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LA MARINA MILITARE E LA LIBIA: UN “RITORNO AL PASSATO”<br />
Le operazioni navali italiane nella<br />
guerra civile contro Gheddafi<br />
A volte la Storia (quella con la “S”<br />
maiuscola) ci riserva bizzarre coincidenze<br />
temporali. Che l’anno del ritorno<br />
delle navi della Marina Militare in<br />
acque libiche sia proprio questo 2011<br />
già segnato da alcuni di quegli eventi<br />
che storici e giornalisti non esitano a<br />
definire epocali - le rivolte democratiche<br />
del mondo arabo, l’eliminazione<br />
di Osama Bin Laden, il disastro tecnologico<br />
in Giappone - è un bell’esempio<br />
di doppio deja-vu. Cento anni<br />
fa era stata proprio la Regia Marina a<br />
dare il via all’operazione che avrebbe<br />
fatto della Libia - all’epoca provincia<br />
dell’Impero turco - una colonia italiana.<br />
Esattamente 25 anni fa l’erede<br />
repubblicana della Regia Marina si<br />
trovava invece impegnata nell’operazione<br />
“Girasole”, organizzata all’epoca<br />
della crisi della Sirte e dei missili<br />
lanciati contro Lampedusa, nel marzo-aprile<br />
1986. Dal marzo 2011 la<br />
Marina Militare è tornata in forze ad<br />
incrociare al largo delle coste libiche;<br />
quelle stesse coste bombardate giusto<br />
un secolo fa per appoggiare lo<br />
sbarco dei “garibaldini del mare”<br />
(come li ribattezzò D’Annunzio)<br />
guidati dal capitano di vascello Umberto<br />
Cagni. L’obiettivo odierno è tuttavia<br />
del tutto diverso: la missione<br />
delle forze navali italiane, inserite in<br />
un contesto di uso della forza a fini<br />
umanitari approvato dalle Nazioni<br />
Unite, punta ad applicare le risoluzioni<br />
Onu 1970 e 1973 in materia di difesa<br />
dei civili libici bombardati dalle<br />
truppe fedeli a Gheddafi. Una missione<br />
multinazionale (a guida italiana,<br />
per quanto riguarda le operazioni marittime)<br />
con ricadute anche in materia<br />
i Documenti di <strong>Analisi</strong> <strong>Difesa</strong><br />
DI GIULIANO DA FRÈ<br />
di sicurezza nazionale, come l’inserimento<br />
nel dispositivo di difesa aerea<br />
di unità dotate di capacità AAW d’area<br />
(compreso il nuovissimo cacciatorpediniere<br />
Andrea Doria), e l’estensione<br />
della linea di blocco/<br />
intercettazione dei flussi migratori,<br />
usati dal Colonnello come una macabra<br />
versione mobile degli scudi umani.<br />
Una crisi che ci fornisce una doppia<br />
occasione: aggiornare il quadro<br />
relativo alla Marina libica - dopo un<br />
precedente <strong>articolo</strong> risalente al 2006:<br />
vedi http://cca.analisidifesa.it/<br />
downloads/1824313278_it.pdf -, decimata<br />
dai colpi inferti dalle forze aeree<br />
alleate a partire dal 20 maggio. In<br />
secondo luogo, fare il punto sull’attività<br />
delle navi italiane impegnate nella<br />
guerra contro il regime libico, con una<br />
Anno 12 - N° 120<br />
Luglio 2011<br />
prima analisi di capacità operative,<br />
potenzialità inespresse e limiti dimostrati.<br />
Ciò che resta dell’avversario<br />
La Libia non ha particolari tradizioni<br />
militari navali. E non basta aver impilato<br />
tra il 1970 e il 1986 navi su navi<br />
(acquistate in URSS, Italia e Francia)<br />
per dominare il Golfo della Sirte, da<br />
sempre rivendicato da Gheddafi dispiegando<br />
mezzi aerei e navali. Il<br />
primo nucleo della Marina libica<br />
(Al_Quwwat al_Bahriyya al_Libiyya)<br />
era stato attivato nel 1962 col sostegno<br />
britannico: gli ufficiali si formarono<br />
all’Accademia navale di Dartmouth,<br />
mentre la Royal Navy cedeva<br />
due dragamine litoranei. Nel 1966 fu<br />
acquistata la corvetta Tobruk, seguita
Anno 12 -<br />
da tre vedette d’attacco danesi tipo “Soloven” (classe<br />
“Susa”, poi ammodernate in Italia con l’imbarco di missili<br />
SS-12), una decina di pattugliatori costieri e la nave appoggio<br />
Zeltin; ma ancora nel 1969 la Marina reale contava<br />
appena 200 effettivi. Dopo il golpe del 1° settembre<br />
1969 le cose cambiarono rapidamente, e le forze navali<br />
acquisirono unità moderne e di varia provenienza, mentre<br />
venivano potenziate basi e infrastrutture logistiche. Nel<br />
1973 entrò in servizio la fregata lanciamissili Dat Assawari,<br />
ordinata prima della rivoluzione e costruita dai cantieri<br />
inglesi Vosper, e totalmente riarmata con sistemi d’arma<br />
ed apparati elettronici italiani dai CNR di Genova nel 197-<br />
9-1985. Furono poi ordinate 4 moderne corvette d’attacco<br />
italiane (tipo “Assad”), 10 motomissilistiche tipo<br />
“Combattante IIG” francesi e alcune navi anfibie e logistiche,<br />
tutte consegnate all’inizio degli anni ‘80. Tra il 1976<br />
e il 1986 anche il governo sovietico trasferiva a Tripoli, in<br />
cambio dell’uso dei porti libici da parte della sua 5a Eskadra,<br />
sei sommergibili tipo “Foxtrot”, quattro corvette<br />
“Nanuchka II”, 12 motomissilistiche tipo “Osa II”, otto dragamine<br />
“Natya” e quattro navi anfibie tipo “Polnocny C”,<br />
mentre nel 1987 venivano cedute - per bilanciare le perdite<br />
subite l’anno precedente nella battaglia aeronavale<br />
della Sirte (quando la corvetta Ain Zaquit, classe<br />
“Nanuchka”, e la motomissilistica Waheeg tipo<br />
“Combattante II” furono affondate, mentre un’altra corvetta<br />
e una seconda motomissilistica venivano gravemente<br />
danneggiate) - due fregate tipo “Koni”, oltre ad una quinta<br />
“Nanuchka”.<br />
Dopo il 1992 l’efficienza della flotta - già non esaltante - è<br />
drasticamente diminuita, a causa del severo embargo<br />
internazionale istituito nei confronti del regime: molte unità<br />
sono andate in disarmo, e solo le classi più numerose<br />
sono rimaste in servizio, ma al prezzo della cannibalizzazione<br />
di alcune unità; contemporaneamente, il personale<br />
passava dagli 8.000 effettivi del 1986 a circa 4mila unità.<br />
Fregate Al Hani (Koni) 1986<br />
Pagina 2<br />
Solo nell’ultimo decennio il progressivo smantellamento<br />
delle sanzioni ha permesso l’avvio dell’ammodernamento<br />
dell’apparato militare libico; ma la Marina non è certo stata<br />
in cima ai pensieri del regime, mentre lo scoppio della<br />
guerra civile ha fatto il resto.<br />
La componente subacquea è oramai quasi inesistente, e<br />
solo un “Foxtrot” (sottoposto ad un intervento di manutenzione<br />
straordinaria nel 2003) risulta ancora in servizio,<br />
ma limitato ad attività addestrative nel porto di Bengasi:<br />
l’ultima immersione operativa daterebbe infatti 1995. Migliore<br />
la situazione del naviglio di superficie. Se le unità<br />
“italiane” (la fregata Dat Assawari e le 4 corvette) non si<br />
sono più mosse dai loro ormeggi, le unità ex sovietiche e<br />
francesi hanno potuto contare su limitati interventi di modernizzazione,<br />
e sono state affiancate da mezzi di nuova<br />
costruzione.<br />
Le fregate tipo “Koni” (El Hani, El Ghardabiah), relativamente<br />
recenti - erano state consegnate nuove di pacca<br />
nel 1987 - sono state ammodernate nel 2004-2005; l’El<br />
Hani è stata catturata dagli insorti a Bengasi, dopo che il<br />
suo comandante si era rifiutato di bombardare la città,<br />
riparando in acque maltesi. Stessa sorte toccata alla corvetta<br />
Tariq_Ibn Ziyad, assieme alla gemella Ain Zaara<br />
unica unità tipo “Nanuchka” ancora in linea, mentre altre<br />
due corvette ex URSS vengono impiegate come fonti per<br />
pezzi di ricambio. Anche le 6 o 7 motomissilistiche tipo<br />
“Combattante II” ancora operative vengono alimentate<br />
cannibalizzando almeno due unità della classe, mentre<br />
appare ancora più problematica l’operatività delle quattro<br />
restanti “Osa II” ex russe, mantenute in linea ricavando<br />
parti di rispetto dalle altre unità, disarmate a fine anni ‘90.<br />
Dopo la sospensione dell’embargo la Libia ha tuttavia<br />
lanciato alcune iniziative per migliorare le proprie capacità<br />
navali soprattutto costiere, istituendo un servizio guardacoste<br />
equipaggiato con nuove navi e acquisendo motovedette<br />
di seconda mano italiane (nel quadro del tratta-
Anno 12 - N° 120<br />
to di amicizia firmato nel 2008), e rivolgendosi nel 2004 ai<br />
cantieri croati Adria-Mar per ulteriori acquisizioni e riparazioni.<br />
Tra 2006 e 2008 sono così entrati in servizio i 6<br />
pattugliatori costieri classe “Sidi Bilal” (tipo PV-30LS), con<br />
un’opzione per una seconda serie di 6 unità migliorate,<br />
mentre veniva anche acquistata una piccola imbarcazione<br />
idrografica; nel 2009 il governo libico è d’altra parte<br />
intervenuto per finanziare il cantiere croato migliorandone<br />
le capacità produttive, e assegnandogli ulteriori contratti<br />
per la manutenzione delle proprie unità da guerra. I lavori<br />
hanno riguardato inizialmente tre unità costruite per la<br />
Marina libica tra 1975 e 1982 nei cantieri iugoslavi di<br />
Kraljevica: la nave appoggio e salvataggio Al Manked,<br />
riconsegnata nel 2007, e le due LST (derivate dalle<br />
“Batral” francesi) Ibn Ouf e Ibn Haritha, ammodernate nel<br />
2008-2009. Quindi, nel 2009 è stato siglato un contratto<br />
per l’ammodernamento di 5 unità tipo “Combattante II”,<br />
dopo che nel 2006 non era andato a buon fine un accordo<br />
con i cantieri francesi CNM e Thales. Nel 2008 è giunta<br />
nei cantieri croati la motomissilistica Laheeb che, completati<br />
i lavori durati 24 mesi, ha iniziato le prove in mare<br />
il 22 settembre 2010, forse dopo essere stata trasformata<br />
in una motocannoniera. Le foto presenti sul sito del cantiere<br />
croato (http://www.adria_mar.hr/) mostrano infatti -<br />
ma i lavori non erano ancora finiti - l’unità impegnata nei<br />
test di velocità (durante i quali ha raggiunto i 38 nodi originari)<br />
con alcune vistose modifiche ai sistemi d’arma,<br />
come l’assenza dei due impianti binati lanciamissili dei<br />
“Teseo 2", e la sostituzione del pezzo prodiero Compatto<br />
da 76/62 mm. Lo scoppio della guerra civile ha però bloccato<br />
tutti i programmi di ammodernamento, che riguardavano<br />
i lavori di rimessa in efficienza anche di due navi<br />
anfibie tipo “Polnocny” e di alcuni dragamine tipo<br />
“Natya” (8 unità di nuova costruzione cedute da Mosca<br />
nel 1981-1986, impiegate anche come pattugliatori, e tre<br />
delle quali risultano in disarmo), oltre ad alcune nuove<br />
acquisizioni, che non riguardavano solamente il secondo<br />
lotto di pattugliatori ordinati all’Adria-Mar. Nel marzo 2009<br />
era stato siglato con Mosca un accordo che prevedeva,<br />
oltre alla fornitura di parti di ricambio per le unità acquisite<br />
negli anni ‘80, la costruzione di tre corvette lanciamissili<br />
tipo “Gepard”, mentre c’era interesse per la ricostituzione<br />
di una componente subacquea, legata ad un paio<br />
di ipotesi: l’acquisto di battelli tipo “Kilo”, usati o nuovi,<br />
oppure di altri battelli di seconda mano in offerta sul mercato<br />
dell’usato (e si è ventilata anche la possibilità di acquisire<br />
i nuovi S-1000 italo-russi sviluppati nel 2004-<br />
2005). Il contratto con la Russia, tuttavia, non si è concretizzato;<br />
ed è così tornata in primo piano l’Adria-Mar, con<br />
due progetti: il primo per un pattugliatore portaelicotteri<br />
da 60 metri, il secondo per una corvetta lanciamissili da<br />
82 metri e 1.500 tonnellate. Accanto alle unità - in servizio<br />
o in disarmo - tradizionali, la Marina libica schiera anche<br />
una componente asimmetrica, che comprende navi<br />
da trasporto tipo ro-ro da 5-6.000 t., di costruzione mercantile,<br />
utilizzabili anche come posamine (operazione<br />
molto probabilmente svolta in Mar Rosso nel 1984, all’epoca<br />
della famosa “crisi delle mine”) grazie all’installazione<br />
di apposite ferroguide. Probabilmente una di queste<br />
unità (ne erano state acquistate una decina, anche per<br />
l’impiego civile) è entrata in azione all’inizio della guerra<br />
civile, come base per i quattro gommoni impegnati nell’operazione<br />
anfibia di Ras Lanuf dell’11 marzo, e forse an-<br />
Pagina 3<br />
che come “cannoniera” sui generis, dopo aver imbarcato<br />
pezzi d’artiglieria campale. Negli anni ‘70-‘80 in effetti<br />
Gheddafi aveva anche messo in piedi una flottiglia insidiosa<br />
dotata di 20 mezzi subacquei d’assalto tipo “Mala”<br />
R-1 ed R-2 jugoslavi, e di 120 barchini, alcuni di tipo esplosivo<br />
a controllo remoto, controllati dalle Forze speciali<br />
navali libiche (di stanza a Sidi Bilal, presso Zanzur),<br />
addestrate in URSS e Iugoslavia, ma anche in Francia,<br />
Grecia e Italia, e strutturate su un reparto di incursorisommozzatori<br />
(circa 150 elementi, per la prima volta impiegati<br />
durante la guerra con l’Egitto del 1977), e un battaglione-commando,<br />
destinato soprattutto alla difesa delle<br />
basi. Dopo il lungo embargo e il declino dell’apparato<br />
militare libico, buona parte di questo materiale risulta inutilizzabile<br />
(forse una sessantina di barchini e gommoni e<br />
due o tre “Mala” sono ancora operativi), così come sono<br />
decadute le capacità delle forze speciali. Con lo scoppio<br />
della guerra e l’intervento della NATO, tuttavia, qualcosa<br />
si è mosso, probabilmente con l’impiego di operatori mercenari<br />
di origine iugoslava (specialisti del settore). A fine<br />
aprile piccole imbarcazioni hanno rilasciato mine navali<br />
nel porto di Misurata, sotto assedio anche da terra. A metà<br />
maggio due gommoni carichi di Semtex (un potente<br />
esplosivo di origine cecoslovacca acquistato a suo tempo<br />
dal Colonnello per un totale di 700 tonnellate) sono stati<br />
intercettati mentre puntavano sulle navi alleate al largo di<br />
Misurata. Un gommone (forse d’appoggio) è riuscito a<br />
fuggire con gli incursori, ma il secondo - con a bordo una<br />
tonnellata di Semtex e due manichini - è stato catturato;<br />
l’ipotesi più probabile è che lo si volesse far andare alla<br />
deriva magari spacciandolo come carico di clandestini in<br />
difficoltà, per poi farlo esplodere una volta che una nave<br />
della Nato si fosse accostata. Questi episodi, e le precedenti<br />
azioni di fuoco effettuate da naviglio regolare e irregolare<br />
libico (durante le quali erano state affondate una<br />
mezza dozzina di imbarcazioni governative, per lo più<br />
gommoni e vedette) hanno indotto le forze aeree della<br />
NATO a colpire, dal 20 maggio, le basi navali rimaste in<br />
mano al Colonnello - Tripoli, Al-Khums e Sirte - e, per la<br />
prima volta, anche le navi all’ancora. Risultano colpite, ad<br />
oggi (11 giugno 2011) 9 unità da guerra. Difficile tuttavia<br />
distinguere tra quelle che erano ancora operative, e quelle<br />
abbandonate alla ruggine. Di sicuro sono state centrate<br />
dalle armi guidate degli aerei della coalizione:<br />
- la fregata El Ghardabiah, l’unica tipo “Koni” rimasta in<br />
mano ai governativi: un video girato nella notte dell’attacco<br />
la mostra in fiamme nel porto di Tripoli, colpita nella<br />
sovrastruttura centro-poppiera che regge la colonnina del<br />
radar di tiro “Pop Group” del vicino impianto missilistico<br />
AAW a corto raggio SAN-4 GECKO. L’incendio tuttavia<br />
appariva circoscritto, e la nave non sembra in pericolo di<br />
affondare: il comando marittimo libico ha poi ammesso il<br />
danno subito dalla fregata, sottolineando che l’El Ghardabiah<br />
si trovava ai lavori;<br />
- alcuni video dell’attacco notturno del 20 maggio girati<br />
dai cacciabombardieri della RAF mostrano invece, oltre<br />
ai danni subiti da un sito di ricovero e manutenzione dei<br />
gommoni, due colpi in pieno su altrettante motomissilistiche<br />
tipo “Combattante IIG” (le uniche unità d’attacco davvero<br />
pericolose della Marina libica, se aggiornate). Una<br />
delle navi colpite mostra chiaramente la configurazione<br />
originale, con nel settore centro-poppiero i due lanciatori<br />
binati per gli Otomat-Teseo 2, mentre l’altra appare inve-
Anno 12<br />
Cacciatorpediniere Mimbelli<br />
ce priva dei sistemi missilistici, ma senza che si possa<br />
capire se per lavori o perché in disarmo. Il comando libico<br />
ha però affermato che le navi colpite erano tutte appartenenti<br />
alla guardia costiera, che era già stata tartassata il<br />
28 marzo, quando navi ed aerei americani avevano sventato<br />
l’attacco ad un mercantile diretto a Misurata da parte<br />
di tre unità libiche. In quell’occasione, la U.S. Navy aveva<br />
distrutto due piccole imbarcazioni, e uno dei pattugliatori<br />
di recente costruzione classe “Sidi Bilal”, quest’ultimo<br />
centrato da una bomba guidata AGM-65 “Maverick”, lanciata<br />
da un aereo P-3C “Orion” nel corso della prima azione<br />
operativa di questo tipo (le altre due imbarcazioni<br />
sono state affondate a colpi di cannoncino Gatling da 30<br />
mm da un A-10 “Thunderbolt” dell’USAF).<br />
L’azione della Marina Militare italiana<br />
La flotta italiana è tornata ad incrociare in acque libiche<br />
ostili dopo esattamente un secolo, schierando come allora<br />
un mix di navi di ultimissima generazione e di unità più<br />
datate, e a volte prossime alla radiazione. Tutte hanno<br />
operato, in questi mesi, in un ampio spettro di missioni,<br />
dal trasporto di materiale umanitario al concorso nella<br />
difesa aerea a largo raggio, dal pattugliamento alle operazioni<br />
di attacco aeronavale.<br />
Il primo allarme è suonato il 22 febbraio, quando era ormai<br />
chiaro che, contrariamente a quanto accaduto in Tunisia<br />
e in Egitto (pure teatro di scontri sanguinosi), nell’ex<br />
“quarta sponda” si scivolava inesorabilmente verso il piano<br />
inclinato della guerra civile. In quei giorni si trovavano<br />
in servizio nel Canale di Sicilia, per i tradizionali compiti di<br />
vigilanza pesca e controllo dei flussi migratori - già ripresi<br />
a causa della crisi tunisina - due unità del COMFORPAT:<br />
il moderno pattugliatore Comandante Bettica (terza unità<br />
classe “Comandanti”, consegnata nel 2002), e la corvetta<br />
Fenice (classe “Minerva-2a serie”), una veterana in linea<br />
dal 1990, ancora armata con i sistemi missilistici AAW<br />
Pagina 4<br />
“Albatros/Aspide”, sbarcati dopo il 2002 dalle gemelle<br />
della 1a serie.Il 22 febbraio l’arrivo al largo di Malta di<br />
due unità militari libiche, ammutinatesi dopo aver ricevuto<br />
l’ordine di bombardare Bengasi, veniva tenuto sotto controllo<br />
dai pattugliatori e dagli aerei italiani. Quello stesso<br />
giorno, per concorrere allo svolgimento di operazioni di<br />
carattere umanitario e per assicurare l’eventuale evacuazione<br />
dei cittadini italiani e stranieri, da Brindisi prendeva<br />
il mare la nave anfibia San Giorgio (con a bordo un team<br />
del “San Marco”), mentre lasciava Taranto anche il cacciatorpediniere<br />
Mimbelli, destinato ad assicurare il controllo<br />
dello spazio aereo. Seppur meno moderno dei due<br />
fiammanti cacciatorpediniere classe “Doria” (che sarebbe<br />
ora di classificare in modo più corretto, ossia “incrociatori<br />
leggeri antiaerei”), il Mimbelli è reduce da un ciclo di lavori<br />
di mezza vita che ne hanno potenziato e aggiornato le<br />
capacità di difesa e scoperta aerea, con l’installazione di<br />
nuovi radar, di scoperta aeronavale RAN-40L (o MM/<br />
SPS-798), e di tiro RAN-21S, entrambi prodotti di punta<br />
della Selex. Per assicurare il sostegno logistico al gruppo<br />
navale usciva inoltre in mare il rifornitore Vesuvio, una<br />
delle navi veterane della squadra, coi suoi 33 anni di servizio<br />
attivo e le tante missioni effettuate (compresa l’operazione<br />
“Girasole”). Nel dicembre 2009, nell’ambito di un<br />
primo intervento a sostegno della cantieristica navale<br />
italiana, era stato promesso dal governo uno stanziamento<br />
straordinario di 50 milioni di euro, per la progettazione<br />
e costruzione di un primo rifornitore di nuovo tipo (in configurazione<br />
JSS/LSS), dei due che entro il 2018 dovrebbero<br />
sostituire l’oramai spremutissima classe “Stromboli”.<br />
Vedremo se con la nuova crisi di Fincantieri si tornerà a<br />
parlare di queste navi, peraltro indispensabili, visto che lo<br />
Stromboli “naviga” verso i 40 anni di vita. Sempre il 22<br />
febbraio la <strong>Difesa</strong> aveva posto in allarme anche la portaerei<br />
Cavour, anche se alla fine la fiammante ammiraglia<br />
della flotta non è entrata in scena, nemmeno quando si è
Anno 12 - N° 120<br />
deciso di calare la carta della presenza aeronavale<br />
“attiva”; e vedremo poi il perché. La missione del San<br />
Giorgio si è conclusa con successo, nonostante le cattive<br />
condizioni meteomarine: il 27 febbraio l’unità ha sbarcato<br />
a Catania (dove era giunta anche l’unità gemella San<br />
Marco) 258 civili, 122 dei quali imbarcati a Misurata prima<br />
che la città venisse bloccata. Il giorno dopo è arrivato a<br />
Catania il Mimbelli, con a bordo altre 298 persone evacuate<br />
dal porto di Al Burayqah. In tutto, nella prima fase<br />
dell’intervento mirato al salvataggio dei civili stranieri rimasti<br />
intrappolati in Libia, le navi italiane hanno recuperato<br />
810 persone, compresi 274 connazionali. Il 7 marzo,<br />
coperto dal Mimbelli e con a bordo 18 fucilieri del “San<br />
Marco”, è partito per Bengasi il pattugliatore Libra, della<br />
classe “Costellazioni”: in servizio dal 1989-1990, queste<br />
unità sono impiegate non solo nella sorveglianza del Canale<br />
di Sicilia, ma anche in operazioni di soccorso ed anti-inquinamento,<br />
e sono caratterizzate da ampi spazi liberi<br />
e da hangar e ponte di volo adeguati ad accogliere un<br />
velivolo medio. Il Libra ha portato a Bengasi 25 tonnellate<br />
di materiale umanitario: acqua potabile e unità di purificazione,<br />
tende, coperte, 40 kit medici per patologie generali,<br />
oltre a cinque tonnellate di riso e cinque di latte. Il Libra<br />
ha poi ripetuto l’operazione, trasportando in tutto 85 tonnellate<br />
di rifornimenti. Il 9 marzo il Mimbelli è stato rilevato<br />
dall’Andrea Doria. Con l’avvio della controffensiva governativa<br />
verso est, appoggiata dai pochi aerei efficienti<br />
rimasti a Gheddafi (in parte pilotati da mercenari: si parla<br />
di serbi, ucraini e anche sudafricani, comunque tutti esperti<br />
veterani), la <strong>Difesa</strong> italiana ha preferito schierare<br />
uno dei suoi gioielli hi-tech quale piattaforma per il controllo<br />
aereo del Mediterraneo centrale, costituendo la<br />
punta avanzata del sistema di difesa aerea nazionale.<br />
Prima missione operativa “reale” per i nuovi cacciatorpediniere<br />
tipo “Orizzonte” (anche la Francia ha schierato i<br />
Pagina 5<br />
suoi due esemplari Forbin e Chevalier Paul), nati proprio<br />
per questo genere di esigenze, e oramai pienamente operativi<br />
a quasi 10 anni dall’avvio del programma. Il Doria<br />
infatti è stato impostato nel 2002, ed è stato consegnato<br />
a fine 2007, con il raggiungimento della piena operatività<br />
due anni dopo; il gemello Duilio è invece stato consegnato<br />
il 3 aprile 2009, e il suo esordio operativo in ambito<br />
multinazionale è avvenuto proprio alla vigilia dell’esplodere<br />
della crisi libica, con l’esercitazione NATO “Proud<br />
Manta” (4-17 febbraio 2011). Nel frattempo si intensificava<br />
l’attività della Marina e dei servizi aeronavali di Guardia<br />
Costiera e Guardia di Finanza per il controllo dell’immigrazione<br />
clandestina, e il salvataggio dei natanti carichi<br />
di clandestini in difficoltà: il 15 marzo il pattugliatore Spica<br />
(classe “Costellazioni") ha soccorso 129 naufraghi a sud<br />
di Lampedusa. Il 17 marzo la svolta, e l’adozione della<br />
Risoluzione 1973 con la quale le Nazioni Unite davano il<br />
“via libera” all’uso della forza per proteggere la popolazione<br />
civile libica, e il successivo intervento militare della<br />
NATO (“allargata” a contributi extra-atlantici), nel pomeriggio<br />
del 19. La componente navale alleata è subito stata<br />
riconfigurata in vista della nuova fase: per quanto riguarda<br />
l’Italia, il 19 marzo al Doria si sono affiancati la<br />
portaerei Garibaldi e la fregata Euro (classe “Maestrale”),<br />
poi raggiunti dal pattugliatore Comandante Borsini - già<br />
impegnato nel controllo dei flussi migratori - e dal rifornitore<br />
Etna, sede del Comando dello Standing NATO Marittime<br />
Group 1, dal 16 dicembre 2010 agli ordini del contrammiraglio<br />
Gualtiero Mattesi, 51 anni, un ex pilota di<br />
elicotteri che tra 1986 e 1989 aveva già partecipato a<br />
diverse operazioni (“Girasole”, “Golfo 1"), e che nel Canale<br />
di Sicilia ha operato come comandante del pattugliatore<br />
Storione (1989-1990) e poi della 1a Squadriglia corvette<br />
di COMFORPAT-Augusta (1999-2000). Alla testa di<br />
COMFORAL (il Comando delle Forze Navali d’Altura) c’è<br />
Incrociatore Garibaldi
Anno 12 - N° 120<br />
invece l’ammiraglio di divisione Filippo Maria Foffi, 58<br />
anni, in carica dal 24 ottobre 2010. Il Garibaldi imbarca<br />
un gruppo aereo composto da 8 caccia multiruolo V/<br />
STOL AV-8B “Harrier II Plus”, armati (oltre che col cannoncino<br />
da 25 mm) con missili aria-aria AIM-9L<br />
“Sidewinder” e AIM-120B/C AMRAAM, mentre la panoplia<br />
delle armi d’attacco comprende bombe guidate<br />
JDAM da 500 libbre, con pod di puntamento Rafael/<br />
Northrop Grumman “Litening II”, e a caduta libera Mk.82,<br />
mentre per la lotta contro i mezzi corazzati sono disponibili<br />
missili AGM-65G “Maverick”, lanciarazzi da 70 mm,<br />
clusterbomb Mk.20 “Rockeye”. Il reparto aereo è completato<br />
da tre moderni elicotteri EH-101 in versione AEW e<br />
ASW, e due velivoli multiruolo AB-212ASW. Come già<br />
accennato, per affrontare la guerra in Libia la <strong>Difesa</strong> ha<br />
messo in campo il Garibaldi - di cui si valuta una possibile<br />
trasformazione in portaelicotteri d’assalto anfibio, con<br />
un nuovo turno di grandi lavori dopo quelli di “mezza vita”<br />
del 2002 - e non il Cavour. Sul piano operativo, scegliere<br />
la nuova unità avrebbe comportato diversi vantaggi: non<br />
spremere troppo la portaerei più anziana (più costosa da<br />
manutenere), impiegare una piattaforma più grande e<br />
flessibile, capace di accogliere un numero maggiore di<br />
apparecchi, e riaccendere i riflettori su un gioiello della<br />
tecnologia e della cantieristica nazionali (con un occhio<br />
all’export). Tuttavia, dal 15 marzo la nuova ammiraglia<br />
della flotta è impegnata in una importante fase addestrativa,<br />
con le prove di qualificazione di volo per i piloti degli<br />
“Harrier” del GAI, e i test di collaudo ed integrazione del<br />
sistema di combattimento, culminati il 25 maggio con due<br />
lanci di qualificazione dei missili ASTER 15, e la validazione<br />
del sistema SAAM/IT e dell’EMPAR. Il 10 giugno, il<br />
Cavour ha poi fatto bella mostra di sé a La Spezia, durante<br />
le celebrazioni per la festa della Marina, culminate<br />
con lo spettacolare “inchino” reso da un “Harrier” al presidente<br />
Giorgio Napolitano (vedasi http://<br />
Pagina 6<br />
www.cittadellaspezia.com/La_Spezia/Cronaca/<br />
Harrier_saluta_il_presidente_Napolitano_86690.aspx)<br />
L’impegno navale italiano (che comunque non esclude il<br />
possibile turn over tra Garibaldi e Cavour, laddove le operazioni<br />
si prolungassero ancora: il 1 giugno la NATO<br />
ha prorogato la missione di 90 giorni, e la Marina italiana,<br />
al contrario della sua vecchia rivale Royal Navy, ha oggi<br />
la possibilità di impiegare ben due portaerei, seppur con<br />
un ridotto numero di caccia a reazione) è stato sancito il<br />
24 marzo con l’affidamento all’ammiraglio di squadra Rinaldo<br />
Veri del comando delle operazioni navali della missione<br />
“Unified Protector”. Veri, 59 anni, che aveva assunto<br />
il comando della componente marittima della NATO<br />
(Allied Maritime Command) di Napoli appena due settimane<br />
prima, è un veterano delle operazioni multinazionali:<br />
ha comandato il cacciatorpediniere Durand de la Penne<br />
durante la guerra del Kosovo del 1999 (l’unità era impiegata<br />
nel dispositivo di difesa aerea nazionale) e - quale<br />
responsabile del COMGRUPNAVIT - lo European Maritime<br />
Group/CTF-150 in Oceano Indiano, durante l’operazione<br />
“Enduring Freedom” (gennaio-giugno 2003). Esperienza<br />
integrata sia dal turno passati presso lo Stato<br />
Maggiore della Marina quale capo dell’ufficio operazioni,<br />
sia ai vertici della <strong>Difesa</strong> (per due anni è stato vicecomandante<br />
del COI), oltre che assumendo - dal luglio<br />
2007 al febbraio 2009 - il comando di COMFORAL. Veri<br />
ha la responsabilità di una forza (denominata Task Force<br />
455.01) che in questi mesi ha oscillato tra le 16 unità e le<br />
23 unità, col comando tattico affidato sino al 31 maggio al<br />
contrammiraglio Mattesi, sempre imbarcato sull’Etna che,<br />
nel frattempo, garantisce anche il rifornimento alle unità<br />
della squadra (con più di 50 operazioni di “replenishment<br />
at sea” effettuate). Dal primo di giugno il comando tattico<br />
della Task Force 455.01 è passato all’ammiraglio Foffi,<br />
imbarcatosi sul Garibaldi, che ora svolge le funzioni di<br />
nave ammiraglia al posto di nave Etna, rientrata a Taranto<br />
e sostituita quale rifornitore dal Vesuvio. Le unità agli<br />
Harrier
Anno 12 - N° 120<br />
ordini dell’ammiraglio Veri sono state più volte coinvolte -<br />
come già accennato - in azioni belliche:<br />
- a fine aprile vengono scoperte e neutralizzate dai cacciamine<br />
dell’Alleanza alcune mine rilasciate da quattro<br />
piccole imbarcazioni nella rada di Misurata;<br />
- nelle prime ore del 12 maggio il cacciatorpediniere britannico<br />
Liverpool e la fregata canadese Charlottetown<br />
vengono attaccate da alcune piccole imbarcazioni veloci<br />
al largo di Misurata, respinte con l’impiego delle mitragliatrici<br />
di bordo senza perdite, nonostante la ritirata dei gommoni<br />
fosse coperta dal fuoco dell’artiglieria costiera libica;<br />
- il 16 maggio è stato sventato un nuovo attacco con<br />
gommoni esplosivi. Il giorno dopo media libici hanno parlato<br />
di una nave alleata colpita durante un bombardamento<br />
navale su Misurata, notizia poi smentita dalla NA-<br />
TO.<br />
Le quattro navi italiane impegnate in base alle risoluzioni<br />
ONU (con la fregata Euro sostituita dalla gemella Libeccio,<br />
e il pattugliatore Borsini dal Bettica) sono passate<br />
sotto il controllo NATO il 26 marzo, mentre il 1° aprile -<br />
ormai eliminata la comunque poco credibile minaccia aeromissilistica<br />
del Colonnello - è rientrato a Taranto anche<br />
il Doria.<br />
La componente aerea imbarcata si è assestata sugli 8<br />
“Harrier” e quattro EH-101 del Garibaldi, più i quattro AB-<br />
212 in linea sulle altre tre unità: dal 18 marzo al 25 maggio<br />
i caccia hanno effettuato 360 sortite, e gli elicotteri<br />
399; al 5 giugno, dopo 80 giorni di missione, gli “Harrier”<br />
totalizzavano 820 ore di volo, e gli elicotteri 536. Nello<br />
stesso periodo l’intera forza aerea alleata ha effettuato<br />
8.444 missioni di volo, comprese 3.229 d’attacco (al 1°<br />
luglio, il bilancio della missione è salito a 13.460 sortite,<br />
di cui 5.047 strike, per un 10% effettuate da assetti italiani).<br />
Lo Stato Maggiore <strong>Difesa</strong> si è limitato ad emanare,<br />
sino al 28 aprile, laconiche note quotidiane (chiamarlo<br />
“bollettino di guerra” suonerebbe probabilmente molto<br />
male) caratterizzate da una formula ripetitiva, per quanto<br />
riguarda gli assetti aerei schierati da Aeronautica e Mari-<br />
EH-101<br />
Pagina 7<br />
na: “Nelle ultime ventiquattro ore sono state effettuate sei<br />
missioni. Le prime due condotte da una coppia di Tornado<br />
con compiti di ricognizione. La terza e la quarta da<br />
una coppia di Eurofighter 2000 con funzioni di sorveglianza<br />
e difesa aerea. La quinta e la sesta da una coppia<br />
AV_8B Plus con funzioni di difesa aerea e ricognizione”.<br />
Nel succedersi dei giorni poteva variare il numero di missioni<br />
(da 6 a 10), ma non il loro tenore: dal 27 aprile i comunicati<br />
sono infine stati demandati alla NATO, che da<br />
conto con precisione quotidiana degli obiettivi colpiti, ma<br />
senza “attribuirli” a questo o a quell’assetto aereo nazionale.<br />
Sul sito della <strong>Difesa</strong>, invece (www.difesa.it), vengono<br />
pubblicati scarni aggiornamenti con cadenza settimanale.<br />
Tuttavia, le reiterate dichiarazioni del governo Berlusconi<br />
sulla “flessibilità operativa” decisa il 26 aprile a causa dei<br />
“niet” della Lega Nord ai bombardamenti tout court - strategia<br />
che suona molto simile al concetto di “difesa attiva”<br />
elaborato dal governo D’Alema durante l’intervento contro<br />
la Serbia nel 1999 (e all’epoca molto vituperato da chi<br />
oggi plaude ad un’altrettanto ambigua posizione politica)<br />
- non permette di avere molti dettagli circa le azioni svolte,<br />
né degli eventuali obbiettivi colpiti dalla fine di aprile<br />
ad oggi. Il tipo di armamento e l’addestramento dei nostri<br />
caccia imbarcati (già efficacemente testati nel 1999 e in<br />
parte in Afghanistan nel 2001-2002) dovrebbe comunque<br />
garantire efficaci risultati negli attacchi contro mezzi terrestri<br />
o obiettivi navali. Si sa che il 29 aprile, ad esempio, al<br />
primo raid d’attacco italiano “ufficiale” hanno partecipato<br />
due “Harrier”, che hanno distrutto un bunker vicino Misurata<br />
con l’impiego di bombe guidate JDAM: ma rispetto<br />
alla trasparenza dei nostri alleati (con la RAF che mette<br />
quasi quotidianamente sul suo sito foto e video delle missioni<br />
effettuate) siamo ancora molto indietro. A fine maggio<br />
si ipotizzava comunque un totale di 200 tra bombe e<br />
missili lanciati dai nostri aerei, “Harrier” compresi, che dal<br />
27 potevano anche contare sull’appoggio logistico fornito<br />
da un KC-130J (versione configurata quale aerocisterna
Anno 12 - N° 120<br />
dello “Hercules”) e dal fiammante nuovo tanker dell’Aeronautica<br />
KC-767. Accanto all’impiego dei suoi mezzi aerei,<br />
come abbiamo visto la Marina impiega anche i suoi assetti<br />
anfibi. Ogni nave imbarca infatti un team di fucilieri di<br />
Marina, particolarmente utili sia per l’attività ispettiva delle<br />
navi fermate in applicazione dell’embargo decretato dalle<br />
Nazioni Unite (al 1 luglio 1.593 navi sono state contattate<br />
per un controllo, 137 abbordate e otto dirottate). Le flotte<br />
NATO hanno d’altra parte accumulato una lunga esperienza<br />
negli ultimi 20 anni, tra operazioni nel Golfo Persico,<br />
in Adriatico, e dopo il 2001 in appoggio alla “guerra al<br />
terrore”. I reparti imbarcati di fanteria di Marina garantiscono<br />
inoltre la difesa in caso di attacchi asimmetrici,<br />
probabilmente l’unica arma in mano a Gheddafi per infliggere<br />
anche solo qualche danno da sfruttare poi a livello<br />
propagandistico. Il reggimento “San Marco”, impegnato<br />
anche nelle attività di controllo dell’immigrazione, a fine<br />
aprile ha inoltre assistito con un team trasportato dal pattugliatore<br />
Bettica il rimorchiatore Asso 22, rientrato in Italia<br />
il 27 dopo essere stato per 40 giorni nelle mani dei<br />
militari libici. Nel frattempo, si è intensificata l’attività delle<br />
navi impegnate nelle operazioni anti-immigrazione<br />
(mentre la squadra dell’ammiraglio Veri costituisce una<br />
sorta di prima linea di picchetto): la nave anfibia San Marco<br />
è stata impegnata in operazioni di trasferimento - integrando<br />
l’attività dei traghetti civili requisiti - dei clandestini<br />
approdati a Lampedusa, trasportandone 1.515 tra il 24<br />
marzo e l’8 aprile, data del suo rientro a Brindisi. E’ stata<br />
sostituita dalla gemella San Giorgio, mentre per il monitoraggio<br />
delle acque tunisine sono state mobilitate anche la<br />
corvetta Minerva (una delle 4 unità dell’omonima classe<br />
trasformate dopo il 2002 in pattugliatori, sbarcando l’Albatros-Aspide<br />
e i lanciasiluri ASW, ma senza l’ipotizzata<br />
realizzazione di una piattaforma elicotteristica poppiera,<br />
con hangar telescopico. la cui assenza è una delle due<br />
oggettive limitazioni di queste ancora ottime unità, assieme<br />
ad un equipaggio troppo numeroso) e un aereo antisom<br />
“Atlantic”. Ormai in servizio dal 1972, i solidi e affidabili<br />
bimotori della Breguet (otto dei quali ancora operativi,<br />
e 10 messia terra di riserva o per cannibalizzazione),<br />
sparano così le loro ultime cartucce, in attesa dei previsti<br />
quattro nuovi ATR-72MP/ASW ordinati dall’Aeronautica -<br />
che gestisce gli aerei da pattugliamento marittimo assieme<br />
alla Marina - nel 2008, con consegne previste tra 20-<br />
12 e 2013. I nuovi apparecchi (per ora considerati solo<br />
Pagina 8<br />
come gap-filler in attesa di qualcosa di più sostanzioso -<br />
leggasi P-8A “Poseidon”, versione militarizzata e navale<br />
del Boeing 737-800 - e solamente predisposti per i sistemi<br />
ASW) saranno particolarmente efficaci nel pattugliamento<br />
navale in funzione anti-clandestini, grazie al sistema<br />
di missione ATOS in versione Maritime Long Range<br />
Surveillance (MLRS), integrato con il radar AESA Seaspray<br />
7300 e il sistema Elettro_ottico EOST_23. In realtà,<br />
visti i costi di acquisizione e soprattutto di gestione del P-<br />
8, a fronte di una netta diminuzione del pericolo proveniente<br />
da sotto il mare (con i sommergibili libici buoni per<br />
la rottamazione, la fine della componente subacquea iugoslava<br />
nel 2006, il mancato rilancio di quella croata)<br />
potrebbe aver un senso maggiore stabilizzare la linea di<br />
volo della componente marittima dell’Aeronautica Militare<br />
su un congruo numero di ATR-72, dotati anche di sistemi<br />
ASW, ma più flessibili e standardizzati in parte con i sette<br />
ATR-42MP di Guardia Costiera e Guardia di Finanza.<br />
L’operazione al largo della Tunisia (frutto di un accordo<br />
tra i governi italiano e tunisino, che prevede anche la cessione<br />
di alcune vedette di seconda mano) prosegue con<br />
l’alternarsi delle unità: ai primi di maggio alla LPD San<br />
Giorgio è subentrata nuovamente la San Marco, mentre il<br />
turn over tra le unità impegnate nel pattugliamento sta<br />
coinvolgendo tutte le unità del COMFORPAT, soprattutto<br />
quelle più anziane (corvette classe “Minerva” e pattugliatori<br />
tipo “Costellazioni”), ma non esclusivamente. Secondo<br />
alcune voci (non confermate a livello ufficiale) il San<br />
Giorgio potrebbe essere assegnato alla forza anfibia in<br />
fase di organizzazione da parte anglo-francese, con le<br />
portaelicotteri d’assalto Ocean e Tonnerre. Queste ultime<br />
al momento (fine giugno 2011) stanno operando quali<br />
basi per gli elicotteri d’attacco “Tiger”, “Gazelle” e<br />
“Apache” inviati da Londra e Parigi per colpire con maggiore<br />
precisione le truppe di Gheddafi schierate attorno a<br />
Misurata. Elicotteri poi entrati in azione il 3 giugno. Va<br />
detto che la nostra LPD potrebbe fornire solo sostegno<br />
logistico: ad esempio imbarcando elicotteri multiruolo e in<br />
funzione SAR (con i fucilieri del “San Marco”), consentendo<br />
alle navi anfibie alleate di imbarcare solo velivoli d’attacco<br />
e da eli-assalto. Sempre che non si decisa di dare il<br />
via libera ad un’operazione anfibia tout court, che allora<br />
potrebbe vedere l’Italia mettere in campo oltre alle LPD<br />
anche un’aliquota della Forza da Sbarco.
i Do cu me nti di Anal i si Di fe sa<br />
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