Biodiversità a rischio - Legambiente
Biodiversità a rischio - Legambiente
Biodiversità a rischio - Legambiente
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
34<br />
Rapporto di <strong>Legambiente</strong> <strong>Biodiversità</strong> a <strong>rischio</strong><br />
6<br />
I parchi nel tempo della crisi:<br />
conservare la biodiversità e frenare<br />
gli effetti del cambio climatico per<br />
promuovere la green economy<br />
La crisi economica che stiamo attraversando<br />
rischia di convincere molti che<br />
una politica di tutela e conservazione<br />
di beni fondamentali, come la biodiversità,<br />
può apparire un lusso che un Paese<br />
non può permettersi. Si tratterebbe<br />
di un grave errore perché l’attuale crisi<br />
non è solo economica ma anche ambientale:<br />
due aspetti strettamente connessi<br />
ed interdipendenti molto più di<br />
quanto appare. La centralità dell’emergenza<br />
ambientale e dei cambiamenti<br />
globali, con le conseguenze negative su<br />
ambiente, economia, salute e distribuzione<br />
della ricchezza tra le varie regioni<br />
del mondo, permea ormai tutti i principali<br />
documenti politici internazionali.<br />
La Banca Mondiale ha stimato in oltre<br />
45 miliardi di dollari/anno la perdita di<br />
PIL causata dai processi di desertificazione<br />
in corso, mentre la distruzione<br />
degli ambienti naturali provoca perdite<br />
di reddito stimate in 250 miliardi di<br />
dollari/anno. La biodiversità è quindi<br />
un patrimonio unico e prezioso messo<br />
a <strong>rischio</strong> non solo dai mutamenti<br />
climatici o da altri fenomeni di origine<br />
antropica, ma anche dalla sottovalutazione<br />
del valore che questa realmente<br />
rappresenta.<br />
E’ stata soprattutto la crescita dei<br />
territori protetti che ha contribuito con<br />
successo a mantenere questo patrimonio<br />
di biodiversità. E per frenarne<br />
la perdita, la comunità mondiale deve<br />
compiere sforzi maggiori come quello<br />
di far crescere entro il 2020 la percentuale<br />
di aree protette a livello mondiale<br />
(il 17% delle aree terrestri e il 10% di<br />
quelle marine) come stabilito dal protocollo<br />
di Nagoya. La rete mondiale di<br />
aree protette è nata infatti dalla duplice<br />
necessità di arrestare i vasti processi<br />
di degradazione in atto e di pianificare<br />
l’uso sostenibile del territorio, a partire<br />
dalle risorse più preziose quali biodiversità,<br />
acqua, suolo. Beni fondamentali,<br />
da sempre considerati inesauribili<br />
e privi di valore economico, ma di cui<br />
è ormai riconosciuta l’importanza nella<br />
formazione della ricchezza delle economie.<br />
Senza acqua pulita, aria pulita, terra e<br />
clima stabile non c’è vita decente, sviluppo<br />
durevole, economia competitiva.<br />
Anche i territori in cui tali beni si producono<br />
(quasi sempre aree protette) finiscono<br />
per acquistare sempre maggiore<br />
importanza nelle politiche degli Stati<br />
in quanto rappresentano la grande banca<br />
in cui tali beni, indispensabili alla<br />
vita come all’economia, si generano e<br />
rigenerano. E’ anche, o soprattutto per<br />
questo, che una politica di realizzazione<br />
di sistemi di aree protette sempre<br />
più vasti ed interconnessi (rete ecologica)<br />
non rappresenta un optional ma<br />
un imperativo doveroso. Tocca alle aree<br />
protette, perciò, contribuire a frenare<br />
la perdita di biodiversità cominciando<br />
con l’assumere maggiori responsabilità<br />
nel mantenere intatti gli ecosistemi che<br />
conservano.<br />
Nel nostro Paese le aree protette sono<br />
state una grande sollecitazione per<br />
molte realtà territoriali a misurarsi con<br />
politiche di sviluppo innovative basate<br />
sulla qualità ambientale. Infatti, se