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Ardeva, mercè, sospirava. Liturgicamente.<br />
Viveva. Incazzava di<br />
febbri mendìche, o più stente.<br />
E si compiaceva dei<br />
gio<strong>chi</strong>, tristissima<br />
vegliava a inceder tra stami (senza mai concedermi<br />
partecipare) che spilinguac<strong>chi</strong>ava<br />
sui muri tur<strong>chi</strong>ni, lugùbri, incuranti<br />
'miei tremuli accenti. Pa<br />
ùra s<strong>chi</strong><br />
fósa mi sveglio mi<br />
rilavo i denti, raccendo<br />
la plastica del cellulare, rilavo<br />
la guallera i piedi<br />
a spilinguac<strong>chi</strong>ar girasoli<br />
le ascelle<br />
bonsgiùr tulemònd. suona. il cellulare. solita: settembre è già qua, – Marco,<br />
<strong>non</strong> sei venuto? – signo' <strong>non</strong> ho più avuto la telefonata, e <strong>per</strong>ciò <strong>non</strong> ho<br />
messo la sveglia, scusatemi, vi ho mandato un messaggio. – Ma <strong>non</strong> ti do-<br />
vevo confermare se dovevi venire o no io ti dovevo avvisare se la lezione<br />
tu e Federica la facevate in ufficio vicino casa tua così <strong>non</strong> ti facevi un' ora<br />
di viaggio sotto al sole o venivi a casa mia Marco l'esame è tra po<strong>chi</strong>ssimo<br />
io <strong>non</strong> so come – signora ci vediamo oggi alle cinque? – sììì sì vabbèèène<br />
ma io adesso sto a casa mia e devi venire qua... con mezzi tuoi mi<br />
dispiàààce... io ti avevo detto ieri s – va bene a più tardi buona giornata. clic, più o meno. stracazzo, ma<br />
quanto mi sta sopra il cazzo ma scendile da cuóllo a 'sta figlia, fossile di una vacca in calore ma vivi.<br />
'mmamìa fratac<strong>chi</strong>ó, malepanza. ouhà, 'sto cesso. 'n ci sta 'n dilandòg. no no no. senza, io <strong>non</strong> cago.<br />
uuuno a caaso cazzo, a memoria lo so. dio cazzo, 'n c'è tempo va bene 'sto qui se no immerdo il quartiere<br />
cazzazzazzazZZZZ – AOWUHUAAAH... cristo. sono solo. <strong>non</strong> sta più con me. mai ppiù mai ppiù<br />
maippiooOUHWAUH... 'st' era grossa. <strong>non</strong> studio. <strong>non</strong> scrivo <strong>non</strong> rido. <strong>non</strong> suono... diocazzo... con te era<br />
la balla che illudeva <strong>per</strong>ché credeva a se stessa, era forte e <strong>per</strong>ciò riusciva a straziare, a fare uscire il<br />
sangue. il dolore della tua balla mi manteneva sveglio. al riparo da me stesso. potevo darti la colpa di tutto:<br />
le mie sconfitte, le mie mancanze, i miei brufoli sul culo pallido. <strong>non</strong> ci sei più tu, a provare a uccidermi <strong>per</strong><br />
salvarmi dall'orrore della mia libertà senza s<strong>per</strong>anze. al loro posto tu, falsa s<strong>per</strong>anza, morbida e bianca,<br />
hai cercato di bastare a me più che a te stessa senza neanche accorgerti di quello che stava succedendo.<br />
senza volertene accorgere. addio, anima mia. siamo stati i peggiori attori di noi stessi. raccogli, <strong>per</strong> quanto<br />
vuoi, puoi, sai, il tuo sangue. il mio, come ho sempre fatto, così come ti aspetti, te lo lascio lì, nella gola,<br />
sotto le unghie. <strong>non</strong> voglio alzarmi, <strong>non</strong> voglio studiare, <strong>non</strong> voglio suonare <strong>scrive</strong>re lavorare la mia balla<br />
<strong>non</strong> strazia <strong>per</strong>ché lo sa che <strong>non</strong> è reale, lo sa che l'unico suo prodotto naturale è menzogna. è merda.<br />
affanculo, <strong>non</strong> mi alzo, resto qua.<br />
tutta la giornata a riprodurmi<br />
nel cesso.