I percorsi evolutivi delle famiglie - Edizioni Scientifiche Magi
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a cura di<br />
Ritagrazia Ardone, Marisa Malagoli Togliatti,<br />
Silvia Mazzoni, Alessandra Pecorella<br />
I <strong>percorsi</strong> <strong>evolutivi</strong><br />
<strong>delle</strong> <strong>famiglie</strong><br />
Modelli di sostegno<br />
e metodologie applicative
Indice<br />
Prefazione 9<br />
Introduzione 15<br />
I IL CENTRO FAMIGLIE VILLA LAIS 27<br />
Alessandra Pecorella, Alessandra De Camillis, Adelaide<br />
Cafaro, Agnese Campiotti, Alessandra Santarcangelo,<br />
Giuliana Salineri, Giuseppina Lattanzio, Michela Martucci<br />
Un po’ di storia dell’assistenza sociale: dalla Legge Crispi<br />
ai nostri giorni – La nascita dei Centri Famiglie<br />
– Il Centro Famiglie Villa Lais – La Cultura della Comunicazione<br />
e dell’Accoglienza: il Centro comunica all’esterno<br />
– Sostegno alla genitorialità nel Centro Famiglie Villa<br />
Lais – Bibliografia<br />
II IL SOSTEGNO ALLA GENITORIALITÀ NEL CENTRO<br />
FAMIGLIE VILLA LAIS 85<br />
L’attività del servizio di Consulenza e Intervento<br />
Psicologico alle Famiglie tra la clinica e la ricerca<br />
Stefania Aielli, Orietta Polleggioni, Marisa Malagoli<br />
Togliatti, Anna Lubrano Lavadera, Federica Federici<br />
Consulenza e intervento psicologico alle <strong>famiglie</strong> del Centro<br />
Famiglie Villa Lais – Come il servizio si è modificato nel tempo:<br />
le evoluzioni della procedura di intervento – L’attuale<br />
procedura di intervento in consulenza psicologica familiare:<br />
dall’analisi della domanda all’intervento – Esemplificazioni<br />
cliniche – Conclusioni – Bibliografia – Appendici 1 e 2<br />
III RELAZIONI AMBIVALENTI:<br />
SEPARAZIONE-INDIVIDUAZIONE<br />
NEL LEGAME DI COPPIA 133<br />
Un approccio psicodinamico per le coppie «non mediabili»<br />
7
Franca Aceti, Barbara Parmeggiani, Lionello Petruccioli,<br />
Bianca Straniero Sergio, Lino Di Ventura, Marcella Venier,<br />
Valentina Baglioni, Melania Bonello<br />
Le ragioni del Gruppo di Studio e Ricerca – Dal counselling<br />
individuale al counselling di coppia – Quali sono gli<br />
obiettivi della consultazione? – La psicoterapia di gruppo<br />
– Le osservazioni di contesto – I presupposti psicodinamici<br />
– La clinica – Alcune osservazioni qualitative<br />
– Sono stati identificati alcuni elementi comuni – Un caso<br />
clinico – Conclusioni – Bibliografia<br />
IV LA MEDIAZIONE FAMILIARE<br />
Principi-guida e pratica 151<br />
Ritagrazia Ardone, Maria Rita Consegnati (a cura di)<br />
Introduzione – Sperimentazione di un modello di mediazione<br />
familiare presso un servizio pubblico del territorio:<br />
riflessioni sulla casistica (Paola Lantieri, Gabriella Mosca)<br />
Quali genitori si rivolgono al servizio di mediazione – La<br />
Consulenza legale: l’integrazione con la mediazione familiare<br />
(Antonio Rizzo)<br />
La mediazione dei genitori di Stella (Orietta Polleggioni,<br />
Paola Lantieri) – La mediazione dei genitori di Katia (Marina<br />
Latini, Marina Sarli)<br />
Percorsi per genitori separati: incontri di gruppo (Cristina<br />
Gatti, Paolo Romagnoli)<br />
Bibliografia<br />
V LO SPAZIO D’INCONTRO 201<br />
Silvia Mazzoni (a cura di)<br />
Introduzione – Strutturazione del servizio (Paola Lantieri,<br />
Katia Vitri) – Riferimenti teorici e impianto metodologico<br />
(Giuseppe Dimitri, Silvia Mazzoni, Simone Scialino) –<br />
I tempi e le fasi dell’intervento (Assunta Cherubini) – Le<br />
fasi dell’incontro (Alessandra Langellotti, Paola Lantieri)<br />
– Monitoraggio <strong>delle</strong> caratteristiche dell’utenza del Servizio<br />
di Spazio d’Incontro del Centro Famiglie Villa Lais<br />
(Assunta Cherubini, Valentina Cristofano, Nunzianna<br />
D’Alconzo, Emilia Grassetti, Alessandra Santarcangelo,<br />
Silvia Mazzoni) – Stili di Coparenting e stile interattivo<br />
del bambino (Valentina Cristofano, Assunta Cherubini,<br />
Silvia Mazzoni) – Conclusioni – Bibliografia<br />
Note sugli autori 269<br />
8
Introduzione<br />
Gli attuali scenari familiari ci mostrano un struttura familiare<br />
in continua trasformazione cui corrispondono interventi da<br />
parte dei servizi territoriali sempre più diversificati per proporre<br />
forme di sostegno che siano in grado di intercettare i bisogni<br />
e le problematicità <strong>delle</strong> <strong>famiglie</strong> in quanto soggetti sociali attivi<br />
e protagonisti del loro cambiamento. In tal senso si può affermare<br />
che le nuove composizioni familiari (<strong>famiglie</strong> separate,<br />
ricomposte, adottive, omosessuali, miste, monogenitoriali, affidatarie,<br />
interculturali) costituiscono una sfida conoscitiva, obbligando<br />
la gente comune e tanto più la comunità di studiosi e<br />
operatori a interrogarsi sulle più opportune metodologie d’intervento<br />
che siano al riparo da concezioni semplicistiche, tali da<br />
potersi accompagnare flessibilmente ai cambiamenti emergenti.<br />
Negli ultimi decenni, in particolare, dopo il tramonto della famiglia<br />
patriarcale è venuto meno anche il modello di famiglia<br />
coniugale nucleare che – per lungo tempo – ha rappresentato<br />
sulla scena del sociale la «normalità» cui riferirsi per valutare e<br />
in un qualche modo «paragonare» le <strong>famiglie</strong> diversamente organizzate.<br />
La caduta di questo modello di famiglia – che peraltro<br />
permane come una <strong>delle</strong> possibili forme che le <strong>famiglie</strong> possono<br />
assumere – ha messo in luce una multiformità di<br />
relazioni, strutture e ruoli che dentro le nuove composizioni familiari<br />
si muovono su equilibri instabili tra processi di continuità<br />
e processi di discontinuità (Fruggeri, 2005). L’in te gra -<br />
zione cognitiva/emotiva <strong>delle</strong> trasformazioni che riguardano i<br />
ruoli «chiave» della famiglia, come quelli che appartengono all’asse<br />
della coniugalità e della genitorialità, necessita di nuove<br />
prospettive culturali e scientifiche che possano permettere agli<br />
15
operatori di «leggere» in modo non lineare la direzione dei processi<br />
strutturali (i comportamenti di genere, i confini genitoriali/generazionali,<br />
l’organizzazione dei ruoli e <strong>delle</strong> funzioni) e<br />
dei processi emotivi (i sentimenti di fiducia, sicurezza, sostegno,<br />
impegno, propri dei legami affettivi). Osser van do l’asse coniugale<br />
possiamo dire che esso presenta at tual mente una<br />
grande instabilità, non coincidendo più necessariamente il<br />
doppio ruolo di moglie-madre e marito-padre (proprio della famiglia<br />
nucleare), né esprimendosi attraverso la delimitazione<br />
del comune spazio di convivenza nella stessa abitazione dei<br />
soggetti appartenenti alle diverse generazioni. La frammentazione<br />
della coppia coniugi/conviventi tuttavia, non fa venir meno<br />
alcuni fondamentali processi d’interdipendenza affettiva e<br />
normativa, quando si osservano le <strong>famiglie</strong> sull’asse intergenerazionale<br />
ovvero nei rapporti genitori/figli. Dunque, se per la<br />
relazione coniugale si può affermare che la discontinuità è diventato<br />
un esito atteso, per l’esercizio della genitorialità è necessario<br />
invece riferirsi ai processi di continuità della relazione<br />
attraverso forme di cooperazione tra i genitori valutate da tutti<br />
gli operatori del campo familiare come indispensabile prerequisito<br />
per un adeguato sviluppo psicosociale dei figli e dei genitori<br />
stessi. Ciò comporta per gli attori sociali una notevole<br />
disponibilità/competenza negoziale per sapersi muovere nelle<br />
differenze e nelle disarmonie che inevitabilmente accompagnano<br />
un disallineamento così delicato tra le varie funzioni e tra diritti<br />
che possono essere anche antagonisti che adulti e bambini<br />
devono apprendere a gestire. Per esempio la necessità di<br />
conciliare la rottura del legame sentimentale di coppia, quando<br />
emergono bisogni individuali non soddisfatti, con il bisogno/diritto<br />
dei figli ad essere accuditi e affettivamente sostenuti<br />
da entrambi i genitori, si esprime nella diffusione di una pratica<br />
d’intervento specialistica (Mediazione familiare) che nei servizi<br />
territoriali si sta ricavando uno spazio sempre più definito,<br />
integrato in rete con altri servizi, altre forme di intervento e altri<br />
momenti istituzionali (Servizio sociale, Consulenza genitoriale,<br />
Sostegno alla genitorialità, Spazio d’Incontro, Consulenza<br />
Tecnica di Ufficio, Giudice Tutelare…). Per non semplificare è<br />
tuttavia necessario almeno accennare al fatto che la stessa di-<br />
16
mensione genitoriale oggi si presenta non necessariamente<br />
connessa alla funzione biologica, mentre nella famiglia nucleare<br />
la genitorialità biologica coincideva con quella socio-affettiva.<br />
Ciò comporta per coloro che operano con le <strong>famiglie</strong> di saper<br />
accogliere sia le istanze di genitori adottivi e affidatari sia le<br />
più delicate problematiche che attengono, per esempio, alle relazioni<br />
genitoriali acquisite nelle <strong>famiglie</strong> ricomposte o alle relazioni<br />
di coppia e genitoriali che si confrontano con le procreazioni<br />
assistite che – sempre più spesso – generano tensioni<br />
irrisolte tra i partner, pur rispondendo al loro reciproco desiderio<br />
di realizzare il bisogno di generatività. In termini di cornici<br />
teoriche di riferimento possiamo dire che gli operatori del campo<br />
familiare sono incoraggiati ad applicare metodologie d’intervento<br />
che, nell’adottare una prospettiva relazionale, non trascurano<br />
le integrazioni con la prospettiva teorica dell’Infant<br />
Research (Stern, 1985) e più in generale con la teoria dell’attaccamento<br />
nelle sue più recenti riformulazioni (Bowlby, 1988;<br />
Mikulincer, 2004). Infatti le dinamiche relazionali <strong>delle</strong> <strong>famiglie</strong><br />
ci portano a considerare come fattori predittivi di rischio tutti<br />
quei processi di allentamento/esclusione dei legami intra ed extra<br />
familiari che i processi di discontinuità (eventi critici) portano<br />
con sé. Risulta allora centrale per gli operatori del campo<br />
familiare (quando vi siano interdipendenze sia affettive che funzionali<br />
e normative come per esempio tra i genitori di uno stesso<br />
figlio) la competenza ad attivare tutti quei processi di interconnessione<br />
relazionale e di sostegno tra i membri <strong>delle</strong> <strong>famiglie</strong><br />
che costituisce un’indispensabile risorsa per il benessere di<br />
adulti e bambini. Dunque non ci sorprende che nei servizi rivolti<br />
alle <strong>famiglie</strong> abbia preso sempre più spazio la necessità di<br />
saper stimolare tutte le forme di ascolto e comunicazione efficace<br />
tra i soggetti portatori di problematiche o che esprimono<br />
più semplicemente la necessità di confrontarsi tra loro per<br />
orientarsi a fronte di scelte complesse. Sempre più i genitori interrogano<br />
gli esperti e trovano anche giovamento nei Servizi che<br />
li accolgono offrendo stimoli e sostegno a giocare con i loro figli<br />
(ovvero a saperli ascoltare), a porsi domande in incontri/confronti<br />
strutturati con altri genitori per cercare risposte condivisibili<br />
nei gruppi di auto aiuto. Ma anche i figli dei separati tro-<br />
17
vano spazi di ascolto sia a livello istituzionale che familiare attraverso<br />
i gruppi di parola e gli incontri strutturati di gioco triadico<br />
(LTP Clinico).<br />
L’offerta operativa rivolta alle nuove forme familiari si arricchisce,<br />
dunque, di nuovi interventi non «terapeutici» in senso<br />
tecnico, ma orientati in senso trasformativo/clinico, più idonei<br />
ad affrontare la complessa e variegata normalità della vita quotidiana,<br />
implementando i contesti dialogici che, più opportunamente,<br />
si aprono a esplorare la qualità affettiva dei modelli di organizzazione<br />
e riorganizzazione del «familiare», attivando tutte le<br />
risorse utili a promuoverne il benessere e l’evoluzione.<br />
Nuove politiche sociali e nascita dei centri per la famiglia<br />
Le rapide e profonde trasformazioni fin qui descritte, che hanno<br />
visto nel nostro paese il proliferare di più modelli familiari, hanno<br />
fatto sì che si sia sviluppato un ampio dibattito intorno alle<br />
politiche familiari. Si è, infatti, preso atto della trasformazione,<br />
diremo meglio della rivoluzione culturale che ha investito la famiglia<br />
intesa in modo tradizionale.<br />
In contrapposizione alle precedenti politiche che affrontavano<br />
principalmente i bisogni dei singoli individui, si è riscoperta<br />
la famiglia, come entità portatrice di bisogni di rispetto e cultura<br />
dei legami affettivi. I bisogni <strong>delle</strong> <strong>famiglie</strong>, le nuove esigenze<br />
legate alle relazioni sempre più complesse, alla complessità nel<br />
formare famiglia, alla difficoltà di mettere al mondo e guidare i<br />
figli, all’instabilità del legame di coppia, alla difficoltà di conciliare<br />
i tempi del lavoro della famiglia e dei figli, alla permanenza<br />
dei figli (sempre più protratta nel tempo) nel nucleo familiare,<br />
all’accudimento della generazione anziana, non vengono più<br />
riconosciuti come problemi della singola persona, ma bisogni<br />
collettivi di cui la comunità si deve fare carico.<br />
Le politiche sociali rivolte alle <strong>famiglie</strong>, quindi, sono divenute<br />
un cavallo di battaglia degli organi politici – sia a livello nazionale<br />
che locale – portando alla riflessione, al confronto e alla<br />
costruzione di programmi di governo che si sono spesso concretizzati<br />
nel promuovere nuovi servizi per gli interventi a so-<br />
18
stegno <strong>delle</strong> <strong>famiglie</strong>, che vanno dall’ampliare e variegare le offerte<br />
educative per i neonati e i bambini, al rimodulare gli interventi<br />
di assistenza domiciliare, alla nascita e al diffondersi di ludoteche<br />
e di servizi per il tempo libero e per il periodo estivo, alla<br />
nascita e al diffondersi di spazi e strutture che abbiano al loro<br />
interno le più svariate offerte e opportunità per le <strong>famiglie</strong>: i<br />
Cen tri per le Famiglie.<br />
All’interno dei Centri, vengono rivolti a tutte le <strong>famiglie</strong>, a tutti<br />
gli individui, interventi che mirano a contribuire a una migliore<br />
qualità della vita, anche attraverso offerte culturali, ricreative,<br />
ludiche ed educative, offrendo ai genitori un luogo e<br />
uno spazio dove potersi incontrare, scambiare le proprie esperienze,<br />
confrontarsi e affrontare le difficoltà che si incontrano<br />
quotidianamente nel difficile mestiere di genitore. Questa miriade<br />
di offerte, che dal nord al sud dell’Italia si declinano nel<br />
mo do più articolato e rispondente alle esigenze locali, si possono<br />
configurare in interventi di prevenzione primaria, ai quali si<br />
affiancano, all’interno dei Centri, gli interventi di prevenzione secondaria<br />
e anche terziaria, attraverso una variegata offerta di<br />
servizi specialistici.<br />
Uno dei Centri per le Famiglie più complessi del territorio romano<br />
è il Centro Famiglie Villa Lais, di cui parleremo all’interno<br />
di questo volume, come uno dei luoghi dove vengono attuate<br />
strategie di intervento a sostegno <strong>delle</strong> <strong>famiglie</strong>.<br />
Gli interventi di sostegno alla genitorialità nella cornice<br />
della prevenzione primaria, secondaria e terziaria<br />
In un’ottica ecologica (Bronfenbrenner, 1979), possiamo focalizzare<br />
il singolo individuo in evoluzione nel contesto di numerose<br />
relazioni significative che esercitano un’influenza sulle<br />
traiettorie del suo sviluppo. A parte la famiglia, che è il<br />
microsistema più studiato per comprendere quali siano i fattori<br />
di rischio e di protezione che influiscono sui processi <strong>evolutivi</strong>,<br />
possiamo considerare anche i servizi per il sostegno alla<br />
ge nitorialità offerti sul territorio, come sistemi che possono assumere<br />
un ruolo fondamentale sia per aumentare le risorse a di-<br />
19
sposizione <strong>delle</strong> <strong>famiglie</strong>, sia per moderare i rischi ai quali esse<br />
possono essere esposte. Accanto ad essi certamente la scuola –<br />
per i bambini e i ragazzi – i luoghi di lavoro – per gli adulti – e il<br />
quartiere – per la famiglia nel suo insieme –, rappresentano i sistemi<br />
nei quali si svolge gran parte della vita quotidiana e si instaurano<br />
relazioni significative che possono assumere un ruolo<br />
significativo sia come fattori di rischio che di protezione.<br />
Gli interventi di sostegno alla genitorialità che verranno presentati<br />
nel testo hanno prevalentemente un carattere preventivo<br />
e vengono applicati in un contesto – il Centro per le Famiglie –<br />
che non ha e non deve avere un carattere sanitario, anche se l’obiettivo<br />
generale è quello di favorire la «salute» <strong>delle</strong> relazioni tra<br />
i genitori e i figli affinché gli adulti possano svolgere al meglio il<br />
loro ruolo di guida e sostegno <strong>delle</strong> generazioni più giovani. Ciò<br />
non toglie, come vedremo, che in alcuni casi in cui le <strong>famiglie</strong><br />
presentano sintomi di sofferenza profonda espressi dagli adulti o<br />
dai figli in specifiche fasi del ciclo vitale, tali interventi possono<br />
rappresentare anche un anello di una sorta di «catena terapeutica»<br />
e svolgere un ruolo fondamentale per deviare le traiettorie<br />
evolutive disfunzionali che porterebbero all’esplicitazione di patologie<br />
vere e proprie o alla loro cronicizzazione.<br />
Al fine di costruire una cornice coerente entro la quale collocare<br />
gli interventi di sostegno alla genitorialità che verranno<br />
presentati, possiamo distinguerli in:<br />
a. interventi di prevenzione primaria, volti a evitare che una data<br />
popolazione si confronti con fattori di rischio noti per i loro<br />
effetti dannosi per la popolazione in genere o per una specifica<br />
popolazione;<br />
b. interventi di prevenzione secondaria, volti a intervenire precocemente<br />
su quei processi disfunzionali, già in atto, che<br />
possono evolvere verso manifestazioni cliniche e<br />
c. interventi di prevenzione terziaria, volti a prevenire la cronicizzazione<br />
o a ridurre il danno in situazioni in cui le manifestazioni<br />
cliniche si sono già evidenziate. In questo caso<br />
l’intervento definito preventivo deve per forza prevedere l’in -<br />
terazione e la coordinazione con altri interventi che hanno<br />
l’obiettivo di curare la patologia.<br />
Ma qual è il fattore di rischio di cui ci stiamo occupando e per<br />
20
il quale intendiamo organizzare progetti articolati di prevenzione?<br />
Dovendo scegliere l’aspetto centrale da focalizzare, possiamo<br />
dire che il rischio che si vuole evitare o moderare è quello<br />
della disorganizzazione o della rottura dell’alleanza co-genitoriale<br />
(McHale, 2007). Cosa si intende con tale definizione? Si tratta di<br />
un costrutto teorico introdotto implicitamente dagli studi clinici<br />
di Minuchin (1974) e studiato attraverso la ricerca solo a partire<br />
dalla metà degli anni Novanta. La relazione cogenitoriale è<br />
quella che i futuri genitori iniziano a costruire già durante la gravidanza<br />
immaginando il modo in cui collaboreranno e si coordineranno<br />
nel raggiungere l’obiettivo condiviso di orientare il figlio<br />
verso le sue mete evolutive. Osservando la relazione tra genitori<br />
in evoluzione, la ricerca ha evidenziato che la relazione cogenitoriale<br />
si differenzia in base al modo in cui si esprime – nel rapporto<br />
tra i genitori – la solidarietà, l’antagonismo, la divisione del<br />
lavoro e l’impegno reciproco e la condivisione o meno <strong>delle</strong> responsabilità<br />
verso il figlio. A fronte <strong>delle</strong> conoscenze acquisite in<br />
merito all’influenza <strong>delle</strong> caratteristiche materne e paterne sullo<br />
sviluppo dei figli, è stato possibile così evidenziare che la relazione<br />
cogenitoriale rappresenta un fattore indipendente anche<br />
se interconnesso alla qualità della relazione coniugale tra genitori<br />
o alle singole caratteristiche materne e paterne.<br />
La qualità della relazione cogenitoriale, inoltre, ha un’influenza<br />
fondamentale sul modo in cui, una volta nato il figlio, la<br />
famiglia inizia a definire e stabilizzare modalità interattive sempre<br />
più coordinate che garantiscono:<br />
a. l’inclusione di tutti i componenti della famiglia nelle esperienze<br />
familiari condivise;<br />
b. l’organizzazione dei ruoli, soprattutto quelli che permettono<br />
di distinguere la generazione adulta da quella dei figli, ma<br />
anche quelli che definiscono un’equa distribuzione del potere<br />
decisionale o della tendenza a prendere iniziative che coinvolgono<br />
tutto il gruppo;<br />
c. l’attenzione focalizzata sulle esperienze condivise, che permette<br />
di cogliere reciprocamente le intenzioni di tutti i partecipanti<br />
e le loro esigenze e motivazioni e infine<br />
d. il contatto affettivo, che si sviluppa quando ci sono quei momenti<br />
in cui la funzionalità <strong>delle</strong> interazioni familiari ha pro-<br />
21
dotto una sintonizzazione affettiva associata solitamente a<br />
massimi livelli di condivisione dei significati rispetto all’esperienza<br />
vissuta (Fivaz Depeursinge, Corboz Warnery,<br />
1999).<br />
In questa ottica, dunque, la prevenzione non può essere diretta<br />
esclusivamente a contrastare fenomeni gravi come la violenza<br />
domestica, il maltrattamento intrafamiliare o la separazione e il divorzio<br />
associati a conflitto non governato – ma nifestazioni che<br />
assumono spesso rilevanza clinica, in quanto solitamente sono<br />
caratterizzate anche dalla rottura o potenziale rottura dell’alleanza<br />
cogenitoriale –, ma deve prendere in considerazione fattori<br />
di rischio che riguardano tutte le dimensioni rispetto alle<br />
quali si articola la relazione tra genitori e le relazioni familiari nel<br />
loro insieme. Per fare un esempio, il coinvolgimento eccessivo di<br />
un genitore e l’esclusione dell’altro dalle pratiche relative alla<br />
funzione genitoriale, possono perdurare nell’arco di tutto lo sviluppo<br />
del figlio senza che mai si verifichino manifestazioni cliniche,<br />
ciò non toglie che potranno esserci conseguenze disfunzionali<br />
anche serie, per i genitori e per il figlio, al momento dello<br />
svincolo di quest’ultimo dalla famiglia, nella fase in cui sarà impegnato<br />
ad assumere le funzioni di sviluppo propri di un giovane<br />
adulto.<br />
Molti genitori sono consapevoli – o possono diventarlo facilmente<br />
attraverso l’informazione – dell’utilità di uno spazio di riflessione,<br />
confronto e sperimentazione volto a potenziare o scoprire<br />
le risorse necessarie alla costruzione di un’alleanza<br />
cogenitoriale solidale e caratterizzata da un impegno bilanciato,<br />
da una soddisfacente suddivisione del lavoro in cui il conflitto<br />
può essere considerato come fisiologico e negoziato verso accordi<br />
soddisfacenti per tutti.<br />
In queste situazioni, gli interventi di sostegno alla genitorialità<br />
possono essere considerati nell’ambito della prevenzione primaria.<br />
Essi verranno descritti soprattutto nel primo capitolo,<br />
quando si parlerà dell’organizzazione di iniziative che comprendono<br />
spazi di informazione – come la Mediateca o i Seminari tematici<br />
–, ma anche di sperimentazione – come le giornate intitolate<br />
«Giochiamo insieme», cui partecipano genitori e figli o i<br />
«Momenti di incontro fra genitori» – in cui, nell’ottica dell’au-<br />
22
toaiuto, si riflette insieme sulle diverse soluzioni rispetto alle<br />
problematiche dello sviluppo dei figli e della propria funzione genitoriale.<br />
Ma non dobbiamo trascurare la possibilità di ricevere<br />
una domanda da parte di genitori che si stanno separando<br />
«bene» e che sono in grado di «governare» la conflittualità fra<br />
partner, mostrando consapevolezza di dover prevenire forme di<br />
organizzazione familiare e di regolazione dei rapporti che po -<br />
trebbero mettere a rischio i figli. In questi casi la Mediazione<br />
Familiare, di cui si parlerà nel quarto capitolo e che ha come<br />
obiettivo generale il sostegno alla riorganizzazione della famiglia<br />
a fronte della separazione e del divorzio, svolge di fatto una funzione<br />
coerente con la prevenzione primaria, soprattutto se consideriamo<br />
che la separazione tra partner può essere, seppur dolorosa,<br />
una soluzione salutare rispetto alla insoddisfazione del<br />
rapporto di coppia vissuto come di ostacolo alla realizzazione dei<br />
progetti di sviluppo personale.<br />
Altri genitori non riescono ad essere consapevoli al momento<br />
giusto di dover riparare agli errori e bilanciare i fattori<br />
di rischio con quelli di protezione: i fattori di rischio tendono<br />
ad accumularsi o moltiplicarsi e si sviluppa così un processo disfunzionale<br />
e una sofferenza che possono rappresentare un passaggio<br />
cruciale verso l’evidenza di manifestazioni cliniche importanti<br />
negli adulti o nei figli. Al di là dei diversi casi, si tratta<br />
di situazioni in cui il normale svolgimento della vita quotidiana<br />
diviene continua fonte di stress – sia a livello della relazione tra<br />
partner che tra genitori e figli – e lo svolgimento dei compiti di<br />
sviluppo che si presentano nelle varie fasi del ciclo evolutivo individuale<br />
e familiare, viene compromesso. Spesso è il conflitto e<br />
l’antagonismo tra genitori ad essere di ostacolo; in molti altri casi,<br />
invece, il problema è la diversità/incompatibilità dei modelli<br />
educativi e/o l’eccessiva discrepanza a livello del coinvolgimento<br />
e dell’impegno dei genitori nel rapporto con i figli. A ciò si connette<br />
una profonda insoddisfazione e un’inadeguata organizzazione<br />
a livello della suddivisione del lavoro e <strong>delle</strong> funzioni<br />
genitoriali. Nel sostegno alla genitorialità assume importanza, in<br />
certe fasi, la consulenza familiare psicologica come sostegno al<br />
singolo genitore o alla coppia genitoriale per un aiuto nel difficile<br />
compito quotidiano di allevare ed educare i figli o come mo-<br />
23
mento di riflessione per la coppia coniugale in crisi che ha bisogno<br />
di confrontarsi con uno psicologo per decidere cosa fare<br />
della propria unione. L’obiettivo principale degli incontri di<br />
consulenza è stato quello di riattivare le risorse individuali e relazionali<br />
attraverso una lettura <strong>delle</strong> dinamiche relazionali tra i<br />
partner, ovvero per una riflessione sulle emozioni e sui bisogni<br />
individuali, oltre che per riattivare le capacità di progettazione<br />
relative al ruolo genitoriale e coniugale cercando di distinguere<br />
e valorizzare i due diversi ambiti. L’intervento sulle difficoltà nei<br />
rapporti intergenerazionali, mediazione intergenerazionale è<br />
svolto sia con il singolo genitore che con la coppia genitoriale<br />
aiutando ognuno dei due genitori a valorizzare l’altro genitore<br />
come risorsa nella gestione dei problemi posti dai figli a livello<br />
comportamentale ed educativo.<br />
In molti casi gli interventi di Sostegno alla Genitorialità (di<br />
cui si parlerà nel secondo e terzo capitolo) e quelli di Mediazione<br />
Familiare (di cui si parlerà nel quarto capitolo) – che possono<br />
rientrare in questo caso nella cornice della prevenzione secondaria<br />
– svolgono una funzione molto importante: gli operatori intervengono<br />
per promuovere la consapevolezza da parte dei genitori<br />
su come le loro pratiche familiari disfunzionali possano<br />
rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo dei figli. Si<br />
tratta sostanzialmente di un lavoro consulenziale, volto alla riorganizzazione<br />
della famiglia sul piano della relazione cogenitoriale,<br />
genitoriale e a volte fra partner, che tuttavia può avere dei<br />
risvolti «terapeutici» e favorire, quando è necessario, l’orientamento<br />
verso interventi clinici. Spesso è stato utile aiutare i singoli<br />
partner ad arrivare alla consapevolezza che le problematiche<br />
presentate dai figli riflettevano dinamiche disfunzionali nei rapporti<br />
di coppia, oltre che aiutare a riflettere sulla necessità di<br />
portare maggiore attenzione e cura al rapporto coniugale.<br />
Infine ci sono <strong>famiglie</strong> che hanno manifestato forme gravi di<br />
disfunzione, anche se non sempre emergono sintomi clinici a livello<br />
degli individui. Si tratta di <strong>famiglie</strong> in cui il mantenimento<br />
della relazione tra genitori e figli è stato compromesso da processi<br />
psicologico-relazionali molto disfunzionali: figli che non riescono<br />
più a incontrare un genitore dopo la separazione o il divorzio,<br />
o perché è stata decretata una limitazione o sospensione<br />
24
della potestà genitoriale a causa di gravi forme di trascuratezza,<br />
maltrattamento o abuso, o perché uno o entrambi i genitori manifesta<br />
una qualche forma di psicopatologia.<br />
In tutti questi casi è necessario – in linea con gli obiettivi della<br />
prevenzione terziaria – limitare il danno e intervenire per garantire<br />
uno Spazio d’Incontro (che verrà presentato nel quinto<br />
capitolo) dove operatori esperti possano osservare, valutare e sostenere<br />
la relazione genitore-figlio, affinché non si producano<br />
forme di alienazione difficilmente recuperabili se affrontate<br />
troppo tardi. Anche in questo caso, il servizio non si propone<br />
obiettivi esplicitamente terapeutici, ma non c’è dubbio che in<br />
molti casi le <strong>famiglie</strong> possono ritrovare qui le risorse per costruire<br />
– con l’aiuto degli operatori e in un luogo neutro – un modo<br />
nuovo di condividere l’esperienza vissuta. I bambini e i genitori<br />
– che ricorrono individualmente anche ad altri operatori<br />
presenti nel Centro per la Famiglia per una riflessione o per <strong>percorsi</strong><br />
psicoterapeutici – vengono accolti in un luogo che riproduce<br />
l’ambiente domestico e, affiancati dall’operatore, possono<br />
esprimere il loro disagio o le loro richieste ed essere guidati verso<br />
forme di relazione più funzionali.<br />
Il testo che presentiamo intende rappresentare una guida per<br />
gli operatori, ma anche per coloro che intendono istituire e organizzare<br />
nuovi servizi per il sostegno alla famiglia. Vale la pena<br />
ricordare che sia a livello dell’istituzione scolastica che nell’ambito<br />
dei servizi sanitari, viene registrato un continuo aumento e<br />
articolazione di sintomi di disagio infantile e giovanile e che tale<br />
fenomeno sembra essere connesso a cambiamenti socio-culturali<br />
che rendono più difficoltoso il ruolo di guida che gli adulti<br />
dovrebbero riuscire ad avere per sostenere lo sviluppo <strong>delle</strong><br />
nuove generazioni.<br />
Per gli psicologi, gli assistenti sociali, gli educatori, ma anche<br />
per i neuropsichiatri infantili, si apre un’epoca in cui non è possibile<br />
applicare soltanto i tradizionali interventi riparativi. Tali<br />
professionisti devono affrontare il compito di applicare le teorie<br />
di riferimento ai cosiddetti contesti non terapeutici e di trovare<br />
strategie di integrazione degli interventi coordinate e mirate a<br />
obiettivi comuni. I Centri per la Famiglia, in particolare quello di<br />
Villa Lais dove gli interventi che verranno presentati hanno tro-<br />
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vato una loro sperimentazione e valutazione longitudinale, verranno<br />
presentati come nuovi contesti particolarmente adeguati<br />
a nuove forme di sostegno alla genitorialità.<br />
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