Rodolfo Lipizer - Corso di Tecnico Di Sala Di Registrazione
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Bozzi<br />
<strong>Rodolfo</strong><br />
<strong>Lipizer</strong><br />
EDIZIONI STUDIO TESI<br />
CIVILTÀ DELLA MEMORIA
<strong>Rodolfo</strong><br />
<strong>Lipizer</strong>
Avendo percorso la carriera accademica fino in<br />
fondo, ho una certa pratica della parola "maestro",<br />
per l'averne avuti e per esserlo stato bene o<br />
male io stesso. Eppure, quando mi capita <strong>di</strong> sentir<br />
pronunciare (sempre meno spesso, del resto)<br />
quella parola nei <strong>di</strong>scorsi qualunque a cui tutti<br />
siamo più o meno <strong>di</strong>rettamente esposti, mi vengono<br />
in mente solo una faccia, uno sguardo, un timbro<br />
<strong>di</strong> voce, certi tratti forse imponderabili ma inconfon<strong>di</strong>bili,<br />
che sono stati <strong>di</strong> <strong>Rodolfo</strong> <strong>Lipizer</strong>, il<br />
mio Maestro <strong>di</strong> violino.<br />
Un signore non alto, magro - soprattutto quando<br />
lo conobbi all'inízio degli anni Quaranta - con<br />
i capelli sottili e lisci tirati rigorosamente all'in<strong>di</strong>e<br />
tro fino a formare alla fine, sopra la nuca, un minuscolo<br />
pennello, un breve ricciolo che accompagnava<br />
i movimenti <strong>di</strong> solito un po' bruschi del suo<br />
capo; tra quei capelli faceva scorrere le <strong>di</strong>ta della<br />
sua mano sinistra, senza turbare minimamente il<br />
loro or<strong>di</strong>ne, come per accertarsi che fossero a posto<br />
mentre qualche perplessità attraversava il suo<br />
cervello; ed era appunto una vivace e attenta perplessità<br />
quella che traspariva sovente dai suoi occhi<br />
e, più o meno avvertibile, dava quasi sempre<br />
l'intonazione al suo sguardo. Perplessità qualche<br />
volta semplicemente beffarda, come <strong>di</strong> chi guarda<br />
un mentecatto; ma spesso del tutto morbida, come<br />
<strong>di</strong> chi vuol capire fino in fondo un'idea che l'interlocutore<br />
ha proposto senza saperla <strong>di</strong>re con tutta<br />
chiarezza. Sulla traccia <strong>di</strong> questo sguardo gli era<br />
naturale procedere verso l'ironia come verso un<br />
ponderato e attento entusiasmo; una specie <strong>di</strong> au-<br />
3
Gorizia. Veduta<br />
dei primi del<br />
Novecento <strong>di</strong><br />
Borgo Castello<br />
da villa<br />
Bòchmann; in<br />
primo piano<br />
via Dreossi<br />
tenticità a doppio taglio che obbligava l'altro ad<br />
una maggiore attenzione e luci<strong>di</strong>tà, alla lunga <strong>di</strong>fficili<br />
per un bambino o un ragazzo che imparasse il<br />
violino da lui, e forse anche per gli adulti che lo<br />
frequentavano a tutt'altro titolo.<br />
Le sue nani erano molto pallide, come il viso<br />
dalle guance scavate; le sue <strong>di</strong>ta erano eleganti e<br />
mobilissime, e il pollice e l'in<strong>di</strong>ce della destra, a<br />
furia <strong>di</strong> fumare quelle sigarette che si fabbricava<br />
nervosamente da solo, avevano le estremità rese<br />
lucide e marroni come certe pietre ornamentali <strong>di</strong><br />
cui ignoro il nome, ma che talvolta si vedono incastonate<br />
nelle spille delle signore. A volte - quando<br />
lo conobbi avevo più o meno <strong>di</strong>eci anni - --il colore<br />
<strong>di</strong> quella nicotina mi ricordava verníci <strong>di</strong> violini<br />
antichi, come se ci fosse un misterioso legame fisico<br />
tra il Maestro e gli strumenti. La sua abilità a<br />
fabbricare a quel modo le sigarette aveva un che<br />
<strong>di</strong> pro<strong>di</strong>gioso, e una volta l'ho visto compiere l'intera<br />
operazione con la sola destra - dal pacchetto<br />
<strong>di</strong> tabacco appoggiato al leggio fino al colpo <strong>di</strong><br />
lingua che incolla il lembo libero della cartina al<br />
cilindro perfetto della sigaretta già chiusa - mentre<br />
stava <strong>di</strong>rigendo una prova d'orchestra.<br />
Ricordo bene anche il suo modo <strong>di</strong> camminare,<br />
rapido e leggero, con la schiena un po' curva<br />
che dava al suo avanzare un carattere <strong>di</strong> protensione,<br />
specialmente quando passava tra l'orchestra<br />
per salire sul po<strong>di</strong>o, ma anche quando mi<br />
concedeva <strong>di</strong> accompagnarlo fino al caffè non<br />
lontano dalla scuola <strong>di</strong> musica. In quei brevi percorsi<br />
mi precedeva <strong>di</strong> mezzo passo e mi raccontava<br />
<strong>di</strong> Víenna, dove aveva stu<strong>di</strong>ato la filosofia e il<br />
violino, o storie <strong>di</strong> liutai goriziani e friulani, <strong>di</strong>scorsi<br />
inframmezzati da qualche pausa <strong>di</strong> <strong>di</strong>strazione.<br />
Ricordo <strong>di</strong> averlo visto, in quegli anni, sempre<br />
vestito <strong>di</strong> grigio; Gorizia, del resto, anche nelle<br />
luminose giornate dell'estate manteneva il grigio<br />
delle molte case vecchie come una lunga nota<br />
<strong>di</strong> bordone<br />
Non sono l'unico a essere dominato dall'irresistibile<br />
associazione tra la parola "maestro" e qualche<br />
personaggio simile a quello che sto descrivendo;<br />
nel girare per il mondo mi sono imbattuto in<br />
qualche collega nella scienza che mi ha confessato<br />
<strong>di</strong> non poter pensare, quando sente parlare <strong>di</strong><br />
maestri, se non al proprio insegnante <strong>di</strong> musica.<br />
Sbrigativamente, qualcuno potrebbe sostenere<br />
che nei rapporti intessuti intorno a qualche strumento<br />
musicale tra uno che gli ha de<strong>di</strong>cato tutta<br />
la vita e uno che, <strong>di</strong> solito giovanissimo, pretende<br />
<strong>di</strong> accedere ai segreti <strong>di</strong> quella voce che per molti<br />
anni ancora gli sarà irraggiungibile, ci sia qualcosa<br />
<strong>di</strong> magico. Molta letteratura romantica ha coltivato<br />
quest'idea, che sta al centro dell'opera narrativa<br />
<strong>di</strong> Hoffmann, nelle cui pagine l'intreccio tra<br />
magia e magistero musicale risulta <strong>di</strong>vinamente inestricabile.<br />
Più ragionevolmente, però, resta vero che quel<br />
tipo <strong>di</strong> specialissimi rapporti è <strong>di</strong> fatto ricco <strong>di</strong> tensioni<br />
emotive e cognitive. Esse arrivano a sfiorare<br />
aree assai profonde della nostra complicata geografia<br />
spirituale. C'è, in quei rapporti, l'esperienza<br />
dell'autorità fondata sulla competenza e quella <strong>di</strong><br />
un interesse comune, la spinta all'emulazione e il<br />
bisogno <strong>di</strong> opposizione e <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenza. Ci sono<br />
le esigenze fisiche, quasi ginniche, della tecnica:<br />
cioè il contrasto tra l'applicazione noiosamente interminabile<br />
da una parte e la gioia <strong>di</strong> suonare<br />
dall'altra (che il maestro deve un po' proibire; proprío<br />
lo scopo ultimo deve venire rimosso). Per non<br />
parlare dei misteri aritmetici del cerchio delle tonalità<br />
e degli astrusi teoremi dell'armonia; e d'altra<br />
parte quella libertà creatrice e quei giochi d'espressione,<br />
e il gusto <strong>di</strong> stupire qualcuno rubando due<br />
minuti della sua attenzione colla nostra esibizione -<br />
ed esibizione qui è un termine tecnico! Tutto questo<br />
caleidoscopio <strong>di</strong> sentimenti basilari è in gioco<br />
nell'appren<strong>di</strong>mento musicale. Nessuna magia, ovviamente<br />
ma maestro e allievo sono davvero chiusi<br />
5
in un cerchio magico. Alcuni allievi finiscono col<br />
detestare il maestro forse solo per questo,<br />
Ho tracciato uno schema. Credo che valga almeno<br />
per coloro che hanno avuto una gran voglia<br />
<strong>di</strong> imparare la musica e abbiano incontrato, per<br />
caso, un maestro vero, adatto a portare il peso <strong>di</strong><br />
tale qualifica. I colleghi cui accennavo sarebbero<br />
largamente d'accordo con me su queste cose, ma<br />
certamente, al <strong>di</strong> là dello schema, ciascuno ha avuto<br />
una storia <strong>di</strong>versa; ed è forse nella singolarità<br />
irrepetibile <strong>di</strong> tali storie che vanno ricercate le ragioni<br />
più profonde dell'esemplarità del "maestro<br />
<strong>di</strong> musica", e la sua presenza durevole e para<strong>di</strong>gmatica<br />
nella vita degli ex allievi.<br />
Con questa convinzione mi accingo a raccogliere,<br />
nelle prossime pagine, il maggior numero<br />
<strong>di</strong> ricor<strong>di</strong> possibile - dopo tanti anni - intorno a<br />
quello strano e umile grand'uomo che mi è toccato<br />
<strong>di</strong> incontrare, e che è riuscito non solo ad avvelenare<br />
tutta la mia esistenza con le gioie caparbie<br />
del violino, dolce indomabile pezzo <strong>di</strong> legno, ma a<br />
consegnarmi, senza che me ne accorgessi un gran<br />
che, certe tavole semplici e severe dei valori che<br />
poi nel corso della vita mi son trovato a rispettare<br />
anche a costo <strong>di</strong> pagamenti salati.<br />
La scoperta della musica<br />
Occorre <strong>di</strong>re qualcosa sul mio avviamento alla<br />
musica.<br />
Quand'ero piccolissimo, mio nonno falegname<br />
mi teneva in braccio, la sera della domenica, d'estate,<br />
in modo che potessi vedere bene il violinista<br />
che guidava l'orchestrina del 'bal'; il 'bal' era il<br />
ballo della gente del paese e il paese era Sagrado.<br />
Credo che il violinista si chiamasse Mosettig, così<br />
poi mi è stato detto.<br />
Nella piazza rettangolare, limitata lungo i lati<br />
maggiori da due file d'alberi e contrassegnata sui<br />
due lati minori rispettivamente da un piccolo ponte<br />
e da una gran pompa <strong>di</strong> ferro per l'acqua potabile,<br />
già <strong>di</strong> mattina veniva <strong>di</strong>sposto il 'tavolazzo' o<br />
'brear', una vasta pedana <strong>di</strong> legno su cui i ballerini<br />
avrebbero danzato. L'orchestrina prendeva posto<br />
in una specie <strong>di</strong> teatrino sopraelevato, lungo un<br />
lato del 'brear'. Prima che il buio scendesse già la<br />
6<br />
gente ballava; ma dopo un poco si accendevano<br />
anche le variopinte lampa<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>sposte su due fili<br />
incrociati sopra le teste dei ballerini e quelle che illuminavano<br />
i musicisti, mentre ancora durava l'interminabile<br />
chiaro estivo della sera. Il violinista<br />
stava in pie<strong>di</strong> e maneggiava lo strumento, poco decifrabile<br />
dal posto dove stava fermo mio nonno<br />
con me in braccio. Probabilmente vedevo solo i<br />
gesti immersi nei suoni. Eravamo fra molta gente,<br />
gli spettatori assiepati ai bor<strong>di</strong> del tavolazzo. Certe<br />
corde <strong>di</strong>videvano quello spazio dal pubblico e dal<br />
resto della piazza. Una mattina, un lunedì, quando<br />
mi svegliai vi<strong>di</strong> mio nonno, grosso, sorridente, coi<br />
capelli bianchi e gli occhi celesti, seduto sul bordo<br />
del letto. Teneva in mano un violino <strong>di</strong> legno scuro.<br />
Si era alzato molto presto per ritagliarlo e sagomarlo<br />
prima che arrivassero gli operai, ed era piccolo,<br />
aveva le corde <strong>di</strong> spago tese su un ponticello<br />
(mi <strong>di</strong>sse che si chiamava 'scagliette') e naturalmente<br />
non poteva suonare. Né io avrei potuto suonarlo,<br />
anche se fosse stato un minuscolo violino<br />
vero: dovevo avere forse tre anni. Però mi <strong>di</strong>cono<br />
che tenendo in mano il giocattolo girai per parecchi<br />
giorni in casa cantando Bombolo, una canzone<br />
in voga che forse avevo raccolto dall'orchestrina<br />
del 'bal'. Più avanti nel tempo non manifestai più<br />
alcuna inclinazione verso le cose della musica: mi<br />
piaceva solo ascoltare una certa Mariuccia che<br />
suonava il Beyer sul piano verticale nero e pieno <strong>di</strong><br />
denti gialli - così mi appariva la tastiera, ricordo<br />
bene; ma quando verso i cinque anni si parlò in<br />
casa <strong>di</strong> farmi imparare un po' <strong>di</strong> pianoforte, rito<br />
quasi doveroso per un bambino perbene degli<br />
anni trenta, feci resistenza. Del resto, solo qualche<br />
anno dopo, in terza elementare, la maestra che si<br />
chiamava Villach, ma in quei giorni li doveva essere<br />
chiamata Villini, mi cacciò gentilmente dal coro<br />
della classe <strong>di</strong>cendomi che non avevo orecchio e,<br />
tutt'al più, avrei potuto suonare il pianoforte.<br />
Questo mi fece guardare con sospetto anche maggiore<br />
al cassone coi denti gialli.<br />
Un anno dopo però accadde un fatto strano. Mi<br />
avevano mandato, durante le vacanze, a Grado in<br />
una colonia fascista, una colonia elioterapica un<br />
po' paramilitare. Belle signorine guidavano le squadre<br />
<strong>di</strong> scolari in marcia, a suon <strong>di</strong> tamburo, lungo il<br />
viale che porta alla spiaggia. Al mattino c'era il rito
Girolamo<br />
(Momi)<br />
Chìalchìa, nonno<br />
<strong>di</strong> Paolo Bozzi -<br />
abitante a<br />
Sagrado -<br />
davanti alla<br />
falegnameria <strong>di</strong><br />
sua proprietà con<br />
una puleggia. Fu<br />
il primo ad<br />
accendere nel<br />
futuro allievo <strong>di</strong><br />
<strong>Lipizer</strong> l'amore<br />
per il violino<br />
costruendogliene<br />
uno con le sue<br />
stesse mani<br />
dell'alzaban<strong>di</strong>era, e un ragazzo un po' più grande<br />
degli altri suonava una eccellente cornetta. Oltre<br />
agli squilli <strong>di</strong> rito egli improvvisava variazioni, interminabilmente,<br />
per le belle maestre e con fantasia.<br />
Fu appunto quella fantasia a colpirmi. Io morivo<br />
dalla voglia <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare amico <strong>di</strong> Tasca (così si<br />
chiamava), ma lui era uno grande. Quattro o cinque<br />
anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza a quell'età sono un abisso generazionale.<br />
Credo <strong>di</strong> essere andato un giorno da<br />
lui a <strong>di</strong>chiarargli in modo <strong>di</strong>retto: «Vorrei essere<br />
tuo amico», e temo <strong>di</strong> ricordare senza errore lo<br />
sguardo duro e <strong>di</strong>stante con cui i rispose.<br />
Certo suonava bene, ed era grande. Io ero in<br />
generale molto afflitto <strong>di</strong> trovarmi in quella colonia<br />
con i tamburi, le marce, le ginnastiche, gli<br />
inni, i <strong>di</strong>scorsi del Duce alla ra<strong>di</strong>o e in certi raschianti<br />
<strong>di</strong>schetti, e lontano da casa per la prima<br />
volta. Con alcuni sol<strong>di</strong> andai a comprare, da un<br />
cartolaio che ancora potrei ritrovare, un quaderno<br />
<strong>di</strong> musica. Non ne sapevo assolutamente nulla: sapevo<br />
solo che su quelle righe andavano <strong>di</strong>segnati<br />
dei pallini neri colle gambette. <strong>Di</strong>steso sul letto<br />
della mia camerata nelle ore <strong>di</strong> riposo obbligatorio<br />
andavo scrivendo note e note, e fischiettavo.<br />
Immaginavo che quando la melo<strong>di</strong>a va in su le<br />
note devono essere scritte sempre più verso l'alto,<br />
e viceversa. Se le note sono lunghe, devono essere<br />
scritte <strong>di</strong>stanti una dall'altra. Mi inventavo le regole,<br />
trovandole plausibili.<br />
Portai alcune pagine a Tasca, durante un intervallo<br />
tra le nostre ri<strong>di</strong>cole manovre. Egli mi <strong>di</strong>sse:<br />
«Questa roba non si può suonare, non vuol <strong>di</strong>re<br />
niente». Evidentemente ero restio all'idea che la<br />
musica deve essere imparata. Avevo la sensazione<br />
che c'è già tutto dentro e basta tirarlo fuori — sensazione<br />
assolutamente ingannevole, come tutte<br />
quelle che, anche in altre zone della vita, le assomigliano.<br />
Tasca non mi aveva deluso; mi aveva aperto<br />
gli occhi.<br />
L'ultimo fatto della mia infanzia musicale,<br />
quello che precede imme<strong>di</strong>atamente il mio incontro<br />
con il maestro <strong>Lipizer</strong> e ne è la causa, va raccontato<br />
un po' più per esteso.<br />
Era un'altra estate, avevo <strong>di</strong>eci anni ormai, e<br />
ancora una volta mi trovavo a Sagrado, nella casa<br />
del nonno falegname. Ma lui, sior Momi, era morto<br />
da poco. La grande falegnameria, dotata <strong>di</strong> cinque<br />
macchine elettriche che mi era vietato <strong>di</strong> toccare,<br />
era deserta, piena <strong>di</strong> legnami semilavorati, <strong>di</strong><br />
tavolame intatto, e <strong>di</strong> quel dorato odore <strong>di</strong> legno,<br />
pungente e sano, che <strong>di</strong>venta più violento quando<br />
ci si avvicina alla segatura o si mette il naso nei<br />
trucioli. La luce estiva passava frammentata tra le<br />
foglie della pergola, e anche sotto la pergola c'era<br />
un bancone da falegname, asciutto per quella lunga<br />
bellissima stagione. Su quel bancone, con un<br />
mio compagno <strong>di</strong> scuola che si chiamava Adriano,<br />
passavamo le giornate, otto ore ogni giorno almeno,<br />
lavorando alla costruzione <strong>di</strong> due violini. Non<br />
lo erano assolutamente, in realtà; ma ne avevano<br />
la forma, più o meno. Avevo ricavato la foggia della<br />
cassa da uno strumento vero, consegnatomi con<br />
mille cautele per qualche ora da una ragazza dai<br />
capelli lunghi, la Bianca, che non potevamo fare a<br />
meno <strong>di</strong> ammirare. In pratica, avevo passato una<br />
matita lungo i bordí della cassa, portando la linea<br />
su un foglio <strong>di</strong> carta, e avevo preso le misure del<br />
manico.<br />
Ho visto violini fatti all'incirca così da qualche<br />
popolazione primitiva delle Ande, credo, in qualche<br />
museo: i due pezzi <strong>di</strong> legno destinati a formare la<br />
cassa e opportunamente sagomati vengono scavati<br />
ciascuno da una parte, e poi fissati insieme in modo<br />
8 9
Carlo Luigi<br />
Bozzi, padre <strong>di</strong><br />
Paolo,<br />
insegnante e<br />
storico, amico <strong>di</strong><br />
<strong>Rodolfo</strong> <strong>Lipizer</strong><br />
che le due incavature vadano a formare la cavità interna<br />
del corpo armonico. Da uno <strong>di</strong> quei pezzi<br />
sporge un manico, e io e Adriano lo facemmo termínare<br />
in un ricciolo abbastanza convincente.<br />
L'estate volgeva al termine. Lavorando <strong>di</strong> sega<br />
e scalpello cantavamo canzonacce, e perciò venimmo<br />
rimproverati da una signora che stava lì vicino.<br />
lo volli <strong>di</strong>pingere il mio strumento in rosso,<br />
lui in marrone. Da un cavo telefonico traevamo le<br />
corde, togliendo dal suo interno le anime <strong>di</strong> acciaio.<br />
Furono approntati due archetti <strong>di</strong> legno<br />
duro e dato che nessuno voleva regalarci una coda<br />
<strong>di</strong> cavallo ripiegammo sul filo da cucire che - sia<br />
io punito se ciò non é vero - debitamente impeciato<br />
mette realmente in moto le corde.<br />
I parenti risero vedendo e sentendo i risultati<br />
<strong>di</strong> una estate così buttata via. Adriano si liberò<br />
presto del suo ri<strong>di</strong>colo arnese, ma io mi portai<br />
<strong>di</strong>etro il mio a Gorizia, quando venne il momento<br />
<strong>di</strong> tornare a scuola. Riuscivo a inventare qualche<br />
scaletta stonata, e i gran<strong>di</strong> mi <strong>di</strong>cevano che ero<br />
uno Stra<strong>di</strong>vario. lo credevo che uno Stra<strong>di</strong>vario<br />
fosse una specie <strong>di</strong> zigano, o comunque uno che<br />
suona per le strade, e solo dopo un bel po' venni a<br />
sapere chi era stato.<br />
Arrivando a Gorizia <strong>di</strong>chiarai a mio padre,<br />
maestro elementare colto e anche un po' storico<br />
della città, che volevo stu<strong>di</strong>are il violino.<br />
Ma lui era molto sulla negativa. Piano sì, forse;<br />
violino no. Raccontava una storia <strong>di</strong> un suo conoscente<br />
che suonava bene il violino e poi si era impiccato<br />
per miseria. (Questo <strong>di</strong>scorso del violino e<br />
— - • della miseria sarebbe tornato<br />
fuori più volte, in seguito, e fu<br />
anche oggetto <strong>di</strong> una mia <strong>di</strong>scussione<br />
con <strong>Lipizer</strong>).<br />
Gli amici <strong>di</strong> casa mi <strong>di</strong>fendevano,<br />
e insomma c'erano sgradevoli<br />
<strong>di</strong>scussioni sull'argomento.<br />
Durante i primi giorni <strong>di</strong><br />
scuola saltò fuori che un mio<br />
compagno, un certo Gatteschi,<br />
voleva vendere il suo tre-quartí<br />
per comprare un'automobilina<br />
tedesca telecomandabile. Una<br />
lira sull'altra, <strong>di</strong>etro un piatto della credenza, in<br />
cucina, andavo formando un gruzzolo <strong>di</strong> monete,<br />
e pensavo <strong>di</strong> arrivare in un anno a cento lire, sempre<br />
sperando che Gatteschi non avesse a piazzare<br />
la sua merce preziosa prima del compimento dei<br />
miei risparmi.<br />
E all'improvviso le cose cambiarono.<br />
Un mio cugino, militare a Gorizia, scovò un<br />
pomeriggio quella pila <strong>di</strong> monete nascosta <strong>di</strong>etro<br />
il piatto, e chiese a mia madre cosa ci stesse a fare<br />
lì. Ebbe i dovuti chiarimenti. Lui - me lo vedo ancora<br />
colla <strong>di</strong>visa da caporale - contò i sol<strong>di</strong>, <strong>di</strong>sse<br />
che il resto lo metteva lui, e mi invitò all'istante<br />
(questo fu l'aspetto eccezionalmente bello <strong>di</strong> quella<br />
vicenda) a scendere giù in cortile, a salire sulla<br />
stanga della sua bicicletta, e a guidarlo verso la<br />
casa del Gatteschi.<br />
Una porta massiccia si aprì su un corridoio<br />
scuro - vecchie case <strong>di</strong> fronte al Parco della Rimembranza!<br />
Ma io e il cugino non entrammo: il bambino<br />
portò subito la piccola lugubre cassetta ed io gli<br />
consegnai i sol<strong>di</strong>, molti spiccioli e un biglietto da<br />
cinquanta. Sulla via del ritorno volli fare una fermata:<br />
a un certo punto del <strong>Corso</strong> c'era una gelateria<br />
con i tavolini <strong>di</strong> marmo dalle zampe in ghisa<br />
alla liberty (la gelateria De Rocco, che tutt'ora<br />
porta lo stesso nome), giusto accanto alla bottega<br />
11<br />
Gorizia. Il parco<br />
della<br />
Rimembranza<br />
prima<br />
dell'attentato del<br />
1945, che<br />
<strong>di</strong>strasse il<br />
monumento ai<br />
caduti
<strong>di</strong> musica del signor Spellot. Non potevo resistere<br />
alla furiosa voglia <strong>di</strong> estrarre il tre-quarti dalla custo<strong>di</strong>a.<br />
C'era. Era <strong>di</strong> buona fattura, col fondo a<br />
fiamme rosse e gialle. C'era anche un archetto, ma<br />
certo non potevo mettermi lì, in caffè, a recitare<br />
scale male apprese sul mio violino fatto in casa.<br />
Una felicità simile mi era capitata prima <strong>di</strong> allora,<br />
credo, solo durante certe vigilie <strong>di</strong> Natale quando<br />
il nonno e i miei riempivano letteralmente mezza<br />
stanza <strong>di</strong> doni, molti fatti con i trucioli <strong>di</strong> quella<br />
falegnameria.<br />
Li accanto, come ho detto, c'era la bottega del<br />
signor Spellot. Una bottega piccola e scura col<br />
banco sulla destra, piena <strong>di</strong> cassetti e stretti scaffali.<br />
Lui era un uomo grande e grosso, calvo e cogli<br />
occhiali, e suonava il violoncello nell'orchestra<br />
<strong>di</strong> Lípizer, oltre a fare un po' il liutaio e l'inten<strong>di</strong>tore.<br />
Le corde allora si compravano a metro: erano<br />
<strong>di</strong> budello, si <strong>di</strong>ceva, <strong>di</strong> gatto, color miele; il sol<br />
era rivestito d'argento, il 'cantino' (in quell'occasione<br />
appresi questo nome; credevo che si chiamasse<br />
quarta corda, ma Spellot mi avvertì che era<br />
la prima) era d'acciaio. La moglie del negoziante<br />
era molto piccola, aveva i capelli can<strong>di</strong><strong>di</strong>. Mi aiutò<br />
molto nelle compere. Volevo esageratamente anche<br />
piroli, ponticelli, cor<strong>di</strong>ere e tutto un arsenale.<br />
Mi spiegarono che un violino non va smontato e<br />
rimontato ogni giorno, ma solo quando occorre,<br />
cioè assai raramente. Lui mi vendette anche un<br />
metodo, e sospetto che anche a questo punto fosse<br />
mio cugino a pagare.<br />
Furono giorni molto belli. A scuola non facevo<br />
niente, e le mie quotazioni per la prima volta, la<br />
prima <strong>di</strong> molte altre, ebbero una flessione. Tenevo<br />
lo Herrmann, cioè il metodo, aperto sopra un mobiletto<br />
verniciato in rosso, giusto adatto per la mia<br />
statura, e cavavo note lunghe ascoltando sorpreso<br />
tutto quello che stava accadendo nelle interiora<br />
dello strumento. Era un autentico lavoro <strong>di</strong> scoperta.<br />
La vocazione artistica non c'entrava per<br />
niente; era piuttosto come quando avevo passato<br />
ore a guardare formiche con una grossa e perfetta<br />
lente <strong>di</strong> ingran<strong>di</strong>mento, mentre camminavano su<br />
un tovagliolo bianco destreggiandosi tra briciole<br />
<strong>di</strong> pane da me strategicamente <strong>di</strong>sposte.<br />
Era piuttosto una vocazione scientifica.<br />
Cavare suono da uno strumento, senza pensare<br />
12<br />
alla musica, è un'operazione tipicamente sperimentale,<br />
e anzi costringe a scoprire ed inventare<br />
le regole del metodo sperimentale.<br />
Tutte queste manovre produssero commozione<br />
in casa mia, si vede. Del resto- - ma non so quando<br />
- era stato proprio mio padre a <strong>di</strong>rmi, mentre<br />
era seduto sul <strong>di</strong>vano dei tinello con una borsa<br />
dell'acqua calda sullo stomaco, e in<strong>di</strong>candomi un<br />
ritratto <strong>di</strong> Schopenhauer che possiedo ancora:<br />
«Filosofia e musica, dovresti stu<strong>di</strong>are. Universi<br />
che si completano a vicenda, ma adesso non puoi<br />
capire, sei troppo piccolo. La rappresentazione e<br />
la volontà. Anche il mio amico <strong>Lipizer</strong> ha stu<strong>di</strong>ato<br />
filosofia e musica». (Credo <strong>di</strong> aver sentito per la<br />
prima volta il nome <strong>di</strong> <strong>Lipizer</strong> in quella occasione).<br />
Io poi ho fatto entrambe le cose, senza che ci<br />
fossero entusiasmi da parte <strong>di</strong> mio padre. Era un<br />
personaggio contrad<strong>di</strong>ttorio, ma pretendeva col<br />
tono della voce alla coerenza, <strong>di</strong>cendo il bianco e<br />
il nero con piglio ugualmente perentorio.<br />
Ad ogni modo, un giorno d'ottobre durante il<br />
pranzo egli raccontò <strong>di</strong> aver incontrato<br />
al caffè il maestro <strong>Lipizer</strong>, e <strong>di</strong><br />
avergli parlato della mia passione.<br />
Abitavamo in via Cappella, al n. 30,<br />
una grande casa con sei appartamenti.<br />
Quasi tutti gli inquilini erano<br />
maestri elementari e avevano figli;<br />
eravamo un<strong>di</strong>ci bambini in tutto<br />
e <strong>di</strong>sponevamo <strong>di</strong> un prato, <strong>di</strong><br />
un boschetto (abusivamente) e <strong>di</strong><br />
un lungo viale <strong>di</strong> ippocastani, capitanato<br />
da due cipressi proprio da<br />
vanti alla casa. Si sentiva sempre rumore <strong>di</strong> bambini,<br />
lungo le scale, negli appartamenti accanto.<br />
Quel giorno era grigio e piovigginoso, il papà sedeva<br />
a tavola proprio in faccia a me, e ogni tanto<br />
chiedeva approvazione o commenti a mia madre.<br />
In piazza Grande aveva incontrato il <strong>Lipizer</strong><br />
ed erano andati al caffè Vittoria come al solito,<br />
dove pare che si offrissero il cappuccino a vicenda<br />
parlando male del governo. Non ho mai saputo<br />
quali fossero le opinioni politiche <strong>di</strong> Lípizer e in<br />
realtà ho capito assai poco anche <strong>di</strong> quelle <strong>di</strong> mio<br />
padre; ma certo detestavano le comme<strong>di</strong>e fasciste,<br />
i fascistelli <strong>di</strong> ruolo che dovevano frequentare, l'eroismo<br />
e le guerre in generale e quella li in parti-<br />
13<br />
"I ragazzi" che<br />
giocavano<br />
assieme, erano<br />
tutti abitanti al<br />
n. 30 <strong>di</strong><br />
via Cappella:<br />
Paolo Bozzi i<br />
fratelli Sardagna<br />
e Iurlano e le<br />
sorelle Mayer<br />
(più oltre in<br />
fondo) e i fratelli<br />
Rubbia (tra cui<br />
Carlo futuro<br />
Premio Nobel<br />
per la Fisica)
Gorizia, in<br />
piazza Grande<br />
c'era il Caffè<br />
all'Europa<br />
(1915-1918);<br />
dopo la Prima<br />
Guerra<br />
Mon<strong>di</strong>ale, la<br />
piazza e il Caffè<br />
presero il nome<br />
<strong>di</strong> "Vittoria"<br />
Un Saluto dal Caffè "€uropa"<br />
colare, la retorica e l'oscura stupidaggine che accompagnava<br />
ciascuno nella vita <strong>di</strong> ogni giorno,<br />
dai canti patriottici del mattino ai bollettini bellici<br />
della sera. In quel periodo mio padre era seguito<br />
sistematicamente da una spia, un signore piccolo<br />
e rosso <strong>di</strong> capelli che ricordo assai bene, il quale<br />
un giorno, proprio in quel caffè, gli si era rivelato<br />
per tale, scusandosi della cosa; e grazie a un tal<br />
gesto si era conquistato un cappuccino con brioche<br />
e una sorta <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffidente simpatia.<br />
Il papà aveva raccontato al <strong>Lipizer</strong> la storia del<br />
violino fabbricato a Sagrado, quella del tre-quarti,<br />
del metodo. <strong>Lipizer</strong> lo aveva rimproverato per<br />
non avergli mai detto niente; gli aveva detto:<br />
«Man<strong>di</strong>melo da mi, come si fa a lasciar perdere una<br />
inclinazione musicale». Gli aveva promesso che mi<br />
avrebbe preso come allievo lui in persona, senza<br />
mandarmi da altri per il corso preparatorio, «che<br />
magari i lo rovina». Dovevo naturalmente seguire<br />
anche le lezioni <strong>di</strong> solfeggio tenute dalla signorina<br />
Seghizzi (che io conoscevo perché veniva spesso a<br />
trovare i Rubbia, al piano <strong>di</strong> sotto, e da essi-avevo<br />
sentito raccontare che possedeva un magnifico<br />
violino).<br />
In quel momento ebbi paura. L'improvviso<br />
prendere corpo del mio avviamento ufficiale alla<br />
musica mi spaventò, e stavo per pregare <strong>di</strong> non<br />
mandarmi da nessuno, <strong>di</strong> lasciarmi giocare con i<br />
miei víolinetti e basta. Ma non ebbi il coraggio<br />
neanche <strong>di</strong> questo.<br />
Un personaggio cresceva minacciosamente da-<br />
14<br />
vanti a me. Un Maestro. Mio padre ne<br />
stava magnificando le doti. Raccontò che<br />
erano amici da molti anni, che aveva seguito<br />
quasi tutti i concerti organizzati e<br />
<strong>di</strong>retti da lui a Gorizia, e che però la vera<br />
storia importante del <strong>Lipizer</strong> andava cercata<br />
altrove, più in là.<br />
Infatti, sotto la sua bacchetta aveva<br />
suonato Jan Kubelík, ad Abbazia, molti<br />
anni prima.<br />
Jan Kubelík era un gran<strong>di</strong>ssimo virtuoso<br />
del violino, un interprete <strong>di</strong> fama<br />
mon<strong>di</strong>ale. E aveva suonato sotto la sua<br />
bacchetta (mi colpì molto quest'espressione).<br />
Concerti degli anni Venti<br />
C'era stato un incidente <strong>di</strong> cui tutti poi avevano<br />
parlato: una figlia <strong>di</strong> Kubelík doveva suonare<br />
in un concerto <strong>di</strong>retto da <strong>Lipizer</strong>, ma si era sentita<br />
male e, detto e fatto, suo padre l'aveva sostituita<br />
sotto gli occhi del pubblico, senza prove, ed era<br />
stato un successo travolgente. Questa storia era<br />
magnifica.<br />
Sono andato a rivedermela <strong>di</strong> recente, perché<br />
anche adesso, a tanti decenni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, conserva<br />
intatto il suo profumo ed è assai bella. Vecchi<br />
giornali ne parlano, in fondo un po' commoventi;<br />
anche i caratteri <strong>di</strong> stampa rendono le sensazioni<br />
<strong>di</strong> un mondo <strong>di</strong>verso, oltre che lo stile dei giornalisti.<br />
Siamo nel '27.<br />
Naturalmente vi è raccontata la storia <strong>di</strong> Kubelík<br />
che sostituisce la figlia, c'è anzi tutta una documentazione<br />
su quel ciclo <strong>di</strong> concerti ad Abbazia,<br />
che lascia immaginare un mondo: la villeggiatura<br />
<strong>di</strong> lusso, gli stabilimenti dei bagni, i personaggi<br />
d'alto bordo. A un certo momento vi compare<br />
anche la Duchessa d'Aosta con al seguito la<br />
Marchesa Casanova, il Gentiluomo <strong>di</strong> Corte Conte<br />
Piella, il Conte Segrè, il Colonnello Cavalier<br />
Garibal<strong>di</strong> e, in fondo alla lista, il Regio <strong>Di</strong>rettore<br />
<strong>Di</strong>dattico Tomsig - e pagherei qualcosa per saperne<br />
<strong>di</strong> più su <strong>di</strong> lui. La cronaca però non <strong>di</strong>ce se<br />
frequentasse i concerti <strong>di</strong> <strong>Lipizer</strong>.<br />
Ma i giornali rimandano ancora più in<strong>di</strong>etro<br />
15<br />
II celebre<br />
violinista <strong>di</strong><br />
origine<br />
cecoslovacca Jan<br />
Kubelik de<strong>di</strong>ca<br />
questa foto al<br />
M° <strong>Lipizer</strong> che lo<br />
<strong>di</strong>resse nel<br />
settembre 1927<br />
in un concerto ad<br />
Abbazia
Frontespizio del<br />
Programma del<br />
Quinto Concerto<br />
Sinfonico<br />
eseguito il<br />
17 <strong>di</strong>cembre<br />
1925 al Teatro<br />
Ver<strong>di</strong> <strong>di</strong> Gorizia,<br />
<strong>di</strong>retto da <strong>Lipizer</strong><br />
nel tempo, fino a uno stelloncino del 16 maggio<br />
1924, apparso su «Il Piccolo della Sera». <strong>Lipizer</strong><br />
aveva ventotto anni. Il testo <strong>di</strong>ce: «Questa sera il<br />
Circolo degli Amici della Musica <strong>di</strong>ede al Teatro<br />
Ver<strong>di</strong> il primo concerto sinfonico <strong>di</strong>retto dal giovane<br />
Maestro concitta<strong>di</strong>no <strong>Rodolfo</strong> Lippizer [sic].<br />
Il pubblico, accorso numeroso, tributò ai valorosi<br />
esecutori entusiastici applausi. Il<br />
-; Maestro Lippizer [sic], dotato <strong>di</strong> e-<br />
! minenti qualità <strong>di</strong>rettive e <strong>di</strong> un temperamento<br />
artistico eccezionale, è<br />
stato festeggiatissimo. Egli seppe<br />
dare ai vari pezzi un'interpretazione<br />
| perfetta, ricavando dal complesso orj<br />
chestrale, composto per lo più da api<br />
passionati <strong>di</strong> musica, effetti <strong>di</strong> colore<br />
| e <strong>di</strong> impeto straor<strong>di</strong>nari». Non si fa<br />
| parola del programma. Il nome del<br />
| Maestro è scritto per due volte in<br />
;<br />
modo sbagliato; il che - almeno nei<br />
i giornali locali, goriziani - si ripeterà<br />
i in futuro solo assai raramente; men-<br />
• tre altrove quel nome subirà tutto<br />
| ciò che a un normale nome delle no-<br />
1 stre parti può ragionevolmente accadere.<br />
Pochi giorni dopo, «La Voce <strong>di</strong> Gorizia» parla<br />
<strong>di</strong> un altro concerto, dato stavolta nel Teatro della<br />
Vittoria. Qui si racconta che l'orchestra suonò anche<br />
un non meglio identificato «brano <strong>di</strong> Grieg»,<br />
si loda il maestro citandolo col nome giusto (non è<br />
più uno sconosciuto per i giornalisti locali), e si<br />
sottolinea che il concerto «è anche una vittoria<br />
della città, per il fatto che gran<strong>di</strong> sono le <strong>di</strong>fficoltà<br />
per mettere assieme una cinquantina <strong>di</strong> volontari<br />
suonatori..., i quali sono <strong>di</strong>sposti a sacrificarsi per<br />
le prove, durante la sera, stanchi del lavorar della<br />
giornata». Il giornalista aggiunge che il "Circolo<br />
degli Amici della Musica" è sostanzialmente opera<br />
del giovane <strong>Lipizer</strong>.<br />
Alla fine dell'anno il giornalista Camillo Medeot<br />
(maestro elementare) tirando le somme sulle attività<br />
culturali della sua città e riferendosi a quei due<br />
concerti, chiede spazio alla «Voce <strong>di</strong> Gorizia» per<br />
lodare ancora una volta l'impresa. «In questa misconosciuta<br />
Gorizia abbiam visto sorgere da non<br />
più <strong>di</strong> un anno a questa parte e prosperare, a con-<br />
fusione del nostro abituale scetticismo, una società<br />
<strong>di</strong> volonterosi detta degli "Amici della Musica", la<br />
quale abbattendo una infinità <strong>di</strong> ostacoli, non ultimi<br />
quelli finanziari, e vincendo egoismi particolari<br />
e vanità personali, il tarlo <strong>di</strong> tante società pur sorte<br />
con nobili intenti, seppe dare in breve tempo...»<br />
eccetera eccetera; e poi: «L'anima della società è il<br />
M° <strong>Rodolfo</strong> <strong>Lipizer</strong>, spirito <strong>di</strong> rare qualità artistiche.<br />
Chi non ha assistito a una prova d'orchestra<br />
non saprà mai apprezzare a pieno le doti e le virtù<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>rigente <strong>di</strong> questo artista goriziana... una pazienza<br />
che stupisce in un uomo tutto nervi e sensibilità,<br />
un'arte così delicata e gentile nel far valere la<br />
sua volontà, che poi è <strong>di</strong> ferro, da far sì che i suoi<br />
collaboratori e allievi la subiscano senza sentirne il<br />
peso, con gioia. A vederlo <strong>di</strong>rigere, il m.o <strong>Lipizer</strong>,<br />
così com'è dato vederlo in una sera <strong>di</strong> concerto, i<br />
suoi movimenti possono parere duri e un po' compassati,<br />
quasi per timore incerti. Ma è il suo viso,<br />
quello che il pubblico non vede, che seguendo i<br />
moti dell'anima, prende ogni più <strong>di</strong>versa espressione».<br />
Ho citato per esteso, perché leggere quelle righe<br />
e vedermelo davanti è stato tutt'uno. Quella<br />
perplessità <strong>di</strong> cui parlavo all'inizio, quel controllo<br />
sulle spinte interne, cioè quell'entusiasmo incredulo<br />
e quell'equilibrio scettico si riflettevano veramente<br />
nel suo gesto <strong>di</strong> <strong>di</strong>rettore e in tutti i suoi gesti<br />
<strong>di</strong> ogni giorno, fino al passo rapido e un poco oscillante,<br />
fino al modo <strong>di</strong> congegnare il <strong>di</strong>scorso,<br />
così inframmezzato da parentesi pungenti quasi<br />
borbottate.<br />
I giornali riparlano <strong>di</strong> lui già nel marzo del '2S.<br />
GORIZIA - Via Trento<br />
Gorizia. La<br />
casa natale <strong>di</strong><br />
<strong>Rodolfo</strong> <strong>Lipizer</strong><br />
in via del Teatro<br />
(l'e<strong>di</strong>ficio, il<br />
primo a destra,<br />
sarà demolito per<br />
dare spazio<br />
all'attuale via De<br />
Gasperi)
Aveva <strong>di</strong>retto un concerto veramente impegnativo,<br />
con l'Ottava <strong>di</strong> Schubert, l'Egmont <strong>di</strong> Beethoven,<br />
l'I<strong>di</strong>llio <strong>di</strong> Sigfrido <strong>di</strong> Wagner (bisogna tener presente<br />
che a quei tempi il pubblico esigeva programmi<br />
assai variati; le stesse trasmissioni <strong>di</strong> buona<br />
musica alla ra<strong>di</strong>o avevano un andamento zigzagante<br />
oggi per noi poco comprensibile, come nel<br />
cosiddetto Concerto sinfonico - vocale); parlano<br />
poi <strong>di</strong> un altro concerto <strong>di</strong> quella stessa stagione,<br />
con un programma ancora più variato, dall'Ave<br />
Maria <strong>di</strong> Zandonai, al Minuetto-Musette-Tambourin<br />
<strong>di</strong> Rameau («trine, parrucche bianche, baciamani.<br />
.. prati fioriti, fili d'oro tra cielo e terra» scrive<br />
l'articolista; e <strong>Lipizer</strong> detestava questo modo <strong>di</strong><br />
parlar <strong>di</strong> musica), e in più il Mendelssohn della<br />
Grotta <strong>di</strong> Fingal e l'íntroduzione del Barbiere <strong>di</strong> Siviglia,<br />
Alla porta del Chiostro <strong>di</strong> Grieg, Alle Rose<br />
<strong>di</strong> Seghizzi.<br />
Nel <strong>di</strong>cembre del 1925, però, compare il Concerto<br />
per violino <strong>di</strong> Mendelssohn, con Albertina<br />
Ferrari solista, accanto all'Eroica <strong>di</strong> Beethoven. È<br />
come se <strong>Lipizer</strong> avesse voluto tirare le briglie al<br />
suo pubblico, imponendo un programma compatto<br />
e assorbente; lui si sentiva educatore, e lo era.<br />
Dopo concessioni un po' troppo variate ci voleva<br />
un momento <strong>di</strong> severità. Tutto nel suo stile.<br />
Infatti. Le conseguenze non si fanno aspettare<br />
troppo. Proseguendo attraverso l'anno 1926 (Mozart,<br />
Elgar, ancora Schubert, Boro<strong>di</strong>n, Brahms, un<br />
Vival<strong>di</strong> trascritto dallo stesso <strong>Lipizer</strong>, Pergolesi:<br />
tutto repertorio sinfonico senza concessioni) si arriva<br />
a novembre con un concerto, l'ottavo nella<br />
storia della Società, sul quale un anonimo cronista<br />
scrive una curiosa nota, iniziando l'articolo: «Ieri<br />
sera nella Palestra dell'Unione Ginnastica - anche<br />
questa volta con poco intervento <strong>di</strong> pubblico, non<br />
giustificato, poiché il m.o <strong>Lipizer</strong>, con un giusto<br />
criterio, seppe <strong>di</strong>videre il programma in due parti<br />
<strong>di</strong>stinte: quella riservata ai pochi (Haydn) e quella<br />
più comunicativa (Ver<strong>di</strong>, Bizet) - ebbe luogo» eccetera,<br />
eccetera. Dunque il pubblico era andato<br />
scemando per colpa <strong>di</strong> una musica troppo poco<br />
«comunicativa».<br />
Il Maestro <strong>Lipizer</strong> aveva tirato un po' troppo<br />
la corda. Egli aveva voluto educare il suo pubbli-<br />
18<br />
co in breve, e questo mi ricorda assai bene certe<br />
scozzonate che egli infliggeva agli allievi. Ma il<br />
pubblico, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> molti allievi, ha ceduto.<br />
In un giornale <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni dopo un altro commentatore,<br />
riassumendo le vicende <strong>di</strong> quell'orchestra,<br />
si lascierà andare alle seguenti riflessioni: «Il<br />
pubblico più eletto che nei primi concerti aveva<br />
dato prova imponente del suo compiacimento e<br />
del suo sentimento <strong>di</strong> comprensione, continuò a<br />
rimanere fedele e assiduo, però l'incessante succedersi<br />
degli eventi, la mancanza <strong>di</strong> una adeguata<br />
<strong>di</strong>ffusione e popolarizzazione dei concerti sínfonici<br />
cominciò a donare a queste manifestazioni un<br />
carattere <strong>di</strong> privilegio per pochi iniziati. E ciò forse<br />
perché la musica sinfonica, pur piacendo all'orecchio,<br />
non può essere imme<strong>di</strong>atamente compresa<br />
in tutta la sua bellezza. Giova ricordare un magnifico<br />
detto <strong>di</strong> Leonardo: "<strong>Di</strong>o, tu ci ven<strong>di</strong> tutti i<br />
beni a prezzo <strong>di</strong> fatica", per spiegarci, quanto per<br />
comprendere le cose più belle e più eccelse, sia<br />
necessario all'uomo uno sforzo <strong>di</strong> attenzione, una<br />
dose moderata <strong>di</strong>, buona volontà». (La responsabilità<br />
delle virgolette chiuse va ascritta all'articolista,<br />
o al compositore del «Popolo <strong>di</strong> Trieste»: ma<br />
l'intenzione della lezione è evidente).<br />
La buona volontà del pubblico mancava; inoltre<br />
un goriziano a Gorízia vale poco, in generale. Così<br />
il primo concerto del 1927 è basalo su un programma<br />
<strong>di</strong> colpo più popolare o, come voleva il cronista<br />
sopra citato, più «comunicativo» (Solitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />
Grieg, A sera <strong>di</strong> Catalani, Minuetto <strong>di</strong> Boccherini e<br />
così via). Il cronista della «Voce<br />
dell'Isonzo» esor<strong>di</strong>sce scrivendo:<br />
«L'orchestra d'archi della Società<br />
degli Amici della Musica si esibì innanzi<br />
a un pubblico elegante, <strong>di</strong>stinto<br />
e piuttosto esigente. Notammo<br />
il Sen. Bombig, il Comm. Cassini<br />
e altre personalità». L'impresa educativa<br />
aveva incontrato il suo limite<br />
invalicabile.<br />
Non va del resto trascurato il<br />
fatto che, in generale, per l'Italia<br />
non erano anni buoni, anche se il<br />
peggio doveva ancora arrivare.<br />
Eppure, proprio il 1927 fu il<br />
grande anno <strong>di</strong> <strong>Lipizer</strong>.<br />
Nel 1927 <strong>Lipizer</strong><br />
vince il concorso<br />
per <strong>di</strong>rigere<br />
l'Orchestra<br />
sinfonica <strong>di</strong><br />
Abbazia, centro<br />
turistico e<br />
termale del<br />
Quarnero. Al<br />
termine della<br />
stagione al<br />
<strong>di</strong>rettore viene<br />
offerto un<br />
<strong>di</strong>ploma eseguito<br />
dal pittore<br />
Gilbert Brunora<br />
raffigurante<br />
l'Hotel Kursaal,<br />
dove si erano<br />
tenuti i concerti
Nelle due foto<br />
della pagina<br />
accanto sono<br />
ritratti i genitori<br />
<strong>di</strong> <strong>Rodolfo</strong><br />
<strong>Lipizer</strong>: <strong>Rodolfo</strong><br />
Antonio,<br />
funzionario<br />
imperialregio e<br />
cancelliere del<br />
Tribunale, e<br />
Ludovica Maria<br />
Pellizon,<br />
casalinga. La<br />
famiglia abiterà<br />
prima nella casa,<br />
in via del Teatro<br />
15; si trasferirà<br />
poi in Borgo<br />
Castello, <strong>di</strong><br />
fronte alla chiesa<br />
del Collegio S,<br />
Giuseppe, oggi<br />
<strong>Sala</strong> convegni dei<br />
Musei<br />
Provinciali<br />
La città <strong>di</strong> Abbazia aveva affidato al maestro<br />
Carlo Perinello - un altro uomo <strong>di</strong> ingegno musicale<br />
e non solo musicale, elevatissimo, autore <strong>di</strong><br />
un complicato e geniale trattato d'armonia che è<br />
in realtà una miniera <strong>di</strong> sperimentazioni e <strong>di</strong> modelli<br />
teorici spesso provocatori, in sostanza buoni<br />
per essere <strong>di</strong>scussi solo oggi - il compito <strong>di</strong> inventare<br />
una stagione sinfonica coi fiocchi, tale da coprire<br />
l'anno turistico dalla primavera all'autunno<br />
inoltrato, senza badare a spese, e cercando ovunque<br />
il meglio. Perinello non badò a spese, si vede.<br />
Tra i solisti chiamò Kubelík, il quale si portò <strong>di</strong>etro<br />
le sue due figlie, Annie e Mary Kubelík-Klinz.<br />
Per quanto concerne l'orchestra furono cercati<br />
professionisti <strong>di</strong> livello in tutta l'Italia settentrionale.<br />
Ricordo <strong>di</strong> aver visto tra le carte <strong>di</strong> <strong>Lipizer</strong><br />
un doppio foglio ingiallito, carta intestata del Sindacato<br />
musicisti, credo, con molti nomi scritti da<br />
più mani, come se l'elenco fosse stato aggiornato<br />
da più operatori. Vi figuravano orchestrali romagnoli,<br />
veneti e lombar<strong>di</strong>. Indubbiamente ce ne saranno<br />
stati anche <strong>di</strong> friulani ed istriani, e Trieste<br />
avrà dato il suo contributo.<br />
Per la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> tale orchestra fu ban<strong>di</strong>to un<br />
regolare concorso. Lo vinse <strong>Lipizer</strong>, trentenne. E<br />
probabile che gli abbiano giovato proprio i titoli<br />
raccolti lungo quella <strong>di</strong>sperata impresa educativa<br />
goriziana durata due anni; ma oltre a questo avrà<br />
avuto il suo peso la eccezionale cultura, non solo<br />
musicale, del Maestro, quella che si fiutava in lui<br />
solo dopo <strong>di</strong>eci minuti <strong>di</strong> conversazione.<br />
Perinello era anch'egli un dotto, ben al <strong>di</strong> là<br />
della musica. Manca la documentazione per stabilire<br />
come la commissione fosse composta. Appare<br />
nello stesso tempo eccezionale ed ovvio che proprio<br />
il giovane <strong>Lipizer</strong> fosse scelto per quel compito<br />
faticosissimo.<br />
Egli dovette cominciare le prove agli inizi<br />
dell'anno, ancora durante l'inverno, perché il ciclo<br />
affidatogli comprendeva venticinque concerti<br />
e la compagine da guidare - certo fatta da notevoli<br />
professionisti, stavolta quasi tutti tali - comprendeva<br />
molte persone che presumibilmente non<br />
si erano mai viste prima. È vero che all'inizio <strong>Lipizer</strong><br />
mette nei programmi quasi tutta la musica che<br />
aveva già <strong>di</strong>retto a Gorizia; però ce n'è tanta altra<br />
che lui deve stu<strong>di</strong>are lì sul momento, a furia <strong>di</strong><br />
partiture e pianoforte, poiché allora non<br />
c'era l'ausilio <strong>di</strong> eccellenti incisioni che<br />
permettono raffronti e critiche sicure.<br />
Avrà fatto le notti, in quei mesi.<br />
I primi due concerti furono dati<br />
nell'aprile del 1927 e furono certamente<br />
<strong>di</strong> rodaggio, sia perché <strong>Lipizer</strong> presentò<br />
musiche che aveva già <strong>di</strong>retto sia perché<br />
la critica al secondo concerto, apparsa<br />
sulla «Vedetta d'Italia» il 21 aprile, concludeva<br />
con alcune righe in corsivo in<br />
cui era inclusa la frase «La prova del<br />
fuoco è ormai vittoriosamente superata».<br />
Inoltre, il giornale «Abbazia» <strong>di</strong>ce<br />
che «il M° <strong>Lipizer</strong> <strong>di</strong>mostra pienamente<br />
<strong>di</strong> saper non solo affrontare tutte le <strong>di</strong>fficoltà,<br />
che per necessità gli si oppongono,<br />
ma anche <strong>di</strong> superarle felicemente».<br />
L'avventura con Kubelík<br />
Era una specie <strong>di</strong> esame. Più <strong>di</strong> qualcuno non<br />
avrà creduto alla scelta, avvenuta per via concorsuale,<br />
<strong>di</strong> uno così giovane; volevano vederlo alla<br />
prova dei fatti. E i fatti andavano per il meglio.<br />
Le recensioni ai concerti successivi <strong>di</strong>ventano<br />
sempre più lunghe e vivaci, dettagliate e piene<br />
<strong>di</strong> riconoscimenti. Inoltre, aumenta il numero<br />
dei giornali che si occupano <strong>di</strong> quei<br />
concerti. Il pubblico è folto, europeo e<br />
non regionale, abituato alle prestazioni<br />
musicali delle gran<strong>di</strong> città. 1 concerti si<br />
tengono lussuosamente nel Kursaal<br />
Quarnero. Qualcuno, con involontario<br />
umorismo, ringrazia sul giornale la<br />
città <strong>di</strong> Abbazia per aver messo a <strong>di</strong>sposizione<br />
dei turisti non solo un'orchestrina<br />
nel parco - -massima attrattiva<br />
del luogo - ma anche un'Orchestra<br />
Sinfonica in una gran sala da concerti.<br />
Figurano nei programmi composizioni<br />
rielaborate e curate da Perinello, l'organizzatore<br />
del Festival, da Frescobal<strong>di</strong> a<br />
Giovanni Rutini; secondo la «Vedetta d'Italia»<br />
questi interventi <strong>di</strong> una mano moderna<br />
nell'antichità «non potevano fare a meno <strong>di</strong> desta-<br />
20 21
Il giovane<br />
<strong>Lipizer</strong><br />
promuove a<br />
Gorizia il Circolo<br />
degli "Amia<br />
della musica"<br />
re una viva curiosità nel pubblico». All'ottavo<br />
concerto fu notata, tra il pubblico, la presenza del<br />
musicologo e compositore Julius Weismann, collaboratore<br />
della gloriosa «Zeitschrift für Musík».<br />
Nel nono concerto, il 4 luglio 1927, in piena<br />
stagione, successe quell'incidente glorioso che<br />
mio padre mi aveva raccontato a tavola per darmi<br />
un'idea della levatura del mio futuro Maestro, e<br />
con ciò producendo in me improvvise profonde<br />
paure e pentimenti.<br />
La narrazione <strong>di</strong> mio padre, per quanto riesco<br />
a ricordarla, non <strong>di</strong>fferiva un gran che da quella<br />
che ho trovato sui giornali dell'epoca, neppure<br />
nello stile. Ne parlarono <strong>di</strong>ffusamente, oltre che<br />
«Abbazia» e la locale «Gazzetta dei forestieri»,<br />
anche la «Vedetta d'Italia», il «Popolo d'Italia» e<br />
il «Resto del Carlino».<br />
Volendo proseguire nel racconto a furia <strong>di</strong> citazioni<br />
- né resta a questo punto altra soluzione -<br />
c'è l'imbarazzo della scelta. Ci sono a <strong>di</strong>sposizione<br />
dello storico perfino due articoli in lingua tedesca.<br />
La versione che mi piace <strong>di</strong> più è quella apparsa<br />
su una certa «Riviera del Carnaro» (così dannunzíanamente<br />
chiamata; non «del Quarnero»,<br />
come appare normalmente scritto negli altri giornali).<br />
<strong>Di</strong>ce l'articolista: «Il nono concerto, tenuto<br />
il 4 luglio, fu un avvenimento artistico <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>naria<br />
importanza. Per un contrattempo fortunatissimo,<br />
il pubblico numerosissimo che gremiva il<br />
salone del Kursaal Quarnero, ebbe l'inatteso piacere<br />
<strong>di</strong> u<strong>di</strong>re, oltre la figlia, anche il padre nella<br />
stupenda quanto improvvisa esecuzione del Concerto<br />
<strong>di</strong> Mendelssohn,<br />
Avvenne, <strong>di</strong>fatti, che dopo l'esecuzione della ouverture<br />
della Fanisca <strong>di</strong> Cherubini la signorina Kubelík<br />
al momento <strong>di</strong> presentarsi al pubblico, che ansiosamente<br />
attendeva la sua comparsa, si sentì improvvisamente<br />
male,<br />
tanto da non poter<br />
stringere l'arco nella<br />
mano. L'intervallo<br />
<strong>di</strong> attesa andò pro-<br />
/ lungandosi in modo<br />
/ allarmante, sì che un<br />
/ nervosismo fortissimo<br />
si propagò per<br />
tutta la sala. Infine<br />
dopo lunga attesa, presentato dal principe Pignatelli,<br />
ecco comparire Jan Kubelík in semplice abito da<br />
passeggio, con, il violino in mano a sostituire la sua<br />
figliola ed attaccare il Concerto per violino <strong>di</strong> Mendelssohn.<br />
Un brivido <strong>di</strong> commossa ammirazione<br />
passò per tutta la sala e si sciolse in una frenetica acclamazíone<br />
al padre, artista insigne, che in omaggio<br />
al pubblico si sostituì alla figlia così improvvisamente<br />
impe<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> comparire. Una corrente <strong>di</strong> intima<br />
comprensione fece subito posto alla prima impressione<br />
<strong>di</strong> meraviglia, ed in un ambiente religiosamente<br />
raccolto il grande artista suonò come meglio non<br />
avrebbe potuto suonare. Kubelík non ha bisogno <strong>di</strong><br />
lo<strong>di</strong>, <strong>di</strong> esaltazioni; ma in questa esecuzione improvvisata<br />
superò se stesso. Alla fine <strong>di</strong> ogni singolo tempo<br />
scoppiarono gli applausi con intensità inau<strong>di</strong>ta.<br />
Alla fine del concerto vi fu un'ovazione che assurse<br />
ad apoteosi.<br />
L'orchestra, con a capo il suo bravo <strong>di</strong>rettore<br />
<strong>Lipizer</strong>, fu degna <strong>di</strong> lui: lo accompagnò, lo seguì,<br />
senza aver provato con lui nemmeno una nota in<br />
precedenza, in modo tale che lo stesso Kubelík<br />
non si stancava <strong>di</strong> lodarne le elette qualità e la<br />
prontitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> assolvere un compito, davanti al<br />
quale ogni altra orchestra e <strong>di</strong>rettore si sarebbero<br />
trovati imbarazzati.<br />
Dopo il Concerto <strong>di</strong> Mendelssohn, ognuno del<br />
pubblico attendeva che il successivo Concerto <strong>di</strong><br />
Paganini venisse eseguito pure da Jan Kubelík in<br />
sostituzione della figlia.<br />
23<br />
Come concertista<br />
<strong>Lipizer</strong>, primo<br />
violino, fa parte<br />
anche <strong>di</strong> un<br />
quartetto d'archi<br />
composto da<br />
giovani musicisti<br />
goriziani
Un'immagine <strong>di</strong><br />
<strong>Rodolfo</strong> <strong>Lipizer</strong><br />
trentenne<br />
E qui venne il colpo <strong>di</strong> scena,<br />
commovente quanto inaspettato.<br />
La graziosa signorina Annie, rimessasi<br />
dal suo malessere, volle coraggiosamente<br />
riprendere il suo posto<br />
<strong>di</strong> battaglia e, ringraziato il padre<br />
per l'amorevole intervento precedente,<br />
si avviò ancor pallida ma decisa<br />
e risoluta al po<strong>di</strong>o, accompagnata<br />
dal comm. prefettizio dott.<br />
La Me<strong>di</strong>ca. Un'altra acclamazione<br />
l'accolse: ammirazione per la sua<br />
indomita energia, per il suo coraggio<br />
<strong>di</strong> assolvere il suo compito.<br />
Suonò con serenità invi<strong>di</strong>abile,<br />
slancio impareggiabile, vincendo<br />
tutte le <strong>di</strong>fficoltà tecniche, <strong>di</strong> cui il<br />
Concerto <strong>di</strong> Paganini è cosparso, mettendo in evidenza<br />
tutto il suo valore <strong>di</strong> artista eletta, <strong>di</strong> degna figlia<br />
del suo grande padre. Finì tra gli applausi ed i<br />
fiori, dovette ripresentarsi ripetutamente. E nel<br />
trionfo fu unita al suo grande padre, maestro e collaboratore,<br />
con cui meritatamente <strong>di</strong>vise le ansie e<br />
gli allori »><br />
Quel «non poter stringere l'arco nella mano»,<br />
quella inopinata epifania del principe Pignatelli,<br />
quella «prontitu<strong>di</strong>ne», quell'«ancor pallida ma<br />
decisa e risoluta»» e «con indomita energia» sono<br />
impagabili. La pagina non racconta solo un fatto<br />
clamoroso, un'emozione che chi pratica la musica<br />
può facilmente immaginare (e invi<strong>di</strong>are): la pagina<br />
fa vivere un'epoca, è intrisa <strong>di</strong> un profumo perduto<br />
e irriproducibile per la chimica d'oggi.<br />
Una volta - durante uno degli incontri che racconterò<br />
più avanti - chiesi al maestro <strong>di</strong> raccontarmi<br />
le vicende <strong>di</strong> quella serata. La sua prosa era<br />
molto più asciutta <strong>di</strong> quella citata or ora; ma il suo<br />
racconto fu ugualmente commosso, al <strong>di</strong> là del<br />
suo perenne self control e delle sue <strong>di</strong>versioni minimizzanti.<br />
Ma a e interessava anche l'aspetto<br />
tecnico della cosa, quel <strong>di</strong>rigere all'improvviso un<br />
<strong>di</strong>fficile testo mai provato prima con il solista. <strong>Lipizer</strong><br />
commentò qualche particolare, com'era nel<br />
suo stile, pensandoci su in brevi pause. Infine<br />
concluse: «Coss' te vol, el saveva sonar, no».<br />
Queste uscite, oltre tutto, ti davano l'idea <strong>di</strong><br />
che cosa volesse <strong>di</strong>re per lui il saper suonare; e<br />
24<br />
sentivi sparire al <strong>di</strong> là dell'orizzonte la mèta delle<br />
tue aspirazioni più care.<br />
I concerti proseguirono, ad Abbazia, durante<br />
la piena estate, con crescente trionfo. L'episo<strong>di</strong>o<br />
aveva creato una pubblicità assolutamente speciale<br />
a quella stagione sinfonica; se avessero pagato<br />
un esperto - ma a quel tempo non esistevano -<br />
per inventare una trovata, certo non avrebbe potuto<br />
azzeccare un'idea più esplosiva.<br />
Annie Kubelík portò all'un<strong>di</strong>cesimo appuntamento<br />
della stagione il Concerto in Re <strong>di</strong> Mozart, e<br />
lo eseguì magnificamente; subito dopo Lipîzer ripresentò<br />
la sua più che mai me<strong>di</strong>tata Eroica <strong>di</strong><br />
Beethoven, con successo raccontato per esteso dalle<br />
cronache già più volte citate.<br />
L'altra figlia <strong>di</strong> Kubelík, Mary Kubelík-Klinz, fu<br />
la colonna portante del <strong>di</strong>ciottesimo concerto, alla<br />
fine <strong>di</strong> agosto. Era al suo debutto, e aveva in programma<br />
il Concerto <strong>di</strong> Brahms. I giornali non nascondono<br />
una certa meraviglia per questa scelta, che<br />
pone problemi assolutamente <strong>di</strong>fficili, più <strong>di</strong> quelli<br />
del Concerto <strong>di</strong> Paganini proposto il mese prima<br />
dalla sorella Annie. L'esecuzione andò benissimo, e <strong>Rodolfo</strong> <strong>Lipizer</strong><br />
le lo<strong>di</strong> dei critici suonano del tutto sincere. Subito sposa nel 1927<br />
dopo Brahms le due sorelle eseguirono il Doppio <strong>di</strong> Mara Forcessin<br />
Bach. Il lavoro <strong>di</strong> Lipîzer deve essere stato massacrante,<br />
per quanto egli a trent'anni bene conoscesse<br />
quelle partiture.<br />
A metà settembre Kubelík<br />
presentò l'op. 61 <strong>di</strong><br />
Beethoven, con le cadenze<br />
scritte da lui stesso. La<br />
sala era stracolma <strong>di</strong> u<strong>di</strong>tori,<br />
il successo fu immenso.<br />
I concerti, anzichè<br />
venticinque, furono<br />
ventotto, e terminarono<br />
l'ultimo giorno <strong>di</strong> ottobre.<br />
La composizione del<br />
pubblico variò; i giornalisti<br />
segnalano che ormai la<br />
maggioranza degli ascoltatori<br />
erano stranieri.<br />
Però il Kursaal fu pieno<br />
fino all'ultimo.<br />
La stagione era andata<br />
magnificamente, la
Il soprano<br />
Teresina Koszegi<br />
dell'Opera <strong>di</strong><br />
Budapest fu una<br />
delle<br />
protagoniste<br />
della stagione<br />
concertistica del<br />
1927 ad Abbazia<br />
Gorizia: piazza<br />
della Vittoria con<br />
il tram in primo<br />
piano e la<br />
fontana del<br />
Vacassi sullo<br />
sfondo. Questo<br />
scultore ai tempi<br />
del dominio<br />
austriaco aveva<br />
goduto <strong>di</strong> grande<br />
rinomanza: il<br />
progetto del<br />
Teatro che si<br />
trova nel castello<br />
<strong>di</strong> Schònbrun a<br />
Vienna porta la<br />
firma <strong>di</strong> questo<br />
artista goriziano<br />
26<br />
stampa locale si augurava <strong>di</strong><br />
vedere ogni anno una stagione<br />
musicale simile, ma questo non<br />
sarebbe avvenuto.<br />
Al suo ritorno a Gorizia, <strong>Lipizer</strong><br />
era chiaramente ormai il<br />
can<strong>di</strong>dato alla <strong>di</strong>rezione della<br />
Scuola <strong>di</strong> Musica, <strong>di</strong> cui parleremo<br />
più avanti. Ebbe in premio -<br />
premio assai <strong>di</strong>scutibile dal suo<br />
punto <strong>di</strong> vista, cioè da quello <strong>di</strong><br />
<strong>Lipizer</strong> - una tessera del Sindacato<br />
Fascista. Gli fu consegnata<br />
durante una commovente cerimonia<br />
(una tessera uguale ebbero<br />
anche i maestri Lucarini e<br />
Penso, per altri meriti). A consegnare<br />
la tessera, miniata dal fra-<br />
tello <strong>di</strong> <strong>Lipizer</strong>, Ferruccio, c'era<br />
il cavalier <strong>Di</strong>nelllli, piccolo, calvo, abbastanza mussoliniano<br />
nel tono e nel piglio, segretario provinciale<br />
del Sindacato; egli era un buon violinista, e possedeva<br />
un violino attribuito a Bergonzi. In futuro accadrà<br />
più <strong>di</strong> una volta che il cavalier <strong>Di</strong>nellí debba chiamare<br />
a rapporto il "camerata" <strong>Lipizer</strong> per avere omesso<br />
<strong>di</strong> suonare l'inno fascista all'inizio <strong>di</strong> qualche concerto;<br />
ma lo faceva con bonarietà, perché era anche lui<br />
un suonatore <strong>di</strong> violino. Del resto, ogni volta <strong>Lipizer</strong><br />
giurò che era stata una <strong>di</strong>menticanza.<br />
Fin qui i giornali.<br />
Il fatto fu che qualche giorno dopo il colloquio<br />
con mio padre, un pomeriggio verso le tre, uscii <strong>di</strong><br />
casa dopo aver raccattato la piccola custo<strong>di</strong>a nera<br />
e il mio Herrmann. Avevo l'impressione <strong>di</strong> dover<br />
andare lontano. In realtà la <strong>di</strong>stanza tra casa mia e<br />
la scuola <strong>di</strong> musica era all'incirca la stessa che da<br />
casa mia alla scuola me<strong>di</strong>a dove andavo ogni mattina,<br />
in viale XX Settembre. Ma dalla piazza Grande<br />
in poi l'itinerario era <strong>di</strong>verso, e al termine <strong>di</strong> via<br />
Rastello — una via bellissima in salita, stretta e piena<br />
<strong>di</strong> vecchie botteghe con le vetrine incorniciate<br />
in legni onestamente lavorati all'antica, una via<br />
come se ne percorrono a Praga - c'era una casa,<br />
dalla quale una volta anni prima avevo visto cadere<br />
una donna e sfracellarsi al suolo. Quella casa mi<br />
faceva paura. Poi c'era la parte posteriore del<br />
Duomo, infine una bella piazza, contornata in parte<br />
dai portici <strong>di</strong> un vecchio convento: piazza S.<br />
Antonio. Oggi gli e<strong>di</strong>fici, lì, sono ben tenuti, e il<br />
pezzo <strong>di</strong> convento visibile è <strong>di</strong>pinto in bianco. A<br />
quei tempi, che non erano buoni per nessuno, i<br />
muri erano grigi e scrostati. Proprio all'estremità<br />
della piazza, dove comincia un'altra via, il selciato<br />
brevemente scendeva, fino a un gran portone <strong>di</strong><br />
pietra. Io avevo visto quei posti più volte. Anzi li<br />
vicino abitava la maestra Villach, o Villini, quella<br />
che mi aveva trovato stonato e quin<strong>di</strong> mi aveva estromesso<br />
dal coro della scuola. Ma quel giorno<br />
era come una prima volta; tutto aveva il sapore del<br />
nuovo, perché era misterioso ciò che stava per accadermi,<br />
quello strano incontro temuto e desiderato.<br />
Non avevo mai sentito parlare del timor panico;<br />
solo più tar<strong>di</strong> avrei capito il senso <strong>di</strong> questa espressione;.<br />
Il timor panico ha a che veder coi suoni;<br />
forse anche con la previsione dei suoni. Dopo il<br />
27<br />
Ancora piazza<br />
Vittoria con la<br />
fontana del<br />
Vacassi, in primo<br />
piano
Dal 1930 il<br />
Comune <strong>di</strong><br />
Gorizia affida a<br />
<strong>Lipizer</strong> la<br />
<strong>di</strong>rezione della<br />
Scuola <strong>di</strong> Musica<br />
(carica che<br />
manterrà fino al<br />
1961). Dalla<br />
piccola sede <strong>di</strong><br />
via Alvarez 13,<br />
l'Istituto viene<br />
trasferito nel<br />
Palazzo<br />
Levetzow<br />
Lantieri, in<br />
piazza S.<br />
Antonio 6. A<br />
sinistra,<br />
nell'entrata,<br />
s'intravede la<br />
porta che dava<br />
accesso<br />
all'abitazione del<br />
<strong>di</strong>rettore<br />
gran portone bisognava<br />
salire, a destra, una breve<br />
scala <strong>di</strong> pietra. Palazzo Levetzow<br />
- Lantieri è un e<strong>di</strong>ficio<br />
bellissimo, a pensarci<br />
adesso, ma le cose antiche,<br />
allora, sembravano vecchie<br />
e non desiderabili.<br />
Dopo la prima rampa<br />
c'era un cartello: Cicinelli<br />
- bilance. Quel Cicinelli<br />
mi pareva già musicale, mi<br />
faceva venire in mente Tirindelli,<br />
o qualche altro<br />
nome così che avevo sentito<br />
in relazione a cose musicali.<br />
Altra breve rampa, una<br />
porta scura e massiccia.<br />
Dopo c'era un corridoio,<br />
con finestre sulla sinistra e<br />
porte scure sulla destra. Lì<br />
stava la giusta fonte del ti-<br />
mor panico. Da ogni porta uscivano suoni smorzati,<br />
<strong>di</strong> un flauto, <strong>di</strong> un pianoforte, <strong>di</strong> un'arpa, <strong>di</strong><br />
un violoncello. Molto smorzati, da parere irreali.<br />
Ma ben u<strong>di</strong>bili, e infatti ripetevano ossessivamente<br />
lo stesso passo, la stessa catena <strong>di</strong> suoni, intrecciandosi<br />
tra loro in un contrappunto completamente<br />
atonale, ma senza lo scontro stridente tra<br />
tonalità nascoste.<br />
Quella prima volta attesi a lungo accanto alla<br />
terza porta, prima <strong>di</strong> decidermi a entrare. Quando<br />
mi sentii abbastanza terrorizzato, scartata l'idea <strong>di</strong><br />
scappare, bussai e apersi senza attendere risposta.<br />
C'era una signorina <strong>di</strong>etro a una scrivania ingombrata<br />
da carte e fu con me molto gentile. Mi<br />
fece attendere a lungo lì. Da una porta grande, quasi<br />
quadrata, mi arrivava il suono flebilissimo <strong>di</strong> un<br />
agile violino arrampicato sulle note più alte. Attendevo<br />
in pie<strong>di</strong> con nella sinistra la cassetta del mio<br />
tre-quarti e nella destra lo Herrmann e una piccola<br />
borsa che doveva contenere non so che cosa.<br />
Infine i suoni vennero a cessare e la signorina<br />
mi fece un cenno. Passai lo Herrmann nella mano<br />
sinistra, pigiai sulla maniglia <strong>di</strong> ottone, la porta si<br />
aperse silenziosamente e mi trovai davanti a un'al-<br />
28<br />
tra porta massiccia, a un palmo del mio naso. Bisognava<br />
aprire anche quella, ma intanto la porta<br />
precedente, quella <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> me, si stava silenziosamente<br />
chiudendo, richiamata nella sua posizione<br />
dalla gravità; <strong>di</strong>fatti tutto sembrava leggermente<br />
sghembo in quell'architettura.<br />
Ricordo benissimo la stanza: l'elegante scrivania<br />
ottocentesca, il pianoforte a mezza coda nero<br />
e lucido, sulla cui tastiera arrivava <strong>di</strong>rettamente la<br />
luce delle due finestre, il tappeto nel mezzo dello<br />
stu<strong>di</strong>o, e soprattutto un arma<strong>di</strong>o non alto colle<br />
ante vetrate che lasciavano scorgere appesi contro<br />
il fondo <strong>di</strong>versi strumenti, tra i quali certamente<br />
un violino e una viola <strong>di</strong> foggia strana, forse una<br />
viola d'amore. Accanto al pianoforte il leggio <strong>di</strong><br />
legno, che tutti gli allievi <strong>di</strong> Lipízer potrebbero <strong>di</strong>segnare<br />
fino alle minime scalfitture.<br />
Su uno dei vecchi giornali che ho guardato,<br />
rincorrendo i miei ricor<strong>di</strong>, c'è la fotografia <strong>di</strong><br />
quello stu<strong>di</strong>o.<br />
Mio padre, come ho detto, un po' storico, aveva<br />
pubblicato una breve storia della Scuola Comunale<br />
<strong>di</strong> Musica; mi pare che la fotografia <strong>di</strong><br />
quella stanza si vedesse anche lì.<br />
Il Maestro mi aspettava in pie<strong>di</strong>, in abito grigio,<br />
in un atteggiamento che mi faceva ricordare<br />
La stanza in cui<br />
<strong>Lipizer</strong> faceva<br />
lezione: a destra,<br />
il busto <strong>di</strong> Ver<strong>di</strong><br />
e l'obbligatorio<br />
ritratto <strong>di</strong><br />
Mussolini; a<br />
sinistra,<br />
l'arma<strong>di</strong>o che<br />
conteneva gli<br />
strumenti, tra cui<br />
due violini <strong>di</strong><br />
Pellizon
la foggia <strong>di</strong> un punto interrogativo. Forse perché<br />
aveva sempre le spalle un po' incurvate. In realtà,<br />
era un punto interrogativo: per me.<br />
Mi chiese se ero il figlio <strong>di</strong> Carlo, e mi fece aprire<br />
l'astuccio. Osservò il mio violinetto a lungo,<br />
e mi <strong>di</strong>sse che non era male, facendo risuonare<br />
con l'unghia alcune corde, ma che avrei dovuto<br />
presto cambiarlo perché ero già troppo grande<br />
per un tre-quarti. Intanto andava bene. Guardò<br />
l'archetto, puntandolo contro la finestra, in modo<br />
da far collimare la linea del suo sguardo colla sua<br />
lunghezza- - in parole povere per vedere se era <strong>di</strong>ritto<br />
- e mi <strong>di</strong>sse: «È storto», muovendo le labbra<br />
proprio in una <strong>di</strong>storsione. Poi mi suggerì <strong>di</strong> fare<br />
una scala; quando l'ebbi fatta, con quel mio suono<br />
stridulo infantile e ineguale, mettendo le <strong>di</strong>ta in<br />
un certo modo che mi pareva <strong>di</strong> avere scoperto,<br />
mi avvertì: «Questa non è una scala, ma due o forse<br />
quattro; sulle due corde basse l'hai fatta in Sol<br />
maggiore, poi <strong>di</strong> colpo sulle due alte in La maggiore;<br />
si vede per tenere sempre le <strong>di</strong>ta nella stessa<br />
posizione. E poi, è tutto stonato». <strong>Di</strong>ceva «stonato»<br />
con una esse pesante come la <strong>di</strong>cono a Bologna<br />
quando la <strong>di</strong>cono pesante loro: pareva <strong>di</strong> sentire<br />
una grossa corda pizzicata con durezza. (Così<br />
prima aveva detto anche «storto»).<br />
Mi prese le <strong>di</strong>ta accuratamente tra le sue e,<br />
muovendomele, mi fece capire come sarebbe dovuta<br />
essere quella scala (quella <strong>di</strong> Sol). Poi ini avvertì<br />
che dovevo per il momento solo fare corde<br />
vuote, niente <strong>di</strong>ta, perché avevo preso - suonando<br />
da solo — brutti vizi nel condurre l'archetto. Era<br />
tutto sbagliato. Mi mostrava la sua mano destra,<br />
facendola cadere come morta in giù, e poi afferrava<br />
una matita sul piano della scrivania. Si accertò<br />
che sapessi leggere un po' <strong>di</strong> note col nome giusto.<br />
Poi mi fece fare un quarto d'ora <strong>di</strong> corde vuote.<br />
Mentre tiravo fuori i miei lunghi lamenti egli si<br />
avvicinò al pianoforte silenziosamente, si sedette,<br />
e cominciò a intrecciare un movimento armonico<br />
che andava <strong>di</strong> quinta in quinta ogni volta in modo<br />
<strong>di</strong>verso. Per me era un'esperienza inau<strong>di</strong>ta, nel<br />
senso letterale della parola.<br />
Alla fine, andando via, gli chíesí che cosa dovevo<br />
fare a casa. Egli mi rispose: «Soprattutto non<br />
suonare. Solo corde vuote».<br />
Non ebbi l'animo <strong>di</strong> seguire un così saggio consi-<br />
30<br />
glio, piccolo e viziato com'ero<br />
e così pieno <strong>di</strong> musica dopo<br />
l'esperienza <strong>di</strong> quelle quinte.<br />
A casa le corde vuote mi parevano<br />
povere e sfilacciate, ripetitive<br />
e sgangheratamente<br />
uguali, e la mia testa era occupata<br />
dalla domanda non<br />
ancora ben formulata: come<br />
mai là le quinte erano così<br />
belle e piene <strong>di</strong> misteriosi<br />
echi, e come mai tornando<br />
sullo stesso Sol dopo un giro<br />
su altre corde quel Sol era <strong>di</strong>verso,<br />
un'altra voce, un'altra<br />
nota? Che potere avevano a-<br />
vuto le vibrazioni del pianoforte<br />
a mutare così profondamente il suono del<br />
mio tre-quarti? Che potere aveva il Maestro?<br />
Frustrato dalla monotonia delle mie quattro corde<br />
insipide e un po' fruscianti, ripresi a suonare le<br />
mie fantasie, mettendo giù le solite <strong>di</strong>ta nel modo<br />
sbagliato, rovinandomi allegramente la posizione, a<br />
<strong>di</strong>spetto dei consigli avuti. Del Maestro mi apparivano<br />
a momenti due facce: il tiranno, quello che<br />
proibisce, naturalmente per il tuo bene, e il taumaturgo,<br />
quello che può compiere il miracolo trasformando<br />
ciò che è grezzo in cosa piena <strong>di</strong> significato.<br />
Inutile <strong>di</strong>re che questo primo contatto con la<br />
musica intesa seriamente, come impegno, stu<strong>di</strong>o e<br />
limitazione, finì con lo sconvolgere i miei vecchi<br />
schemi da primo della classe e mi aperse gli occhi<br />
su molte cose anche assai lontane dalla musica.<br />
Lezioni violino<br />
Si respirava aria <strong>di</strong> guerra in casa, in strada, in<br />
bottega. Nel negozio <strong>di</strong> alimentare dei Valentinuzzi,<br />
giusto <strong>di</strong> fronte al portone del Palazzo Attems,<br />
la signorina Lucia sedeva alla cassa sempre vestita<br />
con un grembiule nero e gli odori <strong>di</strong> farine e <strong>di</strong><br />
baccalà creavano uno spazio <strong>di</strong> confidenza e <strong>di</strong><br />
conversazioni gentili. Ma sugli scaffali campeggiavano<br />
certi minacciosi cartelli: «Taci, il nemico ti ascolta»-<br />
- «Qui non si parla <strong>di</strong> politica né <strong>di</strong> alta<br />
strategia, qui si lavora». Sul primo manifesto, ac-<br />
31<br />
II pianista Carlo<br />
Vidusso de<strong>di</strong>ca la<br />
foto al M° <strong>Lipizer</strong><br />
'(aprile 1940)
Un'immagine <strong>di</strong><br />
quella che un<br />
tempo era piazza<br />
Corno (dal nome<br />
del torrente<br />
omonimo che<br />
scorreva nelle<br />
vicinanze); in<br />
seguito <strong>di</strong>ventò<br />
piazza de Amicis.<br />
Il monumento<br />
centrale, opera<br />
del Pacassi, ha<br />
trovato<br />
collocazione<br />
presso il giar<strong>di</strong>no<br />
interno del<br />
Museo<br />
canto a l'intimazione, appariva la figura <strong>di</strong> un giovane<br />
con l'elmetto in testa e un <strong>di</strong>to mostruosamente<br />
grande, teso verso l'avventore.<br />
A scuola, lo scricchiolio delle penne contro la<br />
carta o contro il fondo dei calamai sempre a corto<br />
<strong>di</strong> inchiostro veniva interrotto ogni giorno dal fischio<br />
dell'altoparlante <strong>di</strong> classe, quello stesso che<br />
<strong>di</strong> tanto in tanto ci portava la voce un po' ducesca<br />
del preside; e allora, in pie<strong>di</strong>, ascoltavamo per<br />
qualche minuto i bollettini delle battaglie del giorno<br />
prima. C'era odore <strong>di</strong> bambini non ben lavati.<br />
Quando pioveva, la fila dei cappotti appesa lungo<br />
la parete, sotto la grande carta d'Italia, puzzava<br />
come una fila <strong>di</strong> soldati in marcia da giorni.<br />
In casa, i libri sugli scaffali nascondevano schiere<br />
<strong>di</strong> barattoli ben chiusi, con dentro marmellate,<br />
zucchero, conserve, una certa polvere che sapeva<br />
un po' <strong>di</strong> malto e un po' <strong>di</strong> cioccolato, vasi <strong>di</strong> farina<br />
e pacchi <strong>di</strong> pasta. Un Valentinuzzi privato.<br />
Era rigorosamente proibito dalla legge accaparrare<br />
cibi o fare scorte <strong>di</strong> qualunque genere; ma<br />
la signorina Lucia era connivente e generosa, e<br />
mio padre dava lezioni private in cambio <strong>di</strong> poche<br />
lire da investire in illeciti magazzinaggi.<br />
Durante quell'anno <strong>di</strong> guerra pioveva spesso, e<br />
ciò accentuava il grigio delle case, la scurità degli<br />
intonachi. Talvolta pioveva anche quando mi recavo<br />
da <strong>Lipizer</strong>, alle tre del pomeriggio. Tenevo allora<br />
la cassetta del violino accuratamente coperta con<br />
un lembo della mantellina, e immaginavo <strong>di</strong> assomigliare<br />
a un moschettiere del re <strong>di</strong> Francia colla<br />
cappa un po' sollevata a causa della spada, come si<br />
poteva vedere nelle figure <strong>di</strong> Bíoletto che illustravano<br />
I quattro moschettieri <strong>di</strong> Nizza e Morbelli.<br />
Le prime lezioni furono noiose, poiché si trattava<br />
<strong>di</strong> rifare tutto. Dovevo tirare l'arco a lungo sulle<br />
corde vuote, contando ad alta voce, e stando bene<br />
attento a non battere il piede, vizio rumoroso che<br />
avevo tirato su in perfetta buona fede, credendo<br />
33<br />
Foto finale<br />
dell'anno<br />
scolastico 1949-<br />
'50 dell'Istituto<br />
<strong>di</strong> Musica <strong>di</strong><br />
Gorizia. Insieme<br />
alunni,<br />
insegnanti e, al<br />
centro, il<br />
M° <strong>Rodolfo</strong><br />
<strong>Lipizer</strong>
Saggio finale<br />
dell'Istituto<br />
comunale <strong>di</strong><br />
musica in<br />
Castello. Primo<br />
violino: Ernesto<br />
Leonar<strong>di</strong> (Nesto)<br />
che il grande suonatore, oltre ad agitarsi come un<br />
invasato, dovesse pestare il piede per terra per tenere<br />
il tempo. (Così suonavano quelli delle orchestrine,<br />
almeno questa era la mia impressione): il<br />
Maestro faceva il maestro, ed io ero l'allievo, l'ora<br />
scorreva via lenta e a volte faticosa. La presa della<br />
mano sinistra sul manico dello strumento era tutta<br />
viziata da mie credenze, e giuravo <strong>di</strong> aver visto al<br />
cinema un violinista - probabilmente ciò era vero:<br />
anche allora non c'era molta cura nell'istruire gli<br />
attori a fingere <strong>di</strong> suonare uno strumento - con<br />
tutta la mano ben piegata <strong>di</strong> sotto, come se stesse<br />
sorreggendo un vassoio. C'era un po' <strong>di</strong> testardaggíne<br />
da parte mia, e alquanta <strong>di</strong>ffidenza da parte <strong>di</strong><br />
<strong>Lipizer</strong>. Forse si stava pentendo <strong>di</strong> avermi voluto<br />
come allievo fin dal corso preparatorio. La lezione<br />
<strong>di</strong> violino, invece <strong>di</strong> essere quel sognato momento<br />
<strong>di</strong> felicità che avevo in mente, stava <strong>di</strong>ventando un<br />
peso, assai rapidamente.<br />
A questi <strong>di</strong>sagi si aggiungeva quella proibizione<br />
<strong>di</strong> suonare. Suonare canzonette a orecchio era<br />
proibitissimo. La proibizione era del tutto saggia:<br />
cercando <strong>di</strong> cavar fuori le melo<strong>di</strong>e sentite alla ra<strong>di</strong>o,<br />
le Canzoni del Tempo <strong>di</strong> Guerra, precipitavo<br />
inconsapevolmente in tutti i vizi faticosamente<br />
corretti a lezione. L'impegno a ricercare le note<br />
sulle corde mi faceva <strong>di</strong>menticare tutto, e riuscivo<br />
a strimpellare qualcosa solo a patto <strong>di</strong> tenere lo<br />
strumento agguantato alla meno peggio e passando<br />
l'arco con movimenti rapi<strong>di</strong> ed ineguali, come<br />
mi immaginavo facessero gli tzigani. Si scavava, in<br />
questo modo, un solco tra la voglia <strong>di</strong> musica e<br />
l'appren<strong>di</strong>mento dell'arte violinistica. Pareva che<br />
le due cose fossero nemiche. Dopo le prime stonature,<br />
all'inizio della lezione, <strong>Lipizer</strong> mi <strong>di</strong>ceva:<br />
34<br />
«Hai suonato <strong>di</strong> nuovo a orecchio, non è vero?<br />
Non ve<strong>di</strong> che <strong>di</strong>sastro? Qua non si va avanti».<br />
Trovai il coraggio <strong>di</strong> <strong>di</strong>rgli che secondo me l'imparare<br />
a eseguire melo<strong>di</strong>e a orecchio doveva aiutare<br />
a capire la musica, e che gli tzigani veri - -quelli<br />
che mia madre aveva sentito suonare in Cecoslovacchia<br />
quando mi portava nella pancia - non sapevano<br />
le note, ma intanto erano dei veri "virtuosi".<br />
Mi aspettavo un grande rabbuffo (ormai avevo<br />
pratica degli umori del mio amato docente), ma il<br />
rabbuffo non venne.<br />
<strong>Lipizer</strong> mi fece posare il violino, si sedette al pianoforte,<br />
e mi insegnò subito che tra i suonatori<br />
"naïf" si possono trovare anche eccezionali talenti<br />
musicali, benché <strong>di</strong> solito succeda <strong>di</strong> sentire vere<br />
schiappe, senza musicalità e senza istruzione tecnica.<br />
Mi <strong>di</strong>sse che il saper suonare a orecchio è<br />
un'arte da coltivare «ma dopo, ma dopo, assai<br />
dopo»; aggiunse anche che la capacità <strong>di</strong> saper tradurre<br />
imme<strong>di</strong>atamente una idea musicale in esecuzione<br />
è una faccenda <strong>di</strong>fficile, e mi fece notare le analogie<br />
tra questo suonare e l'improvvisare — -e l'improvvisare<br />
bene è veramente un'arte. Così procedette<br />
a chiarificarmi un'idea: proibendomi <strong>di</strong> suonare<br />
a orecchio lui intendeva esclusivamente prevenire<br />
tutti i vizi <strong>di</strong> tecnica che inevitabilmente inquinano<br />
i gesti <strong>di</strong> un principiante, <strong>di</strong>stratto dai suoi entusiasmi,<br />
e non più attento alle regole che devono<br />
guidare le mani e le braccia. In -un primo tempo<br />
ogni gesto deve essere sorvegliato e comandato, e<br />
solo molto alla lunga l'assetto dell'esecutore<br />
<strong>di</strong>venta istintivo, stabile. A quel<br />
punto lì, si suoni pure ad orecchio, si<br />
improvvisi, si impari a variare i temi con<br />
pronta immaginazione. «Ma te devi magnar<br />
polenta, ancora, e tanta». «Magari<br />
suona a orecchio la fisarmonica, ma non<br />
il violino». Non lo <strong>di</strong>sse scherzando.<br />
Commentò l'uscita spiegando bene che<br />
improvvisare su uno strumento a tastiera<br />
non può pregiu<strong>di</strong>care la buona posizione<br />
del violinista alle prime armi; ma<br />
aggiunse che i miei tentativi con la fisarmonica<br />
mi avrebbero dato solo delusioni,<br />
poiché la versatilità (che lui aveva)<br />
era una dote assai rara, ed era praticamente<br />
escluso che io la possedessi.<br />
35<br />
1949; <strong>Rodolfo</strong><br />
<strong>Lipizer</strong> con la<br />
figlia Elena.<br />
Avviata presto<br />
agli stu<strong>di</strong><br />
musicali,<br />
conseguirà il<br />
<strong>di</strong>ploma <strong>di</strong><br />
pianoforte,<br />
de<strong>di</strong>candosi in<br />
seguito<br />
all'insegnamento
Foto con de<strong>di</strong>ca<br />
del violoncellista<br />
Ludwig<br />
Hoelscher che fu<br />
<strong>di</strong>retto da <strong>Lipizer</strong><br />
nella stagione<br />
1938-39<br />
Frequentando la Scuola <strong>di</strong> Musica, spesso uscendo<br />
dal suo stu<strong>di</strong>o avevo incontrato un ragazzo<br />
più grande <strong>di</strong> me, in attesa nel corridoio o nella<br />
segreteria. Era un ragazzo biondo con i capelli lisci,<br />
un bel naso volitivo e un certo sorriso da adulto<br />
che me lo avevano fatto stimare per genio fin<br />
dal primo fuggevole incontro. Doveva essere avanti<br />
con la preparazione, perché portava con sé il<br />
Kreutzer, "bibbia" del violinista in piena maturazione.<br />
Egli non mi aveva rivolto la parola, e<br />
nell'insieme appariva come un tipo <strong>di</strong> assai scarsa<br />
conversazione.<br />
Non ricordo attraverso quale serie <strong>di</strong> circostanze<br />
venni a scoprire che quel giovanotto così<br />
fascinoso era cugino <strong>di</strong> un mio compagno <strong>di</strong> scuola,<br />
Corrado <strong>Di</strong>nelli (era il figlio del cavaliere <strong>Di</strong>nelli)<br />
e, anzi, che abitava nella sua stessa casa, al<br />
piano <strong>di</strong> sotto.<br />
Forse avrò inventato la scusa <strong>di</strong> qualche compito<br />
da fare in due o avrò detto <strong>di</strong> aver <strong>di</strong>menticato<br />
<strong>di</strong> trascrivere il problema <strong>di</strong> matematica, fatto sta<br />
che un pomeriggio andai dal mio compagno, in<br />
piazza del Cristo, in una<br />
casetta cui si accedeva per<br />
un cancello <strong>di</strong> ferro <strong>di</strong>pinto<br />
<strong>di</strong> grigio, accanto a una<br />
gran casa misteriosa e<br />
sempre accuratamente<br />
chiusa.<br />
Fui accolto molto<br />
bene dalla madre, dalla<br />
sorellina del compagno e<br />
da lui stesso, che in quel<br />
momento stava esercitandosi<br />
al pianoforte. C'era<br />
in un angolo il mobiletto<br />
della ra<strong>di</strong>o, e sul ripiano<br />
più basso potevo scorgere<br />
della musica e la cassetta<br />
<strong>di</strong> un violino.<br />
Chissà che cosa ci sta-<br />
vamo raccontando, quan-<br />
do da sotto sentii salire le<br />
note prodotte da suo cugino. Era una catena <strong>di</strong> se<strong>di</strong>cesimi<br />
largamente legati in una linea melo<strong>di</strong>ca<br />
cullante, un poco <strong>di</strong>chiarativa e un poco interrogativa,<br />
qualcosa che poteva evocare le onde del mare<br />
o uno svagato soliloquio. Avevo sentito suonare<br />
così bene, fino a quel momento, solo dal mio Maestro.<br />
Venne il momento <strong>di</strong> scendere, cioè <strong>di</strong> andar<br />
a trovare il cugino, che si chiamava Nesto, cioè Ernesto.<br />
Una breve scala conduceva nel piccolo cortile,<br />
e lì si apriva, a pianterreno, una porta con le<br />
ten<strong>di</strong>ne chiare, che dava <strong>di</strong>rettamente sulla cucina,<br />
peraltro anche soggiorno. Tavole <strong>di</strong> legno per pavimento,<br />
una credenza, un tavolo e accanto al tavolo<br />
un alto leggio <strong>di</strong> legno e <strong>di</strong> fronte al leggio il<br />
Nesto che suonava impassibile, con l'occhio glauco<br />
fissato un po' sopra le note, come se stesse rincorrendole<br />
nella memoria.<br />
Anche in quella casa lì c'era una mamma, che<br />
non tardò a rivelarsi entrando da un'altra porta a vetri<br />
ornata dalla ten<strong>di</strong>na chiara. Il Nesto non aveva<br />
registrato il nostro ingresso: la sua cantilena proseguiva<br />
eterna e immutabile, come é nello spirito <strong>di</strong><br />
quello stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Kreutzer. Ma sua madre lo interruppe,<br />
lo obbligò a prendere contatto col mondo.<br />
Nesto fu <strong>di</strong> poche parole. Mi guardava con il<br />
suo gentile sorriso, tenendo il violino in mano, e<br />
37<br />
Un'immagine <strong>di</strong><br />
<strong>Rodolfo</strong> <strong>Lipizer</strong><br />
negli anni della<br />
maturità
<strong>di</strong>sse che sì, ci eravamo certo visti alla scuola. Sua<br />
mamma stava preparando un caffelatte, e invece<br />
parlava volentieri. Commentava i cattivi stu<strong>di</strong> del<br />
figlio, sia all'Istituto Magistrale che alla Scuola <strong>di</strong><br />
Musica; <strong>di</strong>ceva che il Nesto stu<strong>di</strong>a poco, e che <strong>Lipizer</strong><br />
non è contento. Io ero del tutto sbalor<strong>di</strong>to,<br />
poiché per me era chiaro come il sole che il Nesto<br />
suonava magnificamente, magari io avessi potuto,<br />
con gli anni, <strong>di</strong>ventare tanto bravo. Il Nesto, invece<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi dalle lamentele <strong>di</strong> cui era oggetto,<br />
sollevava le sopracciglia in una specie <strong>di</strong> sospiro<br />
metaforico. Poggiò il violino sulla tavola, mi <strong>di</strong>sse<br />
che avevo fatto molto bene a scegliere quello strumento,<br />
e che ero ben fortunato a fruire, fin dal<br />
corso preparatorio, della attenzione <strong>di</strong> <strong>Lipizer</strong> in<br />
persona. I suoi commenti erano brevi e staccati.<br />
Ma non privi <strong>di</strong> interessamento. Mi fece toccare il<br />
suo violino. Mentre prendevamo il caffè con le<br />
'sope' , nelle tazze gran<strong>di</strong>, mi <strong>di</strong>sse che il violino<br />
dello zio, quello che avevo visto <strong>di</strong> sopra, sul ripiano<br />
basso del mobile della ra<strong>di</strong>o, era un violino<br />
preziosissimo, <strong>di</strong> un grande liutaio italiano del<br />
Settecento.<br />
Tutto ciò era per me meraviglia, stupore, nubi<br />
che si aprono rivelando un cielo azzurro. A malapena<br />
sapevo che cosa fosse un liutaio - cioè lo sapevo<br />
per le burle subìte dopo che mi ero costruito<br />
quel mio rozzo strumento - e quanto al Settecento,<br />
non avevo che un vago sentor <strong>di</strong> minuetti e inchini,<br />
e non mi pareva neppure un tempo tanto<br />
lontano.<br />
Il mio compagno <strong>di</strong> classe tornò ai suoi compiti,<br />
ma io rimasi giù dal Nesto fino a sera. Sua<br />
mamma era uscita, lui filava il suo Kreutzer flessuosamente<br />
incantando le mie fantasie acustiche.<br />
Mi <strong>di</strong>sse che la <strong>di</strong>fficoltà da superare in quello<br />
stu<strong>di</strong>o non era tanto quella dell'arco (fare tantissime<br />
note tirando l'arco sempre nella stessa <strong>di</strong>rezione,<br />
e senza che mai il suono venga a <strong>di</strong>minuire;<br />
«Uguaglianza, uguaglianza!») quanto nell'intonazione.<br />
Io, fino a quel momento lì, avevo messo giù<br />
sulla tastiera del mio violino sì e no il primo e il<br />
secondo <strong>di</strong>to - e già sentivo la voce del <strong>Lipizer</strong>:<br />
«Stonato, stonato», con l'esse pesante come quella<br />
dei bolognesi. Le note del Nesto mi parevano<br />
intonatissime. Ma il Nesto era severo con se stesso.<br />
Mi fece guardare attentamente i movimenti<br />
38<br />
delle sue <strong>di</strong>ta. Io stavo in punta <strong>di</strong> pie<strong>di</strong>, e lui inclinava<br />
leggermente il manico del violino verso <strong>di</strong><br />
me, per agevolarmi l'osservazione. Vedevo spostarsi<br />
le sue prime falangi come elementi <strong>di</strong> una<br />
precisa macchinetta assolutamente silenziosa, e in<br />
effetti, ricordo bene, mi impressionarono certi accavallamenti<br />
tra <strong>di</strong>to e <strong>di</strong>to, quando improvvisamente<br />
l'anulare va addosso al me<strong>di</strong>o su una corda<br />
sotto, e tra loro si stringono, ma subito l'anulare<br />
deve scattare via perché è chiamato a premere la<br />
corda da un'altra parte. Nesto sacramentava sommessamente,<br />
e sempre sorridendo con gentilezza:<br />
tutto il passaggio era venuto stonato. Solo che lui<br />
se n'era accorto e io no.<br />
Presi l'abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> andar a sentire il Nesto<br />
quando stu<strong>di</strong>ava. Sentivo vagamente che non dovevo<br />
<strong>di</strong>rlo a <strong>Lipizer</strong>. Egli vedeva certamente le<br />
cose dall'alto: io stavo sul gra<strong>di</strong>no più in giù, quasi<br />
a terra, il Nesto stava cinque gra<strong>di</strong>ni sopra <strong>di</strong><br />
me, e dopo una dozzina <strong>di</strong> altri gra<strong>di</strong>ni, in<br />
excelsis, stava il Maestro. Ma io soffrivo <strong>di</strong> una<br />
prospettiva <strong>di</strong>storta, quella <strong>di</strong> chi vede le cose dal<br />
. Chi vede le cose dal basso - non solo nella<br />
musica, ma in generale nella vita - vede bene che<br />
c'è qualcosa più in su <strong>di</strong> lui; ma ciò che è molto<br />
più in su lo vede schiacciato verso giù, come per<br />
una sorta <strong>di</strong> illusione prospettica; cosicché è assai<br />
<strong>di</strong>fficile vedere che qualcosa è realmente molto e<br />
molto più in su <strong>di</strong> un'altra. Indovinavo che il <strong>Lipizer</strong><br />
era il Maestro del Nesto, ma i suoni <strong>di</strong><br />
quest'ultimo mi incantavano come i suoi. Il Nesto<br />
doveva proprio mostrarmi che stava stonando,<br />
perché io me ne rendessi conto. Poi ripeteva più<br />
volte la frase, ed io percepivo che qualcosa stava<br />
cambiando in meglio, ma sarei stato molto in imbarazzo<br />
se qualcuno mi avesse chiesto in che cosa<br />
consistesse quel sottile mutamento. 1 misteri<br />
dell'intonazione.<br />
Senza menzionare il Nesto, volli parlare con il<br />
<strong>Lipizer</strong> <strong>di</strong> questi misteri, alla fine <strong>di</strong> una lezione.<br />
Egli trovò la cosa assai <strong>di</strong>vertente. i spiegò che<br />
per certe rare persone l'intonazione non era neppure<br />
un problema; coloro che erano dotati dell'orecchio<br />
assoluto, i <strong>di</strong>sse, potevano chiamare ogni<br />
nota con il suo nome semplicemente sentendola risuonare,<br />
e gli bastava toccare il tasto <strong>di</strong> un pia-<br />
39
noforte per <strong>di</strong>re se era scordato e <strong>di</strong> quanto, magari<br />
<strong>di</strong> una frazione <strong>di</strong> tono. Tuttavia, aggiunse, non era<br />
detto che questi superdotati fossero necessariamente<br />
dei gran talenti musicali. Io certamente non<br />
avevo l'ombra <strong>di</strong> tale dote. Arrancavo col mio <strong>di</strong>tino<br />
su e giù lungo la corda guardando il Maestro<br />
con aria interrogativa, in cerca <strong>di</strong> un segno <strong>di</strong> approvazione<br />
quando l'intonazione fosse stata raggiunta.<br />
Poi cercavo <strong>di</strong> memorizzare la posizione del<br />
<strong>di</strong>to. Mi sarebbe piaciuto che sulla mia tastiera ci<br />
fossero dei segni. Questa idea fu giu<strong>di</strong>cata dal <strong>Lipizer</strong><br />
un orrore; era come se ci andasse <strong>di</strong> mezzo il significato<br />
del violino e la <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> tutti gli strumenti<br />
del quartetto. <strong>Lipizer</strong> prese il suo strumento<br />
e cominciò a scordarlo. Poi prese a riaccordarlo su<br />
una quinta molto progressivamente, e mi chiedeva:<br />
«Senti come è ruvido?»; e poi, dopo un ulteriore<br />
aggiustamento: «Senti adesso come frigge?». Poi,<br />
pian piano, la granulosità argentea delle due note si<br />
inaspriva ancora <strong>di</strong> più fino al momento in cui ogni<br />
asperità spariva <strong>di</strong> colpo, istantaneamente: «Ecco<br />
la quinta, lo senti?». Egli proseguiva ancora esagerando<br />
la tensione della corda e subito un altro tipo<br />
<strong>di</strong> granulosità stridente andava a sporcare quella<br />
limpida quinta <strong>di</strong> un momento prima. «Quando<br />
accor<strong>di</strong> lo strumento, devi andare in cerca del punto<br />
in cui quell'aspro sparisce per un istante: quella<br />
è la quinta. Tutto intorno c'è un gran friggere, e un<br />
giorno o l'altro ti spiegherò che cosa succede dal<br />
punto <strong>di</strong> vista della fisica. Non occorre sapere la<br />
matematica: se si fanno i <strong>di</strong>segni bene, con cura, si<br />
comprende benissimo il fenomeno dei "battimenti".<br />
Tartíni aveva stu<strong>di</strong>ato tutte queste cose. a lo<br />
stu<strong>di</strong>oso più importante è Helmholtz, che ha scritto<br />
un trattato sui suoni e le loro proprietà». In quel<br />
momento ignoravo che quel libro sarebbe <strong>di</strong>ventato,<br />
solo quin<strong>di</strong>ci anni dopo, una specie <strong>di</strong> bibbia<br />
per me, e che uno dei miei primi lavori scientifici<br />
sarebbe stato in gran parte un commento critico<br />
alla teoria dei battimenti <strong>di</strong> Helmholtz intesa come<br />
spiegazione della consonanza tra note musicali.<br />
Certo è che "Helmholtz", quel <strong>di</strong>fficile nome, lo<br />
intesi per la prima volta da <strong>Lipizer</strong>.<br />
E forse anche la parola "fisica" cominciò a<br />
prendere corpo semantico in quell'occasione; avevo<br />
sempre supposto che avesse vagamente a che<br />
fare coi me<strong>di</strong>ci e i loro arnesi.<br />
40<br />
Un bel giorno il Nesto mi rivelò <strong>di</strong> aver scoperto<br />
l'etichetta sul fondo del suo violino. Prima<br />
non l'aveva vista mai perché l'interno dello strumento<br />
era restato incre<strong>di</strong>bilmente sporco per<br />
anni. Poi qualcuno gli aveva insegnato che infilando<br />
un pugno <strong>di</strong> riso attraverso le "effe", e scuotendo<br />
a lungo quel riso in su e in giù, in alto e in<br />
basso, l'interno della cassa <strong>di</strong>ventava pulito, come<br />
nuovo. La cosa aveva funzionato. Un po' alla volta<br />
si era intravvista un'etichetta, e dopo qualche colpo<br />
<strong>di</strong> pennello, cautamente infilato attraverso le<br />
"effe", era apparso un nome, A. Stra<strong>di</strong>vari. Il problema<br />
del Nesto era adesso quello <strong>di</strong> informarsi<br />
presso il Maestro, per cercar <strong>di</strong> capire quale fosse<br />
la probabilità che il suo violinaccio avesse ad essere<br />
veramente uno Stra<strong>di</strong>vario. "Glielo <strong>di</strong>co, non<br />
glielo <strong>di</strong>co; glielo chiedo, non glielo chiedo". Io<br />
ero assolutamente entusiasta e, chiunque fosse<br />
stato Stra<strong>di</strong>vari, ritenevo estremamente improbabile<br />
che il violino del Nesto non fosse stato costruito<br />
da lui. Forse valeva un milione.<br />
Passarono un paio <strong>di</strong> giorni, ed io ero ansioso<br />
<strong>di</strong> sapere quale era stato il commento <strong>di</strong> <strong>Lipizer</strong>. Il<br />
Nesto mi <strong>di</strong>silluse subito, appena arrivai a casa<br />
sua. Sempre <strong>di</strong> poche parole, e sempre sorridendo<br />
- il taglio del sorriso era stavolta autoíroníco - mi<br />
spiegò che secondo il <strong>Lipizer</strong> il suo violino, nonché<br />
uno Stra<strong>di</strong>vari, era «una cassetta de naranze»;<br />
espressione che avrei poi sentito <strong>di</strong>re dai violinisti<br />
centinaia <strong>di</strong> volte, ripetuta per ogni sorta <strong>di</strong> strumenti<br />
nuovi e vecchi, una volta anche a proposito<br />
Nel 1948 al<br />
Teatro Ver<strong>di</strong><br />
<strong>Lipizer</strong> <strong>di</strong>rige il<br />
Concerto<br />
inaugurale con<br />
l'Orchestra<br />
sinfonica<br />
goriziana e la<br />
violinisti<br />
Carmirelli
<strong>di</strong> un violino fatto veramente da Stra<strong>di</strong>vari. "Cassetta<br />
de naranze" suggerisce l'idea, oltre che dell'opera<br />
lignea mal costruita, approssimativamente tagliata,<br />
anche l'idea dell'acido sapore delle arance<br />
poco mature, che rappresenta sinestesicamente<br />
quel suono aspretto dei cattivi violini che lega un<br />
po' i denti e asciuga la bocca.<br />
Quando dovevo porre domande al <strong>Lipizer</strong> me<br />
le giravo in testa per ore, durante i giorni che precedevano<br />
l'incontro. <strong>Di</strong>ciamo la verità una volta<br />
per tutte: io temevo quegli incontri, più o meno<br />
come la prima volta. Dato che <strong>Lipizer</strong> spesso parlava<br />
con me <strong>di</strong> argomenti seri, volevo mostrarmi<br />
con lui serio, meno bambino <strong>di</strong> quanto fossi (ero<br />
alle soglie dell'adolescenza, ma la guerra ritardava<br />
tutto, congelando la vita in una angusta ripetività<br />
<strong>di</strong> riti). Avevo imparato a mie spese che è bene riflettere<br />
molto prima <strong>di</strong> parlare con un grande. Il<br />
luogo comune goriziano «Missia la lingua in bora<br />
sete volte prima de parlar» dapprima mi era sembrato<br />
un consiglio puramente fisiologico; infatti<br />
giravo accuratamente la lingua in bocca contando<br />
mentalmente i numeri; poi, con le brutte esperienze,<br />
mi si era rivelato in tutta la profon<strong>di</strong>tà del significato.<br />
Perché uno Stra<strong>di</strong>vari non potrebbe<br />
trovarsi nella soffitta <strong>di</strong> una delle nostre case? Sopra<br />
il letto dei miei genitori c'era un Cristo del<br />
Seicento, olio su legno. Beh, forse in una soffitta<br />
<strong>di</strong> Gorizia c'è uno Stra<strong>di</strong>vari!<br />
Posi cautamente il quesito, la volta successiva.<br />
<strong>Lipizer</strong> stava in pie<strong>di</strong> davanti all'arma<strong>di</strong>etto a vetri<br />
con dentro i violini pregiati. Non mi prese in giro.<br />
Mi confermò che il violino del Nesto era un violino<br />
<strong>di</strong> fabbrica. Mi spiegò che i liutai, per poter<br />
produrre strumenti a buon prezzo, da più <strong>di</strong> cento<br />
anni organizzavano certe botteghe in cui il lavoro<br />
era <strong>di</strong>viso tra più artigiani: uno faceva i ricci,<br />
uno il piano armonico, un altro i fon<strong>di</strong>, gli accessori<br />
e così via. I modelli erano tutti eguali, rigorosamente<br />
copiati da un unico <strong>di</strong>segno. Il maestro<br />
liutaio poi faceva le rifiniture e l'assemblaggio,<br />
come noi oggi <strong>di</strong>remmo. Non so che vocabolo avesse<br />
usato <strong>Lipizer</strong>; certe parole nuove e comode<br />
dove hanno fatto sparire quelle vecchie, probabilmente<br />
più espressive?<br />
42<br />
Per vendere gli strumenti così costruiti era le-<br />
cito attaccare etichette con su scritto Stra<strong>di</strong>vari,<br />
Amati, Guarneri del Gesù, Guadagnini, perché<br />
tanto si vedeva benissimo che non lo erano. Più<br />
che un imbroglio era un gioco. Tutti i violini <strong>di</strong><br />
fabbrica - i quali riuscivano a volte buoni e a volte<br />
cattivi - avevano etichette simili, spesso combinate<br />
con la vera firma della <strong>di</strong>tta.<br />
Ricordo che <strong>Lipizer</strong> si sedette alla scrivania e<br />
mi fece accomodare su una se<strong>di</strong>a alla sua destra.<br />
Mi <strong>di</strong>sse: «Non basta suonare il violino, bisogna<br />
conoscerlo; il violino è una cultura». Fino ad allora<br />
avevo associato la parola cultura a tanti libri nello<br />
scaffale e a un certo sussiego nel parlare con gli altri.<br />
Mi raccontò, arrotolandosi una sigaretta, che<br />
molti gran<strong>di</strong>ssimi liutai antichi avevano attaccato<br />
dentro ai loro violini etichette portanti non il loro<br />
nome, ma quello <strong>di</strong> un maestro che, all'epoca, era<br />
più famoso: per venderli meglio. Sicuramente Stra<strong>di</strong>vari<br />
ha messo nei suoi violini etichette <strong>di</strong> Amati,<br />
quand'era giovane. Amati era celebre, i suoi pezzi<br />
venivano pagati bene. Certamente Jacobus Stainer,<br />
<strong>di</strong> Absam, autore <strong>di</strong> violini tra i più belli e sonori<br />
<strong>di</strong> tutta la storia dello strumento, ha incollato nei<br />
suoi violini etichette con nomi <strong>di</strong> liutai cremonesi,<br />
poiché Cremona era celebre in tutta l'Europa per<br />
la sua liuteria. Liutai minori hanno usato etichette<br />
<strong>di</strong> altri liutai minori, ma in quel momento più noti<br />
o più <strong>di</strong> moda. Non si trattava <strong>di</strong> imbrogli, ma <strong>di</strong><br />
un normale risultato dell'esigenza <strong>di</strong> vendere. Se<br />
un liutaio non mangia, non fa strumenti. Tutte le<br />
etichette sono dubbie; non è l'etichetta che <strong>di</strong>ce<br />
qualcosa, ma solo la bontà della voce, lo stile<br />
dell'esecuzione ed eventualmente una documentazíone,<br />
fatta <strong>di</strong> lettere, <strong>di</strong> ricevute commerciali, <strong>di</strong><br />
giu<strong>di</strong>zi scritti da esperti ecc. che abbia accompagnato<br />
lo strumento nella sua lunga vita.<br />
«No guardar l'eticheta, chi che se inten<strong>di</strong> de violini<br />
guarda il violin». «Tu stu<strong>di</strong> alle me<strong>di</strong>e - concluse<br />
- e per conoscere la poesia e le opere letterarie<br />
hai una antologia, dove leggi vari pezzi <strong>di</strong><br />
vari autori, e impari i nomi <strong>di</strong> questi autori. Così è<br />
col violino: devi leggere sul violino, c'è una intera<br />
biblioteca sul violino. Comincia con qualcosa, ci<br />
penserò io».<br />
In una delle sue soste al caffè Vittoria il <strong>Lipizer</strong><br />
deve aver incontrato mio padre, in quei giorni.<br />
Così ricostruisco i fatti io adesso; ma chissà se è<br />
43
vero. Certo è che si vedevano spesso. Fatto sta che<br />
una sera, verso Natale, mio padre rientrò portando<br />
un pacchetto ben squadrato, che poteva essere<br />
una piccola scatola <strong>di</strong> giochi. (A Natale la tra<strong>di</strong>zione<br />
voleva che si regalasse almeno uno <strong>di</strong> quei<br />
giochi che servono a riunire la famiglia intorno<br />
alla tavola per qualche ora, e poi vengono <strong>di</strong>menticati<br />
sopra un arma<strong>di</strong>o; l'acquisto veniva in genere<br />
effettuato presso il negozio del signor Culot,<br />
all'angolo <strong>di</strong> via Carducci). Appese in corridoio<br />
l'impermeabile scuro tutto bagnato, posò il pacchetto<br />
sulla tavola rossa del tinello, e si appoggiò<br />
alla stufa bene accesa e borbottante, in <strong>di</strong>stratta<br />
attesa del crescere della mia curiosità. La mia impazienza<br />
era ben visibile; mia madre si apprestava<br />
a stendere la tovaglia, naturalmente ricamata da<br />
lei. Il pacchetto venne tolto, posato sopra l'arma<strong>di</strong>etto<br />
rosso su cui tenevo aperta la musica, poiché<br />
non avevo ancora un leggio. Cominciai a fare storie<br />
per poter vedere il contenuto <strong>di</strong> quella carta<br />
così ben ripiegata e mio fratello, allora <strong>di</strong> sei anni<br />
— prima elementare e appassionato <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong> —<br />
mi teneva bordone. La sua delusione fu totale<br />
quando il pacchetto venne finalmente aperto (da<br />
me, credo) e si vide che conteneva un libro. Sulla<br />
copertina campeggiava l'immagine <strong>di</strong> un violino<br />
antico, l'autore era Franz Farga, e il titolo <strong>di</strong>ceva<br />
Storia del violino.<br />
Il libro era pieno <strong>di</strong> immagini e stampato ben<br />
in grande; la carta purtroppo era lucida, origine <strong>di</strong><br />
sgradevoli riflessi e <strong>di</strong> ambigue sensazioni sotto i<br />
polpastrelli. Io non finii la cena per la fretta <strong>di</strong><br />
leggere. Passavo <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente dalle immagini<br />
al testo: violini, violini, sagome panciute e magre,<br />
ritratti terribili <strong>di</strong> virtuosi famosi, come quello <strong>di</strong><br />
Paganini, facce <strong>di</strong> sconosciuti dai nomi <strong>di</strong>fficili,<br />
come il liutaio Tieffenbrucker o Duffopruggar,<br />
che secondo i tedeschi è l'inventore del violino.<br />
Ma secondo gli italiani lo è Gasparo da Salò. Questo<br />
mi ricordava un film patriottico in cui si vedeva<br />
come il buon Meucci italiano s'era fatto fregare<br />
l'idea del telefono dal cattivissimo Bell, americano<br />
e forse magari ebreo.<br />
Furono giorni <strong>di</strong> intensa lettura, paragonabili<br />
solo a quelli spesi sulle pagine de I Quattro moschettieri<br />
<strong>di</strong> Nizza e Morbelli. Quando parlai a Li-<br />
pizer del libro egli si mostrò piacevolmente sorpreso<br />
per la gentile idea <strong>di</strong> mio padre, fece uno <strong>di</strong><br />
quei larghi sorrisi che approfon<strong>di</strong>vano le due pieghe<br />
agli angoli della bocca, ma nello stesso tempo<br />
inarcò le sopracciglia in un segnale <strong>di</strong> scetticismo.<br />
Era assolutamente tipico <strong>di</strong> <strong>Lipizer</strong> esprimere formale<br />
sod<strong>di</strong>sfazione e insieme dubbio palese.<br />
Quante volte, dopo un mio esercizio, l'ho sentito<br />
<strong>di</strong>re: «Bene, bene, bravo. Ma l'arco, ve<strong>di</strong>, deve stare<br />
sempre parallelo al ponticello, e non così <strong>di</strong>stante<br />
dal ponticello, e il <strong>di</strong>to pollice della sinistra non<br />
deve stare teso così sotto il manico, ma leggermente<br />
piegato intorno al manico, stoni quasi sempre<br />
con il secondo <strong>di</strong>to, e quel suono, ti piaceva quel<br />
suono? Mai gonfiare il suono a metà arcata...».<br />
L'attimo <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione scompariva nel minuzioso<br />
catalogo degli errori. Stavolta mi parve che il<br />
Franz Farga non fosse un testo ideale per «imparare<br />
il violino». Alla fine della lezione mi lasciò parlare<br />
un poco della mia nuova lettura: «Bene...<br />
bene... bravo. Certo». Ma il libro <strong>di</strong> Farga - che<br />
lui possedeva in tedesco - -era pieno <strong>di</strong> balle. <strong>Lipizer</strong><br />
<strong>di</strong>sse che era un libro per le signore, per parlare<br />
<strong>di</strong> violini in salotto. Troppi episo<strong>di</strong> e poca sostanza.<br />
Ammise però che l'esposizione iniziale su<br />
come è fatto il violino poteva andare bene per un<br />
ragazzino <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci anni compiuti. Io lo interrogai<br />
su un punto preciso, su cui convergevano I Quattro<br />
moschettieri e la storia dello strumento: avevo<br />
appreso con gioia che Tartini era stato un grande<br />
spadaccino e aveva esercitato la nobile arte del<br />
duello con bravura uguale a quella dell'esercizio<br />
musicale. Domanda: poteva far bene a un ragazzino<br />
praticare la scherma per irrobustire la mano<br />
destra usata per l'archetto? i meraviglio, adesso,<br />
del fatto che <strong>Lipizer</strong> non mi abbia buttato fuori a<br />
pedate. Anzi, egli pensò un poco sul problema, e si<br />
chiese a voce alta se il rinforzare la muscolatura<br />
del sistema avambraccio-polso-<strong>di</strong>ta non potesse<br />
pregiu<strong>di</strong>care la sensibilità della mano nel condurre<br />
l'arco. Certo una mano forte fa bene, ma deve essere<br />
sensibilissima e agile nelle <strong>di</strong>ta quasi quanto la<br />
mano sinistra. Ideando variazioni sull'argomento,<br />
come era nel suo stile, <strong>Lipizer</strong> mi promise una sorpresa:<br />
«Quando avrai imparato bene la tecnica<br />
della mano sinistra e farai correttamente i passaggi<br />
rapi<strong>di</strong> e i trilli doppi, scoprirai che la tua mano de-
Mettendo a<br />
frutto le<br />
conoscenze<br />
maturate nel<br />
corso della<br />
formazione<br />
viennese e della<br />
successiva<br />
esperienza <strong>di</strong><br />
insegnamento,<br />
<strong>Lipizer</strong> si de<strong>di</strong>ca<br />
alla stesura <strong>di</strong> un<br />
metodo per<br />
risolvere i<br />
problemi tecnicoespressivi<br />
dell'esecuzione<br />
violinistica,<br />
concepito in<br />
relazione alle<br />
<strong>di</strong>fficoltà del<br />
repertorio<br />
contemporaneo.<br />
La Tecnica<br />
Superiore del<br />
Violino,<br />
stampata nel<br />
1933 per i tipi <strong>di</strong><br />
Mignani,<br />
Firenze, otterrà<br />
generosi<br />
apprezzamenti. Il<br />
2 <strong>di</strong>cembre 1938<br />
il ministro<br />
dell'educazione<br />
nazionale Bottai<br />
decreta<br />
l'adozione<br />
dell'opera nei<br />
Conservatori <strong>di</strong><br />
Musica e negli<br />
Istituti musicali<br />
pareggiati del<br />
Regno. Nel 1959<br />
la Ricor<strong>di</strong> ne<br />
acquista la<br />
proprietà<br />
stra, senza essersi mai esercitata, sarà <strong>di</strong>ventata agile<br />
come sua sorella; scommetto che fra qualche<br />
anno, provando a fare trilli normali o doppi sulla<br />
tastiera del pianoforte, ora con la sinistra, ora con<br />
la destra, troverai che non c'è <strong>di</strong>fferenza. L'appren<strong>di</strong>mento<br />
da una parte si trasferisce dall'altra.<br />
Naturalmente non potrai mai suonare il violino tenendolo<br />
sulla spalla destra e invertendo il lavoro<br />
delle mani; ma un tanto <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento passa<br />
inconsciamente da lì a là. Perché la tecnica sta più<br />
nel cervello che nelle mani. Naturalmente l'agilità<br />
dei movimenti va conquistata un poco alla volta,<br />
come quando si fa ginnastica per irrobustire il corpo;<br />
ma il più del lavoro è un appren<strong>di</strong>mento del<br />
cervello, che attraverso i nervi comanda i movimenti:<br />
«la musica se la pensa cola testa, se no fossimo<br />
come un organeto».<br />
<strong>Lipizer</strong> mise sul leggìo <strong>di</strong> legno un grande album<br />
<strong>di</strong> musica, già aperto e fittissimo <strong>di</strong> note, e mi<br />
mostrò col <strong>di</strong>to brunito dal tabacco l'andamento<br />
delle note lungo il rigo: «No ocori che te capissi la<br />
musica nota per nota, basta che te var<strong>di</strong> il <strong>di</strong>segno<br />
che fa le note sulla carta, in su e in zò». Mi fece osservare<br />
le simmetrie intercorrenti tra un esercizio e<br />
l'altro - poiché <strong>di</strong> esercizi si trattava — e come a<br />
realizzarle venissero chiamate in causa <strong>di</strong>ta volta<br />
per volta <strong>di</strong>fferenti. La sagoma melo<strong>di</strong>ca restava la<br />
stessa, ma l'intervento delle <strong>di</strong>ta cambiava ogni<br />
volta. «I movimenti dei <strong>di</strong>ti vien dal cervel, ma guai<br />
se il cervel no ga capì la forma dell'insieme. L'ídea<br />
che guida la musica è una forma matematica, una<br />
specie <strong>di</strong> <strong>di</strong>segno ben calcolato e solo dopo le <strong>di</strong>ta<br />
fanno, se hanno imparato». Non sapevo, in quel<br />
momento, che stavo ascoltando la mia prima lezione<br />
<strong>di</strong> teoria della Gestalt. Era forse già scritto nel<br />
libro del destino che io dovessi de<strong>di</strong>care in seguito<br />
i miei anni migliori allo stu<strong>di</strong>o della psicologia e<br />
della filosofia degli scienziati gestaltisti: il tutto domina<br />
le parti, la frase melo<strong>di</strong>ca viene prima dei singoli<br />
suoni, l'idea complessiva genera l'agitarsi delle<br />
<strong>di</strong>ta. Questo gestaltismo <strong>di</strong> Lipízer - come è facile<br />
verificare stu<strong>di</strong>ando la sua opera <strong>di</strong>dattica - permea<br />
le fitte pagine musicali che egli ha scritto.<br />
Mentre parlava, <strong>di</strong>strattamente chiuse il libro.<br />
Era, come ho detto, uno spartito <strong>di</strong> grande formato:<br />
la copertina era grigia e severa, ma su <strong>di</strong> essa<br />
46<br />
campeggiava il nome dell'autore, RO-<br />
DOLFO LIPIZER. Era la prima e<strong>di</strong>zione<br />
della sua Tecnica Superiore del Violino.<br />
La cosa mi fece grande impressione. Il<br />
libro stampato garantiva l'unanimità<br />
dei consensi, nella mia immaginazione.<br />
In quel momento mi chiesi come mai<br />
egli non possedesse l'automobile,<br />
come mai non fosse ricco. Che fosse<br />
un grande maestro però non c'era<br />
dubbio. Occorse molto tempo, in verità,<br />
prima che io mi rendessi conto del<br />
solco che passa tra il talento e gli agi.<br />
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