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Pianeta acqua - Mani Tese

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Periodico di <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong>,<br />

organismo contro la fame e per lo sviluppo dei popoli.<br />

anno XLVI | novembre * dicembre 2010<br />

www.manitese.it/periodico-manitese<br />

n.470<br />

In questo numero: 15 Dossier | Com'è profondo il mare<br />

4 Esiste il diritto all'<strong>acqua</strong>?<br />

8<br />

10<br />

Acqua divorata<br />

La democrazia dell'<strong>acqua</strong>


CERCHIAMO VOLONTARI<br />

Dal 4 al 24 dicembre 2010<br />

Contattaci subito!<br />

MANI TESE, GRUPPI E VOLONTARIATO<br />

TEL. 02 40 75 165 * volontari@manitese.it<br />

Per sapere in quali città saremo presenti:<br />

www.manitese.it/cerchiamovolontari


Periodico di <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong>,<br />

organismo contro la fame e per lo sviluppo dei popoli.<br />

anno XLVI | novembre * dicembre 2010<br />

www.manitese.it/periodico-manitese<br />

n.470<br />

In questo numero: 15 Dossier | Com'è profondo il mare 8 Acqua divorata<br />

4 Esiste il diritto all'<strong>acqua</strong>?<br />

10 La democrazia dell'<strong>acqua</strong><br />

Redazione<br />

Luigi Idili (dir.), Giulio Sensi (dir. resp.),<br />

Angela Comelli, Alberto Corbino, Mariarosa<br />

Cutillo, Piera Hermann, Luca Manes,<br />

Giovanni Mozzi, Cinzia Peschechera.<br />

Hanno collaborato<br />

Renato Briganti, Sandra Cangemi, Roberto<br />

Cirillo, Alberto Corbino, Tommaso Fattori,<br />

Gas di Arezzo, Rosario Lembo, Luca<br />

Faenzi, <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> Faenza, Luca Martinelli,<br />

Silvia Russo, Carmela Squillace.<br />

Direzione, redazione<br />

e amministrazione<br />

Piazzale Gambara 7/9, 20146 Milano<br />

Tel. 02/4075165 Fax. 02/4046890<br />

E–mail: manitese@manitese.it<br />

Sito: www.manitese.it<br />

c.c.p. 291278<br />

BONIFICO BANCARIO<br />

Banca Popolare Etica, cod. IBAN<br />

IT 58 W 05018 01600 000000000040<br />

Progetto grafi co e impaginazione:<br />

Riccardo Zanzi<br />

Stampa: MEDIAPRINT – Milano<br />

Registrazione al ROC (Registro operatori di<br />

comunicazione) al n.154 – Registrazione<br />

al Tribunale di Milano n. 6742 del 28<br />

Dicembre 1964. Stampato su carta<br />

riciclata.<br />

Questo documento è stato realizzato con il contributo<br />

fi nanziario dell’Unione europea (DCI_NSAPVD/2009/225–<br />

763). La responsabilità dei contenuti di questo documento<br />

è da imputare solo a <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> e in nessun caso può<br />

essere considerato come espressione delle posizioni<br />

dell’Unione Europea.<br />

n.470<br />

di Luigi Idili, Presidente <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong><br />

Continuate a sostenerci<br />

I mesi di ottobre e novembre hanno visto entrare<br />

nel vivo la campagna di <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> per la<br />

sovranità alimentare. Decine e decine di gruppi<br />

e realtà locali hanno accettato il nostro<br />

invito a fare qualcosa per affermare che un<br />

nuovo rapporto fra le comunità e il cibo, nel<br />

sud e nel nord del mondo, è possibile. Vogliamo<br />

ringraziare tutti quelli che si sono attivati<br />

perchè hanno dato un contributo di azioni e<br />

idee che hanno arricchito tutta <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong>. In<br />

questo numero della nostra rivista, l'ultimo<br />

del 2010, ne raccontiamo alcune. Così come<br />

raccontiamo come la società italiana e internazionale<br />

si stanno muovendo per salvare un<br />

bene comune fondamentale alla vita: l'<strong>acqua</strong>,<br />

quella che arriva nei nostri rubinetti, quella<br />

che viene utilizzata per produrre il cibo di cui<br />

ci nutriamo, quella che rischia di non rigenerarsi<br />

se l'umanità non sarà in grado di ristabilire<br />

un nuovo equilibrio con essa e con tutte<br />

le risorse naturali. Queste sfi de ci stanno particolarmente<br />

a cuore: forse la più grande che<br />

Sommario<br />

4<br />

Esiste il diritto all'<strong>acqua</strong>? . . . . . . . . 4<br />

Per salvare <strong>acqua</strong> e clima . . . . . . . . 6<br />

Acqua divorata . . . . . . . . . . . . . . . . . 8<br />

La democrazia dell'<strong>acqua</strong> . . . . . . . 10<br />

Pesca motore di sviluppo . . . . . . . 12<br />

Dossier|Com'è profondo il mare . . 15<br />

Tonno superabile . . . . . . . . . . . . . . 19<br />

Un referendum<br />

per riprenderci l'<strong>acqua</strong> . . . . . . . . . 20<br />

anno XLVI | novembre * dicembre 2010<br />

abbiamo di fronte è quella di riuscire a smettere<br />

di “consumare allo sfi nimento” tali risorse<br />

per alimentare modelli di vita sempre più<br />

insensati e insostenibili. Voi lettori della rivista<br />

e sostenitori di <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> sapete bene che<br />

una delle nostre “fi sse” è cercare di costruire<br />

nel nord del mondo quello che tentiamo di<br />

sostenere nel sud, forme di sviluppo che non<br />

lascino da parte nessuno e capaci di creare<br />

armonia fra le persone e con la natura. Così ci<br />

sentiamo di rivolgervi e rivolgerci un appello<br />

forse scontato, ma sentito: di fare tutti noi in<br />

modo che il Natale che è alle porte sia un'occasione<br />

per cercare di mettere un tassello in<br />

più in questa direzione, per regalare la vita a<br />

chi rischia di perderla, il futuro a chi rischia di<br />

non averlo. Ciò che facciamo per dare nuove<br />

possibilità a noi stessi e ai nostri partner del<br />

sud del mondo ve lo raccontiamo in queste<br />

pagine; continuate a credere insieme a noi<br />

che ciò che sogniamo e vogliamo è possibile<br />

costruirlo insieme.<br />

20<br />

Cibo per il pianeta . . . . . . . . . . . . . 22<br />

Geografia amica . . . . . . . . . . . . . . 25<br />

Pagine da bere . . . . . . . . . . . . . . . . 26<br />

Acqua: motore di sviluppo . . . . . . 28<br />

Acqua: per non partire . . . . . . . . . 29<br />

Quando l'<strong>acqua</strong> distrugge . . . . . . 30


4<br />

<strong>Pianeta</strong> <strong>acqua</strong><br />

di Renato Briganti, docente di Diritto Pubblico – Università Federico II di Napoli<br />

La tutela giuridica del diritto all’<strong>acqua</strong>, inteso<br />

come diritto fondamentale di accesso all’<strong>acqua</strong><br />

potabile per tutti, è diventato un obiettivo<br />

importante e necessario per la comunità<br />

internazionale soprattutto negli ultimi decenni,<br />

con la consapevolezza del concetto di limite<br />

delle risorse e con la forbice dello squilibrio che<br />

diventava sempre più ingiusta. Vediamo a che<br />

punto siamo.<br />

Nel 1977 le Nazioni Unite organizzarono la prima conferenza<br />

internazionale sul tema dell’<strong>acqua</strong> e poco lasciava presagire che<br />

in circa trent’anni quel bene elementare, di tutti e quindi in teoria<br />

anche di nessuno, potesse diventare l’oro del ventunesimo secolo,<br />

la principale causa di decine di guerre, l’obiettivo dichiarato di<br />

speculatori fi nanziari.<br />

Oggi la sete uccide più dell’AIDS e la violazione di questo diritto<br />

fondamentale non interessa più soltanto i volontari e i cooperanti<br />

delle ONG, ma coinvolge giuristi, economisti, fi losofi , sociologi e<br />

soprattutto è arrivata a interessare direttamente i cittadini delle<br />

comunità locali di tutto il mondo. Come spesso accade, l’argomento<br />

tarda ad entrare nelle agende dei rappresentanti politici<br />

e istituzionali, pur essendo questo un tema molto “Politico” (nel<br />

senso più alto del termine, inteso come scienza della “polis” e<br />

della comunità). Ma questo problema ha radici complesse, come<br />

la crescente invadenza di interessi economici privati, particolari,<br />

sulle decisioni che interessano la sfera collettiva, oppure la patologia<br />

della democrazia della rappresentanza, con il corto circuito<br />

dei cosiddetti “ascensori sociali”, che le democrazie di tutto il<br />

mondo utilizzavano per portare istanze, consenso (e oserei anche<br />

“fi ducia”) dal popolo sovrano alla classe dirigente (i partiti,<br />

i sindacati, ma anche le istituzioni internazionali). Questo corto<br />

circuito ha prodotto mancanza di comunicazione tra i livelli<br />

di rappresentanza e quindi questi temi sono arrivati con ritardo<br />

nell’agenda delle priorità delle istituzioni, e quando ci sono<br />

arrivati hanno fatto grandi danni, perché arrivati su pressione<br />

della lobby internazionale del mercato dell’<strong>acqua</strong>. Poche imprese<br />

a carattere transnazionale riescono a condizionare fortemente<br />

le decisioni politiche (e di conseguenza anche giuridiche) degli<br />

organismi internazionali e poi locali, soprattutto perché attirate<br />

da una caratteristica veramente preziosa per gli speculatori e per<br />

gli intermediari di mercato che portano beni da un produttore (in<br />

questo caso la Madre Terra, la Pacha Mama in America Latina) ai<br />

consumatori : l’<strong>acqua</strong> è un bene a domanda costante o crescente<br />

(avremo sempre bisogno di <strong>acqua</strong>, e sempre di più), ma a offerta<br />

decrescente (c’è sempre meno <strong>acqua</strong> dolce e potabile a disposi-<br />

www.juragentium.unifi.it<br />

www.unwater.org<br />

zione, a causa di contaminazione delle falde, aridità, siccità, cambiamenti<br />

climatici, ecc.). Da ciò deriva l’importanza per queste<br />

imprese di trasformare (fi losofi camente, politicamente e quindi<br />

giuridicamente) l’<strong>acqua</strong> da bene in merce (attraverso il concetto<br />

della soddisfazione del bisogno) e trasformare la fornitura di<br />

<strong>acqua</strong> in un mercato. Va da sé che chi controlla questo mercato<br />

globale a bassissimo rischio ed altissimo profi tto controlla una<br />

fetta signifi cativa dell’economia mondiale.<br />

Ecco perché i movimenti internazionali della società civile organizzata,<br />

e tra questi è sempre stata molto attiva <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong>, richiedono<br />

a gran voce il riconoscimento dell’<strong>acqua</strong> come “diritto umano<br />

fondamentale” e non come bene economico compravendibile<br />

sul mercato per soddisfare i bisogni di consumatori, alla pari delle<br />

altre merci. Soprattutto perché un diritto fondamentale “spetta a<br />

tutti e a ciascuno” (diritto individuale e collettivo) e va garantita<br />

giuridicamente la “effettività” di quella tutela, mentre la merce c’è<br />

chi se la può permettere e chi non se la può permettere.<br />

All’Assemblea Generale delle Nazioni Unite è stata uffi cialmente<br />

presentata da parte di almeno 23 co–patrocinatori degli Stati<br />

membri e dal Governo della Bolivia come primo fi rmatario, una<br />

risoluzione intitolata “Il Diritto umano all’<strong>acqua</strong> potabile e sana”,<br />

che il 28 luglio 2010 è stata approvata con 122 voti a favore, 41<br />

astenuti, 0 contrari. Si tratta di una risoluzione politica e non<br />

ha dunque valore normativo coercitivo per gli Stati, però rafforza<br />

simbolicamente la campagna mondiale per il riconoscimento del<br />

diritto all’<strong>acqua</strong>. E se è vero che il tema dell’accesso all’<strong>acqua</strong><br />

esteso a tutti è certamente universale, non si registrava fi nora<br />

nel diritto internazionale una adeguata attenzione normativa in<br />

materia. Sono state poche le Convenzioni internazionali che si<br />

sono occupate, anche solo parzialmente, dell’<strong>acqua</strong>. Si comincia<br />

con la Convenzione UNESCO per la protezione del patrimonio<br />

mondiale del 1972 e con la Convenzione ONU sul diritto del mare<br />

del 1982, per poi ritrovare il riconoscimento del diritto all’<strong>acqua</strong><br />

Riccardo Petrella|Il <strong>Mani</strong>festo dell'<strong>acqua</strong>. Il diritto alla vita per tutti, Ega 2001


n.470<br />

Il Patto internazionale sui diritti economici,<br />

sociali e culturali del Consiglio economico e<br />

sociale Onu contiene oggi l'aff ermazione che<br />

l'<strong>acqua</strong> sia un bene pubblico fondamentale per<br />

la vita e la salute.<br />

nelle più recenti Convenzione sull’eliminazione delle forme di discriminazione<br />

contro le donne o nella Convenzione sui diritti del<br />

bambino. Ma appare comunque molto chiara l’assenza di una<br />

disciplina organica internazionale che si occupi dei beni comuni<br />

nella accezione oggi necessaria, e cioè non concentrata tanto<br />

sulla dicotomia pubblico–privato in relazione alla proprietà, ma<br />

attenta alla funzione sociale del bene.<br />

Altro elemento importante ai fi ni di una ricostruzione globale dell’argomento<br />

è la defi nizione contenuta nell’Osservazione n. 15 del<br />

2003 sull’applicazione del Patto internazionale sui diritti economici,<br />

sociali e culturali del Consiglio economico e sociale dell’ONU,<br />

secondo la quale l’<strong>acqua</strong> è un bene pubblico fondamentale<br />

per la vita e la salute. Si precisa in quella sede che “il diritto umano<br />

all’<strong>acqua</strong> è indispensabile per vivere dignitosamente ed è la<br />

condizione di altri diritti umani” e che si tratta del “diritto di tutti<br />

a disporre di <strong>acqua</strong> suffi ciente, salubre, accettabile e accessibile<br />

per uso personale domestico”.<br />

Inoltre, nel 2006, il Rapporto dell’Undp 1 mette in chiaro che il<br />

cuore di questo diritto fondamentale non è tanto il bene in sé, ma<br />

l’accesso alla risorsa che deve essere garantito a tutti, indipendentemente<br />

dalle condizioni economiche e geografi che. La lettura<br />

1 United Nations Development Programme è il programma dell’ONU che redige<br />

ogni anno i rapporti sullo sviluppo, prendendo come parametri non solo gli<br />

indicatori di crescita economica, ma soprattutto quelli di sviluppo umano e di<br />

tutela dei diritti fondamentali.<br />

anno XLVI | novembre * dicembre 2010<br />

dell’accesso all’<strong>acqua</strong> come diritto, si rivela anche in questa ottica<br />

profondamente diversa da quella dell’<strong>acqua</strong> come bisogno, e<br />

direi incompatibile con essa. Come sostengono gli economisti più<br />

illuminati 2 la discriminante fondamentale è la “responsabilità”:<br />

nel caso del diritto spetta alla collettività assicurare le condizioni<br />

necessarie e indispensabili per garantire questo accesso a tutti,<br />

coprendo i costi di gestione del servizio idrico attraverso la fi scalità<br />

generale per garantire il quantitativo minimo vitale pro–capite;<br />

nel caso del bisogno non c’è responsabilità collettiva, ma<br />

solo l’esigenza individuale del singolo di trovare i mezzi adatti<br />

a soddisfare questa necessità, in base alle proprie capacità. Di<br />

qui il passo sarebbe breve per considerare l’<strong>acqua</strong> un mero bene<br />

economico, e quindi oggetto di scambi sul mercato, di accumulo,<br />

di spreco, di speculazione 3 .<br />

L'<strong>acqua</strong> è diventata un tema centrale degli<br />

scenari economici e giuridici internazionali<br />

intorno al quale ruotano le sorti di miliardi di<br />

persone.<br />

L’<strong>acqua</strong> è diventato quindi un tema veramente centrale negli scenari<br />

economici e giuridici internazionali, intorno al quale ruotano<br />

le sorti di miliardi di persone, e diventa sempre più decisivo anche<br />

per <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong>, che già sta facendo molto per renderlo un tema<br />

trasversale e riconoscibile in molte microrealizzazioni in Asia,<br />

Africa e America Latina. Occorre adesso fare uno sforzo ulteriore<br />

per rendere chiaro il collegamento tra tutti questi fondamentali<br />

progetti coi partner locali ed il referendum abrogativo italiano<br />

che chiamerà alle urne gli elettori (presumibilmente in primavera)<br />

contro la privatizzazione del servizio idrico integrato, fenomeno<br />

strettamente connesso agli squilibri ed alle violazioni di cui si è<br />

parlato. Si supera questa diffi cile situazione solo con l’approccio<br />

globale–locale (che ha sempre caratterizzato <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong>) e solo<br />

se si reagisce collettivamente. Scriveva Lorenzo Milani che se<br />

uno ha un problema e ne esce da solo, è egoismo; se si prova ad<br />

uscirne tutti insieme, allora è la “Politica”. Continuiamo quindi a<br />

cercare e praticare strade di nuova Politica per la tutela effettiva<br />

del diritto all’<strong>acqua</strong>.<br />

2 Per tutti si vedano i lungimiranti studi dell’illustre economista Riccardo<br />

Petrella in materia, da ultimo Una nuova narrazione del mondo, Emi, Bologna,<br />

2007.<br />

3 Su questi argomenti, mi sia consentito di rimandare a R. Briganti, L’<strong>acqua</strong><br />

come bene pubblico, in Democrazia e Diritto, n. 1/2005, FrancoAngeli.<br />

5


6 <strong>Pianeta</strong> <strong>acqua</strong><br />

di Tommaso Fattori<br />

Preservare il ciclo idrico è un'importante "strategia di mitigazione”, in grado di intervenire sulle<br />

cause stesse del riscaldamento globale. Ciò implica la costruzione di un'economia diversa e una<br />

“rivoluzione copernicana” nell'aff rontare questo tema.<br />

Antropocene e homo oeconomicus<br />

Dalla rivoluzione industriale in poi l’ecosistema terrestre è stato<br />

profondamente trasformato dalle attività umane: immense<br />

foreste sotterranee di carbone fossile sono andate in fumo,<br />

sterminati laghi di idrocarburi nascosti nelle viscere della terra<br />

sono stati prosciugati per produrre energia e alimentare la mega–macchina<br />

industriale. Sono stati sintetizzati dall’uomo oltre<br />

10 milioni di composti chimici, creati negli ultimi 100 anni<br />

e immessi in natura: un salto qualitativo nella storia dell’inquinamento<br />

dei corpi naturali, dopo millenni di inquinamento<br />

antropico di tipo essenzialmente biologico. La stessa superfi cie<br />

delle terre emerse è stata in grandissima parte modifi cata dall’intervento<br />

dell’uomo. Persino il clima o il ciclo idrologico globale<br />

sono stati alterati. Lo antropocene (Creutzen) è l’epoca in<br />

cui l’intervento della nostra specie ha un impatto sull’ambiente<br />

fi sico comparabile a quello di un agente geologico, come un<br />

vulcano, o astrofosico, come un meterorite. L’antropocene segna<br />

anche il trionfo di una specifi ca fi gura antropologica: l’homo<br />

oeconomicus. Le stesse “soluzioni” proposte alla crisi idrica globale<br />

e al caos climatico dai decisori globali sono, ancora una<br />

volta, interne al paradigma che ha generato il problema: soluzioni<br />

di mercato. Nel fatto che la disponibilità d’<strong>acqua</strong> dolce<br />

stia diminuendo a causa dell’inquinamento o, in alcune aree, a<br />

causa del cambio climatico, le multinazionali vedono un’occasione<br />

di profi tto: niente di meglio di una domanda in aumento<br />

e di un’offerta in diminuzione per far crescere il prezzo della<br />

merce–<strong>acqua</strong>.<br />

Purtroppo le “soluzioni” proposte alla crisi<br />

idrica globale e al caos climatico sono ancora<br />

quelle di mercato.<br />

http://unfccc.int<br />

www.ipcc.ch<br />

Acqua e clima: il lato “negativo”<br />

Ciclo idrico e sistema climatico sono oggettivamente interdipendenti.<br />

Di questa relazione è universalmente noto un solo<br />

lato, pur fondamentale: l’impatto negativo dei mutamenti climatici<br />

sulle risorse idriche. Il caos climatico sta provocando<br />

innanzitutto un mutamento del regime e della distribuzione<br />

delle piogge.<br />

Vi sono aree del pianeta in cui pioverà di più e aree in cui<br />

pioverà meno e –per uno scherzo del destino– “pioverà sul<br />

bagnato”: in zone già desertiche o siccitose le precipitazioni<br />

si ridurranno ulteriormente mentre aumenteranno in aree già<br />

piovose. È anche aumentata l’intensità delle precipitazioni:<br />

quand’anche piova annualmente la medesima quantità d’<strong>acqua</strong>,<br />

questa quantità sarà concentrata in periodi di tempo più brevi,<br />

con gravi effetti su territori già distrutti da deforestazioni e<br />

cementifi cazioni, dove l’<strong>acqua</strong> tende a scorrere sulla superfi cie,<br />

dilavando ulteriormente i suoli e non ripascendo le falde. Vi<br />

è anche un’intensifi cazione e un aumento della frequenza dei<br />

fenomeni metereologici estremi, come alluvioni, inondazioni<br />

o casi di siccità prolungata. In molte aree del sud del mondo<br />

tutto ciò porterà ad un gigantesco fenomeno di migrazione<br />

ambientale.<br />

Fra gli impatti negativi del riscaldamento globale sulle risorse<br />

idriche vi è poi la continua riduzione della criosfera: neve,<br />

ghiaccio e permafrost (suolo “perennemente” congelato). Lo<br />

scioglimento di ghiacciai e nevi perenni sta causando l’innalzamento<br />

del livello del mare. Gli effetti che lo scioglimento ha su<br />

fi umi e laghi –e sugli ecosistemi e le società che ne dipendono–<br />

sono gravi. Uno dei casi più noti riguarda le Ande boliviane,<br />

dove la temperatura è cresciuta di 0,15°C ogni dieci anni dagli<br />

anni Cinquanta. Gli scienziati dell’IPCC (Gruppo Consulente Intergovernativo<br />

sul Mutamento Climatico) prevedono il defi nitivo<br />

scioglimento dei ghiacciai andini nel prossimo decennio, mentre<br />

il ghiacciaio Chacaltaya è già scomparso. Le comunità indigene<br />

che dipendono totalmente dall’<strong>acqua</strong> dei ghiacciai (per<br />

bere, per lavarsi ma anche per un’economia basata sull’agricoltura<br />

e l’allevamento) stanno per essere cancellate e costrette ad<br />

emigrare nelle grandi città. Ancora una volta sono i popoli che<br />

hanno minori responsabilità nelle trasformazioni del sistema<br />

climatico a subirne le conseguenze peggiori.


n.470<br />

Acqua “per” il clima: il lato positivo.<br />

Tanto il Forum Mondiale dell'Acqua organizzato a Istanbul nel<br />

2009 –sostanzialmente guidato dalle multinazionali– quanto le<br />

negoziazioni della Conferenza Quadro delle Nazioni Unite sul<br />

Cambiamento Climatico (UNFCCC) vedono l'<strong>acqua</strong> come una<br />

delle protagoniste principali dei “meccanismi di sviluppo pulito".<br />

L'<strong>acqua</strong> è intesa come risorsa e mezzo per la produzione di energia<br />

pulita, attraverso il rilancio globale del grande idroelettrico,<br />

con il supporto della Banca Mondiale. Ci si è invece guardati<br />

bene dall'introdurre l'<strong>acqua</strong> in quanto tale, ossia la preservazione<br />

della risorsa e del ciclo idrico nella sua integrità, nonché il diritto<br />

all'<strong>acqua</strong> per l'intero mondo vivente all'interno del ciclo negoziale<br />

della UNFCCC, come i movimenti dell'<strong>acqua</strong> chiedevano ai<br />

governi.<br />

Occorre allora una “rivoluzione copernicana”: la preservazione<br />

del ciclo idrico –che implica la costruzione di un'altra economia–<br />

si rivela come un'importante “strategia di mitigazione", ossia in<br />

grado di intervenire sulle cause stesse del riscaldamento globale.<br />

Ciò signifi ca interrompere la depredazione, gli usi impropri e il<br />

sequestro di immense quantità d'<strong>acqua</strong>, oggi trasportate dai loro<br />

luoghi naturali (bacini fl uviali, lacustri e falde acquifere) verso<br />

zone lontanissime per alimentare la macchina industriale ed<br />

energetica, per consolidare un sistema agricolo idrovoro di tipo<br />

anno XLVI | novembre * dicembre 2010 7<br />

È necessario lavorare al ripascimento delle<br />

falde, alla depurazione e alla restituzione<br />

dell'<strong>acqua</strong> dolce agli ecosistemi originari.<br />

industriale e orientato all'esportazione, per fornire <strong>acqua</strong> a sistemi<br />

urbani sempre più grandi. A questa forma di diretto saccheggio<br />

della risorsa dagli ecosistemi si aggiunge una forma indiretta<br />

di inaridimento del territorio: la deforestazione e in generale la<br />

distruzione e l'impoverimento della vita vegetale, necessaria per<br />

il mantenimento del ciclo idrico nella sua forma naturale. Tutto<br />

questo rende i suoli incapaci di trattenere l'<strong>acqua</strong>, portando ad<br />

una modifi ca e a una diminuzione delle precipitazioni stesse sulle<br />

aree desertifi cate e impoverite. Il mondo vegetale si comporta<br />

come una sorta di spugna vivente, che fa sì che l'aria umida degli<br />

oceani venga catturata sulle terre emerse. Il mondo vegetale<br />

ha cioè un’infl uenza sul clima non solo per la sua capacità di<br />

immagazzinare Co 2 attraverso la fotosintesi ma anche perché è<br />

un regolatore del ciclo dell'<strong>acqua</strong> e dei fl ussi di energia che all'<strong>acqua</strong><br />

sono connessi. È necessario lavorare al ripascimento delle<br />

falde, alla depurazione e alla restituzione dell'<strong>acqua</strong> dolce agli<br />

ecosistemi originari. Occorre riforestare e restituire la vegetazione<br />

alle immense aree che abbiamo inaridito ma anche riprogettare<br />

le città e le abitazioni contemplando aree verdi, sistemi di immagazzinamento<br />

di <strong>acqua</strong> piovana, reti duali: solo una visione<br />

sistemica delle questioni globali ci porterà a rimuovere le cause<br />

del caos climatico ed ecologico e a costruire una società dei beni<br />

comuni.


8<br />

<strong>Pianeta</strong> <strong>acqua</strong><br />

di Rosario Lembo, Presidente Comitato Italiano Contratto Mondiale sull’Acqua<br />

L’<strong>acqua</strong> che utilizziamo non è solo quella che zampilla davanti ai nostri occhi. Qualsiasi nostra<br />

forma di consumo ha dietro di sé un utilizzo della risorsa. Soprattutto quella di cibo dal momento<br />

che l’agricoltura mondiale assorbe il 70% dell’insieme dei prelievi d’<strong>acqua</strong>. Ecco perché, anche da<br />

quello che mangiamo, deve passare una nuova consapevolezza per difendere le risorse idriche.<br />

È stato calcolato che tra il 2006 e il 2015, per raggiungere gli<br />

Obiettivi di Sviluppo del Millennio, sarebbe necessario realizzare<br />

una rete di tubazioni e acquedotti in grado di far accedere all'<strong>acqua</strong><br />

potabile circa 1,6 miliardi di persone e conseguentemente<br />

garantire l’accesso ai servizi igienici a 2,1 miliardi di persone.<br />

L’80% di queste persone risiede nelle regioni africane e asiatiche.<br />

Il costo per raggiungere questi obiettivi è stimato tra 51 e 102<br />

miliardi di dollari per garantire <strong>acqua</strong> potabile e solo tra i 24 e i<br />

42 miliardi di dollari per portare i servizi igienici a tutte le popolazioni<br />

povere.<br />

Concretizzare l’accesso all’<strong>acqua</strong> ed ai servizi sanitari per tutti gli<br />

abitanti del <strong>Pianeta</strong> Terra, soprattutto quelli più poveri, non solo<br />

garantirebbe la pacifi ca convivenza tra i popoli, ma determinerebbe<br />

una serie di effetti positivi che sono così quantifi cabili: le<br />

Agenzie Internazionali potrebbero risparmiare più di 7 miliardi<br />

di dollari all’anno; sul piano dell'istruzione e degli investimenti<br />

sulle future generazioni si registrerebbero più di 272 milioni di<br />

giorni di frequenza scolastico all’anno da parte delle bambine; sul<br />

piano della salute, più di 1,5 miliardi di giornate di buona salute<br />

per bambini con meno di 5 anni.<br />

La causa della scarsità delle risorse idriche risiede in alcuni specifi<br />

ci fattori come la crescita demografi ca, il cambiamento climatico<br />

e l’inquinamento crescente, ma soprattutto l’uso delle risorse<br />

disponibili e la mercifi cazione delle risorse idriche.<br />

La diffi coltà di accedere alle risorse idriche disponibili è determinata<br />

dalla loro non uniforme distribuzione, ma soprattutto<br />

dall’accentuarsi di alcuni fattori tra loro concatenati: la crescita<br />

demografi ca e della povertà, il basso livello degli investimenti<br />

messi a disposizione dell'accesso a risorse idriche sicure e della<br />

salvaguardia dell’ambiente (clima e inquinamento). Cerchiamo di<br />

approfondire brevemente alcune di queste cause. Si dice che il<br />

mancato accesso all’<strong>acqua</strong> sia dovuto a cause naturali, cioè all’iniqua<br />

e naturale distribuzione dell’<strong>acqua</strong> sulla Terra. Certamente<br />

è vero che a livello del <strong>Pianeta</strong> Terra oltre il 60% delle fonti<br />

d’<strong>acqua</strong> è localizzato in soli tredici Paesi che detengono il 64,4%<br />

delle risorse idriche mondiali rinnovabili (tra cui gli Stati Uniti,<br />

la Russia ed il Canada), mentre ottanta Paesi, che raggruppano il<br />

40% della popolazione mondiale, si devono confrontare con poche<br />

risorse e quindi una futura penuria idrica. Il mancato accesso<br />

all’<strong>acqua</strong> più che alle cause naturali e da imputare alla povertà. È<br />

nelle zone che hanno grandi disponibilità di risorse idriche –come<br />

Brasile e Sudafrica– che si registrano le più alte percentuali di<br />

popolazioni prive di accesso all’<strong>acqua</strong> potabile.<br />

www.contratto<strong>acqua</strong>.it<br />

www.fao.org<br />

È opportuno infatti ricordare che in Sudafrica oltre 600.000 agricoltori<br />

bianchi consumano il 60% delle risorse idriche del Paese,<br />

mentre 15 milioni di cittadini di colore non hanno accesso all’<strong>acqua</strong><br />

potabile. In Brasile, Paese che detiene l'11% delle risorse<br />

idriche di <strong>acqua</strong> dolce del <strong>Pianeta</strong> Terra, 45 milioni di persone<br />

non hanno accesso all’<strong>acqua</strong> potabile. In Sicilia o nel Sud Italia<br />

l’<strong>acqua</strong> è disponibile spesso in quantità superiore ai consumi, ma<br />

è conservata e gestita dalla mafi a con forti livelli di perdite.<br />

Sotto la spinta della crescita demografi ca e per effetto dei cambiamenti<br />

climatici le risorse idriche disponibili pro capite negli<br />

ultimi 54 anni si sono ridotte del 50% (da 16.800 m³ a 8.470 m³) e<br />

si prevede che nel 2025 si arriverà a 4.800 m³, che rappresentano<br />

solo il 57% delle attuali risorse attualmente accessibili.<br />

Bisogna però riconoscere che la fonte maggiormente responsabile<br />

della riduzione delle risorse idriche risiede nei modelli di sviluppo<br />

e soprattutto nel modello di agricoltura praticato.<br />

L’agricoltura mondiale assorbe infatti in media il 70% dell’insieme<br />

dei prelievi d’<strong>acqua</strong>, spesso fi no al 90% nei Paesi poveri, contro<br />

un prelievo del 20% dell’industria e un 10% per usi domestici.<br />

I sistemi di irrigazione agricola –soprattutto quelli richiesti dall’agricoltura<br />

intensiva– perdono in media il 40% dell’<strong>acqua</strong> che<br />

consumano e prelevano.<br />

La fonte maggiormente responsabile della<br />

riduzione delle risorse idriche risiede nei<br />

modelli di agricoltura intensiva e nei nostri<br />

consumi di cibo.<br />

www.waterfootprint.org


n.470<br />

L'International Food Policy Research Institute (Ifpri) prevede che<br />

agli attuali tassi di crescita demografi ca e di consumo idrico, entro<br />

il 2025 il fabbisogno di <strong>acqua</strong> aumenterà di oltre il 50%. Questo<br />

aumento andrà a scapito degli agricoltori, in particolare nel mondo<br />

in via di sviluppo, dove i raccolti dipendono molto più direttamente<br />

dalle irrigazioni rispetto al Nord America o all'Europa.<br />

La produzione del cibo per una famiglia richiede 70 volte la quantità<br />

di <strong>acqua</strong> degli usi domestici: è l'<strong>acqua</strong> consumata “virtualmente”<br />

dai principali cibi che mangiamo prima che arrivino nelle<br />

nostre tavole. Per produrre 1 Kg di riso ci vogliono 2.000–5.000<br />

litri. Per produrre 1 hamburger ce ne vogliono 11.000; per produrre<br />

1 Kg di pane ce ne vogliono 1.000, e così via.<br />

La responsabilità dell’agricoltura risiede: 1) Nei modelli intensivi;<br />

2) nella diffusione nel mondo da parte delle imprese multinazionali<br />

dell’agribusiness di colture altamente “idrovore” spesso<br />

prodotte per alimentare animali (polli, maiali, mucche); 3) coltivazioni<br />

estensive, molte volte anche biologiche, praticate al Nord<br />

ed esportate nei Paesi più poveri dei tre continenti, espropriando<br />

o comprando le terre dei contadini; 4) un'agricoltura sempre meno<br />

rispettosa dell’ambiente, con cicli produttivi dominati dalla<br />

chimica e un uso sfrenato di materiali pesanti (nitrati, piombo,<br />

mercurio, arsenico, ecc.).<br />

La responsabilità di questo modello produttivo si estende allo<br />

sfruttamento sempre più profondo delle falde freatiche (man mano<br />

che le acque di superfi cie e le falde più superfi ciali si inquinano).<br />

L’agricoltura non soltanto richiede di pompare le acque da<br />

falde sempre più profonde, ma sollecita la costruzione di grandi<br />

invasi e di dighe.<br />

Essi si diffondono sempre di più soprattutto in Cina, negli Stati<br />

Uniti, nell’ex Unione Sovietica, in Giappone ed India, per sfruttare<br />

l’<strong>acqua</strong> a fi ni agricoli o per produrre energia elettrica. È opportuno<br />

ricordarlo: ha comportato e causa l’allontanamento di un<br />

gran numero di persone (tra 30 a 60 milioni), danni irreversibili<br />

all’ambiente, grossi rischi come le inondazioni che hanno iniziato<br />

a colpire la Cina a partire dal 2000.<br />

Ci piace concludere questa rifl essione ricordando alcune citazioni<br />

di Vandana Shiva che tracciano quel percorso di rivoluzione<br />

culturale, lanciato nel 1998 dal <strong>Mani</strong>festo per un Contratto Mondiale<br />

dell’Acqua che è ancor oggi attuale e che deve essere messo<br />

in pratica.<br />

“Rimettere la gestione dell’<strong>acqua</strong> in mano ai cittadini e alle comunità<br />

locali, che possono essere i garanti della sua conservazione,<br />

anno XLVI | novembre * dicembre 2010<br />

"La soluzione alle disuguaglianze è la<br />

democrazia. La soluzione alla crisi dell’<strong>acqua</strong> è<br />

la democrazia ecologica”<br />

Nella foto:<br />

Vandana Shiva<br />

per trasmetterla alle generazioni future e per farla rimanere alla<br />

terra e a tutte le specie, cui in realtà appartiene”. Scrive ancora<br />

Shiva: “La soluzione alle disuguaglianze è la democrazia. La<br />

soluzione alla crisi dell’<strong>acqua</strong> è la democrazia ecologica”. Per<br />

costruire una democrazia ecologica globale bisogna partire dall’ecologia<br />

sociale, cioè dai comportamenti di ciascuno di noi in<br />

quanto cittadino.<br />

9


10<br />

<strong>Pianeta</strong> <strong>acqua</strong><br />

Giusto un anno fa Emilio Molinari, già<br />

parlamentare italiano ed europeo e uno dei<br />

più forti animatori del movimento mondiale<br />

per la difesa dell’<strong>acqua</strong>, vinceva il Premio<br />

letterario Elsa Morante per la Comunicazione<br />

Scientifi ca con il libro “Acqua, argomenti<br />

per una battaglia” edito da Punto Rosso. Un<br />

premio alla carriera di un personaggio che,<br />

dal suo impegno in fabbrica degli anni ’50,<br />

non è ancora stanco di costruire. Lo abbiamo<br />

incontrato per rifl ettere insieme a lui sul senso<br />

di questa battaglia.<br />

di Giulio Sensi<br />

Incontro Emilio Molinari nell'appartamento a Milano che condivide<br />

con la moglie Tina. È l'unico suo giorno libero di un novembre<br />

intensamente passato a presentare l'ultimo libro, scritto insieme<br />

al giornalista Claudio Jampaglia. Il titolo è “Salvare l'<strong>acqua</strong>". Capisco<br />

subito che la nostra non sarà un'intervista classica, ma un<br />

viaggio profondo e denso di spunti. Una chiacchierata si direbbe.<br />

E lui deliziosamente dedica ai lettori di <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> diverse ore, per<br />

spiegare che sì, ce la possiamo fare a salvare l'<strong>acqua</strong> dalle mire<br />

dei poteri economici, che intorno a questo impegno si gioca un bel<br />

pezzo delle nostre malandate democrazie.<br />

La prima domanda scatena una lucida analisi sul signifi cato di<br />

questa lotta. Perchè tanto impegno intorno all'<strong>acqua</strong>? “Il tema<br />

–risponde subito annotando su un foglio bianco i punti del suo<br />

ragionamento– è riuscito a essere un concentrato di quello che<br />

serve ad una nuova generazione di impegno politico. La narrazione<br />

intorno all'<strong>acqua</strong> come fonte di vita trova richiami in tutte<br />

le religioni, ogni civiltà è nata intorno a questo elemento. È un<br />

aspetto su cui si costruisce un immaginario. Ed era precisamente<br />

un elemento che alla fi ne del secolo scorso era stato perso. In<br />

secondo luogo –insiste Emilio– è uno strumento utilissimo di lettura<br />

dell'attualità: <strong>acqua</strong> come indicatore della sostenibilità del<br />

<strong>Pianeta</strong>, senza di cui è in discussione la vita stessa.<br />

È un tema che la gente riesce a vedere. Non è strano, ad esempio<br />

che ci siano molte persone anziane che si mobilitano. Gli anziani<br />

hanno più facilità a capire cosa è successo, come si è persa la<br />

risorsa, mentre i giovani spesso devono fare ancora questo passaggio,<br />

perchè l'hanno già ereditata contaminata di schifezze e di<br />

inquinamento. La condizione di precarietà dell'<strong>acqua</strong>, della scarsità<br />

della risorsa che comincia a farsi strada. Ne discende un terzo<br />

elemento: di fronte alla scarsità, la capacità di avere posto la<br />

questione della mercifi cazione. È un aspetto che va più in là della<br />

privatizzazione in senso stretto. Essere riusciti a dare la dimensione<br />

del problema: l'anonima multinazionale intoccabile che si sta<br />

prendendo l'<strong>acqua</strong> dei nostri territori. Invisibilmente".<br />

Qui capiamo come intorno a questo tema ne girino molti altri.<br />

“Se nel '900 il dibattitto politico ruotava intorno alla proprietà<br />

dei mezzi di produzione, oggi possiamo dire che il vero scontro<br />

si gioca sulla proprietà dei mezzi di riproduzione umana. Il capitalismo<br />

si sta appropriando delle fonti stesse della vita, della<br />

possibilità di riprodursi: <strong>acqua</strong>, semi, terra e anche aria per certi<br />

aspetti. Il contadino perde il suo ruolo, noi perdiamo il rapporto<br />

con l'<strong>acqua</strong>. L'altro dibattito, forte, è sui tempi: siamo stati abituati<br />

a ragionare su tempi non defi niti del cambiamento. Tutta<br />

l'umanità, nelle grandi correnti di cambiamento, ha sempre pensato<br />

alla lunga distanza. Per il socialismo era il sole dell'avvenire,<br />

per i cristiani il Regno di Dio in terra, per il capitalismo era lo<br />

Emilio Molinari|Acqua. Argomenti per una battaglia, Punto Rosso, 2007<br />

Alex Zanotelli|Giù le mani dall'<strong>acqua</strong>. Diario e ragioni di un impegno. Appelli 2006–2010, Emi 2010


n.470<br />

sviluppo dell'economia che avrebbe portato benessere anche ai<br />

più poveri. Oggi per defi nire un cambiamento abbiamo un tempo<br />

massimo di 40–50 anni. Questo rovescia la domanda: parliamo di<br />

cambiamento o di salvezza?".<br />

E sull'<strong>acqua</strong> c'è possibilità di vincere in tempi brevi? “Questo<br />

–risponde Emilio– è un elemento centrale. C'è la possibilità di fare<br />

delle conquiste. Si può affermare a livello istituzionale che l'<strong>acqua</strong><br />

è un diritto umano universale imprescindibile ed ineliminabile.<br />

Sono obiettivi concreti che vengono portati avanti sul piano<br />

locale, nazionale ed internazionale". Nel loro libro Molinari e<br />

Jampaglia fanno una preziosa ricostruzione storica delle politiche<br />

in Italia sulla gestione dell'<strong>acqua</strong>. Si scoprono cose interessanti:<br />

qualsiasi schieramento politico di governo aveva sempre difeso<br />

e promosso una gestione a servizio di tutta la collettività, dalla<br />

Destra storica a Giolitti, che istituì le municipalizzate dell'<strong>acqua</strong>,<br />

fece gli acquedotti e li fi nanziò. Anche il fascismo, nel 1928 li<br />

costruiva e ne faceva uno dei suoi fi ori all'occhiello. Poi i Padri<br />

Costituzionali. “Ci dimentichiamo spesso dell'articolo 43 della<br />

Costituzione –spiega Emilio–. Recita: ‘A fi ni di utilità generale<br />

la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante<br />

espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici<br />

o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese<br />

o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici<br />

essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed<br />

abbiano carattere di preminente interesse generale’”.<br />

Si pensava chiaramente all'energia elettrica, forse non passava<br />

per la testa che si potesse vendere l'<strong>acqua</strong>. Ma nel costituzionalista<br />

c'era l'idea della partecipazione, si andava anche oltre al pubblico–privato,<br />

a favore di gestioni ‘comunitarie’ come si direbbe<br />

oggi. Poi gli anni '90 con le nuove leggi sui servizi pubblici locali:<br />

si comincia a parlare di esternalizzazione, di sussidiarietà. Nel<br />

1994 la Legge Galli introduce le Società per Azioni miste, poi piano<br />

piano sempre più porte aperte al privato. Emilio su questo non<br />

ha dubbi. “C'è stata un'inversione del senso della missione della<br />

politica: prima voleva comunque garantire servizi e assumersene<br />

anno XLVI | novembre * dicembre 2010<br />

la responsabilità anche a costi enormi (si pensi all'acquedotto<br />

pugliese), oggi si limita a fornire al mercato nuove occasioni di<br />

profi tto”. Ma le persone non ci stanno facilmente. “I movimenti<br />

di tutto il mondo hanno saputo costruire una narrazione nuova<br />

su questo tema e rendere il diritto all'<strong>acqua</strong> e la sua difesa un<br />

orizzonte strategico".<br />

Allora passiamo alla proposta, perchè serve concretezza. Qual è<br />

la loro proposta? Di che tipo di gestione parliamo? “Sottraiamoci<br />

un attimo dal discorso se è meglio pubblico o privato –spiega<br />

ancora Emilio–. Parliamo di <strong>acqua</strong>: prendiamo principi e valori<br />

che erano nella politica del passato e che sono universali: l'<strong>acqua</strong><br />

va garantita come diritto umano a tutti. In secondo luogo<br />

il principio del risparmio: nessun soggetto privato è in grado di<br />

garantire il diritto e il risparmio, può certamente far funzionare<br />

bene un'azienda, ma non è in grado di garantirli. Il secondo problema<br />

riguarda l'effi cenza della gestione. Per l'<strong>acqua</strong> non esiste<br />

competizione, c'è solo un passaggio da un monopolio naturale<br />

gestito pubblicamente e localmente a un monopolio naturale gestito<br />

privatamente. Non è una privatizzazione qualsiasi, ma una<br />

mercifi cazione globale, si potrebbe semplifi care dicendo ‘tutti i<br />

rubinetti del mondo in mano alle multinazionali’. Terzo: non è<br />

mai dimostrato che pubblico non signifi ca capacità di gestire: nel<br />

nord Italia, a Milano, a Parigi è vero il contrario. In tutto il mondo<br />

non esiste esempio di gestione virtuosa del privato. Certo, esistono<br />

gestioni scorrette ed incapaci del pubblico, ma allora il punto<br />

è ragionare su come migliorarle. Eppoi: cosa resta ai territori se<br />

sottraiamo anche la gestione dei beni pubblici? Si afferma spesso<br />

‘padroni a casa nostra’, allora perchè accettare che venga sottratta<br />

la gestione dell'<strong>acqua</strong>? Per questo noi proponiamo una forma di<br />

gestione che garantisca gratuitamente a tutti il minimo bisogno<br />

(50 litri al giorno secondo le Nazioni Unite), introducendo il criterio<br />

del contatore per ogni famiglia, coinvolgendo ognuno nel<br />

risparmio. Così comincia a delinearsi una politica nuova che può<br />

anche prevedere forme di gestione comunitaria dei territori come<br />

accaduto in passato ed accade ancora oggi, forse le crisi attuali<br />

costringeranno anche a tornare a queste soluzioni". Sembra<br />

che il tempo, parlando con Emilio, debba non passare mai, che<br />

ogni parola riporti un signifi cato così profondo da essere nuovo e<br />

vincente quanto ancorato alla storia. O meglio a tutto ciò che di<br />

buono e costruttivo l'umanità è riuscita a realizzare. E può e deve<br />

continuare a farlo.<br />

11


12 <strong>Pianeta</strong> <strong>acqua</strong><br />

FAI LA DIFFERENZA<br />

di Silvia Russo<br />

Pesca motore di sviluppo<br />

La Guinea–Bissau è uno dei Paesi più poveri<br />

del mondo, al 175° posto su 177 nella<br />

classifi ca relativa all'indice di sviluppo<br />

umano. Di qui l’urgenza di mobilizzare<br />

tutte le risorse disponibili per migliorare<br />

il livello di vita delle popolazioni. Le<br />

attività generatrici di reddito si basano<br />

principalmente sullo sfruttamento delle<br />

risorse naturali, la risicoltura e la pesca. Il<br />

settore della pesca, in particolare, appare<br />

di estrema importanza per lo sviluppo socio–economico<br />

di un Paese in cui circa il<br />

70% della popolazione vive presso le zone<br />

costiere più ricche di pesci dell'Africa.<br />

www.manitese.it/progetti<br />

Le politiche nazionali della<br />

Guinea Bissau sostengono la<br />

pesca industriale piuttosto<br />

che quella artigianale.<br />

Ciò nonostante oggi questo settore rappresenta<br />

solo il 4% del prodotto interno lordo<br />

dello Stato, il che evidenzia la necessità di<br />

rinforzare le potenzialità nel settore, soprattutto<br />

nell'ambito della trasformazione<br />

e dell'esportazione del pescato.<br />

La produzione e la commercializzazione<br />

del pesce costituiscono dunque una sfi da<br />

economica importante per la Guinea Bissau,<br />

in quanto fattori essenziali per soddisfare<br />

i bisogni alimentari e le necessità<br />

proteiche della popolazione più vulnerabile,<br />

per la quale gli altri alimenti, e in<br />

particolare il riso, cibo base della dieta<br />

locale, diventano sempre più inaccessibili<br />

a causa dell’aumento dei prezzi.<br />

Le politiche nazionali a sostegno del settore<br />

pesca sono però piuttosto deboli e<br />

maggiormente orientate al sostegno della<br />

pesca industriale (ai fi ni dell’esportazione<br />

e a causa concessioni per lo sfruttamento<br />

delle risorse alieutiche ad attori internazionali)<br />

che alla promozione di un settore,<br />

quello artigianale, che può offrire benefi ci<br />

diretti alla popolazione locale.<br />

A causa degli scarsi investimenti da parte<br />

dello Stato, il settore sta vivendo un’evoluzione<br />

molto lenta e sono soprattutto i<br />

pescatori locali a esserne penalizzati, poiché<br />

privati dei mezzi necessari, della formazione<br />

e delle infrastrutture adeguate<br />

per poter migliorare la quantità e la qualità<br />

del pescato.<br />

Per contro, la pesca artigianale si sta sviluppando<br />

soprattutto grazie ai pescatori<br />

stranieri che si approvvigionano nelle<br />

acque della Guinea Bissau e rivendono<br />

i propri prodotti nei Paesi vicini. Inoltre<br />

l'uso di attrezzature non adeguate, anche<br />

da parte dei pescatori locali, fa si che una<br />

gran parte di ricchezza venga perduta e<br />

che l’ambiente messo in serio pericolo per<br />

l'assenza di norme a favore della protezione<br />

dell'ecosistema e della biodiversità.<br />

<strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong>, con il contributo dell'Unione<br />

Europea (che ha già co–fi nanziato un precedente<br />

progetto nello stesso settore), ha<br />

cercato, negli ultimi quattro anni, di promuovere<br />

lo sviluppo del settore della pesca<br />

artigianale nella regione del Tombali,<br />

lungo il Rio Cacine (una sorta di “rientranza”<br />

delle acque dell’oceano atlantico),<br />

prestando particolare attenzione alle tematiche<br />

ambientali. Con il nuovo progetto<br />

(n. 2204, sempre co–fi nanziato dall’Unione<br />

Europea, vedi scheda a fi anco) iniziato<br />

lo scorso aprile, <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> non solo sostiene<br />

le comunità di pescatori locali nello<br />

sviluppo delle attività ittiche necessarie<br />

al loro auto sostentamento (attraverso la<br />

formazione e la dotazione di attrezzatu-


n.470<br />

Progetto n° 2204 | Rio Cacine, Guinea–Bissau | ADIM | Importo 619.392 ¤<br />

Pesce fresco ai tropici<br />

Il progetto, del quale una breve scheda era già stata presentata<br />

nel numero di <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> di settembre–ottobre 2010, è la logica<br />

conseguenza di un precedente progetto pilota (n° 2125) che<br />

ha consentito di aumentare la produzione di pesce nel settore di<br />

Cacine e che ha dimostrato come quest’attività rappresenti un elemento<br />

fondamentale per lo sviluppo economico locale. Si tratta<br />

ora di consolidare sia dal punto di vista tecnico che organizzativo i<br />

risultati ottenuti. A benefi ciare direttamente di questo intervento<br />

saranno le famiglie di 900 pescatori e donne dedite alla lavorazione<br />

del pesce.<br />

re adeguate), ma appoggia interventi che<br />

assicurino un'effettiva conservazione e<br />

gestione delle risorse alieutiche e della<br />

protezione dell'ambiente circostante.<br />

Il progetto prende in considerazione la<br />

protezione degli habitat della pesca nell'ecosistema<br />

marino, come zone umide,<br />

mangrovie, lagune, zone di accrescimento<br />

e di riproduzione, e si impegna per proteggere<br />

tali habitat da distruzione, degrado,<br />

inquinamento e altri impatti signifi -<br />

cativi che sono il risultato delle attività<br />

umane e che minacciano la salute e la<br />

vitalità delle risorse della pesca. A questo<br />

scopo sono state portate avanti attività di<br />

lobbying per l'istituzione di una Riserva<br />

di Pesca nel Rio Cacine ed è in corso la<br />

realizzazione di un piano strategico per<br />

la gestione comunitaria della Riserva di<br />

Pesca, in collaborazione con l’UICN (International<br />

Union for Conservation of Nature)<br />

e l'IBAP (Instituto de Biodiversidade<br />

e Areas Protegidas). Il piano prevede la<br />

sensibilizzazione e l'organizzazione delle<br />

comunità locali allo scopo di garantire la<br />

protezione e il controllo delle attività di<br />

pesca.<br />

L’azione dei pescatori si svilupperà sotto<br />

due aspetti. Il primo è quello della sorveglianza<br />

in mare: pescatori volontari, durante<br />

le attività normali di pesca, effettueranno<br />

un monitoraggio, segnalando alle<br />

autorità competenti i comportamenti illegali<br />

come la presenza di imbarcazioni o<br />

CCP n° 291278 intestato a <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong><br />

Domiciliazione bancaria tramite RID<br />

tecniche di pesca proibite, etc. Il secondo<br />

consiste nel controllo sui luoghi di sbarco,<br />

che ricopre un insieme di attività, come la<br />

quantità di pesce che può essere pescata<br />

e il tipo di attrezzi utilizzati. Il controllo<br />

dell'attività si svolge sulla spiaggia o al<br />

porto o sul luogo di sbarco. Il controllo<br />

del rispetto delle regole è molto semplice<br />

e non necessita di attrezzatura specifi ca,<br />

sarà suffi ciente effettuare una sensibilizzazione<br />

adeguata e prevedere con le<br />

autorità competenti (FISCAP – Centro de<br />

Fiscalizaçao Maritima) una piccola remunerazione<br />

per i pescatori, garantita grazie<br />

al denaro proveniente dalle multe. Questa<br />

decentralizzazione permetterà inoltre allo<br />

Stato di concentrare i suoi sforzi e di risparmiare<br />

le sue risorse intervenendo solo<br />

in modo puntuale.<br />

anno XLVI | novembre * dicembre 2010<br />

Con 10 Euro<br />

fornisci una confezione di ami<br />

da pesca.<br />

Con 120 Euro<br />

acquisti un apparecchio radio VHF.<br />

Con 270 Euro<br />

partecipi all’acquisto<br />

del camion frigorifero<br />

(costo totale 27.000 Euro).<br />

www.manitese.it/progetti<br />

Il progetto vuole proteggere<br />

gli habitat della pesca e<br />

sorvegliare il mare per<br />

promuovere l'eliminazione<br />

di tecniche di pesca e<br />

imbarcazioni illegali.<br />

Parallelamente, il progetto si propone di<br />

riunire 1 o 2 volte all'anno un Comitato<br />

di Coordinamento formato dall'insieme<br />

degli attori coinvolti: rappresentanti dei<br />

gruppi, amministratori locali e responsabili<br />

del Ministero della Pesca, ma anche<br />

capi tradizionali, operatori economici<br />

privati, membri di Ong nazionali etc. È<br />

in questo Comitato di Coordinamento<br />

che verranno cercate soluzioni pratiche<br />

a problemi di valorizzazione del pescato<br />

e del controllo all'accesso alle risorse. In<br />

tal modo <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> promuove processi<br />

di sviluppo del settore ittico con modalità<br />

che ne garantiscono la sostenibilità a<br />

lungo termine mediante la conservazione,<br />

la gestione e lo sfruttamento delle risorse<br />

stesse. Si tratta di un approccio ecosistemico<br />

alla gestione della pesca che contribuisce<br />

all'effi cacia delle attività stesse<br />

e assicura un miglioramento delle condizioni<br />

socioeconomiche delle popolazioni<br />

impegnate nel settore ittico.<br />

Bonifico Bancario sul conto presso Banca Popolare Etica,<br />

codice IBAN IT 58 W 05018 01600 000000000040<br />

13


FAI LA DIFFERENZA<br />

Cari amici,<br />

tanto lavoro è stato fatto quest’anno grazie al vostro contributo. L’attività di sensibilizzazione<br />

sulle tematiche che ci stanno a cuore continua e i progetti nei Paesi proseguono a pieno<br />

ritmo. Siamo felici e orgogliosi di poter garantire alle donne, agli uomini e ai bambini con cui<br />

lavoriamo un futuro in cui sperare.<br />

Tuttavia molto ancora deve essere fatto. Ridurre la fame nel mondo e sostenere il diritto<br />

dei popoli a scegliere le proprie politiche agricole sono due facce della stessa medaglia, la<br />

sovranità alimentare, che <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> vuole sostenere anche in questo 2011. Per raggiungere<br />

questi traguardi è necessario molto lavoro e per superare i mille ostacoli che troveremo sul<br />

nostro cammino è importante sentirvi vicini e partecipi del nostro impegno.<br />

Ogni vostro contributo ci fornisce uno strumento in più con cui combattere la fame,<br />

contrastare le logiche di mercato che hanno affamato popolazione intere, fornire alle donne e<br />

agli uomini del Sud del mondo i mezzi necessari per garantire un futuro ai propri fi gli.<br />

Il 2011 è un anno ricco di obiettivi da realizzare, sono sicura che insieme a voi ci riusciremo.<br />

Leggi le pagine 28 e 29 per scoprire come puoi contribuire concretamente ai progetti in<br />

corso e tieniti informato sulle attività del prossimo anno attraverso il periodico, la newsletter<br />

e il sito www.manitese.it.<br />

Angela Comelli<br />

Coordinatrice generale<br />

Foto a sinistra:<br />

Visita del Presidente alla sede nazionale.<br />

Foto a fi anco:<br />

Visita di Ousainou Ngum del partner<br />

Acord.


n.470<br />

Dossier a cura Alberto Corbino, docente di Economia e Diritto Ambientale – Università Federico II di Napoli<br />

Leggendo con sguardo critico l’ultimo<br />

Rapporto sullo Stato mondiale della pesca<br />

e dell’<strong>acqua</strong>coltura redatto dalla Fao<br />

(disponibile gratuitamente in versione<br />

integrale in lingua inglese su Internet),<br />

balzano all'occhio alcuni dati. In primo<br />

luogo la scomparsa del pesce di cattura:<br />

dal 1970 al 2007 la percentuale di<br />

stock (quantità) ittici che risultavano<br />

sotto o poco sfruttati è passata dal 40<br />

al 20%; la percentuale di quelli sfruttati<br />

al massimo è rimasta costante del<br />

50%, mentre quella dei sovrasfruttati è<br />

di circa il 25–30%. Ciò signifi ca che oggi<br />

l’80% degli stock di pesce è a rischio<br />

estinzione. Sovrasfruttato signifi ca che<br />

si pesca una determinata specie senza<br />

dargli il tempo di sostituire l’esemplare<br />

catturato con un nuovo nato. Su questo<br />

equilibrio la mano dell’uomo grava<br />

direttamente, con la sua sovra–capacità,<br />

cioè una combinazione di eccesso di<br />

imbarcazioni e di tecniche di pesca altamente<br />

effi cienti. Ma l’uomo agisce anche<br />

indirettamente: i cambiamenti climatici<br />

stanno già modifi cando la distribuzione<br />

delle specie marine e di quelle d'<strong>acqua</strong><br />

dolce, infl uenzando la stagionalità dei<br />

processi biologici, alterando i sistemi<br />

alimentari marini e d'<strong>acqua</strong> dolce; le<br />

specie che vivono in acque calde vengono<br />

spinte verso i poli e stanno subendo<br />

cambiamenti nella riproduttività e nelle<br />

dimensioni degli habitat. Tutto questo<br />

comporta conseguenze imprevedibili per<br />

la produzione di pesce.<br />

In secondo luogo il pesce signifi ca anche<br />

lavoro: secondo la Fao oltre mezzo<br />

miliardo di persone nel mondo dipende<br />

dal settore ittico. Vi sono circa 43,5 milioni<br />

di persone (di cui l’86% in Asia)<br />

che partecipano direttamente (sia nella<br />

pesca che in <strong>acqua</strong>coltura). Altri 4 milioni<br />

sono impiegate nel settore su base<br />

occasionale. A questi vanno aggiunti gli<br />

occupati nel settore dell’indotto, e le famiglie<br />

di tutti coloro che nelle economie<br />

di base sono in qualche modo coinvolti<br />

nel settore delle produzioni ittiche. Pesce<br />

è anche sicurezza alimentare: fornisce<br />

ad oltre 2,9 miliardi di persone (il<br />

43% circa del totale della popolazione)<br />

almeno il 15% del loro consumo medio<br />

pro–capite annuale di proteine animali.<br />

Numerosi Paesi (tra cui Bangladesh,<br />

Cambogia, Sierra Leone, Gambia, Ghana,<br />

Indonesia) dipendono dal pesce per<br />

oltre il 50% dell’apporto giornaliero di<br />

proteine di origine animale, contro una<br />

media mondiale inferiore al 20%. Ciò,<br />

evidentemente, per una sana quanto<br />

forzata abitudine alimentare dovuta alla<br />

mancanza di fonti alternative.<br />

Si immagini cosa possa signifi care l’imprevedibilità<br />

per un Paese come il Perù,<br />

secondo produttore al mondo, i cui destini<br />

commerciali in questo campo sono<br />

affi dati alla specie più commercializzata<br />

in assoluto, l’acciuga. E cosa l'instabilità<br />

della risorsa pesce possa signifi care per<br />

le comunità rivierasche che dipendono<br />

prevalentemente dalla pesca.<br />

anno XLVI | novembre * dicembre 2010<br />

Nel mondo il consumo di pesce pro–capite<br />

registra un progressivo aumento,<br />

che si va comunque stabilizzando a causa<br />

dell’aumento percentuale di fonti alternative<br />

di proteine animali (con alcune<br />

eccezioni, come detto): da 16 kg/anno per<br />

abitante dal 2002 a 16,7 del 2006 (di cui<br />

il 40% da <strong>acqua</strong>coltura); tale aumento<br />

di domanda, moltiplicato per l’aumento<br />

della popolazione mondiale implica, come<br />

ovvio, una crescente pressione sugli<br />

stock selvatici, di cui si è già detto. La<br />

crescita esponenziale dell’<strong>acqua</strong>coltura<br />

ha aumentato il proprio peso sul totale<br />

del pesce prodotto dal 7% degli anni ’70<br />

a circa il 36% del 2006; la causa risiede<br />

nella tecnologia che ha consentito rese<br />

più alte e costi di produzione più bassi<br />

e delle contemporanea crisi della pesca.<br />

Una crescente presenza sul mercato<br />

mondiale di pesce proviene dall’Asia e<br />

in particolare dalla Cina che da sola fornisce<br />

il 40% circa del totale dei prodotti<br />

di pesca (20% circa) e <strong>acqua</strong>coltura (il<br />

67%). Lo scarso peso dell’Africa sul totale<br />

delle produzione mondiale (5,3%) e<br />

il più basso indice di produttività (pescato/uomo)<br />

è segno di bassa tecnologia. É<br />

africano, però, il 23,5% del pescato nelle<br />

acque interne (grazie principalmente alla<br />

regione del Lago Vittoria), produzione<br />

comunque trascurabile rispetto al totale.<br />

Oltre il 23% del pesce non è destinato al<br />

consumo umano, ma a produrre farina<br />

e olio di pesce destinati all’alimentazione<br />

animale, ivi inclusa l’<strong>acqua</strong>coltura; la<br />

percentuale del pescato non destinata al<br />

consumo umano sale al 35% se riferito<br />

in rapporto alla sola pesca. Il che signifi -<br />

ca che, oggi, un chilo di pesce su tre non<br />

viene pescato per nutrire direttamente<br />

l’uomo, e che il 47% (in pratica uno su<br />

due!) dei prodotti ittici destinati a consumo<br />

umano deriva dall’<strong>acqua</strong>coltura.<br />

15<br />

DOSSIER


16 <strong>Pianeta</strong> <strong>acqua</strong><br />

Considerato il declino degli stock ittici<br />

e la crescente domanda di pesce (pensiamo<br />

ad esempio all’aumento di ristoranti<br />

di sushi giapponese nelle nostre<br />

città), da più parti si suggerisce che l’<strong>acqua</strong>coltura,<br />

in rapida evoluzione in termini<br />

quantitativi e qualitativi, riuscirà a<br />

salvare “capre e cavoli”. Vale a dire che<br />

da un lato riuscirà a mantenere i posti<br />

di lavoro, almeno di chi lavora nel settore<br />

della trasformazione e della commercializzazione,<br />

poiché non sempre un<br />

pescatore può trasformarsi in allevatore;<br />

da un altro la maggior produzione di<br />

pesce allevato contribuirà ad allentare<br />

la morsa sugli stock ittici selvatici, facendoli<br />

ritornare popolosi e consentendo<br />

in futuro la ripresa di una pesca più<br />

sostenibile. In realtà, non è proprio così.<br />

Vediamo perché.<br />

Per far crescere di un chilo un gambero,<br />

un salmone, o altri pesci carnivori<br />

allevati, sono necessari tra i 2,5 e i 5<br />

kg di pesce selvatico. Per il tonno, si<br />

arriva anche a un rapporto di 1 kg a<br />

20: per ogni chilo di tonno allevato ne<br />

saranno stati pescati 20 di pesce minore,<br />

cioè di minor valore commerciale. La<br />

tecnologia sta lavorando per minimizzare<br />

questo rapporto: tra il 1997 e il<br />

2001 la tecnologia è riuscita a ridurre<br />

di circa il 25% la quantità di alimento<br />

animale (farina di pesce, pesce di scarto)<br />

necessaria a far accrescere un’unità di<br />

salmone allevato, sostituendola in parte<br />

con proteine di origine vegetale. Ma,<br />

nel contempo, la domanda pro–capite di<br />

salmone è cresciuta del 60%. Il risultato<br />

è un aumento notevole dell’allevamento<br />

di salmoni che ha vanifi cato totalmente<br />

www.fao.org/fishery/en<br />

The State of World Fisheries and Aquaculture (SOFIA) – www.fao.org<br />

l’effetto positivo dell’innovazione tecnologica,<br />

poiché la quantità di pesce<br />

trasformato in mangime per i salmoni è<br />

di conseguenza aumentata.<br />

Quindi, la tecnologia da sola non basta<br />

a ricomporre un equilibrio che si va<br />

comunque perdendo: è come svuotare<br />

un barca con una pompa di sentina<br />

che, seppur ad alta tecnologia, funziona<br />

al contrario, più si pompa più la barca<br />

di riempie, più si alleva più si pesca. E,<br />

pur ipotizzando che il bilancio fosse in<br />

pareggio, cioè che riuscissimo a riequilibrare<br />

la quantità di stock ittici selvatici<br />

perduti con gli stock allevati, dovremmo<br />

interrogarci sulla sostituibilità dei due<br />

addendi: il pesce è solo pesce, cioè è tutto<br />

uguale, oppure, al di là delle evidenti<br />

differenze in termini di caratteristiche<br />

organolettiche e merceologiche, il pesce<br />

ha un valore intrinseco differente?<br />

Se il pesce avesse uno stesso valore, allora<br />

staremmo semplicemente commettendo<br />

un errore di calcolo: usiamo da<br />

2,5 a 20 unità di prodotto A per produrne<br />

1 sola unità di prodotto B. Forse<br />

sarebbe più sensato pescare e vendere<br />

direttamente 1 di prodotto A, lasciando<br />

libere di riprodursi le altre 1,5–19 unità<br />

di prodotto B? Certo, ma sarebbe anche<br />

contrario alle leggi del mercato globale<br />

che vuole che alcuni prodotti siano<br />

più appetibili e quindi più commercializzabili,<br />

e quindi destinati a diventare<br />

agenti omologanti delle nostre abitudini<br />

alimentari, come il salmone e i gamberi<br />

tigre. Sui banchi del pescivendolo di<br />

quartiere a Napoli –segno evidente della<br />

confusione del mercato ittico– i tranci<br />

del tradizionale e selvatico pesce spada<br />

sono spesso accompagnati dai tranci di<br />

salmone, allevato in Cile, Norvegia o<br />

chissà dove.<br />

www.fao.org/fishery/glossary/en<br />

www.friendofthesea.org


n.470<br />

E se, andando oltre col nostro ragionamento,<br />

invece il pesce non avesse tutto<br />

lo stesso valore intrinseco? Allora sarebbe<br />

anche peggio, perché al danno dello<br />

spreco puro di risorsa (quelle 1,5 – 19<br />

unità di prodotto che abbiamo usato come<br />

farina di pesce e che invece avrebbero<br />

potuto essere utilizzate direttamente<br />

per l’alimentazione umana), aggiungeremmo<br />

un danno dovuto proprio al non<br />

riconoscimento di valore intrinseco di<br />

questa risorsa. Due piccoli esempi per<br />

spiegare meglio.<br />

Un salmone selvatico non è uguale ad<br />

un salmone di allevamento: il primo<br />

contribuisce al mantenimento di un ecosistema<br />

naturale e della relativa catena<br />

alimentare, il secondo è un elemento<br />

esterno dell’ecosistema che lo ospita (gli<br />

estuari dei fi umi) e spesso contribuisce<br />

al danneggiamento degli stock di salmone<br />

selvatico con gravi conseguenze<br />

sugli ecosistemi locali. È tristemente<br />

noto il caso del pidocchio di mare nella<br />

British Columbia che, proliferando negli<br />

allevamenti di salmone, aggredisce gli<br />

esemplari giovani che tornano al mare,<br />

decimandoli prima che si possano<br />

riprodurre. Oggi il ritmo di distruzione<br />

è tale da minacciare la sopravvivenza<br />

stessa delle popolazioni selvatiche. Il<br />

forte impatto ambientale è tipico della<br />

maggior parte degli allevamenti intensivi,<br />

tipico anche delle specie carnivore,<br />

in cui tutto il cibo è fornito in maniera<br />

artifi ciale. Si pensi ancora all’altro caso<br />

noto delle foreste di mangrovia distrutte<br />

per far posto all’allevamento intensivo<br />

dei gamberi, altra specie molto commercializzata.<br />

La distruzione di questo<br />

habitat naturale comporta conseguenze<br />

gravissime, come l’infi ltrazione di <strong>acqua</strong><br />

di mare nelle falde acquifere, la perdita<br />

di riparo da tsunami e maree, quel-<br />

la di biodiversità per la pesca di specie<br />

autoctone. In poche parole, dove arriva<br />

l’industria del gambero, dopo un primo<br />

periodo di euforia economica (quando<br />

c’è, perché non di rado l’insediamento<br />

è sinonimo di espropriazione di terreni),<br />

la popolazione locale si trova ad affrontare<br />

la distruzione del proprio sistema<br />

ambientale ed economico di riferimento<br />

e spesso l’unica soluzione è andare ad<br />

ingrossare le fi la dei cosiddetti profughi<br />

ambientali.<br />

Il secondo esempio riguarda quella maggior<br />

parte di pesci che fi niscono per diventare<br />

farina o olio di pesce: sono i<br />

“minori”, così detti proprio perché non<br />

hanno valore commerciale; ma essi sono<br />

invece alla base del sostentamento di<br />

molte popolazioni rivierasche in tutto<br />

il mondo (sia in mare che nelle acque<br />

interne). Il progressivo impoverimento<br />

di questi stock ittici incide direttamente<br />

e profondamente sulla dieta proteica<br />

giornaliera di queste popolazioni (4 milioni<br />

di persone circa secondo le stime<br />

Fao), nonché sulla cultura locale di intere<br />

comunità presso le quali la pesca è<br />

praticata in maniera non professionale,<br />

anno XLVI | novembre * dicembre 2010<br />

ma dove costituisce appunto un modo<br />

spontaneo di approvvigionarsi di proteine.<br />

Per queste popolazioni il danno<br />

economico è doppio: dovranno spendere<br />

denaro per acquistare altrimenti le proteine<br />

e perderanno una parte determinante<br />

della loro identità culturale.<br />

L’<strong>acqua</strong>coltura, quindi, può essere la<br />

causa principale di tali danni: direttamente,<br />

come si è detto, perché richiede<br />

farina e olio di pesce in grande quantità;<br />

indirettamente perché spesso l’introduzione<br />

artifi ciale in alcuni ecosistemi di<br />

specie alloctone più facilmente commercializzabili<br />

può causare l’estinzione di<br />

specie autoctone che prima stavano alla<br />

base dell’alimentazione e dell’economia<br />

di numerose popolazioni rivierasche (è<br />

quanto è accaduto, ad esempio, con la<br />

tilapia del Nilo nel lago Vittoria). Ovviamente<br />

ciò è anche causa di perdita di<br />

biodiversità non solo dal punto di vista<br />

ittico. A sua volta infatti sarà causa di<br />

altre modifi cazioni degli equilibri ambientali<br />

che avranno ripercussioni sull’uomo,<br />

in particolare su quelle comunità<br />

la cui economia è ancora molto basata<br />

sugli ecosistemi naturali.<br />

17<br />

DOSSIER


18 <strong>Pianeta</strong> <strong>acqua</strong><br />

A conclusione di questo discorso e delle<br />

critiche all’<strong>acqua</strong>coltura come panacea<br />

di tutti i mali, va però detto che, come<br />

si dice a Napoli, non si può fare “di tutte<br />

le alici un coppetiello”, ed è pertanto<br />

necessario operare dei distinguo. Esistono,<br />

da noi come all’estero, esempi di <strong>acqua</strong>coltura<br />

ben fatta, soprattutto in caso<br />

di allevamenti di tipo estensivo in cui i<br />

pesci prendono il nutrimento dal sistema<br />

naturale nel quale sono confi nati. La<br />

vallicoltura, il sistema più tradizionale,<br />

rappresenta un patrimonio paesaggistico<br />

unico in Italia e ha un ruolo fondamentale<br />

per la conservazione degli ecosistemi<br />

delle zone umide costiere. Inoltre<br />

esiste un fi orente mercato di prodotti di<br />

<strong>acqua</strong>coltura biologica certifi cata, anche<br />

nel nostro Paese. Come consumatori, oltre<br />

che incrementare l’acquisto di pesce,<br />

che fa bene alla salute, possiamo orientare<br />

la nostra spesa ed essere consumatori<br />

consapevoli e responsabili.<br />

www.greenpeace.org/international/seafood<br />

www.slowfish.it<br />

Ecco alcune idee:<br />

ACQUISTARE PESCE<br />

DEL LUOGO,<br />

a chilometri zero, in mercati locali, supportando<br />

le economie del territorio. Ad<br />

esempio, comprando pesce azzurro nei<br />

tanti mercati e nelle pescherie delle città<br />

di mare;<br />

RINUNCIARE<br />

A SCEGLIERE I PRODOTTI<br />

SOLO IN BASE<br />

AL MIGLIOR PREZZO<br />

o ad aspetti esterni (come la confezione)<br />

o pratici (quando sono cibi precotti),<br />

informandoci invece sulle reali caratteristiche<br />

dei prodotti, leggendo bene l’etichetta<br />

e andando anche “dietro l’etichetta”,<br />

informandoci cioè sull’azienda e sui<br />

metodi di produzione;<br />

Mangiamoli giusti<br />

La guida “Mangiamoli giusti” è stata elaborata<br />

da Slow Food, che da tempo si dedica alla<br />

promozione di modi consapevoli, ma sempre<br />

piacevoli, di mangiare, perché anche da questi<br />

dipendono la qualità della nostra vita e<br />

la salute del pianeta. Un’attenzione speciale<br />

Slow Food la dedica al mondo ittico, perché<br />

le condizioni dei mari e delle diverse specie<br />

di pesci sono particolarmente critiche. “Mangiamoli<br />

giusti“ è scaricabile gratuitamente<br />

dal sito di Slow Food e svela tutte le curiosità<br />

sul “pesce di tutti i giorni“.<br />

www.slowfood.com/slowfi sh/fi lemanager/<br />

guide/guida_ITA_bassa.pdf<br />

PREMIARE IL MERCATO<br />

DELLA SOSTENIBILITÀ,<br />

acquistando prodotti di qualità e a forte<br />

densità di lavoro, artigianali, che siano<br />

biologici o meno, anche rinunciando ad<br />

acquistarne quantità maggiori per compensare<br />

un prezzo unitario più alto;<br />

ACQUISTARE PESCE<br />

DAL MINOR VALORE<br />

COMMERCIALE,<br />

buono e sano comunque, ed anche meno<br />

caro;<br />

DENUNCIARE<br />

–Ma sì, non perdiamo questo sano diritto/dovere!–<br />

truffe e cattive pratiche.


n.470<br />

di Luca Martinelli, Altreconomia<br />

Tonno superabile<br />

Le scatolette e i vasetti di tonno valgono<br />

20 miliardi di Euro all'anno a livello<br />

mondiale. In Italia ne consumiamo oltre<br />

140mila tonnellate, producendone circa<br />

100mila (per un fatturato che supera i 500<br />

milioni di euro all'anno).<br />

A fi nire nelle confezioni è tonno “pinna<br />

gialla”. Quello “rosso”, più pregiato e<br />

a rischio, viene consumato in Giappone,<br />

sotto forma di sushi. I numeri della pesca<br />

di tonno nel Mar Mediterraneo rendono<br />

l'idea di una strage: secondo il Wwf, che<br />

ha analizzato la situazione nel rapporto<br />

“Race for the last bluefi n”, la fl otta di tonnare<br />

volanti che insiste sul Mediterraneo<br />

ha una capacità di cattura complessiva<br />

pari a 55mila tonnellate, un valore doppio<br />

rispetto alla quota fi ssata dall’Iccat, la<br />

Commissione Internazionale per la Conservazione<br />

dei Tonni dell’Atlantico e del<br />

Mediterraneo (www.iccat.int), e 4 volte<br />

più grande di quella raccomandata dalla<br />

comunità scientifi ca.<br />

Nell'estate del 2010 il giornalista Adriano<br />

Marzi ha partecipato ad una battuta di<br />

pesca illegale al tonno. Ha descritto così<br />

(Altreconomia 119, settembre 2010) lo<br />

www.paoloilpescatore.it<br />

www.gasmilano.org<br />

“spettacolo” sul ponte dell'imbarcazione<br />

al momento di tornare in porto: “I tonni<br />

rossi sono una dozzina, ma soltanto una<br />

stretta minoranza ha le dimensioni che<br />

connotano la maturità sessuale (circa un<br />

metro di lunghezza e 18 chilogrammi di<br />

peso). Gli altri non hanno fatto in tempo<br />

a contribuire alla continuazione della<br />

propria specie. I miei gentili ospiti sono<br />

pirati. Il metodo di pesca che utilizzano<br />

è illegale. Un’illegalità diffusa tra i loro<br />

colleghi e tollerata a livello istituzionale,<br />

come dimostra la mancanza di controlli e<br />

indirizzo al settore. Lo strumento a bordo<br />

è la “ferrettara”, una rete derivante con<br />

una maglia di 18 centimetri. Per legge dovrebbe<br />

essere lunga al massimo 2 chilometri<br />

e mezzo (la nostra ne misura 7), ed<br />

essere impiegata entro le 10 miglia di distanza<br />

dalla costa (peschiamo a 32 miglia<br />

da Ischia). Ma soprattutto chi ha la licenza<br />

per questo tipo di rete potrebbe pescare<br />

soltanto specie come palamita, lampuga,<br />

sgombro e alcune qualità minori di tonno<br />

(alalonga, allitterato). Una pesca che non<br />

sarebbe in grado di garantire alcun profi<br />

tto a chi la praticasse nel rispetto delle<br />

regole”.<br />

www.altreconomia.it<br />

anno XLVI | novembre * dicembre 2010<br />

Se questo è il “mercato”, prima di consumare<br />

tonno è opportuno consultare la<br />

guida “Tonno in trappola”, pubblicata<br />

ogni anno da Greenpeace. Secondo i dati<br />

raccolti dall'organizzazione ambientalista,<br />

tra l'altro, i metodi di pesca praticati<br />

comportano uno spreco ogni anno di<br />

almeno 100mila tonnellate di pesce, che<br />

dopo esser stato pescato viene ributtato<br />

in mare morto. Ma le alternative ci sono<br />

e consistono nel consumare meno tonno<br />

e orientare le proprie abitudini alimentari<br />

verso altri pesci più “sostenibili”. Come<br />

hanno fatto i Gruppi d'Acquisto Solidale<br />

di Milano con il progetto “Pesce d'Aprile”:<br />

l'obiettivo è rifornirsi da chi pratica nel<br />

Mar Tirreno (di fronte al parco naturale<br />

della Maremma) pesca “sostenibile”. Sia<br />

pescato con metodi tradizionali, e con<br />

giusta retribuzione al lavoro del pescatore,<br />

sia con strumenti non invasivi quali<br />

reti da posta, palangari e nasse. In questo<br />

modo, grazie anche alla misura delle<br />

reti, si garantisce il rispetto delle norme<br />

sulla stagionalità e la misura minima del<br />

pescato. Fra i pescatori che hanno accettato<br />

la sfi da, Paolo Fanciulli che da tempo<br />

combatte quotidianamente contro la pesca<br />

illegale a strascico sottocosta.<br />

19<br />

CON I NOSTRI SOLDI


20 <strong>Pianeta</strong> <strong>acqua</strong><br />

CAMPAGNE<br />

di Luca Faenzi, Ufficio stampa Comitato Promotore Referendum<br />

Un referendum<br />

per riprenderci l'<strong>acqua</strong><br />

Quasi un milione e mezzo di italiani e di<br />

italiane hanno fi rmato in sostegno dei<br />

tre referendum per la ripubblicizzazione<br />

dei servizi idrici. Per richiedere un referendum<br />

bastano cinquecentomila fi rme, i<br />

movimenti che appoggiano i referendum<br />

hanno moltiplicato per tre la cifra necessaria,<br />

per dire che l'<strong>acqua</strong> non si vende,<br />

che è un bene primario fondamentale per<br />

la vita e che come tale non può essere<br />

messo nelle mani di chi ne vuole ricavare<br />

profi tto. Mai una raccolta fi rme aveva<br />

ottenuto tanto, un dato che fa ben sperare<br />

per l'appuntamento con le urne della<br />

prossima primavera.<br />

Da fi ne aprile a luglio 2010 migliaia e migliaia<br />

di banchetti di raccolta fi rme sono<br />

comparsi nelle piazze italiane. In quelle<br />

delle grandi città, nelle provincie, nei<br />

paesini, nelle comunità più lontane dalle<br />

decisioni della politica. E ancora: lungo<br />

le strade del Giro d'Italia, nelle feste paesane,<br />

nelle feste di matrimonio, durante<br />

le manifestazioni, fuori dai concerti<br />

e dagli spettacoli teatrali. Un'iniziativa<br />

politica che parte dal Forum Italiano dei<br />

Movimenti per l'<strong>acqua</strong> e che si allarga<br />

ad un più ampio comitato promotore in<br />

rappresentanza della più grande coalizione<br />

sociale mai messa in piedi in questo<br />

Paese. Un referendum che nasce dai<br />

cittadini, dalle associazioni, dai comitati<br />

territoriali e che ha messo insieme decine<br />

di realtà dal mondo cattolico a quello<br />

movimentista, dalle organizzazioni sindacali<br />

a quelle ambientaliste. I cittadini<br />

si sono riappropriati della politica e ne<br />

hanno infl uenzato i tempi e le scadenze.<br />

Senza grandi media alle spalle e con un<br />

budget limitato, hanno imposto l'agenda<br />

politica, portando al centro del dibattito il<br />

tema dell'<strong>acqua</strong>. I pochi partiti che hanno<br />

appoggiato la campagna referendaria si<br />

sono raggruppati in un comitato di sostegno.<br />

Il referendum dei record, quello sull'<strong>acqua</strong><br />

è, a tutti gli effetti, un'iniziativa<br />

che parte dalla base, dai cittadini e non<br />

dai politici.<br />

Per informazioni e sostegni: www.<strong>acqua</strong>benecomune.org<br />

1,5 milioni di italiani hanno<br />

fi rmato per liberare i servizi<br />

idrici dalla privatizzazione.<br />

Come è stata possibile una mobilitazione<br />

così generalizzata? Il Forum Italiano dei<br />

Movimenti dell'<strong>acqua</strong> è una realtà con<br />

solide basi, è nato nel 2005 in risposta alle<br />

prime esperienze di privatizzazione dei<br />

servizi idrici. Sia a livello territoriale che<br />

a livello nazionale il Forum si è speso in<br />

difesa dell'<strong>acqua</strong> pubblica e contro la cessione<br />

agli interessi privati di questo bene<br />

comune. Ovunque si procedesse verso la<br />

privatizzazione dei servizi idrici e ovunque<br />

se ne corresse il rischio, sono nati spontaneamente<br />

comitati territoriali che sono<br />

diventati lo scheletro del Forum nel territorio.<br />

Negli anni si sono susseguite moltissime<br />

battaglie a tutti i livelli: comuni,<br />

province, regioni, fi no alla presentazione<br />

di una richiesta di legge di iniziativa popolare,<br />

nel 2008, a favore dell'<strong>acqua</strong> pubblica<br />

e con oltre quattrocentomila fi rme di<br />

sostegno (proposta di legge che giace, per<br />

responsabilità bipartisan, in qualche cassetto<br />

della Commissione Ambiente della<br />

Camera dei Deputati). Poi l'accelerazione<br />

più decisa verso la privatizzazione, con il<br />

cosiddetto decreto Ronchi. Una normativa<br />

che rende obbligatoria la privatizzazione<br />

dei servizi idrici, che precedentemente era<br />

solo una possibilità. Di qui la necessità di<br />

fermare, in modo defi nitivo, il processo di<br />

privatizzazione attraverso una campagna<br />

referendaria. Un gruppo di giuristi di alto<br />

livello, tra cui Stefano Rodotà, si mettono<br />

a lavorare ed elaborano i tre quesiti<br />

referendari che, oltre al Decreto Ronchi,<br />

vogliono abrogare anche due norme approvate<br />

dai governi di centrosinistra e che<br />

spalancavano le strade alla privatizzazione<br />

dell'<strong>acqua</strong>.<br />

Così è partita la sfi da referendaria. Dopo<br />

la straordinaria fase di raccolta fi rme che<br />

ha visto sotto la pioggia e sotto il sole<br />

migliaia di volontari ai banchetti di raccolta<br />

fi rme, siamo adesso nel pieno dell'iter<br />

giuridico referendario. Una volta che<br />

le fi rme saranno state conteggiate dalla<br />

Corte di Cassazione, la palla passerà alla<br />

Corte Costituzionale che ne giudicherà la<br />

correttezza dei quesiti. Dopo ancora verrà<br />

fi ssata la data del voto, compresa tra<br />

il 15 marzo e il 15 giugno 2011. Il tempo<br />

stringe. Il Decreto Ronchi predispone<br />

infatti delle scadenze ben precise per la<br />

privatizzazione dei servizi idrici. Alcuni<br />

obblighi di assegnazione scadono infatti<br />

alla fi ne del 2010. Per questo il comitato<br />

promotore dei referendum ha predisposto<br />

una richiesta urgente di moratoria: si<br />

chiede alle forze politiche e istituzionali<br />

di sospendere tutti gli atti che vanno nella<br />

direzione della privatizzazione, almeno<br />

fi no a quando il popolo italiano non si sia<br />

espresso in merito.<br />

La sfi da che ci aspetta è diffi cilissima e stimolante.<br />

Si tratta di raggiungere il quorum<br />

dei votanti, senza il quale il referendum<br />

non avrebbe valore. È un obiettivo che<br />

nessun comitato promotore ha raggiunto<br />

negli ultimi due decenni. Siamo convinti<br />

che, se c'è un tema che può farcela, che<br />

può convincere i cittadini ad andare alle<br />

urne e votare sì, è proprio quello dell'<strong>acqua</strong>:<br />

un bene di cui non possiamo fare a<br />

meno e che nessuno può tollerare possa rispondere<br />

solo alle logiche di mercato. L'<strong>acqua</strong><br />

è un bene di tutti e il Comitato Promotore<br />

dei referendum vuole che torni di<br />

tutti, cioè in mano al pubblico. Il pubblico<br />

che abbiamo in mente non è un costoso e<br />

ineffi ciente carrozzone, ma è un gestore di<br />

Il cosiddetto decreto Ronchi<br />

è la normativa italiana<br />

che ha reso obbligatoria la<br />

privatizzazione dei servizi<br />

idrici. Il principale obiettivo<br />

dei referendum è la sua<br />

abrogazione.


n.470<br />

Cosa cambia con i tre quesiti<br />

Il primo dei tre quesiti propone l’abrogazione<br />

dell’art. 23 bis (dodici commi) della Legge<br />

n. 133/2008, relativa alla privatizzazione dei<br />

servizi pubblici di rilevanza economica che<br />

stabilisce come modalità ordinarie di gestione<br />

del servizio idrico l’affi damento a soggetti privati<br />

attraverso gara o l’affi damento a società<br />

a capitale misto pubblico–privato, all’interno<br />

delle quali il privato sia stato scelto attraverso<br />

gara e detenga almeno il 40%. Tale norma<br />

mette sul mercato le gestioni dei 64 Ato, Ambiti<br />

Territoriali Ottimali, (su 92) i quali o non<br />

hanno ancora proceduto ad affi damento, o<br />

hanno affi dato la gestione del servizio idrico<br />

a società a totale capitale pubblico.<br />

Il secondo quesito propone l’abrogazione<br />

dell’art. 150 (quattro commi) del D. Lgs. n.<br />

152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente), relativo<br />

ala scelta della forma di gestione e procedure<br />

di affi damento per il servizio idrico integrato.<br />

L’abrogazione di questo articolo non consentirebbe<br />

più il ricorso né alla gara, né all’affi -<br />

damento della gestione a società di capitali,<br />

favorendo il percorso verso l’obiettivo della<br />

ripubblicizzazione del servizio idrico, ovvero la<br />

sua gestione attraverso enti di diritto pubblico<br />

con la partecipazione dei cittadini e delle comunità<br />

locali.<br />

Il terzo abrogherebbe l'art. 154 del Decreto<br />

Legislativo n. 152/2006 (cosiddetto Codice<br />

dell’Ambiente), solo per la parte del comma 1<br />

che dispone che la tariffa per il servizio idrico<br />

è determinata tenendo conto dell’ “adeguatezza<br />

della remunerazione del capitale investito”.<br />

Abrogando questa parte dell’articolo sulla<br />

norma tariffaria, si eliminerebbe il “cavallo di<br />

Troia” che ha aperto la strada ai privati nella<br />

gestione dei servizi idrici.<br />

anno XLVI | novembre * dicembre 2010<br />

servizi moderno, intelligente, partecipato<br />

dalle comunità dei cittadini. Un pubblico<br />

che sappia intervenire sulle reti, diminuire<br />

gli sprechi, educare i cittadini al risparmio<br />

di un bene fondamentale per l'umanità.<br />

Dovunque il privato abbia preso in mano<br />

la distribuzione dell'<strong>acqua</strong> il risultato è<br />

stato: tariffe più alte, investimenti scarsi,<br />

qualità del servizio mediocre, cittadini inferociti.<br />

Molto semplicemente: chi persegue<br />

logiche di profi tto non può gestire un<br />

bene fondamentale come l'<strong>acqua</strong>.<br />

A dicembre torneremo nelle piazze e nelle<br />

strade, per portare all'attenzione dei cittadini<br />

la necessità del provvedimento di moratoria<br />

e per sensibilizzarli agli imminenti<br />

referendum. In centinaia di città verranno<br />

organizzati eventi e iniziative, verrà distribuito<br />

materiale informativo. Stiamo<br />

tornando in piazza, per dire ancora una<br />

volta che l'<strong>acqua</strong> non si vende.<br />

21


22 <strong>Pianeta</strong> <strong>acqua</strong><br />

VOLONTARIATO<br />

di Roberto Cirillo, Gruppo <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> di Napoli<br />

A Napoli<br />

con Zanotelli<br />

e il Gas di<br />

Averno<br />

Gli interessi sottesi all’industria agroalimentare<br />

sono molto forti, grande la loro responsabilità<br />

e tanti i diritti suscettibili di essere<br />

intaccati: per questo <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> ha lanciato<br />

questa campagna, che la vedrà impegnata<br />

per i prossimi tre anni, tesa a sostenere il<br />

diritto di tutti i popoli alla sovranità alimentare,<br />

ovvero il diritto a decidere autonomamente<br />

le proprie politiche alimentari<br />

e combattere la fame e la povertà attraverso<br />

il rafforzamento dei mercati locali. Ci siamo<br />

preparati per la due giorni già da tempo. La<br />

nostra formazione interna è cominciata sin<br />

dai giorni del campo estivo, con gli incontri<br />

con i produttori locali e il loro antico sapere,<br />

sempre più in declino. Il discorso è proseguito<br />

nella scuola politica nell’ambito di<br />

<strong>Mani</strong>FestaTi, con gli incontri coi capoarea di<br />

<strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> che ci hanno fornito il polso della<br />

situazione nei vari continenti, dimostrandoci<br />

quanto i primi a necessitare di un’educazione<br />

alimentare fossimo proprio noi europei.<br />

Il mattino del 16 ottobre ci ha visti impegnati<br />

a “occupare” con la nostra presenza<br />

la piazza antistante la nostra sede, Piazza<br />

Cavour. Abbiamo allestito una sessione<br />

straordinaria di mercatino dell’usato, per<br />

diffondere la buona pratica del riutilizzo e<br />

uno stile di vita all’insegna della sobrietà e<br />

meno improntato all’usa&getta (per abbattere<br />

il nostro impatto sull’ambiente, già così<br />

straziato dall’emergenza rifi uti), oltreché per<br />

Cibo per il pianeta<br />

Fra ottobre e novembre <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> è scesa nelle piazze italiane con<br />

decine di eventi della campagna Food For World, avviando un percorso<br />

triennale di sensibilizzazione e mobilitazione verso la sovranità<br />

alimentare. Abbiamo scelto di raccontarvi e mostrarvi le immagini di<br />

quattro fra le moltissime azioni che hanno animato la campagna.<br />

sostenere i nostri progetti nei Paesi alla periferia<br />

del mondo, appunto, per la sovranità<br />

alimentare. Affi anco, abbiamo imbandito<br />

una tavolata con prodotti equosolidali e<br />

cartelli che ne illustravano la provenienza.<br />

I volontari si avvicendavano nel sensibilizzare<br />

gli avventori sulle motivazioni che<br />

spingono ad un consumo consapevole e<br />

responsabile, passando dal km 0 alla fi liera<br />

corta, dal biologico al salario che garantisca<br />

un tenore di vita dignitoso lungo tutti<br />

i passaggi del prodotto. Quando il tempo<br />

non ce l’ha più consentito, siamo passati<br />

all’interno, dove abbiamo pranzato tutti<br />

insieme e dato il la ad una tavola rotonda<br />

cui hanno contribuito Alex Zanotelli, Francesca<br />

Calza, dell’Uffi cio Gruppo e Volontariato,<br />

e il nostro presidente, il prof. Renato<br />

Briganti. Lo scambio di opinioni e punti di<br />

vista, in merito all’industrializzazione del<br />

cibo, ai meccanismi del nostro modello di<br />

sviluppo, ai costi del nostro stile di vita<br />

che i popoli più indifesi pagano per noi, è<br />

stato valorizzante per tutti i partecipanti.<br />

Il giorno seguente, il tempo ci ha arriso, e<br />

così abbiamo potuto partecipare all’iniziativa<br />

“Mercato senza Mercanti”, in quel del Lago<br />

D’Averno. Nella splendida cornice offerta<br />

dal cono del vulcano, fra i resti archeologici<br />

della Sibilla cumana, varie realtà si sono<br />

chiamate a raccolta per conoscersi e confrontarsi.<br />

A parte avere l’opportunità di fare<br />

una spesa giusta e all’antica, relazionandosi<br />

direttamente col produttore, abbiamo avuto<br />

modo di diffondere anche qui i valori sottesi<br />

al commercio equosolidale e lanciare<br />

la campagna Food For World. È seguito un<br />

incontro col presidente dell’Aiab Campania,<br />

Salvatore Basile, aperto a tutti coloro<br />

che sono accomunati dalla sensibilità verso<br />

Il cibo che vorrei, scaricabile da www.manitese.it/100piazze<br />

<strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> numero 469, settembre – ottobre 2010, scaricabile da www.manitese.it/periodico–manitese<br />

l’agricoltura biologica. Fra i partecipanti fi -<br />

guravano allevatori di suini allo stato brado,<br />

artigiani di strumenti musicali folk, cooperative<br />

agricole e agriturismi che offrivano<br />

l’occasione di riappropriarsi di tutti quei<br />

prodotti esclusi dagli scaffali dei supermercati,<br />

perché poco lucrativi per il mercato disinteressato<br />

alla biodiversità degli alimenti.<br />

A tenerci compagnia, i bambini che hanno<br />

profi ttato dell’aria aperta e d’uno spazio ludico<br />

loro destinato, il Gas Flegreo “Terra di<br />

fuoco”, Giardini dell’Orco, e l’Altromodo Flegreo<br />

Laboratorio per la Cittadinanza attiva.<br />

Il discorso continua ad accompagnarci,<br />

adesso, nelle future iniziative cui aderiamo,<br />

come a Teano, il 23 ottobre, per il 150°<br />

dell’incontro di Garibaldi e Vittorio Emanuele<br />

II o gli appuntamenti in vista della<br />

Cop16 a Cancun del 29 novembre, oltre che<br />

nei percorsi Eas.


n.470<br />

a cura di Associazione <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> Faenza<br />

Le 5 azioni<br />

di Faenza<br />

L'Associazione <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> Faenza, con il<br />

Patrocinio del Comune di Faenza e la collaborazione<br />

di Slow Food Faenza e Gas Faenza<br />

ha promosso le iniziative faentine della<br />

campagna “Food for World". In particolare<br />

sono state 5 le azioni promosse a Faenza:<br />

1. Dove si sceglie<br />

L'Associazione è stata presente con un banchetto<br />

informativo nei principali mercati<br />

faentini ed in particolare:<br />

• venerdì 15 ottobre c/o Mercato del Contadino<br />

Piazzale Pancrazi, 16–19;<br />

• sabato 16 ottobre c/o Mercato Cittadino<br />

Piazza delle Erbe 8–12;<br />

• lunedì 18 ottobre c/o BioMarché – Centro<br />

Commerciale Cappuccini 16–20.<br />

In tale occasione, previa una piccola offerta,<br />

è stato possibile permutare le sportine di<br />

plastica contenenti la spesa con delle borse<br />

di tela griffate “Food for World", per una<br />

spesa più ecologica, più rispettosa dell'ambiente<br />

… e anche più elegante!<br />

2. Nonna africa<br />

La nostra dolce e amorevole integrazione: il<br />

Panifi cio “Servadei" di Faenza ha ideato per<br />

l'occasione una linea di biscotti che vanno a<br />

mischiare la più dolce tradizione romagnola<br />

con i sapori e gli aromi provenienti dal sud<br />

del mondo. I biscotti sono stati in vendita<br />

presso i banchetti in occasione delle iniziative<br />

della campagna e presso i punti vendita<br />

“Servadei" fi no alle feste di natale.<br />

3. Quando mangio mi sento un re<br />

Mercoledì 27 ottobre presso la Biblioteca<br />

Zucchini alle ore 20.30 si è tenuto un incontro<br />

pubblico dal titolo “Quando mangio<br />

mi sento un re" per affrontare, informare e<br />

approfondire il tema della Sovranità Alimentare.<br />

Hanno partecipato all'incontro<br />

Samuel Muhunyu, direttore di Necofa; Giovanni<br />

Sartor, responsabile cooperazione desk<br />

Africa di <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong>; Roberto Savini Assessore<br />

alle Politiche Agricole ed Ambientali<br />

del Comune di Faenza e una rappresentanza<br />

di contadini faentini che hanno scelto di<br />

modifi care o diversifi care la loro azienda<br />

agricola. Dal confronto, oltre a vari punti di<br />

contatto sul tema della sovranità alimentare<br />

tra contadini del nord e del sud del mondo,<br />

è emersa un'interessante disponibilità da<br />

parte dell'assessore e di alcuni altri consiglieri<br />

comunali a proseguire un lavoro di<br />

confronto e di approfondimento sul tema.<br />

4. Un piatto per Food for World<br />

Grazie alla collaborazione con l'Associazione<br />

Degusto, dal 15 Ottobre al 14 Novembre i<br />

ristoranti faentini hanno inserito all'interno<br />

del loro menu un piatto a chilometro zero<br />

dedicato alla campagna; per ogni piatto<br />

venduto, 2 euro andranno a favore delle<br />

attività della campagna. I ristoranti che fi -<br />

no ad ora hanno aderito sono: La Pavona,<br />

Angusto, La Sghisa, Zingarò, S. Biagio Vecchio,<br />

Marianaza, Antica Domizia, La Madia,<br />

Bianco Divino, Osteria del Mercato, La Baita,<br />

La Taverna di Oriolo, Noè. Sono state oltre<br />

200 le sportine “Food for World" distribuite,<br />

per un interessante ricavo a favore della<br />

campagna.<br />

5. Una buona cultura<br />

Presso la libreria Moby Dick di Faenza, per<br />

l'intera durata della campagna sarà presente<br />

una selezione di libri sul tema della sovranità<br />

alimentare. <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> sostiene il lavoro<br />

di Acord a Kassala in particolare nel settore<br />

dello sviluppo rurale e agricolo, sostenendo<br />

il rafforzamento di associazioni contadine e<br />

l’apertura di attività di piccolo prestito e microcredito.<br />

Uno dei rappresentanti di Acord,<br />

Mustafà, è un esperto di problemi inerenti<br />

la sovranità alimentare per quanto riguarda<br />

il Sudan, ma anche l’Africa in generale; fa<br />

parte del gruppo di lavoro panafricano di<br />

Acord sulla sovranità alimentare.<br />

anno XLVI | novembre * dicembre 2010<br />

a cura di Redazione di <strong>Mani</strong>tese<br />

FIRMA LA PETIZIONE<br />

PER I DIRITTI!<br />

Le imprese incidono sulla vita delle persone<br />

in tutto il mondo. Le loro attività<br />

possono contribuire allo sviluppo delle<br />

comunità locali ma anche causare danni<br />

signifi cativi alle persone e all’ambiente.<br />

È per questo che <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong>, insieme alla<br />

ECCJ (European Coalition for Corporate<br />

Justice), promuove la campagna “Diritti<br />

per le persone, regole per le imprese”.<br />

Sul sito di <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong>, www.manitese.it,<br />

è possibile fi rmare la petizione per la<br />

campagna “Diritti per le persone, regole<br />

per le imprese” e seguire gli eventi che<br />

vengono portati avanti per i diritti delle<br />

persone e dell’ambiente. L'obiettivo della<br />

campagna è richiedere all'Unione Europea<br />

e ai suoi Stati membri di adottare<br />

provvedimenti per tutelare i diritti delle<br />

persone e dell'ambiente rispetto alle<br />

azioni intraprese dalle aziende europee<br />

nel mondo.<br />

www.rightsforpeople.org<br />

www.valoresociale.it<br />

www.manitese.it/campagne<br />

23<br />

RESPONSABILITÀ SOCIALE D'IMPRESA


24 <strong>Pianeta</strong> <strong>acqua</strong><br />

VOLONTARIATO<br />

a cura di Gas di Arezzo<br />

Piccolo<br />

contributo,<br />

grande<br />

solidarietà<br />

Facendo parte di un Gruppo di Acquisto Solidale,<br />

ci arrivano spesso e–mail di iniziative<br />

di varie associazioni, quella di <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> però<br />

ci ha colpito; leggendo il vademecum abbiamo<br />

trovato una corrispondenza di intenti<br />

comuni al nostro gruppo che ci ha stimolato<br />

a renderci disponibili per diffondere i principi<br />

della campagna Food for World che applichiamo<br />

quotidianamente nel nostro Gas.<br />

Le scelte del singolo sono opzioni che possono<br />

e devono essere prese in considerazione<br />

in quanto scelte politiche, solidali, scelte<br />

che si oppongono alle politiche commerciali,<br />

troppo spesso ingiuste e disumane della<br />

produzione e distribuzione dei beni primari.<br />

Ci siamo così organizzati per realizzare anche<br />

ad Arezzo un tavolo informativo dove,<br />

oltre all’utilissimo materiale che <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong><br />

ci ha fornito, abbiamo voluto presentare due<br />

dei nostri piccoli fornitori locali che con le<br />

loro verdure e patate–bio ci hanno permesso<br />

di far vedere che è possibile fare acquisti<br />

consapevoli, cibo buonissimo, biologico, a<br />

km zero, privo di imballaggi, ad un prezzo<br />

equo per chi lo produce e per chi lo compra.<br />

Il tempo purtroppo non ci è stato molto fa-<br />

di Carmela Squillace, Presidente Associazione <strong>Pianeta</strong> Terra di Verzino (Crotone)<br />

<strong>Pianeta</strong> Terra! promotori del biologico è stato sin da subito<br />

condiviso da tutti. Piazza Campo, sabato 16<br />

L’associazione <strong>Pianeta</strong> Terra di Verzino (Kr)<br />

è stata felicemente pronta ad accogliere l’invito<br />

di aderire alla mobilitazione promossa<br />

da <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> e partecipare alla Campagna<br />

per diffondere il messaggio “cibo per il<br />

mondo”. Verzino è un piccolo paese collinare<br />

di poco più di 2000 residenti, non c’è<br />

vita sociale, poco sport, nessun divertimento<br />

ludico o culturale. Il paesaggio nel quale<br />

è inserito, mutevole con l’avvicendarsi delle<br />

stagioni e delle lavorazioni della terra, è dei<br />

più incontaminati e belli. La realizzazione<br />

di un mercatino locale di contadini, artigiani,<br />

artisti, giovani agricoltori, agronomi e<br />

www.manitese.it/faenza<br />

www.manitese.it<br />

vorevole; la pioggia battente ha sicuramente<br />

limitato la visibilità dell’iniziativa, ma,<br />

essendoci posizionati nel Corso cittadino, il<br />

passaggio non è mancato e la curiosità, o la<br />

consapevolezza hanno fatto sì che diverse<br />

persone si siamo fermate al gazebo.<br />

Grazie alla collaborazione di molti membri<br />

del Gas che si sono alternati durante la<br />

giornata, è stato possibile allestire il tavolo<br />

con colorati cartelloni, palloncini, borsine,<br />

giornali, volantini, materiale informativo<br />

sui i vari progetti di <strong>Mani</strong>tese nel mondo e,<br />

grazie a Francesco e Marzio, i nostri fornitori,<br />

è stato possibile realizzare una bellissima<br />

esposizione di verdure di stagione, accompagnate<br />

da gustosissime ricette del nostro Gas.<br />

Zucche, cavoli, patate, pomodori vicini al<br />

dolcissimo viso di un bambino africano che<br />

rivendica il diritto al cibo, hanno incuriosito<br />

tanti: le persone venute a fare la passeggiatina<br />

della domenica, a guardar vetrine ci<br />

rivolgevano sguardi stupiti, increduli, altri<br />

completamente disinteressati, ma per fortuna<br />

c’è stato chi invece si fermava consapevole<br />

di ciò che stavamo rappresentando e<br />

ci ha dimostrato solidarietà e forte interesse<br />

per la campagna e l’attività di <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> e<br />

per l’attività del gruppo di acquisito solidale.<br />

A fi ne giornata, smontando il gazebo sotto<br />

la pioggia, complice un po’ di stanchezza<br />

siamo stati presi da un po’ di sconforto. Doversi<br />

confrontare con l’indifferenza fa male,<br />

ritrovarsi di fronte a tante persone di età diverse<br />

a cui non sembra interessare assoluta-<br />

ottobre 2010, si è trasformata nel “Regno<br />

della Sovranità alimentare” e ha offerto:<br />

miele, caldarroste, frittelle, zucche colorate,<br />

spezie, formaggi, mele, grano biologico, olio,<br />

vino, ceste e panieri, artigianato, mestoli e<br />

sculture in legno, dolci e mosto cotto. Tutto<br />

è stato allestito con una gran partecipazione<br />

della popolazione che ha trovato interessante<br />

l’idea sia di aderire alla campagna “Food<br />

for World” e sia di conoscere e apprezzare<br />

quanta creatività, ricchezza, volontà e<br />

saper fare è celato nelle piccole comunità.<br />

L’evento ha avviato nei partecipanti la consapevolezza<br />

e l’autodeterminazione sulla capacità<br />

di ciascuno, sia produttore che consu-<br />

mente da dove viene il cibo che mangiano, o<br />

a cui non interessa sapere che nel mondo c’è<br />

un miliardo di persone che muore di fame<br />

e che anche l’azione del singolo può essere<br />

fondamentale. Fa male, molto male per chi,<br />

come noi del Gas, crede che la sensibilità, la<br />

consapevolezza, i principi basati sull’etica e<br />

sulla solidarietà, siano valori fondamentali<br />

da diffondere e da mettere in pratica quotidianamente.<br />

Passato l’attimo di sconforto,<br />

però, ci siamo resi conto che, nonostante<br />

tutto, il nostro piccolo contributo, raccolto<br />

durante la giornata, rappresenta una grande<br />

solidarietà; la nostra presenza, la nostra voce<br />

è stata comunque importante; l’azione di<br />

<strong>Mani</strong>tese nel mondo, l’azione del Gas in piccolo,<br />

costituiscono, senza ombra di dubbio,<br />

a un movimento positivo che ci auguriamo<br />

un giorno possa diventare la base della società.<br />

(gasarezzo@yahoo.it).<br />

matore, di poter incidere sulla qualità della<br />

vita locale attraverso l’applicazione della sovranità<br />

alimentare. È necessario, certo, cooperare<br />

e unirsi affi nché l’attività della piccola<br />

comunità, del quartiere, della città persegua<br />

l’obiettivo di “garantire il diritto al cibo a<br />

tutto il <strong>Pianeta</strong> e non consumare le risorse<br />

della Terra a favore dell’ingordigia di pochi”.<br />

Ringraziamo <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> come promotrice<br />

della Campagna per la “Sovranità Alimentare”<br />

per “quanto fa” a sostegno delle popolazioni<br />

che vivono in estrema povertà e<br />

per le attività di coinvolgimento nel merito.<br />

Grazie e alla prossima, noi ci saremo!


n.470<br />

di Sandra Cangemi<br />

Geografia<br />

amica<br />

Se c’è una cosa che ogni buon insegnante<br />

si domanda, oggi, è che cosa vale ancora<br />

la pena di insegnare, in un mondo che<br />

cambia così in fretta. A maggior ragione<br />

se lo domanda chi insegna geografi a. Dare<br />

nozioni per forza di cose destinate a una<br />

veloce obsolescenza? Oppure un metodo<br />

per procurarsi le informazioni, selezionarle,<br />

collegarle, rifl etterci (e poi agire)? Che<br />

fornisca delle chiavi per decifrare un pianeta<br />

sempre più complesso, interconnesso<br />

e in rapida evoluzione?<br />

Eppure, mai prima d’ora c’è stato così bisogno<br />

di conoscere bene la geografi a e la<br />

storia. Proprio quell’ignoranza di base così<br />

diffusa in Italia, insieme al nostro provincialismo<br />

e alla grave carenza, qualitativa<br />

e quantitativa, di notizie e approfondimenti<br />

sugli esteri, ha contribuito alla facile<br />

diffusione di un becero razzismo (non<br />

è un caso se il governo propone, nel suo<br />

attacco complessivo alla scuola pubblica,<br />

di ridurre lo studio della geografi a…).<br />

Niente affatto facile spiegare il mondo,<br />

oggigiorno. Viene in aiuto un manuale<br />

interessante e utile, “Geografi a amica” di<br />

Catia Brunelli (Emi), che propone strumenti<br />

pratici per preparare davvero dei<br />

“cittadini del mondo”, e di un mondo complicato,<br />

per di più, come sarà certamente<br />

quello che verrà nei prossimi decenni. Il<br />

che signifi ca capire, anzitutto, che la conoscenza<br />

è sempre soggettiva, relativa, in<br />

continua evoluzione (e in quanto tale patrimonio<br />

collettivo a cui tutte/i possiamo<br />

contribuire, alla faccia della “fi ne della<br />

storia”). Che, per esempio, persino le carte<br />

geografi che non sono “oggettive”, ma presuppongono<br />

un punto di vista sul mondo.<br />

Insomma, l’esatto contrario del sapere<br />

assolutistico, nozionistico, eurocentrico<br />

(o meglio “occidentalocentrico”) imposto<br />

dai sussidiari e, nei fatti, dai programmi<br />

normalmente svolti nelle scuole.<br />

L’autrice fornisce numerosi esempi –mettendoli<br />

a confronto con la didattica tradi-<br />

www.manitese.it/eas<br />

zionale o comunque prevalente nelle aule<br />

di didattica attiva e schiettamente interculturale,<br />

dove sono chiamati in causa gli<br />

alunni come persone, il loro sapere, le loro<br />

storie e anche i preconcetti che ostacolano<br />

l’apprendimento. Si impara ponendo<br />

e ponendosi domande, ma ancora di più<br />

si impara facendo: facendo sopralluoghi,<br />

elaborando mappe, giocando e discutendo,<br />

formulando ipotesi e poi attuando<br />

ricerche per verifi carne la correttezza. Si<br />

impara esplorando, sperimentando e progettando,<br />

provando e sbagliando. Si impara<br />

decostruendo e ricostruendo. Si impara<br />

mettendo a confronto i diversi punti di<br />

vista. Si impara cercando soluzioni originali<br />

ai problemi ed esercitando il pensiero<br />

critico e divergente. Si impara esercitando<br />

l’empatia, il dialogo, il confronto.<br />

Anche perché la geografi a è fatta sì di<br />

luoghi, ma soprattutto è fatta di persone,<br />

di soggetti che nei luoghi vivono e che li<br />

raccontano in modi molto differenti. Per<br />

questo nel libro si propone l’intercultura<br />

come metodo di conoscenza, lo spaesamento<br />

come punto di partenza per mettere<br />

in discussione quello che diamo per<br />

scontato e la cittadinanza planetaria come<br />

orizzonte e come impegno condiviso.<br />

Perché è dai banchi di scuola che devono<br />

anno XLVI | novembre * dicembre 2010 25<br />

cominciare a nascere i cittadini del futuro:<br />

“menti aperte, dinamiche, migranti”,<br />

capaci di mettere in discussione i confi ni,<br />

di agire localmente e pensare globalmente,<br />

consapevoli delle proprie responsabilità (e<br />

della propria interdipendenza) verso gli<br />

altri esseri umani, gli altri esseri viventi,<br />

verso la Terra come grande organismo di<br />

cui siamo parte e che dobbiamo imparare<br />

a rispettare, conoscere, amare. Ma nei fatti,<br />

non a parole.<br />

Educare alla sovranità<br />

alimentare<br />

Il kit didattico, intitolato “Nutrire il mondo<br />

per cambiare il <strong>Pianeta</strong>”, introduce nel mondo<br />

scolastico il tema della sovranità alimentare<br />

con proposte metodologiche di lavoro<br />

per gli insegnanti, schede tematiche, carte<br />

geografi che e un set di video sul tema elaborato<br />

da <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong>.<br />

La “Geografi a del cibo” è una parte del kit<br />

elaborato da <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong>, Cres, Cisv e Coordinamento<br />

Comuni per la Pace nell’ambito del<br />

progetto “Dalla sicurezza alla sovranità alimentare”<br />

co–fi nanziato dall’Unione europea.<br />

Per avere informazioni e riceverne una copia<br />

(riservata agli insegnanti) scrivere a:<br />

eas@manitese.it.


26 <strong>Pianeta</strong> <strong>acqua</strong><br />

CULTURE<br />

di Luca Martinelli*, Altreconomia<br />

Pagine da bere<br />

*Giornalista, nel 2010 ha pubblicato “L'<strong>acqua</strong><br />

è una merce. Perché è giusto e possibile<br />

arginare la privatizzazione” (Altreconomia)<br />

e “Imbrocchiamola! Dalle minerali al rubinetto,<br />

piccola guida al consumo critico dell'<strong>acqua</strong><br />

(Altreconomia).<br />

“Sgusciano fuori dai supermercati, ma è<br />

piuttosto facile individuarli. I portatori<br />

d'<strong>acqua</strong> possiedono una caratteristica posizione<br />

inclinata e una espressione tesa e<br />

concentrata fi no al raggiungimento del<br />

loro mezzo di trasporto, l'automobile. Sono<br />

degli squilibrati. È un fatto di gravità:<br />

in una mano tengono il sacchetto della<br />

spesa (3–4 kg), nell'altra generalmente<br />

una tipica gerla occidentale, un parallelepipedo<br />

diviso in sei scomparti di plastica<br />

Pet (le bottiglie) con un peso di circa 9<br />

kg”. “E –continua Lorenzo Monaco nel<br />

suo Water trips, itinerari <strong>acqua</strong>tici ai<br />

tempi della crisi idrica (Springer, 2010, 96<br />

pp., 16 Euro)– questi funamboli del supermercato<br />

sono una schiera sempre più<br />

grande”. Monaco, già volontario di <strong>Mani</strong><br />

<strong>Tese</strong> a Bologna, è un giornalista e divulgatore<br />

scientifi co, e riesce in poche frasi a<br />

dipingere nella nostra mente un cortometraggio,<br />

il cui protagonista –il “portatore<br />

d'<strong>acqua</strong>”– è uno degli italiani medi che<br />

consuma 194 litri all'anno di <strong>acqua</strong> minerale,<br />

recordman europeo.<br />

Nel libro c'è spazio per i dati, che arrivano<br />

però dopo aver affascinato il lettore con<br />

l'immagine, dopo averlo coinvolto, accompagnandolo<br />

in una gita alla scoperta<br />

di un mondo che –scrive Monaco– inizia<br />

da “casa nostra”. Ecco perché Water trips<br />

inizia in un bagno, per conoscere il lato B<br />

delle città italiane. “Il Wc è la porta che<br />

può trascinarci verso questo mondo”, scrive<br />

Monaco. E il mondo della depurazione,<br />

analizzato con una ricognizione storica,<br />

dall'invenzione dello scarico a quello dei<br />

collettori, porta sorprese spiacevoli in merito<br />

alla qualità delle nostre acque: “Sommando<br />

i circa 60 milioni di persone reali<br />

al peso inquinante delle industrie, l'Italia<br />

risulta popolata da quasi 175 milioni di<br />

abitanti equivalenti. Di questi esseri virtuali<br />

solo 70 milioni sono stati serviti da<br />

un depuratore. Questo vuol dire una cosa:<br />

almeno il 60 per cento circa delle fonti<br />

d'inquinamento (i nostri scarti, le nostre<br />

feci nell'<strong>acqua</strong>; i residui dell'attività industriale,<br />

ndr) non riesce a essere intercettata”.<br />

Si tratta di un'emergenza, che passa<br />

purtroppo sottotraccia nel dibattito, o<br />

meglio nel teatrino, che governo e opposizione<br />

mettono in campo ogni volta che<br />

si parla d'<strong>acqua</strong> e investimenti.<br />

Tra i capitoli più “illuminanti” delle “gite”<br />

intorno all'<strong>acqua</strong> proposte da Lorenzo<br />

Monaco c'è senz'altro quella che porta i<br />

lettori a visitare i “campi profughi”, e che<br />

analizza sprechi e ineffi cienze dell'<strong>acqua</strong><br />

utilizzata nelle attività agricole, dove<br />

“viene riversata almeno la metà di tutte<br />

l'<strong>acqua</strong> presente in circolazione”, con<br />

punte del 95% nel bacino del Po. E bisogna<br />

ricordare che l'agricoltura “consuma”<br />

l'80 per cento di tutta l'<strong>acqua</strong> che estrae,<br />

che è poi quell'<strong>acqua</strong> virtuale “contenuta”<br />

nei prodotti che consumiamo. L'ultima<br />

parte del libro, infi ne, è dedicata ai “fi umi<br />

robot”. Cosa signifi chi non serve spiegarlo,<br />

perché ce lo insegnano le immagini viste<br />

Water trips,<br />

itinerari <strong>acqua</strong>tici<br />

ai tempi della crisi idrica<br />

(Springer, 2010<br />

96 pp., 16 euro)<br />

Luca Martinelli|Imbrocchiamola! Dalle minerali al rubinetto, piccola guida al consumo critico dell'<strong>acqua</strong>, Altreconomia, 2010<br />

Luca Martinelli|L'<strong>acqua</strong> è una merce, Altreconomia 2010


n.470<br />

in tv e sui giornali nelle ultime settimane:<br />

le città italiane alluvionate dopo l'esondazione<br />

di corsi d'<strong>acqua</strong> troppo antropizzati.<br />

Nel corso dell'ultimo anno, tuttavia, il<br />

dibattito pubblico interno all'<strong>acqua</strong> si è<br />

concentrato sulla questione della privatizzazione<br />

del servizio idrico integrato. Una<br />

legge, la numero 166 approvata nel novembre<br />

del 2009, ha imposto di affi dare<br />

il servizio a società di capitali, con l'ingresso<br />

nella compagine azionaria di soggetti<br />

privati. Eppure c'è chi –ministri, per<br />

lo più– si ostina a rassicurare gli italiani<br />

che l'<strong>acqua</strong> “è e resta un bene pubblico”.<br />

Margherita Ciervo, di ricerca in Geografi a<br />

economica, ha in tal senso idee chiare: “La<br />

gestione pubblica dell’<strong>acqua</strong> non può essere<br />

garantita da una società disciplinata<br />

dal diritto privato (articolo 2247 del Codice<br />

civile), anche se a capitale pubblico,<br />

poiché la fi nalità del profi tto produce politiche<br />

volte all’aumento dei ricavi (tariffe<br />

e consumi) e alla diminuzione dei costi<br />

del lavoro (precarizzazione e conseguente<br />

peggioramento della qualità dei servizi).<br />

Idee riportate in un libro uscito per Carocci,<br />

Geopolitica dell'<strong>acqua</strong> (192 pp., 16<br />

Euro), che nel 2010 è stato riproposto in<br />

una seconda edizione aggiornata.<br />

Ciervo pone domande: “L’<strong>acqua</strong> è un bene<br />

comune o un bene economico? Perché,<br />

pur essendo la risorsa più abbondante, è<br />

sempre più scarsa? Qual è la relazione fra<br />

scarsità e sistema produttivo e stili di vita?<br />

Esiste una connessione fra la mancanza<br />

di accesso all’<strong>acqua</strong> potabile e le multinazionali?<br />

È un caso che le guerre dell’<strong>acqua</strong><br />

aumentino in maniera esponenziale?<br />

Quali sono le ragioni e gli effetti della privatizzazione?<br />

Quali le responsabilità dei<br />

governi? Chi decide realmente sulle risorse?<br />

A nome di chi? Sulla base di quale<br />

legittimità?”. E guida il lettore alla ricerca<br />

delle risposte. Tutto un capitolo, l'ultimo,<br />

è dedicato ad analizzare la specifi cità della<br />

situazione italiana dopo l'approvazione<br />

della l.166/2009 (conosciuta come legge<br />

“Ronchi”, dal nome del ministro per le<br />

Politiche comunitarie Andrea Ronchi), e<br />

spiega i motivi dei tre quesiti referendari<br />

per abrogare le disposizioni di legge “pro–<br />

privatizzazione” promossi dal cartello di<br />

associazioni e comitati riuniti nel Forum<br />

italiano dei movimenti per l'<strong>acqua</strong>.<br />

Margherita, pugliese, è poi testimone e<br />

protagonista del processo “controcorrente”<br />

che sta portando la Regione Puglia a<br />

trasformare in un ente di diritto pubblico<br />

l'azienda che gestisce il servizio idrico integrato<br />

nelle 6 province, l'Acquedotto pugliese,<br />

che è anche il più grande d'Europa.<br />

Una sfi da “epica”, che vede protagonisti i<br />

cittadini pugliesi, che nessun altro potrebbe<br />

raccontare come fa lei nelle pagine del<br />

suo Geopolitica dell'<strong>acqua</strong>. Sperando che<br />

ciò che avviene a livello “locale” possa<br />

essere uno specchio di trasformazioni su<br />

scala “globale”.<br />

anno XLVI | novembre * dicembre 2010<br />

Geopolitica dell'<strong>acqua</strong><br />

(Carocci, II edizione 2010<br />

192 pp., 16 euro)<br />

27


28 <strong>Pianeta</strong> <strong>acqua</strong><br />

FAI LA DIFFERENZA<br />

Progetto n° 2176 | provincia di Um Ruwaba, Sudan | Um Ruwaba Development Society | Importo 166.859 ¤*<br />

Acqua:<br />

motore di sviluppo<br />

In tutta l’Africa l’approvvigionamento idrico è compito femminile.<br />

Lo è anche nella provincia di Um Ruwaba, nel Nord Kordofan,<br />

uno dei 16 Stati in cui è suddiviso il Sudan del Nord. Solo che<br />

qui l’<strong>acqua</strong> non scorre in superfi cie, ma 40–50 metri sotto terra e<br />

i pozzi sono dei grandi buchi in cui si getta un otre di pelle, per<br />

poi tirarlo su pieno a forza di braccia.<br />

Non è una fatica da poco: oltre all’<strong>acqua</strong> pesano anche l’otre inzuppato<br />

e la corda, ed una carrucola, che agevolerebbe il lavoro,<br />

è un lusso inarrivabile. Così ci si aiuta fra donne per trarre da un<br />

buco fondo come una casa di 15 piani una decina di litri d’<strong>acqua</strong>,<br />

che non basteranno per bere e cucinare neppure alla famiglia di<br />

una sola di quelle donne.<br />

Bere quell’<strong>acqua</strong> non è poi consigliabile, anche se, non potendo<br />

fare diversamente, ci si è costretti: un pozzo di questo tipo è per<br />

defi nizione facilmente inquinabile; vi cade dentro di tutto, terra,<br />

vegetali, animali che poi muoiono ed avvelenano l’<strong>acqua</strong>, e persino<br />

adulti e bambini con le conseguenze immaginabili.<br />

E allora non è strano che nella zona, dove i pozzi non protetti<br />

sono stati chiusi e dotati di motopompa, tale intervento, oltre a<br />

fornire abbondante <strong>acqua</strong> potabile, abbia radicalmente cambiato<br />

la vita delle popolazioni, mettendo in moto energie inattese<br />

e trasformando il pozzo in un’attività redditizia, i cui proventi<br />

sono stati impiegati per migliorare altri servizi, in particolare le<br />

scuole.<br />

Si cambia<br />

In 3 differenti villaggi 3 pozzi già esistenti saranno ripuliti, le<br />

pareti interne rinforzate, coperti con un coperchio di cemento e<br />

dotati di pompa con generatore. Verranno costruiti una cabina<br />

per la custodia del generatore, una vasca di raccolta dell’<strong>acqua</strong><br />

pompata, una recinzione, una semplice rete di distribuzione che<br />

porterà l’<strong>acqua</strong> per gravità ad una serie di rubinetti e ad abbeveratoi<br />

per gli animali. I pozzi saranno gestiti da comitati di villaggio,<br />

che dovranno concordare e far applicare le regole per l’utilizzo<br />

dell’<strong>acqua</strong>.<br />

Nella zona la dieta è molto povera di frutta e verdura e quindi<br />

delle vitamine e dei sali minerali da queste apportate, con conseguenze<br />

rilevanti sulla salute. Per questo s’introdurranno orti<br />

dimostrativi nelle tre scuole dei villaggi e si sperimenterà l’irrigazione<br />

goccia a goccia sia negli orti scolari che su scala familiare.<br />

15 promotori d’igiene, opportunamente formati, sensibilizzeranno<br />

la popolazione in materia di igiene ambientale, nutrizione equilibrata<br />

e prevenzione delle malattie trasmissibili dall’<strong>acqua</strong>.<br />

In sintesi<br />

Il progetto si propone di fornire <strong>acqua</strong> sicuramente potabile ed in quantità suffi ciente a 3 villaggi per un totale di oltre<br />

10.000 persone, di costituire e di preparare i relativi comitati di villaggio che gestiranno la preziosa risorsa, di migliorare<br />

le conoscenze della popolazione in materia di igiene ambientale e di prevenzione delle malattie trasmesse dall’<strong>acqua</strong>, di<br />

introdurre l’orticoltura mediante sistemi di irrigazione goccia a goccia e di diffondere l’uso quotidiano degli ortaggi.<br />

CCP n° 291278 intestato a <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong><br />

Domiciliazione bancaria tramite RID<br />

Con 21 Euro<br />

contribuisci con una quota pari<br />

a 1/100 del costo di acquisto<br />

e di istallazione di una pompa<br />

sommersa con accessori.<br />

Con 71 Euro<br />

si preparerà con un corso<br />

di 5 giorni un promotore di igiene<br />

di base.<br />

Con 303 Euro<br />

acquisti un kit per l’irrigazione<br />

goccia a goccia.<br />

*Valore complessivo 166.850 Euro<br />

Obiettivo <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> 119.660 Euro<br />

Con il contributo del Comune di Milano<br />

e delle ong ISCOS e NEXUS<br />

www.manitese.it/progetti<br />

Bonifico Bancario sul conto presso Banca Popolare Etica,<br />

codice IBAN IT 58 W 05018 01600 000000000040


n.470<br />

Progetto n° 2217 | Ayllu Panacachi, Bolivia | E.V.E.S.S. KALLPA | Importo 204.000 ¤*<br />

Acqua:<br />

per non partire<br />

Vi ricordate l’Ayllu Panacachi? Ci siamo arrampicati fi no ai 4.000<br />

metri di questo remoto distretto indigeno per realizzare i progetti<br />

2153 e 2172 (irrigazione, riforestazione e conservazione del suolo).<br />

Ci accompagnava anche allora E.V.E.S.S. Kalpa, un’associazione<br />

con un acronimo impenetrabile, ma estremamente poetico.<br />

Signifi ca “Squadra di Viaggiatori in Educazione Sociale e Salute"<br />

e caratterizza un’organizzazione senza fi ni di lucro, fondata nel<br />

1986 per rafforzare l’identità culturale e favorire lo sviluppo socioeconomico<br />

delle comunità indigene del Nord Potosì.<br />

Anche allora ci stupimmo del paesaggio surreale che ci si parò<br />

davanti agli occhi: impervio, rossastro, assolutamente brullo. Ci<br />

fu immediata, epidermica, angosciante la sensazione di una fame<br />

d’<strong>acqua</strong> che asseta da sempre questi terreni, dove la scarsa pioggia<br />

è grandine, la brezza è bufera, il freddo è gelo e la terra si<br />

sgretola sempre più e rotola via come sabbia.<br />

Che dite? Sarà per questo che solo il 23,4% della terra è coltivata<br />

e che è sempre più dura la sopravvivenza delle 848 famiglie che<br />

qui vivono? Potremmo suggerirgli di andarsene, di recarsi ad infoltire<br />

le periferie miserabili delle città del Paese, o meglio ancora<br />

di tentare un’emigrazione invisa, disincentivata ed ostacolata<br />

nella nostra Europa. E invece no! Stiamo provando (e stiamo riuscendo)<br />

a farli restare lassù, dove i loro antenati hanno dissodato<br />

quel 23,4% di terra e dove a loro piacerebbe rimanere.<br />

La ricetta<br />

La ricetta che sta dando buoni frutti è quella di un approccio articolato<br />

alle necessità socioeconomiche del posto, un approccio che<br />

ha però sempre l’<strong>acqua</strong> come elemento determinante.<br />

Verranno realizzati 136 sistemi di irrigazione familiare, che consentiranno<br />

la messa a coltura di circa 150 ettari abbandonati o<br />

scarsamente produttivi perché privi di irrigazione e la realizzazione<br />

di altrettanti orti familiari per la coltivazione di piante medicinali.<br />

La sovranità alimentare delle popolazioni locali sarà perseguita<br />

anche incentivando la diversifi cazione delle colture e con lo scavo<br />

di 30 bacini per l’allevamento di pesci del genere Tilapia.<br />

Saranno contemporaneamente messe a dimora 3.000 piantine di<br />

specie native, per ripristinare la copertura arborea e contrastare i<br />

fenomeni di erosione e di depauperamento del suolo.<br />

Tutto ciò non sarebbe possibile senza l’assistenza sul campo<br />

dell’équipe tecnica del progetto e la realizzazione di 16 corsi di<br />

formazione su diversifi cazione delle colture, sementi biologiche,<br />

trasformazione dei prodotti, commercializzazione.<br />

Carta di credito direttamente dal sito www.manitese.it<br />

Assegno Bancario intestato a <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong><br />

Con 25 Euro<br />

partecipi alla realizzazione<br />

di un sistema di irrigazione.<br />

Con 83 Euro<br />

fornisci una vasca<br />

per l’allevamento ittico.<br />

Con 240 Euro<br />

paghi lo stipendio<br />

di un agronomo per un mese.<br />

*Valore complessivo 204.000 Euro<br />

Obiettivo <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong> 20.000 Euro<br />

Con il contributo della cooperazione<br />

governativa tedesca<br />

Destinazione del 5x1000 della dichiarazione<br />

dei redditi: codice fiscale 02343800153<br />

anno XLVI | novembre * dicembre 2010<br />

www.manitese.it/progetti<br />

In sintesi<br />

Il progetto, della durata di tre anni, ha come obiettivo di migliorare l’alimentazione e la salute delle famiglie indigene che<br />

vivono sull’altopiano, rafforzando i sistemi di irrigazione, favorendo la diversifi cazione della produzione agricola e diffondendo<br />

la piscicoltura. Si prevede inoltre di implementare un’attività di riforestazione, per frenare i fenomeni di erosione e<br />

desertifi cazione degli ultimi anni, e di creare orti familiari medicinali attraverso la semina di piante medicinali.<br />

A benefi ciare direttamente di questo intervento saranno circa 230 famiglie delle varie comunità dell’Ayllu Panacachi.<br />

29


30 <strong>Pianeta</strong> <strong>acqua</strong><br />

GRAZIE A VOI ABBIAMO FATTO LA DIFFERENZA<br />

Progetto n° 2187 | distretti di Khulna e Satkhira, Bangladesh | DALIT | Importo 10.000 ¤<br />

Quando l’<strong>acqua</strong><br />

distrugge<br />

Non sempre l’<strong>acqua</strong> è fonte di vita e di benessere. Ne sanno qualcosa<br />

le popolazioni che in Bangladesh vivono laddove si riuniscono<br />

gli sconfi nati delta del Gange e del Brahmaputra. Qui, a pochi metri<br />

sul livello del mare, alluvioni e cicloni trasformano sovente il paesaggio<br />

in una palude infi nita. Ed il riscaldamento globale e i cambiamenti<br />

climatici non promettono per il futuro nulla di meglio.<br />

È anche la storia dell’anno scorso, quando a fi ne maggio un ciclone<br />

di inaudita potenza ha devastato la costa sud–occidentale del Paese,<br />

causando 150 morti e milioni di senza tetto. Era storia analoga a<br />

quanto era successo l’anno prima e l’anno prima ancora. Unica<br />

consolazione è che negli anni ’80, senza rifugi anticiclonici, senza<br />

vigilanza e sistemi di preallarme e senza l’organizzazione che ogni<br />

volta scatta in questi casi, le vittime sarebbero state molte e molte<br />

di più.<br />

Anche questa volta intervenimmo, tramite l’organizzazione locale<br />

DALIT con cui collaboriamo da tempo, facendo tutto il possibile per<br />

far fronte all’emergenza, mobilitando più équipe e fornendo cibo<br />

precotto, <strong>acqua</strong> potabile, capi di vestiario, utensili da cucina a gente<br />

che aveva perso tutto.<br />

Particolare cura è stata data all’assistenza medica, perché quasi<br />

subito fu chiaro che le condizioni di igiene erano estremamente<br />

precarie, a causa della contaminazione delle fonti di <strong>acqua</strong> potabile<br />

con acque refl ue ed acque salmastre, e delle carogne degli animali<br />

morti che imputridivano nei campi allagati. Non per niente quasi<br />

la maggioranza degli interventi sanitari ha interessato affezioni gastrointestinali.<br />

In questa pagina potete trovare un quadro riassuntivo degli interventi<br />

effettuati.<br />

È da notare che oltre allo staff di DALIT sono intervenuti a soccorrere<br />

la popolazione anche un nutrito gruppo di volontari, prevalentemente<br />

studenti, dando così una bella visione di un popolo<br />

solidalmente unito nell’affrontare le proprie tragedie.<br />

Interventi effettuati<br />

www.manitese.it/progetti<br />

UOMINI DONNE BAMBINI TOTALE<br />

Cibo e <strong>acqua</strong> 1.000 1.418 386 2.804<br />

Cure mediche 315 380 350 1.045<br />

Altro (vestiario, pentole, ecc.) 427 496 169 1.092<br />

TOTALE 1.792 2.294 905 4.941


Quando<br />

mangio<br />

mi sento<br />

un Re<br />

A Natale<br />

sostieni<br />

i progetti<br />

di <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong><br />

per la<br />

Sovranità<br />

Alimentare!<br />

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www.manitese.it /natale<br />

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per un Natale<br />

all'insegna<br />

della solidarietà.<br />

PER SOSTENERE MANI TESE ANCHE A NATALE:<br />

CCP n° 291278 intestato a <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong><br />

Domiciliazione bancaria tramite RID<br />

Destinazione del 5x1000 della dichiarazione<br />

dei redditi: codice fiscale 02343800153<br />

CAUSALE: CAMPAGNA NATALE 2010<br />

Bonifico Bancario sul conto presso Banca Popolare Etica,<br />

codice IBAN IT 58 W 05018 01600 000000000040<br />

Carta di credito direttamente dal sito www.manitese.it<br />

Assegno Bancario intestato a <strong>Mani</strong> <strong>Tese</strong>

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