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Archivio 3/05 Link - Istituto ortopedico Gaetano Pini

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Diagnostica per immagini<br />

La radiologia tradizionale consente<br />

quasi sempre di effettuare<br />

la diagnosi in modo corretto:<br />

una proiezione antero-posteriore,<br />

un’assiale e, se disponibile,<br />

un falso profilo sono le tre incidenze<br />

su cui si basa la diagnosi.<br />

Le proiezioni frontale e di falso<br />

profilo permettono di valutare<br />

molto bene il cotile, e quindi il<br />

FAI di tipo II. È infatti possibile<br />

misurare l’angolo di copertura<br />

sia sulla proiezione frontale<br />

(angolo di Wilberg [6]) sia sul<br />

falso profilo (angolo di inclinazione<br />

ventrale [7]). Quando<br />

questi angoli superano 40°, si<br />

parla di coxa profunda.<br />

Sempre sull’antero-posteriore è<br />

possibile identificare il principale<br />

segno di retroversione acetabolare.<br />

Poiché questo vizio torsionale<br />

non interessa tutto il<br />

cotile, ma solo la sua porzione<br />

superiore, il bordo acetabolare<br />

anteriore si intersecherà con<br />

quello posteriore nel punto in<br />

cui la cavità recupera la sua normale<br />

antiversione. Di qui il<br />

“cross-over sign” [4] (Fig. 2).<br />

La proiezione assiale è decisamente<br />

più utile nella valutazione<br />

del FAI di tipo I: il contorno<br />

anteriore del collo femorale,<br />

normalmente concavo, appare<br />

convesso per effetto della protuberanza<br />

anteriore (Fig. 1b).<br />

Essendo questa solitamente<br />

antero-laterale, è possibile identificarla<br />

anche sull’antero-posteriore<br />

nella cosiddetta “pistol grip<br />

deformity” (Fig. 1a).<br />

La TC e la RMN costituiscono<br />

indagini di secondo livello, utili<br />

solo in previsione di un atto chirurgico.<br />

Esse permettono di<br />

identificare un’eventuale lesione<br />

labrale e di quantificare il danno<br />

cartilagineo. Sebbene la RMN sia<br />

più sensibile della TC in queste<br />

applicazioni (e non esponga a<br />

radiazioni ionizzanti), quest’ultima<br />

viene da noi preferita in caso<br />

di FAI di tipo II perché permette<br />

di studiare con migliore dettaglio<br />

morfologico l’acetabolo<br />

osseo e il suo orientamento.<br />

Non disponiamo ancora in<br />

modo routinario delle corrispondenti<br />

tecniche artrografiche<br />

(artro-TC e artro-RMN), che<br />

appaiono però estremamente<br />

promettenti per la maggiore sensibilità<br />

e specificità nei confronti<br />

dei distacchi labrali.<br />

Principi di trattamento<br />

Il trattamento del conflitto femoro-acetabolare<br />

è un campo tuttora<br />

in evoluzione, in cui le tecniche<br />

e le indicazioni sono sottoposte<br />

a continue modificazioni.<br />

Nonostante questa doverosa premessa,<br />

è possibile delineare<br />

alcuni principi terapeutici fondamentali.<br />

Innanzitutto la terapia riabilitativa<br />

non è priva di utilità, purché<br />

sia finalizzata a modificare vantaggiosamente<br />

la postura pelvica.<br />

È infatti ben nota la relazione<br />

che sussiste tra l’angolo di inclinazione<br />

pelvica e la copertura<br />

acetabolare [8]. Gli esercizi di<br />

reclinazione del bacino possono<br />

pertanto ridurre la copertura<br />

acetabolare anteriore e quindi<br />

rendere meno frequente il conflitto<br />

con il collo femorale.<br />

Ovviamente a un programma<br />

chinesiterapico idoneo bisogna<br />

sempre associare un cambiamento<br />

dello stile di vita che eviti<br />

tutte le condizioni, sportive e<br />

occupazionali, che possono provocare<br />

il conflitto.<br />

In genere il trattamento riabilitativo<br />

fornisce benefici transitori, e<br />

la soluzione chirurgica, specialmente<br />

qualora le alterazioni anatomiche<br />

predisponenti siano<br />

severe, non può essere procrastinata.<br />

La chirurgia dovrà essere<br />

sostitutiva (artroprotesi d’anca)<br />

in presenza di un’artrosi di<br />

grado medio-elevato, mentre<br />

potrà essere conservativa se l’artrosi<br />

è assente o solo iniziale.<br />

Due sono gli interventi “jointpreserving”<br />

a oggi descritti: il<br />

riorientamento acetabolare e l’osteoplastica<br />

di resezione.<br />

Il primo viene in genere eseguito<br />

attraverso un’osteotomia periacetabolare<br />

inversa, analoga ma<br />

di direzione opposta rispetto a<br />

quella praticata nella displasia<br />

dell’anca [9]. Attraverso questo<br />

intervento si può efficacemente<br />

correggere la retroversione acetabolare,<br />

ma la sua complessità<br />

tecnica induce a sconsigliarlo, se<br />

non quando coesistano un grave<br />

deficit della parete posteriore e<br />

cartilagini ancora indenni.<br />

In tutti gli altri casi l’osteoplastica<br />

di resezione costituisce la<br />

soluzione migliore. Essa consiste<br />

nel sagomare le strutture responsabili<br />

del conflitto rimuovendo<br />

le porzioni ossee eccedenti<br />

rispetto all’anatomia normale:<br />

sul versante acetabolare il bordo<br />

antero-superiore viene ridotto<br />

fino a ripristinare l’antiversione<br />

fisiologica (Fig. 5a); sul versante<br />

femorale il “bump” anteriore<br />

viene rimosso, così da restituire<br />

al collo femorale il naturale profilo<br />

concavo (Fig. 5b).<br />

Attualmente esistono tre modalità<br />

per eseguire l’osteoplastica di<br />

resezione:<br />

- artrotomica con “trochanteric<br />

flip” e lussazione;<br />

- artrotomica per via anteriore<br />

senza lussazione;<br />

- artroscopica.<br />

La tecnica con osteotomia trocanterica<br />

e lussazione dell’anca è<br />

stata introdotta dal gruppo bernese<br />

e costituisce a oggi il “gold<br />

standard”, poiché permette di<br />

eseguire una completa valutazione<br />

delle cartilagini femorale e<br />

acetabolare e di estendere la procedura<br />

di “trimming” a 360°<br />

attorno all’articolazione [10].<br />

L’elevata invasività di questa<br />

metodica ha indotto lo sviluppo<br />

di tecniche meno demolitive. La<br />

via anteriore, in particolare, può<br />

essere impiegata per accedere<br />

alla sede del conflitto senza<br />

dover lussare l’articolazione e<br />

percorrendo un intervallo anatomico:<br />

in questo modo è possibile<br />

risparmiare l’integrità del<br />

grande trocantere, del legamento<br />

rotondo e della capsula postero-<br />

Patologie dell’anca<br />

a cura di M. d’Imporzano<br />

a<br />

b<br />

Fig. 5. Osteoplastica di resezione<br />

attraverso approccio anteriore.<br />

a “Trimming” della parete<br />

acetabolare anteriore. b<br />

Escissione del “bump” cervicocefalico<br />

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superiore, rendendo il decorso<br />

post-operatorio meno impegnativo<br />

per il paziente [11] (Fig. 5).<br />

Recentemente alcuni Autori<br />

hanno pubblicato i primi risultati<br />

della tecnica artroscopica [12,<br />

13], che appare valida nella<br />

rimozione del “bump” femorale<br />

(“cam impingement”), ma ancora<br />

complessa e poco efficace nel<br />

“trimming” del bordo acetabolare<br />

(“pincer impingement”).<br />

Prognosi<br />

Le metodiche di trattamento del<br />

conflitto femoro-acetabolare<br />

sono troppo recenti perché si<br />

possa già disporre di risultati a<br />

lungo termine.<br />

I risultati a medio termine, però,<br />

indicano che la chirurgia “jointpreserving”<br />

consente di alleviare<br />

sensibilmente la sintomatologia:<br />

9

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