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testi Galeotto

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INTRODUZIONE<br />

Difficile non farsi affascinare da quegli eroi pensosi, malinconici, sempre in bilico fra<br />

saggezza e follia che la letteratura ci regala da Orlando e Don Chisciotte, personaggi<br />

che appartengono al libro eppure ne escono trascinando con sé valori, idee, figure in<br />

cui riconoscersi che scavalcano il tempo cui appartengono.<br />

Ho scelto dunque, in brevissimi cenni, di estrarre da un capolavoro molto citato ma<br />

poco letto un altro eroe pensoso: si tratta di <strong>Galeotto</strong>, signore delle isole lontane, il<br />

figlio della bella gigantessa…, uno dei protagonisti più affascinanti del grande ciclo del<br />

Lancelot Graal. Ma soprattutto come altri grandi personaggi G. esce dalla storia<br />

tracciata nel libro che lo racconta e si svincola dalle mani dell’autore che lo ha forgiato<br />

per divenire, financo nel linguaggio comune una sorta di mezzano che favorisce la<br />

relazione fra il suo giovane amico Lancillotto e la regina per eccellenza Ginevra. E<br />

proprio Dante, il nostro Dante, diviene colui che più di ogni altro (forse<br />

inconsapevolmente) ha contribuito a tradire il senso del personaggio obliterandone la<br />

complessità.<br />

Riapriamo preliminarmente il V canto dell’Inferno:<br />

. Dante ascolta pensoso e dolente le parole di Francesca, ma è tormentato dall’urgenza di<br />

capire qual è il confine labile quanto pericoloso che separa la consuetudine di due cuori<br />

gentili dal precipitare nel vortice della passione<br />

Quando rispuosi, cominciai: "Oh lasso,<br />

quanti dolci pensier, quanto disio<br />

menò costoro al doloroso passo!".<br />

114<br />

Poi mi rivolsi a loro e parla' io,<br />

e cominciai: "Francesca, i tuoi martìri<br />

a lagrimar mi fanno tristo e pio.<br />

117<br />

Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri,<br />

a che e come concedette amore<br />

che conosceste i dubbiosi disiri?".<br />

Ed ecco che nelle parole di Francesca i dubbiosi desiri si svelano grazie al tragico potere<br />

emulativo di una lettura: una storia d’amore adultero, gravemente peccaminoso eppure<br />

legato a personaggi nobili, raffinati,: Lancillotto il più valoroso dei cavalieri arturiani e Ginevra<br />

moglie di Artù, ancora una regina. Allora se l’amore tristaniano siglato da un nome è amore<br />

pericoloso e peccaminoso perché sovrasta la ragione e con la sua tragica fatalità conduce a


morte, la sovrapposizione fra lettura e vita lo è altrettanto, e quelle ambages pulcherrimae<br />

possono condurre verso un’erranza della mente e del cuore. Ed è allora che Dante, nutrito di<br />

quelle stesse letture e poeta d’amore anch’egli anche di un amore dai connotati estremi<br />

come nel sonetto: Io sono stato con Amore insieme:<br />

Però nel cerchio de la sua palestra<br />

Liber arbitrio già mai non fu franco,<br />

sì che consiglio invan vi si balestra(vv. 9-11)<br />

al suo passato giocato sull’illusione di un amore cortese egli, scosso per la terza volta da<br />

pietà, sviene.<br />

Ma questo Amore che penetra nel cuore dell’uomo non è necessariamente ricambiato , anzi<br />

Inglese, Renzi fra i recenti osservano che l’idea della reciprocità in amore racchiuso nel verso<br />

103 amor ch’a nullo non solo non è un fatto scontato, ma è in contraddizione con il dolore e<br />

la frustrazione di un amore non corrisposto tanto frequente nella lirica medievale. Da questo<br />

punto di vista le fonti solitamente addotte a sostegno del verso 103, a cominciare dal De<br />

amore di Andrea Cappellano ad uno sguardo più attento svelano la loro assoluta<br />

insussistenza . Il problema, per altro era già chiaro agli antichi commentatori,<br />

Benvenuto da Imola, nota al v. 103<br />

Sed hic nota, lector, quod sententia praemissa est saepe falsa. Certum est enim quod sepe<br />

quis amat unam et non redamatur ab ea, et e converso.<br />

. Vi è un luogo tuttavia già addotto da Torraca ed è quello di Giordano da Pisa,<br />

domenicano,: «Non è nullo, che, sentendosi che sia amato da alcuno, ch'egli non sia tratto<br />

ad amar lui incontanente». O ancora un altro luogo che può essere accostato anche se<br />

naturalmente non è opportuno creare dipendenze dirette è in Santa Caterina (v. Avalle)<br />

Naturalmente l’anima è tratta ad amare quello in cui si vede essere amata.<br />

Ora non dovrà stupirci che sono proprio con<strong>testi</strong> religiosi quelli che maggiormente si<br />

avvicinano al luogo dantesco. Anzi questo dovrebbe suggerirci una guardare la colpa di<br />

Francesca secondo un’angolatura diversa: essa sembra infatti descrivere un sentimento in<br />

cui l'amato si sostituisce a Dio e l’amore dovuto a Lui solo viene ricondotto all’interno della<br />

coppia. Dio in quanto Amore impone alla creatura da lui creata di essere amato, come si<br />

legge nel Deuteronomio: «Audi Israhel Dominus Deus noster Dominus unus est. Diliges


Dominum Deum tuum ex toto corde tuo et ex tota anima tua et ex tota fortitudine tua» (Deut.<br />

6, 5). L’amore che prende Francesca è dunque un Dio imperioso che pretende il<br />

contraccambio e impone un amore assoluto. Come si legge nella lettera di Paolo ai Romani:<br />

―Dio ha abbandonato (i pagani) all’impurità secondo i desideri del loro cuore sì da disonorare<br />

fra di loro i propri corpi … e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore” Rom<br />

1, 24 . Lo scandalo di Francesca risiede proprio in questo avere sostituito la creatura al<br />

creatore. E in questa direzione nessun testo romanzo è altrettanto esplicito quanto quello<br />

tristaniano. Si rilegga, ma sono moltissimi i prelievi che si possono addurre, il luogo in cui nel<br />

Roman en prose, Tristano intona un canto accompagnato dall’arpa:,<br />

9 Roman de Tristan en prose, cap. 209<br />

D’Amor vient mon chant e mon plor<br />

Et d’iluec prent nascement<br />

Cele fait que orendroit plor,<br />

En non tout ce Dex m’ament.<br />

Et quant je voi apertement<br />

Que cile m’aime si a son tor,<br />

Quant je sui serf et elle est seignot,<br />

je l’aor con mon sauvement.<br />

Lui serf tout entivement<br />

Car je n’ai autre sauveor,<br />

A lui enclin, a lui aor,<br />

D’autre seignor ne n’ai paor.<br />

A lui serf si veramente<br />

Qu’il n’a point de fausement.<br />

Dall’amore viene il mio canto e il mio pianto<br />

Da lì trova il suo nascimento<br />

Il fatto che io sono ora in pianto,<br />

In nome di tutto ciò Dio mi perdona.<br />

E quando vedo apertamente<br />

Che a sua volta lei mi dà il suo amore,<br />

quando io sono il servo e lei il Signore<br />

Io la venero come la salvezza.<br />

Con ogni riguardo lo servo<br />

Perché nessun altro mi è salvatore,<br />

A lui n’inchino, lui adoro,<br />

di altro signore non ho timore<br />

Di lui sono servo verace<br />

Di lui in cui niente è fallace<br />

E tuttavia sulle ceneri di un mondo rovinato dalla lussuria, dalla Babilonia di<br />

Semiramide fino alla Rimini a lui contemporanea Dante traccia la strada di una<br />

redenzione possibile squadernando i limiti di valori legati solo alla terra. E’ da lì sceglie<br />

di ripartire. Ma riparte da un libro


Tra i tanti versi proverbiali della Commedia certo vi è il v. 137 <strong>Galeotto</strong> fu il libro e chi<br />

lo scrisseI. Ma di che libro si tratta e chi è questo <strong>Galeotto</strong> reso celebre proprio dai<br />

versi danteschi? L’identificazione è resa facile dalle stesse parole del poeta: Noi<br />

leggiavamo un giorno per diletto/ di Lancialotto come amor lo strinse.<br />

Dunque un libro che ha come protagonista il famoso cavaliere della Tavola rotonda e<br />

in particolare il suo innamoramento, che si conclude in un bacio. Si tratta dunque del<br />

Lancelot, romanzo in prosa antico francese della prima metà del XIII sec., nucleo<br />

centrale di una più ampia compilazione chiamata Lancelot-Graal. Lancillotto,<br />

innamorato della regina Ginevra, moglie del re Artù, non avrebbe mai osato svelare i<br />

suoi sentimenti alla regina se non fosse intervenuto in suo aiuto il nobile <strong>Galeotto</strong> che<br />

implora la donna di avere pietà del giovane, di farlo suo cavaliere e di concedergli un<br />

bacio. Ginevra acconsente, ma di fronte alla timida reticenza dell’innamorato si assume<br />

lei l'iniziativa e, preso il giovane per il mento, lo bacia.<br />

2.<br />

Ma quando si comincia a parlare di <strong>Galeotto</strong>?<br />

<strong>Galeotto</strong> entra prepotentemente nel vasto e sfrangiato corpus testuale del<br />

Lancelot Graal, ―fabrica del mondo‖, occupa una sezione imponendosi come<br />

protagonista (ce lo dicono addirittura alcuni mss definendo questa sezione libre<br />

Galeot).<br />

Se infatti molti manoscritti indicano sotto la titolazione di Roman de Lancelot<br />

l’insieme del ciclo (così ad esempio il manoscritto di Bonn) è interessante osservare le<br />

sottosezioni. Per esempio nel ms di Bonn (posto a testo dell’edizione della Pleiade) noi<br />

abbiamo:<br />

1. La Marche de Gaule 2. Galehaut 3. La première partie de la quete de Lancelot<br />

et la Second partie.<br />

La sezione di Galehaut occupa le cc. 259-307 ed è in questa parte che viene<br />

inserita la riscrittura dello Chevalier de la Charrète<br />

Come tanti eroi del mito egli proviene dalle Isole lontane , dunque da quegli spazi<br />

isolati, luoghi dell’alterità “sires de tous ces gens devers” circondati dall’acqua<br />

dalle forti risonanze simboliche.<br />

La sua statura gigantesca, egli è definito come il figlio della Bele Jaiande,<br />

sembrerebbe trascinare con sé la figura ferina del gigante, del mostro smisurato e<br />

aggressivo contro l’altro diverso da sé.<br />

E invece il suo arrivo a a corte per conquistare il regno di Artù si inscrive sin<br />

dall’inizio sotto il segno della Prodezza e della Giustizia.<br />

La dama delle Marche informa Artù che <strong>Galeotto</strong> è entrato nella sua terra e ha<br />

conquistato il regno salvo due castelli (Micha, VIII 1). Artù decide immediatamente di


aiutare la dama e di muovere guerra a <strong>Galeotto</strong>. Questi informato della reazione del re<br />

rifiuta di attaccarlo finché non abbia radunato tutto l’esercito:<br />

―Seignor, fait il, li rois Artus est venus, mais il n’a gaires gent, che m’a l’en dit, ne il<br />

ne seroit mie m’onor que mes cors i assamblast, tant com il i est a si poi de gent,<br />

mais de ma gent voeil ge bien qu’il assamblent a la soie‖ (Micha VIII, 2)<br />

Alleato di <strong>Galeotto</strong> è il re dei cento cavalieri che guida un esercito. Dalla parte di<br />

Artù è Galvano, personaggio assolutamente speculare a Galvano, che attacca<br />

l’esercito nemico dove tuttavia manca la corte di <strong>Galeotto</strong>*. Ad una prima vittoria dove<br />

Galvano si distingue per coraggio e prodezza, segue una sconfitta causata dai rinforzi<br />

inviati da <strong>Galeotto</strong>.<br />

Ed ecco entrare in scena un altro personaggio che abita uno spazio confinante<br />

Pres d’iluec estoit la chités de Malohaut. Qui abita una dama vedova definita come<br />

boine, sage, amee e proisie (VIII, 8) che tiene prigioniero un cavaliere. Il giovane –<br />

saputa notizia dello scontro- domanda alla dama di concedergli di partire, lei lo<br />

permette e gli dona delle armi 1<br />

Inserito in una costellazione di termini che ne definiscono la bontà, l’onestà egli si<br />

meraviglia nel vedere un nemico tanto ammirato e perciò nemico ambito perché grande<br />

perché il più valente, peccare di debolezza, trovarsi indifeso contro la grandezza fisica<br />

ma anche morale di <strong>Galeotto</strong> e dei suoi:<br />

1. Moult a li rois grant paor de perdre sa terre et toute honor, et moult li sont failli si<br />

homme, si comme li sage clerc li distrent, si en est moult espoentés. Et d'autre<br />

part reparole Galahos a sa gent, et dit que il n'a mie grant honor eu el roi<br />

Artu guerroier en ceste maniere, car trop a li rois petit de gent, «et se je<br />

conquerroie- fait il- sa terre en cest point, je n'i aroie pas honor, mais<br />

honte». «Sire - font si homme- qu'en volés dire? » « e vos dirai- fait il- coi. Il ne<br />

me plaist ore plus que je le guerroieche en ceste maniere, ains li donrai triewes<br />

jusc'a .I. an par si qu'il amenra tot son pooir au chief de l'an, et lors si avrai grignor<br />

honor en lui guerroier que je n'avroie ore ». Ensi passe cele nuit jusc'a l'endemain.<br />

(Micha t. VIII 17) 2<br />

(Il re ha molta paura di perdere il suo regno ed ogni onore e molti uomini lo hanno<br />

abbandonato, come gli hanno detto i saggi uomini e lui è molto spaventato. E<br />

d’altra parte si rivolge galeotto ai suoi e dice che non ha ottenuto alcun onore<br />

nell’affrontare in questo modo il re Artù, perché il re ha troppi pochi uomini “E se io<br />

conquistassi –dice- la sua terra in questo momento onta ne otterrei, non onore..)<br />

Figura emblematica di grande sovrano Artù porta i segni della crisi, perso nei suoi<br />

pensieri, soggetto alla fascinazione di donne seducenti (Camilla, la falsa Ginevra ecc)<br />

egli non è più in grado di difendere chi a lui si affida.<br />

1 L’immagine della donna che arma il cavaliere andrà sempre sottolineata.


Ecco infatti che a ricordargli le sue colpe interviene un monaco che sembra richiamare<br />

il modello del profeta biblico: non esita infatti a vestire i panni del fiero e magnanimo<br />

censore dei potenti, nella seconda visita di un eremita ad Artù, nuovamente si leva alta la<br />

voce ammonitrice del religioso con toni accesi che vanno dall’invettiva allo sdegno 3 :<br />

Et lors vient en l’ost le roi Artu uns preudons plains de grant savoir. Et quant li rois oï<br />

dire qu’il venoit, si fu en moult confortés et bien li fu avis que Diex li envoioit secors. Lors<br />

monta li rois et ala avec grant compaignie de gent et le salua simplement, mais li preudom<br />

ni le rendi mie son salu, ains dist comme coreciés: «Ne de vous, ne de vostre salu, n’ai je<br />

cure ne ne l’aim pas, car vous iestes li plus viex pechieres de tous les pecheors; et bien<br />

vous parra, car toute honor terrien avés ja approchié de perdre». (XLIXa, 17) 4<br />

(E dunque giunge nella terra di Artù un uomo ricco di grande saggezza. E quando il re<br />

sentì dire che arrivava ne fu molto confortato e pensò che Dio voleva soccorrerlo. Allora si<br />

diresse verso di lui con grande seguito e lo salutò con grande semplicità, ma quello non<br />

restituì il saluto, anzi disse come uomo irato: “Né di voi, né del vostro saluto ho cura, né lo<br />

gradisco, perché voi siete il più incallito peccatore fra tutti i peccatori; e questo presto vi<br />

sarà chiaro perché state per perdere ogni bene terreno.)<br />

E nelle parole con cui squaderna davanti ad un contrito Artù la sua colpa, ma anche il<br />

suo peccaminoso concepimento, sembra di veder riaffiorare in filigrana i tratti di quel<br />

Merlino profeta, che, ancora bambino, rivelava a chi voleva metterne a morte la madre le<br />

origini peccaminose 5 :<br />

«Jel te dirai, fait le preudom, car je sai assés miex qui tu es que tu ne ses meismes;<br />

et neporquant tu ses bien que tu ne fus engendrés ne nes par assamblement de loial<br />

mariage, mais en si grant pechié com est avoltires: si dois savoir que nus hom mortex ne<br />

te baillast a garder la signorie que tu tiens mais que Diex seulement, et le te bailla por che<br />

que tu l’en seusses boin gré. Et tu li as faite teile garde que tu le destruis, qui garder le<br />

3 Su questa figura caratterizzata da una forte impronta religiosa e morale, vedi N. BÉRIOU, Robert de<br />

Sorbon, le prud’homme et le béguin, in Académie des Inscription et Belles Lettres. Comptes-rendus des<br />

séances de l’année 1994, Avril-Juin, Paris 1994, pp. 469 –510; e, sull’episodio nel suo complesso, E.<br />

KENNEDY, Royal Broodings and Lovers’Trances in the First Part of the Prose Lancelot, in Mélanges Jeanne<br />

Wathelet-Willem (= Marche Romane 1978), pp. 301-314. Si veda ora anche A. Punzi, Il sacro nel Lancelot<br />

du Lac<br />

4 Nel ms. di Bonn l’eremita ha un nome «et avoit non frere Anuitans», cfr. Le livre du Graal, II, cit., p. 479.<br />

Sulla debolezza della figura di Artù nel Lancelot en prose, cfr. E. KENNEDY, Études sur le Lancelot en prose,<br />

II. Le roi Arthur dans le Lancelot en prose, in Romania CV (1984), pp. 46-62., E. KOEHLER, L’avventura<br />

cavalleresca (*), Bologna 1970, pp*.<br />

5 Secondo la versione del Merlin en prose, cfr. Robert de Boron, Merlin, Roman du XIIIe siècle, éd. crit. par<br />

A. MICHA, Genève 1979. E si ricordi che sette <strong>testi</strong>moni del Lancelot sostituiscono la diabolica figura di<br />

Merlino figlio del diavolo e di una fanciulla affetta da una singolare sindrome: il terrore di vedere l’uomo con<br />

cui si univa, con quella –riportata nel Merlin, e quattro omettono il racconto della nascita e rinviano<br />

all’Estoire. Su questo nodo della tradizione manoscritta, si veda A. MICHA, Étude sur le Merlin de Robert de<br />

Boron, Roman du XIIIe siècle, Genève, Droz 1980 e KENNEDY (ed), Lancelot do Lac cit., II,. pp. 12-14.<br />

L’intero trittico attribuito a Robert de Boron è ora disponibile per il lettore italiano, grazie all’ottima traduzione<br />

fornita da F. ZAMBON, Il libro del Graal. Giuseppe d’Arimatea, Merlino, Perceval, Milano 2005.


deusses, car li drois del povre ne del nonpoissant ne puet venir jusc’a toi, ains est li riches<br />

desloiax oïs et honerés devant ta fache por son avoir, et li povres droituriers n’y a loi por<br />

sa poverté…» VIII, 17<br />

(Io te lo dirò-risponde il saggio-perch’io ti conosco meglio di te stesso ; e tuttavia tu sai<br />

bene che non sei stato generato e nato grazie ad un’unione matrimoniale, ma attraverso<br />

un peccato gravissimo qual è l’adulterio : e devi sapere che nessun uomo mortale ti ha<br />

dato il potere che tu detieni, ma solamente Dio e te lo ha affidato perché ne facessi buon<br />

uso. E tu gli hai fatto una guardia tale che lo hai distrutto, tu che avresti dovuto<br />

preservarlo, perché il diritto del povero e del nullatenente non può arrivare fino a te, anzi è<br />

onorato il ricco imbroglione per i suoi averi, ed il povero giusto non ha diritto di fronte alla<br />

legge per la sua povertà…)<br />

Ordina poi che tutta la corte vada a confessarsi, raccomandando una profonda<br />

contrizione del cuore, unica garanzia di vero pentimento. Solo dopo essersi confessato<br />

Artù ottiene i consigli dell’uomo di Dio. Ora il nodo che stringe la necessità di confessarsi<br />

ela spiegazione che il preudom riseva ad Artù sulla sua debolezza politica è rappresentato<br />

dal tema del cuore, non vale pentimento che non muova dal cuore:<br />

«Or va en ta capele et si mande le plus haus hommes et le plus sages clercs que tu<br />

savras en cest ost et si te confesse a tous ensemble de tous les pechiés dont langue se<br />

porra descovrir par la remembrance del cuer; et si garde que tu portes ton cuer avoec toi<br />

et ta bouce, car la confessions n’est preus, se li cuers n’est repentans de chou que la<br />

langue regehist» (Micha, VIII, 19)<br />

(Ora vai nella cappella e manda a chiamare gli uomini più nobili e i più saggi che<br />

troverai in questo luogo e confessa davanti a tutti i peccati che la lingua potrà rivelare per<br />

la memoria del cuore, e fai attenzione di portare il tuo cuore con te e la tua bocca , perché<br />

la confessione non è valida se il cuore non è pentito di ciò che la lingua racconta)<br />

E’ il cuore sede della memoria del proprio spazio interiore che deve affiorare grazie alla<br />

parola, com’è solo se si combatte con il cuore che davvero si può difendere una causa<br />

o un regno, non basta un corpo fisico costretto a difendere una battaglia che non gli<br />

appartiene:<br />

«Or te pren garde que ne puet valoir escus, ne haubers, ne espee, ne forche de cheval<br />

sans cuer d’omme: nule riens ne puet valoir. Se tu avoies ore tous les rois qui ont<br />

esté puis que li siecles commencha et fuissent appareillié de toutes armes, por que li<br />

cuer en fuissent fors, ne te feroient il il aide ne que il font orendroit. » (VIII, 23)<br />

(Ora fai attenzione che a nulla vale scudo, né usbergo né la forza del cavallo senza<br />

cuore di uomo; niente può valere. Se tu avessi oggi con te tutti i re nati dall’inizio del<br />

mondo e fossero rivestiti da tutte le armi, se non vi mettessero il cuore non ti sarebbero<br />

di aiuto…)<br />

La statura di Artù sembra rimpicciolire mentre quella di <strong>Galeotto</strong> cresce a dismisura. E<br />

se è vero che l’eroe è intanto un civilizzatore e civilizzatore di altri eroi, egli fa<br />

precipitare nel mondo apparentemente saldo dell’universo arturiano, altri valori, altre<br />

idee, squadernando un altro modo possibile di stare al mondo.


Così ’evento archetipico dell’arrivo del gigante contro il quale il giovane eroe si deve<br />

battere per compiere il rito di iniziazione e imporsi come cavaliere eletto secondo uno<br />

schema già chiaramente impostato nella figura di Davide, è qui ribaltata. Il gigante<br />

<strong>Galeotto</strong> ammira e rispetta l’avversario, quel giovanissimo Lancillotto di cui ignora<br />

l’identità e che si configura come l’unico in grado di tenergli testa.<br />

E allora la sconfitta non è perdita del proprio valore, ma si configura come<br />

riconoscimento della superiorità dell’altro. Per questo <strong>Galeotto</strong> si innamora di<br />

Lancillotto, perché ne ammira la grandezza E mai vorrebbe conquistare tutte le terre<br />

del mondo se per colpo sua un uomo simile dovesse perire:<br />

Quant Galahos vit ces merveilles que il faisoit, si se merveilla cornment le cors d'un<br />

chevalier pooit ce faire et dist a soi meismes que il ne vaudroit avoir conquis<br />

toutes les terres qui sont desous le trosne par covent que .I. si preudom fust<br />

mors par ses coupes. (Micha VIII, LIIa, 48) 6<br />

(Quando <strong>Galeotto</strong> vide le meraviglie che faceva, si meraviglia come un cavaliere<br />

potesse fare questo e disse a se stesso che mai avrebbe voluto-nemmeno per tutti i<br />

regni che sono sotto al cielo- che un uomo simile morisse sotto i suoi colpi.)<br />

Dunque <strong>Galeotto</strong> di fronte a tanta grandezza sceglie di porsi al servizio del<br />

giovane innominato, e come un amante di fronte a midons, come un vassallo di<br />

fronte ad un re, sceglie per sé un vincolo: quello di non separarsi mai più da<br />

Lancillotto, ma non lo chiede e non lo impone all’altro 7 .<br />

Si rilegga il secondo dialogo tra I due, dove G.- ―che si prendeva grande cura di lui‖<br />

accetta la definizione di L. come cavaliere salvo chiosarla con la definizione ―il migliore‖<br />

e si dichiara disposto a tutto pur di ospitarlo 8 :<br />

3. « Sire - fait Galahos- qui estes vous? » «Biaus sire, .I. chevaliers sui, che poés<br />

veoir». «Chertes - fait Galahos- chevaliers estes vous, li mieudres qui soit, et<br />

vous estes li hons el monde que je miex vaudroie honerer: si vous sui venus<br />

6 Egli dice a se stesso che non vorrebbe avere conquistato tutte le terre che sono sotto **<br />

se un uomo di tanto valore dovesse perire sotto i suoi colpi.<br />

7 3. «Savés vous, fait Galahos, que je vous dirai? Je vous voeil aprendre une partie de mes<br />

coustumes et sachiés que je desfent a tous mes hommes que nus ne mete main a vous, tant<br />

comme vous estes a pié, ne que nus outre vous ne chast. Mais se vous muchissiés et vous<br />

laissisiés a faire d'armes par coardise, je ne vous asseurasse mie d’estre prins. Mais tant com vous<br />

porterés armes, ne troverés ja qui a vostre cors se preigne, ne ja se vostre chevax est mors, pour<br />

ce ne vous esmaiés, car je vous donrai chevax tant comme vous en porés huimais user et je serai<br />

vostre escuiers hui toute jour. Et se je ne vous puis lasser, dont ne vous lasserà jamais nus<br />

hons vivans. » (Finché voi porterete armi … io sarò vostro scudiero per sempre. )<br />

8 Et Galehaus, qui moult se prenoit garde de lui, l’en vit aler; si fiert aprés des esporons et le sieut de<br />

loing par l'adrecement del tertre tant qu'il le vint ataignant el val. Si s'acoste daleis lui au plus belement<br />

que il pot et dist: «Diex vous beneie, sire !» Et chil le regarde en travers, si li a rendu son salu a<br />

moult grant paine. (E <strong>Galeotto</strong> che molto lo aveva a cuore, lo segue )


equerre en tous gueredons que vous vengiés huimais herbergier o moi».<br />

(Micha VIII, LIIa 53) 9<br />

(Certo-dice <strong>Galeotto</strong>- voi siete un cavaliere, il migliore che esista, e voi siete l’uomo al<br />

mondo che più vorrei onorare io sono venuto a chiedervi ad ogni condizione che<br />

voi oggi vogliate albergare presso di me)<br />

<strong>Galeotto</strong> allora ricorda al giovane di essere ―li riches hom el monde‖, ma ribadisce più<br />

volte che è disposto a tutto pur di averlo con sé una notte 10 . Così l’uomo dalla mole<br />

smisurata abbandona i panni del guerriero per vestire quelli dell’innamorato pronto a<br />

cedere potere, ricchezze, onore pur di avere con sé l’amato:<br />

5. «Biaus dols amis, remanés encore et ne quidiés pas que je vous voeille<br />

decevoir, car vous ne savrois ja rien demander que vous n'aiés por remanoir; et<br />

sachiés que vous porrés bien avoir compaignie de plus riche homme que je<br />

ne sui, mais vous ne l'avrés jamais a homme qui tant vous aint. Et puis que<br />

je feroie plus pour vostre compaignie avoir que tous li mons, bien la deveroie<br />

dont avoir sor tous les autres. (Micha VIII, LIIa, 64)<br />

(―Bello e dolce amico, rimanete ancora e non credete che io voglia ingannarvi, perché<br />

non c’è nulla che voi potreste chiedermi che non otterreste purché rimaniate. E<br />

sappiate pure che voi potreste certo avere la compagnia di uomini più potenti di<br />

quanto non sia io, ma voi non potete avere un altro che vi ami così tanto. E dal<br />

momento che io farei pur di avere la vostra compagnia qualsiasi cosa, davvero merito<br />

di ottenerla su chiunque altro.)‖<br />

Ma è un amore che si tinge di abnegazione, sentimento che l’amore geloso e totale<br />

non conosce, così la notte <strong>Galeotto</strong> veglia sui sonni tormentati di Lancillotto:<br />

9 Nella logica di L. questo non funziona: perché <strong>Galeotto</strong>, suo nemico dovrebbe volerlo ospitare?<br />

Improvvisamente irrompe sulla scena del testo e per la prima volta un altro discorso:<br />

«Comment -fait li chevaliers- vous estes anemi le roi Artu et si me proiés de herbergier ? O vous<br />

ne herberjerai je ja, se Diex plaist, en chest point». «Ha, sire- fait Galahos- je feroie por vous plus<br />

que vous ne quidiés et si ne l'ai mie ore a encommenchier. Et encore vous pri je por Dieu que vous<br />

herbergiés anuit o moi, par covent que je fache a devise quanke vous m'oserés requerre. »<br />

Ma Lancillotto, interno alla sua logica insiste:<br />

Atant s'arestut li chevaliers, si regarde Galahot moult durement et dist: «Chertes, sire, prometeres estes<br />

vous moult boins ! je ne sai del rendre comment il est.» (Micha VIII, LIIa 55)<br />

10 . Et Galehos li respont: «Sire, sachiés pour voir que je sui li riches hom el monde qui mains pramet. Et<br />

encore vous di je bien que se vous en venés herbergier o moi, je vous donrai ce que vous me<br />

demanderois et si vous en ferai si seur com vous deviserés de bouce.» «Sire, fait li chevaliers, vous<br />

estés tenus pour moult preudom et il ne seroit mie vostre honors de prametre chose dont vous ne<br />

vauriés en la fin aquiter vostre creance.» «Sire - fait Galehos - n'en doutés ja, car je n'en mentiroie,<br />

fait il, pour tout le roialme de Logres gaaignier. Et je le vous fiancherai comme loiaus chevaliers<br />

que je vous tendrai che que vous me demanderés, car je ne sui mie rois et je voeil anuit mais<br />

avoir vostre compagnie et se plus le puis avoir, je la prendrai. Et se vous de ma fiance n'avés<br />

assés, je vous en ferai si seur comme vous voldrois.» «Sire, fait li chevaliers, moi samble que<br />

vous desirés moult ma compaignie, se vostre corages est teus comme la parole est. Et je me<br />

herbergerai o vous mais anuit, mais que vous me fianchiés que vous me donrés ce que je vous demanderai<br />

et encore autre seurté m'en ferés, ce vous requier.» Ensi ont entr'ax .II. establies lor<br />

covenences et Galahos li fianche a tenir ses covenences. )


La nuit dormi li chevaliers moult durement et toute nuit se plaignoit en son<br />

dormant. Et Galahos l'ooit bien, car il ne dormoit gaires, ains pensa toute<br />

nuit a retenir le chevalier. (Micha VIII, LIIa, 63)<br />

(La notte dormì il cavaliere pesantemente e tutta la notte si lamentò nel sonno. E<br />

Lancillotto lo sentiva perché non dormiva affatto, anzi tutta la notte pensava come<br />

trattenere il cavaliere”).<br />

E in questa notte spazio del riposo concesso dalla quiete interiore o negato da un<br />

animo in tumulto, <strong>Galeotto</strong> vigila quasi come una madre che spia con accorata<br />

tenerezza i segni fin troppo palesi del dolore d’amore che si imprimono sul viso di L.<br />

sfatto dalle lacrime al pensiero della regina. Alle insistenti domande di <strong>Galeotto</strong> il<br />

giovane scoppia in singhiozzi:<br />

7. Et quant il l’ot, si est si angoisseus que il ne li pot mot dire, si s'akelt a<br />

plorer si tres duramente comme se il veist morte la rien el monde que il plus<br />

amast et fait tel duel que par .I. poi que il ne se pasme. Et Galahos le court<br />

prendre entre ses bras, si li baise le bouce et les iex et le conforte moult<br />

durament et li dist: «Biaus dous amis, dites moi vostre mesestance, que il n'a el<br />

monde si haut home, se il vous a anui porcachiet, que vous n'en aiés venjance a<br />

vostre volenté.» (Micha VIII, LIIa, 80)<br />

(E quando egli l’ode, è così angosciato che non riesce a dire una parola, e continua a<br />

piangere con tale forza come se assistesse alla morte della persona al mondo che più<br />

amava e manifesta un tale dolore che per poco non sviene. E <strong>Galeotto</strong> corre a<br />

prenderlo tra le sue braccia e gli bacia la bocca e gli occhi e lo conforta con forza e gli<br />

dice “Bello e dolce amico, ditemi la ragione del vostro dolore…)<br />

Il gesto di prendere l’amato fra le braccia e baciargli gli occhi e la bocca vanta illustri<br />

precedenti basti ricordare un testo a me molto caro cioè la morte di Tristano in Thomas,<br />

ma è certo gesto che denuncia un amore esclusivo e fortissimo.<br />

E’ in nome di questo amore totale che G. si farà veicolo dell’incontro fra il giovane e la<br />

regina, esortandola a incoraggiare il tremante adoratore, perché per lui la prima cosa è<br />

la felicità dell’essere amato anche a costo di perderlo per sempre. E in nome ancora di<br />

questo amore accetterà la compagnia della dama di Malehaut che si chiama quasi<br />

come lui e come lui ama Lancillotto, così da restare solidale anche nel gioco d’amore<br />

all’amato bene. Dunque si configura come un personaggio mai auto-centrato, ma<br />

sempre estro-verso l’unico capace di vero sacrificio, capace di farsi da parte se in gioco<br />

vi è la felicità dell’amico.<br />

Ovviamente nessuna tentazione della carne aleggia nel cuore di <strong>Galeotto</strong>, solo<br />

un lancinante desiderio di prossimità con l’essere amato ―se mi togliete L.-dirà ad Artù-<br />

mi togliete la mia stessa vita‖ (LXXIa, 46), il desiderio fisico, carnale appartiene solo a


Ginevra in quanto donna e in quanto regina, a lui appartiene Lancillotto solo nel<br />

pensiero. 11<br />

Seguiamo <strong>Galeotto</strong> che torna verso il suo paese insieme all’amico a cavallo,<br />

nell’episodio chiamato Primo viaggio nel Sorelois. Qui –nella terra di <strong>Galeotto</strong>- L.<br />

trascorrerà un anno e l’amore verso la regina si amplificherà nella distanza e<br />

nell’assenza. Ma finalmente i due innamorati si rincontrano in Scozia, davanti al<br />

castello della Roche aux Sesnes dove Artù stringe in assedio Sassoni ed Irlandesi.<br />

Nella stessa notte in cui Artù, infedele verso la regina, cede alle seduzioni della maga<br />

Camilla, la regina accoglie L. nella sua camera e consuma l’amore.<br />

Intanto nuovi exploit cavallereschi vedranno L. riconosciuto come cavaliere della Tavola<br />

rotonda proprio insieme a <strong>Galeotto</strong> ed Hector.<br />

Lo sappiamo: ogni storia descrive una struttura e al modificare di un tassello si<br />

costruiscono altri motivi che fanno sistema, si tratta semmai ogni volta di capire quale<br />

sistema viene realizzato e quale risemantizzazione subisce il testo. Così a partire dal<br />

Secondo viaggio nel Sorelois regno di <strong>Galeotto</strong>, la tradizione del Lancelot -che fino a<br />

questo momento procede sostanzialmente compatta- si frange in più redazioni, di cui le<br />

due principali sono facilmente riconoscibili ma certamente vi sono una miriade di<br />

redazioni intermedie che andrebbero approfondite. Micha la suddivide almeno in due<br />

versioni principali : una lunga α (A, B, C*, E*, F, H, L, QV) ed una corta β trasmessa da G S P.<br />

K R T danno per questa parte una versione fortemente scorciata che si conclude in R<br />

con una versione particolare della morte di <strong>Galeotto</strong>.<br />

Ecco come si presenta l’edizione Micha secondo la versione α (ms Cambridge, Corpus Christi<br />

College Library 45, ii metà del xiii sec):<br />

|72c] I. 1. Or s'en vet Galehout entre lui et son compaignon, liés et dolens:<br />

liés de ce que ses compains s’en vet avec lui, et dolens de ce qu'il est remis de la<br />

maisnee le roi Artu, kar par ce le cuide il avoir perdu a tos jors; et il avoit mis son<br />

cuer en lui outre ce que cuers d'ome pooit amer autre home estrange de loial<br />

compaignie. Et de ceste chose ne covient pas tesmoing avoir, car bien i parut<br />

en la fin que la dolor que il en ot toli tote joie tant que mors en fu, si com li<br />

contes meismes le devisera ça avant. Mais de sa mort ne fet pas a parler ci<br />

endroit, kar mors a si preudome com Galehout estoit ne fet pas a ramentevoir devant<br />

le point.<br />

(Ora se ne va <strong>Galeotto</strong>, lui ed il suo compagno lieto e dolente: lieto perché il suo<br />

compagno se ne va insieme a lui e dolente perché egli appartiene alla corte del re Artù e<br />

per questo egli crede che lo perderà; ed egli ha messo in lui il suo cuore più di quanto<br />

uomo non possa amare un altro uomo. E di questo non è necessario avere <strong>testi</strong>moni<br />

perché alla fine apparve chiaramente che il dolore da lui provato gli tolse ogni gioia tanto


che morì, così come il racconto stesso narrerà in seguito. Ma della sua morte non è<br />

opportuno parlare in questo luogo, perché la morte di un uomo valente come <strong>Galeotto</strong><br />

non può essere ricordata prima del punto giusto).<br />

Appare evidente come la versione α tenda a creare connessioni strategiche<br />

con parti diverse della narrazione:<br />

Et tuit li conte qui parolent de lui s'acordent a ce qu'il estoit en totes choses<br />

li plus vaillans de tos les haus princes enprés le roi Artu a cui l'en ne doit nului<br />

aparagier de cels qui vesquirent a cel termine. 2. Et si retesmoigne li livres<br />

Tardamides de Vergials, qui plus parole des proesces Galehout que nus des autres,<br />

que neis li rois Artus ne fu mie de gaires plus vaillans, kar se Galehout puist vivre<br />

son droit aage al point et al corage qu’il avoit quant il comença a guerroier le roi<br />

Artu, il passast tos cels qui les autres avoient passés.<br />

E tutti i racconti che parlano di lui si accordano nel dire che egli era in ogni cosa il<br />

più valente fra tutti i nobili principi compreso il re Artù al quale non è possibile<br />

comparare nessuno fra gli uomini del suo tempo. E questo <strong>testi</strong>monia il libro di<br />

Tarmidés de Vergials che più di altri parla delle prodezze di <strong>Galeotto</strong>, e (dice) che<br />

nemmeno il re Artù fu mai altrettanto valente, perché se <strong>Galeotto</strong> avesse potuto vivere<br />

fino all’età giusta per il coraggio dimostrato nel combattere il re Artù, avrebbe superato<br />

tutti quelli che gli altri avevano superato.<br />

Nelle parole che <strong>Galeotto</strong> rivolge all’amico appare chiaro come la smisurata<br />

ambizione, quasi una smania di onnipotenza appaiono sotto una luce tutta diversa dopo<br />

l’incontro con Lancillotto:<br />

Et il meismes en descovri son corage a Lancelot et dist que, a l'ore que la<br />

guerre commença, baoit il a tot monde conquerre: et bien i parut, kar il fu a vint<br />

cinc ans chevaliers et puis conquist il .XXVIII. roialmes [72d] et a trente noef ans fu la<br />

fin de son aage. Mais de totes ces choses le traist Lancelos ariere et il li mostra<br />

bien, la ou il fist de sa grant honor sa grant honte, quant il estoit au desus le roi<br />

Artu et il li ala merci crier; et aprés ce grant tens, la ou li dui home de son lignage<br />

li plus prochain, quant il les ot fes roi coronés, li reprochierent a conseil la<br />

honteuse pes que il avoit fete por un sol home.<br />

Ed egli stesso aprì a Lancillotto il suo cuore a Lancillotto e disse che nel momento in cui<br />

la guerra cominciò egli aspirava a conquistare tutto il mondo. E in effetti così sarebbe<br />

andato , perché egli divenne cavaliere a 25 anni 12 e poi conquistò 28 regni ma a 39 anni<br />

concluse la sua esistenza. Ma da tutte queste cose lo allontanò Lancillotto ed egli lo<br />

dimostrò chiaramente nel momento in cui trasformò il suo grande onore nella sua grande<br />

vergogna: egli era al di sopra di Artù e andò a implorare pietà; e dopo questo momento<br />

importante due uomini appartenenti al suo stesso lignaggio, quando egli li incoronò re,<br />

gli rimproverarono la vergognosa pace che egli aveva concluso a causa di un solo uomo.<br />

12 Non sarà XV?


Da quanto si legge, appare chiaro che la vera figura del ―civilizzatore‖<br />

appartiene a <strong>Galeotto</strong>, e che il figlio della gigantessa<br />

violenza in nome di un’altra idea:<br />

è colui che supera la<br />

Lors respondi il que il n'avoit onques tant gaaignié ne tant d'onor conquise, «kar il<br />

n'est pas, fet il, richece de terre ne d'avoir mais de preudome, ne les terres ne font<br />

mie les preudomes, mais li preudome font les terres et riches hom doit tos jors baeer<br />

a avoir ce que nus n'a.» En ceste maniere torna Galehout a savoir et a gaaing ce<br />

que li autre tornoient a perte et a folie, ne nus n'osast avoir cuer de tant amer<br />

buens chévaliers com il faisoit.<br />

(Allora egli rispose che non aveva mai guadagnato tanto, né mai conquistato tanto onore,<br />

“perché non è –disse- ricchezza (possedere) terre o beni, ma essere uomini di valore,<br />

né sono le terre a rendere gli uomini di valore, ma sono gli uomini di valore che fanno le<br />

terre e un uomo ricco deve sempre desiderare di avere ciò che nessuno ha”. In questo<br />

modo volse a sapere e a guadagno ciò che gli altri ritengono privazione e follia né<br />

nessun altro aveva cuore di amare tanto un cavaliere buono come faceva lui)<br />

2. Versione beta<br />

Personalmente concordo con Micha nel ritenere la versione breve una riscrittura che<br />

modifica alcuni dati anche in modo un poco maldestro. Così L. teme la reazione (?)<br />

dell’amico e <strong>Galeotto</strong> invece ama la dama di Malehout:<br />

En cheste partie si dist li contes que Galehot se parti de la cort le roy Artu et enmaine<br />

vers son pais Lancelot son compaignon qui moult amast miex le remanoir mais<br />

samblant n’en ose faire pour Galehot son compaignon que il crient et doute sour touz<br />

lez hommes del monde.(p. **)<br />

(In questa parte dice il racconto che <strong>Galeotto</strong> si partì dalla corte di Artù e condusse<br />

verso il suo paese Lancillotto, suo compagno, che molto avrebbe preferito rimanere, ma<br />

non osava mostrarlo a causa di <strong>Galeotto</strong> suo compagno, che egli teme e di cui ha<br />

soggezione più di qualsiasi altro uomo al mondo)<br />

Quasi comico e certamente contraddittoria l’affermazione dell’amore che legherebbe G.<br />

alla dama di Malehaut 13 :<br />

13 Che però, coerentemente, nel ms R viene poi rievocata nel momento della morte: ―Mais ne demora<br />

gaires, aprés ce qu'il s'en fu alez, que une damoiselle vint a lui et li aporta unes novelles dont<br />

granz dolors avint en la terre dont il ert sires et en maintes autres contrees por la renomee de<br />

sa folor a , car ele li dist que Lanceloz del Lac cui il avoit tote s'amor donee estoit ocis en la<br />

forest des Aventures et que ele avoit veu a ses iauz que l'an li avoit la teste colpee. Et qant<br />

Galehoz l’oi', si en ot si grant duel que nus hom ne porroit greignor avoir. Et il avoit esté seigniez<br />

lo jor devant, si sanmesla por l'angoise...<br />

Le ms. K s'interrompe qui. R continua così:<br />

24. ... de ces novelles si durement que il ne vesquit qu'a tierz jor aprés. Issi fu Galehos morz<br />

pour Lancelot issi con li chevalier lo distrent qui li expelerent son soie, si com li contez l'a autre<br />

foiz devisé. Et quant la novelle de sa mort vint en l'ostel lo roi Artu, si fu li diax si granz de toz<br />

et de totes qe l'en ne vos poroit greignor deviser. La dame de Malohot en parfist duel trop


Et d’autre part est Galehot moult a malaise pour la dame de Malohaut que il amoit<br />

tant que bien li estoit avis que nus ne pooit tant amer dame com il faisoit. Si est moult<br />

a malaise de chou qu’il le laisse si hastivement apres la premiere ioie qu’il en a eue.<br />

Mais il s’en cuevre le miels qu’il en puet por ce que trop seroit honteus se nus<br />

apercheust son convigne. Et si pense que se a Dieu plaist il revenra par tamps et li<br />

termes n’est mie loins que li roys a mis a[l] revenir. Atant s’en vint a Lancelot et le mist<br />

en paroles de la royne car il veult qu’il li ramentoive les soies amors. Et ensi parolent<br />

tout en chevauchant de ce dont lor cuer estoient a aise tant que nonne de ior fu bien<br />

passee.<br />

(E d’altra parte <strong>Galeotto</strong> è molto afflitto per la dama di Malehaut che egli amava tanto<br />

che appariva chiaramente che nessuno poteva amare tanto una donna come lui. Ed è<br />

molto afflitto del fatto di averla lasciata così in fretta dopo la prima gioia avuta da lei.Ma<br />

egli lo nasconde il più possibile perché troppo sarebbe vergognoso se qualcuno capisse<br />

il suo sentire. Ed egli pensa che se a Dio piace tornerà per tempo w non è lontano il<br />

momento che Artù ha stabilito per il ritorno. Dunque si avvicinò a Lancillotto e cominciò<br />

a parlarle della regina perché voleva che lui gli ricordasse i suoi amori. E così parlavano<br />

mentre cavalcavano di ciò che teneva in affanno il loro cuore finche fu passata l'ora<br />

nona.)<br />

Per altro ciò che è detto fino a questo punto appare in contraddizione con quanto<br />

segue:<br />

Et lors chai Galehot en une penseer dont sez cuers fu moult a malaise. Si en<br />

chevaucha plus belement et pensa a Lancelot son compaignon qui remes estoit de la<br />

compaignie le roy Artu. Si en a moult grant angoisse en son cuer et dist a soi meisme<br />

que ore a il perdue toute honor et toute terriene ioie par celui par qui il le quidoit avoir<br />

recouvree a tous lez iors en son vivant. «Si sai- fait il- vraiement que a la premeraine<br />

fois que entre moi et lui revenrons a cort que nostre compaignie d’entre moi et lui<br />

departira car la royne volra qu’il remaigne et il n’oseroit contredire nulle chose que elle<br />

volsist.<br />

E allora cadde <strong>Galeotto</strong> in un pensiero per il quale provò nel suo cuore un profondo<br />

malessere. Cavalcava più lentamente e pensava a Lancillotto suo compagno ce faceva<br />

parte della compagia di re Artù. Egli era in grande angoscia nel suo cuore e diceva a sé<br />

stesso che ora ha perduto ogni onore ed ogni gioia terrena per colui che egli credeva di<br />

avere accanto a sé per sempre. «Io so veramente che la prima volta che ritorneremo a<br />

angoiseus, car ele l'amoit de si grant amor com nus cuers pot plus amer outre. Mais quant Lanceloz<br />

sot que por lui avoit mort receue cil par cui il avoit toz les biens et totes les joies, si fist si grant<br />

duel qe totes genz qui lo veoient en ont grant piti é; et se ne fust li cors la reine, jamés par autre<br />

ne just confortez. Mes ce l'asoaje molt et done granz confort de totes ires et de totes angoisses<br />

oblier qu'il est en la compaignie de la plus vaillant dame dou monde et de la rien que il plus<br />

aime.<br />

Ensi est remés avoc lo roi. Si taist atant li contes de lui que plus n'en parole, car bien a chief a<br />

menees totes les avantures qi l'avindrent puis qe la reine Helaine, qui sa mere fu, lo perdie par<br />

l'aventure que cist livres conta el comencement; ne li contes ne viaut amentevoir dont il corronpist la<br />

matire: por ce si a racontees totes les avantures qu'il mena a fin jusq'a ceste ore, ensi com eles<br />

furent contees en l'ostel lo roi Artu et l'estoire de ses faiz lo nos tesmoigne.


corte la nostra unione sarà separata perché la regina pretenderà che lui rimanga ed egli<br />

non oserà contraddire nulla di ciò che lei vorrà».<br />

Si aurai ensi perdu l’amor que iou y ai mise et le grant meschief que iou ai mis<br />

en sa compaignie aquerre la ou iou estoie au dessus de conquerre tot le pris<br />

et toute l’onor del monde». Toutes ches coses met Galehot devant sez iex, si<br />

l’en touche au cuer une si grant angoisse qu’il convint qu’il se pasmast a fine<br />

force.<br />

Avrò così perduto l'amore che io vi ho messo e il grande disonore che io ho<br />

commesso per ottenere la sua compagnia nel momento in cui ero in procinto di<br />

ottenere tutto il pregio e tutto l'onore del mondo» Tutto ciò mette <strong>Galeotto</strong><br />

davanti ai suoi occhi e una grande angoscia lo colpisce nel cuore che non può che<br />

svenire.<br />

Torniamo al testo così come si legge nella versione α. Il senso è lo stesso ma<br />

non mancano alcune piccole differenze quali per esempio l'accentuazione della<br />

solitudine in cui ognuno di loro resta chiuso e che tuttavia li conduce alla<br />

stessa situazione: l'incombere di un profondo senso di morte:<br />

ll. 1. Mais or laisse li contes a parler ici de ses bontés et retorne a dire ensi com<br />

il s'en vont entre lui et Lancelot et .IIII. escuier sans plus de compaignie et chevalchent<br />

en tel maniere dolent et pensif, kar il sont andui molt corocié, Galehout de ce que il<br />

crient perdre son compaignon por le roi de cui maisnie il est remés, et Lancelos rest a<br />

malaise de sa dame que il esloigne si, et molt li poise des mals que Galehout sueffre<br />

por lui:<br />

Ma ora cessa il racconto di parlare della sua [di <strong>Galeotto</strong>]bontà e ritorna a dire come<br />

procedono lui, Lancillotto e quattro scudieri senza altra compagnia e cavalcano in tal<br />

modo dolenti e pensosi, perché sono entrambi molto corrucciati : <strong>Galeotto</strong> perché<br />

teme di perdere il suo compagno a causa del re della cui masnada egli è parte , e<br />

Lancillotto è sofferente per la sua dama che è lontana, e molto gli pesa dei mali che<br />

<strong>Galeotto</strong> soffre per lui.<br />

si sont a malaise li uns por l’autre si qu’il en perdent le boivre et le mengier et tant<br />

entendent a penser qu'il enpirent molt de lor bialté et de lor force et tant s'entredotent<br />

par loial amistié qui entr'els deux est qu'alsint li uns d'eus n'ose metre l'autre en parole<br />

de riens dont il soit a malaise, altresint com il sentissent mesfet d'aucune chose li uns<br />

vers l'autre.<br />

Essi sono sofferenti l'uno per l'altro al punto che perdono il bere ed il mangiare e<br />

tanto si concentrano nel pensare che perdono gran parte della loro beltà e della loro<br />

forza e tanto sono presi dal dubbio reciproco a causa della leale amicizia che li<br />

unisce che nessuno dei due osa chiedere all'altro la ragione della sua sofferenza e<br />

così si ingannano fra di loro.<br />

In realtà <strong>Galeotto</strong> è destinato a provare un amore totale ed esclusivo per<br />

Lancillotto da cui necessariamente non può essere ricambiato con la stessa forza<br />

perché il cuore di L. resta con Ginevra:<br />

2. Mais nule dolor ne s'apareille a ce que Galehout sueffre, kar il avoit mis en l'amor<br />

Lancelot tot ce que hom i pooit metre, cuer et cors, et tote honor, qui miels valt. Il li avoit si


doné son cors qu'il amast miels a veoir sa mort que la Lancelot; il li avoit si doné son<br />

cuer, la ou il ne pooit avoir joie sans lui. Et por lui fist il si grant amor qu'il cria merci le<br />

roi Artu...<br />

Ma nessun dolore somiglia a quello che soffre <strong>Galeotto</strong>, perché egli aveva posto<br />

nell'amore nei confronti di Lancillotto tutto che un uomo vi può mettere : cuore e corpo ed<br />

i più importanti onori. Egli aveva donato a lui il suo corpo (tutto il suo essere) che egli<br />

avrebbe amato meglio vedere la sua morte che quella di Lancillotto; ed egli gli aveva<br />

donato il suo cuore al punto che non poteva avere alcuna gioia senza di lui. E per lui nutrì<br />

un così grande amore che egli chiese mercede al re Artù ... 14<br />

Cele nuit fu Galehout molt malades, mais monstroit il plus bel samblant que li cuers<br />

ne li aportoit. Et Lancelos qui molt avoit grant dolor de son malage le conforte molt,<br />

mais nus confors n'i a mestier; ne Lancelos ne li ose demander l’acheison de sa dolor,<br />

kar il li menbre de ce que Galehout l'avoit si debonairement soffert en sa dolor,<br />

sans rien demander, la ou il remeist ses compaignons.<br />

Quella notte fu <strong>Galeotto</strong> molto malato, ma all'esterno cercava di mostrare l'aspetto<br />

migliore possibile. E Lancillotto che provava un gran dolore nel vederlo malato, lo<br />

confortava molto, ma nessun conforto poteva servire; né Lancillotto osava<br />

domandare la ragione perché egli ricordava che <strong>Galeotto</strong> lo aveva così bonariamente<br />

accudito nella sua sofferenza senza nulla chiedere in cambio, quando egli divenne<br />

suo compagno.<br />

4. Et quant Galehout fu couchiés et il cuida que Lancelos fust endormis, si<br />

commence son duel a faire si come de plaindre et de plorer et disoit molt sovent:<br />

«Ha, Diex, com m'a trahï cil qui si preudom estoit!». Tote nuit demena Galehout ceste<br />

dolor desi au jor...<br />

E quando <strong>Galeotto</strong> fu a letto e pensò che Lancillotto fosse addormentato comincia a<br />

manifestare il suo dolore a battersi il petto e a piangere e diceva molto spesso: “Ahimé,<br />

mio Dio, come mi ha tradito colui che era un così nobile uomo!”. Tutta la notte provò<br />

<strong>Galeotto</strong> questo dolore fino al mattino... 15<br />

<strong>Galeotto</strong>, uomo oppreso dal peso del pensiero che ne rende ancora più smisurata<br />

la grandezza:<br />

Ensint chevalche Galehout mas et pensis qu'il ne dit mot [73a] n'a Lancelot n'a<br />

autrui, tant que se palefrois est tos tressuans. Et lors est entrés en un chemin<br />

perrous et li chevals fu durement cargiés del chevalier qui sor lui fu grans et<br />

3. Tant ont chevalchié en ceste maniere qu'il aprochierent del roialme de Sorelois; si est ja Galehout<br />

si conreés qu'il n'i atent se la mort non. Et la nuit devant qu'il venissent en Sorelois, si vindrent a un<br />

chastel qui estoit le roi des Frans, sì avoit non la Garde le Roi, car li roialmes des Frans marchissoit<br />

a Sorelois par deverse galerne et de cele part cort li Hombres.<br />

15 Al matin montent sor lor chevals et issirent fors del chastel et chevalchierent le droit chemin vers<br />

Sorelois. Si chevalche Galehout tot deriere et ot son chaperon sor les ielx et aloit le chief enclin si<br />

grant aleure com il pooit traire de son palefroi, tant que il passe Lancelot et ses escuiers. Et lors<br />

entrent en une forest qui ot non Glorinde, si est entre le terre le roi des Frans et Sorelois et marchist<br />

de cele part ou li Ombres cort.


pesans et plains de doleros pensés, et si refu encombrés de la malvese aleure<br />

que il aloit: si açoupa a une des pierres dont li chemin estoit espessement jonchiés,<br />

si qu'il vint a terre d’ambesdeus les genols et que les resnes en volent a Galehout<br />

hors de la main et tressaut de son penser:<br />

Così cavalca <strong>Galeotto</strong> triste e pensoso senza dire una parola né a Lancillotto, né ad<br />

altri (…) e poi entrarono su un cammino pietroso e il cavallo fu molto gravato dal peso<br />

del cavaliere che era sopra di lui: grande, pesante e gravido di dolorosi pensier ed era<br />

molto affaticato dalla cattiva andatura che egli teneva: così inciampò in una delle<br />

pietre di cui il cammino era costellato finché cadde a terra con entrambe le ginocchia e<br />

le redini volarono via dalle mani di <strong>Galeotto</strong> e trasalì dal suo pensiero.<br />

Et Galehout si grans com il estoit, vole hors des arçons et chiet desus les pieres<br />

tos envers si felenessement qu'a bien petit qu'il ne se creve le cuer el ventre. Quant<br />

Lancelot le vit chaoir en tel maniere, si ot molt grant poor soit mors, si saut a terre de<br />

son palefroi et vint la ou il gisoit; et quant il voit qu'il ne remue menbre qu'il ait, si cria<br />

si haut com il puet plus: «Ha, Sainte Marie!»<br />

E <strong>Galeotto</strong> grande com'era vola fuori dagli arcioni e cade sopra le pietre riverso così<br />

pesantemente che per poco il cuore non gli si spezza nel ventre. Quando Lancillotto<br />

lo vede cadere in quel modo, ebbe una paura terribile che egli fosse morto, salta a<br />

terra dal suo palafreno e viene là dove egli giaceva e quando vide che non muoveva<br />

membra, gridò il più forte possibile:Ah Santa Maria!!<br />

Lors l'enbrace, et la grant dolor qu'il sent a son cuer por la grant poor de la mort<br />

le fet refroidir, si s'estent delés lui et chiet pasmés a terre; et al cheoir qu'il fist si<br />

l'ataint li trenchans d'une pierre el frontt desus le senestre sorcil, si li trenche la char et<br />

le cuir desi qu'al test.<br />

Allora l'abbraccia e il grande dolore che prova nel cuore per la grande paura della<br />

morte lo fa raffreddare, si stende accanto a lui e cade svenuto a terra, e nel cadere si<br />

taglia la fronte sopra il sopracciglio sinistro, si taglia la carne fino alla testa.<br />

Un altro momento cruciale è rappresentato dalla malattia di <strong>Galeotto</strong> che sembra<br />

configurarsi come un’occasione per una digressione di grande importanza nell’economia<br />

della storia e della riflessione sull’amore. <strong>Galeotto</strong> progressivamente indebolito e<br />

sentendosi malato si rivolge ad un sapiente per essere consigliato. Leggiamo dal ms di<br />

Bonn (pp. 962-963):<br />

Sire, fait il, de ceste maladie ne trouveres vous pas qui vous consaut legierement, s'ele<br />

n'estoit mix esclairie, car il avient maintes fois que li cuers sousfre une maladie ou nule<br />

mortele medecine n’a mestier et en cele couvient la medecine Nostre Signour, si<br />

com aumosnes, jeünes et orisons et larmes et conseil de religiouses gens. O r e i a<br />

autres maladies c'on puet medeciner par terriennes ouvres, car quant li cuers est<br />

malades de doel ou d'ire ou d'aucune honte qui au cors ait esté faite, si em puet on bien<br />

venir a garison pour prendre venjance del forfait; car qui demain vous feroit vilonnie, li<br />

cuers ne seroit jamais liés devant que vous seriés vengiés". Ou vous ou autres c’est de


endre honte pour honte. Et lors li cuers seroit delivrés de lìordure et del venim qui en<br />

lui seroit, ausi com li hom quideroit estre fors de pensés et quant il est aquités de ses<br />

detes. Car li cuers est la plus franche partie et la plus nete qui soit en l’ome, car il<br />

prent sor lui toutes les hontes et les mals, ne li cors n'est que solamente maison au<br />

cuer, ne ja n'iert honnis li cors ne honnerés se par le cuers non autresi com la<br />

maisons est honneree par le prodome ou deshonneree par le mauvais.<br />

“Signore- gli risponde- voi non troverete facilmente chi possa darvi un consiglio per la<br />

vostra malattia a meno che non si capisca meglio, perché avviene spesso che il cuore<br />

soffra di un male contro il quale nessun rimedio umano è efficace ed in questo caso sono i<br />

rimedi di Nostro Signore che sono utili, come le elemosine, i digiuni, le preghiere, le<br />

lacrime ed il sostegno di uomini di religione. E tuttavia vi sono altre malattie che possono<br />

guarirsi attraverso i mezzi di qua giù: quando il cuore è minato dal dolore , la collera o altre<br />

umiliazioni di cui uno sia stato vittima è possibile recuperare la salute vendicandosi di ciò<br />

che si è subito. (….)<br />

Il cuore allora sarà purificato dal fango e dal veleno (poison) che si è insinuata in lui, così<br />

come l’uomo ha l’impressione di essersi liberato dei suoi pensieri quando ha sanato i suoi<br />

debiti. Perché il cuore è la parte più nobile e più pura dell’uomo, perché assume su di sé<br />

tutte le umiliazioni e le sofferenze in modo che il cuore ha il potere di umiliare o di onorare<br />

il corpo, così come la casa è onorata da un padrone saggio o umiliata da un miserabile 16 .<br />

Mais ore vous deviserai la tierce maladie par cuoi li cuers est a malaise. Il est uns mals<br />

dont ces legieres gens sont entoschie et de ce li avint a la fois que on n'i puet mesure<br />

ajouster: c'est mals d'amours, li dous, li angoissous. Douls quant on em puet faire son<br />

voloir, angoissous quant on ne le puet faire. Amour est une chose qui vient de fine<br />

debonaireté de cuer par le pourchas des ex ou des oreilles.<br />

Ma ora vi racconterò la terza malattia per cui il cuore è in sofferenza. Si tratta di un<br />

male da cui sovente gli uomini sono intossicati e per questo avviene a volte che non<br />

si può rispettare misura: è il male d’amore: il dolce, l’angoscioso. Dolce quando si<br />

riesce ad ottenere ciò che si vuole, angoscioso quando non ci si riesce. Amore è una<br />

cosa che viene dal cuore 17 attraverso la forza degli occhi o delle orecchie.<br />

16 Et quant li cors est abatus ou laidengiés ja si tost ne sera garis com il l'a oublié. Mais li cuers en est<br />

malades et a toutes les hontes dedens lui ou il se mire, ne ja garis n'en sera tant s'en soit aquités,<br />

ensi com je vous ai dit. De tel force et de tel pooir est li cuers.<br />

17 Cfr. Amore è uno desio


Et quant li cuers est perciés 18 par ces .II, tenches que il est en l'amour entrés, s'il<br />

avient qu'il ataigne 19 ou faille, n'est mie legiere chose a retourner, car quant il a sa proie<br />

atainte, si l'en couvient il en ausi grant prison jesir conme s'il avoit del tout failli, fors<br />

qu'en cele prison li avient uns alegemens et une joie d'oïr les douches paroles et les<br />

nouveles et la compaignie de ce que il tant desire, car conment que li cors s'en sente,<br />

li cuers n'en a que le veoir et l’oïr. Mais par toutes les joies i a assés mals et dolours et<br />

angoisses, car il i a courous souvent, il i a esmais de perdre la rien que il plus aimme, il a<br />

paour de fauses ocoisons. Ce sont les dolours que li cuers sent par coi il ne puet venir<br />

a garison 20 .<br />

E quando il cuore è colpito attraverso questi due passaggi tramite i quali l’amore è<br />

entrato, avviene che può ottenerlo o meno, ma non è certo facile tornare indietro, perché<br />

quando (il cuore) ha ottenuto la sua preda è necessario che giaccia in una grande<br />

prigione come se l’amore gli fosse stato negato, salvo che in quella prigione lo tocca un<br />

conforto ed una gioia nell’ascoltare le dolci parole e le notizie e la compagnia di colui che<br />

tanto si desidera, perché qualsiasi sia il modo in cui il corpo si sente, il cuore ha solo la<br />

possibilità di vedere ed udire. Ma a fronte di tutte queste gioie vi sono molti mali e dolori e<br />

angosce, perché vi sono frequenti corrucci, vi è la paura di perdere ciò che più si ama, si<br />

ha paura di false accuse. E questi sono i dolori che il cuore prova e la ragione per la<br />

quale non può guarire.<br />

Mais la tierce maladie est la plus perillouse, car maintes fois avient que li cuers ne .jiurroit<br />

pas garison, s'il le pooit avoir. Sor ce puet a painnes garir fins i ucrs de ceste maladie, et<br />

quant il aimme plus son mal que sa santé.<br />

(Ma la terza malattia è la più pericolosa perché molte volte avviene che il cuore non<br />

gioisce nella guarigione anche se riesce ad ottenerla. Per questo difficilmente può guarire<br />

in quanto ama più il suo male che la sua salute.)<br />

18 da * pertusiare (lat class. pertundere)<br />

19 da *attangere (lat class attingere)<br />

6. « Or vous ai devisees les .ni. maladies de cuer. Si garist on de la jiii'iniere par aumosnes, par jeùnes et<br />

par orisons, conme de son bon .uni charnel quant il est em prison ou en voiage ou en autre demoure, ,i<br />

de la seconde maladie garist de honte pour honte. (...)Et |>i ir ce vous dites que vous estes malades de<br />

mal de cuer, pour ce vous ,ii j e ces .m. manieres devisees que vous ne poés estre malade se de Cune<br />

des .m. non. Mais or nous dites plus apertement la maniere de vi «tre mal, et conment vous le sentés, et<br />

s'il est tels que la force d'en-pfcng i puisse trouver medecine, vos en avrés alegement sans demorer, i , ir<br />

je quit qu'il ait chaicns des plus prodomes qui soient decha la mer Ir Óertaingne et des plus esprouvés de<br />

bone vie et de clergie.<br />

37. — Se Dix me gart, fait Galehols, biaus maistres, je vous en croi bien, car se je ne vous ooie jamais<br />

plus parler que de la merveille que vnusm'avés dite et esclairie, si meteroie je sor vous rnon conseil et<br />

de ria. rnort et de ma vie. Et jc vous deviserai ma maladie et conment eie m'est venue a vous<br />

prej/^mierement et a ces autres clers aprés.


Ed ecco che <strong>Galeotto</strong> cade da cavallo, inciampa il cavallo perché la narrazione possa<br />

fermarsi rallentare il suo passo e il lettore raccogliersi insieme a questa figura di uomo<br />

pensoso:<br />

Ensint chevalche Galehout mas et pensis qu'il ne dit mot n'a Lancelot n'a autrui,<br />

(…). Et lors est entrés en un chemin perrous et li chevals fu durement cargiés<br />

del chevalier qui sor lui fu grans et pesans et plains de doleros pensés, et<br />

si refu encombrés de la malvese aleure que il aloit: si açoupa a une des pierres<br />

dont li chemin estoit espessement jonchiés, si qu'il vint a terre d’ambesdeus les<br />

genols et que les resnes en volent a Galehout hors de la main et tressaut de<br />

son penser: si li anuie li çoupers del palefroi, si le fiert si durement des que li sans li<br />

saut par ambesdeus les costés et li palefrois se lance outre de tote sa vertu. Et<br />

Galehout ot failli a prendre les resnes qui furent sor le col del cheval et al lancier<br />

qu'il fist s'i encombre d'ambesdeus les piés et vole outre, la teste entre les jambes,<br />

si durement qu'il se pechoie le col en travers. 6. Et Galehout si grans com il<br />

estoit, vole hors des arçons et chiet desus les pieres tos envers si<br />

felenessement qu'a bien petit qu'il ne se creve le cuer el ventre.<br />

(Così cavalca <strong>Galeotto</strong> cupo e pensoso senza dire parola (… ) Ed è entrato poi su un sentiero pietroso e<br />

il cavallo era oppresso dal peso del cavaliere che era sopra di lui grande pesante e pieno di pensieri<br />

dolorosi ed era molto affaticato dalla cattiva andatura che egli teneva: così inciampò in una delle pietre di<br />

cui il cammino era costellato finché cadde a terra con entrambe le ginocchia e le redini volarono via dalle<br />

mani di <strong>Galeotto</strong> e si riscosse dal suo pensiero)<br />

Ma <strong>Galeotto</strong> nella sua traboccante interiorità è un amante che diversamente dagli altri<br />

amanti ai quali per ragioni varie è sottratto l’amato bene (Lancillotto, Tristano…) non<br />

impazzisce, ma lucidamente va incontro al suo destino. Le pulsioni di disintegrazione e<br />

di morte della storia vengono così neutralizzate attraverso la presenza di un<br />

personaggio forse meno perturbante perché capace di arrestarsi all’amore del pensiero<br />

arretrando e rinunciando ad ogni carnalità. Nelle incessanti quête dei personaggi L. e<br />

G. si cercano, si sfiorano senza trovarsi, Lancillotto arriva nel Sorelois, ma <strong>Galeotto</strong> è<br />

partito per cercarlo.<br />

Ma il destino di un uomo, a volte, è scandito da piccoli inutili gesti mancati. Piccoli e<br />

inutili appunto, ma le cui conseguenze sono irreversibili, così Galvano, personaggio<br />

antipatico nella sua futile superficialità, si dimentica di dire a Lancillotto che <strong>Galeotto</strong> lo<br />

sta cercando. Le vie narrative e le vie delle vite si incrinano così declinando sulla morte<br />

―necessaria‖ del gigante, convinto che sia morto l’amico egli cessa di mangiare e bere:<br />

15. En tel maniere langui Galehout de la Magdalaine jusqu'a la deerraine semaine de<br />

septembre. Et lors trespassa del siecle comme li plus preudom, a tesmoing des contes, qui<br />

onques fust a son tens de son aage. Mais les grans almoines qu'il fist ne seroient pas<br />

legierement acontees. Et si fist Galehout son neveu revestir de sa terre et ses homages<br />

avoir et maintes autres bones oeuvres fist il. Ci finist li contes de lui et retorne a Lancelot.<br />

(Micha, II, LXIX, 22)<br />

In tale modo languì <strong>Galeotto</strong> alla Maddalena fino all’ultima settimana di settembre. Ed allora lasciò il mondo come<br />

l’uomo più valente, secondo la <strong>testi</strong>monianza dei racconti che mai fu al suo tempo. Ma le grandi elemosine che egli


fece non potrebbero essere narrate facilmente. E così fece nominare suo nipote signore delle sue terre e fece molte<br />

altre buone opere. Qui il racconto cessa di parlare di lui e ritorna a Lancillotto.<br />

G. muore e con la morte di <strong>Galeotto</strong> declina anche parte della tradizione manoscritta,<br />

secondo Elspeth Kennedy anche la più antica e così anche il sogno totalizzante di<br />

<strong>Galeotto</strong>. La narrazione ora –archiviato questo personaggio- può prendere altre vie. Ma<br />

<strong>Galeotto</strong> muore perché il mondo sentimentale ed etico che ha sognato e che vorrebbe<br />

abitare non può esistere. Non a caso dopo la sua morte la rotta della storia subisce una<br />

forte deviazione, il mondo arturiano prepara il suo crollo.<br />

Solo più tardi Lancillotto scoprirà la morte di quell’amico straordinario. Siamo di fronte<br />

ad ( cfr Micha II, XLIX, 210 ) uno schema che si ripete secondo stilemi fissi: L. arriva in<br />

un cimitero, trova una tomba e chiede notizie e viene a sapere che Ci gist Galeholt li<br />

filz a la jaiande, le sires de lontaignes Isles qui pur l’amur de Lancelot morut” Di fronte<br />

a questo epitaffio, Lancillotto sviene:<br />

Lors va Lancelos cele part, si regarde les letres qui dient: «Ci gist Galehout li fiz a la<br />

Jaiande, li sires des Lointaignes Isles, qui por l'amor de Lancelot morut.» Et<br />

quant il vit ce, si chiet pasmés et gist grant piece a terre sans mot dire; et li chevalier le<br />

corent relever, si se merveillent molt qu'il puet estre. (Micha, II, XLIX, 10.)<br />

Allora si dirige Lancillotto da quella parte, guarda la scritta che dice : » Qui giace <strong>Galeotto</strong>, figlio della<br />

gigantessa, signore delle isole lontane che morì per amore di Lancillotto » E quando L. vide questo cadde<br />

a terra svenuto e giacque a lungo senza proferire parola, e i cavalieri colsero a rialzarlo, e si<br />

meravigliarono molto dell’accaduto.<br />

I gesti del dolore sono quelli che una tradizione ormai codificata ha certificato come<br />

planctus per la morte dell’amico,<br />

Et quant il revint de pasmison, si s'escrie: «Ha, las ! Quel dolor et quel damage!»<br />

Et lors fiert l'un poing en l'autre et esgratine son viaire si qu'il en fet le sanc<br />

salir de totes pars, si se prent as chevels et se fiert grans cops del poing en mi<br />

le front et en mi le pis et cric si durement qu'il n'i a celui qui tote pitiés n'en preigne;<br />

si se laidenge et maldit l'ore qu'il fu nes et dit : «Ha, Diex! Quel damage, quel perte<br />

del plus preudome del monde qui mors est por le plus vil chevalier et por le plus<br />

malvés qui onques fust!»<br />

E quando si riebbe dallo svenimento, gridà « Haimé che dolore e che peccato !» Poi si colpì con i pugni e<br />

graffiò il suo viso facendolo sanguinare, poi salì a cavalloe si colpì sulla fronte e sul petto e gridà con<br />

forza al punto che chiunque sarebbe stato preso da pietà ; si lamentò e maledisse l’ora in cui era nato e<br />

disse : « Ah Dio che peccato, che perdita del più nobile uomo del mondo che è morto per il più vile<br />

cavaliere ed il più malvagio che mai vi fu »<br />

Ma che il legame sia speciale, unico, esclusivo forse d’amore ce lo mostra il desiderio<br />

di morire. Chi ama -lo ha insegnato già la narrativa in versi- non sopravvive alla morte<br />

dell’amato, ma in lui è lo scoprire di essere lui la causa della morte che lo stronca non<br />

solo la perdita dell’amico:


Quant il a son duel demené grant piece, si regarde les letres qui dient que por lui est<br />

mors Galehout; si dist que or seroit il trop malvés, s'il ausi ne moroit por lui: si saut<br />

maintenant jus des prones et pensa qu'il iroit querre s'espee et qu'il s'en ocirroit, kar<br />

ausi avoit eie esté Galehout. (Micha, II, XLIX, 11).<br />

Dopo essersi a lungo disperato, guarda ancora la scritta che dice che <strong>Galeotto</strong> è morto a causa sua, e<br />

dice che sarebbe un essere spregevole se non morisse anche lui : saltò giù dal cavallo e pensò di andare<br />

a cercare la sua spada per uccidersi.<br />

Solo l’arrivo di una messaggera della Dama del lago, fanciulla fatata madre nutritrice<br />

di Lancillotto può evitare il peggio, ma egli non l’ascolta e non la riconosce, sarà solo il<br />

riferimento alla madre definita come colei che lui ama di più al mondo a restituirlo a se<br />

stesso, sancendo però la disparità di sentire fra il morto e il vivo, questi coinvolto in una<br />

fitta rete di amori. E per amore quello dei sensi e del cuore Lancillotto non tarderà ad<br />

asciugare le sue lacrime Così la storia declina sul dolore di Lancillotto, consolato tuttavia<br />

dalla regina la cosa che più amava al mondo:<br />

19. Et se ne fust li cors la reïne, ja mes par autre ne fust confortez; mes ce l’asoaje<br />

molt et done granz confort de totes ires et de totes angoisses oblier qu’il est en la<br />

compagnie de la plus vaillant dame dou monde et de la rien que il plus aime. (PL 612.34-<br />

613.3)<br />

E se non fosse stato per la regina nient’altro lo avrebbe confortato, ma questo lo consola molto e gli dà<br />

un profondo confort di ogni ira e di ogni angoscia: trovarsi in compagnia della più valente dama del mondo e<br />

colei che lui ama di più.<br />

Si sancisce così la superiorità della forza di amore su ogni altro sentimento, che da un<br />

lato conduce a morte <strong>Galeotto</strong> (il cui legame con l’amico assume chiaramente i connotati<br />

della passione amorosa), dall’altro rende Lancillotto dimentico del dolore per la perdita<br />

dell’amico nel momento in cui giace fra le braccia dell’amata 21 .<br />

21 Su <strong>Galeotto</strong> come personaggio tragico, si veda J. FRAPPIER, Le personnage de Galehaut dans<br />

le Lancelot en prose, in Romance Philology, 17 (1964), pp. 535-554, poi in ID., courtois et Table<br />

Ronde, Genève 1973, pp. 181-208 e ID., La mort Galehaut, in Histoire, mythes et symboles,<br />

Genève 1976, pp. 137-147.

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