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I sistemi sociali come difesa dall'ansia: studio sul servizio ...

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I <strong>sistemi</strong> <strong>sociali</strong> <strong>come</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dall'ansia</strong>:<br />

<strong>studio</strong> <strong>sul</strong> <strong>servizio</strong> infermieristico di un ospedale<br />

di I.E.P. Menzies<br />

Introduzione<br />

Lo <strong>studio</strong> 1 venne condotto su iniziativa dell'ospedale in cerca di suggerimenti per adottare<br />

nuovi metodi nello svolgimento del lavoro del personale infermieristico. I dati sono stati perciò<br />

raccolti nell’ambito di un rapporto socioterapeutico che si prefiggeva lo scopo di facilitare i<br />

cambiamenti <strong>sociali</strong> desiderati 2 .<br />

L'ospedale in questione è un ospedale generale di Londra con funzioni di insegnamento<br />

universitario. Questo comporta il fatto che, oltre al normale compito di cura dei pazienti, l'ospedale si<br />

occupi dell’insegnamento per gli studenti di medicina. Come in tutti gli ospedali britannici di questo<br />

tipo, funziona anche da scuola per le infermiere. L'ospedale ha circa 700 posti-letto ed è pure<br />

attrezzato per l'assistenza ambulatoriale. Sebbene venga chiamato “l'ospedale” è in effetti un gruppo<br />

di ospedali che, all'epoca di questo <strong>studio</strong>, includeva un ospedale generale di 500 letti, tre reparti<br />

specialistici e un convalescenziario. Questo complesso ospedaliero è dotato di un <strong>servizio</strong><br />

infermieristico completo, alle dipendenze di una direttrice, situato nell’ospedale principale. Sia le<br />

infermiere sia le allieve possono essere spostate da un reparto all’altro.<br />

L’organico del personale infermieristico si aggira <strong>sul</strong>le 700 persone. Di queste circa 150 sono<br />

infermiere diplomate, le altre sono allieve infermiere. Il corso di formazione per infermiere dura<br />

quattro anni. Nei primi tre anni l'aspirante infermiera è “allieva”. Alla fine del terzo anno deve<br />

superare un esame che le dà diritto all’”iscrizione all'albo”, rendendo ufficiali la sua qualifica di<br />

infermiera e la licenza di esercitare. Al quarto anno è infermiera diplomata specializzanda.<br />

Il personale infermieristico qualificato si occupa esclusivamente di amministrazione,<br />

insegnamento, supervisione, salvo quello destinato ad unità operative a contatto con i pazienti che<br />

dedica una parte del proprio tempo alla cura diretta dei malati. Infatti sono le allieve infermiere che si<br />

occupano dell’assistenza dei malati a livello operativo ed espletano la maggior parte dei compiti più<br />

importanti. In questa prospettiva è necessario che le allieve infermiere siano distribuite in modo da<br />

soddisfare le esigenze del <strong>servizio</strong> ospedaliero. L'allieva infermiera dedica proporzionalmente poco<br />

tempo allo <strong>studio</strong> teorico. Trascorre tre mesi in un corso di preparazione preliminare prima di iniziare<br />

la pratica infermieristica, e sei settimane nella scuola per infermiere nel secondo e nel terzo anno del<br />

tirocinio. Il tempo rimanente è dedicato all'”apprendimento pratico”, vale a dire all’acquisizione di<br />

abilità e pratica infermieristica lavorando <strong>come</strong> infermiera a tempo pieno nei limiti della sua<br />

competenza. Questo apprendimento pratico deve essere disposto in modo che l’allieva acquisisca, nei<br />

1 Questo <strong>studio</strong> fa parte di una serie di ricerche che il Tavistock Institute of Human Relations e collaboratori hanno<br />

recentemente iniziato in ospedali generici e psichiatrici e in servizi infermieristici di altri tipi di organizzazioni (Menzies<br />

1951; Skellern, 1953; Sofer, 1955 e Wilson, 1950). O. V. Bridgeman, B.A., mi è stata di valido aiuto sia nella ricerca che<br />

nell'analisi dei dati.<br />

2 Desidero esprimere la mia riconoscenza per le facilitazioni concessemi dall'ospedale. Sono grata ai molti membri del corpo<br />

sanitario e al personale non medico che hanno messo a disposizione tempo e idee. Sono particolarmente grata a infermiere e<br />

allieve che ci hanno generosamente permesso di entrare in stretto contatto col loro lavoro, le loro soddisfazioni, le loro<br />

difficoltà, anche a costo di dover talvolta scoprire penose situazioni professionali e personali. Lo staff infermieristico ha<br />

trascorso con me parecchie ore ad analizzare i dati raccolti e la loro interpretazione in modo da poter insieme formulare<br />

conclusioni e piani di azione. Questo era per loro un compito difficile e preoccupante che richiedeva notevole coraggio. Era<br />

un lavoro che sfidava la loro etica personale e professionale, che spesso le portava a sentirsi criticate personalmente e<br />

professionalmente e sembrava indicare una linea di sviluppo che, secondo loro, era impossibile adottare. Sono veramente<br />

grata per la loro cooperazione in questo difficile compito e per le intuizioni che hanno aiutato a far sorgere. Sono<br />

riconoscente infine all'amministrazione ospedaliera che mi ha permesso di pubblicare il materiale di ricerca con questo<br />

saggio.


vari tipi di assistenza, quel minimo di esperienza base richiesta dal General Nursing Council. 3<br />

L'ospedale offre la possibilità di ampliare le esperienze nei reparti specializzati e desidera che le<br />

infermiere se ne avvalgano. Il programma ospedaliero di formazione prevede che l'allieva trascorra<br />

circa tre mesi consecutivi di <strong>servizio</strong> in ognuno dei vari settori di assistenza. Ogni allieva deve essere<br />

fatta ruotare in modo da ottemperare a queste condizioni.<br />

In questa situazione le possibilità di conflitto sono numerose. L’apparato infermieristico<br />

dell’ospedale non ha <strong>come</strong> scopo primario la formazione delle infermiere; le esigenze di queste ultime<br />

devono sottostare a quelle della cura dei malati e alle necessità della scuola medica. Già molto prima<br />

dell’inizio di questo <strong>studio</strong> il personale infermieristico direttivo trovava difficoltà sempre maggiori<br />

nel conciliare in modo efficiente le esigenze del <strong>servizio</strong> con quelle della scuola. La pressione<br />

esercitata dalle esigenze assistenziali dei malati richiedeva che il <strong>servizio</strong> avesse la precedenza, per<br />

cui sorsero continue difficoltà nel programma di formazione. La decisione di far effettuare turni di tre<br />

mesi era stata praticamente abbandonata e molti turni erano brevissimi 4 ; alcune infermiere<br />

giungevano fin quasi alla fine del loro corso di studi senza aver fatto tutta la pratica richiesta, mentre<br />

altre avevano lunghi periodi di pratica nello stesso tipo di lavoro a scapito di altri. Queste situazioni<br />

creavano un disagio tanto più notevole in quanto il personale direttivo avrebbe voluto dare una<br />

sempre maggiore priorità alla formazione e aumentare lo statuto professionale delle allieve.<br />

Poiché il personale infermieristico direttivo cominciava a sentire il timore di un crollo totale<br />

del sistema di assegnazione ai lavori pratici, fu chiesto il nostro aiuto nella revisione del metodo. Lo<br />

scopo del presente <strong>studio</strong> non è comunque quello di seguire l’evoluzione di questo problema. Vi<br />

potrò fare riferimento quando verrà a proposito e cercherò di esaminare più avanti il motivo per cui il<br />

sistema in uso sopravvisse così a lungo senza efficaci modifiche nonostante la sua inefficienza.<br />

Il nostro rapporto terapeutico con l’ospedale era, fino a un certo punto, basato <strong>sul</strong>la<br />

convinzione che sarebbe stato bene considerare il problema dell’assegnazione delle allieve infermiere<br />

<strong>come</strong> un “sintomo attuale” e posporre il giudizio <strong>sul</strong>la reale natura delle difficoltà e la migliore forma<br />

di trattamento fino a quando non avessimo portato avanti un ulteriore approfondimento diagnostico.<br />

Iniziammo perciò con un programma di colloqui abbastanza intenso. Intervistammo formalmente, sia<br />

singolarmente sia in piccoli gruppi, circa 70 infermiere e il personale direttivo sanitario e non,<br />

svolgemmo qualche seduta di osservazione in alcune unità operative e stabilimmo vari contatti<br />

informali con le infermiere e il restante personale. Gli intervistati erano a conoscenza del problema<br />

che stavamo formalmente esaminando, ma erano invitati a portare nel colloquio qualsiasi altro<br />

problema che paresse loro cruciale nella loro esperienza professionale. Molto altro materiale di<br />

ricerca fu raccolto negli incontri avvenuti successivamente col personale direttivo quando lavorammo<br />

insieme sui ri<strong>sul</strong>tati ottenuti nella serie dei colloqui 5 .<br />

Mentre portavamo avanti il nostro lavoro diagnostico, ci accadde sovente di notare l’alto grado<br />

di tensione, disagio ed ansia tra le infermiere. Era difficile capire <strong>come</strong> le infermiere potessero<br />

tollerare tanta ansia e in effetti spesso i fatti dimostrarono che non ne erano in grado. L’astensione dal<br />

lavoro, in una forma o nell’altra, era molto frequente. Circa un terzo delle allieve non completava la<br />

propria formazione. Tra queste la maggioranza se ne andava di sua spontanea volontà e non a causa di<br />

insuccesso negli esami o nell’apprendimento pratico. Il personale direttivo cambiava lavoro con una<br />

frequenza significativamente più alta dei lavoratori di pari grado in altre professioni ed era<br />

insolitamente incline ad iscriversi a corsi di specializzazione e perfezionamento. Le percentuali di<br />

assenze per malattia erano alte e specialmente dovute a disturbi di lieve entità e della durata di pochi<br />

giorni 6 .<br />

3 L’organizzazione infermieristica che controlla la formazione delle infermiere.<br />

4 Un controllo su campione dell'effettiva durata dei turni dimostrò che un 30 % delle allieve viene trasferito dopo neanche 3<br />

settimane di “stage” e un 44% dopo meno di 7 settimane.<br />

5 E’ caratteristica costante di uno <strong>studio</strong> terapeutico di questo tipo che gran parte del materiale di ricerca più significativo<br />

emerga nelle fasi ulteriori quando l'accento si sposta dalla diagnosi alla terapia. La presentazione ed interpretazione dei dati<br />

ed il lavoro condotto <strong>sul</strong>le resistenze ad accettarli facilitano la capacità di penetrazione nella natura del problema. Questo<br />

allarga la serie di informazioni ritenute essenziali per la soluzione e concorre al superamento delle resistenze individuali a<br />

fornire informazioni. Un aspetto notevole di questo <strong>studio</strong> è stato il modo in cui, dopo un periodo di lavoro sui dati, lo stesso<br />

personale infermieristico dirigente ha saputo produrre e porre in opera piani diretti al superamento dei problemi.<br />

6 Ricerche condotte in altri campi hanno dimostrato che tali fenomeni esprimono un rapporto disturbato con la situazione di<br />

lavoro e sono connessi con alti livelli di tensione. Vedi, ad esempio, Hill e Trist (1953).


Man mano che lo <strong>studio</strong> procedeva, ci trovammo a dover attribuire un’importanza sempre<br />

crescente alla comprensione della natura dell’ansia e ai motivi della sua intensità. Alleviare l’ansia ci<br />

parve un compito terapeutico importante e inoltre rivelò una stretta connessione con lo sviluppo di<br />

<strong>sistemi</strong> più efficaci per l’assegnazione delle allieve infermiere. La parte restante di questo <strong>studio</strong><br />

considera le cause e gli effetti del livello d’ansia all'interno dell'ospedale.<br />

1. Natura dell'ansia<br />

Un ospedale ospita e prende in cura malati che non possono essere curati a casa loro. Questo è<br />

il compito per cui l’ospedale è stato creato, il suo “compito primario”. La responsabilità maggiore<br />

nello svolgimento di questo compito primario grava <strong>sul</strong> <strong>servizio</strong> infermieristico, che deve provvedere<br />

all’assistenza continua dei malati giorno e notte tutti i giorni dell’anno 7 e che perciò sopporta il peso<br />

intero, immediato e concentrato delle tensioni emergenti dalla cura dei malati.<br />

Le situazioni che in genere provocano tensioni nelle infermiere sono note. Esse sono in<br />

costante contatto con gente fisicamente ammalata o ferita, spesso anche in modo grave. La guarigione<br />

dei malati non è sicura e non è sempre completa. Uno dei compiti più estenuanti per l’infermiera è il<br />

dover assistere pazienti le cui malattie sono inguaribili. Le infermiere si trovano a dover affrontare la<br />

minaccia e la realtà della sofferenza e della morte <strong>come</strong> pochi altri operatori. Il loro lavoro richiede<br />

l’esecuzione di compiti che, secondo il modo di pensare comune, sono sgradevoli, disgustosi e<br />

impressionanti. L’intimo contatto fisico con i pazienti provoca l’insorgenza di forti desideri e impulsi<br />

libidici ed erotici talora difficili da controllare. La situazione di lavoro fa nascere sentimenti molto<br />

forti e contrastanti: pietà, compassione e amore; senso di colpa e angoscia; odio e risentimento per<br />

quei pazienti che fanno sorgere questi sentimenti; invidia per le premure dedicate al paziente.<br />

La situazione obiettiva che si prospetta ad un’infermiera ha una somiglianza impressionante<br />

con situazioni di vita fantasmatica 8 esistenti in ogni individuo ai livelli mentali più profondi e<br />

primitivi. L’intensità e la complessità delle ansie delle infermiere si devono attribuire soprattutto alla<br />

singolare capacità che gli aspetti oggettivi della loro situazione di lavoro hanno di richiamare queste<br />

situazioni primitive e le emozioni loro connesse. Svolgerò una breve considerazione sugli aspetti più<br />

rilevanti di questi vissuti fantasmatici 9 .<br />

Gli elementi di queste fantasie inconsce si possono ricondurre alla prima infanzia. Il bambino<br />

prova due opposti tipi di sentimenti e di impulsi: libidici ed aggressivi. Essi scaturiscono da fonti<br />

istintuali e sono definibili coi concetti di pulsione di vita e pulsione di morte. Il bambino si sente<br />

onnipotente ed attribuisce una realtà dinamica a questi sentimenti ed impulsi. Crede che gli impulsi<br />

libidici siano veri e propri portatori di vita e che quelli aggressivi siano connessi con la morte. Il<br />

bambino attribuisce simili sentimenti, impulsi e poteri alle altre persone, specie alle più importanti. Il<br />

corpo del bambino e quello degli altri e anche i prodotti corporali sono vissuti <strong>come</strong> gli oggetti e gli<br />

strumenti degli impulsi libidici ed aggressivi. In questo periodo le esperienze fisiche e quelle<br />

psicologiche sono intimamente intrecciate. L’esperienza psichica che il bimbo piccolo fa della realtà<br />

oggettiva è grandemente influenzata dai suoi sentimenti, dai suoi fantasmi, dal suo stato d’animo e dai<br />

suoi desideri.<br />

7 Il mio collega G. F. Hutton, analizzando i dati ricavati da uno <strong>studio</strong> condotto in un altro ospedale e non ancora pubblicato,<br />

ha posto l'accento <strong>sul</strong>la derivazione degli ospedali moderni dagli ordini religiosi di suore infermiere. Questi primi ospedali<br />

erano interamente gestiti dalle suore. Medici e sacerdoti erano i visitatori necessari e importanti, ma solo visitatori. Essi<br />

potevano soddisfare determinate esigenze dei pazienti, ma non avevano nessuna responsabilità amministrativa. La tradizione<br />

di quelle che Hutton definisce “comunità gestite da infermiere” rimane forte nonostante la complessità dell'organizzazione<br />

degli ospedali attuali e il numero e le differenti qualifiche del personale che si occupa dei pazienti.<br />

8 In questo <strong>studio</strong> uso il termine “fantasy” (“fantasia”) per indicare le fantasie consce e “phantasy” [che abbiamo tradotto con<br />

“vita fantasmatica” o “fantasma” o anche “fantasia inconscia” NdT] per quelle inconsce.<br />

9 Nella mia descrizione della vita psichica infantile mi attengo all’opera di Freud e in particolare allo sviluppo e<br />

all’elaborazione fattane da Melanie Klein. Per un sommario breve ma esauriente del suo punto di vista si con<strong>sul</strong>tino i suoi<br />

lavori “Some Theoretical Conclusions Regarding the Emotional Life of the Infant” (Klein 1952) e “Our Adult World and its<br />

Roots in Infancy” (Klein 1959)


Attraverso la sua esperienza psichica il bambino costruisce un mondo interno popolato da se<br />

stesso e dagli oggetti dei suoi sentimenti ed impulsi 10 . La forma e la modalità della loro esistenza<br />

sono determinati in larga parte dalle sue fantasie inconsce. A causa dell’operare delle forze aggressive<br />

il mondo interno contiene molti oggetti danneggiati, menomati o morti. L’atmosfera è pervasa da<br />

morte e distruzione. Questa situazione provoca l’insorgere di un'ansia intensa. Il bambino teme<br />

l'effetto delle forze aggressive su coloro che ama e su se stesso. Si affligge e piange per le loro<br />

sofferenze, si deprime e si dispera per la propria inadeguatezza a riparare questi danni. Teme le<br />

richieste di riparazione che gli verranno fatte e la punizione e la vendetta che possono ricadere su di<br />

lui. Teme che i propri e gli altrui impulsi libidici non siano in grado di tenere sotto sufficiente<br />

controllo gli impulsi aggressivi in modo da impedire il caos e la distruzione totale. La drammaticità<br />

della situazione è aggravata in quanto anche l'amore e i desideri intensi sono sentiti molto vicini<br />

all’aggressività. Avidità, frustrazione ed invidia facilmente soppiantano una relazione amorosa.<br />

Questo mondo fantasmatico è caratterizzato da una violenza ed intensità di sentimenti del tutto<br />

estranea alla vita emotiva dell’adulto normale.<br />

La forza d’urto della malattia fisica <strong>sul</strong>l’infermiera è intensificata dal suo tipo di lavoro che<br />

richiede di affrontare ed occuparsi degli stress psicologici altrui, inclusi quelli delle sue colleghe.<br />

Non é affatto facile sopportare un tale stato di tensione, anche se l’interessata non vi è direttamente<br />

sottoposta. Brevi conversazioni coi malati o coi loro familiari hanno dimostrato che la loro<br />

concezione, a livello conscio, della malattia e della sua cura è un complesso miscuglio di conoscenze<br />

oggettive, deduzioni logiche e fantasie 11 . Il grado di tensione è fortemente condizionato dalle fantasie<br />

che sono a loro volta condizionate, <strong>come</strong> succede per le infermiere, dalle situazioni primitive della<br />

vita fantasmatica. Inconsciamente l’infermiera associa il dolore dei malati e dei loro congiunti con<br />

quello provato dagli abitanti del suo mondo fantasmatico, il che aumenta la sua stessa ansia e la sua<br />

difficoltà nell’affrontarla.<br />

Pazienti e familiari hanno dei sentimenti molto complessi verso l’ospedale e li manifestano in<br />

modo diretto soprattutto alle infermiere, riuscendo spesso a sconcertarle e ad angosciarle. Pazienti e<br />

familiari mostrano apprezzamento, gratitudine, affetto e rispetto, rivelano un toccante senso di<br />

sollievo per la capacità dell’ospedale di affrontare la situazione, manifestano partecipazione e<br />

comprensione verso le infermiere nello svolgimento del loro difficile compito. Ma i malati spesso<br />

patiscono il proprio stato di dipendenza, accettano malvolentieri la disciplina imposta dalle cure e<br />

dalla routine ospedaliera, invidiano la salute e l’abilità delle infermiere, sono esigenti, possessivi e<br />

gelosi. Come il personale infermieristico anche i pazienti si sentono stimolati libidicamente ed<br />

eroticamente dalle pratiche assistenziali e si comportano talvolta in modo da aumentare le difficoltà<br />

delle infermiere, esponendo, ad esempio, il proprio corpo in modo eccessivo. Anche i familiari<br />

possono essere molto esigenti e pronti alla critica, tanto più perché hanno l’impressione che il<br />

ricovero implichi inadeguatezza da parte loro. Invidiano le infermiere, la loro abilità, e sono gelosi del<br />

contatto intimo che queste hanno con il “loro” paziente.<br />

In modo anche più sottile, sia pazienti che familiari avanzano richieste psicologiche che<br />

aumentano lo stress delle infermiere. Ci si aspetta che l’ospedale faccia molto di più che accettare il<br />

malato, occuparsi dei suoi bisogni fisici e alleviare lo stress psicologico in modo realistico. C'è<br />

l’aspettativa implicita che l’ospedale nell’accettare il paziente liberi lui ed i familiari da certi<br />

problemi emotivi creati dal paziente stesso e dalla sua malattia. L’ospedale e soprattutto le infermiere<br />

devono accettare che sentimenti quali la depressione, l’ansia, la paura del malato e della sua malattia,<br />

il disgusto per questa e per le cure che richiede vengano proiettati in loro. Pazienti e familiari trattano<br />

il personale in modo tale da far sì che siano le infermiere a provare questi sentimenti al posto loro, in<br />

tutto o in parte, ad esempio rifiutando o tentando di rifiutare di partecipare a decisioni importanti che<br />

riguardano il malato, riversando così la responsabilità e l’ansia <strong>sul</strong>l’ospedale. Così alle ansie profonde<br />

e intense che le infermiere già provano a titolo personale vanno ad aggiungersi, a livello psichico,<br />

anche quelle delle altre persone coinvolte. Mentre ci familiarizzavamo col lavoro dell'ospedale,<br />

fummo colpiti dal numero di pazienti le cui condizioni fisiche da sole non giustificavano<br />

10 Per una descrizione più approfondita del processo di costruzione del mondo interno vedi Klein (1952b e 1959)<br />

11 Per la descrizione di alcune delle opinioni dei pazienti <strong>sul</strong>la malattia vedi Janis (1958), dove viene anche dimostrato <strong>come</strong><br />

l’elaborazione di queste fantasie possa attenuare l'ansia.


l'ospedalizzazione. In alcuni casi ri<strong>sul</strong>tò chiaro che erano stati ricoverati perché né essi né i loro<br />

familiari avrebbero potuto tollerare la tensione della loro condizione di malati in casa.<br />

L'infermiera proietta situazioni fantasmatiche infantili nelle correnti vicende di lavoro e vive la<br />

situazione presente <strong>come</strong> un insieme di realtà oggettiva e di fantasie inconsce, sicché nel rapporto con<br />

la realtà obiettiva attuale rivive, in modo intenso e doloroso, molti dei sentimenti propri dei suoi<br />

fantasmi. Nel proiettare una situazione di vita fantasmatica nella realtà obiettiva l’infermiera usa una<br />

tecnica importante e universale per il controllo dell’ansia e la modificazione delle situazioni<br />

fantasmatiche. Attraverso la proiezione l’individuo vede elementi delle proprie fantasie inconsce nelle<br />

situazioni obiettive, che vengono così a simbolizzare le situazioni fantasmatiche stesse 12 . Un<br />

controllo efficace della situazione obiettiva rassicura <strong>sul</strong>le capacità di controllare le situazioni<br />

fantasmatiche.<br />

Una tale simbolizzazione, per essere efficace, richiede che il simbolo rappresenti l’oggetto<br />

fantasmatico, ma non sia equiparato ad esso. Anche le sue caratteristiche distintive e obiettive devono<br />

essere riconosciute ed usate. Se per un qualsiasi motivo il simbolo e l'oggetto fantasmatico sono<br />

completamente o quasi equiparati, le stesse ansie mobilitate dall'oggetto fantasmatico sono sollevate<br />

con altrettanta intensità dall’oggetto simbolico. Il simbolo allora perde la sua funzione di contenitore e<br />

modificatore dell’ansia 13 . La stretta somiglianza tra situazioni fantasmatiche ed obiettive nel lavoro<br />

infermieristico costituisce la minaccia che la rappresentazione simbolica degeneri in equazione<br />

simbolica e che l’infermiera di conseguenza viva le proprie ansie primitive con tutta la loro forza a<br />

livello conscio. Manifestazioni diverse di questo fenomeno non erano insolite nell’ospedale. Ad<br />

esempio un’infermiera, la cui madre era stata sottoposta a parecchie operazioni ginecologiche, ebbe<br />

un esaurimento e dovette interrompere il lavoro subito dopo aver iniziato il turno di <strong>servizio</strong> nel<br />

reparto ginecologico.<br />

Per la natura della sua professione l'infermiera è esposta al grave rischio di essere sommersa da<br />

ansie intense ed incontrollabili. Ma questo fattore da solo non può giustificare l’alto livello d’ansia<br />

visibile nelle infermiere. Diventa necessario rivolgere l’attenzione ad un altro aspetto del problema,<br />

vale a dire alle tecniche usate nel <strong>servizio</strong> infermieristico per contenere e modificare l’ansia.<br />

2. Tecniche difensive nel <strong>servizio</strong> infermieristico<br />

Nello sviluppare una struttura, una cultura e un modo di funzionare un’organizzazione sociale è<br />

influenzata da un certo numero di fattori interagenti tra cui cruciali sono il compito primario (ivi<br />

compresi i rapporti con l’ambiente e le pressioni che ne derivano), le tecnologie messe a disposizione<br />

per svolgere il compito, e i bisogni di gratificazione sociale, psicologica e soprattutto di sostegno<br />

nell’affrontare l’ansia presenti nei membri dell’organizzazione 14 15 16 . A mio parere l’importanza del<br />

compito primario e della tecnologia può facilmente essere esagerata; preferirei infatti considerarli dei<br />

fattori limitanti nel senso che il bisogno di garantire lo svolgimento del lavoro tramite un efficace<br />

adempimento del compito primario ed i tipi di tecnologia disponibile per raggiungere questo scopo<br />

12 Klein (1948b) sottolinea l'importanza dell’ansia nello sviluppo della formazione del simbolo e della sublimazione.<br />

13 Segal (1957) usa i termini di rappresentazione simbolica e di equazione simbolica. Nello sviluppare questa distinzione,<br />

essa sottolinea le ansie acutamente vissute da pazienti per i quali il simbolo non si limitava a rappresentare l'oggetto<br />

fantasmatico, ma era equivalente ad esso. Essa fornisce un esempio tratto dal materiale di due pazienti per i quali il violino<br />

era un simbolo fallico. Per uno di essi il violino rappresentava il fallo, e suonare il violino era un'importante sublimazione<br />

attraverso la quale egli poteva controllare l'ansia. Per l'altro paziente, più gravemente disturbato, il violino era un fallo,ed<br />

egli aveva dovuto smettere di suonare perché non poteva toccare un violino in pubblico.<br />

14 Bion (1955) ha avanzato un concetto analogo nella sua distinzione tra il gruppo sofisticato o gruppo di lavoro, che si<br />

occupa di un compito concreto, e il gruppo “in assunto di base” dominato da fenomeni psicologici primitivi, rappresentando<br />

i due gruppi aspetti contemporaneamente operanti dello stesso aggregato di persone.<br />

15 L’importanza dell’ansia e delle difese contro di essa è stata ripetutamente sottolineata nelle teorie psicoanalitiche <strong>sul</strong>lo<br />

sviluppo della personalità. Già nei primi lavori di Freud compare il suo interesse per questo aspetto di cui svilupperà la teoria<br />

nelle opere successive (Freud, 1955, 1948). Il ruolo evolutivo centrale dell’ansia e delle difese è stato messo in notevole<br />

rilievo in epoca più recente da Melanie Klein e dai suoi colleghi (Klein, 1952b, 1948a, 1948b).<br />

16 Per una discussione più completa <strong>sul</strong> compito primario ed i fattori ad esso correlati, vedi Rice (1958).


pongono dei limiti alle possibilità organizzative. Entro questi limiti sia la cultura che la struttura ed il<br />

modo di funzionare sono determinati dai bisogni psicologici dei membri 17 .<br />

Il bisogno che i membri hanno di usare l’organizzazione nella lotta contro l’ansia porta allo<br />

sviluppo di meccanismi di <strong>difesa</strong> socialmente strutturati, che appaiono <strong>come</strong> elementi intrinseci alla<br />

struttura, alla cultura e al modo di funzionare dell’organizzazione 18 . Un importante aspetto di tali<br />

meccanismi di <strong>difesa</strong> socialmente strutturati è il tentativo degli individui di esternare e concretizzare<br />

nella realtà oggettiva i propri tipici meccanismi psichici di <strong>difesa</strong>. Un sistema sociale di <strong>difesa</strong> si<br />

sviluppa nel tempo <strong>come</strong> ri<strong>sul</strong>tato delle interazioni collusive e degli accordi, spesso inconsci, tra i<br />

membri dell’organizzazione <strong>sul</strong>la forma che questa deve assumere. Così i meccanismi di <strong>difesa</strong><br />

socialmente strutturati tendono ad assumere l’aspetto di una realtà esterna con cui sia i nuovi membri<br />

sia quelli anziani devono venire a patti.<br />

Nelle pagine seguenti descriverò alcune delle difese <strong>sociali</strong> che il <strong>servizio</strong> infermieristico ha<br />

sviluppato nel lungo arco di storia dell’ospedale e che sono tuttora in uso. Sic<strong>come</strong> è impossibile<br />

analizzare qui l’intero sistema sociale nel suoi dettagli, descriverò soltanto alcuni degli esempi più<br />

impressionanti e tipici del funzionamento del <strong>servizio</strong> <strong>come</strong> <strong>difesa</strong> sociale. Mi limiterò soprattutto<br />

alle tecniche usate all'interno del <strong>servizio</strong> infermieristico facendo solo alcuni accenni al modo con cui<br />

questo <strong>servizio</strong> si serve degli altri, e specialmente dei pazienti e dei medici, nel mettere in atto<br />

meccanismi di <strong>difesa</strong> socialmente strutturati. Per comodità di esposizione elencherò le difese <strong>come</strong> se<br />

fossero entità separate, sebbene queste nel momento dell'azione funzionino simultaneamente,<br />

interagiscano e si sostengano reciprocamente.<br />

a) Scissione nel rapporto infermiera-paziente<br />

Il nucleo della situazione d'ansia per un'infermiera sta nel suo rapporto col paziente. Più stretto<br />

e frequente è il rapporto, maggiore è la probabilità che essa sia esposta all’impatto ansiogeno della<br />

situazione. Il <strong>servizio</strong> infermieristico tenta di proteggerla da quest’ansia scindendo il suo contatto con<br />

il paziente. Non è forse esagerato affermare che l'infermiera non è dell'infermo (*). Il carico di lavoro<br />

complessivo di un reparto o di un dipartimento viene frammentato in elenchi di compiti e ciascuno di<br />

questi è affidato ad una determinata infermiera. I compiti specifici da lei svolti per i pazienti<br />

riguardano un notevole numero di ricoverati, talvolta tanti quanti ne contiene il reparto, spesso una<br />

trentina e oltre. Di conseguenza essa esegue solo pochi compiti a vantaggio di ogni singolo paziente,<br />

ed ha un contatto limitato con ciascuno di loro. Ciò le impedisce di venire a reale contatto con la<br />

totalità di ogni singolo paziente e della sua malattia e le offre una certa protezione dall’ansia che ne<br />

deriva.<br />

b) Spersonalizzazione, categorizzazione e negazione del significato dell’individuo<br />

La protezione offerta dalla prassi della lista dei compiti è rafforzata da una serie di altri<br />

meccanismi che impediscono lo sviluppo di un pieno rapporto personale, e dell'ansia conseguente, tra<br />

infermiera e paziente. Lo scopo implicito di tali dispositivi, che operano sia su basi strutturali che<br />

culturali, può essere descritto <strong>come</strong> una specie di depersonalizzazione o di eliminazione delle<br />

caratteristiche individuali tanto nell’infermiera quanto nel paziente. Ad esempio, le infermiere si<br />

riferiscono spesso ai malati usando non il loro nome ma il numero di letto, la malattia, l’organo<br />

17<br />

I diversi <strong>sistemi</strong> <strong>sociali</strong> che si sono sviluppati nelle varie condizioni di estrazione di carbone nelle miniere che usavano la<br />

stessa tecnologia di base, sono un buon esempio di <strong>come</strong> lo stesso compito primario possa essere svolto in modo diverso<br />

usando la stessa tecnologia quando le condizioni <strong>sociali</strong> e psicologiche sono diverse. Essi sono stati discussi da Trist e<br />

Bamforth (1951).<br />

18<br />

Jaques (1955) ha descritto ed illustrato il modo di operare di questi meccanismi di <strong>difesa</strong> socialmente strutturati in<br />

un’organizzazione industriale. Il termine è suo.<br />

(*) Si rende così un intraducibile gioco di parole basato <strong>sul</strong> termine “nurse”, che significa simultaneamente “infermiera” e<br />

“curare, cullare, nutrire” (NdT)


malato: “il fegato del letto 10”, “la polmonite del 15”. Le infermiere stesse disapprovano questa<br />

abitudine, ma essa perdura egualmente. Occorre anche non sottovalutare la difficoltà di ricordare i<br />

nomi, diciamo, di una trentina di pazienti di un reparto, specialmente nelle unità a elevato turnover.<br />

E’ <strong>come</strong> se ci fosse un’“etica” semi-esplicita per cui ogni paziente deve essere considerato uguale a<br />

qualunque altro. Per l'infermiera non deve fare alcuna differenza né la persona che assiste né la natura<br />

della sua malattia. Le infermiere trovano estremamente difficile esprimere delle preferenze persino<br />

per un dato tipo di pazienti o tra uomini e donne. Se si insiste esse tendono ad aggiungere, quasi con<br />

senso di colpa, osservazioni del tipo: “Non si può farne a meno”. Viceversa, non dovrebbe importare<br />

al paziente quali e quante infermiere si occupano di lui. E’ implicito il fatto che è dovere, bisogno e<br />

privilegio del paziente l'essere curato, e dell’infermiera di curare, anche se il paziente può avere un<br />

gran bisogno di “curare” l’infermiera preoccupata, e le infermiere possano aver bisogno di essere<br />

“curate”. Al di là delle specifiche esigenze della sua malattia fisica e della relativa cura, il modo nel<br />

quale il paziente è curato è determinato in larga misura dalla sua appartenenza alla categoria generale<br />

dei pazienti e in minima parte dai suoi bisogni e desideri di individuo particolare. C’è, ad esempio, un<br />

solo modo di fare il letto, ad eccezione di quando l’inabilità fisica ne richieda un altro, un solo modo<br />

di lavare i malati la mattina.<br />

Le uniformi delle infermiere sono il simbolo di una uniformità di atteggiamenti interni ed<br />

esterni data per scontata; un’infermiera diventa una specie di agglomerato di abilità infermieristiche<br />

senza una vera individualità e quindi perfettamente scambiabile con un'altra con lo stesso livello di<br />

esperienza. Le differenze socialmente ammesse tra le infermiere tendono ad essere ristrette a poche<br />

categorie principali che si distinguono esteriormente attraverso minime variazioni nei gradi della<br />

stessa uniforme di base: una striscia <strong>sul</strong> braccio per un’infermiera del secondo anno, un copricapo<br />

leggermente diverso per una del terzo. E questo allo scopo di creare un’identità a livello operativo tra<br />

tutte le infermiere di una stessa categoria 19 . Il fatto che doveri e privilegi vengano concessi a<br />

categorie di persone e non a singoli individui <strong>sul</strong>la base delle loro capacità e dei loro bisogni indica<br />

chiaramente <strong>come</strong>, fino a un certo punto, si senta la necessità di decisioni valide per tutti i casi.<br />

Questo fatto inoltre serve ad eliminare decisioni penose e difficili, <strong>come</strong> ad esempio stabilire quali<br />

doveri e privilegi debbano essere concessi a ogni individuo (vedi il paragrafo <strong>sul</strong>l'esecuzione rituale<br />

dei compiti). Qualcosa del genere ossia un’analoga riduzione delle distinzioni individuali esiste tra le<br />

sotto-unità operative. C'è uno sforzo continuo per standardizzare tutta l'attrezzatura e il modo di<br />

disporla, nei limiti consentiti dai diversi compiti infermieristici, senza prendere in considerazione le<br />

particolari necessità e risorse di ogni unità a livello sociale e psicologico.<br />

c) Distacco e negazione dei sentimenti<br />

Un compito psicologico necessario per chi aspira a una qualunque professione che operi a<br />

contatto con le persone è lo sviluppo di un adeguato distacco professionale. Si deve imparare ad<br />

esempio a controllare i propri sentimenti, ad astenersi da un eccessivo coinvolgimento, ad evitare<br />

identificazioni disturbanti, a mantenere l’indipendenza professionale contro i tentativi di<br />

manipolazione e le richieste di un comportamento non professionale. La riduzione delle differenze<br />

individuali aiuta, fino ad un certo punto, a mantenere il distacco, riducendo al minimo la reciproca<br />

interazione di personalità che potrebbe condurre all’“attaccamento”. Questa situazione è rafforzata da<br />

un’implicita politica operativa di “distacco”. “A una buona infermiera non importa trasferirsi”. Una<br />

“buona infermiera” è disponibile volentieri e senza sforzo a spostarsi da un reparto all'altro e persino<br />

da ospedale a ospedale senza preavviso. Questi spostamenti sono frequenti e spesso improvvisi,<br />

specie per le allieve infermiere.<br />

La motivazione implicita pare esser quella che un'allieva infermiera imparerà ad essere<br />

psicologicamente distaccata se avrà sufficiente esperienza di un distacco fisico, alla lettera. La<br />

maggior parte delle infermiere dirigenti personalmente non accettano questa motivazione implicita. Si<br />

19 In pratica non è poi possibile rispettare alla lettera queste prescrizioni dal momento che un'intera categoria di infermiere<br />

può essere temporaneamente assente dal <strong>servizio</strong> perché impegnata nel corso teorico a scuola, oppure perché in congedo.


endono conto sia del disagio personale che di quello a livello operativo causato da spostamenti<br />

troppo frequenti. Questo è stato infatti uno dei motivi fondamentali che ha portato alla decisione di<br />

iniziare il nostro <strong>studio</strong>. Tuttavia nel loro ruolo formale di dirigenti, esse continuano a prendere<br />

l'iniziativa di frequenti spostamenti e si preoccupano ben poco di fornire altre esperienze formative<br />

per sviluppare un autentico distacco professionale. Il dolore e il disagio provocati dalla rottura di un<br />

rapporto e l'importanza di relazioni stabili e continuative sono implicitamente negati dal sistema<br />

sebbene messi poi spesso in rilievo dal personale del sistema stesso, ma a titolo personale e perciò<br />

non professionalmente.<br />

Questa negazione implicita viene rafforzata dalla negazione dei sentimenti di disagio che<br />

nascono nei rapporti. La cultura richiede tecniche repressive nei rapporti interpersonali, le stesse che<br />

usiamo per controllare gli stress emotivi. Sia le allieve infermiere che il personale qualificato hanno<br />

terrore degli scoppi emotivi. Si tende allora ad adottare un comportamento caratteristico dai modi<br />

spicci e rassicuranti, e si danno consigli del tipo “tenga duro” o “deve controllarsi”. Le allieve<br />

infermiere sono quelle che soffrono maggiormente per la tensione emotiva e di solito si lamentano<br />

che il personale direttivo non le capisce e non si sforza di aiutarle. Infatti, quando la tensione emotiva<br />

è causata da un errore dell'infermiera questa è di solito rimproverata anziché aiutata. Un’allieva mi<br />

disse d'aver commesso un errore che affrettò la morte di un paziente moribondo. Fu rimproverata<br />

separatamente da quattro infermiere dirigenti. Solo la direttrice della scuola da cui proveniva cercò di<br />

aiutarla in quanto persona gravemente angosciata, colpevolizzata e impaurita.<br />

Comunque le allieve sbagliano quando dichiarano che le dirigenti non capiscono né hanno<br />

comprensione per il loro disagio. Nelle conversazioni personali con noi le dirigenti mostravano una<br />

notevole comprensione e simpatia e spesso ricordavano, in modo estremamente vivo, alcune delle<br />

angosce da loro sofferte nella fase di formazione. Ma mancava loro la fiducia nella propria capacità di<br />

gestire le tensioni emotive in altro modo che non fosse quello delle tecniche repressive, e spesso<br />

dicevano: “Ad ogni modo le allieve non vengono a parlare con noi”. Rapporti cordiali e comprensivi<br />

delle tensioni emotive tra personale direttivo e allieve non rientrano comunque nella tradizione delle<br />

relazioni e dei ruoli infermieristici, che richiedono invece repressione, disciplina e rimproveri da parte<br />

del personale più esperto nei confronti delle infermiere più giovani 20 .<br />

d) Tentativo di eliminare le decisioni tramite l’esecuzione rituale dei compiti<br />

Prendere una decisione significa fare una scelta tra varie possibili linee d’azione per affidarsi<br />

ad una di esse. Si fa una scelta senza una completa ed effettiva conoscenza delle conseguenze di<br />

questa scelta. Se si conoscessero appieno i fatti la scelta non sarebbe necessaria perché la linea da<br />

adottare sarebbe evidente di per se stessa. Ogni decisione è quindi accompagnata da qualche<br />

incertezza sui ri<strong>sul</strong>tati e di conseguenza da conflittualità ed ansia che perdurano fino a quando non si<br />

conoscano i ri<strong>sul</strong>tati. Quasi certamente l'ansia che segue una decisione presa sarà più intensa se la<br />

decisione è connessa con la cura ed il benessere di un paziente. Per risparmiare al personale<br />

quest’ansia il <strong>servizio</strong> infermieristico cerca di ridurre al minimo la quantità e la varietà delle decisioni<br />

che devono essere prese. Ad esempio si abitua l’allieva infermiera ad eseguire l’elenco delle sue<br />

mansioni in un modo che ricorda lo svolgimento di un rito. Le vengono date precise istruzioni <strong>sul</strong><br />

<strong>come</strong> svolgere ogni lavoro, l'ordine da seguire, il tempo da impiegare, anche se istruzioni così precise<br />

non sono obiettivamente necessarie e neppure del tutto desiderabili 21 .<br />

Se esistono vari modi efficienti per svolgere un compito - ad esempio per fare il letto o per<br />

sollevare un paziente - se ne sceglie uno e si usa esclusivamente quello. Si impiegano molto tempo e<br />

molte energie per standardizzare le procedure infermieristiche in casi in cui esistono varie alternative<br />

efficaci. Sia gli insegnanti che i supervisori dell’attività pratica imprimono nella mente dell’allieva fin<br />

dall'inizio del corso l’importanza del rispetto del “rituale” e rafforzano questo concetto favorendo un<br />

20<br />

Per un ragguaglio su <strong>come</strong> si formano ruoli e rapporti, vedi più avanti il paragrafo “Collusione nella ridistribuzione sociale<br />

di responsabilità e irresponsabilità”.<br />

21<br />

Bion (1955) nel descrivere il comportamento di gruppi dove domina il bisogno di dipendenza, ha preso in considerazione<br />

il bisogno che il gruppo ha di ciò che egli chiama una “bibbia”. Non dovrebbe quindi stupire il trovare che in un ospedale, il<br />

cui scopo principale è quello di soddisfare i bisogni di dipendenza dei pazienti, vi sia una notevole richiesta di direttive<br />

precise di comportamento.


atteggiamento di lavoro che considera ogni compito <strong>come</strong> una questione di vita o di morte, da<br />

espletare con appropriata serietá. La stessa regola vale per quei lavori che potrebbero essere<br />

benissimo eseguiti da persone prive di qualificazione sanitaria. Ne consegue che l'allieva infermiera è<br />

fortemente scoraggiata dall’usare discrezionalità ed iniziativa nel programmarsi un lavoro<br />

realisticamente connesso con la situazione obiettiva, nel distinguere, ad esempio, in un momento di<br />

crisi il lavoro di immediata urgenza da quello di importanza relativa ed agire di conseguenza. Le<br />

allieve infermiere sono tra il “personale” quelle maggiormente soggette a un “rituale”, poiché la<br />

ritualizzazione è facile da applicare al loro ruolo e ai loro compiti, ma si sono anche fatti tentativi per<br />

ritualizzare l'insieme delle mansioni del personale direttivo nello svolgimento dei loro ruoli più<br />

complessi e di standardizzarne l’esecuzione.<br />

e) Riduzione del peso della responsabilità nel prendere le decisioni per mezzo di verifiche e<br />

controverifiche<br />

Il peso psicologico dell’ansia che scaturisce per una singola persona da una decisione definitiva<br />

ed impegnativa viene disperso in molti modi cosicché l’impatto ne ri<strong>sul</strong>ta attenuato. L'atto finale della<br />

responsabilità viene dilazionato mediante la consueta prassi di verificare e controverificare la validità<br />

della decisione e di posporre l’azione il più possibile. Anche l’esecuzione della decisione presa viene<br />

abitualmente controllata nelle varie fasi intermedie del suo svolgimento. I singoli interessati<br />

impiegano molto tempo a ruminare in privato le decisioni e le azioni da intraprendere e, ogniqualvolta<br />

è possibile, coinvolgono altre infermiere in questo processo di ridiscussione delle decisioni e delle<br />

azioni.<br />

Le procedure del lavoro infermieristico richiedono numerosi controlli tra gli interessati, ma<br />

questo diventa un atteggiamento fortemente sviluppato nelle infermiere anche al di fuori del<br />

comportamento prescritto. La pratica delle verifiche e controverifiche si applica non solo a situazioni<br />

dove un errore può avere serie conseguenze, quali ad esempio la somministrazione di medicinali<br />

pericolosi, ma molte altre in cui gli effetti di una decisione hanno una portata minima (nella scelta, ad<br />

esempio, di una stanza da destinare ai colloqui per la ricerca, tra le tante egualmente disponibili). Le<br />

infermiere sentono il parere non solo delle loro colleghe con qualifica immediatamente superiore, ma<br />

anche di quelle più giovani e di infermiere o di altri membri del personale con i quali non hanno<br />

rapporti diretti di lavoro, ma che semplicemente sono <strong>sul</strong> momento disponibili.<br />

f) Collusione nella ridistribuzione sociale di responsabilità ed irresponsabilità<br />

Ogni infermiera deve affrontare e in qualche modo risolvere il penoso conflitto connesso con<br />

l’accettazione delle responsabilità del suo ruolo. Il lavoro infermieristico tende a risvegliare un forte<br />

senso di responsabilità nelle infermiere che spesso lo eseguono con un alto costo personale. D'altra<br />

parte è difficile sopportare il notevole carico di responsabilità in modo continuativo e le infermiere<br />

sono tentate di sottrarvisi. Inoltre ogni infermiera ha desideri e impulsi che tendono ad azioni<br />

irresponsabili, <strong>come</strong> lo sfuggire alla noia di un lavoro di routine o l’attaccarsi emotivamente,<br />

libidicamente ai pazienti. L'equilibrio tra le varie forze in conflitto varia da individuo a individuo,<br />

poiché alcuni sono per natura “più responsabili” di altri, ma il conflitto rimane. Sarebbe estremamente<br />

stressante il dover sperimentare questo conflitto in modo pieno e intrapsichico. Il conflitto<br />

intrapsichico viene alleviato, almeno per quel che riguarda l'esperienza conscia delle infermiere, per<br />

mezzo di una tecnica che lo converte parzialmente in un conflitto interpersonale. Persone che<br />

occupano determinati ruoli tendono a definirsi, e in parte ad essere definiti da altri, <strong>come</strong><br />

“responsabili” mentre in altri ruoli sono definiti <strong>come</strong> “irresponsabili”. Le infermiere di solito si<br />

lamentano che altre colleghe non sentono la responsabilità, si comportano in modo negligente e<br />

impulsivo e devono quindi essere continuamente controllate e richiamate. In genere queste lamentele<br />

non si riferiscono a specifici individui o incidenti, ma ad intere categorie di infermiere, di solito a una<br />

categoria inferiore per esperienza a quella cui appartiene l'interessata. Nel discorso di quest’ultima è<br />

implicita l'affermazione che le infermiere più giovani non solo sono al momento meno responsabili di<br />

lei, ma anche meno di quanto essa stessa fosse quando si trovava nell’analoga posizione di giovane


infermiera. Poche infermiere riconoscono o ammettono tali tendenze all’irresponsabilità. Solo le più<br />

giovani sono disponibili ad ammettere di averle e poi le giustificano dicendo che tutti le trattano <strong>come</strong><br />

se fossero irresponsabili. D'altra parte molte lamentano che in genere le infermiere con maggiore<br />

anzianità di <strong>servizio</strong> impongono una disciplina stretta e repressiva senza alcuna necessità e le trattano<br />

<strong>come</strong> se non avessero alcun senso di responsabilità 22 . Sono poche le infermiere anziane in grado di<br />

riconoscere un tale atteggiamento nel loro comportamento verso le subordinate. Con poche eccezioni,<br />

una stessa infermiera può essere “più giovane” e “più anziana” a seconda se è vista dal basso o<br />

dall'alto della scala dell'anzianità di <strong>servizio</strong>.<br />

Ci rendemmo conto che queste lamentele scaturivano da un sistema collusivo di negazione,<br />

scissione e proiezione, culturalmente accettato dall’infermiera e persino culturalmente necessario.<br />

Ogni infermiera tende a scindere alcuni aspetti di sé dalla sua personalità conscia e a proiettarli in<br />

altre infermiere. Gli impulsi verso l’irresponsabilità, che teme di non poter controllare, sono attribuiti<br />

alle infermiere più giovani, mentre il suo atteggiamento sgradevolmente severo di fronte a questi<br />

impulsi e il pesante senso di responsabilità sono attribuiti a quelle più anziane. Di conseguenza essa<br />

identifica le infermiere giovani con il suo sé irresponsabile e le tratta con tutta la severità che questo<br />

sé merita; parimenti identifica le infermiere anziane con il proprio ferreo atteggiamento disciplinare<br />

rivolto all’irresponsabile sé, aspettandosi da loro una ferrea disciplina. C’è una verità psichica<br />

nell'affermazione che le giovani sono irresponsabili e le anziane rigide disciplinatrici: questi sono i<br />

ruoli loro assegnati. Vi è anche una verità oggettiva, dal momento che le persone agiscono<br />

obiettivamente nel ruolo psichico che viene loro assegnato. La disciplina è spesso rigida e talvolta<br />

ingiusta dato che, oltre al resto, la proiezione multipla porta l’infermiera dirigente a identificare tutte<br />

le giovani con il suo sé irresponsabile, e viceversa. Così essa non è in grado di distinguere a<br />

sufficienza le persone tra loro. Le infermiere infatti si lamentano di essere rimproverate per le colpe<br />

altrui mentre non si fanno seri sforzi per trovare il vero colpevole. Una vice-caporeparto 23 osservò:<br />

“Se c'è stato un errore occorre rimproverare qualcuno, anche se non se ne conosce esattamente il<br />

responsabile”. I casi di comportamento irresponsabile erano anche frequenti soprattutto nei lavori non<br />

direttamente connessi con l'assistenza dei malati.<br />

I conflitti interpersonali sono dolorosi, <strong>come</strong> dimostrato dalle lamentele, ma sempre meno<br />

dell'esperienza di un conflitto intrapsichico nella sua piena forza e complessità, e inoltre si possono<br />

eludere più facilmente. Lo sguardo severo delle dirigenti non é sempre presente, né le giovani<br />

affrontano sempre le più anziane in modo irresponsabile.<br />

g) Indeterminatezza intenzionale nella distribuzione formale delle responsabilità<br />

Una protezione supplementare dal peso di una responsabilità specifica per un compito specifico<br />

sta nel fatto che le strutture formali e il sistema dei ruoli non stabiliscono con sufficiente chiarezza<br />

chi è responsabile, per che cosa e verso chi. Questo collima con (ed evidenzia) l’indeterminatezza<br />

circa la collocazione della responsabilità psichica che inevitabilmente sorge dal sistema di proiezioni<br />

massicce descritto prima. Il contenuto e i confini dei ruoli sono molto vaghi, specialmente al livello<br />

del personale dirigente. Sic<strong>come</strong> a questo livello le responsabilità sono più pesanti, tanto più<br />

necessaria è sentita la protezione. La stessa complessità dei ruoli e dei rapporti tra i ruoli rende più<br />

facile sfuggire a definizioni precise. Come si è visto sopra (cfr. paragr. d), il contenuto del ruolo di<br />

un'allieva infermiera é rigidamente prescritto dal suo elenco di compiti. In pratica però è poco<br />

probabile che essa abbia lo stesso elenco di compiti in qualunque periodo di tempo. Succede più<br />

facilmente che si trovi ad avere due elenchi di compiti completamente diversi in uno stesso giorno 24 .<br />

Mancano dunque stabili associazioni persone-ruolo per cui diventa molto difficile assegnare<br />

22<br />

Questa è da tempo una delle lamentele più frequenti negli ospedali britannici ed è emersa <strong>come</strong> dato centrale in vari studi<br />

condotti sui servizi infermieristici.<br />

23<br />

Un'infermiera vice-caporeparto è un'infermiera pienamente qualificata che sostituisce la caporeparto.<br />

24<br />

Vi sono di solito tre diversi elenchi di compiti in un reparto che recano i numeri 1, 2 e 3; un'allieva infermiera può<br />

benissimo svolgere i compiti dell'elenco n.1 al mattino e quelli del n.2 al pomeriggio se, ad esempio, l'infermiera con l'elenco<br />

n.2 del mattino ha il pomeriggio libero.


esponsabilità definitive ad una persona, ad un ruolo o ad un’associazione persone-ruolo. Nel nostro<br />

lavoro in ospedale abbiamo incontrato spesso questa indeterminatezza e ci è capitato ad esempio di<br />

riuscire a capire con grande difficoltà a chi dovessimo rivolgerci per prendere accordi e ottenere<br />

permessi affinché le infermiere potessero partecipare a diverse attività di ricerca.<br />

Nei reparti la responsabilità e l’autorità sono state rese generiche in modo da togliere loro<br />

specificità e impedire che vengano attribuite in modo definitivo a una sola persona, neppure alla<br />

caporeparto. Ciascuna infermiera è considerata responsabile del lavoro di ogni infermiera più giovane<br />

di lei. Qui il termine “giovane” non implica un rapporto gerarchico, ma è riferito al periodo di tempo<br />

trascorso nella formazione, per cui tutte le allieve infermiere sono “giovani” rispetto alle infermiere<br />

qualificate. Un’allieva nel quarto trimestre del quarto anno è di conseguenza responsabile di tutte le<br />

altre allieve del reparto; un'allieva del terzo trimestre del quarto anno è responsabile di tutte le allieve<br />

infermiere ad eccezione dell'infermiera precedente, e così via. E’ compito di ogni infermiera<br />

intraprendere un'azíone disciplinare nei confronti di ogni infermiera più giovane che abbia commesso<br />

uno sbaglio. Una distribuzione delle responsabilità così diffusa fa sì che in genere la responsabiltà<br />

non venga più sentita seriamente e in modo specifico.<br />

h) Diluizione del carico di responsabilità attraverso la delega ai superiori<br />

Ordinariamente con il termine “delega” riferito ad un compito si intende la consegna che un<br />

superiore fa di un certo compito e delle responsabilità per il suo corretto svolgimento a dei<br />

subordinati, mantenendo per sé una responsabilità globale di supervisione. Nell’ospedale sembra che<br />

spesso avvenga praticamente l’opposto: i compiti vengono frequentemente inoltrati al personale di<br />

grado superiore nella scala gerarchica in modo da dirottare la responsabilità della loro esecuzione.<br />

Nella misura in cui opera questo processo il gravoso carico della responsabilità individuale viene a<br />

ridursi.<br />

Il ri<strong>sul</strong>tato di molti anni di ricorso a questa pratica è visibile nel <strong>servizio</strong> infermieristico. Noi<br />

fummo ripetutamente colpiti dal basso livello dei compiti svolti dalle allieve infermiere e dal<br />

personale qualificato nonostante la loro abilità, la loro competenza e la loro posizione gerarchica. Sia<br />

in modo formale che informale si affidano compiti che in altre istituzioni vengono svolti ad un certo<br />

livello, a personale di livello molto superiore e nello stesso tempo i compiti sono organizzati in modo<br />

tale da impedire sistematicamente la loro delega ad un appropriato livello inferiore per mezzo, ad<br />

esempio, di disposizioni ben definite. Il compito dell’assegnazione delle allieve infermiere a lavori<br />

pratici è un esempio calzante. Esso era programmato nei dettagli dalla prima e seconda vicedirettrice<br />

25 e impegnava buona parte del loro orario di lavoro. A parer nostro questo è uno dei lavori che, se<br />

esistesse una politica ben definita e i compiti fossero organizzati in modo adeguato, potrebbe essere<br />

svolto in modo efficiente da un impiegato esperto, a part-time, sotto la supervisione di una capoinfermiera<br />

che non avrebbe bisogno di perderci molto tempo 26 .<br />

Abbiamo potuto assistere più di una volta a questa operazione di “delega verso l’alto” quando,<br />

in seguito ai ri<strong>sul</strong>tati raggiunti con la nostra ricerca, si verificavano dei cambiamenti che<br />

comportavano nuovi compiti per le infermiere. Ad esempio il personale direttivo decise di apportare<br />

delle modifiche nella formazione delle allieve del quart’anno in modo da offrir loro la possibilità di<br />

una più approfondita formazione nel campo dell’amministrazione e della supervisione. Questo<br />

comportava, tra le altre cose, che dovessero trascorrere sei mesi ininterrotti in un'unità operativa e<br />

lavorare <strong>come</strong> supplenti della capo- o vicecaporeparto. Sic<strong>come</strong> parve che per questo lavoro il<br />

problema della maggiore o minore compatibilità personale fosse importante, fu suggerito che le<br />

caporeparto prendessero parte alla selezione delle allieve del quarto anno da destinare ai loro reparti.<br />

Vi fu dapprima entusiasmo per la proposta, ma quando il progetto venne definito le caporeparto<br />

cominciarono ad aver l'impressione che la selezione fosse un compito superiore alle loro capacità e<br />

chiesero al personale direttivo di continuare a fare la selezione per loro <strong>come</strong> aveva sempre fatto. E il<br />

personale direttivo, sebbene già sovraccarico di lavoro, accettò volentieri il compito.<br />

25 Esse occupano il terzo e il quarto posto nella gerarchia amministrativa.<br />

26 La programmazione per una ristrutturazione del lavoro su tali basi è ora quasi completa.


Non deve stupire il frequente ripetersi di tali episodi di mutuo accordo collusivo tra superiori e<br />

subordinati, dato il sistema di proiezione reciproca descritto prima (paragr. f). Le infermiere, nella<br />

loro qualità di subordinate, tendono a sentirsi molto dipendenti dai loro superiori che, con il<br />

meccanismo della proiezione, investono psichicamente delle parti migliori e più competenti di se<br />

stesse. Sentono che questa proiezione dà loro diritto di aspettarsi che i superiori si accollino i loro<br />

lavori e prendano decisioni al loro posto. D'altro canto le infermiere dirigenti hanno l’impressione di<br />

non potersi fidare completamente del personale subalterno che psichicamente investono delle parti di<br />

sé irresponsabili e incompetenti. Il fatto di accettare le proiezioni del personale subalterno comporta<br />

inoltre per loro una specie di obbligo ad accettarne le responsabilità.<br />

i) Idealizzazione e sottovalutazione della possibilità di sviluppo personale<br />

Per ridurre la propria ansia relativa all’efficienza e alla continuità del <strong>servizio</strong>, le infermiere<br />

cercano delle rassicurazioni circa il senso di responsabilità e la competenza delle persone che<br />

costituiscono il <strong>servizio</strong> stesso. In larga misura l’ospedale soddisfa questa esigenza cercando di<br />

reclutare e selezionare il personale, le allieve infermiere ad esempio, tra persone che siano già molto<br />

mature e responsabili. Affermazioni <strong>come</strong> “infermiera si nasce, non si diventa” o “il lavoro<br />

infermieristico è una vocazione” riflettono proprio questa esigenza. Ciò comporta una certa<br />

idealizzazione del reclutamento potenziale delle infermiere e implica la convinzione che sia il senso<br />

di responsabilità che la maturità personale non possano essere “insegnate” e neppure molto fatte<br />

crescere. Ne consegue che la formazione è orientata soprattutto alla comunicazione dei dati e delle<br />

tecniche essenziali e presta assai poca attenzione ad opportunità formative orientate alla maturazione<br />

individuale nell’ambito della professione 27 .<br />

Non esiste una supervisione individuale delle allieve infermiere né una formazione per piccoli<br />

gruppi che siano specificarmente intese ad aiutare le allieve a superare le difficoltà delle prime<br />

esperienze di pratica infermieristica, a instaurare più validi rapporti con i pazienti ed a gestire le loro<br />

stesse reazioni emotive. L'organizzazione infermieristica deve affrontare il dilemma per cui se da un<br />

lato la disciplina e un forte senso di responsabilità sono considerati necessari per il benessere dei<br />

pazienti, dall’altro una considerevole parte dell'effettivo lavoro infermieristico è estremamente<br />

semplice. Questo ospedale, <strong>come</strong> molti altri del genere in Gran Bretagna, ha cercato di risolvere tale<br />

dilemma assumendo un forte contingente di allieve infermiere con un buon livello personale di base<br />

nella speranza che siano disposte ad accettare un temporaneo abbassamento del livello di lavoro dato<br />

che sono in fase di formazione.<br />

Ciò permette di capire meglio il problema della dispersione di un 30-50% di allieve infermiere<br />

in questo <strong>come</strong> in altri ospedali britannici. Lo si è sempre sentito <strong>come</strong> un problema molto serio e<br />

sono stati fatti molti sforzi nel tentativo di risolverlo. In effetti può essere considerato <strong>come</strong> un<br />

elemento essenziale nel sistema sociale di difese. Il bisogno di personale responsabile parzialmente<br />

qualificato supera largamente il bisogno di personale pienamente qualificato con una proporzione<br />

all'incirca di uno a quattro. Se un gran numero di allieve infermiere non interrompesse la scuola di<br />

formazione, la classe infermieristica rischierebbe di trovarsi inondata di personale qualificato per il<br />

quale non c'è lavoro. Lo spreco è quindi un dispositivo inconscio per mantenere l'equilibrio tra<br />

personale di diversi livelli di preparazione, mentre tutti hanno un alto livello personale di base. Si<br />

capisce anche perché, eccetto in un paio di ospedali, gli sforzi apparentemente rivolti a ridurre lo<br />

spreco siano finora falliti.<br />

l) Elusione del cambiamento<br />

Un cambiamento è inevitabilmente in una certa misura un'escursione nell’ignoto. Esso implica<br />

un affidarsi ad avvenimenti futuri non del tutto prevedibili e alle loro conseguenze, il che fa insorgere<br />

necessariamente dubbi ed ansietà. Qualsiasi cambiamento di un certo rilievo all'interno un sistema<br />

27 Questo si riconnette anche col tentativo di eliminare il più possibile l’assunzione di decisioni. Se non ci sono decisioni da<br />

prendere al lavoratore non resta altro che sapere che cosa fare e <strong>come</strong> farlo.


sociale comporta cambiamenti nei rapporti <strong>sociali</strong> esistenti e nella struttura sociale. Di conseguenza<br />

ogni cambiamento sociale significativo comporta un cambiamento del modo in cui questo sistema<br />

sociale funziona <strong>come</strong> sistema di <strong>difesa</strong>. Mentre il cambiamento è in corso, vale a dire mentre si<br />

ristrutturano le difese <strong>sociali</strong>, l’ansia è più facilmente scoperta ed intensa 28 . Jaques (1955) ha insistito<br />

<strong>sul</strong> fatto che la resistenza a un cambiamento sociale si può capire meglio se la si vede <strong>come</strong> la<br />

resistenza di gruppi di persone che inconsciamente si aggrappano alle istituzioni esistenti perché i<br />

cambiamenti minacciano le difese <strong>sociali</strong> attualmente operanti contro ansie profonde ed intense.<br />

Si comprende facilmente quindi che il <strong>servizio</strong> infermieristico, le cui mansioni provocano<br />

l'insorgere di tali ansie primitive ed intense, debba attendere l’evenienza di un cambiamento con un<br />

senso di allarme insolitamente acuto. Per sottrarsi a quest'ansia l’organizzazione tende ove possibile<br />

ad evitare i cambiamenti – per così dire quasi a qualunque costo – e cerca di aggrapparsi alla routine<br />

familiare anche quando questa ha evidentemente cessato di essere adatta o pertinente. Si potrà dar<br />

corso a un cambiamento solo se interviene una crisi.<br />

Il problema che abbiamo presentato è un buon esempio delle difficoltà che si sono incontrate ad<br />

iniziare e portare avanti un cambiamento. Sia il personale qualificato sia le allieve da tempo si<br />

rendevano conto che i metodi usati erano insoddisfacenti e avrebbero voluto cambiarli, ma non erano<br />

stati capaci di farlo. L'ansia e l'incertezza sui possibili cambiamenti e <strong>sul</strong>le loro conseguenze<br />

impedivano di progettare e di decidere in modo costruttivo e realistico. Se non altro le difficoltà<br />

attuali erano ben note e si disponeva di qualche strumento per affrontarle. La situazione aveva<br />

peraltro raggiunto il punto di rottura e i limiti di tenuta delle persone coinvolte allorché noi fummo<br />

invitati ad intervenire. Si poterono osservare molti altri esempi di questo aggrapparsi all'inefficienza<br />

solo perché familiare. Ad esempio i cambiamenti nella pratica medica e il decollo del Servizio<br />

Sanitario Nazionale 29 avevano portato a un più rapido ricambio di pazienti, ad un aumento nella<br />

proporzione dei malati acuti, ad una maggiore varietà di malattie da curare in ogni reparto e a una più<br />

ampia oscillazione nel carico lavorativo dei reparti da un giorno all’altro. Tutti questi cambiamenti<br />

richiedono l'adozione di una maggiore flessibilità nell'organizzare il lavoro infermieristico nei reparti.<br />

Di fatto però in questo ospedale non si è verificato alcun aumento di flessibilità. Al contrario, si è<br />

cercato di affrontare le difficoltà connesse con il tentativo di gestire le fluttuazioni del carico di<br />

lavoro <strong>sul</strong>la base del rigido sistema descritto sopra, aumentando ulteriormente la rigidità, la<br />

prescrittività dei regolamenti e la ripetizione degli schemi familiari. Dai dati finora raccolti ri<strong>sul</strong>ta che<br />

quanto più intensa è l’ansia tanto maggiore è il bisogno di tali rassicurazioni attraverso una certa<br />

coazione a ripetere.<br />

Per soddisfare le nuove richieste di assistenza sopra accennate occorrono cure infermieristiche<br />

sempre maggiori per quantità e per qualità tecniche. Questo dato di fatto tuttavia non ha portato a<br />

considerare la possibilità implicita di far svolgere gran parte dell'assistenza da allieve infermiere<br />

semiqualificate.<br />

3) Osservazioni <strong>sul</strong> sistema sociale di <strong>difesa</strong><br />

L'aspetto caratteristico del sistema sociale di <strong>difesa</strong> che abbiamo descritto è la sua tendenza ad<br />

aiutare l’individuo ad evitare le esperienze di ansia, di senso di colpa, di dubbio e di incertezza. Per<br />

ottenere questo vengono eliminati, fin dove è possibile, situazioni, avvenimenti, compiti, attività e<br />

rapporti che fanno insorgere stati ansiosi o, per essere più precisi, evocano ansie connesse con i<br />

residui psicologici primitivi della personalità. Si fa ben poco per aiutare l'individuo ad affrontare le<br />

situazioni ansiogene, in modo da permettergli di sviluppare la capacità di tollerare e controllare più<br />

efficacemente l'ansia. Sta di fatto che le ansie potenziali nella situazione infermieristica sono<br />

considerate fondamentalmente troppo profonde e pericolose per poterle affrontare in pieno e tali da<br />

minacciare la disgregazione della personalità e il caos sociale. In realtà naturalmente il tentativo di<br />

evitare un tale confronto non può mai avere un completo successo. Si rende infatti inevitabile un<br />

28 Questa è un'esperienza comune nella terapia psicoanalitica quando si ristrutturano le difese dell'individuo.<br />

29 Tendenze che sono proseguite e si sono intensificate.


compromesso tra gli scopi impliciti del sistema sociale di <strong>difesa</strong> e le richieste della realtà che si<br />

manifestano nella necessità di perseguire il compito primario.<br />

Ne segue che i meccanismi di <strong>difesa</strong> psichica, che col tempo si sono costruiti nel sistema di<br />

<strong>difesa</strong> socialmente strutturato del <strong>servizio</strong> infermieristico, sono nel complesso quelli che offrono<br />

protezione dal pieno impatto dell'ansia attraverso l’evasione. Essi derivano dai meccanismi di <strong>difesa</strong><br />

psichici più primitivi. Sono i meccanismi tipici messi in opera dal bambino piccolo per controllare,<br />

soprattutto con l’evasione, la forte ansia sollevata dall’interazione dei suoi istinti, che sono<br />

intollerabili data l’età immatura 30 .<br />

Gli individui si differenziano in base alla loro capacità di modificare od abbandonare durante il<br />

processo di crescita i propri meccanismi di <strong>difesa</strong> primitivi per crearne altri maggiormente in grado di<br />

gestire l’ansia. E’ da notare che questi altri metodi includono la capacità di affrontare situazioni<br />

ansiogene nelle loro forme originali o simboliche e di elaborarle, di avvicinare e tollerare la realtà<br />

psichica e quella oggettiva, di differenziarle, e di intraprendere in relazione ad esse delle attività<br />

costruttive e obiettivamente valide 31 . Ogni individuo corre il rischio che avvenimenti obiettivi o<br />

psichici provochino l'insorgere di ansie così intense da indurre all'abbandono totale o parziale dei<br />

metodi più maturi per il controllo dell'ansia ed alla regressione a metodi più primitivi di <strong>difesa</strong>.<br />

Secondo noi la forte ansia provocata dal lavoro infermieristico ha provocato proprio questa<br />

regressione individuale a forme primitive di <strong>difesa</strong>. Queste sono state proiettate ed oggettivate nella<br />

struttura sociale e nella cultura del <strong>servizio</strong> infermieristico, con il ri<strong>sul</strong>tato che l'ansia è abbastanza<br />

contenuta ma un’autentica padronanza di essa tramite l’elaborazione profonda e la trasformazione<br />

viene seriamente inibita. Dobbiamo così aspettarci che le infermiere soffrano costantemente di<br />

un'ansia di portata superiore a quella che la sola situazione oggettiva giustificherebbe. Per un esame<br />

più dettagliato del motivo per cui il sistema sociale di <strong>difesa</strong> fallisce nel suo tentativo di sostenere<br />

l'individuo nei suoi sforzi per un maggiore controllo dell'ansia, occorre affrontare il problema da due<br />

punti di vista diversi ma collegati.<br />

Prenderò dapprima in considerazione fin dove l'attuale funzionamento del <strong>servizio</strong><br />

infermieristico permette esperienze che di per sé rassicurino o rendano ansiose le infermiere. Infatti<br />

<strong>come</strong> diretta conseguenza dell’organizzazione sociale si sviluppano molte situazioni ed incidenti che<br />

chiaramente provocano l’ansia. D’altra parte il sistema sociale funziona spesso in modo da privare le<br />

infermiere delle indispensabili soddisfazioni e rassicurazioni. In altre parole è lo stesso sistema<br />

sociale di <strong>difesa</strong> che fa insorgere molta ansia secondaria senza riuscire ad attenuare quella primaria.<br />

Illustrerò questi punti con qualche esempio tipico.<br />

a) Minaccia di crisi e fallimento operativo<br />

Dal punto di vista operativo il <strong>servizio</strong> infermieristico é ingombrante e rigido. Non si adatta<br />

facilmente a cambiamenti di situazioni a breve e a lungo termine. Ad esempio il sistema dell’elenco<br />

dei compiti da svolgere e la loro prescrizione nei minimi particolari rendono difficile riorganizzare il<br />

carico lavorativo quando si renda necessario posponendo o tralasciando i lavori meno urgenti o meno<br />

importanti. Le esigenze globali di un reparto variano considerevolmente da un momento all'altro in<br />

rapporto a fattori quali il tipo e il numero dei pazienti e i giorni di intervento chirurgico. Anche il<br />

numero e le categorie di allieve infermiere variano considerevolmente e da un momento a l'altro. Si<br />

verificano periodiche carenze di allieve infermiere del secondo e terzo anno di corso quando sono<br />

impegnate dalla scuola per sei settimane; le malattie e i congedi poi ne riducono spesso il numero.<br />

Il rapporto lavoro/personale varia perciò notevolmente e spesso all'improvviso. Sic<strong>come</strong> non si<br />

può facilmente ridurre il lavoro queste situazioni generano parecchia pressione, tensione e incertezza<br />

30 Elencherò qui brevemente alcune delle difese più importanti. Nel fare questo seguirò l’opera di Freud negli sviluppi portati<br />

avanti da Melanie Klein (1952b, 1959). Il bambino usa molto spesso la scissione e la proiezione, la negazione,<br />

l’idealizzazione e il controllo rigido e onnipotente di sé e degli altri. Queste difese sono dapprima massicce e violente. Più<br />

avanti, quando il bambino è maggiormente in grado di tollerare l'ansia, continua ad usare le stesse difese ma in modo meno<br />

violento. Esse cominciano anche ad apparire sotto forme più familiari quali ad esempio la rimozione, i rituali ossessivi e la<br />

ripetizione del già noto.<br />

31 O, in altre parole, la capacità di intraprendere attività sublimatorie.


tra il personale qualificato e le allieve. Anche quando il rapporto lavoro/personale è soddisfacente la<br />

minaccia di un suo improvviso aumento è sempre presente. Sembra che <strong>sul</strong>le infermiere incomba la<br />

costante sensazione di una crisi imminente. Esse sono ossessionate dal timore di non poter eseguire il<br />

lavoro in modo adeguato quando la pressione di questo aumenta. Viceversa, succede loro di rado di<br />

provare soddisfazione o una diminuzione dell'ansia derivanti dalla consapevolezza di essere in grado<br />

di espletare il proprio compito in modo realistico ed efficiente.<br />

Il <strong>servizio</strong> infermieristico è organizzato in modo tale da rendere difficile, sia ad una persona<br />

singola <strong>come</strong> anche ad un gruppo ristretto, prendere delle decisioni rapide ed efficaci. La dispersione<br />

delle responsabilità impedisce un’adeguata e specifica concentrazione di autorità tale da permettere di<br />

prendere e mettere in atto delle decisioni. L'organizzazione dei gruppi di lavoro rende difficile<br />

ottenere un'adeguata concentrazione delle conoscenze necessarie. Il sistema dell'elenco dei compiti,<br />

ad esempio, impedisce la suddivisione di un reparto in unità di dimensioni tali da permettere ad ogni<br />

persona di essere perfettamente al corrente di quanto succede nella propria unità, e di un numero tale<br />

da permettere una comunicazione adeguata tra esse e con la persona responsabile del loro<br />

coordinamento. In un reparto solo la caposala e le infermiere qualificate hanno la possibilità di<br />

raccogliere e di coordinare le informazioni, ma l’unità per la quale devono svolgere questo lavoro ha<br />

una dimensione e una complessità tale da rendere impossibile effettuarlo in modo efficace. Esse sono<br />

quindi inevitabilmente male informate. Ad esempio ci capitò in molti casi di trovare la caposala che<br />

non ricordava quante infermiere fossero in <strong>servizio</strong> e quale fosse il compito di ognuna, per cui doveva<br />

ricorrere ad un elenco scritto. Questi esempi non si possono solo attribuire ad inadeguatezza<br />

personale. C’è dunque una tendenza a far prendere delle decisioni a persone che sentono di non avere<br />

le informazioni necessarie su fatti rilevanti e accertabili. Questo provoca sia ansia che rabbia. A<br />

questo tipo di ansia si aggiunge l’ansia che una decisione non venga presa in tempo, dato che il<br />

processo per giungere a una decisione è lento e appesantito dal sistema di controlli e ricontrolli e<br />

dall’incertezza circa la localizzazione delle responsabilità.<br />

b) Eccessivo movimento di allieve infermiere<br />

Il fatto che ad un aumento del rapporto lavoro/personale si possa ovviare solo in modo molto<br />

parziale mediante una riduzione del carico lavorativo significa che è spesso necessario avere rinforzi<br />

di personale, di solito mediante lo spostamento di allieve infermiere. Quindi questa <strong>difesa</strong><br />

rappresentata da un’organizzazione lavorativa rigida è un fattore che concorre a complicare l’attuale<br />

problema della distribuzione delle allieve. Gli spostamenti troppo frequenti causano disagio e ansia<br />

notevoli. La negazione dell’importanza dei rapporti e dei sentimenti non costituisce per le infermiere<br />

un’adeguata protezione soprattutto perché gli spostamenti interessano più direttamente le allieve<br />

infermiere, che non hanno ancora sviluppato pienamente queste difese. Le infermiere si affliggono e<br />

si lamentano per l'interruzione dei rapporti con i pazienti e con le altre infermiere; hanno<br />

l’impressione di dimenticare i loro malati. Un'infermiera sentì il bisogno di tornare nel reparto dove<br />

aveva lavorato in precedenza per rivedere un paziente che, a parer suo, aveva fatto molto<br />

assegnamento su di lei. L’infermiera si sente sperduta nel suo nuovo ambiente. Deve apprendere<br />

nuovi doveri e stabilire rapporti con nuovi pazienti e nuovi membri del personale. Può trovarsi a<br />

dover curare tipi di malattie che non ha mai curato prima. Fino a quando non comincia ad orientarsi<br />

nella nuova situazione, va soggetta ad ansie, incertezze e dubbi. Il personale anziano calcola che ci<br />

vogliano due settimane perché un’allieva si inserisca in un nuovo reparto. Secondo noi due settimane<br />

non sono sufficienti. L'estrema rapidità di molti trasferimenti aumenta le difficoltà poiché non<br />

concede un tempo sufficiente per preparare la partenza che viene così resa più traumatica. Il<br />

passaggio di consegne per quello che riguarda i pazienti non può essere fatto in modo adeguato.<br />

Questi improvvisi trasferimenti ad un altro reparto non lasciano molto spazio per una preparazione<br />

psicologica al nuovo incarico. Infatti ha detto una ragazza: “Se solo avessi saputo con un po' di<br />

anticipo che stavano per mandarmi nel reparto diabetici, mi sarei letta qualcosa <strong>sul</strong>l'argomento e<br />

questo mi sarebbe servito molto”. Janis (1958) ha descritto <strong>come</strong> gli effetti degli eventi traumatici<br />

previsti si possano attenuare se si offre in anticipo l’opportunità di elaborare l’ansia. Egli ha definito<br />

ciò il “lavoro della preoccupazione”, per analogia con il concetto freudiano di “lavoro del lutto”


(Freud, 1929). Nella situazione attuale alle infermiere è negata l’opportunità di elaborare i previsti<br />

traumi della separazione e questo ne aumenta grandemente la tensione e l’ansia.<br />

Questa situazione indubbiamente contribuisce a produrre un distacco psicologico difensivo. Le<br />

allieve si proteggono contro l’ansia e la sofferenza dei trasferimenti o la minaccia di questi, limitando<br />

in qualsiasi situazione il proprio coinvolgimento psicologico con pazienti e personale. Questo riduce<br />

in loro l’interesse e il senso di responsabilità e favorisce quell’atteggiamento “menefreghista” che<br />

infermiere e pazienti lamentano amaramente. Le infermiere si sentono ansiose e colpevoli quando<br />

scoprono tali sentimenti in se stesse, e irritate, ferite e deluse quando lo trovano nelle altre. “Nessuno<br />

si preoccupa di <strong>come</strong> ce la caviamo; non c’è spirito di corpo; nessuno ci aiuta”. Il conseguente<br />

distacco riduce pure la possibilità di soddisfazione che si ricava da un lavoro ben fatto in un impiego<br />

che sta profondamente a cuore.<br />

c) Sotto-occupazione delle allieve infermiere<br />

Sic<strong>come</strong> i carichi di lavoro variano considerevolmente ed è difficile modificare ed adattare i<br />

compiti, il <strong>servizio</strong> infermieristico cerca di programmare i suoi organici in modo da poter soddisfare<br />

l’emergenza anziché il normale carico lavorativo. Di conseguenza le allieve spesso hanno troppo poco<br />

da fare. E’ raro sentirle lamentarsi per un eccesso di lavoro; parecchie si rammaricano perché non ne<br />

hanno abbastanza, eppure anche queste si lamentano per lo stress. Girando nei reparti abbiamo avuto<br />

modo di notare l'evidente scarsa attività delle allieve nonostante queste cerchino di parere indaffarate<br />

e parlino della necessità di farlo per evitare i richiami della caposala. Il personale direttivo poi ha<br />

sentito spesso il bisogno di giustificare lo scarso impegno lavorativo delle allieve spiegando <strong>come</strong><br />

quella fosse “una giornata morta” o che “proprio quel giorno c’era un'infermiera in più”.<br />

Il permanente livello sotto-occupazionale delle infermiere va inteso anche in termini qualitativi.<br />

Parecchi elementi del sistema di <strong>difesa</strong> contribuiscono a questo fatto. Prendiamo ad esempio<br />

l'assegnazione delle mansioni che competono alla categoria delle allieve. Sic<strong>come</strong> le infermiere<br />

trovano estremamente difficile tollerare inefficienze e sbagli, il livello del lavoro affidato ad ogni<br />

categoria di infermiere è tenuto basso, vale a dire è commisurato all'incirca all'abilità dell'infermiera<br />

meno brava nella categoria in questione. Inoltre il programma che fa delle allieve le effettive<br />

infermiere dell'ospedale le condanna ad eseguire ripetutamente lavori semplici in una misura di gran<br />

lunga eccedente quella richiesta dall'addestramento. Il fatto di eseguire lavori semplici non implica di<br />

per sé che il ruolo dell’allieva sia a basso livello. Il livello dipende anche da quante opportunità<br />

vengono date all'uso della discrezionalità e della capacità di giudizio nell’organizzazione dei compiti<br />

(quali? quando? <strong>come</strong>?). Teoricamente è possibile ricoprire dei ruoli che richiedono un alto livello di<br />

discrezionalità nell'organizzazione di lavori di per sé molto semplici. Di fatto, il sistema sociale di<br />

<strong>difesa</strong> di proposito riduce al minimo l'uso della discrezionalità e del giudizio delle allieve<br />

nell’organizzare i lavori, tramite ad esempio l’adozione dell’elenco dei compiti da svolgere, sistema<br />

questo che in ultima analisi è responsabile della scarsa occupazione di molte allieve capaci e<br />

giudiziose, che in breve tempo potrebbero essere guidate ad applicare con successo le loro doti al<br />

lavoro in ospedale. Una simile sotto-occupazione è normale tra il personale anziano riferita ad<br />

esempio alla prassi della delega verso l’alto.<br />

Una sotto-occupazione di questo tipo provoca ansia e senso di colpa, particolarmente intensi<br />

quando la sotto-occupazione implica non usare appieno le proprie capacità al <strong>servizio</strong> del prossimo in<br />

stato di bisogno. Le infermiere trovano altamente frustranti queste limitazioni della loro attività.<br />

Spesso provano <strong>come</strong> un doloroso senso di fallimento dopo aver eseguito alla lettera i compiti loro<br />

prescritti e manifestano senso di colpa e preoccupazione per incidenti dovuti all’esecuzione letterale<br />

di istruzioni che, dal loro punto di vista, ottengono pessimi ri<strong>sul</strong>tati infermieristici. Un'infermiera<br />

aveva ad esempio avuto l'ordine di dare a un paziente sofferente di insonnia un sonnifero ad un'ora<br />

prestabilita. Nel frattempo costui era spontaneamente caduto in un sonno profondo. Obbedendo agli<br />

ordini l'infermiera lo svegliò per dargli il sonnifero. Il suo buon senso e la sua capacità di giudizio le<br />

avrebbero suggerito di lasciarlo dormire, e quindi si sentiva colpevole per averlo disturbato. Spesso si<br />

sentono infermiere lamentarsi di “dover” svegliare i pazienti al mattino presto per lavar loro il viso<br />

quando hanno l'impressione che i malati si avvantaggerebbero maggiormente di qualche ora di sonno<br />

in più. Anche i pazienti si lamentano parecchio di questo, ma “tutte le facce devono essere lavate”


prima dell'arrivo dei medici in reparto al mattino. Le infermiere si sentono costrette ad andare contro i<br />

principi elementari del buon senso per una valida assistenza, e questo le irrita.<br />

Jaques (1956) ha trattato l’uso della discrezionalità ed è giunto alla conclusione che il grado di<br />

responsabilità sentito nello svolgimento di un compito è unicamente correlato con l’esercizio della<br />

discrezionalità e non con l'esecuzione degli aspetti prescritti. Sulla stessa base noi possiamo affermare<br />

che il grado di responsabilità nel lavoro dell’infermiera è reso minimo dal tentativo di eliminare l’uso<br />

della discrezionalità. Molte allieve si lamentano con rancore che, mentre il loro è di solito considerato<br />

un lavoro di grande responsabilità, ne hanno molto meno di quand’erano alla scuola media. A causa<br />

di questa mancanza di opportunità di avere maggiori responsabilità esse si sentono in<strong>sul</strong>tate, quasi<br />

vittime di un’aggressione. Si sentono, e di fatto lo sono, svalutate dal sistema sociale. Intuiscono che<br />

la situazione di lavoro e la formazione stanno impedendo loro un ulteriore sviluppo delle capacità e<br />

delle responsabilità, e questo le irrita in modo particolare. Il rancore per questa esperienza è tanto più<br />

forte in quanto si sentono continuamente esortate a comportarsi in modo responsabile, cosa che<br />

nell’accezione comune del termine è ben raramente possibile nella situazione di lavoro. In effetti ci<br />

rendemmo conto che il personale qualificato tendeva ad usare la parola “responsabilità” in modo<br />

diverso dal normale. Per loro un'infermiera “responsabile” è quella che esegue le prescrizioni alla<br />

lettera. Vi è un conflitto di base tra personale qualificato e allieve che aumenta notevolmente la<br />

tensione e il rancore da entrambe le parti. Jaques (1956) ha affermato che i lavoratori dell’industria<br />

non possono sentirsi soddisfatti finché non hanno raggiunto un livello di lavoro che valorizzi in pieno<br />

la loro capacità di responsabilità discrezionale. Le allieve infermiere, che sono di fatto “lavoratrici”<br />

dell'ospedale per la maggior parte del tempo, non sono certo contente.<br />

d) Mancanza di soddisfazioni personali<br />

Sembra che il <strong>servizio</strong> infermieristico dia al personale, sia alle infermiere qualificate che alle<br />

allieve, delle soddisfazioni più scarse del normale. Benché l'affermazione “l'assistenza infermieristica<br />

dovrebbe essere una vocazione” implichi che le infermiere non dovrebbero aspettarsi grandi<br />

soddisfazioni nel lavoro, la loro mancanza aggrava lo stress. Abbiamo già menzionato svariati modi<br />

con cui l'infermiera viene privata delle possibilità di soddisfazioni esistenti nella professione, quella<br />

ad esempio che proviene da una rassicurante fiducia nella sua abilità infermieristica. Anche il<br />

tentativo di sfuggire all’ansia spezzando il rapporto infermiera-paziente e trasformando il malato<br />

bisognoso di cure in un compito che dev’essere eseguito è un altro modo per ridurre la soddisfazione.<br />

Sebbene il <strong>servizio</strong> infermieristico ottenga notevole successo nella cura dei pazienti, la singola<br />

infermiera partecipa ben poco a questo successo. Il successo e la soddisfazione si disperdono più o<br />

meno <strong>come</strong> l’ansia. All’infermiera manca la rassicurante soddisfazione di vedere che il<br />

miglioramento di un paziente è connesso con i suoi sforzi. Che un'infermiera aspiri a questa<br />

esperienza lo dimostrano la sua eccitazione ed il suo piacere quando viene scelta per prestare<br />

un'assistenza individuale e particolare a qualche paziente gravemente malato in un momento di crisi.<br />

La stessa gratitudine dei pazienti, che è un’importante ricompensa per un’infermiera, si disperde in<br />

modo analogo. I pazienti sono grati all’ospedale o alle “infermiere” per l'assistenza ricevuta e per la<br />

guarigione, ma non è loro facile poter esprimere questa riconoscenza a singole infermiere in modo<br />

diretto. Queste sono troppe e troppo mobili. La questione è sentita in modo tanto più intenso in<br />

quanto oggi si insiste <strong>sul</strong>la necessità di un’assistenza infermieristica rivolta al paziente nella sua<br />

totalità di individuo. Questo è quanto la scuola insegna e quanto l'infermiera di solito desidera fare,<br />

ma è quello che poi il funzionamento del <strong>servizio</strong> infermieristico rende impossibile.<br />

Anche le caposala sono private delle soddisfazioni potenziali dei loro ruoli. Molte di loro<br />

vorrebbero avere un contatto più stretto coi pazienti e maggiori opportunità di impiegare le proprie<br />

capacità infermieristiche in modo diretto. Esse dedicano molto del loro tempo ad iniziare ed<br />

addestrare allieve che vengono inviate ai loro reparti. L’eccessiva mobilità delle allieve significa che<br />

queste caposala spesso non sono in grado di vedere i ri<strong>sul</strong>tati del tempo che dedicano<br />

all’insegnamento e non hanno la soddisfazione di seguire la formazione dell’infermiera sotto la loro<br />

supervisione. Come per le infermiere, la ricompensa del loro lavoro è dispersiva e impersonale.<br />

Il <strong>servizio</strong> infermieristico impedisce in molti modi di ottenere soddisfazioni nel rapporto con le<br />

colleghe. Ad esempio, il rapporto tra personale qualificato e allieve è tradizionalmente impostato in


modo che queste ultime si sentano oggetto d'attenzione individuale quasi solo quando devono essere<br />

rimproverate o criticate. Si dà per scontata una buona esecuzione dei lavori e gli elogi sono scarsi. Le<br />

allieve si lamentano che nessuno noti quando svolgono un buon lavoro, quando si fermano oltre<br />

l’orario, quando si prodigano oltre il richiesto per il benessere di qualche paziente. Le squadre di<br />

lavoro sono notoriamente poco stabili. Anche se le allieve fossero spostate solo ogni tre mesi, questo<br />

renderebbe già difficile la formazione di gruppi compatti ed affiatati. Gli spostamenti, di fatto ben più<br />

frequenti, e la minaccia di questi la rende quasi impossibile. In tali circostanze è difficile formare una<br />

squadra che funzioni efficacemente <strong>sul</strong>la base di una reale conoscenza dei punti forti e di quelli<br />

deboli dei singoli membri, dei loro bisogni e dei loro contributi, e che si adatti al metodo di lavoro e<br />

al tipo di rapporto che ognuno preferisce. Le infermiere si sentono ferite e piene di risentimento per il<br />

totale disinteresse verso il loro personale contributo al lavoro, che é meno soddisfacente quando deve<br />

essere svolto seguendo non solo un sistema basato su un elenco di compiti ma anche<br />

un'organizzazione rigida per quanto informale. Un’infermiera non ha la soddisfazione di poter fare un<br />

investimento totale della propria personalità nel lavoro e di dare un valido contributo personale. La<br />

“spersonalizzazione”, usata <strong>come</strong> <strong>difesa</strong>, peggiora le cose. L’indifferenza verso i suoi bisogni e le sue<br />

capacità, che ne è la diretta conseguenza, è penosa per l’infermiera, la quale sente di non essere tenuta<br />

in alcun conto e che a nessuno interessa quanto le succede. L’angoscia è tanto maggiore in quanto<br />

essa si trova in una situazione piena di pericoli e di difficoltà e sa che prima o poi può avere un gran<br />

bisogno di aiuto e di appoggio.<br />

Tale appoggio all’individuo è notoriamente assente nelle relazioni di lavoro esistenti<br />

nell’ambito dell’intero <strong>servizio</strong> infermieristico. Si cerca una situazione compensatoria stabilendo<br />

intensi rapporti con altre infermiere fuori <strong>servizio</strong> 32 . I gruppi di lavoro sono caratterizzati da un<br />

grande isolamento dei loro membri. Le infermiere spesso non sanno quello che le loro colleghe nello<br />

stesso gruppo stanno facendo, e neppure quali siano i loro incarichi formali; spesso infatti non sanno<br />

neppure se le altre componenti del loro gruppo sono in <strong>servizio</strong> o fuori. Eseguono i loro compiti senza<br />

la minima considerazione per le colleghe. Questo fa sorgere frequentemente delle difficoltà tra di<br />

loro. Ad esempio un'infermiera nell’eseguire correttamente il suo compito secondo le prescrizioni può<br />

disfare il lavoro fatto da un'altra che sta ella pure correttamente adempiendo alle sue mansioni<br />

secondo le prescrizioni, per il fatto che non hanno progettato né coordinato insieme il lavoro. Ne<br />

conseguono di solito dei sentimenti negativi. Un'infermiera può essere sovraccarica di lavoro ed<br />

un'altra non averne abbastanza. In tal caso è raro che si suddividano il lavoro. A questo proposito le<br />

lamentele delle infermiere sono pesanti. Esse affermano: “Non vi è spirito di corpo; nessuno t'aiuta;<br />

tutti se ne fregano”. Si sentono colpevoli perché non prestano aiuto e arrabbiate perché non sono<br />

aiutate. Si sentono deprivate dalla mancanza di stretti rapporti di stima e di amicizia con le colleghe.<br />

Anche il sistema di formazione, orientato com’è a impartire nozioni, priva l’allieva di appoggio e<br />

aiuto. Questa si sente spinta ad acquisire conoscenze e a superare esami per diventare una “brava<br />

infermiera” e nello stesso tempo ha l'impressione che ben pochi si interessino veramente alla sua<br />

maturazione personale e al suo futuro.<br />

Questa mancanza di appoggio ed aiuto personale è particolarmente penosa per un’allieva che<br />

vede quanta cura ed attenzione viene prestata ai pazienti. Abbiamo avuto l'impressione che un buon<br />

numero di infermiere si avvii alla professione con una certa confusione di idee <strong>sul</strong> ruolo e <strong>sul</strong>le<br />

funzioni che dovranno assumere in futuro. Vivono l’ospedale <strong>come</strong> un’organizzazione<br />

particolarmente ben attrezzata a gestire i bisogni di dipendenza, cordiale e protettiva, e si aspettano di<br />

avere anch'esse il privilegio di essere molto dipendenti. Invece a causa della divisione in categorie si<br />

vedono negare quel privilegio eccetto che in rare occasioni e in particolare quando esse stesse si<br />

ammalano e sono curate in ospedale.<br />

Passo ora ad esporre una seconda considerazione generale circa il fallimento delle difese <strong>sociali</strong><br />

nell’alleviare l’ansia. Questo origina dalla forte pressione che il sistema sociale di <strong>difesa</strong> esercita<br />

direttamente <strong>sul</strong>l’individuo indipendentemente dalle sue esperienze specifiche, vale a dire dalla<br />

interazione di natura più esplicitamente psicologica tra il sistema sociale di <strong>difesa</strong> e la singola<br />

infermiera.<br />

32 Per tradizione un'infermiera stabilisce i più stretti contatti d'amicizia col gruppo col quale ha iniziato la scuola. L'amicizia<br />

tra infermiere di gruppi diversi è, secondo la cultura vigente, inammissibile. Ma le infermiere di uno stesso gruppo si trovano<br />

raramente insieme <strong>sul</strong> lavoro salvo nei brevi periodi di istruzione formale.


Sebbene, seguendo Jaques, abbia anch’io usato il termine “sistema sociale di <strong>difesa</strong>” per<br />

descrivere certi aspetti del <strong>servizio</strong> infermieristico <strong>come</strong> istituzione sociale a carattere continuativo,<br />

desidero chiarire che non intendo dire che il <strong>servizio</strong> infermieristico in quanto istituzione metta in<br />

opera delle difese. Le difese sono e possono essere messe in atto solo dagli individui. E’ il<br />

comportamento di questi che costituisce il legame tra le loro difese psichiche e l’istituzione.<br />

L’appartenenza ad un’istituzione richiede un grado adeguato di accordo tra il sistema difensivo<br />

individuale e il sistema sociale di <strong>difesa</strong>. Senza tentare di definire tale grado, vorrei semplicemente<br />

far notare che se c'è troppa discrepanza tra le difese <strong>sociali</strong> e quelle individuali diventa inevitabile<br />

qualche crollo nei rapporti dell’individuo con l’istituzione. Le forme del crollo sono varie ma nella<br />

nostra società assumono generalmente la forma di una frattura, temporanea o permanente,<br />

nell'appartenenza dell’individuo all’istituzione. Se ad esempio un individuo continua ad usare le<br />

proprie difese ed a seguire i propri modelli idiosincrasici di comportamento, può diventare<br />

insopportabile per gli altri membri dell’istituzione più integrati nel sistema sociale di <strong>difesa</strong> ed essere<br />

quindi rifiutato. D’altra parte se egli cerca di comportarsi in modo coerente con il sistema sociale di<br />

<strong>difesa</strong> invece che con le proprie difese personali, è probabile che la sua ansia aumenti tanto da<br />

rendergli impossibile continuare ad appartenere a quell’istituzione. Da un punto di vista teorico<br />

l’accordo tra difese <strong>sociali</strong> e individuali si può ottenere o ristrutturando il sistema sociale di difese in<br />

modo che si adatti all’individuo, o ristrutturando le difese individuali in modo che si adattino a quelle<br />

<strong>sociali</strong>, o modificando ambedue. I processi mediante i quali si può raggiungere un grado adeguato di<br />

adattamento tra <strong>sistemi</strong> difensivi sono troppo complessi per poterli descrivere qui dettagliatamente.<br />

Basti dire che essi dipendono marcatamente dalle continue proiezioni del sistema psichico di <strong>difesa</strong> su<br />

quello sociale e dalle continue introiezioni del sistema sociale di <strong>difesa</strong> in quello psichico.<br />

L'esperienza dell'individuo poi, messa a confronto con le reazioni proprie ed altrui, dà modo di<br />

esercitare un controllo continuo <strong>sul</strong>l'adeguatezza di questi adattamenti 33 .<br />

Abbiamo presentato il sistema sociale di <strong>difesa</strong> del <strong>servizio</strong> infermieristico <strong>come</strong> il ri<strong>sul</strong>tato di<br />

un processo storico di interazione collusiva tra individui finalizzato a proiettare e reificare importanti<br />

elementi del loro sistema di <strong>difesa</strong> psichico. Comunque, dal punto di vista di chi entra per la prima<br />

volta a far parte del <strong>servizio</strong> infermieristico il sistema sociale di <strong>difesa</strong> è un dato di fatto, un aspetto<br />

della realtà esterna alla quale deve reagire ed adattarsi. Fenichel illustra un punto di vista analogo<br />

(1946) quando afferma che le istituzioni <strong>sociali</strong> sono il ri<strong>sul</strong>tato degli sforzi dell'uomo per soddisfare i<br />

suoi bisogni, ma poi si trasformano in realtà esterne relativamente indipendenti che influenzano la<br />

struttura dell’individuo. L’allieva infermiera si trova a dover affrontare un compito particolarmente<br />

difficile nell’adattarsi al <strong>servizio</strong> infermieristico e nello sviluppare un adeguato accordo tra il sistema<br />

sociale di <strong>difesa</strong> e le sue proprie difese psichiche. Dovrebbe essere chiaro da quanto detto finora che<br />

il <strong>servizio</strong> infermieristico oppone forti resistenze ai cambiamenti, soprattutto a quelli connessi con il<br />

suo sistema di <strong>difesa</strong>. Per l'allieva infermiera questo significa che il sistema sociale di <strong>difesa</strong> è<br />

eccezionalmente rigido. Nel processo di adattamento tra il sistema sociale di <strong>difesa</strong> e quello psichico,<br />

l’accento è posto in modo marcato <strong>sul</strong>la modificazione delle difese psichiche dell'individuo. In pratica<br />

questo significa che l'infermiera deve incorporare e mettere in opera il sistema sociale di <strong>difesa</strong> più o<br />

meno così <strong>come</strong> lo trova e ristrutturare invece le proprie difese psichiche nella misura necessaria per<br />

adattarvisi.<br />

In un paragrafo precedente abbiamo descritto <strong>come</strong> il sistema sociale di <strong>difesa</strong> dell'ospedale<br />

fosse basato <strong>sul</strong>le difese psichiche primitive caratteristiche delle prime fasi dell'infanzia. Di<br />

conseguenza si richiede che le allieve infermiere, diventando membri del <strong>servizio</strong> infermieristico,<br />

incorporino ed usino difese psichiche primitive perlomeno in quelle aree del loro spazio vitale che<br />

sono direttamente connesse con il loro lavoro. L’uso di queste difese comporta certe conseguenze<br />

intrapsichiche che sono coerenti con i fenomeni <strong>sociali</strong> già menzionati in questo <strong>studio</strong> rispetto ad<br />

altri contesti. Le descriverò brevemente per completare l'elenco. Queste difese sono rivolte contro<br />

situazioni infantili violente e terrificanti e si basano quasi esclusivamente su violente scissioni che<br />

dissolvono l’ansia. Sono mezzi efficaci per evitare l’esperienza dell'ansia ed impedire all’individuo di<br />

affrontarla. In tal modo l’individuo non può porre il contenuto delle situazioni fantasmatiche cariche<br />

d’ansia a diretto contatto con la realtà e non è in grado di differenziare un’ansia irreale o patologica<br />

33 Paula Heimann (1952) descrive gli importanti processi attraverso i quali si modifica sia la realtà psichica che quella<br />

esterna.


<strong>dall'ansia</strong> realistica che scaturisce da pericoli reali. Quindi l’ansia tende a restare in permanenza a un<br />

livello determinato più dalle fantasie inconsce che dalla realtà. L’introiezione forzata del sistema di<br />

<strong>difesa</strong> dell’ospedale perpetua quindi nell’individuo un notevole grado di ansia patologica.<br />

L'introiezione e l'uso forzato di queste difese interferiscono anche con la capacità di formazione<br />

dei simboli (vedi l'ultima parte dell'introduzione). Le difese inibiscono la formazione del pensiero<br />

creativo e simbolico, del pensiero astratto e della concettualizzazione, <strong>come</strong> pure un pieno sviluppo<br />

della capacità di comprensione, della conoscenza e delle abilità che permettono all’individuo di<br />

affrontare la realtà in modo positivo e di controllare l’ansia patologica. Così l’individuo si sente<br />

impotente davanti a problemi e compiti nuovi od insoliti. Lo sviluppo di tali capacità presuppone una<br />

notevole integrazione psichica che il sistema sociale di <strong>difesa</strong> inibisce. Esso inibisce pure la capacità<br />

di conoscere e di comprendere se stessi e quindi la capacità di valutare realisticamente il proprio<br />

operato. Lo scarso senso della realtà, conseguenza di un tale sistema di difese, interferisce pure con la<br />

capacità di giudizio e fa commettere degli errori. L’individuo se ne rende conto quando è troppo tardi;<br />

ne conseguono un senso di inadeguatezza, accresciuta sfiducia in se stesso ed ansia. Ad esempio, si<br />

riscontrano maggiori errori, senso di colpa ed ansia nel seguire le prescrizioni alla lettera che non<br />

nell’adottare delle norme di buona assistenza. Questa situazione influenza in modo particolare la<br />

fiducia nell’esistenza di impulsi positivi e nella loro efficacia a controllare e modificare l'aggressività.<br />

Questo senso di insicurezza sugli aspetti positivi della propria personalità è particolarmente rilevante<br />

tra le infermiere; esse ad esempio vivono nella paura di fare la cosa sbagliata, nell'attesa di qualche<br />

errore, nel timore di non saper affrontare le proprie responsabilità. Le difese <strong>sociali</strong> impediscono<br />

all'individuo di rendersi pienamente conto della propria capacità di sollecitudine, di compassione, di<br />

comprensione e dell’azione conseguente basata su questi sentimenti, il che rafforzerebbe la sua<br />

fiducia negli aspetti positivi di se stesso e nella propria capacità di farne uso. Il sistema di <strong>difesa</strong><br />

colpisce quindi direttamente e alla radice le attività di sublimazione mediante la quale le ansie<br />

infantili vengono rielaborate in forma simbolica e quindi modificate.<br />

Riassumendo, si può dire che l'introiezione forzata del sistema di <strong>difesa</strong> impedisce la<br />

maturazione del sistema difensivo personale, l’unico che permetta la modificazione dei residui di<br />

ansie infantili e riduca l'estensione con cui queste ansie primitive vengono rievocate e proiettate in<br />

situazioni presenti e reali. In molti casi infatti essa costringe l’infermiera a regredire a livelli di<br />

maturazione inferiori a quelli che aveva raggiunto prima di entrare in ospedale. E’ in questo che il<br />

<strong>servizio</strong> infermieristico delude senza speranza le aspettative dei singoli membri. Sembra evidente che<br />

una delle motivazioni più forti per la scelta della professione infermieristica sia il desiderio di avere<br />

l’opportunità di sviluppare capacità di attività sublimatorie curando i malati e, tramite questa,<br />

dominare meglio le situazioni ansiogene infantili, modificare l’ansia patologica e raggiungere la<br />

maturità personale.<br />

Sotto questo aspetto può essere interessante aggiungere un ulteriore commento <strong>sul</strong>lo spreco,<br />

che sembra più grave di quanto le semplici cifre possano suggerire. Sembra che siano le allieve più<br />

mature a risentire più acutamente del conflitto tra il proprio sistema di <strong>difesa</strong> e quello dell'ospedale e<br />

a interrompere in maggior numero la scuola. Sebbene gli scopi della ricerca non ci abbiano permesso<br />

di raccogliere dati statistici, abbiamo la netta impressione che tra le allieve che non hanno completato<br />

la scuola figuri un’alta percentuale delle più brave, cioè quelle che sono personalmente più mature e,<br />

con una formazione adeguata, più capaci di sviluppo intellettuale, professionale e personale. Le<br />

infermiere spesso parlano delle allieve che hanno lasciato la scuola <strong>come</strong> di “ottime infermiere”.<br />

Nessuno riesce a capire perché non abbiano voluto concludere la loro formazione. Abbiamo avuto<br />

l'occasione di discutere la cosa con alcune allieve che stavano prendendo in seria considerazione<br />

l’eventualità di andarsene. Molte dicevano di sentire ancora il desiderio di dedicarsi all'assistenza e<br />

riusciva loro difficile spiegare perché volevano andarsene. Provavano un vago senso<br />

d'insoddisfazione per il corso di formazione e per il lavoro che stavano facendo, e nutrivano un senso<br />

di sfiducia nel futuro. Il contenuto del colloquio considerato globalmente lascia pochi dubbi <strong>sul</strong> fatto<br />

che soffrivano perché il loro sviluppo personale veniva inibito. Si è pure notata una notevole<br />

differenza nella personalità di gruppi di allieve nei diversi stadi della formazione. Quest’ultima non<br />

basta da sola a spiegare tutte queste differenze. Alcune di esse sembrano essere dovute<br />

all'autoselezione operata dalle allieve che se ne vanno. Se questa nostra impressione non è errata il<br />

sistema sociale di <strong>difesa</strong> impoverisce il futuro del <strong>servizio</strong> infermieristico, poichè tende a eliminare<br />

quel potenziale personale direttivo che potrebbe portare il contributo maggiore allo sviluppo della


teoria e della pratica infermieristica. Si apre così un circolo vizioso che rafforza la difficoltà a<br />

cambiare il sistema. La tragedia del sistema sta in questa sua inadeguatezza per cui respinge proprio<br />

le persone che potrebbero porvi rimedio.<br />

4) Sintesi e commento conclusivo<br />

Questo articolo presenta alcuni dati ricavati dallo <strong>studio</strong> del <strong>servizio</strong> infermieristico di un<br />

ospedale generale universitario. Il suo scopo specifico era quello di prendere in considerazione e, se<br />

possibile, giustificare l'alto livello di tensione ed ansia cronicamente presenti tra le infermiere.<br />

L’analisi dei dati suggerì che la natura del lavoro dell’infermiera, nonostante le sue ovvie difficoltà,<br />

non era sufficiente a giustificare il livello d'ansia e di tensione. Si fece quindi un tentativo per capire e<br />

illustrare la natura degli strumenti offerti dal <strong>servizio</strong> infermieristico allo scopo di alleviare l’ansia -<br />

vale a dire il suo sistema sociale di <strong>difesa</strong> - e per esaminare i motivi per cui esso falliva lo scopo. Si<br />

raggiunse la conclusione che il sistema sociale di <strong>difesa</strong> rappresentava l’istituzionalizzazione di<br />

meccanismi di <strong>difesa</strong> psichici molto primitivi, la cui caratteristica principale era che facilitavano<br />

l'evasione dall’ansia, ma contribuivano ben poco a modificarla e ridurla in modo concreto.<br />

Concludendo, desidero toccare brevemente alcuni punti che lo spazio limitato non mi permette<br />

di elaborare. Ho considerato solo incidentalmente gli effetti del sistema di <strong>difesa</strong> <strong>sul</strong>l'efficienza<br />

nell’esecuzione del lavoro, a parte la constatazione che esso permette di portare avanti con continuità<br />

il compito primario del <strong>servizio</strong>. E’ parso evidente comunque che il <strong>servizio</strong> infermieristico è<br />

inefficiente sotto molti aspetti: ad esempio mantiene indebitamente alto il rapporto personale/pazienti,<br />

genera una pratica infermieristica in larga misura scadente, provoca un eccessivo turnover del<br />

personale e non è in grado di preparare adeguatamente le allieve ai loro reali ruoli futuri. E gli esempi<br />

sarebbero molti di più. Inoltre l’alto livello di ansia delle infermiere si somma alla tensione dei<br />

pazienti per la malattia e il ricovero ed ha effetti negativi su fattori quali la percentuale di guarigioni.<br />

L’indagine realizzata da Revans (Revans, 1959) ha messo in diretto rapporto la percentuale delle<br />

guarigioni dei pazienti con il morale del personale infermieristico. Così la struttura sociale del<br />

<strong>servizio</strong> infermieristico si rivela difettosa non solo <strong>come</strong> mezzo di controllo dell’ansia, ma anche<br />

<strong>come</strong> metodo di organizzazione dei suoi stessi compiti. Questi due aspetti non possono essere<br />

considerati separatamente. L'inefficienza è una inevitabile conseguenza del sistema di <strong>difesa</strong><br />

prescelto.<br />

Questo mi induce a prospettare l'ipotesi che il successo e la vitalità di un’istituzione sociale<br />

siano strettamente connessi con le tecniche che questa impiega per contenere l’ansia. Ipotesi analoghe<br />

per gli individui sono da tempo largamente accettate. Freud portò avanti queste idee nelle sue opere<br />

con crescente insistenza (1926). Il lavoro di Melanie Klein e dei suoi colleghi ha dato all'ansia e alle<br />

difese una posizione centrale nello sviluppo della personalità e del funzionamento dell'Io (1948b).<br />

Qui vorrei fare una seconda ipotesi, collegata con la precedente, e cioè che la comprensione di questo<br />

aspetto del funzionamento di un’istituzione sociale è un importante strumento diagnostico e<br />

terapeutico per facilitare il cambiamento sociale. Bion (1955) e Jaques (1955) sottolineano<br />

l'importanza della comprensione di questi fenomeni e collegano le difficoltà che si incontrano nel<br />

portare avanti un cambiamento sociale con la difficolà di tollerare l’ansia che si scatena quando si<br />

ristrutturano le difese <strong>sociali</strong>. Ciò appare strettamente connesso con le esperienze di coloro, tra i quali<br />

molti <strong>studio</strong>si di scienze <strong>sociali</strong>, che hanno tentato di iniziare o facilitare un cambiamento sociale.<br />

Raccomandazioni o progetti di modifiche, che sembrano estremamente appropriati da un punto di<br />

vista razionale, vengono ignorati o nella pratica non funzionano. Sembra che uno dei motivi del loro<br />

fallimento sia il fatto che non prendono in sufficiente considerazione le comuni ansie e le difese<br />

<strong>sociali</strong> esistenti nelle istituzioni prese in esame e non provvedono a un trattamento terapeutico della<br />

situazione mentre il mutamento ha luogo. Jaques (1955) afferma che “per un efficace mutamento<br />

sociale occorre probabilmente un'analisi delle ansie comuni e delle collusíoni inconsce soggiacenti<br />

alle difese <strong>sociali</strong> che determinano i rapporti <strong>sociali</strong> a livello fantasmatico”.<br />

Il <strong>servizio</strong> infermieristico presentava queste difficoltà in grado elevato, dato che le ansie erano<br />

già molto intense e il sistema di <strong>difesa</strong> tanto primitivo quanto inefficiente. Si reagiva spesso agli


sforzi fatti per apportare dei mutamenti sostanziali con acuta ansia ed ostilità, che davano l’idea che le<br />

persone interessate si sentissero fortemente minacciate e che la minaccia consistesse addirittura nel<br />

caos sociale e nel crollo individuale. Rinunciare ai modelli familiari di comportamento per imbarcarsi<br />

verso l’ignoto appariva intollerabile. In generale si può ipotizzare che la resistenza ad un mutamento<br />

sociale sarà maggiore nelle istituzioni il cui sistema sociale di <strong>difesa</strong> è dominato da meccanismi di<br />

<strong>difesa</strong> psichica primitivi, <strong>come</strong> quelli che sono stati complessivamente definiti da Melanie Klein<br />

<strong>come</strong> difese schizoparanoidi (Klein 1952a, 1959). Si possono paragonare queste esperienze di tipo<br />

socioterapico con le esperienze comuni nelle terapie psicoanalitiche, dove il lavoro più difficile<br />

avviene con pazienti le cui difese sono soprattutto di questo tipo, o nelle fasi dell’analisi in cui queste<br />

difese predominano.<br />

Nell’ospedale si sono potuti raggiungere alcuni ri<strong>sul</strong>tati terapeutici, particolarmente in<br />

relazione ai sintomi presentati. Si è preparato un programma di corsi per le allieve infermiere che<br />

assicurasse loro un addestramento adeguato e nel contempo all’ospedale un’altrettanto adeguata<br />

presenza di personale. E’ interessante notare <strong>come</strong> fu proprio nel preparare questi corsi che<br />

raccogliemmo per la prima volta dei dati obiettivi <strong>sul</strong>la discrepanza tra le esigenze della formazione e<br />

quelle della presenza del personale. Ad esempio per poter dare un'adeguata preparazione ginecologica<br />

il reparto ginecologico avrebbe dovuto quadruplicare il normale organico di personale; per avere le<br />

sale chirurgiche col personale al completo le infermiere avrebbero dovuto fare una volta e mezza più<br />

esperienza di sala operatoria di quanto non fosse necessario per la formazione. Questa discrepanza si<br />

conosceva anche prima, ma nessuno aveva mai raccolto dati statistici attendibili - cosa non difficile -<br />

né tanto meno aveva proposto piani realistici per risolverla. Per evitare che le urgenze interferissero<br />

con l'attuazione dei corsi programmati si creò un gruppo di manovra con lo specifico compito di<br />

essere mobile e di affrontare le situazioni di emergenza. Si adottò inoltre un certo numero di<br />

modifiche analoghe per risolvere altri problemi emersi nel corso dell’indagine 34 .<br />

Un aspetto che tutti questi cambiamenti avevano in comune era quello di non turbare se non in<br />

minima parte il sistema di difese preesistente. Per la verità sarebbe più corretto dire che<br />

comportavano un rafforzamento del tipo di <strong>difesa</strong> già esistente. Vennero pure avanzate proposte per<br />

cambiamenti di più ampia portata che implicavano la ristrutturazione del sistema sociale di <strong>difesa</strong>. Ad<br />

esempio si propose di condurre un esperimento limitato nell'organizzazione del reparto che eliminasse<br />

il sistema dell'elenco delle mansioni sostituendolo con un qualche schema di assegnazione dei<br />

pazienti. Sebbene discutesse queste proposte con coraggio e serietà il personale dirigente non si sentì<br />

in grado di portare avanti il progetto. Questo successe nonostante avessimo chiaramente manifestato<br />

l’opinione che, se non si fossero apportati cambiamenti alquanto radicali nel sistema, i problemi del<br />

<strong>servizio</strong> infermieristico sarebbero potuti diventare estremamente gravi. La decisione ci parve<br />

comunque ben comprensibile data l’ansia e il sistema di difese; queste ultime infatti avrebbero reso il<br />

compito terapeutico di portare a termine dei cambiamenti molto difficile sia per il <strong>servizio</strong><br />

infermieristico che per il terapista.<br />

La gravità della situazione forse non ri<strong>sul</strong>ta chiara se non si considera l'ospedale nel contesto di<br />

tutti i servizi infermieristici del paese. La descrizione che abbiamo fatto dell'ospedale può farlo<br />

parere un grave esempio di patologia sociale, ma se immesso nel contesto di altri ospedali generali<br />

con la scuola infermieristica annessa, il nostro costituisce un esempio abbastanza tipico. Nella nostra<br />

esperienza di ospedali e di servizi di assistenza infermieristica non abbiamo elementi per pensare<br />

diversamente (Skellern, 1953; Sofer, 1955; Wilson, 1950). Vi saranno diversità nei particolari, ma le<br />

caratteristiche principali della struttura e della cultura sono comuni agli ospedali britannici di questo<br />

tipo e si ritrovano nella cultura e nell'etica della professione infermieristica in generale. L’ospedale in<br />

questione gode in effetti di notevole prestigio ed è considerato uno dei migliori ospedali nel suo<br />

genere.<br />

I servizi infermieristici in generale hanno mostrato analoghe resistenze al cambiamento di<br />

fronte alle grandi trasformazioni della domanda che veniva loro rivolta. Ben poche professioni sono<br />

state studiate più di quella infermieristica e ben poche istituzioni più degli ospedali. Le infermiere<br />

hanno giocato un ruolo attivo nell’iniziare e portare avanti questi studi. Molte infermiere sono<br />

profondamente e dolorosamente consapevoli del fatto che la loro professione è in una situazione<br />

34 Vedi, ad esempio, la revisione del programma di addestramento per le allieve del quarto anno al paragr. 8.


grave. Esse cercano con impegno delle soluzioni e vi sono stati molti mutamenti nella politica e negli<br />

scopi dichiarati della professione. Vi sono anche stati numerosi cambiamenti in aree adiacenti<br />

all'assistenza, cioè in quelle zone che non interferiscono direttamente o significativamente sugli<br />

aspetti essenziali del sistema sociale di <strong>difesa</strong>. Su questo sfondo è sorprendente vedere <strong>come</strong> sia stato<br />

minimo il cambiamento dinamico e di base. Le infermiere tendono ad accogliere i rapporti e le<br />

raccomandazioni <strong>come</strong> un oltraggio fatto loro, ed a reagirvi intensificando gli atteggiamenti abituali e<br />

rafforzando la pratica routinaria esistente.<br />

Il reclutamento delle infermiere è un esempio di quei problemi generali dell’assistenza che<br />

minaccia di andare in crisi. I cambiamenti nella pratica medica hanno aumentato il numero dei<br />

compiti ad alto contenuto tecnico che vengono richiesti alle infermiere. Di conseguenza aumenta il<br />

livello di intelligenza e competenza necessario per un’infermiera efficiente e pienamente qualificata.<br />

Il Servizio Sanitario Nazionale ha migliorato il <strong>servizio</strong> ospedaliero rendendo indispensabile un<br />

maggior numero di infermiere. D'altra parte le opportunità professionali che si aprono alle donne si<br />

stanno espandendo rapidamente e le altre professioni sono in genere più remunerative di quella<br />

dell'infermiera, sia dal punto di vista della possibilità di migliorare e di sviluppare capacità<br />

professionali e personali che da quello finanziario. L'aumentata richiesta di allieve infermiere di alto<br />

livello tecnico trova crescente difficoltà ad essere soddisfatta per la forte concorrenza di altre carriere.<br />

Di fatto i requisiti richiesti per l’assunzione vengono forzatamente abbassati per poter completare i<br />

quadri. Questo non è una vera soluzione perché troppe aspiranti avranno delle difficoltà nel superare<br />

gli esami e non saranno in grado di svolgere il lavoro a un livello adeguato. Molte di esse d’altra parte<br />

sarebbero delle ottime inservienti impegnate in compiti assistenziali più semplici. Finora nessun<br />

ospedale è riuscito ad affrontare con successo il problema, ad esempio suddividendo il ruolo<br />

infermieristico in vari livelli funzionali, con una diversa formazione e differenti destinazioni<br />

professionali.<br />

E’ purtroppo tipico dei <strong>sistemi</strong> di <strong>difesa</strong> schizoparanoidi impedire un reale approfondimento<br />

della natura del problema e una realistica stima della sua gravità. Così troppo spesso non si fa nulla<br />

finché la crisi non è imminente o quando è già scoppiata. Questo è il timore che nutriamo circa il<br />

destino dei servizi infermieristici negli ospedali generali britannici. Anche se non c'è crisi acuta, vi è<br />

nondimeno un indubbio stato cronico di ridotta efficienza, che è di per sé abbastanza serio.<br />

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Wilson A. T. M. (1950), “Hospital nursing auxiliaries”. Hum. Relat. 3, 1-32.<br />

(Il testo del presente lavoro, derivato in larga misura dal volume Psicoanalisi e socioanalisi, a cura di M.Lang e<br />

K.Schweitzer, ed. Liguori, Napoli 1984, è stato riveduto nella traduzione da Mario Perini <strong>sul</strong>la base<br />

dell’originale inglese “Social systems as a defence against anxiety: An empirical study of the Nursing Service of<br />

a General Hospital”. In: I.E.P. Menzies Lyth (1988) Containing Anxiety in Institutions: Selected Essays.<br />

London, Free Association Books, 1988)

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