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1 Si dà notizia in questa sede,<br />
in forma estremamente sintetica<br />
e preliminare, dello scavo effettuato<br />
nell’estate del 2001, poche<br />
settimane prima che si svolgesse<br />
il Convegno di Castiglioncello.<br />
In tale occasione G. <strong>Volpe</strong> ha<br />
effettuato un breve intervento<br />
fuori programma: ringraziamo<br />
gli organizzatori per aver voluto<br />
accogliere l’intervento prima e<br />
questo breve testo ora negli atti<br />
del convegno. In francese la notizia<br />
è apparsa nell’annuale notiziario<br />
del DRASSM (cfr. Long,<br />
<strong>Volpe</strong>, Turchiano 2002).<br />
2 Pomey et al. 1988, p. 11.<br />
3 L’operazione ha preso il<br />
posto dell’annuale campagna di<br />
ricognizione condotta nel quadro<br />
della Carta archeologica delle<br />
isole e del l<strong>it</strong>orale di Hyères (su<br />
cui cfr. la sintesi in Long, <strong>Volpe</strong><br />
2001).<br />
1. - Veduta aerea di La Ciotat;<br />
in primo piano l’Île verte.<br />
IL RELITTO TARDOREPUBBLICANO LA CIOTAT 3.<br />
DATI PRELIMINARI SULLA CAMPAGNA DI SCAVO 2001<br />
di Luc Long - Giuliano <strong>Volpe</strong> - Maria Turchiano<br />
Lo scavo<br />
Il rel<strong>it</strong>to La Ciotat 3 1 , scoperto nel 1984 da J.-D. Ferré, è posto a 400 metri<br />
ad est dell’Île verte, nei pressi dei cantieri navali di La Ciotat (fig. 1) 2 . Si tratta<br />
di un notevole giacimento di anfore Dressel 1A, posto a 57 metri di profond<strong>it</strong>à<br />
(fig. 2). Al tempo della segnalazione si effettuò un’immersione di expertise,<br />
effettuata con l’aiuto dello scopr<strong>it</strong>ore e di un fotografo, G. Bernieu, che realizzò<br />
una precisa copertura fotografica del rel<strong>it</strong>to, con un apparecchio Hasselblad<br />
(Distagon 50mm corretto). In tale occasione si verificò che il giacimento,<br />
lungo circa 17-18 metri, presentava alle estrem<strong>it</strong>à gruppi di anfore concrezionate,<br />
mentre nella parte centrale la presenza delle anfore risultava meno densa.<br />
Numerosi fattori hanno indotto il Drassm a programmare un nuovo intervento<br />
su questo s<strong>it</strong>o. Innanz<strong>it</strong>utto, pur essendo le Dressel 1 le anfore vinarie<br />
repubblicane più note, i tipi presenti sul rel<strong>it</strong>to risultavano alquanto singolari<br />
sotto vari profili. Però l’interesse scientifico non era tale da giustificare uno<br />
scavo sistematico che, data la profond<strong>it</strong>à e le dimensioni del giacimento,<br />
avrebbe richiesto l’allestimento di un cantiere estremamente complesso e<br />
costoso. La profond<strong>it</strong>à del rel<strong>it</strong>to e la discrezione dello scopr<strong>it</strong>ore avevano a<br />
lungo favor<strong>it</strong>o la protezione del s<strong>it</strong>o, ma negli ultimi due-tre anni si era andata<br />
sviluppando una sempre più intensa azione di depredamento, che ha sollec<strong>it</strong>ato<br />
l’organizzazione di un intervento di salvataggio.<br />
La missione si è svolta, con il supporto de L’Archéonaute, tra il 23 luglio e<br />
il 10 agosto 2001 3 , con lo scopo principale di recuperare le anfore poste in<br />
superficie, ben visibili e facilmente asportabili dai clandestini, la cui azione<br />
risultava sempre più difficilmente controllabile dalla polizia mar<strong>it</strong>tima. Grazie<br />
all’esperienza maturata nei s<strong>it</strong>i profondi, si è proceduto ad una copertura fotogrammetrica<br />
della superficie del rel<strong>it</strong>to e delle aree sottoposte a sondaggio per<br />
275
2. - Fotomosaico del rel<strong>it</strong>to La<br />
Ciotat 3.<br />
3. - Recupero delle anfore a<br />
bordo de L’Archéonaute per<br />
mezzo della noria.<br />
276<br />
Luc Long, Giuliano <strong>Volpe</strong>, Maria Turchiano
4. - Le anfore del rel<strong>it</strong>to all’interno<br />
del cortile del Fort St-<br />
Jean a Marsiglia, durante le<br />
operazioni di schedatura.<br />
4 Le foto sono state realizzate<br />
con apparecchio dig<strong>it</strong>ale da R.<br />
Graille e N. Rouers.<br />
mezzo della sorbona ad acqua, sistemando preventivamente una serie di riferimenti<br />
metrici tridimensionali 4 . In attesa di disporre dei mezzi finanziari necessari<br />
per la rest<strong>it</strong>uzione tridimensionale di questa copertura fotogrammetrica, il<br />
fotomosaico realizzato da P. Drap (Map-Gamsau, CNRS Marseille) (fig. 2)<br />
permette di misurare gli effetti dell’azione di depredamento dal 1984 ad oggi.<br />
Il fotomosaico è un prodotto supplementare del processo di fotogrammetria,<br />
per le caratteristiche qual<strong>it</strong>ative e l’aspetto di ‘informazione globale’ che offre.<br />
Pur essendo privo di un particolare valore metrico e pur presentando lacune<br />
parziali, legate ai problemi posti dall’assemblaggio delle varie fotografie, esso<br />
cost<strong>it</strong>uisce comunque uno strumento rapido ed efficace per la conoscenza dei<br />
s<strong>it</strong>i, soprattutto di quelli particolarmente profondi.<br />
Il rel<strong>it</strong>to è approssimativamente orientato in senso est-ovest e si estende su<br />
m 16,5 di lunghezza e m 3,5 di larghezza. Lo scavo si è svolto nelle condizioni<br />
classiche di un cantiere profondo con immersioni ad aria; un cavo, ancorato ad<br />
un corpo morto a sud del s<strong>it</strong>o, collegava la superficie al fondale, mentre una<br />
fune tesa fino a m 17 è stata utilizzata per le tappe di decompressione ad ossigeno.<br />
Lo scavo, rallentato da una grande concentrazione di pietre e di macerie<br />
gettate sul fondo in tempi recenti, è stato effettuato con la sorbona ad acqua in<br />
zone delim<strong>it</strong>ate da una quadrettatura mobile, agganciata ad una linea graduata.<br />
La numerazione delle anfore è stata effettuata con etichette di plastica. Il loro<br />
recupero è stato realizzato grazie ad una noria sul cui asse i recipienti sono<br />
stati fissati con cordicelle e moschettoni (figg. 3-4).<br />
277
5. - Anfora Dressel 1, Ciotat tipo<br />
1a (n. 104).<br />
5 Cfr. Lamboglia 1955, 246-<br />
248; si veda anche l’integrazione<br />
della tipologia apportata a suo<br />
tempo in Beno<strong>it</strong> 1957, 263-272<br />
(‘repubblicana IIIA-B’), e successivamente<br />
in Tchernia 1986,<br />
309-320.<br />
6 Al lavoro di schedatura dei<br />
materiali, condotto presso il<br />
DRASSM a Marsiglia hanno<br />
collaborato con gli autori di questa<br />
nota Giacomo Disantarosa,<br />
Nicola Maria Fusco, Valeria<br />
<strong>Volpe</strong> e Josep A. Cerda per i<br />
disegni.<br />
278<br />
Luc Long, Giuliano <strong>Volpe</strong>, Maria Turchiano<br />
Le anfore<br />
Nel corso della campagna di scavi 2001 sono state recuperate 278 anfore,<br />
disseminate sulla superficie del s<strong>it</strong>o, in gran parte intere, attribuibili alla forma<br />
Dressel 1A, e più specificamente ad un tipo massiccio e slanciato non molto<br />
lontano morfologicamente dalla Dressel 1B. D’altro canto, l’altezza totale<br />
delle nostre anfore, che non supera cm 103, e il loro orlo piuttosto corto cost<strong>it</strong>uiscono<br />
elementi privi di corrispondenza nel tipo Dressel 1B, nel senso stretto<br />
della definizione fissata da N. Lamboglia nel 1955 sulla base delle anfore del<br />
rel<strong>it</strong>to di Albenga, e ancor meno nel tipo Dressel 1C che completa questa vecchia,<br />
ma ancora attuale, tripartizione tipologica 5 .<br />
Le anfore del rel<strong>it</strong>to si distinguono in tre tipi principali 6 .<br />
- Il tipo 1, la cui altezza è compresa tra cm 99,4 e 102, è contraddistinto<br />
da un orlo a fascia più o meno inclinato e incavato, da un collo cilindrico,<br />
anse a nastro, non sempre simmetriche, spalla fortemente carenata,<br />
che, come nelle anfore del rel<strong>it</strong>to Grand Congloué 2, presenta una sporgenza<br />
di circa mm 2, una sorta di gradino tangente all’attacco delle anse.<br />
Il corpo è cilindrico e rastremato verso il basso, terminante in un basso<br />
puntale pieno. Ampie sono le tracce di pece e frequenti sono i resti di<br />
pozzolana presenti nel collo per l’alloggiamento del tappo di sughero<br />
(cfr. fig. 10).
6. - Anfora Dressel 1, Ciotat<br />
tipo 1b (n. 21).<br />
Il rel<strong>it</strong>to tardorepubblicano La Ciotat 3<br />
Sulla base dell’articolazione dell’orlo, si possono distinguere 3 varianti<br />
del tipo 1, tra le quali peraltro si notano numerose sfumature intermedie:<br />
nella variante A (fig. 5) l’orlo è inclinato e marcatamente incavato; in<br />
quella B (fig. 6) è ugualmente incavato ma più verticale; in quella C (fig.<br />
7) è inclinato e appena incavato. Complessivamente il tipo 1 è documentato<br />
da 231 esemplari (pari all’83% del totale), distinti in 143 per il tipo 1A,<br />
64 per il tipo 1B e 24 per il tipo 1C.<br />
- Il tipo 2 (fig. 8) (alt. cm 103) è molto simile al tipo 1 (tanto da potrebbe<br />
essere considerato solo una variante piuttosto che un vero e proprio tipo<br />
autonomo) ed è caratterizzato da un orlo a fascia verticale. È attestato con<br />
16 esemplari.<br />
- Il tipo 3 (fig. 9), documentato da soli 12 esemplari, la cui altezza è compresa<br />
tra cm 99 e 102, si distingue nettamente dai precedenti sotto il profilo<br />
morfologico: l’orlo è molto inclinato, ‘a corolla’, il collo cilindrico è a<br />
volte rigonfio nella parte centrale, la spalla è arrotondata e segnata da un<br />
gradino, il corpo è di forma cilindrico-ovoidale. In quasi tutti gli esemplari<br />
si riscontrano forti irregolar<strong>it</strong>à e asimmetrie; in alcuni casi l’asse dell’anfora<br />
non è rispettato, evidentemente a causa di cedimenti verificatisi<br />
prima della cottura (irregolar<strong>it</strong>à che peraltro si notano anche su alcuni<br />
esemplari del tipo 1). Le anfore di tipo 3 non sono mai bollate. Questo<br />
279
7. - Anfora Dressel 1, Ciotat<br />
tipo 1c (n. 15).<br />
7 Le analisi sono in corso da<br />
parte di Claudio Capelli dell’Univers<strong>it</strong>à<br />
di Genova, che ringraziamo<br />
per la disponibil<strong>it</strong>à e per le<br />
informazioni preliminari che ci<br />
ha forn<strong>it</strong>o.<br />
280<br />
Luc Long, Giuliano <strong>Volpe</strong>, Maria Turchiano<br />
gruppo di anfore era concentrato in particolare nella parte centrale del giacimento,<br />
sul fianco settentrionale.<br />
Infine 19 anfore non sono attribuibili ad alcuno dei tre tipi perché prive di<br />
elementi chiaramente distintivi, come l’orlo e il collo.<br />
La capac<strong>it</strong>à, misurata solo in alcuni esemplari, varia da 15,5 a 16 l<strong>it</strong>ri per il<br />
tipo 1, da 16,5 a 18 l<strong>it</strong>ri per il tipo 2, e da 16 a 17 l<strong>it</strong>ri per il tipo 3.<br />
Per quel che riguarda le argille, si nota una certa uniform<strong>it</strong>à, in particolare<br />
tra quelle dei tipi 1 e 2, ma anche con quelle del tipo 3, per cui non si esclude<br />
che tutte le anfore provengano dalla stessa zona. In attesa dei risultati delle<br />
analisi archeometriche, si può r<strong>it</strong>enere che, data l’assenza di materiali vulcanici<br />
e considerato l’aspetto macroscopico degli impasti, sia da escludere l’area<br />
campana e si possa propendere per una provenienza dai terr<strong>it</strong>ori dell’Etruria<br />
meridionale 7 .<br />
L’aspetto più rilevante di questo gruppo di anfore è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dal ricco corredo<br />
epigrafico: sono infatti state rinvenute circa 110 anfore bollate, pari a<br />
quasi il 40% del totale. Con 70 esemplari, le anfore di tipo 1A sono in assoluto<br />
quelle maggiormente bollate, con una percentuale pari a quasi il 50% sul totale.<br />
I bolli sono collocati sempre sulle anse e, tranne rare eccezioni, lo stesso<br />
bollo è replicato su entrambe le anse.<br />
L’alta percentuale degli esemplari bollati rispetto al numero delle anfore del
8. - Anfora Dressel 1, Ciotat<br />
tipo 2 (n. 74).<br />
Il rel<strong>it</strong>to tardorepubblicano La Ciotat 3<br />
carico, la sistematica presenza dei bolli sulle anse, riferibili a nomi individuali<br />
che rinviano evidentemente a schiavi impegnati nel processo produttivo, sono<br />
aspetti peculiari che attribuiscono un notevole interesse storico-archeologico<br />
ed epigrafico al rel<strong>it</strong>to La Ciotat 3. I bolli, di buona qual<strong>it</strong>à, realizzati spesso<br />
con punzoni diversi anche nel caso di uno stesso nome, sembrano testimoniare<br />
infatti una grande e articolata produzione anforaria dell’Italia centro-tirrenica.<br />
I tipi di bolli finora riconosciuti sono 14, con numerose varianti per ciascun<br />
tipo, cui si aggiungono almeno altri 11 bolli difficilmente leggibili e interpretabili.<br />
In ordine di attestazione i bolli sono i seguenti: PARNA (25) (figg. 11-12),<br />
DIESC (22) (fig. 13), ALEX/ALEXA (14) (figg. 14-15), PILO/PILOTA (9)<br />
(figg. 16-17), FLA/FLAC (8) (fig. 18), NAEPOR (7) (fig. 19), AEDO (?) (5)<br />
(fig. 20), CAED/CAIE(?) (5), ANT (3) (fig. 21), PHILO (3) (fig. 22), CN (2),<br />
CILIX (2) (fig. 23), ISID (1) (fig. 24), IVS (1) (fig. 25). Si tratta di bolli in<br />
alcuni casi molto ben noti, in altri abbastanza rari, in altri ancora quasi del<br />
tutto ined<strong>it</strong>i.<br />
Lo studio successivo sarà finalizzato alla definizione della distribuzione del<br />
materiale bollato nel rel<strong>it</strong>to, in connessione con la rest<strong>it</strong>uzione fotogrammetrica.<br />
In ogni caso, è fin d’ora possibile precisare che una parte delle anfore con i<br />
bolli ALEX/ALEXA si concentra nella zona orientale, nel secondo quarto del<br />
281
9. - Anfora Dressel 1, Ciotat<br />
tipo 3 (n. 168).<br />
10. - Tappi di sughero.<br />
282<br />
Luc Long, Giuliano <strong>Volpe</strong>, Maria Turchiano
11a-b. - Bolli PARNA (n. 46).<br />
12. - Bollo PARNA retroverso (n. 235). 13. - Bollo DIESC (n. 150).<br />
14a-b. - Bolli ALEXA (n. 104).<br />
8 Siamo molto grati a Clementina<br />
Panella e Vincenza<br />
Morizio per i consigli forn<strong>it</strong>i e<br />
per aver amichevolmente consent<strong>it</strong>o<br />
la consultazione del loro<br />
Corpus dei bolli delle anfore<br />
romane in corso di stampa<br />
(CBAR); i numeri indicati sono<br />
quelli del corpus, cui si rinvia<br />
per le attestazioni e la bibliografia<br />
specifica.<br />
9 Bats 1986, 391-430, in particolare<br />
427-428.<br />
carico, in associazione ad alcune anfore anepigrafi, ed anche più ad ovest, nella<br />
terza parte del s<strong>it</strong>o, accanto ad anfore bollate PARNA e DIESC. Come si è già<br />
detto, le anfore del tipo 3 erano sistemate nella parte centrale, sul lato settentrionale<br />
del giacimento.<br />
I bolli ALEX/ALEXA, riferibili al nome Alexa o da sciogliere in Alexander<br />
(CBAR 187-188, con vari confronti) 8 , sono molto attestati, per esempio nel rel<strong>it</strong>to<br />
di Cap Gros A di Antibes (100-50 a.C.: ALEXA) o in alcuni pozzi, come quelli di<br />
Auterive in Haute-Garonne (140-80 a.C.) e di Pamiers in Ariège (120-80 a.C.) 9 .<br />
Il bollo CILIX, relativo ad un nome geografico, Cilix (CBAR 218), pur<br />
283
15a-b. - Bolli ALEX (n. 124).<br />
16a-b. - Bolli (P)ILOT (n. 219).<br />
17. - Bollo PILOT (n. 234).<br />
284<br />
Luc Long, Giuliano <strong>Volpe</strong>, Maria Turchiano
18a-b. - Bolli FLA/FLAS (n. 251).<br />
19a-b. - Bolli NAEPOR (n. 74).<br />
10 CIL XV, 3429, Callender<br />
338.<br />
11 Moran 1972, 46, n. 2, tav.<br />
XII; Bats 1986, 428.<br />
12 Cabré Aguilò 1944, 24, fig. 15.<br />
13 Baudoin et al. 1994, fig. 5.<br />
14 Rancoule, Rigaud 1978,<br />
fig. 3, n° 11.<br />
15 Lamour, Mayet 1980, n° 5.<br />
16 Py et al. 2001, 126.<br />
17 Amar, Liou 1984, 154, n°<br />
5a.<br />
18 Olmer 2003, 23, nn. 232-<br />
233; cfr. anche 279-280 per la<br />
raccolta di altre attestazioni in<br />
Bourgogne, e in altri s<strong>it</strong>i francesi,<br />
con relativa bibliografia.<br />
19 Moran 1972, fig. 14.<br />
20 Rancoule 1980, 102.<br />
Il rel<strong>it</strong>to tardorepubblicano La Ciotat 3<br />
essendo abbastanza raro, è presente a Roma 10 , oltre che nel c<strong>it</strong>ato pozzo di<br />
Pamiers 11 e in contesti ben datati tra il II secolo e il 76-72 a.C. di Azaila 12 , e<br />
sull’ansa di un esemplare ined<strong>it</strong>o di Vieille-Toulouse.<br />
Il bollo ANT, da sciogliere forse in Antio/-on o Antiochus/Antiocus (CBAR<br />
80), è assai diffuso. Lo si trova su un’anfora Dressel 1B del rel<strong>it</strong>to Fourmigue<br />
C (70-60 a.C. circa) 13 . È attestato in particolare a Lastours tra il 100 e il 75<br />
a.C. 14 , a Narbonne 15 , a Lattes 16 ; a Fos-sur-Mer 17 ; a Bibracte 18 , a Pamiers,<br />
nella versione ANTI 19 , a La Lagaste verso il 100-20 a.C., nella versione<br />
ANTIO 20 , a Vieille Toulouse nella versione ANTIOCI 21 , a Nu<strong>it</strong>s-Saint-Georges<br />
22 , a Mont-Beuvray e al Museo di Autun 23 e in molti altri s<strong>it</strong>i 24 .<br />
21 Carre et al. 1995, 25, n° 10.<br />
22 Thévenot 1948, 330 = Callender 85.<br />
23 Laubenheimer 1991, n° 34-35.<br />
24 Elenco completo in CBAR 80.<br />
285
20a-b. - Bolli AEDO ? (n. 84).<br />
21. - Bollo ANT (n. 147).<br />
25 Gruat 1994, 187.<br />
26 Olmer 2003, 36-37, nn.<br />
300-305 cfr. anche 293 per la<br />
raccolta di altre attestazioni in<br />
Bourgogne e in altri s<strong>it</strong>i francesi,<br />
con relativa bibliografia.<br />
27 Moran 1972, tav. XII (letto<br />
AEPOR).<br />
28 Py et al. 2001, 1<strong>24.</strong><br />
29 Pelletier 1982, 356.<br />
30 Laubenheimer 1991, 21.<br />
31 Hesnard, Gianfrotta 1989,<br />
422; l’anfora conserva anche un<br />
bollo PHILEMO sul copr<strong>it</strong>appo<br />
in pozzolana. Altre attestazioni<br />
in Olmer 2003, 307.<br />
32 Moran 1972, 46, n. 10, tav.<br />
XII; Bats 1986, 428.<br />
33 Bats 1986, 427.<br />
286<br />
Luc Long, Giuliano <strong>Volpe</strong>, Maria Turchiano<br />
Il bollo a due lettere CN è attestato su una Dressel<br />
1B nell’oppidum a Bélesta (Ariège), Le Mayné<br />
(CBAR 437) 25 . FLA/FLAC, da sciogliere in Flacus/Flaccus,<br />
è noto a Cagliari, ad Allanche (Cantal)<br />
e a Vieille-Toulouse (CBAR 252), Bibracte 26 . NAE-<br />
POR, nome tipico con terminazione in -por (CBAR<br />
2316), è presente nel c<strong>it</strong>ato pozzo di Pamiers 27 . Il<br />
problematico AEDO (?), è forse riconoscibile in una<br />
versione abbreviata AE su un orlo d’anfora Dressel<br />
1B del rel<strong>it</strong>to Fourmigue C, a Lattes 28 , à Vienne tra<br />
il 75 e il 25 29 , oltre che a Bordeaux 30 . PHILO e<br />
PILO/PILOTA (CBAR 307-308) sono presenti sul<br />
rel<strong>it</strong>to del Grand Soufre (PHILO sull’orlo di Dressel<br />
1B, 100-25 a.C. 31 ), e su un esemplare dal Golfo di<br />
Fos (PHILOTA, anche in questo caso sull’orlo). ISID, da sciogliere in Isidorus<br />
(CBAR 275), è anch’esso presente nel pozzo di Pamiers 32 e in quello di Auterive<br />
(Haute-Garonne) 33 , oltre che a Bâle in Svizzera 34 a Erice e ad Albinia<br />
(Orbetello) in una fornace 35 . PARNA, da sciogliere in Parnaces (CBAR 302),<br />
documentato nel nostro rel<strong>it</strong>to con alcune varianti relative a diversi punzoni (in<br />
alcuni casi con scr<strong>it</strong>ta retroversa ma con R normale), è attestato a Segodunum,<br />
a Vieille-Toulouse e a Rodez 36 ; si segnala infine un’eventuale versione abbreviata<br />
PAR sull’orlo di Dressel 1B del rel<strong>it</strong>to Fourmigue C (circa 70-60 a.C. 37 .<br />
Per gli altri bolli, allo stato attuale della ricerca, non sono possibili confronti.<br />
Tra questi è compreso anche il bollo DIESC, che risulta tra i più attestati tra<br />
le anfore de La Ciotat 3.<br />
34 Callender 757.<br />
35 Olmer 2003, 202, fig. 54, 297.<br />
36 Bats 1986, 429 (pozzo XIV); Dausse, Gruat 1991, 12; bibliografia specifica in CBAR 302 e<br />
Olmer 2003, 307.<br />
37 Baudoin, Liou, Long 1994, 18.
22a-b. - Bolli (P)HILO (n. 149).<br />
23a-b. - Bolli (C)ILIX (n. 233).<br />
24a-b. - Bolli ISID (n. 162).<br />
Il rel<strong>it</strong>to tardorepubblicano La Ciotat 3<br />
287
25. - Bolli IVS (n. 32).<br />
26. - Campionatura delle ceramiche comuni del rel<strong>it</strong>to.<br />
288<br />
Luc Long, Giuliano <strong>Volpe</strong>, Maria Turchiano
38 Moran 1972.<br />
39 Bats 1986.<br />
40 Si tratta di un campione<br />
estremamente ridotto; la mancanza<br />
di un numero significativo,<br />
sul piano statistico, di esemplari,<br />
non consente di proporre<br />
una vera e propria tipologia; le<br />
osservazioni e i confronti riportati<br />
si riferiscono principalmente<br />
al profilo degli orli e, secondariamente,<br />
alla tettonica del<br />
corpo dei recipienti. Le considerazioni,<br />
dunque, assolutamente<br />
preliminari, sono volte<br />
all’individuazione delle possibili<br />
aree produttrici e alla ricostruzione<br />
dei presunti areali di<br />
distribuzione e dei canali di<br />
commercializzazione.<br />
41 L’attestazione, tra le ceramiche<br />
comuni di Albintimilium,<br />
di olle con orlo a mandorla di<br />
differenti misure, ha indotto G.<br />
Olcese a ipotizzare una duplice<br />
destinazione funzionale rispettivamente<br />
per la cottura (formato<br />
piccolo e medio) e per la conservazione<br />
e il trasporto di derrate<br />
(formato grande) (Olcese<br />
1994, 97; Ead. 1996, 437).<br />
42 Non è stato possibile, in<br />
base all’osservazione macroscopica<br />
degli impasti, individuare<br />
elementi discriminanti<br />
differenti bacini di approvvigionamento<br />
delle argille; i campioni<br />
non sono stati sottoposti ad<br />
analisi archeometriche.<br />
43 Si confrontino, a tal propos<strong>it</strong>o,<br />
le carte di distribuzione<br />
relative ai tipi individuati ad<br />
Albintimilium; è interessante<br />
notare come il recipiente con<br />
orlo a mandorla maggiormente<br />
documentato nei rel<strong>it</strong>ti corrisponda<br />
all’olla Albintimilium 4,<br />
di medie dimensioni, (Olcese<br />
1996, 426).<br />
44 Bats 1993, 358; Py et al.<br />
2001, 1008.<br />
45 Vegas 1973, 16-17, fig. 3.<br />
46 Olcese 1993, 184-187, fig.<br />
29.1-2, 4.; Ead. 1996, 425-426<br />
e 437, figg. 2-3. Le olle Albintimilium<br />
1 e 2 corrispondono ai<br />
tipi grandi (diametro orlo 27-28<br />
cm); il tipo Albintimilium 6 si<br />
differenzia dal vasellame del<br />
rel<strong>it</strong>to La Ciotat 3 per la presenza<br />
di un rigonfiamento al di<br />
sotto dell’orlo.<br />
Il rel<strong>it</strong>to tardorepubblicano La Ciotat 3<br />
Particolare interesse riveste la presenza di alcuni bolli simili a quelli de La<br />
Ciotat 3, in particolare i bolli ALE(X), ANTI, ISID, (CIL)LIX, (N)AEPOR nel<br />
più volte c<strong>it</strong>ato pozzo funerario di Pamiers (Ariège), pubblicato da D. Moran 38<br />
e riesaminato da M. Bats 39 : per questo interessante contesto si è proposta una<br />
datazione al 120-80 a.C., che rappresenta, insieme al dato di Azaila, un buon<br />
riferimento cronologico anche per il nostro rel<strong>it</strong>to, il cui naufragio potrebbe<br />
essere collocato tra la fine del II e il primo quarto del I secolo a.C. In accordo<br />
con quanto emerge anche dall’analisi delle ceramiche comuni, per ciò che concerne<br />
la zona di provenienza delle anfore e, verosimilmente anche della nave,<br />
si propende, al momento, per l’Etruria meridionale.<br />
Le ceramiche comuni<br />
L.L.-G.V.<br />
Lo scavo ha rest<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o, finora, trenta frammenti di ceramiche comuni 40 (fig.<br />
26); le forme maggiormente documentate sono le olle con orlo ‘a mandorla’<br />
(circa dodici individui) (figg. 27-28) caratterizzate da una discreta varietà<br />
dimensionale 41 e morfologica, pur nell’amb<strong>it</strong>o di una sostanziale omogene<strong>it</strong>à.<br />
Le ‘varianti’ relative al profilo degli orli di questi recipienti potrebbero essere<br />
interpretate come eventuali segni distintivi della produzione di diversi ateliers,<br />
sebbene nel nostro caso l’assenza di un campione statisticamente significativo<br />
non consenta di individuare, neppure a livello macroscopico, i caratteri di differenti<br />
figline 42 . Prevalenti risultano essere i recipienti di medie dimensioni,<br />
con diametro dell’orlo compreso tra 20 e 21,5 cm, presumibilmente destinati<br />
alla cottura dei cibi 43 . Il rinvenimento della maggior parte dei reperti in corrispondenza<br />
della porzione occidentale del s<strong>it</strong>o, prevalentemente verso le estrem<strong>it</strong>à,<br />
sembra suggerire la collocazione delle olle al di sopra delle anfore.<br />
Sul piano tipologico, è possibile accostare gli esemplari rinvenuti alle olle<br />
COM-IT 1b di Lattes 44 , al tipo 2 della classificazione elaborata da M. Vegas 45 ,<br />
alle olle Albintimilium 4 e, secondariamente ai tipi Albintimilium 1 e 2 46 della<br />
tipologia proposta da G. Olcese.<br />
Le officine dei recipienti con orlo a mandorla sono state ipoteticamente<br />
localizzate nell’Etruria meridionale 47 (area dell’Amiata 48 , zona di Veio, area a<br />
nord di Roma), benché sia probabile che tra il II e il I secolo a.C. fossero presenti,<br />
in quest’area, numerose officine attive nella produzione di ceramiche da<br />
cucina e, in particolare, di olle con orlo a mandorla, destinate non solo a soddisfare<br />
le esigenze del mercato e della distribuzione locale ma anche di veicolare<br />
parte dei prodotti alla rete dei traffici interregionali e dei circu<strong>it</strong>i commerciali<br />
transmarini a lungo raggio.<br />
47 Le stratigrafie di Bolsena hanno rest<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o scarti di fornace (Santrot et al. 1952, 51, fig. 3).<br />
Interessante è l’ipotesi che tale forma di recipiente derivi dalla tradizione ceramica etrusca di<br />
epoca arcaica, di cui le urne ovoidali del rel<strong>it</strong>to Grand Ribaud F cost<strong>it</strong>uirebbero in qualche caso<br />
i prototipi (cfr. ad esempio Long et al. 2002, 75).<br />
48 È stato proposto di individuare l’area di produzione delle olle con orlo a mandorla rinvenute<br />
a Luni, nel bacino compreso tra l’Etruria meridionale e la Campania e, in particolare nella<br />
zona dell’Amiata; cfr. Luni II, gruppo 35, 623 e Ratti Squellati 1987.<br />
289
27. - Olle con orlo a mandorla.<br />
49 Olcese 1993, 125-126,<br />
184-188, figg. 29-30, con rinvio<br />
alla precedente bibliografia.<br />
50 Luni II, gruppo 35, 602,<br />
fig. 34.<br />
51 Il contesto (depos<strong>it</strong>o 5) è<br />
datato tra il 110/100 a.C. e il<br />
40-30 a.C.; cfr. Dyson 1976,<br />
fig. 32.<br />
52 Vegas 1968, 39, n. 139.<br />
53 Ostia II, tav. XXVIII, n.<br />
507; Ostia III, 455.<br />
54 Le attestazioni dei recipienti<br />
con orlo a mandorla sono<br />
assai precoci, risalenti già al V<br />
secolo a.C.; cfr. Murray<br />
Threiphland, Torelli 1970, 112.<br />
55 Gianfrotta, Polia, Mazzuccato<br />
1972, 85, n. 1029.<br />
56 Chiaramonte Treré 1984,<br />
160; Di Giovanni, Gasperetti<br />
1993, 276, fig. 11; Miniero, Di<br />
Giovanni, Gasperetti 1995, fig.<br />
2, n. 42.<br />
57 Bats 1988, 161-162, pl.<br />
38, nn. 1104-1107; se è possibile<br />
identificare i frammenti rinvenuti<br />
a Olbia con la forma dell’olla<br />
con orlo a mandorla, lo<br />
stato estremamente frammentario<br />
dei reperti non consente precise<br />
attribuzioni tipologiche.<br />
58 Rayssiguier 1983, fig. 9, n.<br />
9, 15, 16.<br />
59 Fevrier 1962.<br />
60 Rancoule 1980, fig. 52, n.<br />
9.<br />
61 Vegas 1973, 16-16, fig. 3,<br />
n. 2.<br />
62 Aguarod Otal 1991, 104-<br />
105, fig. 28.<br />
63 Aguarod Otal 1991, 103;<br />
in precedenza M. Vegas aveva<br />
ipotizzato l’esistenza di figline<br />
in area ispanica, non escludendo,<br />
tuttavia, una possibile derivazione<br />
<strong>it</strong>alica (Vegas 1973,<br />
17).<br />
64 Lamboglia 1950, 184; Id.<br />
1952, 171, fig. 30, n. 8.<br />
65 Pallarés 1986, fig. 12 a, b.<br />
66 Cfr. da ultimo Galli 1993,<br />
128-129, tav. VI.5.<br />
67 Baudoin, Liou, Long<br />
1994.<br />
68 Charlin, Gassend, Lequement<br />
1978, fig. 21, n. 15.<br />
290<br />
Luc Long, Giuliano <strong>Volpe</strong>, Maria Turchiano<br />
Olle con orlo a mandorla sono attestate in area tirrenica settentrionale e<br />
centro-meridionale con indici di attestazione molto alti tra II e I secolo a.C.: ad<br />
Albintimilium 49 , a Luni 50 , a Cosa 51 , a Gabii e a Sutri 52 , a Ostia 53 , nell’ager<br />
Veientanus 54 , a Roma 55 e in numerosi s<strong>it</strong>i della valle del Tevere. Ben documentate<br />
anche tra le ceramiche di Pompei e di Stabia 56 .<br />
Per l’area gallica si possono prendere in considerazione i rinvenimenti di<br />
Olbia, in Provenza 57 , privi di contesto cronologico, di Marsiglia (Baou de St.<br />
Marcel) in stratigrafie di epoca ellenistica 58 e di Fréjus 59 ; è probabilmente presente<br />
anche a La Lagaste 60 . Alcuni esemplari sono attestati anche in area iberica,<br />
a Pollentia 61 , ad Ampurias, Burriac, L’Argilera, Valencia e Siviglia 62 ; recipienti<br />
con orlo a mandorla della Tarraconense sono state recentemente attribu<strong>it</strong>i<br />
all’area produttiva dell’Italia centrale sulla base di analisi archeometriche 63 .<br />
Un discreto numero di olle con orlo a mandorla, prevalentemente del tipo di<br />
medie dimensioni, è stato rinvenuto tra i materiali di alcuni rel<strong>it</strong>ti della tarda<br />
età repubblicana, spesso in associazione ad anfore Dressel 1 e, talvolta, a vernice<br />
nera, come ad esempio il rel<strong>it</strong>to di Albenga (90-80 a.C. circa) 64 , il rel<strong>it</strong>to<br />
di Spargi (120-100 a.C. circa) 65 e il rel<strong>it</strong>to della «Secca dei mattoni» a Ponza<br />
(fine II-inizi I sec. a.C.) sul versante tirrenico 66 , i rel<strong>it</strong>ti Fourmigue C (70-60<br />
a.C. circa) 67 , Cavalière (100-75 a.C. circa) 68 , Cap Bénat 4 (125 a.C.), Grand<br />
Congloué 2 (110-70 a.C. circa) 69 lungo la costa francese, il rel<strong>it</strong>to di Sant Jordi<br />
(100-75 a.C. circa) 70 a Maiorca.<br />
Oltre alle olle, sono stati recuperati pochi altri frammenti ceramici, fra cui<br />
una casseruola con alto orlo sagomato, estrem<strong>it</strong>à appiatt<strong>it</strong>a a profilo triangolare,<br />
profondo incavo funzionale all’alloggiamento del coperchio e fondo a<br />
69 Beno<strong>it</strong> 1961, 116, fig. 19, n. 8. Sui rel<strong>it</strong>ti del Grand Congloué cfr. Long 1987.<br />
70 Colls 1987, 83, fig. 17, n. 117; il tipo attestato si distingue dagli esemplari del rel<strong>it</strong>to La<br />
Ciotat 3 per la presenza di un rigonfiamento al di sotto dell’orlo.
28. - Olle con orlo a mandorla,<br />
casseruola e vaso potorio a<br />
pareti sottili.<br />
71 La casseruola è, sul piano<br />
morfologico, accostabile ai recipienti<br />
defin<strong>it</strong>i ‘lopades’ di tradizione<br />
artigianale ellenistica; si<br />
veda anche il confronto con il<br />
tipo COM-IT 4b (Py et al. 2001,<br />
1010). Il recipiente rinvenuto a<br />
La Ciotat conserva la traccia di<br />
due prese.<br />
Il rel<strong>it</strong>to tardorepubblicano La Ciotat 3<br />
calotta 71 . Recipienti con caratteristiche morfologiche analoghe sono documentati<br />
in amb<strong>it</strong>o <strong>it</strong>alico, per esempio, a Ostia, a Luni, ad Albintimilium e a Pompei<br />
; per l’area gallica si segnalano i rinvenimenti da Olbia e un frammento di<br />
orlo tra i materiali del rel<strong>it</strong>to di Cavalière. Interessante, inoltre, il r<strong>it</strong>rovamento<br />
di un vaso potorio a pareti sottili, assimilabile alla forma Marabini I (=Mayet I,<br />
Ricci I/I), forma ampiamente attestata nel bacino del Med<strong>it</strong>erraneo a partire<br />
dalla metà del II secolo a.C., di alcuni frammenti di coperchi, tra cui uno decorato<br />
a matrice, con soggetto raffigurante, nella parte conservata, una spiga, di<br />
frammenti di ciotole e di un conten<strong>it</strong>ore di grandi dimensioni probabilmente<br />
realizzato in pietra lavica.<br />
Sulla base dei pochi esemplari recuperati è difficile formulare ipotesi in<br />
mer<strong>it</strong>o all’originaria destinazione funzionale di questo nucleo di ceramiche<br />
comuni; se essa possa essere attribuibile alla dotazione di bordo o, piuttosto,<br />
completasse il carico del rel<strong>it</strong>to. Solo in via ipotetica si potrebbe propendere<br />
per la seconda ipotesi, che si avanza con molta cautela, alla luce di alcuni<br />
frammenti di fondi impilati e dell’assenza di tracce di esposizione al fuoco.<br />
M.T.<br />
Referenze iconografiche.<br />
Tutte le foto sono di G. <strong>Volpe</strong> (Univ. Foggia), tranne la fig. 2 di Pierre Drap (CNRS, Map-Gamsau, Marseille-Luminy);<br />
i disegni sono di Josep A. Cerda (Barcellona).<br />
Le scale dei disegni sono: anfore 1:10; ceramiche 1:3. I bolli sono in scala 1:1.<br />
291
292<br />
Luc Long, Giuliano <strong>Volpe</strong>, Maria Turchiano<br />
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Vegas 1968 = M. Vegas, Römische Keramik von Gabii<br />
(Latium), BJB, 1968, 168, 13-55.<br />
Vegas 1973 = M. Vegas, Cerámica común romana del<br />
Med<strong>it</strong>erráneo occidental, Barcelona 1973.<br />
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