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34<br />
Si può ben dire che anche le nostre<br />
due valli, messe a confronto con<br />
Valle d’Aosta e Toscana si difendono,<br />
anche se il loro patrimonio<br />
di fortificazioni avrebbe potuto essere<br />
molto più consistente se non ci fosse<br />
stata la furia distruttiva dei Grigioni<br />
che, occupata la valle, si dedicarono<br />
con tutte le loro forze a smantellare<br />
quelle costruzioni che venivano considerate<br />
una minaccia alla loro sicurezza.<br />
Le fortificazioni della nostra provincia<br />
legate al periodo feudale vanno fatte<br />
risalire al basso Medio Evo (dal 1000 in<br />
poi) quando numerose famiglie come<br />
quelle dei Vicedomini, dei Parravicini,<br />
dei Venosta o dei De Ponte e dei De<br />
Piro furono insediate in valle per difendere<br />
gli interessi dei potenti vescovi<br />
di Como. L’abbondanza di costruzioni<br />
di questo genere nelle valli alpine e<br />
così anche nelle valli dell’Adda e del<br />
Mera, si giustifica col fatto che esse<br />
hanno rappresentato per secoli le vie<br />
di transito per eserciti di mercenari e<br />
carovane di mercanti che salivano e<br />
scendevano verso e dal nord Europa e si<br />
prestavano meglio della pianura, data la<br />
loro conformazione ad essere attrezzate<br />
in modo da costituire controllo e argine<br />
alle invasioni straniere; inoltre le mura<br />
dei castelli, come quello di Grosio, a<br />
doppia cinta muraria ben si prestavano<br />
ad accogliere le popolazioni indifese che<br />
si rifugiavano al loro interno, al primo<br />
allarme e in caso di qualsiasi necessità.<br />
La catena alpina, comprendendovi in<br />
senso lato anche le Orobie, non ha mai<br />
costituito una barriera divisoria fra popoli<br />
e culture, ma piuttosto, grazie ai<br />
suoi passi, un qualcosa che univa popoli<br />
diversi, una cerniera che ha facilitato<br />
contatti, confronti, commerci. Per la<br />
Valchiavenna basti ricordare la radice<br />
del nome, dal latino clavis, chiave, cioè<br />
nodo di comunicazione fra la pianura<br />
padana e il mondo germanico. Per questo<br />
le nostre due valli sono così ricche di<br />
segni e monumenti, torri e castelli ormai<br />
ridotti a rudere, che malapena emergono<br />
dal fitto del bosco che li ha assorbiti e<br />
sommersi.<br />
Vi sono poi in Valtellina altre torri e resti<br />
di castelli come quelli di Sernio, Soltogio<br />
sopra Caiolo o di Piattamala a Tirano,<br />
antiche torri poi inglobate in Palazzi<br />
nobiliari come al Palazzo Paribelli di<br />
Albosaggia, varie torri di avvistamento<br />
e segnalazione (col fumo di giorno e<br />
col fuoco di notte) come quella di Melirolo<br />
in Valmalenco o di Samolaco e<br />
Villa di Chiavenna, resti di mura come<br />
quelle delle fortificazioni di Serravalle<br />
al ponte del Diavolo e molte località<br />
che ancora oggi si chiamano “Castello”<br />
o “Castellaccio”.<br />
Parte seconda<br />
Castello di Domofole<br />
Sulla costiera solatia dei “cech”, in località<br />
Mello, probabilmente attorno<br />
al 1100 venne edificato il Castello di<br />
Domofole, dato che viene citato per la<br />
prima volta, come presidio dei Vicedomini,<br />
feudatari del Vescovo di Como,<br />
in un documento del 1125. Venne poi<br />
smantellato una prima volta nel 1292<br />
dai Vitani di parte guelfa, ricostruito dai<br />
Vicedomini e poi definitivamente demolito<br />
dai Grigioni. Del complesso fortificato<br />
oggi sono pertanto visibili soltanto<br />
la torre centrale, parte del muro di cinta<br />
e i ruderi absidali della piccola e antichissima<br />
chiesa romanica di Santa Maria<br />
Maddalena e di un’altra chiesa sempre<br />
dedicata alla stessa Santa ma costruita,<br />
a fianco della torre, solo nel Settecento.<br />
La torre, avente pianta quadrangolare,<br />
possiede spessi muri di pietre squadrate<br />
con un’intercapedine riempita di malta<br />
e pietre e il suo interno, suddiviso su<br />
più piani, veniva illuminato grazie alla<br />
presenza di numerose finestre e feritoie.<br />
L’ingresso, come accade spesso nelle<br />
torri, era posto per ragioni di sicurezza,<br />
in posizione sopraelevata rispetto al terreno<br />
circostante e vi si accedeva tramite<br />
apposita scala mobile.<br />
Curiose sono le leggende fiorite attorno<br />
al castello e tra queste si narra di una<br />
principessa Gundeberga, figlia della regina<br />
Teodolinda, che, accusata di infedeltà<br />
dal marito, venne rinchiusa nel<br />
castello nell’anno 634. Da qui il curioso<br />
nome che gli abitanti del luogo hanno<br />
Alpes Agosto <strong>2010</strong><br />
Antiche fortificazioni,<br />
torri e castelli<br />
nelle valli dell’Adda<br />
e del Mera<br />
Testi e foto di Franco Benetti<br />
Castello di Domofole<br />
dato al Castello: “Castello della Regina<br />
Teodolinda”. Si narra anche che nel X<br />
secolo vi sia stata imprigionata Adelaide<br />
di Borgogna, fuggita attraverso<br />
le Alpi pur di non sposare Adalberto,<br />
figlio di Berengario, poi liberata dal<br />
chierico Martino di Bellagio che la<br />
diede in sposa a Ottone di Germania.<br />
Si narra anche dello spirito della<br />
“dama bianca” che di notte vaga, di<br />
bianco vestita, nei sotterranei del castello.<br />
Per approfondire si rimanda ad<br />
un recente libro (2005) presentato da<br />
Rita Pezzola, ricercatrice presso l’Uni-