Archivio 3/05 Link - Istituto ortopedico Gaetano Pini
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8<br />
Introduzione<br />
L’anatomia dell’anca normale è<br />
tale da consentire un’ampia<br />
escursione di movimento in<br />
assenza di conflitto tra i capi<br />
articolari. Il vantaggioso rapporto<br />
dimensionale testa/collo e la<br />
naturale antiversione femorale e<br />
acetabolare, insieme con una<br />
corretta copertura cotiloidea,<br />
sono gli elementi che contribuiscono<br />
alla grande mobilità di<br />
questa enartrosi estremamente<br />
serrata.<br />
È però sufficiente che uno solo<br />
di questi elementi si discosti<br />
dalla morfologia normale perché<br />
la cinematica articolare si alteri o<br />
nella direzione dell’instabilità o<br />
in quella dell’“iperstabilità”, e<br />
dunque di un conflitto.<br />
La prima possibilità è ben conosciuta<br />
da tempo, in particolare<br />
nella nostra popolazione, e prende<br />
il nome di “developmental<br />
dysplasia of the hip” (DDH). La<br />
seconda, a lungo ignorata per la<br />
sua semeiotica meno riconoscibile,<br />
è stata di recente identificata<br />
con l’acronimo FAI, ovvero “femoro-acetabular<br />
impingement”.<br />
Da un punto di vista fisiopatologico,<br />
quindi, DDH e FAI sono<br />
disordini opposti e speculari.<br />
Nonostante il loro carattere antitetico,<br />
la storia naturale di queste<br />
due anomalie trova un “endpoint”<br />
comune nella degenerazione<br />
artrosica dell’articolazione.<br />
Di qui l’importanza di una corretta<br />
e tempestiva diagnosi, cui<br />
faccia seguito un trattamento<br />
idoneo.<br />
Mentre il “management” dell’anca<br />
displasica segue protocolli<br />
ben definiti, validati da studi clinici<br />
controllati, non si può dire<br />
altrettanto del conflitto femoroacetabolare,<br />
data la sua scoperta<br />
ancora molto recente.<br />
Le prime osservazioni in proposito<br />
sono datate 1965 [1], quando<br />
una deformità della testa<br />
femorale, nota come “pistol<br />
grip”, venne riconosciuta da<br />
Murray come potenziale causa<br />
di coxartrosi. Ma l’intuizione di<br />
Murray non ebbe il seguito che<br />
avrebbe meritato, e bisogna<br />
attendere gli studi del gruppo<br />
bernese di Ganz negli anni<br />
Novanta perché il problema<br />
torni a emergere.<br />
È principalmente a questi studi<br />
che dobbiamo le attuali conoscenze<br />
eziopatogenetiche della<br />
malattia.<br />
Eziopatogenesi<br />
Il momento eziopatogenetico<br />
primo del FAI è rappresentato<br />
dall’impatto della giunzione cervico-cefalica<br />
contro il bordo dell’acetabolo.<br />
Sebbene questo<br />
possa teoricamente avvenire in<br />
qualsiasi settore dell’articolazione,<br />
la sede più comune è quella<br />
antero-superiore. I gesti responsabili,<br />
pertanto, sono quelli che<br />
associano alla flessione l’intrarotazione.<br />
Tale conflitto non si verifica nell’anca<br />
normale se non in posizioni<br />
estreme, che vengono assunte<br />
solo eccezionalmente. I pazienti<br />
affetti da sindrome conflittuale,<br />
invece, presentano peculiari<br />
alterazioni anatomiche che predispongono<br />
l’articolazione a<br />
l’“impingement” già in condizioni<br />
di mobilità ordinaria. Il ripetuto<br />
conflitto che ne deriva produce,<br />
oltre a una sintomatologia<br />
coxalgica, anche un danno articolare<br />
progressivo fino all’osteoartrosi.<br />
Le suddette alterazioni predisponenti<br />
possono interessare il<br />
femore prossimale, l’acetabolo, o<br />
entrambi.<br />
Il collo femorale è rastremato in<br />
prossimità della cartilagine cefalica<br />
in modo da non urtare il<br />
ciglio cotiloideo quando il<br />
movimento articolare si avvicini<br />
al limite fisiologico. In altre<br />
parole, esiste un “off-set” testacollo<br />
che aumenta considerevolmente<br />
il “range of motion” dell’anca<br />
normale. La riduzione<br />
dell’“off-set”, generalmente limitata<br />
al settore antero-laterale del<br />
collo, può essere dovuta a varie<br />
cause: un morbo di Leg-Calvè-<br />
Perthes, un’epifisiolisi, una frattura<br />
sottocapitata viziosamente<br />
consolidata.<br />
Esistono però pazienti che, pur<br />
non mostrando alcuna di queste<br />
cause, presentano una deformità<br />
dell’epifisi femorale nota come<br />
“pistol grip” [1] (Fig. 1): la testa<br />
femorale, asferica, si estende abnormemente<br />
sul versante anterolaterale<br />
del collo, determinando<br />
Patologie dell’anca<br />
a cura di M. d’Imporzano<br />
La sindrome da conflitto femoro-acetabolare<br />
L. Pierannunzii, M. d’Imporzano<br />
III Divisione di Ortopedia e Traumatologia, <strong>Istituto</strong> Ortopedico G. <strong>Pini</strong>, Milano<br />
ABSTRACT Femoro-acetabular impingement syndrome<br />
Femoro-acetabular impingement is one of the main pathomechanisms<br />
involved in degenerative hip disease. This diagnosis is becoming more<br />
and more frequent because of the increasing knowledge of the disease<br />
among orthopaedic surgeons and radiologists. Anatomical changes in<br />
head-neck junction and/or acetabular antero-superior rim are the first<br />
causes of the conflict. If misdiagnosed, it can lead to a quickly evolving<br />
osteoarthritis of the young hip.<br />
Only timely surgery may reduce both the symptoms and the risk of<br />
degenerative joint disease.<br />
a<br />
b<br />
Fig. 1. “Cam FAI” (tipo I) da “pistol grip deformity”<br />
dell’epifisi femorale. Si osservano già<br />
segni di osteoartrosi significativa. a<br />
Anteroposteriore. b Assiale<br />
una vistosa riduzione dell’“offset”.<br />
È verosimile che questo dismorfismo<br />
dipenda da un disturbo<br />
dell’accrescimento del femore<br />
prossimale, nel quale la normale<br />
scissione della fisi cefalica da quella<br />
trocanterica avverrebbe in modo<br />
incompleto e tardivo, lasciando<br />
quale reliquato una protuberanza<br />
cefalica diretta verso il grande<br />
trocantere [2].<br />
Quale che sia la causa, quando<br />
l’“off-set” è ridotto si verifica un<br />
FAI di tipo I o “cam FAI” [3], termine<br />
dovuto al fatto che l’azione<br />
del “bump” femorale è assimilabile<br />
a quella di una camma: esso<br />
costituisce un’estensione della<br />
testa femorale in cui il raggio<br />
cresce progressivamente, determinando<br />
un’iperpressione e un<br />
attrito radente sulla cartilagine<br />
acetabolare ogniqualvolta questa<br />
parte asferica della testa venga<br />
coinvolta nel gioco articolare. Di<br />
qui le lesioni condrali da slaminamento<br />
che si osservano nel<br />
settore antero-laterale del cotile<br />
di questi pazienti.<br />
Sul versante acetabolare, la copertura<br />
angolare svolge un ruolo<br />
non meno importante dell’“offset”<br />
testa-collo nel determinare<br />
l’escursione dell’anca. La coxa<br />
profunda, sotto questo punto di<br />
vista, altro non è se non un cotile<br />
abnormemente coprente in tutte<br />
le direzioni. La ben nota coxartrosi<br />
secondaria è quindi facilmente<br />
ascrivibile a un “impingement”<br />
multidirezionale.<br />
Meno facile da riconoscere è la<br />
condizione nota come “retroversione<br />
acetabolare”, in cui la porzione<br />
superiore del cotile si presenta<br />
retroversa, determinando<br />
così una sovra-copertura selettiva<br />
in sede antero-superiore [4]<br />
(Fig. 2).<br />
L’“impingement” da cause acetabolari<br />
viene definito di tipo II o<br />
Fig. 2.“Pincer FAI”(tipo II) da retroversione acetabolare.<br />
La proiezione antero-posteriore dimostra<br />
la caratteristica intersezione dei bordi anteriore<br />
e posteriore del cotile (“cross-over sign”)<br />
“pincer FAI”. In effetti in questo<br />
caso si ha un urto lineare tra il<br />
ciglio acetabolare e il collo femorale,<br />
come avviene tra le ganasce<br />
di una tenaglia (“pincer”). Il<br />
risultato è una lesione prevalentemente<br />
labrale, senza un<br />
importante coinvolgimento della<br />
cartilagine.<br />
Il reiterato microtrauma da conflitto<br />
provoca nel tempo la comparsa<br />
di iperostosi reattive nelle<br />
sedi interessate, sia acetabolari<br />
(dove si può osservare peraltro<br />
l’ossificazione del labrum) sia<br />
femorali. Ciò comporta un peggioramento<br />
progressivo e la graduale<br />
commistione delle due<br />
tipologie, fino al punto in cui<br />
non è più possibile distinguere<br />
con certezza l’origine del conflitto.<br />
Quando si verifica questa situazione,<br />
di solito l’anca mostra già<br />
segni di artrosi significativa<br />
(Fig. 3).<br />
Fig. 3. Coxartrosi secondaria ad impingement<br />
femoro-acetabolare. La TC in ricostruzione tridimensionale<br />
dimostra la vegetazione osteofitosica<br />
che si sviluppa dal ciglio antero-laterale e<br />
dalla porzione asferica della testa<br />
Quadro clinico<br />
Il paziente affetto da FAI è in<br />
genere un giovane adulto, più<br />
spesso di sesso maschile e con<br />
una storia di attività sportiva<br />
interrotta dalla comparsa della<br />
coxalgia.<br />
Questa ha un esordio subdolo,<br />
intermittente, dapprima legato a<br />
una violenta provocazione del<br />
conflitto (una corsa veloce, una<br />
discesa con gli sci in posizione “a<br />
uovo”, e così via), quindi sempre<br />
più frequente, elicitato semplicemente<br />
da una passeggiata o dalla<br />
posizione seduta a gambe accavallate.<br />
Sebbene la localizzazione del<br />
dolore sia in genere inguinale,<br />
con possibile irradiazione lungo<br />
la faccia anteriore della coscia,<br />
talvolta esso viene percepito in<br />
sede francamente glutea.<br />
La conoscenza relativamente<br />
scarsa di questa affezione spiega<br />
il fatto che questi pazienti collezionino<br />
solitamente molte visite<br />
specialistiche prima di ricevere<br />
la corretta diagnosi, che spesso<br />
giunge dopo alcuni anni e diversi<br />
tentativi diagnostici (tendinite<br />
dell’ileopsoas, borsite trocanterica,<br />
lesione del labbro…). Il conseguente<br />
ritardo nel trattamento<br />
in molti casi ne pregiudica il<br />
risultato.<br />
L’“impingement test” costituisce<br />
una manovra molto sensibile nel<br />
rivelare una patologia conflittuale:<br />
è sufficiente portare passivamente<br />
l’anca in flessione-intrarotazione<br />
per verificare la comparsa<br />
del dolore [5] (Fig. 4).<br />
Purtroppo non è un test specifico,<br />
perché il labbro antero-superiore<br />
è la prima sede in cui compaiono<br />
le alterazioni degenerative<br />
nell’anca. Un’artrosi primaria<br />
incipiente potrebbe quindi determinare<br />
una falsa positività.<br />
Se il FAI è ascrivibile a una retroversione<br />
del cotile, l’esame della<br />
mobilità dell’anca spesso permette<br />
di riconoscerne la causa.<br />
La posizione di riposo dell’arto a<br />
paziente supino è in evidente<br />
extrarotazione rispetto al controlaterale<br />
(ma non è rara la bilateralità),<br />
mentre l’escursione rotatoria<br />
dell’anca è francamente<br />
anomala, con una rotazione<br />
esterna eccedente i 60° e una<br />
interna minima o nulla, specialmente<br />
se questa viene saggiata a<br />
90° di flessione.<br />
Per quanto l’obiettività possa<br />
essere suggestiva di un conflitto<br />
femoro-acetabolare, è sempre<br />
indispensabile ricorrere alla conferma<br />
dell’“imaging”.<br />
Fig. 4. “Impingement test”<br />
DOI 10.1007/s10261-0<strong>05</strong>-0047-9
Diagnostica per immagini<br />
La radiologia tradizionale consente<br />
quasi sempre di effettuare<br />
la diagnosi in modo corretto:<br />
una proiezione antero-posteriore,<br />
un’assiale e, se disponibile,<br />
un falso profilo sono le tre incidenze<br />
su cui si basa la diagnosi.<br />
Le proiezioni frontale e di falso<br />
profilo permettono di valutare<br />
molto bene il cotile, e quindi il<br />
FAI di tipo II. È infatti possibile<br />
misurare l’angolo di copertura<br />
sia sulla proiezione frontale<br />
(angolo di Wilberg [6]) sia sul<br />
falso profilo (angolo di inclinazione<br />
ventrale [7]). Quando<br />
questi angoli superano 40°, si<br />
parla di coxa profunda.<br />
Sempre sull’antero-posteriore è<br />
possibile identificare il principale<br />
segno di retroversione acetabolare.<br />
Poiché questo vizio torsionale<br />
non interessa tutto il<br />
cotile, ma solo la sua porzione<br />
superiore, il bordo acetabolare<br />
anteriore si intersecherà con<br />
quello posteriore nel punto in<br />
cui la cavità recupera la sua normale<br />
antiversione. Di qui il<br />
“cross-over sign” [4] (Fig. 2).<br />
La proiezione assiale è decisamente<br />
più utile nella valutazione<br />
del FAI di tipo I: il contorno<br />
anteriore del collo femorale,<br />
normalmente concavo, appare<br />
convesso per effetto della protuberanza<br />
anteriore (Fig. 1b).<br />
Essendo questa solitamente<br />
antero-laterale, è possibile identificarla<br />
anche sull’antero-posteriore<br />
nella cosiddetta “pistol grip<br />
deformity” (Fig. 1a).<br />
La TC e la RMN costituiscono<br />
indagini di secondo livello, utili<br />
solo in previsione di un atto chirurgico.<br />
Esse permettono di<br />
identificare un’eventuale lesione<br />
labrale e di quantificare il danno<br />
cartilagineo. Sebbene la RMN sia<br />
più sensibile della TC in queste<br />
applicazioni (e non esponga a<br />
radiazioni ionizzanti), quest’ultima<br />
viene da noi preferita in caso<br />
di FAI di tipo II perché permette<br />
di studiare con migliore dettaglio<br />
morfologico l’acetabolo<br />
osseo e il suo orientamento.<br />
Non disponiamo ancora in<br />
modo routinario delle corrispondenti<br />
tecniche artrografiche<br />
(artro-TC e artro-RMN), che<br />
appaiono però estremamente<br />
promettenti per la maggiore sensibilità<br />
e specificità nei confronti<br />
dei distacchi labrali.<br />
Principi di trattamento<br />
Il trattamento del conflitto femoro-acetabolare<br />
è un campo tuttora<br />
in evoluzione, in cui le tecniche<br />
e le indicazioni sono sottoposte<br />
a continue modificazioni.<br />
Nonostante questa doverosa premessa,<br />
è possibile delineare<br />
alcuni principi terapeutici fondamentali.<br />
Innanzitutto la terapia riabilitativa<br />
non è priva di utilità, purché<br />
sia finalizzata a modificare vantaggiosamente<br />
la postura pelvica.<br />
È infatti ben nota la relazione<br />
che sussiste tra l’angolo di inclinazione<br />
pelvica e la copertura<br />
acetabolare [8]. Gli esercizi di<br />
reclinazione del bacino possono<br />
pertanto ridurre la copertura<br />
acetabolare anteriore e quindi<br />
rendere meno frequente il conflitto<br />
con il collo femorale.<br />
Ovviamente a un programma<br />
chinesiterapico idoneo bisogna<br />
sempre associare un cambiamento<br />
dello stile di vita che eviti<br />
tutte le condizioni, sportive e<br />
occupazionali, che possono provocare<br />
il conflitto.<br />
In genere il trattamento riabilitativo<br />
fornisce benefici transitori, e<br />
la soluzione chirurgica, specialmente<br />
qualora le alterazioni anatomiche<br />
predisponenti siano<br />
severe, non può essere procrastinata.<br />
La chirurgia dovrà essere<br />
sostitutiva (artroprotesi d’anca)<br />
in presenza di un’artrosi di<br />
grado medio-elevato, mentre<br />
potrà essere conservativa se l’artrosi<br />
è assente o solo iniziale.<br />
Due sono gli interventi “jointpreserving”<br />
a oggi descritti: il<br />
riorientamento acetabolare e l’osteoplastica<br />
di resezione.<br />
Il primo viene in genere eseguito<br />
attraverso un’osteotomia periacetabolare<br />
inversa, analoga ma<br />
di direzione opposta rispetto a<br />
quella praticata nella displasia<br />
dell’anca [9]. Attraverso questo<br />
intervento si può efficacemente<br />
correggere la retroversione acetabolare,<br />
ma la sua complessità<br />
tecnica induce a sconsigliarlo, se<br />
non quando coesistano un grave<br />
deficit della parete posteriore e<br />
cartilagini ancora indenni.<br />
In tutti gli altri casi l’osteoplastica<br />
di resezione costituisce la<br />
soluzione migliore. Essa consiste<br />
nel sagomare le strutture responsabili<br />
del conflitto rimuovendo<br />
le porzioni ossee eccedenti<br />
rispetto all’anatomia normale:<br />
sul versante acetabolare il bordo<br />
antero-superiore viene ridotto<br />
fino a ripristinare l’antiversione<br />
fisiologica (Fig. 5a); sul versante<br />
femorale il “bump” anteriore<br />
viene rimosso, così da restituire<br />
al collo femorale il naturale profilo<br />
concavo (Fig. 5b).<br />
Attualmente esistono tre modalità<br />
per eseguire l’osteoplastica di<br />
resezione:<br />
- artrotomica con “trochanteric<br />
flip” e lussazione;<br />
- artrotomica per via anteriore<br />
senza lussazione;<br />
- artroscopica.<br />
La tecnica con osteotomia trocanterica<br />
e lussazione dell’anca è<br />
stata introdotta dal gruppo bernese<br />
e costituisce a oggi il “gold<br />
standard”, poiché permette di<br />
eseguire una completa valutazione<br />
delle cartilagini femorale e<br />
acetabolare e di estendere la procedura<br />
di “trimming” a 360°<br />
attorno all’articolazione [10].<br />
L’elevata invasività di questa<br />
metodica ha indotto lo sviluppo<br />
di tecniche meno demolitive. La<br />
via anteriore, in particolare, può<br />
essere impiegata per accedere<br />
alla sede del conflitto senza<br />
dover lussare l’articolazione e<br />
percorrendo un intervallo anatomico:<br />
in questo modo è possibile<br />
risparmiare l’integrità del<br />
grande trocantere, del legamento<br />
rotondo e della capsula postero-<br />
Patologie dell’anca<br />
a cura di M. d’Imporzano<br />
a<br />
b<br />
Fig. 5. Osteoplastica di resezione<br />
attraverso approccio anteriore.<br />
a “Trimming” della parete<br />
acetabolare anteriore. b<br />
Escissione del “bump” cervicocefalico<br />
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superiore, rendendo il decorso<br />
post-operatorio meno impegnativo<br />
per il paziente [11] (Fig. 5).<br />
Recentemente alcuni Autori<br />
hanno pubblicato i primi risultati<br />
della tecnica artroscopica [12,<br />
13], che appare valida nella<br />
rimozione del “bump” femorale<br />
(“cam impingement”), ma ancora<br />
complessa e poco efficace nel<br />
“trimming” del bordo acetabolare<br />
(“pincer impingement”).<br />
Prognosi<br />
Le metodiche di trattamento del<br />
conflitto femoro-acetabolare<br />
sono troppo recenti perché si<br />
possa già disporre di risultati a<br />
lungo termine.<br />
I risultati a medio termine, però,<br />
indicano che la chirurgia “jointpreserving”<br />
consente di alleviare<br />
sensibilmente la sintomatologia:<br />
9
10<br />
Beck e coll. riferiscono un significativo<br />
miglioramento in 13<br />
pazienti su 19 con un follow-up<br />
minimo di 4 anni [14]. Mentre<br />
l’effetto sul dolore appare prevedibile,<br />
non altrettanto si può<br />
dire della mobilità, che spesso<br />
rimane limitata nonostante un<br />
“debridement” adeguato.<br />
Il quesito principale, comunque,<br />
riguarda il destino dell’anca operata:<br />
sebbene sia logico supporre<br />
che l’eliminazione del conflitto<br />
possa prevenire la degenerazione<br />
artrosica, non disponiamo a<br />
oggi di studi controllati randomizzati<br />
che dimostrino la capacità<br />
della chirurgia conservativa<br />
di ridurre significativamente<br />
questo rischio.<br />
Murphy e coll. [15] rilevano che,<br />
a una rivalutazione occorsa a<br />
distanza variabile tra 2 e 12 anni<br />
dal primo intervento, solo 7<br />
anche su 23 trattate mediante la<br />
tecnica bernese sono state poi<br />
sottoposte a protesizzazione. Pur<br />
in assenza di un valore di controllo,<br />
questo dato sembra evidenziare<br />
una significativa capacità<br />
dell’intervento di osteoplastica<br />
di modificare la storia naturale<br />
della malattia.<br />
In ogni caso, tale capacità dipende<br />
strettamente dalla tempestività<br />
della diagnosi, poiché, in presenza<br />
di una coxartrosi significativa,<br />
il trattamento chirurgico<br />
conservativo non può che essere<br />
meramente palliativo. In questi<br />
casi non è lecito attendere benefici<br />
di lunga durata e la possibilità<br />
di una protesizzazione<br />
d’“emblee” andrebbe serenamente<br />
discussa con il paziente<br />
per evitare di ingenerare false<br />
aspettative.<br />
Bibliografia<br />
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Bone Joint Surg Br 83:1119-<br />
1124<br />
11. Pierannunzii L, D’Imporzano<br />
M (20<strong>05</strong>) Treatment of femoroacetabular<br />
impingement: a<br />
Il termine “logistica” sta a significare:<br />
“tutto quello che si muove<br />
per…”.<br />
Proviamo a trasportare questo concetto<br />
in un’azienda ospedaliera<br />
che. per la tipicità gestionale che la<br />
caratterizza, possiamo definire<br />
quale “azienda complessa”.<br />
In un’azienda ospedaliera entrano<br />
input (ossia materiali, attrezzature)<br />
che le risorse umane elaborano e<br />
trasformano in output, visibili nel<br />
livello di servizio che la struttura<br />
offre ai consumatori finali (pazienti).<br />
Proviamo a pensare sinteticamente<br />
al percorso: materiali e attrezzature<br />
vengono acquisti da<br />
Unità approvvigionamenti (Provveditorato,<br />
Farmacia, Servizio tecnico)<br />
e poi gestiti “in diretta” (ossia<br />
a scorta) o “in transito” da snodi logistici<br />
(magazzini economali, di<br />
farmacia e tecnici) che hanno come<br />
clienti finali le Unità operative<br />
di natura sanitaria dove ha luogo il<br />
vero processo di trasformazione/<br />
elaborazione (Fig. 1).<br />
Dove entra la parola logistica nel<br />
processo descritto? “In the middle”.<br />
Infatti una gestione efficace degli<br />
input influirà necessariamente in<br />
modo positivo/negativo sugli output.<br />
Chi opera quotidianamente nel<br />
mondo sanitario, a livello sia amministrativo<br />
sia clinico si rende<br />
conto che nel processo le aree di<br />
criticità sono molteplici; oggi più<br />
che mai le aziende sanitarie stanno<br />
affrontando il problema “logistica”,<br />
in alcuni casi ristrutturando l’esistente<br />
e in altri cercando rimedi<br />
Patologie dell’anca<br />
a cura di M. d’Imporzano<br />
modified technique of resection<br />
osteoplasty through anterior<br />
approach. Orthopedics (in<br />
stampa)<br />
12. Bare AA, Guanche CA (20<strong>05</strong>)<br />
Hip impingement: the role of<br />
arthroscopy. Orthopedics<br />
28:266-273<br />
13. Sampson TG (20<strong>05</strong>) Arthroscopic<br />
treatment of femoroacetabular<br />
impingement.<br />
Techniques in Orthopaedics<br />
20:56-62<br />
14. Beck M, Leunig M, Parvizi J et<br />
al (2004) Anterior femoroacetabular<br />
impingement. Part II.<br />
Midterm results of surgical<br />
treatment. Clin Orthop<br />
418:67-73<br />
15. Murphy S, Tannast M, Kim YJ<br />
et al (2004) Debridement of the<br />
adult hip for femoroacetabular<br />
impingement: indications and<br />
preliminary clinical results.<br />
Clin Orthop 429:178-181<br />
La logistica in un’azienda ospedaliera<br />
D.Troiano<br />
Provveditorato, <strong>Istituto</strong> Ortopedico G. <strong>Pini</strong>, Milano DOI 10.1007/s10261-0<strong>05</strong>-0<strong>05</strong>8-6<br />
ACQUISTO<br />
Processo Trasformazione<br />
SNODI LOGISTICI<br />
Magazzino<br />
esterni (“outsourcing”).<br />
In questa sede inizieremo ad affrontare<br />
il tema logistica quale ristrutturazione<br />
dell’esistente. L’obiettivo<br />
principale della ristrutturazione<br />
dei sistemi logistici nelle<br />
aziende ospedaliere è sempre quello<br />
di razionalizzare i cicli e le procedure<br />
per ottenere, attraverso un<br />
maggior presidio e controllo di<br />
ogni flusso, e in particolare delle<br />
scorte:<br />
- il controllo della spesa (razionalizzazione<br />
dei consumi e riduzione<br />
degli sprechi);<br />
- l’ottimizzazione degli spazi destinati<br />
allo stoccaggio;<br />
- una maggior qualità di servizio<br />
dei centri di costo.<br />
Gestire le scorte in modo oculato<br />
in un’azienda ospedaliera significare<br />
trovare un punto di equilibrio<br />
tra il principio economico in base<br />
al quale il materiale conservato “a<br />
scorta” costa e la consapevolezza<br />
che una “rottura di stock” in un<br />
ospedale può creare gravi intralci<br />
alla normale attività.<br />
La gestione delle scorte assume<br />
dunque un ruolo fondamentale<br />
per soddisfare, da un lato, obiettivi<br />
di ottimizzazione delle risorse impiegate<br />
(umane, finanziarie, tecnologiche)<br />
e dall’altro, target relativi<br />
all’ottimizzazione del servizio reso<br />
(tempestività, disponibilità, distribuzione).<br />
Da quanto esposto si evince che<br />
applicare la logistica in sanità è impossibile<br />
senza congrui investimenti<br />
di risorse e tempo. Prima di<br />
affrontare il tema, con i relativi<br />
cambiamenti organizzativi e pro-<br />
C.D.C.<br />
OUTPUT<br />
cedurali, è vitale conoscere la realtà<br />
in cui operiamo, che per anni dal<br />
“lato logistica” non è stata modificata:<br />
dobbiamo aver presente quali<br />
investimenti, in termini economico-tecnici,<br />
implichi rivoluzionare<br />
il sistema attuale e con quali<br />
tempi si voglia affrontare il problema.<br />
In primis, illustriamo a grandi linee<br />
come oggi è strutturato il processo<br />
in quasi tutte le aziende sanitarie<br />
lombarde (Fig. 2); in altra sede<br />
analizzeremo le aree di criticità implicite<br />
nel sistema vigente e i possibili<br />
interventi.<br />
Il processo inizia con un “bisogno”<br />
da parte dell’Unità operativa, che<br />
emette una richiesta di approvvigionamento<br />
(la cosiddetta abbisogna).<br />
Tale richiesta seguirà iter amministrativi-gestionali<br />
differenti<br />
nel caso in cui il bene richiesto venga<br />
gestito “in diretta” dagli snodi<br />
logistici oppure “in transito”:<br />
- beni gestiti a “magazzino economale”<br />
o a “magazzino farmacia”<br />
(gestione “diretta”): si tratta<br />
di prodotti per i quali è prevista<br />
una gestione fisica degli<br />
stock da parte degli snodi logi-<br />
U.O.<br />
MAG.<br />
FARMACIA<br />
MAG.<br />
ECONOMALE<br />
U.O.<br />
U.O.<br />
U.O.<br />
APPROVV.<br />
U.O.<br />
U.O.<br />
U.O.<br />
stici. In questo caso i magazzini<br />
economali o di farmacia consegnano<br />
la merce alle unità operative<br />
richiedenti<br />
- bene gestito in transito o a destinazione:<br />
si tratta di prodotti<br />
per i quali è prevista una gestione<br />
fisica direttamente nei<br />
reparti. In questi casi i magazzini<br />
fungono da intermediari<br />
tra l’Unità operativa richiedente<br />
e i centri di acquisto (Provveditorato,<br />
Farmacia, Servizio<br />
tecnico) che, ai sensi di legge,<br />
ordinano la merce.<br />
All’interno del percorso testé illustrato<br />
vi sono quindi momenti<br />
decisionali e momenti gestionali,<br />
così riassunti:<br />
- momenti decisionali: acquisto<br />
dei materiali richiesti dalle unità<br />
operative (competenza: U.O approvvigionamenti,<br />
Farmacia, Sevizi<br />
tecnici, a seconda della tipologia<br />
di materiale richiesto)<br />
- momenti gestionali, dove entra<br />
in gioco il tema “logistica”, che<br />
sottintendono “chi” gestisce i materiali<br />
ospedalieri (Magazzino<br />
economale, Magazzino tecnico,<br />
Magazzino farmacia) e come vengono<br />
gestiti i materiali stessi (in<br />
diretta oppure in transito).<br />
Rimandiamo ad altra sede l’analisi<br />
del secondo punto e la conseguente<br />
individuazione di aree di<br />
criticità e di possibili interventi.<br />
MAG.<br />
FARMACIA<br />
MAG.<br />
ECONOMALE<br />
Fig. 1. Processo logistico in sanità Fig. 2. Dal flusso della richiesta al reperimento del materiale in ogni U.O. dell’ospedale<br />
U.O.<br />
U.O.<br />
U.O.<br />
U.O.<br />
U.O.<br />
U.O.