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16 <strong>Pianeta</strong> <strong>acqua</strong><br />
Considerato il declino degli stock ittici<br />
e la crescente domanda di pesce (pensiamo<br />
ad esempio all’aumento di ristoranti<br />
di sushi giapponese nelle nostre<br />
città), da più parti si suggerisce che l’<strong>acqua</strong>coltura,<br />
in rapida evoluzione in termini<br />
quantitativi e qualitativi, riuscirà a<br />
salvare “capre e cavoli”. Vale a dire che<br />
da un lato riuscirà a mantenere i posti<br />
di lavoro, almeno di chi lavora nel settore<br />
della trasformazione e della commercializzazione,<br />
poiché non sempre un<br />
pescatore può trasformarsi in allevatore;<br />
da un altro la maggior produzione di<br />
pesce allevato contribuirà ad allentare<br />
la morsa sugli stock ittici selvatici, facendoli<br />
ritornare popolosi e consentendo<br />
in futuro la ripresa di una pesca più<br />
sostenibile. In realtà, non è proprio così.<br />
Vediamo perché.<br />
Per far crescere di un chilo un gambero,<br />
un salmone, o altri pesci carnivori<br />
allevati, sono necessari tra i 2,5 e i 5<br />
kg di pesce selvatico. Per il tonno, si<br />
arriva anche a un rapporto di 1 kg a<br />
20: per ogni chilo di tonno allevato ne<br />
saranno stati pescati 20 di pesce minore,<br />
cioè di minor valore commerciale. La<br />
tecnologia sta lavorando per minimizzare<br />
questo rapporto: tra il 1997 e il<br />
2001 la tecnologia è riuscita a ridurre<br />
di circa il 25% la quantità di alimento<br />
animale (farina di pesce, pesce di scarto)<br />
necessaria a far accrescere un’unità di<br />
salmone allevato, sostituendola in parte<br />
con proteine di origine vegetale. Ma,<br />
nel contempo, la domanda pro–capite di<br />
salmone è cresciuta del 60%. Il risultato<br />
è un aumento notevole dell’allevamento<br />
di salmoni che ha vanifi cato totalmente<br />
www.fao.org/fishery/en<br />
The State of World Fisheries and Aquaculture (SOFIA) – www.fao.org<br />
l’effetto positivo dell’innovazione tecnologica,<br />
poiché la quantità di pesce<br />
trasformato in mangime per i salmoni è<br />
di conseguenza aumentata.<br />
Quindi, la tecnologia da sola non basta<br />
a ricomporre un equilibrio che si va<br />
comunque perdendo: è come svuotare<br />
un barca con una pompa di sentina<br />
che, seppur ad alta tecnologia, funziona<br />
al contrario, più si pompa più la barca<br />
di riempie, più si alleva più si pesca. E,<br />
pur ipotizzando che il bilancio fosse in<br />
pareggio, cioè che riuscissimo a riequilibrare<br />
la quantità di stock ittici selvatici<br />
perduti con gli stock allevati, dovremmo<br />
interrogarci sulla sostituibilità dei due<br />
addendi: il pesce è solo pesce, cioè è tutto<br />
uguale, oppure, al di là delle evidenti<br />
differenze in termini di caratteristiche<br />
organolettiche e merceologiche, il pesce<br />
ha un valore intrinseco differente?<br />
Se il pesce avesse uno stesso valore, allora<br />
staremmo semplicemente commettendo<br />
un errore di calcolo: usiamo da<br />
2,5 a 20 unità di prodotto A per produrne<br />
1 sola unità di prodotto B. Forse<br />
sarebbe più sensato pescare e vendere<br />
direttamente 1 di prodotto A, lasciando<br />
libere di riprodursi le altre 1,5–19 unità<br />
di prodotto B? Certo, ma sarebbe anche<br />
contrario alle leggi del mercato globale<br />
che vuole che alcuni prodotti siano<br />
più appetibili e quindi più commercializzabili,<br />
e quindi destinati a diventare<br />
agenti omologanti delle nostre abitudini<br />
alimentari, come il salmone e i gamberi<br />
tigre. Sui banchi del pescivendolo di<br />
quartiere a Napoli –segno evidente della<br />
confusione del mercato ittico– i tranci<br />
del tradizionale e selvatico pesce spada<br />
sono spesso accompagnati dai tranci di<br />
salmone, allevato in Cile, Norvegia o<br />
chissà dove.<br />
www.fao.org/fishery/glossary/en<br />
www.friendofthesea.org