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Parere Berliri- contratti - ANACAM

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Introduzione a cura del Consiglio Direttivo Anacam all’articolo redatto<br />

dall’Avvocato Alessandro <strong>Berliri</strong> per l’incontro ANACI<br />

Forte Village 21-22 settembre 2007<br />

“<strong>ANACAM</strong>, la principale associazione di categoria del settore<br />

ascensoristico, porge il proprio saluto ai relatori e ai partecipanti<br />

all’Incontro di Studi in memoria del Prof. Lino Salis su « L’evoluzione del<br />

condominio.»<br />

Nel congratularsi con ANACI per la splendida iniziativa, dall’elevato valore<br />

culturale e scientifico, <strong>ANACAM</strong> intende offrire il proprio contributo su un<br />

tema di comune interesse per imprese di manutenzione e amministratori<br />

condominiali: il contratto di manutenzione dell’ascensore. Il consulente<br />

legale della nostra Associazione, l’avv. Alessandro <strong>Berliri</strong>, ha svolto alcune<br />

riflessioni su talune clausole contrattuali sulle quali riscontriamo di<br />

frequente interpretazioni discordanti, allo scopo di contribuire alla<br />

chiarezza del rapporto tra le parti e consentire loro di concentrare<br />

l’attenzione sul vero oggetto del contratto: la prestazione di un servizio di<br />

elevato livello qualitativo, svolto con professionalità, che garantisca la<br />

sicurezza degli utenti e assicuri la conservazione nel tempo del valore<br />

dell’impianto.”


INCONTRI E SCONTRI IN TEMA DI CONTRATTI DI MANUTENZIONE<br />

TRA IMPRESE DI ASCENSORI E CONDOMINII<br />

È noto come le amministrazioni condominiali costituiscano da sempre un cliente<br />

privilegiato per le Imprese che svolgono attività di manutenzione degli impianti di<br />

ascensore. Ed infatti i palazzi, di qualsivoglia tipologia, ma che comunque sono forniti di<br />

uno o più impianti di ascensore, appartengono in grande maggioranza a Condominii<br />

piuttosto che a proprietari singoli, anche se, nelle grandi città, non mancano certamente<br />

le società immobiliari che, sotto varie forme, risultano proprietarie di numerosi edifici sia<br />

di civile abitazione che adibiti a Centri Commerciali o Alberghieri.<br />

Appare opportuno quindi che i rapporti che intervengono tra le varie Ditte che si<br />

occupano di manutenzione di impianti elevatori e gli Amministratori dei Condominii,<br />

siano, per quanto possibile, chiari e trasparenti, a partire dalla stipulazione dei <strong>contratti</strong>,<br />

onde evitare spiacevoli equivoci e irose contestazioni che spesso sfociano in costose liti<br />

giudiziarie.<br />

La recente pubblicazione del Codice del Consumo (D.L.gs 6/9/05 n° 206) è servita a<br />

richiamare l’attenzione sui diritti (peraltro in massima parte già esistenti) dei consumatori<br />

persone fisiche – ai quali secondo la prevalente giurisprudenza sono equiparati i<br />

Condominii – in tema di sicurezza dei prodotti e di clausole contrattuali. Per quanto<br />

attiene a queste ultime, l’art. 33 del richiamato Codice del Consumo ha integralmente<br />

recepito il precedente art. 1469 bis del Codice Civile in tema di clausole vessatorie ed<br />

ha fissato un principio di massima al quale doverosamente attenersi:<br />

“Si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a<br />

carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi<br />

derivanti dal contratto”. A tale principio fa seguito l’elenco di una serie di clausole le<br />

quali, fino a prova contraria, devono presumersi vessatorie e vanno quindi<br />

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preferibilmente evitate.<br />

Peraltro l’indubbia tutela che le attuali normative concedono al consumatore –<br />

specialmente se raffrontata con il testo di alcuni vecchi formulari, a suo tempo in auge,<br />

che consentivano alle Imprese di fare in sostanza il buono ed il cattivo tempo – ha<br />

talvolta portato all’eccesso opposto!<br />

Sono infatti circolate sul mercato voci provenienti da varie fonti – per lo più interessate e<br />

certamente … non autorevoli – in forza delle quali: - il Codice del Consumo avrebbe<br />

vietato i <strong>contratti</strong> pluriennali; - le penali da risoluzione anticipata non sarebbero legittime;<br />

- la libertà di contrattazione e la scelta della Ditta più conveniente consentirebbero di<br />

liberarsi di qualunque contratto esistente con una semplice comunicazione … e così via!<br />

È opportuno quindi fare chiarezza sui punti di cui sopra, per evitare sia alle imprese che<br />

ai consumatori spiacevoli sorprese giudiziarie.<br />

CONTRATTI PLURIENNALI: - Né la precedente normativa, né il recente Codice del<br />

Consumo vietano in qualsivoglia forma la possibilità di stipulare <strong>contratti</strong> pluriennali. E<br />

ciò anche sulla base della considerazione pratica che, spesso, tale scelta, appare di<br />

convenienza tanto dell’impresa che dell’utente.<br />

Al contrario, le previsioni legislative, legate a talune clausole elencate dall’art. 33 del<br />

Codice del Consumo, fanno logicamente supporre che implicitamente il legislatore<br />

consideri assolutamente legittima la stipulazione di <strong>contratti</strong> la cui durata superi un anno<br />

di tempo. Si veda a questo proposito la clausola h) che vieta all’Impresa di recedere dai<br />

<strong>contratti</strong> a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso; ovvero la clausola i)<br />

che vieta di stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del<br />

contratto per comunicare la disdetta etc.<br />

Ma vi è di più: come è noto i <strong>contratti</strong> di manutenzione si inquadrano nell’ambito dei<br />

<strong>contratti</strong> di appalto di servizi di cui all’art. 1677 c.c. Quest’ultimo articolo peraltro<br />

rimanda espressamente all’osservanza delle norme relative ai <strong>contratti</strong> di<br />

somministrazione.<br />

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Nell’ambito di questi ultimi – regolamentati dal capo quinto del libro quarto del Codice<br />

Civile – troviamo l’art. 1566 il quale espressamente prevede la validità dell’obbligo di<br />

dare la preferenza all’Impresa somministrante nella stipulazione di un successivo<br />

contratto per lo stesso oggetto, “purché la durata dell’obbligo non ecceda il termine di<br />

cinque anni”.<br />

Se ne deve quindi dedurre che un contratto di somministrazione, e conseguentemente,<br />

per l’espresso richiamo fatto, anche un contratto di manutenzione, della durata di cinque<br />

anni sia assolutamente legittimo, potendosi al più discutere sulla legittimità di previsioni<br />

contrattuali che eccedano tale durata.<br />

Il riferimento che a volte si sente fare al cosiddetto “Decreto Bersani” in tema di<br />

liberalizzazioni, che avrebbe consentito la possibilità di risolvere qualsiasi contratto di<br />

lunga durata, dando un semplice preavviso scritto, è privo di qualsiasi concreto<br />

fondamento per quanto attiene ai <strong>contratti</strong> di manutenzione.<br />

Ed infatti il D.L. 31/1/2007 n° 7 convertito in Legge con L. 2/4/2007 n° 40 di recente<br />

pubblicazione fa esclusivo e tassativo riferimento ai <strong>contratti</strong> in materia di assicurazione e<br />

non è passibile di estensione analogica ad altri tipi di contratto.<br />

PENALI PER RISOLUZIONE ANTICIPATA<br />

Come è noto la clausola penale viene inserita nei <strong>contratti</strong> al fine di pre-determinare il<br />

danno, ad esempio nell’ipotesi di disdette prive di giusta causa, senza necessità di dover<br />

concretamente provare il danno effettivamente subito.<br />

L’argomento si sposa quindi bene con quanto sopra visto e segnatamente con l’ipotesi<br />

che un Condominio, ritenendo illegittima la durata pluriennale di un contratto in corso,<br />

ritenga di poter dare la disdetta del contratto di manutenzione.<br />

L’art. 33 del Codice del Consumo, lungi dal vietare la previsione di penali per<br />

inadempimento, si è limitato a regolamentarle per evitare possibili abusi.<br />

E così, ferma restando la necessità che la previsione e l’importo della penale siano<br />

speculari sia per l’ipotesi che l’inadempimento (o la disdetta senza giusta causa)<br />

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dipendano dall’Impresa che in quella in cui dipendano dal consumatore (leggi: il<br />

Condominio), la clausola f) vieta di imporre al consumatore, in caso di inadempimento, il<br />

pagamento di una somma di importo manifestamente eccessivo.<br />

Cosa debba intendersi per “manifestamente eccessivo” è compito riservato alla<br />

Magistratura che ovviamente deciderà caso per caso. Allo stato, in via meramente<br />

orientativa, si può genericamente affermare come appaia sicuramente eccessiva una<br />

penale che preveda l’integrale pagamento dei canoni residui sino alla scadenza, in<br />

quanto in tale ipotesi vi sarebbe un lucro non giustificato stante la mancata prestazione<br />

del corrispettivo servizio.<br />

Mentre una penale che tenga conto sia del valore del contratto che della residua durata<br />

di esso ed ovviamente del mancato lucro che viene a colpire l’azienda, appare<br />

correttamente giustificata.<br />

Concludendo: si può pertanto affermare che nei limiti sopra indicati la previsione di una<br />

penale sia sicuramente legittima, così come appare legittima la previsione di <strong>contratti</strong><br />

pluriennali. Come sempre accade (o … dovrebbe accadere) gli eccessi, da una parte o<br />

dall’altra, vengono invece sanzionati.<br />

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