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relazione ufficiale - S.I.O.e.Ch.CF.

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I biofilm batterici<br />

5. è evidenziabile una risposta dell’ospite specie-specifica, che può essere dimostrata<br />

dalla reazione infiammatoria o ipotizzata in base alle modificazioni<br />

della sintomatologia con le corrispondenti alterazioni nella comunità<br />

microbica.<br />

Dalla revisione della letteratura risulta chiaro che l’approccio allo studio dei<br />

biofilm prescinde dai canoni ritenuti universalmente validi per le forme planctoniche:<br />

la coltura in vitro di campioni batterici allo scopo di saggiarne la capacità<br />

di formare biofilm è una operazione “azzardata”. Infatti è poco probabile che il<br />

fenotipo coltivato in vitro corrisponda a quello espresso in vivo poiché il passaggio<br />

dalla mucosa ad una superficie inerte comporta modificazioni morfologiche e<br />

funzionali e rende difficili da interpretare i risultati dei suddetti studi 7 .<br />

adenoiditi<br />

Nella maggior parte (94,9%) di bambini affetti da rinosinusite e/o otite cronica<br />

sono stati identificati biofilm sulla superficie adenoidea, che risultava coivolta<br />

nel fenomeno solo nell’1,9% quando l’adenoidectomia era stata praticata esclusivamente<br />

per apnee ostruttive 50 .<br />

Anche nel caso delle adenoidi l’identificazione nei soggetti di controllo,<br />

seppure in una quota decisamente più contenuta, interrompe il coerente fluire<br />

delle interpretazioni etiopatogenetiche. Il nodo critico rappresenta in realtà una<br />

formidabile occasione per superare la tentazione di spiegazioni semplicistiche<br />

e affrontare l’argomento nella sua complessità, indubbiamente più verosimile.<br />

Infatti, se siamo pronti ad ammettere che la mucosa delle prime vie respiratorie<br />

possa essere aggredita da germi patogeni, ma anche ospitare germi capaci di creare<br />

un equilibrio simbiotico reciprocamente vantaggioso, perché non dovremmo<br />

pensare che il fenotipo-biofilm possa interessare trasversalmente specie batteriche<br />

francamente patogene così come microorgamismi saprofiti? In linea con tale<br />

ragionamento ci troveremmo ad ammettere che esistano del pari “biofilm cattivi”,<br />

responsabili di infezioni resistenti, e “biofilm buoni”.<br />

identificazione dei biofilm<br />

Tra le tecniche di imaging, la microscopia elettronica a trasmissione e quella<br />

a scansione offrono la possibilità di una descrizione morfologica più tradizionale,<br />

mentre la tecnica confocale (confocal Laser Scanning Microscopy – CLSM) consente<br />

una ricostruzione della complessa struttura tridimensionale del biofilm 51 .<br />

La tecnica FISH (Fluorescent In Situ Hybridization) è atta all’identificazione<br />

in situ dei batteri e della loro matrice extracellulare 1 .<br />

La PCR (Polymerase <strong>Ch</strong>ain Reaction)-cloning 52 e le due tecniche di elettroforesi<br />

DGGE (Denaturing Gradient Gel Electrophoresis) e TGGE (Temperature<br />

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