale ipotizzato: dicendo che quella causa si è verificata, a partire da un'ipotesi ed un effetto.<br />
A mio parere la "retroduzione" di un antecedente a partire da un conseguente può essere<br />
contemplata <strong>in</strong> questo sistema soltanto come assunzione dell'antecedente.<br />
Ciò non toglie che Peirce attribuisca all’abduzione esattamente il ruolo di “tirare ad <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>are”,<br />
affidandosi all’ist<strong>in</strong>to e a capacità che sfuggono al controllo della coscienza, come si siano svolti dei<br />
fatti nel mondo (basti pensare alla vicenda, citata da Bonfant<strong>in</strong>i nell’Introduzione a Peirce 1984, di<br />
quando il filosofo accusò di furto un uomo, pur ammettendo a se stesso di non aver prove dettategli<br />
dalla ragione per farlo).<br />
La formulazione di un’ipotesi, è poi funzionale proprio alla sua applicazione nell’<strong>in</strong>dividuazione del<br />
caso.<br />
Ma come si potrebbe pensare un caso senza una regola?<br />
Nella ricerca del diòti, mi sembra che ciò con cui si abbia a che fare siano connessioni tra cose e<br />
solo <strong>in</strong> secondo luogo cose.<br />
Questo a maggior ragione seguendo la massima pragmatica che vede <strong>in</strong> un oggetto solo l’<strong>in</strong>sieme<br />
delle sue conseguenze, cioè quello che è da esso implicato, e dove qu<strong>in</strong>di un oggetto sarebbe<br />
sempre l’antecedente di un condizionale.<br />
<strong>Aristotele</strong> vuole l’essenza nella causa, Peirce nell’effetto. Ciò che non cambia è la connessione tra<br />
l’essere ed il rapporto implicativo.<br />
25
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