022-23 ACS Spiega - Audio Car Stereo
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TECNICA TECNICA TECNICA TECNICA TECNICA TECNICA<br />
AfW PER TUTTIsettima puntata<br />
Si sente spesso dire che i<br />
filtri del prim’ordine (6 dB<br />
per ottava) sono semplici,<br />
ma soprattutto bensuonanti<br />
perché impiegano meno componenti.<br />
Messo così il discorso<br />
può anche filare; ed in effetti<br />
per molti fila, tanto che lo<br />
prendono per buono senza<br />
porsi troppe domande. Peccato<br />
che le cose non vadano sempre<br />
così, anzi spesso accade tutt’altro<br />
e l’apparente semplicità<br />
si trasforma in un’arma a doppio<br />
taglio che può vanificare<br />
anche l’innegabile vantaggio di<br />
avere pochi “ostacoli” in serie<br />
al segnale. Un filtro a 6 dB/ott<br />
soffre, anche se per motivi leggermente<br />
diversi, dello stesso<br />
problema che affligge un filtro<br />
di ordine superiore, ossia la<br />
sensibilità alle variazioni dell’impedenza<br />
di carico. Per convincersene<br />
basta dare un’occhiata<br />
alle Figure 1 e 2, da cui<br />
si vede che il picco dell’impedenza<br />
alla risonanza o l’incremento<br />
di impedenza dovuto alla<br />
“Le” possono snaturare completamente<br />
il comportamento<br />
di un “innocuo” condensatore<br />
o induttore messo in serie ai<br />
<strong>ACS</strong>-<strong>Audio</strong><strong>Car</strong><strong>Stereo</strong> n. 161<br />
morsetti del nostro altoparlante,<br />
allontanando anche di svariati<br />
decibel la risposta realmente<br />
ottenuta da quella che<br />
avevamo ipotizzato.<br />
Senza le contromosse che abbiamo<br />
visto la scorsa puntata,<br />
ossia la linearizzazione dell’impedenza,<br />
solo pochi altoparlanti<br />
possono essere filtrati<br />
con l’“esoterico” prim’ordine.<br />
Celle di compensazione,<br />
un trucco da usare<br />
con attenzione<br />
Oltre a “spianare” l’impedenza<br />
di un altoparlante, le celle di<br />
compensazione possono essere<br />
usate per far sparire i cosiddetti<br />
break-up, ossia quei picchi in<br />
gamma medioalta ed alta che<br />
affliggono molti woofer, midrange<br />
e tweeter, specialmente<br />
quando le loro membrane sono<br />
realizzate con materiali rigidi e<br />
intrinsecamente poco smorzati<br />
come metalli o ceramiche.<br />
L’idea di principio è quella di<br />
mettere in serie all’altoparlante<br />
una cella risonante RLC-parallelo<br />
(con i componenti tra di<br />
loro in parallelo; una cella sif-<br />
Figura 1. Filtrare un altoparlante con un semplice condensatore in serie e<br />
nulla più è una possibilità allettante ma espone a rischi spesso sottovalutati<br />
(o ignorati). In questa figura vediamo quanto differisca la risposta in frequenza<br />
di un tweeter filtrato a 6 dB/ott a seconda che si consideri o meno<br />
l’impedenza reale (rispettivamente curva nera e rossa). Il picco alla risonanza<br />
provoca un innalzamento localizzato della risposta di ben 10 decibel!<br />
fatta si comporta come un cortocircuito<br />
per le frequenze lontane<br />
dalla “Fc” imposta e come<br />
una resistenza pari al valore<br />
scelto per “R” nei dintorni della<br />
Fc) per attenuare in maniera<br />
selettiva alcune frequenze.<br />
Nella pratica non sempre questa<br />
è la soluzione migliore, almeno<br />
se l’intervento correttivo<br />
va fatto abbastanza “vicino” al<br />
taglio effettuato dal crossover<br />
passivo.<br />
L’interazione tra il crossover e<br />
le alterazioni di impedenza<br />
provocate dalla cella risonante<br />
rischia di complicare e rendere<br />
poco prevedibile il risultato finale,<br />
e può essere utile utilizzare<br />
la “duale” a quella descritta,<br />
ossia una RLC-serie<br />
(con i componenti tra loro in<br />
serie; il comportamento è opposto,<br />
essendo assimilabile ad<br />
un circuito aperto a frequenze<br />
sufficientemente lontane dalla<br />
Fc e ad una resistenza pari ad<br />
“R” intorno alla Fc, che va<br />
quindi a trovarsi in parallelo<br />
all’altoparlante solo a quelle<br />
frequenze) posta in parallelo ai<br />
morsetti dell’altoparlante. Facciamo<br />
qualche esempio.<br />
<strong>ACS</strong><br />
spiega<br />
Dopo aver<br />
visto le insidie che<br />
si nascondono dietro<br />
la progettazione<br />
di un (apparentemente)<br />
innocuo filtro<br />
crossover passivo,<br />
non solo quando<br />
ci si affida incautamente<br />
a delle<br />
tabelline generiche,<br />
diamo uno<br />
sguardo ad alcune<br />
altre problematiche<br />
che affliggono questi<br />
importantissimi<br />
componenti, croce<br />
e delizia di ogni<br />
appassionato, ed<br />
alle possibili soluzioni<br />
a base di celle<br />
di compensazione<br />
e di ritardo.<br />
a cura di<br />
FEDERICO VALERI<br />
f.valeri@technipress.it<br />
Figura 2. Meno pericolosa ma altrettanto scomoda la situazione duale,<br />
ossia un passa-basso del prim’ordine (induttore posto in serie<br />
all’altoparlante). La curva viola rappresenta l’andamento ideale<br />
dell’attenuazione, avendo ipotizzato un carico resistivo, quella blu<br />
l’andamento reale su carico reale. L’errore è notevolissimo, superando i 9<br />
dB a 6 kHz.<br />
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TECNICA TECNICA TECNICA TECNICA TECNICA TECNICA TECNICA TECNICA<br />
Figura 3. Molti altoparlanti presentano una risposta in frequenza lontana<br />
dalla “riga dritta” che ci si potrebbe aspettare (curva nera, altoparlante non<br />
filtrato). In questi casi una compensazione mediante una o più celle RLC<br />
poste in serie all’altoparlante può “spianare” a sufficienza anche il più ostico<br />
dei tweeter (curva rossa, altoparlante non filtrato ma compensato).<br />
Figura 4. Le due celle usate nell’esempio della figura precedente, con i<br />
valori dei componenti e l’effetto sull’altoparlante (curva nera attenuazione,<br />
curva blu impedenza). Si notano i due “avvallamenti” sulla curva relativa<br />
al modulo, centrati alle frequenze che vogliamo attenuare e a cui<br />
corrispondono due innalzamenti localizzati dell’impedenza.<br />
In Figura 3 abbiamo due curve: quella nera è la risposta in frequenza<br />
di un tweeter non filtrato che presenta due esaltazioni<br />
(circa 5 e 12 kHz) ed uno stretto buco sui 6,7 kHz, quella rossa<br />
mostra l’intervento correttivo operato da due celle RLC-parallelo<br />
poste in serie ai morsetti dell’altoparlante, il cui aspetto ed intervento<br />
sono visibili in Figura 4. Il buco non può essere “riempito”,<br />
ma certamente le due esaltazioni (che tra l’altro rendevano ancor<br />
più evidente il buco) sono state pressoché spianate del tutto. In<br />
questo caso non ci sono problemi nell’optare per le celle RLC-parallelo,<br />
stante il fatto che la probabile frequenza di taglio che sceglieremo<br />
per questo tweeter sarà probabilmente di un’ottava inferiore<br />
alla frequenza su cui è centrata la prima cella (che oltretutto<br />
presenta un Qn piuttosto alto, ossia un intervento mirato quindi<br />
relativamente “stretto” in frequenza). Se l’intervento avessimo dovuto<br />
attuarlo a 2-3 kHz allora avremmo dovuto cambiare strategia.<br />
Vediamo ad esempio cosa succede se cerchiamo di filtrare<br />
passa-basso un midwoofer con un paio di break-up in gamma medioalta<br />
e colleghiamo in serie all’altoparlante (quindi tra filtro e<br />
midwoofer) una cella RLC-parallelo.<br />
In Figura 5 vediamo la riposta dell’altoparlante in aria libera e<br />
senza alcun filtro, con la curva rossa che è il target che dobbiamo<br />
raggiungere (l’abitudine di porsi una curva ottimale da raggiungere,<br />
generalmente corrispondente ad un Linkwitz-Riley del<br />
quart’ordine, è molto comoda e velocizza non poco il lavoro); in<br />
Figura 6 invece ho inserito un filtro passa-basso passivo del second’ordine<br />
a circa 1.500 Hz (per ottenere una F -3 dB a 2.500<br />
Hz!). L’andamento complessivo ben approssima la curva rossa e<br />
ci si potrebbe già accontentare se ignorassimo la presenza del primo<br />
break-up a 1.600 Hz. 6 dB di errore proprio nei pressi della Ft<br />
sono un po’ troppi, quindi non possiamo esimerci dal porvi rimedio;<br />
proviamo allora, in prima battuta, con la soluzione adottata<br />
precedentemente sul tweeter. Centriamo una bella cella più o meno<br />
dove si trova il picco, scegliamone il “Qn” in modo da concentrare<br />
l’effetto solo sul picco e lanciamo nuovamente la simulazione<br />
(Fig. 7).<br />
Cosa è cambiato? Praticamente nulla; il picco è sempre lì, appena<br />
appena dimagrito, che ci guarda sorridente come a dire «E mica<br />
basta così poco per farmi fuori!». Se vi state chiedendo perché mai<br />
non funziona, la risposta è molto più banale di quanto potrebbe<br />
apparire, quindi non scomodate motivazioni più o meno astruse o<br />
fantasiose che non è il caso: una cella RLC-parallelo (posta in serie<br />
al componente da “equalizzare”) attenua determinate frequenze<br />
perché, a quelle frequenze, si comporta come una esistenza di valore<br />
“R” mentre al di fuori di questa banda, la cui larghezza dipende<br />
dal “Qn” impostato, è come se fosse un pezzo di cavo, e se andiamo<br />
a graficare l’impedenza complessiva troviamo proprio uno<br />
stretto innalzamento in corrispondenza della Fc (Fig. 8).<br />
Ma la scorsa puntata abbiamo visto che un filtro passivo soffre le<br />
variazioni di impedenza, in particolar modo tende a risuonare se<br />
vede un’impedenza più alta del previsto nei dintorni della sua frequenza<br />
di taglio. Questi due effetti, l’attenuazione introdotta dalla<br />
cella RLC e l’esaltazione introdotta dal filtro vero e proprio, si annullano<br />
a vicenda, lasciando il picco pressoché inalterato. Le “magie”,<br />
però, si pagano, e a pagare è l’amplificatore, che intorno ai<br />
1.600 Hz vede un carico piuttosto gravoso. Attenzione, quindi, a<br />
guardare cosa accade solo alla fine di una catena di componenti;<br />
in mezzo potrebbe stare per accadere un guaio, che scoprireste solo<br />
quando è troppo tardi (chi ha fatto un esame ostico ma straordinario<br />
come “Controlli automatici” sa bene cosa intendo…).<br />
Con una cella RLC-parallelo, invece, tutto questo non accade perché<br />
effettuiamo una vera e propria partizione tra la reattanza del<br />
filtro e quella della cella, e si riesce a far sparire perfettamente il<br />
picco (Figg. 9 e 10).<br />
Figura 5. In questa figura vediamo la riposta<br />
dell’altoparlante in aria libera e senza alcun filtro,<br />
con la curva rossa che è il target che dobbiamo raggiungere.<br />
Si notano tre break-up molto evidenti in gamma media e alta.<br />
<strong>ACS</strong>-<strong>Audio</strong><strong>Car</strong><strong>Stereo</strong> n. 161
TECNICA TECNICA TECNICA TECNICA TECNICA TECNICA TECNICA TECNICA<br />
Celle di ritardo: premessa<br />
Prima di iniziare a parlare di come si usano occorre spendere due<br />
righe per capire cos’è e come opera realmente una linea di ritardo<br />
analogica passiva, ma anche perché non può fare miracoli.<br />
Innanzitutto fissiamo le idee: un ritardo (costante) nel tempo, corrispondente<br />
al tempo che il suono impiega a percorrere un determinato<br />
spazio, si evidenzia sul segnale acustico con una rotazione<br />
di fase proporzionale alla frequenza, ed è importante sottolineare<br />
che vale anche il viceversa. Da tale dualismo deriva che, per produrre<br />
lo stesso effetto acustico dell’arretramento fisico di un altoparlante,<br />
basta imporre che la fase del segnale elettrico vari di una<br />
quantità proporzionale alla frequenza lasciando inalterato il modulo,<br />
cioè l’ampiezza del segnale. In campo analogico fare una simile<br />
operazione è relativamente facile, bastano poche coppie di<br />
condensatori ed induttori, al limite anche una sola coppia, ma ci<br />
sono pesanti limiti che non si possono aggirare in nessun modo. Il<br />
più stringente è che ogni cella, per quanto complessa sia, è caratterizzata<br />
da un limite superiore alle frequenze che si possono “arretrare”,<br />
superato il quale il ritardo tende a diventare trascurabile;<br />
inoltre tale limite superiore decresce all’aumentare del ritardo che<br />
desideriamo ottenere (Fig. 11). Questo implica che un woofer lo si<br />
può ritardare anche di molte decine di centimetri, progettando<br />
una cella che si comporti da cella di ritardo almeno fino alle frequenze<br />
che esso deve riprodurre (in genere poche centinaia di<br />
hertz). Viceversa un tweeter, che si estende fino ai 20 kHz, difficilmente<br />
potrà essere ritardato più di qualche centimetro (con una<br />
cella del prim’ordine come quella messa a disposizione da AfW<br />
non si superano i 5 millimetri!).<br />
Il secondo limite, fortunatamente aggirabile, è che, esattamente<br />
come per un normalissimo filtro crossover, una cella passiva risente<br />
molto delle variazioni dell’impedenza di carico, che quindi deve<br />
essere il più possibile resistivo, cioè costante. Ecco perché in<br />
AfW la trovate all’inizio del blocco dedicato alle celle di compensazione.<br />
Celle di ritardo: progettazione<br />
Dando per scontato di aver linearizzato l’impedenza con l’uso accorto<br />
di celle RLC ed RC, come visto nella puntata precedente,<br />
oppure di aver assegnato manualmente un’impedenza costante<br />
per semplificarsi la vita, vediamo come si procede per passare<br />
dall’idea alla<br />
realizzazione di un qualcosa che compia davvero questa azione.<br />
La prima cosa da fare è capire se ciò è fattibile, ossia se, con la<br />
cella che possiamo simulare, i 5 centimetri corrispondano ad una<br />
massima frequenza d’impiego compatibile col range di funzionamento<br />
dell’altoparlante da ritardare. Apriamo il blocco “reti di<br />
compensazione” (Fig. 12), scrivendo subito nel campo in alto a<br />
destra l’impedenza di carico per evitare di scordarcene in seguito,<br />
ed abilitiamo la prima cella cliccando sul relativo simbolo. I campi<br />
che trovate sono, partendo dall’alto: “Rt(µs)” ossia il ritardo<br />
temporale espresso in microsecondi equivalente all’allontanamento<br />
virtuale (chi possiede un’autoradio Alpine dovrebbe esserci abituato),<br />
“Ft” che indica la massima frequenza per cui è attendibile<br />
il ritardo, “Rp(dB)” che indica l’eventuale alterazione del modulo<br />
dovuta alla discrepanza tra impedenza di carico e dato inserito<br />
nell’apposito campo in alto a destra, poi “L” e “C” che sono i valori<br />
delle due coppie di componenti calcolati da AfW in base al ritardo<br />
desiderato, “Rl” e “Rc” che consentono, come visto già durante<br />
l’analisi dei filtri passivi, di tenere in conto le resistenze parassite<br />
dei componenti impiegati, ed infine l’offset fisico espresso<br />
Figura 8. Questa è la cella usata per ottenere la figura<br />
precedente. Come si vede la curva nera (attenuazione) indica<br />
che effettivamente la cella RLC attenua intorno alla sua Fc, ma<br />
l’incremento di impedenza che si verifica a quelle frequenze<br />
(vedi cursore) fa sì che il crossover risponda con un’esaltazione<br />
pressoché identica, neutralizzando l’attenuazione.<br />
<strong>ACS</strong>-<strong>Audio</strong><strong>Car</strong><strong>Stereo</strong> n. 161<br />
Figura 6. Filtrando con un passa-basso del second’ordine riusciamo<br />
a piegare la risposta alle nostre esigenze, anche se rimane una traccia<br />
non trascurabile del primo break-up (circa 6 decibel).<br />
Figura 7. Se cerchiamo di “spianare” quel residuo con celle RLC del tipo<br />
visto in figura 4, poste tra crossover ed altoparlante, commettiamo un<br />
errore che solo un programma di simulazione ci consente di scoprire.<br />
Nell’intorno delle frequenze alle quali il filtro opera il taglio esso è<br />
estremamente sensibile alle variazioni di impedenza di carico, tanto che<br />
la scorsa puntata avevamo dedicato ampio spazio a tale problematica.<br />
Ecco quindi che il nostro picco è ancora lì, solo appena “dimagrito”.<br />
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TECNICA TECNICA TECNICA TECNICA TECNICA TECNICA TECNICA TECNICA<br />
Figura 9. Optando per<br />
una cella RLC-serie,<br />
da mettere stavolta in<br />
parallelo all’altoparlante,<br />
le cose tornano a<br />
funzionare come<br />
dovrebbero. Notate<br />
infatti che, dove prima<br />
c’era un innalzamento<br />
dell’impedenza, ora c’è<br />
un abbassamento<br />
abbastanza marcato.<br />
Figura 10. Ecco in<br />
definitiva come opera<br />
il nostro filtro in unione<br />
alla cella di<br />
compensazione di<br />
Figura 9. L’altoparlante è<br />
stato domato quasi alla<br />
perfezione ed in pochi<br />
passaggi!<br />
Figura 11. Confronto tra<br />
rotazioni di fase<br />
introdotte da un<br />
allontanamento fisico<br />
(curva nera) ed uno<br />
simulato mediante cella<br />
di ritardo (curva rossa).<br />
Fin verso i 2 kHz la<br />
sovrapposizione è ottima<br />
ma, mentre al disopra<br />
di tale frequenza la cella<br />
di ritardo tende<br />
asintoticamente a 180°,<br />
un “vero” ritardo<br />
vorrebbe che la fase<br />
continuasse a variare<br />
all’infinito.<br />
Effettivamente la cella a<br />
cui corrisponde la curva<br />
rossa ha come frequenza<br />
di taglio (si chiama<br />
come quella di un<br />
normale filtro anche se<br />
non “taglia” nulla) circa<br />
2,2 kHz, corrispondenti<br />
a 5 cm.<br />
Figura 12. Una volta<br />
abilitata la cella<br />
di ritardo basta inserire<br />
in basso il numero<br />
di centimetri<br />
di arretramento<br />
da assegnare<br />
all’altoparlante, cliccare<br />
su “Calcola” ed il gioco<br />
è fatto. Nel campo Ft<br />
compare la massima<br />
frequenza interessata<br />
dall’arretramento, che<br />
deve essere maggiore<br />
della massima frequenza<br />
riprodotta<br />
dall’altoparlante, sicché<br />
possiamo subito scoprire<br />
se l’idea è realizzabile<br />
oppure dobbiamo<br />
ricorrere a più celle<br />
poste in cascata<br />
(altamente sconsigliato)<br />
o ad un processore<br />
digitale.<br />
in centimetri “Offs.(cm)” corrispondente<br />
al ritardo temporale del primo<br />
campo moltiplicato per la velocità del<br />
suono (344 m/s).<br />
Di tutti questi campi basta agire sul primo<br />
o sull’ultimo, partendo quindi dal<br />
ritardo da introdurre o dai centimetri di<br />
cui vogliamo arretrare l’altoparlante.<br />
Di solito si parte dai centimetri, essendo<br />
l’unica grandezza misurabile facilmente,<br />
quindi scriviamo 5, premiamo<br />
“Calcola” e andiamo a guardare nel<br />
campo Ft cosa ci dice <strong>Audio</strong> for Windows:<br />
2,2 kHz. Bene, questo vuol dire<br />
che se il nostro altoparlante è filtrato<br />
passa-basso a frequenze inferiori a 2-<br />
2,2 kHz riusciremo ad arretrarlo correttamente,<br />
altrimenti se fosse tagliato a<br />
3-4 kHz o anche più parte della gamma<br />
da esso riprodotta verrebbe trattata<br />
diversamente dalla restante.<br />
Dal momento che la relazione tra<br />
massima frequenza arretrabile e arretramento<br />
ottenuto è di inversa proporzionalità<br />
adesso sappiamo che per riprodurre<br />
correttamente i 20 kHz non<br />
possiamo arretrare più di 5 mm, mentre<br />
se ci si accontenta di arretrare le<br />
frequenze inferiori ai 200 Hz possiamo<br />
spostare virtualmente il nostro altoparlante<br />
anche di mezzo metro.<br />
Risulta evidente, quindi, l’insostituibilità<br />
dei ritardi digitali in un ambiente<br />
come l’abitacolo in cui i tweeter sono<br />
molto spesso più avanzati di medi e<br />
woofer e richiedono di essere allontanati<br />
di molti centimetri.<br />
A questo punto basta assicurarsi che la<br />
cella appena realizzata non introduca<br />
alterazioni apprezzabili nel modulo<br />
della risposta (ossia che la curva nera<br />
non si discosti troppo dallo “zero dB”),<br />
magari a causa di una non perfetta linearizzazione<br />
dell’impedenza, ed il<br />
gioco è fatto. In caso contrario si ritoccano<br />
le celle di compensazione fino a<br />
risolvere il problema.<br />
Conclusioni<br />
Delle cose viste in questa puntata mi<br />
preme ribadire le due che ritengo siano<br />
più importanti:<br />
- in linea di massima per eliminare dei<br />
picchi dalla risposta in frequenza di<br />
un altoparlante è preferibile usare celle<br />
RLC-serie poste in parallelo ad esso<br />
se si opera nelle vicinanze della frequenza<br />
di taglio del crossover passivo,<br />
viceversa celle RLC-parallelo poste in<br />
serie se operiamo lontano dalla Ft;<br />
- una cella di ritardo non fa miracoli,<br />
la limitazione vista poco sopra non è<br />
aggirabile e va tenuta sempre a mente,<br />
esattamente come la necessità di farla<br />
lavorare su un carico il più possibile<br />
resistivo.<br />
Alla prossima.<br />
<strong>ACS</strong>-<strong>Audio</strong><strong>Car</strong><strong>Stereo</strong> n. 161