IL CIMITERO DEL BUCEO, A MONTEVIDEO - biblioteca franzoniana
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OLTRE. PERIODICO DI INFORMAZIONE <strong>DEL</strong>L’IMPRENDITORIA FUNERARIA E<br />
CIMITERIALE, N. 9 - Settembre 2004 -> Cimiteri del Mondo<br />
<strong>IL</strong> <strong>CIMITERO</strong> <strong>DEL</strong> <strong>BUCEO</strong>, A <strong>MONTEVIDEO</strong><br />
UN PARCO D'ARTE ITALIANA ALLE SPALLE <strong>DEL</strong> RIO DE LA PLATA<br />
Quando nel 1873 si scatenò una terribile epidemia di colera,<br />
Montevideo non poteva immaginare che questa sciagura si sarebbe<br />
protratta per cinque anni, mietendo numerose vittime e rendendo<br />
così necessaria la costruzione di un nuovo cimitero. La zona<br />
indicata fu quella alle spalle del porto del Buceo - lievemente<br />
decentrata - perché la crescita della necropoli non fosse vincolata<br />
da limiti urbanistici come invece era accaduto per il Central, il<br />
cimitero più antico della capitale.<br />
La scultura italiana fa il suo esordio al cimitero del Buceo nel 1885<br />
con la figura del pescatore della tomba di Pedro C. Ballefin:<br />
un'opera che è a metà tra un vago realismo socialista - alla Minatore di Enrico Butti - e un certo compiacimento<br />
romantico da operetta, dilagante in quegli stessi anni al cimitero di Staglieno. Non tardano però a<br />
sopraggiungere le tombe con una iconografia più dichiaratamente borghese, prima fra tutte quella di Juan<br />
Battista Staricco, riproposta in seguito da Domenico Carli sia nel cimitero di Genova che in quello di Varazze.<br />
Benché in auge in Italia da almeno un decennio, le scenette di bambine ben vestite come gli episodi di carità<br />
cristiana o il riferimento puntuale a dettagli di vita borghese seguitano a soddisfare le richieste della borghesia<br />
italiana, come di quella montevideana. Tra i tanti scultori raggruppabili in questo filone merita di essere<br />
nominato Alessandro Biggi che a Montevideo opera solo per il Buceo. La tomba Facio infatti è capace di<br />
coniugare le aspettative della committenza borghese, che ama riconoscersi a pieno nelle immagini scolpite, e al<br />
contempo di testimoniare la solida formazione accademica di Biggi. L'iconografia della donna seduta in poltrona,<br />
in tutte le sue varianti, ha infatti ampia diffusione nei cimiteri della Penisola a partire almeno dagli anni<br />
settanta.<br />
Il Buceo vede il proprio allestimento in anni in cui la curiosità attorno ai gruppi scultorei provenienti dall'Italia si<br />
va affievolendo: lo dimostra la scarsa bibliografia riferita alla necropoli e ai singoli monumenti. Una eccezione in<br />
questo senso è la tomba Piria che almeno vanta un'esigua attenzione da parte della stampa locale, affascinata<br />
in realtà più dalle imprese del committente che dal valore effettivo della longilinea figura scolpita da Giovanni<br />
Scanzi. Il tema della soglia come confine tra la vita e la morte, che<br />
ha ampia diffusione in Italia e anche alla Recoleta, trova invece<br />
rarissimi esempi a Montevideo. Come pure la tipologia del sepolcro<br />
in bronzo e granito compare al Buceo solo nel 1899 e per opera di<br />
Felix Morelli. Memore dei monumenti realizzati dallo stesso Morelli<br />
per il cimitero Central, la famiglia Imenarrieta affida infatti il proprio<br />
sepolcro allo scultore italiano che lo risolve secondo quella che sarà<br />
una nota caratteristica di Morelli: un alto pilastro quadrangolare,<br />
sormontato dai ritratti dei defunti, diviene l'appoggio ideale di un<br />
grande angelo. Di lì a poco infatti egli avrebbe ottenuto anche<br />
l'incarico per la tomba Medeiros con la costante della presenza di<br />
angeli dall'ambigua sensualità. Il legame tra amore e morte ha<br />
intriso l'iconografia e la poetica italiana d'inizio secolo e Morelli non<br />
fa eccezione. Tra il 1906 e il 1909 Giovanni Azzarini, abile scultoreimprenditore<br />
e deus ex machina di buona parte della<br />
monumentalizzazione del Central, colloca due grandi angeli di<br />
sapore monteverdiano: uno per la tomba Rossello e uno per la<br />
tomba Corominas. Propone poi un certo aggiornamento rispetto a<br />
Staglieno con l'imponente tomba di Demetrio Del Cerro, per negare<br />
in seguito qualsiasi tipo di svecchiamento linguistico con i<br />
monumenti successivi. A partire dal primo decennio del Novecento<br />
il Buceo offre l'occasione per ammirare alcuni picchi di plastica<br />
italiana, quali le tombe bistolfiane e il nudo scolpito da Demetrio<br />
Paernio per la tomba De Allende. I due marmi che lo scultore di
Casale Monferrato invia a Montevideo sono entrambi su commissione privata e in Italia è nota da sempre la loro<br />
sorte. Nel 1905 infatti l'Olocausto per la tomba Crovetto è esposto alla Biennale di Venezia con la didascalia<br />
("L'olocausto - Monumento funerario Crovetto, Montevideo, 1903") che ne dichiara già la destinazione.<br />
Nove anni più tardi è inaugurato il monumento ad Angel Giorello, dove i rimandi liberty e simbolisti si sono<br />
stemperati per lasciare spazio ad una silenziosa processione di nudi michelangioleschi. Figura di spicco del<br />
Buceo è però senza dubbio il cremonese Aristide Bassi. A lui infatti si deve la tomba Ameglio che nelle soluzioni<br />
iconografiche tiene presente il vicino monumento Crovetto di Bistolfi; seguito dal monumento Saint Bois forse<br />
tra i più noti della necropoli. Quest'ultimo mostra una scena allegorica in cui il virtuosismo di Bassi si manifesta<br />
attraverso la resa degli sforzi fisici e l'avvilupparsi dei corpi. Una soluzione stilistica di questo tipo è<br />
naturalmente inimmaginabile senza tener conto del coinvolgimento di Bassi nel cantiere del Palazzo Legislativo<br />
dove ha potuto ammirare i bozzetti di Giannino Castiglioni.<br />
Si colloca invece negli anni trenta la scena bronzea del Cristo nell'Orto dei Getsèmani della tomba Rodriguez in<br />
cui Bassi si firma come "constructor de monumentos funebres", confermando una specializzazione che<br />
probabilmente condivideva con tanti laboratori uruguaiani. L'intenso commercio di marmi dalle aree del centro e<br />
nord d'Italia non cessa comunque per tutto il primo trentennio del Novecento; lo dimostrano imponenti<br />
monumenti come la tomba Perratone e la tomba Delfino. Entrambe propongono un tardo sapore liberty e<br />
provengono dall'area toscana che è inevitabilmente anche in contatto con le cave carraresi a loro volta in<br />
possesso di ottimi canali col Sudamerica. Si tratta però di modelli stereotipati e anche piuttosto frusti se<br />
paragonati alle imprese decorative delle opere architettoniche o delle esposizioni internazionali. Il monumento a<br />
Juan Podesta che data 1927 esplicita quest'ultimo concetto: esso è ancora legato all'iconografia ottocentesca<br />
dell'anima consolatrice ed è stilisticamente vicino ai bistolfismi dei primi anni del secolo. I documenti portano<br />
però la firma di Antonio Biggi - erede di Alessandro - a dimostrazione di come le botteghe italiane<br />
continuassero, di padre in figlio, a seguire le danarose rotte d'oltreoceano.<br />
Vi sono anche casi contrari, ovvero di scultori che trovano la propria fonte di guadagno nei circuiti delle grandi<br />
esposizioni internazionali, e tra questi Amleto Cataldi che, nel 1923, partecipa all'Esposizione Ufficiale d'Arte<br />
Italiana a Buenos Aires incontrando immediatamente l'acquirente<br />
per due delle tre opere esposte. In questa stessa occasione egli<br />
entra in contatto col facoltoso Luigi Podesta che acquista un marmo<br />
per la propria tomba al Buceo.<br />
È interessante, al fine di una analisi della diffusione di modelli<br />
italiani in suolo uruguaiano, segnalare una copia del Minatore di<br />
Butti 'seduto' sulla tomba Raffo: el hombre vencido por el Trabajo<br />
può evidentemente esercitare il suo fascino ancora nel 1925.<br />
Se il Central è il monumento all'antica oligarchia uruguaiana, il<br />
Buceo, con i suoi ampi spazi di inumazione, rispecchia<br />
l'allargamento demografico della capitale e l'affermarsi di una<br />
generale "borghesizzazione" della sepoltura. Salvo alcune eccezioni,<br />
le tombe si risolvono in riproduzioni meccaniche di angeli, angioletti<br />
e cristi, molti provenienti da una serie di laboratori locali, che sono<br />
ora in grado di far fronte alla richiesta del mercato. Il monumento<br />
italiano rimane uno status symbol a cui però col tempo viene rivolta<br />
meno attenzione: dagli anni venti infatti le tombe sembrano<br />
apprezzate più per la loro monumentalità - in concomitanza con<br />
una esplosione decò dell'architettura cittadina - che per la loro<br />
provenienza. Il fatto che anche il Palazzo Legislativo venga<br />
realizzato con materiali locali probabilmente frena la corrente<br />
d'importazione di costosi marmi italiani.<br />
CRISTINA BELTRAMI