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Anno 11 - n° 4 (50/52 Sc)<br />

Reg. Tribunale di Siena n° 665-21/4/98<br />

Direttore responsabile: Sandro Scali<br />

Redazione: Piazza delle Carceri, 10<br />

53016 - Murlo<br />

LUGLIO–AGOSTO–SETTEMBRE 2008<br />

QUADERNO TRIMESTRALE DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE DI MURLO<br />

www.murlocultura.com<br />

Per una <strong>in</strong>formazione più corretta, perché non dare un’occhiata al passato?<br />

Efficacia dei mezzi di comunicazione<br />

di Luciano Scali<br />

A<br />

ccade con maggior frequenza che <strong>in</strong>iziative importanti, sia pubbliche o private vadano deserte<br />

malgrado siano state spese energie e risorse per pubblicizzarle come meritavano. Il nostro comune è<br />

vasto, ma ben poche notizie passano <strong>in</strong>osservate perché di gente non ce ne sta molta. Anzi, a tale<br />

proposito si può affermare che nulla sfugge allo stretto controllo dei cittad<strong>in</strong>i specie se le <strong>in</strong>formazioni<br />

raccolte servono ad alimentare quel vezzo <strong>in</strong>nato <strong>in</strong> ognuno di noi di scoprire qualcosa d’<strong>in</strong>solito sui<br />

comportamenti dei nostri vic<strong>in</strong>i. Esiste, è vero, un certo dis<strong>in</strong>teresse per <strong>in</strong>iziative che non a tutti restano<br />

gradite, ma lungi dal volerlo ammettere si preferisce giustificare tale distacco con l’affermare di non esserne<br />

stati a conoscenza. Proprio da una così <strong>in</strong>fantile furberia ebbe orig<strong>in</strong>e l’antico detto: “Non c’è peggiore<br />

sordo di quello che non vuol sentire” e credo che def<strong>in</strong>izione migliore non poteva essere coniata per<br />

l’occasione. Infatti ogni promotore di qualsiasi <strong>in</strong>iziativa, si preoccupa sempre di tappezzare vetr<strong>in</strong>e, porte e<br />

banchi di negozi, di locand<strong>in</strong>e, opuscoli e manifesti ove sono <strong>in</strong>dicati programmi, date e orari degli<br />

avvenimenti <strong>in</strong> questione. Purtroppo il cittad<strong>in</strong>o fa vagare uno sguardo spento su questi mezzi<br />

d’<strong>in</strong>formazione anche se l’autore si è dato un gran da fare per <strong>in</strong>fiocchettarli con disegni dai colori sgargianti<br />

che ne attir<strong>in</strong>o l’attenzione. Non è certo per cattiveria se ci si comporta così ma ogni giorno l’<strong>in</strong>erme<br />

cittad<strong>in</strong>o è sottoposto a un costante martellamento di offerte, occasioni, promozioni che sotto molteplici<br />

forme, lo assalgono da ogni parte costr<strong>in</strong>gendolo a tutelarsi <strong>in</strong> qualche modo se vuol venire fuori <strong>in</strong>denne da<br />

questa aggressione che non conosce tregua. Da qui prende avvio una sorta di autodifesa che sp<strong>in</strong>ge a “trarsi<br />

fuori” da tutto quello che possa assomigliare a un possibile co<strong>in</strong>volgimento <strong>in</strong> qualcosa di sconosciuto, quasi<br />

si trattasse di uno stradello <strong>in</strong>edito nel bosco ove, una volta imboccato non si potesse poi tornare <strong>in</strong>dietro.<br />

Meglio allora non sapere, oppure farne f<strong>in</strong>ta. Resta però una eccezione da non trascurare: se l’<strong>in</strong>formazione<br />

<strong>in</strong>sita nel messaggio è anche accompagnata da un piccolo r<strong>in</strong>fresco al term<strong>in</strong>e della conferenza, allora può<br />

anche divenire <strong>in</strong>teressante. Non per niente, a leggere bene, <strong>in</strong> fondo ad ogni avviso appare quasi sempre la<br />

formula magica che vi fa riferimento. Allora l’<strong>in</strong>teresse per la cultura o la cosa pubblica ritorna e,<br />

d’improvviso, il cittad<strong>in</strong>o si scopre più evoluto. Quale morale trarre dall’osservazione ravvic<strong>in</strong>ata dei nostri<br />

comportamenti? Senza dubbio occorre stimolare l’<strong>in</strong>teresse della gente con qualcosa di diverso e più<br />

co<strong>in</strong>volgente di un semplice manifesto oppure di un altoparlante portato a spasso sopra una macch<strong>in</strong>a che<br />

vada <strong>in</strong> giro a diffondere canzoni alternate alle notizie che si vogliono dare. Ormai se ne servono tutti: il<br />

pescivendolo, l’arrot<strong>in</strong>o, la ragazza della lavanderia e chi propaganda le scelte del partito; per questo forse,<br />

ben pochi li ascoltano ancora. La gente deve essere punzecchiata di cont<strong>in</strong>uo e siccome ha perduta la<br />

capacità di andarsi da sola a cercare le novità, occorre stupirla con l’<strong>in</strong>edito, l’<strong>in</strong>usuale pescando magari nel<br />

passato laddove nessuno si sogna di volgere il pensiero proprio perché è passato. La proposta sarebbe di<br />

riprist<strong>in</strong>are il mestiere del banditore con il costume e gli accessori dei quali si serviva per fare il proprio<br />

mestiere con successo. Un bel costume giallo e rosso, un copricapo da buffone di corte e i bubboli <strong>in</strong> cima ad<br />

ogni p<strong>in</strong>zo; due tamburi allungati con pelle poco tirata per dare alla percussione un tono grave e, soprattutto,<br />

un as<strong>in</strong>o per starvi a cavalcioni. Le notizie arriverebbero di sicuro specie se date a voce spiegata, aiutandosi<br />

magari con un megafono ornato di nastri multicolori o con una trombetta simile a quella degli spazz<strong>in</strong>i di un<br />

tempo. Così facendo si potrebbe scoprire una <strong>in</strong>solita efficacia nel suono del tamburo capace di risvegliare<br />

meglio di altri mezzi le coscienze sopite, facendo loro ricordare che oltre ai diritti personali che vorremmo<br />

fossero tenuti sempre presenti dagli altri, esistono altrettanti doveri verso la comunità che di solito<br />

cerchiamo di ignorare.


2 Murlo Murlo Murlo Cultura<br />

Cultura<br />

LETTERE AL DIRETTORE<br />

Carissimo Direttore<br />

Abbiamo letto con affetto nel n° 3 di MURLO Cultura l’articolo “CADUTI A LUPOMPESI NEL 1944” di A.<br />

Coppolaro nel quale si parla anche del nostro zio, Bruno Bell<strong>in</strong>i. Uno dei caduti.<br />

Crediamo però opportuno fare una precisazione su quanto scritto nell’articolo della Coppolaro; nostro zio non era<br />

partigiano, ma semplicemente non arruolato perché fratello maggiore con genitori anziani. Gli altri fratelli ancora <strong>in</strong><br />

famiglia erano tutti al fronte. Questo per dovere di cronaca e senza nulla togliere allo straord<strong>in</strong>ario ruolo avuto dai<br />

partigiani nella liberazione dell’Italia.<br />

Noi, nati negli anni 50, conosciamo la cronaca di questo brutto giorno solo dai racconti di nostro padre Lodovico,<br />

peraltro sempre molto restio a ricordare questo triste episodio. Episodio che anche lui non ha vissuto <strong>in</strong> prima<br />

persona <strong>in</strong> quanto arruolato nell’esercito italiano ed <strong>in</strong> quel periodo prigioniero ad Orano (Algeria) <strong>in</strong> fase di imbarco<br />

per Liverpool.<br />

Toccanti sono le parole che nostro padre, al rientro dal fronte, scrive <strong>in</strong> una lettera datata 17 novembre 1945 ed<br />

<strong>in</strong>dirizzata ad un suo amico nella quale racconta del suo rientro a casa dopo anni di guerra quando, solo allora,<br />

apprende la notizia della morte di Bruno. “....sono arrivato a casa ed ho trovato un fratello di meno, me l’hanno ucciso i marocch<strong>in</strong>i<br />

che hanno occupato il mio paese. I marocch<strong>in</strong>i qua hanno fatto molte stragi quando hanno occupato questa zona, si sono ubriacati ed hanno<br />

ucciso molte persone tra i quali è toccato anche a mio fratello della classe del 13 che si trovava a casa….”<br />

Frasi molto forti e crude, certo scritte <strong>in</strong> un momento di rabbia ed amarezza, ma che testimoniano lo stato d’animo<br />

della gente del posto nei confronti degli eserciti che, comunque siano, “occupavano la nostra zona”.<br />

Speriamo che questi episodi rest<strong>in</strong>o sempre nella memoria di tutti e si dimentich<strong>in</strong>o solo quando la parola guerra non<br />

apparirà più nel nostro vocabolario.<br />

Grazie per l’occasione dataci per ricordare la memoria di nostro zio e di nostro padre.<br />

Cordiali saluti<br />

Guido e Maria Vittoria Bell<strong>in</strong>i<br />

Vescovado, luglio ’08<br />

R<strong>in</strong>graziamo i Signori Bell<strong>in</strong>i per la loro precisazione per quanto concerne l’articolo di Annalisa Coppolaro e per l’apporto f<strong>in</strong>alizzato ad<br />

una più corretta conoscenza dei tristi fatti di quei giorni lontani, confidando che il messaggio f<strong>in</strong>ale di speranza, condiviso appieno, possa<br />

f<strong>in</strong>almente realizzarsi.<br />

Caro Direttore,<br />

una deliziosa fanciulla, residente del Vescovado<br />

- frazione Lupompesi, ci ha recentemente tirato,<br />

<strong>in</strong> modo garbato, le orecchie per aver scritto, un<br />

paio di numeri fa, a proposito della "munnezza",<br />

che il polistirolo deve essere riciclato <strong>in</strong>sieme a<br />

vetro e plastica nel cassonetto verde a campana.<br />

In base ai risultati di ricerche da lei compiute il<br />

polistirolo non sarebbe <strong>in</strong>vece idoneo ad essere<br />

trattato dagli impianti di riciclo allo stesso modo<br />

del vetro e della plastica. L'<strong>in</strong>formazione da noi<br />

data è stata peraltro rilevata dalla locand<strong>in</strong>a a<br />

s u o t e m p o p r e d i s p o s t a d a<br />

"Sienambiente" (distribuita dal Comune di<br />

Murlo) di cui si unisce stralcio; <strong>in</strong> essa sono<br />

citate le "vaschette <strong>in</strong> pvc e polistirolo" quali, ad<br />

esempio, quelle di "uova, carne, verdure".<br />

Lasciamo pertanto, non senza rimpianto e non<br />

senza dispiacere, per carenza di sapere, la…<br />

patata bollente <strong>in</strong> mano a ...Sienambiente!<br />

Con viva cordialità.<br />

Giorgio Boletti


Murlo Murlo Cultura<br />

Cultura<br />

SPIGOLATURE<br />

di Camillo Zangrandi<br />

F<br />

orse chi ha progettato e realizzato la rotonda di Murlo pensava di essere <strong>in</strong> un altro luogo. Forse<br />

pensava di essere sul Lungomare di Viareggio oppure <strong>in</strong> una banlieu parig<strong>in</strong>a (lo stile dei lampioni<br />

oltre che la Versilia richiama anche Parigi) dove è necessario illum<strong>in</strong>are le strade e tutti gli angoli<br />

nascosti per ragioni di sicurezza, <strong>in</strong> modo che la polizia possa tenere sotto controllo spacciatori drogati o<br />

del<strong>in</strong>quenti abituali. Anche da lontano. Certo da lontano, perché se è quasi alluc<strong>in</strong>ante trovarsi all’esterno del<br />

Castello di Murlo <strong>in</strong> mezzo a tutte quelle lum<strong>in</strong>arie, da lontano lo spettacolo è da disastro ambientale. Murlo<br />

sparisce, i grandi p<strong>in</strong>i spariscono <strong>in</strong>ghiottiti dal buio, si vedono solo le “strade illum<strong>in</strong>ate della periferia” e la<br />

rotonda: abbiamo aspettato 800 anni per capire cosa si doveva fare vedere a Murlo, per valorizzarne la sua<br />

peculiarità. Veramente si <strong>in</strong>travede anche il giard<strong>in</strong>etto “altoates<strong>in</strong>o”, altra novità per quelli che vengono a<br />

visitare un luogo protetto da v<strong>in</strong>coli ambientali (sic!), almeno così era.. Poco importa se non è stato ancora<br />

previsto un luogo per la fermata e sosta dell’ autobus (la ragione per la quale ci è stato detto era<br />

“<strong>in</strong>dispensabile” fare la rotonda), poco importa se i contenitori per i rifiuti urbani non hanno un loro spazio<br />

-questo si che dovrebbe essere nascosto-, ma sono giusto sullo stop della rotonda per cui chi deve scaricare<br />

rifiuti lo fa <strong>in</strong> mezzo alla strada bloccando il traffico ( …si fa per dire), poco importa se negli unici spazi <strong>in</strong><br />

cui servirebbe una piccola luce perché ci si va a piedi vi è il buio pesto, poco importa sentire i commenti<br />

(normalmente osservazioni pesanti) di quanti sono ritornati a Murlo dopo qualche anno e le loro domande<br />

(e non sapere cosa rispondere)… In altri storici piccoli e grandi comuni, miopi amm<strong>in</strong>istratori si sforzano di<br />

mettere <strong>in</strong> risalto, con discreti fasci di luce, mura di edifici antichi, torri medievali r<strong>in</strong>ascimentali:<br />

evidentemente non hanno ancora acquisito il significato dello “sviluppo”, del “progresso”, naturalmente -<br />

come da queste parti si predica e si sottol<strong>in</strong>ea <strong>in</strong> ogni documento politico- “sviluppo” e “progresso”<br />

sostenibile e compatibile con l’ambiente: sulla carta.<br />

Con questo <strong>in</strong>tervento la prossima estate, la notte di San Lorenzo, avremo ancora più difficoltà a vedere nel<br />

cielo le stelle cadenti, a causa dell’<strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amento lum<strong>in</strong>oso, ma questi sono romantici sogni che trovano<br />

sempre meno spazio. Più concreto per i cittad<strong>in</strong>i sarebbe conoscere i costi di tutta l’operazione “periferia del<br />

Castello di Murlo” e quanto rischia di rimanere a carico delle casse comunali.<br />

P.s.: “Di notte, la luce ha il potere di attirarci su qualcosa per dirci “Guarda come è bello, guarda di cosa è<br />

stata capace la mano dell’uomo” …Non è più questione di lampioni, è possibile creare delle partiture di luce,<br />

rispettose dei luoghi e dei monumenti, <strong>in</strong> dialogo con le architetture antiche e non <strong>in</strong> contrasto con la luna e<br />

le stelle” (Ala<strong>in</strong> Guilhot)<br />

Benoist Odo-Lyon “Almanach pour 1565” Pierre Verney “Miroir olimpiaque pour l’an 1529”<br />

Illustrazioni tratte dalle “Vignette di Nostradamus”<br />

3


4 Murlo Murlo Murlo Cultura<br />

Cultura<br />

Nel vecchio adagio: “Non esistono problemi ma solo soluzioni”, un <strong>in</strong>vito all’ottimismo<br />

ma anche esortazione a darsi da fare!<br />

Acqua: ricerca di soluzioni prima dell’emergenza<br />

N<br />

ell’editoriale di numero<br />

Murlo Cultura 1/2007,<br />

ebbi l’opportunità di<br />

trattare l’argomento ACQUA <strong>in</strong><br />

concomitanza con l’<strong>in</strong>iziativa<br />

promossa dall’Amm<strong>in</strong>istrazione<br />

Prov<strong>in</strong>ciale, attraverso il circuito dei<br />

suoi Musei.<br />

Nel breve articolo cercai di attirare<br />

l’attenzione sull’importanza di<br />

questo elemento essenziale alla<br />

sopravvivenza di tutte le specie<br />

viventi, <strong>in</strong>vitando a riflettere sull’uso<br />

<strong>in</strong>controllato che se ne fa nel<br />

ritenere la sua fonte <strong>in</strong>esauribile.<br />

Coloro che per lavoro o per diletto<br />

hanno visitato i paesi del terzo<br />

mondo, e non solo quelli, si saranno<br />

accorti <strong>in</strong> quale considerazione<br />

vengano tenute le scarse sorgenti<br />

presenti <strong>in</strong> immensi territori assolati<br />

e a quali fatiche e disagi si<br />

sottopongano quelle genti per potersene assicurare la<br />

quantità giornaliera di sopravvivenza.<br />

Il più delle volte si tratta di acque salmastre, oppure<br />

provenienti da fiumi contam<strong>in</strong>ati da discariche di<br />

Il lago dell’Acqua Buona<br />

lavorazioni m<strong>in</strong>erarie se non addirittura da pozze<br />

putrescenti. Le malattie derivate dalla carenza d’acqua o<br />

da fonti <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>ate mietono ogni anno migliaia di vittime<br />

senza che ce ne rendiamo conto, forti della nostra<br />

conv<strong>in</strong>zione di essere al di fuori della portata di tali<br />

calamità. Il progresso è una grande cosa e come tutte le<br />

di Luciano Scali<br />

La Cascat<strong>in</strong>a sul torrente Crevole<br />

cose accomuna <strong>in</strong> se pregi e difetti; se da una parte<br />

migliora la qualità di vita delle persone, contribuisce<br />

anche ad illuderle che tale processo non abbia f<strong>in</strong>e. Molti<br />

di noi la pensano così e, non valutando la gravità del<br />

pericolo latente che ci sovrasta, cont<strong>in</strong>uano a perseguire<br />

progetti personali o ritenuti utili alla comunità, senza<br />

valutare l’effetto devastante che un’improvvisa carenza<br />

d’acqua provocherebbe.<br />

Nel comune di Murlo la popolazione sta crescendo e<br />

con essa il fabbisogno di servizi primari adeguati, e se da<br />

un lato le costruzioni e le ristrutturazioni si moltiplicano,<br />

non appare altrettanto evidente un progetto che preveda<br />

l’adeguamento degli attuali impianti alla costante crescita<br />

della domanda d’acqua. Non sarà impresa facile<br />

prevedere i tempi tecnici e quante risorse occorreranno<br />

per potenziare la rete idrica <strong>in</strong> previsione dello sviluppo<br />

che avverrà entro il prossimo ventennio, e nemmeno<br />

sapere se la quantità di acqua occorrente sarà disponibile<br />

presso l’attuale sorgente. Se proviamo a dare uno<br />

sguardo attorno nel nostro territorio, non riusciamo a<br />

<strong>in</strong>dividuare fonti di rilievo nelle miriade di sorgenti che<br />

sprizzano un po’ ovunque, ma seppur povere,<br />

rappresentano sempre un’<strong>in</strong>dubbia risorsa alla quale per<br />

secoli le persone che ci hanno preceduti hanno fatto<br />

ricorso. Esistono anche alcuni <strong>in</strong>vasi, come il lago di<br />

M<strong>in</strong>iera o di Viamaggio che all’occorrenza potrebbero<br />

rivelarsi determ<strong>in</strong>anti <strong>in</strong> alcune situazioni, e così pure le


Murlo Murlo Cultura<br />

Cultura<br />

numerose cisterne presenti <strong>in</strong> ogni frazione ai cui<br />

depositi fare ricorso per particolari usi. In altri term<strong>in</strong>i:<br />

cercare di riprist<strong>in</strong>are antiche usanze e modi di pensare<br />

che <strong>in</strong>ducano a servirsi di acque di provenienza<br />

alternativa a quelle dell’acquedotto per servizi non<br />

strettamente personali. Alcuni operatori della zona, sia<br />

per bisogno ma anche per lungimiranza, hanno <strong>in</strong>iziato<br />

da tempo a creare accumuli di acqua piovana sotto<br />

forma di stagni o grossi fontoni per garantire la<br />

prosecuzione delle loro attività, per fronteggiare il<br />

perdurare della siccità e una possibile desertificazione<br />

delle nostre zone. Questi responsabili comportamenti,<br />

oltre a sottol<strong>in</strong>eare il problema della carenza d’acqua già<br />

<strong>in</strong> essere, depongono favorevolmente nei confronti di<br />

quegli operatori decisi ad affrontarlo e risolverlo <strong>in</strong><br />

anticipo senza attendere soluzioni di là da venire ed<br />

essere poi costretti a prendere <strong>in</strong> emergenza. Le misure<br />

da adottarsi e che di seguito ho elencate, sembrerebbero<br />

avere il sapore dell’ovvio ma a rifletterci sopra appaiono<br />

<strong>in</strong>vece ragionevoli nella loro disarmante semplicità:<br />

1) Limitare gli sprechi e l’uso improprio delle acque;<br />

2) Ricorrere a fonti alternative all’acquedotto per<br />

<strong>in</strong>naffiare orti e giard<strong>in</strong>i;<br />

3) Creare piccoli depositi d’acqua piovana sulla falsariga<br />

di quelli del passato e riprist<strong>in</strong>are le cisterne ancora<br />

presenti nelle nostre frazioni;<br />

4) Monitorare le sorgenti naturali rendendole accessibili<br />

e, possibilmente, crearvi nei pressi accumuli da usarsi <strong>in</strong><br />

caso di emergenza;<br />

5) Rendersi conto, soprattutto, che di acqua ce n’è<br />

sempre meno e che sarà sempre più difficile<br />

procurarsene.<br />

Per concludere, nella certezza che le mie riflessioni non<br />

passeranno <strong>in</strong>osservate, mi permetto un piccolo<br />

suggerimento alla nostra Amm<strong>in</strong>istrazione, aff<strong>in</strong>ché<br />

volga lo sguardo alla cisterna di piazza delle Carceri a<br />

Murlo ed al suo sistema di pompaggio che non funziona.<br />

Si tratta di un <strong>in</strong>telligente e raro<br />

march<strong>in</strong>gegno munito di braccio<br />

pompante con pomolo term<strong>in</strong>ale,<br />

predisposto a muoversi da destra a<br />

manca, per sollevare l’acqua piovana<br />

dalla cisterna e farla fluire attraverso il<br />

bocchettone esterno artisticamente<br />

predisposto per sostenere l’apposito<br />

secchio di raccolta. Questo prezioso<br />

aggeggio costituisce una delle attrazioni<br />

più allettanti di Murlo e non passa<br />

turista che non provi l’irresistibile<br />

bisogno di sbatacchiarne avanti e<br />

<strong>in</strong>dietro la maniglia, nella speranza di<br />

vedere uscire almeno una goccia<br />

d’acqua dal bocchettone. Nel passato<br />

Il lago di Viamaggio l’<strong>in</strong>tera struttura m<strong>in</strong>acciava di franare<br />

proprio a causa dei colpi che visitatori,<br />

ignari dell’<strong>in</strong>esistenza di un f<strong>in</strong>e corsa,<br />

assestavano con la maniglia all’<strong>in</strong>tera struttura.<br />

L’Amm<strong>in</strong>istrazione Comunale di allora, consapevole del<br />

pericolo, <strong>in</strong>tervenne <strong>in</strong> merito. Correva l’anno 2001 (vedi<br />

articolo di Murlo Cultura 4/2001, pag.3), la struttura<br />

venne riparata ma la pompa no. Mancava la guarnizione<br />

del pistone aff<strong>in</strong>ché funzionasse cosicché Alberto Cresti<br />

si offrì di eseguire il lavoro, ma era già debilitato ed <strong>in</strong><br />

breve il male se lo portò via. Sono trascorsi ormai più di<br />

otto anni, e mentre a Murlo si è provveduto a realizzare<br />

importanti lavori per renderlo più bello, è sfuggita la<br />

sostituzione di una guarnizione alla pompa del pozzo<br />

dove più di cento metri cubi di acqua se ne stanno<br />

<strong>in</strong>utilizzati. I turisti, <strong>in</strong>tanto, cont<strong>in</strong>uano a farsi i muscoli<br />

col batacchio della pompa e i rari murlesi a ricorrere<br />

all’acquedotto per <strong>in</strong>naffiare i gerani e le ortensie.<br />

Riprist<strong>in</strong>are l’uso della cisterna di Murlo con questo<br />

piccolo <strong>in</strong>tervento, non potrebbe apparire come un<br />

primo segno di buona volontà per dare l’avvio ad un<br />

camm<strong>in</strong>o più difficile, atto a risolvere il problema<br />

dell’acqua che si presenterà puntuale <strong>in</strong> un futuro ormai<br />

abbastanza prossimo?<br />

La Cisterna di Murlo<br />

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6 Murlo Murlo Murlo Cultura<br />

Cultura<br />

La felice scelta di un Comune deciso a farsi meglio conoscere con una storia raccontata <strong>in</strong> fumetto<br />

Il Falco di Radicofani<br />

di Luciano Scali<br />

P<br />

rocura sempre una certa emozione lo<br />

scoprire che vic<strong>in</strong>o a noi, nell’ambito del<br />

piccolo comune di Murlo, esistono<br />

giovani dei quali non si sospettava il talento.<br />

Accade spesso così; li abbiamo sott’occhio tutti<br />

i giorni e li pensiamo ancora ragazzi allorché ne<br />

subivamo gli schiamazzi e le birbonate senza<br />

accorgerci che sono cresciuti e con essi le loro<br />

qualità. Mi riferisco a Filippo Cenni che ebbi<br />

modo di conoscere sotto tutt’altra veste da<br />

quella con la quale oggi si presenta. Lo ricordo<br />

come un promettente universitario che<br />

dedicava il proprio tempo ad effettuare<br />

prospezioni nel territorio di Buonconvento,<br />

f<strong>in</strong>alizzate a realizzarne la carta archeologica.<br />

Poi, con sorpresa, la rivelazione della sua attuale<br />

attività avvenuta <strong>in</strong> f<strong>in</strong>e serata nella stupenda<br />

cuc<strong>in</strong>a di Ambretta a T<strong>in</strong>oni. Parlammo molto<br />

di fumetto riuscendo a fare tardi, ma<br />

l’argomento era talmente <strong>in</strong>teressante che il<br />

tempo passava veloce riservando immediate<br />

sorprese e facendone immag<strong>in</strong>are altrettante<br />

future. Decidemmo di <strong>in</strong>contrarci di nuovo e<br />

così è stato allorché si è presentato a casa mia<br />

tenendo <strong>in</strong> mano il risultato di un anno e mezzo<br />

di lavoro, un fumetto dalla veste dignitosa e dal<br />

titolo accattivante: “Il Falco di Radicofani”. Si<br />

tratta della storia rivisitata di Gh<strong>in</strong>o di Tacco<br />

altalenante tra realtà e leggenda, ove per<br />

rivisitata non deve <strong>in</strong>tendersi una storia riscritta<br />

di sana pianta riadattata a quanto vorremmo<br />

fosse accaduto anziché di quanto realmente<br />

successo, ma piuttosto il concentrato delle<br />

emozioni che una storia così lontana nel tempo è capace di suscitare. Luoghi, paesaggi e personaggi vengono<br />

ricostruiti con cura e dovizia di dettagli che fanno sott<strong>in</strong>tendere una ricerca accurata per trasc<strong>in</strong>are il lettore all’<strong>in</strong>terno<br />

delle vicende narrate al f<strong>in</strong>e di co<strong>in</strong>volgerlo attivamente e farlo partecipe delle emozioni che eventi succedutisi con<br />

rapidità sono capaci di suscitare. Quanto di realtà e di fantasia possa essere contenuto nel quaderno, non è dato di<br />

capire ed anche se vi riuscissimo ci accorgeremmo che si tratta di un dettaglio del tutto <strong>in</strong><strong>in</strong>fluente. La vicenda che<br />

accompagna le gesta di questo personaggio affonda le sue radici nella leggenda e molto di quanto si ritiene vero si è<br />

costruito nel tempo, nelle lunghe serate <strong>in</strong>vernali a veglia, allorché i diseredati del momento vedevano nel coraggioso<br />

fuorilegge una sorta di eroe che facesse per loro giustizia dei quotidiani torti subiti. A mio avviso l’accostamento felice<br />

del titolo ai comportamenti di un autentico falco, quasi fosse esso stesso il narrante e sotto i cui occhi scorressero le<br />

scene dalla vicenda, la dice lunga su questo giovane autore e sulle sue capacità di esprimere emozioni particolari<br />

attraverso una <strong>in</strong>venzione sulla cui efficacia non esistono dubbi. La scelta di raccontare la vicenda senza ricorrere al<br />

colore ma affidandosi al bianco e nero con le limitazioni che tale tecnica comporta, mette <strong>in</strong> risalto il ricorso a raff<strong>in</strong>ati<br />

espedienti per dare profondità alle scene evidenziando una maturità che fa presagire <strong>in</strong>teressanti evoluzioni stilistiche<br />

capaci di traghettarlo verso più ambiziosi traguardi. Vorrei, appunto che sguardi attenti si appuntassero sulle potenzialità<br />

di questo giovane artista, le cui capacità non sono sfuggite a “quelli di falco” degli amm<strong>in</strong>istratori del comune di<br />

Radicofani. Anche nel passato di Murlo ci sono tante storie da raccontare che potrebbero essere illustrate con perizia e<br />

divenire nel contempo un formidabile veicolo di conoscenza verso i più giovani oltre che gli appassionati dell’arte<br />

fumettistica.<br />

Non sarebbe forse il caso di meditarci un poch<strong>in</strong>o sopra?


Murlo Murlo Cultura<br />

Cultura<br />

Come <strong>in</strong> una foto possono condensarsi valori perduti, il senso della memoria e i segni dell’uomo<br />

Obiettivo Murlo: un’opera di Nicola Zuncheddu<br />

di Luciano Scali<br />

H<br />

o visitato la mostra del concorso fotografico “Obiettivo Murlo” <strong>in</strong> anteprima osservandola nel ruolo<br />

privilegiato di membro della commissione <strong>in</strong>caricata di selezionare i lavori meritevoli di premio. Debbo<br />

confessare di essermi sentito a disagio <strong>in</strong> mezzo agli autorevoli professionisti che la costituivano poiché mi<br />

sono considerato da sempre un mediocre fotografo autodidatta. Dotato di questa limitata esperienza <strong>in</strong> campo<br />

fotografico, sono stato costretto a esam<strong>in</strong>are le opere esposte con occhio diverso da quello del professionista abituato<br />

a giudicare non solo il soggetto della foto, ma anche le tecniche impiegate per realizzarlo. Sono divenuto allora un<br />

visitatore come tanti altri, alla ricerca di quelle emozioni che una <strong>in</strong>quadratura felice è capace di poter dare, al f<strong>in</strong>e di<br />

esprimere <strong>in</strong> seguito un parere che risultasse <strong>in</strong> s<strong>in</strong>tonia con la mia sensibilità. Questa decisione, oltre a rendermi<br />

tranquillo, mi ha conv<strong>in</strong>to che soltanto basandomi sul co<strong>in</strong>volgimento emozionale delle opere esposte, potevo<br />

rendermi conto del vero livello qualitativo della mostra che altrimenti non sarei riuscito ad afferrare. Non voglio con<br />

questo ritenere che la tecnica fotografica debba essere subord<strong>in</strong>ata all’immag<strong>in</strong>e da illustrare, ma solo esprimere un<br />

concetto personale che mi trova più sensibile alla natura del soggetto che non al modo di riprodurlo. E’ chiaro che il<br />

rapporto fra le due cose resta ed è fondamentale, specie per una <strong>in</strong>iziativa come “Obiettivo Murlo”, però rimango<br />

della stessa idea poiché la sento più vic<strong>in</strong>a alla mia natura. La foto di Nicola Zuncheddu mi ha “fatto tilt” per i segni<br />

dell’uomo nel contesto del paesaggio. Essi risaltano, non solo nella normalità delle tracce di un mezzo meccanico e<br />

nella drammaticità della rete e del filo sp<strong>in</strong>ato, ma soprattutto “nell’assenza-presenza” del soggetto che dopo aver operato<br />

nel luogo, è scomparso come svanito nell’aria. Lo ha fatto così, come la cicala a f<strong>in</strong>e estate, spogliandosi del guscio e<br />

lasciandolo appeso ad un palo per mostrarne le ferite a testimonianza di quanto accade <strong>in</strong> un “avamposto” ove le<br />

battaglie, di solito, risultano più cruente. Ho drammatizzato l’immag<strong>in</strong>e nel guardarla facendo forse torto alla quiete<br />

che il paesaggio suggerisce, ma ho avuta l’impressione di vedere la vita dell’anonimo proprietario dell’abito andarsene<br />

con lui proprio attraverso quegli strappi. L’emozione è stata forte e r<strong>in</strong>grazio Nicola d’avermela fatta provare.<br />

Complimenti per la poesia dentro alle sue cose. Sono davvero contento che sia stato premiato.<br />

Nicola Zuncheddu: “AVAMPOSTO”<br />

7


8 Murlo Murlo Murlo Cultura<br />

Cultura<br />

Carrellata sui mestieri <strong>in</strong> mutazione<br />

IL MURATORE<br />

di Luciano Scali<br />

Tredicesima puntata<br />

I<br />

l pr<strong>in</strong>cipio delle volte con nervature nelle soluzioni<br />

più elaborate costituì il presupposto per<br />

realizzazioni più ambiziose e azzardate quale<br />

supporto per impostare la costruzione di vari tipi di<br />

cupola.<br />

Guardiamo, per grandi l<strong>in</strong>ee, come sia potuto avvenire a<br />

partire dalla soluzione più semplice relativa alla<br />

copertura di una zona a pianta quadrata. I quattro pilastri<br />

sui quali la volta veniva impostata erano uniti tra loro da<br />

altrettanti archi a tutto sesto o a sesto ribassato, mentre<br />

dal lato <strong>in</strong>terno, come nel caso precedentemente<br />

esam<strong>in</strong>ato, presentavano tre pilastr<strong>in</strong>i dai quali sarebbero<br />

poi partite le nervature (Fig. 1).<br />

Fig. 1<br />

Il dettaglio della figura 2 esam<strong>in</strong>a il quarto di pilastro<br />

rivolto verso l’<strong>in</strong>terno dell’area da coprirsi a volta, ove si<br />

evidenziano le imposte delle varie nervature che faranno<br />

da supporto alla volta stessa. Sulla pianta <strong>in</strong>dicata nella<br />

figura 3 sono <strong>in</strong>vece riportati i riferimenti dei vari<br />

componenti della<br />

Fig. 2<br />

volta. A partire dal<br />

pilastro n. 3 e<br />

muovendosi <strong>in</strong> senso<br />

orario, con la lettera<br />

A maiuscola viene<br />

<strong>in</strong>dicato l’arcone che<br />

andrà a unire i due<br />

pilastri opposti (3 e<br />

1), con la lettera B<br />

maiuscola l’arco fra i<br />

pilastri 4 e 2. Con la<br />

Fig. 3<br />

lettera b m<strong>in</strong>uscola si <strong>in</strong>dicheranno i quattro semiarchi<br />

che partendo dai pilastri 3 e 1 <strong>in</strong>contreranno, con una<br />

<strong>in</strong>cl<strong>in</strong>azione di 22° e 30’ l’arcone B, mentre con la a<br />

m<strong>in</strong>uscola si <strong>in</strong>dicheranno i quattro semiarchi che<br />

partendo dai pilastri 4 e 2 <strong>in</strong>contreranno, con la stessa<br />

<strong>in</strong>cl<strong>in</strong>azione dei loro omologhi, l’arcone A. L’<strong>in</strong>contro<br />

degli archi A e B nel punto C <strong>in</strong>dicherà la loro chiave di<br />

chiusura, l’<strong>in</strong>contro fra gli otto semiarchi a e b ed il loro<br />

punto di arrivo sugli arconi A e B, <strong>in</strong>dicherà otto nodi che<br />

costituiranno altrettanti punti di contrasto (vertici di<br />

ottagono), che potranno divenire <strong>in</strong> seguito gli appoggi di<br />

una struttura più ardita come il tiburio di una cupola.<br />

Ma osserviamo più da vic<strong>in</strong>o la figura 3. Dall’<strong>in</strong>crocio di<br />

archi e semiarchi, l’<strong>in</strong>tera volta risulterà frazionata <strong>in</strong><br />

sedici spicchi suddivisi <strong>in</strong> tre gruppi: quattro periferici;<br />

quattro di chiusura e otto <strong>in</strong>termedi. Si procederà <strong>in</strong><br />

primo luogo a realizzare le nervature a partire dagli<br />

arconi A e B poi, realizzata la struttura portante, a<br />

completare gli specchi curando di mantenere <strong>in</strong> ogni<br />

momento il mutuo contrasto facendo avanzare<br />

contemporaneamente i lavori al f<strong>in</strong>e di non sollecitare le<br />

strutture con carichi laterali squilibrati. Come accennato<br />

<strong>in</strong> precedenza, gli arconi e i semiarchi erano costruiti da<br />

un certo numero di tozzetti di pietra o laterizio<br />

predisposti per <strong>in</strong>castrarsi tra loro e, nel caso specifico<br />

esam<strong>in</strong>ato: di una chiave di chiusura, di quattro nodi<br />

d’imposta per semiarchi e di altrettanti nodi d’<strong>in</strong>crocio<br />

per i semiarchi tra di loro. Da qui l’esigenza assoluta che<br />

i lavori venissero eseguiti con la massima cura e<br />

precisione.<br />

Naturalmente i cantieri di fornitura di materiale e quelli<br />

di rif<strong>in</strong>itura a piè d’opera dovevano procedere di<br />

conserva muovendosi secondo un casellario di progetto<br />

chiaramente def<strong>in</strong>ito con ampio anticipo sui tempi di<br />

esecuzione dove per ogni s<strong>in</strong>golo elemento venivano<br />

precisate caratteristiche, dimensioni e numero di<br />

esemplari da realizzare. Interessante è dare uno sguardo,<br />

seppure rapido, alle operazioni preparatorie per costruire<br />

la volta focalizzando l’attenzione sulla determ<strong>in</strong>azione<br />

delle caratteristiche dei s<strong>in</strong>goli tozzetti. Come accennato


Murlo Murlo Cultura<br />

Cultura<br />

Fig. 4 <strong>in</strong> precedenza, essi<br />

erano i veri componenti<br />

degli arconi e le loro<br />

caratteristiche venivano<br />

a variare <strong>in</strong> funzione di<br />

quelle dell’arco stesso.<br />

Ferma restando la<br />

lunghezza della sua<br />

corda, la curvatura<br />

dell’<strong>in</strong>tradosso del<br />

tozzetto variava col<br />

mutare della freccia<br />

dell’arco, divenendo<br />

sempre più piana man<br />

mano che questa si<br />

accorciava. Variando il<br />

sesto dell’arco, a partire<br />

da quando co<strong>in</strong>cideva<br />

con il raggio (tutto sesto),<br />

se questi ribassava, si<br />

accorciava anche la<br />

lunghezza dell’arco<br />

sotteso dalla stessa<br />

corda mentre di contro<br />

si allungava quella del<br />

raggio. Nella figura 4<br />

sono stati riportati tre<br />

esempi limite e, per<br />

rendere più evidente quanto asserito, si è immag<strong>in</strong>ato il<br />

semiarco composto da due soli elementi. Ciò premesso,<br />

per realizzare i tozzetti componenti gli arconi, <strong>in</strong><br />

funzione del razionale utilizzo del materiale disponibile,<br />

si procedeva a stabilirne il numero avendo cura che<br />

l’<strong>in</strong>cl<strong>in</strong>azione delle facce term<strong>in</strong>ali venisse determ<strong>in</strong>ata<br />

dallo stesso “angolo al centro”. In tal modo l’arco<br />

risultava composto da un numero n di tozzetti con<br />

<strong>in</strong>tradosso ed estradosso aventi eguale curvatura, facciate<br />

laterali parallele tra loro mentre le opposte (quelle a<br />

contatto col tozzetto precedente e col successivo)<br />

debitamente rastremate a seconda del valore dell’angolo<br />

Fig. 5—Pezzi speciali nel<br />

dettaglio di 1/4 di volta<br />

al centro. Il tenone che doveva <strong>in</strong>serirsi nella mortasa<br />

del tozzetto precedente, aveva le pareti esterne rastremate<br />

di un angolo x ( di 4–5 gradi) mentre la mortasa aveva le<br />

pareti <strong>in</strong>terne anch’esse rastremate di un angolo x–y (dove<br />

y rappresenta il necessario aggiustaggio per garantire un<br />

facile <strong>in</strong>serimento). Analogo criterio veniva applicato<br />

nella preparazione dei pezzi speciali (nodi) a chiusura<br />

degli arconi e dove archi e semiarchi s’<strong>in</strong>crociavano. La<br />

figura seguente ne mostra la complessità ma anche<br />

l’<strong>in</strong>dubbia funzione pratica oltre <strong>in</strong>dicare la successione<br />

delle fasi di montaggio dell’<strong>in</strong>tera struttura(fig.6).<br />

9<br />

(cont<strong>in</strong>ua)<br />

Fig. 6


10 Murlo Murlo Murlo Cultura<br />

Cultura<br />

Il passato del territorio rivive attraverso le testimonianze offerte dalle sue strutture murarie<br />

Memorie diverse sui muri del Vescovado<br />

Uno stemma quattrocentesco a Crevole e una più recente targhetta <strong>in</strong> marmo a La Palazz<strong>in</strong>a,<br />

rievocano, da una parte, il secolare dom<strong>in</strong>io dei vescovi di Siena sul territorio di Murlo, dall’altra, le<br />

villeggiature <strong>in</strong> campagna delle famiglie senesi benestanti nel Settecento<br />

di Giorgio Botarelli<br />

U<br />

na targa rettangolare <strong>in</strong> marmo bianco scolpita con uno stemma<br />

nobiliare-prelatizio è murata sulla facciata, proprio sopra il<br />

portone d’<strong>in</strong>gresso, di quella che una volta era la pieve di Santa<br />

Cecilia a Crevole, oggi trasformata con l’annessa canonica <strong>in</strong> casa per<br />

vacanze. La targa raffigura l’arme della famiglia Piccolom<strong>in</strong>i (si blasona:<br />

d’argento, alla croce d’azzurro, caricata di c<strong>in</strong>que crescenti montanti<br />

d’oro) racchiusa entro uno scudo gotico timbrato dal cappello (identifica<br />

card<strong>in</strong>ali e vescovi); lo scudo è accollato da una croce astile e ornato ai<br />

lati da cordoni con nappe. Risale alla seconda metà del Quattrocento<br />

come si deduce dall’epigrafe sottostante che la riferisce al card<strong>in</strong>ale e<br />

arcivescovo di Siena Francesco Todesch<strong>in</strong>i-Piccolom<strong>in</strong>i, nipote di papa<br />

Pio II (Enea Silvio Piccolom<strong>in</strong>i). La scritta, parzialmente rov<strong>in</strong>ata ma<br />

ancora decifrabile, recita <strong>in</strong>fatti: F PICCOL CAR SEN / PII PP II<br />

NEPOS (Francesco Piccolom<strong>in</strong>i card<strong>in</strong>ale senese, nipote di papa Pio II).<br />

Francesco Piccolom<strong>in</strong>i, nato nel<br />

1439 da Nanni Todesch<strong>in</strong>i di<br />

Sarteano e Laudomia Piccolom<strong>in</strong>i,<br />

sorella di Pio II, era stato da quest’ultimo educato nell’adolescenza e<br />

<strong>in</strong>trodotto nella consorteria Piccolom<strong>in</strong>i della quale aveva qu<strong>in</strong>di preso<br />

il cognome. Nel 1460, <strong>in</strong> occasione di una visita a Siena di Pio II, il<br />

ventenne Francesco viene nom<strong>in</strong>ato arcivescovo della città il 19<br />

febbraio ed eletto card<strong>in</strong>ale il 6 marzo seguente. Con il nome di Pio<br />

III, assunto <strong>in</strong> onore dell’amato zio materno, diverrà papa il 22<br />

settembre 1503. Il 18 ottobre successivo però, dopo appena 26 giorni<br />

di pontificato, sarà colto dalla<br />

morte, sulla quale circolerà il<br />

sospetto di avvelenamento da<br />

parte dei sostenitori di<br />

Pandolfo Petrucci, signore di<br />

Siena, anche se, <strong>in</strong> effetti, al<br />

momento della sua elevazione<br />

al soglio pontificio si trovava<br />

già <strong>in</strong> precario stato di salute a<br />

causa di una avanzante cancrena a una gamba.<br />

La collocazione della targa sulla facciata della chiesa di Crevole<br />

parrebbe non orig<strong>in</strong>ale anche se è plausibile una sua provenienza da<br />

poco lontano: o da un’altra posizione all’esterno o all’<strong>in</strong>terno di<br />

quella pieve oppure, più probabilmente, dalla vic<strong>in</strong>a rocca, secolare<br />

proprietà e prestigiosa residenza fortificata dei vescovi di Siena,<br />

sulle cui mura quest’ultimi non mancarono certo di apporre durante<br />

il rispettivo episcopato i simboli del proprio dom<strong>in</strong>io sul circostante<br />

territorio di Murlo. Lo stemma fu evidentemente commissionato<br />

dal Piccolom<strong>in</strong>i dopo il 1460, anno <strong>in</strong> cui diviene arcivescovo e<br />

card<strong>in</strong>ale, e forse prima del 1464, quando ad Ancona muore lo zio,


Murlo Murlo Cultura<br />

Cultura<br />

papa Pio II, ricordato sulla targa. Lo stesso Enea Silvio Piccolom<strong>in</strong>i era stato vescovo di Siena dal 1449 al<br />

1458, primo di una serie di quattro, tutti appartenenti alla potente consorteria senese, che si protrarrà per<br />

l’<strong>in</strong>tera seconda metà del Quattrocento e i primi tre decenni del secolo successivo (Antonio dal 1458 al 1460,<br />

Francesco dal 1460 al 1503, Giovanni dal 1503 al 1529).<br />

N<br />

el novero delle <strong>in</strong>calcolabili e più disparate vicende di cui narrano le molteplici testimonianze che,<br />

sotto forma di targhe, stemmi, <strong>in</strong>segne, madonn<strong>in</strong>i, lastre, cartelli e così via, le strutture murarie<br />

portano apposte da secoli, da decenni o anche solamente da anni, ve n’è una abbastanza s<strong>in</strong>golare e<br />

di stretto ambito familiare, rievocata da una piccola tabella <strong>in</strong> marmo murata nell’<strong>in</strong>tonaco dell’androne che<br />

funge da <strong>in</strong>gresso all’edificio più grande dell’agglomerato denom<strong>in</strong>ato La Palazz<strong>in</strong>a, sulla prov<strong>in</strong>ciale di<br />

collegamento fra Vescovado e Casciano. L’epigrafe sulla<br />

targhetta, scolpita <strong>in</strong> bei caratteri capitali entro un elegante<br />

cartiglio, fa riferimento a una fortunata giornata di caccia di<br />

f<strong>in</strong>e Settecento, durante la quale venne catturato un<br />

consistente numero di uccelletti: IL 14 OTTOBRE 1791 SI<br />

PRESE N.300 TUTTI FRINGUELLI. L’edificio dove si<br />

trova la targa era la casa padronale cui faceva capo il podere<br />

Belvedere ubicato negli immediati d<strong>in</strong>torni e venduto nel<br />

settembre 1691 da Iacomo Roselli del Vescovado al signor<br />

Iacomo Puccioni, abitante a Siena e di professione maestro di<br />

ballo. All’epoca il suddetto podere era provvisto della sola casa<br />

per il lavoratore e comprendeva otto moggiate <strong>in</strong>circa di terre<br />

lavorative, vignate boschive sodive macchiose e un campo con circa trenta pedoni d’olivo ed altre tante di querci...(1). Poco<br />

dopo l’acquisto del podere, il Puccioni <strong>in</strong>traprende la costruzione di una casa nei pressi del casolare del<br />

contad<strong>in</strong>o (il mezzadro), da utilizzare con la famiglia durante quelle<br />

“villeggiature” praticate tanto dalla nobiltà senese dotata di ville e<br />

vasti possessi fondiari nel contado quanto da quelle ricche famiglie<br />

borghesi o anche solo benestanti che potevano godere di una più<br />

modesta dimora <strong>in</strong> campagna con un po’ di terra <strong>in</strong>torno dove<br />

riposare per periodi più o meno lunghi lontano dalla città e godersi<br />

la quiete del contatto stretto con la natura. Il fabbricato della<br />

Palazz<strong>in</strong>a, di aspetto sobrio ma signorile al tempo stesso, viene<br />

probabilmente ultimato sul f<strong>in</strong>ire del Seicento o al massimo nei<br />

primi anni del secolo successivo e nel 1730 gli viene costruita vic<strong>in</strong>o<br />

dagli eredi di Iacomo Puccioni una piccola cappella <strong>in</strong>titolata a San Pietro d’Alcantara, così come si<br />

conveniva ed era di utilità per una dignitosa residenza di campagna. Sul f<strong>in</strong>ire del Settecento la proprietà<br />

passa dai Puccioni nelle mani del patrizio senese Pietro Sani e sarà mantenuta dalla sua famiglia f<strong>in</strong>o a metà<br />

Ottocento. E’ facile che ai Sani vada ricondotta l’apposizione della targhetta <strong>in</strong> questione, avvenuta<br />

evidentemente dopo uno di quei soggiorni autunnali <strong>in</strong> cui la pratica della caccia, spesso <strong>in</strong> compagnia di<br />

amici, diveniva la pr<strong>in</strong>cipale attività di svago svolta dai signori proprietari nei loro possedimenti rurali.<br />

Altrettanto probabile è il fatto che una così proficua giornata di caccia sia da attribuire all’impiego di reti o<br />

panie sistemate <strong>in</strong> boschetti appositamente potati, dove i piccoli volatili venivano attirati con richiami,<br />

piuttosto che all’uso di armi da fuoco, anche se già abbastanza diffuse nell’esercizio venatorio alla f<strong>in</strong>e del<br />

XVIII secolo. Una scritta <strong>in</strong>cisa posteriormente <strong>in</strong> maniera grossolana sulla piccola tabella ricorda<br />

l’altrettanto cospicua cattura di 211 uccelli nel medesimo giorno dell’anno 1794.<br />

Note<br />

(1) Per notizie su La Palazz<strong>in</strong>a e il podere Belvedere vedi: Murlo Cultura n.4/2006, pp.4-5 e n.5/2006, pp.14-15.<br />

11


12 Murlo Murlo Murlo Cultura<br />

Cultura<br />

Come ci si divertiva noi vecchi quando “s’era picc<strong>in</strong>i”<br />

I giochi dei nostri tempi<br />

di Luciano Scali<br />

O<br />

ltre al gioco dei barberi, c’era quello più <strong>in</strong>teressante<br />

delle figur<strong>in</strong>e che prendeva molto di<br />

più del nostro tempo co<strong>in</strong>volgendoci <strong>in</strong> giochi<br />

da potersi fare al coperto senza bisogno di grandi spazi.<br />

Le figur<strong>in</strong>e oggi sono <strong>in</strong> disuso dopo il boom delle collezioni<br />

Pan<strong>in</strong>i con raccoglitore, soppiantate da giochi elettronici<br />

più moderni che, pur trattandosi di miracoli della<br />

tecnica, lasciano poco spazio alla creatività ed alla fantasia<br />

di chi li usa. “Le figur<strong>in</strong>e <strong>in</strong>vece, ci riuscivano?”<br />

In certi casi direi proprio di si poiché “quel poco più di<br />

niente” che il ragazzo si ritrovava tra le mani, ne spremeva<br />

le men<strong>in</strong>gi sp<strong>in</strong>gendolo a escogitare gli espedienti<br />

più strani per trovare il modo di giocarci a differenza di<br />

oggi che tutto si trova già predisposto. Le figur<strong>in</strong>e erano<br />

costituite da un rettangol<strong>in</strong>o di carta (di solito tre centimetri<br />

e mezzo per c<strong>in</strong>que e mezzo c.a.) ove venivano<br />

riprodotti: una scena, un personaggio importante, un<br />

costume o qualsiasi altro soggetto che le rendeva ricercate<br />

e <strong>in</strong>teressanti.<br />

Di solito venivano messe <strong>in</strong> commercio <strong>in</strong> pacchetti da<br />

dieci figur<strong>in</strong>e che facevano parte di serie tematiche come<br />

nel caso di campioni dello sport o attori del c<strong>in</strong>ema, oppure<br />

con scene di guerra o costumi tipici di popoli diversi.<br />

Le figur<strong>in</strong>e venivano collezionate, e talvolta ne esistevano<br />

di rare che acquistavano un alto valore di scambio.<br />

Ricordo bene di averne sborsate addirittura c<strong>in</strong>quanta<br />

per ottenere quella di un maggiore bulgaro per completare<br />

f<strong>in</strong>almente la mia raccolta. Ogni collezione costituiva<br />

un piccolo tesoro ed oltre a rendere orgogliosi di possederla,<br />

stimolava ad imparare a riconoscere personaggi,<br />

uniformi, scene e avvenimenti e sp<strong>in</strong>gere a saperne di<br />

più sul loro conto per fare sfoggio di cultura con i coetanei.<br />

A tale proposito non mi sono mai dato pace per un<br />

piccolo episodio <strong>in</strong> cui rimasi co<strong>in</strong>volto, ed ancora oggi<br />

ripensandoci provo un qualcosa che non riesco a descrivere.<br />

Durante la campagna d’Africa, quella del 1936, uscì<br />

una bellissima serie di figur<strong>in</strong>e <strong>in</strong> bianco e nero che la<br />

illustrava. Oltre a mostrare scene di battaglia nelle quali<br />

logicamente risultavamo v<strong>in</strong>citori, proponeva una <strong>in</strong>teressante<br />

quantità di costumi, armi e personaggi abiss<strong>in</strong>i<br />

che costituivano l’attualità del momento. Tra questi la<br />

reg<strong>in</strong>a Taitù (fig.1) moglie dell’imperatore Menelik, figur<strong>in</strong>a<br />

<strong>in</strong>trovabile, l’unica che mancasse alla mia collezione<br />

costituita da circa trecento pezzi. Quando scoprii che il<br />

mio amico Agenore ne possedeva una tentai <strong>in</strong> ogni modo<br />

di conv<strong>in</strong>cerlo a cedermela, ma non ci fu nulla da<br />

fare, malgrado lo avessi sottoposto per più giorni ad allettanti<br />

richieste. Esasperato dal mio comportamento<br />

preferì strapparmela <strong>in</strong> faccia anziché accontentarmi. Fu<br />

così che la mia collezione rimase <strong>in</strong>compiuta. Ma veniamo<br />

ai giochi. Con le figur<strong>in</strong>e si giocava a: mur<strong>in</strong>o, scalonc<strong>in</strong>o,<br />

a luss<strong>in</strong>o o a pamela. Bastava poco per i pri-<br />

3a puntata<br />

mi due: il grad<strong>in</strong>o di una<br />

scala oppure una parete;<br />

mentre per gli altri era<br />

necessario disporre da una<br />

a quattro cartucce vuote ed<br />

un diecione per effettuare<br />

il tiro. A mur<strong>in</strong>o si giocava<br />

<strong>in</strong> due (fig.2), ma si<br />

poteva farlo anche <strong>in</strong><br />

tre.<br />

Il gioco consisteva<br />

nell’appoggiare al muro,<br />

Fig. 1<br />

una alla volta, le figur<strong>in</strong>e<br />

ad un’altezza a piacere e<br />

poi lasciarle andare sfarfallando prima di depositarsi a<br />

terra. Si cont<strong>in</strong>uava così a lanciare figur<strong>in</strong>e f<strong>in</strong>tanto che<br />

non si riusciva a farle sovrapporne ad una già giocata.<br />

L’abilità consisteva nel saper calcolare la traiettoria della<br />

figur<strong>in</strong>a aff<strong>in</strong>ché arrivasse a coprire una di quelle a terra<br />

e l’altezza da cui si lasciava cadere era proporzionale alla<br />

distanza che si voleva raggiungere. All’<strong>in</strong>izio del gioco ci<br />

si accordava su come considerare v<strong>in</strong>cente la partita, vale<br />

a dire stabilire <strong>in</strong> che misura dovesse ritenersi sovrapposta<br />

una figur<strong>in</strong>a a un’altra. Di solito si ricorreva alla formula:<br />

“ai p<strong>in</strong>zi e ai peli” ovverosia all’essere sufficiente<br />

che una figur<strong>in</strong>a toccasse <strong>in</strong> maniera seppur m<strong>in</strong>ima,<br />

un’altra qualsiasi a terra per poter v<strong>in</strong>cere tutto. Anche<br />

per questo gioco si com<strong>in</strong>ciava dall’alto a far volare la<br />

Fig. 2


Murlo Murlo Cultura<br />

Cultura<br />

figur<strong>in</strong>a lontano aff<strong>in</strong>ché fosse difficile per l’avversario<br />

coprirla subito. Così facendo il numero delle figur<strong>in</strong>e a<br />

terra aumentava e, magari ricordando l’altezza da dove<br />

era stata tirata la figur<strong>in</strong>a più vic<strong>in</strong>a alla base del muro e<br />

cercando di ripeterla, si aumentavano le possibilità di<br />

poter v<strong>in</strong>cere.<br />

Il gioco dello scalonc<strong>in</strong>o (fig.3) era più difficile poiché la<br />

figur<strong>in</strong>a era lanciata davvero e non fatta cadere e pertanto<br />

occorreva saper calibrare la forza di lancio per andare<br />

a coprire una delle tante altre che magari si trovavano sul<br />

terreno. Ci si metteva a sedere sul grad<strong>in</strong>o della scala<br />

dopo aver fatto la conta per scegliere il posto dal momento<br />

che uno dei due avrebbe dovuto usare la s<strong>in</strong>istra<br />

anziché la desta e partire così svantaggiato. Si poneva<br />

alternativamente una figur<strong>in</strong>a alla volta sul grad<strong>in</strong>o e,<br />

facendovela strusciare sopra la si lanciava lontano. Chi<br />

riusciva a coprirne anche parzialmente una v<strong>in</strong>ceva poiché<br />

era sempre valida la legge “dei p<strong>in</strong>zi e dei peli”. Le cartucce<br />

sparate che oggi si trovano a bizzeffe dappertutto,<br />

ai miei tempi erano <strong>in</strong>trovabili poiché i cacciatori di allora<br />

(domandatelo a qualcuno rimasto) dopo aver sparato,<br />

recuperavano il bossolo (che era di cartonc<strong>in</strong>o e non di<br />

plastica) per ricaricarselo da soli. Per chi aveva il babbo<br />

cacciatore era possibile trovarle e con esse organizzare<br />

un gioco. Per giocare a luss<strong>in</strong>o o a “lusse” bastava una cartuccia<br />

sola, un corridoio (o andito), oppure un ridotto<br />

meglio se a mattoni o piastrellati e un diecione per effettuare<br />

il tiro (fig. 4). Dalle nostre parti si chiamava diecione<br />

la moneta da dieci centesimi di Vittorio Emanuele secondo<br />

o Umberto primo conosciuta dal popol<strong>in</strong>o<br />

dell’epoca anche come palancone o soldone. Era <strong>in</strong> lega al<br />

96% di rame e 4% di stagno, aveva un diametro di trenta<br />

millimetri e pesava dieci grammi. L’accenno al peso è<br />

importante e serve a giustificare il comportamento dei<br />

giocatori esperti del gioco di luss<strong>in</strong>o o pamela. Il gioco<br />

veniva fatto sul duro (mattoni o piastrelle) e il diecione<br />

Fig. 4<br />

Fig. 3<br />

13<br />

durante il tiro<br />

tendeva a rimbalzareperdendo<br />

stabilità, cosicché<br />

deviava<br />

dalla traiettoria<br />

i m p r e s s a g l i<br />

mancando il<br />

bersaglio. Per<br />

ovviare a questo<br />

<strong>in</strong>conveniente,<br />

si andava dallo<br />

Fig. 5<br />

stagn<strong>in</strong>o e gli si<br />

faceva colare sopra una delle due facce un’altra dec<strong>in</strong>a di<br />

grammi di piombo o di stagno per appesantirlo rendendolo<br />

così più stabile.<br />

A luss<strong>in</strong>o, (fig.5), gioco semplice ma difficile, si poteva<br />

giocare <strong>in</strong> diversi e le regole per effettuare il tiro non<br />

differivano dal gioco del pio: Una riga che <strong>in</strong>dicava gli alisi,<br />

e poi dopo la conta, il tiro per stabilire, a seconda della lontananza,<br />

chi avrebbe tirato per primo. Iniziava quello più lontano.<br />

Il bersaglio era rappresentato da una cartuccia sopra la<br />

quale ognuno metteva la quota stabilita di figur<strong>in</strong>e da<br />

giocare. V<strong>in</strong>ceva, prendendosi tutto, colui che colpiva la<br />

cartuccia facendola cadere. Per il gioco della pamela<br />

(fig.6), si usavano quattro cartucce disposte a losanga,<br />

con l’asse maggiore orientato sulla l<strong>in</strong>ea di tiro. Le due<br />

cartucce ubicate su tale asse distavano tra loro all’<strong>in</strong>circa<br />

trenta centimetri, mentre le altre due, poste sull’asse m<strong>in</strong>ore<br />

ortogonale al primo e chiamate pance, distavano<br />

circa qu<strong>in</strong>dici centimetri l’una dall’altra. Anche sopra<br />

queste si mettevano le figur<strong>in</strong>e, ma non <strong>in</strong> eguale misura.<br />

Sull’ultima, ritenuta la più protetta se ne metteva la metà,<br />

sulla più avanzata se ne metteva un quarto e sulle pance,<br />

ritenute più esposte, un ottavo ciascuna. Il gioco era meno<br />

azzardato del luss<strong>in</strong>o e poteva gratificare più di un<br />

giocatore a meno ché qualcuno non facesse sterna, buttando<br />

a terra tutte le cartucce e prendendosi l’<strong>in</strong>tera posta<br />

<strong>in</strong> gioco. S<strong>in</strong>golare è l’assonanza di questa parola con<br />

la corrispondente <strong>in</strong>glese straight pronunciata nel bowl<strong>in</strong>g<br />

quando il giocatore, con un solo colpo, riesce a far<br />

cadere tutti i birilli.<br />

Fig. 6


14 Murlo Murlo Murlo Cultura<br />

Cultura<br />

Fig. 1<br />

Realtà straord<strong>in</strong>arie nascoste<br />

Il Mul<strong>in</strong>o di Rocca Gonfienti<br />

di Luciano Scali<br />

C<br />

hissà quante persone saranno passate accanto ai<br />

ruderi del mul<strong>in</strong>o di Rocca Gonfienti, o di<br />

Mattioni, (fig.1) senza accorgersene, ricoperto<br />

come si trova dall’edera e dalla macchia. Solo la sommità<br />

del lato destro del muro è ancora visibile mentre il resto<br />

è nascosto sotto un’autentica coltre verde di vegetazione.<br />

E’ quel che rimane di una costruzione molto antica<br />

posta tra le due anse dell’Ombrone a un quarto di miglio<br />

dal podere di Mattioni e a pochi metri di distanza dal<br />

ponte della ferrovia per Grosseto. Il catasto Leopold<strong>in</strong>o,<br />

nella sezione K di S. Giusto rilevata nell’anno 1821,<br />

(fig.2) la riporta come fabbrica di 360 braccia quadre di<br />

superficie (130 m.q. c.a.) senza specificare il rapporto fra<br />

lunghezza e profondità, difficili da misurare nelle<br />

condizioni attuali. Si da però il caso che l’<strong>in</strong>terno sia<br />

diviso <strong>in</strong> due vani pressoché uguali e che da una prima<br />

occhiata superficiale diano l’impressione di essere a<br />

pianta quadrata. Se così fosse si potrebbero dedurre le<br />

Fig. 2<br />

d i m e n s i o n i d e l l a<br />

struttura <strong>in</strong> sedici metri<br />

c.a. di fronte per otto<br />

m e t r i c i r c a d i<br />

profondità.<br />

La costruzione venne<br />

realizzata <strong>in</strong>teramente a<br />

filarotti di pietra mentre<br />

i due vani <strong>in</strong>terni furono<br />

ricoperti con volte a<br />

crociera <strong>in</strong> mattoni<br />

come <strong>in</strong>dicato dai<br />

peducci su tutti gli<br />

angoli di ciascuna stanza<br />

(fig.3).<br />

Due caditoie ancora visibili all’<strong>in</strong>terno della parete di<br />

nord ovest (fig.4), starebbero a <strong>in</strong>dicare come nei<br />

predetti locali fossero ubicati i ritrec<strong>in</strong>e del mul<strong>in</strong>o,<br />

senza purtroppo poterne precisare il numero a causa del<br />

collasso delle due volte.<br />

L’apertura attraverso la<br />

quale è possibile accedere<br />

al rudere, doveva <strong>in</strong>vece<br />

avere la funzione di lasciar<br />

fluire verso l’Ombrone<br />

l’acqua che “aveva già<br />

mac<strong>in</strong>ato”. Nelle stanze<br />

s u peri ori d ov ev a no<br />

trovarsi i palmenti e ad un<br />

livello ancora più alto i<br />

Fig. 4<br />

Fig. 3<br />

depositi del grano e la<br />

zona di accesso ai clienti<br />

che venivano a mac<strong>in</strong>are.<br />

Il bottaccio con l’accumulo dell’acqua doveva trovarsi al<br />

livello dell’attuale campo ma la costruzione della ferrovia<br />

carbonifera dapprima e quella più recente per Grosseto<br />

ne hanno cancellate le tracce, assieme a quelle del<br />

gorello e di una steccaia di presa sull’Ombrone. Il<br />

tracciato della ferrovia diretta verso il fiume, doveva<br />

senz’altro co<strong>in</strong>cidere con il percorso del gorello e<br />

l’attuale posizione del ponte lo confermerebbe. Nelle<br />

strade ferrate il fattore pendenza non deve essere<br />

sottovalutato e per riuscire a mantenerlo costante è<br />

necessario effettuare sbancamenti o r<strong>in</strong>terri di una certa<br />

consistenza tali da cancellare <strong>in</strong> maniera def<strong>in</strong>itiva le<br />

tracce di attività del passato. Nel caso del mul<strong>in</strong>o di<br />

Rocca Gonfienti deve essere andata proprio così. A<br />

prima vista , vi si riscontrano forti analogie col mul<strong>in</strong>o di<br />

Lupompesi sia nella struttura che nell’impostazione<br />

tecnica il che potrebbe rivelarsi di grande aiuto<br />

nell’effettuare ulteriori verifiche su questi straord<strong>in</strong>ari<br />

resti. Se così fosse sarebbe anche possibile ipotizzarne<br />

una credibile ricostruzione sia nell’aspetto orig<strong>in</strong>ario che<br />

nel sistema di alimentazione idrica.


Murlo Murlo Cultura<br />

Cultura<br />

Riflessioni sul costante mutare delle cose<br />

Gli pseudomorfi archeologici<br />

di Edilberto Formigli<br />

N<br />

ella mia esperienza di restauratore archeologico mi sono imbattuto spesso <strong>in</strong> reperti che pur<br />

mantenendo la forma e tutti i dettagli di superficie, si erano completamente trasformati nel corso<br />

del tempo nella loro sostanza. La materia metallica della quale erano fatti <strong>in</strong> orig<strong>in</strong>e era stata<br />

sostituita da un'altra del tutto diversa: una fibula una volta di bronzo trasformata <strong>in</strong> una sostanza leggera e<br />

grigiastra, una moneta divenuta m<strong>in</strong>erale spugnoso e fragile. Si tratta di fenomeni nei quali avviene una<br />

lentissima trasmigrazione a livello atomico o molecolare delle sostanze orig<strong>in</strong>ali che vengono sostituite da<br />

altri elementi, da altre molecole. Il risultato dopo secoli di <strong>in</strong>terramento è che l'oggetto mantiene la sua<br />

vecchia forma le sue dimensioni orig<strong>in</strong>arie, ma cambia completamente nelle sue qualità fisiche, nel suo<br />

colore, nel suo peso Il fatto è che lo stato metallico degli elementi che componevano questi oggetti <strong>in</strong> natura<br />

non era stabile. Gli antichi avevano dovuto applicare dell’energia sotto forma di calore per ricavare il metallo<br />

dai suoi m<strong>in</strong>erali nei forni di riduzione. Col passare del tempo lasciato a se stesso l'oggetto ha restituito<br />

questa energia <strong>in</strong> fenomeni di ossidazione. Alcuni composti solubili sono migrati nel terreno circostante, altri<br />

meno solubili sono rimasti <strong>in</strong> loco.<br />

Sostanze presenti nell'ambiente hanno sostituito atomo per atomo l’elemento metallico, l'oggetto è tornato<br />

ad essere quello che era <strong>in</strong> orig<strong>in</strong>e, un m<strong>in</strong>erale, una pietra.<br />

La cosa più sorprendente è che la fibula ad esempio, sembra ancora quella di una volta ma non può più<br />

vivere nell'uso al quale era dest<strong>in</strong>ata perché ha perso la flessibilità della molla, la robustezza dell’arco... e<br />

divenuta uno pseudomorfo, l'ombra di se stessa, un oggetto buono solo a stare ben fermo <strong>in</strong> una vetr<strong>in</strong>a del<br />

museo archeologico.<br />

Qualcosa di simile accade sotto ai nostri occhi a molte cose senza che ce ne rendiamo conto. Le cose<br />

cambiano lentamente <strong>in</strong>torno a noi al di sotto della soglia della nostra percezione. Qualche rara volta ci<br />

svegliamo da questo <strong>in</strong>torpidimento con la spiacevole sensazione di essere stati derubati di qualcosa di<br />

<strong>in</strong>def<strong>in</strong>ibile: il pane o le mele sembrano aver perso il loro sapore. Ma il ricordo di un sapore è qualcosa di<br />

molto volatile che svanisce nel tempo e poi le nuove generazioni che non hanno mai assaggiato il pane vero<br />

non ne hanno neanche il ricordo.<br />

Una città antica è sottoposta agli stessi mutamenti. La vic<strong>in</strong>a di casa ha sostituito le persiane di legno con<br />

altre metalliche dello stesso colore (solo un po’ più lucenti), il tetto della casa di fronte è stato rifatto, sembra<br />

lo stesso ma è cambiato leggermente di colore ed è fatto con tegole <strong>in</strong>dustriali. La città cambia materia sotto<br />

di noi, diventa uno pseudomorfo, lentamente ma <strong>in</strong>esorabilmente senza che ce rendiamo conto. Si adatta<br />

alle leggi del risparmio dei materiali e del lavoro. Prodotti <strong>in</strong>dustriali standardizzati sostituiscono i prodotti<br />

artigianali.<br />

Anche chi sarebbe disposto ad un sacrificio economico non trova più artigiani <strong>in</strong> grado di fare certi lavori, di<br />

garantire la “manutenzione” dell'esistente. La città cambia, mantenerla com'era costa impegno ed energia,<br />

lasciata a se stessa diventa uno pseudomorfo.<br />

La legge dell'entropia vale anche qui e sta v<strong>in</strong>cendo. Questa volta v<strong>in</strong>ce sotto forma di omologazione di un<br />

organismo con una sua identità <strong>in</strong>dividuale allo standard di altre città “moderne”, tutte simili, tutte<br />

multicolori: tra Poggibonsi e Rattendorf fra poco non ci sarà più molta differenza.<br />

15


16 Murlo Murlo Murlo Cultura<br />

Cultura<br />

U na<br />

Parole libere e poesia: due diversi modi per esprimere emozioni<br />

L’identità <strong>in</strong> mutazione di Vallerano<br />

di Luciano Scali<br />

poesia di Antonella su Vallerano pervenuta<br />

<strong>in</strong> redazione qualche tempo fa, mi ha<br />

sp<strong>in</strong>to a tornare laggiù quasi di nascosto,<br />

con l’<strong>in</strong>tima speranza di ritrovarvi la traccia delle<br />

emozioni provate quando vi giunsi per la prima volta.<br />

E’ proprio vero che le illusioni sono le ultime a<br />

morire poiché, guarda caso, sono ancorate alle sensazioni<br />

del primo <strong>in</strong>contro, allorché per curiosità o<br />

per caso, si arriva <strong>in</strong> un borgo speciale. Senza saperlo,<br />

i dettagli del suo aspetto si imprimono nella<br />

mente restandovi come foto <strong>in</strong> un album di ricordi<br />

e da quel momento l’identità del luogo vi sarà legata<br />

per sempre. Nel frattempo il borgo pressoché abbandonato<br />

dagli orig<strong>in</strong>ari abitatori ha <strong>in</strong>iziato a morire<br />

e sul suo corpo sono apparse ferite sempre più<br />

ampie e evidenti che gli sporadici <strong>in</strong>terventi dei<br />

nuovi proprietari non sono riusciti a sanare. Ben<br />

altre sono le cure di cui un borgo antico avrebbe<br />

bisogno per trasformarsi pur mantenendo <strong>in</strong>tatta la<br />

propria identità. Gli ultimi arrivati ci hanno provato<br />

riuscendo solo ad evidenziarne la decadenza con<br />

<strong>in</strong>terventi che non riescono a legare con l’esistente.<br />

Se la trasformazione di un borgo possa avvenire<br />

così non lo so, ma sta per certo che l’atmosfera del<br />

mio primo ricordo ormai non c’è più. I versi di Antonella<br />

sapranno rendere meglio il senso di quanto<br />

io provi, assai di più delle parole che hanno tentato<br />

di farlo.<br />

Lo scorrere del vecchio fosso<br />

fa gorgogliare l’acqua fra i sassi.<br />

Il vento mormora all’orecchio<br />

la storia, un rumore<br />

il vecchio mol<strong>in</strong>o<br />

quali generose acque<br />

un tempo<br />

gli hanno donato vita.<br />

Odore di far<strong>in</strong>a<br />

e una madia che si chiude.<br />

Poi il crepitare di scopi<br />

che avvampano<br />

nel forno del paese.<br />

E la mente evoca<br />

nell’<strong>in</strong>nocente <strong>in</strong>telletto<br />

ricordi mai vissuti<br />

e raccontati dall’amore<br />

per le cose semplici.<br />

Semplice e immutato nel tempo<br />

come è rimasto<br />

questo magico borgo.<br />

Antonella Guidi


Murlo Murlo Cultura<br />

Cultura<br />

GIBERVILLE - MURLO<br />

di Camillo Zangrandi<br />

Differenze - somiglianze<br />

Settembre. Ci si avvia verso l’autunno, anche se da noi quest’anno f<strong>in</strong>o a qualche giorno fa era ancora estate piena. Sole caldissimo,<br />

caldo umido pesante, mancanza di acqua che preoccupa tutti, <strong>in</strong> particolare quanti sono co<strong>in</strong>volti nella campagna. La campagna<br />

si prepara ad offrire i suoi frutti autunnali, prima l’uva e il v<strong>in</strong>o poi l’olio: nel giro di un paio di mesi sapremo come è andato<br />

realmente il raccolto e avremo già assaggiato i nuovi sapori di v<strong>in</strong>o e di olio di quest’anno.<br />

Contemporaneamente a Giberville si approssima il raccolto delle mele. Non proprio nel territorio del nostro comune gemello, ma<br />

nelle campagne vic<strong>in</strong>e e nel Dipartimento del Calvados, nel quale si trova Giberville. Delle grandi differenze che ci sono tra questi<br />

due comuni gemellati se ne è parlato al momento del gemellaggio e se parla ancora sottol<strong>in</strong>eando i diversi aspetti, che vanno da<br />

quelli naturali a quelli culturali. A volte però le differenze sono più nella materialità delle cose che nella loro essenza. Uva e mele,<br />

visti come prodotti <strong>in</strong> sé, sono due cose molto diverse, ma quello che rappresentano per i rispettivi territori è simile: le mele nel<br />

Calvados (e <strong>in</strong> Normandia) sono quello che l’uva significa <strong>in</strong> prov<strong>in</strong>cia di Siena (e <strong>in</strong> Toscana). Per il prodotto <strong>in</strong> sé e per quello<br />

che ne deriva: coltivazioni e tradizioni millenarie, storia e una delle identità del territorio, una importante fonte di reddito, un marchio<br />

di fabbrica. I Celti, nel territorio che dal 1588 si sarebbe chiamato Calvados, e gli Etruschi facevano già uso e dei frutti e dei<br />

loro derivati, il sidro e il v<strong>in</strong>o; i Romani raccontano nei loro testi storici e delle mele e dell’uva e ne bevevano i succhi. Certo a quei<br />

tempi il sidro e il v<strong>in</strong>o non erano neanche lontani parenti degli attuali. Da preparazioni rozze, spremute con l’aggiunta di vari <strong>in</strong>gredienti,<br />

nel corso dei secoli si è passati a prodotti sofisticati, e per prodotti <strong>in</strong>tendo sia i frutti che il loro derivato. Le tecniche<br />

<strong>in</strong>fatti hanno prodotto nel tempo meli viti vitigni sempre più selezionati, sidri e v<strong>in</strong>i più sofisticati. Dalle mele, non importa di<br />

quali qualità del lontano passato, si è passati ad una selezione di alcuni precisi tipi di mele con differenti sapori e gradazioni zuccher<strong>in</strong>e<br />

e della loro provenienza, dall’uva tout court ai discipl<strong>in</strong>ari che def<strong>in</strong>iscono le aree, i tipi di vitigno, le quantità producibili:<br />

<strong>in</strong> ambedue i casi per ottenere sidri e v<strong>in</strong>i a denom<strong>in</strong>azione di orig<strong>in</strong>e controllata e garantita. Le diversità-somiglianze cont<strong>in</strong>uano<br />

nei prodotti che derivano dal sidro e dal v<strong>in</strong>o, il Calvados e la Grappa, liquori che si ottengono dalla distillazione del “fondu” del<br />

sidro e dalle v<strong>in</strong>acce. Anche per questi famosi distillati, le orig<strong>in</strong>i si perdono <strong>in</strong>dietro nei secoli; mentre per il Calvados si trova<br />

almeno una data certa nella quale si da notizia della tecnica della distillazione del sidro (dal diario di Messer De Gouberville -28<br />

marzo 1553-), per la Grappa non abbiamo trovato notizie del genere. Ma non vogliamo svelare tutti i segreti e le raff<strong>in</strong>ate tecniche<br />

per ottenere un ottimo Cidre o Pommeau o Calvados, meglio andare a Giberville a gustarli: tutti A.O.C. naturalmente.<br />

Différences – Similitudes<br />

Septembre. En route pour l'automne, même si chez nous il y a quelques jours encore nous étions en ple<strong>in</strong> été. Un soleil cuisant,<br />

chaleur torride, air humide et lourd. Partout un manque d'eau <strong>in</strong>quiétant tous le monde et particulièrement les gens de la campagne.<br />

La campagne s'apprête à offrir ses fruits automnaux, d'abord le rais<strong>in</strong> et le v<strong>in</strong>, puis l'huile: dans deux mois environ nous saurons<br />

comment aura été la récolte et nous aurons déjà goûté les nouvelles saveurs et du v<strong>in</strong> et de l'huile de cette année. En même<br />

temps qu' Giberville la récolte des pommes approche. Pas vraiment dans le territoire de notre commune jumelle, mais dans la<br />

campagne avois<strong>in</strong>ante et dans le département du Calvados, dans lequel se trouve Giberville. Des grandes différences qu'il y a entre<br />

ces deux communes jumelées, il en a été question au moment du jumelage et l'on en parle encore en mettant en exergue les divers<br />

aspects, qui vont des naturels aux culturels. Parfois les différences sont plus dans la "matérialité" des choses que dans l'essence.<br />

Rais<strong>in</strong> et pommes, vus comme des produits en soit, sont deux choses bien différentes, mais ce qu'ils représentent pour les territoires<br />

respectifs est semblable: les pommes du Calvados (et en Normandie) sont ce que le rais<strong>in</strong> signifie dans la prov<strong>in</strong>ce de Sienne<br />

(et en Toscane), pour le produit en soit et pour ce qu'il en découle: cultures et traditions millénaires, histoire et une des identité<br />

du territoire, une ressource importante de revenu, une garantie de fabrication. Les Celtes, sur le territoire qui depuis 1588 se serait<br />

appelé Calvados, et les Etrusques qui utilisaient déjà les fruits et leurs dérivés, le cidre et le v<strong>in</strong>; les Roma<strong>in</strong>s racontent dans leurs<br />

textes historiques et des pommes et du rais<strong>in</strong> et des jus qu'ils buvaient. Certes en ce temps le cidre et le v<strong>in</strong> étaient bien lo<strong>in</strong> de ces<br />

boissons actuelles. De préparations brutes, pressées avec l'adjonction de divers <strong>in</strong>grédients, au cours des siècles nous sommes passés<br />

à des produits sophistiqués, et pour produits j'entends soit les fruits que les dérivés. Les différentes techniques ont produit au<br />

fil du temps: pommiers, vignes, cépages, toujours plus sélectionnés, cidres et v<strong>in</strong>s de plus en plus sophistiqués. Des pommes, des<br />

temps jadis, peu importe la qualité l'on est passé à une sélection de quelques genre de pommes précises aux différentes saveurs et<br />

gradations sucrières et de leur provenance, du rais<strong>in</strong> tout-court au règlements qui déf<strong>in</strong>issent les aires, les genre de cépages, les<br />

quantités productibles: dans les deux cas, en vue de l'obtention du label d'AOC (Appellation d'orig<strong>in</strong>e contrôlée).Les différencesressemblances<br />

cont<strong>in</strong>uent dans les produits dérivés du cidre et du v<strong>in</strong>, le Calvados et la Grappa, liqueurs qui s'obtiennent de la<br />

distillation du "fondu" du cidre et de la v<strong>in</strong>asse. Pour ces fameux distillés aussi, les orig<strong>in</strong>es se perdent dans les siècles passés; alors<br />

que pour le Calvados l'on trouve au mo<strong>in</strong>s une certa<strong>in</strong>e date dans laquelle est donnée la technique de distillation du cidre (du journal<br />

de Messer de Gouberville du 28 mars 1553), alors que pour la Grappa aucune nouvelle du genre n'a été trouvée. Mais nous ne<br />

voulons pas dévoiler tous les secrets et les techniques raff<strong>in</strong>ées pour obtenir le délicieux Cidre ou Pommeau ou Calvados, il vaut<br />

mieux aller sur place à Giberville pour les goûter: tous A.O.C. naturellement.<br />

(Trad. Isa Nicolet)<br />

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18 Murlo Murlo Murlo Cultura<br />

Cultura<br />

Non è corretto pensare che il progresso sia unicamente dovuto all’uso dei mezzi che<br />

la moderna tecnica ha messo a disposizione dell’uomo. Un ruolo importante per<br />

ottenerlo potrà sempre giocarlo l’esperienza acquisita nel corso dei secoli, allorché si<br />

rivelerà efficace laddove la tecnica faccia difetto o sia di difficile impiego. Ascoltiamo<br />

qu<strong>in</strong>di...<br />

I SUGGERIMENTI DEL VESCOVO<br />

URTICA DIOICA<br />

a cura di Giorgio Boletti<br />

D<br />

opo il “compostaggio” vi proponiamo un'altra validissima pratica per attuare una gestione dell’orto e del<br />

giard<strong>in</strong>o “secondo natura”. Anche questa volta abbiamo preso lo spunto dall'ottimo libro di Mario Howard -<br />

L’Orto secondo natura - Editrice Desert<strong>in</strong>a CH-7180 Disentis/Mustér, già citato nella precedente occasione.<br />

Ci riferiamo ad una concimazione naturale e ad una lotta naturale contro i pidocchi (afidi), entrambe attuate<br />

utilizzando l'ortica (Urtica dioica). Si, proprio la comune ortica, quella che spesso ci ha procurato qualche dispiacere...<br />

urticandoci le gambe o le mani quando <strong>in</strong>avvertitamente l’abbiamo sfiorata attraversando un prato, un <strong>in</strong>colto, un<br />

fosso. E sempre la stessa pungente erba con la quale abbiamo cuc<strong>in</strong>ato la voluttuosa “vellutata” che vi abbiamo<br />

proposto nel numero 1 del 2000 e con la quale cuc<strong>in</strong>eremo il succulento risotto che vi proponiamo <strong>in</strong> questo numero.<br />

Due sono le preparazioni che ci occorrono, partendo dallo stesso dosaggio di un Kg. di ortica per 10 litri di acqua.<br />

L'ortica va raccolta possibilmente durante la fioritura (luglio/agosto).<br />

1. MACERATO<br />

Impiego: come ricostituente per piante che hanno difficoltà di crescita e<br />

richiedono un supplemento di sostanze nutritive, <strong>in</strong> quanto rappresenta una<br />

<strong>in</strong>tegrazione del nutrimento del terreno.<br />

Preparazione: <strong>in</strong> un capace recipiente di legno, terracotta o plastica (non di<br />

ferro) mettete l'ortica e coprite con acqua, possibilmente non di rub<strong>in</strong>etto<br />

(piovana, di fiume, lago, fontone). Coprite con una rete per evitare che vi<br />

affogh<strong>in</strong>o uccelli o altri piccoli animali e fate macerare, possibilmente al sole<br />

per accelerare il processo di fermentazione; rimescolate possibilmente ogni<br />

giorno con l'avvertenza che foglie e fusti siano sempre ben immersi nel<br />

liquido. Per evitare cattivi odori, dopo 24 ore si può spargere sulla superficie<br />

un pugno di far<strong>in</strong>a di roccia. Il macerato sarà maturo quando <strong>in</strong> superficie<br />

non ci sarà più formazione di schiuma. A questo punto filtrate<br />

sommariamente e conservate <strong>in</strong> un recipiente con chiusura.<br />

Utilizzo: versare sul terreno nella zona delle radici, rispettando assolutamente<br />

queste avvertenze.<br />

a) diluire <strong>in</strong> rapporto di 1 a 9 (un litro di macerato <strong>in</strong> nove litri di acqua)<br />

b) distribuire al matt<strong>in</strong>o presto o alla sera tardi, mai sotto il sole<br />

c) non versare mai sul terreno asciutto, qu<strong>in</strong>di prima <strong>in</strong>naffiare<br />

d) non bagnare assolutamente mai le foglie delle piante<br />

e) usare un piccolo recipiente <strong>in</strong> modo da distribuire il macerato <strong>in</strong> modo<br />

uniforme e non eccessivo.<br />

2. INFUSO MORDENTE<br />

Impiego: per la lotta, anche preventiva, contro i pidocchi (afidi), sia verdi che<br />

neri, che possono <strong>in</strong>festare rose, nasturzi (capuc<strong>in</strong>e, tropaeolum), crucifere<br />

Preparazione: lo stesso identico procedimento del macerato con l'avvertenza<br />

che l'<strong>in</strong>fuso sarà maturo, se esposto al sole cocente, già dopo uno o due<br />

giorni. A questo punto filtrate accuratamente onde evitare il successivo<br />

otturamento degli ugelli degli spruzzatori e conservate <strong>in</strong> un recipiente con<br />

chiusura.<br />

Utilizzo: irrorate foglie e fiori con uno spruzzatore, sia preventivamente che<br />

<strong>in</strong> caso di <strong>in</strong>festazione di pidocchi (afidi verdi o neri) rispettando<br />

assolutamente queste avvertenze.<br />

a) diluire <strong>in</strong> rapporto di 1 a 5 (un litro di macerato <strong>in</strong> c<strong>in</strong>que litri di acqua)<br />

b) spruzzare al matt<strong>in</strong>o presto o alla sera tardi, mai sotto il sole<br />

L’ortica (Urtica dioica)


Murlo Murlo Cultura<br />

Cultura<br />

LE RICETTE DEL<br />

VESCOVO<br />

Rubrica semiseria di suggerimenti, notazioni pratiche,<br />

banalità, quisquilie, p<strong>in</strong>zillacchere, ecc.<br />

a cura di G. Boletti<br />

CHIACCHIERE SOTTO LE MURA<br />

L<br />

i ritroviamo, un po' meno allegri dell'altra volta, nel banco di scuola, con il loro bel grembiul<strong>in</strong>o<br />

nuovo. Ma Pier<strong>in</strong>o La Peste, nonostante tutto, non ha perso il suo proverbiale buonumore e, per<br />

rompere il ghiaccio, spara una serie di freddure da far accapponare la pelle:<br />

“E' una vitaccia”, disse il cacciavite; “Hai ragione, non si batte un chiodo”, rispose il martello.<br />

“Tutti possono sbagliare”, disse il riccio scendendo dalla spazzola.<br />

“Chi s'è visto s'è visto”, disse lo specchio andando <strong>in</strong> frantumi.<br />

“Nell'uomo c'è qualcosa di buono”, dice il cannibale.<br />

Nel villaggio dei cannibali la mamma dice alla figlia: “Oggi tuo padre ha catturato più di mille nemici;<br />

domani ti faccio la pasta con i piselli”.<br />

“Datemi retta”, disse il geometra.<br />

“Se non sai parlare italiano te lo imparo io”, dice il saputello all'extracomunitario.<br />

La frase dice al verbo: “Ci sposiamo?” "Non posso”, risponde il verbo, “sono già coniugato”.<br />

Molte persone devono la loro vita alle medic<strong>in</strong>e; per esempio i farmacisti.<br />

Cosa ci fa Babbo Natale <strong>in</strong> mezzo ad un campo da calcio? Donadoni!<br />

Tutta la classe si teneva la pancia dal ridere, ma Bastian<strong>in</strong>o no. Anzi, serio serio, scuro <strong>in</strong> volto, diede la<br />

notizia: ragazzi, la scenografia per la sacra rappresentazione pasquale per il prossimo anno (1) è stata<br />

completata. Menti “illum<strong>in</strong>ate” hanno fatto arrivare anche i..... Dodici Apostoli, travestiti da alti lampioni,<br />

che sparano la loro luce dall'alto, mettendo <strong>in</strong> risalto la geniale grandiosità della rotonda e del parcheggio di<br />

Murlo, mentre un micidiale faro male orientato acceca chi alla rotonda arriva e chi abita nei pressi (2).<br />

Lampioni per falene e lucciole e non è detto che, prima o poi, la notte non si senta <strong>in</strong>tonare una dolce...<br />

melodia sulle note di “Lili Marleen”!<br />

Sicché, come recita un<br />

“Vecchio plovelbio c<strong>in</strong>ese”<br />

“Se vuoi lidele, lidi con denti; se non hai denti, lidi con mani; se non hai mani, lidi con occhi.<br />

Se non hai occhi, mani, denti che .azzo lidi!”.<br />

(1) Vedi Murlo Cultura n. 3/2008 (n.d.r.); (2) Leggi “Casa Bacc<strong>in</strong>i” (n.d.r.)<br />

E, tra un pizzico e l'altro, godiamoci questo splendido piatto.<br />

RISOTTO CON IL... PIZZICO<br />

Ingredienti<br />

riso gr. 300, due/tre belle manciate di foglie d'ortica, acqua, aglio, dado vegetale, olio extra-verg<strong>in</strong>e d'oliva, mezzo<br />

bicchiere di v<strong>in</strong>o bianco, un tocco di burro, un poco di latte o panna, parmigiano grattugiato<br />

Procedimento<br />

Mettere sul fuoco dell'acqua per il brodo con due terzi delle foglie di ortica, aggiungere il dado.<br />

Quando l'ortica è lessata levarla con una schiumarola e frullarla. Preparare un soffritto con l'aglio tritato f<strong>in</strong>emente, il<br />

burro e l'olio, aggiungere il riso, tostare, sfumare completamente a fuoco vivo il v<strong>in</strong>o, qu<strong>in</strong>di aggiungere il frullato di<br />

ortica, mescolando accuratamente. Unire man mano il brodo e a c<strong>in</strong>que m<strong>in</strong>uti dal term<strong>in</strong>e della cottura aggiungere le<br />

restanti foglie di ortica (possibilmente le foglie più piccole). Verso f<strong>in</strong>e cottura, anziché brodo aggiungere un poco di<br />

latte o di panna, sempre mescolando qu<strong>in</strong>di, col riso molto all'onda, levare il tegame dal fuoco, <strong>in</strong>corporare il<br />

parmigiano senza mescolare, coprire con un coperchio e lasciare riposare per un paio di m<strong>in</strong>uti. Scoperchiare,<br />

rimestare e versare nei piatti (possibilmente caldi) ancora all'onda.<br />

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20 Murlo Murlo Murlo Cultura<br />

Cultura<br />

“L’Angolo L’Angolo della della Poesia”<br />

Poesia”<br />

Spesso ci si <strong>in</strong>terroga per <strong>in</strong>dividuare da dove passi il conf<strong>in</strong>e tra poesia e arte visiva senza riuscire a<br />

darsi una sufficiente risposta specie se ci si accorge, che sullo stesso tema, pochi versi riescono a<br />

procurare un’emozione più <strong>in</strong>tensa di un quadro dip<strong>in</strong>to da illustre mano. L’immag<strong>in</strong>e può essere<br />

poesia, oppure la parola è immag<strong>in</strong>e? Difficile dirlo. Forse nei versi di Antonio Cozzitorto sarà possibile<br />

<strong>in</strong>travedere una conv<strong>in</strong>cente risposta.<br />

Una Pietra raccolta<br />

Il vecchio Frantoio<br />

la sua pietra raccolta<br />

ricorda nel tempo nuovo<br />

il duro lavoro dei contad<strong>in</strong>i<br />

della terra di Calabria<br />

e le belle figure<br />

delle solitarie Mamme<br />

che nelle campagne<br />

da terra raccolgono<br />

ciò che oggi spesso<br />

per le morte strade<br />

si fa perdere e marcire.<br />

* da “Una pietra raccolta”, <strong>in</strong>edito di<br />

A. Cozzitorto.<br />

La Piazza<br />

Tre fontane, tre maschere.<br />

Rimane nella memoria …<br />

come i b<strong>in</strong>ari del treno<br />

su cui scorre la vita.<br />

. è il passato, il presente, il futuro.<br />

Racconta.<br />

Tutto <strong>in</strong> un attimo<br />

Tanti si affrettano<br />

altri combattono<br />

grandi parlano e decidono<br />

i poveri muoiono<br />

come le farfalle<br />

nei giorni del sole caldo.<br />

E’ vero Angela: sei andata via ma i nostri pensieri ti<br />

troveranno sempre <strong>in</strong> quel mondo colorato che<br />

Sandro cont<strong>in</strong>uerà a disegnare ogni giorno per te.<br />

*Inediti di A. Cozzitorto.<br />

E’ Sera<br />

E’ sera<br />

Nel buio riconosco le tenebre<br />

e le mie paure,<br />

ma <strong>in</strong> lontananza<br />

fievoli luci mi ricordano la speranza<br />

che non deve mai abbandonare il<br />

mio cuore.<br />

Il vento<br />

Il vento<br />

porta sempre<br />

le barche<br />

lontano<br />

il mare agitato<br />

diventa calmo<br />

la serenità ritorna<br />

*Inediti di A. Cozzitorto.<br />

L<br />

a s t u p e n d a<br />

stru ttu ra che<br />

sovrasta la cisterna<br />

dell’Olivello, versa <strong>in</strong><br />

gravi condizioni e rischia<br />

di crollare. Poiché, a<br />

quanto sembra, appartiene<br />

alla Comunità, sarà il caso<br />

che personale dell’Ufficio<br />

Tecnico effettui un<br />

sopralluogo conoscitivo<br />

per i provvedimenti del caso. Inutile ricordare che si<br />

tratta dell’unico manufatto di tali caratteristiche ancora<br />

esistente nel nostro comune e la cui scomparsa sarebbe<br />

una delle tante perdite alla quale, <strong>in</strong> seguito, sarebbe<br />

impossibile porre rimedio anche volendolo.<br />

(L. S.)<br />

In questo numero:<br />

Efficacia dei mezzi di comunicazione p. 1 I giochi dei nostri tempi pp. 12/13<br />

Lettere al Direttore p.2 Il Mul<strong>in</strong>o di Rocca Gonfienti p. 14<br />

Spigolature p. 3 Gli pseudomorfi archeologici p. 15<br />

Acqua: ricerca di soluzioni prima dell’emergenza pp 4-5 L’identità <strong>in</strong> mutazione di Vallerano p. 16<br />

Il Falco di Radicofani p. 6 Giberville-Murlo p. 17<br />

Obiettivo Murlo: un’opera di N. Zuncheddu p. 7 I suggerimenti del Vescovo p. 18<br />

Carrellata sui mestieri <strong>in</strong> mutazione pp.8-9 Le ricette del Vescovo p. 19<br />

Memorie diverse sui muri del Vescovado pp. 10-11 L’Angolo della Poesia - Varie p. 20

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