Archivio 1/07 - link - Istituto ortopedico Gaetano Pini
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lità di assunzione del farmaco.<br />
Sebbene si sia assistito a<br />
un miglioramento dell’aderenza<br />
alla terapia con l’introduzione<br />
dei bisfosfonati settimanali,<br />
l’interruzione del<br />
trattamento risulta ancora<br />
essere di circa il 50%, quindi<br />
evidentemente subottimale.<br />
Ovviamente le alternative con<br />
diversi schemi posologici<br />
risultano valide opzioni terapeutiche<br />
soprattutto quando<br />
ci si trova di fronte a pazienti<br />
con pluripatologie e costretti<br />
a regimi terapeutici complessi<br />
e gravosi, ma sicuramente<br />
quello che il medico e il<br />
paziente devono tenere presente<br />
sono l’obiettivo finale<br />
della terapia che si vuole<br />
intraprendere e il tempo che<br />
si intende impiegare nella<br />
strategia terapeutica. Inoltre<br />
si dovrebbe pensare a misurazioni<br />
di marcatori che oggettivizzino<br />
il miglioramento<br />
della patologia, in maniera<br />
accessibile soprattutto al<br />
paziente che deve sopportare<br />
il carico di una terapia lunga,<br />
non scevra da effetti collaterali,<br />
e senza benefici immediati,<br />
o comunque non percepibili<br />
nelle valutazioni del profano.<br />
Per quanto riguarda il problema<br />
dei non responder, un<br />
ulteriore punto di riflessione<br />
è il fatto che, di tutti i trattamenti<br />
disponibili, nessuno è<br />
in grado di abolire completamente<br />
il rischio di frattura.<br />
Nei molteplici studi effettuati<br />
nessun farmaco va oltre il<br />
50% di successo nel ridurre<br />
l’incidenza dell’endpoint del<br />
trattamento, che è la frattura.<br />
Ovviamente questo è già un<br />
ottimo risultato in medicina,<br />
in quanto sono pochi i farmaci<br />
che hanno dimostrato una<br />
tale efficacia in qualsiasi altro<br />
ambito terapeutico. Ma questa<br />
osservazione apre alla<br />
considerazione che probabilmente<br />
i meccanismi che conducono<br />
alla malattia osteoporotica<br />
sono diversi. Numerosi<br />
sono infatti i fattori in gioco<br />
in un meccanismo di omeostasi<br />
così perfetto quale è il<br />
turnover osseo. Sicuramente<br />
si deve distinguere la malattia<br />
osteoporotica dell’anziano e<br />
della post-menopausa da<br />
quella idiopatica giovanile. In<br />
quest’ultima infatti sono le<br />
mutazioni genetiche che<br />
archivio di<br />
Ortopedia<br />
e Reumatologia<br />
vanno indagate e individuate,<br />
mentre i meccanismi di senescenza<br />
cellulare sono il target<br />
degli studi nell’osteoporosi<br />
post-menopausale e senile.<br />
La senescenza cellulare consiste<br />
in una incapacità replicativa<br />
e post-mitotica: il primo<br />
meccanismo tende a limitare il<br />
numero di cellule che si replicano,<br />
e quindi il numero di<br />
unità di ricambio, mentre la<br />
senescenza post-mitotica influenza<br />
la biodisponibilità di<br />
numerosi fattori endocellulari<br />
ed extracellulari. In questo<br />
campo molti studi sono stati<br />
fatti sulla disponibilità e sull’influenza<br />
degli ormoni sessuali<br />
nel determinismo dell’osteopenia.<br />
Attualmente sono<br />
in corso numerosi studi che<br />
tentano di determinare il ruolo<br />
del ridotto funzionamento<br />
in loco di citochine e fattori<br />
di crescita. In particolare, numerosi<br />
e importanti studi sono<br />
stati centrati sul sistema di<br />
comunicazione RANK-RANK<br />
ligando fra osteoblasti e osteoclasti.<br />
Questo sistema permette<br />
la modulazione da parte degli<br />
stessi osteoblasti della<br />
trasformazione della linea ma-<br />
La gestione conservativa del paziente polifratturato<br />
C.Trevisan, M. Mattavelli<br />
Clinica Ortopedica, Università degli Studi di Milano e Ospedale S. Gerardo, Monza<br />
ABSTRACT Conservative treatment of patients with multiple vertebral<br />
fractures<br />
The treatment of patients with vertebral fractures is not standardized yet.<br />
We can distinguish patients with a recent vertebral fracture and patients<br />
with chronic back pain. In addition to the use of analgesic drugs and bracing,<br />
many Authors demonstrated the efficacy of kinesitheraphy for the<br />
treatment of these patients.<br />
Introduzione<br />
La letteratura sul trattamento<br />
dell’osteoporosi è ricchissima<br />
di studi clinici sulla prevenzione<br />
e il trattamento farmacologico.<br />
Anche le opzioni<br />
chirurgiche delle fratture da<br />
osteoporosi trovano largo<br />
spazio nelle pubblicazioni di<br />
carattere <strong>ortopedico</strong>, con<br />
molteplici studi e revisioni.<br />
Non si può dire che altrettanto<br />
spazio venga riservato alla<br />
gestione conservativa delle<br />
fratture da fragilità, e ancora<br />
più esigua è la trattatistica<br />
sulla gestione conservativa in<br />
senso lato del paziente osteoporotico.<br />
In questa breve dissertazione<br />
ci occuperemo di una precisa<br />
categoria di pazienti affetti da<br />
osteoporosi: i pazienti che<br />
sono incorsi in più fratture.<br />
Con questo ci riferiamo in<br />
particolar modo ai pazienti<br />
con molteplici fratture vertebrali,<br />
per i quali si può affermare<br />
vi sia una sostanziale<br />
carenza di studi clinici basati<br />
sull’evidenza, sebbene le problematiche<br />
che sollevano<br />
siano piuttosto complesse e<br />
meritevoli di un approccio<br />
multidisciplinare. Non entreremo<br />
invece nel merito della<br />
gestione conservativa delle<br />
fratture da fragilità ossea<br />
appendicolari, per le quali<br />
esistono prassi terapeutiche<br />
ben consolidate e meno problematiche.<br />
Le fratture vertebrali su base<br />
osteoporotica sono un problema<br />
epidemiologicamente e<br />
socialmente rilevante. In<br />
Europa, l’incidenza annuale<br />
di fratture vertebrali clinicamente<br />
evidenziabili è pari a<br />
117 per 100.000 individui<br />
per anno, con 41.000 ospedalizzazioni<br />
per anno e una<br />
degenza media di 20 giorni<br />
[1,2]. Dopo la prima frattura<br />
il rischio di subire una nuova<br />
frattura aumenta di 5 volte, e<br />
dopo la seconda o più il<br />
rischio aumenta di ben 12<br />
volte [3]. Oltre alle prevedibili<br />
conseguenze economicosociali,<br />
le fratture vertebrali<br />
hanno importanti conseguenze<br />
sulla qualità di vita dei<br />
pazienti che ne sono affetti.<br />
Numerosi studi [4-6] dimostrano<br />
una stretta correlazione<br />
tra fratture vertebrali, sia a<br />
livello toracico sia a livello<br />
lombare, e mal di schiena,<br />
indipendentemente dal tipo<br />
di frattura vertebrale (cuneo,<br />
biconcava o da scoppio). Le<br />
fratture vertebrali sono sempre<br />
associate a riduzione dell’altezza,<br />
in particolar modo<br />
per le fratture con un completo<br />
collasso del corpo vertebrale.<br />
Fattori spesso non considerati,<br />
ma di grande rilievo<br />
nella vita quotidiana dei<br />
pazienti, sono le conseguenze<br />
funzionali e psicologiche<br />
delle fratture vertebrali.<br />
Come dimostrato da Gold e<br />
coll. [7], esistono tre comuni<br />
reazioni all’osteoporosi e alle<br />
conseguenti fratture da fragilità<br />
ossea: ansia e paura di<br />
crofagica in osteoclasti. In particolare,<br />
è stata studiata la proteina<br />
osteoprotegerina, prodotta<br />
dagli osteoblasti, la<br />
quale, come dice il nome, protegge<br />
l’osso riducendo il reclutamento<br />
degli osteoclasti attivi<br />
nelle unità di turnover.<br />
L’individuazione di queste molecole<br />
e dei meccanismi molecolari<br />
implicati nel metabolismo<br />
osseo permette di<br />
identificare potenziali target<br />
terapeutici e di aprire la via a<br />
trattamenti sempre più efficaci<br />
e con azione mirata, riducendo<br />
in tal modo la prevalenza<br />
dei soggetti non<br />
responder al trattamento dell’osteoporosi.<br />
Bibliografia essenziale<br />
Del Puente A, Migliaccio S, Esposito<br />
A et al (2004) A reappraisal<br />
of therapeutic approaches to osteoporosis.<br />
Aging Clin Exp Res<br />
16[Suppl 3]:42-46<br />
Del Puente A, Esposito A (2003)<br />
Bone quality issues in osteoporosis.<br />
Osteoporos Int 14[Suppl<br />
1]:11-12<br />
Tosteson AN, Grove MR, Hammond<br />
CS et al (2004) Early dis-<br />
successive fratture, depressione<br />
con disturbi del sonno,<br />
apatia, stanchezza, e infine<br />
perdita dell’autostima causata<br />
da cifosi, disabilità e dolore.<br />
La gestione del paziente con<br />
fratture vertebrali va però<br />
distinta in due grandi capitoli:<br />
da una parte la gestione in<br />
acuto della frattura vertebrale,<br />
dall’altra come affrontare il<br />
problema della rachialgia cronica<br />
in soggetti con plurime<br />
fratture vertebrali.<br />
Gestione conservativa<br />
del paziente con frattura<br />
vertebrale recente<br />
La problematica primaria per<br />
importanza e precocità di<br />
manifestazione in seguito a<br />
una frattura vertebrale è il<br />
dolore. Nostro principale<br />
compito è quello di dare sollievo<br />
al dolore del paziente, e<br />
in secondo luogo permettere<br />
al più presto la ripresa delle<br />
quotidiane attività ed evitare<br />
il peggioramento della deformità<br />
vertebrale. La terapia dei<br />
pazienti con frattura vertebrale<br />
recente è a tutt’oggi per lo<br />
più empirica e poco codificata,<br />
in quanto non esistono in<br />
letteratura studi clinici basati<br />
17<br />
continuation of treatment for osteoporosis.<br />
Am J Bone Med<br />
115:209-216<br />
McCombs JS, Thiebaud P,<br />
McLaughlin-Miley C, Shi J<br />
(2004) Compliance with drug<br />
therapies for the treatment and<br />
prevention of osteoporosis. Maturitas<br />
48:271-287<br />
Caro JJ, Ishak KJ, Huybrechts KF et<br />
al (2004) The impact of compliance<br />
with osteoporosis therapy<br />
on fractures rates in actual<br />
practice. Osteoporos Int<br />
15:1003-1008<br />
Vanness DJ, Tosteson A, Gabriel SE,<br />
Melton LJ 3 rd (2005) The need<br />
for microsimulation to evaluate<br />
osteoporosis interventions. Osteoporosis<br />
Int 16:353-358<br />
Adami S, Isaia G, Luisetto G et al<br />
(2006) Fracture incidence and<br />
characterization in patients on<br />
osteoporosis treatment: the<br />
ICARO Study. J Bone Miner Res<br />
21:1565-1570<br />
Rossini M, Bianchi G, Di Munno O<br />
et al (2006) Determinants of adherence<br />
to osteoporosis treatment<br />
in clinical practice. Osteporos<br />
Int 2006; 17:914-921<br />
Disponibile all’indirizzo: http://ecm-italy.springer.com<br />
come corso FAD (attualmente senza erogazione di crediti)<br />
DOI 10.10<strong>07</strong>/s10261-0<strong>07</strong>-0184-4<br />
sull’evidenza. Ciò che è<br />
attualmente presente in letteratura<br />
su tale argomento può<br />
essere considerato per lo più<br />
come parere di esperti, e proprio<br />
per questo presenta<br />
numerose contraddizioni.<br />
Le raccomandazioni recentemente<br />
pubblicate da un gruppo<br />
di esperti [8] propongono,<br />
per il trattamento del dolore<br />
acuto, il riposo a letto, l’uso<br />
di analgesici, di posture corrette,<br />
l’utilizzo di corsetti solo<br />
per soggetti selezionati e l’astinenza<br />
da attività fisica di<br />
resistenza e forza per 2 mesi<br />
dopo la frattura. Secondo<br />
Heggeness e coll. [9], invece,<br />
andrebbe assolutamente evitato<br />
il riposo a letto, incoraggiando<br />
piuttosto il paziente a<br />
svolgere esercizi di mobilizzazione.<br />
L’utilizzo di tutori<br />
ortopedici in fratture recenti<br />
è controverso. Alcuni sostengono<br />
che i pazienti anziani<br />
non tollerano il corsetto nonostante<br />
il dolore e che non<br />
esistono presidi in grado di<br />
trattare fratture del tratto<br />
toracico alto. In un lavoro<br />
viene consigliato l’uso del<br />
corsetto solo per il controllo<br />
della fase acuta del dolore e<br />
non oltre.
18<br />
Altri Autori [10] consigliano<br />
riposo a letto per 2-5 giorni;<br />
se il dolore persiste dopo 2-3<br />
settimane, può essere indossato<br />
un corsetto, rigido o<br />
semirigido, ma sempre per<br />
un breve periodo di tempo.<br />
Esercizi di rinforzo muscolare<br />
e incremento della resistenza<br />
dei muscoli estensori della<br />
colonna, degli addominali e<br />
dei muscoli respiratori andrebbero<br />
iniziati al più presto,<br />
anche durante il trattamento<br />
con corsetto.<br />
Da quanto emerge dalla letteratura,<br />
vediamo come sia<br />
ancora in corso il dibattito<br />
sull’opportunità e sulle modalità<br />
di utilizzo del corsetto<br />
<strong>ortopedico</strong>, e di quale corsetto,<br />
dibattito che si svolge<br />
nella stridente assenza di dati<br />
di evidenza scientifica. Esiste<br />
infatti un solo studio clinico<br />
randomizzato controllato che<br />
dimostra l’efficacia di un<br />
tutore <strong>ortopedico</strong> sul controllo<br />
del dolore, sulla riduzione<br />
della disabilità e sul miglioramento<br />
della postura in un<br />
gruppo di pazienti con fratture<br />
vertebrali non recenti [11].<br />
Non vi è invece alcuno studio<br />
sugli effetti in pazienti con<br />
frattura vertebrale recente.<br />
Nell’ultimo decennio ha<br />
assunto un ruolo sempre più<br />
importante il trattamento chirurgico<br />
delle fratture vertebrali,<br />
con lo sviluppo di tecniche<br />
quali vertebroplastica<br />
(VP) e cifoplastica (KP).<br />
Entrambe queste tecniche<br />
chirurgiche hanno ottimi<br />
risultati sul dolore, con una<br />
diminuzione dell’87% nella<br />
VP e del 95% nella KP [12].<br />
Risultati altrettanto buoni<br />
ottengono nella riduzione<br />
della disabilità (50% in VP e<br />
KP) [13]. Vertebroplastica e<br />
cifoplastica possono essere<br />
considerate una possibile alternativa<br />
al trattamento conservativo,<br />
in pazienti selezionati<br />
e con indicazioni la cui<br />
definizione non rientra negli<br />
scopi di questo articolo [14].<br />
Dall’esame della letteratura a<br />
oggi disponibile, possiamo<br />
evincere che il trattamento di<br />
fratture vertebrali recenti<br />
deve essere finalizzato al raggiungimento<br />
di tre obiettivi:<br />
il controllo del dolore con<br />
riposo a letto e analgesici, la<br />
prevenzione dell’aggravamento<br />
della deformità indossando<br />
un tutore <strong>ortopedico</strong><br />
rigido e il precoce recupero<br />
funzionale tramite esercizi<br />
per la correzione della postura,<br />
la stabilizzazione del rachide<br />
e il recupero del decondizionamento.<br />
In questa prospettiva, di particolare<br />
interesse nel panorama<br />
attuale ci sembra la proposta<br />
di Frost [15]. Secondo<br />
l’Autore, la storia naturale<br />
delle fratture vertebrali va<br />
suddivisa in tre fasi: la prima<br />
fase “acuta” di tre settimane,<br />
una seconda fase di “guarigione<br />
ossea” di sei settimane, e<br />
infine la fase del recupero<br />
della durata media di 3 settimane.<br />
Nella prima settimana<br />
è indicato il riposo a letto,<br />
seguito nella seconda settimana<br />
dalla possibilità per il<br />
paziente di alzarsi con l’applicazione<br />
di un tutore rigido<br />
per 10 minuti 10 volte al<br />
giorno, fino ad arrivare a 20<br />
minuti per 10 volte al giorno<br />
nella terza settimana. Nella<br />
fase della guarigione ossea il<br />
paziente può riprendere la<br />
stazione eretta con tutore e<br />
viene previsto un riposo a<br />
letto di 20 minuti ogni 2 ore<br />
(Intermittent Horizontal Rest<br />
Regimen, IHRR). Nella fase<br />
del recupero, il paziente deve<br />
gradualmente abbandonare il<br />
corsetto, rimuovendolo 3 ore<br />
prima di dormire nella prima<br />
settimana, poi 6 e 9 ore nelle<br />
2 settimane successive. Tale<br />
protocollo di trattamento è<br />
destinato alle fratture acute<br />
con una significativa sintomatologia,<br />
mentre può essere<br />
semplificato nei casi con<br />
deformità o sintomi di entità<br />
più ridotta. La proposta di<br />
Frost ha il pregio di riferirsi a<br />
una tempistica razionale con<br />
proposte adeguate. Inoltre,<br />
nella nostra esperienza, la<br />
proposta dell’IHRR può risultare<br />
molto utile anche nei<br />
soggetti con dolore cronico<br />
per esiti di cedimenti vertebrali<br />
multipli.<br />
Siamo comunque concordi<br />
sull’importanza attribuita alla<br />
chinesiterapia precoce, effettuata<br />
anche durante il trattamento<br />
con corsetto rigido a<br />
tre punti. In corsetto, il<br />
paziente ha la possibilità di<br />
mantenere il tono muscolare,<br />
con esercizi di tonificazione<br />
degli estensori del rachide,<br />
degli addominali, dei glutei e<br />
dei gruppi muscolari degli<br />
arti inferiori. Lo svezzamento<br />
dal corsetto avviene mediamente<br />
in 3-4 settimane. Una<br />
volta abbandonato il corsetto,<br />
il paziente dovrebbe essere<br />
invitato a effettuare ginnastica<br />
antalgica e decontratturante<br />
con esercizi di rilassamento<br />
ed esercizi in estensione,<br />
nonché esercizi di rieducazione<br />
posturale al fine di migliorare<br />
l’assetto sagittale della<br />
colonna e permettere posture<br />
in estensione. Nei pazienti<br />
affetti da osteoporosi che già<br />
una volta sono andati incontro<br />
a frattura vertebrale,<br />
appare di grande rilievo un<br />
programma chinesiterapico<br />
di tipo cognitivo, educativo e<br />
comportamentale, per per-<br />
archivio di<br />
Ortopedia<br />
e Reumatologia<br />
mettere al soggetto di svolgere<br />
tutte le quotidiane attività<br />
evitando movimenti e posture<br />
a rischio per nuove fratture<br />
vertebrali, e soprattutto programmi<br />
terapeutici tesi a<br />
diminuire il rischio di nuove<br />
cadute.<br />
Gestione del paziente con<br />
rachialgia cronica<br />
La rachialgia cronica si presenta<br />
frequentemente nei<br />
soggetti che sono andati<br />
incontro a una o più fratture<br />
vertebrali. La prevalenza di<br />
presentazione di rachialgia<br />
cronica è infatti del 40-89%<br />
nei pazienti con almeno una<br />
pregressa frattura vertebrale,<br />
mentre è presente solo nel<br />
21-42% in assenza di fratture<br />
vertebrali. Nei soggetti con<br />
rachialgia cronica da pregresse<br />
fratture vertebrali su base<br />
osteoporotica il dolore viene<br />
definito di livello moderatograve<br />
nel 50% dei casi. Assolutamente<br />
da non sottovalutare<br />
sono le conseguenze<br />
che il dolore cronico porta<br />
nei soggetti che ne sono affetti.<br />
Secondo Ismail e coll. [6],<br />
nei soggetti con pregresse<br />
fratture vertebrali la disabilità<br />
diviene significativa nel 10-<br />
15% dei pazienti. Tale disabilità<br />
si presenta con diverse<br />
caratteristiche, variabili da<br />
soggetto a soggetto, ma<br />
costanti nella popolazione in<br />
esame. I problemi più frequentemente<br />
riscontrati<br />
vanno dai disturbi del sonno,<br />
alla difficoltà nel lavarsi o nel<br />
vestirsi, all’incertezza nella<br />
deambulazione. Alla rachialgia<br />
spesso si associano addominalgia,<br />
disturbi della digestione<br />
e dell’alvo. Alla luce di<br />
tutto questo, è facile comprendere<br />
come il problema<br />
della rachialgia cronica porti<br />
il paziente a una progressiva<br />
diminuzione della mobilità e<br />
delle attività quotidiane, con<br />
elevata tendenza all’astenia e<br />
alla depressione, isolamento<br />
sociale, perdita dell’autostima<br />
e della motivazione.<br />
Il dolore cronico comporta,<br />
come noto, una sovrastrutturazione<br />
del dolore che arriva a<br />
condizionare pesantemente la<br />
vita quotidiana dei pazienti.<br />
L’esperienza soggettiva del<br />
dolore, la memoria ed episodi<br />
ricorrenti di dolore sensibilizzano<br />
l’individuo a prevenirlo<br />
e ne innescano il timore, fino<br />
a instaurare comportamenti<br />
tesi a evitare il dolore. Il<br />
paziente è perciò portato all’astensione,<br />
alla rinuncia per<br />
timore dell’esperienza dolore.<br />
Il problema del “pain-avoidance<br />
behavior” è ben descritto<br />
in numerosi studi [16, 17].<br />
Per la complessità di questo<br />
quadro clinico, è evidente<br />
come l’approccio al paziente<br />
debba essere multidisciplinare,<br />
per poter controllare non<br />
solo il dolore, ma anche tutti i<br />
diversi e numerosi problemi<br />
che ne derivano.<br />
Secondo Sinaki [18], l’obiettivo<br />
primario deve essere il<br />
miglioramento della postura,<br />
quando possibile, e per questo<br />
consiglia anche l’utilizzo<br />
di un PTS (“posture training<br />
support”, una piccola ortesi<br />
con spalline) al fine di diminuire<br />
l’inappropriato stiramento<br />
dei legamenti. Inoltre<br />
suggerisce di evitare attività<br />
fisiche che incrementino le<br />
forze di compressione sui<br />
somi vertebrali e di istituire<br />
invece un solido programma<br />
di esercizi mirati. A questo<br />
andrebbe associata anche<br />
un’adeguata terapia medica.<br />
Alcuni Autori [19] considerano<br />
il deficit di forza degli<br />
estensori una concausa di<br />
rachialgie e deformità. La<br />
postura in flessione, tipica<br />
della cifosi dorsale, è in grado<br />
di causare disabilità, indipendentemente<br />
dalla presenza o<br />
meno di fratture vertebrali.<br />
Di conseguenza è la postura<br />
in flessione la causa di dolore<br />
cronico, depressione e perdita<br />
della motivazione. Anche<br />
in questa visione, la causa<br />
strettamente ortopedica porta<br />
a una condizione multidimensionale<br />
che coinvolge<br />
negativamente il soggetto in<br />
diversi ambiti.<br />
In una gestione ragionata del<br />
paziente con rachialgia cronica,<br />
gli obiettivi da perseguire<br />
sono tre: gestire il dolore, stabilizzare<br />
la deformità e curare<br />
disabilità e depressione. Per<br />
spezzare il circolo vizioso che<br />
esita nel “pain-avoidance<br />
behavior” dobbiamo innanzitutto<br />
controllare il dolore, da<br />
un lato con un’adeguata terapia<br />
medica e dall’altro con<br />
l’IHRR e con l’eventuale utilizzo<br />
di un tutore <strong>ortopedico</strong><br />
per permettere una stabilizza-<br />
Variazione Media<br />
1<br />
0,8<br />
0,6<br />
0,4<br />
0,2<br />
0<br />
-0,2<br />
zione della deformità. Per<br />
ridurre la componente posturale<br />
della deformità e il<br />
decondizionamento del dolore<br />
cronico, non si può prescindere<br />
dalla programmazione<br />
di un solido programma di<br />
esercizi di rinforzo muscolare<br />
e di rieducazione posturale.<br />
Infine, anche per curare gli<br />
aspetti psicologici del paziente<br />
affetto da rachialgia cronica,<br />
è fondamentale perseguire<br />
una valorizzazione funzionale<br />
e un rinforzo muscolare associati<br />
a una terapia di tipo<br />
cognitivo-comportamentale.<br />
L’esercizio fisico non deve<br />
essere teso, come si potrebbe<br />
pensare, ad aumentare la<br />
densità minerale ossea, bensì,<br />
attraverso un miglioramento<br />
dello stato di forma generale<br />
(aumento della forza e della<br />
resistenza) e un graduale<br />
recupero dell’autonomia funzionale,<br />
deve mirare a risolvere<br />
la disabilità e a migliorare<br />
la qualità di vita dei pazienti.<br />
In uno studio randomizzato<br />
controllato [20] due gruppi di<br />
37 pazienti ciascuno, tutte<br />
donne in post-menopausa con<br />
almeno una frattura vertebrale,<br />
sono stati sottoposti a un regime<br />
di esercizi domiciliari di<br />
“stretching”, allenamento della<br />
forza e attività aerobiche una<br />
volta al giorno per 3 volte alla<br />
settimana per 6 mesi. A 6<br />
mesi i risultati sono ottimi, con<br />
riduzione della sintomatologia<br />
dolorosa, miglioramento della<br />
situazione psicologica e della<br />
funzione fisica, nonché un<br />
conseguente miglioramento<br />
della vita sociale (Fig. 1).<br />
Risultati analoghi e ben evidenti<br />
anche a 22 mesi di follow-up<br />
sono stati ottenuti da<br />
Malmros e coll. [21] con esercizi<br />
eseguiti ambulatorialmente<br />
e al domicilio, comprendenti<br />
esercizi di allenamento<br />
isometrico degli estensori<br />
e flessori del tronco, allenamento<br />
dell’equilibrio, associati<br />
a esercizi di rilassamento<br />
e stretching (Fig. 2).<br />
Risultati del OQLQ a 6 mesi<br />
* * * *<br />
Symptoms<br />
Emotion<br />
Physical Function<br />
ADL<br />
Leisure/Social<br />
Total<br />
control<br />
exercise<br />
(* = p
Variazione Media<br />
8<br />
6<br />
4<br />
2<br />
0<br />
-2<br />
-4<br />
-6<br />
(p