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Salvatore cuffaro - Narcomafie

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Per accelerare i tempi della pubblicazione i testi che seguono non sono stati editati<br />

Palermo, 25 settembre 2007,<br />

Inizio Requisitoria Processo Aiello – Cuffaro e altri (talpe alla Dda)<br />

Pm, Michele Prestipino:<br />

Iniziamo a trattare l’imputazione del reato di partecipazione all’associazione mafiosa Cosa Nostra<br />

ai sensi dell’art.416bis del codice penale, che in questo processo è stato contestato all’imputato<br />

Michele Aiello, in aggiunta alle altre ipotesi di reato specifiche.<br />

La contestazione del reato associativo, e quindi della partecipazione, ha trovato nella formulazione<br />

del capo di imputazione una concreta specificazione in alcune frazioni di condotta e in particolare in<br />

quattro frazioni di condotta che sono state enucleate nel capo di imputazione con riferimento alla<br />

gestione di lavori, con riferimento alla raccolta di informazioni riservate da parte di pubblici<br />

ufficiali, informazioni finalizzate poi alla reimmisione nel circuito mafioso e quindi alla tutela<br />

dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra. Informazione tutte coperte da segreto e reimmissione nel<br />

circuito mafioso in particolare attraverso la persona di <strong>Salvatore</strong> Eucaliptus, per quanto ad alcune di<br />

esse.<br />

La terza frazione di condotta che è stata contestata è quella relativa al finanziamento<br />

dell’organizzazione mafiosa da parte dell’imputato mediante erogazione di ingenti somme in<br />

contante.<br />

La quarta frazione è quella della disponibilità all’assunzione presso imprese e società all’imputato<br />

facenti capo, di diversi soggetti a seguito di segnalazioni, raccomandazioni ricevute da componenti<br />

dell’organizzazione mafiosa, tra i quali i fratelli Rinella di Trabia e Nicolò Eucaliptus di Bagheria.<br />

Benché le frazioni di condotta determinate siano 4 in realtà i nuclei essenziali di queste condotte<br />

sono soltanto due, il primo connesso al profilo imprenditoriale dell’attività dell’imputato, secondo,<br />

il paradigma del cosiddetto patto di protezione che costituisce il segno distintivo del reato<br />

associativo quando, come è noto, a commetterlo è un soggetto che conduce un’attività d’impresa,<br />

imprenditoriale.<br />

L’altro nucleo, il secondo, che è anch’esso in questo caso specifico connesso all’attività<br />

imprenditoriale di Aiello, ma che potenzialmente è scindibile, è invece attinente all’attività di<br />

acquisizione di informazioni riservate. Informazioni coperte dal segreto d’indagine, informazioni<br />

che in buona parte sono ulteriori e diverse rispetto a quelle che riguardavano e hanno riguardavato i<br />

procedimenti in corso nei confronti dello stesso imputato, cioè di Michele Aiello e delle sue<br />

imprese. Quindi sono informazioni che non riguardano più Michele Aiello indagato per mafia, non<br />

riguardano più Michele Aiello presumibilmente indagato in un processo sulla sanità, non riguardano<br />

più la gestione delle sue società operative nel settore della radioterapia, ma informazioni riservate<br />

che riguardano attività investigative aventi ad oggetto l’attività dell’organizzazione mafiosa e poi<br />

vedremo in particolare di quali specifiche attività si sia trattato.<br />

In particolare si fa rifermimento all’attività di illecita acquisizione di informazioni sulle<br />

investigazioni che sono state condotte in un lungo e apprezzabile arco temporale da uno dei reparti<br />

d’eccellenza dell’arma dei carabinieri e cioè il Ros nell’ambito delle iniziative di contrasto<br />

all’organizzazione mafiosa Cosa Nostra e in particolare, nell’ambito di attività, con riferimento alle<br />

ricerca di due dei più importanti capimafia da tempo latitanti, ossia Matteo Messina Denaro e il<br />

capo di Cosa Nostra, allora latitante Bernardo Provenzano. Queste informazioni venivano<br />

reimmesse nel circuito interno a Cosa nostra più vicino proprio ai due capi mafiosi.<br />

Chi è l’imprenditore Michele Aiello da questo punto di vista, attraverso questo angolo prospettico<br />

del processo. L’ing. Michele Aiello è l’imprenditore bagherese che ha operato per lungo tempo<br />

nella realizzazione delle stradelle interpoderali, che a metà degli anni novanta si è attivato e ha<br />

operato anche nel campo sanitario in particolare nel settore della radioterapia, della diagnostica per<br />

immagini, dove ha segnato la sua presenza imprenditoriale per il tramite di alcune società, villa<br />

1


Santa Teresa e società Atm, di cui Aiello era il diretto gestore e titolare di tutte o gran parte delle<br />

quote.<br />

Nell’esercizio di tutte queste attività, sia la realizzazione delle strade interpoderali e sia le attività<br />

concernenti il settore della sanità, Michele Aiello ha certamente fruito dell’appoggio, dell’ausilio<br />

determinante, dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra, con la quale è entrato in quel particolare<br />

rapporto di reciproco scambio di utilità che come dicevo caratterizza la condotta di partecipazione<br />

organica di chi esercita un’attività imprenditoriale.<br />

È un paradigma noto nelle nostre aule, si ha da un lato un particolare ausilio da parte<br />

dell’organizzazione mafiosa al quale consegue per l’imprenditore l’attribuzione di posizioni e<br />

vantaggi che non sarebbero stati altrimenti conseguibili, attraverso questo ausilio vengono piegate<br />

le regole del mercato, vengano realizzati interessi che perciò diventano illeciti, interessi funzionali<br />

sia al soggetto imprenditore che in tal modo diventa organico, che all’organizzazione mafiosa, come<br />

vedremo.<br />

Questo determinante ausilio ha come controprestazione l’impegno a finanziare l’organizzazione<br />

attraverso il versamento di cospicue somme in favore delle sue articolazioni territoriali di<br />

competenza, nell’ambito della scrupolosa osservanza della regole della così detta “messa a posto”.<br />

L’ausilio ha come controprestazione l’impegno, e lo ha avuto ovviamente per Michele Aiello,<br />

l’assunzione di personale segnalato dai mafiosi, l’impegno ad accettare le forniture da parte delle<br />

imprese amiche di Cosa Nostra, ha infine e lo vedremo in particolare nel caso di Michele Aiello, un<br />

altro impegno, quello di rendere ulteriori prestazioni e favori come l’acquisizione e la reimmissione<br />

nel circuito mafioso di informazioni importanti, come appunto lo svolgimento di un ruolo di<br />

tramite, di cerniera con settori della vita pubblica con i quali l’organizzazione mafiosa non avrebbe<br />

la possibilità di interloquire utilmente, per gli interessi della stessa organizzazione.<br />

Questa è la lettura degli atti del processo della pubblica accusa. Di segno opposto è quella,<br />

presentata nel corso di un lunghissimo esame, proposta dall’imputato Michele Aiello, il quale si è<br />

presentato come un imprenditore che opera Sicilia, che dunque fa impresa in quella che viene<br />

definita una situazione difficile, che non lascia alternativa e, per come ci ha detto esplicitamente in<br />

alcuni passaggi del suo esame lo stesso M. A., con scelte che sono state, di conseguenza, coartate<br />

sempre e comunque dalla forza di intimidazione esercitata nei suoi confronti dall’organizzazione<br />

mafiosa Cosa Nostra nelle sue diverse articolazioni.<br />

Dunque è complice, anzi come diciamo noi, vero e proprio protagonista organico di cn ai massimi<br />

vertici o vittima della mafia l’ing Michele Aiello?<br />

È il tema che si propone nelle nostre aule di giustizia ogni volta che è imputato di reati di mafia un<br />

imprenditore ed è questo anche uno dei temi di questo processo che dovrà trovare nel proprio<br />

svolgimento sulla scorta dei rigorosi elementi di prova che sono stati raccolti nel corso<br />

dell’istruttoria dibattimentale.<br />

Questi elementi di prova che riguardano anche la contestazione del reato associativo, hanno trovato<br />

nel corso dell’istruttoria dibattimentale un’ampia ed eterogenea rappresentazione. Noi, e mi<br />

riferisco allle fonte di prova che riguardano la contestazione del reato associativo, abbiamo raccolto<br />

elementi davvero eterogenei, dichiarazioni di soggetti che hanno scelto di collaborare con l’autorità<br />

giudiziaria, abbiamo raccolto le dichiarazioni di numerosi testimoni, consulenti, abbiamo raccolto le<br />

dichiarazioni di imputati di questo stesso processo ma anche di imputati di reato connesso e poi<br />

abbiamo ricostruito conversazioni oggetto di intercettazioni telefoniche e ambientali e poi abbiamo<br />

fatto acquisire documenti che si sono rivelati particolarmente importanti e significativi. Si tratta di<br />

elementi di prova, tutti, che si pongono in un chiaro evidente reciproco rapporto di interazione, si<br />

combinano secondo un’evidente equivalenza probatoria, un’equivalenza probatoria di elementi che<br />

ha finito per caratterizzare tutti i processi di mafia celebrati nelle nostre aule, almeno negli ultimi<br />

anni.<br />

Se si volesse attribuire un ordine, anche solo di carattere logico, ai diversi elementi di prova, allora<br />

non c’è dubbio che occorre prendere le mosse dalle dichiarazioni accusatorie che nei confronti di<br />

2


Michele Aiello ha reso, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, il collaboratore Antonino Giuffrè.<br />

Dichiarazioni che per la loro ampiezza e complessità hanno assunto nell’economia del processo la<br />

veste di chiamata di correo, nel senso più tecnico e sostanziale del termine, dopo che proprio le<br />

dichiarazioni di Antonino Giuffrè nei confronti di Michele Aiello avevano a suo tempo, ossia nel<br />

novembre del 2002, costituito l’occasione per l’avvio dello stesso procedimento penale per reati di<br />

mafia nei confronti dello stesso Aiello. Dunque occorre prendere le mosse proprio da Giuffrè.<br />

Antonino Giuffrè in questo processo ha reso un lungo e ampio esame e controesame e riesame nella<br />

veste di imputato di reato connesso nel corso delle udienze del 8-9-10 marzo 2005. A seguito di una<br />

precisa richiesta della difesa di Michele Aiello, all’udienza del 24 febbraio 2005 abbiamo anche<br />

esibito, e poi è stato acquisito nel fascicolo del pubblico ministero, per la parte di interesse di questo<br />

processo, il verbale illustrativo della collaborazione di Giuffré. Noi abbiamo provveduto ad analoga<br />

incombenza anche rispetto ad altri collaboratori di giustizia che pure sono stati esaminati nel corso<br />

dell’istruttoria dibattimentale come aveva richiesto la stessa difesa, in osservanza del consolidato<br />

orientamento presso la corte di cassazione secondo cui la disciplina del verbale illustrativo della<br />

collaborazione si applica soltanto a chi ha fatto la scelta di collaborare dopo l’entrata in vigore della<br />

legge del febbraio 2001. Sicché non è atto che produce effetti determinanti sia da un punto di vista<br />

penale che amministrativo nei confronti di quei collaboratori che avevano fatto la scelta di<br />

collaborare prima del febbraio del 2001.<br />

Giuffrè è stato tratto in arresto il 16 aprile 2002 dopo un lungo periodo di latitanza e dopo circa 2<br />

mesi, nella metà del mese di giugno 2002 ha iniziato a collaborare con l’autorità giustiziaria. GHa<br />

subito assunto gli impegni previsti dalla legge 45 del 2001 e al termine dei 180 giorni previsti dalla<br />

legge45/2001 ha anche sottoscritto il verbale illustrativo della collaborazione. È stato quindi<br />

ammesso in via definitiva al programma speciale per i collaboratori di giustizia che nel frattempo è<br />

stato anche più volte prorogato. Il percorso collaborativo di Giuffrè è lineare e senza intoppi.<br />

Giuffrè ha rilasciato dichiarazioni sia nella veste di imputato di reato connesso sia come imputato in<br />

tutti i più importanti e rilevanti processi che hanno avuto svolgimento negli ultimi 5 anni in tutte le<br />

sedi giudiziarie siciliane e non solo nei confronti dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra. Molti di<br />

questi processi sono stati definiti con il riconoscimento della penare responsabilità degli imputati<br />

che erano stati tra l’altro chiamati in causa proprio da Antonino Giuffrè e di conseguenza il suo<br />

contributo collaborativo durante questo periodo è già stato valutato positivamente in quanto alla<br />

cosiddetta attendibilità generica da diversi organi giurisdizionali, con un gran numero di sentenza<br />

che nel frattempo sono divenute definitive.<br />

Alcune di queste sentenze sono state prodotte nel corso dell’istruttoria dibattimentale, faccio<br />

riferimento in particolar ad alcune decisioni che si segnalano anche da un punto di vista di<br />

attendibilità generica per i temi che abbiamo affrontato in questa sede. Faccio riferimento in primo<br />

luogo alla sentenza 6 maggio 2004, della corte di Cassazione, ed è il documento 28 della<br />

produzione del Pm acquisita all’udienza del 10 maggio 2007, con la quale la Corte ha confermato la<br />

decisione della Corte d’Assise di Caltanissetta dell’8 luglio 2003, processo contro <strong>Salvatore</strong> Riina e<br />

altri, imputati e condannati in via definitiva per il fallito attentato dell’Addaura commesso il 21<br />

giugno 1979 nei confronti di Giovanni Falcone. Questa motivazione della corte si segnala perché in<br />

esso è contenuto l’esplicito riconoscimento dell’inserimento di Antonino Giuffrè ai massimi livelli<br />

di Cosa Nostra in epoca anteriore al periodo delle stragi, quindi al 1992-93. Abbiamo poi prodotto<br />

la sentenza della corte d’Appello di Palermo, in data 27 febbraio 2003, anche la sentenza di primo<br />

grado, sono i documenti 10 e 11 della produzione acquisita all’udienza 10 maggio 2007. Si tratta<br />

della sentenza con la quale, sia in primo che in secondo grado è stata affermata la penale<br />

responsabilità di Nicolò La Barbera, di Mezzoiuso, per il reato di partecipazione mafiosa<br />

all’organizzazione mafiosa C.n. La sentenza della corte di appello si segnala perché nel riconoscere<br />

la piena attendibilità delle deposizioni accusatorie che in quell’occasione aveva reso Giuffrè,<br />

proprio nella fase d’appello, ha ricostruito l’attendibilità della ricostruzione fatta da Giuffrè durante<br />

la fase di appello, sul ruolo di Nicolò La Barbera quale punto di riferimento fino alla data del suo<br />

arresto, quindi parliamo degli anni che vanno dal 1996-97-98 fino al gennaio 2001, punto di<br />

3


iferimento nella gestitone della latitanza, e di tutti gli aspetti connessi alla latitanza, sia di<br />

Benedetto Spera che di Bernardo Provenzano. Nella motivazione di questa sentenza viene<br />

riconosciuta l’attendibilità, in particolare delle dichiarazione con cui Giuffrè ha ricostruito i<br />

rapporti, che attraverso Nicolò La Barbera aveva avuto fino alla data del 30 gennaio 2001 con B<br />

Provenzano e B Spera, e ha riconosciuto attendibilità alla ricostruizione di Giuffrè delle modalità,<br />

tempi, oggetto delle riunioni di vertice che si erano tenute proprio nel territorio di Mezzoiuso, in<br />

locali nella disponibilità di La Barbera e suoi parenti e fratelli, tra lo stesso Giuffrè, Spera,<br />

Provenzano, con altri capi mafia quali Pino Lipari e Tommaso Cannella, entrambi condannati più<br />

volte per il reato di associazione, condannati anche di recente anche sulla scorta delle dichiarazioni<br />

di Giuffrè e poi tratti in arresto di nuovo, ma questa è storia di questi ultimi tre mesi.<br />

Abbiamo anche prodotto, sempre in riferimento all’attendibilità generica di Giuffrè, la sentenza 12<br />

dicembre 2003 del Gup di Palermo, confermata dalla corte di cassazione. È una sentenza<br />

importante, che si segnala perché ha riconosciuto la genuinità, l’attendibilità e l’importanza delle<br />

plurime chiamate in causa che in quel processo Giuffrè Antonino ha effettuato nei confronti di Pino<br />

Lipari e di tutti gli altri numerosi imputati che fino alla data del 2 ottobre 2002 hanno fatto parte di<br />

quello strettissimo circuito fiduciario di tipo mafioso che garantiva la circolazione dei pizzini e<br />

quindi la comunicazione di Bernardo Provenzano, latitante, e che ne gestivano gli affari, ne<br />

curavano, amministravano il patrimonio.<br />

In ultimo abbiamo prodotto una quarta sentenza, che è quella del gup presso il tribunale di Palermo<br />

in data 27 febbraio 2004, confermata in appello l’11 febbraio 2005. Questa sentenza si segnala sotto<br />

un altro profilo perché con questa sentenza sono stati segnalati sotto un altro profilo per il reato di<br />

associazione mafiosa cosa nostra, per altro con funzioni di promotore e organizzatore, alcuni<br />

soggetti che fino al 29002 avevano occupato una posizione ed un ruolo determinante all’interno di<br />

cosa nostra in particolare nelle zone di Trabia e Termini Imerese. Si tratta di Diego Rinella, di<br />

soggetti operanti nell’aria di Trabia e Termini Imerese e nelle motivazioni della sentenza c’è il<br />

riconoscimento del ruolo apicale fino al 2002, fino al momento del suo arresto, aveva volto<br />

Antonino Giuffrè nell’ambito del mandamento di Caccamo che comprende nel suo territorio anche<br />

le zone di Trabia e Termini Imerese.<br />

Come dicevo, sono sentenze queste che forniscono una prova certa, sotto tutti i profili a partire dal<br />

periodo precedenti alle stragi, l’attendibilità intrinseca delle dichiarazioni rese nei vari processi dal<br />

collaboratore di giustizia Giuffrè. Su questa attendibilità, su quella che si chiama intrinseca,<br />

certamente nessuna incidenza negativa può avere la circostanza, che è pure stata oggetto di<br />

discussione nel processo, che Giuffrè durante la sua carcerazione ha avuto la possibilità di leggere i<br />

giornali e di informarsi. In Particolare di leggere le pagine del giornale di Sicilia. Durante la<br />

discussione dibattimentale era stata avanzata una richiesta da parte della difesa di Aiello, e questa<br />

richiesta è stata respinta. Sotto questo profilo, va detto subito, a prescindere dall’individuazione<br />

sotto il profilo temporale dello specifico momento in cui Giuffrè avrebbe avuto la possibilità di<br />

leggere i giornali e di guardare la televisione, deve comunque ribadirsi e sottolinearsi che tutte le<br />

notizie riguardanti Michele Aiello e le vicende processuali che lo hanno riguardato hanno avuto una<br />

vasto eco sulla stampa solo dal giorno 6 novembre 2003, cioè quello successivo al suo arresto e<br />

l’arresto di Giuseppe Ciuro e Giuseppe Riolo. Al 6 nnovembre 2003 il termine di legge dei 180<br />

giorni perché il collaboratore renda le sue dichiarazioni era già trascorso da quasi un anno. Giuffrè,<br />

lo ricordo, ha sottoscritto il verbale della sua collaborazione l’11 dicembre 2002 e in questo verbale<br />

già figurano le dichiarazioni che nel frattempo Giuffrè aveva reso sui fatti, sulle vicende, sulla<br />

persona di Michele Aiello, dichiarazioni che ha poi reiterato nella sostanza durante l’istruttoria<br />

dibattimentale. Detto questo, va anche detto c he di Giuffrè, con i consenso delle parti, nell’udienza<br />

dell’8 marzo 2005, all’apertura del suo esame, sono state acquisiti i verbali di altri processi, in<br />

particolari le dichiarazioni che Giuffrè ha reso di fronte al tribunale di Termini Imerese nell’ambito<br />

del processo a Giuseppe Biondolillo e altri, durante l’udienza dibattimentale del 16 ottobre 2002.<br />

Nel corso di quella lunga deposizione, il verbale ne da ampio conto, Giuffrè ha ricostruito la propria<br />

storia personale all’interno dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra ed ha chiarito circostanze<br />

4


modi e tempi del suo avvicinamento e della sua affiliazione agli inizi degli anni ottanta<br />

all’organizzazione all’interno della famiglia di Caccamo e omonimo mandamento. In quella<br />

deposizione ha chiarito circostanze, modi e tempi della successiva assunzione, in via temporalmente<br />

graduata di cariche formali all’interno dell’organizzazionee e in particolare della carica di<br />

rappresentante del mandamento di Caccamo, carica conferitagli da salvatore Riina nel 1987 epoca<br />

in cui, nella sua qualità di capomandamento di Caccamo, entra a far parte della commissione<br />

centrale di Cosa nostra. Sempre in quel verbale Giuffrè ci ha dato contodelle circostanze, modalità e<br />

tempi con le quali dopo il 1993, dopo le stragi aveva svolto un ruolo apicale, di vertice, tra l’altro<br />

suolo riconosciuto dalle sentenze ai sensi dell’articolo 416bis comma 2 in relazione a questi periodi,<br />

un ruolo apicale all’interno di quel ristretto gruppo attraverso il quale Bernardo Provenzano dal<br />

1993-94 ha ininterrottamente governato cosa nostra fino alla data del suo arresto. Sempre in quella<br />

lunga deposizione di fronte al Tribunale di Termini Imerese Giuffrè ci ha chiarito circostanze tempi<br />

modi del suo arresto e della successiva scelta di collaborare, raccontando la genesi del suo rapporto<br />

di collaborazione, avvenuto su sua richiesta senza lo svolgimento di colloqui investigativi, e<br />

soprattutto ci ha chiarito le motivazioni della sua scelta. Dopo di che Giuffrè ha reso l’esame<br />

nell’istruttoria dibattimentale di questo processo e in tutta la fase iniziale dell’esame Giuffrè ha<br />

tenuto conto del fatto che era stato acquisito il verbale delle deposizioni di fronte il Tribunale di<br />

Termini Imerese. Durante l’esame reso in questo processo Giuffrè ha in primo luogo ricostruito,<br />

con molto particolari, i contatti personali ed epistolari che aveva avuto fino a pochi giorni prima il<br />

suo arresto, quindi fino ad aprile del 2002, con Bernardo Provenzano allora latitante. Ha riferito in<br />

particolare degli incontri con Provenzano e dei temi affrontati durante questi incontri e in<br />

particolare ci ha fornito indicazioni assolutamente specifiche che erano stati utilizzati e<br />

reciprocamente utilizzati per il recapito della corrispondenza tra i due capi latitanti e per<br />

l’organizzazione degli appuntamenti. In questa prima parte dell’esame Giuffrè sotto questo profilo<br />

ci ha indicato una per una le persone che fino al suo arresto avevano il contatto per raggiungere<br />

Provenzano e ne costituivano altrettanti tramiti nei rapporti anche epistolari con il resto<br />

dell’organizzazione mafiosa. Giuffrè nel corso dell’esame ha ricordato di aver fatto questo<br />

dettagliato elenco per la prima volta nel suo primo interrogatorio reso al pm come collaboratore di<br />

giustizia e quindi nella data del giugno 2002. Quindi in epoca non sospetta. Viene chiesto a Giuffrè,<br />

quale fu l’oggetto del primo interrogatorio dopo ache lui aveva preso la decisione di collaborare, del<br />

2002. Giuffrè risponde, [Prestipino legge] “penso di non sbagliare, l’argomento iniziale, forse<br />

l’argomento più importante è stato Bernardo Provenzano. Pm: lei ricorda in quell’interrogatorio chi<br />

indicò come possibili tramiti per arrivare alla cattura di Provenzano per tutte le zone di cui abbiamo<br />

parlato e in particolare per Bagheria? Giuffrè: in modo particolare, per quanto riguarda Bagheria, ho<br />

indicato Pietro Loiacono e Onofrio Monreale, Pino Pinello su Baucina e poi persone di Ciminna di<br />

cui ho parlato in precedenza: Angelo Tolentino, Nino Episcopio e sempre per quanto riguarda il<br />

contesto di Mezzoiuso, l’ambito familiare di Nicola La Barbera, ma in modo particolare ho indicato<br />

su Ciminna Ciccio Episcopo, Nino Episcopo e Angelo Tolentino”.<br />

Ecco dunque quali erano i tramiti operativi di Bernardo Provenzano fino al 16 aprile 2002, nelle<br />

zone di interesse in questo processo. Pietro Loiacono e Onofrio Monreale du Bagheria, Pino Pinello<br />

su Baucina e La Barbera per Mezzoiuso e i fratelli Eposcopo e Angelo Tolentino su Ciminna. Il<br />

paese che fino all’estate del 2002, quindi oltre la catture di Giuffrè e la data in cui segretamente<br />

aveva iniziato a collaborare, era stato proprio il quartier generale per gli appuntamenti e le riunioni<br />

e lo smistamento della posta di Provenzano il quale, divenuta pubblica la notizia della<br />

collaborazione di Giuffrè, il 20 settembre del 2002, aveva immediatamente spostato il quartier<br />

generale da Ciminna a Bagheria- Villabate e non era la prima volta che Bagheria assumeva il ruolo<br />

di quartier generale, Si trattava solo di un ritorno. Si tratta di nomi e circostanze cui ha fatto ampio<br />

cenno il colonnello Antonio Damiano nel corso dell’udienza del … aprile 2005, riferendoci sulle<br />

attività e sui risultati dell’attività di investigazione condotte dal Ros negli ultimi 4-5 anni, in<br />

particolare sull’area territoriale di Bagheria. Basti qui dire che le indagini che si sono sviluppate sia<br />

da parte del Ros che della polizia di Stato a seguito delle dichiarazioni di Giuffrè, indicazioni<br />

5


specifiche ne dimostrano la fondatezza, la rilevanza, l’attendibilità di quelle dichiarazioni sul punto<br />

specifico. Ne fa prova, l’esito del processo Grande mandamento di cui sono stati acquisiti<br />

all’interno di questo processo la richiesta di rinvio a giudizio, il decreto che ha disposto il giudizio,<br />

il dispositivo del giudizio abbreviato con il quale in primo grado è stata definita la posizione di un<br />

gran numero di imputati. E sono i documenti 2 3 e 4 che abbiamo acquisiti all’udienza del 20<br />

giugno 2007.<br />

Giuffrè nel corso del suo esame ci ha poi riferito sul sistema di comunicazione facente capo a tutti i<br />

capi mafioso, a lui e a Bernardo Provenzano, in particolare in merito alla circolazione dei cosidetti<br />

pizzini. Ci ha parlato dei destinatari dei pizzini. Ci ha riferito dei mittenti e ci ha spiegato le ragioni<br />

per cui lui, Giuffrè, ne aveva conservati, anche se occultati, un così cospicuo numero, e cioè tra<br />

quelli che sono stati poi rinvenuti e sequestrati. Giuffrè si è poi soffermato sui soggetti e sul<br />

contenuto dei diversi rapporti epistolari che intratteneva con gli altri capi mafiosi e in particolare ha<br />

trattato del rapporto che aveva con Provenzano.<br />

Sulla base di queste premesse, Giuffrè ha poi affrontato il tema oggetto del processo. L’esame è<br />

iniziato con domande sulla posizione, sul ruolo, occupato da Michele Aiello nell’ambito di Cosa<br />

Nostra. Possiamo sintetizzare le dichiarazioni di Antonino Giuffrè su Michele Aiello con il<br />

riferimento in particolare a tre punti. Nel corso del suo esame, nel fornirci il quadro della posizione<br />

e del ruolo di Aiello nell’ambito di Cosa Nostra, Giuffrè ci ha innanzitutto<br />

Punto1: riferito sui suoi rapporti di conoscenza , suoi di Giuffrè prima con il padre dell’ingegnere<br />

Aiello, cioè Gaetano Aiello e poi con l’ingegnere personalmente e direttamente.<br />

Punto 2: ha ricostruito le relazioni mafiose di Michele Aiello in particolare nell’ambito della<br />

famiglia di Bagheria, ci ha spiegato, passo passo, le ragioni e lo sviluppo della particolare<br />

protezione che il capo d Cosa Nostra Bernardo Provenzano ha riservato a Michele Aiello, e ce ne ha<br />

fornito i motivi<br />

Punto 3: ha fatto specifico riferimento e ci ha spiegato l’intreccio di interessi connesso alle attività<br />

imprenditoriali di Michele Aiello, indicandolo come un imprenditore di fatto organico<br />

all’organizzazione mafiosa che da tempo ha sistematicamente finanziato, sia attraverso elargizioni<br />

spontanee sia soprattutto attraverso l’adesione al sistema della “messa a posto” delle attività<br />

esercitate e dei singoli lavori realizzati.<br />

Partendo dal primo dei tre profili che ho indicato: Giuffrè ci ha in primo luogo riferito di aver<br />

conosciuto, per quanto in maniera superficiale, Michele Aiello negli anni ottanta. Ma ci ha detto che<br />

aveva approfondito tale rapporto di conoscenza agli inizi degli anni novanta, quando era accaduto<br />

un fatto particolare. Dice testualmente Giuffrè: “Conoscerò Michele Aiello negli anni novanta<br />

perché ci sarà un passaggio importantissimo per lui, probabilmente il più importante. Dovremmo<br />

essere attorno al 91, e qua ci dovrebbe essere quella famosa data dell’arresto di Nicola Eucaliptus,<br />

io conoscerò indirettamente Michele Aiello tramite Nicola Eucaliptus. Conoscevo già Michele<br />

Aiello come un ingegnere, come un imprenditore però mi sarà detto da parte di Nicola Eucaliptus<br />

che lo stesso Michele Aiello si era avvicinato alla famiglia mafiosa, cioè alla corrente, alla parte di<br />

Nicola Eucaliptus e di Bernardo Provenzano”.<br />

Giuffrè ci ha poi specificato quale era stata l’occasione concreta che aveva messo in contatto<br />

diretto, sia pure con il tramite di Nicola Eucaliptus, Michele Aiello con Antonino Giuffrè. Dice<br />

testualmente Giuffrè: “conoscerò Michele Aiello nel contesto di una strada interpoderale che<br />

interesserà a me personalmente, nel mio paese, che sarà nell’interesse dei fratelli Liberto su<br />

Caccamo, dove il Giorgio e il Giovanni Liberto sono uomini d’onore della mia famiglia, ragion per<br />

cui farò il favore della mia famiglia con l’interessamento a favore dei Liberto per fare questa strada<br />

interpoderale”.<br />

Ci ha spiegato Giuffrè che già prima del 90-91, quando colloca questa circostanza, quindi negli anni<br />

ottanta, aveva già conosciuto personalmente il padre di Michele Aiello, Gaetano Aiello. Giuffrè ha<br />

indicato Gaetano Aiello come un abituale frequentatore di Cosimo Lanza, uomo d’onore che per un<br />

periodo di tempo aveva avuto la coreggenza della famiglia di Bagheria assieme con Franco<br />

Baiamonte, soggetto quest’ultimo legatissimo, allora, a Bernardo Provenzano. Ci ha detto Giuffrè<br />

6


che Cosimo Lanza, testualmente “Era colui che intratteneva contatti con altri esponenti di rilievo di<br />

Cosa Nostra, in particolare con il Presti Filippo con i Greco di Ciaculli”. Di natura imprenditoriale<br />

E ci ha detto che Cosimo Lanza alla fine era stato ucciso in una delle tante guerre di mafia che<br />

aveva visto contrapposti schieramenti anche sull’area territoriale ove ricade Bagheria.<br />

In questo contesto, ci ha detto Giuffrè “Gaetano Aiello aveva intrattenuto stretti rapporti<br />

imprenditoriale” quindi vere cointeressenze economiche, anche di tipo socetario “con il gruppo dei<br />

Mineo e in particolare con Antonino Mineo” uno dei capi storici della famiglia mafiosa di Bagheria,<br />

con il quale, ha detto Giuffrè “Gaetano Aiello era particolarmente legato”.<br />

Giuffrè ha poi riferito sui rapporti che Michele Aiello aveva stretto con la famiglia mafiosa di<br />

Bagheria in epoca successiva. Ci ha parlato di queste relazioni mafiose indicandoci di quali punti di<br />

riferimento importantissimi di queste relazioni, dapprima Nicolò Eucaliptus e quindi Pietro<br />

Loiacono. A seconda dei rispettivi periodi di disponibilità nel senso dei periodi di libertà da<br />

provvedimenti restrittivi che avevano riguardato entrambi questi capi mafiosi negli anni novanta in<br />

particolare.<br />

Ricostruendo la vicenda e il succedersi di questi rapporti, Giuffrè ha testualmente affermato che<br />

Michele Aiello si era avvicinato al gruppo dell’Eucaliptus e del Provenzano, poi probabilmente<br />

sarebbe nel 1993, all’arresto di Nicola Eucaliptus, all’ingegnere Aiello mancherà il punto di<br />

riferimento basilare, che era Eucaliptus. “L’ingegnere Aiello” dice Giuffrè “sa perfettamente che io<br />

faccio parte del gruppo del Provenzano, sa che faccio parte e sono legato in maniera particolare a<br />

Nicola Eucaliptus, sa che sono in modo particolare legato ad Antonio Gargano ed automaticamente<br />

si viene a rivolgere a me. Ci abbiamo il discorso d’entrata, grosso modo quello della strada di<br />

Liberto, poi ci abbiamo il discorso delle conoscenze di suo padre e diciamo che per un periodo di<br />

tempo su Bagheria, quasi quasi, diventerò io il punto di riferimento di Michele Aiello. Del discorso<br />

informerò il Provenzano e dopo un periodo di tempo, si era affacciata la figura di Pietro Loiacono,<br />

sento il dovere di mettere Michele Aiello nelle mani di un'altra persona “giusta” del discorso<br />

mafioso di Bagheria”.<br />

Ha aggiunto Antonino Giuffrè che a questo punto, sempre in accordo con Provenzano informato di<br />

tutto, aveva provveduto a quelle che lui stesso, il collaboratore, ha chiamato le presentazioni tra<br />

Michele Aiello e Pietro Loiacono. Presentazioni, lo ha detto chiaramente Giuffrè, dal punto di vista<br />

mafioso, perché dal punto di vista personale di rapporti altri e diversi da Cosa Nostra, Michele<br />

Aiello e Pietro Loiacono già si conoscevano. E questo è un dato pure acquisito nel corso<br />

dell’istruttoria dibattimentale.<br />

E da allora, ci ha detto Giuffrè, che inizia il cammino nuovo dell’ingegnere Aiello nei rapporti con<br />

Cosa Nostra di Bagheria che portano a Bernardo Provenzano.<br />

Nello specifico i rapporti che agli inizi degli anni novanta erano intercorsi tra Michele Aiello e<br />

Nicola Eucaliptus ci sono stati spiegati da Giuffrè, il quale in via preliminare ci ha spiegato chi era,<br />

in quel momento, agli inizi degli anni novanta, Nicola Eucaliptus e di quali speciali rapporti fossero<br />

entrambi legati lui Giuffrè con Nicola Eucaliptus, in un medesimo contesto, che ne accumunava la<br />

specifica appartenenza all’organizzazione mafiosa che era appunto la comune condivisione dello<br />

schieramento facente capo direttamente al capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano.<br />

Ci ha detto su questo punto, dei rapporti con Eucaliptus, Giuffrè “io con Eucaliptus, in modo<br />

particolare dopo l’arresto di Nicola Gargano, restiamo particolarmente legati, e d'altronde siamo<br />

molto legati e molto vicini a Provenzano. Quindi io, avendo già un mandamento nelle mani,<br />

diciamo che godo di un prestigio in più da parte di Nicola Eucaliptus, quindi spesso e volentieri<br />

parliamo e lo stesso mi tiene informato dei discorsi su Bagheria”.<br />

Proprio nell’ambito di questo particolare rapporto che legava Eucaliptus a Giuffrè, ci ha detto il<br />

collaboratore, Nicola Eucaliptus gli aveva parlato dell’ingenere Michele Aiello. Gliene aveva<br />

parlato come di un imprenditore che si era avvicinato alla famiglia mafiosa di Bagheria che “si<br />

comportava molto bene” tanto che in una circostanza nell’approsimarsi di un Natale a cavallo del<br />

1990-91, Michele Aiello aveva contribuito “alle esigenze della famiglia e dei carcerati”. Lo aveva<br />

fatto con un versamento volontario di 100 milioni di lire in una sola volta, versamento effettuato<br />

7


nelle mani di Nicola Eucaliptus. Dice Giuffrè testualmente “in modo particolare, c’è stato un<br />

discorso che mi è rimasto particolarmente impresso, che mi dirà dell’avvicinamento del Michele<br />

aiello a loro, cioè al nostro gruppo. E nello stesso tempo c’è un fatto importantissimo, che siamo<br />

nelle vicinanze del Natale, però signor presidente non ricordo esattamente se era il 90 o il 91, e<br />

Nicola Eucaliptus con un certo stupore, mi dice sai l’ingegnere Aiello oltre a essersi messo nelle<br />

nostre mani, nell’avvicinarsi delle festività natalizie, per la nostra famiglia e per i carcerati in modo<br />

particolare ci ha offerto la somma di 100 milioni, di allora” dice Giuffè e prosegue “diciamo che<br />

questo è un discorso che mi è rimasto particolarmente in mente e mi serve, se ce ne fosse di<br />

bisogno, di spinta a portare avanti Michele Aiello nell’ambito di Cosa Nostra, in modo particolare<br />

di Bagheria. Questo, diciamo è uno dei motivi più importanti che mi porta a metterlo nelle mani<br />

dell’atro nascente di Bagheria, Pietro Iacono, che poi siamo sempre nel contesto Provenzano”.<br />

Giuffrè, sulla natura di questa generosa dazione, di 100 milioni di lire è stato assolutamente chiaro,<br />

perché sul punto dopo l’esame è stato nuovamente interpellato e ha sempre ribadito che, per come<br />

gli era stato riferito da Nicola Eucaliptus, quei 100 milioni costituivano il frutto di una vera e<br />

propria donazione spontanea, non di un adempimento di “messe a posto” di lavoro e di altre attività<br />

imprenditoriali. In particolare Giuffrè lo haribadito e chiarito ancora all’udienza del 9 marzo 2005,<br />

quando uno dei difensori ha chiesto “Senta, ma Eucaliptus le disse che questi 100 milioni erano un<br />

regalo”, Giuffrè “Eucaliptus, ripeto sempre le stesse cose avvocato, è rimasto sorpreso dell’azione<br />

dell’ingegnere Aiello, appositamente perché era un dono, un regalo dell’ingegnere Aiello alla<br />

famiglia di Bagheria e in particolare per i carcerati”. A seguito della contestazione di precedenti<br />

dichiarazioni rese da Giuffrè nel corso dei suoi interrogatori al pm, Giuffrè ha ribadito e spiegato<br />

“Signor presidente, l’ingegner Aiello non è che prende 100 milioni così, che sarebbe troppo bello,<br />

ma sempre questo è un investimento sul futuro, perché appositamente l’ingegnere aiello ha di<br />

bisogno perché ha dei lavori nelle zone di Caccamo e di altre parti”. Allora viene chiesto “Ma scusi,<br />

questi sono lavori per cui lui paga già la “messa e posto”?”, Giuffrè: “ non c’entra, signor<br />

presidente, il discorso della tangente è uno, il discorso dei 100 milioni è tutto un altro discorso”.<br />

Insomma nelle parole di Giuffrè, per come la circostanza gli era stata rierita da Nicola Eucaliptus, la<br />

dazione della somma serviva a Michele Aiello come prezioso passpartout per ingraziarsi in gruppo<br />

di Cosa Nostra al quale lui si era avvicinato, quello che in quel momento faceva capo a Nicola<br />

Eucaliptus e quindi a Bernardo Provenzano. E dunque quella dazione non aveva causa in “messa a<br />

posto” di lavori o attività imprenditoriali, era un’altra cosa.<br />

Giuffrè ci ha spiegato, gli equilibri mafiosi che governavano su Bagheria e ci ha detto che Bagheria,<br />

da sempre, si dagli anni ottanta era la roccaforte di Provenzano ed infatti di Bagheria Provenzano<br />

aveva fatto il quartier generale e, nel corso del suo esame , Giuffrè ci ha spiegato gli appuntamenti<br />

che Provenzano teneva, vere e proprie riunioni di vertici mafiosi, siamo nella meta degli anni<br />

ottanta, riunioni e appuntamenti che venivano organizzate da Franco Baiamonte e Nicola Eucaliptus<br />

anche presso locali nella loro diretta disponibilità, come la casa d’abitazione di Nicolò Eucaliptus<br />

che allora era in costruzione, in contrada Consona a Bagheria. E a Bagheria, ci ha detto Giuffrè,<br />

Provenzano dalla fine degli anni ottanta, aveva potuto contare su diversi esponenti di punta, lui,<br />

Giuffrè l’ha chiamata la triade: certamente Nicola Eucaliptus, che dopo l’arresto di Nino Gargano<br />

era stato chiamato ad occuparsi della famiglia e del “discorso di Provenzano”. Lo aveva fatto, dice<br />

Giuffrè, fino ai giorni nostri, anche con il genero Onofrio Monreale. A Bagheria Provenzano<br />

poteva contare su Nino Gargano, che per un periodo era stato il rappresentante della famiglia, e su<br />

… Greco, che aveva pure lui un ruolo apicale e formalmente svolgeva le funzioni di consigliere<br />

della famiglia.<br />

Poi, ci ha detto Giuffrè, agli inizi degli anni novanta, Nicolò Eucaliptus era stato arrestato, Michele<br />

Aiello aveva potuto fare riferimento su di lui, su Giuffrè, per poi assumere come proprio punto di<br />

riferimento mafioso Pietro Loiacono. Puntualizza Giuffrè “per un perdilo Michele Aiello si<br />

rivolgerà a me per il discorso della “messa a posto” in determinate zone, su come si deve muovere,<br />

e poi io lo metterò nelle mani di Pietro Loiacono”. Giuffrè ovviamente spiega perché si era rivolto a<br />

lui e indica il motivo della precedente circostanza, indica il motivo della particolare vicinanza, di<br />

8


cui Michele Aiello era ben consapevole, tra Giuffrè e Nicola Eucaliptus. Ovviamente, ci ha detto<br />

Giuffrè, lui non si era tirato indietro all’idea di sostituire, seppur momentaneamente, il punto di<br />

riferimento mafioso per Michele Aiello, per le sue esigenze di attività, per le sue “messe a posto” e<br />

per tutto.<br />

In questa particolare fase, di transizione, lui personalmente, Giuffrè si era occupato delle messe a<br />

posto delle strade interpoderali che le imprese di Aiello avevano in fase di realizzazione e aveva<br />

costituito per lui un punto di riferimento per ogni tipo di necessità, anche fuori territorio, cosa che<br />

sarebbe accaduta anche in futuro. Ha aggiunto Giuffrè, che si era adoperato in tal modo, anche per<br />

questa fase transitoria, soltanto dopo averne parlato a chiare lettere con Provenzano. Chwe già era<br />

stato informato dagli Eucaliptus sull’avvicinamento e sulle dazioni di denaro. In quel periodo, ci<br />

dice testamente Giuffrè “non sono a conoscenza di discorsi tra Provenzano ed Aiello, per me è la<br />

prima volta che parlo di Aiello con Provenzano, però il Provenzano era al corrente, perché<br />

Eucaliptus si era messo a posto con il Provenzano, per meglio dire aveva informato<br />

dell’avvicinamento del Michele Aiello prima, del discorso dei 100 milioni, e tutto. Cioè il<br />

Provenzano sapeva tutto, nello stesso tempo mi dava lo “sta bene” perché trattavasi di persona che<br />

si ci può affidare”.<br />

Ci spiega Giuffrè, lo ha ripetuto anche all’udienza del 9 marzo 2005, alla domanda su cosa avesse<br />

fatto lui Giuffrè per Michele Aiello, risponde “vado a fare da ponte di congiunzione tra lui e il<br />

gruppo di Bagheria e Bernardo Provenzano”. E ha proseguito spiegando appunto cosa avesse fatto<br />

per Michele Aiello, aggiungendo “Ci faccio un regalo all’ingegnere Aiello, un regalo grandissimo,<br />

che spesso è un termine che non si viene a capire, ma è quello il passaggio che poi nel futuro si<br />

troverà a cambiare, che gli metterò in contatto altre persone e nello stesso tempo, nel momento in<br />

cui io parlo con Provenzano, lui è autorizzato, e lo sa e lo capisce, continuare la sua attività<br />

tranquillamente perché ha le spalle coperte”.<br />

Ci ha detto Giuffrè per un periodo, per quanto breve, di transizione tra Nicola Eucaliptus e Pietro<br />

Loiacono, si erano sviluppati rapporti personali e diretti tra lui, Giuffrè e Aiello. Dice testualmente<br />

“il discorso è continuato così, ci incontravamo presso il suo ufficio, però è stato un periodo<br />

abbastanza limitato, poi verrà fuori la figura di Pietro Loiacono, io conoscerò Pietro Loiacono, lo<br />

conoscerò nell’ambiente di Provenzano e arrivati a un certo punto, sempre d’accordo con<br />

Provenzano, l’ho passato, diciamo, a Pietro Loiacono. E fino al 2001 Michele Aiello per alcuni<br />

versi, diciamo che le notizie messe a posto e altre, mi arrivavano attraverso Pietro Loiacono e altri.<br />

Cioè il discorso ha funzionato da allora fino a quando le condizioni permettevano il movimento del<br />

pietro Loiacono stesso”.<br />

E il Giuffrè ci ha spiegato chi è Pietro Loiacono e ciha detto che è un uomo d’onore della famiglia<br />

di Bagheria, che come tale gli era stato, a lui Giuffrè, formalmente presentato come uomo d’onore,<br />

attorno agli ani 90, e dice Giuffrè, Pietro Loiacono si abffaccerà sulla ribalta di cosa Nostra dopo<br />

l’arresto di Gargano e quello successivo di Nicola Eucaliptus. Loiacono, ci ha detto Giuffrè,<br />

manteneva stretti rapporti con bernardo Provenzano, si era occupato di lui subito dopo che<br />

Eucaliptus si era trovato nell’impossibilità di provvedervi perché tratto in arresto. Con Provenzano,<br />

ha specificato Giuffrè, Loiacono era in rapporti epistolari, tant’è che in un paio d’occasioni<br />

Provenzano gli aveva trasmesso anche biglietti allegati che provenivano da Loiacono ed erano<br />

appunto indirizzati a Provenzano. Si trattava di biglietti che riguardavano vicende che poi doveva<br />

gestire lui nel mandamento di Caccamo e quindi, come soleva fare ogni tano, il Provenzano aveva<br />

allegato alla sua lettera anche il biglietto o la copia di Pietro Loiacono.<br />

Tra il 2000 2 il 2001, ci ha detto Giuffrè, Loiacono era uno dei punti di riferimento di Provenzano<br />

su Baghero, e quindi, ha detto Giuffrè che dopo averne parlato con Provenzano aveva presieduto<br />

alla presentazione formale di Michele Aiello a Pietro Loiacono. Non era una presentazione tra<br />

uomini d’onore perché Michele Aiello non era e non è uomo d’onore normalemtne affiliato, ci ha<br />

detto però che era una presentazione da un punto di vista formale perché loiacono veniva presentato<br />

come lui lo stava facendo, a Michele Aiello come un punto di riferimento preciso di carattere<br />

mafioso al di là delle appartenenze di tipo formale a seguito di combinazioni.<br />

9


E ha aggiunto giuffrè. Il rapporto traAiello e Loiacono si era sviluppato dopo la fase di Michele<br />

Eucaliptus e dopo la fase transitoria in cui il ruolo era stato svolto da Giuffrè. In quel periodo, ha<br />

detto Giuffrè, era stato Loiacono ad occuparsi dell’Aiello. Testualmente “dal 1994 in poi non<br />

incontrerò Michele Aiello però io con Michele Aiello indirettamente sono in continuo contratto<br />

tramite il Provenzano, ma io sono rimasto un punto di riferimento per fuori, buona parte dei discorsi<br />

di Aiello per fuori passavano da me”. Lo vedremo, Giuffrè in questa fase dell’esame intendeva<br />

riferirsi alla sua, di Giuffrè, attività di “messe a posto” che sono continuate nel 2001, per i lavori<br />

delle stradelle interpoderali che l’impresa di Michele Aiello effettuavano fuori dalla provincia di<br />

Palermo e in particolare in quella di Messina, e questi sono i famosi discorsi di fuori cui fa<br />

riferimento Giuffrè.<br />

È stato sollecitato Giuffrè su quali specifici vantaggi avessero tratto reciprocamente Cosa Nostra e<br />

Michele Aiello dai rapporti che quest’ultimo aveva intrattattenuto con i principali vertici mafiosi di<br />

Bagheria. E Giuffrè, nell’udienza del 9 marzo 2005 si è a lungo soffermato sulle ragioni e sui<br />

motivi che hanno da sempre spinto Cosa Nostra ad avvicinare all’organizzazione, in varie forme,<br />

anche attraverso rapporti di compenetrazione del tutto organici, soggetti, in particolare coloro che<br />

esercitano attività imprenditoriali. Su questo punto Giuffrè è stato molto chiaro, testualmente “da<br />

parte di cosa nostra c’è un discorso di natura econoca importantissimo, che va dal discorso della<br />

tangente, dal discorso della fornitura dei mezzi, inerti, ferro, cemento, movimento terra e trasporti, e<br />

c’è un altro motivo importantissimo, che si ripercuote sui rapporti di potere, cioè questo cunnubio<br />

che si viene a creare tra cosa nostra e la parte imprenditoriale, automaticamente acquisisce una certa<br />

forza cosa nostra perché sfrutterà alcuni imprenditori per trarne dei vantaggi non solo economici ma<br />

anche favori che poi vanno ad interessare altri organi dello stato”. In una parte privata del processo<br />

è stato chiesto a Giuffrè, se da questo punto di vista, in base alle sue conoscenze, per Michele Aiello<br />

ci fossero stati questa tipologia di vantaggi di cui lui stesso aveva parlato, e Giuffrè ha testualmente<br />

risposto “Aiello interessava nel discorso imprenditoriale, cioè interessava, ripeto ancora una volta,<br />

perché erano in crisi personaggi di Bagheria e interessavano personaggi nuovi nel discorso<br />

imprenditoriale, che poi andrà a sfociare nei discorsi della diagnostica, discorsi che vanno a<br />

interessare contatti con i politici, con i vari assessorati e così via di seguito. E tutto questo,<br />

tranquillamente, anche da parte di Aiello, c’è stato”. E alla sucessiva domanda, “nello specifico<br />

quali contatti politici a favore di Cosa Nostra ha creato Aiello?”, Giuffrè ha aggiunto “Aiello ormai<br />

faceva parte appositamente del gruppo di potere più importante di Bagheria, era una pedina di<br />

Provenzano e della famiglia, con cui giustamente l’Aiello era particolarmente legato. E nel<br />

momento in cui Aiello entra a far parte, non da mafioso ma, diciamo, come qualcuno che appoggia<br />

quel gruppo mafioso, deve portare avanti quella strategia di quel gruppo e la porta avanti sia da un<br />

punto di vista imprenditoriale, sia da un punto di vista sociale, si da un punto di vista prettamente<br />

politico. E Aiello” ha concluso Giuffrè, “anche sotto questo profilo aveva fatto la sua parte”.<br />

Giuffrè si è poi soffermato sui rapporti e sulle relazioni che nel tempo Aiello aveva stretto con<br />

esponenti di famiglie mafiose diverse da quella di Bagheria. Ed in particolare con la famiglia<br />

mafiosa di Trabia, capeggiata da <strong>Salvatore</strong> Rinella, che ne era il rappresentante, coadiuvato dai<br />

fratelli Diego, detto Dino, e Piero Rinella. […].<br />

Ha specificato Giuffrè che Aiello aveva rapporti con i fratelli Rinella, ha detto “sapevo che già da<br />

quando eravamo liberi già c’era un rapporto tra <strong>Salvatore</strong> Rinella e Michele Aiello, e quando lo<br />

stesso <strong>Salvatore</strong> Rinella era latitante so che Michele Aiello si incontrava con i fratelli e se ricordo<br />

bene c’era addirittura il Piero che lo andava trovare di tanto in tanto a Bagheria”.<br />

Di questi rapporti Giuffrè ci ha detto di essere stato messo a conoscenza da <strong>Salvatore</strong> rinella, che da<br />

sempre a Bagheria aveva sempre avuto buoni rapporti con Nino Gargano e con lo stesso Aiello per<br />

motivi di lavoro, e questi rapporti, come quelli intrattenuti dagli altri due fratelli, erano rapporti che<br />

lo stesso Giuffrè, come capo del mandamento conosceva e aveva autorizzato.<br />

Arriviamo al terzo profilo delle sue dichiarazioni. Giuffrè si è soffermato sulle attività<br />

imprenditoriali nelle quali era stato impegnato Michele Aiello e si è soffermato in particolare sui<br />

10


suoi personali interventi, di Giuffrè, per la “messa a posto” di lavori ed attività. Dice Giuffrè<br />

“Michele Aiello io l’ho conosciuto come imprenditore che si occupava, diciamo, di strade, in modo<br />

particolare interpoderali”. Ha poi fatto riferimento Giuffrè alle stradelle interpoderali che Michele<br />

Aiello aveva realizzato sul suo mandamento, quindi nella zona di Caccamo. A Caccamo Aiello<br />

aveva come riferimento l’ingegnere Antonino Guzzino, uomo d’onore dell’importante famiglia<br />

mafiosa dei Guzzino, nonché cognato dello stesso Intile, che nel mandamento di Caccamo era stato<br />

capo, rappresentante della famiglia fino al 1994. L’ingegnere Guzzino è stato assessore<br />

all’urbanistica del comune di Caccamo. Dice Giuffrè che il punto di riferimento di Aiello era<br />

Guzzino Antonino, che si occupava sia per quanto riguarda tutti i bisogni di Aiello ne comune e poi,<br />

spiega Giuffrè, avere un punto di riferimento nella zona, nel settore della realizzazione delle strade<br />

interpoderali, significava avere un punto di riferimento utile per organizzare le diverse fasi che<br />

precedevano la realizzazione della stradella, in particolare la costituzione dell’associazione fra<br />

proprietari dei terreni limitrofi interessati all’opera, la scelta e la designazione del presidente<br />

dell’associazione,, fino alla vera e propria istanza di richiesta di finanziamento al competente<br />

assessorato e a seguire l’iter burocratico che ne derivava. Per esempio, la scelta del presidente era<br />

importante, perché doveva essere una persona affidabile, perché era quello che doveva percepire<br />

materialmente il contributo regionale o era quello che doveva firmare la procura per riscuotere il<br />

contributo una volta realizzati i lavori. E poi, ha detto Giuffrè, certamente Guzzino era un punto di<br />

riferimento, un po per la sua posizione in comune, un po’ perché era il fratello di Diego Guzzino,<br />

aveva un’influenza forte nella scelta formalmente effettuata dall’associazione interpoderale e dal<br />

suo presidente, ma aveva un peso nella scelta dell’impresa che doveva poi eseguire i lavori della<br />

strada. E Aiello si avvantaggiava di questo particolare rapporto con Guzzino proprio sotto il profilo<br />

della scelta delle sue imprese per realizzare le strade interpoderali. Ci ha detto Giuffrè che Antonino<br />

Guzzino era deceduto sul finire degli anni novanta a causa di una grave malattia. Aiello invece non<br />

aveva bisogno di nessun punto di riferimento e non aveva alcun problema per la gestione della<br />

procedura, per la fase competente all’assessorato, testualmente “c’era l’assessorato con cui<br />

l’ingegnere Aiello era, in gergo, ammanicato, e non aveva problemi in questo”. E Giuffrè ci ha<br />

indicato la fonte di tale conoscenza, sia in alcuni uomini d’onore di Bagheria ma anche, come fonte<br />

di questa sua conoscenza, dell’essere ammanicato con l’assessorato, anche nel contesto<br />

imprenditoriale, in quegli imprenditori che lavoravano in concorrenza con Aiello e quindi si<br />

opponevano, dal punto di vista imprenditoriale, al regime di sostanziale monopolio con il quale<br />

Aiello occupava tutto il settore della realizzazione delle stradelle, in particolare nella zona di<br />

Caccamo. Pm: lei come sa che l’ingegnere Aiello era ammanicato con l’assessorato? Giuffrè:<br />

Signor procuratore, lo so perché come ho detto andavo a Bagheria, avevo notizie da parte di<br />

Eucaliptus, da Pietro Loiacono, ed ero in contatto con Provenzano, che il discorso lo sapeva, ed<br />

inoltre, diciamo altrettanto, che vi era una certa ostilità da parte di altre imprese che si occupavano<br />

di queste costruzioni di strade interpoderali, perché diciamo, che il monopolio ce lo aveva quasi<br />

Michele aiello e anche tra imprenditori non è che lo vedevano di buon occhio, lo stesso Michele<br />

Aiello, per una questione di concorrenza pura. Nel mio paese vi era anche un altro personaggio<br />

importante, lo stesso Cosimo Leone si occupava di strade interpoderali, m se ne occupava Giuseppe<br />

Panseca insieme ad Antonino Priolo e verso Aiello, vi era un’ostilità imprenditoriale da parte di<br />

Giusepe Panseca, uomo d’onore della famiglia di caccamo, nipote di uno dei suoi capi storici, ossia<br />

Lorenzo Digesù. I loro rapporti, [tra Giuseppe panseca e Michele aiello] erano conflittuali, magari<br />

come gelosia di mestiere. Perché pansefa faceva pochissime strade. A Caccamo l’Aiello era di casa,<br />

l’Aiello andava per la maggiore perché fra l’altro, le posso tranquillamente dire, anche un altro<br />

fatto, che il Panseca e il Digesù non erano in buoni rapporti con l’ingegnere Guzzino, in modo<br />

particolare Giuseppe Panseca e Tonino Priolo”.<br />

Giuffrè ci ha poi riferito di una complessa vicenda che è lo specchio di come si intrecciano interessi<br />

particolari con gli interessi che erano riferibili all’organizzazione mafiosa, un episodio che riguarda<br />

la realizzazione di una strada da parte dei fratelli Liberto, vicini a Giuffrè […].<br />

11


Giuffrè ha poi parlato dell’altro ruolo imprenditoriale esercitato da Michele Aiello, ossia l’attività<br />

esercitata nel settore della diagnostica per immagini e la radio terapia. Che aveva appunto sede in<br />

Bagheria nel centro specializzato Villa santa Teresa. “Sin dall’inizio – ci ha detto Giuffrè – questo<br />

centro era il fiore all’occhiello di Bagheria ed è stato molto sponsorizzato nell’ambito nostro, io<br />

sono stato subito informato che c’era questo progetto e sono stato informato per due motivi, uno di<br />

natura, che vado a interessare cosa nostra di Bagheria per un verso e Provenzano per l’altro verso,<br />

anche per un altro motivo, nel momento in cui si può avere di bisogno sappi che tra Michele Aiello<br />

e noi c’è questo discorso, se avete di bisogno, a disposizione”. Questo discorso, dice Giuffrè, gli era<br />

stato fatto in tempi diversi da due persone diverse, sia da Pietro Loiacono, sia da Bernardo<br />

Provenzano. E ci ha detto Giuffrè che la realizzazione di questo centro avevasostanzialmente<br />

soddisfatto anche dei precisi interessi di Cosa Nostra che Giuffrè aveva così specificato “c’è un<br />

duplice interesse anche se diciamo che poi è sempre uno. C’è un interesse della famiglia mafiosa di<br />

Bagheria, portata avanti da Pietro Loiacono, c’è un altro interesse anche qua duplice. Uno di natura<br />

economica del Provenzano, e uno che vanno ad interessare la salute personale del Provenzano<br />

stesso e non solo.<br />

Giuffrè ha precisato che anche tali notizie avevano come fonte Pietro Loiacono e che di tali<br />

questioni lui aveva parlato anche con Provenzano, ci ha detto “Pietro Loiacono mi ha detto che era<br />

un discorso che interessava la famiglia mafiosa proprio di Bagheria, che la famiglia aveva degli<br />

interessi economici e li aveva assieme allo zio, ossia a Bernardo Provenzano”. E ha aggiunto che<br />

appunto ne aveva parlato con Provenzano, ricevendone una sostanziale conferma anche con<br />

Bernardo Provenzano per il quale, in quel periodo, Michele Aiello era già diventato il nuovo<br />

imprenditore su Bagheria”. E ce lo ha spiegato Giuffrè il motivo “ del provenzano comunque,<br />

volente o dolente, Michele Aiello era un punto di riferimento preciso per tutto un complesso di<br />

cose”. E ci ha spiegato Giuffrè che in un certo momento, che noi sappiamo essere intorno alla metà<br />

degli anni novanta, a Bagheria molti dei personaggi più importanti dal punto di vista mafioso e<br />

imprenditoriale, Giuffrè ci ha fatto i nomi di Enzo Giammanca e Pino Scianna, erano stati arrestati e<br />

dunque c’era il problema per Cosa Nostra e soprattutto per Bernardo Provenzano che di queste<br />

persone era per così dire lo sponsor naturale, c’era il problema di trovare nuove figure di<br />

riferimento dal punto di vista mafioso e imprenditoriale. Ci ha detto Giuffrè “nel momento in cui<br />

questi personaggi sono offuscati da tutto un complesso di cose c’è bisogno di una persona pulita,<br />

nuova a Bagheria, e l’astro nascente di Bagheria da questo punto di vista è Michele Aiello. Per<br />

questo i discorsi di Aiello erano di ordinaria amministrazione con lo stesso Provenzano, e questo –<br />

ha concluso Giuffrè – si riferiva anche all’attività e ai relativi interessi che avevano sede nel settore<br />

della sanità”.<br />

Giuffrè ha infine fatto riferimento anche all’acquisto da parte di Aiello della struttura che ospitava<br />

l’albergo Zabara. Questa struttura era sulla statale 113, in prossimità di Bagheria, in passato questo<br />

albergo, che Giuffrè ha significativamente definito “l’anti zagarella”, era stato al centro di<br />

complesse controversie e contrapposti interessi che aveva coinvolto la famiglia di Bagheria e Nino<br />

Gargano in particolare, ai quali era sfuggito sostanzialmente il potere di controllo sulle attività che<br />

venivano svolte in questa struttura alberghiera, che aveva dei punti di riferimento diversi, fuori da<br />

Bagheria, benché avesse sede a Bagheria, cosa che invece non accadeva per l’hotel Zagarella che<br />

aveva come punto di riferimento, appunto, Nino Gargano.<br />

E Giuffrè nel ricostruire questa situazione complessa di contrasto di interessi e mancanza di<br />

controllo sulla struttura Zabara, ci ha detto che l’acquisizione di questa struttura da parte di Aiello<br />

aveva segnato un punto conclusivo, “l’ingegnere Aiello chiuderà il cerchio del discorso Zabara e la<br />

famiglia mafiosa di Bagheria si metterà nelle mani l’hotel Zabara”.<br />

Giuffrè ha poi riferito anche sulle specifiche messe a posto delle attività imprenditoriali di Aiello e<br />

sul ruolo attivo di Giuffrè in numerose vicende che hanno poi trovato, come si vedrà , un’evidente<br />

traccia nel contenuto di alcuni documenti, in pizzini inviati da Provenzano a Giuffrè.<br />

Prima di entrare nello specifico delle “messe a posto” a Giuffrè è stato chiesto e lui ha spiegato le<br />

ragioni che stanno alla base del sistema della “messa a posto”.<br />

12


A Giuffrè è stato chiesto: Pm “Lei dice che lei ha messo a posto Aiello per le strade interpoderali,<br />

che cosa vuol dire che lei metteva a posto Aiello?”, Giuffrè “sta a significare cha Aiello come<br />

qualsiasi altro impresa che va a fare un lavoro in una qualsiasi altra zona, alla famiglia di quel<br />

comune, dove ricade il lavoro, deve essere versata una tangente che in linea di massima corrisponde<br />

al 2%”. Giuffrè ha quindi precisato che tale regola riguardava indistintamente tutti, cioè compresi i<br />

lavori , le attività realizzate da imprese che appartengono a uomini d’onore a soggetti organici a<br />

cosa nostra. Questa regola “riguarda tutti, anche imprese di uomini d’onore” ha detto Giuffrè<br />

“quando io ho detto tutti intendo riferirmi a tutti, cioè le posso tranquillamente dire a mo’ di<br />

esempio che Provenzano Bernardo, a metà, attorno agli anni novanta, sul finire dell’89 aveva fatto<br />

un lavoro grazie ad Enzo Giammanco nella zona di Castronuovo di Sicilia, mandamento di<br />

Caccamo. La prima cosa che ha fatto, mi ha chiesto quanto doveva versare, e stiamo parlando di<br />

Provenzano. Anche se io poi, per i fatti miei, sul Provenzano non ho fatto versare una cifra, però<br />

tutti devono versare predendosi un lavoro, una determinata tangente. Tuttalpiù, per essere più<br />

precisi, quando si vuole rispettare che c’è un uomo importante, una determinata persona, si ci fa<br />

qualche sconto, questo sì”.<br />

Lo ha spiegato Giuffrè le ragioni per le quali un imprenditore, che già gravita all’interno di Cosa<br />

Nostra, è tenuto a versare questo obbligo contributivo. Pm “perché uno che è già di Cosa Nostra<br />

nostra deve pagare una tangente a un'altra famiglia se va a fare il lavoro in quel posto?”, G “perché<br />

nel momento in cui c’è un giro di soldi, che siano di natura imprenditoriale, che siano anche altri<br />

discorsi, perché è un modo di finanziamento per la famiglia di quel luogo dove va a ricadere quel<br />

determinato lavoro. Diciamo in assoluta franchezza che è il sistema più importante di finanziamento<br />

delle famiglie mafiose, in modo particolare dell’entroterra siciliano. Oltre al discorso della tangente<br />

– ha aggiunto G – su quella zona l’imprenditore che fa un determinato lavoro si deve appoggiare<br />

per quelle che sono le forniture di materiali, di quelle che sono i movimenti terra, a tutto un<br />

complesso di altre situaizoni”.<br />

Giuffrè ci ha detto di essersi personalmente occupato di alcune messe a posto per la realizzazione di<br />

strade interpoderali realizzate da Michele Aiello, sia nella provincia di Palermo che in altre<br />

provincia, in modo particolare nel periodo del 2000 nella provincia di Messina. Ha spiegato come<br />

funzionavano i distinti passaggi attraverso i quali si completava la messa a posto di Michele Aiello<br />

per quanto riguarda le strade interpoderali, ci ha detto “Michele aiello nel momento in cui si<br />

accingeva a costruire una determinata strada, parlava con Bagheria, Bagheria, con Pietro Loiacono,<br />

o con altri che c’erano in quel periodo, fava pervenire al Provenzano e il provenzano, se erano<br />

discorsi che dovevo fare io me li passava a me. Successivamente , sempre per le stesse mani, finito<br />

il lavoro, Michele Aiello mi faceva pervenire attraverso lo stesso passaggio, i soldini che poi li<br />

facevo pervenire alla famiglia delle zone dove ricadeva il lavoro”.<br />

G. ha spiegato che ogni volta che Aiello e chicchessia deve iniziare un lavoro, deve andare a<br />

mettersi a posto, deve dire che deve portare i mezzi in quel determinato territorio a dire che è a<br />

disposizione. “Quando si dice “a disposizione” si dice per versare la tangente primo, per secondo<br />

per quella che è la zona di bisogno per quanto riguarda i materiali. Dopo di ciò – ci ha detto G –<br />

inizia il lavoro. Finito il lavoro, e in linea di massima non sono lavori di grande entità quelli di<br />

Aiello, successivamente, nel momento in cui incassa il mandato Aiello, prenderà i soldi, che in linea<br />

di massima sono il 2%, e la strada era sempre la stessa. Due anni fa la messa a posto, poi<br />

consegnerà anche i soldi: cioè nel momento in cui io mettevo a posto a messina un lavoro di Aiello<br />

io per messina sono la persona responsabile per andare a versare i soldini, ma non solo, sono<br />

responsabile per tutti i discorsi di Aiello, cioè anche nel momento in cui aiello o chicchessia<br />

dovrebbe fare una cattiva figura nei confronti delle persone del posto vengono a cercare sempre a<br />

me”.<br />

G. a precisato che il punto di incontro tra lui e Bagheria era sempre Provenzano “il discorso parte da<br />

Aiello, nello specifico, Aiello-Pietro Loiacono. Pietro Loiacono –Provenzano, Provenzano –me per<br />

quanto riguarda la messa a posto, stesso discorso, stesso passaggio per quanto riguarda i soldini”. Ci<br />

13


ha detto di ricordare che nell’ultimo periodo l’aiello aveva fatto molti lavori nel territorio di<br />

Caccamo e nel 2000-2001 molti lavori nel territorio di Ciminna. […].<br />

G. ci ha spiegato che la cifra per la messa a posto corrispondeva a sette milioni di lire per strada e la<br />

datione ha un valore complessivo di 400 milioni di lire che era il valore dei lavori finanziati e<br />

realizzati per ogni singolo lotto di lavori, per ogni strada.<br />

A conclusione del suo esame, G. ci ha puntualizzato chi è Michele Aiello, nell’udienza nel 9 marzo<br />

2005, “M. A. è un adulto, un emancipato, comincia a muoversi per i fatti una volta tracciata la<br />

strada, e in parte in questo ho dato anch’io il mio contributo, e Michele Aiello sarà negli anni 90 e<br />

parte del 2000 il fiore all’occhiello anche di Provenzano”.<br />

Quindi Giuffrè chiama in causa complessivamente Michele Aiello non solo come soggetto<br />

perfettamente inserito nell’ambito di cosa nostra e particolarmente legato, sotto questo profilo, agli<br />

esponenti di vertice che nel tempo hanno retto le sorti della famiglia mafiosa di Bagheria o ne sono<br />

stati i punti di riferimento, Nino Gargano, Nicola Eucaliptus, Pietro Loiacono. Ma soprattutto G.<br />

indica Michele Aiello dal punto di vista mafioso, come un soggetto pienamente organico dentro<br />

cosa nostra, al sistema provenzano, di quel sistema, ha detto g. “Michele aiello era un anello<br />

importante”. Alla fine del suo esame lo ha definito “il fiore all’occhiello”.<br />

Non c’è dubbio che queste dichiarazioni, lunghe e complesse devono essere analizzate all’ambito<br />

del paradigma probatorio che ci pone l’art192 terzo comma del codice di rito, sui cui criteri, da<br />

ultimo e proprio in riferimento alla prova nel reato associativo di tipo mafioso, è intervenuta con<br />

una sentenza importante la cassazione a sezioni unite, faccio riferimento alla sentenza 12 luglio<br />

2005, la famosa sentenza “Mannino”. Questa sentenza è nota, anzi notissima, per i principi dettati in<br />

materia del reato di partecipazione all’organizzazione di tipo mafioso, sul finire della motivazione<br />

la sentenza contiene un altro importante arresto, che noi condividiamo, in materia di parametri di<br />

valutazione nella chiamata di correo nel reato associativo di tipo mafioso. […].<br />

Nel caso di Aiello, il ruolo ovvero la funzione nei quali è concretizzato il suo fare parte, devono<br />

individuarsi in primo luogo in quello connesso allo svolgimento della sua attività imprenditoriale<br />

nel rispetto del patto di protezione contratto con l’organizzazione, e quindi deve essere riscontrata la<br />

concreta disponibilità ad adempiere agli obblighi di finanziamento, ad adempiere alla disponibilità<br />

all’assunzione. Ma nel caso di Michele Aiello, la peculiarità della sua posizione, del suo ruolo, sono<br />

dati anche da un ruolo autonomo che è quello del procacciamento e comunicazione di informazioni<br />

di vitale importanza per l’organizzazione.<br />

Allora sulla scorta di questi principi devono essere analizzati i numerosi elementi di riscontro, che<br />

con riferimento alle dichiarazioni rese da Antonino Giuffrè sono stati raccolti nel corso della<br />

complessa istruttoria dibattimentale.<br />

Da un primo esame di massima delle dichiarazioni di Antonino Giuffrè, Michele Aiello si presenta<br />

come un imprenditore organico, che trae vantaggi dall’organizzazione mafiosa e che a sua volta<br />

adempie esattamente, in termini civilistici, a tutti gli obblighi derivanti dal vincolo associativo,<br />

primo fra tutti quello di finanziamento. Da quelle dichiarazioni emerge ancora che M A, come<br />

imprenditore organico ha in concreto reso quegli ulteriori favori, quelle prestazioni a carattere<br />

speciale che G ha sintetizzato in due battute dicento che cosa nostra sfrutterà alcuni imprenditori per<br />

trarne dei vantaggi non solo economici ma anche favori che poi vanno ad interessare anche altri<br />

organi dello Stato. Sotto questo profilo, G. ci dice che A è contraente del patto di protezione e ha<br />

adempiuto esattamente le sue prestazioni di finanziamento, assunzioni. Ci dice anche che m. A. ha<br />

anche effettuato altre prestazioni di carattere speciale: sotto questo profilo l’istruzione<br />

dibattimentale ha evidenziato che questi speciali favori si sono materializzati tra l’altro<br />

nell’acquisizione di informazioni riservate rivelatisi strategiche per l’organizzazione mafiosa e in<br />

particolare al suo capo Provenzano, consentendogli di eludere gli effetti di diverse importanti<br />

attività investigative condotte sul territorio. Il particolare attivismo di m.a. in questo settore<br />

concorre ad enucleare un autonomo e distinto ruolo nel quale si articola la condotta associativa che<br />

viene contestata sotto il profilo dell’articolo 416bis.<br />

14


Viene contestata sulla scorta di elementi di prova che in questo processo si atteggiano in modo<br />

sostanzialmente autonomo rispetto alle dichiarazioni di Giuffrè, pertanto saranno oggetto di un<br />

successivo e distinto esame, ruolo autonomo e distinto, risultandovi peraltro strettamente connesse<br />

anche la posizione del coimputato Giorgio Riolo.<br />

Dunque le dichiarazioni di giuffrè vanno riscontrate in primo luogo in riferimento all’esercizio<br />

dell’attività imprenditoriale esercitata da aiello e tale vaglio deve essere condotta sotto il profilo<br />

degli intrecci di interessi che lo svolgimento di queste attività ha garantito, e avendo in particolare<br />

riguardo ai reciproci vantaggi che sono scaturiti dal rapporto organico di qualificata appartenenza<br />

all’organizzazione mafiosa di Michele aiello. L’esame e la valutazione di questo intreccio di<br />

interessi evidenzia il ruolo di imprenditore protetto, e quindi che si è giovato del determinante<br />

appoggio dell’organizzazione mafiosa, ma evidenzia nel contempo l’adempimento delle<br />

controprestazioni, evidenzia il ruolo di finanziatore il particolare reticolato delle relazioni mafiose<br />

attraverso cui tali interessi, prestazioni e controprestazioni hanno trovato realizzazione.<br />

Partiamo dalle attività imprenditoriali: Giuffrè ci ha fornito indicazioni sul contesto relazionale del<br />

padre dell’ingegnere Aiello, Gaetano, dicendoci che aveva delle cointeressenze economiche<br />

nell’ambito della famiglia mafiosa di Bagheria. Questa circostanza, di contesto, ha formato oggetto<br />

dell’esame dello stesso Aiello che all’udienza del gennaio 2006 ci ha detto testualmente che “la<br />

famiglia dei Mineo è la sotria della mafia di Bagheria, e che la mafia d bagheria aveva sottratto<br />

l’impresa a suo padre quando i Mineo avevano imposto a suo padre la costituzioni di<br />

un’associazione temporanea di imprese che poi era stata abbandonata da Gaetano Aiello”. Sul punto<br />

significative indicazioni ci sono state fornite da un testimone, Domenico Pancera […]<br />

Giuffrè ha riferito dell’attivissima presenza di Michele aiello nel settore della costruzione delle<br />

strade interpoderali. La presenza di Michele Aiello nel settore della realizzazione delle strade<br />

interpoderali ha occupato gran parte dell’istruttoria dibattimentale, e in particolare ricostruita dal<br />

maggiore Stefano Sancricca e dal Maggiore Michele Miulli che sentiti nelle udienze di febbraio<br />

2005, ci hanno in primo luogo riferito attraverso quali società aiello ha operato in tale settore, le<br />

loro compagini e le vicende che avevano caratterizzato la gestione di tali società […]<br />

Aiello, dice Giuffrè ha lavorato in regime di quasi monopolio, ha lavorato nella provincia di<br />

Palermo, lo ha fatto soprattutto nella zona di caccamo e in quella zona ha avuto un punto di<br />

riferimento essenziale in Antonino Guzzino, fratello di Diego Guzzino, elemento di spicco della<br />

locali famiglia mafiosa. G. ha indicato come fonte della sua conoscenza non solo la sua esperienza<br />

come capomandamento diretto di Caccamo ma anche, che queste notizie lui le aveva apprese sia in<br />

ambito mafioso di bagheria che in un contesto non mafioso, di tipo imprenditoriale, da parte di<br />

quegli imprenditori, semplici concorrenti di Aiello nella realizzazione delle strade interpoderali e<br />

dei quali Giuffrè aveva appreso le lamentele perché tutti i lavori li faceva Michele Aiello.<br />

Noi dobbiamo cercare il riscontro in questa duplice direttrice: qualche preziosa indicazione ci viene<br />

fornita da Angelo Siino, collaboratore di giustizia, la posizione, il ruolo interno a cosa nostra, la<br />

scelta di collaborare, la storia di Siino sono ampiamente ripercorse e tracciate in alcune sentenza<br />

definitive, alcune acquisite […]. Angelo Siino è stato sentito durante l’udienza dell’8 giugno 2005 e<br />

ci ha riferito sul punto di una particolare circostanza, ha detto che avendo intenzione di ottenere un<br />

finanziamento da parte della regione siciliana per trasformare una stradella interpoderale una<br />

vecchia trazzera che attraversava una proprietà di sua madre in contrada Cerasa d Monreale, nel<br />

1997 aveva preso contatti con certo Serafino Morici, “un personaggi certamente vicino a Cosa<br />

nostra ma non di grande pese”. Dopo aver preso contatto con Morici lo aveva mandato<br />

all’assessorato all’agricoltura. Dice Siino “dove potevo mandarlo? all’assessorato all’agricoltura,<br />

dove facevano questo tipo di finanziamenti e lui di ritorno mi aveva detto “angelo, non c’è chi ffari,<br />

perché bisogna rivolgersi a questo ingegnere Aiello. Mi venne a dire subito “Angelo, guarda che per<br />

avere fatta la stradella a cerase l’unica persona che ti devi rivolgere è a Bagheria”, “ma Bagheria,<br />

chi?” “Aiello” “ma scusami, Aiello chi?” “l’ingegnere Aiello” al che insomma ero un po’<br />

15


esarcebato dal fatto di essere stato in galera, di essere stato male, e me ne uscii con una forte<br />

espressione “ma chi cavolo è questo aiello? O la fa o non la fa, e va beh vedremo chi è questo<br />

ingegnere Aiello dai bagarioti, a Bagheria, ora lo vediamo…”.<br />

Poi ci dirà Siino di avere colto in una particolare occasione di incontro con particolari personaggi e<br />

con Lorenzo Vaccaro, uno dei capimafia del nisseno, e Lorenzo Vaccaio, con parole colorite gli<br />

aveva sostanzialmente detto chi era questo ingegnere Aiello di Bagheria, una persona che aveva<br />

protezioni importanti perché molto vicina a bernardo provenzano. Indicazioni del tutto analoghe e<br />

riferibili alla zona di Caccamo ci sono state riferite anche una altro collaboratore di giustizia che<br />

abbiamo sentito nel dibattimento e cioè <strong>Salvatore</strong> Barbagallo. Anche per <strong>Salvatore</strong> Barbagallo<br />

inserimento mafioso e collaborazione, etc. mi riporto alle sentenze definitive dove sono contenute<br />

valutazioni sia sull’inserimento mafioso sia sul percorso collaborativi di Barbagallo, sicuramente la<br />

sentenza del tribunale di palermo in data 2 marzo 2002 nei confronti di Simone Castello,<br />

sicuramente la sentenza della corte d’assise di palermo, anch’essa definitiva, in data 13 marzo 1999<br />

contro Andrea Cottone e altri.<br />

Anche Barbagallo <strong>Salvatore</strong> è stato sentito all’udienza dell’8 giugno 2005, e barbagallo ha<br />

ricostruito i suoi rapporti di conoscenza con Michele Aiello datandoli agli inizi degli anni ottanta, e<br />

ci ha detto che all’epoca l’ing aiello era un giovane professionista che faceva capo alla calcestruzzi<br />

termini, famosa calcestruzzi di Termini Imerese, dove barbagallo come longa manus di Giuseppe<br />

Panseca era addetto agli uffici di ragioneria. Ci ha detto in quegli anni aiello andava alla<br />

cancestruzzi per rifornirsi di calcestruzzi per la realizzazione di strade nei dintorni e che con aiello<br />

aveva avuto dei rapporti non sempre lineari, nel senso che ci furono delle discussioni sulla qualità di<br />

alcune forniture di calcestruzzi in relazione alle quali a un certo punto cessò di fornirsi presso la<br />

calcestruzi termini. In quel periodo <strong>Salvatore</strong> Barbagallo, lui dice forse verso il 1996 forse dopo,<br />

aveva ricevuto un incarico da parte di Giusepe Panseca, il suo punto di riferimento mafioso, il uale<br />

dicendogli di essere stato interessato da parte di antonino Giuffrè, si era recato a bagheria presso<br />

l’ufficio dell’ing aiello e – ci ha detto barbagallo – che questa volta nono aveva trovato più il<br />

giovane professionista che aveva conosciuto alla calcestruzzi ma un professionista affermato, in<br />

uffici importanti, con particolari di un certo tenore. Si era recato dall’ing aiello per ritirare una busta<br />

con dei soldi dentro che lui poi aveva portato a caccamo e consegnato a giusepe panseca, venendo a<br />

sapere – ci ha detto Barbagallo – che si trattava di solfdi che l’ing doveva versare perché in quel<br />

periodo realizzava moltissime strade interpoderali nella zona di caccamo. Ci ha detto Barbagallo<br />

che anche Panseca si occupava insieme ad un altro imprenditore di nome Priolo di strade<br />

interpoderali che voleva realizzare nella zona di Caccamo. E Panseca si era lamentato “in modo<br />

forte” della presenza che lui aveva giudicato eccessiva di Michele aiello nella zona di caccamo, che<br />

tra l’altro era la zona di Giuseppe Panseca.<br />

E ci ha raccontato B. che panseca dicendogli queste cose gli aveva detto “Aiello Michele, Aiello<br />

Michele, sempre aiello ogni qualvolta lui cercava di prendersi un lavoro [lui, panseca] il lavoro era<br />

sempre già preso, cioè lo doveva fare Michele aiello con le sue imprese.<br />

Ci ha detto poi barbagallo che panseca, in occasione della consegna della busta, gli aveva<br />

esplicitamente detto che Michele aiello aveva, testualmente “un’esclusiva sulle strade interpoderali,<br />

un po su tutta la provincia di palermo, in particolare sulla zona di caccamo. Doveva realizzare<br />

strade interpoderali e ancora non si era presentato a pagare, nel senso che non si era presentato da<br />

nessuno lì a dire se poteva farlo e quanto doveva pagare”. <strong>Salvatore</strong> Barbagallo ha aggiunto che<br />

pochi giorni dopo a questo fatto, ossia il ritorno e consegna della busta, panseca era tornato alla<br />

calcestruzzi, lo aveva chiamato e lo aveva mandato di corsa dall’ingegnere aiello per restituirgli la<br />

busta che aveva ricevuto pochi giorni prima, dicendogli in buona sostanza che Michele Aiello era<br />

un protetto di bernardo provenzano. Barbagallo ci ha detto che adempiendo all’incarico conferitogli<br />

da panseca siera recato a Bagheria, era andato presso gli uffici di Michele aiello, gli aveva<br />

personalmente consegnato la busta con i denari e, almeno così gli era apparso, aiello aveva<br />

considerato quella restituzione un fatto assolutamente normale, un fatto quasi scontato, tanto quanto<br />

si era invece meravigliato l’aiello quando lui si era presentato per esigere denaro e busta. Ora questo<br />

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specifico episodio, della busta, non è stato confermato da Antonino Giuffrè, il cui ruolo non<br />

risultava direttamente al barbagallo, il barbagallo non aveva cioè diretti con Giuffrè, ma gli era stato<br />

riferito l’interessamento del giuffrè da giuseppe panseca, che ovviamente, poteva avere molte buone<br />

ragioni per tirare in ballo giuffrè come mandante di una vicenda tanto delicata, tanto da farne il<br />

nome con barbagallo.<br />

Comunque per questo aspetto, al di là di ogni plausibile giustificazione, per questo aspetto per lo<br />

specifico fatto che rimane privo di riscontro, la dichiarazione di barbagallo non può certo costituire<br />

una fonte di prova contro aiello, però posso essere certamente utilizzate le altre circostanze sempre<br />

riferite da barbagallo che invece sono del tutto coerenti con le altre risultante processuali che lo<br />

confermano e in particolare il regime di quasi monopolio esercitato da Michele Aiello nella<br />

provincia di palermo e in particolare nella zona di Caccamo. E sotto il profilo in questione, va<br />

specificato che le dichiarazioni di Barbagallo nel loro nucleo essenziale sono state rese all’inizio<br />

della sua collaborazione con la giustizia e siamo nel 1995-96 quando, come vedremo, aiello era un<br />

perfetto sconosciuto. E così al racconto di barbagallo che risale a quegli altri e che contiene<br />

certamente un nucleo di circostanze riscontrate da altri elementi di prova, va riconosciuta il crisma<br />

della genuinità.<br />

Ma che Michele aiello gestisse gran parte dei lavori nella zona di caccamo era circostanza, ci ha<br />

detto barbagalo, che gli era stata riferita non solo da giuseppe panseca, mafioso imprenditore, ma<br />

anche da un altro soggetto che, dico io è un imprenditore mafioso, e cioè Dolce Sebastiano. Ci ha<br />

detto narbagallo di aver incontrato diverse volte e aver commesso dei reati con dolce Sebastiano, in<br />

materia di gestioni dei lavori pubblici, in materia di appalti, di combine di appalti, e dolce<br />

Sebastiano si era lamentato con lui del fatto che aiello facesse lui tutti i lavori nella zona di<br />

caccamo, agli inizi degli anni novanta, quando praticamente si era svolta una gare per la<br />

realizzazione del parco urbano nella zona di caccamo. L’udienza del 5 giugno 2007 è stato sentito<br />

in qualità di indagato di reato connesso l’imprenditore mafioso Sebastiano dolce, che ha<br />

ovviamente escluso di aver mai parlato con barbagallo della gestione dei lavori nella zona di<br />

caccamo, e ha escluso di aver mai fatto riferimento al ruolo che Michele aiello vi avrebbe avuto, in<br />

posizione predominante, considerato – ha detto dolce – che lui questo aiello manco lo conosceva.<br />

Ma Sebastiano Dolce ci ha detto anche una seconda cosa, durante la sua deposizione perchè ha<br />

escluso di sapere chi fosse Michele aiello ma ha escluso anche di aver avuto rapporti di alcun<br />

genere con salvatore barbagallo che conosceva, ci ha detto, “solo per averlo visto qualche volta<br />

negli uffici di giuseppe panseca”, con il quale lui, dolce, in associazione temporanea di imprese, si<br />

era aggiudicato dei lavori che poi aveva fatto da solo panseca. Per dire quale era nella testa di dolce<br />

lo stato dei rapporti con salvatore barbagallo. Dice dolce “ i miei rapporti con salvatore barbagallo<br />

erano buongiorno e buonasera e qualche battuta nell’ufficio del dottor panseca. Punto e basta”.<br />

Certo, diciamo noi, punto e basta, peccato che per questo buon giorno e buona sera sebastano dolce<br />

ha poi chiesto, lui stesso e ottenuto, l’applicazione della pena per concorso esterno in associazione<br />

mafiosa, commesso, manco a dirlo in concorso con quello stesso barbagallo che dolce ci ha detto di<br />

non aver mai conosciuto. Faccio riferimento alla sentenza definitiva del gip presso il tribunale di<br />

palermo in data 14 maggio 1999, acquisita all’udienza del 20 giugno 2007, e basta leggere il capo<br />

di imputazione per capire di cosa stiamo parlando.<br />

La deposizione di Sebastiano dolce in quest’aula è durata pochissimi minuti, in tutto 3 pagine di<br />

trascrizione, durante le quali Sebastiano dolce ha detto sostanzialmente due cose, su una ha mentito<br />

completamente, quella dei suoi rapporti con barbagallo, co l’altra valuterà il tribunale quale<br />

attendibilità può avere.<br />

Sulla stessa questione dell’attività imprenditoriale di Aiello di “quasi monopolio”, come le ha<br />

definite giuffrè, abbiamo sentito un altro imprenditore che opera nella zone ricompresa nella zona di<br />

caccamo e che si chiama Sebastiano iuculano e che abbiamo sentito come indagato di reato<br />

connesso all’udienza 15 maggio 2007. Iuculano è un imprenditore del settore edilizio, è stato sentito<br />

come indagato di reato connesso perché il suo nome è stato scritto nel registro degli indagati per il<br />

reato di concorso esterno in associazione mafiosa, ma poi la sua posizione è stata archiviata. Ci ha<br />

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iferito che nel corso degli ultimi 20 anni aveva realizzato tra mille difficoltà, pur avendo intenzione<br />

di impegnarsi nel settore, soltanto tre strade interpoderali tra il 19982-96, a un certo punto aveva<br />

addirittura rinunziato all’idea di realizzare altre strade interopoderali e riferendosi agli uffici del<br />

genio civile ci ha detto, “ho rischiato per farmi arrestare là dentro per un mio diritto, non ci vado<br />

più”. Nel 1996 in una specifica occasione lui aveva in corso di finanziamento una domanda per la<br />

realizzazione di una stradella interpoderalare in contrada Malluta, Cerda, paese d’origine dello<br />

Iuculano. Ci ha detto che come tutti gli altri imprenditori e tecnici seguivano passo passo<br />

l’istruttuoria delle pratiche e quindi se ne era andato di buon mattino all’ufficio del genio civile per<br />

seguire l’iter della sua pratica […].<br />

A fronte di queste prime emergenze, Aiello si è difeso e ci ha fornito una serie di numeri e una<br />

spiegazione di carattere preliminare. I numeri, che ci ha fornito aiello dovrebbero dirci che le sue<br />

imprese non hanno acquisito alcuna posizione predominante o ancor meno di monopolio nel settore<br />

della realizzazione delle stradelle interpoderali, la spiegazione logica invece è funzionale a<br />

contestare in radice la stessa possibilità che anche ove si sia realizzata, questa posizione<br />

predominante non sarebbe comunque il frutto di atti di imposizione, di un ausilio di tipo mafioso<br />

perché, ci ha detto in sostanza aiello, le imprese che realizzavano i lavori venivano liberamente<br />

scelte dalle diverse associazioni interpoderali che si istituivano proprio a tal fine.<br />

I numeri: 8 marzo 2006, nel corso dell’esame Michele aiello ha quantificato il numero delle strade<br />

interpoderali nelle quali erano state impegnate le sue imprese “con riferimento a tutto il territorio<br />

della regione siciliana abbiamo presentato 1080 progetto, ne abbiamo realizzati 289” e ha precisato<br />

che “in quota percentuale rispetto a quelli presentati da noi siamo sull’ordine del 20%”. Michele<br />

aiello ha poi precisato che con riferimento al dato complessivo e avendo come termine di<br />

riferimento il numero di stradelle finanziate e realizzate, testualmente “se si guarda il dato palermo<br />

– intendeva la provincia di palermo – possiamo arrivare anche alla percentuale del 30 % rispetto<br />

alle opere globalmente finanziate, sul dato globale regionale noi potremmo essere in ordine al 10%<br />

orientativo, non ho i dati ufficiali potrei anche discostarmi”. Poi in sede di contro esame,<br />

all’udienza del 14 marzo 2006 e facendo riferimento ai documenti che nel frattempo erano stati<br />

depositati su iniziativa della difesa aiello ha fornito dati più precisi, infatti, domandato sul punto ha<br />

detto “ho il dato ufficiale di tutte le strade interpoderali che sono state finanziate dall’assessorato<br />

regionale agricoltura e foreste e sono 2151 strade complessivamente realizzate nel territorio<br />

siciliano, tutte fino al decreto del 2002 in relazione al programma del 1991. – è ancora aiello che<br />

parla – cioè tutte le strade interpoderali realizzate nel territorio regionale sono 2151, e quelle da noi<br />

realizzate sono 289”.<br />

Ripeto, ha dato questi dati avendo come punto di riferimento un serie di elenchi depositati dalla<br />

difesa. Il geometra antonino puleo lo abbiamo sentito all’udienza del 10 novembre 2006. Il<br />

geometra puleo non è uno dei geometri di Michele aiello, Antonino Puleo è Il geometra di Michele<br />

aiello, perché alla specifica domanda su quante strade interpoderali avesse realizzato lui ci ha detto<br />

1089, “per chi?” “per Michele Aiello”, quante strade interpoderali aveva progettato per altri<br />

“nessuna”. Quindi antonino puleo, peraltro associato al geometra antonino cusimano in uno studio,<br />

è il geometra di Michele aiello.<br />

Ci ha detto Puleo che insieme al geometra cusimano avevano presentato fino al 1995, per conto<br />

dell’ing, aiello e quindi in collaborazione con le sue imprese 1058 progetti per strade interpoderali,<br />

realizzandone 289. Ne corrispondente periodo e cioè – ci ha detto puleo – nel 1978-79, fino al 2003<br />

sono stati realizzate in tutta la Sicilia circa 2000 stradelle interpoderali. Quindi ha confermato il<br />

dato globale fornito anche dall’ingengere aiello, 2151 strade interpoderali realizzate<br />

complessivamente da sempre sul territorio siciliano e a fronte di questo dato, 289 realizzate dalle<br />

imprese di Michele aiello su 1058 progetti presentati. Alcuni dati utili ci sono stati però forniti dal<br />

maggiore Miulli che ci ha quantificato il dato complessivo dei progetti ammessi al finanziamento<br />

nel decennio 93-2003. Ha detto Miulli: “abbiamo acquisito presso l’assessorato regionale<br />

agricoltura e foreste un elenco di strade che sono state ammesse a finanziamento nel decennio 93-<br />

2003, accertando che in quel periodo ha finanziato 727 progetti, in altri termini – ha precisato il<br />

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maggiore Miulli – sono stati erogati 727 in favore di queste associazioni per la realizzazioni di<br />

strade di penetrazione agraria. […]<br />

Quindi noi sappiamo che negli ultimi 15 e passa anni l’assessorato all’agricoltura ha proposto due<br />

programmi di intervento, uno nel 1985, uno nel 1991. Dopo allora non ci sono stati più altri<br />

programmi di intervento deliberati dall’assessorato ne, tanto meno ovviamente, approvati dalla<br />

giunta regionale di governo. Sappiamo che il programma di intervento approvato nel 1991 – ce lo<br />

dice Puleo – prevedeva più di 3700 richieste, cioè nel programma di intervento c’era un elenco di<br />

più di 3700 richieste, ma ci ha detto puleo la copertura finanziaria per quelle domande, nel 1991 era<br />

per meno di 600. Sappiamo che dal 1993-2002, sulla base dei programmi di intervento approvati nel<br />

85 e nel 91, sono state in concreto realizzate 700 strade. Allora per meglio capire che cosa<br />

significano questi numeri e coglierne la specifica inferenza con quanto sul punto hanno<br />

concordemente dichiarato Giuffrè, barbagallo, Siino e che ci ha confermato Iuculano, occorre<br />

disaggregare questi dati numerici.<br />

Occorrre disaggregare questo dato numerico complessivo, innanzitutto per un semplice banalissimo<br />

motivo, perché sia giuffrè, barbagallo, siino e iuculano hanno tutti fatto riferimento e<br />

specificamente localizzato nella provincia di palermo lo stratopotere di Aiello nel settore delle<br />

strade interpoderali. Mentre il dato complessivo che ci è stato fornito in valutazione, 289 strade<br />

realizzate dalle imprese aiello contro le 2151 finanziare e realizzate complessivamente, si riferisce<br />

appunto a tutto il territorio della regione siciliana. Non solo ma è lo stesso aiello che ci ha detto che<br />

in diverse province della regione siciliana, dove risultano realizzate molte strade interpoderali, lui<br />

con le sue imprese non ne aveva realizzata nemmeno una. Ora come si desume dai documenti 33 e<br />

36 del secondo elenco prodotto dalla difesa aiello, noi possiamo disaggregare un primo dato. E cioè<br />

è vero che le imprese aiello hanno realizzato in tutto 289 strade interpoderali ma è vero che di<br />

queste 289 ben 184 sono localizzate tutte nel territorio della provincia di palermo. Oran i non<br />

abbiamo il dato di tutte le strade interpoderali finanziate e realizzate nella sola provincia di palermo,<br />

da tutte le imprese, e dunque non siamo in condizione di calcolare la percentuale di quelle riferibili<br />

alle imprese di aiello. Aiello ci ha detto che la percentuale di quelle realizzate dalle sue imprese,<br />

nella sola provincia di palermo è comunque prossima la 30%. E questo è certamente un dato di per<br />

sè significativo ma è un dato ancora più significativo ove si tenga conco anche di un’altra<br />

circostanza. E cioè, dire che le imprese di aiello hanno realizzato il 30% delle strade interpoderali<br />

finanziate e realizzate nella provincia di palermo, di per sé ha un significato assolutamente limitato<br />

se non si dispone dell’altro dato su cui parametrare questo dato percentuale. Un altro dato che deve<br />

essere costituito dalla quota percentuale dei lavori realizzati dalle altre imprese. Ed è chiarissimo il<br />

motivo, perché è chiaro è una cosa è se il restante 70%, ammesso che quello sia un 30% che per ora<br />

prendiamo per buono, una cosa dicevo è se il restante 70% dei lavori se lo sono divoso soltanto 2, 3,<br />

4, imprese, allora noi possiamo trarre una conclusione, ossia che intorno ad un’impresa che occupa<br />

il 30% del mercato, ce ne sono 2 o 3 che ne occupano il 70%, e cioè che accanto alla posizione di<br />

quasi monopolio di aiello ci sono altre posizioni altrettanto ed egualmente significative, che<br />

possono aggiungersi. Ma c’è un altro dato, che è completamente diverso. È completamente diverso<br />

se invece i lavori corrispondenti alla quota residua del 70% si sono spalmati sdu un numero<br />

maggiore di imprese in modo che ciascuna di esse ne ha realizzato solo una piccola quota<br />

imprenditoriale, quindi abbiamo una realtà imprenditoriale che occupa una quota del 30% del<br />

mercato e poi abbiamo una miriade di imprese che occupano con percentuali bassissime tutto il<br />

sestante segmento del mercato. Allora sì che il 30% dei lavori effettuati dalle imprese di Michele<br />

aiello assumerebbe una connotazione ancora maggiore, diventerebbe una quota di quasi monopolio<br />

o una posizione certamente predominante. Ora, noi durante il dibattimento l’abbiamo raccolta la<br />

testimonianza di due imprenditori che fanno strade interpoderali e sotto questo profilo Sebastiano<br />

Iuculano e Nicolò Testa di strade interpoderali ne hanno realizzate ben poche, Iuculano 3, dal 1992<br />

e il 1996, Testa ci ha detto che dopo il 1992 di strade interpoderali ne ha realizzate in tutto, no<br />

ricordava bene, 8 o 10, e ricordava che la maggior parte di queste strade erano state realizzate ad<br />

Agrigento Enna e caltagirone. Ma sempre dal punto di vista di numeri c’è un secondo profilo che è<br />

19


altrettanto se non più interessante rispetto a quello cui ho fatto finora cenno. Motivo per cui i<br />

numeri globali vanno disaggregati. Giuffrè ci ha dato un’indicazione, guardate Michele aiello è<br />

l’imprenditore che fa le strade interpoderali in provincia di palermo e in particolare nella zona di<br />

Caccamo perché ha le spalle coperte, ha l’appoggio di cosa nostra, Provenzano, Bagheria, ci sono io<br />

, etc.<br />

Però giuffrè ci ha datato questo avvicinamento, ci ha parlato della fine degli anni 80, del natale 90-<br />

1991, e ci ha detto che da quel momento in poi si era realizzato l’avvicinamento di Aiello<br />

all’organizzazione mafiosa, a Eucaliptus, a bernardo provenzano, consegna la famosa dazione dei<br />

100 milioni. Allora noi questo dato lo dobbiamo disaggregare perché è nel periodo successivo la 90<br />

e 91 che dobbiamo capire, valutare che cosa è successo. Ed è soprattutto con riferimento a questo<br />

momento successivo che il dato numerico disaggregato ci offre delle indicazioni ancora più puntuali<br />

e pertinenti. In altri termini, se Michele aiello si avvicina alla famiglia mafiosa di bagheria,<br />

provenzano, eucaliptus e gli altri, nel 91 noi dobbiamo verificare se dopo tali anni, si registra come<br />

effetto di tale avvicinamento un significativo incremento rispetto al dato precendente delle strade<br />

realizzate da Michele aiello, sì da dire che questo incremento ha una sua ragion d’essere, una radice,<br />

nell’avvicinamento di Michele aiello alla mafia che conta, quella che negli affari detta legge, quella<br />

di bernardo provenzano.<br />

Proviamo a disaggregare questo dato. Sappiamo – ce lo ha detto Miulli – che tra il 93 e il 2003 in<br />

tutta la Sicilia sono state finanziate 727 strade interpoderali e sappiamo che nell’ultimo programma<br />

di intervento approvato, cioè quello del 1991 figuravano 2700 domande inserite. Di queste 727<br />

strade interpoderali realizzate nel decennio ben 181 risultano essere state realizzate dalle imprese di<br />

aiello dal 26 settembre 1991 fino al 26 febbraio 2002. Nel periodo precedente, quello del 24 ottobre<br />

1979 – faccio riferimento ai dati degli elenchi depositati dalla difesa - al 15 ottobre 1990, che è<br />

l’ultima strada realizzate prima di quella del 91, le imprese di aiello avevano realizzato 108 strade<br />

interpoderali, 108 strade per le quali erano intervenute il verbale di collaudo.<br />

Un dato che già di per sè evidenzia un significativo, assolutamente significativo, perché siamo quasi<br />

vicini a un aumento in percentuale del 90%, un incremento di strade realizzate. Un incremento che<br />

è ancor più significativo perché va riferito delle 3700 strade contenute nel documento di intervento<br />

approvato. Ed è un dato di incremento che è significativo da un punto di vista generale, e<br />

certamente non è che in Sicilia l’esigenza di realizzare strade interpoderali non c’era negli anni<br />

ottanta e invece c’era negli anni novanta, ed è un dato di incremento, quasi vicino al 905 sul dato<br />

generale, diventa ancora più significativo e va oltre il 100% proprio in quelle zone indicate da<br />

Giuffrè e da Barbagallo come quelle nelle quali il superpotere di aiello si è manifestato , per capirci<br />

la provincia di palermo e il territorio di caccamo. E allora disaggreghiamo il dato soltanto sulle zone<br />

relartive al mandamento di caccamo: se analizziamo i dati numerici abbiamo questi dati, per le<br />

ragioni bipartisan che ci hanno fornito da una parte Antonino Giuffrè e dall’altro l’architerro<br />

Nicosia, loro ci hanno spiegato come si configura il territorio di caccamo e quello prossimo,<br />

confinante con il comune montemaggiorebelsito, e ci hanno spiegato che è un comune che entra a<br />

cuneo fino a dentro all’altro paese, basta pensare che nell’associazione interpoderale dei fratelli<br />

liberto, che tutto il mondo sa che sono di caccamo, la presidenza era di Nicosia che è di<br />

montemaggiore, conseguenza della particolare configurazione territoriale. Configurazione<br />

territoriale che impone di considerare insieme il dato relativo ai due comuni, caccamo e<br />

montemaggiore.<br />

Le imprese di aiello hanno realizzato dal 1991 in poi 19 strade a caccamo e 10 a montemaggiore,<br />

per un totale di 29 strade su questi due territori dal 1991. Non solo, ma ll’interno dei 10 anni, c’è un<br />

dato che diventa ancora più significativo, che di queste 19 strade di caccamo ben 17 sono state<br />

realizzate dal 1996, su 10 strade realizzate a montemaggiore, 8 sono state realizzate del 99 e il<br />

2000. Confrontiamolo con gli anni precedenti: dal 1979 al 1991, in tutte e due le zone<br />

complessivamente lo stesso aiello aveva realizzato 6 strade, 6 contro 29 e nel dato delle 29 sono 25<br />

quelle realizzate dopo il 1996, cioè gli anni in cui su caccamo antonino giuffrè ha un predominio<br />

assoluto, provenzano governa tutti quei territori addirittura, se vogliamo con la presenza fisica.<br />

20


Andiamo ad un'altra zona strategica, giuffrè aveva fatto riferimento alla zona di ciminna, non a<br />

caso, perché la zona di Ciminna, per dirla in termini banali e crudi, Provenzano e Giuffrè l’hanno<br />

fatta da padroni, tenendovi riunioni, organizzando appuntamenti, ebbene nella zona di ciminna le<br />

imprese di aiello hanno realizzato 20 strade interpoderali, delle quali 4 dal 1979 al 1992, tre nel<br />

1993, tredici dal 1997 al 2002.<br />

Allora il dato numerico disaggregato delle strade interpoderali realizzate dalle imprese di aiello,<br />

analizzato sia sotto il profilo della distinzione della provincia di palermo e del territorio di caccamo<br />

in particolare rispetto al dato complessivo regionale, sia analizzato sotto il profilo temporale, cioè le<br />

strade che sono state realizzate del 1991 in poi, sono quelle significative, ci confermano, la lettura<br />

di questi dati numerici è assolutamente compatibile con le indicazioni che sul punto di hanno<br />

fornito in particolare Giuffrè, che ci ha confermato salvatore barbagallo e che, seppur intermini<br />

coloriti ma efficaci, ci ha riferito Sebastiano Iuculano.<br />

E risulta in particolare, che nella provincia di palermo l’aiello ha goduto senz’altro di una posizione<br />

predominante, che ha avuto un significativo incremento proprio a partire dal 1991 e proprio in<br />

quelle zone che sono state controllate in quel periodo dallo schieramento mafioso più vicino a<br />

bernardo provenzano e ad antonino giuffrè.<br />

[…]<br />

Dice Michele Aiello che le organizzazioni interpoderali “scelgono loro l’impresa cui affidare i<br />

lavori, lo fanno senza alcun tipo di vincolo, formale o sostanziale, lo fanno senza alcun tipo di<br />

forma di coazione. Dunque l’acquisizione di lavori per la realizzazione di strade interpoderali si è<br />

realizzata – dice aiello – e non poteva essere diversamente, a prescindere da qualsiasi ausilio o<br />

intervento dell’organizzazione mafiosa cosa nostra o di sue propaggini territoriali”. La questione,<br />

per capire di che cosa parliamo e uscire dalle formule asettiche, la questione pone degli<br />

interrogativi, bisogna capire preliminarmente chi è che gestiva, ancor prima che i lavori, il mercato<br />

della domanda di finanziamento delle strade interpoderali. Le associazioni appositamente costituite,<br />

le cosiddette associazioni interpoderali o il mercato sin dalla fase della domanda intanto era oggetto<br />

di intervento da parte delle imprese, dei loro tecnici e di chi stava dietro queste imprese.<br />

A riguardo ci ha detto Giuffrè che aiello veniva scelto, non perché era il più bravo, può essere anche<br />

che fosse il più bravo, ma che intanto veniva scelto perché aveva un radicamento, perché aveva<br />

degli appoggi, perché aveva un punto di riferimento che si chiamava antonino guzzino, fratello di<br />

diego guzzino, e abbiamo visto cosa diceva giuffrè in proposito. Allora cerchiamo di capire intanto<br />

se i protagonisti, sin dalla fase della domanda, sono le associazioni interpoderali come dice Aiello<br />

oppure, come dice Giuffrè, se c’è un’altra dinamica. Anche qui, circostanze, certamente<br />

significative e sul punto ampiamente riscontrate sono state riferite da <strong>Salvatore</strong> Barbagallo<br />

all’udienza dell’ 8 giugno del 2005.<br />

Barbagallo, quando ci riferisce queste circostanza, qua non c’è de relato, non ci riferisce cosa che ha<br />

avuto a sua volta dette, che ha sentito dire, non ci riferisce le sensazioni, ci riferisce della sua diretta<br />

esperienza lavorativa perché ci dice che lui aveva maturato sul campo delle stradelle interpoderale<br />

una certa esperienza avendo lavorato alle dipendenze di giuseppe panseca che, come abbiamo visto,<br />

con Antonino Priolo era interessato, impegnato anche lui nel settore dele strade inter,<br />

Barbagallo ci ha riferito delle associazioni che si costituivano per la realizzazione di queste strade<br />

interpoderali e ci ha raccontato qualche cosa anche sulla scelta dell’impresa cui le associazioni<br />

affidavano i lavori. Barbagallo, testualmente “di solito era l’impresa che andava cercare queste<br />

associazioni. Per esempio io ricordo che quando uscì Digesù Lorenzo dal carcere, mi diede<br />

l’incarico di prendere tutte le cartine topografiche di una certa zona di messina e lì segnare alcune<br />

strade che lui mi aveva indicato e dove potevano nascere delle nuove associazioni. Anche tra cerda<br />

e montemaggiorebelsito, una l’abbiamo fatta di sana pianta, ne senso che abbiamo riunito i<br />

proprietari, siamo andati a fare il tracciato, abbiamo scelto la strada e tutte cose, e lì, sempre in<br />

questo discorso di messina, sempre lì veniva fuori il nome di Michele aiello che in quella zona era<br />

già interessato anche lui alle stradelle interpoderali. Proprio questo pezzo della dichiarazionie di<br />

21


Barbagallo troverà dei riscontri specifici, li chiamerei riscontri in fotocopia con fonti di prova<br />

inaspettate, però fin d’ora possiamo dire che ci sono altre dichiarazioni a dimostrazione che fossero<br />

proprio le imprese, quelle che dovevano eseguire i lavori, con i loro tecnici, a muoversi, a muoversi<br />

sin dall’inizio ad organizzare esse stesse le associazioni, a fare nominare i presidenti, a tenere i<br />

contatti con l’assessorato a curare la presentazioni delle domande, ad assumere informazioni e<br />

seguire l’iter delle domande presentate. Ovviamente oltre che ad eseguire i lavori, si tratta di<br />

circostanze che, come emergono dalle dichiarazioni di salvatore Barbagallo con riferimento<br />

specifico ad un episodio, ci vendono confermate dalle dichiarazioni che sistematicamente in questo<br />

processo che hanno reso tutti i presidenti di associazioni interpoderali, che in cospicui numero sono<br />

stati sentiti nell’udienza del 31 ottobre 2006.<br />

Nelle loro dichiarazioni, di questi presidenti, si rispecchiano fedelmente, e proprio in riferimento<br />

alle imprese di Michele aiello e ai loro due tecnici ossia i geometri Puleo e cusimano, si<br />

rispecchiano i termini della stessa situazione che barbagallo ci aveva descritto con riferimento ad<br />

un'altra zona e con riferimento ad un altro boss mafioso della zona che si chiama Lorenzo digesù.<br />

Abbiamo sentito Filippo Loiacono, presidente di un’associazione interpoderale che ha ottenuto un<br />

finanziamento per una strada realizzata nel 1999 in provincia di messina, nella zona di ristretta. Che<br />

cosa ci ha detto Loiacono, che dei lavori si era occupato di tutto il geometra Puleo, che lui aveva<br />

contattato tramite certo Colantonio, titolare di un oleificio. Ci dice Loiacono “siccome io dovevo<br />

fare questa strada e mi hanno detto di parlare con questo geometra, colantonio mi dice, ci sono<br />

questi geometri che fanno fare queste strade. E allora una giorno me lo fanno conoscere a mistretta,<br />

mi chiedono i documenti, io ce li ho dati e si sono occupati tutto di loro”.<br />

Bellardita Rosario, altro presidente di associazione interpoderale che ha realizzato sempre nel 1999<br />

una strada interpoderale nella stessa zona, comune di Reitano. Ci ha riferito di essersi rivolto,<br />

sempre per tramite di questo colantoni, titolare dell’olificio, al geometro puleo, al quale – ci ha<br />

detto Bellardita – avevano consegnato tutte le carte, poi non ne avevano saputo più niente finchè<br />

anni dopo aveva riceuto la notizia dell’intervenuto finanziamento, notizia che gli era stata data dal<br />

titolare dell’olificio, Colantonio.<br />

Orlando Vincenzo, presidente di un’altra associazione interpoderale, ci ha detto che per ottenere il<br />

finanziamento di un’altra strada interpoderale nel comune di Ventimiglia di Sicilia, in contrada<br />

Traversa, quindi tra ventimiglia e Casteldaccia, si erano rivolti all’impresa di Gaetano Aiello per<br />

ragioni di pregressa conoscenza e ci ha detto che di tutto si erano occupati i tecnici di Gaetano<br />

Aiello. Anche in questo caso il contatto era stato creato dal geometra Puleo e anche in questo caso<br />

era stato puleo ad informare i diretti interessati che per la strada ormai realizzata era stato erogato e<br />

quindi era in pagamento il mandato avente in oggetto il contributo della regione.<br />

[…] Nicosia racconta, “guardi le dico questo, c’è stato un periodo che si potevano presentare perché<br />

con il geometra cusimano e puleo guardavamo l’icm, quindi la topografia del terreno e quindi dive<br />

c’era la possibilità di presentare qualche domanda per qualche strada e c’è stato un periodo in cui io<br />

come presidente facevo istanza per qualche strada perché fino a quella data, che ora non so, non<br />

c’era bisogno di essere frontisti delle strade. Successivamente occorreva essere frontisti delle strade,<br />

perché sicuramente in qualcuna in sui io avevo presentato istanza, successivamente poi si è dovuto<br />

cercare la persona, vedere chi erano gli interessati per poter realizzare questa strada con i frontisti di<br />

questa strada”. È praticamente la stessa situazione descrittaci da salvatore barbagallo, solo che li<br />

l’input era arrivato dal boss mafioso digesù, qui, Nicosia non ci ha spegato da dove gli veniva<br />

l’input. Sicuramente sappiamo che si mettevano a tavolino, lui e i due geometri, cusimano e puleo,<br />

che lavoravano in esclusiva per il gruppo aiello, guardavano le topografie, le carte dei terreni,<br />

vedevano dove si potevano fare le strade interpoderali, facevano associazioni, facevano domande,<br />

dove lui si poteva presentare come presidente senza neppure essere titolare di diritti sui terreni<br />

interessati dalle strade.<br />

Ovviamente, l’architetto Nicosia che è nato e lavora a montemaggiore, punto di riferimento a<br />

montemaggiore di tante persone, di tanti proprietari di fondi agricoli che a lui si rivolgevano per<br />

farsi spiegare come finanziare le strade interpoderali, lo stesso architetto nicosia che si presta a fare<br />

22


da presidente nell’associazione allegra, quella dei fratelli di Liberto, che non è proprietario frontista<br />

in quella specifica zona, tanto che è costretto a lasciare l’incarico, questo è l’architetto nicosia, che<br />

ovviamente non conosce il geometra guzzino, non sa chi sia, uno che ha svolto le funzioni di<br />

assessore nel comune di caccamo, non conosce antonino giuffrè, non sa chi sia, e nel corso della sua<br />

deposizione, non si ricorda nemmeno il nome dei Liberto, ma non il nome di battesimo, giorgio e<br />

giovanni, ma il cognome, non ricorda che si chiamano Liberto, ma si ricorda che con loro nel 1986<br />

si era recato da un notaio a Bagheria per costituire l’associazione interpoderale allegra.<br />

Queste testimonianze, che sono lo specchio fedele delle circostanze che sul punto ci ha descritto<br />

barbagallo, dimostra che associazioni interpoderali, domande e finanziamenti venivano totalmente<br />

gestiti sin dalla fase della loro origine, addirittura a volte trovavano proprio l’imput, venivano<br />

gestite da imprese e da tecnici che poi si occupavano dei relativi lavori e dunque, per il caso che ci<br />

occupa, da Michele aiello, da puleo e cusimano. E si è capito benissimo, anche grazie a queste<br />

testimonianze quale ruolo abbiano avuto certi personaggi come l’architetto nicosia o colantoni,<br />

titolare dell’olificio. Resta invece da capire il rulo di un personaggio che non è mai stato nominato<br />

da queste persone e che nessuno conosce e che però è lo stesso personaggio, cioè l’ingegnere<br />

antonino guzzino, di cui giuffrè dice che era un punto di riferimento di Michele aiello e dei suoi<br />

geometri per realizzare le strade interpoderali.<br />

La traccia di questi rapporti tra aiello e l’ingegnere antonio guzzino si trova in una vicenda che nel<br />

corso dell’istruttoria dibattimentale ci ha riferito Michele Aiello, ed è una vicenda che aiello ha<br />

riferito per la prima volta nell’istruttoria, non ne aveva fatto cenno durante le indagini, ed è una<br />

vicenda che è confermata passo passo anche dal suo tecnico di fiducia, il geometra Antonino Puleo.<br />

È Aiello che parla, siamo all’udienza 21 febbraio 2006, e ci ha riferito di una visita, l’ultima, che<br />

all’udienza 8 marzo 2006 ha datato fine estate del 93. Una visita che gli era stata fatta da Giuffrè,<br />

dice che questa che era l’ultima visita che gli faceva giuffrè e questo riscontra quanto dice giuffrè<br />

che dice che dal 1994 non vede più aiello personalmente, Michele aiello dice che giuffrè lo va a<br />

trovare, fine estate 93, senza preavviso, nel suo studio di bagheria, che è peraltro lo stesso luogo<br />

indicato da antonino giuffrè come sede degli incontri che aveva com michele aiello. Ci ha detto<br />

testualmente aiello “aveva appreso, il signor giuffrè, che era venuto il signor guzzino con un<br />

impresa, all’interno del mio studio, e che in qualche modo li stavamo aiutando per una strada<br />

interpoderale. E c’è venuto, giuffrè, a minacciare di brutto, che non dovevamo avere a che fare, e<br />

questa è stata la seconda e ultima volta che ho visto a questo signore che si chiama antonino<br />

giuffre”.<br />

Aiello ci ha spiegato l’antefatto di questa visita e ci ha detto che questa visita era stata preceduta da<br />

una particolare circostanza, era accaduto, ha detto Aiello, che alcuni giorni prima della visita del<br />

signor Giuffrè “era venuto presso il mio studio l’ingegner Guzzino il quale – dice aiello – era quasi<br />

una larva umana perché terminale. [Devo dire che era il 93 e che guzzino era morto sul finire degli<br />

anni 90, comunque lui ci dice che era in questo stato]. L’ingegnere guzzino era venuto lì con suo<br />

fratello, che ho appreso si chiamava diego, ed era venuto lì con un’impresa, [probabilmente un<br />

imprenditore] che aveva bisogno di essere aiutato per redigere una contabilità finale di una strada<br />

interpoderale. Mi sono chiamato il geometra puleo, è sceso, e praticamente se ne doveva occupare<br />

lui in ordine a redigere questa contabilità finale”. Questo è l’antefatto, aiello ci dice anche cosa era<br />

successo successivamente, ci dice “non so come è venuto a saperlo il signor, noto collaboratore,<br />

questa cosa. Passa qualche giorno e si presenta il signor giuffrè mi viene a minacciare,<br />

personalmente e poi anche al geometra puleo, che avevo chiamato per spiegargli un po le cose come<br />

andavano proprio sul fatto perché stavamo aiutando in qualche modo l’ingegnere guzzino” testuali<br />

parole di Michele aiello “Abbiamo tentato in ogni modo di spiegare a lui che non si trattava di<br />

chissà di che cosa d’aiuto, ma semplicemente un aiuto che stava dando il geometra puleo per quanto<br />

riguarda l’impostazione di un computo metrico, né più e né meno. Ma giuffrè non aveva voluto<br />

sentire ragioni” e poi ha aggiunto che “per giuffrè non dovevamo più avere a che fare con<br />

l’ingegnere guzzino, pena la nostra vita, pena la nostra vita. Questo è quello che ci minaccia a me e<br />

al geometra puleo se ci mettiamo a disposizione, in qualsiasi maniera da un punto di vista di lavoro,<br />

23


dell’ingegnere guzzino”. Ha poi puntualizzato Michele aiello, perché questo fatto avviene nel 1993<br />

e viene chiesta ad aiello di tracciare un quadro dei suoi rapporti dei suoi rapporti con antonino<br />

guzzino in precedenza, cioè prima del 93, e michele aiello ci ha detto che aveva conosciuto guzzino<br />

sin dal 1983 perché dirigerà l’ufficio tecnico, lavori pubblici del comune di bagheria, e ci ha riferito<br />

anche delle circostanze in cui si era sviluppata questa conoscenza e poi come questi rapporti<br />

avevano avuto qualche seguito, sempre sul piano, ci ha detto Michele aiello, del piano del lavoro.<br />

Michehe aiello imprenditore – ingegnere guzzino ingegnere, ufficio tecnico, etc. E ricorda Michele<br />

a iello, e anche questo riscontra perfettamente quanto detto da giuffrè, che l’ingengere guzzino, lui<br />

aiello, con le sue imprese aveva anche anche realizzato una strada interpoderale in territorio di<br />

caccamo. Una strada interpodrale che serviva la contrada san felice o san rocco, una zona dove<br />

l’ingegnere guzzino aveva una villetta e trascorreva il periodo estivo.<br />

Abbiamo sentito antonino puleo il quale naturalmente ci ha riferito, parola per parola, tutti i fatti<br />

riferiti da Michele Aiello su questa vicenda. Una vicenda interessante, che mostra aspetti<br />

interessanti: qui le date sono importanti, siamo nell’estate del 1993, ci dice che giuffrè che lui dal<br />

1994 in poi lui Michele aiello non lo vede più. Giuffrè, a cui devo dire sul punto non è stata<br />

formulata alcuna domanda durante l’istruttoria dibattimentale, è da sei anni capomandamento sul<br />

territorio di caccamo, dal 1987, e in tale qualità ha un ovvio, banale, interesse ad esercitare<br />

controllo su tutte le attività di impresa, economiche, che vengono svolte sul territorio di sua<br />

competenza mafiosa. E soprattutto sotto questo profilo, quello della effettività del potere di<br />

controllo esercitato dal capo mandamento sul suo territorio, possiamo dire, e ce lo ha detto<br />

chiaramente giuffrè, giuffrè ha un problema, ha un problema e questo problema si chiama diego<br />

guzzino, questo problema giuffrè lo ha dal 1984. Questo problema giuffrè lo avrà fino alla data del<br />

16 aprile 2002, cioè fino alla data in cui sarà tratto in arresto. Perché ha questo problema, che si<br />

chiama diego guzzino, perché giuffrè viene affiliato a cosa nostra nella posizione di soldato<br />

semplice, di accompagnatore, anzi di autista, di Francesco Intile che agli inizi degli anni 80 era<br />

capomandamento di caccamo. Intile ha un cognato che si chiama diego guzzino. Quando intile<br />

viene arrestato, nel 1983-84, per un brevissimo lasso temporale Intile lascia detto che al suo posto,<br />

le redini del mandamento, dovevano essere rette da suo cognato, cioè Diego Guzzino. Se non che<br />

accade che da li a poco viene arresta anche diego guzzino e le redini del mandamento vengono<br />

prese da antonino giuffrè e giuffrè, da quel momento, le redini del mandamento non le ha più<br />

abbandonate, anche perché nel frattempo nel 1987 la investitura ufficiale gli viene dal capo di cosa<br />

nostra, salvatore riina, perciò non c’era più motivo per giuffrè di lasciare le redini della direzione<br />

del mandamento. E da quel momento questa situazione di contesa della leadership del mandamento,<br />

ma anche della famiglia mafiosa di caccamo che ha contrapposto in una situazione di attrito<br />

antonino giuffrè e guzzino non è ma venuta meno, fino al momento del suo arresto 16 aprile 2002.<br />

Quindi giuffrè, come capo mandamento, nel corso degli anni in cui ha esercitato l’attività di<br />

controllo sulle attività in corso nel suo mandamento di fronte alle iniziative sotterranee, talvolta<br />

meno sotterranee, che dalla parte dei guzzino contestavano la sua leadership su tutto il<br />

mandamento. Su queste iniziative che antonino giuffrè aveva motivo di temere non vi è dubbio che<br />

ce ne fosse una meno evidente ma non meno pericolosa di qualche altra, e questa iniziativa che<br />

giuffrè aveva motivo di temere più delle altre è senza dubbio lo stringersi di particolari rapporti tra i<br />

guzzini che quindi avevano seguito nella famiglia mafiosa di caccamo e un gruppo imprenditoriale<br />

come quello di aiello. Rapporto che in quegli anni si andava stringendo sul terreno delle stradelle<br />

interpoderali e che era mediato da una figura tecnica, cioè il fratello di diego guzzino, antonino.<br />

Ecco perché giuffrè appena si rende conto che l’ingengere guzzino diventa un punto di riferimento<br />

per il gruppo di aiello sul suo territorio, il tramite di quel rapporto dal cui approfondirsi lui stesso<br />

giuffrè ha molto da temere, giuffrè si attiva immediatamente e si reca da aiello intimandogli di<br />

rompere ogni rapporto con l’ingegnere guzzino. Lo capiamo ancora meglio se volgiamo il<br />

ragionamento anziché dal punto di vista di osservatorio esterno, lo capiamo ancora meglio se ci<br />

poniamo dal lato prospettico di antonino giuffrè, cioè del capo mandamento di caccamo.<br />

24


Siamo nell’estate del 93, sul finire, giuffrè che non ha mosso un passo ne confronti di Michele<br />

aiello senza proma informare bernardo provenzano, d’accordo anche questa volta con provenzano<br />

ha traghettato Michele aiello dal punto di vista mafioso quanto a punti di riferimento da Nicola<br />

Eucaliptus a Pietro loiacono, lo ha già fatto, perché siamo a fine 1993 e dal 94 giuffrè non vede più<br />

aiello, ci dice che la fase transitoria era durata molto poco ed eucaliptus era stato arrestato da poco.<br />

Ebbene, nell’aprile del 93 per giuffrè, capo mandamento, che parla di aiello con provenzano già, il<br />

punto di riferimento per Michele aiello è pietro loiacono, un uomo d’onore di un altro territorio,<br />

della famiglia mafiosa di bagheria, che non appartiene al mandamento di caccamo. Pietro Loiacono<br />

non è un sottoposto di Antonino giuffrè, è un altro uomo d’onore di un altro territorio, e però<br />

quando giuffrè sa e teme l’approfondirsi dei rapporti tra aiello e antonino guzzino viene meno a<br />

tutte le regole prudenziali, a tutte le cautele a cui pure si appellato in tante sue deposizioni per<br />

spiegarci le vicende, i motivi e le ragioni di tanti suoi comportamento. Basti pensare che giuffrè,<br />

che dal punto di vista mafioso, dal suo punto di vista, si trova nelle mani Michele aiello, che<br />

sarebbe diventato il più importante contribuente della Sicilia, eppure si pone il problema, io sono il<br />

capomandamento di caccamo e aiello appartiene a bagheria, non posso essere io il suo punto di<br />

riferimento. E “lo mette nelle mani di pietro loiacono. Questo stesso giuffrè quando percepisce, o<br />

teme, l’apptrofondirsi dei rapporti tra aiello e guzzino viene meno a qualsiasi regola prudenziale,<br />

viola qualsiasi regola e si precipita a bagheria, scende personalmente a bagheria, entra nello studio<br />

di Michele aiello ,senza alcun preavviso, senza avvertire nessuno. Ci ha detto giuffrè che quand si<br />

era trattato della strada dei liberto, che pure ne aveva fatto un punto d’onore aveva chiamato Nicola<br />

eucaliptus per raggiungere Michele aiello, questa volta scende, diretto a bagheria, “fa irruzione”,<br />

uso le parole di Michele aiello, nel suo ufficio, lo minaccia, “pena la vita”. Cioè giuffrè minacciadi<br />

morte Michele aiello che sa essere un protetto di bernardo provenzano, tutto questo per che cosa?<br />

Secondo Michele aiello per una semplice, episodica consulenza, di tipo contabile, marginale, senza<br />

alcun significato, dopo che era stata già realizzata una stradella interpoderale, un aiuto di nessuna<br />

valenza, un aiuto ad un imprenditore, di cui non sappiamo il nome perché non c’è stato detto, che si<br />

presenta, bontà sua, accompagnato da diego guzzino e antonino guzzino. Solo per questo? Solo per<br />

questo antonino giuffrè va a minacciare di morte quello che lui sa essere il protetto di bernardo<br />

provenzano?<br />

Io dico che non può essere, che c’è dell’altro che va riscontrato con quanto ci ha detto giuffrè sul<br />

punto di riferimento, perché allora si che ha un senso, perché allora sì che ha senso che giuffrè<br />

abbia una reazione violenta, perché viene messa in discussione il suo potere, di capo del<br />

mandamento e viene messa in discussione con un’alleanza ibrida con quella parte della famiglia<br />

mafiosa a lui da tempo avversa.<br />

C’è poi un secondo aspetto delle dichiarazioni che antonino giuffrè ha reso e che riguarda il ruolo di<br />

Michele aiello nella realizzazione delle stradelle interpoderali.<br />

Avevo detto che le questioni sono due: la presenza imprenditoriale e quello che io ha chiamato”gli<br />

interventi”.<br />

Giuffrè ha fatto riferimento ad alcuni interventi che lui stesso aveva effettuato su Michele aiello<br />

perchè velocizzasse la realizzazione di alcune stradelle interpoderali di interesse di alcune famiglie<br />

di cosa nostra o vicine a cosa nostra nell’ambito territoriale di caccamo. Giuffrè ci ha riferito tempi,<br />

modi e circostanze di questi interventi indicandone come beneficiari nei fratelli liberto e nei fratelli<br />

muscia, tutti di caccamo, mafiosi i primi, vicini ai mafiosi i secondi.<br />

Anche con riferimento a questa seconda questione sulle attività di Michele aiello nella realizzazione<br />

delle stradelle interpoderali, abbiamo registrato le dichiarazioni che ha reso Michele aiello nel corso<br />

del suo esame. Michele aiello nel corso del suo esame ha decisamente negato che tali interventi<br />

abbiano avuto luogo e ha decisamente negato, a maggior raggione che a tali interventi lui abbia dato<br />

in qualche modo seguito. Ci ha detto in sostanza aiello che il sistema di finanziamento delle<br />

stradelle interpoderali e il sistema di ammissione del contributo regionali, per l’automaticità dei<br />

meccanisi che ne regolano l’iter non consente in pratica alcuna iniziativa che consente di invertire<br />

l’ordine di smaltimento delle pratiche secondo l’ordine cronologico dettato dai tempi di<br />

25


presentazione delle domande. Con la conseguenza che se avesse avuto sollecitazioni a velocizzare<br />

le pratiche per realizzare certe strade, in concreto lui stesso nulla avrebbe potuto fare per<br />

velocizzare i tempi della pratica di realizzazione della strada interpoderale rispetto all’ordine<br />

automatico di presentazione delle domande e di erogazione del corrispondente contributo.<br />

Insomma, l’automaticità del sistema secondo aiello precluderebbe ogni possibilità di intervento e<br />

quindi gli interventi di cui ha parlato giffrè, ci ha detto aiello, sarebbero fantasie, calunnie inventate<br />

nei suoi confronti da parte di giuffrè. Non ci sono stati a) perché non ci potevano essere, e se ci<br />

fossero stati b) erano comunque inutili perché nulla lui avrebbe potuto fare per dargli seguito.<br />

Aiello ci ha spiego questo in termini tecnici, riferendosi in termini precisi e puntuali, ma omettendo<br />

qualcosa come vedremo, alle fonti normative del sistema. È l’udienza dell’8 marzo 2006 […].<br />

L’iter amministrativo in questione in realtà già di per sè, secondo il suo sviluppo fisiologico non<br />

garantiva affatto l’automaticità del sistema, non garantiva affatto la corrispondenza tra l’ordine<br />

cronologico di presentazione delle domande, l’ordine cronologico con il quale le domande erano<br />

state inserite nel programma di intervento, e l’ordine cronologico con il quale, al termine di tutto il<br />

processo procedurale, queste domande venivano finanziate.<br />

Tutto questo, stiamo ancora parlando ancora della fisiologia del sistema, di uffici tecnici più o meno<br />

attrezzati, di funzionari e uffici tecnici più o meno solleciti, più o meno bravi, stiamo parlando di<br />

pratiche che necessitano di più o meno parere. Poi c’è l’effetto degli interventi che possiamo<br />

definire anomali, quelli frutto del rapporto che si era creato tra l’imprenditore Michele aiello e gli<br />

uffici dove venivano istruite le pratiche delle stradelle che le sue imprese alla fine dovevano<br />

realizzare ottenendo il contributo regionale.<br />

E anche sotto questo punto di vista qualche cosa ci aveva detto antonino giuffrè, perché quando gli<br />

è stato chiesto se sapesse come funzionava il finanziamento per la realizzazione delle strade, giuffrè<br />

ha risposto “c’era l’assessorato con cui l’ingegnere aiello era in gergo ammanicato e non aveva<br />

problemi in questo”. Abbiamo cercato il riscontro a questa affermazione, abbiamo cercato di capire<br />

se nell’istruttoria dibattimentale altre alla dichiarazione di giuffrè vi fosse una qualche traccia che ci<br />

desse modo, concretezza di questo particolare rapporto “era ammanicato”. E naturalmente lo<br />

abbiamo fatto con i funzionari che sono stati sentiti, ed è stato chiesto ai tecnici e i funzionari<br />

competenti a istruire le domande di finanziamento, se avessero mai ricevuto richieste o pressioni a<br />

velocizzare le pratiche per i progetti di cui si occupava l’ingegnere aiello e per lui i suoi tecnici<br />

progettisti puleo e cusimano.<br />

Lo abbiamo chiesto all’ingegnere mineo che ci ha detto che nel suo ufficio “non si facevano<br />

soverchierie”, non ha mai ricevuto forme di pressione, richieste di favore, non ha mai fatto favori di<br />

velocizzare i pareri. Lo abbiamo chiesto a Dalla Costa che ha escluso che cusimano e puleo gli<br />

abbiano mai chiesto di sollecitare le pratiche che gli riguardavano, a lui assegnate, ci ha detto, “per<br />

quanto mi riguarda l’iter era uguale, uguale per tutti”. Lo abbiamo chiesto al geometra Lauricella il<br />

quale è stato molto più diplomatico degli altri, e alla domanda se avesse ricevuto pressioni da aiello<br />

o dai suoi geometri per velocizzare le pratiche ha risposto che lui no, non aveva mai ricevuto<br />

richieste ma ha aggiunto “può darsi che sia accaduto, però è un discorso del capogruppo”. Allora<br />

abbiamo sentito il capogruppo, Santo Naselli, il 16 ottobre 2006, il funzionario dopo averci spiegato<br />

come funzionava il sistema, gli è stata posta la stessa domanda di rito, se avesse ricevuto pressioni.<br />

Naselli ha risposto che per quanto lo riguardava non aveva mai ricevuto richieste per velocizzare<br />

una pratica piuttosto che un’altra, in senso asooluto. Allora gli è stato chiesto se conoscesse<br />

l’ingegnere aiello, e lui ha risposto “io l’ingegnere l’ho visto un paio di volte in ufficio, due e tre<br />

volte e poi per motivi famigliari, presso la sua struttura sanitaria perché mia moglie aveva problemi<br />

seri di ernia al disco”. Ha concluso Naselli che lui con l’igegnere aiello aveva mantenuto sempre<br />

rapporti formali. Senonché agli atti risulta, da una telefonata che è stata intercettata nel febbraio<br />

2003 alle utenze ufficiali di Michele aiello. E nel corso di questa telefonata, Michele aiello parla<br />

proprio con santo naselli, quale occasione migliore di una telefonata per capire quali fossero i<br />

rapporti tra due persone. E devo dire che, da questo punto di vista, questa telefonata brevissima<br />

26


certo non ci ha lasciato insoddisfatti perché, al di là del suo specifico contenuto chiarisce per bene<br />

quali fossero i rapporti tra i due interlocutori, tra l’imprenditore Michele aiello e il funzionario<br />

dell’assessorato Santo Nasello. Sono pochi minuti di conversazione, intercettati il 10 febbraio 2003,<br />

alle 13 e 47 sull’utenza 335-1338669 in uso a Michele aiello. “pronto” dice aiello “Michele ciao,<br />

santo naselli sono”, A. “Eh ciao santo, come stai?”, N. “ma bene, e tu?”, A. “mah, insomma<br />

diciamo tutto bene” N. “senti, ti devo chiedere una cortesia. Siccome ho cercato di rintracciare a<br />

nino, e siccome c’è qualche novità favorevole, alcune cose che abbiamo in corso, non di poco<br />

conto, che dici? Ci dici che si mette in contatto con me? Me la usi questa cortesia?” A. “certo” N. “e<br />

poi facciamo una cosa. Alla luce anche di questa riflessione poi ne parlo con lui e poi ci vediamo”<br />

A. “quando vuoi, sì va bene. Ti chiamo al cellulare” N. “si va bene, ciao” “ciao ciao” “ciao”.<br />

Durante la deposizione di Santo Naselli questa conversazione è stata oggetto di una richiesta di<br />

spiegazioni. Pm “lei avvisa l’ingengere aiello di determinate novità che si verificano nel suo ufficio<br />

per alcune strade che non erano interpoderali ma di altro genere e quindi chiedeva all’ingegnere<br />

aiello di avvisare una persona, che dal tono della conversazione sembra essere suo amico, e cioè il<br />

geometra Antonino Puleo, cioè nino, ci spiega questa telefonata?” “N. “ricordo bene. Sì il geometra<br />

puleo non è che è mio amico, io lo conosco il geometra puleo perché è venuto in ufficio e quindi<br />

seguiva le pratiche”. Pm: “Allora su questa telefonata che…”, N “sì, ricordo bene. Ma riguradava<br />

che… veniva spesso in ufficio assieme ad altri operatori per chiedere informazioni sull’emissione di<br />

un bando e siccome io non stavo lavorando sul bando, ma stava lavorando sul bando l’ufficio di<br />

gabinetto non ero in grado di dare informazioni. Anche perchè coloro i quali venivano in ufficio<br />

chiedevano quanto era [incomprensibile] finanziaria, chiedevano che tipo di spesa c’era per<br />

l’organizzazione e per la presentazione del progetto. E quindi, se ho fatto questa telefonata la facevo<br />

per questo, perché il bando era stato emesso nel febbraio mi sembra del 2003, non ricordo quando<br />

facevo questa telefonata”. E poi naselli ha aggiunto, perché era stato contestato “ma io volevo dire<br />

una cosa signor presidente, che la mia.. volevo comunicare questo… che il problema non era solo<br />

questo… siccome in quel periodo avevo problemi di salute e stavo facendo indagini diagnostiche,<br />

sincerità per sincerità, infatti non ho partecipato neanche successivamente ai lavori del comitato<br />

perché avevo problemi, volevo chiedere al geometra puleo, che lo conoscevo appunto, se all’interno<br />

della struttura c’erano servizi o possibilità per usufruire di questa cosa, poi non si è fatto più niente,<br />

perché mi sono rivolto ad altro, mi sono rivolto ad altra struttura perché mi è stato riferito che non<br />

c’erano, sotto il profilo dell’urologia, che non c’erano servizi di questo. Comunque il discorso è che<br />

lui mi veniva a chiedere informazioni” allora a questo punto, considerata la spiegazione di naselli<br />

che lui si era sentito in dovere di chiamare Michele aiello, per poi farsi richiamare da antonino<br />

puleo, per poi dargli delle informazioni sul bando di qualche cosa che riguardava dei lavori, allora a<br />

questo punto è stato chiesto a naselli se avesse usato anche per altri imprenditori, che lui ha detto<br />

che erano andati in tanti a chiedere informazioni, se avesse utilizzato anche per tutti questi altri<br />

soggetti che erano interessanti al bando ed erano andati a chiedere informazioni e non le avevano<br />

ottenuto, se aveva utilizzato la stessa cortesia che aveva riservato all’imprenditore Michele aiello e<br />

tramite esso al geometra puleo. Naselli ci ha dato una risposta estremamente chiara “no, non<br />

telefonavo a nessuno. Non mi permetterei mai, diciamo che siccome che io, in questo caso, forse<br />

che io ho sbagliato, mi rendo conto. Cioè di più la cosa che mi premeva, stavo male fisicamente, di<br />

incontrarlo, perché non riuscivo diciamo, sotto certi aspetti, non sapevo a chi rivolgermi per certi<br />

problemi un po’ seri di salute, però non mi permettevo di chiamare mai nessuno, né il signor puleo<br />

né nessun altro, anche perché io faccio un servizio pubblico e chiunque può venire a chiedere<br />

informazioni. Quindi se lei mi dice, il bando è stato emesso il 13, e quindi dopo un mese e mezzo<br />

che c’era stata la situazione dell’urgenza per manifestare il discorso del bando”. E poi ha<br />

confermato, a seguito di nuove domande in forma di contestazione, naselli ha ribadito “no, no, mi<br />

guarderei bene, io volevo soltanto comunicare, visto che il bando aveva tre mesi di validità, che il<br />

bando era stato comunicato, ma non c’erano problemi di altra natura, né io gli volevo fornire altri<br />

elementi all’interno del contesto del bando, perché trattasi di cosa pubblica e chiunque ne può<br />

27


prendere visione con l’emissione del bando”. E poi ha ribadito di aver effettuato la telefonata che<br />

gli era contestata, per leggerezza.<br />

Dice naselli il bando era stato pubblicato il 13 febbraio, la telefonata è di tre giorni precedente.<br />

Quindi diciamo è un’informazione preventiva sul contenuto di un bando. Ma il contenuto di questa<br />

conversazione telefonica e le spiegazioni che ci ha fornito santo naselli, compreso” forse ho agito<br />

con leggerezza” “forse ho sbagliato me ne rendo conto”, in effetti devo dire che almeno<br />

personalmente mi hanno offerto qualche spunto di riflessione che propongo al tribunale. In primo<br />

luogo direi che gli interlocutori aiello e naselli, francamente non mi sembrano avere rapporti così<br />

formali, piuttosto mi sembra che il rapporto sia amicale, che ognuno sia a conoscenza del cellulare<br />

dell’altro, anzi, vorrei dire che il tono è complice più che amicale. In secondo luogo c’è dubbio che<br />

nel corso di questa telefonata, il preposto ad ufficio pubblico e cioè sabnto naselli, telefona ad un<br />

utente di quell’ufficio, un privato imprenditore, per comunicargli o perché egli comunichi al suo<br />

tecnico di fiducia, geometra puleo, che sta per essere pubblicato un bando che gli interessa da un<br />

punto di vista imprenditoriale? E ancora, c’è dubbio che si tratta di una sola informazione visto che<br />

la telefonata si chiude con naselli che, rivolgendosi ad aiello dice “e poi facciamo una cosa. Alla<br />

luce anche di questa riflessione poi ne parlo con lui e poi ci vediamo” , c’è dubbio ancora che non si<br />

tratta di questioni private tra i due interlocutori e non di questioni connesse all’attività dell’ufficio di<br />

santo naselli, questioni che lo stesso naselli definisce di non poco conto. E infine, c’è dubbio che è<br />

naselli che chiama aiello e che analoghe chiamate informative, chiamiamole così, per sua stessa<br />

ammissione, naselli non le ha fatte a nessuno di quegli altri imprenditori e tecnici che pure si erano<br />

recatiin precedenza, per sua stessa ammissione, nel suo ufficio a chiedere informazioni sulla<br />

pubblicazione di quel bando, che lui con tre giorni di anticipo partecipa solo ed esclusivamente a<br />

Michele aiello.<br />

E allora, io credo che ci sia, a queste domande, soltanto una risposta e che sia obbligata. Ossia che<br />

questa breve telefonata lascia emergere una sola realtà, ossia la realtà di un ufficio pubblico, di un<br />

suo funzionario, il funzionario che vi risulta preposto, che è, come dire, a servizio quanto meno, di<br />

una impresa e cioè quella di aiello, in quella logica di scambio di attività che, se proprio vogliamo<br />

tenerci allo stretto delle emergenze processuali come è doveroso fare, lo scambio di utilità è<br />

connesso all’esercizio di attività sanitaria da parte di aiello quanto meno, ce lo ha detto naselli, in<br />

quella logica di scambio di utilità che contraddistingue una certa logica di fare impresa da un lato e<br />

dall’altro un certo mdo di amministrare la cosa pubblica in Sicilia e probabilmente anche altrove, in<br />

una logica mercantilistica e di scambio di favori. Ed è un tipo di rapporto che l’ing, aiello ha tenuto<br />

con tutti gli uffici che si occupavano delle sue cose, dalle stradelle interpoderali, alle pratiche<br />

sanitarie a tutte le questioni a cui Michele aiello imprenditore era dunque interessato.<br />

Questa situazione, che emerge da questa telefonata e davvero così lontana dalla descrizione che ne<br />

ha dato il collaboratore giuffrè, quando ha detto che aiello era ammanicato presso gli uffici<br />

dell’assessorato all’agricoltura dove ci ha detto che non aveva problemi. O la descrizione di giuffrè<br />

e quella più colorita di Sebastiano Iuculano rappresenta fedelmente la realtà di un imprenditore<br />

come Michele aiello che è in grado di mandare la presidente della regione Sicilia, <strong>Salvatore</strong> <strong>cuffaro</strong>,<br />

sottolineato in rosso e in blu i prezzi che ritiene congrui e quelli che vuolo invece modificati a suo<br />

esclusivo vantaggio. E si tratta di importi di miliardi, e anche in quel caso, quello del tariffario oltre<br />

che quello delle stradelle, c’era la legge, l’automaticità, le commissioni e i pareri tecnici e anche in<br />

quel caso si è invocata in quell’aula il rispetto delle leggi e dei regolamenti. Ed è lo stesso<br />

imprenditore che come risulta dall’intercettazione del 31 ottobre del 2003 viene pregato da<br />

salvatore <strong>cuffaro</strong> di accettare i prezzi stabiliti pur se inferiori alle sue aspettative. Forse sarebbe<br />

meglio dire “pretese”, con la promessa che sarebbero stati modificati da lì a tre mesi ancora una<br />

volta a suo vantaggio. Allora aveva torto giuffrè quando ci ha detto che l’ing. Aiello all’assessorato<br />

all’agricolturadi cui, sarà un caso, per molti anni è stato titolare l’onorevole <strong>cuffaro</strong>, era<br />

ammanicato e non aveva nessun problema?<br />

E allora non solo il sistema di finanziamento delle stradelle interpoderali non era affatto regolato dal<br />

rigido principio della cosiddetta automaticità, ma i rapporti tra gli uffici dell’assessorato e<br />

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l’ingegnere aiello erano in concreto tali che le pratiche dell’imprenditore bagherese vi godevano<br />

quanto meno un trattamento di particolare riguardo.<br />

In altri termini, per rispondere alla domanda iniziale, a differenza di quanto ci ha detto Michele<br />

aiello, interventi esterni, utili ad accelerare gli iter per la realizzazione delle stradelle erano<br />

certamente possibili, e di qualcuno di questi interventi ci ha riferito giuffrè durante il dibattimento.<br />

Faccio riferimento al caso dei fratelli liberto e quello in cui sono stati interessati i fratelli muscia, in<br />

quanto interessati alla realizzazione di stradelle interpoderali nel territorio di caccamo e quei lavori,<br />

concretamente sono stati portati a termine da imprese di Michele Aiello.<br />

Se il sistema non è affatto automatico, se il sistema nella sua fisiologia di funzionamento prevedeva<br />

un sovvertimento dell’ordine cronologico delle domande e se poi la fisiologia del funzionamento<br />

aggiungiamo la patologia delle relazioni tra Michele aiello e gli uffici preposti all’esame delle<br />

pratiche, non ci resta che verificare se in concreto proprio gli interventi su cui ci ha riferito antonino<br />

giuffrè, in concreto possibili, si sono poi verificati. Se cì’è riscontro al racconto che su questi<br />

interventi ci ha fatto giuffrè.<br />

Sono due le vicende, una più complicata una più semplice. La prima riguarda i fratelli Liberto, su<br />

questa abbiamo sentito il maggiore Michele Miulli all’udienza 6 aprile 2005. Miulli ci ha riferito<br />

che nel corso degli accertamenti realizzati sulle strade interpoderali realizzate dalle imprese aiello<br />

nella zona di caccamo era stata acquisita presso l’assessorato la documentazione, relativa tra l’altro<br />

ad alcune strade, tra le altre la strada denominata “Allegra”, realizzata da un’associazione<br />

interpoderale omonima, della quale erano partecipi i fratelli liberto. Ci ha deto miulli che questa<br />

strada è stata realizzata in territorio di caccamo, in contrada raffo, da un’associazione tra i cui soci<br />

figuravano giogo liberto, giovanni liberto, Giuseppe liberto, salvatore liberto classe 25 e presidente<br />

dell’associazione salvatore liberto, classe 1960, figlio di uno dei soci, di Giuseppe liberto. Ha<br />

aggiunto miulli che il progetto di questa strada in origine era stato predisposto e depositato in data<br />

20 dicembre 1986. Ci ha detto miulliche era stato aggiornato il 3 novembre 1993 dallo studio di<br />

progettazione sicilproject, ci ha detto miulli che questo studio tecnico, di progettazione, è quello<br />

che fa capo ai geometri antonino puleo e Gaetano cusimano che sono soci in questa attività, e<br />

significativamente, ci ha detto che questo studio ha sede in bagheria, in via ingegnere bagnera n 14<br />

che è lo stesso indirizzo in cui insiste la sede di villa santa teresa srl. E ci ha detto miullo che questo<br />

stesso studio si è occupato nel territorio di caccamo della progettazione e realizzazione di tutte le<br />

stradelle interpoderali che sono state realizzate in quel territorio dalle imprese di Michele aiello. In<br />

data 3 novembre 1993, data dell’aggiornamento del progetto, la direzione dei lavori era stata<br />

affidata al geometra puleo che si era occupato anche di progettazione, assistenza tecnica e<br />

procedure amministrative. Ci ha detto miulli che oltre a questa strada anche altre strade realizzate a<br />

caccamo dalle imprese di aiello hanno avuto il diretto coinvolgimento dei fratelli liberto, e ci ha<br />

detto in particolare che questo interessamento riguardava la strada interpoderale Fusci il cui primo<br />

presidente dell’associazione era lo stesso liberto salvatore classe 60, già presidente<br />

dell’associazione interpoderale allegra.<br />

Ci ha detto miulli che il progetto era stato redatto il 30 dicembre 1996, aggiornato il 4 ottobre 1999<br />

da cusimano che ne era stato anche il direttore dei lavori, […]<br />

Nel caso di queste due strade, ci ha detto miulli, quella denominata allegra e quella denominata<br />

fusci, era stato riscontrato dall’esame della documentazione acquisita all’assessorato che in un<br />

primo tempo i progetti erano stati predisposti da altri tecnici e che poi erano stati aggiornati in<br />

particolare erano stati presentati nuovi progetti a firma puleo e cusimano, i tecnici che avevano poi<br />

assunto la direzione dei lavori. Per entrambe le strade, ci ha spiegato miulli, i lavori erano stati<br />

effettuali dalle imprese di Michele aiello. Peraltro liberto salvatore calsse 60 figurava anche<br />

nell’atto costitutivo di un’altra associazione interpoderale, quella fondata dall’associazione cordaro<br />

e anche nell’associazione che aveva realizzato la strada interpoderale Angiletto. Di queste strade, in<br />

particolare, quella denominata allegra, ci ha riferito Michele aiello in due distinte occasioni, durante<br />

l’esame e durante il controesame. Il 21 febbraio 2006, aiello ci ha detto che effettivamente aveva<br />

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ealizzato nella zona di caccamo alcune strade interpoderali cui erano interessati i fratelli liberto, la<br />

“strada allegra, caccamo” ha detto aiello, e poi ha precisato “ il progetto della strada era stato<br />

presentato il 20 dicembre 1986 dall’allora geometra Filippo nicosia, [in realtà architetto] uno dei<br />

collaboratori del geom puleo, collaboratore per quanto riguarda le strade di caccamo e di<br />

montemaggiorebelsito” ha aggiunto aiello che poi in un secondo momento “il progetto era stato<br />

aggiornato quanto al computo metrico secondo le voci del nuovo prezziario che era stato varato”.<br />

Ci ha dtto “non era una ripresentazione come ha detto il capitano miulli erroneamente, ma era solo<br />

una presentazione di aggiornamento prezzo a seguito della pubblicazione del prezziario, quello<br />

nuovo” quindi nel 1993 era stato presentato a nome di liberto salvatore e dell’associazione<br />

l’oistanza di aggiornamento, il 31 marzo 94 viene redatto un primo verbale di aggiornamento<br />

operativo dei lavori, che viene redatto invece definitivamente il 14 giugno 1994.<br />

Poi nel corso del controesame, l’8 marzo 2006, anche in questo caso facendo riferimento alla<br />

specifica documentazione depositata dalla difesa, Michele aiello ha modificato la sua ricostruzione<br />

della vicenda, relativamente a un particolare, riferendo che fin dall’inizio la strada interpoderale<br />

allegra era stata progettata dal geometra puleo ed aveva confermato, quanto al resto dei passaggi<br />

quanto aveva detto nel corso della precedente udienza.<br />

In sintesi, durante il controesame, aiello ha detto, “il progetto è stato redatto dal geometra puleo e<br />

presentato in data 20 dicembre 1986 dal signor Filippo nicosia in qualità di presidente<br />

dall’associazione interpoderale allegra”. Tale domanda, ci ha detto aiello “era stata inserita nel<br />

programma di intervento deliberato dalla giunta regionale nel 1991, […].<br />

“Sulla scorta di queste delibere si era proceduto – ci ha detto aiello – alla costituzione<br />

dell’associazione con gli effettivi proprietari cui il presidente è salvatore di liberto“ di ha detto poi<br />

che il 3 novembre 1993 il signor liberto ha presentato istanza per l’aggiornamento dei prezzi del<br />

computo metrico ancora una volta redatto da puleo, […]. Una vicenda complessa di cui possiamo<br />

dire subito due dati certi, perché questa vicenda inizia nel 1986 con la presentazione della prima<br />

domanda, il verbale di lavoro della prima strada reca la data del 14 giugno 1994, sono passati circa<br />

8 anni. Si tratta di verificare, giuffrè aveva raccontato, “era dieci anni che non si faceva questa<br />

strada”, si tratta di verificare se dalle circostanze di questa vicenda si può trovare riscontro a quanto<br />

su questa vicenda ci ha raccontato giuffrè. Ma occorre una necessaria premessa, giuffrè quando ci<br />

ha riferito i termini e le circostanze del suo intervento ha fatto una premessa e ha detto “io non<br />

conosco i passaggi tecnici ma so che a n certo punto i fratelli liberto si sono rivolti a me, io mi sono<br />

rivolto a nicola eucaliptus e dal momento in cui i sono intervenuto su bagheria, la pratica ha preso<br />

corpo”, ha trovato un suo sviluppo e la strada è stata fatta.<br />

Detto questo vediamo in concreto, al di là delle parole, che cosa è successo. Faccio puntualmente<br />

riferimento all’elenco di documenti agli atti depositati dalla difesa. Tra i quali figura la copia della<br />

domanda di finanziamento presentata in origine dall’associazione interpoderale allegra ed è il<br />

documento cui ha fatto riferimento aiello nel corso del suo controesame. Dalla lettura di questa<br />

domanda non si desume esattamente, come è accaduto per molte delle dichiarazioni rese da Michele<br />

aiello, quello che ha detto Michele aiello perché dal documento si può solo trarre la conclusione,<br />

reca apposta la data 20 dicembre 1986, è sottoscritta dall’architetto Filippo nicosia, che la presenta<br />

nella dichiarata qualità di presidente dell’associazione allegra con sede nel comune di<br />

montemaggiorebelsito. In questa domanda di finanziamento non si fa nessuna mensione degli<br />

allegati, in particolare non c’è alcuna mensione dei progetti tecnici allegati, tanto meno di chi li ha<br />

predisposti, di chi li ha redatti chi infine li ha sottoscritti. Devo dire che è pur vero che poi<br />

l’architetto nicosia, quando è stato sentito nell’udienza del 31 ottobre 2006 ha precisato che aveva<br />

presentato la domanda per strada nel 1986 e che i relativi progetti erano stati predisposti dai<br />

geometri puleo e cusimano ma non ci aveva detto chi aveva firmato i progetti almeno inizialmente.<br />

L’unico dato vero certo è che il 20 dic 1986 la domanda di finanziamento viene presentata dal arch<br />

nicosia e che se sono stati depositati in allegato i progetti sono stati presentati da Filippo nicosia, ed<br />

è la stessa cosa che sci ha detto puleo. Bisogna fare attenzione alle parole, perché sono stati tutti<br />

attentissimi all’uso delle parole, leggo così si capisce puleo che inizialmente della strada<br />

30


interpoderale allegra e di tutto ciò che la riguardava si era occupato interamente l’arch nicosia,<br />

testualmente “siccome l’architetto essendo del posto conosceva le varie persone e poi si<br />

individuavano dei siti dove era diciamo quella famosa fattibilità da un punto di vista agricolo [in<br />

altri termini sceglievamo noi le strade] siccome la zona si prestava bene perché c’era un<br />

bell’agrumeto e si presentavano le caratteristiche, si presentò un progetto e tra queste peculiarità<br />

c’era un fatto, che c’era un proprietario compaesano suo [parla di nicosia] e quindi lui lo presentò,<br />

nel 1986” quindi detto da puleo nicosia non si limita a presentare la domanda ma anche i progetti<br />

tecnici, di cui, ripeto, non c’è traccia nella domanda di finanziamento.<br />

Ci sono due atti importanti che hanno fatto seguito alla domanda di finanziamento […]<br />

Il dato certo è che, esattamente come ci ha raccontato giuffrè, che non se li è potuti inventare questi<br />

particolari che coincidono esattamente con le vicende tecniche della realizzazione della strada<br />

allegra, questa strada, che interessava i fratelli liberto, certamente dopo la domanda e i progetti<br />

presentati dopo il 1986 da Filippo nicosia era rimasta in sospeso per molti anni, poi era stata<br />

costituita una nuova associazione, ne era cambiato il presidente la domanda era sta reiterata<br />

adiverso nome, i progetti erano stati ritirati aggiornati e ripresentati, e nell arco di poco tempo<br />

effettivamente la strada era stata realizzata da una delle imprese di aiello con la direzione e<br />

l’interessamento attivo dei geometri di aiello e cioè del geometra puleo. Mentre in passato se ne era<br />

occupato l’architetto nicosia.<br />

Si tratta, si badi bene, di uno dei famosi progetti finanziati e realizzati nel programma di intervento<br />

del 10 giugno 1991, uno dei fortunati 600 progetti perché facenti parte di quei 3711 che figuravano<br />

nell’elenco di intervento approvato dalla giunta di governo.<br />

L’altra strada cui ha fatto riferimento antonino giuffrè, e ce ne ha parlato in termini generici, ci ha<br />

detto che era stato realizzato un primo lotto, poi lui si era dato da fare perché fosse completata ,<br />

aveva fatto un intervento tramite delle persone, dei mafiosi della famiglia di caccamo a lui vicini,<br />

cioè i fratelli puccio, ma che lui non ne aveva poi sentito più niente. E ci ha detto che era una strada<br />

cui erano interessati i fratelli muscia. A questa strada è stata individuata attraverso degli<br />

accertamenti dei quali ci ha riferito il capitano giovanni sozzo, che ci ha riferito che nel periodo<br />

2000 2001 dalle imprese riconducibili a Michele aiello erano state realizzate diverse strade<br />

interpoderali in agro di caccamo, in particolare la strada cordaro-manchi, angiletto-manchi, puscico,<br />

[…]<br />

Sempre sotto il profilo di Michele aiello che abbiamo chiamato attività imprenditoriale, antonino<br />

giuffrè ha reso dichiarazioni anche sull’altra attività esercitata da Michele aiello, quella della radio<br />

terapia e dela diagnostica per immagini nella sanità privata e a regime convenzionato. Ci aveva<br />

detto giuffrè che anche in tali attività si erano realizzati interessi di natura mafiosa, interessi di cosa<br />

nostra, tant’è che aveva puntualizzato giuffrè, con l’acquisto della struttura ex zabara, l’ing aiello<br />

chiuderà il cerchio del discorso zabara e la famiglia di bagheria si metterà nelle mani l’ex hotel<br />

zabara. Con riferimento a questa frazione delle dichiarazioni di giuffrè sono stati raccolti alcuni<br />

elementi di riscontro, in articolare alcune dichiarazioni rese sul punto da un altro collaboratore di<br />

giustizia sentito, angelo siino, il quale ci ha detto che sin dagli anni 90 aveva avuto notizie circa<br />

futuri investimenti in strutture sanitarie nella città di bagheria da qualificati componenti della locale,<br />

di bagheria, famiglia mafiosa. “non so se alla fine degli anni 80 o 90-91 ebbi a sentire parlare, che<br />

cercavano di fare un investimento sulla circonvallazione di bagheria, cercavano di acquisire un<br />

vecchio istituto che facevano addirittura riferimento ai salesiani, che volevano adire a clinica. I0o in<br />

questa occasione ho sentito parlare di investimenti nel campo della sanità, ne ho sentito parlare<br />

Gino Scianna, nino Gargano, eucaliptus, parlavano di questa cosa”. Poi ha riferito siino che sempre<br />

in quel periodo aveva sentito da franco baiamonte che “c’erano problemi per quanto riguarda una<br />

struttura sanitaria però non meglio identificata e non mi dissero di che tipo si trattava”. Quindi nella<br />

parte finale degli anni 80 o inizio anni 90 ci dice siino che aveva avuto notizie dall’interno della<br />

famiglia mafiosa di bagheria da un lato Franco Baiamonte, dall’altro Eucaliptus, Gargano, Scianna,<br />

su investimenti nel settore della sanità cui era interessata la famiglia mafiosa e ha fatto riferimento<br />

ad un istituto sulla circonvallazione e all’ex zabara.<br />

31


Barbagallo ha reso delle dichiarazioni analoghe, dicendoci che aveva saputo anche lui di<br />

investimenti nella sanità . All’udienza del 14 giugno 2005 abbiamo sentito il geometra tomasello,<br />

uno dei tecnici che per conto di aiello ha seguito prima le diverse fasi di acquisizione delle strutture,<br />

poi le fasi di trasformazione dell’ex zabara. Tomasello ci ha detto che per la ristrutturazione e<br />

trasformazione dell’ex zabara che prima era un albergo esisteva un progetto presentato all’epoca dei<br />

mondiali del 1990. Segno dunque che già da allora poteva essere certamente noto, all’interno del<br />

contesto mafioso di bagheria l’esistenza, ovviamente ancora a livello progettuale, per una nuova<br />

destinazione della struttura zabara, una destinazione nel campo della sanità. Un’indicazione che<br />

coincide peraltro con l’epoca nella quale colloca siino il momento della conoscenza di quanto poi ci<br />

ha riferito nel corso della sua deposizione. In secondo luogo poi, nel corso dell’istruttoria<br />

dibattimentale, sono state ricostruite le specifiche vicende cui ha fatto seguito l’acquisizione da<br />

parte delle società di Michele aiello non solo della struttura ex zabara, quella della famiglia<br />

conticello. Sono stati sentiti sul punto, il geometra tomasello, lo bue Giuseppe, parente dei<br />

conticello e angelo Fabio Conticello, uno dei soci proprietari della struttura. Dalle dichiarazioni che<br />

queste persone hanno reso si desume un punto importante: per come riferitoci da tutti i soggetti<br />

sentiti, per la cessione della struttura ex zabara, erano state avviate trattative in concreto, soltanto<br />

con il gruppo imprenditoriale Aiello. Il primo contatto si era verificato già nel 1999, l’atto finale poi<br />

sarà del 2001 se non ricordo male, e il primo contatto era avvenuto con il maresciallo Borzacchelli e<br />

con tale Nino Aiello, i quali erano usciti di scena subito, ci ha detto conticello , dalle trattative ma<br />

che comunque entrambi avevano agito, si erano presentati, ne avevano speso esplicitamente il<br />

nome, nell’interesse di Michele aiello che doveva figurare come la parte acquirente la struttura. Una<br />

trattativa che inizia con l’interessamento di Borzacchelli e di questo nino aiello, che prosegue con<br />

l’inserimento e poi come punto di riferimento degli uomini di fiducia dell’imprenditore Michele<br />

aiello, per un’operazione che viene conclusa nel 2001 per un valore di circa 10 miliardi, per cui<br />

siino ci ha detto che c’era l’interesse della famiglia mafiosa di bagheria e per la quale aiello non ha<br />

mai avuto una reale concorrenza. Cioè non c’è mai stata una reale concorrenza a Bagheria per una<br />

struttura come la ex zabara, per un affare di 10 miliardi di lire.<br />

Aiello oltre la struttura zabara ha acquisito anche alcuni terreni circostanti con le strutture<br />

preesistenti e anche questi terreni e strutture sono stati acquistati da parte di aiello senza alcuna<br />

concorrenza. All’udienza del 24 maggio 2005 in cui è stato sentito salvatore lazzarone, proprietario<br />

di uno di questi terreni, lazzarone ci ha detto che la sua trattativa si era conclusa con il ragioniere<br />

d’amico, per l’ammontare di 700 milioni di lire circa e che per il suo terreno non c’erano stati altri<br />

aspiranti acquirenti seri, ci ha detto lazzarone “si era presentato uno, ma non aveva una lira”. Ci ha<br />

detto lazzarone che anche altri terreni, quelli confinati al suo erano stati venduti alla società<br />

Atgroup, cioè un’impresa di Aiello, e Lazzarone ci ha indicato il terreno di proprietà dei fratelli<br />

Tosto di Lercara Friddi. Mentre ci ha detto sempre Lazzarone altri proprietari di terreni pure<br />

prossimi avevano cercato di concludere qualche affare interessando Pietro Loiacono, ci ha detto<br />

Lazzarone “che io sappia, sia Pipia che Cilea [che erano due proprietari di fondi confinanti] si erano<br />

rivolti a pietro Loiacono, prima che venisse arrestato, perché intervenisse presso aiello per fargli<br />

acquistare i terreni”. Allora abbiamo sentito uno di questi due, Eustachio Celia, titolare della ditta<br />

Sepla , lo abbiamo sentito il 24 maggio 2005, e Celia ci ha confermato la circostanza, non solo ma<br />

ci ha fornito un particolare interessante, perché ci ha detto che non era stato lui a cercare Pietro<br />

loiacono per vendere la sua proprietà, ma era stato esattamente il contrario, era stato Pietro<br />

Loiacono a prendere contatto con lui proponendogli di vendere il suo terreno ad aiello. “Lui<br />

[loiacono] in estate del 2001 mi avvicinò, mi disse se io ero intenzionato ancora a vendere il<br />

capannone che c’era la possibilità di acquistarlo. Io ci dissi di si e da li a poco lui mi disse c’è<br />

l’ingegnere aiello che lo vorrebbe acquistare” e Celia ha concluso dicendo che l’arresto di Pietro<br />

Loiacono ha impedito di coltivare ulteriori contatti. Ma ci ha detto Celia che in quello stesso<br />

periodo lui aveva più volte visto, aveva avuto modo di osservare, pietro loiacono insieme al fratello<br />

recarsi presso un terreno coltivato ad agrumi situato presso la sua proprietà, i fratelli loiacono si<br />

occupano di agrumi, il terreno che i tosto avevano venduto ad Aiello. E Celia ha detto di aver visto<br />

32


pietro loiacono su quel terreno dopo che il terreno era stato venduto a Michele aiello, e li aveva visti<br />

Celia accedere al terreno con alcuni operai, avevano fatto accesso da un certo cancello delle cui<br />

chiavi, ci ha detto Celia era in possesso Pietro Loiacono, si tratta, anche queste, di circostanze che<br />

dimostrano non soltanto l’attivismo di pietro loiacono in favore di Michele aiello quale tramite per<br />

l’acquisizione di questi terreni ed è certo immaginabile che cosa possa significare nel 2001 essere<br />

avvicinati da pietro loiacono per sapere se vuole vendere un terreno perché c’è Michele aiello che lo<br />

vuole acquistare. Ma queste circostanze ci offrono un riscontro, anche questo significativo,<br />

individualizzante, del particolare rapporto che intercorreva tra pietro loiacono e Michele aiello,<br />

proprio quel tipo di rapporti si è a lungo soffermato giuffrè nel corso del suo esame. Ci ha detto<br />

giuffrè che a un certo a punto aveva messo nelle mani di pietro loiacono Michele aiello, che pietro<br />

loiacono provvedeva alle esigenze, era il punto di riferimento di Michele aiello e che lo aveva fatto<br />

finchè era stato libero di muoversi. 2001 pietro loiacono coltiva l’agrumeto che Michele Aiello<br />

aveva comprato dai fratelli tosto di lercara friddi e, qui ci sarebbe un altro processo da fare, tanto il<br />

tribunale chi sono i fratelli tosto lo può leggere dalla sentenza del gup del tribunale di paelrmo che è<br />

versata nel fascicolo del dibattimento, quindi non solo coltiva il fondo ma pietro loiacono avvicina<br />

gli altri proprietari per, bisognerebbe usare le parole di Sebastiano Iuculano, per “dare consigli per<br />

gli acquisti”. Noi nel corso del dibattimento abbiamo sentito come imputato di reato connesso il<br />

quale all’udienza dell’8 novembre 2005, quando gli sono stati chiesti quali erano i suoi rapporti con<br />

Michele aiello non ha avuto un attimo di esitazione e ha risposto in questi termini “mi permetto di<br />

dire a questa corte, che dopo i miei fratelli per me viene nel mio cuore c’è Michele aiello, ci sono i<br />

miei figli e i miei fratelli, perché io sono innamorato della persona dell’ingengere, di tutte le<br />

persone come Michele aiello e come me, e con orgoglio lo dico, che da bambini abbiamo<br />

cominciato a lavorare e ci siamo fatti, diciamo qualche cosa”. Che detto da pietro loiacono non è<br />

niente male. Poi però detto questo, pietro loiacono ha negato qualsiasi cosa, di esserte intervenuto a<br />

favore di Michele aiello, presso Celia ma addirittura negato di avere avanzato richieste di cortesie e<br />

di favori di qualsiasi tipo, personalmente a Michele aiello, e pitro loiacono i questo processo è<br />

riuscito a farsi smentire non solo da Celia e dall’altro testimone per quanto riguarda la vendita dei<br />

terreni, ma è riuscito a farsi smentire anche dallo stesso Michele aiello che nel corso del suo esame<br />

ci ha parlato delle richiesta che gli aveva rivolto pietro loiacono per far lavorare presso la sua<br />

struttura sanitaria anche le autoambulanze dell’associazione la fratellanza dove lavorava il figlio di<br />

Loiacono. E quindi abbiamo smentite plurime che evidenziano quanto alle specifiche circostanze<br />

che gli erano state chiese, la piena inattendibilità di pietro loiacono e riducono ad una vera e<br />

propria comparsata processuale le sue dichiarazioni di estraneità a cosa nostra sia per lui che per il<br />

suo fraterno coimputato Michele Aiello.<br />

33


Palermo, 26 settembre 2007,<br />

Seconda giornata requisitoria Processo Aiello - Cuffaro e altri (talpe alla Dda)<br />

Pm, Michele Prestipino:<br />

[…] nei confronti di Michele Aiello, che indica come imprenditore organico a Cosa nostra.<br />

Abbiamo poi iniziato a illustrare il complesso degli elementi di riscontro che nel corso<br />

dell’istruttoria dibattimentale sono stati raccolti con riferimento ai nuclei essenziali desumibili dalle<br />

dichiarazioni di Giuffrè. Abbiamo organizzato l’esposizione dei riscontri con riferimento alle<br />

funzioni e la ruolo attribuito a Michele Aiello in relazione alla posizione di imprenditore organico.<br />

Quindi abbiamo passato in rassegna quegli elementi di riscontro che hanno riguardato la posizione<br />

imprenditoriale di Aiello, la sua presenza imprenditoriale e nel settore delle strade interpoderali e<br />

nel settore della sanità privata in regime convenzionato, in particolare nel settore della radio terapia<br />

e della diagnostica per immagini.<br />

E però l’istruttoria dibattimentale ci ha consentito di raccogliere elementi di riscontro sempre alla<br />

chiamata in causa Giuffrè Antonino in particolare sotto il profilo che costituisce la<br />

controprestazione del patto di protezione che l’imprenditore mafioso Aiello ha stretto con<br />

l’organizzazione mafiosa. Abbiamo già detto che si tratta nel caso di specie che si tratta<br />

dell’adempimento delle prestazioni più classiche che l’imprenditore che fa parte<br />

dell’organizzazione tenuto ad adempiere. Si possono isolare tre distinte controprestazioni: nel ruolo<br />

di finanziatore; nel ruolo di soggetto disponibile a rendere utilità e favori attraverso l’assunzione di<br />

personale, quindi la messa a disposizione la propria impresa; e abbiamo detto, ce lo ha spiegato<br />

Giuffré, che quando il vincolo associativo stringe un soggetto che è imprenditore, Cosa nostra “ne<br />

approfitta”, perchè l’imprenditore è un soggetto diverso da qualsiasi altro soggetto organico<br />

all’organizzazione, ha una sua capacità relazionale, e dunque può rendere quei favori che Giuffrè ha<br />

chiamato “i favori speciali” e che nel caso Michele Aiello si sono concretizzati – terzo punto da<br />

riscontrare – nella raccolta di informazioni riservate, non solo sulle indagine che lo riguardavano, e<br />

ne abbiamo parlato, ma soprattutto sulle attività di investigazione che negli ultimi anni toccavano il<br />

cuore di Cosa nostra, i capi mafiosi latitanti, in particolare Bernardo Provenzano. Quindi l’attività di<br />

riscontro su questo lato delle dichiarazioni di Giuffré (esatto adempimento della controprestazione)<br />

va organizzata secondo questo schema:<br />

- ruolo di finanziatore<br />

- le assunzioni<br />

- il ruolo di soggetto che acquisisce le informazioni riservate e le reimmette nel circuito mafioso.<br />

Muoviamo dal ruolo di finanziatore<br />

Ci ha parlato di questo ruolo, nel quale si distinto Aiello, Giuffré sotto due profili.<br />

In particolare ci ha riferito sulle “messe a posto” dei lavori di Aiello, indicandolo come soggetto<br />

che ha aderito e si è adeguato al sistema della messa a posto. Ha fatto riferimento in particolare alla<br />

messa a posto di diversi lavori per stradelle interpoderali, indicandoci non solo le modalità del<br />

percorso attraverso cui veniva dapprima fornita la disponibilità a mettersi a posto e poi effettuato il<br />

versamento della somma dovuta a tale titolo. Ci ha riferito sull’entità di queste messe a posto, ci ha<br />

dato altri particolari. C’è un altro profilo, cui ha fatto riferimento Giuffré, che non riguarda el messe<br />

a posto in relazioni a detersati lavori specifici o in relazione a determinate attività imprenditoriali,<br />

ma che hanno concretizzatoli ruolo di finanziatore attraverso l’elargizione spontanea “una tantum”<br />

di alcune somme consegnate per la famiglia mafiosa, in particolare quella di Bagheria, che è il<br />

territorio su cui risiede e opera Michele Aiello. Giuffrè ci ha riferito puntualmente tempi, modalità<br />

soggettive, oggettive, entità delle messe a posto che hanno riguardato in particolare i lavori di<br />

realizzazione delle stradelle interpoderali. Giuffrè ci a parlato di queste cose per esperienza diretta<br />

personale, ci ha raccontato fatti e circostanze di cui è stato diretto protagonista. Perché Giuffrè<br />

ovviamente ci ha parlato del proprio attivismo, della sua attività posta in essere con particolare<br />

riferimento proprio a queste messe a posto di lavori delle stradelle interpoderali, e ha fatto<br />

34


iferimento a lavori in particolare ricompresi nel suo mandamento, cioè Cacciamo, e ha fatto<br />

riferimento a un ruolo svolto per messe a posto relative a lavori – sempre per sardelle interpoderali<br />

– realizzati fuori del suo mandamento. Quindi un ruolo ulteriore, diverso, che ha riguardato<br />

stradelel realizzate nella zona di San Mauro Castelverde e nella provincia di Messina. E soprattutto<br />

nello spiegarci il complesso iter attraverso il quale si completava la messa a posto dell’imprenditore<br />

Aiello, con particolarità assolutamente uniche, ci ha spiegato quale era il ruolo di Bernanrdo<br />

Provenzano, il ruolo svolto in tale attività direttamente dal capo di cosa nostra. E ci ha spiegato che<br />

delle attività di Aiello, dall’inizio alla fine, se ne occupava Provenzano. Giuffè ci ha indicato<br />

dettagliatamente la trafila: Aiello-Bagheria-Loiacono, Loiacono-Provenzano, Provenzano me<br />

quando ero io a dovermene occupare: o Cacciamo o territori di fuori sui quali intervenivo io. Ci ha<br />

detto che la trafila veniva percorsa due volte: la prima volta quando bisognava dare alla zona la<br />

notizia della disponibilità, quindi dell’arrivo sul posto, dell’apertura del cantiere, e la seconda volta<br />

quando “transitavano i soldini”, come dice Giuffrè. Devo dire che se c’è una questione in questo<br />

processo sui cui in punto di fatto non c’è da registrare nemmeno una virgola di contrasto tra quanto<br />

detto da Giuffrè e la versione sugli stessi fatti ha reso nel corso del lungo esame e contro esame<br />

Michele Aiello questa è proprio la questione delle messe a posto di cui ci stiamo occupando. Perché<br />

anche aiello, sullo specifico punto ci ha detto tutte le cose o quasi tutte le cose dette da Giuffré.<br />

Ripercorriamole brevemente. Aiello ci ha detto –esattamente come Giuffrè - che versava a Bagheria<br />

la cifra di sette milioni di lire per ogni strada interpoderale realizzata. Ed è la stessa somma indicata<br />

da Giuffrè. Ci ha detto Aiello che versava la somma nelle mani di Carlo Castronovo. Giuffrè ci ha<br />

indicato Pietro Loiacono. Abbiamo scoperto durante l’istruzione dibattimentale che loiacono è<br />

cugino di Catronovo. Aiello ci ha detto che non sapeva di questo collegamento. Ci ha detto Aiello<br />

che prima di pagare, a inizio dei lavori, era tenuto a dare in via preventiva la comunicazione<br />

dell’apertura del cantiere, cioè l’indicazione della zone in cui si sarebbe recato a regolare. E la<br />

stessa cosa ce l’ha detta Giuffrè. Poi Aiello ci ha detto – circostanza importante - in relazione alla<br />

realizzazione dei lavori delle stradelle interpoderali l’ultima somma in occasione del collaudo<br />

dell’ultima strada realizzata, cioè nel 2002. Grazie ai documenti depositati dalla difesa tra esame e<br />

contro esame Aiello è stato estremamente preciso, perché l’8 marzo 2006 ci ha testualmente detto:<br />

“ecco, l’ultima strada è la 289esima ed è una strada realizzata su Mistretta e il cui collaudo è<br />

avvenuto il 26 febbraio 2002. Quindi con riferimento alle realizzazioni delle stradelle interpoderali<br />

– ce lo dice Michele Aiello - l’ultimo versamento di soldi per la messa a posto di questi lavori è<br />

stata versata contestualmente al collaudo, quindi verosimilmente nel febbraio 2002. Ci ha detto poi<br />

Aiello che nel corso degli anni aveva dovuto versare una somma una tantum particolarmente<br />

onerosa di 700 milioni di lire, versata in diverse rate in contanti, sempre nelle mani di Carlo<br />

Castronovo, somma che aveva titolo nell’acquisto – quindi una messa a posto, una tangente – in<br />

relazione all’operazione di acquisto dell’ex struttura Zabbara.<br />

Non solo, ma ci ha anche detto M. A. che oltre alle strabelle interpoderali, lui era stato sottoposto<br />

alla messa a posto anche in relazione non già ai singoli lavori, ma alla sua attività imprenditoriale.<br />

Quindi quella svolta presso il centro della diagnostica. E ci ha detto che dal 1997 fino al 2002 aveva<br />

versato con cadenza annuale la somma di 50 milioni di lire, che era diventata di 25 mila euro nel<br />

2002. Ci ha detto che anche queste somme erano state versate nelle mani di Carlo Castronovo. E ci<br />

ha detto che l’ultima annualità versta per la messa a posto dell’attività imprenditoriale nel settore<br />

della sanità l’aveva versata nel novembre 2002 –anche questa è una data importante –nelle mani di<br />

Carlo Castronovo.<br />

Ci ha detto Michele Aiello che per un verso dopo il febbraio 2002 – perché non aveva più fatto<br />

strade interpoderali – per altro verso dopo il novembre 2002 (ricordiamo che nel dicembre 2002<br />

Carlo Carlo Castronovo viene tratto in arresto e poi nei mesi successivi è deceduto per una grave<br />

malattia), quindi dice Aiello dal novembre 2002 non si è presentato più nessuno ad esigere la<br />

somma di denaro annuale relativa all’attività della diagnostica.<br />

Ci ha poi detto infine, su questo versante, M. A. che nel corso del 2003 – poi vedremo con quali<br />

cadenze e in quali esatti momenti temporali - si erano presentati da lui in rapida successione,<br />

35


personalmente o per interposta persona, Nicolò Eucaliptus e Leonardo Greco che aveva avanzato<br />

nei suoi confronti alcune pretese, anche di carattere economico. Questo è il quadro sul punto delle<br />

dichiarazioni di Michele Aiello, che come il tribunale avrà modo di apprezzare prima facie,<br />

coincidono esattamente per molte questioni con quello che ci aveva detto Antonino Giuffrè.<br />

Certo, Aiello ha avuto due accortezze. La prima accortezza è quella di indicarci come percettore<br />

delle somme uno che è morto nel frattempo, dichiarazioni assolutamente inutili da questo punto di<br />

vista, se non utili eventualmente, ove riscontrate, alla sua difesa.<br />

Certo Aiello non ci ha spiegato tutta la trafila del meccanismo, cioè il nome di Bernardo<br />

Provenzano lui non l’ha mai fatto da questo punto di vista. Non ci ha detto che i soldi transitavano<br />

per quella strada.<br />

La questione su cui invece registriamo un contrasto forte al di là di questi particolari, un contrasto<br />

significativo tra le dichiarazioni di Giuffrè e la versione sugli stessi fatti resa da Aiello è sulla<br />

qualificazione giuridica dei fatti. Perché dove Giuffrè imputa sostanzialmente il versamento delle<br />

somme pagate da M. A. all’esatto adempimento degli obblighi di contribuzione cui l’imprenditore<br />

organico è tenuto in favore dell’organizzazione mafiosa, obbligo a cui, ci ha detto Giuffrè, sono<br />

tutti tenuti, compresi gli appartenti alla stessa organizzazione, Aiello, all’opposto, imputa il<br />

pagamento delle stesse somme a una vera e propria attività estrosiva che lui ha subito, di volta in<br />

volta, ad opera di Carlo Castronovo ed ignoti componenti dell’organizzazione mafiosa. E quindi<br />

ritorniamo alla domanda che ci eravamo posti inizialmente: complice o vittima Michele Aiello?<br />

La risposta al quesito e con essa la esatta qualificazione giuridica delle condotte che M A . ha<br />

ammesso in punta di fatto e delle quali è stato accusato da Antonino Giuffrè, ovviamente, postula la<br />

ricerca di parametri oggettivi di valutazione alla stregua dei quali operare un possibile<br />

qualificazione giuridica di questi fatti. E qui non c’è possibilità di equivoco, non ci sono zone<br />

neutre, zone grigie. Qua l’alternativa è secca, perché questa qualificazione o è in termini di adesione<br />

al sistema della messa a posto nell’ambito del cosiddetto “patto di protezione”, che garantisce il<br />

reciproco vantaggio a chi quel patto contrae (imprenditore e organizzazione mafiosa), ovvero questa<br />

qualificazione non può che avvenire in termini assolutamente diversi, alternativi, e cioè di<br />

imposizione subita per effetto della forza di intimidazione che l’organizzazione esercita nei<br />

confronti anche di chi svolge attività economiche e quindi non può che essere qualificata come<br />

estorsione.<br />

Nella prima alternativa, se è vera, siamo di fronte al complice, per capirci, se è vera la seconda<br />

siamo di fronte alla vittima.<br />

Ho detto che il processo ci offre dei parametri valutativi assolutamente oggettivi, per altro derivanti<br />

da fonte di prova diverse, e ancora una volta da fonti di prova eterogenee, elementi che danno corpo<br />

a una serie di prove in senso tecnico, in senso stretto, che sono state ricostruite nel corso<br />

dell’istruttoria dibattimentale. E tuttavia, prima di esaminare questi elementi che formano queste<br />

prove che costituiscono i parametri oggettivi per capire ciò di cui stiamo parlando, occorre<br />

ovviamente affrontare una questione in via del tutto preliminare. Ed una questione importante,<br />

perché a seconda della risposta che si dà a tale questione preliminare potrebbe essere addirittura<br />

inutile affrontare il tema che ho impostato. La questione è questa: è tenuto a pagare la messa a posto<br />

anche l’imprenditore che stringe con l’organizzazione il patto di protezione? Perché è chiaro, se non<br />

fosse così, se l’imprenditore organico fosse esentato proprio per il fatto di essere organico dal<br />

pagamento della messa a posto, allora sarebbe inutile andare a vanti con il ragionamento. Allora (ce<br />

lo dice Giuffrè, ce lo dice Aiello) Aiello paga, quindi non può considerarsi solo per questo<br />

imprenditore organico.<br />

Sul punto, su questi specifico punto preliminare, sull’ammissibilità come regola che l’imprenditore<br />

organico paga anch’egli, quindi c’è una sostanziale adesione alla messa a posto come contro<br />

prestazione dell’adesione al patto di protezione, Giuffrè ci ha dato una specifica e puntuale risposta.<br />

Ci detto: guardate che, tutti, ma proprio tutti sono sottoposti a questo obbligo contributivo, diciamo<br />

così. E Giuffrè ci ha addirittura proposto come esempio, ci ha detto “guardate che anche Bernardo<br />

Provenzano, quando è venuto a fare un lavoro con la sua impresa, cioè la sua per interposta persona,<br />

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a Castronovo di Sicilia - ricompresso nel mandamento di Giuffrè - mi ha fatto immediatamente<br />

sapere che era a disposizione per quanto avrebbe dovuto versare. Fui poi io di mio che gli ho detto<br />

“no, niente”. Ma, ci ha spiegato Giuffrè, questa non è la regola, è una deroga, una concessione,<br />

l’atto di ingraziarsi da parte dei vari capi mafiosi: io non ti faccio pagare quando vieni a lavorare sul<br />

mio mandamento, poi tu mi riservi lo stesso trattamento.<br />

L’esistenza di questa regola che ci ha illustrato Giuffrè ha trovato più di un riscontro, anche nel<br />

corso di questo processo, e devo dire che il sistema che sul punto ci ha descritto il collaboratore nei<br />

suoi diversi aspetti, al di là di quello che abbiamo raccolto nel dibattimento come prova<br />

dichiarativa, trova una formalizzazione e un riconoscimento che ha la sacralità, vorrei dire, se non<br />

trattassimo questa materia, del passaggio in giudicato, in diversi arresti della giurisprudenza, che<br />

appunto sono formalizzati in motivazioni di sentenze divenute definitive, che sul punto si sono<br />

pronunciate affermando l’esistenza della regola che ci ha detto Giuffrè. Una delle tante sentenze le<br />

abbiamo prodotte anche in questo processo. Faccio riferimento alla sentenza del Gup presso<br />

tribunale di Palermo in data 12-12 2003 che ha come imputati il gruppo Lipari (capolista Alfano<br />

Vito). Ebbene nella motivazione di questa sentenza su questo principio si leggono parole<br />

chiarissime. Sul principio consolidato, affermato anche da altre decisioni, che tra le regole e le<br />

prassi che l’organizzazione mafiosa ha fatto proprie, vi è anche quella che qualsiasi attività<br />

produttiva di ricchezza su un territorio debba costituire una fonte di prelievo forzoso di risorse da<br />

parte dell’organizzazione e in particolare da parte dell’articolazione territoriale sulla cui area di<br />

influenza viene esercita l’attività, dove viene prodotta la ricchezza. Se su un territorio si produce<br />

una certa ricchezza è evidente che qualcosa deve rimanere all’articolazione territoriale di Cosa<br />

Nostra che quel territorio governa. In questa logica, scrive il Gup di Palermo in questa sentenza<br />

divenuta definitiva, anche gli esponenti mafiosi interessati ad attività imprenditoriali devono<br />

sottostare alla messa a posto secondo le regole associative. Ma in tali ipotesi, scrive il Gup, “la<br />

corresponsione della somma dovuta a tale titolo non può dirsi il risultato di una coartazione<br />

consumata con violenza o con minaccia, conseguendo invece dalla condotta di chi si attiva per<br />

uniformarsi ad accordi e regole previamente condivise. Sono parole estremamente chiare che già da<br />

sole ci confortano e confortano quello che ha detto anche in questo processo Antonino Giuffrè<br />

sull’esistenza di questa regola, e cioè sul fatto che la circostanza di pagare la messa a posto di per sé<br />

non è indice di non appartenenza, non è l’indice sintomatico dell’essere vittima: paga anche chi è<br />

complice, paga anche chi è organico. E dunque occorre poi andare a ricercare dei parametri<br />

oggettivi per capire se se somme versate, al di là delle intenzioni dei singoli protagonisti e delle e<br />

parole degli intendimenti e delle riserve mentali, che cosa sono: se sono frutto di imposizione o<br />

adeguamento alla regola. Però nel corso dell’istruttoria dibattimentale sul punto noi abbiamo anche<br />

sentito l’esperienza vissuta di due protagonisti importanti della gestione degli appalti e del sistema<br />

della messa a posto all’interno di Cosa nostra. Perché abbiamo sentito Giovanni Brusca e Angelo<br />

Siino, che certo, di quel sistema in particolare sono stati veri e propri protagonisti. Brusca e Siino ci<br />

hanno sostanzialmente confermato esattamente l’esistenza della regola negli esatti termini in cui ce<br />

l’aveva spiegata e formalizzata il Gup di Palermo nella sentenza che ho citato. Giovsanni Brusca è<br />

stato sentito nell’udienza del 7 giugno 2005:<br />

Pm: senta lei ha fatto riferimento al sistema della messa a posto. Ci può spiegare che cosa è la<br />

messa a posto nel linguaggio di Cosa nostra?<br />

Br: la messa a posto è quando una impresa si prende un lavoro, deve realizzare un lavoro, dipende<br />

di quale entità. Ebbene si deve andare a mettere a posto attraverso i canali a lui noti nel territorio<br />

siciliano. Cioè uno di un paese deve andare in altro paese e si deve rivolgere al suo referente per<br />

mettersi a posto, quindi pagare una sorta di tangente, il cosiddetto pizzo, per non subire<br />

danneggiamenti.<br />

Pm: questa tangente è parametrata in qualche modo ai lavori che vengono svolti<br />

Br: sì, normalmente, di solito è il 3%, ma non veniva mai pagato il 3%... 2/ 2,5% comunque, lo<br />

standard, i paletti erano stati fissati sul 3% della quantità del lavoro<br />

Pm: lei ha vsvolto anche nel corso delle sue attività attività d’impresa? Lei è stato imprenditore?<br />

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Br: sì, non direttamente, con prestanomi sì, ho avuto delle imprese.<br />

Pm: e lui la messa a posto l’ha pagata quando ha fatto lavori fuori del suo mandamento?<br />

Br: sì, le ho pagate, sia all’interno del mio paese stesso che fuori. Perché era un business, cioè non<br />

era un attività prioritaria, per il normale vivere, quindi è diventato un business, io pagavo<br />

regolarmente come tutti gli altri. Certo avevo qualche piccola cortesia, così, ma non pagavo<br />

regolarmente senza problemi<br />

Pm: e questo vale solo per lei o vale per tutti gli imprenditori che sono anche appartenenti a cosa<br />

nostra?<br />

Br: no, è una regola per tutti gli imprenditori: essendo che era un business, non era più un problema<br />

famigliare, per un mantenimento famigliare: diventa un affare e quindi veniva pagato, era una<br />

regola.<br />

[…]<br />

Superata questo problema preliminare (tutti sono tenuti a pagare) dobbiamo affrontare il merito<br />

della questione, cioè cercare quei parametri oggettivi di valutazione per capire se quando paga<br />

Michele Aiello paga perché vittima di una coartazione, perché vittima di intimidazione da parte<br />

della mafia o se invece paga, perché –come dice il Gup di Palermo – si adegua a regole e accordi<br />

preventivamente condivisi nell’ambito del patto di protezione che lo lega a cosa nostra. Uno dei<br />

primi e più evidenti e forti elementi dal punto di vista probatorio che abbiamo colto in questo<br />

processo sono quelli che si traggono dal contenuto di alcuni documenti, e in particolare da alcuni<br />

pizzini che in questi anni sono stati acquisiti nel corso di alcune importanti attività investigative. I<br />

pizzini cui faccio riferimento sono sostanzialmente 4 gruppi distinti. In primo luogo vengono in<br />

considerazione, in ordine meramente temporale, i biglietti rinvenuti e sequestrati a <strong>Salvatore</strong> Riina<br />

il 15 gennaio 1993 in occasione della sua cattura. Sono i biglietti che il 15 gennaio 1993 aveva in<br />

tasca il capo di Cosa nostra che in quel momento si stava recando a una riunione. Quei biglietti,<br />

come è consuetudine tra i capomafia – ce lo ha spiegato anche giuffrè – erano la sua agenda, il suo<br />

promemoria per affrontare gli argomenti di quella mattina.<br />

Poi abbiamo un secondo gruppo di biglietti importante, e sono quelli che sono stati acquisiti perché<br />

consegnati spontaneamente al colonnello Riccio tra il 1995 e il 1996 da luigi Ilardo, uno dei capi<br />

mafia della zona del nisseno, ucciso il 10 maggio 1996.<br />

Abbiamo poi un terzo gruppo di biglietti – facciamo un salto negli anni – che sono quelli rinvenuti e<br />

sequestrati in due distinte occasioni: il 16 aprile 2002 in occasione dell’arresto di Antonino Giuffrè,<br />

e sono i biglietti trovati nel marsupio che la mattina del 16 aprile aveva con sé; e sono poi quelli più<br />

cospicui rinvenuti il 4 dicembre 2002 a Vicari, nascosti, rinvenuti e sequestrati a seguito delle stesse<br />

indicazioni date da Giuffrè nell’ambito del rapporto di collaborazione avviato.<br />

C’è un ultimo documento, certamente non meno importante dei precedenti, costituito da alcuni<br />

appunti manoscritti rinvenuti e sequestrati il 25 gennaio 2005 a Bagheria nell’abitazione di<br />

Giuseppe Di Fiore, uomo d’onore della locale famiglia mafiosa, tratto in arresto a seguito degli<br />

sviluppi dell’operazione Grande mandamento, e già condannato come si evince dal dispositivo di<br />

sentenza che abbiamo prodotto insieme alla richiesta di rinvio a giudizio (ordinanza ammissiva di<br />

abbreviato) il 16 novembre 2006 dal Gip del tribunale di Palermo per il reato di associazione<br />

mafiosa e per una serie cospicua di fatti di estorsione commessi Giuseppe di Fiore in concorso con<br />

altri mafiosi di Bagheria.<br />

Ebbene, questi documenti, e parliamo di documenti che vengono dall’interno dell’organizzazione<br />

mafiosa, e parliamo di documenti che non sono soltanto documenti interni dell’organizzazione, ma<br />

sono documenti importanti, perché sono documenti che o provengono o sono indirizzati ai capi di<br />

Cosa nostra, a Riina, a Provenzano o sono documenti importanti per il loro contenuto, come quelli<br />

sequestrati a Di Fiore, perché per un’organizzazione come Cosa nostra non ci sia niente di più<br />

importante della cassa. Ebbene questi documenti ci offrono elementi importanti per ricostruire le<br />

modalità con le quali le attività imprenditoriali di Aiello sono state messe a posto in un arco<br />

temporale di ben 10 anni, dal 1993 al 2002. E questi documenti, lo dico sin d’ora, ci offrono la<br />

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prova provata della fondatezza della ricostruzione che sul punto ha effettuato Giuffrè. E di contro la<br />

totale inattendibilità delle dichiarazione che sugli stessi fatti ha reso Aiello. E c’è un punto su tutti<br />

che è importantissimo, perché questi documenti ci offrono la prova che da almeno 10 anni, cioè dal<br />

1993 delle messe a posto e delle attività imprenditoriali di Aiello si sono direttamente occupati i<br />

capi di Cosa nostra. Sono stati direttamente interpellati i capi di Cosa nostra, e Bernanrdo<br />

Provenzano in particolare, che si è occupato personalmente e direttamente sia della comunicazione,<br />

come vedremo, della disponibilità di Michele Aiello a sottostare, ad adeguarsi, alla regola della<br />

messa a posto, sia del transito, della veicolazione delle somme di denaro dovute per le messe a<br />

posto.<br />

Partiamo dal primo di questi documenti. E’ un bigliettino che viene rinvenuto tra i circa 10 biglietti<br />

che la mattina del 15 gennaio 1993 vengono rinvenuti e sequestrati nelle tasche di Totò Riina.<br />

Questo bigliettino è il documento numero 10 degli atti ripetibili depositati, acquisiti al fascicolo del<br />

dibattimento. Questo è un documento dattiloscritto, senza data, nel quale si legge: “Altofonte:<br />

vicino cava Buttitta strada interpoderale. Ing. Aiello.”. Sulle circostanze del rinvenimento, del<br />

sequestro di questo pizzino, dell’arresto di Riina, sull’esito degli accertamenti effettuati su questi<br />

documenti, in particolare su questo biglietto noi abbiamo sentito nel corso del dibattimento, il 7<br />

giugno 2005, il maggiore Sergio De Caprio, allora comandante della sezione del Ros che aveva<br />

effettuato l’arresto di Riina, e abbiamo sentito il 5 aprile 2005 il maresciallo Santo Calcarei che ha<br />

svolto sotto le dipendenze di De Caprio queste attività. Ebbene, ci hanno riferito dopo il<br />

rinvenimento e il sequestro di questi biglietti, ricevettero una delega dalla Procura per eseguire<br />

accertamenti sul contenuto di questi biglietti e a loro volta delegarono altre stazioni, altri organi<br />

dell’Arma dei carabinieri per raccogliere le informazioni necessarie per poter rispondere alla delega<br />

ricevuta dalla procura. E allora siccome questo biglietto recava la dizione Altofonte, ovviamente il<br />

riscontro a questo pizzino è stato delegato alla Stazione dei Carabinieri di Altofonte. LA quale<br />

nonostante ci fosse l’indicazione “strada interpoderale vicino Contrada Buttitta. Ing Aiello” ha<br />

risposto al Ros, che poi ha girato la risposta alla Procura, dicendo questa persona andava<br />

identificata in un certo Aiello nato e residente ad Altofonte. Uno che con le strade interpoderali,<br />

come direbbe un noto ministro, “non ci azzeccava nulla”. Solo a distanza di molti anni, e proprio<br />

nell’ambito di questo processo, per la prima volta dopo 11 anni, con una annotazione d’indagine del<br />

13 gennaio 2004, è stato individuato in Michele Aiello l’imputato di questo processo, l’Aiello di cui<br />

al biglietto sequestrato a Riina. E come si è pervenuti a questa identificazione - che certo, come<br />

dire, non è che ci volesse una particolare scienza – ce lo ha spiegato il Michele Miulli il 6 dicembre<br />

2005. Ci ha detto l’ufficiale dei Carabinieri “l’identificazione è stata resa possibile grazie alle<br />

indicazioni contenute ne biglietto”. Dice l’ufficiale, “abbiamo individuato la stradella interpoderale<br />

che esisteva ed era esattamente prossima alla cava Buttitta, abbiamo cercato chi aveva realizzato<br />

questa stradella e abbiamo scoperto che dalla cava Buttitta, proprio da vicino alla cava, non nei<br />

pressi, ma attaccato, si diparte si diparte una strada interpoderale che collega alcuni terreni della<br />

località Valle Rena di Altofonte. Questa strada si chiama strada interpoderale Rena San Ciro. Ha<br />

inizio, ci ha detto Miulli, proprio presso la cava Buttitta e ci ha detto Miulli che ovviamente sono<br />

andati a cercare le carte di questa strada interpoderale in assessorato e hanno scoperto, dopo 11<br />

anni, che il progetto era stato redatto il 2 gennaio 1980 dall’ing. Michele Aiello, era stato<br />

rielaborato con aggiornamento dei prezzi in data 9 settembre 1992 dal geom. Gaetano Cusimano<br />

della “Sicil project” – di cui abbiamo parlato – e, ci ha detto Miulli, abbiamo anche acquisito il<br />

verbale di visita e accertamento dell’avvenuta esecuzione dei lavori che reca la data del 9 marzo<br />

1993, nonché – ci ha detto Miulli –abbiamo acquisto un’altra serie di carte e di documenti dai quali<br />

si evince in modo assolutamente chiaro che il progetto, l parte burocratica e la strada erano state<br />

realizzate dalle imprese di Michele Aiello.<br />

Il maggiore Miulli ci ha anche detto che oltre a questa strada nella stessa zona di Altofonte<br />

risultavano realizzate, sempre attraverso questo studio delle carte, altre strade interpoderali, sempre<br />

realizzate dalle imprese di Aiello. E grazie agli elenchi depositati anche, devo dire, dalla difesa è<br />

possibile individuare queste strade in quattro strade tutte realizzate dalle imprese di Aiello nella<br />

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zona di Altofonte, tutte collaudate tra il 23 maggio 1989 e il 7 luglio 1989. quindi quasi 4 anni<br />

prima della strada Reno San Ciro. E quindi già queste circostanze – la localizzazione territoriale, il<br />

period di riferimento, il fatto che le 4 strade erano state collaudate 4 anni prima – ci convincono<br />

sufficientemente che la strada cui si faceva riferimento nel biglietto di Riina fosse proprio la strada<br />

interpoderale Rena San Ciro. Noi abbiamo sentito Aiello all’udienza del 21 febbraio 2006, il quale<br />

ci ha spiegato che effettivamente le sue imprese hanno realizzato alcune strade interpoderali nel<br />

territorio del comune di Altofonte. […]<br />

Ma mentre per la strada Reno San Ciro lui non aveva versato alcuna somma a titolo di tangente (<br />

per una strada avrebbe dovuto versare i 7 milioni di lire) poiché nulla gli era stato chiesto, ci ha<br />

detto che per le altre 4 strade aveva effettivamente versato in precedenza, con le note modalità la<br />

somma di 7 milioni a strada: 7 per 4 28, circa 30 milioni. Anche Aiello ci conferma il dato<br />

desumibile da una lettura attenta e ragionata del biglietto rinvenuto a Riina e dei successivi<br />

accertamenti effettuati dai carabinieri e di cui l’esito ci è stato rassegnato i 13 gennaio 2004. mase<br />

la strada in questione, quella del biglietto di Riina, per intenderci, è proprio la strada interpoderale<br />

Rena San Ciro, non vi è dubbio che l’indicazione a questa strada era contenuta in un biglietto che è<br />

stato rinvenuto il 15 gennaio 1993 e che quindi era stato predisposto certamente prima di questa<br />

data. Ovviamente non sappiamo chi ha scritto il biglietto –gli accertamenti non ce ne hanno dato<br />

conto, però di certo questo biglietto è stato scritto prima addirittura che i lavori di realizzazione ella<br />

strada venissero nella sostanza iniziati nel loro grosso, e certamente prima che fossero stati ultimati<br />

(il verbale di collaudo è del 9 marzo 1993, il biglietto è anteriore la 15 gennaio 1993). E forse non<br />

basta dire che il biglietto è stato scritto in data anteriore al 15 gennaio 1993, perché questo è un dato<br />

monco, incompleto. Perché poi forse bisognerebbe porsi il problema di quanto tempo è stato<br />

necessario per fare arrivare questo biglietto a Riina da parte del suo mittente; e quanto tempo era<br />

stato necessari al mittente per essere stato interpellato dall’interessato. E allora certamente andiamo<br />

indietro nel tempo. E comunque è certo che questo biglietto è stato trovato nella tasca di Riina<br />

quando ancora i lavori erano ben lontano dall’essere ultimati, probabilmente nella loro parte<br />

essenziale dovevano ancora avere inizio. E allora questo biglietto, e mi sembre assolutamente<br />

consequenziale, non contiene una richiesta di estorsione: non la contiene perché la richiesta di pizzo<br />

per un lavoro di questi si fa alla fine. E ce lo ha detto Aiello: i 7 milioni lui li pagava alla fine, a<br />

Bagheria nelle mani di Carlo Castronovo. E ancora: c’era bisogno, per sottoporre a pizzo un lavoro<br />

di 400 milioni, per 7 milioni di tangenti, e c’era bisogno di dirlo a <strong>Salvatore</strong> Riina, il capo di Cosa<br />

nostra? Non bastava l’intervento regolare, quello dei mafiosi della zona che vanno a cantiere,<br />

chiedono del capo cantiere? Ma quanti processi abbiamo fatto su queste cose? Che chiedono al<br />

capocantiere di parlare con chi comanda, parlano con quello, gli spiegano che c’è da mettersi a<br />

posto e gli danno appuntamento per15 giorni dopo. Non forse questuala regola di tutte le estorsioni<br />

in tutta la Sicilia?<br />

No. C’è qualcuno che ha un filo di interlocuzione diretto con Riina e gli segnala il nome di Aiello in<br />

relazione a un lavoro che deve fare ad Altofonte. Quindi quando ancora il lavoro deve essere<br />

realizzato, e se questo avviene per un altro motivo, ed è il motivo che ci ha spiegato Giuffrè: questa<br />

non è una richiesta di estorsione, questa è una segnalazione, è una vera e propria raccomandazione<br />

fatta al capo di Cosa nostra non per dire “prendete l’imprenditore Aiello e sottoponetelo a Pizzo”<br />

ma per dire “ guardate che l’imprenditore Aiello è disponibile, è uno dei nostri, non gli fate danno”.<br />

E quindi è una raccomandazione fatta, avanzata, ricevuta dal capo di Cosa nostra perché fosse<br />

garantito un trattamento particolare a un particolare imprenditore che si chiama Michele Aiello. La<br />

conferma della lettura di questo biglietto non l’abbiamo nelle parole dei protagonisti della vicenda.<br />

Sono lavori fatti ad Altofonte e noi abbiamo sentito chi comandava in quel periodo ad Altofonte o<br />

era certamente un esponente di rilievo della mafia locale, Giocchino La Barbera e abbiamo sentito<br />

Giovanni Brusca che era il capo mandamento nel cui territorio ricade Altofonte.<br />

Giocchino la Barbera noi lo abbiamo sentito […]<br />

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Sulla stessa vicenda abbiamo sentito Giovanni Brusca, il 7 giugno 2005. Brusca ci ha riferito che tra<br />

il 1989 e il 1992 aveva ricevuto una serie di “raccomandazioni”, così le ha chiamate, direttamente<br />

da Bernardo Provenzano per dei lavori che doveva realizzare l’ing. Aiello nella zona di Altofonte, e<br />

ci ha detto che si trattava di 2 o 3 strade interpoderali, una situata nei pressi della Cava Buttitta.<br />

Dice testualmente Brusca: “Mi è arrivato un pizzino di Provenzano dove mi diceva, in linea di<br />

massima, di rispettarlo, di trattarlo come se fosse la sua stessa persona, e che con un certo riguardo,<br />

tanto è vero che io mi ricordo che non gli abbiamo chiesto niente di particolare. Ci ha fatto arrivare<br />

solo la messa a posto, e credo che poi sia stato libero di fare un po’ quello che voleva”. E ci ha detto<br />

Brusca che a suo ricordo aveva ricevuto per la messa a posto la somma di circa 30 milioni di lire.<br />

La raccomandazione di Provenzano consisteva, in buona sostanza, nel lasciarlo libero, nella<br />

richiesta di non imporre ad Aiello, come di regola avveniva con tutti gli altri, né i fornitori, né l’uso<br />

dei mezzi appartenenti alla famiglia del luogo o alle persone ad essa vicine. Allora a Brusca, nel<br />

corso dell’esame e a seguito di queste dichiarazioni, è stato chiesto se era un fatto frequente, se era<br />

una prassi solita che Provenzano raccomandasse imprese anche in quella zona.<br />

Pm: Prov. Avrà parlato con lei di una serie di affari che riguardavano il suo territorio.<br />

Percentualmente era frequente che raccomandasse qualcuno?<br />

Br: No<br />

Pm: fra queste persone che le ha raccomandato, questa raccomandazione di Aiello aveva delle<br />

caratteristiche particolari? O era uguale ad altri raccomandati?<br />

Br: signor Presidente, chiedo scusa, nel gergo nostro non c’era bisogno di fare un romanzo. C’erano<br />

tre parole, 4 parole: “trattalo bene come se fosse una cosa mia”. E io già capivo tutto.<br />

Pm: gli altri raccomandati da Provenzano erano così?<br />

Br: no, non , no mai. Ma neanche con la sua impresa mi diceva una cosa del genere. Neanche<br />

quando gli ho fatto fare l’impresa, l’associazione, con Geraci <strong>Salvatore</strong> e Giammanco Vincenzo per<br />

la messa a posto se la vedeva lui.<br />

Quindi una raccomandazione, come dire, unica.<br />

Dalle dichiarazioni di La Barbera e di Brusca noi possiamo trarre la conseguenza che i biglietti che<br />

aveva ricevuto Brusca da parte di Provenzano, quelli riferiti alle 4 strade interpoderali realizzate a<br />

partire dal 1989, sono biglietti diversi da quello sequestrati a Riina. E quindi hanno tutti e due<br />

(quelli indirizzati a Brusca e quello sequestrato a riina) per oggetto certamento lavori per strade<br />

interpoderali realizzati da Aiello, ma sono strade diverse, perché le raccomandazioni di cui ci parla<br />

Brusca sono quelle delle strade interpoderali collaudate nel 1989, quella di cui la biglietto di Riina è<br />

la strada interpoderale Rena San Ciro. E quindi Brusca ci dice di aver ricevuto 30 milioni e sono<br />

esattamente 7 per 4 uguale 28 di cui ci ha parlato Michele Aiello in riferimento alle 4 strade<br />

realizzate nel 1989. Resta il fatto che per quella strada di contrada Rena San Ciro non solo Aiello è<br />

stato trattato bene (“trattalo come se fosse una cosa mia” dice Provenzano) e non gli sonostate<br />

imposte forniture etc., ma qui è stato trattato come se fosse Bernardo Provenzano, alla stessa<br />

stregua, come lo ha trattato Antonino Giuffrè, capomandamento di Caccamo quando quello è<br />

andato a realizzarsi il lavoro a Castronovo di Sicilia: cioè non gli hanno fatto versare manco la<br />

messa a posto dei sette milioni per una strada.<br />

E allora anche le dichiarazioni rese da La Barbera e Brusca confermano in modo assolutamente in<br />

equivoco il dato desumibile dal contenuto del biglietto sequestrato a Riina il 15 gennaio 1993 e la<br />

lettura che di esso inizialmente vi ho prospettato. E cioè che già alla fine del 1992-93 i lavori che<br />

realizzavano le imprese di Aiello venivano segnalati, raccomandati, seguiti ai massimi livelli di<br />

Cosa nostra direttamente e personalmente già allora da Bernardo Provenzano.<br />

Andiamo avanti di tre anni e arriviamo al 1995. Secondo gruppo di biglietti. Quelli di Luigi Ilardo,<br />

un componente di spicco delle famiglie mafiose che operano nel nisseno, e all’epoca - 94-95 –<br />

Ilardo aveva un rapporto personale diretto – lui dice visivo, certamente epistolare – anche con<br />

Bernardo Provenzano. Però contestualmente a questo contatto con il capo di cosa nostra (a metà<br />

degli anni 90 Provenzano ha preso la guida dell’organizzazione) Ilardo aveva avviato un rapporto<br />

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di natura confidenziale con il colonnello Michele Riccio, che in quel momento era in forza al Ros<br />

dei Carabinieri. Nell’ambito di questo rapporto confidenziale aveva consegnato al colonnello Riccio<br />

le copie delle lettere che periodicamente gli aveva trasmesso Provenzano, e che contenevano spesso<br />

degli allegati. Gli aveva consegnato le coppie di altre lettere, ovviamente, che Ilardo riceveva da<br />

altri esponenti mafiosi. Poi Ilardo aveva deciso – nella primavera del 96 – di formalizzare questo<br />

rapporto, di trasformare quello che fino a quel momento era stato un rapporto di natura<br />

confidenziale in un vero e proprio rapporto di collaborazione con l’autorità giudiziaria. Il 10 maggio<br />

1996 Ilardo viene assassinato a Catania. Ovviamente quel rapporto di collaborazione non fu mai<br />

avviato. Al storia di ilardo, lo sviluppo dei suoi rapporti confidenziali con Riccio, il contenuto delle<br />

lettere e dei biglietti che gli aveva consegnato nell’ambito di questo rapporto sono stati ricostruiti<br />

nell’ambito di questo processo dal diretto protagonista, il colonnello Riccio, che è stato sentito<br />

all’udienza del 6 dicembre 2005. Ma queste stesse circostanze hanno formato oggetto di<br />

accertamento giurisdizionale divenuto definitivo. Faccio riferimento alla sentenza del tribunale di<br />

Palermo, II sezione, in data 2 marzo 2002, che il processo a carico di Simone Castello. Processo che<br />

nasce unitario e poi si è diviso in due tronconi (processo a Castello e a Giovanni Napoli). Di<br />

entrambi sono acquisiti agli atti del fascicolo del dibattimento le sentenze divenute definitive. Nelle<br />

quali, a prescindere da quanto ci ha detto il colonnello Riccio durante l’istruttoria dibattimentale<br />

sono ricostruite le vicende nelle quali è stato coinvolto Ilardo e nell’ambito delle quali è stata<br />

effettuata questa consegna di biglietti.<br />

Ebbene tra gli appunti dattiloscritti consegnati al colonnello Riccio, e sono i documenti dal numero<br />

40 al 50 dell’elenco dei documenti del pubblico ministero acquisiti in sede di ammissione delle<br />

prove, ce n’è uno che era stato consegnato da Simone Castello, addirittura nel settembre del 1994, e<br />

a questa lettera –ce lo ha spiegato Riccio – era allegato un biglietto dattiloscritto. Dal seguente<br />

tenore. “Ditta Aiello: deve fare lavoro strada interpoderale a Bubbudello, lago di Pergusa, Enna.<br />

Ditta Aiello deve fare lavoro strada interpoderale al bivio Catena, Piazza Armerina”. Come si vedrà,<br />

e come è di immediata evidenza un biglietto del tutto simile a quello che poco più di un anno e<br />

mezzo prima era stato sequestrato a Riina. E anche questo biglietto – come quello di Riina -<br />

all’epoca è stato oggetto di duplici accertamenti. E cioè chi fosse all’epoca dei fatti, quale persona<br />

fisica, quale persona giuridica si celasse dietro la dicitura dattiloscritta Ditta Aiello, non fu scoperto.<br />

Anzi si disse che trattandosi di un nominativo diffuso era quasi impossibile risalire alla esatta<br />

identità di chi si trattasse. Poi nel 2002 furono delegati nuovi accertamenti che ancora una volta,<br />

partendo dai riferimenti contenutistici, e cioè dalla indicazione delle strade interpoderali<br />

ovviamente, hanno identificato ancora una volta esattamente in Michele Aiello l’imprenditore che si<br />

celava dietro la dicitura dattiloscritta ditta Aiello.<br />

[…]<br />

Indicazioni assolutamente analoghe si traggono dal terzo gruppo di biglietti di cui stiamo parlando.<br />

E’ il gruppo più recente, quello rinvenuto e sequestrato il 16 aprile 2002 il 4 dicembre 2002, in<br />

occasione dopo l’arresto di Antonino Giuffrè e della sua decisione di collaborare con l’autorità<br />

giudiziaria.<br />

Nel corso dell’istruttoria dibattimentale noi abbiamo sentito in particolare, per primo il tenete<br />

<strong>Salvatore</strong> Muratore, che all’epoca dei fatti era in forze presso la compagnia di Termini imprese, il<br />

quale ci ha spiegato le circostanze che avevano portato all’arresto di Giuffrè e ci ha riferito quello<br />

che la mattina del 16 aprile era stato trovato dentro il marsupio che Giuffrè aveva con sé.<br />

All’udienza del 12 aprile 2005 noi abbiamo sentito il capitano Giovanni Sozzo, che ci ha, in modo<br />

assolutamente dettagliato, puntuale e circoscritto ricostruito tutte le diverse vicende cui aveva fatto<br />

seguito la notte sul 4 dic 2002 il rinvenimento e il sequestro dell’altra parte copiosa di<br />

documentazione, tra cui ben 31 lettere dattiloscritte di Provenzano, che si trovano custodite,<br />

occultate in un barattolo nascosto in una catasta di vecchie tegole in un magazzino adiacente<br />

l’abitazione Di Vicari che Giuffrè aveva occupato negli ultimi 2 anni di latitanza. Giuffrè che ne<br />

frattempo, divenuto collaboratore aveva descritto il posto in un interrogatorio alla Procura, aveva<br />

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parlato di questo archivio di documenti, e a seguito di questo interrogatorio era stato delegata la<br />

sezione anticrimine e il gruppo che operava con Giovanni Sozzo per il rinvenimento, il recupero e il<br />

sequestro di questa documentazione, cosa che poi è avvenuta.<br />

Il capitano Sozzo e il colonnello Damiano, all’udienza del 18 ottobre 2005 ci hanno pi riferito con<br />

estrema puntualità tutti gli esiti degli accertamenti effettuati […]<br />

[…]<br />

Ebbene queste due vicende connesse a due biglietti, uno di Provenzano e l’altro della famiglia<br />

mafiosa di San Mauro Castelverde ci confermano che anche negli anni più recenti, quindi tra il 200<br />

e il 2001, per la messa a posto dei lavori di Aiello si era personalmente attivato il Provenzano, ed in<br />

questo caso anche con la collaborazione di Giuffré come ulteriore tramite. A dimostrazione della<br />

circostanza che delle questioni che riguardavano Aiello si interessava direttamente il capo di Cosa<br />

nostra. E questi due biglietti, in particolare quello dattiloscritto direttamente a Bernardo Provenzano<br />

ci dimostra qualche cosa che completa l’angolo prospettico della prova. Perché se i primi biglietti<br />

(quello del 15 gennaio 93 e quelli riferibili a Ilardo) dimostrano l’intervento e l’interessamento di<br />

Provenzano nella prima fase, quella della comunicazione della disponibilità, questo biglietto ci<br />

dimostra l’interessamento e l’intervento di Provenzano nella seconda fase del completamento<br />

dell’attività della messa a posto, cioè in quella della trasmissione del denaro. Quindi noi<br />

riscontriamo attraverso questa documentazione, per intero, tutto il pezzo delle dichiarazioni che<br />

sulla stessa questione ci ha reso Giuffrè, cioè intervento diretto di Provenzano sia nella fase iniziale<br />

della comunicazione della disponibilità, sia nella fase finale che Giuffrè ha chiamato “mi faceva<br />

arrivare i soldini”. E sono i 21 milioni che Provenzano fa arrivare a Giuffrè in allegato alla lettera<br />

del 25 aprile 2001 e avente titola “La messa a posto dei lavori di alcune strade realizzati nel<br />

mandamento di Cacciamo.<br />

Ma così come i primi biglietti non avevano per contenuto una richiesta estorsiva, perché non c’era<br />

che se io debbo fare una strada ad Altofonte poi io debba mandare un biglietto a Riina, analoghe<br />

considerazioni si possono fare in riferimento alla fase finale, cioè quella del passaggio dei soldi. La<br />

scelta di passare per Bernardo Provenzano non è mica una scelta obbligata nel sistema delle messe a<br />

posto di cosa nostra. Perché quello che è obbligato è che l’imprenditore, organico, non organico,<br />

estorto, vittima, complice faccia arrivare a chi di dovere la somma. E per farlo, ed è storia dei<br />

processi che svolgiamo quotidianamente in queste aule, l’imprenditore ha due strade: o li dà al<br />

punto di riferimento mafioso – per dirla con Giovanni Brusca - del suo Paese oppure li dà<br />

direttamente al destinatario, cioè li consegna all’uomo che si presenta in cantiere. Abbiamo fatto<br />

tanti processi e abbiamo verificato che vengono indifferentemente battute sia l’una che l’altra<br />

strada. Ma dopo che Aiello consegna i 21 milioni a Carlo Castronovo, alias Pietro Loiacono o<br />

chicchessia, perché gli uomini d’onore di Bagheria che hanno ricevuto questi soldi non li fanno<br />

arrivare direttamente al capo del mandamento nel quale è ricompresso il territorio interessato dai<br />

lavori? Noi sappiamo –ce lo ha detto Giuffrè – che lui aveva ottimi rapporti con Bagheria: aveva<br />

ottimi rapporti con Nicola Eucaliptus, e ottimi rapporti con Pietro Loiacono. La via normale sarebbe<br />

stata quella del contatto diretto tra gli uomini, i mafiosi di Bagheria ai quali Aiello aveva versato la<br />

somma dovuta per i lavori a San Mauro Castelverde, e Bagheria contattava gli uomini d’onore<br />

della famiglia di San Mauro Castelverde e gli consegnava i soldi.<br />

No, qua c’è qualche cosa di più, una terza via, che è questa: il transito delle somme avviene per il<br />

tramite di Provenzano, che non è una scelta obbligata. Che non solo non è obbligata, manon è<br />

nemmeno una scelta normale. Quindi questa vicenda conferma che anche nella fase del pagamento<br />

della somma vi era un interessamento personale e diretto di Provenzano, un intervento con<br />

riferimento alla materiale consegna dei soldi. Un intervento diretto e personale che il capo di cosa<br />

nostra non ha riservato a tutti gli imprenditori, ma ha riservato soltanto – si legge nelle sentenze che<br />

abbiamo depositato – a una selezionatissima schiera di imprenditori, quelli a lui particolarmente<br />

legati da vincoli di natura economica e da vincoli di natura fiduciaria. Voi troverete un altro caso<br />

che non è analogo, che è differente, ma sotto il profilo in esame presenta qualche profilo di identità,<br />

43


nella sentenza Lipari. perché anche lì c’era il problema di mettere a posto un imprenditore vicino a<br />

provenzano, lo fa Lipari, ma se ne interessa Provenzano. E allora sotto questo profilo si confermano<br />

quei particolari rapporti tra Aiello e Provenzano sui quali ci ha riferito specificatamente Giuffrè,<br />

indicandoci Aiello non solo come l’imprenditore ben inserito, organico, in ottime relazioni con i<br />

mafiosi di Bagheria, ma indicandocelo come il fiore all’occhiello di Provenzano. Abbiamo<br />

esattamente la prova documentale di quello che ci ha detto Giuffrè.<br />

E però notizie del tutto identiche sui rapporti tra il capo di Cosa nostra e l’imprenditore bagherese,<br />

sotto questo profilo, ce le hanno fornite Giovanni Brusca, in relazione alla messa a posto delle<br />

strade di Altofonte. E Brusca, quando gli è stato chiesto “ ma con questo tipo di raccomandazioni ce<br />

ne erano altri imprenditori?” Lui ha detto “No mai, nemmeno per le su imprese, nemmeno per i suoi<br />

lavori.” Ma ci sono state riferite anche da Angelo Siino, e ci sono stati riferiti questi particolari<br />

rapporti anche da Barbagallo.<br />

Angelo Siino. Riprendiamo le sue dichiarazioni dove le abbiamo lasciate, cioè quando Serafino<br />

Morici dice a Siino che se voleva trasformare la sua trazzera in una strada interpoderale nonpoteva<br />

che rivolgersi all’ing. Aiello di Bagheria. A quel punto Siino aveva detto “ma chi è questo ing.<br />

Aiello? Lo chiediamo ai bagarioti”. E po ci ha detto Siino all’udienza dell’8 giugno 2005 che aveva<br />

avuto un altro tipo di occasione, perché si era incontrato con Lorenzo Vaccaio che era un altro tipo<br />

di personaggio, di tutto rispetto nell’ambito della cosa nostra di Provenzano, della zona di<br />

Caltanissetta, certamente uno dei feudi di Porvenzano insieme a Bagheria. Tant’è che quando Siino<br />

parla di Lorenzo Vaccaro non a caso lo definisce un “messaggero di Provenzano”. E ci dice Siino<br />

che lui chi era Aiello lo aveva chiesto a Vaccaro<br />

[…] Vaccaro preso dalla preoccupazione del rispetto delle regole gli aveva chiesto, visto che lui era<br />

di Caltanissetta e Sino di Palermo : “Non facciamo vedere che tu ti rivolgi direttamente a me che<br />

sono di Caltanissetta. Quindi questa cosa chiedila a un palermitano. Tu la chiedi a Enzo<br />

Giammanco di Bagheria il quale a sua volta interpella Provenzano” 20.00<br />

E comunque ci ha detto Siino che alla fine Vaccaio, proprio in questa occasione, gli aveva spiegao<br />

che Michele Aiello era un imprenditore molto vicino a Bernardo Provenzano. E che per le cose che<br />

riguardavano Aiello bisognava rivolgersi direttamente allo “zio”, cioè a Provenzano.<br />

Barbagallo nel corso della sua deposizione ha fatto riferimento a circostanze assolutamente<br />

sovrapponibili queste, perché ha parlato di coperture di Provenzano a favore di Aiello: cos’ gli era<br />

stato spiegato, ha detto Barbagallo, tra l’altro da Giuseppe Panzeca.<br />

Insomma, tirando le fila di questo discorso non c’è dubbio che gli interventi dei vertici di Cosa<br />

nostra, le interlocuzioni con essi per le messe a posto dei lavori di Aiello altro non sono che<br />

segnalazioni, raccomandazioni indirizzate ai capi, dei vari periodi, di Cosa nostra, il cui unico scopo<br />

è riservare un trattamento particolare, di favore – Brusca dice “trattalo come se fosse la mia<br />

persona” – ad un imprenditore particolare, che è il fiore all’occhiello di Provenzano. Perché<br />

altrimenti, se si fosse trattato della semplice e usuale esazione di pizzo non ci sarebbe stato alcun<br />

bisogno di queste segnalazioni scritte; non ci sarebbe stato alcun bisogno di queste interlocuzioni ai<br />

massimi livelli di Cosa Nostra.<br />

E da questo punto di vista basta riflettere su un dato di esperienza che fa parte di un patrimonio<br />

anche di questi muri delle nostre aule. Cioè basti pensare al rapporto numerico, semplicemente<br />

matematico, che esiste tra imprese estorte e imprese raccomandate. Tra i due numeri vi è un<br />

evidente rapporto di sproporzione: tanto è elevato il numero delle imprese che pagano, che sono<br />

sottoposte al pizzo, tanto è basso il numero delle imprese raccomandate dai mafiosi, e ancora più<br />

basso, certamente più raro è il caso delle imprese raccomandate dai vertici di Cosa nostra, e non dai<br />

semplici mafiosi. Una circostanza che rende assolutamente evidente come la segnalazione di<br />

imprese che abbiano lavori da eseguire, soprattutto se proveniente questa segnalazione da parte dei<br />

capi di cosa nostra o indirizzate ai capi di cosa nostra, significa una cosa del tutto diversa dalla<br />

semplice necessità di sottoporre a pizzo l’impresa. Comporta la sollecitazione di un vero e proprio<br />

inteventi di favore.<br />

44


E in questo senso, ciò che più sorprende casomai, e che appare più significativo, è la circostanza<br />

che l’intervento personale e diretto di Provenzano riguarda un periodo temporale che assomma un<br />

decennio e che riguarda diverse zone della Sicilia. Giuffrè non si è occupato solo del mandamento<br />

di Caccamo: si è occupato del mandamento di San Mauro Castelverde, la cui estensione è ben nota<br />

(entra addirittura nella provincia di Messina) e si è occupato anche di messa a posto di strade nella<br />

provincia di Messina. E sotto tale profilo non incide in alcun modo su questa conclusione la<br />

circostanza che le imprese di Aiello abbiano subito nel tempo in alcune zone della Sicilia, quelli che<br />

sono i classici avvertimenti: bidone di benzina, l’accendino o addirittura danneggiamenti in<br />

occasione dell’apertura di alcuni cantieri. Perché sono fatti che se stiamo alle stesse dinamiche<br />

interne dell’organizzazione mafiosa e a quelle che ci hanno segnalato e raccontato i collaboratori<br />

che abbiamo sentito, sono fatti che appaiono certamente imputabili a momentanei black out<br />

informativi tra le diverse articolazioni territoriali del sodalizio mafioso e i loro vertici. E di questo la<br />

prova provata sta in quello che ci ha raccontato Giocchino La Barbera. Ci ha detto che ha un certo<br />

punto si è trovato nell’incertezza: ci comportiamo come abbiamo fatto con l’imprenditore di<br />

Belmonte Mezzagno, a quale abbiamo miliardi di danni? (Si era rivolto al suo capo mandamento).<br />

Ma Giocchino La Barbera sul suo territorio di Altofonte non era stato informato. Non solo, ma<br />

Brusca lo tiene allo scura anche dopo. In una delle sentenze che abbiamo depositato, sentenza<br />

passata in giudicato, abbiamo ben altri esempi di black out informativi. Nella sentenza del Gup del<br />

trib di Palermo in data 27 febbraio 2004, quella in cui è imputato Rinella Diego, fratello di Rinella<br />

<strong>Salvatore</strong> e altri componenti della famiglia mafiosa di Trabia e quella di Termini Imprese, c’è un<br />

altro esempio sintomatico di black out informativo, in cui lo stesso imprenditore diviene oggetto di<br />

una duplice richiesta da parte di due componenti diversi della stessa famiglia mafiosa. E quindi sto<br />

parlando non di cose che ci inventiamo, ma di fatti concreti, di cose accadute, che risultano provate<br />

dalle sentenze che abbiamo depositato, dalla prassi quotidiana.<br />

E dunque se l’inserimento delle imprese riferibili all’imprenditore Aiello e dell’imprenditore Aiello<br />

nel gotha delle imprese segnalate, o per meglio dire, raccomandate dai vertici di cosa nostra appare<br />

una circostanza certamente significativa nell’economia di questo processo, dire che ancora più<br />

significativa, per alcuni versi davvero sorprendente, ma forse a fine processo lo è un po’ meno, la<br />

circostanza che tale stato di impresa raccomandata e favorita, nel caso di Aiello si sia protratta con<br />

immutata intensità e con immutato interessamento da parte del capo di cosa nostra per ben 10 anni.<br />

Questo è il tempo che è trascorso dalla prova della prima segnalazione a firma B. Provenzano, che è<br />

quella di cui ci ha parlato Giovanni Brusca (“Ho ricevuto un pizzino di Provenzano” che brusca<br />

data anteriormente al 1992 ) e l’ultima segnalazione di cui abbiamo prova documentale è quella di<br />

Provenzano, con una propria lettera che reca la data 25 aprile 2001.<br />

Quindi Aiello già nelle dichiarazioni dei collaboratori, sulla scorta del contenuto della<br />

documentazione cui si è fatto cenno, è un soggetto in grado di interloquire con i massimi vertici di<br />

Cosa nostra, in particolare con Provenzano. E dal capo di cosa Nostra, per 10 anni, ha ricevuto<br />

protezioni e raccomandazioni, che si sono rivelate preziose per il conseguimento dl livello<br />

imprenditoriale che con il tempo Aiello ha finito per raggiungere. E che sono segnalazioni,<br />

raccomandazioni altrettanto sintomatiche e sono il primo parametro oggettivo valutativo per<br />

stabilire se le somme che Aiello ha pagato all’organizzazione mafiosa sono frutto di estorsione, di<br />

coartazione della sua volontà, di intimidazione derivante dal vincolo associativo, o se invece, sono,<br />

come diciamo noi, la conseguenza dello spontaneo e condiviso adeguamento al sistema della messa<br />

a posto e quindi indice del finanziamento dell’organizzazione.<br />

E sempre sotto il profilo in esame, c’è un’altra documentazione, il quarto gruppo di documenti cui<br />

ho fatto cenno che occorre necessariamente prendere in considerazione.<br />

E’ una documentazione importante, perché uno dei momenti più significativi che hanno segnato un<br />

salto qualitativo nelle acquisizioni probatorie raccolte sulla famiglia mafiosa di Bagheria è stato<br />

certamente determinato dal rinvenimento e dal sequestro di quello che poi abbiamo comunemente<br />

chiamato il libro mastro delle estorsioni, che è stato rinvenuto e sequestrato nell’abitazione di<br />

45


Giuseppe di Fiore, il 25 gennaio 2005. Poi diremo perché dobbiamo necessariamente parlare di<br />

questo documento.<br />

Vediamo di cosa si tratta. La mattina del 25 gennaio 2005 i carabinieri del Ros e la squadra mobile<br />

di Palermo,con una azione congiunta, avevano dato esecuzione a una cinquantina di provvedimenti<br />

di fermo della Dda di Palermo che aveva riguardato la cerchia dei soggetti più vicini all’allora<br />

latitante Bernardo Provenzano, e che costituivano il tessuto connettivo, la rete che garantiva in quel<br />

momento la logistica e soprattutto le comunicazioni via pizzini che facevano capo a la capo di Cosa<br />

nostra latitante. E’ l’operazione Grande mandamento cui ha fatto più volte riferimento il colonnello<br />

Damiano. In occasione delle operazione di esecuzioni di questi fermi, veniva effettuata una<br />

perquisizione a casa di Giuseppe Di Fiore, che indagato in quel momento a piede libero non era<br />

destinatario del provvedimento di fermo. Nella sua abitazione personale di Bagheria, all’interno di<br />

un doppiofondo contenuto nel cassetto del comodino della camera da letto venivano rinvenute<br />

alcune cose interessanti: mazzette di denaro per totale di oltre 62.000 euro, suddivise in diverse<br />

mazzette con sopra dei post-it, e sopra i post-it erano segnati la cifra, e quello che sin da allora,<br />

dalla prima evidenza, appariva come la provenienza: cioè il nome di alcuni esercizi commerciali,<br />

l’indicazione di alcune attività di impresa. Insieme a queste mazzette di banconote venivano<br />

rinvenuti poi dei titoli (titoli, azioni, polizze fideiussorie bancarie) per un ammontare che sfiorava i<br />

900.000 euro. E all’esito de giudizio abbreviato di primo grado, definito con la sentenza di cui<br />

abbiamo depositato il dispositivo, del 16 novembre 2006, mazzette, titoli, polizze sono stati oggetto<br />

di confisca, unitamente alla condanna di Di Fiore per associazione e estorsione.<br />

Ma nel corso di quella stessa perquisizione sempre occultato nel doppi fondo del cassetto del<br />

comodino veniva ritrovata una agenda manoscritta di colore nero, sulla quale venivano riportate<br />

sotto la voce “più” e sotto la voce “meno” – corrispondenti a entrate e uscite di tipo economico –<br />

venivano riportate diverse operazioni. All’interno dell’agenda nera, sulle cui pagine iniziali eran<br />

riportate queste operazioni, all’interno della tasca posteriore dell’agenda venivano ritrovati due<br />

fogli a quadretti, scritti con una grafia palesemente diversa da quella con la quale erano state<br />

trascritte le annotazioni sulle pagine dell’agenda e su questi fogli erano specificatamente indicate,<br />

sin dall’apparenza, con riferimento a un periodo anteriore a quello oggetto delle annotazioni sulle<br />

pagine dell’agenda, venivano annotate anche qui ordinatamente incolonnate alcune voci sotto la<br />

dizione entrate e uscite (non più scritte con più o meno). Insomma una documentazione che sin<br />

dall’immediato appariva essere almeno parte della cassa della famiglia mafiosa di Bagheria per un<br />

periodo che certamente andava dal dicembre 2002, perché così era scritto sui fogli, fino a gennaio<br />

2005, cioè fino a pochi giorni prima del rinvenimento e del sequestro di questa documentazione.<br />

Questa è stato oggetto di approfonditissima analisi da parte della sezione anticrimine del Ros, che<br />

ne ha dato conto alla procura con una annotazione di indagine che reca la data del 15 aprile 2005.<br />

Questa annotazione, cui faccio ovviamente integrale rinvio, è stata acquisita con il consenso delle<br />

parti, per intero, all’udienza del 15 maggio 2007. in questa annotazione, ovviamente sono contenuti<br />

tutti gli elementi, i criteri fattuali sulla base dei quali poi la stessa sezione anticrimine è pervenuta a<br />

delle conclusioni.<br />

Questa documentazione però è stata anche oggetto di una duplice attività di verifica, la prima sotto<br />

il profilo grafico formale, la seconda sotto il profilo contenutistico. E sotto il primo profilo, graficoformale,<br />

precise risultanze nella direzione di individuare gli autori di questa contabilità di cassa<br />

sono stati acquisite grazie all’espletamento di una consulenza, la cui relazione data 11 aprile 2005 è<br />

stata acquisita anch’essa la fascicolo del dibattimento con il consenso delle parti, alla stessa udienza<br />

del 15 maggio 2007. La consulenza ha inequivocabilmente dimostrato come la maggior parte delle<br />

scritture riportate su biglietti, fogli separati e agenda siano attribuibili in successione temporale a<br />

due sole persone: e cioè a Onofrio Monreale, quanto alle scritture (tranne una come vedremo)<br />

riportate sui fogli a quadretti separati, originariamente conservati nella tasca dell’agenda, e da<br />

Giuseppe Di Fiore quanto alle annotazione scritte sulle pagine dell’agenda nera. Questa conclusione<br />

di carattere tecnico, derivante dalle consulenze grafiche, è stata dagli esiti degli accertamenti sul<br />

contenuto delle appostazioni, perché la sezione anticrimine del Ros ha fatto un eccellente lavoro,<br />

46


individuando i nominativi riportati su questa contabilità, sentendosi le persone interessate, e dall’<br />

annotazione sono riportate ovviamente gli esiti di queste sommarie informazioni dalle quali si<br />

desume la esatta corrispondenza alle persone di Onofrio Monreale e Giuseppe Di Fiore di alcune<br />

indicazione e di alcune voci riportate in particolare sotto la dizione entrate.<br />

Ebbene partiamo dall’agenda. L’agenda nera contiene due pagine trascritte con alcune indicazioni<br />

sotto le voci più e meno. Non le leggeremo tutte, ovviamente. Basti qui dire che nell’agenda nera<br />

con la grafia di Di Fiore sono riportate a partire dalla data dell’agosto 2004 e fino a gennaio 2005,<br />

sotto la voce più sono riportate alcune somme con l’indicazione delle imprese che avevano<br />

effettuato i versamenti o dei lavori cui si riferivano i versamenti. I nomi sono assolutamente chiari.<br />

Per esempio “5000 28-12-2004” Gagliano legname”. E i Ros hanno accertato che a Bagheria c’è un<br />

imprenditore a nome Gagliano che esercita una attività imprenditoriale nel settore della<br />

commercializzazione del legname. Ci sono altre diciture 42.00…….<br />

Nella voce uscite, sulla agenda nera, sono incolonnate alcune indicazioni 42.50….43.30<br />

Nei due fogli a quadretti abbiamo una situazione assolutamente analoga. La scrittura è diversa<br />

perché sono stati scritti da Onofrio Monreale. […]<br />

Alla fine di questo lato delle entrate, che sono due fogli, veniva riportato una specie di conteggio<br />

assommato: 134mila più 27mila. E sotto quella che apparentemente era una somma, ma<br />

evidentemente sbagliata perché c’era scritto 169 mila c’era una ulteriore indicazione con scritto<br />

“ing 25 mila”.<br />

Questi fogli, come nell’agenda nera, oltre alle entrate hanno anche la voce uscite. Anche qui si apre<br />

con dicembre -natale 2002. le uscite sono a Natale 2002, pasqua 2003, natale 2003 pasqua 2004, di<br />

Onofrio Monreale. Poi invece ci sono quelle Di Fiore, Natale 2004.<br />

Dicembre 2002 si apre con al centro l’indicazione 24 mila con la lettera Z. Poi c’è 5mila con<br />

l’indicazione T, poi c’è duemila regali per Villabate per Z. Poi c’è l’elenco di quelli “ordinari” e c’è<br />

Nino 2005, Nardo 2005, […]<br />

Sul lato due si ripete esattamente, quanto alle uscite, la stessa consecutio logica per pasqua 2003.<br />

dicembre 2003, pasqua 2004 e sono incolonnate elenco… stessi nomi (48.55). alla fine del alto<br />

veniva riportato il conteggio delle uscite: 135mila più 36 mila, 171 mila, questa volta la somma è<br />

giusta. Un bilancio dunque quasi in pareggio 169mila le entrate, 171 mila le uscite.<br />

Nell’annotazione dei carabinieri del Ros, e sarebbe un processo nel processo e io non voglio farlo in<br />

questa sede, perché lo abbiamo già fatto altrove, dove erano imputati questi soggetti, la sezione<br />

anticrimine ha dato conto degli accertamenti, in particolare di quelli che hanno consentito di<br />

identificare, da un lato, alla voce entrate, tutti i lavori che erano stati fatti nel periodo indicato a<br />

Bagheria, e soprattutto anche gli imprenditori non solo che avevano fatto quei lavori, ma anche i cui<br />

nomi figuravano nell’elenco. E certo non era difficile identificare in “Provino R.” l’imprenditore<br />

Rosario Provino e in “Provino c.” suo fratello Cristoforo Provino, tanto per citare alcuni nomi. La<br />

sezione anticrimine ha sentito queste persone, la maggior parte di esse non ha fatto altro che<br />

confermare che, una volta Onofrio Monreale, una volta Giuseppe Di Fiore gli avevano chiesto soldi,<br />

chi per la famiglia, chi per i carcerati, chi per la messa a posto, insomma cose di ordinaria<br />

amministrazione mafiosa e il Ros, dopo questo brillantissimo lavoro ci ha consegnato, ovviamente. ,<br />

in questa annotazione che leggerete. E devo dirvi che la stessa cosa il Ros ha fatto con quelle che<br />

nel libro sono le uscite. Sarà pure un caso, ma a quei nomi di battesimo si possono ricollegare<br />

altrettanti cognomi, che accanto a quei nomi di battesimo, costituiscono l’organigramma della<br />

famiglia mafiosa di Bagheria dal 2002 al 2005, e non solo costituiscono l’organigramma ma danno<br />

conto in relazione alla somma percepita del livello di inserimento e del grado di importanza<br />

all’interno dell’organizzazione e della famiglia: per cui 2500 euro li prende Nino, che è Nino<br />

Gargano, li prende Nardo, che è Leonardo Greco, li prende Nicola s.,che è il suocero di Monreale<br />

che scriveva, e poi Nicola G., Nicola greco. Poi prendeva 2500 anche Onofrio, ovviamente. E poi a<br />

scendere, perché c’è Pietro, che è Pietro Loiacono, etc sono tutti indicati nell’annotazione del 15<br />

aprile 2005.<br />

47


Dicevo che il Ros ha identificato i beneficiare degli stipendi di Natale e pasqua, attraverso un<br />

sillogismo logico, risalendo dal nome al cognome. Quando si è trattato di identificare le persone che<br />

hanno fatto i lavori incolonnati sotto la voce entrate, ovviamente il Ros non ha fatto ricorso a una<br />

deduzione logica, pur condivisibile e apprezzabile, no, è andato a sentire i diretti interessati, per cui<br />

l’identificazione, come leggerete nella nota del 5 aprile 2005 deriva dalla stessa voce, in molti casi<br />

dei diretti interessati, o dall’individuazione del lavoro.<br />

Ebbene, di tutte quelle voci incolonnate, il Ros ha identificato tutti, tutti i lavori e tutti soggetti<br />

citati. Tutti tranne uno.<br />

Foglio B3, che una delle facciate dei fogli a quadretti vergato da Onofrio Monreale. […]<br />

Poi, con una grafia diversa, ing. 25mila. Quando sono arrivati qui il Ros, nell’annotazione scrive:<br />

“Si tratta di una annotazione tratta a margine del foglio, probabilmente in un secondo momento, in<br />

quanto la grafia risulta corrispondente a quelle di Di Fiore Giuseppe, e non a quella di Onofrio<br />

Monreale, che pure aveva scritto il resto del foglio.” La dicitura è una semplice somma, per altro<br />

errata, con in basso la dicitura ing. 25 mila, che lascerebbe pensare –scrive il ros - a un introito di 25<br />

mila proveniente da qualcuno, probabilmente un ingegnere.” Questo, alla data del 15 aprile, o<br />

maggio, 2005 era lostato dell’arte: tutti individuati tranne questo ing 25mila. Poi abbiamo avuto un<br />

dato confermativo, e cioè dalla consulenza grafica quello che al Ros era apparso evidente è stato<br />

conferma, cioè che questa parte finale del foglio è scritta da Di Fiore.<br />

Se non che il 21 febbraio 2006, rendendo l’esame, Aiello ci ha detto che si riconosceva in questa<br />

indicazione, e ci ha detto che si trattava della tangente annuale per l’attività esercitata presso la<br />

diagnostica, la tangente che a suo dire aveva versato ogni anno prima nella misura di 50 milioni e<br />

poi di 25mila euro, quella versta nelle mani di Carlo Castronovo. Ha detto testualmente Aiello: “Sì,<br />

ma credo che risulti anche a voi, dal registro “cassa della mafia” che avete sequestrato a Bagheria.<br />

Perché lì c’è proprio scritto, è venuto anche sul giornale: 25mila euro ingegnere”. E ha precisato<br />

che aveva versato per l’ultima volta la tangente di 50 milioni- 25mila euro per l’anno 2002 nel<br />

novembre 2002, nelle mani di Carlo Castronovo, poco prima che questo venisse arrestato (inizi<br />

dicembre 2002). E ci ha detto Aiello “ io da allora non ho più versato niente, perché nessuno niente<br />

mi ha chiesto”. Tant’è, che subito dopo questa affermazione di Aiello, all’udienza successiva,<br />

l’ufficio del pm ha immediatamente depositato al tribunale il verbale di sequestro dei documenti,<br />

tutti documenti sequestrati a Di Fiore, e si è riservato di articolare mezzi di prova in quella udienza.<br />

Poi in fase di 507 abbiamo sollecitato la testimonianza del consulente, del maggiore Russo sul<br />

contenuto dell’annotazione, atti che poi con il consenso delle parti sono stati acquisiti al fascicolo<br />

del dibattimento e abbiamo rinunciato ai testimoni.<br />

Ora se davvero l’indicazione in questione fa riferimento a Aiello e al versamento da parte sua della<br />

somma di 25 mila euro, allora devo dire francamente che si può avanzare più di un serio dubbio che<br />

nella specie questo versamento rappresenti una somma pagata a titolo di estorsione, esattamente<br />

come tutte le altre che invece sono indicate nella contabilità del libro mastro. E questi seri dubbi<br />

aumentano e valgono soprattutto se quella indicata da Aiello è esattamente, come dice lui, la stessa<br />

somma pagata a novembre 2002 nelle mani di Castronovo. Perché? Partiamo dai dati accertati e poi<br />

facciamo i ragionamenti.<br />

Primo dato. Il libro mastro è stato scritto a due mani. Fino al primo agosto 2004 tutte le<br />

appostazioni risultano manoscritte sui due separati fogli, sia per quanto riguarda le entrate, sia per<br />

quanto riguarda le uscite, da Onofrio Monreale. Dopo il primo agosto 2004 la contabilità passa a<br />

Giuseppe Di Fiore il quale di suo pugno scrive “più” e “meno” sulla pagina dell’agenda nera, e<br />

comincia a inserire le voci incolonnate, sia quelle delle entrate che quelle delle uscite. Giuseppe di<br />

Fiore ci mette la data, cominciano ad agosto 2004 […]<br />

E poi prosegue e questo fatto riguarda anche le uscite. Le ultime entrate che segna Di Fiore sono<br />

dicembre 2004, gennaio 2005.<br />

Le appostazioni riferibili a Onofrio Monreale, in particolare concernenti la voce entrate, partono da<br />

dicembre 2002, arrivano giugno 2004, occupano due distinte facciate che sono quelle cui io ho fatto<br />

48


cenno, e che sono ordinate per colonna, con l’indicazione in chiaro dell’identità di chi versa e<br />

dell’entità della somma versata….<br />

[…]<br />

Ora la dicitura ing25 mila non è collocata tra le singole voci incolonnate, dove sono ordinatamente<br />

riportate per ordine temporale le altre entrate imputabili al pagamento di messe a posto, e non lo<br />

sono né nel primo né nel secondo foglio dove risultano trascritte altrettante colonne. La dicitura ing.<br />

25mila è riportata invece fuori colonna, fuori da tutte le colonne delle entrate per pagamento di<br />

messe a posto, ed è riportata dopo che è stata tirata la somma, abbiamo detto errata, di quanto<br />

incassato. Non solo, ma a differenza di tutti gli altri casi di entrate in cui le somme sono state<br />

versate – lo hanno detto i diretti interessati al Ros – per i carcerati, la messa a posto etc, a differenza<br />

di questi casi in cui l’identità di chi ha versato è in chiaro, perché ci sono scritti i cognomi, in questo<br />

caso l’identità viene celata dietro la sigla “ing”. Ad Aprile 2005 il Ros, solo con questa scritta, (non<br />

c’è scritto Aiello), non è stato in grado di aggiungere un nominativo accanto a quelle tre lettere.<br />

Non solo. Ma c’è da riflettere anche su un altro dato che è importante. Quella dicitura, ing. 25mila,<br />

è stata scritta a mano non da Onofrio Monreale, che aveva curato la contabilità riportata su questi<br />

fogli separati, ma stata trascritta da Giuseppe Di Fiore, che ha curato la contabilità solo dal primo<br />

agosto 2004. E solo da questa data. E nei fogli separati non c’è nessun appunto, nessuna<br />

manoscrittura riferibile alla persona di Di Fiore, ad accezione di questo ing. 25 mila. Ora se i 25<br />

mila euro fossero imputabili tra le entrate ordinarie incassate per le messe a posto, considerato<br />

anche che il pagamento era avvenuto – ce lo ha detto Aiello – a novembre 2002, la relativa<br />

indicazione, anche nella forma ing 25 mila, avrebbe dovuto figurare tra le prime apposizioni<br />

incolonnate nella prima metà del primo foglio. E non invece alla fine della sommatoria di quanto<br />

incassato per titoli, messe a posto pizzo, fino a giugno 2004. perché l’ha scritta Di Fiore, c’è poco<br />

da fare. Quella dicitura è stata messa certamente dopo il primo agosto 2004. E allora se – abbiamo<br />

solo il labiale di Aiello - la dicitura in questione si riferisce proprio alla somma indicata da Michele<br />

Aiello, allora ancora una volta assomiglia a qualcosa di diverso dal periodico versamento di una<br />

tangente imposta, come tutte quelle di cui alle altre indicazioni riportate.<br />

Ed è certamente ancora una volta significativo che in un documento ad uso interno – quella è la<br />

contabilità di cassa, non va in mano ai picciotti. E’ un documento che resta nelle mani di chi ha una<br />

posizione di vertice, di promozione, di organizzazione della famiglia mafiosa. il cassiere è un ruolo<br />

di responsabilità in una articolazione territoriale di Cosa nostra. Ebbene, in un documento a uso<br />

interno, che passa le mani tra le mani dei soggetti di vertice, e in cui non viene utilizzata nessuna<br />

cautela sui nomi dei contribuenti, e neanche sui nomi dei beneficiari (c’è scritto Nardo, Onofrio,<br />

Carmelo…) tant’è che i carabinieri, come dire non è che ci hanno messo molto a scrivere un<br />

cognome. In questo documento, ancora una volta per Aiello, se è lui, c’è il ricorso alla sola sigla<br />

della professione esercitata. Circostanza che fa pensare all’assoluta necessità di non esporlo neppure<br />

da parte dei suoi sodali mafioso, alle iniziative delle forze di polizia, alle iniziative dello stato, di<br />

chi poteva potenzialmente entrare in possesso di quella documentazione. Una circostanza, una<br />

chiave di lettura che ci sarà confermata dalla vicenda di cui adesso andrò ad occuparmi.<br />

E sotto questo profilo si ricorderà che Giuffrè aveva riferito di aver appreso da Niccolò Eucaliptus<br />

di una vera e propria contribuzione volontaria in favore della famiglia mafiosa di Bagheria da parte<br />

dell’Aiello, una dazione di100 milioni di lire in occasione forse del Natale 91, una dazione che<br />

aveva sorpreso Eucaliptus, che aveva sorpreso Giuffrè, una dazione che ci ha detto Giuffrè<br />

ripetutamente “una cosa sono le tangenti per i lavori, una cosa è questa dazione per come me l’ha<br />

raccontata Eucaliptus”.<br />

E proprio Eucaliptus figura al centro di una vicenda che ancora una volta vede protagonista Aiello,<br />

diciamo noi nelle vesti di qualificato interlocutore dei vertici della famiglia di Bagheria con<br />

funzione di finanziatore, dice Aiello come vittima delle pretese avanzate da Eucaliptus.<br />

E’ una vicenda che ci è stata riferita da Aiello, all’udienza del 21 febbraio 2006. E che devo dire<br />

che in punto di fatto ha trovato la conferma, a parte qualche piccola contraddizione, nei protagonisti<br />

di questa vicenda. Che cosa dice Aiello il 21 febbraio 2006. Che dopo aver pagato l’ultima volta<br />

49


febbraio 2002 per le strade, a novembre 2002 a Carlo Castronovo sempre, per la diagnostica, a<br />

partire da gennaio 2003, dopo l’arresto di Castronovo, aveva ricevuto 4 visite, e ci dice anche i<br />

giorni, da parte di Eucaliptus, il quale in queste occasione gli aveva avanzato alcune richieste.<br />

Dice Aielloche il 20 gennaio 2003 “il signor Eucaliptus viene presso la struttura e mi chiede<br />

l’assunzione di una infermiera. Questa ragazza poi non si presenta, perché al posto suo si presenta il<br />

nipote assieme alla fidanzata, fingendosi infermieri, ma poi alla fine non erano infernieri. In poche<br />

parole l’assunzione deve avvenire il 10 febbraio, rimangono tre mesi, fanno il famoso tirocinio,<br />

dopo di che si licenziano e se ne vanno”. Ha aggiunto Michele Aiello che Eucaliptus,<br />

accompagnato dal figlio <strong>Salvatore</strong>, è tornato a trovarlo il giorno successivo, e cioè il 21 gennaio<br />

2003. “In questa occasione Niccolò Eucaliptus, o suo figlio, si propone come impresa edile, come<br />

mediatore di vendite immobiliari, come assicurazione, insomma volevano lavori”. Ci ha detto<br />

Aiello che lì per lì aveva cercato di prendere tempo, in particolare dicendo che doveva verificare se<br />

per tute le imprese e le strutture aveva tutte le coperture assicurative, e ci ha detto che quando padre<br />

e figlio erano tornati insieme il 31 gennaio 2003, quindi terza visita, aveva loro detto che tutte le<br />

strutture erano assicurate e che quindi non poteva stipulare polizze, ci ha detto che aveva chiuso<br />

anche sulle altre richieste di lavoro. Sostanzialmente mostrandosi accondiscendente e disponibile<br />

soltanto all’assunzione dei due ragazzi, che dovevano venire il 10 febbraio e che ci dice Aiello<br />

hanno lavorato tre mesi. Poi “l’ultima visita – testualmente Aiello – che fa il signor Eucaliptus è<br />

l’11 febbraio 2003. Questa volta Eucaliptus è da solo. Si presenta e chiede un prestito per il figlio,<br />

che aveva un bisogno impellente di pagare qualche cosa. Voleva la somma di 20 milioni di lire,<br />

prestito che gli viene concesso e che poi gli viene mandato tramite il signor Catrini qualche giorno<br />

dopo. Questo prestito non è mai stato restituito”. A Aiello è stato chiesto come mai è stato concesso<br />

questo prestito. Aiello ha risposto: “ Perché glielo dato? Perché mi sono convinto in quell’istante di<br />

darglielo, perché uno si convince in quel istante di darli. Ho ritenuto opportuno. Qua stiamo<br />

parlando di un ignoto personaggio che già era venuto alle cronache da parecchio tempo. Si sapeva<br />

che era indiziato di appartenere a Cosa nostra (Pm:forse era anche già condannato in via definitiva).<br />

Era una persona che era già stta condannata, che mi viene a chiedere un prestito di cui ritengo in<br />

quell’istante, mi sono convinto di non dirgli di no. Ho creduto opportuno non dire di no”. Queste le<br />

motivazioni, teniamole presenti.<br />

Abbiamo sentito gli altri protagonisti di questa vicenda del prestito. Il 22 marzo 2005 abbiamo<br />

sentito Francesco Paolo Catrini, il quale tra mille reticenze, alcune veramente inverosimili, ha<br />

confermato che su incarico di Aiello lui era andato due volte, non si ricordava i periodi, a casa<br />

Eucaliptus e aveva portato due buste. La prima era di quelle delle lastre, in un’altra occasione era<br />

una busta più piccola che conteneva un malloppo di carte, quindi verosimilmente i soldi che Aiello<br />

aveva mandato a Eucaliptus. Entrambe le buste era state consegnate nelle mani di <strong>Salvatore</strong><br />

Eucaliptus. Abbiamo chiamato in questa aula salvatore Eucaliptus, condannato per il reato di 416<br />

bis in separato processo, sentito come imputato per reato connesso nell’udienza dell’8 novembre<br />

2005, si è avvalso della facoltà di non rispondere.<br />

Non si è avvalso invece della medesima facoltà il padre Nicolò Eucaliptus, già condannato due<br />

volte in via definitiva per il reato di partecipazione all’associazione mafiosa. E’ stato proprio di<br />

recente nuovamente condannato insieme al figlio <strong>Salvatore</strong>, ma questa volta non più nella qualità di<br />

semplice partecipe, ma per aver organizzato, diretto, promosso lui e Leonardo Greco, insieme al<br />

figlio <strong>Salvatore</strong> Eucaliptus, le attività di Cosa nostra a Bagheria fino al momento del suo fermo,<br />

avvenuto il 9 giugno 2004. Tra le condotte contestate Nicolò e <strong>Salvatore</strong> Eu. figura anche<br />

l’acquisizione della somma in questione, che è stata valutata anche in quella sede dal Gup cheli ha<br />

giudicati nel rito abbreviato come percezione di un finanziamento, e non come esazione di una<br />

tangente o commissione di una estorsione perché è stata qualificata in termini di 416 bis e non come<br />

estorsione, condividendo l’impostazione originaria dell’ufficio della procura che in questi termini<br />

aveva effettuato la contestazione nei confronti di padre e figli e Eucaliptus.<br />

Il 17 ottobre 2006 Nicolò Eucaliptus ci ha detto che effettivamente lui a Aiello aveva chiesto una<br />

cortesia, e glielo ha chiesto per un prestito di 20 milioni di lire, e ci ha detto che Aiello a qualche<br />

50


giorno dalla richiesta aveva fatto pervenire a casa sua e ne aveva avuto la disponibilità il figlio<br />

<strong>Salvatore</strong> la somma richiesta, e di tutta la questione si era occupato il figlio <strong>Salvatore</strong>. Lui si era<br />

soltanto limitato a questa visita a Aiello in occasione della quale aveva chiesto al somma.<br />

Ci ha detto N. eu. Che questa richiesta l’aveva avanzata all’ingegnere la prima volta che si erano<br />

visti: quindi data questa richiesta al 20 gennaio 2003 e non all’11 febbraio 2003. Ci dice Eu<br />

testualmente “ I 20 milioni li ha ricevuti mio figlio. In cambio di un lavoro che ha fatto poi. Una<br />

cortesia all’ingegnere, di farci poi comprare una struttura che non so come, c’era uan struttura che si<br />

vendeva e ha fatto, come diciamo nel gergo, “sensaleria”, ci ha fatto acquistare questo immobile”,<br />

facendo riferimento ad una mediazione S. Eu avrebbe svolto in favore di Aiello per fargli acquistare<br />

un terreno prossimo alla struttura Zabbara, il terreno di proprietà di <strong>Salvatore</strong> Lazzarone, che aveva<br />

su questo terreno una falegnameria. Ci ha detto N. Eu.: “Era una cortesia che avevo chiesto<br />

all’ingegnere. Poi essendo che mio figlio aveva fatto una sensaleria con Lazzarone, non so se poi<br />

questi 20 milioni sono stati restituiti all’ing. per questo motivo o i 20 milioni non sono stati più<br />

restituiti, perché mio figlio ci aveva fatto la sensaleria, e diciamo equivalevano a quella cifra, più o<br />

meno, mille più mille meno. Questo non glielo so dire. Però i 20 milioni sono stati restituiti all’ing.<br />

con la selsaleria”.<br />

Poi N Eucaliptus ha escluso di avere chiesto ad Aiello di favorire il figlio <strong>Salvatore</strong> con la<br />

stipulazione di alcuni contratti assicurativi e ha invece ammesso di aver chiesto all’ing. Aiello di<br />

assumere le due persone di Acquedolci che era il apese in cui in quel momento lo stesso N Eu. Era<br />

residente perché sottoposto ad alcuni obblighi derivanti da una misura di prevenzione personale in<br />

corso. Ovviamente N Eu ha del tutto e categoricamente escluso di aver mai ricevuto da Aiello in<br />

una sola volta in un qualsiasi periodo dell’anno i famosi 100 milioni di lire di cui ci ha detto<br />

Giuffrè.<br />

Cerchiamo di capire quello che è successo. N. Eu ha chiesto e ottenuto una somma di denaro che è<br />

stata consegnata da Catrini nelle mani di S Eu, una somma di 20 milioni di lire, il cui esborso ha<br />

pesato su Aiello. La richiesta e la consegna si è materializzata in una data tra il 20 gennaio 2003 e<br />

pochi giorni dopo l’11 febbraio 2003, circa metà febbraio 2003. Cio ha detto aiello “ ho pagato<br />

perché di fronte alla domanda di N Eu condannato per mafia ho ritenuto opportuno non dire di no”<br />

insomma per Aiello questo pagamento di 20 milioni di lire era un prestito a perdere dietro il quale si<br />

celava il pagamento di una vera e propria estorsione.<br />

Dice N. Eu: “Ho chiesto e ottenuto un prestito, una cortesia per mio figlio <strong>Salvatore</strong>, che poi non è<br />

stato restituito perché questi 20 milioni hanno rappresentato la controprestazione del prezzo di una<br />

mediazione immobiliare che mio figlio S aveva fatto per Aiello, facendogli poi acquistare il terreno<br />

e la struttura esistente sul terreno di <strong>Salvatore</strong> Lazzarone”. Sul punto N Eu ha mentito. Perché noi<br />

abbiamo sentito il titolare della falegnameria e del terreno acquistato da Aiello: si chiama <strong>Salvatore</strong><br />

Lazzarone, l’abbiamo sentito il 24 maggio 2005. lazzaroni ci ha confermato tutta la vicenda e ci ha<br />

detto che a un certo punto aveva venduto terreno e struttura che aveva su un terreno a Aiello. E<br />

quando gli è stato chiesto con chi aveva trattato e se vi fosse stata mediazione da parte di qualcuno<br />

per la conclusione dell’operazione, ci ha risposto di avere trattato soltanto con il rag. D’Amico, e<br />

che nella vendita, nella operazione di compravendita non c’era stata alcuna mediazione, sensaleria,<br />

tanto meno da parte degli Eucaliptus.<br />

Ma se Nicolò Eu mente quando parla del prestito compensato con il prezzo di una asserita<br />

mediazione immobiliare, mediazione che come vedremo con tutta probabilità è stata tentata, ma che<br />

in realtà non ci è stata, la versione che della stessa vicenda ci ha offerto Aiello è la mera<br />

riproposizione, ancora una volta, di quel ruolo di vittima che l’imprenditore bagherese ci ha sempre<br />

proposto ogni qual volta sia stato chiamato a giustificare ogni suo rapporto personale, contatto con<br />

mafiosi conclamati o da conclamare, comunque in relazione a ogni dazione di denaro in favore<br />

dell’organizzazione. L’ho fatto dice Aiello, ma non potevo sottrarmi. Una tesi assolutamente<br />

comprensibile, perché cosa nostra e i mafiosi certamente fanno paura, lo sanno tutti, ma il problema<br />

è: fa paura pure ad Aiello? Cerchiamo di capire i termini della vicenda. Per capirli dobbiamo anche<br />

qui riferirci ad alcuni parametri oggettivi di valutazione, non possiamo affidarci alle sole parole dei<br />

51


protagonisti, e attraverso questi parametri oggettivi verificare, come avevamo fatto per le messe a<br />

posto delle strabelle, se esistono gli estremi per dire che vi è stata una coartazione, che Aiello ha<br />

subito l’intimidazione del vincolo associativo, o se invece ha fatto qualcos’altro. E anche sotto<br />

questo profilo, l’istruttoria dibattimentale ci offre degli elementi di prova assolutamente idonei allo<br />

scopo. Non solo.<br />

Ma per di più ci offre degli elementi di prova che ci consentono di leggere tutta la vicenda sotto un<br />

duplice angolo prospettico: prima sotto quello di Eucaliptus poi quello di Aiello. E ci fornisce<br />

ovviamente alla fine una sola chiave di lettura.<br />

Partiamo dall’angolo prospettico di Eucaliptus e torniamo a gennaio 2003. Cia ha riferito il<br />

colonnello Damiano che a gennaio 2003 gli Eucaliptus erano uno degli obiettivi fondamentali<br />

dell’attività investigativa della sezione criminalità organizzata del Ros di Palermo in quel periodo e<br />

che era finalizzata tra l’altro alla cattura di Provenzano. In effetti si trattava di una attivita che era<br />

iniziata già da tempo, 2002, e che sarebbe proseguita fino al 9 giugno 2004, con il fermo di Nicolò e<br />

<strong>Salvatore</strong> Eu e quello contestuale di Leonardo Greco. L’attività era poi continuata sul fronte<br />

Eucaliptus fino al gennaio 2005, quando erano scattati i provvedimenti di fermo nei confronti di<br />

altri componenti della famiglia Eucaliptus, rimasti liberi, e in particolare nei confronti di Onofrio<br />

Monreale, il genero di Nicolò Eucaliptus.<br />

All’udienza del 25 ottobre 2005 e a quella dl 15 novembre 2005 il colonnello Damiano e il<br />

maresciallo Filippo Licciardi ci hanno puntualmente riferito sui servizi di osservazione che erano<br />

stati effettuati nei confronti di Eucaliptus padre e del figlio quando il padre faceva ritorno da<br />

Acquedolci a Bagheria e si era recato, in talune di queste occasioni, presso la diagnostica. Su<br />

Queste osservazioni erano state redatte delle relazioni di servizio che sono state acquisite al<br />

fascicolo del dibattimento all’udienza del 15 novembre 2005.<br />

Non solo. Ma ogni qualvolta i due Eucaliptus si erano recati alla diagnostica, a partire esattamente<br />

dal 20 gennaio 2003, esattamente per quattro volte, lo avevano fatto, in particolare, spesso, con una<br />

delle autovetture in uso alla famiglia Eucaliptus, e in particolare con una macchinache in questo<br />

processo ha un suo perché: la Opel Corsa che usava solitamente <strong>Salvatore</strong> Eucaliptus. Su questa<br />

Opel Corsa, in quel momento, erano installate da ottobre 2002 delle microspie attraverso la quali<br />

venivano intercettate le conversazioni che vi venivano effettuate. E quindi non solo le relazioni di<br />

servizio, ma soprattutto le intercettazioni ambientali. Cioè abbiamo le parole dei diretti protagonisti<br />

che vanno da Aiello a estorcere questa somma di denaro. Allora è possibile confrontare quello che i<br />

protagonista di questa vicenda hanno detto in aula di fronte al tribunale e di fronte alle altra parti, e<br />

invece quello che hanno detto contestualmente, nei giorni in cui le richieste venivano avanzate<br />

all’interno della loro macchina.<br />

20 gennaio 2003 è il primo incontro. Ce lo hanno detto sia Aiello che Nicolò Eucaliptus. Non solo,<br />

Eu dice che questa è la data in cui lui chiede la somma di denaro. Dice Aiello “No, me l’ha chiesta<br />

l’11 febbraio”. Poi vedremo quando è stata chiesta e vedremo, non oggi, perché Aiello ha la<br />

necessità di postdatare la data della richiesta, quanto meno di un mesetto.<br />

Nicolo Eu e su figlio <strong>Salvatore</strong> vengono seguiti, si muovono con la Opel Corsa e si recano nel corso<br />

delal giornata due volte dentro i locali della diagnostica. La prima volta nella mattina, vi fanno<br />

ingresso alle 11.11 e ne escono dopo 2 minuti, alle 11.13. Un tempo tale da poter escludere che<br />

abbiano parlato con chicchessia. Nel pomeriggio tornano alla diagnostica, sta volta sì che hanno<br />

parlato con qualcuno perché vi fanno ingresso alle 16.44 e escono alle 17.12. Ma la mattina del 20<br />

gennaio 2003 all’interno della opel Corsa viene registrata una conversazione importante, che deve<br />

essere collegata all’esito del primo servizio di osservazione, quello della mattina, perché ci consente<br />

di capire chi è la persona di cui loro parlano, e che qualificano come l’ingegnere, esattamente enlla<br />

persona di Aiello, per poi valutare in che termini ne parlano.<br />

L’intercettazione inizia alle ore 10.29. E’ una lunga conversazione. A un certo punto –faccio<br />

riferimento alla trascrizione del perito – in particolare si legge, a minuti 20 etc. Siamo alle 10.49<br />

viene registrato questo dialogo:<br />

<strong>Salvatore</strong>: dove andiamo?<br />

52


Nicolò: fermatti accà. Io avissi a parlare con l’ingegnere<br />

S: scrivi qualcosa di particolare, che nun aio manco i bigliettini accà.<br />

N: non magari poi ci vai tu da solo nell’ingegnere<br />

S: glielo dici che poi lo vado a trovare<br />

N: cum mia non c’è ..<br />

S: io non ..<br />

N: tutta la situazione..<br />

S: oggi non ci sono andato<br />

N: nuatri più picca ci iamo ne l’ingegnere, c’iao a ghiri per cose nostre. Punto e basta.<br />

E’ una conversazione importante. Che questo ingegnere sia proprio Aiello è dimostrato dalla<br />

consecutio logico temporale. Questo brano di conversazione inizia alle 10.49. Alle 10.55, non<br />

appena finisce al conversazione padre e figlio Eucaliptus lasciano la macchina, entrano presso il bar<br />

Don Gino, che si trova a fianco la diagnostica, e dopo pochi minuti entrano entrano a piedi dal bar<br />

alla diagnostica facendovi ingresso alle 11.11 e uscendo alle 11.13. Quando N. dice “Fermati<br />

accà…” io credo che lo sviluppo dei successivi movimenti non lasci dubbi su chi sia l’ingegnere.<br />

21 gennaio 2003, giorno successivo.<br />

Servizio di osservazione consente di osservare che alle 12.43 del mattino i due Eucaliptus fanno<br />

accesso presso la sede della diagnostica e ne escono alle 13.10 (siamo nella solita mezz’oretta<br />

rituale). Prima, alle 10.34 vengono registrate due battute di conversazione, dalle quali si capisce<br />

che, al di là di quello che ci ha detto Aiello, e di quello che ci ha detto <strong>Salvatore</strong> Lazzarone,<br />

quantomeno un tentativo di mediazione nell’affare della falegnameria ci deve essere stato, quanto<br />

meno un tentativo.<br />

[…]<br />

N: passiamo in agenzia, poi amo a ghiri a Totò Lazzaroni<br />

S: papà, io aggia a telefonare<br />

….<br />

Ma sempre il 21 gennaio, il pomeriggio nella macchina, alle 19.45 viene intercettata una nuova<br />

conversazione. E questa guardate che è importante, non solo per il profilo che stiamo esaminando,<br />

ma anche per il profilo esamineremo nelle successive udienze.<br />

Questa volta parlano S. Eucaliptus e la sua compagna Stefania dell’Anna. Questa non è di<br />

Bagheria, è una persona completamente estranea al nucleo famigliare Eucaliptus, e capire perché.<br />

Ha un rapporto estremamente dialettico con il suo compagno <strong>Salvatore</strong>, soprattutto per quel che<br />

riguarda i rapporti che legano il figlio con il padre: in questa occasione <strong>Salvatore</strong> parla con Stefania<br />

di un fatto che ra accaduto la sera precedente, che aveva visto discutere N. Eu. con una persona che<br />

viene indicata come Onofrio. Siamo a casa di N. Eu. , l’unico Onofrio che sta a casa di Eu la sera è<br />

Onofrio Monreale, perché è il marito della figlia di Nicolò Eu., Ignazia Eu, sorella di <strong>Salvatore</strong>.<br />

Ripercorrono la discussione della sera precedente.<br />

<strong>Salvatore</strong>: mio padre aieri u cazziammo a Onofrio eh!<br />

Stefania: va bbe, non è che era tanto incazzato con lui tuo padre..<br />

S: ma mio padre gli ha detto le cose.. non è ca.. che ha mettri le mani in capo, non ho capito…<br />

Ste: minchia, non lo so, che cazzo gli piglia… 20 milioni e non deve essere incazzato?<br />

S: non li ha presi 20 milioni!. Ma perché tu sei sicura che li ha presi 20 milioni? Si pensava questo,<br />

vabbè. Si pensava questo, come pensavamo tutti, ma non era così. Perché stamattina quello gli ha<br />

dato la conferma che ancora i soldi non glieli ha dati, e infatti me li avissi a dari rumani. Però gliene<br />

ha dette 4. Ora pigghia e ci mette mani in capo.<br />

53


In questa conversazione, 19.45 del 21 gennaio 2003, noi abbiamo la prova provata che la richiesta<br />

dei 20 milioni è stata fatta il 20 gennaio 2003, e non l’11 febbraio 2003 come ci ha deto con una<br />

precisione scientifica Aiello. Qua c’è la prova. Perché la compagna di S. Eu si lamenta di 20 milioni<br />

di cui si sarebbe appropriato Onofrio, al che S. Eu gli risponde che lei non sa come stanno le cose,<br />

perché “stamattina quello gli ha dato la conferma che quello i soldi non glieli ha dati. Dice “ Me li<br />

dovrebbe dare domani,”.<br />

E allora controlliamo. Qui c’è un “quello” senza nome, che dovrebbe dare 20 milioni. Li doveva<br />

dare facendoli recapitare nelle mani sue, di quello che parla, S. Eu. “Quello la mattina – il 21<br />

mattina – sta mattina gli ha dato la conferma.” La conferma che ancora non aveva mandato la<br />

somma in questione. E sono tutte circostanze che si sovrappongono perfettamente con la vicenda<br />

della dazione dei 20 milioni da parte di Aiello. C’è la coincidenza delle somme, c’è la coincidenza<br />

delle due visite in successione, 20 e 21, con tutti gli orari e i tempi che calzano perfettamente con<br />

gli sviluppi della vicenda. E quindi mettiamo un secondo punto fermo. Sempre angolo prospettico<br />

Nicolò Eu.<br />

Il primo punto fermo è che quando parlano dell’ingegnere parlano di Aiello. Il secondo punto fermo<br />

è che la richiesta dei 20 milioni è stata fatta il 20 gennaio 2003.<br />

I due Eu Sono effettivamente tornati da Aiello il 31 gennaio, al solito, una prima volta tra le ore<br />

9.21 e le 9.25; poi ci sono tornati sempre nella mattina alle ore 11.45 (Nicolò). Alle 11.50 è entrato<br />

Anche <strong>Salvatore</strong> che nel frattempo aveva posteggiato la macchina e ne sono usciti insieme alle<br />

12.15. Quindi il 31 gennaio c’è sicuramente un altro momento di interlocuzione.<br />

L’importanza ed il senso dei rapporti tra N. Eu e Aiello ci viene spiegato l’8 febbraio 2003 da<br />

<strong>Salvatore</strong> Eu che lo spiega la compagna Stefania, ma purtroppo per lui e per Aiello, con la<br />

microspia lo ha spiegato pure a noi. In questa occasione <strong>Salvatore</strong> Eu a Stefania non spiega solo<br />

qual è l’importanza del rapporto con Aiello, ma le spiega che lui, per poter parlare con Aiello, per<br />

poter aver rapporti, luio che Aiello l.o conosce da parima di suo padre, dice alla compagna, deve<br />

chiedere permesso la padre, perché i rapporti con Aiello devono essere autorizzati da Nicolò Eu. La<br />

compagna Stefania è inquieta. Certo una che è genovese certe cose non le può capire.<br />

Il discorso comincia con il fatto che nella famiglia Eu si è cominciato a parlare di una possibilità, e<br />

cioè che <strong>Salvatore</strong> vada a lavorare da Aiello. <strong>Salvatore</strong> Eu è restio a questa ipotesi, perché sa che<br />

suo padre Nicolò non vuole, e vedremo perché non vuole. Ma gli altri componenti famigliari<br />

insistono, e Stefania Dell’anna ovviamente cerca di fare gli interessi del suo compagno e non<br />

capisce perché ci sono tute queste stranezze intorno la fatto che <strong>Salvatore</strong> possa andare a lavorare<br />

da quello che è il benefattore, da questo punto di vista, di Bagheria. Teniamo presente che Onofrio è<br />

il genero, Ignazia è la moglie di Onofrio Monreale, figlia di Nicolò Eu.<br />

[…]<br />

Viene delineato il fatto, Onofrio sarebbe dovuto andare a parlare da Aiello per perorare l’assunzione<br />

di <strong>Salvatore</strong>. Ma Onofrio era stato bloccato dalla moglie Ignazia Eu, la quale gli aveva detto di<br />

lasciare perdere perché prima bisognava aspettare l’arrivo del padre Nicolò. E a questo punto<br />

Stefania si lamenta, non capisce queste cose. <strong>Salvatore</strong> le spiega la situazione.<br />

Stefania: ecco qual è il motivo<br />

S: sotto un certo punto di vista è giusto<br />

Ste: no, non è giusto Salvo!<br />

S: no è giusto stefà<br />

Ste: ma scusa, se tu a tuo padre devi chiedere pure se posso andare a lavorare o se non posso andare<br />

a lavorare<br />

E qui <strong>Salvatore</strong> spiega in mezza pagina quell oche noi ci abbiamo messo un processo per capire:<br />

S: ma tu ‘sti discorsi, stefà, non li sai. Come non li sa mia mamma, come non li sa mia sorella. Io<br />

non ci potrò mai andare là a lavorare, e allora non lo volete capire voi? Io potrò andare a lavorare da<br />

100.000 parti ma là nun ce possi iri a travagghiari. Minchia proprio le cose in testa! No no, a meno<br />

che io.. pecchè cu ci va ci va ci vai ci dice no! L’unico che mi può dire di sì è mio padre, hai capito?<br />

54


E basta, e tu lo sai, perché là è una cosa a rischio per due cristiani ed è giusto che prima lui parla<br />

con mio padre per questo tipo di discorsi qua. No ca io a mio padre gli devo dire posso andare a<br />

lavorare da na.. Non gli devo dire. Perché no. Io lo conosco molto meglio di lui l’ingegnere, ma<br />

molto meglio di lui. Io ogni giorno ci vado dall’ingegnere. Mi mancassi a mia di dirci “ingegnere,<br />

mi pigghiassi a mia”…Io non glielo dico, perché prima mio padre mi deve dire determinate cose per<br />

questi tipi di situazioni. Mischia picciotti, manco iddu ci può dire capito? Io lo conosco molto<br />

meglio di lui e molto prima di lui, quindi ciò più confidenza io che lui, ma io non ci vado ed è<br />

giusto. Ora ti faccio vedere che mio padre mi dice No. Io lo so , mio padre dice no, là no, da<br />

un’altra parte sì, ma là no. Quello, se succede una cosa, a chiddu u consumano addu cristiano. Lo<br />

consumano completamente”.<br />

Non credo che sarei capace di spiegarlo meglio il concetto.<br />

11 febbraio 2003. Padre e figlio si recano alla diagnostica alle 9.20 e ne escono alle 9.45. Prima<br />

però, quella stessa mattina, <strong>Salvatore</strong> si era recato alla stazione ferroviaria di Bagheria, aveva preso<br />

il padre che era arrivato da Acquedolci con due ragazzi, un ragazzo e una ragazza, erano tutti e tre<br />

saliti in macchina con <strong>Salvatore</strong>, erano stati subito accompagnati alla diagnostica dove scendevano<br />

soltanto il ragazzo e la ragazza e facevano ingresso ala diagnostica alle 8.04.<br />

Quella mattina sulla macchina alle 7.59 ci dice il perito, parlano padre e figlio, e il figlio prende a<br />

distanza di pochi giorni con il padre il discorso del suo lavoro, quello che aveva spiegato tre giorni<br />

prima alla compagna e che era stato oggetto della iniziale interlocuzione dei 20 milioni famosi del<br />

21 gennaio.<br />

<strong>Salvatore</strong>: C’era Onofrio ca voleva parlare con l’ingegnere, pi mmia, e io c’ho detto di no.<br />

Nicolò: No, no, l’ingegnere no.<br />

S.: io ce l’avevo dittu<br />

[…]<br />

E quello stesso giorno alle 15.41 viene intercettata un’altra conversazione, questa volta sulle utenze<br />

telefoniche. Perché questa volta è N. Eu che parla con una signora di Acquedolci, Marianna<br />

Pellegrino, che è la mamma del ragazzo, che si chiama Maurizio Causerano, che con la fidanzata<br />

quella mattina era stato accompagnato alla diagnostica.<br />

N Eu, che con la signora diciamo ha un buon rapporto di amicizia, fa un resoconto del primo giorno<br />

di lavoro dei due ragazzi. E facendo il resoconto ovviamente N. parla di come lui ha trattato con<br />

l’ing, di come l’ing. lo ha accolto, dell’accoglienza che è stata fatta ai due ragazzi da parte<br />

dell’”estorto”.<br />

[…]<br />

Dunque Eucaliptus padre e figlio si recano esattamente presso i locali delal diagnostica tutte e<br />

quattro le volte che ciha detto Aiello: il 20-21 31 gennaio e il 11 febbraio. Effettivamente vengono<br />

fate le richieste che ci ha detto Aiello – nelle conversazioni ce ne è traccia evidente – sia dei 20<br />

milioni, sia del tentativo di indecisi nella “Sensaleria”, dell’assunzione non devo dire altro. Ma<br />

rispetto alla ricostruzione di Aiello c’è un Ma. Perché la richiesta dei 20 milioni viene effettuata il<br />

20 gennaio, e non l’11 febbraio. Però, mentre Eu padre e figlio vanno da Aiello, gli avanzano tutte<br />

queste richieste, lo sottopongono a una intensa attività estortiva, l’’unica cosa che appare chiara è<br />

che per padre e figlio è più importante Michele Aiello dei rischi che corrono loro stessi. Quello che<br />

appare chiarissimo è l’assoluta necessità costantemente avvertita in tute le conversazioni, sia da<br />

parte del padre che del figlio, di non mettere in alcun modo in pericolo Aiello, di non creare<br />

situazioni di pericolo per lui, addirittura con la loro stessa frequentazione, di non esporlo con le<br />

forze di polizia. Arrivano addirittura al punto da ritenere pericoloso una eventuale assunzione di<br />

<strong>Salvatore</strong>, e N eu dice per tre volte lo stesso identico concetto sia pure con parole diverse: “Noi altri<br />

meno ci andiamo dall’ing…2 “ Noi dall’ing. ci dobbiamo andare per le cose utili e basta…” “ ling<br />

no, non dobbiamo andare a consumare l’ing noi altri..” “ No, così lo consumiamo l’ing, se noi non<br />

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consumiamo i cristiani non siamo contenti”. Un rapporto ed un costante preoccupazione che padre e<br />

figlio manifestano soltanto per Aiello e non per loro, che stanno facendo “l’estorsione” a dire di<br />

Aiello. Una preoccupazione costante che non avrebbe alcun senso, giustificazione logica se Aiello<br />

fosse davvero vittima di imposizione e di estorsione. Perché in questo caso la preoccupazione non<br />

sarebbe quella di non consumare un cristiano e cioè l’ing, ma sarebbe quella di non consumarsi loro<br />

stessi. Perché dall’eventuale scoperta di questi rapporti, dall’eventuale scoperta di questa particolare<br />

interlocuzione chi avrebbe da temere sarebbero loro, gli autori dell’asserita estorsione, e non la<br />

vittima, Aiello. Aiello si consuma se è vittima di estorsione?<br />

La stessa vicenda ha un altro angolo prospettico. Ma vedremo che la chiave di lettura è unica.<br />

Vediamo ora l’angolo prospettico di Aiello. Cerchiamo di capire il Michele Aiello che ha affermato<br />

“Ho ritenuto opportuno non dire di no di fronte a una richiesta avanzata da uno condannato per<br />

mafia”.<br />

E’ accaduto che nello stesso periodo in cui N. Eu otteneva quantomeno soldi, 20 milioni, e<br />

assunzioni dei due “angeli”, a Aiello si era rivolto, questa volta per interposta persona anche<br />

Leonardo Greco. In quel periodo, siamo nella primavera del 2003, L Greco era sottoposta alla<br />

misura sicurezza detentiva della casa si lavoro ed era internato presso la casa di lavoro di Sulmona,<br />

e faceva rientro frequente a Bagheria grazie alle licenze c.d. trattamentali che servivano a garantire<br />

il reinserimento dell’internato. E devo dire che in effetti la vicenda dimostra che greco si era sì<br />

reinserito ,a con Cosa nostra. Ma questo è un dettaglio.<br />

Anche greco voleva la sua parte dall’ing, aveva le sue pretese. Pretendeva che Aiello facesse<br />

lavorare alcuni mezzi di proprietà di certi imprenditori bagheresi che si chiamano Pretesti, - e questi<br />

Pretesti ci ha spiegato il dott. Pampillonio il 24 maggio 2005 erano dei personaggi addirittura<br />

prestanome di Greco – e Greco pretendeva da Aiello anche di diventare in qualche modo socio<br />

occulto nella gestione di alcuni servizi, in particolare Bar, presso la nuova struttura, in particolare la<br />

ex Zabbara, in corso di realizzazione. Servizi che invece erano destinati a essere gestiti da tale<br />

Palladino. Il contenuto di queste due richieste ci è stato riferito da Aiello sempre il 2 febbraio 2006.<br />

E Aiello ci ha detto che di fronte a queste richieste si era sdegnato e aveva opposto un fermo<br />

diniego, sia all’una che all’altra richiesta ,assumendo addirittura ogni iniziativa utile a chiudere ogni<br />

possibile spazio a Leonardo Greco. Qui più delle mie, valgono le parole dei protagonisti.<br />

Aiello: Per quanto riguarda Leonardo Greco avvengono due episodi. Uno in ordine alla pretesa da<br />

parte di una impresa di Bagheria, un certo Pretesti, di lavorare con i propri camion. Siamo<br />

nell’estate 2003, in piena fase di sbancamento nella parte retrostante l’ex albergo, perché stiamo<br />

sbancando per allocare i bunker per la radio terapia. Si presenta un giorno il sig Pretesti con dei<br />

camion, e pretende di lavorare, ovviamente il mio capocantiere non lo fa lavorare, mi viene a<br />

riferire il tutto e io dico che il sig Pretesti non deve lavorare. Il sign Pretesti - ci dice Aiello quasi<br />

che noi non lo sapessimo - era quello che posteggiava i camion, era venuto sul giornale, all’interno<br />

della Icre, confiscata credo al sig Leonardo Greco per intenderci”. Faceva prima a dirci che ra un<br />

mafioso.<br />

Il 26 settembre 2005 abbiamo sentito il capocantiere, Antonino Barone, che puntualmente ci ha<br />

confermato ogni cosa. E ci ha in particolare ribadito che quando era andatola Aiello a raccontargli<br />

l’intervento di questo Pretesti con i camion Aiello non aveva usato mezzi termini e gli aveva detto “<br />

che questi non dovevano lavorare, punto e basta. E che se questi fossero tornati, lui Barone, li<br />

avrebbe dovuti allontanare dal quartiere, senza alcuna spiegazione”.<br />

Aiello ci ha poi spiegato il contenuto della seconda pretesa. “ Successivamente – siamo a giugno e<br />

luglio 2003 – per ben due volte mi è arrivata notizia dalla hall che c’era un certo sig Greco che<br />

cercava di me, e per due volte io non l’avevo incontrato. Successivamente mi viene a travare il sig<br />

Palladino Alessandro, l’addetto che doveva gestire assieme a me il bar della costruenda clinica. Mi<br />

viene a dire che era stato avvicinato da un certo sig. Tusa, genero del sig. Greco, che pretendeva di<br />

gestire il costruendo bar nella struttura sanitaria”. Queste sono le richieste per quanto riguarda<br />

Greco. Allora ad Aiello abbima chiesto quale era stata la sua reazione di fronte a questa seconda<br />

richiesta. Aiello ci ha detto che quando palladino gli aveva riferito la richiesta di cui si era fatto<br />

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portavoce Tusa per conto di Greco, lui aveva assunto questo atteggiamento: “Come dico, ma qua ci<br />

dissi, ma la gente viene a disturbare a noi che lavoriamo!? Ma fino a posto casda ci devono venire a<br />

disturbare? Questa è stata la mia reazione. Dissi: noi dobbiamo certamente da questo istante in poi,<br />

organizziamoci e vediamo. Visto che loro sono venuti a una certa maniera e tu hai detto che sei<br />

impiegato perfetto: tu diciamo da.. per un esterno sarai impiegato, anche se manterrai, io manterrò<br />

nei tuoi confronti gli stessi impegni che avevo preso precedentemente. Affretto comunque<br />

l’assunzione in ogni caso del sig. Palladino che da lì a qualche giorno è stato assunto”.<br />

Quindi porte sbarrate a Greco e Tusa per questo secondo profilo di richieste che gli era stato rivolto.<br />

Abbiamo ascoltato Palladino che ha confermato ogni cosa. udienza del 24 maggio 2005. Ci ha<br />

descritto quale era stata la reazione di Aiello dopo che gli aveva raccontato l’accaduto: “ l’ing<br />

Aiello aveva detto: “Noi siamo qui per lavorare, per cui da questo secondo in poi non ti occupare<br />

non soltanto del Bar, ma anche della realizzazione delle cucine e della lavanderia, e quindi mi disse,<br />

attivati subito in questo senso, e da lì a breve tempo l’ing. dissi che avevo detto anche<br />

dell’assunzione devo dire la verità e di lì a breve giro di tempo devo dire che l’ing. mi assunse<br />

effettivamente”.<br />

Aiello ci ha ripetutamente spiegato nel corso della sua deposizione che a uno come N. Eu,<br />

condannato per mafia non si poteva dire di no, anzi, aveva ritenuto opportuno non dire di no. Allora<br />

mi chiedo, perché invece a Leonardo Greco, nello stesso periodo, a distanza di pochi mesi si poteva<br />

dire di no, e si poteva farlo in questo modo, manco ricevendolo, per due volte. Eppure Greco faceva<br />

parte di Cosa nostra quanto N. Euc. Eppure Greco aveva ricevuto altrettante condanne e per<br />

gravissimi reati esattamente come N Eu. Forse che Greco incuteva meno timore, aveva una capacità<br />

di intimidazione minore di Eu? Eppure la storia di Greco non è che non la conosca nessuno a<br />

Bagheria. E’ la storia della Icre, quella che Giuffrè ha definito uno dei tanti campi di sterminio di<br />

Cosa nostra. Una storia che sta lì a dimostrare esattamente anche a chi di Bagheria non è chi sia e<br />

qual è la storia criminale di Greco. Eppure Aiello ha caparbiamente resistito alle richieste di greco,<br />

mentre ha soddisfatto quelle di Eu, che coerentemente, da parte sua, si è sempre preoccupato di non<br />

consumare l’amico ingegnere. Forse anche per questo, come vedremo, appena Riolo informa Aiello<br />

che su la macchina di Eu è installata una microspia Aiello si precipita da S. Eu per informarlo della<br />

questione. Si può ragionevolmente pensare che di sua iniziativa, senza alcuna plausibile ragione,<br />

l’estorto, la vittima, informi del pericolo che incombe il suo carnefice? Sì, si può ipotizzare, ma solo<br />

se la vittima non è una vittima, ma invece è un complice, non è un estorto ma è un partecipe, alla<br />

stessa stregua di quello che informa, e che in questo modo adempie ancora una volta a una delle<br />

prestazioni del patto di protezione che lo lega con Cosa nostra. E guardate che lo fa con N. Eu, che<br />

è il suo vecchio punto di riferimento all’interno dell’org. mafiosa. E’ quello, sul finire degli anni 80<br />

e i primi anni 90, a cui si rivolge per avvicinarsi alla parte dello schieramento mafioso legato a<br />

Provenzano. E’ quello cui consegna 100 milioni; è il suo vecchio risalente punto di riferimento che<br />

torna libero, operativo sul territorio di Bagheria. Un punto di riferimento come tale riconosciuto<br />

dall’organizzazione, soprattutto dai suoi vertici, soprattutto da Provenzano, la cui protezione e<br />

copertura attribuisce a Michele Aiello anche la legittimazione a dire no a Leonardo Greco. Anche<br />

qua allora forse aveva ragione Giuffrè quando ci ha detto che N. Eu era il punto di riferimento<br />

basilare dell’ing, Aiello, e che gli era stato detto da parte di N. Eu che lo stesso Aiello si era<br />

avvicinato alla famiglia mafiosa, per meglio dire alla parte di Nicolò Eu e di Provenzano.<br />

57


Palermo, 1 ottobre 2007,<br />

Terza giornata requisitoria Processo Aiello - Cuffaro e altri (talpe alla Dda)<br />

Pm, Michele Prestipino:<br />

Dunque abbiamo ultimato il profilo che riguarda il ruolo di finanziatore dell'organizzazione mafiosa<br />

Cosa nostra da parte di Michele Aiello e sempre con riferimento ovviamente al ruolo e alle funzioni<br />

in cui si concretizza il far parte che viene addebitato al'imputato aiello e sempre con riferimento<br />

diciamo al profilo riscontro alle dichiarazioni che nei suoi confronti, alla chiamata in causa che nei<br />

suoi confronti ha effettuato il collaboratore antonino giuffrè brevissimamente trattiamo la parte<br />

relativa alla disponibilità di altri due nuclei del contenuto delle controprestazioni di michele aiello e<br />

cioè la disponibilità alle assunzioni di persone, soggetti segnalati da componenti l'organizzazione<br />

mafiosa, la concreta disponibilità e poi un profilo che si atteggia anche in maniera autonoma<br />

rispetto alle dichiarazioni di antonino giuffrè e cioè il profilo del ruolo di nformatore cioè di<br />

collettore di informazioni riservate di notizie riservate sullo svolgimento delle indagini in<br />

particolare del raggruppamento operativo speciale dei carabinieri, un profilo che vede l'attivo<br />

coinvolgimento anche dell'altro coimputato di Giorgio Riolo la cui posizione sarà dunque affrontata<br />

congiuntamente a quella di Michele Aiello in quest'ultima parte.<br />

Veniamo dunque alla concreta disponibilità da parte di Michele Aiello ad assumere presso le sue<br />

diverse imprese soggetti indicati da altri componenti dell'organizzazione mafi<br />

osa che come ho detto costituisce un altro aspetto della controprestazione alla quale è tenuto<br />

l'imprenditore quando è organico all'organizzazione mafiosa attraverso il patto di protezione.<br />

Di questo aspetto ci hanno riferito il maggiore Sancricca e il maggiore Miulli in primo luogo. Il 24<br />

febbraio 2005 il maggiore San Cricca ci ha indicato in particolare tra i dipendenti delle società di<br />

Aiello quelli con particolari legami mafiosi e ha fatto riferimento in primo luogo all'assunzione<br />

presso la Società Stradedil di Pietro Caduto ci ha detto sentimentalmente legato alla sorella di<br />

Francesco Marino Mannoia figlio di Bartolomeo Scaduto ucciso nel maggio del 1990 nell'ambito di<br />

una faida interna allo schieramento corleonese il famosissimo complotto Puccio dal cognome dei<br />

fratelli che pure nell'ambito di questa faida furono uccisi uno appresso all'altro. Pietro Scaduto ha<br />

quindi prestato ci ha detto Sancricca attività lavorativa in regime di semilibertà e questo è un<br />

aspetto importante ed ulteriore che si aggiunge alla semplice disponibilità all'assunzione perché<br />

quello di dare la disponibilità lavorativa, la disponibilità ad assumere il soggetto detenuto è come<br />

dire un'utilità, un favore ulteriore che si presta all'organizzazione mafiosa perché proprio attraverso<br />

questa disponibilità si consente l'uscita di un componente dell'organizzazione mafiosa dal circuito<br />

carcerario. quindi non solo l'assunzione con tutto ciò che essa comporta, ma c'è un plusvalore, un<br />

quid pluris rispetto alla semplice assunzione che è quella di consentire con la disponibilità<br />

all'assunzione la fuoriuscita del componente dell'organizzazione mafiosa dal circuito carcerario ed è<br />

quello che è esattamente accaduto per pietro scaduto il quale grazie alla disponibilità all'assunzione<br />

fornita da m.a. ha potuto fruire della misura alternativa alla detenzione uscendo dal circuito<br />

carcerario. pietro scaduto ha prestato attività lavorativa fino al giugno 1989 quando la misura<br />

alternativa della semilibertà gli è stata revocataci ha detto Sancricca per violazione dei relativi<br />

obblighi. la violazione è stata segnalata il 16 giugno 1989 esattamente un giorno prima che lo stesso<br />

scaduto inviasse una lettera di dimissioni dal lavoro. c'è quindi una quasi perfetta contestualità tra la<br />

letter di dimissioni dal lavoro e la violazione della semilibertà dalla quale comunque sarebbe<br />

scaturita la revoca della misura alternativa, cosa che infatti ci ha detto Sancricca avvenuta. presso<br />

società del gruppo aiello, la stessa Stradedil ,ha poi prestato attività di lavoro francesco Scordato.<br />

anche Francesco Scordato ci ha detto Sancricca è un soggetto che gravitava nel contesto mafioso<br />

bagherese, è suocero di giacinto di salvo, soggetto ben noto per vicende processuali Scordato ha<br />

lavorato per la Stradedil anche lui in regime di semilibertà per alcuni mesi e poi è stato assunto da<br />

altra società del gruppo aiello, la Sud conglomerati. La stessa questione, cioè quella delle<br />

assunzioni, ha formato oggetto anche della deposizione del maggiore michele miulli all'udienza del<br />

6 dicembre 2005. miulli ci ha riferito di accertamenti effettuati anche attraverso la consultazione<br />

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delle banche dati riferibili all'inps, al'ente previdenziale. peraltro i tabulati dell'inps sono stati<br />

acquisiti come documento, il documento 67 all'udienza dell'8 febraio 2005 in sede di ammissione<br />

delle rove e ci ha detto michele miulli che da questi accertamenti in particolare è emerso che presso<br />

società riferibili a m.a ha prestato attività di lavoro in primo luogo Paola Mesi, sorella di maria mesi<br />

e di francesco mesi di cui si è detto, non è solanto una dipenente di michele aiello nel senso di<br />

prestazione di lavoro ma è anche amministratore unico di una delle società appunto di michele<br />

aiello, di cui è anche socia. alle dipendenze di michele aiello ci ha detto miulli ha prestato attività<br />

lavorativa anche maria rosaria castello che è la sorella di Simone Castello. a sua volta simone<br />

castello abbiamo depositato la sentenza definitiva che lo riguarda una sentenza di condanna per un<br />

reato di cui all'articolo 416 bis è particolarmente significativa la circostanza perché simone castello<br />

non è soltanto un soggetto condannato in via definitiva quale partecipe all'organizzazione mafiosa<br />

cosa nostra, no, simone castello è uno dei soggetti maggiormente legati a bernardo provenzano da<br />

sempre, nella motivazione della sentenza vi sono diversi passaggi che spiegano questo preciso<br />

legame, quale rapporto esista tra simone castello e bernardo provenzano, basti pensare che nella<br />

motivazione di questa sentenza è ricostruita una delle condotte che è stata addebitata e per le quali è<br />

stato condannato simone castello e cioè la funzione di postino, di messaggero esercitata, svolta da<br />

simone castello in favore di bernardo provenzano. simone castello è il famoso postino che imbucò a<br />

reggio calabria la lettera contenente la nomina di bernardo provenzano del proprio difensore di<br />

fiducia in un procedimento di prevenzione, la famosa lettera che per lungo tmpo è stato l'unico<br />

documento contenente una firma autograa di bernardo provenzano. non solo, ma maria rosaria<br />

castello nono è soltanto la sorella di simone castello, quindi legato a provenzano, ma è anche la<br />

cognata di un altro soggetto sempre gravitante nel contesto mafioso di bagheria, è la cognata di<br />

mario di pasquale. mario di pasquale è un soggetto originario di bagheria, all'epoca dei fatti di cui ci<br />

occupiamo era latitante, lo era da lungo tempo perché si era sottratto prima a una misura cautelare<br />

poi alla condanna alla pena di 12 anni di reclusione per associazione a delinquere finalizzata al<br />

traffico di stupefacenti. peraltro mario di pasquale è deceduto di recente conservando lo stato di<br />

latitanza. ancora, ci ha detto michele miulli, che alle dipendenza della Atigroup questa volta, ha<br />

prestato attività lavorativa anche un altro soggetto, unsoggetto che ha le stese identiche<br />

caratteristiche analoghe di Simone Castello. Questo soggetto è pietro badami, classe 1937. è nato a<br />

villafrati e non a villabate come indicato per un mero errore materiale dal maggiore miulli nel corso<br />

dell'udienza, altri non è che il fratello di Ciro Badami e <strong>Salvatore</strong> Badami, entrambi originari di<br />

villafrati entrambi tratti in arresto nell'ambito dell'operazione grande mandamento dalla squadra<br />

mobile di Palermo per il reato di associazione mafiosa per partecipazione a cosa nostra ed entrambi<br />

come risulta dalla richiesta di rinvio a giudizio, dal dispositivo con il quale è stato definito il<br />

relativo giudizio abbreviato, sono stati per tale reato condannati il 16 novembre 2006. dalla lettura<br />

dei capi di imputazione che sono contenuti nella richiesta di rinvio a giudizio si coglie<br />

perfettamente quale sia stato il ruolo dei fratelli ciro e salvatore badami a loro volta fratelli<br />

dell'assunto. ebbene quessto ruolo è quello identico già esercitato da simone castello, fidati<br />

messaggeri alle dipendenze di bernardo provenzano. i fratelli badami infatti hanno fatto parte dello<br />

schieramento mafioso più vicino, più a diretto contatto con il capo corleonese quando era latitante,<br />

erano in rapporti epistolari diretti con bp e hanno costituito altrettanti anelli fondamentali di quel<br />

circuito mafioso attraverso il quale per anni provenzano latitante ha comunicato con tutto il resto<br />

dell'organizzazione. ancora, ci ha detto miulli, che presso la stessa società, presso la Atigroup nel<br />

1995 ha lavorato un altro soggetto che ha un cognome imposrtante, antonino spina. Antonino Spina<br />

altri non è che il nipote di giovanni cusimano, classe 1949, che ha svolto funzioni direttive<br />

nell'ambito della famiglia mafiosa di partanna mondello, quindi palermo, e che è stato condannato<br />

ci ha detto miulli, in via definitiva per gravissimi delitti connessi e commessi nell'ambito del suo<br />

rapporto di direzione e promozione dell'organizzazione mafiosa Cosa nostra. miulli infine ci ha<br />

fatto il nominativo di Alessandro Caltagirone, che è stato dipendente fino al 2001 della Società<br />

diagnostica per immagini, figlio di Francesco Paolo Caltagirone, a sua volta socio della Icre, della<br />

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quale tutto abbiamo già detto, e della quale erano soci anche Antonino Gargano e Leonardo Greco<br />

esponenti come abbiamo detto di assoluto rilievo nel panorama mafioso di Bagheria.<br />

Ancora, delle assunzioni sollecitate e ottenute da Niccolò Eucaliptus nel febbraio del 2003 abbiamo<br />

già detto, ancora dobbiamo sottolineare che la disponibilità di Michele Aiello verso Cosa nostra<br />

anche in questo settore, cioè nel settore delle assunzioni, era una disponibilità, una circostanza ben<br />

nota anche fuori dal circuito mafioso bagherese. faccio riferimento alla famiglia rinella in tal senso<br />

abbiamo raccolto alcuni significativi elementi di prova che forniscono ka dimostrazione non solo<br />

della come dire consapevolezza e conoscenza di tale disponibilità al di fuori del circuito mafioso<br />

bagherese, ma che forniscono la dimostrazione di quali rapporti siano esistiti nel tempo tra michele<br />

aiello e i fratelli rinella di trabbia, salvatore rinella condannato in via definitiva per associazione<br />

mafiosa e per concorso in omicidio aggravato, Diego Rinella condannato in via definitiva e la<br />

sentenza è acquisita per associazione mafiosa promozione organizzazione e direzione<br />

all'associazione mafiosa e per concorso in estorsione aggravata, piero rinella condannato in primo<br />

grado per partecipazione all'associazione mafiosa e per concorso in omicidio aggravato. ebbene, gli<br />

elementi di prova che abbiamo raccolto nell'istruttoria dibattimentale di questo processo nono solo<br />

dimostrano la consapevolezza la disponibilità ad assumere, non solo dimostrano l'esistenza di<br />

particolari rapporti tra michele aiello e rinella, ma riscontrando punto per punto virgola per virgola<br />

quello che su questo rapporto ci aveva detto antonino giuffrè, lo vedremo, dimostra anche che i<br />

fratelli di trabbia, i capimafia di trabbia, tenevano in grande considerazione l'imprendotore<br />

bagherese michele aiello e lo riconscevano come un proprio autorevole e riservato interlocutore.<br />

faccio riferimento a due intercettazioni che sono state trascritte dai periti incaricati dal tribunale<br />

anche in questo processo, sono due conversazioni in cui sono a colloquio presso il deposito dei<br />

rinella tra la fine del 2001 e l'inizio del 2002 come vedremo, Diego Rinella, fratello di <strong>Salvatore</strong><br />

Rinella, con la figlia di <strong>Salvatore</strong> Rinella, Angela, una delle due figlie, Angela Rinella. All'epoca,<br />

parliamo della fine del 2001 inizio 2002, salvatore rinella era ancora latitante diego rinella era<br />

libero indagato sottoposto ad attività di intercettazione presso la sua sede lavorativa, cioè il deposito<br />

di materiali edili situato alle porte di trabbia e angela rinella era una giovane in cerca di<br />

occupazione e di una sistemazione. ebbene proprio questi argomenti, cioè la propria sistemazione<br />

familiare, affettiva, ma soprattutto lavorativa è la questione che viene affrontata appunto da Angela<br />

con lo zio, con Diego Rinella e affrontano la questione dell'attività lavorativa che la ragazza<br />

avrebbe dovuto intraprendere nei seguenti termini, e cioè da un lato vi è Diego rinella che<br />

sponsorizza ed è favolrevole all'assunzione della ragazza nella nuova struttura che michele aiello<br />

aveva in corso di creazione, quindi fa riferimento sostanzialmente alla nuova clinica in cui è<br />

facilmnte identificabile la struttura ex Zabbara per intenderci. dall'altro c'è invece il papà della<br />

ragaza cioè il latitante <strong>Salvatore</strong> Rinella il qiale di fronte a questa possibilità lavorativa per sua<br />

figlia ha delle remore particolari come vedremo dovute a tutta una serie di circostanze. ebbene, se<br />

partiamo dalla conversazione registrata il 26 novembre 2001 si deduce che su questo argomento<br />

dell'attività lavorativa della ragazza che vi è stata una interlocuzione epistolare con salvatore rinella<br />

col papà della ragazza cui spettava la decisione definitiva in proposito. da questo punto di vista<br />

abbiamo un primo riscontro a quanto ci dice antonino giuffrè, certamente un riscontro di contesto,<br />

estraneo al fatto oggetto di imputazione, perché si capisce perfettamente come ha detto Giuffrè che<br />

Diego Rinella era il tramite dei rapporti che lui manteneva epistolari visivi e di contatto etc con<br />

salvatore rinella, quindi esisteva un canale comunicativo tra i due fratelli, parliamo di fine 2001<br />

inizio 2002. Non solo ma da questa conversazione emerge anche che salvatore rinella e anche diego<br />

rinella tenevano in grande considerazione la persona di m.a, perché si capisce anche l'intensità di<br />

quali rapporti, anche da un punto di vista materiale banale perché dice diego rinella che il fratello<br />

dice appunto ad Angella rinella, diego, lo zio, che salvatore rinella suo fratello gli aveva detto di<br />

tenersi caro m.a. “te lo tieni caro perché è importante capisci?” e gli ha detto di portargli i famosi 50<br />

litri d'olio. ma la conversazione certamente più significativa sia dl punto di vista del riscontro alle<br />

dichiarazioni di giuffrè sia dal punto di vista di quale considerazione nutrissero i fratelli rinella,<br />

salvatore e diego per m.a. si coglie dalla conversazione sucessiva, cioè quella del 17 gennaio 2002.<br />

60


siamo ancora all'interno del deposito di trabbia sono ancora in conversazione angela rinella con lo<br />

zio diego rinella e nella circostanza è diego rinella che evidentemente nel frattempo ha avuto una<br />

conversazione con suo fratello salvatore latitante, di frenare l'ipotesi dell'assunzione di angela<br />

presso una delle imprese di aiello e diego rinella invece non sembra particolarmente d'accordo, non<br />

sembra condividere le prospettazioni del fratello e lo dice a chiare lettere alla nipote e dicendolo<br />

alla nipote ci racconta una serie di cose importanti sui rapporti che esistono e che esistevano in quel<br />

momento tra loro e michele aiello che sono con le parole di diego rinella il riscontro assolutamente<br />

preciso e calzante individualizzante su tutto ciò che ci aveva detto giuffrè. diego rinella, è lui che<br />

parla, parla alla nipote “tu a' sentiri ammia io per te come prima cosa e dopu, a clinica, io ti dico ca<br />

tu ci va a finisci a docu a prescindire da chiddu chi dici iddu – cioè il padre di Angela <strong>Salvatore</strong><br />

Rinella – pecché io – e questo è il punto parla diego rinella – cun michele aiello sebbene l'ho<br />

conosciuto tramite lui però per i rapporti che sono rimasti, ca mi manna i saluti co zu Piero, quanno<br />

ci vaiu pa tac non si paga mai io sono di chiddu ca sono sono stato mai invadente nei suoi confronti<br />

ha statu sempre iddu a cercare ammia quindi per i rapporti che io c'aio con chiddu, qualsiasi cosa ci<br />

ho chiesto mi ha accontentato sempre, sempre” in poche righe noi abbiamo, guardate, il riscontro<br />

preciso a quello che ci aveva detto giuffrè e cioè che michele aiello e salvatore rinella si<br />

conoscevano, e infatti diego rinella dice alla nipote che lui aveva conosciuto michele aiello tramite<br />

suo fratello tramite salvatore rinella, abbiamo il riscontro diceva antonino giuffrè “mi risulta che sia<br />

Piero rinella a fare da contatto tra diego rinella e michele aiello quando si va a fare certamente piero<br />

rinella i sanitari presso la diagnostica” e qua c'è esattamente il riscontro quando dice “ca mi manna<br />

i saluti co zu Piero”, ci ha detto antonino giuffrè, ve lo ricorderete, che provenzano quando era nata<br />

la diagnostica, prima provenzano e poi pietro lo iacono gli avevano parlato della diagnostica perchè<br />

era importante perché era importante dice giuffrè sotto più profili e uno di questi profili dice giuffrè<br />

qual era, dice, “c'è la disponibilità, se una ha di bisogno ci va” e dice diego rinella “quanno ci vaiu<br />

pa tac non si paga mai, qualsiasi cosa ci ho chiesto mi ha accontentato sempre” esattamente il<br />

riscontro a quanto ci aveva detto antonino giuffrè sull'interesse degli uomini d'onore di cosa nostra<br />

per la struttura sanitaria gestita da michele aiello con le parole di diego rinella. non solo, ma con il<br />

tratto seguente questa conversazione abbiamo un ulteriore riscontro dei rappoti che esistevano<br />

all'epoca tra i rinella e michele aiello. cosa dice diego rinella ad angela rinella sempre con<br />

riferimento al problema che il padre tentennava, cioè non era roprio convinto di questa sua possibile<br />

assunzione presso la diagnostica, è ancora diego rinella che parla, testualmente sta parlando di<br />

michele aiello e dice “questo – cioè michele aiello - è amico pure di altri amici, è giusto no che<br />

amico di sti amici proprio a cuddì nella sua e mi so na banna ca si strica troppo assai ed accussì è<br />

amico per non è di chi sai ca a sanità chi i cosi ca verrebbe ad essere intaccato” ovviamente i due<br />

interlocutori fanno anche riferimento al fatto che appunto salvatore rinella dalla latitanza aveva fatto<br />

sapere che non era una buona cosa questa assunzione non lo era perché, mandava a dire salvatore<br />

rinella che michele aiello aveva da fronteggiare prima le esigenze dei paesani cioè quindi dei suoi<br />

paesani, quindi di quelli di bagheria, e poi caso mai poteva pensare ad altro ma comunque nonera<br />

una cosa positiva quel'assunzione. sul punto noi abbiamo sentito michele aiello, il quale il 21<br />

febbraio 2006 ci ha confermato che era stato avvicinato, interpellato da diego rinella personalmente<br />

il quale gli aveva chiesto di impiegare una sua nipote presso la clinica, poi, dice michele aiello, non<br />

se ne era fatto più niente, quindi diciamo che alle parole di diego rinella in concreto erano seguiti i<br />

fatti. ma nella vicenda, al di là del fatto che fosse noto anche a trabbia, anche presso il circuito<br />

mafioso di trabbia, di questa disponibilità di michele aiello all'assunzione, al di là di quelli che sono<br />

gli specifici riscontri di cui abbiamo detto alle dichiarazioni di antonino giuffrè sui rapproti di<br />

michele aiello con i mafiosi rinella, quello che conta e che più sorprende sono le parole di diego<br />

rinella, le parole che diego rinella utilizza per descrivere i rapporti che michele aiello aveva con tutti<br />

e tre i fratelli, con salvatore che gliel'aveva presentato, con piero rinella attraverso cui gli mandava i<br />

saluti e con lui stesso, diego rinella, che gli poteva chiedere qualsiasi cosa e lui lo accontentava<br />

sempre. ebbene queste parole che vi ho letto sono davvero sorprendenti sotto più di un profilo ma<br />

uno di questi profili sono sorprendenti perché sono esattamente sovrapponibili sono la esatta<br />

61


fotocopia delle parole utilizzate in analoghe circostanze, in identiche circostanze da Nicola<br />

Eucaliptus e da suo figlio <strong>Salvatore</strong> per descrivere i propri rapporti con Michele Aiello. anche in<br />

quel caso il problema era l'assunzione di <strong>Salvatore</strong> Eucaliptus presso una struttura di ma, anche lì si<br />

parlava di lavoro e anche lì venivano usate le stesse identiche parole da padre e figlio, qui<br />

ovviamente le stesse parole vengono usate soltanto dallo zio diego rinella perché angela rinella non<br />

ha esattamente quella posizione, è figlia di un capo mafioso ma non per questo è mafiosa pure lei, al<br />

contrario del figlio di Nicola Eucaliptus che mafioso è diventato pure lui, cioè <strong>Salvatore</strong>. Eucaliptus<br />

e Rinella, Diego Rinella, e in questo si fa portavoce Diego del pensiero anche di suo fratello<br />

salvatore, e questo è assolutamente chiaro, ebbene, tutti e due Eucaliptus e Rinella quando parlano e<br />

ragionano di ma sono esattamente tutti e due la stessa identica persona. l'approccio con<br />

l'imprenditore bagherese è identico, è il medesimo ed è un approccio improntato a ragioni di<br />

sicurezza per l'imprenditore bagherese, considerato esattamente da entrambi in modo eguale alla<br />

stessa stregua un soggetto importantissimo con il quale vanno mantenute relazioni e la cui posizione<br />

deve essere salvaguardata. le preoccupazioni che entrambi i capimafia, Rinella ed Eucaliptus<br />

nutrono nei confronti di ma sono tali da spingerli alla fine seppur in forma diversa, ad evitare che i<br />

rispettivi figli possono essere assunti da una delle imprese di michele aiello una situaizone che<br />

entrambi ritengono compromettente per michele aiello il rapporto con il quale viene giudicato da<br />

entrambi importantissimo ma da cautelare con il preciso scopo di non arrecare danno di non<br />

arrecare pregiudizio alle ragioni e alle imprese di michele aiello. quindi abbiamo detto periodiche<br />

elargizioni di somme di denaro, concreta disponibilità conosciuta anche al di fuori del contesto<br />

mafioso bagherese ad assumere di volta in volta soggetti segnalati da altri componetni<br />

dell'organizzazione mafiose, tutte prestazioni volte a favorire le esigenze di Cosa nostra. abbiamo<br />

detto tutte prestazioni attraverso le quali michele aiello per così dire ha esattamente adempiuto<br />

nell'ambito del rapporto obbligatorio che lo lega attraverso il patto di protezione all'organizzazione<br />

mafiosa. e abbiamo anche detto che sono stati raccolti nel corso dell'istruttoria dibattimentale di<br />

questo nostro processo elementi di prova sognificativi ulteriori che hanno evidenziato come questo<br />

esatto adempimento di controprestazioni abbia comportato per michele aiello ulteriori favori di<br />

carattere speciale che non soltanto confermano la natura del rapporto stretto con cosa nostra da<br />

parte dello stesso michele aiello, ma soprattutto forniscono la dimostrazione della particolare<br />

posizione assunta, dello specialissimo ruolo che quest'ultimo ha organicamente svolto nell'ambito e<br />

in favore di cosa nostra in settori dei quali appare davvero difficile negare la valenza strategica per<br />

la stessa sussistenza del sodalizio mafioso, per lo stesso mantenimento in vita dell'organizzazione<br />

Cosa nostra. appare fin troppo ovvio il riferimento alle vicende relative alla continua e sistematica<br />

acquisizione di informazioni e notizie riservate da parte di michele aiello, notizie e informazioni<br />

coperte anche da segreto procedimentale, circa lo svolgimento di importantissime attività<br />

investigative volte in particolare a raggiungere e a consentire la cattura dei capi di cosa nostra più<br />

importanti all'epoca latitanti. e cioè bernardo provenzano e matteo messina denaro. proprio di<br />

queste notizie e informazioni che hanno visto protagonista come dicevo insieme a michele aiello<br />

anche giorgio riolo si sono avvalsi per lungo tempo come vedremo i vertici dell'organizzazione<br />

mafiosa in particolare proprio bernardo provenzano per sviare ed eludere le attività finalizzate alla<br />

loro cattura attività condotte in particolare dal Ros sia sezione anticrimine di palermo come<br />

vedremo sia prima sezione romana, reparto di appartenenza di giorgio riolo. prima però di<br />

esaminare nel merito le singole vicende delle quali sotto il profilo in esame si sono resi protagonisti<br />

, coprotagonisti michele aiello e giorgio riolo devo spendere qualche considerazione sugli elementi<br />

di prova che sotto tale specifico profilo poi passerò in rassegna. lo devo fare in via generale perché<br />

molta parte della ricostruzione di queste vicende che concorrono a cotruire diciamo così il terzo<br />

ruolo il terzo profilo della condotta di associazione mafiosa contestata a michele aiello e quella di<br />

concorso esterno di cui è invece imputato giorgio riolo, ecco, molta parte di questa ricostruzione di<br />

queste vicende è affidata alle dichiarazione che i due imputati che ne sono stati protgonisti giorgio<br />

riolo e michele aiello hanno reso a diverso livello, a diverso titolo e in diversa forma in questo<br />

processo. sì perché dopo l'arresto del 5 novembre del 2003 in particolare giorgio riolo, sia pure<br />

62


nell'ambito di un atteggiamento processuale non sempre lineare ha reso anzitutto al pubblico<br />

ministero diversi interrogatori, durante appunto la fase delle indagini preliminari. nel corso di questi<br />

interrogatori resi al pubblico ministero durante la fase delle indagini preliminari, giorgio riolo ha<br />

confessato in articokare di avere rivelato a ma moltissime notizie concernenti le attività<br />

investigative che il suo reparto di appartenzenza, cioè il Ros, stava conducendo all'epoca delle<br />

rivelazioni tra Palermo, Bagheria e la provincia trapanese, in particolare per dare la caccia ai grandi<br />

latitanti di mafia, e in particolare a bernardo provenzano e a matteo messina denaro. e va subito<br />

detto, sempre con riferimento a questi interrogatori resi al pm durante la fase delle indagini<br />

preliminari, che della rivelazione di molte di queste notizie, informazioni riservate sulle attività di<br />

indagine, investigative, giorgio riolo si è autoaccusato prima ancora che nei suoi confronti si fosse<br />

materializzata nella fase appunto delle indagini, su questo specifico punto: rivelazioni di notizie<br />

sulle indagini del ros, un solido quadro probatorio, anzi di queste particolari rivelazioni quando le<br />

ha confessate e siamo ancora nella fase delle indagini preliminari, devo dire che giorgio riolo non<br />

era accusato, perché era stato arrestato per altri reati non era accusato e ,devo dire, non era neppure<br />

gravemente indiziato. quindi diciamo che l'emersione della rivelazione di queste notizie di queste<br />

informazioni particolari che riguardano le attività del ros sul contesto mafioso provenzano e matteo<br />

messina denaro, è dovuta questa emersione alle dichiarazioni che nella fase delle indagini ha reso<br />

giorgio riolo. Nel corso dell''istruttoria dibattimentale è stato chiesto e giorgio riolo ha prestato il<br />

consenso, allo svolgimento dell'esame e giorgio riolo ha prestato un lungo esame nel corso<br />

dell'istruttoria dibattimentale, lo ha fatto e lo sottolineo subito, dopo che aveva reso l'esame anche<br />

michele aiello e quello di giorgio riolo lo ricordiamo, è stato un esame segnato da momenti di<br />

grande difficoltà ei quali appaiono certamente sintomatiche le diverse occasioni in cui si è reso<br />

necessario richiamare all'imputato che rendeva l'esame il contenuto di sue precedenti dichiarazioni<br />

per ottenerne la conferma. talora devo dirlo dopo non pochi sforzi di memoria da parte di riolo. ed è<br />

anche accaduto lo abbiamo già visto quando si è parlato della cosiddetta rete riservata, e dei motivi<br />

che ne avevano determinato l'adozione, ebbene è anche accaduto in questa parte specifica<br />

dell'esame che giorgio riolo, nello sviluppo delle sue dichiarazioni, ha in qualche occasione, proprio<br />

su questi temi che stiamo affrontando, come dire, modificato le proprie dichiarazioni tra la fine di<br />

un'udienza e l'inizio dell'altra udienza, come vedremo, giustificandosi con lo stato di stanchezza<br />

conseguente alla lunghezza dell'esame alla complessità dell'esame ma anche dovuto, ci ha detto<br />

giorgio riolo, alle sue particolari condizioni psicofisiche. e nell'approccio di tipo generale valutativo<br />

all'esame reso da giorgio riolo c'è anche un'altra circostanza che appare significativa e che va subito<br />

sottolineata e che cioè i maggiori sforzi di memoria hanno impegnato giorgio riolo nelle parti più<br />

significative, nelle parti più rilevanti sotto il profilo della prova delle condotte oggetto di<br />

contestazione delle vicende che ci occupano, e sono proprio quelle parti diciamo che da un punto di<br />

vista della raccolta delle prove della inferenza delle dichiarazioni di giorgio riolo nel dibattimento<br />

hanno segnato, segnano come vedremo, il maggiore e più diretto cominvolgimento di michele aiello<br />

nella trasmissione delle notizie riservate ottenute da giorgio riolo a importanti personaggi di cosa<br />

nostra, e cioè filippo guttadauro e nicolò eucaliptus. proprio in questi specifici casi, come si vedrà<br />

non solo abbiamo avuto i maggiori sforzi di memoria da parte di giorgio riolo ma si è registrata da<br />

parte sua un evidente tentativo di aggiustare il contenuto delle proprie dichiarazioni dibattimentali<br />

rispetto a quelle rese durante la fase delle indagini preliminari sugli stessi identici punti. è<br />

un'operazione quella tentata da giorgio riolo che è assolutamente ed esattamente identica,<br />

perfettamente sovrapponibile in tutti i suoi punti all'operazione che devo dirlo subito con lucidità ed<br />

abilità certamente maggiori ha tentato in questo processo anche michele aiello rispetto alle proprie<br />

precendenti dichiarazioni. quindi c'è una assoluta sovrapponibilità, come vedremo nello specifico,<br />

tra i due tentativi. c'è però e anche questo va sottoineato in via preliminare, un dato assolutamente<br />

significativo, che non può sfuggire al tribunale e che serve di ausilio importante per comprendere e<br />

valutare l'atteggiamento processuale complessivo osservato da giorgio riolo in questo processo, un<br />

atteggiamento complessivo che ne differenzia senza alcun dubbio la posizione dalla condotta<br />

processuale tenuta invece da michele aiello sotto questo specifico profilo. è infatti accaduto che<br />

63


all'udienza del 15 marzo 2006 la difesa di igorgio riolo ha prodotto i verbali degli esami che lo<br />

stesso giorgio riolo aveva reso nell'ambito di altri dibattimenti e faccio riferimento al processo<br />

contro domenico miceli e altri e faccio riferimento al processo contro antonino borzacchelli che è in<br />

corso di svolgimento presso altre sezioni di questo tribunale. si tratta di verbali di prove di altri<br />

dibattimenti che come tali, sia pure con tutti i limiti che conosciamo e stabiliti nelle ordinanze<br />

diciamo così istruttorie pronunciate dal collegio, sono elementi di prova che sono certamente<br />

opponibili alle altre parti, agli altri imputati in questo processo. e però va sottolineato anche che in<br />

quella stessa udienza, 15 marzo 2006, la difesa di giorgio riolo ha chiesto di acquisire altresì anche<br />

tutti i verbali degli interrogativi già resi al pm da giorgio riolo nel corso delle indagini preliminari di<br />

questo stesso processo. l'ufficio del pm ha prestato il suo consenso e in tal modo verbali e<br />

trascrizioni degli interrogatori resi al pm da giorgio riolo sono transitati nel fascicolo del<br />

dibattimento con la conseguenza che le dichiarazioni che aveva reso al pm giorgio riolo si<br />

aggiungono alla stessa stregua di quelle poi reiterate nel corso di esame e controesame al<br />

dibattimento quale materiale di prova certamente utilizzabile nei suoi stessi confronti, cioè nei<br />

confronti di giorgio riolo. perché dicevo è una circostanza significativa importante che deve servire<br />

di ausilio a comprendere e meglio valutare non è certo come vedremo operazione delle più<br />

semplici, l'atteggiamento complessivo di giorgio riolo in questo processo, perché la scelta di<br />

produrre i verbali degli interrogatori resi al pubblico ministero comunque la si voglia vedere<br />

evidenzia una scelta ed evidenzia una cosa certa e cioè che giorgio riolo a differenza di altri come<br />

vedremo , non ha voluto, non ha inteso tenere nascoste o non ha comunque inteso rendere<br />

inutilizzabili le proprie precedenti dichiarazioni quelle rese al pm come elemento di prova che il<br />

tribunale dovrà valutare insieme a tutti gli altri elementi di prova per decidere il processo. questo è<br />

assolutamente evidente perché altrimenti giorgio riolo attraverso i propri difensori non avrebbe<br />

chiesto di acquisire i verbali dei suoi interrogatori al pm, avrebbe semplicemente tentato come<br />

hanno fatto altri, lo vedremo, l'aggiustamento delle prorpie dichiarazioni nel dibattimento ottenendo<br />

comunque che le dichiarazioni in precedenza rese non sarebbero state utilizzate come elemento di<br />

prova, né nei suoi confronti né nei confronti di altri.<br />

quando sono stati prodotti, acquisiti i verbali degli interrogatori resi al pm da giorgio riolo gli altri<br />

imputati di questo processo non hanno prestato il consenso a questa acquisizione con la<br />

conseguenza che come era già accaduto con gli interrogatori resi da Aldo Carcione al pm nei loro<br />

confronti non può ritenersi utilizzabile in alcun modo il contenuto delle dichiarazioni che giorgio<br />

riolo aveva reso al pm. e in particlare non ha prestato il consenso michele aiello che dalle<br />

dichiarazioni rese al pm da giorgio riolo è certamente e sotto diversi profili e per più versi<br />

l'imputato maggiormente toccato, coinvolto. Di Riolo al termine dell'esame e del controesame<br />

all'udienza del 4 aprile 2006 abbiamo poi acquisito al fascicolo del dibattimento una dichiarazione<br />

sottoscritta che è allegata al verbale di interrogatorio al pubblico ministero reso il 26 aprile 2004,<br />

una dichiarazione sottoscritta che giorgio riolo aveva letto in apertura di quell'interrogatorio al pm e<br />

quindi esiste in una duplice versione, nella versione documento sottoscritto e nella versione<br />

trascrizione in apertura dell'interrogatorio al pm del 26 aprile 2004 quindi un plesso di dichiarazioni<br />

che come tale come documento proveniente dall'imputato produce, al di là del consenso, certamente<br />

effetti nei confronti di tutti i coimputati ai sensi dell'art. 237 del codice di procedura penale.<br />

Ma le vicende di cui parleremo sotto il profilo specifico in esame, quello cioè dell'acquisizione di<br />

notizie riservate sulle attività investigative del ros, sono state come ho anticipato, oggetto anche<br />

delle dichiarazioni rese nel corso del dibattimento dall'altro protagonista di queste stesse vicende e<br />

cioè da Michele Aiello, che per primo rispetto a Riolo ha reso esame e controesame nel corso di<br />

diverse lunghe udienze. le dichiarazioni anche qui occorre dire due parole in via preliminare perché<br />

le dichiarazioni che ha reso durante l'esame e controesame Michele Aiello si caratterizzano<br />

anzitutto, e in parte lo abbiamo già visto, perché presentano spesso sostanziali intrinseche<br />

contraddizioni, in particolare quanto al contenuto delle dichiarazioni rese nel corso dell'esame e di<br />

quelle invece poi rese nei medesimi punti nel corso del controesame. e non è la prima volta che<br />

accade, e cioè che michele aiello dica una cosa nel corso dell'esame e dica poi una cosa diversa, a<br />

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volte diversa per sfumeture, a volte diversa nella sostanza, durante il controesame. è già accaduto, si<br />

ricordeà, il diverso tenore delle dichiarazioni rese da Michele Aiello nei due distinti momenti cioè<br />

esame e controesame, su due vicende concernenti gli accessi abusivi al sistema informatico della<br />

procura e di questo ne abbiamo parlato, si è già detto. ma certamente nella parte specifica di cui ci<br />

occupiamo, questo profilo delle contrddizioni intrinseche è un profilo che si è notevolmente<br />

accentuato. vedremo poi che sopesso sulle singole distinte vicende ci sono delle discrasie tra quello<br />

che michele aiello ha detto durante l'esame e quello che poi ha detto durante il controesame. ma le<br />

dichiarazioni di ma su questa parte specifica dell'esame presentano un altro diverso e ben più grave<br />

profilo di contraddizione, un profilo che si è manifestato solo ed esclusivamente quasi con<br />

riferimento alle vicende fughe di notizie perché quando ma ha ricostruito proprio queste vicende è<br />

accaduto, come non era accaduto su altre vicende, come non era accaduto su tutta la parte delle<br />

stradelle interpoderali dei suoi rapporti, delle imprese etc etc, è invece accaduto solo su queste<br />

vicende ed è accaduto in maniera sistematica e frequesntissima che a Michele Aiello siano state<br />

contestate una gran quantità di divergenze con le precedenti dichiarazioni, quelle che cioè lui stesso<br />

aveva reso durante la fase delle indagini preliminari, ed è questo un secondo profilo di<br />

contraddizione delle dichiarazioni rese da michele aiello in questo processo. non è più il profilo<br />

della divergenza tra esame e controesame, è il profilo della divergenza tra dibattimento e indagini<br />

preliminari, sì, perché anche michele aiello come giorgio riolo dopo l'arresto, il 5 novembre 2003,<br />

aveva effettuato come dire, una scelta, una particolare scelta, difficile, soprattutto per chi si vede<br />

contestato e confermato poi in sede di riesame un provvedimento cautelare per il reato di<br />

associazione mafiosa 416 bis. Michele Aiello aveva chiesto di essere interrogato ed era<br />

effettivamente stato interrogato dal pm e aveva reso diversi, tanti, lunghi, fluviali interrogatori a<br />

partire dal 6 dicembre del 2003. Interrogatori protrattisi nei mesi successivi. Michele Aiello<br />

rendendo poi l'esame avanti il tribunale sugli stessi fatti che avevano costituito oggetto delle<br />

dichiarazioni che aveva reso al pm durante quegli interrogatori cui ho fatto cenno, proprio sulle<br />

specifiche vicende che saranno oggetto di esame, cioè acquisizione notizie riservate ros, ha<br />

sistematicamente modificato il contenuto delle proprie dichiarazioni rispetto a quelle rese in<br />

precedenza. e le numerose contestazioni he gli sono state mosse ogni volta sui punti più significativi<br />

dal punto di vista dell'acquisizione della prova si sono sempre risolte come vedremo, si sono semrep<br />

risolte con altrettanti “non confermo” e cioè quindi è rimasto formalizzato un contrasto, è rimasta<br />

sacralizzata nei verbali dell'udienza una situazione di contrasto tra la versione che sugli stessi fatti<br />

aveva reso michele aiello nella fase delle indagini e la versione che di quegli stessi fatti ci ha invece<br />

poi proposto nel corso del dibattimento. Più in particolare, nel corso degli interrogatori che aveva<br />

reso al pm, e ne faccio menzione perché c'è evidente traccia di questi interrogatori nelmeccanismo<br />

attraverso cui sono state effettuate le contestazioni, Michele Aiello, cui di volta in volta durante gli<br />

interrogatori delle indagini per capirci venivano contestate le dichiarazioni che aveva reso a sua<br />

volta sempre durante le indagini giorgio riolo, ebbene michee aiello di fronte a quelle contestazioni<br />

aveva parzialmente ammesso di avere ricevuto sia pure nell'ambito di un rapporto meramente<br />

amicale, sia pure nell'ambito in una versione come si usa dire minimalista e però aveva ammesso di<br />

avere ricevuto notizie da giorgio riolo sulle attività sulle iniziative investigative, sugli obiettivi<br />

investigativi nei quali era impegnato il ros all'epoca e nel quale era dal punto di vista tecnico<br />

impegnato anche giorgio riolo. quando poi le stesse vicende sono state affrotnate nel corso del<br />

dibattimento e le stesse questioni sono state oggetto di domande formulate nel corso dellpesame e<br />

del controesame Michele Aiello ha compiuto un'autentica virata di 180° scegliendo una linea<br />

difensiva completamente diversa da quella perseguita durante gli interrogatori resi al pm. al<br />

dibattimento durante l'esame e il controesame Michele Aiello ha infatti negato decisamente e lo ha<br />

fatto in maniera assoluta, senza lasciare neanche lo spazio di un centimetro, quello che aveva<br />

sostenuto durante la fase delle indagini, e ha cioè negato di avere ricevuto qualsiasi tipo di<br />

confidenza, qualsiasi tipo di notizia, qualsiasi tipo di informazione sullo sovlgimento di attività<br />

investigative, sugli obiettivi investigativi che il Ros perseguiva attraverso le proprie attività,<br />

attraverso quelle in particolare finalizzate alla cattura di Bernardo Provenzano e di Matteo Messina<br />

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Denaro. vedremo nello specifico, udienza del 14 marzo 2006, viene posta a Michele Aiello questa<br />

domanda “Passiamo ad un argomento più specifico, al capo A del decreto che ha disposto il<br />

giudizio le si contesta di avere raccolto da pubblici ufficiali delle informazioni destinate a rimanere<br />

segrete e che poi lei successivamente avrebbe comunicato all'organizzazione criminale denominata<br />

Cosa nostra. senta, lei ha mai saputo, appunto, di indagini svolte dai ros finalizzate alla cattura dei<br />

latitanti Provenzano e Messina Denaro?”. Aiello Michele: “Mai nella maniera più assoluta”. ecco<br />

dunque che quello che erano state ammissioni parziali nella fase delle indagini preliminari sono<br />

diventate “mai nella maniera più assoluta” nel corso del dibattimento. Bene, questa circostanza,<br />

cioè la negazione di avere ricevuto qualsiasi tipo di notizia sulle attività del Ros, negazione in<br />

termini certi ed assoluti è esattamente la prima chiave di lettura per comprendere, per capire, per<br />

valutare tutt le numerose occasioni in cui a Michele Aiello sono state contestate specifiche<br />

precedenti dichiarazioni che non apparivano confacenti a questa nuova linea difensiva adottata nel<br />

dibattimento. Per intenderci, questa circostanza, e cioè la negazione di tutto sotto il profilo in esame<br />

è la chiave di lettura per capire il permanere del contrasto, della situazione di contrasto assoluta e<br />

insanabile tra precedenti e nuove dichiarazioni sul problema acquisizione di informazioni. E<br />

Michele Aiello per cercare di azzerare le precedenti parziali ammissioni e quindi negare di avere<br />

ricevuto queste notizie riservate, è ricorso ad un sistematico particolare e specifico escamotage<br />

processuale, un escamotage che è come vedremo il vero elemento che accomuna ognuna delle<br />

numerosissime contestazioni che gli sono state mosse in questa specifica parte dell'esame. perché<br />

Michele Aiello ha sistematicamente aggiustato e, lo devo dire, in modo tanto abile quanto scoperto,<br />

le proprie dichiarazioni dibattimentali rispetto a quelle precedenti che gli sono state contestate.<br />

come ha operato questo aggiustamento Michele Aiello? Ebbene, dove non poteva fare<br />

diversamente per i motivi che certamente non sfuggiranno al tribunale e cioè dal fatto che c'erano<br />

altri elementi di prova a corredo della vicenda, perché dove non ce n'erano Michele Aiello si è<br />

trincerato dietro una negazione assoluta e categorica senza ricorrere ad alcun escamotage, ebbene<br />

dove non poteva fare diversamente Michele Aiello ha sistematicamente modificato e aggiustato<br />

l'oggetto delle notizie che di volta in volta gli erano state comunicate da giorgio riolo, in questo<br />

modo cercando di attenuare l'intrinseca valenza probatoria della stessa rivelazione. A solo titolo<br />

esemplificativo, se durante le indagini Michele Aiello aveva detto di avere saputo da giorgio riolo<br />

che presso un certo obiettivo investigativo era stato effettuata una installazione tecnica e cioè aveva<br />

saputo da giorgio riolo che presso un certo obiettivo erano state collocate microspie telecamere e<br />

altri apparati tecnici, ebbene, nelle dichiarazioni che lo stesso Michele Aiello ha reso poi sullo<br />

stesso punto nel dibattimento quella installazione tecnica si è improvvisamente trasformata in una<br />

ben più generica, banale e innocua notizia, e cioè che il soggetto era sottoposto ad attenzione<br />

investigativa, senza ulteriore specificazione. Un tentativo abile ma scoperto perché trasformare<br />

l'oggetto della rivelazione dall'applicazione di un apparato tecnico, dalla collocazione di una<br />

telecamera, di una microspia, a una più generica attenzione investigativa senza ulteriore<br />

specificazione equivale in altri termini a privare di qualsiasi rilevanza, di qualsiasi significato la<br />

stessa rivelazione. che rivelazione può mai essere di notizia coperta da segreto quella di dire che a<br />

Bagheria nel 2003 Onofrio Monreale il genero di Nicola Eucaliptus era sotto l'attenzione<br />

investigativa del Ros? è un vero e proprio paradosso, anzi, è un ossimoro, perché è la rivelazione di<br />

un fatto notorio in tutta Bagheria. Questo è il tentativo abile ma scoperto posto in essere da Michele<br />

Aiello: privare attraverso la modificazione dell'oggetto della notizia comunicata rilevanza al fatto,<br />

rilevanza penale. e ancora, sempre sotto il profilo in esame, il lucido trasformismo dialettico di<br />

Michele Aiello ha fatto sì che l'aver ricevuto la nnotizia che sull'autovettura in uso a <strong>Salvatore</strong><br />

Eucaliptus era stata istallata una microspia circostanza che Michele Aiello aveva ammesso durante<br />

uno degli interrogatori in fase di indagine e ancora una volta oggetto di contestazioni come<br />

vedremo, si è improvvisamente tramutata questa circostanza durante l'esame reso nel dibattimento<br />

nell'ammissione di avere ricevuto la notizia che la microspia non era stata collocata, ma la<br />

microspia era stata rinvenuta. Ve la immaginate voi la rivelazione di questa grande notizia riservata,<br />

e cioè che era stata rinvenuta una microspia nella macchina di <strong>Salvatore</strong> Eucaliptus? Il risultato<br />

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cercato, ma non ottenuto come vedremo, è ancora una volta quello di privare di qualsiasi contenuto,<br />

di qualsiasi rilevanza, di qualsiasi significato la rivelazione della notizia. La stessa domanda di<br />

Onofrio Monreale, che rivelazione è quella del ritrovamento di una microspia? è chiacchiera da bar,<br />

punto e basta. e però Michele Aiello per raggiungere il proprio scopo perseguito sin dall'inizio del<br />

suo esame e cioè quello di depotenziare dal punto di vista della prova gli elementi che lo riguardano<br />

sotto lo specifico profilo in esame, ha fatto ricorso anche ad un altro escamotage, un escamotage<br />

diverso da quello di modificare l'oggetto della notizia rivelata. anche quest'altro escamotage è stato<br />

praticato da Michele Aiello con sistematicità durante l'esame ed il controesame e anche in questo<br />

caso è stato praticato ogni qualvolta in forza degli altri elementi di prova a Michele Aiello era<br />

logicamente impossibile negare in radice la rivelazione della notizia. ebbene questo secondo<br />

escamotage praticato con altrettanta sistematicità del primo, è stato quello di post datare, cioè<br />

quindi di spostare la data, il momento, in cui lo stesso Aiello aveva ricevuto da Giorgio Riolo ogni<br />

singola notizia, di postdatare il momento della rivelazione rispetto alla data, al momento temporale<br />

in cui lo stesso Michele Aiello aveva collocato la rivelazione della notizia durante gli interrogatori<br />

resi nella fase delle indagini preliminari. ed è una scelta, poi la vedremo, collocata in ogni singola<br />

rivelazione, ed è una scelta anche questa che ha per scopo, che è finalizzata ad un fine<br />

assolutamente scoperto, cioè quello do rendere innocuo il contenuto di ogni singola rivelazione.<br />

perché rendere innocuo il contenuto di ogni singola rivelazione? Rideterminando la tempistica<br />

dell'acquisizione della notizia, Michele Aiello lo ha fatto in modo tale da escludere in radice<br />

qualsiasi possibilità di collegamento causale tra la notizia ricevuta da Michele Aiello, perché<br />

confidatagli da Giorgio Riolo, e l'eventuale sabotaggio o elusione dell'attività investigativa cui la<br />

notizia rivelata si riferiva. lo spostamento della data, la postdatazione del momento conoscitivo<br />

della notizia rivelata è stata utilizzata da Michele Aiello per spezzare, rompere il nesso di causalità<br />

tra l'aver ricevuto l'informazione sull'attività del Ros e il sabotaggio, l'elusione di quell'attivita<br />

investigativa. Certo la rideterminazione della tempistica delle rivelazioni di notizie con lo<br />

spostamento in avanti, talora di mesi, a volte di anni, del momento in cui la notizia è stata<br />

partecipata da Giorgio Riolo a Michele Aiello è del tutto irrilevante, e lo diciamo subito, per la<br />

configurazione del reato di rivelazione di segreto, perché comunque tutte queste notizie, anche nella<br />

ipotesi della postdatazione, sono rimaste notizie che hanno costituito oggetto di confidenza prima<br />

che dal punto di vista processuale venissero sottratte al regime del segreto procedimentale. E però<br />

spostare in avanti la data, il momento in cui Michele Aiello ha ricevuto la confidenza da Giorgio<br />

Riolo di notizie, informazioni obiettivi investigativi, e per questo è stato utilizzato questo<br />

escamotage, significa privare di gravità e spessore, privare della sua stessa rilevanza intrinseca la<br />

notizia ai fini della valutazione dei più gravi reati che vengono contestati sia a Michele Aiello che a<br />

Giorgi Riolo, che in questo processo rispondono rispettivamente della partecipazione organica e del<br />

concorso esterno e cioè in altri termini dire che Giorgio Riolo ha comunicato a Michele Aiello la<br />

notizia dell'esistenza di una microspia sulla macchina di <strong>Salvatore</strong> Eucaliptus e collocare il<br />

momento in cui viene confidata questa notizia dopo il ritrovamento della microspia certo ha una<br />

qualche influenza, incidenza sulla valutazione del fatto ai fini della configurazione del reato più<br />

grave e guardate che Michele Aiello nel modificare le proprie dichiarazioni durante il dibattimento<br />

abbia perseguito esattamente questo scopo e lo abbia fatto con gli escamotage in particolare con la<br />

postdatazione degli eventi e vi ho detto cioè depotenziare il materiale probatorio nello specifico<br />

riferimento del profilo in esame è circostanza che non è soltanto desumibile come ho fatto finora in<br />

via logica dalla lettura degli atti, ma è circostanza che ci ha tranquillamente e vorrei dire<br />

spudoratamente ammesso lo stesso Michele Aiello, udienza del 21 febbraio 2006, pm: “Può<br />

spiegare al tribunale perché Riolo le dava tutte queste informazioni, queste notizie sulle attività del<br />

suo reparto di appartenenza?”. Michele Aiello a questo punto risponde e ci svela paro paro il<br />

proprio obiettivo processuale. Aiello, leggo testualmente: “Ma guardi, andiamo a vedere un<br />

pochettino le notizie che mi ha dato lui e andiamo a mettere nel tempo per quanto riguarda tutto<br />

quello che riguarda Borzacchelli e Eucaliptus e l'ho spiegato ampiamente già in quattro udienze<br />

perché me l'ha detto e perché lui mi ha fatto quel discorso. Poi credo che di altre notizie per quanto<br />

67


iguarda il guasto Enel davanti al mio deposito ne abbiamo parlato e poi di altro non penso che ci<br />

siano altre notizie che mi abbia potuto dare e che mi ha dato, non ce ne sono nella maniera più<br />

assoluta. Confermo Eucaliptus che ne abbiamo parlato, confermo che abbiamo commentato l'arresto<br />

del signor Rinella, ma di altro non c'è niente”. è lo steso Aiello che ci dice se andiamo a vedere un<br />

pochettino le notizie che mi ha dato lui e le andiamo a mettere nel tempo allora non c'è niente, non<br />

mi ha detto niente, questo è l'obiettivo che ha perseguito per tutto il processo Michele Aiello e<br />

allora questa risposta ha costituito l'oggetto di una ennesima contestazione. pm: “Senta, lei invece il<br />

19 maggio 2004 – in un interrogatorio del 19 maggio 2004, ho detto erano iniziati il 6 dicembre del<br />

2003 – sul punto ha dato un'altra risposta, diversa, gliela leggo, le veniva chiesto, senta perché le<br />

faceva questi racconti etc? E lei dice 'ma giardi, a mente serena - è il 19 2004- , a mente serena direi<br />

che quando uno vuole dimostrare di essere una persona che ha fatto tanto di quelle cose non riesco a<br />

capire a tutt'oggi perché faceva' Poi le veniva chiesto “ma perché le faceva tutte 'ste storie” 'Non lo<br />

so chiedetelo a lui' 'E lei perché se le faceva raccontare?' 'Non è che io me le facevo raccontare o<br />

gliele chiedevo, 'Lei deve pensare...', 'non lo so, non le saprei dire perché me li raccontava'”. Questo<br />

è il tenore delle dichiarazioni in precedenza rese. Viene detto “E' una risposta oggettivamente<br />

diversa da quella che lei ci ha fornito”. In quella fase e questo è un altro aspetto dell'esame e del<br />

controesame di Michele Aiello, in quella fase il pm non ha potuto chiudere la propria domanda<br />

dopo la contestazionecon la formula di rito “Ma lei conferma le precedenti dichiarazioni?” perché<br />

Michele Aiello è subito prontamente intervenuto e qui sta anche la sua abilità, così come ha sempre<br />

fatto, e lo vedrete leggendovi le trascrizioni di udienza con l'attenzione volta anche a questo profilo,<br />

così come ha sempre fatto dopo ogni contestazione di sue precedenti e difformi dichiarazioni, ha<br />

cercato immediatamente di sottrarsi al meccanismo procedurale di dire se confermava o non<br />

confermava le precedenti dichiarazioni. e sì, perché proprio questo prevede la regola processuale e<br />

non è che la prevede perché il processo è un gioco, no, la prevede perché è proprio attraverso quel<br />

confermo e non confermo che si forma la prova nel dibattimento quando c'è divergenza con le<br />

dichiarazioni rese durante le indagini ed era proprio questo che voleva evitare Michele Aiello<br />

quando levava la parola al pm e cercava di non dire mai 'sto confermo e non confermo giocando<br />

abilmente col senso il significato e l'interpretazione delle parole. voleva evitare di dire la magica<br />

parola “non confermo”, perché ben sapeva che quella avrebbe costituito un altrettanto cuneo nella<br />

sua specifica attendibilità sul punto oggetto dell'esame. e così anche dopo questa contestazione delle<br />

precedenti dichiarazioni che sono sotto gli occhi di tutti, sono ben diverse dal dire “ma in fondo se<br />

noi andiamo a collocare nel tempo lui non mi ha detto niente”, perché Michele Aiello durante le<br />

indagini ci ha detto che qualche cosa invece Riolo gli aveva detto. il suo problema era il perché,<br />

chiedetelo a lui ci dice, perché me le ha dette io non lo so, forse per farsi bello, forse per farsi<br />

grande, era una spiegazione che ovviamente è saltata nel suo esame e così dopo la contestazione<br />

quando dopo tutta una serie di interlocuzioni con interventi delle parti si è riusciti diciamo così a<br />

chiudere il cerchio, Michele Aiello dopo la contestazione ha iniziato a darci una serie di<br />

spiegazioni, tutte poco plausibili, fino a quando messo un po' alle strette a seguito della ripetuta<br />

domanda se confermava o meno le precedenti dichiarazioni oggetto di contestazione non ha più<br />

potuto sottrarsi alla risposta e ci ha detto che non confermava le sue precedenti dichiarazioni sul<br />

punto, vale a dire che non confermava di non sapere per quale motivo Giorgio Riolo gli aveva<br />

confidato così tante notizie sulle attività tecniche nelle quali era personalmente impegnato lui con il<br />

suo reparto cioè il Ros. Vale la pena di leggerle, sono poche righe di questo esame per capire il<br />

meccanismo. Allora, viene effettuata la contestazione, che è quella che ho letto prima, non viene,<br />

nel momento in cui il pm finisce, non finisce anzi, finisce la lettura delle precedenti dichiarazioni<br />

poi nella trascrizione si legge: pm - “non saprei dire perché me le raccontava, le ultime parole di<br />

Aiello” - pm: “Che è una risposta oggettivamente diversa da quella che lei ci ha fornito...”, subito<br />

interivene Aiello: “Guardi, nel modo di rispondere là io ritengo che sono stato impreciso nell'andare<br />

però un fatto è certo ora e la risposta mia qual è: cosa mi ha detto Riolo? Riolo mi ha parlato<br />

dell'indagine” pm “Guardi che veramente la domanda era un'altra”<br />

[…]<br />

68


“Lei queste cose che ha detto il 19 maggio 2004 le conferma o no?”<br />

Aiello “Io non le confermo”.<br />

E non vi è dubbio come dicevo che tra la risposta data durante le indagini preliminari “non so<br />

perché riolo mi partecipava queste notizie, non so i motivi per i quali mi confidava queste cose,<br />

chiedetelo a lui” è la risposta che ha dato alla stessa domanda nel corso dell'esame e cioè “andiamo<br />

a vedere le notizie che mi ha dato lui e le andiamo a mettere in ordine nel tempo e allora non c'è<br />

niente”, c'è una differenza assolutamente abissale, e permane sul punto una situazione di insanabile<br />

contrasto e l'unica funzione che ha questa parte dell'esame di Aiello è quella di rivelare il preciso<br />

scopo processulae perseguito durante tutto l'esame e cioè quello di depotenziare gli elementi di<br />

prova raccolti a suo carico. Potrà allora lo stesso tribunale apprezzare da quessto punto di vista<br />

l'atteggiamento processuale di Michele Aiello, verificando in primo luogo il numero e la qualità<br />

delle contestazioni che sono state mosse a Michele Aiello in questa parte dell'esame. Ora quando a<br />

Michele Aiello ogni volta che si è registrata questa divergenza tra precedenti e nuove dichiarazioni<br />

dopo le contestazioni gli è stato chiesto conto dei motivi che lo avevano indotto a mutare versione<br />

sui fatti riferiti, lo abbiamo fatto un po' tutti, Michele Aiello ci ha sempre fornito una sola risposta,<br />

e cioè che solo nel dibattimento lui aveva avuto la possibilità di valutare meglio fatti ed eventi e<br />

aveva come dire precisato meglio il suo ricordo. bene è una spiegazione, perché è una spiegazione,<br />

che ovviamente ha un nome ed un cognome, si chiama comodus discessus processuale, perché sotto<br />

questo profilo certo non possono sfuggire alcuni dati, che sono incontrovertibili. Il primo è che<br />

come si desume dalle contestazioni effettuate in buona parte di questo esame Michele Aiello ha<br />

reso nel corso delle indagini preliminari diversi interogatori, lo abbiamo visto, abbiamo iniziato il 6<br />

dicembre 2003 e io vi ho appena finito di leggere una contestazione di un interrogatorio del 19<br />

maggio, quindi sono passati più di cinque mesi dal 6 dicembre. Sono stati effettuati diversi<br />

interrogatori, anche a distanza di tempo l'uno dall'altro, e Michele Aiello è stato interrogato anche<br />

quando non era più in carcere e allora certo in quei sei mesi a Michele Aiello non era mancato il<br />

tempo di riflettere, tant'è che il 19 maggio quando gli viene chiesto perché etc etc lui apre la<br />

risposta dicendo “a mente serena”. la verità è un'atra, è che all'epoca non è che gli era mancata la<br />

serenità o il tempo di riflettere, all'epoca a Michele Aiello era mancato un altro dato, che<br />

costituisce un ulteriore dato su cui fondare la riflessione e non può infatti sfuggire che tra il<br />

momento in cui Michele Aiello ha reso le dichiarazioni in fase di indagini preliminari e il momento<br />

in cui le ha poi dovute reiterare per l'esame e il controesame, sono stati depositati gli atti di tutto il<br />

processo, sono stati depositati con l'avviso di conclusione delle indagini preliminari e poi è stato<br />

effettuato il rinvio a giudizio, e quindi esercitando una facoltà difensiva assolutamente legittima,<br />

ovviamente, gli imputati hanno potuto conoscere tutti gli elementi raccolti nel corso delle indagini e<br />

soprattutto direi Michele Aiello ha potuto studiare e lo ha fatto con grande attenzione, tutti gli<br />

interrogatori che aveva reso Giorgio Riolo, ne ha potuto apprezzare con esattezza e con precisione<br />

insieme alle altre risultanze di prova acquisite anche l'incidenza sulla sua posizione, ed è questa una<br />

circostanza davvero di non poco conto perché in questo modo Michele Aiello ha avuto il tempo,<br />

questa volta sì la serenità, di studiare il modo non di studiare il modo di precisare il proprio ricordo,<br />

no, ma di studiare il modo di aggiustare il tiro delle proprie dichiarazione di adattarle alla fin troppo<br />

manifesta esigenza di depotenziare gli elementi di prova che lo riguardavano, e infatti<br />

coerentemente con questo disegno e coerentemente con i tempi cui abbiamo fatto cenno, Michele<br />

Aiello ha iniziato a mutare il contenuto delle proprie dichiarazioni sin dalla prima occasione utile.<br />

Cioè lo ha fatto quando è stato chiamato a deporre nel processo a carico del maresciallo<br />

Borzacchelli, e in tale occasione ha cominciato ad aggiustare il tiro su alcune delle vicende<br />

connesse alla rivelazione di notizie sulle attività investigative del Ros sul territorio di Bagheria in<br />

direzione di Bernardo Provenzano. e allora vediamo le date. L'avviso di conclusione delle indagini<br />

al processo 12790/02, quello nei confonti di Michele Aiello reca la data del 16 luglio 2004 ed è<br />

stato notificato nei giorni mmediatamente successivi data dalla quale le parti hanno avuto accesso<br />

agli atti. la richiesta di rinvio a giudizio è stata depositata in data 1° settembre 2004, Michele Aiello<br />

è stato sentito nel dibattimento a carico di Borzacchelli il 6 dicembre 2004, il 9 dicembre 2004 il 2o<br />

69


dicembre 2004, il 5 gennaio 2005 il 4 febbraio 2005, quindi in epoca certamente successiva e<br />

largamente successiva a quella in cui era stata effettuata la discovery di tutti gli atti sul cui<br />

contenuto Michele Aiello ha poi deposto aggiustando sin da quel momento il tiro delle proprie<br />

dichiarazioni, e guardate, anche sotto questo profilo Michele Aiello lo ha detto spesso nel corso del<br />

dibattimento rendendo esame e controesame, cioè ci ha detto, ha fatto esplicito riferimento a<br />

precedenti verbali di interrogatorio dimostrando di averne ben memorizzato e studiato, com'era<br />

peraltro un suo diritto, il contenuto. e dico si badi bene in tutto questo ovviamente Michele Aiello<br />

ha esercitato una legittima facoltà, e però ciò non toglie che tutte queste circostanze, tutte queste<br />

chiavi di lettura debbano trovare adeguata considerazione per spiegare e il tribunale è chiamato a<br />

fare anche questo e a valutare oltre che spiegare, la permanenza delle situazioni di contrasto interne<br />

tra le dichiarazioni rese dallo stesso Aiello durante l'esame e durante il controesame e tra le<br />

dichiarazioni di contrasto tra le dichiarazioni di Aiello rese durante l'esame e quelle rese durante la<br />

fase dele indagini e la situazione di contrasto tra le dichiarazioni rese da Michele Aiello nel<br />

dibattimento e quelle rese da Giorgio Riolo nel dibattimento. Sono quindi ben tre profili di<br />

divergenze che dovranno essere oggetto di valutazione. e queste circostanze che io vi ho<br />

prospettato, questi fatti che vi ho segnalato costituiscono altrettante chiavi di lettura per effettuare<br />

questa valutazione. Ora è ben noto che il nostro sistema processuale di valutazione delle prove<br />

dichiarative non consente più da tempo la cosiddetta contestazione acquisitiva, cioè il contenuto di<br />

precedenti dichiarazioni non confermate non può trasformarsi in elemento di prova positivo, ma<br />

può soltanto essere utilizzato per escludere l'attendibilità eventualmente parziale perché esiste la<br />

valutazione frammentata di chi quelle dichiarazioni ha reso. però questo, il fatto che non ci sia più<br />

la contestazione acquisitiva, non significa che a fronte di situazione di situazioni di contrasto<br />

interno a un medesimo soggetto ovvero di situazioni di contrasto tra le dichiarazioni di soggetti di<br />

parti diverse del processo non si possa pervenire egualmente alla formazione ed al raggiungimento<br />

della prova sui punti di fatto, sulle questioni che di quei contrasti hanno formato oggetto. Si pone in<br />

questo caso un problema che i teorici chiamano ragionamento probatorio, un problema di<br />

valutazione di tutte le risultanze raccolte, al fine di delineare secondo criteri e parametri di tipo<br />

oggettivo la cosiddetta ipotesi preferibile, […].<br />

[…] le vicende che ci stanno occupando, quelle connesse alla rivelazione di notizie riservate sulle<br />

attività investigative condotte dal Ros sotto il coordinamento della Dda di Palermo. I protagonisti di<br />

queste vicende ancora prima di entrare nel loro merito, sono senza alcun dubbio due, e sono<br />

Michele Aiello e giorgio Riolo. Chi sia Michele Aiello lo abbiamo detto anche nelle precedenti<br />

udienze. Giorgio Riolo all'epoca in cui si sono verificati i fatti di cui parliamo era un sottoufficiale<br />

effettivo al raggruppamento operativo speciale dei Carabinieri in servizio da tempo presso la<br />

sezione anticrimine di Palermo. Giorgio Riolo è stato un tecnico particolarmente qualificato che per<br />

almeno dieci anni ha operato nel delicatissimo settore delle applicazioni delle tecnologie avanzate<br />

alle attività investigative contro la criminalità organizzata in Sicilia, ed è un tecnoco che si è<br />

occupato personalmente, direttamente di installazioni di microspie, di videocamere, di trasmissione<br />

dei relativi segnali, insomma un vero e proprio esperto di quel particolare settore che ormai<br />

funziona da supporto indispensabile essenziale e determinante per qualsiasi tipo di iniziativa<br />

investigativa soprattutto contro la criminalità organizzata, soprattutto contro Cosa nostra e nella<br />

ricerca dei latitanti. Nel nostro processo del ruolo, delle specifiche competenze delle concrete<br />

attività nelle quali Giorgio Riolo è stato impegnato per dieci anni all'interno della sezione<br />

anticrimine di Palermo, ci è stato riferito in primo luogo dai diversi ufficiali che hanno avuto alle<br />

proprie dipendenze lavorative Giorgio Riolo. Di Giorgio Riolo ci ha detto il Comandante del Ros, il<br />

generale Giampaolo Ganzi che abbiamo sentito all'udienza del 7 giugno 2005, ci ha riferito sui<br />

compiti svolti da Riolo al'interno della sezione anticrimine, sul suo impiego nelle attività svolte<br />

dalla sezione, anche in coordinamento con le attività condotte dalla prima sezione romana del Ros,<br />

le due strutture che appunto da oltre dieci anni operano sul territorio siciliano entrambe impegnate<br />

in evidente coordinamento in attività lavorative importantissime sia finalizzate alla ricostruzione<br />

70


delle dinamiche e dei profili associativi sia finalizzate alla ricerca dei più importanti latitanti. Sugli<br />

stessi temi, è stato un coro, il 7 giugno 2005 abbiamo sentito il colonnello Sergio De Caprio, che in<br />

passato per diverso tempo è stato il responsabile delle attività affidate alla prima sezione romana del<br />

Ros, è stato impegnato, ed è noto, prima sulle attività su <strong>Salvatore</strong> Riina, e poi su quelle che hanno<br />

riguardato Bernardo Provenzano. Riolo ci ha detto De Caprio, testualmente, “era il tecnico<br />

riconosciuto da tutti come il più professionalmente valido, perché da sempre aveva curato questa<br />

attività e anche proprio con un interesse proprio al di là del ruolo istituzionale, proprio aveva<br />

passione per microspie, telecamere, era ritenuto sicuramente il più competente della sezione<br />

anticrimine di Palermo, ma su queste dichiarazioni ancora più specifiche ci sono state rese proprio<br />

da quegli ufficiali che lo hanno avuto proprio come diretto collaboratore e dipendente. ce lo hanno<br />

detto Michele Sini, l'11 ottobre 2005, Michele Sini ha diretto la sezione anticrimine di Palermo<br />

dall'agosto 97 all'agosto del 2000; ce lo ha detto il maggiore Scafuri, che pure è stato uno degli<br />

ufficiali impegnati nell'ambito della sezione anticrimine, Scafuri all'udienza del 18 ottobre 2005 ha<br />

definito esplicitamente Giorgio Riolo come il tecnico migliore di tutta la sezione anticrimine di<br />

Palermo; e sia Sini che Scafuri, [...] 1:44:00 ci hanno riferito che nel periodo in cui hanno lavorato<br />

alla sezione anticrimine, quindi nel periodo antecedente al 2001, 97-98-2001, era abituale e costante<br />

il coinvolgimento anche a livello informativo di Giorgio Riolo e del gruppo tecnico di cui lui quale<br />

componente anziano era responsabile di tutte le attività in corso e gli obiettivi investigativi<br />

perseguiti, quindi già dal 1997-98 ci hanno spiegato Sini e Scafuri non c'era una divisione tra ruoli<br />

di concetto, ruoli amministrativi e ruoli operativo-tecnici, no?, c'era un interscambio informativo<br />

che riguardava quanto meno le attività investigative e gli obiettivi di quelle attività investigative. Ci<br />

ha detto Sini testualmente “”Riolo veniva coinvolto nelle progettualità investigative, perché le<br />

attività avevano sempre una connotazione tecnica e quindi necessariamente veniva coinvolto in<br />

questi processi. Gli si chiedeva in partenza la fattibilità di determinate idee, come era possibile<br />

realizzarle, che cosa era possibile realizzare in funzione dell'attività che si voleva svolgere”. E poi<br />

ci ha detto Sini che Riolo era partecipe cioè veniva anche informato dei risultati ovviamente che<br />

scaturivano dalle diverse attività in corso, in particolare era informato dei risultati che scaturivano<br />

dalle attività di intercettazione e dai servizi di pedinamento, ci ha detto Sini. E dell'esperienza e del<br />

patrimonio conoscitivo di giorgio Riolo si era avvalsa anche la prima sezione di Roma del Ros,<br />

impegnata in quel periodo sul finire degli anni 90, parliamo del 97-98 2000-2001 nell'attività di<br />

ricerca del Provenzano, un'attività che era stata imperniata e oggi si potrebbe dire felicemente, su un<br />

personaggio, e cioè su Tommaso Cannella, che era uno dei consiglieri storici del boss corleonese e<br />

che era uno dei tramiti attraverso i quali l'attività del Ros pensava di poter ricostruire i canali<br />

comunicativi che portavano ai latitanti. Del periodo successivo al 2001 ci ha parlato il 18 ottobre<br />

2005 il colonnello Antonio Damiano, che è subentrato a Sini nel comando della sezione<br />

anticrimine, e anche lui ci ha spiegato come negli anni del suo comando, tra il 2001 e il 2004 si era<br />

protratta la presenza investigativa del Ros dei Carabinieri sul territorio della provincia di Palermo e<br />

invero anche di quella di Caltanissetta e ci ha riferito Damiano sui rapporti che anche in quel<br />

periodo, anzi in quel periodo erano diventati ancor più stretti, tra le attività della sezione anticrimine<br />

di Palermo e le attività della prima sezione romana del Ros e ci ha riferito anche sui rispettivi<br />

obiettivi invstigativi perseguiti in quel periodo, obiettivi che si erano accentuati sulla persona di<br />

Bernardo Provenzano prima cercato soltanto dalla prima sezione e poi divenuto obiettivo<br />

investigativo anche della sezione anticrimine del Roso con Antonio Damiano. e anche in quel<br />

periodo ha aggiunto Damiano Giorgio Riolo quale componente anziano aveva il ruolo di<br />

responsabile tecnico, il gruppo tecnico era essenziale, era un motore imortante delle attivtà della<br />

sezione anticrimine, intanto era paradossalmente l'unico nucleo all'interno della sezione anticrimine<br />

che sia pure per linee di massima e linee generali conosceva le aattività di tutte e tre le sottosezioni,<br />

i gruppi di lavoro, che convivevano all'interno della sezione anticrimine talora con obiettivi diversi.<br />

Perché ci ha detto Damiano che il gruppo tecnico di cui era responsabile Giorgio Riolo era al<br />

servizio tecnico di tutte e tre le squadre che erano rispettivamente comandate da tre ufficiali, cioè da<br />

Giovanni Sozzo, da Stefano Russo e dal capitano Bucalo. Damiano ci ha ancora puntualmente<br />

71


descritto le attività del gruppo tecnico in quegli anni, ha riferito sui tempi, le modalità di<br />

preparazione degli interventi tecnici quindi studio, analisi, predisposizione sopralluoghi, riunioni,<br />

tutto questo finalizzato alle attività investigative, che ci ha detto Damiano dal 2001 sono state<br />

sempre in costante e continuo incremento e anche in tale periodo ci ha detto Damiano il<br />

coinvolgimento di Riolo e del gruppo tecnico nella conoscenza, nella partecipazione alle<br />

informazioni sule attività investigative e sui relativi obiettivi era stato intenso e costante. Dice<br />

Damiano, la mia parte tecnica è a conoscenza di quello che faccio.<br />

Dunque, Damiano ci ha poi elencato le funzioni in cui durante il periodo del suo comando è stato<br />

impegnato Riolo, che a parte le attività di carattere tecnico, quelle più istituzionali, Riolo curava<br />

anche i rapporti con le ditte esterne, il consiglio tecnico, la sezione anticrimine talora si avvaleva<br />

per la parte tecnica delle proprie attività per esempio noleggiando i mezzi tecnici o altre tecnologie<br />

software e quindi era Riolo spesso che curava i rapporti con queste ditte.<br />

Riolo ci ha detto Damiano era anche addetto alle bonifiche istituzionali a quelle di strutture militari,<br />

di enti interni all'amministrazione tra i quali ci ha detto Damiano non figuravano i locali, le<br />

pertinenze, gli uffici della Regione Siciliana e ovviamente tantomeno figuravano uffici o abitazioni<br />

personali del suo presidente o dei suoi amici. Riolo curava e teneva poi i contatti con gli uffici della<br />

telecom, contatti necessari come abbiamo visto per dare concreta esecuzione alle attività di<br />

intercettazione disposte dalla autorità giudiziaria. Sul punto circostanze del tutto analoghe ci sono<br />

state riferite anche dal capitano Giovanni Sozzo che abbiamo sentito il 12 aprile del 2005, dal<br />

maresciallo Calabrò il 22 marzo 2005 e anche Riolo nel corso del suo esame, quando è stato sentito,<br />

interrogato, esaminato sulle sue attività, funzioni, ruoli, sui livelli di sua personale<br />

cmpartecipazione alle attività e agli obiettivi investigativi ci ha fornito risposte assolutamente<br />

compatibili con gli altri elementi di prova che sul punto sono stati acquisiti. In particolare Riolo si è<br />

soffermato sui rapporti tra lui e il gruppo tecnico e gli ufficiali che si occupavano delle attività<br />

investigative vere e proprie, a grandi linee, ci ha detto riolo, anche i tecnici erano informati delle<br />

attività in corso e degli obiettivi che venivano perseguiti, per esempio se un'indagine aveva per<br />

oggetto soltanto l'accertamento di dinamiche associative p se invece riguardava la ricerca di<br />

latitanti, e se riguardava la ricerca di latitanti di quali latitanti si trattassero. tutto questo era<br />

patrimonio a conoscenza ovviamente anche del gruppo tenico e di riolo che ne era responsabile e ci<br />

ha anzi puntualizzato Giorgio Riolo che quando il comando della sezione anticrimine era stato<br />

assunto da Antonio Damiano, l'impegno conoscitivo da parte dei tecnici sui diversi profili delle<br />

attività investigative in corso si era addirittura accentuato, quindi con l'incremento delle attività<br />

tecniche si era anche accentuato il profilo di partecipazione conoscitiva e informativa del gruppo<br />

tecnico alle diverse attività in corso.<br />

Nel corso dell'istruttoria dibattimentale abbiamo poi ricostruito non soltanto ruolo funzioni e<br />

specifiche attività di Giorgio Riolo ma abbiamo ricostruito il quadro delle attività investigative nelle<br />

quali era stato impegnato a partire dal 97-98 il Ros nelle sue diverse articolazioni operative sul<br />

territorio siciliano, quiandi sia sezione anticrimine di Palermo sia prima sezione distaccata da<br />

Roma. Sul punto abbiamo sentito diversi ufficiali, diversi militari e tutti ci hanno sottolineato<br />

l'impegno profuso dalle due strutture operative dell'arma dei Carabinieri sul versante dell'azione di<br />

contrasto nei confronti di Cosa nostra, e in particolare dell'impegno profuso nei confronti di quegli<br />

specifici circuiti mafiosi che sotto sia il profilo personale che sotto il profilo territoriale erano<br />

maggiormente legati ai capi latitanti e a Bernardo Provenzano in particolare.<br />

E che proprio Bernardo Provenzano fosse già dal 1998-97 al centro delle attività investigative del<br />

Ros, ce lo hanno ribadito davvero unanimemente tutti i militari sentiti, ufficiali e sottufficiali. Ce lo<br />

ha detto il generale Ganzi, lo ha ribadito De Caprio, che ci ha parlato con riferimento al periodo in<br />

cui lui era stato impegnato con la prima sezione a Palermo delle modalità che già negli anni<br />

successivi alle stragi avevano assunto le attività che lui dirigeva, attività cheerano indirizzate su due<br />

importantissimi obiettivi, ci ha detto de Caprio, e questo obiettivi che erano strumentali per<br />

ricostruire i circuiti non solo associativi, ma sopratutto informativi, e i contatti con l'allora latitante<br />

72


Provenzano avevano due nomi che ricorreranno in questo processo. Questi due obiettivi si<br />

chiamavano Francesco Pastoia, il Boss di Belmonte Mezzagno all'epoca ancora in vita, questo<br />

obiettivi avevano il nome anche di Tommaso Cannella, questi obiettivi riguardavano anche i<br />

rispettivi nuclei famigliari da tempo sospettati, e si direbbe oggi a piena ragione come ha dimostrato<br />

lo sviluppo delle indagini successive, peraltro confortate dalle sentenze di condanna numerose che<br />

abbiamo acquisito agli atti, sospettati di costituire altrettanti componenti essenziali, quindi Pastoia e<br />

nucleo famigliare, Cannella e nucleo famigliare, di quel circuito mafioso che di Provenzano<br />

gestivano già da allora, già dal dopo stragi, affari e latitanza. Ma direi che lo speciale impegno della<br />

sezione anticrimine di Palermo nell'attività di ricerca di Bernardo Provenzano soprattutto a partire<br />

dal 2001 come raccontato dal colonnello Antonio Damiano all'udienza del 18 ottobre 2005 e da<br />

Giovanni Sozzo all'udienza del 12 aprile 2005. Devo dire con precisione, con completezza e con<br />

informazioni assolutamente puntuali Damiano ci ha spiegato la filosofia, il progetto che avevano<br />

guidato le attività di ricerca di Bernardo Provenzano, ci ha raccontato le diverse fasi che aveva<br />

attraversato questa attività, i diversi moduli operativi che avevano segnato in concreto lo<br />

svolgimento di queste attività. Ci ha raccontato della collaborazione della sezione anticrimine con la<br />

prima sezione del Ros di Roma, ci ha raccontato dei rapporti operativi della sintonia d'azione<br />

dell'obiettivo con la Polizia di Stato, ci ha raccontato del coordinamento effettuato dalla Dda di<br />

Palermo. Ci hanno entrambi gli ufficiali riferito poi le diverse risultanze attraverso le quali si è<br />

sviluppata questa attività, a partire dal novembre del 2001 fino al giugno del 2004, fino al gennaio<br />

del 2005, quando in due distinti momenti, 9 giugno 2004, 25 gennaio 2005decine di capi e gregari<br />

oggetto di quelle investigazioni furono sottoposti dapprima a fermo dal pubblico ministero e poi a<br />

misure cautelari. Uno sviluppo che ha riguardato buona parte dei soggetti i cui nomi figurano nelle<br />

pagine dei nostri verbali, Nicola Eucaliptus, Leonardo Greco, Pino Pinello e i due omonimi cugini<br />

Giuseppe Virruso, Onofrio Monreale e altri soggetti che sono già stati giudicati e condannati in<br />

separati giudizi a seguito di abbreviato per i reati di cui all'art. 416 bis, abbiamo in atti appunto il<br />

dispositivo della sentenza del gup 16 novembre 2006, abbiamo sentito Nicola Eucaliptus che ci ha<br />

detto essere stato condannato anche nell'ultimo processo a seguito del fermo e misure cautelari<br />

applicategli per i fatti commessi fino al 9 giugno 2004. Sono quelle che ci hanno raccontato i due<br />

ufficiali, attività investigative la cui importanza e la cui segretezza appare veramente del tutto<br />

inutile sottolineare, che hanno avuto soprattutto negli ultimi cinque anni a partire dal 2000-2001<br />

come fulcro territoriale il centro di Bagheria, da sempre e non a torto considerata, come ci diceva<br />

Giuffré, una delle roccaforti di Bernardo Provenzano che ha avuto al centro come fulcro oltre che il<br />

territorio la famiglia mafiosa di Bagheria che da anni è operativo su quel territorio e i cui particolari<br />

legami fiduciari con lo stesso Provenzano sono altrettanto ben noti e sono stati oggetto peraltro di<br />

accertamento giudiziario di sentenze passate in giudicato alcune delle quali acquisite nel corso del<br />

dibattimento. Molti di questi rapporti sono ricostruiti puntualmente nella sentenza del Tribunale di<br />

Palermo 2 marzo 2002 e nell'altra sentenza parallela pure acquisita contro Giovanni Napoli e che<br />

sono le due sentenze che hanno chiuso quella che è da tutti è conosciuto come il processo Grande<br />

Oriente che hanno visto le condanne oltre che di Simone Castello anche dello stesso Provenzano e<br />

di altri importanti soggetti dell'area di Bagheria. Ebbene, in tutte queste attività investigative aveva<br />

certamente preso parte, ed era stata parte essenziale dal punto di vista tecnico, Giorgio Riolo, ma<br />

come vedremo Giorgio Riolo era stato impegnato contemporaneamente anche su altre attività, che<br />

riguardano aree territoriali diverse, che riguardavano latitanti diversi e quindi c'era da un lato le<br />

indagini di cui ci stiamo occupando, in cui Giorgio Riolo ha avuto un ruolo essenziale, le indagini<br />

sull'asse Palermo-Bagheria-Casteldaccia fino a Vittoria e poi i latitanti Provenzano e Messina<br />

Denaro, ma Giorgio Riolo al contempo si è occupato di San Lorenzo, di altre zone di Palermo, lo<br />

vedremo, di Partinico, di altri latitanti <strong>Salvatore</strong> Rinella, Lo Fresco, Lo Piccolo ed è lo stesso<br />

Giorgio Riolo che c'è l'ha detto all'udienza del 28 marzo 2006. ci ha fatto l'elenco di tutte queste<br />

attività a cui aveva avuto parte e quando gli è stato chiesto “ma lei quante attività tecniche ha<br />

curato?” lui ha immediatamente genuinamente risposto “ne ho fatte così tante che nemmeno etc<br />

etc.”. Riolo ha detto appunto che aveva curato applicazioni, impiego di mezzi tecnici in<br />

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investigazioni del suo reparto finalizzata alla cattura dei latitanti che ho citato e in tutte le zone<br />

terriotriali di cui ho fatto menzione. E quando a Riolo è stato chiesto se aveva curato attività<br />

collegate alla ricerca di Provenzano, Riolo quasi sorpreso ha risposto “Ma, dottore Prestipino, tutte<br />

le indagini volevano, tutte, anche la più stupida” confermando quindi di essere, come era ovvio che<br />

fosse perfettamente al corrente che l'impegno della sezione anticrimine era soprattutto rivolto verso<br />

la cattura di Provenzano. Ebbene, come vedremo proprio e solo queste particolari attività, quelle<br />

sull'area territoriale di Bagheria, quelle rivolte alla cattura di Bernardo Porvenzano e in parte<br />

Matteo Messina Denaro, quelle che riguardavano l'impegno del Ros anche sul fronte Bagheria,<br />

attività condotte dalla sezione anticrimine di Palermo e dalla prima sezione del Ros di Roma, queste<br />

attività hanno costituito l'oggetto di sistematiche rivelazioni da parte di Giorgio Riolo che a<br />

Michele Aiello lungo un apprezzabile lasso temporale dal 1999 fino addirittura all'ottobre 2003 ha<br />

confidato talora in forma più sistematica, talora in forma, diciamo più frammentaria, ha confidato<br />

modalità, tempi e obiettivi di tutte queste particolari specifiche iniziative investigative e, sottolineo,<br />

non ha invece confidato, lo diciamo sin d'ora, il resto delle attività su cui era impegnato Giorgio<br />

Riolo, non ha confidato le iniziative volte alla ricerca di altri latitanti, non ha confidato le attività<br />

investigative in corso sugli altri territori, San Lorenzo, Partinico, Palermo, che pure erano attività<br />

finalizzate alla ricostruzione di dinamiche associative di Cosa Nostra.<br />

E proprio queste specifiche iniziatiche investigative, quelle cioè che riguardavano Bagheria,<br />

Messina Denaro, Provenzano hanno fatto registrare fin dal 1999 un tasso di anomali certamente non<br />

comune, anomalie consistite nella scoperta dopo le confidenze di Riolo e in epoca comunqeu assai<br />

prossima, da parte dei diretti interessati, dei mafiosi interessati, degli apparati tecnici installati per la<br />

registrazione delle loro conversazioni o nella loro neutralizazione. Anomalie che hanno<br />

sostanzialmente vanificato gli esiti di queste attività investigative, di tutte queste specifiche<br />

iniziative investigative compromettendo peraltro le conseguenti progressioni investigative. e sotto<br />

questo profilo è necessario un ulteriore chiarimento preliminare.<br />

Le rivelazioni di queste notizie concernenti queste specifiche attività investigative delle attività del<br />

Ros e ovviamente solo del Ros perché di quelle Riolo era informato, rilevano sotto un duplice<br />

profilo, connesso all'imputazione del reato di rivelazione di segreto e connesso per altro verso a<br />

quello associativo. Sotto il profilo del reato di violazione del segreto, la condotta di rivelazione è in<br />

tutti i casi in esame sempre rilevante, perché ha avuto per oggetto notizie che erano sempre coperte<br />

da segreto. Sotto il profilo invece del reato associativo, al fine di cogliere la specifica ed esatta<br />

rilevanza delle condotte di rivelazione occorre avere ben chiari gli effetti cui esse, rivelazioni, erano<br />

dirette. Perché come vedremo Giorgio Riolo, come ho detto, rendeva partecipe Michele Aiello<br />

esclusivamente delle attività concernenti Bagheria, esclusivamente delle attività concernenti la<br />

ricerca di Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro, ricerche che avevano in particolare<br />

come tramiti operativi l'area territoriale, o comunque qualcosa di connesso all'area territoriale<br />

bagherese. E le rivelazioni hanno riguardato gli obiettivi investigativi più prossimi a questi due<br />

capi, soprattutto in termini a Bagheria o comunque con essa in connessione. E' con riferimento a<br />

questi obiettivi e non ad altri obiettivi che devono misurarsi gli effetti pregiudizievoli delle condotte<br />

di rivelazione. Stiamo parlando ovviamente del profilo contestazione del reato associativo. effetti<br />

che sotto questo profilo si sono verificati, sono stati massicci ed hanno avuto conseguenze<br />

estremamente gravi per le attività del Ros. E sotto questo profilo occorre fare la massima attenzione<br />

a non fare confusione tra questi effetti pregiudiziali ed altre conseguenze di atività investigative<br />

condotte da altre forze di polizia o che hanno riguardato altri obiettivi investigativi. Perchè proprio<br />

nell'area territoriale di Bagheria nel corso di questi anni sono stati effettuati diversi importanti<br />

arresti e seguiti spesso da processi, spesso seguiti da sentenze di condanna che hanno di fatto<br />

sottratto seppure temporaneamente a volte troppo poco temporaneamente alla locale famiglia<br />

mafiosa molti tra i suoi capi e componeti effettivi. basti pensare che a partire dal 9 gugno 2004<br />

vengono sottoposti a fermo e poi vengono applicate misure cautelari e poi vengono giudicati e sono<br />

tuttora in carcere dal 9 giugno 2004 personaggi dello spessore mafioso di Nicolò Eucaliptus, di<br />

Leonardo Greco di <strong>Salvatore</strong> Eucaliptus. Il 25 gennaio 2005 analoga sorte fermo, misure cautelari,<br />

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processo, condanna, è toccata a Onofrio Monreale ai suoi uomini di fiducia a Bagheria. Carmelo<br />

Bartolone Emanuele Lentini al suo accompagnatore Giuseppe Comparetto e xxxx. ma è toccata<br />

questa sorte anch a Pino Pinello, ai due omonimi cugini Giuseppe Virruso di Casteldaccia a molti<br />

altri. Insomma tra giugno 2004 e gennaio 2005 per effetto di operazioni congiunte Polizia<br />

Carabinieri è stata azzerata una buona parte della catena di trasmissione delle comunicazioni di<br />

Bernardo Provenzano e prorpio uno spezzone di quella catena che operava nell'area territoriale in<br />

considerazione, quella di cui stiamo parlando, cioè Bagheria, e allora si potrebbe trarre una<br />

conclusione, come dire, fin troppo immediata, fin troppo facile. Si potrebbe dire, ma se tutti questi<br />

arresti sono giunti al termine di attività investigative che erano comunque state oggetto di<br />

rivelazioni da parte di Giorgio Riolo a Michele Aiello, allora di che rivelazioni stiamo<br />

parlando?Queste rivelazioni sono state innocue, non hanno prodotto effetti, non hanno avuto<br />

rilevanza per le indagini e invece non è così, per questo ho detto occorre fare attenzione, occorre<br />

misurare gli effetti pregiudizievoli sulle attività specifiche. Non è così, e due sono sotto questo<br />

profilo i punti che vanno esaminati, perché intanto va detto che tutti questi arresti sono giunti al<br />

termine di attività investigative alle quali hanno preso parte diverse forze di polizia, non solo il Ros<br />

nelle sue due articolazioni, ma anche i Carabinieri dei reparti territoriali, e soprattutto il serviio<br />

centrale operativo della polizia di stato di roma e la squadra mobile di palermo. molte acquisizioni<br />

che sono state utilizzate per trarre in arresto proprio le persone cui si è fatto cenno, sono state<br />

raccolte non dal Ros, ma da reparti e strutture delle forze di polizia diverse dal Ros. Lo vedremo<br />

anche questo, ma qui basta fare un esempio, un nome, Francesco Pastoia, il boss di Belmonte il<br />

fidato numero 5 di bernardo Provenzano. Di francesco Pastoia ci ha parlato Il colonnello De Caprio,<br />

ci ha detto che Pastoia era la fissazione del Ros sin da dopo le stragi, era uno dei due punti cardine<br />

dell'attività investigativa del Ros. Francesco Pastoia e Tommaso Cannella. Ebbene, sulla persona di<br />

Francesco Pastoia da quegli anni il Ros ha sviluppato costantemente un'attività di indagine che ha<br />

riguardato la sua persona e i suoi familiari. ce ne hanno parlato De Caprio, Damiano, Stefano Russo<br />

e tutti ci hanno detto che mai nessun concreto elemento su francesco Pastoia è stato raccolto dal<br />

Ros. Le ultime attività investigative, quando dico ultime sono quelle per capirci dal 2001-2002-<br />

2003, erano state oggetto di notizie, di informazioni che giorgio Riolo aveva passato a Michele<br />

aiello e se anche Francesco Pastoia il 25 gennaio 2oo5 figura nell'elenco dei soggetti che sono stati<br />

sottoposto a fermo e poi applicata una misura cautelare lo si deve al fatto che le emergenze su<br />

Francesco Pastoia, quelle utilizzate per sottoporlo a fermo non erano quelle raccolte dal ros. E in<br />

questo processo questa cosa ce l'ha spiegata il comandante della sezione anticrimine ce l'ha detta<br />

Anotnio Damiani. Francesco Pastoia è stato sottoposto a fermo sulla base di dichiarazioni di<br />

Antonino Giuffrè, sulla base di pizzini mandati da Provenzano a Giuffrè e sulla base soprattutto,<br />

anche se qui soprattutto rispetto agli altri elementi di prova non è il termine più esatto, anche allora,<br />

sulla base di intercettazioni ambiantali e antonio damiano ce l'ha detto sono intercettazioni<br />

ambientali con pezzi di conversazione di rara chiarezza, difficilmente nelle intercettazioni che<br />

costituiscono la prova dei nostri processi di criminalità organizzata si leggono brani interi così chiri,<br />

espliciti pesanti in cui si parla di omicidi in termini chiari ed espliciti. ebbene quelle conversazioni<br />

che hanno vaslo il fermo di Francesco Pastoia sono conversazioni in cui parlava si anche Francesco<br />

Pastoia ma erano conversazioni che sono state intercettate dalla Squadra mobile della polizia di<br />

stato e che sono state intercettate in locali, in pertinenze che non avevano nulla a che vedere con<br />

Francesco Pastoia. Se vogliamo descrivere questa situazione con una fotografia ancora una volta, la<br />

fotografia è questa: Francesco Pastoia esce di casa sua salutando la telecamera che il Ros aveva<br />

piazzato di fronte alla sua abitazione confidando sul fatto che a Belmonte Mezzagno certo non si<br />

possono fare i pedinamenti e se si fanno uno come Francesco Pastoia si spedina nell'arco di pochi<br />

minuti, dopodiché Francesco Pastoia andava a pochi chilometri da casa sua tra Misilmeri e<br />

Montemezzagno riceveva i mafiosi di mezza palermo a cominciare da Nicola Mandalà, concordava<br />

con Nicola Mandalà e tutti i mafiosi che riceveva le linee strategiche da seguire, portava le<br />

disposizioni e gli ordini di provenzano che nel frattempo incontrava separatamente da solo e al<br />

termine di questa lunga giornata di lavoro Francesco Pastoia tornava a casa sua risalutava dalla<br />

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telecamera il ros e se ne andava a dormire. Insomma Francesco Pastoia è inciampato su attività di<br />

altre forze di polizia e non dirette su di lui. Ma il ros, aveva anche attività su Onofrio Monreale, a<br />

Bagheria. e anche quelle attività erano state oggetto da parte di Giorgio Riolo a Michele Aiello. e<br />

però così come francesco Pastoia anche Onofrio Monreale figura nell'elenco degli imputati, lui<br />

anche condannato, che il 25 gennaio 2005 erano stati sottoposti a fermo del pm e poi gli era stata<br />

applicata la misura cautelare. ebbene per Onofrio Monreale che era nell'occhio investigativo della<br />

sezione anticrimine, lo vedremo, almeno dal 2002, dal momento successivo alla sua scarcerazione,<br />

ebbene, per Onofrio Monreale gli elementi più significativi posti a fondamento del suo<br />

provvedimento di fermo sono stati raccolti a partire dall'inizio del 2004, dopo l'arresto di Giorgio<br />

Riolo e anche per Onofrio Monreale hanno valso soprattutto l'incrocio copn le altre risultanze delle<br />

investigazioni condotte dalla polizia di stato. per capirci, nella scheda del fermo di Onofrio<br />

Monreale le conversazioni intercettate in cui parla Onofrio Monreale, non sono conversazioni<br />

intercettate su di lui, e lo vedremo, ma sono intercettazioni captate all'interno di autovetture di altri<br />

soggetti in relazione con Onofrio Monreale, sulle cui autovetture Onofrio Monreale saliva,<br />

soggetti che sono stati individuati e nei confronti dei quali le attività sono iniziate dopo l'inizio del<br />

2004, a partire da marzo 2004. Bartolone, Lentini. Il primo elemento importante di tipo<br />

investigativo – poi certo c'erano già le dichiarazioni di Antonino Giuffré, c'erano tante cose – ma il<br />

primo elemento investigativo che il Ros prende su Onofrio Monreale lo prende il 9 gennaio 2004 ed<br />

è un elemento importante, costituito da questa ripresa filmata. Nicola Mandalà e Ignazio Fontana<br />

che erano due soggetti seguiti dalla Squadra mobile di Palermo, vanno sul piazzale della Consutir,<br />

strada statale 113 a Bagheria, si fermano, Onofrio Monreale esce, si mette a braccetto Nicola<br />

Mandalà e passeggiando passeggiando all'interno del piazzale si scambiano un bigliettino. per<br />

vedere quel filmato ci vogliono non solo occhi esperti, ma quel filmato va visto tre volte ed è uno<br />

scambio effettuato all'interno di un piazzale recintato senza visibilità dall'esterno verso l'interno e<br />

siamo a gennaio 2004. e quello scambio non avrebbe avuto alcun significato, il tribunale lo capisce<br />

più del pubblico ministero, se non ci fossero stati gli elementi di prova portati, per capirci, dalla<br />

polizia di stato su Nicola mandalà, se non ci fossero state le conversazioni di Nicola Mandalà. e<br />

cioè quelle conversazioni che lasciavano chiaramente intendere che in quel preciso momento Nicola<br />

Mandalà era uno dei tramiti tra bernando Provenzano e Francesco Pastoia. Perché altrimenti di suo<br />

lo scambio di un bigliettino sia pure con modalità occulte consente di costruire mille suggestioni ma<br />

non fa una prova utile alla condanna. e questo è Onofrio Monreale, che pure era tra gli obiettivi<br />

investigativi e pure è stato arrestato. Nell'elenco, si potrebbero fare molti, ma solo un altro<br />

brevemente, nell'elenco dei fermati del 25 gennaio 2005 figura Pino Pinello oltre a Pastoia e<br />

Monreale. Pino Pinello era seguito dal 2001 e per tre quattro anni ha consegnato la posta, ha fatto il<br />

messaggero di Bernardo Provenzano sotto gli occhi di chi lo controllava, portando biglietti da<br />

Vittoria a Bagheria e riportando biglietti da Bagheria verso Vittoria. è stato fermato, ma l'elemento<br />

di prova più significativo a carico di Pino Pinello, quello che poi ha illuminato ben 27, 30 32, ho<br />

perso il conto del numero di viaggi che Pino Pinelli avrebbe effettuato tra Vittoria e Bagheria,<br />

l'elemento di prova che dà significato a tutto viene raccolto il 30 luglio del 2004 e viene raccolto in<br />

una intercettazione assolutamente particolare, disposta nell'estate del 2004 sulla casa al mare di<br />

Pino Pinello a Pollina e qui Pino Pinello detta a Giuseppe Virruso un biglietto destinato a<br />

Provenzano. Glielo detta a due metri dalla microspia. Quindi gli effetti pregiudizievoli delle<br />

rivelazioni di notizie ce Giorgio Riolo ha partecipato a Michele Aiello vanno commisurati in<br />

relazione agli obiettivi e in relazione alle attività e non possono ritenersi non esistenti o comunque<br />

non rilevanti sol perché le persone gli obiettivi che ne sono stati oggetto di quelle rivelazioni sono<br />

state poi nel frattempo arrestati. Le notizie riservate che sotto questo profilo Giorgio Riolo ha<br />

confidato a Michele Aiello hanno certamente prodotto conseguenze gravissime, negative<br />

sull'operato del Ros. hanno paralizzato alcune iniziative, ne hanno rallentato le acquisizioni. e tutti<br />

questi casi di cui ho fatto cenno, ma ben altri se ne potrebbero agiungere, basta rileggersi le<br />

deposizioni di Damiano, Russo, i risultati che sono stati raggiunti sono stati raggiunti grazie alla<br />

presenza operativa di altre diverse forze di polizia, sono stati raggiunti grazie alle iniziative o alle<br />

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attività che si sono protratte, iniziative intraprese dopo il 5 novembre 2003 e iniziative che si sono<br />

protratte dopo il 5 novembre del 2003 da parte dello stesso Ros, ma con modalità nuove e distinte<br />

da quelle fino ad allora osservate, e per ora basti dire questo e poi torneremo quando esamineremo<br />

ogni singola notizia. Ancora, complessivamente l'esame delle singole rivelazioni fa emergere alcuni<br />

dati di insieme, che si possono anticipare rispetto all'esame, alla valutazione delle singole<br />

rivelazioni. Emerge una sistematica attività di intelligence della quale Giorgio Riolo si è reso<br />

protagonista dal 1999 e che come dicevo ha riguardato soltanto specifiche e mirate attività<br />

investigative del Ros, quelle dirette verso Provenzano e verso Matteo Messina Denaro. non ha<br />

riguardato altre attività condotte dal Ros.<br />

Emerge che degli obiettivi, dei tempi delle modalità tecniche di queste attività investigative che<br />

sono state oggetto delle confidenze di Giorgio Riolo a Michele Aiello si sono certamente giovati i<br />

capi latitanti di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano in prima persona. emerge che queste rivelazioni<br />

hanno compromesso molte attività investigative, ne hanno determinato il rallentamento e questo<br />

rallentamento e queste compromissioni si sono sviluppate, manifestate in tempi ragionevolmente<br />

compatibili con quelli nei quali le notizie di quelle indagini sono state confidate da Giorgio Riolo a<br />

Michele Aiello. C'è un'ultima questione preliminare, e cioè quella dei rapporti tra Michele Aiello e<br />

Giorgio Riolo.<br />

Perché come vedremo queste condotte di rivelazione hanno occupato un lasso temporale dicevo che<br />

va dal 99 al 2003. Lo stesso periodo nel quale Giorgio Riolo ha conosciuto Michele Aiello e trai<br />

due si è sviluppato un rapporto assolutamente particolare, che certo adesso alla fine del processo<br />

può apparire meno sorprendente di quanto ci era inizialmente apparso, è comunque un rapporto che<br />

altrettanto certamente non è stato esplorato in tutti i suoi aspetti in tutti i suoi rivoli, ma resta un<br />

rapporto particola, perché è il rapporto tra un impiegato delo stato, ma non un semplice impiegato,<br />

un militare, un carabiniere, effettivo a uno dei reparti di eccellenza, impegnati su uno dei fronti che<br />

da sempre ha costituito le priorità di intervento dell'arma dei carabinieri, ed è particolare questo<br />

rapporto perché lega questo militare a un imprenditore come Michele Aiello con tutto quello che di<br />

Michele Aiello abbiamo detto e questo rapporto è particolare perché si è protratto con le stesse<br />

connotazioni con le quali era subito iniziato e vdremo quali, e si è protratto anzi con una ancor più<br />

accentuata connotazione di infedeltà istituzionale anche quando Girogio Riolo agli inizi del 2003<br />

aveva appreso dei rapporti che legavano Michele Aiello a Nicolò Eucaliptus, e si è protratto anche<br />

dopo che a distanza di pochissimo tempo, e siamo sempre agli inizi del 2003, Giorgio Riolo aveva<br />

saputo che Michele Aiello proprio per quei contatti con Eucaliptus stava per diventare uno dei<br />

possibili obiettivi investigativi del suo reparto e si è protratto dopo che Giorgio Riolo aveva saputo<br />

che Michele Aiello era iscritto per il 416 bis nel registro degli indagati di quella procura che<br />

disponeva i decreti di intercettazione che Giorgio Riolo poi materialmente eseguiva sulla mafia di<br />

Bagheria, di Casteldaccia, di mezza Palermo e dintorni. Ebbene di questo rapporto ci hanno riferito<br />

gli stessi protagonisti di questo processo, Michele Aiello e Giorgio Riolo. Michele Aiello anche qui<br />

ha operato una vera e propria operazione di trasformismo perché ha assolutamente minimizzato il<br />

contenuto di questo rapporto e soprattutto ha cercato di farci intendere che se la conoscenza con<br />

Riolo risaliva al 98-99 però questi rapporti si erano accentuati, avevano preso corpo solo nel 2003,<br />

nei mesi finali, insomma era un rapporto tra due amici, tra due persone legate da un vincolo di<br />

personale amicizia in base al quale forse qualche scorrettezza è stata commessa, ma è stata<br />

commessa nell'ultimo periodo, per brevissimo tempo e certo nell'ambito di un rapporto di tipo<br />

amicale. Ma a differenza di quello che ci ha detto Michele Aiello le carte di questo processo ci<br />

dicono cose diverse su questi rapporti, e ci dicono che sin dall'inizio questo rapporto si è sostanziato<br />

in un reciproco scambio di utilità, di quelle utilità che ognuna delle parti era in grado di assicurare e<br />

Riolo ad Aiello che cosa poteva assicurare? Soltanto il flusso di informazioni sulle attività nelle<br />

quali lo stesso Riolo era impegnato e quindi poteva assicurare da assicurato un flusso di notizie di<br />

informazioni non soltanto sulle indagini che riguardavano Michele Aiello, ma ha assicurato un<br />

flusso di notizie di informazioni sulle indagini specifiche di cui abbiamo detto, che non<br />

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iguardavano direttamente Michele Aiello , ma riguardavano tutto il fronte mafioso del circuito<br />

riferibile a Bernardo Provenzano e riguardavano i soggetti più vicini nell'area bagherese a Matteo<br />

Messina Denaro ed erano notizie ed informazioni che solo Giorgio Riolo poteva dare, perché da<br />

altri non le poteva attingere, non poteva certo attingere dai mille rivoli di cui Michele Aiello<br />

disponeva. Qui non c'era Dottore Iannì che teneva, non c'era [incomprensibile], non c'era<br />

[incomprensibile], non c'era nessuno di questi che poteva dare notizie. però erano informazion che<br />

per Michele Aiello erano importanti e forse erano più importanti di qelle che lo riguardavano<br />

personalmente, perché gli erano indispensabili per poter assicurare all'organizzazione mafiosa le<br />

prestazioni di carattere speciale alle quali era tenuto in virtù del patto di protezione. Ed erano<br />

informazioni che come vedremo erano tanto più importanti per i mafiosi soprattutto se ottenute in<br />

tempi utili e rapidi, per sviare ed eludere le investigazioni che li riguardavano. e che questo sia stato<br />

il rapporto, forndato sullo scambio di utilità, un rapporto approfonditosi sin dalle prime fasi, cioè<br />

98-99, ce lo ha detto lo stesso Giorgio Riolo al'udienza del 21 marzo 2006, quando ci ha raccontato<br />

come aveva conosciuto Michele Aiello e quale fosse la piega che il rapporto aveva preso sin da<br />

subito. perché sin da subito quel rapporto si era sviluppato secondo quel rapporto di reciproco<br />

scambio di utilità di cui si è detto, perché subito alla diagnostica era stata assunta la moglie di<br />

Giorgio Riolo, poi anche un fratello e subito Giorgio Riolo era stato imegnato da Michele Aiello su<br />

una pluralità di versanti. Certo il più importante era quello di ottenere informazioni sulle attività del<br />

Ros, quelle specifiche informazioni che gli garantivano l'esecuzione del patto di protezione e però<br />

sin da subito ci sono state anche altre prestazioni, perché sin da subito Michele Aiello aveva attivato<br />

Giorgio Riolo per farlo intervenire presso altri comandi e stazioni dei carabinieri, per sollecitazioni,<br />

per assunzione di informazioni, tra virgolette per raccomandazioni che riguardavano la sua attività<br />

imprenditoriale, ce lo ha detto Riolo all'udienza del 28 marzo 2006, che su inputi di Michele Aiello<br />

si è recato prima alla stazione dei Carabinieri di Ficarazzi e poi a quella di Caccamo, piccoli<br />

interventi, poche cose rispetto poi alle informazioni, ma certo fatte subito, cose che danno la misura,<br />

perché Giorgio Riolo manco nel 98-99 era un libero professionista a libro paga di Michele Aiello.<br />

Giorgio Riolo portava la divisa anche quando andava alla stazione di Caccamo e a quella di<br />

Ficarazzi. E fin da subito Giorgio Riolo è stato impegnato da Michele Aiello anche su un altro<br />

versante, che riguardava proprio l'attività delle sue imprese. Non parlo dell'installazione del sistema<br />

di videosorveglianza nella nuova struttura che Michele Aiello aveva in corso di realizzazione in<br />

luogo dell'ex albergo Zabbara. Ci ha detto Riolo che era stato Michele Aiello a sollecitarlo in<br />

qualche modo per dargli una mano. E qual è stata la mano che ha dato Giorgio Riolo? Allora, ce lo<br />

ha detto lui stesso.Michele Aiello gli aveva chiesto di prendere i contatti con le ditte specializzate<br />

nel settore, e lui lo aveva fatto, aveva preso i contatti con ben tre ditte specializzate in forniture e<br />

installazione di apparecchiature tecniche e guardacaso tra queste ditte c'era anche la Nexia che è<br />

stata poi la ditta scelta per effettuare le installazioni, e la ditta Nexia non è una ditta qualsiasi,<br />

perché è la stessa ditta di cui si avvaleva il Ros, cioè il reparto di appartenenza di Riolo, che<br />

utilizzava appunto personale e mezzi della ditta Nexia quando aveva necessità di ricorrere a ditte<br />

esterne per noleggiare software, apparati, per qualche intervento, e Michele Aiello aveva fatto<br />

vedere i preventivi delle tre ditte a Giorgio Riolo, su consiglio di Riolo manco a dirlo Michele<br />

Aiello aveva scelto la ditta Nexia, e Riolo aveva seguito le attività i lavori di installazione<br />

dell'impianto non facendo mancare i suoi preziosi consigli di tecnico e i suoi suggerimenti.<br />

Guardate può sembrare una banalità, ma non lo è, di fatto all'inizio del 2000-2001 noi abbiamo<br />

questa situazione, che la stessa ditta che lavora col Ros sulla prima linea, scusate il termine, è la<br />

stessa ditta che lavora e fa un lavoro serio, di quelli che si pagano e bene, per Michele Aiello, che è<br />

la punta avanzata dell'altro schieramento, come vedremo. e questa situazione di commistione, che è<br />

una delle tante che si sono create grazie a Michele Aiello tra circuiti che altrimenti non sarebbero<br />

mai venuti a contatto tra di loro e non è un problema etico, di chi frequenta chi, ma stiamo parlando<br />

di cose concrete, perché tra i tanti biglietti che sono stati trovati ad antonino Giuffrè c'era il biglietto<br />

da visita di un'altra ditta ancora Giuffrè ci ha raccontato, e lo vedremo, di qual era il livello<br />

maniacale di Bernardo Porvenzano nello studio e nella ricerca di apparecchiature elettroniche volte<br />

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a contrastare gli effetti delle altre apparecchiature elettroniche e il biglietto della ditta che è stato<br />

trovato nella casa di antonino giuffrè e di cui ci ha riferito, anche quello è il biglietto di una ditta<br />

che lavora con un'autorità giudiziaria. quindi la creazione di queste occasioni d'incontro sono l'altra<br />

faccia di una stessa medaglia, di quella medaglia di cui ci ha parlato Antonino Giuffrè quando ci ha<br />

detto che dagli imprenditori Cosa nostra cercava delle prestazioni che altri soggetti appartenenti ad<br />

altre categorie sociali non potevano dare. Può un mafioso andare in una cancelleria di un tribunale?<br />

può un mafioso conclamato parlare con qualcuno che opera da collaboratore, da ausiliario da<br />

tecnico, da consulente della Polizia giudiziaria e della Procura della Repubblica? No, lo possono<br />

fare solo quelli come Michele Aiello e lo hanno fatto. e non è un caso che è stata scelta la Nexia in<br />

questo caso, che la ditta di cui si avvaleva il Ros è la stessa che poi va a installare l'impianto di<br />

videosorveglianza dell'ex Zabbara. La prova di questi rapporti, infine, sta nel fatto che Michele<br />

Aiello una volta conosciuto Giorgio Riolo lo aveva anche presentato nel suo entourage, ce lo ha<br />

riferito Rosario Correnti che ci ha detto di avere conosciuto Giorgio Riolo perché era stato<br />

presentato da Michele Aiello sin da subito, sin dal 98-99. Se questi erano i raporti a Giorgio Riolo è<br />

stato chiesto quale fosse stato, a un certo punto, il punto di approdo di questi rapporti. In altri<br />

termini a Giorgio Riolo è stato chiesto quanti e quali notizie sulle attività tecniche nelle quali lui<br />

stesso era stato impegnato lui avesse rierito a Michele Aiello , quali particolari gli avesse rivelato.<br />

C'era questo rapporto, qual era il punto di approdo? A Giorgio Riolo questa domanda è stata posta<br />

ovviamente durante l'esame dibattimentale ma questa domanda a Giorgio Riolo era stata presentata<br />

anche nella fase delle indagini e Riolo qualche cosa in quella fase l'aveva già detta. Sono i verbali di<br />

interrogatorio che sono, lo ripeto, utilizabili nei confronti di Riolo ma non nei confronti di Michele<br />

Aiello . Interrogatorio per esempio del 26 aprile 2004 Giorgio Riolo su questa domanda, parlando di<br />

Michele Aiello e delle notizie che gli aveva rivelato ci ha testualmente risposto “Sì, ma quasi quasi<br />

lo coinvolgevo come se fosse uno di noi” ecco, e aveva aggiunto che con frequenza costante gli<br />

riferiva ogni aspetto anche quelli più minuti e di routine delle attività cui lui stesso partecipava o er<br />

applicato, e ci ha detto testualmente Riolo “quando io arrivavo lì, cioè nel suo ufficio, mi faceva<br />

semplicemente la solita domanda: che state facendo di buono?”, in questa maniera e poi lui gli<br />

confidava le notizie. e sempre nel corso di quell'interrogatorio che ha reso il 26 aprile 2004 Giorgio<br />

Riolo aveva riferito di avere rivelato a Michele Aiello l'esistenza di tutte le principali attività<br />

investigative del Ros sia per la cattura di Provenzano che di Messina Denaro, testualmente: “Circa<br />

le indagini del Ros di cui ho parlato con Aiello ribadisco di avergli riferito nei termini di cui ho già<br />

detto delle indagini nei confronti di Eucaliptus, del problema che avevamo procurato a Borzacchelli<br />

e Cuffaro sulle microspie di Guttadauro le indagini che avevo di Pastioia di Belmonte Mezzagno”.<br />

Ed era quell'interrogatorio appunto del 26 aprile, l'interrogatorio che si era aperto con la lettura da<br />

parte di Giorgio Riolo di una sua breve memoria che è quello che poi abbiamo acquisito al fascicolo<br />

del dibattimento e che ha valore di documento proveniente dall'imputato ex art. 237 codice di<br />

procedura penale e dunque questro scritto vale anche nei confronti di Michele Aiello. e leggendo<br />

quanto aveva scritto Giorgio Riolo aveva fatto un'assunzione cosciente e responsabile delle sue<br />

responsabilità, proprio con riferimento della rivelazione di notizie fatte a Michele Aiello delle<br />

attività investigative svolte dal suo reparto. è lungo il documento, soltanto cinque righe: “sento la<br />

necessità morale di ammettere in maniera completa le mie responsabilità anche per fatti che come<br />

molti di quelli che ho già riferito non mi sono mai stati contestati. le mie resistenze nel confessare<br />

tutto non dipendono dal tentativo di nascondere le mie responsabilità, ma solamente dalla vergogna<br />

che provo per il mio inqualificabile comportamento” parole pesanti. poi però sullo stesso punto<br />

Giorgio Riolo è stato sentito nel corso del dibattimento. e all'udienza del 28 marzo del 2006, quando<br />

gli è stata posta la stessa domanda, le parole con le quali Giorgio Riolo ha risposto non erano più le<br />

stesse. era cambiato qualcosa e quel qualcosa è cambiato in maniera esattamente corrispondente alla<br />

chiave di lettura con la quale vi hi detto dovrete valutare le contraddizioni interne ed esterne<br />

plurime delle dichiarazioni di Michele Aiello, cioè erano cambiate queste parole nel senso come<br />

dire di depotenziare tutto il livello del quadro probatorio e quell'assuzione di responsabilità che<br />

Giorgio Riolo aveva fatto il 26 aprile del 2004 si è miracolosamente trasformata in qualcosa di<br />

79


diverso. Udienza del 28 marzo 2006, viene fatta la stessa domanda e Riolo ammette di aver fatto a<br />

Michele Aiello confidenze su attività investigative in corso da parte del suo reparto, su applicazioni<br />

di carattere tecnico che il suo reparto aveva in corso, ma ha subito, guardate quello che vi dicevo<br />

all'inizio, ha subito messo il paletto, si è subito sentito in dovere di precisare, ma lo ha fatto una sola<br />

volta, poi tutto il resto – leggo testualmente - “l'ho fatto una sola volta, poi tutto il resto erano<br />

sempre in tempi successivi”. Poi lo vedremo notizia per notizia quali sono i tempi. Però intanto<br />

questa è la dichiarazione che Giorgio Riolo ha reso al dibattimento conclusivamente per spiegarci<br />

quello che aveva detto a Michele Aiello. In tempi successivi. Anche lui, la famosa postdatazione,<br />

sulla quale aveva lavorato per tante udienze il suo coimputato Michele Aiello. Poi alla successiva<br />

udienza 4 aprile 2006 Giorgio Riolo ci ha precisato le circostanze durante le quali aveva fatto<br />

queste confidenze a Michele Aiello e ci ha detto testualmente “eravamo sempre soli il più delle<br />

volte ero io che parlavo” quindi abbiamo come punto di riferimento il verbale del 26 aprile 2004,<br />

questo è il 4 aprile 2006 “il più delle volte ero io che parlavo anche per pavneggiarmi, non so, ero io<br />

che iniziavo, anche per pavoneggiarmi un po' anche se qualche volta è normale, cioè l'ingegnere mi<br />

chiedeva 'che fate di buono?'” qui rasentiamo...magari lui lo intendeva diversamente, cioè magari<br />

Aiello gli chiedeva che fai di bello con tua moglie, la famigli, i figli, ma invece, dice Riolo io<br />

facevo l'attività di polizia e quella gli raccontavo.<br />

Poi nel corso del controesame all'udienza dell'11 aprile 2006 stessa domanda, questa volta<br />

formulata da una delle parti private, Riolo ha cercato ancora di più di spostare la linea di<br />

demarcazione del rilevante e del non rilevante ha cercato di aggiustare il tiro e ha fornito una<br />

risposta sul filo della confusione, dei non ricordo. Allora viene chiesto “Vorrei capire se l'ingegnere<br />

Aiello le ha mai chiesto che attività di indagine avevate in corso” e qui guardate c'è la riprova<br />

provata documentale di quello che io vi ho detto all'inizio in apertura di questa discussione. Cioè<br />

Riolo non risponde alla domanda, ma fa riferimento ai verbali dei suoi precedenti interrogatori<br />

perché li deve subito spiegare, non aspetta nemmeno la contestazione. Riolo: “In un momento di<br />

rabbia che avevo nei confronti di tutti di tutto quello che era successo, forse lo avrò anche detto in<br />

qualche... ma in realtà di fatto non mi ricordo che l'ingegnere mi abbia detto una cosa, mi ha chiesto<br />

mai una cosa diretta così”. Quindi era una domanda generica “che fate di bello?”. Riolo: “sì,<br />

possiamo collocarla generica”. Certo, il vero problema era depotenziare la rivelazione e si fa in tanti<br />

modi, dicendo che erano notizie generiche, dicendo che erano state fatte dopo... Dopodichè<br />

qualcuno gli ha chiesto conto del fatto che il 26 aprile 2004 aveva dato una risposta diversa alla<br />

stessa domanda. e allora Giorgio Riolo ha accentuato, e la colpa ovviamente è di chi interroga, in<br />

questi casi era il procuratore aggiunto Dott. Pignatone e dice Riolo “Sì il dott. Pignatone mi ha<br />

specificato, mi ha fatto pure l'esempio e io gli ho detto di sì e io ce l'avevo col mondo intero in quel<br />

momento”, poi a seguito delle contestazioni, non solo di carattere logico ma anche di contenuto<br />

rispetto a quelle delle precedenti dichiarazioni sul fatto che durante più passaggi del suo esame, non<br />

solo degli interrogatori al pm, ma proprio dell'esame, perché qui eravamo in controesame, era stato<br />

lui stesso Riolo a specificare per udienze intere le numerose notizie fornite a Michele Aiello, tanto<br />

che anche durante l'esame Giorgio Riolo si era dichiarato pentito davanti al mondo intero per quello<br />

che aveva fatto. A quel punto a queste contestazioni diciamo di carattere sia logico, sia specifico sul<br />

contenuto di quello che aveva detto durante l'esame Giorgio Riolo ha risposto con quest eparole:<br />

“”Ero pentito del mio comportamento che effettivamente che un maresciallo non può andare a<br />

raccontare le cose che fa a chi? al primo che incontra, no, non l'avrei mai dovuto dire, ma non<br />

l'avrei mai dovuto dire proprio, neanche quelle che io ho raccontato che erano successe prima non<br />

le avrei neanche dovute dire”. Questo era il discorso e alla successiva domanda, quindi logica,<br />

“quindi lei le ha rivelate delle notizie su indagini in corso a Michele Aiello”. Riolo “MA, se in<br />

corso, che io mi ricordo nello specifico in corso era solo quello sul supermercato”, poi vedremo, ma<br />

sempre così, non nello specifico, era un discorso generico. IO confermo che anche ero io che<br />

spontaneamente gli andavo a raccontare anche e soprattutto per accreditarmi ai suoi occhi le attività<br />

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di indagine, ecco non era specifico cosa fate di buono nell'indagine, cosa fate, chi avete arrestato<br />

oggi, questo era era un po' generico.<br />

E allora a Giorgio Riolo è stato chiesto il motivo, perché aveva assunto questa spontanea iniziativa<br />

nei confronti di Michele Aiello. E la domanda è stata formulata in questi termini: “Quindi mi scusi<br />

lei ha rivelato lo ha detto lei una serie di notiie su attività che non doveva rivelare, lasciamo stare se<br />

le ha dette prima, dopo, in contemporanea all'ingegner Aiello; è pentito di questo davanti ai suoi<br />

colleghi, all'arma, ai giudici etc; ma per ottenere che cosa, un minimo di aiuto epr una casa di 50 mq<br />

e un prestito per una Craisler?”. E Giorgio Riolo immediatamente ha risposto no, che lui non aveva<br />

avuto alcun ritorno economico da queste rivelazioni ma che sperava di averli in futiro e ha fatto<br />

esplicito riferimento al fatto che dopo suo fratello e dopo sua moglie, Michele Aiello potesse<br />

assumere anche due suoi cognati. Quindi come vedremo Giorgio Riolo inizia a rivelare notizie sulle<br />

indagini investigative del Ros a partire dal 1999 lo fa fino a ottobre 2003 nella speranza, senza<br />

avere un ritorno economico concreto, che in futuro Michele Aiello assuma due suoi cognati.<br />

E poi sempre l'11 aprile 2006 e anche questo un tema importante, preliminare così lo sgombriamo<br />

subito, è stato chiesto a Giorgio Riolo quali notizie fatte, inventate, aveva propinato a Michele<br />

Aiello anche su questo versante e allora Riolo ci ha detto che le notizie false che aveva fornito a<br />

Michele Aiello erano soltanto tre, la prima che nei confronti di Michele Aiello erano state avviate<br />

attività di indagine anche da parte del suo reparto, cioè il Ros. Due, era falso quello che gli aveva<br />

detto quando gli aveva rivelato che era stato effettuato un servizio di osservazione sulla villa di<br />

Michele Aiello di Capo Zafferana, dove Michele Aiello trascorreva le vacanze, servizio di<br />

osservazione fatto dalla montagna di fronte. tre, aveva confidato falsamente a Michele Aiello che<br />

aveva riferito notizie dal collega Cesarini del comando provinciale di Palermo sulle indagini in<br />

corso su Michele Aiello e sulla durata delle intercettazioni telefoniche. Ci ha detto Riolo che erano<br />

solo queste le notizie false date ad Aiello e che tutto il resto è vero. Sappiamo anche che alcune di<br />

queste notizie sono false veramente, altre come quella sulla durata delle proroghe delle<br />

intercettazioni telefoniche non sono affatto false, è falsa la fonte forse, il fatto che gliel'abbia detto<br />

Cesarini forse, ma non la notizia. E allora se raccogliamo le idee in via preliminare su questa parte,<br />

su questo approdo tra Michele Aiello e Giorgio Riolo, possiamo dire che ci sono anche qui alcuni<br />

dati certi. è certo che Giorgio Riolo ha confidato diversi particolari di molte attività investigative<br />

che dal 99 al 2003 aveva in corso il Ros, poi vedremo in relazione ad ogni singolo episodio il<br />

quando è avvenuta la rivelazione e sappiamo che al di là della tempistica quelle confidate da Giogio<br />

Riolo sulle attività del Roso sono tutte preliminarmente notizie assolutamente vere, perfettamente<br />

corrispondenti alla realtà di quanto il ros ha effettuato nell'arco di questi quattro anni nei confronti<br />

degli obiettivi di cui si è detto.<br />

Riolo ci ha detto che aveva sempre agito anche su questo versante, così come era stato per il<br />

versante di altre rivelazioni, per puro spirito di protagonismo, ancora una volta per usare le sue<br />

parole per pavoneggiarsi, non aveva avuto ritorni economici ma aveva la speranza di averli in un<br />

prossimo futuro. Ecco, l'esame delle singole vicende ci darà una risposta anche a questa domanda e<br />

cioè se questa motivazione è vera o non è vera perché l'istruttoria dibattimentale da questo punto di<br />

vista ci ha consegnato una serie di elementi oggettivi che provengono da fonti eterogenee che<br />

appaiono utili a formulare una risposta a riguardo, sciogliendo appunto con i fatti e non con le<br />

suggestioni le contraddizioni del complesso delle dichiarazioni rese da Michele Aiello e da Giorgio<br />

Riolo, che consentono in tal modo di ricostruire l'ipotesi preferibile su cui fondare anche con<br />

riferimento a questo pezzo di contestazione il giudizio di responsabilità.<br />

Sulla base di questi elementi di premessa possiamo esaminare quali sono le singole notizie che sulle<br />

diverse attività investigative che Giorgio Riolo ha confidato a Michele Aiello e in quali termini e<br />

con quali tempi esse hanno costituito l'oggetto della illecita rivelazione. Diciamo subito che le<br />

notizie riferite a Michele Aiello da Giorgio Riolo possono essere suddivise in due distinti gruppi<br />

che hanno riguardato le attività investigative aventi ad oggetto i due diversi circuiti, facenti capo ai<br />

due diversi latitanti, Matteo Messina Denaro e soprattutto Bernardo Provenzano alla cui cattura il<br />

Roso era da tempo impegnato con tutte le sue articolazioni operative in Sicilia impegnate.<br />

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Partiamo dalle notizie che sono essenzialmente due, che hanno riguardato le attività investigative<br />

condotte sul circuito mafioso legato anche da un punto di vista, come vedremo parentale a Matteo<br />

Messina Denaro e sono in particolare due rivelazioni che costituiscono oggetto di altrettante<br />

effrazioni delle condotte in contestazione sia a Michele Aiello che a Giorgio Riolo, sia sotto il<br />

profilo del segreto che sotto il profilo del reato associativo. Faccio riferimento in primo luogo alla<br />

notizia della collocazione da parte di Giorgio Riolo di microspie presso l'abitazione estiva di Filippo<br />

Guttadauro sita nel comune di Castelvetrano, e, più in generale, la rivelazione della notizia che<br />

c'erano indagini su Filippo Guttadauro. Il 26 aprile 2004 ce ne parla Giorgio Riolo durante<br />

l'interrogazione al pm di cui ho fatto cenno. Giorgio Riolo ammette di avere riferito a Michele<br />

Aiello che presso l'abitazione di Filippo Guttadauro erano state collocate alcune microspie. Nel<br />

corso di questo interrogatorio Riolo dice testualmente: “Gli andammo a mettere anche le microspie<br />

a questa persona a Castelvetrano in provincia di Trapani e glielo dissi ad Aiello”. Aveva detto<br />

sempre in quell'interrogatorio Giorgio Riolo di avere riferito tali notizie a Michele Aiello per<br />

rassicurarlo, Perché, perché quando era stata assunta da Michele Aiello sua moglie e quindi siamo<br />

sul finire del 98 inizi del 99 Aiello dopo un po' gli aveva confidato a sua volta a Giorgio Riolo che<br />

aveva ricevuto la visita di un suo vecchio compagno di scuola, di Filippo Guttadauro il quale ci dice<br />

Riolo aveva avanzato nei confronti di Michele Aiello delle richieste di natura economica in una<br />

delle tante occasioni nelle quali Filippo Guttadauro si era recato presso la diagnostica per sottoporsi<br />

ad alcuni accertamenti. Quindi Riolo nella parte dell'interrogatorio al pm che può essere utilizzato<br />

nei suoi soli confronti, lo ridico adesso e non lo ripeterò, ci ha detto di avere dato la notizia a<br />

Michele Aiello, ci ha detto l'oggetto della notizia, cioè l'installazione della microspia, ci ha<br />

determinato il momento in cui aveva dato la notizia, collocandola in un momento successivo<br />

all'assunzione della moglie nel periodo in cui Filippo Guttadauro andava a farsi degli accertamenti.<br />

Abbiamo sentito sullo stesso punto Michele Aiello, udienza del 21 febbraio 2006, in realtà<br />

teniamolo sempre presente, Aiello viene sentito sempre prima. All'udienza del 21 febbraio 2006 sul<br />

punto in questione viene chiesto ad Aiello: “Le ha mai riferito Riolo di attività investigative sulla<br />

persona di Filippo Guttadauro, indagini in corso a Castelvetrano o a Bagheria?”. E Aiello ci ha<br />

risposto:”MAi e poi mai che era noto che Guttadauro Filippo era un personaggio mafioso su questo<br />

non c'è dubbio, ma su quanto riguarda abitazioni che lui mi diceva questo di qua è un tipo<br />

attenzionato perché è un noto mafioso questo sì ritengo me ne abbia parlato, ma di microspie in<br />

casa Guttadauro Filippo nella maniera più assoluta”. Aiello ci ha detto che a Riolo aveva raccontato<br />

che dopo tanti anni aveva incontrato Filippo Guttadauro che aveva conosciuto da ragazzino perché<br />

questo Guttadauro si era recato alla diagnostica per alcuni accertamenti e ha detto Aiello che a<br />

Giorgio Riolo aveva anche riferito che Guttadauro quando aveva visto la diagnostica si era<br />

complimentato con lui e gli aveva detto io ho un magazzino a Castelvetrano, chissà se si può fare<br />

una cosa come questa anche lì. e ci ha detto Aiello che con molta probabilità di questo colloquio lui<br />

aveva parlato con Giorgio Riolo. Qui abbiamo la dedutio del contenuto della notizia perché la<br />

rivelazione di Riolo sarebbe stata che “questo qua è un tipo attenzionato perché è un noto mafioso”.<br />

Le attività investigative che il Ros ha condotto su Filippo Guttadauro ci sono state riferite in primo<br />

luogo all'udienza dell'11 aprile 2005 da Michele Sini, il quale ci ha subito detto che da questa<br />

attività investigativa non erano stati tratti utii elementi, poi vedremo perché. Filippo Guttadauro ci<br />

ha detto Sini, abitava nella casa di Castelvetrano soltanto nel periodo estivo, la abitava con la<br />

moglie Rosalia Messina Denaro, che è la sorella del latitant Matteo Messina Denaro e ci ha detto<br />

Sini che in quei periodi estivi in cui avevavno funzionato le microspie, quando qualcuno lo andava<br />

a trovare, di estraneo al nucleo familiare, lui per parlare usciva sistematicamente dall'abitazione e se<br />

ne andava in campagna. e abbiamo sentito anche scafuri, che era il capitano addetto a questa<br />

indagine, infatti ci ha detto qualcosa di più specifico. Scafuri ci ha detto all'udienza del 18 ottobre<br />

2005 che le installazioni tecniche erano state curate anche da Giorgio Riolo ed erano state<br />

effettivamente due, una ai primi di agosto 1999, l'altra a Ferragosto 2000, nel frattempo però ci ha<br />

detto Scafuri questa attività non dette esiti positivi e ci spiega perché, leggo testualmente: “Non<br />

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isultò assolutamente nulla dalla intercettazione ambientale a casa di Messina Denaro Rosalia, la<br />

casa era comunque anche frequentata però fu negativa l'intercettazione perché quando c'era<br />

qualcosa di particolare, si percepiva che comunque uscivano fuori, quindi quando stavano parlando<br />

di cose normalissime si sentiva, poi all'improvviso sparivano e andavano a parlare fuori, perché lei<br />

deve immaginare la campagna quindi questo porticato insomma si capiva che per alcune<br />

conversazioni probabilmente uscivano fuori a parlare all'aperto”. Allora, noi abbiamo che Giorgio<br />

Riolo ha fornito a Michele Aiello le notizie su Guttadauro, ha confidato l'esistenza delle indagini,<br />

gli ha confidato la collocazione di microspie nella casa di Castelvetrano e lo ha fatto Riolo<br />

certamente quando l'attività aveva avuto inizio da poco o doveva ancora iniziare perché quando<br />

Riolo ci dice le modalità ci dice “io questo lo sto investigando, gli abbiamo messo le microspie” e<br />

glielo dice, è importante, come una risposta, un tentativo di rassicurarlo, al fatto che Michele Aiello<br />

a sua volta gli avesse confidato delle richieste economiche che gli aveva fatto Guttadauro. Riolo<br />

parla ad Aiello di qualche cosa che è ancora in atto, e non è qualche cosa che è ancora in atto perché<br />

è connesso al profilo terminologico lessicale, “io lo sto investigando, gli abbiamo messo le<br />

microspie”. No, gli parla di qualche cosa che è ancora in atto perché altrimenti non avrebbe avuto<br />

alcun senso dargli queste notizie ad attività chiusa quando dopo il 14 agosto 2000 anche Giorgio<br />

Riolo sapeva che da quelle indagini non era stato ricavato alcun risultato. Che con quelle<br />

intercettazioni certo Guttadauro, infatti così è, non sarebbe stato arrestato. Se la rivelazione serviva<br />

a rasicurare Michele Aiello a fronte delle pretese e dei disturbi, allora la confidenza non gli stata<br />

fatta dopo l'agosto del 2000 ma gli è stata fatta all'inizio dell'attività e diciamo la interpretazione<br />

logico-sostanziale connessa in altri termini alle finalità di questa rivelazione nella stessa testa di<br />

Riolo che l'ha fatta doveva avere, rassicurarlo, si collega strettamente alle parole utilizzate da Riolo,<br />

“io questo qua lo sto investigando, gli abbiamo messo le microspie”. Non solo, ma Riolo ci dice che<br />

questo colloquio si ricollega al momento in cui la moglie aveva cominciato a lavroare presso la<br />

clinica, dunque il dato dell'inizio dell'attività investigativa o della fase diciamo immediatamente<br />

successiva all'inizio dell'attività investigativa, è un dato certamente più che probabile, anche perché<br />

l'attività investigativa sulla casa di Castelvetrano era questa sì iniziata nell'estate del 99, ce lo dice<br />

Scafuri e riguardava l'abitazione di Castelvetrano, ma in realtà Giorgio Riolo ci dice una cosa<br />

importantissima per collocare da un punto di vista temporale la rivelazione, ci dice che prima<br />

ancora di collocare le microspie nella casa di Castelvetrano Filippo Gutadauro era già oggetto di<br />

investigazioni da parte del Ros perché nei suoi confronti erano stati seguiti dei servizi di<br />

osservazione, di pedinamento con la finalità di studiarne le abitudini al fine di installare delle<br />

microspie nell'abitazione non quella estiva di Castelvetrano, ma nell'abitazine diciamo così, quella<br />

abituale, di Bagheria Aspra, quella che Guttadauro occupava con la sua famiglia, quindi che<br />

Guttadauro fosse nel mirino del Ros, che i militari del Ros ne stessero studiando le abitudini è<br />

circostanza che si realizza già prima dell'estate del 1999 ed è circostanza di cui Giorgio Riolo è a<br />

conoscenza già prima dell'estate del 99 e già prima dell'agosto del 99 Giorgio Riolo sapeva che<br />

sarebbero state installate delle microspie anche nell'abitaizone estiva di Castelvetrano, perché è vero<br />

che l'atto di installazione è avvenuto ai primi di agosto, ma è altrettanto vero che quell'atto di<br />

installazione cui materialmente ha preso parte Giorgio Riolo ha avuto una fase di studio e<br />

preparazione che certamente è stata ancteriore ai primi di agosto del 1999. E certamente, un<br />

ulteriore dato che è compatibile con la datazione che Giorgio Riolo ci fa in modo fermo<br />

nell'interrogatorio al pm, dandoci poi nel dibattimento un solo dato certo che è quello del<br />

collegamento temporale della richiesta, con le parole confermate “Io lo sto investigando, gli<br />

abbiamo messo le microspie”. Nel 2000 e nel 2001 non glielo poteva dire “io lo sto investigando gli<br />

abbiamo messo le microspie” per un altro semplice motivo, e cioè perché quell'attività ad agosto<br />

2000 già finisce. Quando Antonio Damiano da il cambio al comando della sezione a Michele Sini,<br />

ci dice lo stesso Damiano, rispetto a questa attività l'unica preoccupazione, l'unica cosa che noi<br />

dovevamo fare era quella di recuperare il materiale tecnico installato facendo un nuovo accesso<br />

presso l'abitazione estiva di Castelvetrano al solo fine di recuperare il materiale che era stato lì<br />

collocato ai primi di agosto del 1999. Quindi nche sotto questo profilo, noi sappiamo che dal<br />

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settembre 2000 non c'è nessuna attività in corso. Noi sappiamo che dal 14 agosto 2000 Giorgio<br />

Riolo non può dire a Michele Aiello “io questo qui lo sto investigando”, non lo può rassicurare,<br />

perché già non c'è più l'attività investigativa, perché già si sa che quelle intercettazioni non hanno<br />

prodotto alcun risultato utile e quindi caso mai se Girogio Riolo avesse dovuto rassicurare Michele<br />

Aiello gli avrebbe dovuto dire qualcos'altro che riguardava aspra, ma non Castelvetrano.<br />

In secondo luogo, ed è il secondo gruppo di notizie, Giorgio Riolo ha avuto una parte attiva<br />

nell'acquisizione di un'altra notizia, che nel momento in cui è stata acquisita era una attività, una<br />

notizia coperta dal segreto ed è un'informazione attinente alle attività investigative che aveva in<br />

corso, certamente nel 99 ma poi vedremo quando, la Polizia di Stato e lo Sco su componenti della<br />

famiglia Mesi, attività finalizzate alla cattura del latitante Matteo Messina Denaro e nel caso<br />

specifico l'acquisizione della notizia ha per oggetto la installazione di un sistema di videoripresa a<br />

mezzo di telecamera installato davanti all'abitazione dei mesi ad Aspra in via MILWOKEE n° 49.<br />

Di questa vicenda ci hanno a lungo parlato sia Riolo che Aiello. Riolo ce ne ha riferito anzitutto<br />

durante la fase delle indagini, interrogatorio del 15 maggio 2004. Riolo dice che su richiesta di<br />

Michele Aiello aveva effettuato in compagnia dello stesso Michele Aiello e del maresciallo<br />

Borzacchelli una vera e propria attività di bonifica sotto l'abitazione di Paola Mesi ad Aspra, una<br />

attività di bonifica ci ha detto sempre in occasione di quella bonifica Riolo, durante la quale<br />

facendo uso di una specifica apparecchiatura tecnica era stata scoperta e rilevata la presenza di una<br />

telecamera perfettamente funzionante che inquadrava da una certa distanza l'ingresso dell'abitazione<br />

di Paola Mesi ad Aspra. Poi queste circostanze che si connotano anche qui per pochi elementi:<br />

richiesta da parte di Michele Aiello, effettuazione di un'attività di bonifica sotto l'abitazione di<br />

Paola Mesi dove Riolo si reca insieme a Borzacchelli nella macchina di Aiello, effettuazione<br />

dell'attività a mezzo di apparecchiatura, scoperta di una telecamera installata che guarda l'ingresso<br />

dell'abitazione di Paola Mesi e che è perfettamente funzionante. Queste circostanze sono oggetto<br />

dell'esame dibattimentale, e Giorgio Riolo ce ne parla il 4 aprile del 2006 e ci dice che a giugno del<br />

1999 con Borzacchelli era andato presso la diagnostica e che quando erano arrivati sul posto<br />

avevano incontrato Michele Aiello e che a questo punto non più Aiello ma Borzacchelli aveva<br />

detto “Andiamoci a fare una passeggiata”. Questo “andiamoci a fare una passeggiata” ci ha detto<br />

riolo era colegato al tentativo che aveva in atto Borzacchelli di convincere Siello a licenziare due<br />

dipendenti, i fratelli Mesi, Paola Mesi ed un altro, ha detto Riolo. Li voleva allontanare dalla sua<br />

struttura per non rovinare l'immagine della sua diagnostica aggiungendo, Borzacchelli, che si<br />

trattava di persone “sotto controllo dei Carabinieri e nei confronti dele quali il maresciallo De<br />

Caprio aveva già fatto una perquisizione”. Ci ha detto Riolo che Borzacchelli in quella occasione<br />

aveva detto che erano persone “guardate a vista da una telecamera posta di fronte all'abitazione”.<br />

Ha proseguito Riolo dicendo che al fine di fare toccare con mano la dimostrazione di quanto fosse<br />

vero quanto lui, Borzacchelli, gli aveva detto, Borzacchelli aveva appunto detto andiamoci a fare<br />

una passeggiata in macchina. E ha proseguito Riolo dicendoci che tutti e tre sie rano posti nella<br />

macchina di Michele Aiello ed erano andati fino ad Aspra. E ha detto Riolo che mentre andavano<br />

ad Aspra Borzacchelli aveva detto ad Aiello che lui Riolo aveva un sistema per poter localizzare<br />

queste telecamere e ha sempre aggiunto Riolo, all'udienza del 4 aprile 2006, “no, io non avevo lo<br />

strumento in realtà - lo strumento è l'analizzatore di spettro – io avevo un televisorino che seguivo<br />

quando andavo ad accompagnare i miei figli al campo e aspettavo, guardavo la televisione, i<br />

televisorini portatili, quelli che si attaccano con l'accendisigari” e Riolo, guardate, subito. quando ci<br />

spiega questa cosa anche lui gioca d'anticipo e mette le mani avanti rispetto alla possibile<br />

contestazione di quello che lui aveva dichiarato in precedenza senza che gli fosse ancora stata<br />

effettuata la contestazione e subito lo dice giocando d'anticipo, “anche se poi io durante<br />

l'interrogatorio ho detto cosa diversa”, pm “ma aspetti...” Riolo “la verità è questa che sto dicendo”.<br />

E Riolo ci ha raccontato quella che secondo lui era la verità, di quello che era accaduto poi sotto la<br />

casa della Mesi una volta arrivati ad Aspra e ci ha detto: “Siamo andati ad Aspra, siamo entrati nella<br />

strada e in realtà di fatto c'era una scatola lì distaccata dal muro perché c'era ricordo come<br />

particolare, come se avessero rifatto la facciata, quindi questa scatola non era attaccata bene al palo,<br />

84


ma era messa in modo obliquo era stata distaccata però si capiva che era una telecamera, perché<br />

c'era l'ntenna posta dietro quindi a distanza si notava che era una telecamera quella lì”. E ha<br />

concluso Riolo dicendo che dopo questo passaggio, dopo aver visto questa scatola, gli aveva detto a<br />

Michele Aiello e antonio Borzacchelli che quella appunto era la telecamera che guardava la casa<br />

dei Mesi e questa è la versione dei fatti che Riolo ci ha offerto nella prima parte dell'esame. Allora a<br />

questo punto a Riolo sono state contestate le dichiarazioni che lui stesso aveva reso durante<br />

l'interrogatorio al pubblico ministero sempre sulla stessa vicenda, dichiarazioni che divergevano su<br />

alcune questioni basilari della ricostruzione offerta, in particolare su tre punti determinanti, la cui<br />

modifica avrebbe privato di qualsiasi rilevanza la condotta di rivelazione di cui Giorgio Riolo si era<br />

reso protagonista. La prima questione era chi aveva preso l'iniziativa, cioè chi aveva sollecitato il<br />

giro inmacchina e quindo la bonifica, perché nel corso dell'esame Riolo fa il nome di Borzacchelli,<br />

perché nel corso dell'interrogatorio precedente aveva fatto il nome di Michele Aiello . Pm, “Guardi<br />

andiamo con ordine partiamo dall'inizio, intanto lei dice che fu Borzacchelli a dire andiamo a<br />

vedere. Guardi lei il 15 maggio le leggo tutto il pezzo – pm pp.26 e sgg. e inizia la contestazione-.<br />

Torniamo un attimo indietro ai discorsi su Paola Mesi quando Borzacchelli dice ad Aiello che lui<br />

rischia di rovinare la società perché Paola Mesi è sottoposta a indagini. Queste indagini sono<br />

segrete evidentemente” Riolo: “Se queste sono segrete lui (Borzacchelli) mi disse che era stata<br />

posta una telecamera davanti all'abitazione della Paola Mesi e cose varie” Pm “Lui Borzacchelli?”<br />

Riolo: “Lui Borzacchelli e cose varie. Io ci passai ed in effetti là verificai che c'era”. Pm “Che c'era<br />

una telecamera quindi non era una frottola” Riolo “Non non era una frottola, questo glielo dissi pure<br />

ad Aiello che si era preoccupato nel senso non è che poi mi danno fastidio pure a me con tutte<br />

queste discussioni” Pm “Perché lei gli disse che la telecamera guardava Paola Mesi e non guardava<br />

lui?”. Riolo “No, che c'era questa telecamera in questa via”. Pm “Ma lei perché ci passò? Cioè, di<br />

testa sua o fu mandato?” Riolo: “No, mi fu chiesto da Aiello e in compagnia di Borzacchelli ci<br />

passammo insieme”. Pm “Quindi lei, Borzacchelli, Riolo tutti e tre”. Quindi finisce la lettura quindi<br />

da come ha dichiarato, andiamoci per punti, non c'è dubbio che eravate tutti e tre insieme, non c'è<br />

dubbio che il discorso di Borzacchelli che dice questi sono pericolosi, sono sotto indagine, sono un<br />

obiettivo, però qui è Aiello che glielo chiede di effettuare di andare... Lo dice lei, fu Aiello a dirlo.<br />

E allora Riolo ha risposto e ci ha detto: Dottore Prestipino penso che non cambia una virgola, viene<br />

cioè nel senso che è possibile che me l'abbia anche potuto chiedere l'ingegnere Aiello e cioè è<br />

possibile che me l'abbia potuto chiedere, cioè è possibile, non è che cambia qualcosa secondo me”.<br />

Allora viene richiamato Riolo “Maresciallo lei dovrebbe evitare di dire quello che lei pensa a<br />

proposito dell'esistenza di divergenze e di contestazioni perché questo poi lo valuteranno le parti e<br />

soprattutto lo valuterà il tribunale”. Però qui ci sono due punti di vista diversi perché secondo la<br />

versione che lei ha fornito poco fa sarebbe stato Borzacchelli che di fronte alle titubanze alle<br />

incertezze di Aiello che diceva “Ma non ci credo che possono essere pericolosi” avrebbe detto<br />

andiamo che ti faccio vedere che c'è la telecamera” e questa è una versione, un'altra cosa è invece<br />

dire che fu Aiello a dire a lei e Borzacchelli “andiamo che voglio andare a vedere questa<br />

situazione”. Lei se lo ricorda dunque?” Riolo “Io me lo ricordo questo fatto, ma mi ricordo che è<br />

stato Borzacchelli ma è normale che nella discussione magari abbia messo la curiosità anche<br />

all'Aiello, andiamo, allora a 'sto punto andiamo a vedere, poi è possibile, è possibile che me l'abbia<br />

ed ha poi Riolo detto, si è attestato su questa formula “è possibile, è possibile” quando il pubblico<br />

ministero gli ha riletto il tratto saliente dove lui aveva detto “mi fu chiesto da Aiello di andare” e lui<br />

risponde “è possibile, è possibile”. Quindi su questa prima questione il dato certo che era stato<br />

offerto da Riolo, fase delle indagini, cioè su chi avesse dato l'input per andare sotto la casa di Paola<br />

Mesi, è diventata una possibilità, cioè era possibile che fosse stato Michele Aiello a dire “andiamo<br />

sotto casa di Paola Mesi”.<br />

Seconda questione collegata alla prima. Pm “Perché vede poi lei – è una successiva contestazione –<br />

lo ha ribadito anche il 15 maggio del 2004 – siamo a p. 72 sgg. dell'interrogatorio – Questa notizia<br />

chi l'ha data, chi ha detto andiamo a vedere se c'è questa, Aiello? E lei dice Aiello e poi spiega<br />

anche il motivo e io infatti le avevo chiesto se lei aveva ricordo di qualche particolare che aveva<br />

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iferito Aiello in questa circostanza e lei ha detto di no. Si ricorda se Aiello le disse qualche<br />

circostanza particolare che era accaduta o che induceva la signorina Mesi ad avere particolari<br />

sospetti? Allora a questo punto Riolo, qui non c'è contestazione, in realtà ho sbagliato io, Riolo<br />

risponde “sì ecco forse, non vorrei sbagliare, forse adducendo che ogni volta che c'erano visite c'era<br />

subito qualche organo di polizia che andava a fare la perquisizione, cioè ogni qualvolta i Mesi<br />

ricevevano persone a casa c'era subito un controllo di polizia. Pm “E quindi lei questo da chi lo<br />

sente dire?” Riolo “Dall'ingegnere Aiello” Ecco, questa cosa che a lei dice l'ingegnere aiello,<br />

all'ingegnere Aiello da chi era stata riferita? Glielo dice l'ingegnere?” Riolo “Dal maresciallo Di<br />

Carlo”. Allora viene effettuata la contestazione. Pm “Allora guardi è sempre lo stesso punto 15<br />

maggio 2004 p.72 e viene letto il verbale. Pm”Questa notizia chi l'ha data? Aiello?” Riolo “Aiello,<br />

perché aveva il sospetto che lì davanti ogni volta che diceva qualche cosa, cioè quello che gli<br />

riferiva la Mesi ad Aiello era che ogni volta che qualcuno andava da lei, subito gli andavano.<br />

Quindi sicuramente cera una telecamera”. Pm “Ho capito, ecco io volevo sapere una cosa, lei di<br />

questa cosa con la Mesi ha parlato?” Riolo “No no mai” Pm: “Quindi che la mesi dicesse questo a<br />

lei, questo a lei chi lo dice?” Riolo “Aiello” Pm “Aiello, va bene. Per chiarire: la Mesi ad Aiello<br />

spiega i suoi sospetti perché ogni volta che lei riceveva una visita in casa poi queste persone<br />

ricevevano perquisizioni, accertamenti?” Riolo “No, un controllo ricevevano” Pm “Sì controlli di<br />

polizia”. Riolo “Controlli di Polizia”. E viene chiesto a Giorgio Riolo se confermava queste<br />

dichiarazioni. E Giorgio Riolo ha detto sì, confermo queste dichiarazioni. Ora questa seconda<br />

questione, facciamo una parentesi, ci fermiamo alle dichiarazioni di Giorgio Riolo, è estremamente<br />

importante perché ci dà un elemento in più oggettivo per capire quel “è possibile” con cui aveva<br />

risposto Aiello (lapsus?nda.) quando gli è stato chiesto da chi era stata determinata l'iniziativa di<br />

recarsi sotto la casa di Paola Mesi; è importante perché qui noi abbiamo il vero motivo per cui<br />

questi signori tutti e tre vanno sotto casa di Paola Mesi a giugno del 99, e il vero motivo è la<br />

lamentela di cui la Mesi aveva reso partecipe Michele Aiello e non Riolo e non crtamente<br />

Borzacchelli del fatto che ogni volta che qualcuno la andava a trovare quando poi usciva ddopo un<br />

po' riceveva un controllo di polizia e uno e du e tre volte giustamente la circostanza aveva destato<br />

dei sospetti e allora aveva dedotto Paola Mesi, qui c'è una telecamera e ne aveva parlato con<br />

Michele Aiello, questa è una circostanza determinante perché a questo punto quando si trovano tutti<br />

e tre non c'è dubbio che sia stato Michele Aiello a dire “effettuiamo questa verifica” perché non c'è<br />

dubbio che Michele Aiello avesse ricevuto in questo senso le lamentele da aprte di Paola Mesi e<br />

questo ce lo ha confermato Giorgio Riolo. Terza questione. Le altreconfidenze della mesi a Michele<br />

Aiello e partiamo anche qui da una contestazione. Pm, siamo all'interrogatorio 7 giugno 2004 p. 54<br />

e sgg e lei proprio su questo punto maresciallo ha detto: Riolo “Ci siamo messi in macchina e siamo<br />

andati a fare un giro io la identificai perché era messa la telecamera era molto vistosa, anche perché,<br />

e questo è il punto della contestazione, Michele Aiello tra l'altro, cioè la Mesi avrebbe riferito a<br />

Michele Aiello che tempo addietro avevano visto persone che montavano questa cassettina, gente<br />

che non erano elettricisti, era evidente, e quindi il vicinato avrebbe detto che c'era questa cosa che<br />

avevano messo”. Viene chiesto a Riolo se era vero e se confermava e Riolo ha confermato anche<br />

questa circostanza, che è un'ulteriore circostanza che si aggiunge importante quale motivazione<br />

determinante che dà l'input aMichele Aiello di chiedere lui di effettuare questa attività diciamo di<br />

bonifica sotto la casa di Paola Mesi. Quarta questione, quello che era effettivamente accaduto sotto<br />

la casa di Paola Mesi. E a Riolo viene contestato ancora il contenuto dell'interrogatorio 7 giugno<br />

2004. Pm: “MA lei aveva l'apparecchio suo per vedere se c'era o meno la telecamera in<br />

macchina?Lo scanner” Riolo “Avevo”. Pm “Avete visto se la telecamera era in funzione?” Riolo<br />

“Sì” Pm “E quindi questo lo avete fatto vedere ad Aiello?” Riolo “Sì” Pm “Quindi è esattamente<br />

quello che tentavo di dire. Quindi lei l'ha rilevata con lo scanner la telecamera?” Riolo “La<br />

telecamera sì”. A questo punto Riolo nel dibattimento ci spiega “Con uno scanner non si può<br />

rilevare, non avevo l'analizzatore di spettro ad Aiello gli ho detto sì, l'ho vista, la vedo, ma non era<br />

possibile tecnicamente”. E su questo specifico punto è rimasta la situazione di contrasto tra quello<br />

86


che aveva detto Riolo nel corso dell'interrogatorio al pm e quello che poi ha reiterato durante il<br />

dibattimento.<br />

Su questo punto si può soltanto aggiungere un'osservazione di carattere logico, e cioè: ha detto<br />

Girogio Riolo, perché questo sì che l'ha detto e lo ha confermato, che dopo il passaggio sotto la casa<br />

di Paola Mesi lui aveva coconfermato a Michele Aiello e ad Antonio Borzacchelli che quella che<br />

era occultata all'interno della scatola era una telecamera e che era come dire puntata, indirizzata<br />

sull'abitazione di Paola Mesi. La circostanza di confermare un dato così specifico qualche cosa di<br />

più della semplice osservazione la richiede, non ci scordiamo che siamo ad Aspra, siamo a Bagheria<br />

è certo, Girogio Riolo ha la competenza indiscutibile di capire a giugno 99 che una determinata<br />

cassetta, soprattutto se dietro la cassetta c'è un antennino, contiene un apparato di videoriprese. Ma<br />

certo che quell'apparato fosse puntato e servisse a vedere, ad osservare chi frequentava la casa di<br />

Paola Mesi, questo certo non lo si può desumere semplicemente dal fatto che c'è una cassetta in<br />

posizione obliquea attaccata a un muro, a un palo, anche perché questa cassetta che c'era era<br />

collocata a una certa distanza dall'abitazione di Paola Mesi, quindi probabilmente riolo quel<br />

qualcosa in più che ha detto, di cui ci ha riferito durante gli interrogatori al pm al di là di quale fosse<br />

lo strumento necessario per verificare quale fosse tecni la funzionalità della telecamera allora<br />

effettivamente l'ha fatto, altrimenti non poteva confermare a Michele Aiello e Borzacchelli chec'era<br />

una telecamera che funzionava e che era puntata sulla Mesi. Questa circostanza, guardate, ha<br />

formato oggetto dell'esame anche di Michele Aiello. Torniamo indietro di due mesi e siamo<br />

all'udienza del 21 febbraio 2006. Ovviamente Michele Aiello ha negato di aver sollecitato Giorgio<br />

Riolo ad effettuare la bonifica presso la casa di Aspra di Paola Mesi. Dice Michele Aiello siamo nel<br />

giugno 99 Borzacchelli insieme a Riolo lo avevano invitato a fare una passeggiata in macchina con<br />

loro perché in quel periodo tentavano di allontanare la dipendente Mesi dalla struttura e “per<br />

convincermi di questo una delle cause che portava avanti il Borzacchelli era quello che la famiglia<br />

Mesi era attenzionata, ma questo era già un fatto noto, io dico, perché già in quel momento il<br />

fratello, cioè Francesco Mesi si era dimesso, era assente, era partito – in realtà lo avevano arrestato -<br />

credo, non mi ricordo bene” E Michele Aiello ci ha detto che in realtà Francesco Mesi si era<br />

dimesso il 26 aprile 1999 mentre in quel momento solo Paola Mesi era alle sue dirette dipendenze.<br />

Però se Francesco Mesi si era dimesso il 26 aprile 99 non si capisce come mai Borzacchelli a<br />

giugno insistesse tanto perché fossero allontanati i due fratelli, dunque non solo Paola. Ma questo è<br />

un dettaglio. Allora Michele Aiello descrive quello che è successo. Siamo in macchina, Riolo dice<br />

che se lui vuole ha la possibilità tramite uno scanner, un televisorino, non ricordo bene quale parola<br />

abbia utilizzato, se vuole di andare a verificare la presenza o meno di una telecamera nei pressi<br />

dell'abitazione di Paola Mesi. Nella circostanza, ha precisato Aiello, Riolo aveva con sé una specie<br />

di scatolina di scarpe, una cosa del genere di quelle dimensioni, e lui mi ha detto che aveva la<br />

possibilità se voleva tramite un televisorino contenuto all'interno di questa scatola, di verificare la<br />

presenza delle telecamere, che se lui voleva poteva farlo. Ma ha detto Aiello che poi non lo aveva<br />

fatto. E a questo punto nei confronti di Michele Aiello è stata effettuata l'ennesima contestazione.<br />

Pm: “Allora le contesto, lei su questo punto è stato sentito il 18 maggio 2004 p.96 e sgg. e lei dice,<br />

le leggo soltanto i pezzi delle sue dichiarazioni: - queste sono le parole di Michele Aiello durante le<br />

indagini “Le ripeto direttamente ne ha parlato Borzacchelli proprio per quanto riguarda il discorso<br />

della signorina Mesi, eravamo una sera con signor Riolo, ero io assieme al signor Riolo e<br />

Borzacchelli e praticamente il signor Borzacchelli viene fuori con questo discorso che la signorina<br />

Mesi lavorava presso il mio studio, il fratello lavorava presso la mia azienda, era pericoloso per me.<br />

Borzacchelli riferisce che era la famiglia Mesi sottoposta a indagine per il discorso praticamente dei<br />

rapporti con il Guttadauro, perché una sorella della signorina Mesi, l'altra sorella, Maria, lavorava<br />

presso la Sudpesca, e quindi era praticamente sottoposta ad indagine per quanto riguarda la ricerca e<br />

la cattura del latitante Messina Denaro”. Pm “Questo lo dice Borzacchelli?”. Aiello “Il<br />

Borzacchelli. E praticamente avere queste persone che lavorano all'interno dell'azienda può<br />

costituire pregiudizio per le mie aziende. Infatti disse, vedi stai attento perché questi qua vengono<br />

controllati, sono controllati, anzi, non vengono, ma sono controllati. Poi viene fatta la domanda<br />

87


“che cosa è successo?” E lei dice – quindi di nuovo precedenti dichiarazioni di Michele Aiello - no,<br />

niente, non è successo niente, qualcuno andò a smontare oppure io sono andato, oppure io l'ho detto<br />

in macchina, infatti me l'hanno detto in macchina questo discorso. Michele Aiello “Mi hanno<br />

praticamente portato in macchina e il signor Riolo mi ricordo che aveva l'attrezzatura in macchina,<br />

praticamente dice 'vedi se io voglio posso in qualsiasi istante passando da un posto vedere<br />

effettivamente, mettermi in collegamento con la telecamera'.” Pm: “E l'hanno fatto?” Aiello “E<br />

l'hanno fatto” Pm: “Davanti a lei?” Aiello “Davanti a me” Pm “E dov'era 'sta telecamera?” Aiello<br />

“Ad Aspra. Praticamente presso l'abitazione della signorina Mesi”. Finisce la lettura del verbale,<br />

pubblico ministero dice “Questa è la contestazione. Lei le conferma o no queste dichiarazioni?”. E<br />

qui scatta il solito balletto di parole, di frasi Michele Aiello come al solito Michele Aiello tenta di<br />

sottrarsi al meccanismo processuale di dire se conferma e non conferma e poi non ha confermato le<br />

precedenti dichiarazioni che con quelle rese al dibattimento divergono su un punto particolarmente<br />

importante, determinante, e cioè che in effetti la bonifica c'era stata, che Riolo aveva con sé<br />

un'apparecchiatura tecnica con la quale poteva collegarsi con la telecamera e cioè rubare il segnale<br />

trasmesso dalla telecamera e vederlo sul suo televisorino, che in effetti questa attività era stata fatta,<br />

che lui l'aveva vista Aiello, e che quindi avevano scoperto una telecamera funzionante, come dice<br />

Aiello, nei pressi dell'abitazione di Paola Mesi. Insomma, c'è un Aiello che cerca di sottrarsi, dice<br />

alcune cose dopodiché alla fine viene riassunto e ricontestato a Michele Aiello [...4.15.15 battute di<br />

ricontestazione, nda.]. Dopodichè il pm chiede ad Aiello se lui conferma o meno questo tratto delle<br />

dichiarazioni che gli vengono contestate.<br />

E aiello dice “Io ci vado al contrario così, così come sono scritte là non le confermo”. Poi, e anche<br />

qui vale la pena di osservare, che la mancata conferma di questo tratto di dichiarazioni da parte di<br />

Michele Aiello riguarda l'unico punto determinante che ha costituito oggetto di modificazione della<br />

dichiarazione resa anche da Giorgio Riolo al dibattimento, perché anche Giorgio Riolo nella fase<br />

delle indagini aveva detto che a bonifica l'aveva effettuata e poi al dibattimento ha detto che no, che<br />

aveva semplicemente confermato l'esistenza della telecamera perché era dentro una scatola visibile<br />

messa per obliquo. Quindi anche qui non può che registrarsi, perché poi dovranno valutarsi queste<br />

dichiarazioni, un parallelismo perfetto tra la modifica operata da Giorgio Riolo e la modifica<br />

operata da Michele Aiello.<br />

Michele Aiello poi all'udienza del 28 febbraio 2006 ci ha precisato che prima di questa passeggiata<br />

in macchina, aveva ricevuto un'altra visita sempre da parte di Antonio Borzacchelli che questa volta<br />

era accompagnato dall'altro compare, il maresciallo Calogero Di Carlo, che ha detto Aiello, si era<br />

presentato da Michele Aiello, Di Carlo, come quello che aveva effettuato una perquisizione a casa<br />

della Mesi ad Aspra pochi giorni prima e Michele Aiello ci ha detto che effettivamente Paola Mesi<br />

qualche giorno prima era arrivata più tardi in ufficio e gli aveva riferito che nel corso della notte<br />

presso la sua casa si erano recati i Carabinieri e avevano effettuato una perquisizione. Dalle<br />

dichiarazioni che abbiamo appena riassunto si desume, non c'è dubbio, che anche a voler<br />

prescindere da chi abbia assunto l'iniziativa e cioè se Borzacchelli o Michele Aiello, vi ho spiegato<br />

le ragioni di ordine logico che depongono per interpretare quel “è possibile” di Riolo come appunto<br />

input proveniente da Aiello, comunque sia anche a voler prescindere dalla questione che tutto<br />

sommato poi alla fine è indifferente, accade che secondo quanto ci riferiscono Riolo e Aiello siamo<br />

a giugno 99. Borzacchelli e Riolo rivelano a Michele Aiello l'esistenza di un'attività d'indagine che<br />

riguarda la ricerca di Matteo Messina Denaro, un'attività che aveva per oggetto la famiglia Mesi,<br />

che vedeva investigati in particolare Maria Mesi, allora dipendente della Sudpesca e altri<br />

componenti della famiglia, cioè Paola Mesi e Francesco Mesi e a seguito di questa rivelazione viene<br />

effettuata da tutti e tre - Riolo, Aiello, Borzacchelli - un'attività di ricerca e di bonifica attraverso la<br />

quale viene scoperto che era stata collocata una telecamera presso l'abitazione di Aspra sita in via<br />

Milwokee 49 dove all'epoca dei fatti di cui parliamo avevano la propria residenza sia Paola Mesi sia<br />

la sorella Maria Mesi. Quindi rivelazione delle attività d'indagine, della direzione dell'attività<br />

di'indagine, dei destinatari dell'attività d'indagine, della collocazione di una telecamera, e scoperta<br />

della telecamera funzionante. E allora per capire la rilevanza di questa condotta noi dobbiamo<br />

88


iflettere su alcuni dati. Primo dato. Effettivamente in quel periodo Matteo Messina Denaro<br />

utilizzava proprio quell'appartamento di Aspra per nascondersi e sottrarsi all'arresto. è una<br />

circostanza che ci ha riferito in primo luogo Antonino Giuffrè il 9 marzo 2005 quando ci ha detto<br />

che dalla metà degli anni Novanta Matteo Messina Denaro aveva trascorso la propria latitanza ad<br />

Aspra, muovendosi nella zona di Bagheria, e ci ha detto Giuffré che tale circostanza gli era stata<br />

riferita guarda guarda da Bernardo Provenzano. Ma questa circostanza, che Matteo Messina Denaro<br />

facesse capo ad Aspra proprio a quell'abitazione sita in via Milwokee 49 oltre che Antonino Giuffrè<br />

ce lo dice una sentenza passata in giudicato ed è la sentenza del tribunale di Palermo in data 29<br />

marzo 2001, con la quale è stata condannata per il reato di favoreggiamento aggravato prima ex art.<br />

7 ma poi la corte di cassazione ha eliso l'art 7 perché ha detto che si trattava di un favoreggiamento,<br />

come dire, solo personale e non finalizzato alle attività di Cosa Nostra, ebbene questa sentenza<br />

passata in giudicato che abbiamo acquisito in atti dà esattamente conto proprio di questi rapporti,<br />

proprio del fatto che Matteo Messina Denaro usufruisse di questa abitazione sita in via Milwokee<br />

49. Intanto dalla semplice lettura dei fatti del capo di imputazione, perché Maria Mesi è stata<br />

condannata in via definitiva, al di là della qualificazione e delle aggravanti perché la condotta è<br />

proprio questa, “per aver messo a disposizione del latitante Matteo Messina Denaro la sua casa di<br />

abitazione”, quindi basta leggersi il capo di imputazione e si capisce immediatamente qual è la<br />

condotta. Nella motivazione della sentenza, p. 43, si fa esplicito riferimento ai servizi di<br />

osservazione che venivano effettuati dalla Polizia di Stato nell'ambito delle attività di ricerca del<br />

latitante Matteo Messina Denaro attraverso – leggo testualmente – servizi fissi di ripresa<br />

videofilmati piazzati dalla data del 20 febbraio 97 davanti al portone d'ingresso di via Milwokee 49<br />

ossia la casa della Mesi”. Questa è la motivazione della sentenza. Quindi sappiamo che la Polizia di<br />

Stato davanti a quella abitazione aveva collocato dal 20 febbraio 1997 una telecamera, che quella<br />

telecamera era finalizzata a scoprire e a catturare Matteo Messina Denaro e sapiamo che quella casa<br />

era stata non so se l'abitazione, il punto di appoggio, l'ufficio, qualche cosa era stato, però messa a<br />

disposizione del latitante Matteo Messina Denaro. Non solo. Ma dalla motivazione di questa<br />

sentenza, si evince a p. 42 della motivazione, che Maria Mesi è stata tratta in arresto con l'accusa di<br />

favoreggiamento aggravato, in data 14 giugno 2000, quindi circa un anno dopo dal giugno del 1999,<br />

ma ci dice quella motivazione che in quella data era stata effettuata presso quella stessa abitazione<br />

una perquisizione in occasione della quale è stato trovato e sequestrato materiale documentale,<br />

pizzini che vengono analizzati lungamente nel corso della sentenza, perché sono state fatte anche<br />

perizie grafiche, e sono pizzini risalibili al latitante Matteo Messina Denaro, ed è documentazione<br />

attestante l'esistenza di rapporti del Matteo Messina Denaro con componenti della famiglia Mesi ed<br />

in particolare con Maria Mesi. Materiale documentale la cui importanza si coglie appunto leggendo<br />

la motivazione della sentenza. Il che dimostra che un anno prima, a giugno del 1999, quando Riolo<br />

e Borzacchelli dapprima rivelano a Michele Aiello la notizia che era Maria Mesi e Paola Mesi erano<br />

investigati, loro dicono, dalle forze di polizia, era la Polizia di Stato, lo Sco, e che davanti<br />

quell'abitazione era stata installata una telecamera ancora una volta rivelano l'esistenza di una<br />

notizia vera, di un'attività, di un'attività esistente in quel momento sull'abitazione di via Milwokee<br />

49, un'attività su un'abitazione che era ancora certamente un obiettivo a giugno 99 utile e sensibile<br />

per la cattura del latitante Matteo Messina Denaro che poi infatti non ha fatto più ritorno presso<br />

quell'abitazione.<br />

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Palermo, 2 ottobre 2007,<br />

Quarta giornata requisitoria Processo Aiello - Cuffaro e altri (talpe alla Dda)<br />

Pm, Prestipino<br />

Abbiamo esaminato quello che ieri avevo chiamato il primo gruppo di notizie; le condotte di<br />

rivelazione nelle quali sono coinvolti in particolare gli imputati Michele Aiello e Giorgio Riolo<br />

sulle attività investigative che sull'area palermitana negli anni tra '97-'98 e 2003 ha condotto il<br />

raggruppamento speciale dei Carabinieri sia nelle sue diverse articolazioni territoriali e cioè la<br />

Prima sezione romana e la sezione anticrimine di Palermo. Abbiamo dapprima esaminato un primo<br />

gruppo di notizie, quelle che ho chiamato "primo gruppo di notizie", che riguardavano la<br />

rivelazione di "attività in corso" e "attività tecniche in corso di esecuzione" su soggetti, in<br />

particolare Filippo Guttadauro, in particolare sui componenti della famiglia Mesi, che non a torto,<br />

come poi le indagini successive hanno dimostrato, erano in diretto collegamento, facevano parte di<br />

quel circuito mafioso maggiormente legato al latitante Matteo Messina Denaro. Ma molte - e<br />

certamente più numerose e forse anche più significative rivelazioni - hanno riguardato l'altro e più<br />

importate fronte investigativo, nel quale l'arma dei Carabinieri e in particolare le strutture del<br />

raggruppamento del reparto operativo speciale hanno negli anni, a partire dalla seconda metà degli<br />

anni '90, impegnato le maggiori risorse e lo hanno fatto fino al 2005, fino al 2006, e cioè il fronte<br />

volto sul latitante Bernardo Provenzano e sul circuito mafioso maggiormente legato,<br />

fiduciariamente legato a lui, e devo dire subito che con riferimento a tale fronte investigativo, a tale<br />

contesto - lo dico subito - non si è salvato nulla, nel senso che Giorgio Riolo ci ha riferito, sia<br />

durante gli interrogatori resi al pubblico ministero sia durante l'esame e il controesame reso al<br />

dibattimento, di avere rivelato a Michele Aiello tutte le principali attività che il Ros aveva in corso,<br />

in particolare sull'area territoriale di Bagheria, prima fra tutte quelle rivolte nei confronti dei diversi<br />

componenti del nucleo familiare Eucaliptus, come vedremo non a torto ritenuto su Bagheria uno<br />

degli snodi fondamentali del sistema Provenzano. E Riolo, da questo punto di vista, non ha neppure<br />

risparmiato le altre iniziative che aveva in corso il Ros sull'area territoriale di Bagheria, sempre sul<br />

fronte Provenzano: altre iniziative che erano, come dire, collaterali rispetto all'obiettivo principale<br />

costituito dalla famiglia Eucaliptus. In sintesi le attività investigative condotte dal Ros sull'area<br />

territoriale di Bagheria non hanno riservato alcun segreto per Michele Aiello e per i vertici della<br />

locale famiglia e, attraverso essi, per B. Provenzano. Di questa attività ci ha tracciato all'udienza del<br />

18 ottobre 2005 le linee direttive principali, fondamentali, e poi è sceso anche sul particolare, il<br />

colonnello Antonio Damiano. Damiano ci ha spiegato gli specifici input, le ragioni, gli obiettivi<br />

delle iniziative investigative che, lui stesso, sin dai primi momenti che lui stesso sin dai primi<br />

momenti in cui aveva assunto il comando della sezione anticrimine aveva avviato, quindi sin dal<br />

2001, in particolare nei confronti, come dicevo, dei diversi componenti della famiglia Eucaliptus.<br />

Una famiglia, come vedremo, e come le successive indagini e sviluppi di queste attività<br />

investigative e di altre attività investigative hanno dimostrato, che ha costituito davvero lo snodo<br />

determinante su Bagheria di quel complesso sistema attraverso il quale Bernardo Provenzano è<br />

riuscito a mantenere attivi, per lungo tempo, numerosi canali di comunicazione, attraverso i quali ha<br />

continuato a dirigere l'organizzazione mafiosa Cosa nostra. E ovviamente, per lungo tempo, quella<br />

stessa famiglia Eucaliptus ha rappresentato una delle strutture basilari anche, diciamo così, della<br />

parte logistica della latitanza del capo di Cosa nostra. Damiano ci ha indicato innanzitutto i singoli<br />

obiettivi della manovra investigativa condotta sulla famiglia Eucaliptus e ci ha indicato i singoli<br />

obiettivi in particolare nella persona di Nicolò Eucaliptus, nelle persone dei figli, <strong>Salvatore</strong> e<br />

Francesco Eucaliptus, nelle persone dei due generi, Liborio Pipia e Onofrio Monreale, e in<br />

particolare Onofrio Monreale, che nell'ultima fase delle indagini, cioè a partire dall'arresto di Nicolò<br />

e del figlio <strong>Salvatore</strong> Eucaliptus, cioè dal 9 giugno 2004, è divenuto il perno centrale intorno al<br />

quale è ruotata tutta l'attività investigativa della sezione Anticrimine. Damiano, dopo averci<br />

elencato gli obiettivi, gli specifici obbiettivi di questa attività, ci ha poi puntualmente e<br />

specificatamente elencato anche le diverse e numerose iniziative tecniche nelle quali si è<br />

90


concretizzata questa attività investigativa avente ad oggetto i componenti della famiglia Eucaliptus.<br />

Di queste attività ci ha indicato tempi e modalità di attivazione. Ebbene, Giorgio Riolo ha in primo<br />

luogo e soprattutto rivelato a Michele Aiello di queste attività tutte le attività investigative anche<br />

specificatamente quelle tecniche che il Ros aveva avviato in primo luogo nei confronti di Nicolò<br />

Eucaliptus e di <strong>Salvatore</strong> Eucaliptus. Giorgio Riolo aveva messo per tempo a conoscenza Michele<br />

Aiello, in particolare, che nei confronti di Nicolò Eucaliptus vi erano delle attività investigative in<br />

corso e aveva messo a conoscenza Michele Aiello in particolare che nell'ambito di queste attività<br />

investigative erano state collocate delle microspie nell'abitazione che Nicolò Eucaliptus occupava<br />

presso il Comune di Acquedolci, dove si trovava residente dopo l'effetto di scarcerazione per effetto<br />

di obblighi di misure limitative della libertà, misure di prevenzione personale. E, soprattutto,<br />

Giorgio Riolo aveva avvisato Michele Aiello che altre microspie erano state collocate in una delle<br />

macchine in uso a Nicolo Eucaliptus e al figlio <strong>Salvatore</strong>. Lo ha detto Giorgio Riolo in un<br />

interrogatorio reso al pubblico ministero il 1° aprile 2004 e poi nel corso del dibattimento Riolo ha<br />

reso su questa specifica parte un lungo esame e altrettanto lungo controesame all'udienza del 28<br />

marzo 2006. All'udienza del 28 marzo 2006, su questo fronte investigativo, Riolo ha innanzitutto<br />

elencato gli interventi tecnici che erano stati da lui personalmente curati ed effettuati e ci ha anche<br />

riferito degli interventi tecnici dei quali lui era stato comunque messo a conoscenza per tempo, e<br />

interventi tutti, sia quelli effettuati personalmente sia quelli di cui lui era stato messo a conoscenza<br />

contestualmente all'avvio delle iniziative, interventi tutti che avevano come obiettivo appunti la<br />

famiglia Eucaliptus, in particolare Nicolò Eucaliptus e <strong>Salvatore</strong> Eucaliptus. In un lasso temporale<br />

che va dalla fine del 2001, inizio del 2002, fino al 2003, Giorgio Riolo ci ha detto che aveva carato<br />

personalmente o che era comunque venuta a conoscenza delle seguenti iniziative che ci ha elencato.<br />

Uno, installazione di telecamere presso un negozio di abbigliamento gestito nel centro di Bagheria<br />

da una delle sorelle di Nicolò Eucaliptus: Paola Eucaliptus. Ci ha detto di avere ancora curato,<br />

seguito, saputo dell'installazione di microspie presso tre autovetture in uso agli Eucaliptus, in<br />

particolare a <strong>Salvatore</strong> Eucaliptus: una fiat punto, una Y 10 e una opel corsa. Ha fatto riferimento<br />

all'installazione di telecamere e microspie presso l'abitazione che Nicolò Eucaliptus occupava ad<br />

Acquedolci. Ha fatto ancora riferimento all'installazione di telecamere nei pressi dell'abitazione<br />

degli Eucalipus a Bagheria, in contrada Consona, dove abitava tutto il nucleo familiare Eucaliptus,<br />

ivi compresi Onofrio Monreale e la moglie Ignazia Eucalipus, figlia di Nicolò. Riolo ha precisato<br />

che alla maggior parte di queste attività investigative tecniche aveva preso parte personalmente,<br />

curando l'installazione tecnica, ma ci ha anche detto che per alcune installazioni lui non aveva<br />

potuto prendere parte, perché in un periodo temporale apprezzabile tra il 18 ottobre 2002, e questa è<br />

una data importante, e il 17 gennaio 2003 lui era stato continuativamente assente dal'ufficio per<br />

ragioni di salute; quindi malattia e convalescenza. Però ci ha detto Riolo che anche delle<br />

installazioni, e vedremo quali, effettuate in questo lasso temporale - 18 ottobre 2002 e 17 gennaio<br />

2003 - lui era stato comunque messo a conoscenza di volta in volta dagli altri sui colleghi del<br />

gruppo tecnico, che lo avevano avvisato, con i quali parlava continuamente, delle installazioni che<br />

anche in sua assenza venivano fatte appunto da questi altri colleghi. Queste erano le iniziative di cui<br />

aveva parlato, a cui aveva partecipato, e poi Giorgio Riolo ci ha detto poi riferito delle anomalie che<br />

si erano registrate con riferimento a queste attività. E ci ha detto che la microspia nella casa di<br />

Acquedolci era stata scoperta da N Eucalipus in occasione di un trasloco. Nicolò Eucalipus<br />

nell'ambito di Acquedolci, nell'estate del 2002 ad agosto, aveva trasferito la propria la propria<br />

residenza da un'abitazione a un'altra abitazione. Nell'effetuare in trasloco Nicolò Eucalipus aveva -<br />

ci ha detto Riolo - scoperto una delle microspie installate nell'abitazione e in particolare quella che<br />

si trovava occultata all'interno della gamba di un tavolo di plastica. Poi ci ha detto Riolo che delle<br />

microspie installate nelle tre vetture, la fiat punto, la Y 10 e la opel corsa, due installazioni avevano<br />

subito presentato dei problemi tecnici e quindi non avevano dato corso, sostanzialemte, ad alcun<br />

risultato utile. E si trattata, ci ha detto Riolo, delle microspie installate all'interno della fiat uno e<br />

della y 10; mentre ha aggiunto Riolo, la microspia all'interno della Opel corsa testualmente<br />

"funzionava molto bene" e così ci ha detto Giorgio Riolo era stato - poi vedremo come - fino all'11<br />

91


marzo 2003, quando, ha aggiunto Riolo, quella microspia, quella installata sulla opel corsa, che<br />

funzionava molto bene, era stata scoperta e disattivata. Ci ha detto Riolo: "Mi chiamò il capitano<br />

Russo, e mi fece ascoltare gli ultimi perché era normale che quando mi chiamavano e c'erano<br />

problemi si devono riascoltare esattamente gli ultimi istanti di vita della microspia", ovviamente. E<br />

ci ha detto che questo ascolto lo aveva fatto subito, quindi in prossimità dell'11marzo, insieme ad<br />

altri colleghi, insieme al capitano Russo, avevano riascoltato l'intercettazione ed in particolare<br />

avevano sentito i rumori che avevano preceduto, diciamo così, il rinvenimento della microspia. Ci<br />

ha detto Riolo che quando ascoltavano tutti insieme, la sensazione era stata quella di qualcuno che<br />

all'interno dell'autovettura, quindi della cercasse qualche cosa. Ci ha detto Riolo che qualcuno dei<br />

presenti, non ha saputo indicarci chi, aveva ipotizzato che ci fosse qualcuno che cercasse della<br />

sostanza stupefacente occultata nella macchina. Circostanza desumibile, secondo Riolo, dal fatto<br />

che durante l'ascolto si era percepito che qualcuno di queste persone che usavano la macchina<br />

faceva appunto uso di sostanze stupefacenti. Però, dice, poi avevano ascoltato delle parole registrate<br />

negli ultimi istanti di vita della microspia che avevano fugato al riguardo ogni dubbio, perché<br />

attraverso queste parole in cui si faceva riferimento a un filo, che era stato ritrovato un filo. Poi,<br />

dice Riolo, avevamo sentito il rumore tipico di quando viene toccato il microfono della microspia<br />

cioè l'apparato ricevente, poi era stato ritrovato il microfono della microspia, ed avevano capito, ci<br />

ha detto Riolo, quello che era successo. E cioè ci ha detto Riolo, uno dei figli di Eucaliptus aveva<br />

rinvenuto prima il filo, quindi il microfono, infine la microspia, che aveva cessato di funzionare dal<br />

giorno del rinvenimento. Queste sono le anomale di cui ci ha parlato Giorgio Riolo. Giorgio Riolo<br />

ci ha poi detto quali risultati erano stati ottenuti per quanto a sua conoscenza da queste attività, in<br />

particolare proprio da queste su gli Eucaliptus, Nicolò e <strong>Salvatore</strong>. E ci ha detto che nell'abitazione<br />

occupata da Nicolò Eucaliptus ad Acquedolci non era stato ottenuto dall'intercettazione alcun<br />

risultato utile perché ci ha detto Giorgio Riolo, Nicolò Eucaliptus non parlava dentro casa, parlava<br />

sempre fuori poi, dice, la microspia era stata trovata, quindi dall'abitazione non c'erano stati risultati<br />

utili. Ci ha detto Riolo che le microspie nella Fiat punto e nella Y 10 non avevano dato alcun esito<br />

perché c'erano stati proprio problemi tecnici di ascolto, mentre invece, ci ha detto Riolo, che la<br />

microspia all'interno della opel corsa aveva consentito di registrare, di intercettare, conversazioni<br />

che lui stesso ha definito importanti. Anzi, ci ha detto Riolo, che in una precisa circostanza,<br />

casualmente, trovandosi appunto nella sala ascolto, lui aveva avuto modo di sentire, di ascoltare una<br />

di queste conversazioni intercettate sulla opel corsa. Una conversazione ci ha detto Riolo che era<br />

stata appena registrata e nel corso della quale - testualmente ci ha detto Riolo - Nicolò Eucaliptus<br />

aveva detto che testualmente: "Dall'ingegnere non lo dovevano andare a rovinare" e cose varie, "Sì<br />

sì perché mi sono trovato occasionalmente perché stavo montando altri dispositivi in quella sala,<br />

ecco è stato occasionale". E quindi ha sentito che Eucaliptus dice "non dobbiamo andare<br />

dall'ingegnere se no lo roviniamo?" è questo? Riolo, "Sì, una frase del genere". Ci ha detto Riolo<br />

poi, dice, che tipo di conversazioni su questa macchina? E lui ha detto guardi: "Conversazioni di<br />

ogni tipo", cioè di ogni tipo utili diciamo da un p d v investigativo. A questo punto dopo averci<br />

elencato gli interventi, le anomalie, i risultati a Giorgio Riolo è stato quindi chiesto chiesto che cosa<br />

aveva rivelato di tutte iniziative, di tutte queste attività tecniche in particolare che riguardavano<br />

Nicolò Eucaliptus e le macchine in uso alla famiglia e in particolare al figlio <strong>Salvatore</strong>, che cosa<br />

avesse rivelato di tutto ciò a Michele Aiello. E siamo sempre all'udienza del 28 marzo 2006 e<br />

Giorgio Riolo ci ha risposto in questo modo: "Sì siamo nel giugno del 2003, non mi ricordo che<br />

circostanza, forse un problema che avevo io ai denti, avevo trovato il professore Carcione. Il<br />

professore Carcione mi espone un fatto. Mi espone un fatto di questo personaggio di Eucaliptus,<br />

Nicolò, che si era recato lì nei mesi precedenti, ha trovato lì nello studio della diagnostica, ha<br />

avuto delle forti pretese, delle forti pretese di avere delle documentazioni falsificate. Siamo andati a<br />

trovare l'ingegnere Aiello nel suo ufficio, io e il professore Carcione. Lì l'ingegnere Aiello andò<br />

insomma, si è messo a parlare che insomma non ce la faceva più. Non sapeva più che cosa fare con<br />

questo personaggio che continuava ad andare lì e avere delle pretese e lì mi disse che in realtà, di<br />

fatto, pagava qualche cosa a Nicolò Eucaliptus" e poi a proseguito Riolo testualmente: «e poi è<br />

92


successo il fatto che "e dico, ma io in che cosa posso essere utile?" Cioè era una domanda che mi<br />

ero posto fra me e me e fu quello il momento che l'ingegnere Ailello forse non si ricorda che lui<br />

chiese pure "ti faccio parlare con un mio ufficiale". L'ingegnere era preoccupatissimo su questo<br />

fatto, aveva paura e mi rispose che temeva insomma queste persone perché forse non aveva capito<br />

con chi aveva, con chi avevamo, di chi stavamo parlando, e mi disse "anche se io faccio una cosa<br />

del genere, poi chi viene, il tuo ufficiale dietro ai miei figli a Bagheria? Fu quella la cosa che mi<br />

fece, intanto, non lo so, mi fece ancora allontanare di più il discorso di mafia di tutte 'ste cose su<br />

questa, su quest'ingegnere. Quindi sapendo chi frequentava e tutte queste cose, proprio era lontana<br />

era una persona che per me andava protetta, da queste cose e io non sapevo come fare a<br />

convincerlo per presentare denuncia». E prosegue Riolo: "E lì gli confidai alla fine, quando ho<br />

visto che aveva paura di fare questa denuncia e mi aprì e dice" vabbè sai, cerca di non fati più<br />

trovare magari in ufficio, quando viene, ti viene a cercare cioè" e gli confidai, alla fine, "mi sono-<br />

dissi- non ti preoccupare, io anche la mia sezione, noi stiamo facendo delle indagini, c'erano delle<br />

microspie di cui penso che i colleghi penso i colleghi abbiano raccolto abbastanza materiale per<br />

buttarlo in galera quindi devi avere soltanto pazienza e te è questione di tempo che lo mandiamo in<br />

galera così te lo togli da davanti - dice Riolo- Questo è stato più che l'apertura nei confronti<br />

dell'ing.Aiello».<br />

Poi a Riolo è stato chiesto in concreto, in poche parole, cosa avesse rivelato, e Giorgio Riolo ci ha<br />

detto che a Michele Aiello aveva detto che lui e la sua sezione avevano piazzato microspie<br />

nell'abitazione di Acquedolci di Nicolò Eucaliptus e nella macchina, senza però specificare in quale<br />

macchina, testualmente: "avevamo piazzato delle microspie in macchina e ad Acquedolci".<br />

Quindi, sul primo punto, una sostanziale conferma che la rivelazione riguardante le attività su<br />

Nicolò Eucaliptus e Salvaore Eucaliptus c'era stata e che aveva avuto come oggetto, esattamente<br />

così come già Giorgio Riolo aveva detto durante gli interrogatori al pm, che aveva avuto ad oggetto<br />

l'installazione di microspie nella casa di Acquedolci e in una delle macchine. Ci dice Riolo: "Io non<br />

gli ho detto quale".<br />

E stato chiesto poi a Riolo di specificare il tempo, il momento in cui lui aveva confidato queste<br />

notizie specifiche a Michele Aiello e quanto ai tempi della rivelazione Giogio Riolo, nel corso del<br />

suo esame, ha inizialmente - ve l'ho già letto il passo - fatto riferimento al mese di giugno 2003,<br />

collocando dal punto di vista temporale in questo modo il famoso incontro che aveva avuto prima<br />

con Aldo Carcione e poi con Michele Aiello e dicendo che era stato durante questo incontro che lui<br />

aveva fatto, prima all'uno poi altro, queste confidenze sostanzialmente. E dice Giorgio Riolo che<br />

questa data, giugno 2003, ce lo dice al dibattimento questo, lui la poteva fissare come dire con una<br />

certa sicurezza perché poco tempo dopo da questa riunione lui aveva avuto in uso uno dei telefoni<br />

della rete riservata e quindi diciamo faceva riferimento a questa circostanza di fatto, quindi diciamo<br />

allo scarso lasso temporale trascorso rispetto al momento della consegna da parte di Michele Aiello<br />

di uno dei telefoni della rete riservata per dire questo discorso, questa rivelazione l'ho fatta a<br />

giugno.<br />

Allora a questo punto inevitabilmente è stato contestato a Giorgio Riolo il tenore sullo specifico<br />

punto della datazione della rivelazione delle precedenti e ovviamente divergenti dichiarazioni che<br />

lui aveva reso durante gli interrogatori al pm ed in particolare sotto questo specifico punto, e la<br />

collocazione temporale è stato contestato a Giorgio Riolo il contenuto di un interrogatorio che era<br />

stato reso da Giorgio Riolo a seguito di sua specifica richiesta il 20 agosto 2004 dopo la notifica<br />

dell'avviso di conclusioni delle indagini preliminari a seguito del quale Riolo aveva chiesto,<br />

esercitando un suo specifico diritto di essere interrogato, ed era stato appunto interrogato proprio il<br />

20 agosto 2004. Noi sappiamo, ve l'ho detto ieri che l'avviso di conclusioni delle indagini era stato<br />

notificato nei giorni tra il 16, 17, 18 luglio 2004, il 20 agosto c'è quest'interrogatorio su richiesta<br />

dell'imputato. E viene esattamente contestato sullo specifico punto quest'interrogatorio.<br />

93


Pm: "Allora guardi lei è stato interrogato sul punto il 20 agosto 2004, siamo a pagina 28 della<br />

trascrizione e seguenti, è l'ultimo interrogatorio, quello durante l'avviso di conclusione, quello<br />

chiesto da lei". E qui viene data lettura del verbale.<br />

Allora pm, la trascrizione dell'interrogatorio:<br />

Pm: "Ma lei quando io le stavo dicendo quando gliela detta lei ad Ailello, un minuto prima che<br />

venisse trovata?". Non leggo tutto l'interrogatorio, si sta parlando di quando lei ha dato queste<br />

notizie sulle microspie all'ing. Michele Aiello.<br />

Domanda pm. "Quando gliel'ha detto lei ad Aiello, un minuto prima che venisse trovata?<br />

Riolo: "No, no, no. Nel contesto, nel contesto, quando ci siamo incontrati con Aiello e Carcione<br />

Pm: Questo lo sa lei quando vi siete incontrati. Io non c'ero.<br />

Riolo: cioè aspettate possiamo fare un discorso<br />

Pm:Ma quanto tempo è passato?<br />

Riolo:Rispetto a quando è stata trovata?<br />

Pm: Esatto, quanto tempo prima?<br />

Riolo: Rispetto a quando è stata trovata saranno stati due mesi buoni, due mesi buoni.<br />

Dopo di che viene chiesto a Riolo, in particolare il punto è quanto tempo prima, due mesi buoni, e<br />

viene chiesto a Riolo «lei questa dichiarazione che io ho le letto la conferma o no?».<br />

E Riolo, ricevuta la contestazione, ci ha risposto: "Confermo di averla detta, io, però non confermo<br />

le da…non lo confermo perché le date sono queste sicure, perché subito do…, successivam…, ma<br />

pochi giorni dopo, succede che mi consegnano il cellulare, quindi è giugno".<br />

Pm: Lei dice giugno, ma lei mi conferma almeno che è legato all'incontro con Carcione e con<br />

Aiello?<br />

Riolo:Sì, esatto.<br />

Pm: E lei mi conferma che con riferimento al discorso che lei gli ha detto, non appena lei sa che<br />

Aiello si lamenta delle pretese economiche?<br />

Riolo:Sì<br />

2:53:46<br />

Pm: Ma in quest'occasione, durante questo colloquio, Aiello le dice anche che Eucaliptus era andato<br />

a trovarlo nella diagnostica, le ha parlato di visite di Eucaliptus?<br />

Riolo:Sì, sì, sì<br />

Pm:Glielo disse?<br />

Riolo: Sì!<br />

94


Pm: In che termini glielo disse?<br />

Riolo: Ma, intanto era un po' così, stanco di queste continue visite di questo personaggio che ogni<br />

qual volta aveva delle pretese e non ce la faceva più. Insomma a sostenere questo continuo…<br />

Pm: Sia più chiaro, che cosa le dice Aiello di queste pretese?<br />

Riolo: Ma adesso a cercare le parole esatte io non… non gli posso, su per giù mi disse, che era<br />

stanco, che non ce la faceva più. Ormai ogni qual volta che lui andava sempre qualche cosa. Era un<br />

po'… gli imponeva di assumere personale e nelle pretese di soldi, di prestiti di soldi, di prestiti di<br />

soldi, queste erano continue, non c'era una volta che per esempio, queste sono parole mie adesso,<br />

che andava lì per salutarlo "ingegnere, buongiorno, come sta? Arrivederci e grazie."<br />

Pm: E quindi nel racconto che le fa Aiello glieli aveva dati i soldi e i posti di lavoro?<br />

Riolo: Io questo non glielo ho chiesto, non me lo ha detto. Mi ha detto però che aveva delle pretese.<br />

Quindi evidentemente che aveva dato. Mi disse che aveva già pagato abbastanza.<br />

E allora a Giorgio Riolo è stato chiesto di specificare il dato temporale di queste visite, alle quali lui<br />

collegava il momento in cui aveva anche rivelato le notizie sull'installazione delle microspie a<br />

Michele Aiello.<br />

Pm: Ma gli parlò anche di visite di Eucaliptus in termini di attualità? Cioè che stava venendo<br />

ancora, che veniva frequentemente?<br />

Riolo:Sì, sì sì! Che veniva, continuava ancora a venire. Per questo gli consigliai di non farsi vedere.<br />

Tant'è vero che in quel periodo mi sembra la gente baypassava attraverso due controlli, uno sopra<br />

l'ingresso e l'altro sotto. Da premettere che io che conoscevo l'ing Aiello non mi lasciavano mai<br />

solo, venivo sempre accompagnato fino all'ufficio dal personale incaricato.<br />

Pm: Quindi, l'occasione in cui lei dice ad Aiello della collocazione delle microspie, che lei dice<br />

giugno 2003, questo colloquio in cui Aiello le dice tutte queste cose<br />

Riolo: Sì<br />

E allora a questo punto viene chiesto a Riolo<br />

Pm: E lei gli dice delle microspie come un fatto rivolto al passato o come un fatto rivolto al<br />

presente?<br />

E Riolo risponde "era un fatto passato", che non sarebbe passato molto tempo, lo avremmo buttato<br />

in galera e gli avremmo tolto questo … 'sta persona da in mezzo ai piedi.<br />

E allora, su questa specifica risposta ulteriore a G Riolo è stata effettuata una nuova contestazione.<br />

Pm: E allora guardi, lei il 20 agosto del 2004 e siamo a pagina 29 della trascrizione su questo<br />

argomento ha dato un'altra risposta che è assolutamente compatibile con quella che lei aveva dato<br />

sul periodo in cui aveva detto dell'esistenza delle microspie di Eucaliptus.<br />

E allora guardi siamo a pag 29.<br />

95


Pm: E allora io le stavo dicendo parlando della microspia collocata nella Opel corsa targata<br />

ba262Ba intesta a Dell'Anna Stefania e in uso a Eucaliptus <strong>Salvatore</strong>, figlio di Eucaliptus Nicolò,<br />

risulta agli atti dei carabinieri che questa microspia ha iniziato per lo meno il 6 novembre 2002.<br />

Probabilmente era stata collocata uno due giorni prima, non lo sappiamo, ed è stata trovata l'11<br />

marzo 2003.<br />

Riolo: Perché non glielo detto io prima?<br />

Pm: No, io ho solo fatto una…<br />

Riolo:No, io dico, perché io non glielo ho detto, non glielo ho detto? Perché questa benedetta<br />

microspia venne fuori dal discorso, quando lui assieme al prof Carcione mi dissero che era<br />

taglieggiato. Non ce la faceva più e cose varie. Dico per tranquillizzarlo, del resto, fidandomi di una<br />

persona che io pensavo che non fosse niente di tutto quello che oggi noi diciamo che sia. Mi fidavo<br />

e gli ho detto, quindi gli ho detto, non ti preoccupare c'è perfino la microspia anche se vedi se tu sei<br />

coscientemente a posto, possono parlare, c'hanno … c'è pure una microspia in macchina. Falli<br />

parlare tranquillamente, prima o poi questo va a finire in galera e te lo togli davanti alle scatole.<br />

Ma solo per questo glielo dico.<br />

Quindi questo era l'oggetto delle contestazioni delle precedenti dichiarazioni che a tutta evidenza<br />

hanno una precisa e chiara divergenza. Cioè, mentre al dibattimento Riolo ci ha detto di avere detto<br />

a Aiello abbiamo raccolto materiale tale che prima o poi lo buttiamo in galera, nella fase<br />

dell'indagine aveva detto, non ti preoccupare c'è la microspia in macchina falli parlare<br />

tranquillamente, prima o poi questo va a finire in galera. Che sia dal p d v concettuale sia dal p d v<br />

dei tempi è un concetto assolutamente diverso. Perché uno ovviamente esprime un qualche cosa che<br />

è accaduto e qui siamo di fronte a una speranza a una previsione falli parlare, falli parlare che prima<br />

o poi in galera vanno a finire.<br />

Fatta la contestazione Riolo ci ha risposto in questo modo:<br />

Riolo: Confermo quello che ho detto, ma era riferito, dott. Prestipino, era riferito al periodo<br />

precedente, cioè io non è che gli ho detto, cioè vai… Potevo diglielo prima insomma di questa<br />

benedetta microspia. È una cosa che mi sono espresso male io, nel linguaggio italiano.<br />

Allora si insiste<br />

Pm: Ma guardi che lei, quando noi gli abbiamo fatto la domanda e siamo a pag 28 le viene chiesto<br />

quando gliela detto. Lei colloca il riferimento all'ing. Aiello della notizia e lei dice di averglielo<br />

detto due mesi buoni prima del momento in cui la microspia era stata rinvenuta, tant'è vero che poi<br />

dice che è stata trovata l'11 marzo. Lei dice un paio di mesi prima, in realtà è rientrato il 17 gennaio,<br />

quindi un po’ meno di 2 mesi dev’essere stato comunque intorno a febbraio e poi lei dice,<br />

comunque certamente dopo che è rientrato in servizio,<br />

Riolo: Sì dopo che sono rientrato in servizio dopo il 17 gennaio.<br />

E viene contestato anche il secondo tratto delle dichiarazioni di Riolo. Ripetuta la contestazione il<br />

Pm: “Allora qui la domanda era sul contenuto della interlocuzione dell’incontro Aiello, Carcione e<br />

Riolo e ho letto la dichiarazione che ha reso il maresciallo Riolo in cui parla al presente. In cui dice,<br />

possono parlare c'è una microspia in macchina falli parlare tranquillamente prima o poi questo va a<br />

finire in galera e te lo togli dalle scatole che è un concetto, non è un problema terminologico<br />

diverso.<br />

Il presidente: Va bene la contestazione del pm<br />

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Il pm intanto su questo passaggio: cioè questa frase che lei ha riferito in quel verbale come detta da<br />

lei ad Aiello alla presenza di carcione a quell’incontro. Lei la conforma o no?<br />

Riolo: No, no, io non posso confermarla, io devo dire la verità e nient'altro che la verità e quindi che<br />

l'abbia in questo senso no, perché penso cioè che l’abbia detta questa, c’è una registrazione e l’ho<br />

detta. Attenzione io sto dicendo che confermo quello che sono lì, ma il senso era tutt'altro.<br />

Presidente: Quindi lei sta confermando di averla detta?<br />

Riolo: Di averla detta. Io ho detto che c’erano delle microspie, quindi potevano parlare<br />

tranquillamente, io non ho mai detto l’esistenza di questa microspie prima di quella data all’ing<br />

Aiello. Quindi il fatto che io le ho detto ci sono, può darsi che lo collocavo a un fatto di<br />

protagonismo, non lo so<br />

Predisente: lei che cosa?<br />

Riolo: perché io tra l’altro con l’incontro tra Carcione Aiello e me solo una volta è avvenuta e dopo<br />

quell’incontro ricevetti il telefono per questo io faccio di collocazione.<br />

Presidente: perfetto non ha fatto riferimento ad altri a queste due che già erano trovate nel giugno<br />

2003 e questo è un dato, un altro dati è che in qull'interrogatorio lei ha detto lasciali parlare in<br />

questo momento. Cioè al presente quindi facendo riferimento a un’attività in corso.<br />

Lei ribadisce di non avere detto questa frase e di averla solo riferita al passato?<br />

Riolo: sì, l’ho riferita al passato.<br />

Era il 28 marzo del 2006, l’udienza del 28 marzo. L’udienza del 28 marzo è stata rinviata al 4 aprile<br />

2006. E il 4 aprile 2006 in apertura di udienza, prima ancora che ricominciasse l’esame di Giorgio<br />

Riolo, Riolo ha chiesto di poter fornire come dire un chiarimento sul punto specifico che era stato<br />

oggetto, diciamo così di discussioni, di contestazioni e risposte nell'udienza precedente. E quindi<br />

siamo all’udienza del 4 aprile.<br />

Riolo: Sig. Presidente, prima di iniziare vorrei fare una precisazione a complemento di quanto è<br />

stato l’ultimo argomento, nell’ultima udienza riguardo le microspie. Ecco, io ho precisamente<br />

ricordo di questa situazione, appunto vorrei precisare che è stato tutto un confusionario. Anzi sin<br />

dall’inizio dei miei primi interrogatori in carcere. Io non mento (metto) dunque non ho... può darsi,<br />

può darsi che io l’abbia potuto anche dire a gennaio, a febbraio, a marzo, a giugno o a luglio. Io<br />

confermo di averlo detto, questo ne sono fermamente convinto e che sono un po' confuso<br />

esattamente nella data perché ci sono interrogatori. Io andando a rileggere gli interrogatori poi<br />

addirittura del 19 febbraioa pag 66 dichiaro che questa confidenza era stat fatta ad Aiello dopo che<br />

il Greco venne in licenza a Bagheria. Quindi è per questo che i miei cassettini di memoria<br />

continuano a collocarlo lì. Però non poso mettere attenzione, è possibile che gliela abbia anche<br />

potuto dire anche prima. Questo è.<br />

Di fronte a questa dichiarazione il pm, subito, ha chiesto a Riolo di specificare.<br />

Pm: Lei ci ha detto: “eravamo io, l’ing Aiello e il prof Carcione e se è uscito questo discorso e ho<br />

detto questa cosa”.<br />

Pm: ecco ancoriamo a questo dato di fatto, quando lei ha ricordo di questo discorso a tre sulla<br />

presenza di Eucaliptus, era un discorso che facevate al presente o al passato?<br />

97


E Riolo ha risposto: questo era il mio dubbio, ma facile che era il presente. Può darsi che era il<br />

presente, anzi sì, era al presente.<br />

Poi in controesame, sullo stesso punto, 11 aprile 2006, Riolo ha dichiarato, gli viene chiesto da una<br />

delle parti private: senta in quell’incontro con Carcione e Aiello in cui si affrontò il tema<br />

Eucaliptus, l’ing Aiello riferì che Eucaliptus gli chiedeva dei soldi.<br />

Riolo: sì, sì.<br />

E allora cerchiamo di mettere 2 punti fermi sulle dichiarazioni di Giorgio RIolo perché la vicenda è<br />

particolarmente complessa. Riolo sulla stessa questione ha reso XX xsia nella fase delle indagini<br />

preliminari sia nel corso del dibattimento.<br />

Noi abbiamo ogni volta 3 punti da esaminare, se c’è stata rivelazione, qual è stato l’oggetto di<br />

rivelazione, quando si è verificata. Sotto le prime due questioni Riolo ci ha detto coerentemente sia<br />

nelle fase delle indagini, sia nel corso dell’esame dibattimentale di avere certamente detto a Michele<br />

Aiello che la sua sezione aveva collocato microspie sia nell’abitazione di N E. ad Acquedolci sia in<br />

una delle auto che loro in quel periodo usavano senza però specificare il tipo che loro usavano.<br />

Questo Riolo ce lo ha detto coerentemente durante l’interrogatorio del pm e ce lo ha ribadito duante<br />

l’esame e il controesame. Quindi durante le sue dichiarazioni questo è un dato certo riferito nei<br />

diversi momenti processuali.<br />

L’anno della rivelazione e l’oggetto della rivelazione. Sui tempi della rivelazione Riolo ci ha fornito<br />

dei dati non convergenti. E allora cerchiamo di mettere un po’ di ordine. Durante l’interrogatorio<br />

del pm. Riolo ci ha detto che aveva rivelato la notizia in questione a Aiello circa due mesi prima<br />

che la microspia collocata sulla autovettura opel corsa fosse rinvenuta, quindi circa due mesi prima<br />

della data del rinvenimento, che è 11 marzo 2003. Poi al dibattimento Riolo ci ha detto che aveva<br />

parlato di questa microspia ad Aiello, prima ci ha detto a giugno, poi vedremo, comunque dopo il<br />

suo ritrovamento. Abbiamo quindi il secondo escamotage, la post datazione dell’evento, perché<br />

abbiamo uno spostamento della data della rivelazione, che serve chiaramente a depotenziare la<br />

prova sul punto, certo non ha privare la condotta di tutta la sua rilevanza penale. Ed è uno<br />

spostamento di data che è come dire: esattamente, ricalca quello che come vedremo aveva già fatto<br />

e ci aveva già proposto Aiello nel corso del suo esame. Comunque, dopo le contestazioni e a seguito<br />

di queste, Riolo è pervenuto a due dati sul punto. Ci ha detto che a) che sul punto non poteva<br />

ricordare il preciso momento in cui glielo aveva detto, b) ha sottolineato che era possibile che ad<br />

Aiello lo avesse detto prima del ritrovamento della microspia c) ci ha detto che comunque – e<br />

questo è un dato certo – lo aveva detto a Michele Aiello metre Aiello era sottoposto a una serie di<br />

richieste da parte di N .Eucaliptus e cioè mentre nello stesso periodo in cui Eucaliptus si recava da<br />

Aiello per avanzare queste richieste. Quindi diciamo in un momento contestuale alle continue visite<br />

di Eucaliptus a Michele Aiello. Quindi sullo specifico punto è rimasta sostanzialmente una<br />

divergenza, che non esiste invece sugli altri due punti. Sullo specifico punto della datazione, la<br />

divergenza che dobbiamo poi valutare con gli altri elementi di prova raccolti sul punto è la seguente<br />

e cioè che una certezza espressa da Riolo negli interrogatori rivolti dal pm “a Michele Aiello l’ho<br />

detto dopo essere tornato dalla convalescenza, due mesi circa prima del ritrovamento della<br />

microspia”,è diventata questa certezza nel corso del dibattimento soltanto una possibilità e cioè “è<br />

possibile che io glielo abbia detto prima del ritrovamento”. Una possibilità a cui però, Riolo dopo<br />

tutta la serie di contestazione ci ha accompagnato con una dato certo e cioè che quando glielo aveva<br />

detto a M.Aiello, Aiello era sottoposto alle pretese di N. Eucaliptus, che proprio in quello stesso<br />

periodo, uso le parole di Riolo “si recava da lui, in continuo, in continuazione”. Ed è una divergenza<br />

che deve essere valutata anche in relazione, sulla scorta degli altri elementi di prova che sul punto<br />

sono stati raccolti e ci dicono,come vedremo, delle cose chiare. Ma vediamo sullo stesso punto<br />

quello che ci ha detto Michele Aiello che anche lui è protagonista principale della vicenda. A<br />

Michele Aiello, all’udienza del 21 febbraio 2006, quindi 2 mesi prima dell’esame di Riolo, sono<br />

state sostanzialmente poste 3 domande.<br />

98


1) Se Riolo gli avesse confidato che lui, il suo reparto (il Ros), avevano in corso attività<br />

investigative sugli Eucaliptus ed in particolare che nell’ambito di tale attività erano<br />

installate microspie nell’abitazione di Acquedolci di N Eucaliptus e all’interno<br />

dell’autovettura in uso a <strong>Salvatore</strong> Eucaliptus.<br />

2) Quando, Riolo, gli avesse confidato queste notizie?<br />

3) Se e quando lui, Aiello, a sua volta avesse messo al corrente S Eucaliptus o chi per lui di<br />

quanto gli era stato confidato da Riolo.<br />

Partiamo dalla prima domanda.<br />

Pm: Riolo le ha mai parlato di attività di indagine su N Eucaliptus?<br />

Aiello; sì, mi ha detto quando si andava nel…, siamo dopo che Borzacchelli aveva riferito quelle<br />

famose telefonate per cui c’era l’ipotesi se poteva essere qualche cosa derivante da indagini su<br />

Borzacchelli e quindi di riflesso su di me o da un discorso riguardante l’eventuale pedinamento del<br />

signor Eucaliptus che era venuto presso la nostra struttura nel maggio a effettuare quel famoso<br />

esame e mi ha detto vabbè non ti preoccupare perché stiamo… è gente furba, ma stiamo per<br />

arrestarli. Sono attenzionati e mi ha riferito anche il particolare proprio per dire la scaltrezza, due<br />

cose mi ha detto: una, che avevano ritrovato la microspia in macchina; la seconda, mi ha detto lui<br />

che avevano detto che avevano scoperto le microspie in Acquedolci e sulla vettura. Questo, l’uno e<br />

l’altro.<br />

Pm: No, io le ho fatto veramente un’altra domanda. Se Riolo le aveva parlato di installazione non di<br />

ritrovamento.<br />

Aiello (quasi seccato): No! Glielo dico per la terza volta, no. Mi ha parlato di ritrovamento di<br />

microspie, non mi ha mai parlato di collocazione.<br />

Qui siamo di fronte al “primo escamotage dialettico” utilizzato da Aiello: c’è l’aggiustamento delle<br />

dichiarazioni attraverso la modifica dell’oggetto della rivelazione. Perché come vedremo la<br />

collocazione, l’installazione della microspia, è diventata improvvisamente, a distanza di due anni, il<br />

ritrovamento delle microspie. Dico questo perché su questo specifico punto e a questo punto<br />

dell’esame a Aiello è stato contestato il tenore delle dichiarazioni che lui stesso aveva in precedenza<br />

reso, proprio su questa specifica questione.<br />

Pm: allora guardi lei, il 19 maggio del 2004, sul punto ha dichiarato -e viene letto il verbale di<br />

interrogatorio -. Pm: cosa le disse di preciso Riolo?<br />

Aiello: il sig. Riolo mi disse che era seguito il sig Eucaliptus praticamente, per cui dico, a parte<br />

l’elemento che era, questo suo continuo venire presso i locali della diagnostica avrebbe comportato<br />

certamente dei problemi. Questo era l’argomento in linea del tutto generale, per cui si parlava della<br />

pericolosità del soggetto all’interno e quindi il fatto che venendo alla diagnostica potesse creare dei<br />

problemi, mi diceva che lui veniva seguito e pedinato tutte le volte che veniva a Bagheria veniva<br />

seguito e che certamente l’avrebbero intercettato all’interno, anzi un giorno mi ha precisato che in<br />

occasione di una visita perché questo signore veniva parecchie volte ad eseguire parecchi esami,<br />

cioè era stato seguito e la moglie si era accorta della presenza di soggetti non ben identificati però<br />

persone che all’interno della struttura andavano girovagando. Alla richiesta esplicita di sapere di<br />

cosa avevano bisogno però praticamente non hanno risposto e allora lui desumeva da tutto questo<br />

che certamente erano persone che seguivano il sig Eucaliptus.<br />

Pm: poi sempre il 19 maggio…<br />

Aiello interviene e prende la parola (sempre da lettura verbale).<br />

Aiello: no, fino ad ora io confermo perché praticamente è quello che ho detto io<br />

Pm: sì, ma aspetti<br />

Aiello: fino ad ora confermo, così ci mettiamo un punto (Prestipino: sì certo , troppo comodo<br />

mettere un punto qui)<br />

Pm: poi sempre il 19 maggio, sempre sull’argomento lei ha detto (e viene data lettura di quanto<br />

aveva detto il 19 maggio sull’argomento) “lui mi parlava che il sig Eucaliptus e tutti i suoi<br />

99


componenti familiari compreso il suo genero, questo di qua, venivano seguiti, ed erano oggetto di<br />

indagine, però in particolare, tutti i vari particolari, ma che erano attenzionati e seguiti. Su questo sì.<br />

Mi ha parlato della microspia che lui aveva piazzato nella casa del sig Eucaliptus in quel di<br />

Messina, in prov di Messina, dove abitava e che aveva piazzato una microspia nella macchina del<br />

figliolo.<br />

Quindi una risposta assolutamente chiara che Aiello aveva data il 19 maggio del 2004 e non il 6<br />

dicembre 2003 al primo interrogatorio in carcere. A distanza di mesi 6 dal primo interrogatorio il 19<br />

maggio, quando ci aveva detto chiaramente che Riolo gli aveva detto non solo che tutti i<br />

componenti della famiglia compresi i generi erano tutti sotto indagine, non solo che N Eucaliptus<br />

veniva seguito e pedinato ogni volta che veniva da Acquedolci a Bagheria, non solo che anche il<br />

genero era sotto le indagini; ma Aiello aveva detto di aver saputo da Riolo che avevano piazzato<br />

una microspia nella casa di Acquedolci e che avevano piazzato una microspia nella macchina del<br />

figliolo!<br />

Preso atto della contestazione Aiello ha detto: E allora, senta, a chiarimento di questo (Prestipino: è<br />

qui c’è il capolavoro). Perché c’è un gioco di parole in tutto, perché a volte il modo di esprimersi a<br />

volte, no perché mi voglio dare una giustificazione, ma perché volgio dare una risposta univoca:<br />

confermo appieno quello che ho dichiarato lì, con la precisazione che chi materialmente ha<br />

installato la microspia, la microspia, se sia stato lui, o qualcun’altro, non me lo ha mai precisato.<br />

Che è ovvio che se sono state installate delle altre microspie precedentemente piazzate da loro,<br />

questo come Ros non me ne ha parlato.<br />

Siamo all’altra contestazione ( - e Prestipino sottolinea come Aiello si sottrae alla risposta diretta- ),<br />

cioè se confermasse o meno quello che lui aveva detto durante la fase delle indagini, perché questo<br />

serve per valutare l’attendibilità delle sue dichiarazioni. Quindi da capo…<br />

Pm: ma guardi che la domanda che io le avevo fatto e sulla quale io le ho fatto la contestazione è se<br />

Riolo le aveva detto –al di là del fatto di chi materialmente aveva vi aveva provveduto -, cioè se il<br />

suo reparto di appartenenza aveva installato microspie nell’abitazione di N Eucaliptus ad<br />

Acquedolci e nella macchina in uso a S Eucaliptus, al figliolo.<br />

Aiello: non rispondo<br />

Allora precisiamo ancora meglio.<br />

Pm: sì o no?<br />

Aiello: parliamo.<br />

Pm: no precisiamo ancora meglio<br />

Aiello: mi fa rispondere per favore?<br />

Pm: prima risponda alle mie domande, poi io le faccio le altre domande<br />

Aiello: ho detto, guardi, le ho spiegato meglio non si può rispondere perché qua c’è stato tutto un<br />

interno processo su queste 3 parole! Per cui merita secondo me che venga chiarita in maniera<br />

approfondita e che mi sia data finalmente la possibilità di potere parlare. Io allora chiedo, sig<br />

Presidente, la possibilità di dare delle spiegazioni su fatti estremamente delicati.<br />

Presidente: ma non mi pare che le si sia mai tolta questa possibilità…<br />

Aiello: anche su quest’ulteriore domanda perché mi pare che non mi si voglia dare la possibilità di<br />

rispondere<br />

Pres: no, guardi il pm le ha fatto una domanda alla quale lei può rispondere con un sì o con un no.<br />

Poi …<br />

Aiello: non si può rispondere con un sì o con un no<br />

Pres: allora risponda come è in grado di rispondere<br />

Aiello: e allora, nel luglio, nel subito…<br />

Pm (interrompe a sua volta): le chiedo scusa, lei lo conferma quello che ho letto, o no?<br />

Aiello: io confermo in parte quello che ha letto poco fa<br />

Pm: no in parte,<br />

100


Aiello: e poi ho detto<br />

Pm: no, io le ho letto una pag e mezzo di sue dichiarazioni<br />

Aiello: io ho detto confermo<br />

Pm: lei conferma o no?!<br />

Aiello: le mie dichiarazioni, ad eccezione del fatto che lui, non mi ha mai detto gli ho collocati io<br />

personalmente. Ovviamente si parlava<br />

Pm: continua a non rispondere!<br />

Aiello: Ovviamente si parlava di microspie che erano state ritrovate nel mese di giugno luglio 2003,<br />

perché questo è importante<br />

Pm: un discorso è il ritrovamento, che è un evento, altro evento è la circostanza dell’installazione.<br />

Parliamo dell’installazione<br />

Aiello: perfetto<br />

Pm: la domanda non è se Riolo ha detto chi materialmente, cioè se il maresciallo Francesco,<br />

Giuseppe, XY, se Riolo ha detto che il suo reparto inteso lui. Era questo il senso, avevano installato<br />

nell’ambito delle indagini su Eucaliptus una microspia ad Acquedolci, a casa di Eucaliptus N e una<br />

microspia nell’autovettura al figlio <strong>Salvatore</strong>, intanto se erano state installate queste due microspie:<br />

questa è la domanda, è chiara?<br />

Aiello: posso?<br />

Pm: Sì può rispondere<br />

Aiello: quando ovviamente il maresciallo Riolo die lavoriamo è il suo gruppo che lavora, quindi è<br />

scontato che lavora il Ros e su questo non ci piove. Quando mi dice abbiamo ritrovato una<br />

microspia, se ci lavora il Ros è ovvio che l’ha piazzato. Che l’hanno piazzato loro, ora<br />

materialmente chi quando va, il giorno, l’anno, l’ora, il minuto di quando l’hanno piazzato io non lo<br />

so, non lo mai saputo, me l’avete chiesto un mare di volte e vi ho risposto sempre nella stessa<br />

maniera.<br />

(falso, dice Prestipino)<br />

Pm: allora di fronte a questa risposta io reitero la contestazione.<br />

Interviene il presidente: la domanda del pm è chiara, la contestazione pure, se lei vuole rispondere<br />

per favore<br />

Aiello: io ho risposto, sig Presidente<br />

Pres: va be’, se non ha nulla da aggiungere rimane la contestazione<br />

Aiello: no, non può rimanere la contestazione. Ho detto che confermo che lui mi ha parlato per<br />

quanto riguarda il ritrovamento. Mi ha detto che stava lavorando il suo gruppo, però io non so l’ora,<br />

il giorno, la data e chi ha installato queste microspie.<br />

Allora il Pm ha riletto tutta la contestazione sull’installazione della microspia nella dichiarazione<br />

resa il 19 maggio 2004 a pag 87 della trascrizione. Allora a quel punto Aiello<br />

Aiello: che lui me ne abbia parlato lo confermo per l’ennesima volta. È un modo improprio di dire<br />

le cose, ma materialmente la certezza che mi abbia detto li ho collocati io, io questo non lo so se li<br />

abbia collocati lui personalmente.<br />

Pres:ne prendiamo atto, permane la contestazione<br />

Ho letto tutte queste parti dell’esame perché questo è il modo in cui di fronte a qualsiasi<br />

contestazione che è stata mossa a precedenti dichiarazioni a sempre risposto Aiello con giochi<br />

dialettici per impedire al tribunale se lui confermava o meno le sue precedenti dichiarazioni e<br />

arrivare così a una valutazione compiuta del suo esame. E cmq permane la contestazione, che<br />

significa una sola cosa: che tra le dichiarazioni rese il 19 maggio 2004 e le dichiarazioni che Aiello<br />

ha fornito durante l’esame vi è un’assoluta, permanente, insanabile, divergenza, interna di sostanza.<br />

E questa è la prima questione se è che cosa è stato rivelato. E su questo, ripeto, c’è un’isanabile<br />

contrasto tra precedenti e successive dichiarazioni, che è rimasto tale e quale.<br />

Seconda questione, quando Riolo ha fatto questa prima confidenza a Aiello.<br />

101


Pm: Quando Riolo le ha riferito di avere installato queste microspie? Aiello ci ha risposto così:<br />

Siamo nell’estate del 2009, siamo praticamente nel periodo che abbiamo viene Borzacchelli a<br />

trovarmi in diagnostica, quindi io lo colloco proprio dopo la campagna elettorale delle provinciali<br />

del 2003.<br />

E qui siamo sulla stessa, in cui Michele Aiello ha utilizzato tutti e due gli escamotage. Su una<br />

questione a spostato l’oggetto, ha modificato l’oggetto della rivelazione, non la collocazione ma il<br />

ritrovamento; e qui invece sposta anche la data e c’è la post datazione, rispetto a quello che lui<br />

aveva detto al pm nella fase delle indagini preliminari. E lo dico perché lui sullo specifico punto del<br />

quando aveva reso delle dichiarazioni tutt’affatto diverse.<br />

Pm: allora anche qui procedo a contestazione e lo stesso verbale Pres e le stesse pagine<br />

Aiello: Questo siamo veramente nell’estate del 2003, nel 2003 certamente, mi parlava in relazione<br />

delle visite che era un elemento pericoloso, dove figurati che, io sono andato, praticamente anche<br />

noi, io sono andato a collocare le microspie sia a casa sua che nella macchina del figliolo. Siamo<br />

prima dell’estate però! Saremo nel periodo marzo aprile<br />

Pm: dell’anno scorso, del 2003?<br />

Aiello: dell’anno scorso, non mi ricordo però preciso, magari il mese, ma prima dell’estate.<br />

Marzo aprile 2003, queste le dichiarazioni che aveva reso sul punto specifico Michele Aiello. Fatta<br />

la contestazione Aiello ha risposto e non ha detto, confermo, non confermo. Ha ricominciato tutto il<br />

giochino di cui io vi ho data ampia lettura per quanto riguarda la prima questione e che non farò per<br />

la seconda e neanche per tutte le altre. Non ha detto confermo non confermo,<br />

Aiello: allora in ordine alla data marzo non c’entra completamente niente<br />

È ricominciato il solito giochino con interventi, controinterventi. Poi alla fine ha dovuto dire “non<br />

confermo”, quindi non ha confermato le dichiarazioni che lui aveva reso durante la fase delle<br />

indagini. E dunque anche su questo specifico punto del quando registriamo anche proprio dal p d v<br />

della prova ai sensi del 500 e del 503 una situazione di assoluto e insanabile contrasto tra le<br />

dichiarazioni che Aiello ha reso durante le indagini e poi quelle che ci ha reiterato nel dibattimento.<br />

Una situazione di assoluto contrasto che non si è in alcun modo ricomposta perché è rimasta tale.<br />

Terza domanda sulla terza questione: se delle confidenze ricevute da Riolo, Aielo avesse parlato a S<br />

Eucaliptus o a chi per lui.<br />

Pm lei ha mai riferito, a mai rivelato a S Eucaliptus che in una delle autovetture a lui in uso era stata<br />

collocata una microspia?<br />

Aiello (indiganto) :questo nelle tante favole; nel mio processo, no!<br />

È qusto l’unico punto su cui Aiello è stato su tutta la questione perfettamente coerente. Perché<br />

aveva detto di no durante la fase delle indagini, poi ci ha dato questa risposta nella fase del<br />

dibattimento. L’indignazione non conta, ciò che conta è che lui ci ha detto coerentemente, sia<br />

prima che dopo, no, non ho mai rivelato a Eucaliptus S che Riolo mi aveva detto che sulla sua<br />

autovettura c’era una microspia.<br />

Anche qui se tracciamo un primo bilancio delle dichiarazioni, sotto la disciplina della prova della<br />

valutazione che deve essere effettuata su Aiello dobbiamo dire che c’è solo un punto fermo e<br />

coerente su tutte le dichiarazioni che a reso su questa specifica questione. Cioè il terzo, che Aiello<br />

non aveva mai rivelato a S Eucaliptus nella sua autovettura era stata collocata una microspia. Ed è<br />

solo questo il punto che si può utilmente valutare insieme alle altre risultanze di prova, perché è<br />

l’unico pezzo di tutte le dichiarazioni rese sulla questione che Aiello ha riferito e confermato allo<br />

stesso modo, perché su tutti gli altri punti della vicenda, le dichiarazioni di Aiello presentano gravi<br />

punti di inattendibilità di grave e insanabile contrasto, che quindi rendono quello che ha detto Aiello<br />

già di suo inattendibile. Abbiamo cercato elementi di valutazione anche dagli altri protagonisti della<br />

vicenda. S Eucaliptus che è il beneficiario immediato, diretto, della notizia, all’udienza dell’8<br />

novembre 2005, imputato di reato connesso, condannato con suo padre per il reato di 416 bis, si è<br />

avvalso della facoltà di non rispondere. Nicolò Eucaliptus, invece, sentito nella stessa qualità, ha<br />

risposto, ma sullo specifico punto non ha fornito alcun utile elemento di valutazione.<br />

102


Abbiamo poi sentito i militari, gli ufficiali, quelli che avevano curato tutta questa attività d’indagine<br />

e in particolare il quadro sulle attività investigative condotte sul nucleo famigliare Eucaliptus ci è<br />

stato fornito nel dettaglio da Antonio Damiano, che ci ha riferito tutti i particolari connessi<br />

all’attività investigativa, iniziata attraverso i servizi di osservazione e pedinamento, intercettazioni<br />

telefoniche, intercettazioni di conversazioni tra presenti su vari sogetti. Ci ha detto Damiano, che N<br />

Eucaliptus era stato scarcerato a luglio del 2001, il 20 ottobre 2001, quindi a distanza di poco<br />

tempo, erano iniziate le attività tecniche che lo riguardavano attraverso l’intercettazione di<br />

un’utenza cellulare. Ci ha detto Damiano che nel giugno del 2002 si era riusciti ad installare delle<br />

microspie nell’abitazione dove N Eucaliptus abitava ad Acquedolci. Quindi ci ha detto Damiano<br />

erano state estese attività tecniche d’intercettazione ad altre utenze, in particolare, quelle attestate<br />

presso l’abitazione in contrada Consona a Bagheria, erano state estese attività tecniche su altre<br />

utenze cellulari. Tutte queste attività, ci ha detto Damiano, a cui aveva preso parte Riolo, che<br />

comunque era a conoscenza di tutte le attività e del quadro delle iniziative. E ci ha detto D che il 23<br />

agosto 2002, N Eucaliptus aveva rinvenuto la microspia installata presso l’abitazione di<br />

Acquedolci.<br />

Aiello e ci ha detto che quelle attività non avevano dato risultati positivi. Ci ha D. che poi<br />

nell’autunno del 2002 erano state collocate delle microspie sulle tre autovetture delle quali in quel<br />

periodo faceva in particolare uso S Eucaliptus (Y 10, fiat punto, opel corsa). D ci ha detto in<br />

particolare che sulla Opel corsa –autovettura di cui S Eucaliptus faceva maggiore uso – le microspie<br />

erano state installate il 6 novembre 2002. Ci ha detto Damiano che l’installazione era stata curata<br />

dai militari del gruppo tecnico, ma che Riolo ne era stato immediatamente informato via telefono<br />

dai suoi colleghi: circostanza che ci ha già detto e confermato lo stesso Riolo. Le microspie sulle<br />

macchine di S Eucaliptus vengono installate non solo perché era proprio S Eucaliptus quello che<br />

quando il padre Nicolò faceva ritorno da Acquedolci a Bagheria lo andava a prendere<br />

(preferibilmente con la Opel corsa alla stazione di Bagheria, lo portava in giro, insomma gli faceva<br />

da accompagnatore. Perché N E non poteva guidare la macchina, essendo posto a misure di<br />

prevenzione) e poi lo riaccompagnava alla stazione. No, c’era anche un altro motivo, per cui<br />

<strong>Salvatore</strong> Eucaliptus era entrato diciamo sotto l’attenzione investigativa del Ros perché sulle utenze<br />

telefoniche di padre e figlio, a settembre in particolare, erano state registrate alcune conversazioni<br />

nel corso delle quali Nicolò Eucaliptus incaricava il figlio <strong>Salvatore</strong> verso la fine di settembre e i<br />

primi di ottobre di andare a ritirare degli indumenti presso una tintoria di Casteldaccia. Il Ros<br />

ovviamente aveva seguito S E , il quale tutto aveva fatto, meno che recarsi in una tintoria perché in<br />

realtà S E era andato a Casteldaccia, ma non presso una tintoria, ma presso un bar e non un bar<br />

qualsiasi, ma il bar di Giuseppe Virruso, classe 38, quello che portava i biglietti di Provenzano da<br />

Vittoria a Casteldaccia. E quando era tornato, inutilmente perché il bar era chiuso, <strong>Salvatore</strong><br />

Eucaliptus aveva telefonato al padre e gli aveva detto che non aveva trovato nessuno, che era chiuso<br />

per ferie (il bar era effettivamente chiuso per ferie) e il padre lo invita a tornare. Tra una telefonata e<br />

l’altra, S E. fa ritorno a Casteldaccia, prende contatti con G.Virruso nei primi di ottobre 2002. La<br />

circostanza al di là del semplice contatto aveva nell’ambito delle risultanze investigative del Ros<br />

aveva un significato perché proprio in quello spazio temporale era stato effettuato un viaggio da<br />

parte di Giuseppe Virruso e Pino Pinello fino a Vittoria dove erano andati a prendere dei biglietti<br />

(confermato) e li avevano portati fino a Casteldaccia. Quindi c’erano non solo la coincidenza dal p<br />

d v soggettivo del contatto tra <strong>Salvatore</strong> Eucaliptus e G. Virruso, ma anche la coincidenza da un p d<br />

v dei tempi del fatto che questo contato era avvenuto proprio in coincidenza con il ritorno di Pinello<br />

Virruso da Vittoria. Anche questa era una della ragioni per cui il Ros investiga nei confronti di<br />

<strong>Salvatore</strong> Eucaliptus.<br />

Antonio Damiano ci ha detto collochiamo le microspie sulla opel corsa il 6 novembre del 2002 e<br />

prendiamo registriamo delle conversazioni importanti. Di ognuna di queste conversazioni Damiano<br />

ci ha dato gli interlocutori e, ovviamente, senza entrare nel dettaglio il tema generale e ci a detto io<br />

do solo date.<br />

103


E questa è matematica: allora 6 novembre 2002 avviene l’installazione, ci dice Damiano che le<br />

prime conversazioni rilevanti e utili per proseguire le attività investigative erano state registrate il<br />

26 novembre 2002, il 3 dicembre 2002, l’11 dicembre 2002: queste sono le tre conversazioni<br />

importanti che vengono captate sulla opel corsa dopo l’installazione delle microspie. Poi ci ha detto<br />

che altre conversazioni importanti erano state captate il 20 gennaio 2003, 21 gennaio 2003, 31<br />

gennaio 2003, 8 febbraio 2003 e 11 febbraio 2003, cinque conversazioni nelle quali in particolare<br />

dal 20 gennaio 2003 viene per la prima volta captato, fatto, per la prima volta in quella macchina,<br />

tra Nicolò Eucaliptus e <strong>Salvatore</strong> Eucaliptus il nome di Aiello. Anzi il 20 gennaio viene indicato<br />

come l’ing. E poi si fa proprio riferimento all’ing. Aiello. Ci ha detto Damiano che dopo l’11<br />

febbraio 2003, non ci sono più conversazioni e che l’altra conversazione intercettata è l’11 marzo<br />

2003, che non è una conversazione perché l’ha trascritta il nostro perito. Sono 4 battute in cui si<br />

dice: “ma questo che cos’è? È il filo”. E sono le fasi del rinvenimento della microspia su cui oltre<br />

che Daminao, ci hanno riferito Stefano Russo il 27 marzo 2007 e il maresciallo Leone 13 marzo<br />

2007 raccontandoci quello che era accaduto che è ne più ne meno di quello che ci ha esattamente<br />

detto Riolo. Dice Damiano testualmente: sentiamo materialmente all’interno che si muovono<br />

vicino alla microspia e poi vi sono delle frasi che fanno capire che l’hanno individuata, c’è<br />

un’attività di ricerca. Da questo momento in poi la microspia smette di funzionare 11 marzo 2003. il<br />

col Damiano a dimostrazione di questa lettura ci ha anche detto “voglio aggiungere anche un altro<br />

dato: marzo 2003 era un nuovo telefono in uso a <strong>Salvatore</strong> Eucaliptus. L’8 aprile 2003 chiediamo<br />

anche un nuovo telefono di N Eucaliptus. Questi due fatti accadono uno un po’ prima cioè l’11<br />

marzo c’è il ritrovamento della microspia”. Quindi S E. cambia il proprio telefonino il 10 marzo e<br />

invece Nicolò lo cambia l’8 aprile. E dice Damiano “questi fatti accadono uno un po’ prima e uno<br />

un po’dopo l’11 marzo”. Voglio dire che anche questi 2 telefoni cambiati da parte degli investigati<br />

significava una precauzione in più rispetto all’attività che svolgevamo.<br />

Quindi noi abbiamo un dato importante: l’attività di intercettazione, sulla opel corsa ha inizio il 6<br />

novembre 2002 e ha termine l’11 marzo 2003. in questo periodo vengono captate conversazioni<br />

importanti a novembre, a dicembre, a gennaio nelle date che vi ho detto, fino all’11 febbraio 2003.<br />

poi c’è un buco di un mese e l’11 marzo c’è il ritrovamento. Questo dato fornito da Damiano, uff.<br />

dei carabinieri che ha seguito quest’attività voi lo trovate confermato sfogliando il fascicoletto delle<br />

trascrizioni del perito dove , dopo l’11 febbraio 2003, sull’opel corsa non c’è più alcuna<br />

trascrizione. Fino all’11 marzo.<br />

Se noi teniamo a mente questo dato e quello che ci ha detto Riolo, già possiamo intuire quello che<br />

nel frattempo era accaduto. E però le dichiarazioni di Riolo, soprattutto relativa al quando, hanno<br />

bisogno di una conferma, perché Aiello ci ha detto esplicitamente di non avere mai parlato con<br />

<strong>Salvatore</strong> Eucaliptus né di avergli mai rivelato l’esistenza di microspie nella sua macchina. Allora<br />

noi per capire quello che in questo momento noi possiamo solo intuire, tracciare sulla scorta di<br />

quello che ci dice Riolo, dobbiamo cercare gli elementi di riscontro. E da questo punto di vista noi<br />

abbiamo due chiavi di lettura costitute da altrettanti oggettivi elementi di prova, veri e propri<br />

elementi di prova autonomi! Che si aggiungono:<br />

Primo punto, che cosa ha detto Riolo ad Aiello, davvero? Riolo coerentemente ci ha detto, sia nelle<br />

indagini sia all’esame ci ha detto: “io a Aiello ho detto che avevamo piazzato le microspie, in<br />

particolare quelle sull’autovettura”. Mcihele Aiello aveva detto la stessa cosa durante la fase delle<br />

indagini. Ma poi ha cambiato la propria versione dei fatti al dibattimento e quindi il collocamento<br />

era diventato il ritrovamento.<br />

Che cosa è vero? Che cosa è vero, in questo processo, ce lo ha detto S Eucaliptus perché S E<br />

chiamato in quest’aula si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma quello che aveva da dire sul<br />

punto S E ce lo ha comunque detto molto tempo prima che questo processo avesse inizio. Ce lo ha<br />

detto in epoca non sospetta, il 18 giugno 2004 quando, dopo essere stato sottoposto a fermo e<br />

misure cautelari dal 9 giugno, il 18 giugno effettua il suo primo colloquio in carcere con i suoi<br />

familiari. E prima ancora di entrare nel merito va detto che queste parole, questo tratto di<br />

conversazione di S. E. è certamente quello più genuino. Perché provengono intanto dalla parte<br />

104


coinvolta nella vicenda quale beneficiario diretto della rivelazione, ma soprattutto sono le più<br />

genuine perché vengono dette in epoca non sospetta: il 18 giugno 2004. quando gli atti del<br />

procedimento contro Aiello non erano ancora stati depositati e le dichiarazioni che sul punto<br />

avevano reso sia Riolo che Aiello non erano state utilizzate nei confronti di S. E. che quindi era<br />

completamente all’oscuro delle circostanze che sulla questione avevano riferito ad aprile, a maggio<br />

Riolo ed Aiello. E quindi si tratta di parole a cui occorre assegnare una particolare evidenza dal<br />

punto di vista probatorio, di particolare importanza per valutare le altre parole. Queste sono parole<br />

che vanno usate come criterio di valutazione, come elemento di prova, che vi dicevo è una prova<br />

autonoma, ma è un elemento che serva a valutare chi ha detto la verità tra Riolo e Aiello.<br />

Allora vediamo quali sono le parole di S.E.<br />

Siamo al 18 giugno 2004, nella sala colloqui della casa circondariale dell’Ucciardone e il primo<br />

colloquio che fa S.E. da detenuto, non era mai entrato in carcere S.E. E si trova a colloquio con<br />

Stefania Dell’Anna che è la sua compagna, bambino piccolissimo, con il fratello Francesco<br />

Eucaliptus e con la madre di S.E., cioè con la signora Rosalia Castronovo. Ebbene è una<br />

conversazione lunga e a un certo punto Francesco E. commenta e dice al fratello <strong>Salvatore</strong> che da<br />

diversi giorni compariva sul giornale il nome di <strong>Salvatore</strong> che i giornali parlavano della sua<br />

vicenda.<br />

Francesco: “Michia nu giurnali spisso ha nisciuto, sei famoso!”<br />

Salvo: Seee<br />

Madre: Ma tutti, dice, ma chi è, dici, finivi i travagliare e cinqui venticinque e alle cinque e mezza<br />

eri a casa.<br />

Francesco: “ti fanno l’articoletto assolo, ti fanno l’articoletto assolo”.<br />

Salvo: Ancora?<br />

Francesco: sì<br />

Stefania: c’è ancora<br />

Francesco: perché col fatto dice “intercettazioni con Aiello”.<br />

Salvo: Aiello, io?<br />

Francesco: nel giornale c’è scritto che tu gli hai detto gli hai confermato che …<br />

Interviene la madre e zittisce i figli<br />

Francesco: ma chi è, che c’è<br />

Salvo: che cosa?<br />

Stefania: ah sì, che avevi confermato!<br />

Salvo: d’a microspia?<br />

Francesco annuisce<br />

Stefania: che la microspia, te l’aveva detto Aiello.<br />

Francesco: tu, dice che glielo hai detto tu<br />

Salvo: quella della mia macchina gli ho detto, quella della mia macchina gli ho detto! Ma iddu mu<br />

dissi, io ci l’avia a cunfirmare picchi iddi u sanno già a priori.<br />

Stefania (soggetto estraneo a logica criminale): hai visto che avevo ragione? Avevo detto a Ignazia<br />

che l’avvocato ce l’aveva detto quando era uscito che lui aveva detto di sì<br />

Francesco: i liggiu nei giornali tutti sti cosi<br />

Salvo: iddu mu disse, sì picchè iddi u sanno perché quindi è inutile ca…<br />

Madre: speriamo u Signuri d’aiutarini<br />

Sono parole davvero chiare che da un lato ci confermano un dato importante e dall’altro ne<br />

smentiscono un altro. Che cosa confermano? Intanto confermano esattamente quello che aveva<br />

detto durante il dibattimento Riolo, che lui a Aiello aveva parlato della collocazione e non del<br />

ritrovamento delle microspie.<br />

E così Riolo lo aveva detto a Aiello, che celo ha negato, ma cos’ Michele Aiello lo aveva detto a<br />

<strong>Salvatore</strong> Eucaliptus, che ce lo dice nella intercettazione in carcere. Allora è evidente nel contrasto<br />

delle dichiarazioni tra Riolo e Aeiello ci ha ragione e quale dichiarazione, quale pezzo di<br />

105


dichiarazione il contenuto di questa intercettazione riscontra: non c’è alcun dubbio, riscontra Riolo.<br />

Ma questa intercettazione smentisce anche Aiello, quando Aiello ci ha detto, mentendo, di non aver<br />

mai fatto parola a S.E. di quelle microspie, sdegnato ce lo aveva detto. Altro che favole!<br />

Ma che Aiello delle microspie sulla autovettura di S.E. lo abbia detto al diretto interessato non ce lo<br />

dice solo S.E., perché lui ce lo dice come frutto del colloquio avuto con Aiello, ma in questo<br />

processo la stessa cosa ce la dice Stefania Dell’Anna. Perché ce lo conferma, per averlo saputo non<br />

dal marito, non dai giornali, ma dall’avvocato presente a colloquio di S.E. il quale parlando con il<br />

familiare diretto cioè Stefania le aveva dichiarato qualche cosa sullo stato di S.E, sull’andamento<br />

dell’interrogatorio-<br />

Salvo: quella della mia macchina gli ho detto, quella della mia macchina gli ho detto! Ma iddu mu<br />

dissi, io ci l’avia a cunfirmare picchi iddi u sanno già a priori.<br />

Stefania: hai visto che avevo ragione? Avevo detto a Ignazia (la moglie di Onofrio Monreale con<br />

cui tutti vivono nello stesso complesso) che l’avvocato ce l’aveva detto quando era uscito che lui<br />

aveva detto di sì.<br />

In un’unica intercettazione sono ben due le fonti diverse che smentiscono Aiello. Una si chiama<br />

<strong>Salvatore</strong> E. che racconta un fatto accaduto sotto la sua percezione e poi c’è la seconda fonte,<br />

Stefania, che riferisce quello che a sua volta la sera dell’interrogatorio di <strong>Salvatore</strong> E. aveva saputo<br />

dal difensore di S.E. e cioè che lui aveva confermato che Aiello gli aveva detto che c’erano le<br />

microspie nella sua macchina.<br />

Ce l’altra domanda forse più complicata perché Riolo nella fase delle indagini dà una certezza, due<br />

mesi prima del ritrovamento, poi nella fase del dibattimento dice è possibile che glielo abbia detto<br />

prima però ci dice glielo detto quando Aiello era sottoposto alle pretese… etc etc<br />

Quando è avvenuta questa rivelazione?<br />

Ce lo continua a dire S.E. il 18 giugno 2004, nel colloquio perché in carcere ci dice che era stato<br />

informato da Aiello “iddu mu dissi” ed è evidente che certo Aiello che cosa gli va a dire a S.E. che<br />

nella sua macchina erano state ritrovate delle microspie l’11 marzo e glielo va a dire a giugno?la<br />

logica vuole che Aiello glielo abbia detto e non aveva motivo certo per dirglielo in un altro<br />

momento prima del rinvenimento. Sul quando ce lo dice lo stesso Aiello, quando nel corso del suo<br />

esame, con puntigliosità e meticolosità da ragioniere ci fa l’elenco delle volte che aveva visto<br />

Nicolò E, in diagnostica e ci ha dato 4 date. Poi ci dice io l’ultima volta l’ho visto l’11 febbraio<br />

2003, poi non l’ho più visto. Ci dice so che è venuto, ma non l’ho più visto. Le date che già dato<br />

non sono un’invenzione sono riscontrate. È vero che dopo Nicolò E. è andato alla diagnostica, però<br />

non ha più visto Aiello, perché ce lo dice Aiello. Le continue visite sono esattamente tra il 20<br />

gennaio e l’11 febbraio perché poi N. E ci va in diagnostica ma ci va a maggio del 2003. le continue<br />

visite sono solo tra il 20 gennaio e l’11 febbraio e sono 4: 20, 21, 31 e 11! Ma Riolo ci ha dato<br />

anche un altro dato “glielo detto quando quello era assillato, anche per rassicuralo perché quello<br />

non ce la faceva più era assillato dalle pretese”. Quando sono state avanzate le pretese di Nicolò E.<br />

in continuazione a Michele Aiello? Ce le ha dette Riolo quali erano queste richieste: “era assillato<br />

dalle richieste di assunzioni e dalle pretese economiche”!<br />

È vero, è vero ed ha ragione Riolo ad ancorare questo dato del momento in cui gliele ha dette alle<br />

continue visite e alle continue pretese. Ma quando doveva rassicurarlo Riolo? A giugno a luglio?<br />

A distanza di cinque mesi dalle pretese o nel momento in cui le pretese venivano avanzate. Allora<br />

vediamo quando le pretese venivano avanzate.<br />

Michele Aiello ci ha detto durante il suo esame che la richiesta delle assunzione era stata avanzata<br />

in occasione del primo colloquio. Il 20 gennaio 2003, doveva essere un’infermiera, ma poi si sono<br />

presentati un ragazzo e la fidanzata, comunque l’assunzione data 10 febbraio 2003 e i due ragazzi si<br />

sono presentati il giorno 11 febbraio e noi lo sappiamo perché ce l’ha detto Aiello e perché N.E. ha<br />

avuto il buon cuore di farci il commento di tutto il giorno lavorativo dei ragazzi, con la mamma del<br />

ragazzo, la signora Marianna, al telefono con tre telefonate pomeridiane l’11 febbraio. Quindi<br />

quand’è che c’è la pretesa delle assunzioni? La richiesta è avvenuta il 20 gennaio, l’assunzione è<br />

avvenuta il 10 febbraio con decorrenza 11. I soldi, dice Aiello: “già ho pagato assai”.<br />

106


Quando è il prestito? Aiello ci ha detto che i soldi gli erano stati chiesti l’ 11 febbraio 2003, l’ultima<br />

volta che aveva visto Nicolo Eucaliptus e che li aveva mandati al destinatario qualche giorno dopo<br />

tramite Catrini?? che era andato con la busta in contrada Consona e aveva consegnato<br />

materialmente a mano la busta a S.E.<br />

Ma è vero che li aveva dati l’11 febbraio o nei giorni immediatamente successivi? Guardate, Nicolò<br />

Eucaliptus ci ha detto una sola cosa: io gli ho chiesto una cortesia di assumere due persone e un<br />

prestito per mio figlio e glieli ho chiesti la prima volta che sono andato da Aiello: il 20 gennaio<br />

2003. 20 gennaio o 11 febbraio? La risposta ce la danno <strong>Salvatore</strong> Eucaliptus e Stefania Dell’Anna<br />

nella opel corsa la sera del 21 gennaio alle 19:45. In quella famosa conversazione, in cui vi è<br />

chiarissimo il riferimento al fatto che all’ing Aiello era stata chiesta una somma di 20 milioni di<br />

lire. Qui Michele Aiello ha scientemente spostato una data. Quindi la richiesta avviene il 20<br />

gennaio, e nei giorni successivi vengono mandati i soldi, e comunque resta fermo un dato: che le<br />

continue visite di N .E. a Aiello sono tra il 20 gennaio 2003 e l’11 febbraio 2003. Che le richieste di<br />

assunzione e di prestito avvengono tra il 20 gennaio 2003 e l’11febbraio 2003. Noi sappiamo già<br />

perché ce lo dice S.E. il 18 giugno 2004 nella conversazione con i suoi familiari che ha ricevuto la<br />

notizia prima del ritrovamento. Quindi prima dell’11 marzo del 2003 e allora noi abbiamo un altro<br />

dato che ci chiarisce il quando perché adesso vaghiamo tra un 20 gennaio e una data generica prima<br />

dell’ 11 marzo. Stando a quello che ci ha detto Riolo siamo tra il 20 gennaio e l’11 febbraio, ma<br />

questo dato ci viene confermato da un risultato di sostanza perché dall’11 febbraio cioè dal giorno<br />

successivo, non si registrano più conversazioni dentro la opel corsa! C’è il silenzio assoluto,<br />

tombale, fino all’11 marzo quando la microspia viene trovata e cessa di funzionare e questo range<br />

temporale 20 gennaio 11 febbraio coincide perfettamente con la data che ci aveva dato in termini di<br />

certezza Riolo durante la fase delle indagini. Circa due mesi prima del ritrovamento!<br />

Ancora una volta abbiamo degli elementi di prova oggettivi che riscontrano e ci aiutano a capire e<br />

ha valutare le dichiarazioni fornite da Riolo e Aiello.<br />

Proviamo a ricapitolare: Riolo ci ha detto di aver rivelato a Aiello che sulla opel corsa era stata<br />

installata una microspia per le intercettazioni. Sappiamo che tra la fine del 2002 e gli inizi del 2003,<br />

nelle date che ho detto, dentro quell’autovettura vengono acquisiti importanti elementi di prova, in<br />

particolare a gennaio 2003 circa l’organico inserimento di N.e S. Eucaliptus nella famiglia mafiosa<br />

di Bagheria, ma anche circa le relazioni tra gli E. e M.Aiello.<br />

Dall’ 11 febbraio non si registrano più registrazioni utili.<br />

Il servizio di intercettazione di interrompe dal gennaio 2003 perché la microspia installata<br />

nell’autovettura viene neutralizzata.<br />

L’11 marzo le fasi del rinvenimento vengono addirittura registrate dalla voce e dai rumori, ce ne<br />

hanno riferito i militari. E noi su questo punto abbiamo anche sentito Alessandro Eucaliptus, l’altro<br />

figlio di N. il 5 giugno 2007, il quale è venuto, si è seduto, dopo numerose ricerche e quando gli è<br />

stato chiesto se sapesse qualche cosa di questa vicenda lui cadendo dalle nuvole sostanzialmente ci<br />

ha detto “io non so niente, non ero io nella macchina. Non ho alcun ricordo della vicenda della<br />

quale mi si chiede”. Poi a domanda sul fatto se comunque qualcuno gli avesse parlato di questo<br />

fatto, lui ci ha risposto con queste parole “con i miei parenti, mio fratello, mio padre, ho<br />

sinceramente pochi rapporti e non mi sono mai interessato di quello che”. E poi ha lasciato cadere<br />

la frase. Queste dichiarazioni di A. E. sono irrilevanti ai fine della questione di cui ci interessiamo<br />

perché se la persona che era in macchina è Alessandro E. allora è evidente perché c’è<br />

l’intercettazione che lui ha mentito e questo è un primo problema. Se nella macchina c’era qualcun<br />

altro al posto di A.E. i termini della questione non cambiano minimamente perché l’unica certezza<br />

è che dal contenuto dell’intercettazione e da quello che ci hanno spiegato Damiano, Russo, Leone,<br />

Riolo è che in quella macchina c’era una microspia e che l’11 marzo quella microspia era stata<br />

trovata e neutralizzata e da quel giorno l’attività è chiusa.<br />

Se la sequenza è quella che vi ho rappresentato, vale la pena di sottolineare un paio di circostanze.<br />

In primo luogo che la microspia sulla opel corsa, a differenza di tutte le altre installate era l’unica<br />

che funzionava e lo faceva bene, era l’unica attraverso la quale erano stati raccolti significativi<br />

107


elementi di prova. Sia dal punto di v della quantità, ma soprattutto dal p dv della qualità della prova<br />

perché proprio a gennaio 2003 in quelle conversazioni si parla, compare il nome di Michele Aiello;<br />

N E. e suo figlio fanno riferimento a relazioni, a rapporti con Aiello e i due ne parlano in modo<br />

certamente diverso che di una vittima di mafia, non solo, ma c’è un altro dato che vale la pena<br />

sottolineare e che questa circostanza Riolo l’apprende in tempo reale. Ce lo ha detto lui stesso: "mi<br />

trovavo casualmente in sala ascolto” ed ho avuto modo di ascolare una conversazione nella quale N<br />

E. e suo figlio S parlavano dell’ing Aiello, dicendo che “non lo dovevano rovinare”. E questa frase<br />

figura soltanto in una delle tre intercettazioni che vanno dal 20 gennaio all’11 febraio perché la<br />

frase “l’ ing non lo dobbiamo rovinare” o il concetto viene espresso soltanto il 20 gennaio 2003 e<br />

l’11 febbraio 2003. Allora mettiamo insieme tutti questi dati e diciamo che dopo la collocazione<br />

della microspia in un tempo che va certamente, successivo al 17 gennaio 2003 e va comunque dalla<br />

prima intercett. in cui figura il nome di Aiello 20 gennaio 2003 all011 febb.2003 Riolo confida a<br />

Aiello l’esistenza di queste attività. E Aiello si precipita a dirlo a S. Eucaliptus e infatti dal febbraio<br />

03 non ci sono più conversazioni utili.<br />

Allora siamo in presenza di una sequenza logico-temporale che fornisce la dimostrazione di come<br />

un’informazione così riservata per il tramite di Riolo per il tramite di Aiello sia transitata alla<br />

famiglia Eucaliptus <strong>Salvatore</strong> e a suo padre Nicolò. È materialmente palpabile il vantaggio che da<br />

tale illecita rivelazione è derivato non solo il favore dei diretti interessati e cioè di Michele Aiello,<br />

di <strong>Salvatore</strong> Eucaliptus etc, ma soprattutto dell’organizzazione mafiosa Cosa nostra che dalla<br />

continuazione di quelle conversazioni su quella macchina aveva tutto da perdere e nulla da<br />

guadagnare.<br />

In questo contesto di rivelazioni, di notizie che riguardavano le attività investigative abbiamo detto<br />

su Nicolò Eucaliptus, su <strong>Salvatore</strong> Eucaliptus, sui generi, su tutti i componenti di questa famiglia,<br />

Giorgio Riolo ha confidato a M. Aiello anche l’esistenza di contatti di natura confidenziale tra<br />

personale appartenente al Sisde e S. E. Contatti che erano finalizzati all’acquisizione di notizie utile<br />

per la cattura dell’allora latitante B. Provenzano. Ce lo ha detto il 26 aprile 2004 durante un<br />

interrogatorio al pm Giorgio Riolo, il quale già all’epoca aveva ammesso di avere detto a Aiello che<br />

c’era uno della famiglia Eucaliptus che faceva il collaborante dei servizi. Poi la questione è stata<br />

oggetto della dichiarazione che Riolo ha reso al dibattimento e siamo all’udienza del 4 aprile 2006.<br />

Ci ha detto testualmente Giorgio Riolo: “in un momento di crisi che aveva l’ingegnere, che era<br />

molto preoccupato, sempre per questo fatto, io gli dissi di stare tranquillo perché c’era anche<br />

addirittura all’interno di questa famiglia, che erano un po’ strani, c’era il figlio che faceva il<br />

collaboratore del Sisde e quindi figuriamoci di che cosa aveva da preoccuparsi. Potevano dire<br />

solamente che richiedevano il pizzo all’ing quindi di stare tranquillo perché non aveva nulla di cui<br />

preoccuparsi”.<br />

Ha detto Riolo che a sua volta questa notizia che aveva appunto confidato ad Aiello l’aveva appresa<br />

dal suo comandante, il quale a un certo punto lo aveva sollecitato ad essere celere nelle attività che<br />

gli venivano affidate perché ora “ci sono pure i servizi che lavorano, dobbiamo fare presto”. Riolo<br />

ci ha detto che aveva appreso questa notizia – l’esistenza di un rapporto di collaborazione<br />

confidenziale tra S. Eucaliptus e il Sisde - lo aveva appreso a rientro di un periodo durante il quale<br />

si era allontanato dall’ufficio, e cioè dopo il 17 gennaio 2003 e ci ha detto di averlo rivelato a Aiello<br />

dopo avergli confidato della microspia installata sull’autovettura di S. Eucaliptus. Quindi lui<br />

l’apprende al ritorno della convalescenza e la partecipa a Aiello subito dopo -dice- che gli avevo<br />

detto della microspia sulla Opel corsa.<br />

Abbiamo sostanzialmente su questa notizia una serie di dichiarazioni sua sull’anno della<br />

confidenza, sia sull’oggetto della confidenza, sia su quando è stata effettuata la confidenza che ci<br />

consegna una dato sostanzialmente coerente tra quello che ci ha confidato Riolo durante le indagini<br />

e quello che ha dichiarato al dibattimento. Aiello ha reso dichiarazioni su questo punto il 21<br />

febbraio 2006 e ha confermato che Riolo gli aveva detto che il figlio di Eucaliptus apparteneva al<br />

108


sisde e che praticamente era stato era un collaboratore del sisde e ci ha detto Aiello: “guardate che<br />

questa cosa me l’ha detta a giugno nell’estate del 2003”.<br />

Anche questa notizia è vera, che quando è stata rivelata era coperta da segreto nonostante tutti i<br />

tentativi di Michele Aiello di spostare le date delle rivelazioni per privare di rilevanze le gravissime<br />

condotte di cui è responsabile. Di questa circostanza ci ha riferito Damiano, all’udienza del 18<br />

ottobre 2005, in particolare qualche cosa ci ha detto anche Govanni Sozzo il 12 aprile 2005.<br />

Damiano in particolare ci ha spiegato che dall’ascolto delle utenze telefoniche Eucaliptus di S.<br />

erano emersi contatti tra lo stesso S Eucaliptus e appartenenti ai servizi di formazione, al Sisde. In<br />

altri termini era stata intercettata sul telefono di S. Eucaliptus una chiamata tra il telefono di S.<br />

Eucaliptus e un numero di utenza fissa romana intestato in uso appunti ai Servizi, in particolare<br />

all’ente Sisde, durante il quale veniva effettuata una conversazione con un funzionario del Sisde<br />

nell’ambito di un rapporto certamente istituzionale. Ci ha detto Damiano che l’esistenza di questi<br />

rapporti, che dal tenore della conversazione si capiva essere finalizzati alla ricerca di notizie utili<br />

alla cattura di B.Provenzano era stata poi confermata oltre che dalla telefonata intercettata<br />

sull’utenza in uso a S. Eucaliptus, era stata anche confermata da una successiva conversazione che<br />

era stata oggetto di attenzione nella macchina di S. Eucaliptus. Era una conversazione tra S.<br />

Eucaliptus e suo padre Nicolò, durate la quale il figlio aveva riferito al padre l’esistenza di questi<br />

contatti. Ci ha detto Damiano che la telefonata era stata registrata al novembre 2002 e che<br />

l’ambientale era del 26 gennaio 2003. Ci dice Riolo che questa notizia lui l’apprende al ritorno dalla<br />

convalescenza che è un dato assolutamente compatibile con 11/2002 e 26 gennaio 2003 che ci ha<br />

riferito Damiano, come momenti in cui la notizia viene appresa e poi confermata anche dalla<br />

sezione, e ci dice di averla rivelata immediatamente dopo aver detto a Aiello della microspia, quindi<br />

in un periodo immediatamente successivo ad un lasso temporale che abbiamo già spiegato perché<br />

va dal 20/01/03 all’11/02/03. La notizia è rimasta coperta dal segreto certamente fino al 9/06/04, e<br />

cioè al momento in cui è stato arrestato <strong>Salvatore</strong> Eucaliptus. Ed è il primo momento in cui nel<br />

provvedimento di fermo che lo riguarda si fa menzione di questa telefonata del novembre 2002 e<br />

dell’ambientale successiva. Quindi fino al 9/06, quindi quando la rivelazione è stata effettuata,<br />

quindi poco tempo dopo che Riolo aveva detto della microspia nell’autovettura avviene anche<br />

questa confidenza e questa confidenza ha per oggetto in quel momento una notizia coperta da<br />

segreto. Riolo ha rivelato a Aiello anche sempre nel quadro delle rivelazioni concernenti le attività<br />

investigative sul nucleo familiare Eucaliptus anche l’esistenza di attività investigative e la<br />

collocazione di apparecchiature tecniche in particolare microspie, telecamere che riguardavano<br />

persone legate da vincoli di parentela acquista con N Eucaliptus ed in particolare i due generi di N.<br />

Eucaliptus Liborio Pipia e Onofrio Monreale, che nel periodo in cui venivano effettuate queste<br />

attività esercitavano, l’uno, Pipia, più ufficialmente, l’altro come si direbbe in regime di 12<br />

quinquies, attività imprenditoriali che avevano sede in quel periodo vicino alla stazione ferroviaria<br />

di Bagheria e quindi in prossimità di piazza Agulia, nel centro di Bagheria. Ce ne ha parlato Riolo<br />

sin dall’interrogatorio del 15/05/04 quando testualmente ci ha detto “di piazza Agulia, questa<br />

telecamera glielo detta pure ad Aiello. Cioè era un secchio, che andai addirittura a confezionarlo io<br />

a Milano. Di questo secchio io non ne parlai completamente ad Aiello nella maniera più assoluta,<br />

non c’era il motivo. Là non ne parlai, però parlai di questo servizio, di questo supermercato. Cioè<br />

ho dato tracce sicuramente, ma non della telecamere, dell’obiettivo di questo supermercato sì”. Poi<br />

Riolo ha affrontato lo stesso argomento sostanzialmente confermando questa rivelazione<br />

nell’interrogatorio del pm del 26/04/04 e poi ha ripreso l’argomento durante l’esame all’udienza<br />

del 4/04/06. Ora, quando si parla del supermercato si fa riferimento ad una sede dove Liborio Pipia<br />

esercitava la propria attività ed è la sede di una soc. cooperativa che si chiamava Cefalà, dove<br />

c’erano credo commercializzazione di prodotti agricoli, agrumi etc.<br />

L’esame dibattimentale di Riolo. In sintesi ci ha detto: “che in un periodo certamente anteriore alla<br />

sua assenza dall’ufficio, epoca anteriore all’autunno del 2002, aveva curato l’installazione di una<br />

telecamera attraverso cui doveva essere osservato l’accesso alla sede di uno dei generi di N.<br />

Eucaliptus e cioè di Liborio Pipia che esercitava un’attività con un ufficio in pzza Agulia a<br />

109


Bagheria. Ci ha detto riolo che nella stessa piazza era installata anche un'altra telecamera , diversa<br />

da questa, che era funzionale ad osservare i movimenti dell’altro genero, Onofrio Monreale, che era<br />

il gestore di fatto della Consud tir, una soc.cooperativa che operava nel settore del trasporto merci e<br />

che aveva all’epoca la propria sede in piazza Agulia a un 100 di metri di distanza dalla sedi di<br />

Liborio Pipia. Ci ha detto Riolo che per installare la telecamera sull’obiettivo Pipia, avevano dovuto<br />

fare ricorso a uno stratagemma , cioè avevano collocato la telecamera sopra il tetto di un rudere sito<br />

in prossimità della sede della società Cefalà sul cui tetto era stato abbandonato un secchio, in cui<br />

intendevano celare la telecamera. Ci ha detto Riolo che durante il tempo occorso per effettuare<br />

l’installazione, della telecamera all’interno del secchio, in secchio era stato sostituito con un altro<br />

che era stato bagnato, bruciato, adattato in modo tale da risultare del tutto identico a quello che si<br />

trovava sul tetto e che era stato rimosso per consentire la collocazione della telecamera. Ci ha detto<br />

Riolo che quando il secchio con all’interno la telecamera era pronto era stato portato sul tetto per<br />

collegarlo ai cavi di alimentazione ma che alcuni problemi tecnici, in particolare relativi al<br />

brandeggio della telecamera avevano impedito il coretto funzionamento della telecamera, quindi<br />

avevano dovuto tornare sul tetto, provvedere a una nuova sostituzione del secchio originario con il<br />

muletto e quando quello originale era nuovamente pronto, si erano recati per effettuare la<br />

sostituzione e far funzionare finalmente la telecamera si erano accorti che il secchio-muletto era<br />

stato portato via. Quindi essendo il muletto collegato in prossimità dei cavi elettrici avevano<br />

rinunciato all’attività perché il furto del secchio equivaleva alla scoperta del tentativo di effettuare<br />

un osservazione attraverso la telecamera. Riolo ci ha detto che di tutta questa complessa vicenda<br />

tecnica si era occupato lui personalmente attraverso i suoi colleghi, Leone e sotto la direzione<br />

dell’ufficiale che era il capitano Sozzo e ci ha detto che quando avevano cominciato a discutere di<br />

questa installazione, in qualche modo lui aveva espresso qualche perplessità sulla riuscita di questa<br />

manovra tecnica perché a suo giudizio era rischiosa perché questa collocazione comportava un<br />

allacciamento ai cavi obbligata e cioè in una posizione, secondo Riolo, che questi cavi potevano<br />

essere scoperti. Ed era rischiosa ci ha detto R perché costringeva a recarsi a lavorare sul tetto in una<br />

zona piuttosto frequentata e ci ha detto Riolo che nei suoi ricordi una notte in cui si erano recati sul<br />

tetto per lavorare aveva notato che c’era una pizzeria piena di ragazzi perché era il giorno di S<br />

Valentino e forse ci avevano visti. Quindi rispetto alla rispetto alla dinamica Riolo introduce degli<br />

elementi di cui per altro non aveva fatto cenno all'interrogatorio al pm ai quali avrebbe potuto<br />

ricollegarsi alla scoperta del secchio. Ci ha detto Riolo che di tutta questa attività aveva parlato e<br />

aveva riferito a M. Aiello. Anzi ci ha detto Riolo, che questa cosa del supermercato. e ce lo ha detto<br />

prima ancora che gli venissero effettuate le contestazioni, era l'unica attività di cui gli aveva parlato<br />

in corso d'opera. Quindi qui non abbiamo parole da spendere si contestazioni sul problema del<br />

quando, perché questo è sicuro. Riolo confida queste circostanze a Aiello, mentre queste attività<br />

erano in corso. Dice testualmente Riolo:"Gli avevo detto che stavamo lavorando nella direzione del<br />

supermercato e gli avevo fatto esplicitamente il nome di Pipia, come della persona su cui lui e la sua<br />

sezione stavano in quel momento investigando". Gli aveva detto anche che stavano installando una<br />

telecamera per effettuare servizi di osservazione su Liborio Pipia e ci ha detto che lo aveva fatto<br />

appunto mentre questa complessa vicenda del secchio era in pieno svolgimento. Poi in sede di<br />

riesame, l'11/04/06, Riolo ha detto qualche cosa di più sfumato, sul filo del non ricordo, e cioè ha<br />

confermato che aveva detto a Aiello dell'attività che gli aveva detto dell'indirizzo, che era un'attività<br />

che riguardava il supermercato e Liborio Pipia, ma ha detto forse delle attività tecniche della<br />

telecamera, del secchio etc etc. non gli avevo parlato.<br />

Poco importa, rimane fissato nelle dichiarazioni di Riolo l'anno della rivelazione, sia l'oggetto delle<br />

dichiarazioni, sia l'indirizzo, sia il nominativo, sia la localizzazione dell'attività, rimane fissato fin<br />

dall'inizio in modo preciso anche il quando, quando le attività erano in corso, quando c'era questo<br />

balletto intorno al secchio. È stato sentito Aiello 21/02/2006 e ad Aiello viene chiesto: "Riolo le ha<br />

mai riferito di attività investigative di carattere tecnico con l'installazione di telecamere per<br />

sorvegliare l'attività gestita dal genero di N. Eucaliptus?" e Aiello ha risposto: "Mi ha detto che<br />

attenzionavano un supermercato del genero del sig. Eucaliptus " e poi Aiello ha aggiunto che Riolo<br />

110


gli aveva fatto il nome e ci ha detto che gli aveva fatto il nome di Onofrio Monreale e che nella<br />

circostanza Riolo non gli aveva parlato delle modalità con le quali questo genero veniva<br />

attenzionato, gli ha detto invece delle attenzioni investigative. Abbiamo già un primo dato<br />

significativo, ovvero che Aiello viene messo al corrente certamente in tempi contestuali allo<br />

svolgimento non dell'attività, ma a quando vengono poste quelle preliminari, quelle tecniche,<br />

preliminari all'attività, perché attività ancora non ce ne è. In realtà Aiello non viene messo al<br />

corrente di un'attività, ma del fatto che innanzitutto il titolare di quello che lui chiama il<br />

supermercato, che è la società Cefalà di Liborio Pipia è oggetto di attività investigative. Viene<br />

messo al corrente che nei suoi confronti c'è un avvio di attività tecniche, in particolare c'è la fase<br />

della preparazione di queste iniziative. Ma Aiello in quella fase ci dice gli viene fatto anche il nome<br />

di Onofrio Monreale tant'è che Aiello ci dice di ricollegare il supermercato al nominativo di<br />

Onofrio Monreale. Dobbiamo collocare la rivelazione di questa notizia ammessa da Riolo e<br />

ammessa anche se con qualche lieve sfumatura, evidentemente, da Aiello. E dobbiamo collocare le<br />

date.<br />

Allora l'inizio dello svolgimento di queste attività ci sono state riferite da Damiano il 18/06/05 e per<br />

quanto riguarda la vicenda della famosa telecamera nel secchio da Giovanni Sozzo il 12/05/2005.<br />

Intanto Daminano ci ha spiegato qual era l'input che aveva dato avvio a queste due attività e sono<br />

parole importanti perché ci fanno capire qual era la rilevanza che la sezione anticrimine assegnava a<br />

queste attività. Damiano ci dice : "Come avevo detto prima - ci aveva spiegato l'importanza della<br />

famiglia Eucaliptus - iniziammo a saggiare la fam. Eucaliptus da un p d v investigativo in un<br />

momento in cui Nicolò Eucaliptus e Onofrio Monreale sono detenuti. Cominciammo a guardare i<br />

profili investigativi all'altro genero libero, Liborio Pipia, in funzione proprio di quella rivalutazione,<br />

che avevamo fatto, giusta o sbagliata che poi fosse (Prestipino: era giusta…) della fam. Eucaliptus.<br />

Questa iniziale attività non diede per la verità un esito particolarmente vivace per le idee che<br />

volevamo perseguire però, mentre eravamo in fase di costruzione, nel novembre del 2001, da<br />

Caltanissetta arriva questo spunto da Casteldaccia, viene individuato Andrea Panno di Casteldaccia<br />

per cui andiamo nell'immediato di provare di vedere se vi è ralazione tra gli uomini di Casteldaccia<br />

e gli uomini di Bagheria". E Damiano ci ha spiegato che cos' era questo input da Caltanissetta e<br />

Andrea Panno. Siamo a novembre 2001, cioè la sezione anticrimine di Cl in coordinamento con<br />

quella di Palermo aveva iniziato a ragionare sul fatto che c'erano dei periodici movimenti tra<br />

Casteldaccia e Vittoria presso l'azienda agricola di tale Cavaliere Martorana di persone, appunto di<br />

Casteldaccia. Inizialmente di persone che si chiamano Andrea Panno e Giuseppe Virruso e ci dice<br />

Damiano che sulla base dell'osservazione di questi movimenti la sezione anticrimine fa un'ipotesi<br />

investigativa che è quella che questi movimenti sono funzionali a transitare i biglietti di<br />

Provenzano. Allora se i biglietti di Provenzano, come ipotesi, che poi vedremo a distanza di anni<br />

non era affatto un'ipotesi, arrivavano a Casteldaccia, si trattava di vedere, dice Damiano, se da<br />

Casteldaccia prendevano almeno la via di Bagheria e quindi vedere se c'è relazione tra gli uomini di<br />

Casteldaccia e gli uomini di Bagheria. Damiano ci ha appunto ricostruito quelli che erano almeno i<br />

termini iniziali della ricostruzione di questo circuito attraverso cui transitavano da Vittoria fino a<br />

Casteldaccia le comunicazioni di Provenzano attraverso appunto le persone di Cavaliere Martorana,<br />

Andrea Panno, Giuseppe Virruso di Casteldaccia e ci dice Daminano che, successivamente a un<br />

altro viaggio, di quelli che collegavano l'azienda di Vittoria a Casteldaccia, "all'esito di questo<br />

secondo viaggio il 18/02/2002 (Prestipino: questa è una data importante) vediamo entrare a<br />

Bagheria 18/02/2002 nei pressi della stazione ferroviaria in buona sostanza Giovanni Panno, che è<br />

un ing che è figlio di Biddu Panno, accompagnato da Bartolo Virruso che è il figlio di G. Virruso".<br />

Per cui dice Antonio Damiano, la presenza accade tre giorni dopo che Panno Andrea aveva fatto il<br />

viaggio a Vittoria. Questa presenza in Bagheria di Giovanni Panno, accompagnato da Bartolo<br />

Virruso, poteva farci ipotizzare che una strada possibile per il proseguio dei biglietti di Provenzano<br />

fosse Bagheria e fosse proprio la fam. Eucaliptus. Ragion per cui dal 18/02/2002 andiamo ad<br />

aumentare di più l'attenzione su Onofrio Monreale, perché è Monreale che si incontra con Giovanni<br />

Panno. Onofrio Monreale era detenuto, era stato nell frattempo scarcerato, se non ricordo male, il<br />

111


31 ottobre del 2001. Nel frattempo, siamo al 18/02/02, ci ha detto Damiano guardavamo anche<br />

Pipia Liborio, vuol dire attraverso osservazioni fatte con i militari, l'altro genero, nella società di cui<br />

ho detto prima Cefalà, che nel frattempo si era spostata da Casteldaccia a Bagheria, proprio in<br />

prossimità della Consud Tir, dove tutte le mattine andava a curare i suoi interessi Onofrio Monreale.<br />

Ci ha detto D.L'attività su Liborio Pipia e sulla Cefalà, era stata avviata nel febbraio del 2002,<br />

avevamo cominciato prima per quelle di Pipia e poi ho come ho detto nel breve tempo ci siamo<br />

spostati dritti dritti su Monreale. L'accelerazione e quindi la messa in opera di tutte queste attività è<br />

proprio successiva all'incontro di cui ho fatto riferimento tra Panno Giovanni, Onofrio Monreale<br />

che accade il 18/02/02, proprio perché quell'incontro poteva segnare nelle logiche di ragionamento<br />

che poteva segnare un inizio della ricerca dei biglietti di Provenzano proprio nella zona dove<br />

operavano Onofrio Monreale e Pipia e quindi da quella data, dal 18/02/02, parte una serie di attività<br />

tendente a mettere una telecamera che ci consentisse l'osservazione sull'ingresso sull'attività su<br />

Pipia Liborio e tutte quelle attività che ci consentissero di verificare come accadeva all'interno della<br />

Consud Tir di Monreale. Sostanzialmente la nostra configurazione, ha detto Damiano, prevedeva<br />

una telecamera che potesse guardare l'ingresso della società di Pipia e un'altra che prendeva di filato<br />

la Consud Tir.<br />

E poi ci ha raccontato quello che era accaduto, "l'idea era quella di sistemare questo ausilio tecnico<br />

su di un tetto di una casa diroccata lì nei dintorni, e celare la telecamera all'interno di un secchio,<br />

avevamo messo in opera le prime operazioni che per noi erano la stesura di un filo, la sistemazione<br />

di un secchio con la stesura di un filo per fare abituare l'ambiente alla presenza del secchio. Solo<br />

che dopo una settimana o 10 giorni che avevamo sistemato 'sto secchio all'atto di verificare se tutto<br />

fosse regolare, il secchio non c'era più e abbiamo dovuto rinunciare a portare avanti quell'idea di<br />

lavoro. Particolari più precisi su questa installazione ce li ha dati il cap. Sozzo che di<br />

quest'installazione, insieme a Leone, Riolo e altri tecnici, si era materialmente, direttamente e<br />

personalmente preoccupato. E ci dice Sozzo, che durante l'osservazione effettuata prima del<br />

febbraio 2002 era stato notato che i 2 cognati che frequentavano le 2 sedi site a poca distanza l'una<br />

all'altra, ovviamente durante la giornata avevano una serie di ripetuti contatti. Poi era accaduto il 18<br />

febbraio che era stato osservato questo contatto tra le persone provenienti da Casteldaccia e cioè<br />

Panno Giovanni e Bartolo Virruso, e Monreale. E ci ha detto Sozzo che questa circostanza aveva<br />

appunto fatto maturare l'idea che effettivamente ci fosse questo collegamento sul percorso, sulla via<br />

dei biglietti da e per Provenzano in direzione Eucaliptus-Bagheria e che quindi vi era stata<br />

un'accelerazione dell'attività tecnica con l'idea di piazzare queste telecamere per vedere, per<br />

osservare, i contatti e la cadenza dei contatti. In quella fase non si capiva bene sui due generi quale<br />

fosse quello giusto e quindi la decisione era di installare 2 telecamere distinte per guardare sia<br />

l'accesso alla Cefalà sia l'accesso alla Consud Tir. Sozzo dice che a seguito di questa decisone,<br />

maturata dopo il 18/02/02, lui con il gruppo tecnico, avevano studiato il modo di effettuare<br />

quest'osservazione attraverso l'installazione di due distinte telecamere. Una che doveva guardare la<br />

Cefalà, una la Consud Tir. E ci ha detto Sozzo, dopo una serie di discorsi e discussioni, di comune<br />

accordo avevano trovato un'idea. Quindi in epoca certamente successiva al 18/02/02, avevano<br />

iniziato a mettere in pratica l'idea che avevano maturato. E ci ha detto Sozzo, testualemente, "ho<br />

segnato le date: il 26/02/02 abbiamo eseguito la prima operazione diretta sul posto, siamo saliti con<br />

delle scale sul tetto di questa casa diroccata e abbiamo condotto, fino al punto in cui avremmo poi<br />

successivamente installato la telecamera, abbiamo condotto il cavo che serviva per fornire<br />

l'alimentazione necessaria che serviva per far funzionare questa telecamera. Il 6 marzo del 2002<br />

andiamo a eseguire l'installazione, la fisica installazione della telecamera, ci rechiamo nuovamente<br />

su ed è il secondo intervento diretto su questa casa diroccata. Se non che è accaduto che ben presto<br />

dopo pochi giorni che io ricordo, dopo uno o due giorni, la telecamera contenente il secchio subì un<br />

malfunzionamento". Quindi siamo già in epoca già successiva al 6 marzo. "Si bloccò. Dammo<br />

luogo a un nuovo intervento tecnico diretto sul posto, cui pure partecipò personalmente Riolo. E<br />

questa volta lo scopo dell'attività era quella di prelevare nuovamente e rimuovere il secchio dentro<br />

cui avevamo occultato la telecamera e sostituirlo con un simulacro. Andiamo lì, togliamo il secchio<br />

112


guasto, ne rimettiamo un altro che abbia l'aspetto analogo lo verniciamo nella stessa maniera,<br />

potiamo via il secchio contente la telecamera, per provvedere alle necessarie riparazioni tecniche. E<br />

questo avviene l'11 marzo. Il 12 marzo, durante un'altra attività che il personale aveva in corso a<br />

Bagheria, passando da lì guardano e si accorgono che il secchio, che noi avevamo collocato in quel<br />

punto come simulacro era sparito, era stato rimosso. Nei giorni seguenti, installammo l'altra<br />

telecamera. Quella sull'altro obiettivo. Quella sulla Consud tir". A Sozzo è stato chiesto anche, se<br />

nelle diverse occasioni in cui avevano preparato l'operazione, l'installazione tecnica, insomma<br />

quando c'erano state le discussioni con il gruppo tecnico, Riolo aveva mai espresso delle riserve<br />

sulle modalità e sui tempi dell'operazione. E Sozzo ha risposto: "no, no no, assolutamente. Anche<br />

perché dico lì, quando svolgiamo questo tipo di attività sostanzialmente i problemi da valutare sono<br />

di due tipi. Quello che noi chiamiamo di natura tattica, relativa all'organizzazione del servizio alla<br />

scelta delle modalità di movimento alla scelta degli orari in cui svolgere il servizio al fine di non<br />

essere individuati e quello relativo all'occultamento dell'apparecchiatura tecnica. Lui al limite per il<br />

suo ruolo, avrebbe potuto interloquire sulle modalità di occultamento delle apparecchiature tecniche<br />

e in quella circostanza ricordo con precisione che espresse il suo parere. Tra l'altro l'idea del secchio<br />

fu mia in particolare. Fui io a proporre ai tecnici questa soluzione e mi ricordo che loro espressero<br />

l'apprezzamento positivo per questa soluzione individuata".<br />

Sul punto abbiamo anche sentito il maresciallo Leone, che era l'altro tecnico, all'udienza del 13<br />

marzo 2007 e Leone raccontandoci di questa attività. Ci ha detto esplicitamente che furono studiate<br />

all'inizio alcune soluzioni alternative, tra cui quella del secchio, ma che alla fine l'unica soluzione<br />

praticabile e che fu decisa era quella che per comodità diciamo del "secchio". Leone però ci ha detto<br />

anche un'altra cosa. Perché là c'erano altri due punti in cui Riolo aveva introdotto di fatto degli<br />

elementi che di fatto potevano far pensare a una soluzione alternativa, rispetto al ricollegamento<br />

causale con la fuga di notizie il ritrovamento del secchio. Ci ha detto che erano sul tetto quando la<br />

notte erano sul tetto si S. Valentino, la zona era piena di ragazzi e c'era la pizzeria. Ed è uno e<br />

quindi dicevamo che forse eravamo stati visti e poi ci ha detto che erano saliti lì tante volte, quindi<br />

era possibile, era una zona frequentata etc.<br />

Ora, la storia di S. Valentino non esiste perché sia A. Damiano sia G. Sozzo ci hanno detto che gli<br />

interventi sono stati effettuati in un'epoca certamente successiva al 18/02 e ci hanno anzi spiegato<br />

perché, perché proprio il 18/02 si realizza quella circostanza del collegamento Casteldaccia-<br />

Bagheria che dà l'input per iniziare le attività tecniche sui 2 generi di Eucaliptus. Sozzo ci ha dato le<br />

date dei diversi interventi: 26 febbraio, 6 marzo, 11 marzo. L'altro elemento che viene introdotto da<br />

Giorgio Riolo viene smentito oltre che da Damiano e Sozzo anche da Leone e Leone ci ha detto che<br />

effettivamente si erano recati diverse volte sul tetto ma che certamente non erano stati mai stati visti<br />

da alcuno perché ogni volta che erano saliti su quel tetto c'erano sempre come in tutte le occasioni<br />

di applicazioni di interventi di questo genere. C'era sempre in servizio di copertura a garantire la<br />

riuscita dell'intervento. Ora chi fosse O. Monreale, perché in quel momento, dovesse essere oggetto<br />

di attività investigative di un investimento dal punto di vista investigativo ce lo hanno spiegato sia il<br />

capitano Sozzo sia il colonnello Damiano e ci hanno riferito di elementi che si aggiungono in quel<br />

momento alla circostanza verificatosi il 18 febbraio e che già sostanzialmente facevano pensare a<br />

Monreale come a una persona vicina a B. Provenzano. Il colonnello Damiano o il cap Sozzo, adesso<br />

non riesco a ricordare chi dei due, ci ha per esempio riferito che di Monreale aveva parlato in<br />

termini particolari, cioè indicandolo come un soggetto fiduciariamente legato a Bernardo<br />

Provenzano, aveva parlato già Giovanni Brusca e all'inizio del 2002 quelle indicazioni di Giovanni<br />

Brusca erano ben conosciute dalla sezione anticrimine. Ma di Onofrio Monreale ci ha detto,<br />

circostanza assolutamente importanti e significative nel corso del nostro dibattimento l'8/05/2005<br />

Antonino Giuffrè, confermandoci esattamente e puntualmente quelle indicazioni che a suo tempo<br />

aveva dato Giovanni Brusca ci ha raccontato di essere stato presente alla combinazione di Onofrio<br />

Monreale, una combinazione in forma riservata, che per lungo tempo era stata conosciuta soltanto<br />

da chi era presente a quella "cerimonia" e cioè Bernardo Provenzano, Pietro Aglieri e Carlo Greco,<br />

oltre che lui, cioè Giuffrè. "Monreale", dice Giuffrè: "la storia è un pochettino lunghetta", e ce la<br />

113


acconta, io evito di rileggere il verbale, dice poi "Monreale sarà combinato, c' eravamo io, Pietro<br />

Aglieri, Provenzano, Carlo Greco, sarà combinato e tenuto segreto ai più della famiglia di Bagheria.<br />

Da allora diciamo che Onofrio Monreale ha avuto un ruolo sempre più importante all'interno della<br />

mafia di Bagheria e del Provenzano stesso" e poi infatti ci dice che Onofrio Monreale era un<br />

personaggio legatissimo a Provenzano, che era stato utilizzato dal gruppo di Provenzano e che<br />

nell'ultimo periodo era stato uno dei soggetti che avevano il contatto, che erano il tramite di<br />

Provenzano sull'area di Bagheria. Ricorderete che proprio all'inizio del suo esame proprio quando<br />

gli era stata rivolta la domanda su chi fossero i tramiti i primi nomi che Antonino Giuffrè aveva<br />

fatto per quanto riguarda Bagheria erano stati Onofrio Monreale e Pietro Loiacono. E dunque, in<br />

quella primavera del 2002, anche l'attività su Monreale era stata avviata con l'attivazione di<br />

telecamere che dovevano servire e in particolare osservare le frequentazioni in particolare con<br />

riguardo ai contatti, alla frequenza e alle date con le persone di Casteldaccio, cioè con quelli che<br />

andavano a prendere i biglietti a Vittoria. Ma se l'attività su Liborio Pipia non aveva neppure potuto<br />

avere inizio perché contestualmente al momento in cui Riolo rivela a Aiello la notizia che Pipia era<br />

sotto l'investigazione del Ros e che erano in corso le applicazioni di carattere tecnico dove sparisce<br />

il secchio, diciamo che non aveva avuto sorte migliore neppure l'attività su Onofrio Monreale<br />

perché nei confronti di Monreale - partiamo con la telecamera nella primavera del 2002- fino alla<br />

fine del 2003 e già ieri ho detto qualche cosa al riguardo, fino alla fine del 2003 non erano stati<br />

raccolti elementi di prova significativi. Era stato solo raccolto qualche rarefatto elemento<br />

frammentario forse il più significativo di tutti era una conversazione ambientale intercettata<br />

all'interno dell'abitazione di Acquedolci di N. Eucaliptus il 29/07/2002. Questo è un elemento di<br />

prova, in questa conversazione sostanzialmente Monreale, faceva il rendiconto di talune attività:<br />

iniziative che lui seguiva a Bagheria e le riferisce al suocero, ma oltre a questo elemento, altri<br />

elementi non ne sono stati raccolti. E Damiano ci ha riferito poi specificatamente come era<br />

proseguita l'attività investigativa nei confronti di O. Monreale, a partire da quella che io chiamerei<br />

la "seconda fase" delle attività di indagine su Monreale. La seconda fase che ha inizio con due<br />

eventi.<br />

Il primo evento è l'arresto di Riolo e Aiello, il 5 novembre 2003. Il secondo evento, anche esso<br />

determinante è lo spostamento della sede della Consud Tir da piazza Agulia in un posto diverso, in<br />

un nuovo spazio, collocato sulla s. statale 113, in prossimità di Bagheria, spostata la sede, anche<br />

l'attività tecnica, era stata spostata. E sull'inizio del 2004 ci ha detto Damiano, erano state installate<br />

delle telecamere che puntavano intanto sull'abitazione di Onofrio Monreale in contrada Consona per<br />

poterne seguire ogni spostamento a partire da quando usciva di casa. E poi attraverso un'altra<br />

telecamera veniva osservata l'ingresso al ristorante che gestiva a Bagheria lo zio di O.Monreale,<br />

cioè il fratello della mamma di Ignazia Eucaliptus, Santo Castronovo, perché in questo ristorante<br />

spesso e volentieri Monreale si recava e incontrava determinate persone e un'altra telecamera era<br />

stata installata in direzione dei nuovi locali della Consud tir e a seguire, quindi siamo con una serie<br />

di installazioni che partono diciamo dal 2004 quando attraverso l'osservazione dei movimenti di<br />

Monreale, vengono individuate le persone con le quali lui aveva i maggiori e frequenti contatti e in<br />

particolare vengono individuate due persone attraverso queste nuove telecamere. Queste due<br />

persone sono Carmelo Bartolone ed Emanuele Lentini, nelle cui autovetture veniva spesso visto<br />

salire O. Monreale, circostanza che induce la sezione anticrimine a chiedere ed ottenere dei decreti<br />

di intercettazione delle conversazioni che avvenivano proprio su queste vetture, ma siamo già nella<br />

primavera avanzata del 2004. Damiano, torniamo indietro e partiamo dalla Consud tir, ci ha<br />

descritto la nuova sede della Consud Tir sulla strada statale 113. Ci ha detto: "il posto è<br />

sostanzialmente un largo spazio all'aperto per parcheggio di cammion e c'è un piccolo manufatto<br />

che serve ad uffici. Tutta l'area era recintata, c'era un cancello chiuso e ha puntualizzato Damiano<br />

ad esplicita domanda che dall'esterno la recinzione non consentiva di vedere quello che accadeva<br />

all'interno del piazzale perché era una recinzione alta. Di tipo chiuso e ci ha detto Damiano che,<br />

appunto, dall'inizio del 2004, era stata installata da una lunga distanza una telecamera<br />

tecnologicamente molto avanzata che consentiva di effettuare delle videoriprese da una posizione<br />

114


elevata. Cioè da una posizione che consentiva di superare l'ostacolo costituito dal fatto che<br />

dall'esterno verso l'interno sullo stesso piano non si vedesse quello che accadeva all'interno del<br />

piazzale. E Damiano ci ha riferito dei risultati intanto che questa attività di osservazione e ci ha<br />

detto dopo l'inizio del 2004, attraverso questa telecamera erano stati osservati incontri periodici tra<br />

Monreale e gli uomini di Casteldaccia, proprio quelli, diciamo che andavano a Vittoria<br />

periodicamente e questi movimenti avvenivano esattamente, contestualmente in successione<br />

temporale significativa, rispetto a quei movimenti su Vittoria, ci ha detto Damiano che su quel<br />

piazzale avevano fatto la loro comparsa Nicola Mandalà e Ignazio Fontana, appartenenti alla<br />

famiglia mafiosa di Villabbate che in quel periodo erano uno dei luoghi di transito dei biglietti di B.<br />

Provenzano, soggetti seguiti dalla polizia di stato, quindi diciamo in quel momento, quando il Ros<br />

filma, videoriprende, la presenza di Nicola Mandalà e I. Fontana sul piazzale della Consud Tir, sa<br />

che quell'incontro è significativo perché ha delle informazioni su chi sono Nicola Mandalà e<br />

I.Fontana dalla polizia di Stato che in quel momento seguiva i due mafiosi di Villabbate. E su quel<br />

piazzale viene registrata significativamente, anche la presenza di uno dei figli del boss di Belmonte<br />

Mezzagno, Francesco Pastoia, quindi su quel piazzale si realizza tutto il quadro del circuito di<br />

relazioni che in quel periodo faceva capo a B. Provenzano perché ci sono le persone che vengono<br />

da Casteldaccia, ci sono gli uomini d'onore di Villabate e c'è il collegamento con Francesco Pastoia.<br />

Ci ha raccontato Damiano che mentre per Casteldaccia erano notizie frutto delle loro acquisizioni e<br />

delle loro ipotesi investigative, il resto lo aveva fatto quel rapporto di cui ho già fatto cenno, di<br />

collaborazione, di comunicazione, di scambio di notizie che in quel momento la sezione anticrimine<br />

anche attraverso l'ufficio della procura manteneva con la polizia di stato. Ci ha detto Damiano che<br />

Monreale incontrava queste persone nel piazzale con delle particolari modalità e cioè le avvicinava,<br />

parlava passeggiando nel cortile e ovviamente non parlava mai con nessuno all'interno dell'ufficio<br />

dove era stata installata una microspia per captare quelle conversazioni. E questo, ci ha detto<br />

Damiano, accadeva sia d'inverno che d'estate. Noi abbiamo una serie di dati certi che l'esistenza di<br />

attività investigative su questi due soggetti viene comunicata da Riolo ad Aiello, mentre sono in<br />

corso le fasi del tentativo di installazione della telecamera sulla società Cefalà e quindi siamo<br />

esattamente in una data che va dal 18/02/02 e più verosimilmente dal 26/02/02, che è la prima data<br />

di accesso dei carabinieri sul tetto del rudere fino all'11 marzo 2002, che è l'ultima data di accesso<br />

dei carabinieri sul rudere, il 12 il secchio sparisce e come dire l'attività non ha nemmeno inizio.<br />

Quindi questa è la data, c'è lo ha detto Riolo, anzi ce lo ha pure sottolineato, "quella del<br />

supermercato è l'unica cosa che gli ho detto in corso", quindi noi abbiamo questa data. Ebbene dopo<br />

questa rivelazione, una delle attività, quella su Piapia nemmeno parte, per evidenti motivi<br />

precauzionali, perché nel frattempo era sparito il famoso secchio, mentre l'altra, quella su Monreale<br />

non dà nessun tipo di risultato, non consente l'acquisizione di alcun elemento di prova, fino a<br />

gennaio 2004 e cioè fino a un momento che è esattamente successivo al giorno dell'arresto di Riolo<br />

e Aiello. E se gli elementi raccolti nei confronti di Monreale che poi ne hanno consentito il fermo il<br />

25 gennaio 2005, sono stati raccolti soltanto dopo e proprio dopo l'arresto di Riolo e di Aiello. C'è<br />

una circostanza che ci ha riferito il colonnello Damiano che però è importante, e sembrerebbe<br />

suonare disarmonica rispetto a questo dato e cioè che, ci ha detto Daminao, la Consud tir si era<br />

spostata effettivamente da piazza Agulia alla statale 113 a 12/2003, ma che di questo spostamento<br />

loro avevano avuto sentore, perché Monreale ne aveva parlato, già prima e quindi si erano posti il<br />

problema come sezione anticrimine di proseguire l'attività di osservazione anche nel nuovo posto. E<br />

ci ha detto A. Damiano, che tutto questo avveniva quando Riolo era ancora libero, e ci ha detto che<br />

erano state fatte delle riunioni per studiare la nuova configurazione dell'attività; riunioni a cui era<br />

presente Riolo, quindi Riolo poco prima di essere tratto in arresto aveva certamente saputo che<br />

l'attività di osservazione nei cfr di Monreale non era finita con lo spostamento della sede da p.zza<br />

Agulia al piazzale delle statale 113, ma sarebbe proseguita nella nuova localizzazione. Allora la<br />

domanda sostanzialmente è, se Riolo sapeva che l'attività proseguiva nella nuova localizzazione,<br />

proseguendo nelle sue infedeltà istituzionali ne avrebbe certamente parlato a Aiello, il quale<br />

avrebbe avvisato Monreale. Può darsi che questo sia accaduto, anzi io dico è probabile sia accaduto,<br />

115


ma non è importante, non abbiamo un elemento di prova in questo senso, però noi abbiamo un altro<br />

elemento di prova che ci fa capire quello che è realmente accaduto e questo elemento è costituto<br />

dalle modalità cui facevo già cenno con le quali gli elementi di prova a carico di Monreale sono<br />

stati accolti anche dopo il gennaio 2004. E qui occorrono due dati, il primo è costituito dalle<br />

modalità con le quali Monreale effettuava la sua attività dentro il piazzale della Consud Tir, della<br />

nuova Consud tir nei nuovi locali. Damiano ce lo ha detto sin da subito, ma quelle microspie non<br />

hanno dato nessun esito, e non per mal funzionamento, ma perché Monreale quando arrivava il<br />

figlio di Pastoia, quando arrivavano Fontana e Mandalà, quando arrivavano gli uomini di<br />

Casteldaccia se li prendeva sottobraccio e ci parlava dentro al cortile. Non solo, ma ci ha detto che<br />

anche dentro al cortile sia i colloqui che i movimenti si realizzavano con modalità di cautele, con<br />

particolare circospezione. Allora, la telecamera dal gennaio 2004 ha funzionato, salvo alcuni periodi<br />

in cui ci sono stati problemi tecnici, ma ha funzionato ed ha ripreso numerosi incontri tra Onofrio<br />

Monreale e le persone che vi ho citato. Di quelle riprese solo una volta si è visto materialmente uno<br />

scambio di biglietti, cioè una consegna di biglietti, da Mandalà e Monreale, eppure noi sappiamo<br />

con la ricostruzione degli eventi poi successiva che lì avveniva lo scambio dei biglietti e però dalla<br />

telecamera una sola volta e proprio in uno dei primi giorni della attivazione della telecamera nel<br />

gennaio del 2004 quando Mandalà si reca sul piazzale con Fontana e Onofrio Monreale se lo prende<br />

sotto braccio e gli consegna un biglietto con una circospezione come se lo stesse facendo sotto gli<br />

occhi della polizia. Una circospezione, vista la configurazione del posto, giustificata soltanto da una<br />

circostanza. E cioè dal fatto che siamo a gennaio 2004, Onofrio Monreale sapeva era informato di<br />

essere intercettato e infatti non parlava in nessuno dei luoghi di sua pertinenza dove c'erano<br />

microspie, non parlava in particolare dove c'era l'ufficio della Consud tir sulla statale 113 che lui<br />

frequentava per molti giorni e su quel piazzale incontrava le persone con le quali curava e trattava<br />

gli interessi di cosa nostra. Non solo, ma sapeva ed era informato che che era osservato<br />

costantemente probabilmente anche all’interno del cortile della Consud Tir per questo, nonostante<br />

tutto il recinto, si appartava anche dentro al piazzale e il bigliettino veniva consegnato diciamo con<br />

precauzioni tali che era come se lo facessero in corso Butera sotto “altre” telecamere. Queste scelte,<br />

queste modalità del comportamento (cioè non parlare, effettuare lo scambio dei biglietti anche con<br />

circospezione etc) dimostrano appunto che Onofrio Monreale sapeva tutto, ma probabilmente non<br />

sapeva i particolari e cioè particolari che neppure a suo tempo poteva conoscere Giorgio Riolo e<br />

quindi M. Aiello perché sono particolari che si conoscono soltanto dopo che la installazione tecnica<br />

è stata effettuata e l’attività è partita.<br />

Quali sono questi particolari? Uno solo. Dove è stata installata la telecamera e quale angolo<br />

prospettico guarda verso quel piazzale, se la telecamera e le videoriprese coprono tutto il piazzale o<br />

ne coprono solo una parte. Solo questo è quello che come dato conoscitivo mancava a Monreale ed<br />

è questa mancanza di questo dato conoscitivo, mancanza che si unisce invece alla conoscenza degli<br />

altri dati informativi, che giustificano questo comportamento, che giustificano questo modo di<br />

curare gli interessi e le attività di Cosa nostra. Basta un dato per capire quello di cui sto parlando e<br />

cioè il dato quel è? È quello che, l’ho già detto, nel provvedimento di fermo che riguarda Monreale,<br />

le uniche conversazione in cui parla Monreale e si pronuncia con parole e termini, parla di condotte,<br />

di attività e di cose che lo riguardano sono quelle registrate sulle macchine di Carmelo Bartolone, il<br />

cui nominativo, il cui ruolo emerge nella primavera del 2004 quando Riolo è neutralizzato, quando<br />

Aiello è neutralizzato, quando la controinformazione su quello che faceva il Ros a Bagheria, non<br />

c’era finalmente più!<br />

Ma ci sono altri due dati da aggiungere, uno è un dato di carattere logico. Si potrebbe dire, si<br />

potrebbe pensare: “Riolo, tra febbraio e marzo del 2002, dice a Michele Aiello, che questi generi di<br />

Nicolò Eucaliptus sono sotto attività investigative, che Monreale è al centro dell’attenzione<br />

investigativa che ci sono le telecamente etc”. A questo Monreale perché fa tute queste cose, si<br />

sarebbe potuto fermare, avrebbe potuto cedere il suo ruolo a qualcun’altro? Qui entrnao<br />

considerazioni fatti circostanze che secondo me esulano da un processo penale, però qualche cosa la<br />

lettura delle carte del processo ce la dicono. Le dichiarazioni di Giuffrè dicono molto su quali<br />

116


fossero i rapporti fra Monreale e Provenzano e probabilmente possiamo dire che uno come<br />

Monreale che già di suo probabilmente non si tira indietro, certo non lo avrebbe fatto mai di fronte a<br />

Provenzano che lo considerava, sin dal 1994, nonostante tutta la differenza generazionale tra il capo<br />

e questa nuova leva, lo considerava già una delle figure emergenti. Una vera speranza dal p d v<br />

mafioso su Bagheria.<br />

E c'è un altro dato su cui riflettere e cioè che, ed è un dato importante, è che ce lo dicono ancora una<br />

volta i cognati di Monreale e cioè S. Eucaliptus e Stefania Dell'Anna, quando nelle 2 conversazione<br />

dell'8 febbraio 2003 e dell'11 febbraio 2003 parlano e fanno riferimento alla possibilità che lui,<br />

<strong>Salvatore</strong> Eucaliptus, vada a lavorare dall'ing Aiello. E si apre questa sorta di vertenza<br />

paraconiugale e cioè nel senso che una persona completamente estranea all'ambiente mafioso non<br />

capisce perché uno che ha una possibilità, un aggancio lavorativo, poi non debba andare a lavorare<br />

solo perché N. Eucaliptus, padre e suocero dei due, dica di no. Ebbene ricorderete che in quelle<br />

conversazioni i fa riferimento a una particolare circostanza. Cioè la conversazione inizia dicendo<br />

che Onofrio voleva andare a parlare dall'ing. di questa questione, ma che sua mamma, la signora<br />

Castronovo, lo aveva fermato perché bisogna aspettare che ritornasse N. Eucaliptsu per dare l'ok. E<br />

questa conversazione ha un suo significato importante, perché nessuno ce lo ha detto in questo<br />

processo. Non ce lo ha detto Riolo perché probabilmente forse manco lui lo sa, e si è guardato bene<br />

dal dircelo Michele Aiello che esisteva un canale di comunicazione diretto tra Monreale e Aiello.<br />

Perché altro senso quella conversazione, tra Stefania Dell'Anna e S. Eucaliptus, non c'è. Non ha<br />

altro senso e che non sia una boutade, una cattiva ricostruzione, un malinteso tra marito o moglie, o<br />

compagno e compagna che siano, è confermato da un altro dato e cioè che pari pari quella stessa<br />

circostanza diviene oggetto interlocuzione l'11/02 tra S. Eucaliptus e suo padre Nicolò. Perché<br />

quando arriva N da Acquedolci, S. lo informa su quello che era accaduto e dice che Onofrio voleva<br />

andare dal'ing. E ricorderete, Nicolo E diceva: "no, l'ing. no ". Non mostrava sorpresa al fatto che<br />

Onofrio Monreale, suo genero, potesse andare a parlare all'ingegnere, diceva: "no, l'ing no!", in<br />

quella logica di salvaguardia della posizione e delle ragioni dell'ingegnere di fronte alla famiglia<br />

Eucaliptus.<br />

Riprendo da dove avevo interrotto questa mattina e cioè dalla rivelazione delle notizie investigative<br />

che aveva dato corso il Ros e in particola qui la sezione anticrimine di Palermo, su quella parte della<br />

famiglia mafiosa di Bagheria che era da sempre più strettamente legata a Provenzano e abbiamo<br />

parlato delle attività specifiche anche attività di carattere tecnico che riguardavano i componenti<br />

della famiglia Eucaliptus e di S. Eucaliptus, abbiamo detto dei 2 generi di Eucaliptus N, cioè Pipia e<br />

Monreale.<br />

Ma avevo iniziato questa mattina dicendo che nulla si era salvato delle attività di investigazioni che<br />

il Ros aveva in particolare a Bagheria ed infatti Riolo, oltre a tutte quelle che riguardavano la<br />

famiglia Eucaliptus ci ha anche detto di avere rivelato a Aiello la collocazione da parte sua e di altro<br />

personale tecnico del Ros di altre installazioni in diverse zone del territorio di Bagheria nei cfr di<br />

soggetti diversi da quelli sino ad ora indicati e quindi soggetti diversi dai componenti della fam.<br />

Eucaliptus. Soggetti comunque tutti sospettati, indiziati, su cui la sezione anticrimine aveva<br />

ipotizzato essere in contatto o tramiti o in funzione di ausilio della latitanza di Provenzano. Perché<br />

uno dei primi obiettivi investigativi, primi anche dal p d v temporale come vedremo, di cui Riolo ha<br />

reso partecipe M. Aiello confidandogli anche il tipo di attività tecniche che erano in corso nei suoi<br />

confronti è l'obiettivo che all'interno della sezione anticrimine aveva in quel periodo assunto il<br />

nominativo, la sigla di zio Tom. Riolo ha ammesso di avere rivelato tali notizie prima nel corso<br />

dell'interrogatorio reso al pm il 15/05/2004 e poi ci ha coerentemente ribadito la rivelazione di<br />

queste notizie anche durante l'esame dibattimentale il 4/04/2006. Quindi 15/05/2004 e il 4 /04/2006.<br />

Ci ha detto Riolo che il suo gruppo tecnico aveva installato una telecamera ed una microspia esterna<br />

in contrada Consona di Bagheria e che queste apparecchiature avevano per obiettivo una persona<br />

che nell'ambito della sezione anticrimine era stata denominata lo zio Tom. E questa telecamera<br />

serviva per controllare in particolare gli accessi, eventuali accessi, eventuali presenza di soggetti<br />

117


presso una villa appartenente a questa persona indicata come zio Tom e che si trovava in contrada<br />

Consona. Ci ha detto Riolo che la telecamera era stata montata su un palo elettrico di fronte alla<br />

villa. Ci ha detto Riolo che di questa installazione, effettuata prima dell'estate 2002, aveva parlato<br />

ad Aiello. Ci dice Riolo "ho appreso per quale motivo me lo abbia chiesto, che c'erano stati dei<br />

problemi di corrente. Qualche operaio aveva riferito all'ing Aiello che c'erano quelli dell'Enel che<br />

stavano lavorando nella palificazione sovrastante il cantiere di via Consona di proprietà dell'ing e<br />

mi parlava appunto di questa situazione che gli avevano causato, che avevano visto insomma queste<br />

persone lì. E io l'ho rassicurato che ero io. E che avevo montato una telecamera lì per un oggetto.<br />

No, non so non ricordo se era un oggetto in direzione di una persona che aveva là una villa là sopra.<br />

Ci ha specificato che era stato l'ing Aiello a prendere il discorso per primo, parlandogli appunto di<br />

questo suo asserito problema tecnico in un cantiere che in quel momento aveva aperto nella zona<br />

della contrada Consona. E Riolo ci ha detto "di questa situazione che aveva montato io un oggetto<br />

là sopra, in direzione di quella, di una villa che stava lì di fronte, eh, ma non penso che avrebbe<br />

procurato quello tutto il problema". Cioè il problema tecnico al cantiere dell'ing Aiello. Ha<br />

specificato Riolo, che aveva detto ad Aiello che si trattava di un personaggio là sopra, di fronte al<br />

palo e ha aggiunto anche Aiello, nel corso dell'esame, "Penso che lui abbia capito di chi si trattava".<br />

Poi, sempre nel corso dell'esame del 4 aprile 2006, Riolo, anche a seguito di contestazione di<br />

precedenti dichiarazioni, ci ha confermato le seguenti affermazioni.<br />

Riolo: Sì perché me lo chiese. Dice che avevano visto armeggiare personale. Avevano montato<br />

questa scatola.<br />

Pm: Lei gli disse ad Aiello non solo che non riguardavano lui? (Prestipino: lui Aiello) Ma chi<br />

riguardava, cioè la villa dello zio Tom?<br />

Riolo:Sì. Lui infatti, l'ho detto, che lui glielo spiegai e mi fece "penso che abbia capito, lui ha<br />

capito".<br />

Letta questa dichiarazione che Riolo aveva resa durante le indagini, nel corso dell'esame 4/05/06,<br />

Riolo ha detto "sì sì, lo confermo".<br />

Gli stessi argomenti sono stati oggetto del controesame e su un solo punto della questione nel<br />

controesame, Riolo all'udienza dell'undici aprile 2006 ha fornito una risposta divergente perché<br />

quando gli era stato chiesto se avesse detto a Michele Aiello, oltre che era stata installata la<br />

telecamera sul palo, che era stata installata lì, che serviva a guardare la famosa villa, quando gli era<br />

stato chiesto se avesse detto ad Aiello che il padrone della villa, che l'obiettivo investigativo era<br />

soprannominato lo zio Tom, lui ha detto no no. Allora è stato contestato ad Aiello "Guardi che lei<br />

alla scorsa udienza ha detto esattamente il contrario" e Riolo ha detto: "no, io nn ho mai detto una<br />

cosa del genere"; "Sì ha detto esattamente il contrario all'udienza del 4/05", e Riolo "vabbè, allora<br />

ho sbagliato io l'altra volta". Esclusivamente sul punto se avesse tra le diverse rivelazioni fatto<br />

riferimento specifico, anche alla parola zio Tom come obiettivo investigativo.<br />

È stato sul punto anche esaminato Aiello, all'udienza del 21 febbraio 2006. Il quale ha qui davvero<br />

superato se stesso perché non solo ha negato decisamente che Riolo gli aveva fatto il nome dello zio<br />

Tom, ma quando gli è stato chiesto: "Riolo le ha mai riferito che in contrada Consona era stato<br />

installato un impianto per riprese di immagini visive"; Aiello ha avuto nn so come chiamarla "No,<br />

glielo detto io a lui!". E ha specificato che a giugno 2002 era stato Riolo dirgli che determinati<br />

operai che erano stati visti dagli operai di Aiello al lavoro su un palo elettrico in prossimità di un<br />

cantiere in contrada Consona erano in realtà Carabineri. Anzi uno di quelli era proprio lui, e che<br />

avevano installato una telecamera per controllare la via d'accesso alla casa degli Eucaliptus, che<br />

appunto si trova in contrada Consona, così ci ha detto Aiello, dicendo che si trattava di 06/2002;<br />

quindi se incrociamo le dichiarazioni di Riolo e Aiello. Qui siamo di fronte alla divergenza su chi<br />

ha preso l'iniziativa e cioè se sia stato Riolo a dirlo a spontaneamente a Aiello, oppure come dice<br />

Riolo, fu Michele Aiello a chiedere spiegazioni a Riolo adducendo come motivo della richiesta<br />

delle spiegazioni e di notizie l'asserito guasto tecnico a cui non aveva creduto nemmeno Riolo, e ce<br />

l'ha detto, a questo cantiere che Aiello in contrada Consona e però entrambi ci dicono<br />

118


A) che la rivelazione della notizia c'è stata, perché c'è stata la rivelazione di una notizia e<br />

concordano su qual è stato l'oggetto della notizia, cioè installazione di una telecamera su un palo. Ci<br />

dice Riolo io ho detto ad Aiello che questa telecamera sul palo elettrico era funzionale a guardare<br />

una villa di una determinata persona che abitava lì sopra. Ci dice Aiello che Riolo in<br />

quell'occasione gli disse che quella telecamera invece serviva per guardare N. Eucaliptus, casa<br />

Eucaliptus e ci parla di giugno 2002.<br />

Le attività investigative che sono state oggetto di confidenza anche in questo caso da parte di Riolo<br />

sono attività vere, reali e che sono state in concreto effettuate dalla sezione anticrimine del Ros e ce<br />

ne ha riferito Damiano all'udienza del 18 ottobre 2005. Ci ha detto Damiano che la sezione<br />

anticrimine di Palermo aveva svolto un'attività investigativa su un obiettivo convenzionalmente<br />

indicato come lo zio Tom. Ci ha datto damiano che dietro a questa sigla si celava il nome di<br />

Domenico Di Salvo di Bagheria e Damiano ci ha spiegato l'origine di questa attività concretizzatasi<br />

nella collocazione di una telecamera posta su un palo elettrico. Ci ha detto Damiano, noi lo<br />

investigammo perché vi erano delle indicazioni di un collaboratore, Pulci Calogero, che lo<br />

inquadrava come una persona vicina a B. Provenzano. Nell'attività di verifica e di accertamento che<br />

svolgemmo, poiché ci accorgemmo che Di Salvo era anche in società insieme a Giovanni Napoli e a<br />

Loreto Inzinna questo dato che assurge da una comune presenza in una società ce lo aveva fatto<br />

temere come un potenziale soggetto in contatto con il latitante. E ci ha detto Damiano che<br />

quest'attività era stata avviata tra la fine del 2000 e l'inizio del 2001 altro che giugno 2002. Quindi<br />

fine del 2000 e inizio del 2001 con attività di osservazione e pedinamento nei cfr di Di Salvo, con<br />

ascolti di utenze e ci ha detto Damiano l'attenzione fu in particolare concentrata su una casa in<br />

campagna in uso a questo Di Salvo in territorio di Bagheria che doveva essere controllata appunto<br />

con la sistemazione di una telecamera che era stata collocata da Riolo e dagli altri tecnici su un palo<br />

della luce e anche attraverso una microspia esterna, in prossimità della villa. L'esito di tale attività ci<br />

ha detto Damiano è stato negativo "non sortimmo nessun effetto, ne in direzione del latitante né in<br />

direzione di profili associativi, che comunque nel minimo miriamo ad ottenere".<br />

Riolo ha quindi confidato a Aiello l'esistenza di un'attività investigativa con l'istallazione di una<br />

telecamera davanti ad una villa di un personaggio che abitava in contrada Consona. La circostanza è<br />

stata ammessa anche da Aiello e il fatto che Riolo abbia detto o meno a Aiello la parola zio Tom,<br />

francamente poco importa, non rileva proprio perché Riolo ad Aiello aveva esattamente riferito la<br />

collocazione della telecamera, l'esatta ubicazione del palo egli aveva anche riferito la circostanza<br />

che quella telecamera, installata su quel palo, prossima al cantiere di Aiello in contrada Consona<br />

serviva ad osservare la villa di un personaggio lì sopra. Sono tutte circostanze assolutamente<br />

puntualizzanti sul luogo e quindi anche sulla persona nei confronti della quale era attivata<br />

l'apparecchiatura tecnica e quindi le attività di indagine. E Riolo ha rivelato la specifica notizia<br />

proprio quando le attività tecniche o dovevano ancora iniziare o erano appena iniziate. E su questo<br />

non c'è dubbio, quindi siamo tra la fine del 2000 e l'inizio del 2001 e ce lo ha detto Damiano.<br />

Perché dico, su questo non c'è assolutamente dubbio, perché ce lo dice lo stesso Aiello che mente<br />

mentre fa riferimento a giugno 2002. Perché Aiello ricollegala la rivelazione di questa notizia alla<br />

circostanza che i suoi operai addetti al cantiere di contrada Consona avevano visto sul palo della<br />

luce al lavoro delle persone e glielo avevano riferito. Quindi ciò che comunque determina e fa da<br />

origine al colloquio Riolo-Aiello su questa telecamera sta nella presenza di alcuni operai sul palo<br />

della luce. Quindi se è questa la scaturigine è plausibile che l'asserito guasto sia stata la scusante, la<br />

giustificazione che ha utilizzato Michele Aiello per attivare, per iniziare il discorso. Ma comunque<br />

poco importa, ciò che importa è che la scaturigine del colloquio sta nella presenza di alcuni operai<br />

sul palo della luce e allora se è questa la scaturigine. Questo fatto, questo evento segna l'inizio<br />

dell'installazione non segna la fine dell'attività e quindi la rivelazione è avvenuta contestualmente al<br />

momento in cui Aiello aveva avuto riferito che c'erano gli operai sul palo, i finti operai, cioè Riolo e<br />

i suoi collegi di lavoro, su quel palo erano probabilmente saliti tra la fine del 2000 e l'inizio del<br />

2001. Ce lo ha detto Damiano, e allora che senso aveva parlare di quel palo, parlare di quella<br />

presenza degli operai, per verificare se c'era un nesso causale tra quella presenza, tra quegli operai<br />

119


al lavoro e l'asserito guasto al cantiere, addirittura un anno e mezzo dopo. Cioè Aiello tiene fermo il<br />

cantiere un anno e mezzo se ha avuto il guasto, in attesa che qualcuno gli spieghi se c'era un nesso<br />

causale tra quel guasto e la presenza dei finti operai sul palo della luce di fronte alla villa dello zio<br />

Tom? Però quell'attività, proprio perché aveva avuto inizio tra la fine del 2000 e l'inizio del 2001,<br />

guardate non poteva trattare né Nicolò Eucaliptus né tanto meno O. Monreale: perché erano<br />

detenuti. Nicolò Eucaliptus era detenuto e sarebbe stato scarcerato a luglio 2001 e le telecamere in<br />

contrada Consona per controllare i movimenti di Nicolò Eucaliptus e dei suoi familiari sono state<br />

installate, ma ce lo ha detto Damiano quando: dopo gennaio del 2004, non alla fine del 2000 inizi<br />

del 2001. E Damiano ci ha detto che tutta la manovra investigativa era iniziata con i due generi:<br />

Liborio Pipia e Onofrio Monreale, quando il 18 febbraio 2002 si era verificato l'incontro tra<br />

Giovanni Panno e Onofrio Monreale. Monreale è stato scarcerato invece il 31 ottobre 2001, quindi<br />

addirittura 10 mesi dopo. E quindi è chiaro qual è l’oggetto della rivelazione, ancora una volta:<br />

l’installazione di apparecchiature tecniche e di telecamere che dovevano servire ad verificare la<br />

fondatezza di un’indicazione investigativa che aveva dato Calogero Pulci, che aveva segnalato<br />

questo Di Salvo come possibile favoreggiatore di Provenzano e quindi si era attivata una telecamera<br />

per guardare una villa che non usava di solito Di Salvo e che per come si usa in queste occasioni<br />

poteva anche essere usata per appuntamenti del latitante, per fargli trascorrere determinati periodi…<br />

Ebbene, anche questa attività, un tempo reale, sin da quando gli operai erano sul palo è stata<br />

confidata da Riolo a Michele Aiello.<br />

Ancora su Bagheria, Riolo ci ha poi detto di avere rivelato a Aiello l’esistenza di un'altra attività<br />

investigativa ancora, ma anche delle modalità tecniche con quale questa attività era in corso ed era<br />

un’attività che riguardava un altro importante obiettivo investigativo, perché questo obiettivo era<br />

l’esercizio di macelleria gestito a Bagheria in corso Butera dai fratelli Tornatore.<br />

I fratelli Tornatore, nel periodo di cui ci occupiamo, non erano soltanto dei macellai in odore di<br />

mafia: erano qualche cosa di più perché uno dei fratelli era stato arrestato quando, il 6 giugno 1996,<br />

era stato tratto in arresto Pietro Aglieri a Bagheria. E uno dei favoreggiatori tratti in arresto insieme<br />

a Aglieri, perché erano quelli che praticamente avevano portato la polizia nel covo di Aglieri, si<br />

chiamava appunto Tornatore ed era appunto uno dei fratelli Tornatore. Riolo, devo anche dire che<br />

questa rivelazione ha costituito l’occasione affinché Afillo attraverso una sola rivelazione<br />

apprendesse due diverse notizie su due diverse attività investigative proprio per la particolarità della<br />

rivelazione. Ce ne ha parlato Riolo il 15 maggio 2004 interrogatorio pm, udienza del 4 aprile 2006<br />

nel dibattimento. E Riolo ha sempre fatto riferimento ha un’attività tecnica effettuata sempre<br />

nell’ambito della ricerca di Provenzano (ricordiamoci che Aglieri era figlioccio di Provenzano e<br />

Tornatore era guardato con quest’ottica investigativa); Riolo ci dice che su quest’obiettivo sulla<br />

macelleria erano state puntate delle telecamere e che a un certo punto queste telecamere avevano<br />

avuto un problema tecnico a seguito dell’accavallamento dell’iniziativa del Ros dell’azione<br />

anticrimine che governava quell’indagine attraverso le telecamere su macelleria Tornatore e le<br />

attività d’indagine di un’altra struttura dei carabinieri, al territoriale, che in quel momento seguiva<br />

un’altra indagine che riguardava un uomo politico di Bagheria che si chiama D’Amico, un<br />

esponente dell’Udc di Bagheria, sotto la cui sede si svolgevano delle riunioni e sul muro dove c’era<br />

il portone della sede la territoriale aveva collocato delle microspie e ci ha spiegato Riolo che il<br />

segnale delle microspie interferiva con il segnale delle telecamere e dunque c’erano dei problemi<br />

tecnici, le telecamere ci ha detto Riolo erano installate in una piazza di Bagheria, Pzza San<br />

Sepolcro, dove c’era la segreteria di D’Amico e le telecamere da lontano erano orientate<br />

sull’accesso alla macelleria e quindi la collocazione era lontana, ma prossima alla microspie. Di<br />

tutta questa situazione, Riolo ci ha detto di aver parlato con Aiello, al quale aveva detto, ci ha detto<br />

Riolo, ad installazione avvenuta, nel maggio 2003 che aveva collocato una telecamera indicando a<br />

Aiello il luogo dove era localizzata (P.zza San Sepolcro, sotto la segreteria di D’Amico) e gli aveva<br />

anche detto che questa telecamera subiva l’interferenza di altre apparecchiature tecniche, appunto le<br />

microspie piazzate in quella segreteria per captare le discussione oltre che di D’Amico anche di<br />

altre persone che frequentavano quei locali e che avevano l’abitudine di parlare lì fuori. Ci hanno<br />

120


detto Riolo e poi è stato sentito anche Aiello sul punto all’udienza del 14/03/06, il quale ha negato<br />

che Riolo gli aveva detto che in P.zza San S. c’era una telecamera però ha ammesso Aiello che<br />

Riolo gli aveva riferito che esistevano delle microspie per intercettare delle conversazioni<br />

nell’ambito delle indagini su D’Amico. Ci ha detto testualmente Aiello (e anche qui siamo in sede<br />

di contestazione al dibattimento): “Se ho detto telecamera ovviamente è stato un errore linguistico,<br />

l’ho referto in maniera impropria perchè in precedenti interrogatorio, non mi ricordo, ma voi li<br />

sapete, io ho sempre parlato che mi diceva Riolo “stai tranquillo, chè prima o poi ascolterai quello<br />

che dicono”. Io mi riferivo a microspie di cui aveva parlato, collocate all’interno di questa<br />

segreteria; di questo macellaio non lo conosco. Non so chi sia questo Tornatore. Quando lui mi<br />

parla di queste microspie mi fa capire che l’attività è in corso di intercettazione nei confronti di<br />

questo soggetto, candidato nelle liste dell’Udc”.<br />

L’unica conclusione logica che si può trarre da questa circostanza è che nella stessa circostanza<br />

Riolo di notizie riservate a Aiello ne ha dette due, e non poteva parlare da solo Riolo delle<br />

microspie piazzate nella segreteria di D’Amico, perché manco era la sua struttura investigativa ad<br />

averle collocate. Ci hanno spiegato Riolo e Aiello qual è stata la circostanza: e cioè al solito un<br />

intervento di Borzacchelli e del Maresciallo Di Carlo e cucendo i pezzi delle notizie di cui avevano<br />

parlato separatamente da un lato Borzacchelli e Di Carlo e dall’altro Riolo è chiaro che avevano<br />

parlato dell’interferenza. E allora se interferenza c’è stata (e c’era) era tra due distinti apparati<br />

tecnici e Aiello ha avuto la notizia che su quella piazza erano installati 2 apparati tecnici, due<br />

notizie che al momento della rivelazione erano entrambe coperte dal segreto. E con Bagheria<br />

abbiamo terminato. E però c’è un’altra attività estremamente importante, estremamente<br />

significativa che riguardava il circuito mafioso di Provenzano, che era fuori da Bagheria e anche<br />

questa è stata oggetto di rivelazione. Riolo ha rivelato ad Aiello anche le attività investigative svolte<br />

dalla sezione anticrimine del Ros di Belmonte Mezzagno nei confronti di Francesco Pastoia. Ce ne<br />

ha parlato Riolo nel corso dell’interrogatorio del pm durante l’interrogatorio del 26/04/04 poi nel<br />

corso dell’interrogatorio del dibattimento il 4/04/2006 ha reiterato l’ammissione precisando che nel<br />

corso del 2003 aveva attivato a Belmonte Mezzagno con due suoi colleghi a supporto tecnico nelle<br />

investigazioni su Francesco Pastoia ben tre telecamere delle quali una orientata verso l’ingresso<br />

principale dell’abitazione di Pastoia collocata a circa 100 metri di distanza, un’altra collocata in<br />

modo tale da osservare una strada diciamo posta nel retro dell’abitazione di Pastoia, strada sulla<br />

quale vi era un secondo accesso “posteriore”. Ci ha detto Riolo che per trasferire il segnale aveva<br />

montato alcuni ripetitori lavorando su tralicci e ci cadetto che queste attività su Pastoia erano<br />

evidentemente finalizzate alla cattura di Provengano. E ci ha detto che di questa attività aveva<br />

parlato con Aiello:<br />

Pm: che cosa ha detto all’ing. Aiello?<br />

Riolo: C’è stata un’occasione che non mi facevo vedere più spesso. Non ci vedevamo, no, e mi<br />

chiese “ma che cosa, come mai, che sta succedendo che non ti fai più vedere?” che ero impegnato a<br />

Belmonte Mezzagno in un’attività che mi stava facendo impazzire e non avevo tempo per passare a<br />

salutarlo.<br />

Pm: ho capito, ma oltre al fatto che lei era impegnato in quest’altra attività che la faceva impazzire,<br />

lei fece il nome di Pastoia all’ing?<br />

Riolo: Sì, feci il nome di Pastoia.<br />

E ci ha detto Riolo che quando lui aveva fatto il nome di Pastoia a Aiello, lui gli aveva chiesto<br />

testualmente se si trattava di “quello dei camion, se aveva dei camion”. Poi durante il controesame<br />

Riolo ha ribadito coerentemente le circostanze, l’udienza dell’11/05/2006 ha precisato che aveva<br />

riferito queste attività ad Aiello, ha detto che aveva fatto esplicitamente il nome di Pastoia, ha<br />

aggiunto che stavano proprio lavorando in direzione di questa persona e ci ha collocato la<br />

rivelazione di questa notizia in un momento successivo a quello in cui lui aveva avuto in consegna<br />

un telefono della rete riservata. Quindi per come noi la sappiamo, la collocata temporalmente in un<br />

periodo successivo a giugno 2003. Anche durante il contro esame gli fu chiesto: ma gli fece il nome<br />

121


di Francesco Pastoia? E anche in questa sede Riolo ha risposto sì. Alla domanda sul perché fosse<br />

stato indotto a fare il nome di Pastoia a Aiello, Riolo ha testualmente risposto. La domanda viene da<br />

una parte privata: “Senta ma perché lui riferì quest’attività di Pastoia? Lei non poteva dire sto<br />

volgendo delle indagini, perché invece gli dice sto svolgendo delle indagini su Pastoia? E Riolo dà<br />

una risposta sorprendente: “Non lo so, mi venivano così e glielo raccontavo, d’altronde io non<br />

avevo nessun dubbio sull’ing, né su di lui né sugli altri”. È sorprendente dal punto di vista della<br />

tempistica perché nel periodo in cui ha fatto questa rivelazione Riolo questa volta ce l’ha detta<br />

giusta: “sono sicuro avevo il telefono della rete riservata”. È vero, infatti, fra le intercettazioni sul<br />

telefono di Riolo sulla rete riservata, ce ne è una in cui lui parla con Aiello e gli dice che è su un<br />

traliccio di 30 metri. E durante l’esame gli è stato chiesto a Rilo, “ma questa telefonata del traliccio<br />

di 30 metri è quando lei lavorava su Belmonte?”; “Sì è quando lavoravo su Belmonte”. Quindi noi<br />

sappiamo dalle parole di Riolo che lui lavorava su questa installazione dopo settembre 2003;<br />

probabilmente era ottobre e quindi a ottobre 2003 rivela a Michele Aiello l’esistenza dell’attività<br />

investigativa su Pastoia e rivela l’esistenza di quest’attività tecnica anche. Poi lui ci dice anche<br />

“non avevo nessun dubbio sull’ing”; ma quando? A ottobre 2003? Ci torneremo. Aiello all’udienza<br />

del 21/02/2006 è stato ascoltato anche su questi punti:<br />

pm: “Senta, Aiello le ha mai riferito di attività investigative su Pastoia di Belmonte Mezzano?”<br />

Aiello: nella maniera più assoluta.<br />

Poi però a Aiello è stata posta anche questa domanda, “ma lei sa chi è una persona che si chiama F.<br />

Pastoia”<br />

Aiello: “per i miei ricordi, da un p d v cartaceo era un autotrasportatore della ditta Butitta, della<br />

cava Butitta, che trasportava gli inerti a un impianto sino al 1986, anzi 87 perché poi ci siamo<br />

comprati anche noi il semirimorchio per il trasporto di inerti”.<br />

Riolo ci dice di avere confidato questa notizia ad Aiello, Aiello ce la contesta in radice, cioè non<br />

esiste non me lo ha mai detto. E però la logica ha un senso: perché non si capisce come avrebbe<br />

potuto Riolo prevedere, inventarsi, la circostanza che Aiello al nome di Francesco Pastoia<br />

ricollegava la persona di quello che “aveva un camion” esattamente come ha fatto Aiello in<br />

tribunale, quando gli è stato chiesto chi era Pastoia e ci ha risposto quello dei camion, un<br />

autotrasportatore. Certo che se Riolo e Aiello non avessero mai parlato di Pastoia, Riolo può<br />

cambiare mestiere e fare l’indovino, ma evidentemente avevano parlato di Pastoia i due, perché al<br />

nominativo di Pastoia, Riolo non poteva sapere che Aiello ricollegava quello che “aveva i camion”,<br />

l’autotrasportatore.<br />

Chi è F. Pastoia, perchè questa rivelazione fatta nell’autunno del 2003 ha devastato l’ulteriore<br />

fronte investigativo che in quel momento aveva il raggruppamento operativo speciale dei<br />

carabinieri nei cfr di Provenzano? Prima del suo decesso in carcere il 27/01/2005, a distanza di<br />

appena due giorni dal fermo disposto nell’operazione “grande mandamento”, Pastoia è stato uno<br />

degli anelli fondamentali del sistema Provenzano. È stato il regista delle sue comunicazioni, ma è<br />

stato soprattutto il vero alter ego del capo di Cosa nostra dei suoi rapporti con il resto<br />

dell’organizzazione. Devo dire che è un ruolo che Pastoia non si inventa, ma che ha radici antiche,<br />

risalenti nel tempo, ma che il tribunale può tranquillamente leggersi in due provvedimenti giudiziari<br />

definitivi che abbiamo depositato e che sono la sentenza di condanna della corte di Appello di<br />

Palermo in data 13/07/2001 (sentenza con la quale Pastoia è stato condannato in via definitiva per il<br />

reato di partecipazione mafiosa proprio in relazione dei suoi rapporti fiduciari con Provenzano) e le<br />

stesse cose il tribunale le leggerà nel decreto con i quale nei cfr di Pastoia erano state applicate<br />

sempre dalla corte di Appello di Palermo 25/10/1999 le misure di prevenzione. Questi 2<br />

provvedimenti ci dicono del passato di Pastoia, chi è stato fini a un certo punto e ci spiegano il<br />

motivo del suo ruolo e delle sue funzioni, ma l’importanza strategica dell’attività del Ros su Pastoia<br />

e proprio a partire dal 2003, ci è stata spiegata dal colonnello Damiano e ci è stata spigata dal<br />

122


maggiore Russo all’udienza del 27/03/2007, i quali ci hanno riferito le diverse fasi delle attività<br />

investigative che il Ros aveva su Pastoia.<br />

Nell’udienza di ieri io avevo fatto cenno alle indicazioni che ci aveva dato il colonnello Sergio De<br />

Caprio quando ci aveva raccontato del suo impegno nel dopo stragi nella persona di Provengano,<br />

finito Riina, Provenzano e ci ha detto De Caprio due erano i nomi i fronti investigativi: Tommaso<br />

Cannella e Francesco Pastoia. E infatti sul boss di Belmonte Mezzagno e sul suo entourage<br />

familiare, come su quello di Tommaso Cannella e sul suo entourage familiare il Ros aveva<br />

cominciato a investigare sin dal 1997-98 con risultati che avevano portato il 24/01/2002 ad<br />

un’ordinanza di custodia cautelare in carcere da un lato nei cfr di tutto il gruppo Lipari ed era<br />

lavoro della polizia, dall’altro nei cfr di tutto il gruppo Cannella ed era lavoro del Ros, ma insieme a<br />

queste persone era stato arrestato anche un’altra persona molto importante di Mezzagno: Giuseppe<br />

Vaglica , cognato di Francesco Pastoia perché Pastoia ha sposato una sorella di Vaglica e quindi<br />

nelle attività nelle quali erano stati raccolti elementi in mezzo a mille difficoltà (fuga di notizia<br />

anche su Vaglica che gli aveva consentito di scoprire microspie collocate sulla autovettura dal Ros,<br />

proprio quando Vaglica faceva da autista a Provengano: siano tra giugno e ottobre 1998). Durante<br />

quelle indagini vengono raccolti elementi significativi nei cfr di Vaglica che viene arrestato nella<br />

notte del 24/01/2002 e però non erano stati raccolti altrettanti elementi per dimostrare la<br />

reiterazione di condotte di reato da parte di Pastoia e quindi quando la notte del 24/01/2002 –ce lo<br />

racconta in particolare Stefano Russo-, il Ros va a Belmonte e arresta G. Vaglica effettuano anche<br />

una perquisizione a casa di Pastoia e installano delle microspie nell’abitazione di Pastoia in paese.<br />

Quelle microspie non avevano dato particolari esiti, anzi una di esse, quella in particolare quella<br />

installata presso il salone era stata pure ritrovata e quindi le attività avevano avuto una fase di stallo.<br />

Erano poi riprese nel marzo del 2003 con servizi di osservazione, intercettazioni telefoniche e<br />

nuove attività ambientali. Erano state ricollocate diverse microspie all'interno dell'abitazione del<br />

paese, quindi quella già oggetto di attività tecniche, erano state installate anche telecamere e<br />

microspie che guardavano la casa di campagna di Pastoia a Belmonte ed erano state attrezzate delle<br />

telecamere per osservare i movimenti come dicevo sul lato principale sul lato posteriore della casa<br />

di Pastoia per poterlo poi intercettare nei suoi movimenti e seguirne le frequentazioni. Siamo a<br />

marzo 2003, iniziano queste installazioni nuove e infatti coerentemente con quello che ci ha detto<br />

Riolo si protraggono durante l'estate e nell'autunno, quando Riolo fa quella telefonata cui ho fatto<br />

cenno usando il telefonino delle rete riservata e dice a Riolo sono su un palo alto 30 metri se non<br />

ricordo male siamo a ottobre 2003, quindi vuol dire che quell'installazione ancora non è stata<br />

completata. Bene, accade che nel frattempo la sentenza di condanna di Pastoia, quella che abbiamo<br />

acquisito agli atti di questo processo passa in giudicato e che Pastoia, fatti tutti i dovuti conti, deve<br />

espiare una pena residua di mesi 6. Pastoia quindi da mafioso avveduto non si fa arrestare a casa sua<br />

a Belmonte Mezzagno, ma se ne va a Roma e si costituisce spontaneamente il 13/12/2003 al carcere<br />

di Rebibbia. Viene liberato dopo 6 mesi il 13/06/2004 e non appena scarcerato Pastoia torna in<br />

paese, torna a Belmonte Mezzagno dove appunto rientra il 13/06/2004, nel frattempo ce lo ha<br />

spiegato Damiano ce lo ha detto anche Stefano Russo il Ros aveva ultimato le sue installazioni<br />

tecniche e messo sul'avviso del fatto che Pastoia stava riacquistando la libertà, proprio lo stesso<br />

giorno in cui Pastoia viene scarcerato vengono riattivate le attività di intercettazione presso la sua<br />

abitazione di Belmonte, il giorno successivo alla sua scarcerazione, scarcerazione che avviene il<br />

12/06/2004 e le microspie vengono riattiviate il 13/06/2004. Pastoia fa ritorno a casa e il 13 /06<br />

vengono riattivate le microspie, ci ha detto Damiano che vengono provate, che funzionano il<br />

segnale ha il rilancio giusto e addirittura arriva fino alla sala ascolto del Ros poi improvvisamente,<br />

il giorno successivo e cioè il 14/06 tutte le microspie installate presso l'abitazione hanno smesso di<br />

funzionare ci ha detto Damiano per assenza del segnale, cioè sono state disattivate. Ci ha detto<br />

Damiano che poi ovviamente 25/01/2005 anche Pastoia figurava fra gli indagati sottoposti a fermo<br />

dal pm nell'operazione grande mandamento, ma l'ho già detto ieri, Antonio Damiano ci ha detto che<br />

di quel fermo il Ros non aveva alcuna responsabilità alcun merito "penso che tutti gli elementi di<br />

prova racolti nei cfr di Pastoia non erano stati raccolti dal Ros che pure aveva quell'attività da<br />

123


gennaio 2002 nei cfr di Pastoia". Pastoia era incappato in attività di intercettazione effettuate dalla<br />

squadra mobile di Palermo su degli immobili siti tra Misilmeri e Monte Mezzagno attraverso<br />

intercettazioni di altri soggetti presso le cui masserie F. Pastoia si recava per effettuare incontri seri<br />

a altissimo livello di mafia, dove incontrava mafiosi di tutta Palermo e dove portava gli ordini e<br />

raccoglieva le risposte per Provenzano. Aggiungo che ovviamente oltre quelle intercettazioni nei cfr<br />

di Pastoia c'erano anche altri elementi sui quali né Riolo, né altri poteva intervenire: cioè le<br />

dichiarazioni di Giuffrè e le lettere che Provenzano aveva mandato a Giuffrè.<br />

Riolo ci ha poi riferito di avere avuto conoscenza del contenuto dei biglietti, delle lettere<br />

dattiloscritte che Provenzano aveva scritto ed avviato ad Antonino Giuffrè. Documenti sui quali,<br />

diciamo, a partire dalla seconda metà del 2002 e poi dal dicembre 2002, cioè dopo il secondo<br />

rinvenimento per capirci, la sezione anticrimine di Palermo aveva iniziato una complessa attività di<br />

analisi e di riscontro del relativo contenuto. Sia durante l'interrogatorio al pm (e faccio riferimento a<br />

quello del 7 giugno 2004 e a quello del 20 agosto 2004), che poi nel corso del dibattimento<br />

all'udienza del 4/04/2006, Riolo ha dichiarato di avere avuto la disponibilità di un floppy disc al cui<br />

interno erano contenute le trascrizioni dei biglietti delle lettere che Provenzano aveva mandato a<br />

Giuffrè e che erano state sequestrate a Giuffrè il 16/04/2002 e rinvenute a seguito delle sue<br />

indicazioni a Vicari il 4/12/2002. Ci ha detto Riolo che questo floppy gli era stato consegnato dal<br />

capitano Giovanni Sozzo che gli aveva copiato davanti a lui i pizzini attraverso un copia-incolla di<br />

Provenzano, gli aveva messi su un dischetto affinché lui li potesse leggere. Riolo ci ha poi detto che<br />

lui poi questo floppy non lo aveva mai aperto, anzi ignorava che cosa ci fosse dentro, e allora a<br />

questo punto -questo ce lo ha detto durante l'esame - , è stato contestato a Riolo che su questo<br />

specifico punto il 7 giugno ci aveva detto cosa diversa, e cioè contestazione: siamo a pag 7 alla<br />

trascrizione parlando proprio di questo floppy disc la domanda era: "Se lei aveva lo aveva aperto,<br />

letto etc" e lei dice: "Sul computer a casa mia, mi sa che una volta l'ho acce… l'ho passato perché<br />

cercavo un floppy vuoto tant'è vero che gli chiesi ai miei ragazzi di cancellarmi. Sicuramente avete<br />

trovato un sacco di floppy con delle intestazioni però non c'era niente, perché me li feci cancellare,<br />

perché mi servivano i floppy vuoto". A questa contestazione Riolo ha detto: "Sì, vero è, l'ho aperto<br />

il floppy" e ci ha confermato che effettivamente aveva inserito questo flppy nel pc a casa. Poi Riolo<br />

ci ha detto che questo floppy che conteneva le lettere di Provenzano era stato oggetto di confidenze<br />

a Aiello, cioè lui ad Aiello l' aveva detto che aveva con sé il floppy disc, dove c'erano le lettere di<br />

Provenzano e che lo aveva fatto poco prima dell'arresto, quindi dell'arresto di entrambi, quindi poco<br />

prima del 5/11/2003, quando le indagini - ha precisato Riolo -erano molto avanti, ci ha detto<br />

testualmente sul punto Riolo: "era preoccupato l'ing Aiello" (che in questo processo, oltre al ruolo<br />

di estorto ha anche quello di costantemente preoccupato) "dico, guardi di non preoccuparsi! Perché<br />

io ero in possesso di tutte le dichiarazioni io, senza sapere che cosa c'era. Di tutte le dichiarazioni di<br />

Giuffrè di cui dell'ing Aiello non se ne parla assolutamente, quindi di che cosa ti preoccupi? "Stai<br />

calmo", dice, io gli faccio "se vuoi te lo posso anche fare leggere il floppy, il contenuto del floppy"<br />

e ci ha detto Riolo che poi ha precisato non erano le dichiarazioni di Giuffrè e cioè le dichiarazioni<br />

rese da collaboratore, erano le dichiarazione rese dentro le lettere. E ci ha detto anche Aiello di<br />

fronte a questa generosa offerta, "se vuoi te lo faccio vedere il contenuto del floppy, lo puoi aprire"<br />

aveva detto a Riolo, per come ci ha detto Riolo, "No, non l'ha aper… anzi mi rispose addirittura<br />

aveva fiducia in me "una volta che l'hai letto tu che importanza ha?"". Quindi il senso era, se tu hai<br />

controllato e mi dici che non c'è il mio nome nel floppy e nelle lettere che Provenzano aveva scritto<br />

a Giuffrè io mi fido, non ho bisogno di aprirlo, perché quello che tu mi dici, Riolo, mi dici, mi basta<br />

per rassicurarmi. 28/02/2006, quindi anche qui due mesi prima noi a Aiello avevamo fatto la stessa<br />

domanda e cioè se Riolo gli avesse offerto la disponibilità o anche solo gli aveva parlato<br />

dell'esistenza di un floppy disc e Aiello ci ha detto "No, di questa lettere, non gli aveva parlato<br />

Riolo" e ne Riolo gli aveva offerto la disponibilità, la possibilità di aprire questo floppy disc e di<br />

visionarne il contenuto. Su questa vicenda abbiamo sentito anche il capitano Sozzo, il quale che di<br />

suo non aveva mai consegnato a Riolo alcun dischetto e lo ha ribadito più volte. A dire il vero<br />

anche durante la fase delle indagini per cercare di capire avevamo messo a confronto Riolo e il cap.<br />

124


Sozzo sull'argomento, ma quel confronto non ha avuto alcun seguito perché in quell'occasione<br />

Riolo all'interrogatorio del pm si avvalse della facoltà di non rispondere quindi il confronto non<br />

ebbe corso. Cmq il cap. Sozzzo si è lungamente sommermato sui tempi, sulle modalità di analisi,<br />

sulla ricerca di riscontri che lui con un suo ben individuato gruppo di lavoro, di cui non faceva parte<br />

Riolo, aveva effettuato su questo importante materiale. Il cap. Sozzo ci ha anche spiegato la<br />

dislocazione tecnica del suo gruppo, cioè la logistica dei suoi uffici durante il periodo in cui veniva<br />

effettuato questo lavoro di analisi. Ci ha riferito dettagliatamente le modalità di funzionamento<br />

all'epoca dei computer installati presso i locali dove effettuavano questo lavoro di analisi e ci ha<br />

detto che questi computer erano collocati nei vari uffici erano collegati in una sorta di rete interna<br />

che non aveva nessuna possibilità di collegamento con l'esterno e ci ha anche fornito una serie di<br />

indicazioni importanti, ci ha indicato tutte le circostanze di fatto che io non sto qui ad indicare<br />

specificatamente che dimostrano come Riolo al tempo aveva certamente avuto la concreta<br />

possibilità di copiare lui stesso i file contenenti le trascrizioni letterali delle lettere dei bigliettini di<br />

Provenzano facendo accesso ad uno dei pc in rete. Tutte le circostanze che ci ha riferito Sozzo sul<br />

punto sono poi state confermate dal Col. Daminano il 18/10/2005. Damiano, come aveva già fatto il<br />

cap. Sozzo, ci ha anche detto che i componenti del gruppo tecnico tra cui Riolo non erano a<br />

conoscenza del dettaglio di questi biglietti, ma erano a conoscenza che esisteva questo compendio<br />

documentale, erano a conoscenza che su quest'ultimo era al lavoro un gruppo di analisi comandato<br />

da Sozzo ed erano a conoscenza anche di un solo documento che era stato rinvenuto, che era un<br />

aspetto che riguardava un aspetto tecnico, l' ho già detto ieri. Tra questi tanti lettere, scritti, pizzini,<br />

santini etc c'era il biglietto da visita di una ditta che curava installazioni e noleggio di<br />

apparecchiature tecniche… insomma noi le chiamiamo le "ditte delle intercettazioni", cioè c'era il<br />

biglietto da visita della IES che è una società di cui l'arma dei carabinieri ha fatto in passato largo<br />

uso come ausiliario di pg e che ha lavorato molto sia in attività svolte dalla procura di Palermo sia<br />

in attività svolte dalla procura di Termini Imerese. E ci ha detto Damiano che di questo bigliettino<br />

della Ies effettivamente i tecnici erano stati portati a conoscenza che c'era questo bigliettino da<br />

visita della Ies, ma al di là di questo, delle lettere di Provenzano, i componenti del Gruppo tecnico<br />

di Riolo non avevano conoscenza nel dettaglio del loro contenuto. Poteva Riolo accedere al pc e<br />

copiarsi i file di lavoro dove c'erano le lettere trascritte? In linea teorica poteva, ce lo hanno<br />

spiegato Giovanni Sozzo e Damiano che era possibile accedere al computer, ma poteva farlo anche<br />

in concreto perché quella parte di giustificazione che Riolo ha inteso prospettare e cioè che lui non<br />

avrebbe nemmeno saputo farlo e lo ha fatto sia durante l'interrogatorio al pm sia durante il<br />

dibattimento per parte è stato smentito dai suoi colleghi, da quelli che lavoravano con lui.<br />

Maresciallo De Venuto udienza 13/03/2007 ci ha detto che prima del suo trasferimento ad altro<br />

incarico che è avvenuto nel settembre 2002 quindi siamo a ridosso tra un sequestro, quello del<br />

16/04 e l'altro, De Venuto ci ha detto che prima del settembre 2002 la squadra tecnica aveva un pc<br />

presso gli uffici di Bocca di Falco, ci ha detto che Riolo all'inizio non aveva una particolare<br />

dimestichezza, ma che poi aveva imparato l'uso minimo e ci ha detto che a settembre quando lui se<br />

ne era andato, Riolo era in grado "di scrivere, di fare una lettera, di copiare un file, incollarlo", così<br />

si è espresso De Venuto. Leone udienza 13/03/2007 ci ha detto la stessa cosa e con riferimento a un<br />

periodo successivo, perché Leone ha continuato a lavorare nel gruppo tecnico e ci ha detto che<br />

Riolo aveva una certa dimestichezza con il computer, sapeva scrivere e copiare i file ci ha detto.<br />

13/03/2007 abbiamo anche sentito il maresciallo Filippo Salvi che è stato con Riolo dall'estate del<br />

2002 fino al momento dell'arresto di Riolo il 5 novembre 2003. E anche lui ci ha detto, col<br />

riferimento al periodo in cui avevano lavorato insieme che Riolo aveva una buona dimestichezza<br />

con l'utilizzo del pc, sapeva gestire i sistemi di videoscrittura, e gli chiedeva consiglio soltanto per<br />

caricare i programmi o quando c'erano problemi di sistema operativo, tant'è vero ci ha detto il<br />

maresciallo Salvi che Riolo nel suo pc manteva tutti i fogli di lavoro fatto, custodiva le relazioni<br />

delle varie attività etc etc. Dunque Riolo per sua stessa ammissione è certamente entrato in possesso<br />

delle trascrizioni delle lettere di Provenzano di quelle lettere che P. aveva spedito a Giuffrè. Li<br />

aveva copiati facendo accesso a un computer, ma anche a voler prescindere da questa circostanza,<br />

125


lui stesso ci ha detto che dopo aver avuto la disponibilità di questo floppy disc, lo aveva aperto a<br />

casa sua nel suo computer e questo evidentemente Riolo non lo poteva negare perché da operatore<br />

di pc di medio livello sapeva che il passaggio dei file tra floppy disc e pc di casa sua avrebbe potuto<br />

lasciare una traccia sul suo computer, quello stesso computer che il 5 novembre 2003, era stato<br />

sequestrato presso la sua abitazione e sul quale Riolo poteva pensare che fossero effettuati degli<br />

accertamenti tecnici particolari che potevano trovare la traccia di questo passaggio e quindi Riolo ci<br />

ha ammesso questo passaggio. Ma Riolo ci ha detto di più che di questo floppy aveva offerto la<br />

visione, il contenuto del floppy a Aiello e lo ha fatto ci ha detto Riolo per tranquillizzare Aiello ci<br />

ha detto: "glielo l'ho offerto " quando le indagini erano ormai avanti, cioè le indagini che<br />

riguardavano entrambi a poco tempo dall'arresto. E ci ha detto Riolo che contemporaneamente<br />

Michele Aiello aveva detto che su quelle lettere il nome di Aiello non c'era che a suo carico non<br />

c'era nulla e con queste parole Aiello si era tranquillizzato e gli aveva risposto che si fidava di<br />

quello che lui stesso Riolo gli aveva riferito su questo punto. Ora io davvero rimango stupefatto da<br />

questa risposta e dalla sua collocazione temporale, perché questa risposta avrebbe un senso se il<br />

floppy disc fosse stato offerto da Riolo a Aiello al massimo a gennaio del 2003 a Natale del 2002 e<br />

forse manco allora, perché già dal dicembre 2002 Aiello ha la prima notizia che lo riguarda la<br />

famosa notizia che porta Borzacchelli e c'è Giuffrè che parla di lui, Aiello ha sempre detto guardate<br />

siccome io ero sottoposto ad un'azione ricattatoria, intimidatoria questo Borzacchelli mi diceva le<br />

cose per spillare quattrini lo chiamavano il terrorista nelle intercettazioni della rete riservata<br />

possiamo logicamente ammettere che se a gennaio 2003 Riolo avesse detto ad Aiello, ecco qua ci<br />

sono le lettere di Provenzano a Giuffrè quello avrebbe potuto tranquillamente dire: "mi fido di<br />

quello che dici tu", ma non ha pochi giorni dall'arresto a pochi giorni dall'arresto con tutto quello<br />

che c'è (e ci vorrebbe un'altra udienza per ripassarlo, ma non ne vale la pena) sulle intercettazioni<br />

sulla rete riservata, ve l'immaginate Michele Aiello che dice a Riolo "ah, non c'è niente su di me, mi<br />

fido, sto tranquillo" quando Aiello già sa che esistono le dichiarazioni di Giuffrè su di lui, che è<br />

stato intercettato sulle utenze della diagnostica, che le dichiarazioni di Giuffrè sono dichiarazioni<br />

pesanti sa che è iniziato un procedimento della sanità, sa che c'è tutto il mondo che lo sta<br />

investigando, quattro forze di polizia, c'è fuori pure lo Sco, e poi ha la conferma che oltre lui era<br />

investigato anche Giuseppe Ciuro che oltre lui era stato iscritto Giorgio Riolo, cioè il tempo che<br />

passa dà il senso della catastrofe intorno a Michele Aiello.<br />

E pochi giorni ancora prima dell’arresto è credibile che Aiello abbia rifiutato di prendere visione di<br />

questo floppy e del suo contenuto? Non c è soggetto in questo processo che abbia avuto rapporti<br />

con Aiello il quale non ci sia venuto a dire seduto su queste sedie che bisognava tranquillizzare<br />

Aiello perché era apprensivo, perché era in ansia e quindi era una gara di benefattori per<br />

soccorrerlo, per dargli notizie per tranquillizzarlo, addirittura dargli notizia false per<br />

tranquillizzarlo. Voi ve lo immaginate Aiello con in mano il dischetto con dentro tutte le lettere di<br />

provenzano e che dice, “no mi fido di quello che dici tu, Giorgio Riolo”. Riolo ha poi avuto una<br />

parte attiva unitamente a Giuseppe Ciuro con i fatti di cui abbiamo già detto durante la prima parte<br />

della discussione nell’acquisizione di notizie sull’attività investigative, notizie che come abbiamo<br />

visto venivano comunicate questa volta d Ciuro, ma previa divisione dei compiti, previa<br />

informazione di Riolo a Aiello. Riolo si è infine reso responsabile di altre diverse rivelazioni, aventi<br />

ad oggetto sempre attività investigative svolte dal suo reparto di appartenenza. Riolo ha informato<br />

Aiello della collocazione di microspie nell’abitazione di Giuseppe Guttadauro e dell’esito di queste<br />

attività di indagine, fatti sui quali torneremo appresso, esaminando la posizione dell’imputato<br />

<strong>Salvatore</strong> Cuffaro. Riolo ha infine informato Domenico Miceli della collocazione di microspie nella<br />

sua autovettura e più in generale delle attività d’indagine espletate nei suoi confronti e ce ne ha<br />

parlato all’udienza del 21 marzo 2006, ci ha riferito degli incontri che aveva avuto prima con<br />

Giuseppe Rallo medico palermitano amico di Miceli e poi con lo stesso Miceli, incontri tutti<br />

avvenuti in un periodo in un lasso temporale tra maggio e luglio-agosto 2002, incontri in occasione<br />

dei quali lui aveva confidato ai due, a Rallo e a Miceli, prima separatamente poi insieme. che nei<br />

confronti di Miceli vi erano in corso attività investigative e che era stata installata una microspia<br />

126


anche nell’autovettura di Domenico Miceli. Di queste attività – queste le dichiarazioni di Riolo al<br />

dibattimento - ci ha riferito il colonnello Damiano, ci ha riferito Stefano Russo, i quali ci hanno<br />

elencato tempi e modalità delle progressioni investigazione compiute dal Ros su Miceli. Ma di<br />

queste confidenze ci ha anche riferito nel corso della fase dibattimentale il dottore Rallo che è stato<br />

sentito il 15/03/2005 e Rallo ha sia pure tra mille imbarazzi e altrettante incertezza ma poi ha<br />

ammesso di avere incontrato Riolo di averlo incornato insieme a Miceli ha ammesso di avere<br />

ricevuto da Riolo a partire dall’estate del 2002 e fino a prima che Miceli fosse tratto in arresto<br />

diverse confidenze sulle attività investigative che il Ros conduceva nei cfr del suo amico Miceli e in<br />

una di queste occasioni ci ha detto Rallo, Riolo gli aveva confidato che effettivamente aveva<br />

collocato delle microspie all’interno dell’autovettura in uso a Miceli proprio quando<br />

quest’autovettura si trovava parcheggiata temporaneamente a Caltanissetta, circostanza vera perché<br />

ci è stata riferita dagli ufficiali che avevano curato questa attività investigativa. Quindi qui abbiamo<br />

dichiarazioni di Riolo riscontrate oltre che dall’iter investigativo anche da quello che ci hanno detto<br />

Damiano e Russo ma st da quello che ci ha confermato il dott. Rallo.<br />

E allora possiamo iniziare a trarre su tutto l’argomento della fuga delle notizie alcune conclusioni.<br />

Intanto appare assolutamente evidente sotto il profilo in esame, ovvero fughe di notizie che hanno<br />

avuto per oggetto le attività investigative del Ros, non soltanto la natura, ma anche la specifica<br />

valenza del contenuto di quella che abbiamo chiamato la controprestazione che Aiello nell’ambito<br />

del contratto di protezione e grazie al determinante contributo fornito da Giorgio Riolo, che gli ha<br />

confidato tutte queste notizie, ha potuto garantire all’organizzazione mafiosa e in particolare ai suoi<br />

vertici; e qui noi abbiamo una serie di indicazioni che l’acquisizione di queste informazioni<br />

riservate, il disvelamento delle attività investigazione delle forze di polizia (che in questo caso<br />

erano le attività del Ros) è una delle attività che costituiscono da sempre uno dei momenti di<br />

intervento privilegiati da parte dell’organizzazione mafiosa, un settore che ha sempre destato il<br />

massimo interesse in Cosa nostra e soprattutto nel suo capo Provenzano. Sono circostanze note a<br />

chi si occupa di processi di mafia, ma sono circostanze che in questo nostro processo, sono emerse<br />

con una particolare forza probatoria, anzi direi che in questo processo forse più che in altri, è stata<br />

acquisita la prova documentale che Provenzano in persona si occupava, nutriva interesse per tutto<br />

quello che riguardava attività di carattere tecnico: ascolto, microspie, telecamere, videoriprese<br />

eseguite dalle diverse forze di polizia e che questo settore, anzi, costitutiva uno dei suoi motivi di<br />

vera e propria, questa sì, preoccupazione, anzi, poi vedremo, negli ultimi tempi per Provenzano era<br />

diventata una vera e propria ossessione. La prima prova documentale noi ce l’abbiamo in uno dei<br />

biglietti che abbiamo acquisito al fascicolo del dibattimento ed è uno dei biglietti che sono stati<br />

sequestrati ad Antonino Giuffrè al momento del suo arresto; ed è una lettera che Provenzano aveva<br />

scritto a Giuffrè ad aprile del 2002, una delle ultime lettere indirizzate ad Antonino Giuffrè prima<br />

del suo arresto. Quindi abbiamo un momento temporale ben determinato siamo nella primavera del<br />

2002 ed è un momento che si colloca esattamente a metà in quella progressione di rivelazioni di<br />

notizie sull’attività del Ros da parte di Riolo a Michele Aiello che abbiamo visto iniziare nel 1999 e<br />

avere termine pochi giorni prima del loro arresto, di Aiello e Riolo, quando Riolo aveva confidato a<br />

Michele Aiello che c’erano le telecamere e le attività su F. Pastoia. Ebbene in questo biglietto che<br />

risale ad aprile 2002, Provenzano scrive testualmente ad A. Giuffrè: “discorso C R: se lo puoi fare ti<br />

ubbidiscono, facci guardare se intorno all’azienda ci avessero potuto mettere una o più telecamere<br />

vicino distante, falli impegnare ad osservare bene e con questo dire che non parlano nè dentro né<br />

vicino alle macchine, anche in casa, non parlano ad alta voce, non parlare nemmeno vicino a casa<br />

né buone né diroccate, istruiscili. Niente per me ringraziamenti, ringrazia nostro Signore Gesù<br />

Cristo”. Giuffrè, che ha visto questo biglietto, ce ne ha spiegato il contenuto e ci ha detto che questo<br />

biglietto non era un avvertimento di tipo generico, era qualche cosa di più, era un avvertimento di<br />

tipo specifico “facci guardare se intorno all’azienda discorso CR” e ci ha detto CR altri non era che<br />

il suo particolare uomo di fiducia, cioè Carmelo, un codice assolutamente semplice. Carmelo era<br />

Carmelo Umina, cioè colui il quale portava a Ciminna, ai fratelli Piscopo, i biglietti di Giuffrè e<br />

riceveva a sua volta le lettere di Provenzano indirizzate a Giuffrè. E l’azienda ci ha spiegato<br />

127


Giuffrè era l’azienda degli Umina, dove lavorava Carmelo Umina con suo padre Gioacchino.<br />

Un’azienda zootecnica che si trovava a Vicari, praticamente di fronte a Ciminna ed era l’azineda<br />

dove fino a 10-15 gg prima dell’arresto di Giuffrè, Provenzano passava quando vedeva determinate<br />

persone e utilizzava una serie di luoghi in prossimità di questa azienda che serviva come punto di<br />

incontro per gli appuntamenti e quindi ecco gli interessi di Provenzano a questa azienda. E presso e<br />

quell’azienda le telecamere c’erano per davvero, e allora la circostanza davvero originale - ed è<br />

ancor più originale se la si interpreta in riferimento a quelle che sono le prassi, le dinamiche interne<br />

a Cosa nostra, del suo sistema di controllo del territorio - è che sulla presenza delle forze di polizia<br />

di un’attività investigativa per altro così penetrante di carattere tecnico a Vicari, mandamento di<br />

Caccamo, luogo nel quale negli ultimi due anni Giuffrè trascorreva la sua latitanza, presso<br />

quest’azienda Giuffrè era di casa, occupava un’abitazione che gli aveva trovato Carmelo e<br />

Gioacchino Umina e che era a pochi Km dall’azienda zootecnica. Ebbene, la presenza delle<br />

telecamere in quell’azienda a Giuffrè, che è capo del mandamento, glielo manda a dire Provenzano.<br />

Il che la dice lunga non solo sulla preoccupazione e sull’interesse personale di Provenzano ad<br />

acquisire notizie, ma soprattutto la dice lunga sulle sue capacità di acquisire notizie sulla pervasività<br />

dei suoi canali informativi. Ma si può anche dire, tranquillamente, che le notizie che Riolo ha<br />

sistematicamente confidato ad Aiello sulle attività del Ros hanno una caratteristica, hanno una<br />

connotazione del tutto particolare, perché non hanno riguardato genericamente le attività del Ros a<br />

360 gradi, le attività in Sicilia e a Palermo, no. Hanno avuto per oggetto specificamente quelle che<br />

interessavano direttamente o anche indirettamente Matteo Messina Denaro, ma soprattutto<br />

Bernardo Provenzano, il cui stato di latitanza si è indubbiamente potuto protrarre anche grazie alle<br />

preziose informazioni che Riolo ha veicolato ad Aiello e da quest’ultimo sono state a sua volta<br />

trasferite come abbiamo visto a Cosa nostra. E sotto questo profilo il maggior numero di notizie<br />

investigative del Ros sia dal p d v della qualità sia dal pdv della quantità hanno avuto come centro<br />

ancora una volta Bagheria, che si dimostra anche sotto questo profilo uno degli snodi fondamentali<br />

del sistema Provenzano. Sono passati molti anni da quando lo stabilimento della Icre era uno dei<br />

campi di sterminio di Cosa nostra, quindi omicidi. Poi Bagheria ha significato per Provenzano<br />

alleanze mafiose, affari miliardari, ma ha significato anche e soprattutto informazioni riservate.<br />

Alleanze, affari, informazioni: il pane quotidiano di Cosa nostra a Bagheria. Dell’esistenza di più<br />

canali informativi che da tempo funzionavano tra Bagheria e Provenzano tra i suoi uomini di fiducia<br />

nell’area territoriale di Bagheria ci ha riferito in primo luogo lo stesso Giuffrè. Udienza dell’8<br />

marzo 2005. Giuffrè ci ha raccontato della costante preoccupazione di Provenzano per le attività<br />

delle forze di polizia, ci ha raccontato del costante e crescente livello di attenzione che il capo di<br />

Cosa nostra manifestava per il profilo per il settore dell’acquisizione delle informazioni e quello<br />

della prevenzione generale sulle indagini antimafia e ci ha detto Giuffrè che era diventata nel corso<br />

degli anni soprattutto dopo il 2000 una vera e propria ossessione per Provenzano, ha testualmente<br />

riferito Giuffrè: “questo diciamo (il controspionaggio) che era forse l’argomento più importante che<br />

veniva trattato da Provenzano stesso e che raccomandava sempre di stare attenti a parlare a<br />

raccontare, raccomandava sempre di stare attenti negli spostamenti. Parlare perché vi erano<br />

microspie, negli spostamenti perché spesso e volentieri erano state ubicate delle telecamere durante<br />

i percorsi che si facevano anche a volte in zone interne, diciamo che a volte probabilmente<br />

esagerava (l’ossessione) però cioè aveva le idee abbastanza chiare della pericolosità sia per quanto<br />

riguarda i discorsi delle microspie, sia per quanto riguarda i discorsi delle telecamere. E che spesso<br />

e volentieri magari da parte delle altre persone si sottovalutavano, che magari lì si discuteva poi ben<br />

presto se lo dimenticavano, posso tranquillamente dire che poi nell’ultimo periodo si è cercato di<br />

attrezzarsi con delle apparecchiature idonee per il ritrovamento di microspie. Lo stesso Provenzano<br />

tutte le volte che veniva dalle mie parti, a Vicari, faceva un’attenta ricognizione delle stanze dove<br />

noi ci mettevamo per discutere”. E Giuffrè a questo punto alla domanda se al di là di quelle che<br />

sono le preoccupazioni generiche di un capo di Cosa nostra che è latitante da 40 anni, Provenzano<br />

aveva dei canali di informazione? Cioè le cose che diceva, le microspie nell’azienda zootecnica etc,<br />

aveva delle informazioni? Giuffrè ha risposto di sì e ha detto “seppe Provenzano delle telecamere<br />

128


ma non solo, spesso e volentieri diceva che vi erano anche dei punti di osservazione e non solo in<br />

quella zona, punti che andavano ad interessare se mi ricordo bene la zona di Cutarno (ma è<br />

Godrano) e nello stesso tempo la zona di Ciminna. Probabilemte anche l’azienda se non ricordo<br />

male di un certo Riggio, o qualche cosa del genere, cioè bene o male tutto il contesto dove<br />

Provenzano si muoveva diciamo che lo stresso era pari pari informato”. E allora è stato chiesto a<br />

Giuffrè da dove Provenzano attingesse queste informazioni riservate e ha detto : “io sapevo che da<br />

sempre vi era un discorso che portava a Bagheria è un discorso che risale addirittura agli anni 80 e il<br />

discorso era: ne erano beneficiari coloro che se ne occupavano in modo particolare Nino Gargano<br />

prima e Nicolò Eucaliptus successivamente, tant’ è vero che in più di un’occasione io stesso attingo<br />

notizie, cioè ricevo delle missioni di informare dei mafiosi che da lì a breve ci saranno dei blitz,<br />

degli arresti. In modo particolare mi ricordo di un fatto portato avanti dal Provenzano e dal Nino<br />

Gargano attorno… ”, poi Giuffrè è stato interrotto e gli è stato chiesto di specificare cioè : “poi le ha<br />

chiesto se ho capito bene le fonti di queste notizie, cioè se Provenzano avesse solo una<br />

preoccupazione generale o se avesse delle fonti particolari”. E Giuffrè ha subito risposto: “ho detto<br />

io su Bagheria in modo particolare”, domanda “su Bagheria che cosa intende in particolare, si<br />

riferisce a Gargano ed Eucaliptus?”. Giuffrè: “il discorso parte da lì, che io in un periodo sono stato<br />

chiamato dal Provenzano e dal Gargano per avvertire e c’è un particolare ben preciso Giuseppe<br />

Farinella che dovremmo essere intorno all’87 io andrò in missione per andare ad avvertire.”<br />

“Quindi Provenzano le disse che aveva notizie direttamente da Gargano prima e da Eucaliptus<br />

dopo da Bagheria?”; Giuffrè: “Cioè da quella zona, cioè, da sempre gli passavano delle notizie”. E<br />

all’udienza del 9 marzo 2005, Giuffrè ha confermato quanto aveva riferito in questa parte<br />

dell’esame e anzi ha aggiunto qualche cosa di estremamente importante, perché è stato chiesto da<br />

una delle parti private: “Ma questo centro d’informazioni di Bagheria che lei ha detto anni 80, può<br />

essere più preciso, cioè da quando a quando per quelle che sono le sue conoscenze”; Giuffrè :<br />

“avvocato non è che io… da quando a quando non sono in grado”; “o fino a quando? ”; Giuffrè: “<br />

fino a quando io ho frequentato perché come le ho detto io poi da latitante frequenterò Bagheria<br />

pochissime volte, nel 94, ma le pochissime volte dopo di ciò su Bagheria, ma lo stesso Provenzano<br />

diciamo che come appuntamenti ci andrà sporadicamente”. Ovviamente lui parla prima del 2002.<br />

“Come, scusi, non ho sentito”; “Ci andrà sporadicamente”, “Quindi diciamo che lei dal 94 non ha<br />

più notizie su queste informazioni?”, Giuffrè: “per quanto riguarda informazioni per quanto<br />

riguarda discorsi diretti a parte gli uomini di Bagheria ”; “Senta, ma anche dopo l’arresto di<br />

Gargano ed Eucaliptus continuarono queste fughe di notizie?”; “Sì, penso di sì, certo”, allora<br />

l’argomento viene ripreso e sviluppato e viene chiesto, “ma dopo che sono stati arrestati Gargano ed<br />

Eucaliptus, lei sa se vi furono ancora notizie giunte al Provenzano da Bagheria, relative ovviamente<br />

ad indagini ed arresti?”; Giuffrè: ”su questo ho risposto anche ieri, dicendo di sì. Sono notizie che<br />

poi che apprendo direttamente dal Provenzano, non ho più discorsi personali e direttamente su<br />

Bagheria”; “Ma il Provenzano gliene parlò di questa cosa?”; “certo!”; “quindi anche dopo il 91-<br />

92?”; “sì, perfetto, perfetto” “Fino in tempi recenti?”; “perfetto”, “Fino in tempi recenti?”; “in modo<br />

particolare poi attorno al 2000”. Giuffrè parla fino al 2000 per quella che è la sua conoscenza che<br />

viene arrestato nel 2002. Dell’esistenza di un canale informativo riservato che partiva da Bagheria<br />

e arriviava a Provenzano e che aveva ad oggetto informazioni sulle attività di indagine e sugli<br />

arresti e ci ha detto Giuffrè che sin dagli anni 80 questo canale aveva un nome, anzi due nomi e due<br />

cognomi Nino Gargano e Nicolò Eucaliptus ed è lo stesso Nicolò Eucaliptus al quale tra il 20<br />

gennaio 2003 e l’11 /02/2003 Aiello comunica l’esistenza di una microspia nella macchina di suo<br />

figlio. Tanto per dimostrare che anche sotto questo profilo i moduli con i quali il sistema<br />

Provenzano si è reiterato nel tempo sono davvero sempre gli stessi. Sempre gli stessi moduli,<br />

sempre le stesse persone. Ci sarebbe da farne un altro di processo. Su un canale informativo che<br />

parte da Bagheria e ha per oggetto attività di indagine e arresti, non ci ha parlato solo Giuffrè,<br />

qualcosa ci ha detto anche il colonnello Riccio e siamo sempre all’interno dello schieramento<br />

mafioso più vicino a Provenzano: siamo sempre a Bagheria!<br />

129


Udienza del 6/12/2005, al colonnello Riccio viene chiesto: “ Senta, per quanto invece rigurada la<br />

attività investigativa che lei svolge, o comunque il pedinamento che lei e i suoi uomini svolgete nei<br />

confronti del Castello (qui si parla di Simone Castello, indagine Grande Oriente) furono posizionate<br />

microspie o altro per seguire, per attenzionare il Castello?”. Simone Castello è uomo di Provenzano,<br />

il postino, quello che va a Reggio Calabria per imbucare l’unica lettera con la firma autografa,<br />

allora, di Provenzano. Riccio: “Sì, se non sbaglio, se non ricordo male fu posizionata, fu messo<br />

sotto controllo il telefono di una delle sue abitazione e anche fu messa una microspia nella<br />

macchina. Però lui, appena riuscimmo, poco poco, dopo poco, a mettere l’ambientale nella<br />

macchina, nel mercedes di S. Castello, il Castello si incontra con Ilardo e consegna a Ilardo una<br />

lettera di cui io ne acquisisco copia ed era la dichiarazione di intenti di un certo Carbonaro<br />

Dominanti, di un collaboratore, nella quale si parlava anche di S. Castello e lui dice “guarda io so,<br />

sono stato avvisato che c’è un’indagine nei miei cfr, che sicuramente mi stanno mettendo le<br />

microspie ””. Siamo a metà degli anni 90, siamo a Bagheri, di nuovo mi stanno facendo le indagini,<br />

mi stanno mettendo le microspie. Questo è il Castello che lo dice e prosegue Riccio: “dice, anche se<br />

dice, la mia collocazione è errata nell’organigramma che fa questo collaboratore, però io peno che<br />

prima o poi mi arrestano. Però riuscirò a evitare l’arresto perché ho una persona che mi può<br />

informare dell’Arma di Bagheria, almeno così lui la qualificò”, ci dice Riccio. Che cos’è questa, se<br />

non la conferma, ancora una volta, puntuale, precisa di quello che ci ha detto Giuffrè fino al 2002?<br />

E di quello che dopo il 2002 Giuffrè non ci poteva dire, ma che ci hanno detto i diretti protagonisti:<br />

Riolo, Aiello, N. Eucaliptus, suo figlio; la conferma che da sempre Provenzano e i suoi uomini di<br />

fiducia a Bagheria potevano fare il bello e il cattivo tempo, ma potevano soprattutto acquisire<br />

informazioni riservate sulle attività di indagine in corso, sugli arresti, sulle microspie: informazioni<br />

che servivano a neutralizzare quelle indagini e quelle attività tecniche che erano in corso,<br />

esattamente come è accaduto negli ultimi anni, esattamente come è accaduto dopo la cattura di<br />

Giuffrè dal 16/04/2002 e come è accaduto fino al 5/11/2003 e cioè fino a quando non sono stati<br />

arrestati Riolo e Aiello.<br />

È stato un lungo, forse anche desolante elenco di particolari e specifiche notizie riservate sulle<br />

attività investigative condotte dal Ros, quello che Riolo ha partecipato a Aiello, ma questo lungo<br />

elenco e le modalità con le quali ogni singola rivelazione si è realizzata c forniscono gli elementi<br />

utili a rispondere alla domanda con la quale avevamo aperto questa parte della discussione. Ci ha<br />

detto Riolo che ogni volta che aveva messo al corrente Aiello su notizie, info, iniziative riservate<br />

sulle attività del suo reparto di appartenenza: il Ros, lo aveva fatto sempre “Così”: gli veniva “così”<br />

per puro spirito di protagonismo e per usare ancora una volta le parole di Riolo “per pavoneggiarsi”,<br />

senza alcun ritorno economico, ma nella speranza di poterne averne in un prossimo futuro. Ci ha<br />

lasciato intendere che se qualche cosa aveva fatto, non lo aveva fatto di certo nella consapevolezza<br />

di chi realmente fossero i suoi interlocutori e in particolare colui al quale lui andava partecipando<br />

questa messe di notizie, ma aveva agito per motivi economici, per quella vil moneta che non aveva<br />

ancora ottenuto, ma che sperava di ottenere nel futuro. E non c’è come abbiamo visto rivelazione<br />

della quale Riolo non si sia reso responsabile e come tale non si sia anche dichiarato che non sia<br />

stata accompagnata sempre da una sola, unica, giustificazione. Io ve l’ho letta una sola volta, ma è<br />

sost. sempre la stessa e le parole sono: “Non lo so, mi venivano così e glielo raccontavo. Daltronde<br />

io non avevo nessun dubbio sull’ing. No, nessuno, né su di lui né sugli altri”. E veniamo a un altro<br />

dei tanti leit motiv di questo processo e cioè che qua in questo processo la mafia non c’è. Non ci<br />

troviamo di fronte a una delle forme più pericolose di Cosa nostra, ma siamo invece in presenza di<br />

un improvvido gruppo di amici che spinti da ragioni di mero interesse, da ragioni assolutamente<br />

particolari, certo forse hanno un po’esagerato, ma che trattandosi di persone, e ce lo ha ripetuto<br />

Riolo, aventi buone relazioni nei palazzi che contano, certo con Cosa nostra non avevano nulla a<br />

che fare. Anzi uno dei nostri imputati ne è addirittura vittima e gli altri si sono tutti prodigati, certo<br />

eccedendo, ma tutti si sono prodigati verso un’ unico buon fine: cioè quello di soccorrere la vittima.<br />

E loro, gli imputati, cento volte lo ha detto Riolo, ma 1000 volte lo ha detto Aiello che non ha<br />

130


mancato di fare nomi, cognomi, indirizzi di frequentazioni anche relative a questo nostro palazzo. E<br />

allora cerchiamo di capire se è vero quello che ci ha detto Riolo, se tutto questo è frutto di una<br />

smisurata voglia di protagonismo, di cose terra terra. L’elenco corposo delle rivelazioni lo abbiamo<br />

fatto e adesso lo vediamo per davvero con quale animo Riolo ha agito.<br />

Noi sappiamo che le rivelazioni sono iniziate nel 99 e come vi ho detto hanno avuto termine pochi<br />

giorni prima dell’arresto di Aiello e Riolo, ma sappiamo anche che sin dal 1999, non appena<br />

quando Riolo aveva conosciuto Aiello, questo ultimo lo aveva quasi subito, dopo pochi mesi,<br />

informato che aveva ricevuto richieste economiche,”le solite pretese”, le famose pretese sine titulo<br />

questa volta da parte di Filippo Guttadauro, che, all’epoca, quando Aiello gli parla di Guttadauro,<br />

Riolo ben conosceva, non solo perché anagraficamente Filippo Guttadauro era il cognato di Matteo<br />

Messina Denaro, che in quel periodo anche il Ros cercava, ma soprattutto perché proprio<br />

nell’ambito di questa attività di ricerca, Guttadauro, prima ancora che Riolo entrasse nell’abitazione<br />

di Castelvetrano per mettere le famose microspie, Filippo Guttadauro era stato uno degli obiettivi<br />

investigativi del Ros già nei mesi precedenti con servizi di osservazione e pedinamenti, progetti di<br />

attività tecniche anche con riferimento all’abitazione di Aspra e sempre finalizzate alla cattura del<br />

parente latitante: dell’imprendibile Matteo Messina Denaro. Ce ne ha parlato lo stesso Riolo,<br />

dicendoci che aveva partecipato alle fasi di preparazioni degli interventi sulle attività su Guttadauro,<br />

sia quelle su Aspra non effettuati, gli interventi, sia quelli su Castelvetrano che erano stati effettuati.<br />

Ma in quello stesso periodo, dopo giugno 1999, Riolo aveva scoperto anche un’altra cosa: cioè che<br />

alle dipendenze di Aiello lavoravano Francesco e Paola Mesi il primo arrestato per<br />

favoreggiamento di Matteo Messina Denaro, la seconda, sorella, come il primo, di Maria Mesi che<br />

sarebbe stata tratta in arresto per lo stesso reato di favoreggiamento a giugno del 2000 e ha scoperto<br />

Riolo, anche, che Maria e Paola Mesi occupavano proprio quell’abitazione dove qualche tempo<br />

prima, a giugno 1999, Aiello gli aveva chiesto di recarsi per verificare la presenza delle telecamere<br />

e lo avevano fatto, avevano verificato che le telecamere c’erano per davvero e Riolo aveva appreso<br />

che quelle telecamere non erano quelle del Ros, ma di altre forze di polizia e però, nonostante<br />

questo, Riolo aveva continuato a frequentare con assiduità, anzi aveva accentuato i rapporti e le<br />

relazioni con Aiello e lo aveva fatto anche dopo il giugno ‘99 e anche dopo l’arresto di Maria Mesi<br />

2000. E certo non gli poteva essere sfuggita la circostanza a Riolo, la strana circostanza, che<br />

nonostante tutto quello che era accaduto: arresti, perquisizioni, ritrovamenti di biglietti di Matteo<br />

Messina Denaro nell’abitazione di via Milwaukee 49, ciononostante pure dopo il 2000 Paola Mesi<br />

era sempre al suo posto alla diagnostica, anzi era socia di una delle società del gruppo, non solo, ma<br />

con il passare del tempo a Riolo non poteva certo essere sfuggito che Aiello, quando aveva deciso<br />

di costituire la rete riservata, aveva comprato o fatto comprare alcuni telefoni cellulari, pochi: sette.<br />

Ebbene uno di questi era finito a P. Mesi. E siamo però a 06/2003, ma nel frattempo erano accadute<br />

molte altre cose che a Riolo non potevano essere sfuggite. Già prima delle elezioni regionali del<br />

giugno 2001, ci ha detto Riolo, che il maresciallo Borzacchelli, che poi a quelle elezioni sarebbe<br />

stato candidato, gli aveva parlato –quindi quando ancora era carabiniere – degli scheletri<br />

nell’armadio di Aiello, riferendogli di investimenti di soldi della mafia e di Provenzano nelle<br />

imprese dello stesso Aiello. Certo si dirà: quello era il periodo di rottura dei rapporti tra<br />

Borzacchelli e Aiello; Riolo era perfettamente informato della rottura dei rapporti, anzi si adoperava<br />

perché quella tensione fosse ricomposta e quindi si può dire che a quelle notizie che B. gli aveva<br />

dato sugli scheletri nell’armadio di Aiello e sui soldi di Provenzano nelle imprese di Aiello,<br />

potevano essere il frutto di un disegno di Borzacchelli volto a danneggiare Aiello. A spillargli dei<br />

quattrini e però poi a distanza di poco tempo, perché questo avviene nel 2001, nel 2002 quella<br />

stessa identica notizia e cioè che c’erano i soldi di P. nelle imprese di Aiello, Riolo ci ha detto il<br />

4/04/2006 gli era stata confermata anche da due suoi colleghi di lavoro che gli avevano parlato di<br />

nuovo di notizie su investimenti mafiosi, su investimenti di P. nelle attività di Aiello e tre o quattro<br />

mesi prima dell’arresto, ci ha detto Riolo, anche il suo comandante Damiano gli aveva parlato a<br />

Riolo dei possibili investimenti di soldi di P. nella diagnostica di Aiello. Però nel frattempo, poco<br />

prima, era accaduto una cosa tra il 20/01/2003 e l’11/02/2003,G. Riolo apprende in diretta nella sal<br />

131


ascolto del suo reparto di appartenenza che le intercettazioni in corso sulla Opel corsa utilizzata da<br />

<strong>Salvatore</strong> Eucaliptus e dal padre, non solo stanno dando ottimi risultati e dimostrano che in quel<br />

momento N e S Eucaliptus non solo sono organici alla Cosa nostra di Bagheria, ma soprattutto N.<br />

Eucaliptus ne rappresenta uno degli elementi portanti, ma soprattutto in una di quelle date tra il<br />

20/01/2003 e l’11/02 Riolo apprende che con quel N. Eucaliptus aveva rapporti Michele Aiello. E<br />

apprende anche il tipo di rapporti perché dalle conversazioni che Riolo ci ha detto di aver ascoltato,<br />

quel tipo di rapporti hanno una connotazione particolare e certo da quel contenuto, Michele Aiello<br />

non sembra una vittima della mafia, non lo sembra chiunque sia dotato di media intelligenza, che<br />

ascolta e legge quelle intercettazioni, non lo può sembrare a un carabiniere del Ros che fa attività<br />

proprio su quel versante. Ce lo ha detto chiaramente Riolo il 28 marzo 2006, quando gli abbiamo<br />

chiesto:”lei ha saputo che tipo di conversazioni seppure per linee generali sono state intercettate tra<br />

nov e marzo 2003 dentro la Opel corsa?” e lui ha risposto: “le più disparate”; “più disparate che<br />

vuol dire?”; “in questo momento non mi ricordo, mi aiuti… se mi può aiutare nella memoria” e<br />

allora sono state lette le precedenti dichiarazioni e dopo la lettura lui non ha esitato: “sì, sì, è così,<br />

confermo”. Che cosa aveva confermato?<br />

La domanda era questa:<br />

pm: “ha saputo di che cosa si parlava che cosa risultava da questa microspia?” ,<br />

Riolo: “no cioè no, piccolezza, parlavano di cose importanti”;<br />

pm: “non capisco”;<br />

Riolo: “Parlavano di cose”<br />

Pm: piccolezza, che parlavano di cose importanti, che significa?<br />

Riolo: parlavano di cose importanti, ma non ho mai saputo il contenuto<br />

Pm: Importanti, ma facendo dei riferimenteti a fatti di ogni tipo, di estorsione, mafia di Bagheria,<br />

politica ?<br />

Riolo:no,no, no<br />

Pm: ad Aiello?<br />

Riolo:no, no, per carità, non di questi, magari avessi saputo a questo punto per capire effettivamente<br />

chi era Aiello. Io di Aiello non ho mai sentito parlare se non una volta, quando ha detto che<br />

dall’ing. non lo dovevano andare a rovinare e cose varie. Questo è questo<br />

Pm: allora questo lo ha saputo?<br />

Riolo: questo l’lo ha saputo<br />

Pm: questa conversazione in cui Eucaliptus dice<br />

Riolo: sì sì perché mi sono trovato occasionalmente che stavo montando altri dispostivi nell’altra<br />

sala. È stato occasionale<br />

Pm: quindi ha sentito Eucaliptus che dice non dobbiamo andare “non dobbiamo andare dall’ing. se<br />

no lo roviniamo”. È giusto?<br />

Riolo: sì, sì ricordo. Una frase del genere<br />

Quindi certamente in una data tra il 20/01/2003 e l’11/01/2003, Riolo ha accortezza di quali sono i<br />

veri rapporti tra Aiello e N. Eucaliptus “non dobbiamo andare dall’ing. per non rovinarlo”. A<br />

Palermo lo capiscono pure i bambini che cosa vuol dire, figuriamoci un maresciallo del Ros. E però,<br />

nonostante tutto, Riolo, dopo e se non è dopo siamo in quei giorni, rivela a Aiello che nella<br />

macchina di Eucaliptus c’era la microspia che avevano installato il 6/11/2002. Non solo, ma dopo<br />

trascorrono dei giorni e Riolo rivela ad Aiello le attività investigative in corso, non solo sugli<br />

Eucaliptus, ma anche che il figlio <strong>Salvatore</strong> fosse confidente del Sisde. Poi passano i mesi e Riolo<br />

sa qualche cosa di più, siamo a giugno, sa che lo stanno intercettando, sa che stanno costruendo la<br />

rete riservata, gli hanno dato un telefonino per evitare le intercettazioni, sa che Aiello è iscritto nel<br />

registro degli indagati per il 416 bis da quella stessa Procura che gli firma i decreti che poi lui va ad<br />

eseguire, sa pure che c’è il procedimento della Sanità a Riolo, sa che ci sono le intercettazioni, va a<br />

caccia dei decreti di proroga e dopo tutto questo lui si sente in dovere di spiegare a Aiello che a<br />

Belmonte su Pastoia ci sono attività investigative e telecamere: lui, che sta nel Ros dal 1993 e che<br />

132


sa che Pastoia era la fissazione del Colonnello De Caprio e che era una fissazione che si era<br />

trasmessa geneticamente nel Ros, giustamente.<br />

Nel frattempo era accaduta un’altra cosa, Riolo aveva saputo che Aiello era diventato un possibile<br />

obiettivo investigativo della sezione anticrimine e di Aiello, come possibile obiettivo cui estendere<br />

le attività già in corso nei cfr degli Eucaliptus all’interno della sezione anticrimine, se ne era parlato<br />

e non in termini generici, ma in termini concreti in una data che possibilmente sta in una data che<br />

possibilmente sta in mezzo al periodo tra il gennaio-febbraio e aprile 2003. Stefano Russo ci ha<br />

detto che se ne era parlato tra gennaio-febb; Antonio Damiano ci ha detto che se ne era parlato tra<br />

aprile: è possibile che uno dei due abbia un ricordo poco esatto, poco importa, il range temporale è<br />

tra febbraio e aprile. E che cosa succede tra gennaio e aprile?una cosa assolutamente chiara e cioè<br />

che Riolo viene ascoltato, interpellato per ben 2 volte, prima de Stefano Russo, poi dal suo<br />

comandante il colonnello Damiano che gli chiedono la fattibilità di attività tecniche all’interno della<br />

diagnostica. Perché gli spiegano che nei cfr di Aiello occorre iniziare una nuova attività<br />

investigativa e Riolo non solo partecipa a due riunioni che hanno ad oggetto questo argomento, ma<br />

si offre e dice: “Io conosco Aiello, là dentro ci lavora mia moglie. Io ci posso entrare senza destare<br />

sospetti”. E non è una delle tante idee campate per aria che possono venire a chi si occupa di<br />

investigazioni dalle 7 della mattina alle 3 della notte: questo era un progetto concreto e ce lo hanno<br />

detto Sozzo, Damiano, Russo, Filippo Salvi, tutti soggetti coinvolti per preparare questa attività. E<br />

Aiello era diventato un possibile obiettivo investigativo del Ros anche sulla base di emergenze<br />

investigative di cui Riolo era perfettamente informato. Perché le ragioni per le quali, e ce lo hanno<br />

spiegato Damiano e Russo, a un certo punto si pensa di andare ad investigare Michele Aiello sono<br />

2:<br />

Uno: Il nome di Aiello nei biglietti di Provenzano. È possibile che a quel punto ancora Riolo<br />

non avesse conoscenza del famoso floppy disc. Poco importa, ma si va in direzione di Aiello e<br />

ci si va proprio esattamente in quel lasso temporale perché nel frattempo N. Eucaliptus era<br />

andato ripetutamente da Aiello e contemporaneamente nella macchina di S. Eucaliptus erano<br />

state captate, registrate quelle conversazioni di cui io vi ho già parlato: 20/01, 21/01; 8/02,<br />

11/02. Conversazioni che dal p d v investigativo indicano Aiello, chiaramente, non una vittima<br />

di N. Eucaliptus, ma più che un complice. Queste sono le emergenze che inducono il Ros a<br />

pensare in concreto e a progettare, un’attività investigativa su Aiello e di queste emergenze<br />

ammesso pure che Riolo già non conoscesse il famoso floppy disc, tutte le altre emergenze<br />

erano tutte conosciute da Riolo. Quindi quando si parla in concreto del progetto di investigare<br />

Aiello, di mettere le microspie nella diagnostica, non c’è possibilità di errore, cioè Riolo lo sa<br />

che quello è un progetto serio che si parla di cose da fare e non di idee campate per aria. Poi<br />

però di questa indagine, di questa direzione investigativa non se ne era più fatto niente e non se<br />

ne era fatto niente per un semplice motivo, perché ce lo ha spiegato sia pure con parole di<br />

circostanza Damiano gli obiettivi sono tanti e le forze sono quelle che sono. E quindi non si<br />

poteva coprire tutto e poi probabilmente il col. Damiano aveva saputo che in quel periodo su<br />

Aiello l’indagine già c’era e la faceva il reparto territoriale dei carabinieri. Siamo tra gennaio e<br />

aprile<br />

Ma Riolo nonostante tutto questo, nonostante la successione di notizie che nonostante tutto<br />

questo aveva continuato a dare ad Aiello, di contro, non racconta nulla del versante dei suoi<br />

rapporti con Aiello, di tutto quello che sapeva, di tutto quello che avrebbe saputo e di tutto<br />

quello che aveva fatto. Non racconta nulla ai suoi superiori: non racconta della vera natura dei<br />

contatti con Aiello, non racconta delle continue confidenze che già dal ‘99 gli stava facendo;<br />

non racconta che aveva detto dello zio Tom, di Tornatore, di Eucaliptus, e non dice loro neppure<br />

dei rapporti tra Aiello e gli Eucaliptus, non dice neppure dei rapporti che aveva cercato di<br />

instaurare Leonardo Greco, eppure Riolo, in quel momento sapeva benissimo che N. Eucaliptus<br />

era un obiettivo investigativo della sua sezione, sapeva benissimo che Leonardo Greco era un<br />

obiettivo investigativo della sua sezione e su Greco, così come su N. Eucaliptus la sezione<br />

aveva attività tecniche in corso, quando Greco veniva da Sulmona per reinserirsi socialmente la<br />

133


sezione anticrimine gli captava i colloqui che Greco faceva in un certo portone, in un certo<br />

androne di un palazzo e le microspie le aveva messe Riolo, oltre ad averle autorizzate il<br />

sottoscritto e però Riolo si guarda bene dal dire ai suoi superiori che sapeva che N. Eucaliptus<br />

aveva preso soldi da Aiello, che Leonardo Greco voleva soldi da Aiello, anzi – perché tutto<br />

questo viene fino all’estate del 2003- passa l’estate perché Riolo continua imperterrito nella<br />

sistematica rivelazione di notizie sulle altre attività di indagine, non solo ma si attiva, partecipa<br />

attivamente alle controindagini per acquisire le notizie sui procedimenti in corso nei cfr di<br />

Aiello, in particolare si attiva per trovare le notizie sulle proroghe delle intercettazioni, prende<br />

uno dei telefoni della rete riservata, lo utilizza, a pochi giorni dall’arresto lo cambia di nuovo, e<br />

poi finalmente il 5/11/2003 tutto questo finisce perché viene arrestato, ma nel frattempo nulla<br />

dice di tutto questo al suo comandante neppure in forma riservata. E non lo dice neppure ad<br />

alcuno dei suoi colleghi di reparto, neppure in forma riservata e sono tutti questi elementi che<br />

evidenziano già chiaramente con quale consapevolezza Riolo abbia intrattenuto rapporti con<br />

Aiello, con quale consapevolezza lo abbia costantemente informato di tutte le iniziative che il<br />

Ros aveva in corso sul territorio di Bagheria, e su tutte le iniziative che il Ros aveva in corso su<br />

Provenzano e di Matteo Messina Denaro, altro che la voglia di protagonismo. Ma che le manie<br />

di protagonismo si ano del tutto estranee, del tutto estranee, non ce ne è neppure una traccia nei<br />

motivi veri per i quali Riolo ha informato Aiello ce lo conferma anche un’altra particolare<br />

vicenda, che nell’economia di questo processo ha davvero del paradossale ed è la cartina di<br />

tornasole che le smanie di protagonismo non hanno nulla cui vedere con i veri motivi per cui<br />

Riolo ha confidato tutto questo a Aiello. Faccio riferimento alla cattura di <strong>Salvatore</strong> Rinella,<br />

tratto in arresto nella via Pitrè di Palermo il 6/03/2003. Rinella ne abbiamo già parlato all’epoca<br />

era il capomafia, il reggente della famiglia mafiosa di Trabbia, mandamento di Caccamo,<br />

personaggio di spicco, molto legato a Giuffrè con il quale era in corrispondenza epistolare,<br />

molto legato dall’altro lato a Benedetto Spera, buoni rapporti con l’ambiente mafioso di<br />

Bagheria: un buon circuito relazionale all’interno di Cosa nostra. <strong>Salvatore</strong> Rinella era latitante<br />

da 7 anni, sul suo capo pendevano un ordine di carcerazione per concorso in omicidio aggravato<br />

al seguito del quale aveva riportato una condanna all’ergastolo definitiva, pendevano misure<br />

cautelari per associazione mafiosa e concorso in estorsione aggravata, delle diverse fasi che<br />

hanno preceduto il conseguimento di un obiettivo investigativo davvero importante e<br />

significativo da parte dell’arma dei cc, c è stato riferito da Damiano che ci ha anche spiegato il<br />

ruolo che aveva avuto in questa attività Riolo, un ruolo estremamente particolare perché quando<br />

ormai si era arrivati da un p d v investigativo in via Pittrè e si era individuato il palazzo di via<br />

Pittrè in cui Rinella abitava ci si era posti il problema di sapere quale era l’appartamento in cui<br />

Rinella abitava e di verificare se Rinella fosse effettivamente là e tutto questo non si poteva che<br />

fare attraverso un solo sistema: bisognava guardare costantemente il palazzo, l’ingresso del<br />

palazzo, le finestre e i balconi del palazzo. A via Pittrè questo non si può che fare con una<br />

telecamera: è stato fatto con una telecamera installata da Riolo con l’esperienza che ne ha<br />

sempre contraddistinto l’attività e con un’ingegnosa idea, tant’è che quella telecamera non è<br />

stata scoperta, ha funzionato bene e ha dato i suoi frutti. Perché pochi giorni dopo, quella<br />

telecamera ha inquadrato Rinella, è stato riconosciuto Rinella, la sagoma che è assolutamente<br />

particolare era dietro quel balcone e la stessa notte di quel giorno i cc sono intervenuti, sono<br />

entrati nell’appartamento, hanno tratto in arresto Rinella. È stata un’operazione importante,<br />

brillante, perché sono stati trovati alcuni biglietti, la cui analisi ha poi acconsentito di fare<br />

arresti, sono stati sequestrati armi, contanti, sono stati arrestati favoreggiatori. Ce ne era<br />

abbastanza perché Riolo si potesse vantare di questa brillante iniziativa etc etc, il risultato gli<br />

apparteneva. Riolo di questa cattura ci ha parlato, questa volta dobbiamo rovesciare l’ordine<br />

degli elementi da valutare. Questa volta partiamo dal dibattimento, udienza del 04/04/2006:<br />

Riolo ci ha raccontato le diverse fasi che avevano preceduto il proprio diretto impegno<br />

nell’attività tecnica che aveva personalmente curato durante gli ultimi gg che avevano preceduto<br />

la cattura del latitante e in particolare ci ha raccontato dell’installazione di questa particolare<br />

134


telecamera, abilmente occultata in prossimità di un ufficio postale. E per capire qual è il senso<br />

della vicenda, vi devo leggere qualche pagg del suo esame:<br />

Pm: Senta, dal momento dell’installazione, poi lei ha saputo che quest’attività ha avuto un buon<br />

esito. Dico, Rinella è stato catturato…<br />

Riolo: Grazie a me<br />

Pm: Come?<br />

Riolo: Grazie a me<br />

Pm: Sì sì si certo, grazie<br />

Riolo: Grazie a me, perché era successo un particolare quella sera. È una cosa in più che io anco<br />

ra non vi ho detto.<br />

Perché quello che vi ho detto già attesta i meriti per la parte tecnica di Riolo. Qui c’è un<br />

particolare in più<br />

Pm: Lo dica<br />

Riolo: e no, non si dicono le cose belle, si dicono le cose brutte. L’ufficiale non aveva<br />

consentito di seguire questa telecamera all’interno dell’ufficio dove io mandavo tutti i segnali e li<br />

aveva lasciati nell’atrio della porta. Quindi faceva freddo e questo cavo l’ho dovuto passare<br />

dall’esterno. Ecco lì dalla sala ascolto, che non potendo lasciare la finestra aperta, chiudevano e<br />

aprivano questa finestra tranciando il cavo. Siccome la sera prima i colleghi di Termini Imerese mi<br />

avevano fatto vedere una faccia, il volto del latitante, perché lo avevano già visto la sera precedente<br />

ed ero io e Leone, secondo poi questo ha fatto le comparazioni e l’indomani mattina l’indomani<br />

pomeriggio questo segnale se ne va. Stavamo impazzendo io e Leone. Ci siamo saliti di notte sul<br />

tetto (posto di ascolto dei Cc) per capire e alla fine era un cavo. Abbiamo steso immediatamente un<br />

cavo lungo il corridoio e abbiamo ripristinato …<br />

Pm: il corridoio del vostro ufficio?<br />

Riolo:Sì del nostro ufficio, abbiamo ripristinato immediatamente il collegamento e poi quella<br />

sera c’è stato. Dopo 5 ore c’è stato la fase di intervento, è stato catturato Rinella.<br />

E dopo essersi assunto per la parte di propria competenza i giusti meriti della brillante<br />

operazione, a Riolo è stato chiesto<br />

Pm: ma senta, lei, di quest’attività, di tutte queste vicende, della telecamera, di come è stato<br />

catturato Rinella, del fatto che come ha detto lei pochi minuti fa “è stato grazie a me”, lei ha<br />

detto, gliele ha raccontate queste cose a Aiello?<br />

Riolo ha risposto mettendo subito le mani avanti<br />

Riolo: io ho sempre detto di no! Però in effetti quando è venuto fuori dal giornale io glielo ho<br />

detto. Sì ne abbiamo parlato dopo, dopo l’arresto sicuramente<br />

Pm: ma lei ha parlato dei fatti tecnici, le ha raccontato i dettagli?<br />

Riolo: no, no, no…<br />

E allora abbiamo il primo paradosso: per un processo intero e io per due udienze non ho fatto<br />

altro che fare questo, Riolo ha cercato sempre di attenuare, minimizzare, postdatare, svuotare di<br />

contenuto le rivelazioni con le quali aveva portato a conoscenza Aiello delle più significati ve<br />

attività investigative del Ros, anzi tanto più quelle notizie che confidava erano delicate e<br />

riservate, tanto più esponevano al rischio della responsabilità Aiello, tanto più Riolo ha dovuto<br />

fare mille sforzi di memoria. Ora sull’ultima notizia, improvvisamente avviene l’esatto<br />

contrario. Questo è il paradosso: guardate 26/04/2004, interrogatorio al pm. Alla domanda se<br />

avesse mai riferito ad Aiello di tale attività per la cattura del latitante Rinella, Riolo aveva<br />

risposto con queste esatte parole.<br />

Riolo: no, no, no, mai completamente, completamente. Tant’è…<br />

A parte la suggestione di quel “tant’è” lasciato in sospeso al quale si possono ricollegare molte<br />

conseguenze sul piano logico, ma quello che colpisce è che nel dibattimento Riolo ha cambiato<br />

135


la propria versione dei fatti, fornendo una risposta assolutamente diversa dicendo: io ho sempre<br />

detto di no, però in effetti quando è venuto fuori sul giornale glielo l’ho detto. E dunque al<br />

contrario di tutte le altre volte; al contrario di tutte le altre volte, il meccanismo della<br />

contestazione è intervenuto a seguito dell’ammissione di avere rivelato una notizia che invece<br />

in precedenza Riolo aveva dichiarato in modo certo e risoluto di non aver mai rivelato a Aiello.<br />

È accaduto solo per questa notizia per tutte le altre la contestazione aveva sempre e comunque<br />

fatto seguito alla negazione della rivelazione in precedenza ammessa.<br />

Perché lo ha fatto?andiamo a vedere quello che è successo parallelamente due mesi prima,<br />

quando ha reso l’esame Aiello. Udienza del 21/02/2006<br />

Pm: Senta Riolo le ha mai riferito circostanze relative alla cattura del latitante di uno dei fratelli<br />

Rinella, <strong>Salvatore</strong> Rinella?<br />

Aiello: Una volta mi ha parlato, ma in termini che si vantava. Quando è successa l’operazione<br />

era contentissimo e diceva lui, che grazie a lui erano riusciti a catturare Rinella<br />

Pm: così le ha detto?<br />

Aiello: sì<br />

E siccome pare in questo processo che i paradossi sono come le ciliegie. Ecco subito il secondo<br />

paradosso. Perché a Ailello è stato contestato il contenuto della risposta che su questa specifica<br />

domanda aveva reso anche lui durante la fase delle indagini preliminari.<br />

Pm: guardi che lei sul punto è stato interrogato il 19/05/2004<br />

E viene letto il verbale del 19/05/2004<br />

Pm: un’altra domanda e poi torniamo a Giuffrè. Quando è stato arrestato Rinella, è stato oggetto<br />

di discussioni con Riolo, di commenti?<br />

Aiello: mi ha parlato dell’arresto lui, ma semplicemente come fatto di cronaca<br />

Pm: non le disse che era stato lui a collocare anche queste telecamere e cose?<br />

Aiello: mi ha detto come fatto di cronaca, mi ha parlato dell’arresto, lui mi ha parlato<br />

dell’arresto, e basta<br />

Fatta la contestazione Aiello ha detto: “macchè, si era vantato”<br />

Pm:“Dico, ma guardi che lei oggi ha aggiunto 2 particolari”<br />

Aiello: e allora? Confermo pienamente quello che c’è scritto lì. Intendo precisare e raggiungere<br />

che per i miei ricordi lui era estremamente euforico per quello che era avvenuto, in quanto<br />

praticamente se ne vantava.<br />

Allora eccolo il secondo paradosso. Anche Riolo, come Aiello a differenza di tutte le altre volte,<br />

questa volta non ha frantumato, sminuzzato, sminuito, attenuato, postdatato. No, Ha caricato la<br />

notizia che aveva ricevuto da Riolo! La notizia sulla cattura di Rinella. E quello che prima,<br />

durante le indagini era stato un semplice commento a una notizia giornalistica, poi nel<br />

dibattimento Aiello dice: “Mi ha parlato in termini che si vantava, era estremamente euforico”.<br />

Quando è successa l’operazione era contentissimo e diceva che grazie a lui erano riusciti a<br />

catturare Rinella.<br />

Guardate, che cosa sia vero lo deciderete voi, lo deciderà il tribunale, non c’è dubbio, ma questo<br />

atteggiamento che io ho detto che c’è il paradosso, e sono 2 i paradossi, in realtà, di paradossale,<br />

non c’ha niente, perché il duplice, contemporaneo, mutamento di rotta, un mutamento<br />

esattamente all’inverso di tutti quelli che ci hanno manifestato, un mutamento nella stessa<br />

direzione, contemporaneo dalla parte dei 2 coimputati, ha un suo perché specifico, e il perché,<br />

come sempre, si trova nelle pagine, in una pagina, della memoria che l’ufficio del pm al termine<br />

delle indagini preliminari con la richiesta di rinvio a giudizio aveva depositato agli atti; che cosa<br />

aveva scritto l’ufficio del pm e che ha dunque costretto prima Aiello a cambiare radicalmente<br />

versione e poi Riolo ad andargli dietro, improvvidamente? Nella memoria del pm, c’è scritto:<br />

Riolo ha curato tra il febbraio e il marzo 2003 la collocazione di una telecamera nei pressi di un<br />

edificio in uno dei cui appartamenti il 6/03/20003 è stato tratto in arresto S. Rinella capomafia<br />

136


di Trabbia, già condannato in ergastolo per omicidio, anch’egli elemento di spicco<br />

dell’organizzazione mafiosa Cosa nostra. Pur essendo nel pieno del periodo in cui rapporti tra<br />

Riolo e Aiello avevano trovato sviluppo, Riolo per sua stessa ammissione non ne ha fatto cenno<br />

alcuno ad Aiello. Nel corso dell’interrogatorio reso il 26/04/2004, Riolo sollecitato sul punto<br />

alla domanda se avesse mai riferito ad Aiello di tale attività per la cattura del latitante Rinella,<br />

ha significativamente risposto: “No, no, mai, completamente completamente tant’è…”. La<br />

risposta di Riolo è assai significativa per 2 motivi: in primo luogo perché rivela la<br />

consapevolezza di Riolo che le sue indebite rivelazioni non sono rimaste senza conseguenza,<br />

“tant’è” che quando le notizie sulle indagini sono rimaste riservate hanno avuto buon esito,<br />

proprio nel caso della cattura di <strong>Salvatore</strong> Rinella, in secondo luogo la mancata rivelazione ad<br />

Aiello delle notizie sulle indagini tecniche avviate per la cattura di Rinella, fa giustizia delle<br />

ragioni sempre addotte da Riolo a giustificazione del proprio comportamento, “l’ho fatto per<br />

protagonismo”, se davvero a spingere Riolo fosse stata questa, non meglio precisata, smania di<br />

protagonismo, mai si era presentata un ‘occasione così ghiotta per darvi sicuro sfogo come<br />

quella verificatasi in occasione delle attività tecniche su Rinella. Tra l’installazione della<br />

telecamera e la cattura del latitante sono infatti trascorsi pochissimi giorni, segno evidente non<br />

soltanto di quanto esatta fosse stata l’idea investigativa che aveva determinato la scelta di<br />

collocare la telecamera proprio nel luogo in cui poi era stata installata, ma soprattutto di quanta<br />

perizia fosse stata adoperata nell’esecuzione dell’attività tecnica curata da Riolo, il cui operato<br />

aveva dunque consentito di poter conservare a notevole distanza le finestre dell’appartamento,<br />

ove aveva trovato rifugio Rinella, riconosciuto e catturato la sera successiva, ebbene né prima<br />

né dopo l’arresto di Rienlla, Riolo ha mai fatto vanto con Aiello delle attività tecniche che aveva<br />

personalmente curato e grazie alle quali era stato conseguito un così brillante risultato<br />

investigativo: uno strano modo di dare corso alle proprie smanie di protagonismo. Queste erano<br />

le parole, esatte, che avevamo scritte nella memoria depositata con la richiesta di rinvio a<br />

giudizio il 1 settembre 2004. E non credo che ora, dopo avervi letto questa pagina della<br />

memoria, io vi debba spigare i motivi per cui entrambi gli imputati nel corso del dibattimento<br />

hanno contemporaneamente cambiato versione sui fatti, su questi fatti, nella direzione e nel<br />

senso che abbiamo visto.<br />

Non occorre aggiungere altro, restano esattamente intatte tutte le ragioni che noi avevamo già<br />

spiegato con la memoria depositata con la richiesta a rinvio a giudizio. Resta soprattutto la<br />

circostanza, che come ci ha detto Riolo, oltre che di S. Rinella, lui, Riolo, a Michele Aiello non<br />

aveva mai parlato neppure delle altre indagini del suo reparto. Quelle condotte sul territorio di<br />

Palermo, quelle condotte sul territorio di Partitico, quelle che riguardavano la cattura di altri latitanti<br />

le cui attività tecniche erano state pure state curate da Riolo. Certo, è certo che non lo aveva fatto, e<br />

perché? Perché a Aiello interessavano solo le notizie su Bagheria e su Provenzano ed erano proprio<br />

quelle che per anni, gli ha confidato e gli ha partecipato Riolo, venendo consapevolmente meno al<br />

giuramento di fedeltà allo Stato che lui, come noi, aveva prestato.<br />

137


Palermo, 9 ottobre 2007,<br />

Quinta giornata requisitoria Processo Aiello - Cuffaro e altri (talpe alla Dda)<br />

Pm, Michele Prestipino:<br />

[…] imprenditori collusi, che instaurano una relazione di tipo stabile, di tipo come si è detto<br />

clientelare con l’organizzazione mafiosa e con i suoi esponenti, agli imprenditori collusi che invece<br />

sono legati all’organizzazione mafiosa da una relazione di tipo strumentale, e sono i cosiddetti<br />

imprenditori strumentali, e sono quelli che rinnovano il patto di volta in volta, ricontrattandone<br />

secondo le esigenze e i bisogni del momento i relativi termini, e poi abbiamo una terza categoria<br />

che è qualla degli imprenditori vittime, subordinati, cioè quelli le cui condotte, in particolare<br />

condotte di pagamento, non sono penalmente rilevanti, in termini di soggetti attivi, di concorrenti<br />

nel reato associativo, perché sono autori di condotte che sono la conseguenza della coartazione della<br />

volontà quale effetto della forza di intimidazione del vincolo associativo.<br />

Ebbene, rispetto a questo modello tutti gli elementi di prova che abbiamo passato in rassegna<br />

dimostrano senza alcun dubbio che michele aiello appartiene alla prima categoria di imprenditori,<br />

quelli collusi con rapporto di stabilità, quelli le cui condotte presentano i connotati della<br />

partecipazione organica all’associazione mafiosa. M.a. ha infatti stretto con l’organizzazione<br />

mafiosa un accordo attivo, duraturo nel tempo, reciprocamente vantaggioso, da cui sono derivati<br />

obblighi vicendevoli di collaborazione e di scambio, in vista e verso il fine del conseguimento di<br />

comuni interessi.<br />

In virtù di questo patto m. a. ha intrattenuto con l’organizzazione mafiosa in persona dei<br />

componenti di vertice di una delle sue articolazioni terriroriali, e cioè la famiglia mafiosa di<br />

bagheria, ma in persona anche dello stesso capo dell’organizzazione mafiosa, cioè l’allora latitante<br />

bernardo provenzano ha dapprima instaurato e poi mantenuto stabile nel tempo, un rapporto<br />

continuativo di interazione, fondato sulla reciproca cooperazione, e basato su legami di personale<br />

fedeltà. Un rapporto in forza del quale aiello, l’imprenditore aiello, ha ottenuto per la sua presenza<br />

imprenditoriale utilità non altrimenti conseguibili e ha al contempo reso anche le sue controprestazioni<br />

che, nel caso di specie si sono tradotte, si chiamano finanziamenti, assunzioni,<br />

informazioni riservate.<br />

E di questa stabilità di rapporti, di questo rapporto duraturo, di questa reciprocità nel caso di specie,<br />

sempre sulla base di tutti gli elementi di prova che abbiamo passato in rassegna, si rilevano come<br />

abbiamo visto tutti gli elementi sintomatici che la giurisprudenza della corte di cassazione ha<br />

elaborato sul punto, si rileva la particolare valenza della condotta di cooperazione, si rileva il<br />

rilevante vantaggio reciproco, si rileva il suo esplicarsi in prestazioni diffuse in favore del sodalizio<br />

mafioso, si rileva ancora il carattere altamente personalizzato del rapporto di scambio, la sua natura<br />

stabile e continuativa, si rileva infine l’intrecciarsi delle finalità individuali dell’imprenditore con le<br />

finalità istituzionali associative del sodalizio criminoso. E nel caso di michele aiello qualche cosa di<br />

più si può dire perché nell’ambito di tale rapporto m. a. ha sin dall’inizio dell’instaurarsi del patto di<br />

protezione espresso un’adesione personale incondizionata all’organizzazione mafiosa cosa nostra,<br />

ha messo a disposizione se stesso e le sue attività d’impresa per il mantenimento in vita e il<br />

perseguimento dei fini, degli scopi del sodalizio criminoso. Come tale, in questa stessa posizione,<br />

con questo ruolo, è stato riconosciuto e accettato all’interno e nell’ambito dell’organizzaione dagli<br />

altri partecipi ad essa.<br />

Ed anzi, anche sotto questo profilo si può aggiungere qualcosa, perché nel caso di specie questo<br />

riconoscimento e la consequenziale accettazione dell’inserimento organico e dei ruoli svolti da m.a.<br />

all’interno del sodalizio, la sua qualificata posizione, le sue particolari prestazioni si sono realizzate<br />

ai massimi livelli, hanno coinvolto direttamente il capo dell’organizzazione bernardo provenzano,<br />

oltre che i capi delle articolazioni territoriali, b. p. che proprio di aiello è stato il personale e diretto<br />

punto di riferimento per almeno un decennio. E questa accettazione, questo riconoscimento sono<br />

stati confermati poi dai capi della famiglia mafiosa di bagheria a cominciare da nicolò eucaliptus,<br />

che, come abbiamo dimostrato in questo processo, con le sue stesse parole ha espresso qual è il<br />

138


livello, il grado, la consapevolezza di tale adesione, di tale inserimento di michele aiello nel’ambito<br />

del sodalizio mafioso.<br />

Anche per l’imputato giorgio riolo, gli elementi di prova che abbiamo passato in rassegna<br />

dimostrano che sussistono tutti i presupposti di fatto e di diritto del reato di concorso esterno in<br />

associazione mafiosa che gli viene tra gli altri reati contestato in questo processo. È assolutamente<br />

da tutti conosciuto e noto come questa ipotesi di reato sia stata oggetto di una lunga e complessa<br />

elaborazione giurisprudenziale che assolutamente tutti conosciamo. Una elaborazione che ha avuto<br />

come approdo, almeno per il momento, due importanti arresti della corte di cassazione a sezioni<br />

unite nelle sentenze in data 30 ottobre 2002 Carnevale e nella sentenza 12 luglio 2005 Mannino. In<br />

tali occasioni le sezioni unite hanno dapprima affermato il principio secondo il quale in tema di<br />

associazione di tipo mafioso è configurabile senza alcun dubbio il concorso esterno. Hanno poi<br />

individuato il tratto distintivo di questa fattispecie di reato in ciò che assume la veste di concorrente<br />

esterno, il soggetto che non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione<br />

mafiosa e privo dell’affectio societatis, che quindi non ne fa parte, fornisce tuttavia un contributo<br />

concreto, specifico, consapevole, volontario. Un contributo che abbia una effettiva rilevanza causale<br />

ai fini della conservazione o del rafforzamento delle capacità operative dell’associazione o per<br />

quelle operanti su larga scala come cosa nostra di un suo particolare settore e ramo di attività o<br />

articolazione territoriale e sia comunque diretto, l’intervento ovviamente, alla realizzazione anche<br />

parziale del programma criminoso della stessa associazione.<br />

Se questo è diciamo la condotta, il nucleo centrale del comportamento ascrivibile al concorrente<br />

esterno, le sezioni unite ci hanno anche spiegato dal punto di vista dell’elemento soggettivo cosa è<br />

richiesto perché sia configurata tale ipotesi di reato. E sotto il profilo specifico le sezioni unite<br />

hanno affermato il principio che la particolare struttura della fattispecie concorsuale comporta quale<br />

essenziale requisito che il dolo del concorrente esterno investa nei momenti della rappresentazione e<br />

della volizione sia tutti gli elemnti essenziali della figura criminale tipica, sia il contributo causale<br />

recato dal proprio comportamento alla realizzazione del fatto concreto, con la consapevolezza di<br />

interagire sinergicamente con le condotte altrui nella produzione dell’evento lesivo del medesimo<br />

reato.<br />

Sotto questo profilo nei delitti associativi in altri termini si esige che il concorrente esterno pur<br />

sprovvisto dell’affectio societatis cioè della volontà di far parte dell’associazione, sia altresì<br />

consapevole dei metodi e dei fini della stessa organizzazione e questo ovviamente a prescindere<br />

dalla condivisione, avversione, disinteresse o indiffernza per siffatti metodi e fini che lo muovono<br />

nel foro interno e ancora si renda compiutamente conto l’autore dell’efficacia causale della sua<br />

attività di sostegno, vantaggiosa per la conservazione e il rafforzamento dell’associazione.<br />

In altri termini egli sa e vuole che il suo contributo sia diretto alla realizzazione anche parziale del<br />

programma criminoso del sodalizio o lo rafforzi in un suo settore d’intervento. 10:10<br />

Se questi sono i principi comunemente elaborati in modo ormai consolidato dalla giurisprudenza<br />

peraltro a sezioni unite della corte di cassazione, non vi è dubbio che alla stregua di essi nella<br />

condotta complessivamente osservata da giorgio riolo debbano ravvisarsi gli estremi del cosiddetto<br />

concorso esterno. Giorgio riolo infatti, non vi è dubbio, non è un partecipe dell’organizzazione<br />

mafiosa, non è ad essa organico, e tuttavia mediante una reiterata, pluralità di condotte concrete e<br />

specifiche ha fornito un determinato ed essenziale contributo all’organizzazione mafiosa cosa nostra<br />

attraverso il particolare rapporto stretto con michele aiello.<br />

Un rapporto, quello che ha visto protagonisti appunto g.r. da un lato e m. a. dall’altro, che sin da<br />

subito, sin dai primi momenti succesivi alla conoscenza tra i due si è sviluppato attraverso un ben<br />

consolidato modulo, e cioè il reciproco scambio di vantaggi, consistiti da parte del riolo nell’ausilio<br />

per bonifiche, conoscenze, consulenze tecniche per installazione di impianti, ma e soprattutto si è<br />

concretizzato nel rivelare a m. a. informazioni riservatissime sulle attività di indagini che nello<br />

stesso tempo svolgeva il suo reparto di appartenenza. E da parte dell’aiello si è concretizzato questo<br />

rapporto nella continua elargizione di regalie e prestazioni anche di un certo apprezzabile valore.<br />

139


Con michele aiello, giorgio riolo ha in questo senso stetto un vero e proprio accordo, in esecuzione<br />

del quale lo stesso giorgio riolo ha soprattutto partecipato a m.a. in un lungo lasso temporale, un<br />

lasso temporale davvero apprezzabile e significativo tra il giugno 1999 e l’ottobre 2003, notizie e<br />

informazioni coperte da segreto sulle attività investigative nelle quali era, come ho detto, impegnato<br />

il suo reparto d’appartenenza, cioè il Ros dell’Arma dei Carabinieri.<br />

E si è già detto e lo abbiamo dimostrato nel corso della discussione delle precedenti udienze, come<br />

tali informazioni, cioè quelle oggetto di rivelazione, siano state attentamente e scientificamente<br />

selezionate. Giorgio riolo si è in primo luogo attivato per ottenere e raccogliere e trasmettere notizie<br />

riservate coperte da segreto sulle attività di indagine che riguardavano, attività di indagine in corso<br />

nei confronti di m.a., che avevano ad oggetto le sue imprese e che riguardavano il suo socio aldo<br />

carcione. Ma g. r. non si è limitato solo a questo, perché g.r. ha partecipato a m. a. anche l’esistenza<br />

di altre attività d’indagine, le modalità tecniche che ne hanno segnato i diversi momenti di<br />

svolgimento, i relativi obbiettivi investigativi. M.a. nello stesso tempo è stato posto al corrente di<br />

alcune, come dicevo, ben selezionate e non altre invece, contestuali iniziative investigative del Ros,<br />

quelle avviate in particolare sull’area territoriale di Bagheria, quelle soprattutto volte alla cattura<br />

dell’allora latitante Bernardo Provenzano ed a quella di Matteo Messina Denaro che invece latitante<br />

lo è tuttora. Le condotte commesse in questo senso da g. r. non riguardano m. a. per dirla con le<br />

parole della cassazione mafioso uti singulus, ma si riferiscono invece al particolarissimo ruolo che<br />

m. a. ha esercitato fino al momento del suo arresto nell’ambito dell’organizzazione mafiosa.<br />

In altri termini, il contributo fornito da g. r. è un contributo concreto, specifico, consapevole, che si<br />

è protratto nel tempo e che si è rivelato direttamente funzionale a consentire a m. a. di costituire un<br />

punto di riferimento determinante per la raccolta, la gestione e lo smistamento di informazioni<br />

assolutamente essenziali per la stessa esistenza dell’organizzazione mafiosa.<br />

Si tratta di informazioni che hanno riguardato la latitanza dei suoi stessi capi, si tratta di<br />

informazioni che hanno riguardato i rapporti economici più significativi riferibili allo stesso aiello,<br />

rapporti dai quali, come si è visto, non è certamente estranea cosa nostra che è stata la prima<br />

beneficiaria di ingenti finanziamenti elargiti dallo stesso m.a.<br />

Rovescaindo i termini della questione, appare chiaro che senza il contributo anche di g. r., prezioso<br />

veicolatore di riservatissime informazioni, m.a. non avrebbe potuto svolgere il particolare<br />

qualificato ruolo per il quale l’organizzazione mafiosa lo aveva designato e arruolato. E che il<br />

settore delle informazioni sia un settore particolarmente importante, anzi davvero strategico per<br />

un’organizzazione come cosa nostra, è fuori di dubbio. Lo è perché da sempre l’acquisizione di<br />

informazioni sulle attività delle forze dell’ordine e della magistratura ha rappresentato addirittura<br />

una precondizione della stessa sussistenza di cosa nostra, tant’è che come si è dimostrato anche in<br />

questo processo, in concreto, i suoi capi più importanti proprio di tale settore hanno fatto uno dei<br />

principali motivi di preoccupazione e uno dei principali settori di intervento, anche e soprattutto<br />

attraverso la ricerca di canali informativi all’interno delle stesse istituzioni. Ma lo è perché ce lo<br />

dimostra la stessa circostanza che la corte di cassazione quando ci ha dettato i parametri di<br />

valutazione utili a qualificare la condota dell’imprenditore mafioso, e cioè di quello colluso, e<br />

differenziare la contiguità non punibile dalla collaborazione che integra il rapporto di scambio e<br />

individuare in tal modo l’oggetto o meglio uno degli oggetti del contratto di protezione, ebbene, la<br />

cassazione ha sempre fatto esplicito riferimento, quale possibile criterio alternativo proprio a quello<br />

della trasmissione di informazioni rilevanti e determinanti per la stessa organizzazione mafiosa.<br />

Giorgio Riolo e Michele Aiello rispondono infine in questo processo del reato di corruzione in<br />

relazione ad alcuni fatti specificamente contestati ai capi H ed I della rubrica e sono i fatti connessi<br />

alla meteriale disponibilità da parte di g. r. di un’autovettura marca Chrysler del valore di circa 25<br />

milioni di lire, acquistata da riolo presso il concessionario Vidauto di Palermo, pagata dall’aiello.<br />

Sono questi reati di corruzione ancorati ad ulteriori fatti relativi a lavori e forniture di materiali<br />

necessari per la realizzazione di un’abitazione sita in territorio del comune di piana degli albanesi,<br />

di proprietà di riolo, lavori e forniture cui ha fatto fronte lo stesso michele aiello.<br />

140


Bene, la prova dei fatti costitutivi di tali ipotesi di reato nei confronti di entrambi gli indagati, gli<br />

imputati, si desume dalle stesse dichiarazioni dei due imputati, quelle rese da g.r. all’udienza del 21<br />

marzo 2006, quelle rese da m.a. all’udienza del 31 gennaio 2006; si desumono dalle deposizioni<br />

delle persone che sono state direttamente coinvolte e interessate alle due distinte vicende e cioè il<br />

capocantiere giuseppe anselmo, che è stato sentito all’udienza del 19 settembre 2006, e il titolare<br />

della Vidauto Antonio damiani, del quale sono stati acquisiti con il consenso delle parti i verbali<br />

[…]. Infine si desume la prova della sussistenza di questi reati di corruzione dai riscontri effettuati<br />

dai carabinieri del comando provinciale di palermo e sui quali all’udienza del 6 dicembre 2005 ci ha<br />

puntualmente riferito michele miulli.<br />

Giorgio riolo, da solo, risponde del reato contestatogli infine al capo V della rubrica, ne risponde in<br />

concorso con giuseppe rallo e rosalia accetta che per questo reato sono stati già separatamente<br />

giudicati. Viene contestato il reato previsto e punito all’art. 615 bis del c.p., commesso da g.r. nel<br />

corso del 2002, in danno di angela romina licari, e questo reato si è concretizzato nelle condotte di<br />

indebita acquisizione di notizie attinenti la vita privata della stessa licari, coniuge di giuseppe rallo,<br />

notizie che venivano abusivamente apprese attraverso la captazione di conversazioni che<br />

avvenivano all’interno dell’abitazione della stessa licari, attraverso l’installazione abusiva e<br />

clandestina di apparati di intercettazione.<br />

Ora, la responsabilità di g.r. anche per tale reato emerge con assoluta chiara evidenza dagli elementi<br />

di prova che sono stati raccolti sul punto nel corso dell’istruttoria dibattimentale, e questi elementi<br />

di prova sono costituiti, oltre che dalla sentenza definitiva acquisita agli atti con la quale a giuseppe<br />

rallo e a rosalia accetta è stata applicata su richiesta delle parti la pena concordata, questi elementi<br />

di prova sono costituiti in particolare dalle dichiarazioni che ha reso giuseppe rallo il 3 aprile 2004 e<br />

poi durante l’interrogatorio reso il 29 aprile 2004 in fase di indagine che sono stati acquisiti al<br />

fascicolo del dibattimento con il consenso delle parti, dalle dichiarazioni che poi giuseppe rallo ha<br />

reitarato nel corso del dibattimento all’udienza del 15 marzo 2005, dalle dichiarazioni che<br />

all’udienza del 22 marzo 2005 ha sul punto reso anche rosalia accetta. Infine, elementi di prova<br />

significativi anche su questo capo d’imputazione si traggono dalle ammissioni fatte dallo stesso g.r.<br />

nel corso dei suoi interrogatori al pubblico ministero resi in data 26 aprile 2004, 7 giugno 2004, 20<br />

agosto 2004. Anche per questi reati, quelli di corruzione e quello di cui all’art. 615 bis del c.p. si<br />

deve dunque affermare la penale responsabilità di m.a. e di g.r. in ordine ai reati loro ascritti.<br />

Pm, Maurizio De Lucia<br />

Presidente, tocca a me continuare nella discussione, affrontando gli altri due, diciamo così, grandi<br />

temi di questo processo: prima il tema che riguarda le rivelazioni di segreto e il delitto di<br />

favoreggiamento che è contestato in particolare a uno degli imputati di questo processo che è<br />

salvatore <strong>cuffaro</strong>, successivamente il tema anche qui a grandi linee definibile della truffa relativo<br />

appunto ai delitti contestati di associazione per delinquere finalizzati alla truffa, truffa e vari altri<br />

reati contro la pubblica amministrazione che ad alcuni imputati sono stati contestati.<br />

Dicevo, tra gli imputati vi è quindi anche salvatore <strong>cuffaro</strong>. Risponde di due delitti di<br />

favoreggiamento, di cui all’art. 378 del c.p., sinteticamente riconducibili a due vicende che in<br />

questo processo abbiamo già sotto altri profili affrontato, vale a dire la vicenda delle informazioni<br />

ad aiello, ciuro e riolo in ordine alla loro sottoposizione a indagini nell’ottobre del 2003, vale a dire<br />

la vicenda della rivelazione della presenza di una microspia all’interno dell’abitazione di giuseppe<br />

guttadauro tra la primavera e l’estate del 2001.<br />

Oltre a questi due delitti, com’è noto, <strong>cuffaro</strong> deve rispondere anche di altri due capi d’imputazione<br />

che sono quelli del processo riunito a quello principale il 2 maggio del 2006 per i quali il decreto<br />

che ha disposto il giudizio è stato emesso non dal Gup bensì dalla corte di appello di palermo in<br />

seguito appunto a un appello del pubblico ministero verso sentenza di prosciogimento che il Gup<br />

ebbe ad emettere ed è il decreto che dispone il giudizio del 16 gennaio del 2006 relativo appunto<br />

141


alle rivelazioni di segreto d’ufficio commesso in concorso formale con i delitti di favoreggiamento.<br />

Con riferimento poi alla sola condotta della primavera/estate del 2001 a <strong>cuffaro</strong> è contestata una<br />

circostanza aggravante ad effetto speciale che è quella dell’art. 7 della legge 203 del 1991.<br />

Secondo contestazione salvatore <strong>cuffaro</strong> ha fornito a giuseppe guttadauro per il tramite di domenico<br />

miceli e ne ha avvertito anche salvatore aragona notizie in ordine all’esistenza di attività d’indagine<br />

all’epoca coperta da segreto istruttorio che riguardava lo tesso guttadauro ciò mentre tale attività,<br />

consistita soprattutto nell’intercettazione di conversazioni che si svolgevano all’interno<br />

dell’abitazione del guttadauro era ancora in corso. 25:25<br />

Giuseppe guttadauro era già all’epoca dei fatti soggetto processato e condannato per il delitto di<br />

associazione per delinquere di stampo mafioso. Anche sulla scorta delle intercettazioni comunque<br />

acquisite, è stato condannato in primo e in secondo grado nell’ambito del procedimento penale<br />

numero 6668/2000 per il delitto di cui all’art. 416 bis comma secondo, e per numerosi altri fatti di<br />

estorsione del che è prova del fatto storico della sentenza emessa dalla corte di appello di palermo<br />

prodotta e acquisita ai fini appunto della sua storicità all’udienza del 29 maggio del 2007.<br />

In particolare i fatti contestati al <strong>cuffaro</strong> sono relativi a tre distinti episodi ricavati da diverse fonti di<br />

prova. Queste fonti di prova sono: le dichiarazioni di salvatore aragona, le intercettazioni effettuate<br />

nel primo semestre del 2001 nell’abitazione di guttadauro, le dichiarazioni dell’imputato giorgio<br />

riolo. E in via di estrema sintesi i tre episodi sono i seguenti: la rivelazione in ordine di esistenza di<br />

indagine del raggruppamento operativo speciale dei carabinieri che secondo le affermazioni di<br />

aragona avrebbe avuto il suo culmine in quello che miceli avrebbe detto all’aragona durante<br />

l’incontro tra i due avveuto all’hotel quark di milano il 29 marzo 2001, secondo quanto riferito dallo<br />

stesso aragona della quale, a dire appunto dell’aragona, sarebbe rimasta traccia nel colloquio<br />

intercettato il 9 aprile del 2001 che aragona aveva avuto con guttadauro nell’abitazione di questi in<br />

via de cosmi a palermo. Fonte del miceli sarebbero stati il <strong>cuffaro</strong>, l’allora maresciallo dei<br />

carabinieri antonio borzacchelli, figura questa che abbiamo già incontrato nella prima parte di<br />

questa discussione e a proposito dei suoi rapporti con michele aiello sulla quale dovremo tornare,<br />

poi l’episodio collegato al viaggio compiuto da aragona da milano a palermo il 12 giugno del 2001,<br />

quando, appena giunto in questa città, egli aveva appreso ulteriori, più specifiche notizie circa<br />

l’esistenza di intercettazioni nei confronti del guttadauro presso la segreteria di miceli e le aveva<br />

riportate al guttadauro. Nei giorni successivi questi aveva poi rinvenuto e rimosso insieme ai suoi<br />

familiari una delle microspie installate nella sua abitazione e anche in questo caso fonte della<br />

rivelazione è <strong>cuffaro</strong>. Infine il 24 giugno del 2001, presso il locale Riccardo III, durante la cena<br />

organizzata a chiusura della giornata di voto per le elezioni regionali, quando miceli avrebbe<br />

rivelato ad aragona non solo che era stata effettivamente installata una microspia presso l’abitazione<br />

di giuseppe guttadauro in grado di registrare tutti i colloqui tenuti negli ultimi mesi, compresi quelli<br />

ai quali avevano partecipato miceli e aragona, ma che esistevano altre apparecchaiture non<br />

rinvenute che avevano captato i commenti che erano stati fatti dagli intercettati. Tali commenti<br />

contenevano riferimenti sia alla soffiata giunta a guttadauro sull’esistenza di intercettazioni nei suoi<br />

confronti, sia alla fonte da cui la notizia proveniva. Anche in questo caso fonte della notizia erano<br />

<strong>cuffaro</strong> e borzacchelli.<br />

Centrale per la ricostruzione dell’intera vicenda è indubbiamente il disvelamento originariamente<br />

effettuato e come vedremo confessato da giorgio riolo ad antonio borzacchelli, all’epoca<br />

maresciallo in servizio attivo dell’arma dei carabinieri, dell’esistenza di microspie presso<br />

l’abitazione di via de cosmi in palermo, del guttadauro. Questo disvelamento, attraverso passaggi<br />

successivi e con l’intervento di <strong>cuffaro</strong>, portò il 15 giugno del 2001 all’individuazione delle<br />

microspie e di fatto alla fine di una della più fruttuose indagini in corso sull’organizzazione cosa<br />

nostra e sulle sue dinamiche del tempo. Ciò sia con riferimento alle attività estorsive che si<br />

svolgevano in particolare modo ma non solo nel territorio di brancaccio, sia all’individuazione dei<br />

142


suoi esponenti di rilevante livello dell’epoca, sia infine all’individuazione di importanti referenti<br />

esterni dell’organizzazione medesima tra i quali senza dubbio domenico miceli.<br />

Non c’è dubbio che tutte le condotte descritte, se effettivamente comprovate, integrano da parte di<br />

<strong>cuffaro</strong> la fattispecie contestata. Del pari non c’è dubbio che la prova piena anche di uno solo di tali<br />

episodi induce a ritenere consumato il delitto pluriaggravato ai sensi dell’art. 7 della legge 203 del<br />

91 oltre che in forza del capoverso dell’art. 378 del c.p., dato che sia il miceli che l’aragona e il<br />

guttadauro erano indagati del delitto di cui all’art. 416 bis del c.p.<br />

La condotta infatti si risolve sempre nella comunicazione di notizie riservate utili a bloccare<br />

indagini che non solo coinvolgevano la persona di giuseppe guttadauro, ma erano potenzialmente in<br />

grado di compromettere varie propaggini territoriali di cosa nostra e tutte le persone che a vario<br />

titolo erano state presenti in quell’abitazione nel periodo preso in considerazione, integrando<br />

dunque, secondo l’insegnamento della cassazione, un fatto criminoso oggettivamente idoneo a<br />

realizzare tale ulteriore aspetto offensivo voluto dal soggetto agente rispetto a quello che già di per<br />

sé concretizza il delitto e consistito nel caso nell’agevolazione dell’organizzaizone criminosa.<br />

Un’azione diretta in modo oggettivo ad agevolare l’attività posta in essere dall’associazione<br />

mafiosa, sul punto Cassazione sesta del 18 luglio 97/7110.<br />

Fatto questo che certamente <strong>cuffaro</strong> si è rappresentato nel momento in cui ha fornito la notizia<br />

sull’indagine relativa a guttadauro, come spiegheremo di avere dimostrato nel corso dell’istruzione<br />

dibattimentale. Naturalmente sulla problematica dell’elemento psicologico del delitto, anche sub<br />

specie del dolo specifico, si tornerà in seguito, qui rimanendo accertato che se è realizzata la<br />

condotta favoreggiatrice la stessa è di per sé idonea a realizzare oggettivamente l’interesse<br />

dell’organizzazione mafiosa attraverso la neutralizzazione di un’importantissima indagine di<br />

polizia. E la vicenda in questione, le fughe di notizie sull’indagine cosiddetta Ghiaccio, si connota<br />

prima face 31:46 proprio sull’evidenza di almeno due aspetti caratterizzanti: la sua particolare<br />

gravità, rappresentata dalla delicatezza e dall’importanza investigativa delle notizie illecitamente<br />

diffuse e la sua indubbia emblematicità, in funzione dell’evidenziazione di quei rapporti tra<br />

appartenenti agli apparati investigativi dello Stato, uomini politici e rappresentanti anche di livello<br />

di cosa nostra che rendono oggettivamente più difficile il contrasto investigativo e giudiziario<br />

all’organizzazione mafiosa.<br />

In particolare, con riguardo al primo dei profili sopra evidenziati, si deve sottolineare come<br />

l’indagine sulla attività del guttadauro si era rivelata sin dal suo inizio, nell’autunno del 99, di<br />

grandissima importanza quale fonte di conoscenze sulla vita dell’organizzazione criminale. Grazie<br />

al frenetico attivismo di guttadauro che da un lato esercitava in pieno le sue mansioni di<br />

capomandamento di brancaccio, coordinando l’ordinaria amministrazione criminale su quel<br />

territorio e dall’altro si adoperava, nell’interesse più generale di cosa nostra, per il perseguimento di<br />

altri, fondamentali scopi dell’organizzaizone mafiosa. Tra questi emergevano quelli legati al<br />

reinvestimento di ingenti capitali di provenienza illecita, alla gestione di appalti e forniture,<br />

all’indebite interferenze in vicende ammmministrative di indubbio rilievo, quali quelle, a titolo di<br />

esempio, concernenti la nomina dei presidenti e dei consiglieri del consorzio Asi di palermo. A<br />

questo proposito, la conversazione intercettata del 17 aprile 2001 tra guttadauro e giovanni pipitone<br />

esponente della famiglia mafiosa di carini che ha subito i medesimi procedimenti che ho citato con<br />

riferimento al guttadauro nell’ambito del procedimento n.6668/2000.<br />

Questa conversazione, che naturalmente non leggo ma è assolutamente esemplificativa di come il<br />

guttadauro nel colloquio con il pipitone non faccia altro che intervenire indicando territorio per<br />

territorio, direi mandamento per mandamento, famiglia per famiglia quali sono i doveri che i<br />

mafiosi devono adempiere al fine di collocare al vertice di una struttura pubblica importante,<br />

importante soprattutto per la gestione del territorio e degli appalti, l’Asi, per lo sviluppo quindi<br />

anche dell’industria in questa terra, ebbene, quali sono le direttive che devono essere date al solo<br />

fine di consentire di individuare rappresentanti di livello di questa organizzazione che siano eletti<br />

143


col consenso non dei mafiosi di brancaccio, ma di tutti i mafiosi. Vi è l’indicazione esemplificativa<br />

di chi si deve occupare di Carini, del problema che su partinico non è individuato un soggetto<br />

responsabile in quel momento, siamo nel 2001, che sia pienamente affidabile per l’organizzazione.<br />

Punto per punto quindi tutto il territorio mafioso è chiamato a individuare coloro i quali devono<br />

votare al fine di eleggere un rappresentante dell’Asi, un presidente dell’Asi, che sia idoneo a<br />

soddisfare evidentemente quelli che sono gli interessi dell’organizzazione mafiosa su tutto il<br />

territorio della provincia di palermo. Ma ancora, nelle stesse intercettazioni vi è traccia<br />

dell’espletamento di concorsi pubblici nel settore della sanità, l’azione o modifica da parte dei<br />

competenti organi comunali di strumenti urbanistici, infine il gravissimo, reitarato tentativo di<br />

condizionamento di consultazioni elettorali attraverso l’individuazione e il succesivo sostegno<br />

mafioso in favore di candidati compiacenti.<br />

In ragione di quanto ricordato allora, se da un alto si devono registrare i comunque importanti<br />

risultati che l’indagine che il Raggr. Op. Speciale dei carabinieri ha, nonostante le fughe di notizie,<br />

consentito di acquisire, con l’ordinanza del 4 dicembre 2002 vennero sottoposte a custodia cautelare<br />

in carcere per il reato di associazione mafiosa e altri delitti allo stesso connessi 44 soggetti, in gran<br />

parte già condannati in primo e secondo grado in esito allo svolgimento del giudizio abbreviato e<br />

del giudizio ordinario di quella che fu la cosiddetta operazione Ghiaccio 1, poi con la successiva<br />

ordinanza del 24 giugno del 2003 vennero arrestati con l’accusa di mafia importanti esponenti del<br />

mondo della politica e delle professioni quali lo stesso domenico misceli, il francesco buscemi,<br />

salvatore aragona e vincenzo greco, la cosiddetta operazione ghiaccio 2, tutti ad eccezione di greco<br />

assolto in appello poi condannati nei gradi di giudizio ai quali sono stati sottoposti fino ad ora,<br />

dall’altro non si può non evidenziare ancora una volta il danno che le indebite propalazioni al<br />

guttadauro hanno causato attraverso il rinvenimento da parte del predetto delle microspie collocate<br />

dai carabinieri presso la sua abitazione di via de cosmi. Ciò a maggiore ragione ove si consideri che<br />

la scoperta della intercettazione ambientale e la sostanziale immediata cessazione dell’efficacia<br />

dell’investigazione ebbe a realizzarsi il 15 giugno del 2001, a soli 9 giorni dalla data, il 24 giugno<br />

del 2001, fissata per quelle consultazioni elettorali che tanto avevano suscitato l’interesse mafioso<br />

di guttadauro e che avrebbero visto protagonista perché candidati rispettivamente alla carica di<br />

presidente della regione e di deputato all’assemblea regionale siciliana salvatore <strong>cuffaro</strong> e antonio<br />

borzacchelli e domenico miceli, alcuni tra i soggetti cioè che a vario titolo sono autori delle fughe di<br />

notizie in questione.<br />

Ne può essere sottaciuto l’enorme pregiudizio che il disvelamento di notizie segrete ha più in<br />

generale arrecato alla possibilità fino a quel momento realizzatasi di continuare a vivere in diretta,<br />

attraverso intercettazioni di colloqui tra guttadauro e altri uomini d’onore anche di altri<br />

mandamenti, le dinamiche di cosa nostra, le strategie sottese alle sue scelte operative, i rapporti<br />

all’interno del vertice dell’organizzazione e quelli tra gli uomini d’onore in stato di detenzione e i<br />

loro sodali ancora in libertà. Dunque nessun dubbio può esservi sulla oggettiva gravità del delitto<br />

commesso. La vicenda che ci occupa si colloca in un preciso momento storico, la campagna<br />

elettorale per le elezioni regionali del 2001, investe protagonisti ulteriori rispetti ad alcuni di quelli<br />

dei quali abbiamo già riferito nella precedente parte della discussione, in particolare giorgio riolo e<br />

per un ruolo qui marginale michele aiello. Tra i protagonisti della vicenda vi è senz’altro il<br />

maresciallo antonio borzacchelli, com’è noto processato separatamente per i medesimi delitti<br />

imputati a <strong>cuffaro</strong> oltre che per una grave ipotesi di concussione in danno dello stesso m.a. sulla<br />

quale brevemente ci soffermeremo nel seguito dell’esposizione di queste vicende.<br />

Borzacchelli è uomo in rapporti diretti sia con g.r. che con salvatore <strong>cuffaro</strong>, che lo ha candidato<br />

nella lista del Biancofiore, lista parallela e servente a quella dell’Udc in quella tornata elettorale.<br />

Chi sia in questo processo borzacchelli ce lo ha spiegato in una parte della sua deposizione il<br />

collaboratore di giustizia Francesco Campanella. Sapiamo che f.c. è stato uomo molto vicino alla<br />

famiglia mafiosa di villabate, che ha avuto un ruolo nella protezione della latitanza di bernardo<br />

provenzano avendo contribuito a formare la carta di identità falsa con la quale provenzano potè<br />

144


icoverarsi a marsiglia per sottoporsi a un intervento chirurgico sotto falso nome. Sappiamo che da<br />

sempre è stato uomo ben introdotto nella vita politica siciliana, come ci hanno confermato lo stesso<br />

imputato <strong>cuffaro</strong> all’udienza del 20 giugno del 2006, i testi franco e giovan battista bruno<br />

all’udienza del 18 aprile del 2006, l’attuale ministro della giustizia sen. Mastella all’udienza del 15<br />

gennaio del 2007. A proposito del suo intervento a favore della candidatura di Acanto nelle liste<br />

elettorali per la campagna elettorale delle elezioni regionali del 2001, intervento sostenuto e<br />

sponsorizzato, come ci ha raccontato campanella, dalla famiglia mafiosa di villabate, lui ci ha<br />

riferito, all’udienza del 17 gennaio 2006, a proposito del colloquio che ebbe proprio per<br />

sponsorizzare questa candidatura con salv. Cuffaro, dice: “ma mi portò su un altra argomentazione<br />

che era quella della quantità di voti che Acanto avrebbe potuto raccogliere e mi spiegò, perché fu un<br />

colloquio che durò anche una ventina di minuti (un colloquio che si svolge di notte sostanzialmente,<br />

passeggiando vicino al bar Stancampiano di palermo), mi spiegò che lui aveva una unica esigenza, e<br />

che questa lista Biancofiore era nata con l’unica esigenza di determinare l’elezione di Borzacchelli,<br />

che era un carabiniere, che gli era stato presentato da amici di Bagheria, da ambienti di Bagheria,<br />

che lui aveva preso l’impegno assolutamente di eleggere come deputato regionale, a tal punto che la<br />

costruzione, l’intera costruzione della lista Biancofiore era stata pensata proprio per l’elezione di<br />

borzacchelli, che lui aveva questa esigenza impellente (lui <strong>cuffaro</strong>, naturalmente) sembrava proprio<br />

importantissimo per lui portare borzacchelli all’elezione, tanto che io gli domandai il perché, io non<br />

sapevo chi fosse questo borzacchelli, non lo conoscevo neanche, non era neanche uno di quelli che<br />

aveva frequentato il mondo politico fino ad allora e lui mi spiegò che glielo avevano presentato<br />

amici di bagheria e che sarebbe stato uno importante perché lo avrebbe coperto dalle indagini e dai<br />

problemi che potevano nascere da questioni di tipo gudiziario”.<br />

Questa la funzione di borzacchelli nella struttura dello staff, potremmo dire, di salvatore <strong>cuffaro</strong>, ed<br />

effettivamente all’esito delle elezioni borzacchelli è stato eletto ed è rimasto in carica quale<br />

deputato dell’assemblea regionale siciliana fino al febbraio del 2004, epoca del suo arresto per i<br />

fatti che abbiamo detto.<br />

Altro personaggio che rileva in questa vicenda è giuseppe guttadauro, per il quale sono state<br />

prodotte le precedenti sentenze di condanna per il delitto di cui all’art. 416 bis del c.p. e per il quale<br />

dalla lettura delle intercettazioni ambientali operate presso la sua abitazione emerge pienamente il<br />

ruolo direttivo che all’epoca dei fatti ricopriva in cosa nostra, quanto meno al vertice della famiglia<br />

di brancaccio.<br />

Dalla medesime intercettazioni, oltre a una serie di elementi di prova che da qui a breve<br />

analizzeremo e che hanno una influenza diretta sulle imputazioni per le quali è il processo,<br />

emergono i suoi strettissimi rapporti con domenico miceli e con salvatore aragona.<br />

Domenico miceli è un altro importante protagonista della vicenda, già condannato in primo grado<br />

per il delitto di cui agli art. 110 e 416 bis del c.p., assiduo frequentatore dell’abitazione di<br />

guttadauro, anche lui con forti ambizioni politiche, e interessato in prima persona alle elezioni del<br />

2001, amico da sempre dell’imputato <strong>cuffaro</strong>, come riconosciuto nel corso del suo esame dallo<br />

stesso <strong>cuffaro</strong>, collega nella professione, militante nella stessa formazione politica. Ma non c’è<br />

dubbio che nella ricostruzione della vicenda relativa alla divulgazione delle informazioni di cui ai<br />

capi in argomento della rubrica e di fondamentale importanza la figura di salvatore aragona. Questi<br />

insieme a miceli interloquisce da un lato con <strong>cuffaro</strong> dall’altro con guttadauro. È in atti la sentenza<br />

con la quale aragona è stato condannato in via definitiva, sentenza divenuta irrevocabile il 16 luglio<br />

del 2002, per il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa e per il delitto di falso aggravato<br />

in relazione all’alterazione di una cartella clinica in cui figurava il ricovero in una struttura clinica<br />

del mafioso enzo salvatore brusca, ricovero mai avvenuto e attestato al fine di precostituire l’alibi<br />

dell’affiliato mafioso accusato di aver commesso un omicidio nel medesimo periodo. È agli atti la<br />

sentenza con la quale è stata riconosciuta la continuazione fra il predetto delitto di partecipazione ad<br />

associazione mafiosa e il delitto ex art. 416 bis c.p. contestato ad aragona nel procedimento<br />

parallelo a questo nel quale è stato anche posto in custodia cautelare.<br />

145


Per tale ulteriore delitto, contestato a partire dal febbraio 1999, è stata applicata a salvatore aragona<br />

la pena in continuazione di 6 mesi di reclusione ai sensi dell’art. 444 del c.di procedura penale, la<br />

sentenza emessa il 28 settembre del 2005, anch’essa definitiva dal gup di palermo. Nella stessa<br />

sentenza gli è stata riconosciuta e applicata la circostanza attenuante prevista dall’art. 8 della legge<br />

203/91 per aver fornito elementi decisivi alla ricostruzione degli importanti contatti intrattenuti dal<br />

capomafia di brancaccio giuseppe guttadauro con esponenti delle istituzioni. Stabilità e continuità di<br />

rapporti tra guttadauro e aragona emergono innanzitutto dalle stesse dichiarazioni di quest’ultimo.<br />

In questo dibattimento, sentito ai sensi dell’art. 210 del c. di procedura penale, aragona ha spiegato<br />

che la conoscenza con guttadauro risaliva ai primi anni 80, quando da tirocinante aveva frequentato<br />

il reparto di chirurgia dell’ospedale civico presso il quale l’altro già esercitava funzioni di rilievo.<br />

Nel corso degli anni successivi, aveva proseguito e intensificato la relazione estendendola anche ad<br />

altri componenti della famiglia soprattutto nel periodo in cui guttadauro era stato ristretto in carcere<br />

per associazione mafiosa nell’ambito del procedimento cosiddetto Maxi 1. Nel 1993 erano divenuti<br />

colleghi di reparto all’ospedale civico, e avevano lavorato fianco a fianco fino a che guttadauro non<br />

era stato tratto nuovamente in arresto nell’ambito del processo definito Golden market. Nel<br />

frattempo i rapporti tra i due si erano ulteriormente consolidati, sino al punto di fare del guttadauro<br />

il padrino di cresima dell’aragona. Anche per aragona erano poi seguite traversie giudiziarie che lo<br />

avevano portato a essere ristretto in carcere e a condividere con lo stesso guttadauro un breve<br />

periodo di detenzione nel medesimo istituto carcerario. Aragona ha riferito che dopo la sua<br />

scarcerazione nel giugno del 1997 si era trasferito con la sua famiglia a milano dove aveva trovato<br />

lavoro presso una clinica privata e presso un’Asl locale, ma aveva continuato a mantenere contatti<br />

con guttadauro, con i guttadauro, l’intera famiglia, in occasione delle sue visite in sicilia, tanto che<br />

aveva costituito insieme a gisella greco e al figlio maggiore di guttadauro, francesco, e altri soci, fra<br />

i quali sua moglie ornella, la società Global Commerce. La Global era nata con lo scopo di<br />

collocare prodotti agricoli siciliani nel nord italia, ci ha detto. Ha anche detto poi che nell’anno<br />

2000, durante il periodo in cui giuseppe gutt. si trovava in carcere, egli aveva ospitato a milano in<br />

tre occasioni gisella greco e suo figlio francesco al fine di procurargli appuntamenti sul posto con<br />

una società di consulenza finanziaria alla quale doveva essere affidata la gestione di quote societarie<br />

della Global, e del patrimonio immobiliare della greco. Ha infine aggiunto che in tali circostanze<br />

aveva assecondato la richiesta della donna di recarsi oltrefrontiera per farsi controllare da un noto<br />

clinico svizzero in relazione a problemi di salute non meglio specificati. Al valico doganale<br />

l’autovettura di aragona era stata sottoposta a minuziosi controlli tanto che egli aveva sospettato che<br />

la presenza dei congiunti di guttadauro fosse stata segnalata in precedenza. Durante i controlli era<br />

rimasto sorpreso dall’entità della somma di denaro che la greco e il figlio avevano dichiarato di<br />

possedere. Il tempo trascorso alla frontiera gli aveva impedito di raggiungere tempestivamente il<br />

luogo fissato per la visita medica tanto che era stato programmato un nuovo viaggio a milano. Fra<br />

l’altro, aragona ha rievocato che in occasione di questo secondo viaggio i guttadauro erano giunti<br />

allo scalo milanese sull’aereo che trasportava <strong>cuffaro</strong> in compagnia dell’on. Saverio romano e delle<br />

rispettive famiglie e durante l’incontro in aeroporto aveva compreso che la greco conosceva già<br />

“totò”, così ci dice la greco aveva appellato il <strong>cuffaro</strong>, totò <strong>cuffaro</strong>.<br />

Per inciso, si può affermare fin da ora che il tema della conoscenza fra i coniugi guttadauro e<br />

<strong>cuffaro</strong> risulta confermato non solo da affermazioni che guttadauro rende in più tratti delle<br />

intercettazioni ma anche dalla deposizione dibattimentale dello stesso imputato <strong>cuffaro</strong> che sia pur<br />

in maniera goffa e maldestra non ha potuto negare l’incontro in aeroporto: è l’udienza del 13 giugno<br />

del 2006.<br />

Alcuni aspetti delle dichiarazioni possono darsi per accertati: la precedente collaborazione di<br />

aragona a cosa nostra si ricava dalla sentenza definitiva emessa nei suoi confronti, mentre la sua<br />

adesione ad altri programmi condivisa con guttadauro emerge dagli elementi racchiusi nelle<br />

conversazioni intercettate in cui, accanto alle vicende di questo processo e di quello parallelo a<br />

miceli, si parla anche di trascorsi di mafia, di progetti e strategie comuni, di ingerenze sull’attività<br />

della pubblica amministrazione.<br />

146


A titolo indicativo possono citarsi i passaggi in cui guttadauro afferma che avrebbe preferito<br />

aragona come referente esterno in campo politico se questi non fosse stato compromesso dai suoi<br />

trascorsi giudiziari (trascrizione della conversazione del 12 giugno del 2001, pagina 59 della<br />

perizia), oppure la frase emblematica con la quale aragona chiede di sintetizzare i prossimi progetti<br />

elettorali e politici (anche qui trascrizione del 9 aprile 2001, testuale): “il mio padrino mi deve dire<br />

una cosa, dove dobbiamo andare e qual è la strada”, in un contesto appunto in cui i discorsi sono<br />

tutti di tipo politico.<br />

Sul rapporto di aragona con guttadauro va sottolineato inoltre la parte iniziale della stessa<br />

conversazione del 9 aprile del 2001, caratterizzata dal rispetto e dalla deferenza dimostrati nei<br />

confronti del guttadauro quando gli riporta notizie sulle vicende più recenti del suo paese di origine,<br />

e accetta i rimproveri in merito al suo incontro ad altofonte con i parenti di un collaboratore di<br />

giustizia, ne ascolta le indicazioni sulla opportunità di non impelagarsi con voci e commenti<br />

negativi.<br />

Deve osservarsi che nel periodo sono stati intercettati colloqui in carcere in cui guttadauro discute<br />

con la moglie e i figli di trasferire capitali all’estero (è la trascrizione del 16 febbraio 2000, pagina<br />

580 della perizia), di aprire conti correnti cifrati e sfruttando le conoscenze di un soggetto che non<br />

risulta indicato per nome “lui là ne deve avere di amici banchieri” (trascrizione del 23 febbraio<br />

2000, pag. 670).<br />

Nei colloqui si ascolta altresì che durante i controlli alla frontiera, quelli di cui aveva parlato<br />

aragona nel corso della sua deposizione, gisella greco e il figlio erano riusciti a superare indenni la<br />

perquisizione e a eludere i limiti di contante esportabile (trascrizione del 7 aprile 2000, pag. 392).<br />

Dalle intercettazioni si comprende come ad aragona era stato affidato il compito di sorvegliare<br />

movimenti e operazioni su conti correnti e su una cassetta di sicurezza aperti presso lo stesso<br />

istituto bancario di milano vistato dalla greco. La conversazione ambientale in carcere del 12 aprile<br />

del 2000 fa emergere che i guttadauro rivendicavano assoluta priorità nella gestione del loro denaro<br />

in transito su quei conti e su quello depositato nella cassetta di sicurezza. Francesco g. riferisce al<br />

padre detenuto che Tiziana, amministratrice evidentemente della società, non avrebbe ottemperato<br />

all’ordine di prelevare una determinata cifra dalla cassetta e gli avrebbe opposto che non poteva fare<br />

operazioni senza essere prima autorizzata da Salvo (pag. 432 della perizia) laddove francesco<br />

sollecita un deciso intervento chiarificatore di guttadauro presso aragona: “prima ne prendiamo 10,<br />

10. Allora faccio: no, no, no, 15. E tiziana dice: no, glielo devo dire a salvo. E ci dissi: alt, un<br />

minuto, prima che lo chiami mettiti in testa che i piccioli sono i miei quindi qualsiasi cosa tu gli dici<br />

a salvo a me non me ne fotte, cioè a me non mi interessa, se me ne voglio prendere 5, se me ne<br />

voglio prendere 7. Io se voglio me li posso prendere tutti, o no, scusa? Cioè, chiama a salvo perché<br />

sai io so 10 però i piccioli sono i mia e tu ci hai a dire”.<br />

Il dato è significativo allora per valutare le giustificazioni che aragona ha fornito in merito alla<br />

conoscenza delle movimentazioni economiche di giuseppe guttadauro, e la deposizione in<br />

dibattimento in udienza del 28 giugno 2006, e la valutazione sul punto non può essere soddisfacente<br />

atteso che esse non superano gli elementi indiziari emergenti dalle conversazioni intercettate.<br />

Ai fini dell’attendibilità complessiva di aragona, non si può non dare atto da subito della scarsa<br />

attendibilità delle affermazioni con cui lo stesso ha escluso di aver agevolato i guttadauro attraverso<br />

i suoi conoscenti nella gestione di denaro e conti correnti intestati a prestanome o nel trasferimento<br />

di capitali all’estero. Ha affermato che la Global Commerce srl era riuscita a operare in un’unica<br />

occasione registrando perdite, che le visite a milano di gisella greco e francesco guttadauro erano<br />

determinate soprattutto da motivi familiari di salute e di studio. Tutto questo non è confermato, anzi<br />

è smentito proprio dal contenuto di quelle conversazioni che ho testè citato. E ancora, sempre a<br />

proposito della sua attendibilità generale, deve dirsi che anche su fatti coperti da giudicato quali<br />

quelli che hanno portato alla sua prima condanna, aragona è stato reticente, non avendo affatto<br />

spiegato i fatti che ne hanno determinato la condanna e men che mai ammettendo la responsabilità<br />

degli stessi. Sotto questo profilo, questa pubblica accusa condivide in buona sostanza il giudizio<br />

articolato e complesso già espresso da altri giudici nel processo contro domenico miceli. Del resto,<br />

147


la stessa sentenza del giudice dell’udienza preliminare dell’ottobre del 2005 emessa ai sensi dell’art.<br />

444 non comporta ammissione di responsabilità e non è equiparabile a confessione indiretta per fatti<br />

concludenti, così ci insegna la cassazione sez. sesta 19 gennaio 96 n. 649, né è utilizzabile come<br />

prova di responsabilità dei fatti sottoposti a giudizio a maggiore ragione nel caso in cui come in<br />

questo dibattimento siano state raccolte anche dichiarazioni di segno opposto provenienti dal diretto<br />

interessato.<br />

È vero che durante le udienze dibattimentali di questo giudizio, l’imputato di reato connesso è stato<br />

sentito in particolare su altri aspetti, cioè su quelli inerenti ai rapporti di guttadauro con miceli e con<br />

<strong>cuffaro</strong>, che secondo la valutazione del gup hanno determinato l’applicazione dell’attenuante sopra<br />

menzionata nel procedimento parallelo. Alcune di queste dichiarazioni di aragona, oggetto specifico<br />

di questo procedimento si sono rivelate invece, a differenza di quelle fin qui esposte, assistite da<br />

vari riscontri oggettivi esterni e spesso coerenti con elementi dotati di autonoma efficacia provante.<br />

In sostanza, nell’esame delle affermazioni di aragona, che per altro non è un collaboratore di<br />

giustizia, anche nella parte che qui rileva che attiene direttamente alla posizione di <strong>cuffaro</strong>, sarà<br />

come sempre necessario confrontare volta per volta le dichiarazioni con tutti gli altri elementi<br />

emersi alla stregua delle regole previste dall’art. 192 del c.di p.p. fermo restando, che l’esistenza di<br />

eventuali imprecisioni della chiamata in correità, come è stato affermato dalla cassazione sezione<br />

prima 7 febbraio 96 n. 1428, non è da sola sufficiente ad escludere l’attendibilità del collaborante,<br />

allorchè alla luce di altri obbiettivi e riscontri il giudice di merito valuti globalmente con prudente<br />

apprezzamento il materiale indiziario e ritenga con congrua motivazione di dare prevalenza agli<br />

elementi che sostengono la credibilità dell’accusa.<br />

Secondo il principio stabilito dalla giurisprudenza di legittimità in tema della frazionabilità della<br />

chiamata, sez. sesta, 10 marzo 95 n. 4162, l’attendibilità della dichiarazione accusatoria, anche se<br />

denegata per una parte del racconto, non ne coinvolge necessariamente tutte le altre che reggano la<br />

verifica giudiziaria del riscontro, così come per altro verso la credibilità ammessa per una parte<br />

dell’accusa non può significare attendibilità dell’intera narrazione.<br />

Dunque il metro di giudizio al quale si fa riferimento è quello laico della regola di giudizio del<br />

codice, in presenza della dichiarazione di un soggetto audito ex art. 210, la stessa ha valore di prova<br />

solo ed esclusivamente in presenza di riscontri estrinseci alla dichiarazione medesima.<br />

E proprio in ordine al primo degli episodi sommariamente sopra descritti, le comunicazioni<br />

avvenute a milano all’inizio del 2001, va subito detto che le dichiarazioni di aragona dalle quali si<br />

deve partire non trovano riscontri proprio alla luce dei parametri di cui all’art. 192 comma 3 che<br />

sono stati richiamati. Nel corso della sua audizione, in particolare l’udienza del 28 giugno del 2005,<br />

aragona ha sostenuto che sin dal marzo del 2001, durante l’incontro a milano, miceli gli avrebbe<br />

rivelato di aver appreso da <strong>cuffaro</strong> che il Ros stava effettuando in quel momento nuove indagini nei<br />

confronti di giuseppe guttadauro, riguardo al suo ruolo di esponente mafioso in ascesa del<br />

mandamento di brancaccio. Le dichiarazioni di aragona si riferiscono avere proprie notizie<br />

circostanziate e non a semplici congetture confidate da <strong>cuffaro</strong>, in quanto egli ha precisato in<br />

servizio di polizia giudiziaria interessato alle indagini. Secondo aragona, queste notizie tendevano a<br />

sollecitare miceli a prendere tutte le cautele del caso nei suoi rapporti con guttadauro.<br />

Dice: Alchè il dottore miceli mi dice che in quel momento, proprio da parte del dottore <strong>cuffaro</strong>, vi<br />

era stata anche una ulteriore conferma sulla condizione di pericoloso, di pericolo, di pericolosità che<br />

gravitava su guttadauro, nel senso che mi dice sostanzialmente “non è messo bene guttadauro”.<br />

Cioè in che senso, che vuol dire?<br />

Il dottore <strong>cuffaro</strong> mi ha detto praticamente che i ros stanno indagando sul guttadauro in quanto lo<br />

ritengono un personaggio in ascesa nel gotha di cosa nostra. Aragona ha poi sostenuto però che le<br />

stesse notizie erano state riferite da miceli sia a lui che allo stesso guttadauro. Ora, a fronte di tale<br />

dichiarazione, se vi sono come detto elementi specifici che la avvalorano, come il riferimento al ros<br />

e alla descrizione del guttadauro come “personaggio in ascesa nel gotha di cosa nostra”, espressione<br />

questa che riecheggia la motivazione posta a sostegno delle richieste di autorizzazione alle<br />

148


intercettazioni, ve ne sono altri di segno opposto. Infatti, la condotta di miceli successiva<br />

all’incontro di milano non è almeno in astratto compatibile con gli inviti alla pudenza e alla cautela<br />

trasmessi da <strong>cuffaro</strong>. Emerge infatti proprio dalle intercettazioni depositate che nel periodo seguito<br />

alle asserite rivelazioni miceli ha addirittura intensificato i rapporti con guttadauro, ha concordato<br />

con lui le strategie per affrontare insieme la campagna elettorale per l’assemblea regionale siciliana<br />

e i momenti successivi, si è incontrato più volte con aragona e guttadauro, soprattutto<br />

nell’abitazione di questi fidandosi allora solo delle rassicurazioni che gli venivano dal guttadauro<br />

stesso, circa le misure di prudenza che questi aveva adottato per evitare di essere controllato dalla<br />

polizia giudiziaria. È vero che aragona ha parlato di rivelazioni su indagini e non ancora di<br />

intercettazioni, ma al di fuori delle sue affermazioni non sono state acquisite altre conferme e di tali<br />

fatti non vi è traccia nei colloqui miceli/guttadauro tra i primi di febbraio e la fine del mese di aprile<br />

del 2001. Resta quindi da spiegare quando e come miceli avrebbe avuto, secondo quanto affermato<br />

da aragona, l’opportunità di riferire tali notizie a guttadauro. Nelle predette intercettazioni risulta un<br />

unico cenno generico di miceli alla possibilità di essere stato seguito fin sotto casa di guttadauro,<br />

circostanza che non sembra preoccupare eccessivamente né il padrone di casa né lo stesso miceli.<br />

Si parla pure di altre indagini sulle intercettazioni in carcere a carlo guttadauro risalente a qualche<br />

anno prima e diffuse dalla stampa, ma non si discute mai in concreto di nuove specifiche indagini<br />

del ros a carico di giuseppe guttadauro. Secondo quanto emerge dalle intercettazioni, il<br />

comportamento osservato da miceli, aragona e guttadauro, nei giorni precedenti e in quelli<br />

successivi al convegno presso l’hotel quark di milano, nel corso del quale aragona ha collocato la<br />

notizia delle indagini apprese da miceli, non appare ispirato a particolari cautele, e se i predetti<br />

soggetti si dimostrano consapevoli dei sospetti che potrebbero sollecitare i loro incontri in casa del<br />

mafioso, si tratta di preoccupazioni generiche, legate essenzialemnte alla consapevolezza della<br />

caratura criminale di guttadauro piuttosto che alla conoscenza dell’esistenza di specifiche indagini<br />

in corso. Tanto si evince ad esempio dai continui riferimenti che guttadauro fa all’eventuale scusa<br />

da opporre a chi dovesse avanzare perplessità sui loro incontri o a chi volesse effettuare eventuali<br />

controlli: “siamo colleghi, parliamo di chirurgia, potevi avere l’affetto di venirmi a trovare” o<br />

quando tranquillizza miceli affermando che nessuno di coloro che sono andati a trovarlo ha mai<br />

avuto il sospetto di essere pedinato.<br />

Del resto la polizia giudiziaria non ha percepito alcun sospetto da parte degli indagati fino agli<br />

episodi su cui si tornerà evidentemente del 12 e del 15 giugno del 2001. Gli ufficiali del ros,<br />

confronta udienza del 18 ottobre 2005, testimonianze cafuri e giovinazzo hanno deposto sulle<br />

medesime circostanze a cominciare dalla descrizione della nuova attività investigativa volta nei<br />

confronti di guttadauro e hanno specificato che queste consistevano nell’acsolto dei colloqui captati<br />

dalle microspie nella loro registrazione e nelle verifiche conseguenti. È stato riferito che la<br />

collocazione di strumenti di ascolto era stata coordinata dal maresciallo riolo nell’agosto del 1999,<br />

sfruttando la temporanea assenza dall’abitazione di via de cosmi di giuseppe guttadauro e dei suoi<br />

familiari, e che all’ingresso dello stabile era stata piazzata una telecamera per identificare gli ospiti<br />

dell’abitazione. E se è vero che si è parlato di precedenti tentativi di esportazione delle microspie<br />

andati a vuoto, effettuati nei primi mesi del 2001 (oltre a quelli dei testi indicati bisogna analizzare<br />

sotto questo profilo proprio la deposizione di giorgio riolo), in realtà sono stati descritti rumori<br />

percepiti e interpretati come tali basandosi più che altro su una circostanza emersa da precedenti<br />

colloqui, il possesso da parte di guttadauro di apparecchi idonei alla scoperta di microspie.<br />

Niente di paragonabile, allora, all’unico episodio concreto registrato il 15 giugno, il solo che risulta<br />

coronato dalla disattivazione dell’impianto, disponibilità di mezzi idonei e sospetti generici,<br />

d’altronde, non corrispondono ancora alla consapevolezza delle indagini in corso, alla diffusione di<br />

notizie, alla loro comunicazione al diretto interessato.<br />

Se in effetti risulta che giuseppe guttadauro parlando con miceli (trascrizione del 9 febbraio 2001)<br />

discute di contromisure utili a smantellare gli strumenti di rilievo: “ Ca un cia, la machinetta l’haiu<br />

dintra pi taliari”, deve osservarsi che si tratta del medesimo colloquio in cui rassicura l’ospite<br />

149


affermando di sentirsi al riparo di tali controlli, che ritiene per altro solo un evento ipotetico. E<br />

d’altra parte, dalla stessa conversazione risulta che miceli si limita a manifestare generici sospetti e<br />

continua anche nei giorni successivi a frequentare l’abitazione del mafioso, a parlare liberamente<br />

con lui, a corrispondere alle sue richieste senza esprimere dubbi di alcun genere sull’esistenza di<br />

indagini in corso. Anche le altre intercettazioni ambientali dello stesso periodo, restituiscono una<br />

descrizione articolata e circostanziata delle molteplici attività svolte da guttadauro nell’ambito del<br />

suo territorio e a contatto con altri esponenti mafiosi. Ben diverse sono state le reazioni degli<br />

imputati dopo le notizie portate dall’aragona il 12 giugno sull’esistenza di intercettazioni, la<br />

disattivazione e il successivo giorno 15 della microspia.<br />

Non può essere valutata come una conferma delle affermazioni di aragona, quelle presso l’hotel<br />

quark, il passaggio di conversazione del 9 aprile, in cui si parla di una dimostrazione di stima e di<br />

affetto da parte di miceli nei confronti di guttadauro consistita nel recarsi a casa del mafioso ad<br />

avvisarlo. In questo caso infatti, le notizie riferite da miceli riguardano tutt’altra vicenda, le frasi<br />

pronunciate nello stralcio di conversazione in questione rimandano sotto vari profili a un altro<br />

episodio che pure è emerso nel dibattimento, quello dell’hotel di roma, sede del partito di <strong>cuffaro</strong>,<br />

circa il tema della candidatura alle elezioni regionali e la sponsorizzazione dell’avv. Priola, e non a<br />

rivelazioni su indagini in corso.<br />

Ricorderete l’episodio: il contatto tra <strong>cuffaro</strong> e priola, i saluti del guttadauro portati da questi al<br />

<strong>cuffaro</strong>, il sostanziale respingimento della sua proposta di candidatura per le elezioni regionali fatta<br />

da <strong>cuffaro</strong>, il rapporto che di tale vicenda miceli rende a guttadauro. In verità, in fase di indagini<br />

preliminari il passo citato si è interpretato proprio come riscontro alle dichiarazioni di aragona, ma<br />

se in quella fase il quadro probatoro rendeva possibile tale interpretazione, all’esito del di<br />

battimento, sulla scorta di perizia tecnica va inquadrato appunto nella vicenda della candidatura di<br />

priolo sponsorizzata da guttadauro. Allora per tutte le considerazioni che precedono, le<br />

dichiarazioni di aragono non coincidono con le condotte obbiettivamente rilevate nei giorni<br />

immediatamente successivi, tali condotte non sono cratterizzate dall’adozione di contromisure più<br />

immediate ed efficaci simili a quelle effettuate nella prima metà di giugno, come sarebbe stato<br />

logico attendersi dopo la rivelazione di notizie specifiche sull’indagine in corso. Né sono emersi<br />

elementi di conferma sul presunto ruolo di informatore che, come affermato da aragone, l’imputato<br />

avrebbe svolto in quei giorni. E d’altra parte altri testi e imputati di reato connesso hanno affermato<br />

in dibattimento che i primi veri sospetti degli inquirenti, sulla diffusione di notizie riservate erano<br />

scaturite solo nelle settimane seguenti dopo l’ascolto del nastro in cui risulta registrato il momento<br />

del ritrovamento della microspia in casa guttadauro, il 15 giugno appunto, e se ne percepisce in<br />

concreto la disattivazione.<br />

Il colonnello damiano, esaminato all’udenza del 18 ottobre 2005 e a quella successiva del 25<br />

ottobre del 2005, ha riferito che dopo l’asportazione della microsia applicata nel salone<br />

dell’abitazione del guttadauro, le operazioni di intercettazione erano seguite attraverso altre<br />

apparecchiature installate in altre parti della casa, che non avevano più fornito risultati utili e a<br />

precisato che dopo due giorni, durante una visita di un ospite, Màranto, erano stato ascoltato il<br />

padrone di casa avvisare che non era il caso di continuare a parlare di argomenti che li<br />

riguardavano.<br />

E in effetti, se ci si basa sul contenuto dei dialoghi intercettati, le prime incongruenze che fanno<br />

sospettare che gli intercettati possano essere stati messi al corrente dei controlli in casa, si<br />

riscontrano nella conversazione di aragona e guttadauro del 12 giugno, soprattutto quando i due<br />

decidono di recarsi sul terrazzo per precauzione, e in quella registrata poi lo stesso giorno<br />

dell’asportazione il 15 giugno tra guttadauro e cataccio (?).<br />

Dunque, se noi non riteniamo fondamentalmente provato il primo degli episodi contestati a<br />

salvatore <strong>cuffaro</strong>, ben altro discorso abbiamo da fare riguardo al secondo degli episodi<br />

cronologicamente contestati, cioè la diffusione di notizie sull’esistenza di intercattazioni, non più<br />

soltanto di investigazioni, anche ambientali trapelati dagli ambienti investigativi nel periodo<br />

maggio/giugno, che sonos state rivelate da salvatore <strong>cuffaro</strong> a miceli, da questi ad aragona che l’ha<br />

150


iferito il 12 giugno a guttadauro, che proprio a seguito di ciò cercò e trovò, il successivo 15 giugno,<br />

una microspia all’interno della sua abitazione. Per ricostruire l’intera vicenda, che è decisiva ai fini<br />

delle responsabilità dell’impitato <strong>cuffaro</strong> in ordine ai delitti di cui agli art. P e Q della rubrica, è<br />

necessario prendere le mosse dall’esame reso da salvatore aragona. Nel corso della sua audizione,<br />

nell’udienza del 28 giugno 2005 in quelle successive, aragona ha parlato anche di notizie riservate<br />

trapelate pochi giorni prima della data della scoperta della microspia. Ha precisato che dopo<br />

l’ultimo viaggio a palermo nel mese di aprile, periodo in cui era stata ufficializzata la candidatura di<br />

miceli alle elezioni regionali del 2001, aveva deciso di ritornare in sicilia per dedicarsi alla<br />

campagna elettorale come concordato non miceli e guttadauro. Era giunto all’aeroporto di punta<br />

raisi nel pomeriggio del 12 giugno, e insieme al suo amico renato vassallo si era recato direttamente<br />

presso la segreteria di miceli. Arrivato in quei locali, miceli lo aveva invitato a seguirlo fuori,<br />

precisando che non era il caso di continuare a parlare all’interno dato che aveva saputo che con ogni<br />

probabilità vi erano state installate delle microspie e che erano state predisposte telecamere nello<br />

stabile di fronte per studiare i vari movimenti della sua segreteria. Alla sua reazione di sorpresa,<br />

miceli aveva replicato accennando a giuseppe guttadauro, e aveva poi precisato che tali controlli da<br />

parte degli inquirenti erano scaturiti dall’intercettazione di una telefonata di guttadauro in cui il<br />

mafioso parlava con lui. Miceli aveva aggiunto che dopo la notizia gli era tornato in mente che in<br />

occasione di una delle sue visite in casa guttadauro egli aveva avuto la netta sensazione di essere<br />

stato seguito da qualcuno per breve tragitto, e comunque notato che si dirigeva verso lo stabile<br />

dell’esponente mafioso. Subito dopo miceli aveva specificato che la notizia del suo coinvolgimento<br />

nelle indagini a carico di guttadauro gli era pervenuta da salvatore <strong>cuffaro</strong>. Aragona ha integrato inl<br />

suo racconto e ha poi confermato le sue precedenti dichiarazioni sulla fonte primaria di tali notizie<br />

(interrogatorio del 28 giugno 2005) ricordando che miceli fin da allora gli aveva precisato che le<br />

informazioni erano state, a sue dire, originariamente, acquisite dal maresciallo borzacchelli che a<br />

sua volta le aveva passate a <strong>cuffaro</strong> che a sua volta le aveva passate a miceli. A dire di aragona, la<br />

specificità di tali notizie imponeva la massima prudenza specie da chi non era stato coinvolto in<br />

precedenti indagini e pertanto aveva consigliato miceli di interromepere immediatamente le sue<br />

visite a casa guttadauro. Subito dopo però egli stesso si era recato personalmente presso l’abitazione<br />

di guttadauro per informarlo delle novità apprese da miceli.<br />

Nell’appartamento di via de cosmi aveva commentato la notizia appena ricevuta insieme a<br />

guttadauro a sua moglie gisella e si era subito scontrato con lo scetticismo del padrone di casa, che<br />

aveva escluso drasticamente di aver mai fatto conversazioni compromettenti al telefono, perché<br />

questo è il tipo di informazione, poi vedremo perché, che miceli trasmette ad aragona.<br />

Guttadauro aveva anche escluso ogni altro genere di intercettazioni in casa sua, e aveva comuque<br />

chiesto di approfondire la notizia presso gli informatori di miceli. Aragona ha affermato che il 12<br />

giugno del 2001 aveva precisato a guttadauro il nome di chi aveva avvisato miceli, e anche se aveva<br />

solo citato il soprannome del futuro presidente della regione intendeva riferirsi a <strong>cuffaro</strong>. È questo<br />

quanto emerge dalle intercettazione ambientale che è stata letta in aula dall’accusa al fine di far<br />

precisare ad aragona alcuni dei passaggi essenziali nel corso dell’udienza del 28 giugno 2005.<br />

È la conversazione delle 20:45 del 12 giugno 2001 presso l’abitazione di guttadauro: la signora<br />

greco chiede se qualcuno vuole qualcosa da bere poi interviene guttadauro: “Tu questa cosa devi<br />

vedere di sapere, che mi interessa a livello mio”<br />

e aragona risponde: “io la devo verificare io, e con totò giovedì, a iddu totò ci u disse e ci mannò a<br />

chiamari e ci disse”<br />

e guttadauro: “a mia mi parunu puttanate, no?”<br />

aragona: “sì”<br />

guttadauro: “ anzitutto mi interessa sapere se sono io che parlo o sono altri che parlano”<br />

e aragaona: “dicono, dicono peppino guttadauro […] che c’è una telefonata di peppino a qualcuno”.<br />

“Telefonata? Ma ci dici che si vanno a farsi futtere a rirere”<br />

“giusto, infatti io non ci credo, nella maniera più assoluta, è normale”.<br />

E guttadauro incalza di nuovo: “è una telefonata mia a qualcuno?”<br />

151


e aragona dice: “dice che si parla di.. vabbè, a me me lo dici”<br />

e guttadauro: “niente salvù, si iddu è accussì categorico…. Se ambientale…”<br />

e aragona: “no, io sto parlando di quello che mi ha detto lui, questo”<br />

Guttadauro: “salvo, se è una telefonata…”<br />

e gisella greco che intanto interviene di nuovo perché è presente, coinvolta e ascolta tutta la<br />

conversazione, questo è un tema importante per valutare la successivva conversazione che pure va<br />

analizzata. E gisella greco che interviene: “fatta da lui… stai tranquillo che iddo al telefono non ci<br />

parla mai”<br />

e aragona: “no, ma è normale. Che fa non lo so?”<br />

e guttadauro: “quindi io manco rispondo a casa mia al telefono. Ma tu sei sicuro che è a telefono,<br />

che è a telefono?”<br />

e aragona: “a me ha detto, a me ha detto questo, che c’è stata una telefonata intercettata in cui<br />

peppino parlava con mimmo” e sempre aragona “e non è la stessa versione di vincenzo?”<br />

guttadauro: “no, quella dice è ambientale”<br />

“a me me l’ha detto, non vorrei sbagliare però”<br />

e gisella greco dice “la cosa importante è sapere se è l’una o l’altra”<br />

e aragona: “con mimmo vado girando persone, giorno 20 con totò <strong>cuffaro</strong> mi ci vedo”<br />

Allora, questa è la conversazione che è stata letta in aula, che è naturalemnete parte del facsicolo<br />

per il dibattimento perché depositata nel corso dell’esame di aragona. Su questa aragona ci ha detto:<br />

“al dottore guttadauro… cioè che il dottore miceli mi ha detto, mi ha detto.. l’unico dato di cui io<br />

sono a conoscenza è di una telefonata. E per ben due volte dice: ma sei sicuro di quello che dici? E<br />

io per ben due volte da quello che ha letto lei sostengo a lui: questo mi ha detto”.<br />

E ancora, il pm gli chiede: “iddu, totò ci u disse e mi mannò a chiamare”.<br />

E aragona conferma: “miceli dice, ma <strong>cuffaro</strong> mi ha mandato a chiamare”<br />

Pm: “quindi con riferimento alle notizie che gli aveva fornito”<br />

“Certo”<br />

Pm:”quindi miceli le dice che queste notizie <strong>cuffaro</strong> gliele aveva date dopo averlo mandato a<br />

chiamare a miceli”<br />

Aragona: “ovviamente”<br />

In sostanza, allora, nel suo interrogatorio dibattimentale, aragona ha ribadito e confermato quanto<br />

risulta da questa intercettazione ambientale che ho letto, e cioè che la fonte dell’informazione del<br />

miceli, sul cui contenuto ovviamente e necessariamente dobbiamo tornare, è stato <strong>cuffaro</strong>.<br />

Il racconto di aragona è confermato in primo luogo per quanto riguarda i suoi movimenti dalle<br />

deposizioni rese in dibattimento dai testi di polizia giudiziaria. Secondo quanto ha riferito il teste<br />

giovinazzo, il 12 giugno 2001 era stato predisposto un servizio di osservazione in seguito all’ascolto<br />

di una telefonata pervenuta a miceli che lo avvisava del fatto che aragona sarebbe arrivato nel<br />

pomeriggio per andarlo a trovare presso la sua segreteria. La polizia giudiziaria che pedinava<br />

aragona come ha confermato oltresì il teste Del Francese nell’udienza del 11 ottobre 2004, ci ha<br />

confermato recarsi dall’aeroporto verso la segreteria politica di miceli. Molto più importante<br />

ovviamente è il fatto che subito dopo in casa guttadauro è stato intercettato il colloquio in cui<br />

aragona ha parlato con lo stesso guttadauro e la moglie delle notizie ricevute da miceli e<br />

dell’esistenza di intercettazioni che coinvolgevano miceli nei termini sopra riportati che devono<br />

essere ancora analizzati dettagliatamente.<br />

Sin dalle prime frasi si comprende che essi stanno discutendo di intercettazioni poiché guttadauro<br />

rispondendo a una probabile sollecitazione di aragona a cambiare locale (frase che non è ststa<br />

decriptata, perciò diciamo probabile) afferma che non è consigliabile recarsi fuori a parlare,<br />

intendendo erosimimente riferirsi al balcone dell’abitazione in quanto potrebe essere peggio: “noi<br />

altri ci potremmo mettere di fuori, ma fuori peggio è”. Ed è logico e plausibile che egli intenda<br />

152


iferirsi alla possibilità di essere visti o ascoltati. Seguono alcune frasi che denotano una reazione<br />

irritata da parte di guttadauro alla notizia che evidentemente ha appena ricevuto.<br />

Dice guttadauro nella conversazione intercettata: “ma guarda che ti devi ricordare bene i discorsi,<br />

non è che l’abbiamo messo noi nei guai” e ancora guttadauro “cioà, non so se rendo l’idea, rischia<br />

di essere eletto” e poi “per un collega posso spendere una parola nell’ambito familiare dei miei<br />

parenti, iddi che cazzu vonnu”<br />

E aragona: se è vero quello che tu, tu mi hai detto allora approfittane, approfittane molto<br />

liberamente delle tue cose, non fare un discorso.. non hai motivo per farne.<br />

È chiaro che la persona di cui si sta parlando è miceli. Riguardo a questa persona guttadauro fa due<br />

precisazioni: la prima, che si tratta di un collega per il quale si ritiene libero di spendere una parola<br />

di cercare appoggio presso parenti e familiari senza dovere per questo temere o sottostare a<br />

particolari controlli, “che cosa vogliono?”. Fra l’altra si tratta, a suo dire, di persona che rischia di<br />

essere eletta, e quindi è evidente che sta parlando di un candidato alle elezioni. D’altro canto egli<br />

tine a precisare che secondo i discorsi fatti in presenza di aragona “ma guarda che ti devi ricordare<br />

bene i discorsi”, a questa persona non è mai stato nascosto nulla. “non è che c’è di mezzo un<br />

polverone” (testuale pruvulazzo, camilleri docet) e fin dall’inizio gli erano noti spessore e<br />

personalità di guttadauro, “che, a me non mi conosce?”.<br />

Sotto tale aspetto guttadauro ricorda un incontro in pubblico con il padre del soggetto di cui si parla,<br />

durante il quale questo non si era posto problemi a salutarlo davanti a tutti: “però è chiaro che ci<br />

hanno visto tutti, che questo cambiò strada, mi viene incontro, mi abbraccia, mi bacia e mi saluta”.<br />

Nello stesso passaggio si discute anche di consapevolezze dei rischi che possono derivare dalla<br />

frequentazione di guttadaur ed aragona: “ma guarda che ti devi ricordare bene i discorsi, non è che<br />

l’abbiamo messo noi nei guai” , vedi ancora più avanti a pag. 27 della trscrizione in esame.<br />

“ma di fatti, io gliel’ho detto a lui a che cosa stava andando incontro lui se tutto va bene”.<br />

È certo poi che guttadauro conoscesse giovanni miceli, padre di domenica al quale si fa riferimento<br />

ora, perché ciò risulta anche dalle conversazioni intercettate, ad es. 21 aprile 2001 ore 21:35, anche<br />

in riferimento all’incontro pubblico descritto nel racconto quindi vi è una plausibile giustificazione.<br />

La notizia che ha suscitato critiche e perplessità da parte di guttadauro e poi ulteriormente chiarita<br />

nel corso dell’incontro, quand’egli dubita della sua veridicità e si fa nuovamente precisare da<br />

aragona di che cosa si tratta e apprende che è trapelata la notizia di una sua telefonata a qualcuno:<br />

“anzitutto mi interessa sapere se sono io che parlo o sono altri che parlano” e aragona dice: “dicono<br />

dicono peppino che sono io, che c’è una telefonata di peppino a qualcuno” . più avanti poi quando<br />

aragona diventa ancora più esplicito sul tenore della notizia: “a me ha detto, a me ha detto questo,<br />

che c’è stata una telefonata intercettata in cui peppino parlava con mimmo” cioè con mimmo<br />

miceli. E ancora, quando guttadauro sospetta che possa trattarsi di una manovra studiata a tavolino<br />

dal diretto interessato per tirarsi indietro e prendere le distanze da lui: “aspetta non vorrei che questa<br />

fosse una mossa per alfine tirrsi indietro lui, è giusto? Per cercare di prendere sin da ora un poco,<br />

eh?”<br />

E il fatto che nel corso dell’incontro si sia discusso anche dell’affidabilità di miceli e nella parte<br />

finale della converszione guttadauro e aragona, pag. 60 e seguenti, convengano sul fatto che si tratta<br />

di persona seria, che dà garanzie, comprova che i due ne hanno duiscusso l’affudabilità prprio per<br />

valutare l’attendibilità delle notizie ricevute quella sera, in particolare la parte in cui guttadauro<br />

dichiara di non conoscere miceli altrettanto bene di come conosce invece aragona. Ma è l’intero<br />

colloquio a contenere vari stralci in cui ricevono conferma le dichiarazioni di aragona sulle notizie<br />

riportate a guttadauro e sulla loro provenienza. E infatti, se si escludono i brevi cenni su argomenti<br />

ch eriguardano gli interessi in comune gestiti da gisella greco, è la notizia dell’intercettazione che<br />

torna di continuo a catalizzare l’attenzione dei presenti. Nonostante tutte le sue perplessità e le sue<br />

critiche guttadauro, prima che aragona ribadisca nuovamente che si tratta di una telefonata<br />

intercettata in cui peppino parlava con mimmo, invita il suo ospite a verificare bene la cosa: “tu tu<br />

questa cosa devi vedere di sapere che mi interessa a livello mio”<br />

153


e aragona: “io la devo verificare io e con totò giovedì, a iddu totò ci u disse e mi mannò a<br />

chiamari”. Ora nella trscrizion edella perizia è così, ma dall’ascolto diretto emerge invece la<br />

versione corretta delle ultime parole pronunciate da aragona: “u mannò a chiamare” e non, come è<br />

riportato nella trscrizione “mi mannò a chiamare”. Il significato della frase nella versione corretta<br />

sopra specificata risulta allora coincidere con quanto affermato da aragona in dibattimento e cioè<br />

che la persona che gli aveva dato la notizia era stata a sua volta convocata e avvisata da totò<br />

<strong>cuffaro</strong>: “a lui gliel’ha detto totò che l’ha mandato a chiamare” , sostanzialmente.<br />

Ancora, analizzando l’intercettazione del 12 maggio 2001, ulteriore conferma nele diciarazioni di<br />

aragona sul ruolo di <strong>cuffaro</strong> nella …… della notizia si evince nella frase intercettata in cui aragona<br />

si ripromette esattamente, come si legge nel suo racconto, di approfondire su richiesta di guttadauro<br />

l’informazion e con totò, che avrebbe dovuto incontrare il giovedì.<br />

Allora diciamo subito che la verifica non venne fatta, ci ha etto aragona infatti, durante l’uienza del<br />

28 giugno 2005: “ io poi ebbi contatti assidui con miceli per cercare di capire se il dottore miceli<br />

avesse potuto … qualche altra notizia dall’on. Cuffaro. Le risposte furono negative tant che dopo<br />

due giorni circa nella tarda mattinata telefonai alla signora gisella, le chiese un appuntamento, mi<br />

recai sotto l’abitazione proprio per dire al dottore guttadauro che proprio a due giorni di distanza dal<br />

12 io non avevo ancora nessuna notizia”.<br />

Sia il tenore complessivo del colloquio intercettato, in cui si discute ripetutamente dell’affidailità di<br />

miceli, sia il fattoche aragona, come accertato dal servizio predisposto dalla polizia giudiziaria, è<br />

arrivato a palermo poco prima della sua sosta presso la segreteria di miceli, si ricollegano<br />

coerentemente a quanto ha affermato in aula il dichiarante cioè che la persona avvisata da totò<br />

<strong>cuffaro</strong> e che aveva poi trasmesso la notizia ad aragona era miceli. Risulta quindi sia dalle<br />

dichiarazioni di aragona, sia dalle intercettazioni che egli, assente dalla sicilia da qualche settimana,<br />

ha appreso le informazioni riportate a guttadauro durante la sua accertata soglia presso la segreteria<br />

di via libertà.<br />

Neppure su questo punto posso sorgere dubbi, non rileva infatti in alcun modo il dato negativo che<br />

aragona nelle intercettazioni del 12 giugno non fa mai cenno alla visita in via libertà e che dichiara<br />

di non vedere miceli dall’ultima riunione del 9 aprile, quella in cui era stata concordata l’imminente<br />

attività per le elezioni regionali. Aragona dice di essere appena giunto in cittàà dopo la sua partenza<br />

alle 6 e 20 dall’aeroporto di milano. Ora, a parte l’imprecisione che è frutto di un errore materiale<br />

del trascrittore in merito all’orario: le 15: 20 e non le 18:20, la presenza di aragona in via libertà è<br />

ststa riscontrata dalla polizia giudiziaria che lo pedinava, il fatto che non ne abbia parlato a<br />

guttadauro non è comunque significativo e peraltro tale conclusione non è del tutto certa tenuto<br />

cnonto della breve interruzione della registrazione nella cruciale fase del suo inizio. Per ulteriore<br />

scrupolo, può essere anche affrontata la questione relativa all’argomento a contrario, tratto<br />

dall’affermazione dei due intercettati relativa al presunto ultimo incontro di aragona con miceli. Il<br />

riferimento si ricava da un breve inciso riportato a pag. 26 della trascrizione dell’intercettazione che<br />

abbiamo citato, quando guttadauro afferma di non vedere miceli dall’ultima volta che è stato<br />

presente in casa sua insieme ad aragona, e il suo ospite risponde altrettanto con una frase rimasta in<br />

sospeso. Dice guttadauro: io che non lo vedo a mimmo da quando…<br />

E aragona: ma infatti, neanche io<br />

Da quando è venuto con te (dice guttadauro che conclude questo pezzo del colloquio)<br />

Allora si tratta di una cicostanza citata da tutti e due gli interlocutori e in maniera più netta da<br />

guttadauro, ma in questo caso il contenuto poco chiaro della risposta di aragona non può fare<br />

pervenire alla conclusione che smentirebbe il dichiarante secondo la quale aragona avrebbe<br />

ammesso in modo esplicito di non vedere da tempo miceli e quindi di non averlo incontrto quella<br />

sera. Tra l’altro la stessa affermazione di guttadauro risulta contraddetta dalle intercettazioni di altri<br />

suoi incontri con miceli, in prticolare le trascrizioni del 21 e 28 aprile, successivi all’incontro con<br />

aragaona. È palusibile pertanto che gli intercettati non intendessero riferirsi ai loro rispettivi ultimi<br />

incontri a quattr’occhi con miceli, ma all’ultima riunione in cui erano stati tutti insieme. E<br />

comunque, come si è appena detto, è stato accertato dalla polizia giudiziaria la presenza di aragona<br />

154


in via libertà e anzi nella stessa intercettazione si coglie un rimanda abbastanza preciso a un<br />

recentissimo incontro con miceli. Aragona riferisce di aver discusso da poco con lui sulla<br />

opportunità di fare propaganda, discorsi pubblici, contro le illazioni sollevate nei suoi confronti: “ho<br />

fatto un ragionamento semplice, mi ricordavo semmai senza dubbio anche pubblicamente, fallo<br />

qualche discorso pubblico ufficiale contro chi…” risposta: poco fa dice io non lo faccio perché non<br />

mi va di farlo, sostanzialmente.<br />

E allora la rivelazione c’è indubbiamente stata nei termini che ci ha raccontatao salvatore aragona e<br />

ciò è confermato quantomeno dal contenuto di questa conversazione che abbiamo analizzato.<br />

[…]<br />

Noi abbiamo sostenuto che salvatore <strong>cuffaro</strong> è incriminato per tre distinti episodi che realizzano la<br />

fattispecie di cui all’art.378 e poi vedremo di cui all’art.326 del c.p.<br />

Stiamo analizzando la questione relativa alla cosiddetta fuga di notizie in favore, fra virgolette, di<br />

giuseppe guttadauro, abbiamo ritenute che le prime propalazioni di aragona, quelle relative alla<br />

prima rivelazione, quella del Quark di milano fategli da miceli non siano sorrette da quei requisiti di<br />

riscontro estrinseco che l’art. 192 comma 3 impone alla chiamata di aragona.<br />

Viceversa stiamo osservando come la seconda fuga, chiamiamola così, di notizie, cioè quella reltiva<br />

al 12 giugno del 2001 che porta al rinvenimento della microspia il 15 giugmo del 2001 sia, lei sì,<br />

sorretta da elementi di prova ulteriori rispetto alle indicazioni di aragona tali da ritenere poi la<br />

responsabilità per questo fatto anche di salvatore <strong>cuffaro</strong>. Abbiamovisto fino a questo momento che<br />

certamente quella informazine è stata trasmessa da aragona a guttadauro per averla avuta da miceli<br />

e con l’indicazione a sua volta che ra stata fornita da <strong>cuffaro</strong>, ma vediamo il contenuto di questa<br />

rivelazione, perché gli elementi più consistenti a proposito del contenuto della rivelazione sono<br />

legati alle frasi in cui si parla nella conversazione intercettata il 12 giugno 2001 di una telefonata di<br />

peppino a mimmo. Diciamo subito che è trascurabile il fatto che aragona usa il plurale per<br />

specificare la provenienza di tale informazione, a pag. 16 della trascrizione, “dicono che c’è una<br />

telefonata di peppino”. È trascurabile perché è chiaro che lui si riferisce alla fonte originaria<br />

dell’informazione agli ambienti da cui è trapelata la notizia riservata.<br />

Infatti aragona usa termini più consoni per parlare del suo informatore diretto, pag. 20 della stessa<br />

trascrizione, “a me ha detto questo”. Non vi può essere dubbio che la comunicazione tra <strong>cuffaro</strong> e<br />

miceli prima, poi da questi ad aragona e infine a guttadauro dell’esistenza di un’attività di indagine<br />

su miceli e su guttadauro e suoi loro rapporti basati anche su intercettazioni telefoniche ambientali<br />

integri pienamente i delitti contestati a <strong>cuffaro</strong>, cioè quelli agli art. 378 e 326, salvo poi a discutere<br />

dell’aggravante di cui all’art. 7 della legge 103 del 1991-<br />

Invero, il fatto che l’informazione contenga come contiene un’imprecisione (si parla di una<br />

probabile telefonata invece che di una intercettazione ambientale, come in realtà è) nonriduce la<br />

portata innovativa della notizia rispetto alle certezze che nutriva guttadauroe alle sue conoscenze<br />

fino a que momento. Del resto è chiara la funzione di sollecitazione attribuibile all’informazione in<br />

diretto rapporto di causa/effetto con la ricerca della microspa messa in atto pchi giorni dopo.<br />

Per altro, la ragione di questa imprecisione, intercettazione telefonica in luogo di intercettazione<br />

ambientale, ha una sua spiegazione logica in uno degli anelli della catena di trasmissione di tale<br />

informazione, e anche questo funge poi da riscontro di credibilità dell’assunto accusatorio. Perché<br />

una di questi anelli della catena, sostamzialmente la seconda, è il maresciallo borzacchelli, come<br />

vedremo. Ebbene, borzacchelli ha in questa vicenda una posizione peculiare, ha interesse a<br />

dimostrare a <strong>cuffaro</strong> l’importanza del contributo che poteva fornire proprio su quel piano del<br />

proteggerlo dalle indagini che gli ha fruttato la candidatura e poi l’elezione all’assemblea regionale<br />

siciliana. In quel preciso momento storico, poi, è in contrasto con miceli, perché con miceli è in<br />

concorrenza a proposito dell’appoggio elettorale che entrambi ricercavano in quel momento da<br />

<strong>cuffaro</strong>, appoggio indispensabile per essere poi eletti all’assemblea regionale siciliana. Allora<br />

proprio questa posizione contribuisce a spiegare il fatto che a miceli siano pervenute notizie in parte<br />

errate e imprecise ad esempio anche a proposito dell’esistenza di microspie nella sua segreteria, di<br />

155


videocamere che filmavano la sua segreteria. Vedremo che giorgio riolo ha informato borzacchelli<br />

di intercettazioni ambientali in casa di guttadauro senza per altro riferirgli di dove erano collocate le<br />

microspie. E però sis piega come a miceli siano arrivate informazioni diverse perché emerge<br />

chiaramente dagli atti processuali che tra i modi di agire propri di borzacchelli vi è proprio quello di<br />

fornire notizie con un nucleo sostanziale di verità, ma in parte distorte o gonfiate, con ogni<br />

probabilità per rendere ancora più preziosa la sua opera di informatore e forse anche per sviare<br />

eventuali sospetti a suo carico.<br />

Pensiamo a proposito a quanto emerge dalle indagini relative ad aiello, di cui abbiamo già<br />

ampiamente parlato. Aiello, nelle sue dichiarazioni definisce borzacchelli “il terrorista”, ed è<br />

sufficiante ricordare a proprosito che le informazioni assolutamente precise e dettagliate comunicò<br />

all’aiello che nei locali della diagnostica erano state collocate delle microspe tanto da non volerlo<br />

più incontrare nei suoi uffici. Del resto anche riolo, secondo quanto rivelato in più occasioni da<br />

borzacchelli, ebbe a dire di sapere con certezza che tutti loro erano sottoposti a intercettazioni<br />

ambientali e anche questa circostanza si è rivelata non vera.<br />

E allora, anche sulla base di queste osservazioni, ai fini della sussistenza dei reati contestati a<br />

<strong>cuffaro</strong> e privo di effettivo rilievo il fatto che il colonnello damiano, coordinatore dell’inchiesta<br />

abbia escluso con certezza l’installazione di microspie nei llocali della segreteria di miceli, sitratta<br />

di un aspetto marginale, comunque spiegato che non incide sulla portata essenziale<br />

dell’informazione trapelata da ambienti investigativi, giunta a <strong>cuffaro</strong> e ai miceli e poi fino ad<br />

aragona e guttadauro. Che non sia vera l’informazione delle microspie presso la segreteria di miceli<br />

riguarda altri locali e non inficia affatto il dato che a casa di guttadauro tre giorni dopo la rivelazion<br />

fatta da aragona, si arriva al ritrovamento della microspia. Questo evento, il ritrovamento della<br />

microspia, è la migliore conferma dell’importanza che la rivelazione ha avuto nel precludere<br />

evoluzione e prosecuzione di quelle importanti indagini che in quel momento erano in corso. Nel<br />

colloquio intercettato e sopra richiamato, infatti, si ascolta come all’iniziale scetticismo di<br />

guttadauro subentra l’esigenza di approfondire, si manifestano i primi sospetti sui posti dove andre<br />

a cercare gli strumenti di rilevazione, si operano confronti con altre sitazioni precedenti.<br />

Nella conversazione si fa un riferimento alla “versione di vincenzo”, proprio quando si parla di una<br />

ipotetica intercettazione ambientale, ebbene, anche a proposito di questa parte della conversazione<br />

bisogna proprio affrontare questo tema, quello in cui appunto si parla di intercettazioni ambientali e<br />

si cita “la versione di vincenzo” che dimostrerebbe come guttadauro era già a conoscenza di<br />

indagini e intercettazioni nei suoi cnfronti sin da epoca precedente. Non è così. Questa tesi<br />

tenderebbe a smentire evidentemente l’intero racconto di aragona e a dimostrare che nel colloquio<br />

del 12 giugno non sarebbero state dimostrate reali novità rispetto a quanto già conosciuto dai due<br />

mafiosi, e in definitiva che le informazioni sulle intercettazioni ambientali non potevano provenire<br />

da miceli e prima ancora da <strong>cuffaro</strong>. In realtà, l’unico aspetto condivisiile di questa tesi è che sia<br />

aragona che guttadauro risultano a conoscenza dell’esistenza di un’ambientale loro riferita da<br />

vincenzo, ma dalla conversazione intercettata non soltanto non emergono informazioni più<br />

specifiche, ma si evince chiaramente che essi si soffermano incidentalemente su argomente diverso<br />

da quello su cui stanno discutendo da vari minuti: “quella è ambientale”.<br />

Né va tracsurato il fatto cha dall’intero colloquio emerge che i presenti stanno commentando una<br />

notizia appena ricevuta, fanno ipotesi e considerazioni a caldo, non si iferiscono certo a nozioni loro<br />

note da tempo, tanto che avvertono l’esigenza di assumere informazioni più approfondite e lo<br />

dichiarano come abbiamo visto in modo esplicito.<br />

Alle considerazioni che precedono va aggiunto che in colloqui precedentemente intercettati in casa<br />

guttadauro può trovarsi la chiave di lettura più probabile di questo inciso, dell’inciso relativo<br />

all’ambientale “di vincenzo”, perché se noi leggiamo la trascrizione 4 gennaio 2001 pag. 499 e<br />

seguenti, si comprende che in varie occasioni giuseppe guttadauro e vincenzo greco avevano<br />

discusso di microspie piazzate nell’auto di greco. Tale fatto risale al momento in cui i due cognati<br />

erano impegnati nelle trattative di vendita relative ai terreni della famiglia greco, destinati alla<br />

realizzazione di un centro commerciale, come sappiamo. In questa circostanza guttadauro aveva<br />

156


sostenuto che uno dei mediatori entrati in contatto con loro, sospettato perché in passato era stato<br />

nelle forze dell’ordine, avesse fatto installare dei microfoni nell’auto del cognato, principale artefice<br />

delle compravendite, per seguire più da vicino le trattative con eventuali concorrenti. Vincenzo<br />

greco aveva invece fornito una sua versione ipotizzando che le autorità giudiziare di trapani, che si<br />

occupava delle indagini a carico di filippo guttadauro, avesse disposto intercettazioni a suo carico.<br />

Riallacciandosi a tale precedente, lo stralcio del 12 giugno deve allora essere letto, e in modo molto<br />

più convincente e compatibile con tutto il resto della trascrizione, nel senso che la rivelzione appena<br />

ricevuta ricordava ai due interlocutori la vicenda precedente, la vicenda segnalata da vincenzo<br />

greco, anche se in quel caso si era parlato id intercettazioni ambientali, appunto: “quella è<br />

ambientale” dicono, e in quel momento si parlava di altro genere di intercettazione, al notizia che<br />

aveva portato guttadauro in riferimento alla intercettazione telefonica.<br />

Allora in questa ottica, tra l’altro, l’osservazione di aragona “e non è la stessa versione di vincenzo”<br />

risulta ancora più pertinente perché rievoca un altro caso simile in cui giuseppe guttadauro aveva<br />

sottovalutato il problema e attribuito ad altre motivazioni l’installazione della microspia nell’auto<br />

del cognato piuttosto che ad indagini dell’attività giudiziaria. In questo caso aragona rievoca “la<br />

versione di vincenzo” perché guttadauro nutre ancora qualche dubbio, si ritiene al riparo da tali<br />

rischi, si aspetta che i controlli possano essere stati architettati da avversari politici di miceli:<br />

“chiedi a mimmo per me, perché giustamente i cunti se li fanno loro sugi avversari,chiamiamoli<br />

così”. In definitiva allora la frase può essere letta come una sollecitazione a non trascurare, come<br />

nel caso precedente, l’eventualità di indagine a suo carico. Il sollecito sembra trovare piena<br />

corrispondenza negli sviluppi della conversazione, quando il principale argomento che viene<br />

trattato riguarda proprio la ricerca di eventuali nascondigli delle microspie. “Ripeto, io ho due<br />

dubbi”, dice uno, è la richiesta di approfondire le informazioni ricevute da aragona.<br />

Dice guttadauro: tu mi devi, devi vedere se appurare se sono io innanzitutto, se telfonate fisse, io<br />

non ho parlato con nessuno, tranquillo, a testa mi facisti.<br />

Va bene. Se ambientale, se è ambientale, sempre se sono io o se è quallc’altro che parla di me. Parla<br />

di… cosa che è più prababile, probabile.<br />

Ancora guttadauro: “se sono io dove sono, perché ripeto io ho due dubbi, però dubbi, sai perché? Io<br />

dov’è che parlo? Me lo faccio controllare in ogni angolo, se io mi devo chiamare A, non è che lo<br />

posso chiamare in mezzo alla strada”<br />

A: “è ovvio”<br />

e guttadauro: “né c’è gente che mi posso ricevere …., in campagna, sotto un pero, ci siamo. E va<br />

bene. Anche perché volendo non è così” etc etc<br />

Dunque anche a volere tenere conto delle precauzioni che guttadauro dichiara di adottare di<br />

continuo, non può trscurarsil’incidenza della rivelazione appena ricevuta, si ribadisce gli eventi che<br />

seguono al colloquoi ne sono la migliore dimostrazione. Particolarmente significativo è che<br />

aragoona s impegna nel corso della conversazione a verificare con totò, sulla cui identificazione<br />

ovviamente non possono esservi dubbi. E ancora è utile rileggere la conversazione tra guttaduaro e i<br />

suoi figli mario e francesco e la mogli gisella, la conversazione del 15 giugno 2001 in casa<br />

guttaduaro, è quella nella quale viene ritrovata la microspia.<br />

E allora. 1:41<br />

Mario, uno dei figli di guttadauro: e quella aveva e a smuntò<br />

Francesco: e sì<br />

Mario: e l’ha smontato.<br />

E ancora mario: è là, giusto? Si è pure levato un pochettino papà<br />

E giuseppe guttadauro: piglia il caccavite e vediamo se…<br />

E mario: è americano o italiano?<br />

Francesco: aspetta, apsetta, tutte e dua italiane sono<br />

Giuseppe: non l’ho trovata mai<br />

Francesco: vero è, si è mossa. No, non c’è bisogno.<br />

E poi francesco, evidentemente perché la trovano: io vorrei sapere come la vennero a mettere<br />

157


Filippo (?): francesco, solo di notte potevano<br />

E ancora la conversazione prosegue: e certo che la possiamo lsciare così<br />

Giuseppe: questa?<br />

No no no non la devi svitare, mario (dice gisella greco) Non tutta, il servizio<br />

E francesco: guarda tutti questi fili, da lì scendono. Dopo che siamo usciti noi sono entrati loro.<br />

E gisella: ma quando mai, non esiste, [pm:cioè non esiste che possano essere entrati].<br />

E poi ancora giuseppe: è aperta francè, pezzi cancellati sono e intanto è aperta<br />

E giuseppe: vai aprendere il miniscanner<br />

Filippo: il miniscanner?<br />

E finalmente giuseppe: è stata, e tu trovasti niente di rotto. Da dove entrarono. Ammunì, futtiti<br />

gisè… che c’è sta cosa, poi io, non è che ci sta chissà quali discorsi poi abbia fatto (questo poi è<br />

molto soggettivo alla luce di quello che intanto è stato intercettato.<br />

E poi, cioè trovata la micropsia, pochi minuti dopo, guttadauro giuseppe: andiamo a fare i discorsi<br />

dentro il bagno.<br />

E ancora riferimenti alla centralina, e poi, ed è il passaggio probabilmente più importante in questa<br />

logica, quando la trascrizione dalle 07:27 alle 07:46, cioè quando non era stato intercettato più nulla<br />

per un certo periodo, gisella greco dice: e meno male che ce l’hanno detto<br />

E filippo: meno male<br />

E ancora, sempre gisella: capito, non è che è delicatissima, è (per il momento mi limito alla<br />

trascrizione che sto leggendo, cioè quella fattadal perito) è ragioni vero, ragioni avia totò <strong>cuffaro</strong>.<br />

(che è un fonetico nella prima indicazione del perito ma su questo “ ragioni avia totò <strong>cuffaro</strong>”<br />

naturalemente dovremo tornare.<br />

Sta di fatto che da questo colloquio, colloquio che poi necessariamente bisognerà ascoltare,<br />

immagino, all’interno della camera di consiglio, si comprende che guttadauro e i suoi figli sono<br />

intenti a smontare qualche cosa, parlano di fili, di una centralina, di strumenti che si apprestano a<br />

utilizzare: cacciavite, macchinetta, scanner, e le loro parole sono spesso coperte da rumori di fondo:<br />

fischi, suoni metallici, che dimostrano come stessero in effetti armeggiando nei pressi del mezo di<br />

rilevazione.<br />

Da altre frasi si comprende che qualcosa è stato rimosso “mario, non ti muovere perché è sul<br />

portacenere” e il fatto che da quel momento in poi il tono delle voci sia molto più basso, tanto da far<br />

registrare varie espressioni incomprensibili, evidentemente coincide con la constatazione fatta dai<br />

servizi di ascolto di polizia giudiziaria sull’asportazione della micrspia e sul funzionamento invece<br />

piazzate in altre parti delle case, lontane dal punto in cui i presenti stanno discutendo. Ma le parole<br />

più significative sono quelle pronunciate dopo che giuseppe guttadauro e i suoi figli sembrano aver<br />

individuato qualcosa. Si domandano come è stata installata in casa: “io volussi sapere come a<br />

vennero a mettere” ; si pongono il problema di andare a parlare in un locale differente, ed il fatto<br />

che queste ultime osservazioni si riferiscano ad un mezzo di captazione emerge dai riferimenti alle<br />

discussioni che potrebbero esser stati intercettati in passato attraverso l’oggetto da poco rinvenuto:<br />

“che è, non lo so che è. Discussioni hnno registrato, li togliamo”. E ancora: “Non state e tu, non<br />

trovasti niente di rotto. Da dove entrarono? Poi io non è che ho fatto appunto chissà quali discorsi”.<br />

Le ulteriori considerazioni degli intercettati subito dopo chiariscono anche in che modo è partita la<br />

ricerca della microspia e come questa è ricollegata a una specifica informazioneproveniente<br />

dall’esterno: “e meno male che ce l’hanno detto”, dicegisella greco, e poi c’è la frase appunto: “avia<br />

ragione totò” sulla quale apputo torneremo.<br />

La scoperta delle microspie, sappiamo, avviene il 15 giugno del 2001 e cioè non solo in seguito al<br />

colloquio del 12, ma anche dopo che aragona si è impegnato a verificare con totò le informazioni<br />

ricevute da miceli. Il giovedì successivo al 12 è il 14 giugno 2001, precede di un giorno il momento<br />

della scoperta della microspia e evidentemente allora in casa guttadauro erano stati attesi gli<br />

approfondimenti promessi, prima di procedere alla ricerca di questa microspia.<br />

Allora, abbiamo già acquisito sul punto della responsabilità di <strong>cuffaro</strong>, in ordine alla rivelazione di<br />

notizie del 12 giugno distinti e convergenti elementi di prova, le dichiarzioni dibattimentali di<br />

158


aragona sul fatto che la fonte delle informazioni a lui fornite da miceli era proprio <strong>cuffaro</strong>, il<br />

contenuto della conversazione intercettata il pomeriggio del 12 giugno a casa guttadauro, nel corso<br />

del quale aragona informa guttadauro e sua moglie delle notizie ricevute da miceli, spcifica più<br />

volte nel corso di questa conversazione che la fonte di miceli è totò, e cioè l’imputato, e si<br />

ripromette di attingere ulteriori informazioni da totò <strong>cuffaro</strong>, il giovedì seguente o il giorno 20, data<br />

per la quale già fissato un appuntamento, infine la frenetica attività culminata nel ritrovamento delle<br />

microspie il 15 giugno.<br />

Ma sull’origine della fuga di notizie è stata poi raccolta la deposizione di giorgio riolo. Nel corso<br />

dell’udienza del 15 e poi del 21 marzo 2006, riolo ha ammesso di avere parlato con borzacchelli di<br />

microspie piazzate in casa di guttadauro 20 giorni/1 mese prima del suo ritrovamento. Bisogna dire<br />

che riolo era stato sospettato seppur non in termini di natura penalistica, per così dire, di essere<br />

l’autore della rivelazione dal suo comandante.<br />

Il colonnello damiano ha più volte ricordato infatti, nel corso dell’audizione più volte citata, che<br />

dopo l’ascolto della conversazione del 15 giugno durante la quale, ha riferito riolo, era stato<br />

percepito il nome di toò <strong>cuffaro</strong>, circostanza sulla quale dovremo tornare, era stato staccato uno dei<br />

microfoni ed erano sorti all’interno del ros i primi sopsetti sul fatto che la microspia potesse essere<br />

stata scoperta a causa di una fuga di informazioni. Successivamente, nell’estate del 2003, a<br />

conclusione dell’indagine relative alla cosidetta operazione Ghiaccio, questa è stata contestata a<br />

riolo, ed è stato ipotizzato che egli ne avesse parlato innanzitutto con borzacchelli, che nello stesso<br />

periodo era candidato, come miceli, nele liste di <strong>cuffaro</strong> per le elezioni regionali.<br />

Damiano ha riferito che questi sospetti erano scaturiti dai rapporti pregressi tra i sottoufficiali ex<br />

colleghi di reparti e dal fatto che durante la campagna elettorale, nel maggio/giugno del 2001, i due<br />

avevano ripreso a frequentarsi e riolo aveva accompagnato borzacchelli incaserma durante la<br />

campagna elettorale per una visita elettorale appunto. Damiano ha dichiarato che riolo,<br />

espressamente interrogato sia pur appunto informalmente sul punto, aveva negato le circostanze<br />

davanti al suo superiore. Nel corso del processo riolo ha invece ammesso i fatti, ha dichiarato che<br />

borzacchelli gli aveva chiesto un parere sull’attività politica che stava per intraprendere e lui gli<br />

aveva consigliato di non impegnarsi con <strong>cuffaro</strong> confidandogli che erano in cosro intercettazioni<br />

ambientali in casa guttadauro, che in quell’abitazione era stato intercettato miceli e che in alcune<br />

conversazioni si parlava di <strong>cuffaro</strong>.<br />

L’imputato riolo ha sostenuto di aver fornito le notizie a borzacchelli trattandosi di colega ancora in<br />

servizio. Quanto alla giornata del 15 giugno 2001 ha ricordato con certezza di essere stato avvisato<br />

dai suoi uomini della disattivazione e delle parole ascoltate al momento della scoperta “allora aveva<br />

ragione totò”, anche se poi è stato molto più vago sull’interpretazione attribuita alla frase e<br />

sull’individuazione della persona citata e ha affermato di non essere nemmeno in grado di precisare<br />

se aveva riascoltato personalmente l’intero nastro compresa la frase in questione, o si era soffermato<br />

solo ai rumori procurati dal distacco.<br />

Riolo ha parlato inoltre dei suoi rapporti precedenti con borzacchelli e <strong>cuffaro</strong>, rapporti<br />

sostanzialmente negati da <strong>cuffaro</strong> nel corso del suo interrogatorio: il secondo, cioè appunto <strong>cuffaro</strong>,<br />

gli era sto presentato proprio dal collega, da borzacchelli, negli anni 98/99 e si era interessato,<br />

quando era ancora assessore regionale, di una pratica che riguardava un congiunto suo omonimo:<br />

l’agriturismo di giorgio riolo.<br />

Ha precisato inoltre di essersi occupato per conto di <strong>cuffaro</strong> della bonifica di ambienti da microspie,<br />

e di aver sempre intrattenuto ottimi rapporti con borzacchelli, tanto che questi aveva favorito<br />

l’impiego di sua moglie presso la clinica di michele aiello. Con lo stesso aiello, come sappiamo, rilo<br />

aveva intrattenuto rapporti di confidenza a vario titolo che hanno …. Oggetto della altre<br />

imputazioni a lui addebitate in questo processo. Ora, l’esistenza di un canale divulgativo di notizie<br />

riservate, basato sul rapporto fra borzacchelli e <strong>cuffaro</strong> è ststa confermata anche da aragona che ha<br />

indicato borzacchelli e <strong>cuffaro</strong> come gli informatori che avevano fornito a miceli le notizie riservate<br />

per averle apprese da miceli.<br />

159


Ne ha parlato inoltre il collaboratore di giustizia francesco campanella, il quale a proposito di una<br />

diversa inchesta che riguardava la mafia di villabate, ha riferito che era stato <strong>cuffaro</strong> ad informarlo<br />

di indagini riservate nei suoi confronti dovute ai rapporti intrattenuti con i Mandalà, e gli aveva pure<br />

precisato che le notizie provenivano dal maresciallo borzacchelli per il quale, come abbiamo<br />

anticipato, gli aveva spiegato <strong>cuffaro</strong>, l’unica ragione della candidatura e dell’elezione<br />

all’assemblea reginale siciliana era quella di essere protetto dalle indagini (udienza del 17 gennaio<br />

2006).<br />

Il collegamento effettuato da riolo fra disattivazione ela microspia, origine e modalità della fuga di<br />

notizie trova poi parziale conferma nelle intercettazioni relative al momento della scoperta del<br />

rilevatore di segnale. Rileva la frase intercettata che a sua volta rivelerebbe la fonte delle rivelazioni<br />

giunte fino a <strong>cuffaro</strong>: “capito, non è che delicatissime… Ragiuni veru. Ragiuni avia totò <strong>cuffaro</strong>”.<br />

Considerato il contesto in cui l’inciso si colloca subito dopo la constatazione della presenza in casa<br />

della microspia e la sua rimozione, le parole pronunciate da gisella greco devono essere interpretate<br />

come il riconoscimento da parte degli intercettatai della fondatezza delle notizie a loro comunicate<br />

provenienti da “totò” <strong>cuffaro</strong>, che aveva ragione.<br />

Queste parole costituiscono inoltre un valido e autonomo elemento di prova a riscontro delle<br />

dichiarazioni di riolo, il qual si è accusato della prima diffusione delle notizie a borzacchelli, ma poi<br />

si è limitatao ad affermare che <strong>cuffaro</strong> risultava già al corrente pochi giorni dopo il ritrovamento<br />

senza fornire altre informazioni nei passaggi intermedi della notizia.<br />

L’inciso in questione “ Ragiuni veru. Ragiuni avia totò <strong>cuffaro</strong>” conferma inoltre le dichiarazioni di<br />

aragona sul coinvolgimento di <strong>cuffaro</strong> nella diffusione delle notizie riservate.<br />

Se le dichiarazioni di aragona con i riscontri sopra evidenziati hanno contribuito ad illuminare un<br />

segmento importante della vicenda in oggetto, e altrettanto vero che sono state proprio le<br />

dichiarazioni di giorgio riolo a delineare più compiutamente la fase centrale della fuga di notizie<br />

specificamente relativa all’esistenza di attività di lavoro in corso, in particolare il canale attraverso<br />

il quale borzacchelli e <strong>cuffaro</strong> vennero a conoscenza delle notizie successivamente divulgate.<br />

Sotto questo profilo le dichiarazioni di riolo sono anch’esse di grandissima importanza perché<br />

rispondono in modo persuasivo e ampiamente riscontrato all’obbiezione sempre pervicacemente …<br />

a difesa proprio da <strong>cuffaro</strong>, e cioè che egli non avrebbe avuto modo alcuno per venire a conoscenza<br />

di notizie riservate sulle indagini in corso. Non è così. Contemporaneamente le dichiarazioni di rilo<br />

sono coerenti con quelle di aragaona e con quelle a casa guttadauro sull’esistenza di un canale di<br />

diffusione di notizie riservate costituito da borzacchelli e <strong>cuffaro</strong>. E infatti, proprio riolo, il<br />

maresciallo del raggruppamento operativo speciale che aveva materialemnete installato l’apparato<br />

di captazione ambientale nell’abitazione di via de cosmi, ha riferito che borzacchelli già prima del<br />

giugno 2001 era da tempo pienamente a cnoscenza dell’esistenza di indagini nei confronti di<br />

guttadauro. In particolare riolo ha ammesso di aver egli stesso informato, circa venti giorni prima<br />

del ritrovamento delle microspie, borzacchelli delle intercettazioni in corso. In corso con una<br />

pluralità di strumenti di captazione nell’abitazione di guttadauro nonché, è opportuno evidenziarlo,<br />

dell’esistenza di conversazioni registrate relative a consultazioni con miceli e del fatto che dalle<br />

stesse emergesse in maniera del tutto negativa l’operato politico di <strong>cuffaro</strong>.<br />

Riolo ha dichiarato di aver cercato di dissuadere borzacchelli dal candidarsi alle elezioni regionali<br />

con lo schieramento che faceva capo a <strong>cuffaro</strong> e che proprio per giustificare la sua opinione disse la<br />

collega: “merda, ci esce sempre merda. Tant’è vero che noi abbiamo una microspia di cui lui già<br />

sapeva che era attorno perché già da un pezzo che si parlava di questa benedetta … c’è una<br />

microspia, l’indagini di guttadauro di cui non si fa altro che parlare. C’è un certo miceli che sta<br />

parlando, si fa fact totum, fact totum di <strong>cuffaro</strong>. Sì, borzacchelli faceva le veci di…”<br />

Riolo ha specificato che pur se all’epoca non conosceva miceli, il suo ruolo, né gli elementi<br />

specifici emersi a suo carico, aveva usato toni pesanti per dissuadere borzacchelli. A suo dire<br />

borzacchelli si era molto interessato al fatto che l’indagine coinvolgev miceli perché l’aveva<br />

definita “persona che stava molto a cuore a <strong>cuffaro</strong>”.<br />

160


Riolo ha affermato di non aver seguito personalmente i servizi di ascolto, di essersi limitato a<br />

coordinare il lavoro svolto da altri colleghi, di non aver avuto precisa cognizione di tutti gli eleenti<br />

emersi, ma di aver appreso che dalla presenza di miceli in casa guttadauro si ricavavano indizi tali<br />

da giustificare una nuova richiesta di intercettazioni questa volta su utenze intestate a miceli.<br />

Ella descrizione delle vicende, riolo ha riferito di avere subito immaginato che le sua informazioni a<br />

borzacchelli potessero essere trapelate all’esterno per giungere fino a <strong>cuffaro</strong> e in qualche modo<br />

anche a guttadauro. Ha infatti precisato che pochi giorni dopo la scopeta della microspia aveva<br />

chiesto allo stesso borzacchelli se si fosse fatto scappare qualcosa sulle confidenze ricevute, magari<br />

proprio con <strong>cuffaro</strong>. L’altro aveva negato e si era comportato nello stesso modo anche negli incontri<br />

successivi.<br />

Riolo ha poi citato un incontro con borzacchelli e <strong>cuffaro</strong> avvenuto un mese dopo le elezioni,<br />

quando già il secondo era presidente della regione, è l’incontro presso la prefettura. In questa<br />

occasione i due si erano mostrati a conoscenza del ritrovamento della microspia, secondo sempre il<br />

racconto di riolo. E nonostante riolo abbia affermato di non essere in grado di stabilire momento e<br />

circostanza in cui era stata diffusa l’ulteriore notizia del ritrovamento e dei conseguenti sospetti, ha<br />

poi riferito che <strong>cuffaro</strong> insieme a borzacchelli aveva preteso spiegazioni sul fatto di essere stato<br />

sospettato da lui. Entrambi avevano negato di aver fatto pervenire suggerimenti a guttadauro e di<br />

aver così contribuito allo smantellamento dell’impianto.<br />

In definitiva riolo ha affermato che aveva fornito al suo collega notizia dell’installazione di<br />

microspie certamente prima del ritrovamento e che anche <strong>cuffaro</strong> ne era stato informato.<br />

A riolo è stata chiesta spiegazione di una serie di telefonate intercorse con l’utilizzo delle rispettive<br />

utenze cellulari, e risultante quindi dai tabulati acquisiti agli atti del fascicolo dibattimentale, con<br />

<strong>cuffaro</strong> nel mese di maggio e più significamente nelle date del 4 giugno 2001 e del 12 luglio dello<br />

stesso anno, in epoche quindi a cavallo del rinvenimento delle microspie a casa guttadauro.<br />

All’epoca dunque riolo non era in contatto solo con borzacchelli ma era anche in rapporti personali<br />

e diretti con <strong>cuffaro</strong>. In proposito riolo ha affermato che lui, <strong>cuffaro</strong>, era preoccupatissimo per il<br />

ritrovamento delle microspie e aveva institito molto… no chiedo scusa: che lui riolo era<br />

preoccupatissimo per il ritrovamento delle microspie e aveva institito molto con borzacchelli per<br />

sapere se era stato lui a dirlo a qualcuno. Davanti all’invito di borzacchelli a informarsi direttamente<br />

con <strong>cuffaro</strong>, riolo lo cerca al telefono e in quel contesto si verifica l’incontro presso la prefettura<br />

con l’esito che abbiamo detto.<br />

A salvatore <strong>cuffaro</strong> nel corso del suo interrogatorio è stato chiesto in quale momento aveva appreso<br />

delle microspie presso l’abitazione di guttadauro. Cuffaro ha riferito di averne avuto notizie solo<br />

dopo l’arresto di guttadauro che è avvenuto il 22 maggio del 2002. Sappiamo che su questo punto,<br />

sappiamo che anche su questo punto <strong>cuffaro</strong> ha mentito, tentando di giocare sull’equivoco fornito<br />

da notizie di stampa che parlavano sì, di uso delle intercettazioni nelle indagini che portarono<br />

all’arresto anche di guttadauro il 22 maggio del 2002, ma non certamente di intercettaioni presso la<br />

casa di guttadauro. Tra l’altro, l’arresto del maggio 2002 è opera della squadra mobile di palermo,<br />

mentre tutta l’indagine guttadauro è opera dell’attività investigativa del ros dei carabinieri, e del<br />

dato relativo a quali notizie furono pubblicate dalla stmpa all’epoca è prova la rassegna stampa<br />

relativa a quell’operazione di polizia che abbiamo prodotto all’inizio di questo processo. Dunque<br />

quello che venne pubblicato è qualche cosa di ben diverso dalle notizie specifiche risalenti a quasi<br />

un anno prima che stiamo esaminando. Ricordiamo sul punto che <strong>cuffaro</strong> ha tentato di distorcere i<br />

fatti giocando sull’equivoco proprio a proposito della domanda che gli è stata rivolta in sede di<br />

esame circa il momento in cui sarebbe venuto a conoscenza delle intercettazioni a casa guttadauro.<br />

Gli chiede il pubblico ministero: senta, lei quando ha appreso per la prima volta delle intercettazioni<br />

ambientali a casa del dottor giuseppe guttadauro?<br />

Risposta: io ho appreso per la prima volta delle intercettazioni ambientali a casa di guttadauro<br />

quando fu arrestato il dottore guttadauro il 22 maggio, perché il giorno dopo la stampa ne parlò. Io<br />

dissi questa cosa quando sono stato interrogato l’altra volta e voi avete detto che non era vero.<br />

Presidente, io qui ho i ritagli di stampa che per brevità siccome sono solo tre righe li leggerei, sono<br />

161


due quotidiani, la gazzetta del sud e il giornale di sicilia. Il giornale di sicilia dice testualmente, sta<br />

parlando dell’arresto di guttadauro: “indagini tradizionali, hanno detto gli investigati, si è avvalsa di<br />

pedinamenti e intercettazioni ambientali e telefoniche”. Questo è il giornale di sicilia, la gazzetta<br />

del sud è ancora più precisa: “anche attraverso l’uso di microspie e telecamere è stato ricostruito<br />

l’organigramma mafioso facendo capo al nuovo boss del territorio guttadauro”. Come io ricordavo<br />

perfettamente questi ritagli di stampa che il mio ufficio stampa mi fa ogni mattina tra l’altro, e dopo<br />

questo mi preoccupai e chiamai miceli che non era a palermo, era fuori e lo incontrai. Dissi questo<br />

quando sono stato interrogato però mi è stato detto che non era vero, oggi invece credo di ricordare<br />

bene.<br />

E naturalmente il pubblico ministero gli chiede: c’è scritto di intercettazioni ambientali a casa di<br />

guttadauro?<br />

E la risposta dell’imputato <strong>cuffaro</strong> è sì.<br />

Ma quello che vale in politica evidentemente non vale in diritto. I fatti sono e rimangono fatti,<br />

quello che è scritto nella rassegna stampa è scritto, e nella rassegna stampa c’è scritto sì che<br />

guttadauro è stato arrestato come ha letto <strong>cuffaro</strong> in base a delle intercettazioni, ma non c’è scritto<br />

(perché non era vero) che queste intercettazioni erano quelle in casa di guttadauro.<br />

In realtà delle intercettazioni in casa di guttadauro si parlerà in atti giudiziari e si parlerà anche sulla<br />

stampa soltanto dopo le prime ordinanze di custodia cautelare reletive all’operazione Ghiaccio 1 del<br />

dicembre del 2002, non se ne è parlato nel maggio del 2002, ha mentito su questa circostanza<br />

salvatore <strong>cuffaro</strong>.<br />

Sostanzialmente, con le affermazioni sopra richiamate rilo allora, pure in un contesto improntato<br />

alla prudenza se non alla parziale reticenza, e ben lungi quindi da ostilità verso l’imputato <strong>cuffaro</strong>,<br />

rispetto al quale in questo dibattimento per la verità atteggiamenti ostili da nessuna delle fonti di<br />

accusa si sono registrati, vedremo anche aiello come tenterà di tutelare <strong>cuffaro</strong> poi quando si tratterà<br />

di parlare del secondo episodio che lo ha riguardato e per il quale è incriminato, dicevo, ha<br />

confermato comunque riolo un dato, sempre decisamente negato da <strong>cuffaro</strong>, che consiste appunto<br />

nella pienaconsapevolezza di quest’ultimo già almeno a luglio del 2001 dei particolari relativi alle<br />

intercettazioni ambientali a casa di guttadauro e alle confidenze che sulla vicenda borzacchelli<br />

aveva ricevuto da riolo.<br />

Riolo ha infine escluso che borzacchelli potesse aver ricevuto da altre persone notizie sulle indagini<br />

da lui coordinate, non solo l’ha indicato come l’unica persona alla quale prima del ritrovamento<br />

aveva comunicato le informazioni sulle registrazioni in corso, ma ha affermato di non avere parlato<br />

con nessun altro del suo colloquio con borzacchelli. Del resto anche il lasso di tempo che intercorre<br />

tra la rivelazione di riolo a borzacchelli e la conoscenza della notizia da parte dell’interessato più<br />

diretto, guttadauro, che scopre le microspie il 15 giugno del 2001 per il tramite miceli/<strong>cuffaro</strong>, trova<br />

ampia giustificazione negli interessi ambigui con i quali borzacchelli ha sempre gestito a sua<br />

esclusivo vantaggio il patrimonio informativo che gli veniva dal suo precedente incarico di<br />

autorevole investigatore dell’arma dei carabinieri.<br />

Ancora, una sia pure parziale conferma delle dichiarazioni di riolo è data poi dalle dichiarazioni di<br />

michele aiello. Riolo ha precisato che nello stesso periodo in cui era stata trovata la microspia, in un<br />

momento di rabbia, aveva confidato tutto ad aiello. Oodio, in un momento di rabbia… veramente<br />

gli ha confidato tutto anche senza i momenti di rabbia, come abbiamo visto. Sta di fatto che ad<br />

aiello glielo aveva detto. Ha però specificato di essersi limitato a manifestargli preoccupazioneper il<br />

ritrovamento dell’impianto, parlando delle sue … a borzacchelli senza accennare al coinvolgimento<br />

nelle intercettazioni di miceli. Tra l’altro ha dichiarato di ignorare se aiello conosceva o meno<br />

miceli, se fossero esistiti rapporti fra aiello e miceli.<br />

Allora diciamo subito che il fatto che anche aiello sia stato informato delle microspie da guttadauro<br />

non può fornire argomenti a una possibile tesi alternativa su chi possa essere stata la vera fonte delle<br />

informazioni alla mafia delle intercettazioni in corso. Infatti se è certamente vero che sono<br />

intensissimi i rapporti tra aiello e <strong>cuffaro</strong>, tali da comportare la comissione di due reati, deiquali<br />

diremo, da parte di <strong>cuffaro</strong> in favore di aiello, non sono all’epoca dei fatti buoni i rapporti tra aiello<br />

162


e borzacchelli, neppure risulta riscontrata da aiellol’epoca in cui ha ricevuto la confidenza da riollo.<br />

Michele aiello ha confermato infatti che riolo gli aveva effettivamente esternato la sua<br />

preoccupazione per avere rivelato a borzacchelli l’esistenza di intercettazioni in casa guttadauro, e il<br />

suo sospetto che borzacchelli l’avesse rivelato ad altri, ma ha collocato questo sfogo nel periodo di<br />

mggio/giugno del 2003, spiegando che solo allora riolo si era reso conto del fatto che in caserma i<br />

suoi superiori lo avevano collegato a borzacchelli a causa del suo impegno durante la campagna<br />

elettorale parlamentare e per l’assemblea regionale siciliana e lo sospettavano come fautore della<br />

fuga di notizie, circostanza questa conferata dalla stessa deposizione del teste damiano. Nel corso<br />

del suo esame, il 7 febbraio 2006, aiello conferma quanto ci ha detto riolo, nel senso che questi era<br />

rammaricato di aver informato borzacchelli della presenza di microspie in casa guttadauro e<br />

temporalmente collega l’episodio alla trattativa sul prestito in favore di riolo, che<br />

almenoapparentemente borzacchelli stava conducendo con <strong>cuffaro</strong>e della quale è traccia nelle<br />

conversazioni telefoniche del’ottobre/novembre del 2003, sulla rete riservata e non solo. In<br />

particolare quella del 1 novembre del 2003, 16:59 tra riolo e aiello su cui dovremo tornare.<br />

Nella sua deposizione, aiello: che ha avuto problemi praticamente riolo a casa di borzacchelli e<br />

durante la campagna elettorale del 2001 per le regionali, riolo ha riferito a borzacchelli della<br />

presenza di microspie in casa di guttadauro e temeva, riolo, che questa notizia l’avesse sparsa in<br />

giro borzacchelli.<br />

Il pubblico ministero: cioè riolo l’aveva detto a borzacchelli e temeva riolo…<br />

Temeva.<br />

Che borzacchelli l’avesse..<br />

Temeva. E temeva che borzacchelli l’avesse potuto dire ad altri (dice aiello).<br />

Senta, e riolo questa notizia a borzaccheli l’aveva passata, diciamo, quando ancora l’aveva data,<br />

l’aveva comunicata quando ancora quelle intercettazioni erano segrete? Per questo temeva di avere<br />

problemi?<br />

Aiello: sì.<br />

Perché lei sta facendo in questo momento un collegamento con la vicenda del prestito che<br />

borzacchelli aveva chiesto a <strong>cuffaro</strong> per conto di riolo?<br />

Non è un collegamento, in quanto il prestito lo faccio in ordine temporale. Lui in quell’istante era<br />

letteralemente infollito, riolo, inferocito oserei dire nei confronti di borzacchelli, soprattutto quando<br />

lui, con molt sfacciataggine, ci va e gli va a dire: senti, vedi, tu hai bisogno di soldi. E quello gli<br />

dice no. Dice: ma non ti preoccupare, tanto te li… i soldi te li gestisco io. Vediamo s mi posso far<br />

fare un prestito a nome tuo perché ho bisgno di soldi. Per cui era letteralmente imbestialito riolo nei<br />

confronti di borzacchelli. Già precedentemente aveva parlato che non era tanto contento di<br />

borzacchelli e del comportamento suo che aveva tenuto in epoche precedenti.<br />

Quindi gli riferisce delle informazioni a borzacchelli negli stessi giorni in cui le riferisce del<br />

prestito?<br />

Sì.<br />

Che aveva confidato a borzacchelli l’esistenza di intercettazioni a casadi guttadauro?<br />

E ancora aiello michele: sì. Ha avuto un discorso precedentemente, sul fatto che borzaccheli era<br />

andato a trovare riolo in caserma nel periodo precedente al periodo elettorale, ma questo era<br />

qualcosa di cui avevamo parlato prima, nel maggio 2003. Ma il fatto della microspia in casa<br />

guttadauro, quindi della presenza della microspia, delle microspie in casa guttadauro riolo me lo<br />

riferì nell’ottobre del 2003. Quindi abbiamo maggio, mi riferisce discorsi relativi ai problemi che<br />

aveva avuto con borzacchelli durante la campagna elettorale del 2001 perché praticamente dice che<br />

ra stato richiamato da un suo comandante che aveva notato la presenza di borzacchelli all’interno<br />

della caserma e che non gli era piaciuto che andasse a fare campagna elettorale all’interno, che se<br />

voleva la poteva fare fuori di lì e successivamente c’è stato il discorso della microspia.<br />

Allora, all’epoca di tali confidenze a michele aiello, non è stata quindi confermata dal soggetto<br />

chiamato in causa, il quale ha escluso di aver ricevuto notizie delle intercettazioni nell’estate del<br />

163


2001. Riolo ha dunque confermato che rinvenimento e disattivazione della microspia erano stati<br />

provocat dalle informaioni trapelate all’esterno e giunte fino a casa di guttadauro, e ha indicato<br />

nelle sue confidenze fatte a borzacchelli l’origine della fuga di notizie riservate escludendo più o<br />

meno esplicitamente ogni altra ipotesi. Ha poi individuato nel rapporto fra borzacchelli e <strong>cuffaro</strong> il<br />

canale di ulteriore diffusione della notizia anche se poi non ha saputo spiegare in che modo erano<br />

poi pervenute a costoro ulteriori notizie interne collegata alla diffusione delle prime rivelazioni.<br />

Certamente riolo non aveva alcun movente plausibile per ciamare in causa borzacchelli e <strong>cuffaro</strong> e<br />

l’unico motivo di possibile rancore nei loro confronti si lega a una circostanza esposta peraltro dallo<br />

stesso riolo, che è la promessa di denaro con la quale i due avrebbero tentato di blandirlo poco<br />

prima del suo arresto, questo prestito di cui si parla nelle intercettazioni del 1 novembre 2003.<br />

Il suo buon rapporto di confidenza con borzacchelli è comprovato dalla circostnza inerente al lavoro<br />

procurato alla moglie, confermata in dibattimento dallo stesso aiello oltre che dai testi di polizia<br />

giudiziaria. Il fatto che nel periodo in questione riolo abbia intrattenuto rapporti con borzacchelli e<br />

con <strong>cuffaro</strong> è stato poi confermato non solo dalle affermazioni del teste damiano sulla propaganda<br />

svolta da riolo in favore dell’ex collega borzacchelli poi eletto parlamentare, ma anche dai dati sui<br />

tabulati descritti dal consulente tecnico del pubblico ministero genchi, in particolare i dati<br />

menzionati nel corso dell’udienza del 22 novembre del 2005.<br />

Genchi ha riferito di contatti fra le utenze telefoniche dei diretti interessati e in particolare, come<br />

abbiamo detto, nei giorni fra il 4 e il 6 giugno segnalando le seguenti telefonate:<br />

4 giugno: riolo/<strong>cuffaro</strong><br />

6 giugno: riolo/borzacchelli e <strong>cuffaro</strong>/borzacchelli.<br />

Deve poi ulteriormente osservarsi che per meglio inquadrare la condotta di rivelazioni di segreto<br />

d’ufficio contestata a riolo in relaziona all’attività di intercettazione ambientale di cui sitratta, non si<br />

può non tenere conto del più ampio contesto di relazioni che il sottoufficile del ros intratteneva con<br />

un uomo politico dell’importanza di <strong>cuffaro</strong>.<br />

Ci si rifersice a quanto è stato dichiarato dallo stesso riolo in merito alle diverse occasioni nelle<br />

quali su imput di borzacchelli, riolo operò vere e proprie bonifiche nei pressi di <strong>cuffaro</strong>, nella prima<br />

occasione nel 1999 come si è già detto, presso gli ufficio dell’assessorato regionale dell’agricoltura<br />

e foreste, successivamente presso l’abitazione privata di <strong>cuffaro</strong> e presso gli uffici di presidenza<br />

della regione siciliana. Sul tema delle bonifiche si devono citare i riscontri intanto provenienti dal<br />

…. Ganzer, comandante del riolo, a proposito della natura certamente privatistica di tali prestazioni<br />

certamente da lui non autorizzate (deposizione all’udienza del 7 giugno del 2005), nonché del teste<br />

Sammartino (udiemza 17 maggio del 2005) a proposito delle modalità di realizzazione delle stesse.<br />

Ancora più evidente appare la situazione se si pensa che riolo, al quale <strong>cuffaro</strong> continuava a<br />

rivolgersi per avere notizie sulle inchieste e sulla sua posizione a tale proposito, in una delle<br />

occasioni di incontro presso gli uffici della presidenza della regione ebbe ad assicurare<br />

sostanzialmente <strong>cuffaro</strong> sulle indagini che lo riguardavano direttamente proprio aproposito del<br />

rapporto <strong>cuffaro</strong>/riolo. È qui oppportuno infatti ricordare quanto riolo ha riferito degli auguri di<br />

natale del 2001.<br />

Natale 2001 – chiede il pibblico ministero – lei va alla presidenza della regione. Ha occasione di<br />

parlare direttamente con il presidente <strong>cuffaro</strong>?<br />

Ci siamo scambiati pochissime parole, perché c’era confusione, una marea di gente, quindi mi prese<br />

sottobraccio e mi chiese solamente se c’erano problemi per lui. Non ho capito subito di cosa si<br />

trattava, perché la mia presenza o dovevano notificargli qualche cosa oppure… di fatto chiedeva se<br />

nel corso dell’indagini, cioè c’erano indagini nei suoi confronti.<br />

A natale 2001?<br />

Sì.<br />

E lei come rispose, marescialo?<br />

Che non lo sapevo. Non sapevo dirgli niente perché non ero io che mi interessavo delle indagini.<br />

164


Dunque ancora una volta altro che “un certo marescialo riolo”, come ci ha detto nel suo<br />

interrogatorio <strong>cuffaro</strong>, “un certo marescialo riolo” quando la persona con cui è in contatto continuo<br />

e costante telefonico, che è in contatto immediato attraverso borzacchelli, che gli svolge un lavoro<br />

sistematico di bonifica ad uso privatistico dei suoi siti, sia istituzionali, ma naturalmente anche qui<br />

che hano veste privatistica, che l’abitazione, al quale chiede in ogni momento se è indagato o non è<br />

indagato, questi sarebbe per <strong>cuffaro</strong> “un certo marescialo riolo”.<br />

Certo non vi è prova di pagamenti del riolo da parte di <strong>cuffaro</strong> per queste prestazioni, è persino<br />

presto che non vi sia prova di pagamenti da parte di <strong>cuffaro</strong> per le prestazioni di bonifica operate da<br />

riolo e certamente operate da riolo, ma non vi è dubbio che di tutte queste circostanze riolo<br />

approfittava per raccomandare all’uomo politico situazioni che gli stavano a cuore e tra esse emerge<br />

appunto quella relativa al finanziamento del’agriturismo di piana degli albanesi di pertinenza<br />

dell’omonimo giorgio riolo, in vero la pretesa della concreta erogazione delle somme già deliberate<br />

veniva avanzata di riolo in ottica della gratitudine che avrebbe dovuto ispirare <strong>cuffaro</strong> in virtù dei<br />

servizi ottenuti dal carabiniere, ma di fatto una srie di servizi anche diversi dalla rivelazione del<br />

segreto riolo a <strong>cuffaro</strong> li ha resi.<br />

In un quadro così articolato e costante di rapporti anche di natura strettamente fiduciaria, allora, tra<br />

riolo e <strong>cuffaro</strong>, risulta assolutamente non credibile la versione resa da <strong>cuffaro</strong> nel suo interrogatorio,<br />

tesa a dimostrare una conoscenza del tutto superficiale e strettamente connessa a ragioni di<br />

propaganda elettorale.<br />

E ancora più significativamente, l’intera vicenda trova un momento importante, con riferimento<br />

all’articolato rapporto riolo/borzacchelli/<strong>cuffaro</strong>, proprio nel contenuto di quella conversazione del<br />

1 novembre 2003 ore 16:59 registrata sulla cosiddetta rete riservata. La conversazione intercorre tra<br />

michele aiello e giorgio riolo e deve necessariamente essere messa in relazione con il ato<br />

dell’incontro riservato tra aiello e <strong>cuffaro</strong>, verificatosi il giorno prima della conversazione in<br />

oggetto e di cui naturalemente si dirà diffusamente a proposito delle ulteriori contestazioni a<br />

<strong>cuffaro</strong>, nonché da quanto riferito dagli stessi riolo e aiello nel corso dei loro interrogatori. Emerge<br />

da questi atti, in sostanza, un quadro in cui anche a fronte della crescente preoccupazione di riolo<br />

sull’evolversi a partire dall’estate del 2003 delle indagini in corso sulla fuga di notizia guttadauro,<br />

borzaccheli aveva prospettato la possibilità di un regalo che egli stesso a <strong>cuffaro</strong> avrebbero dovuto<br />

consegnare a riolo e rappresentato da una somma di denaro talmente cospicua da consentire a<br />

quest’ultimo di tranquillizzarsi e di sistemare definitivamente la propria precaria posizione<br />

economica. Il regalo avrebbe comunque costituito una ricompensa per ciò che riolo aveva fatto e<br />

soprattutto per le preoccupazioni che stava vivendo specia dopo che il suo comandante gli aveva<br />

cheisto come sappiamo qualche tempo prima se era possibile che la notizia dell’intercettazione a<br />

guttadauro potesse essere venuta, mgari anche per incolpevole coincidemnza, in possesso di<br />

borzacchelli. Cuffaro ha negato di aver ricevuto richieste di denaro da riolo o da borzacchelli per<br />

conto di riolo. Anche questa negazione è contraddetta da una serie di risultanze di portanza ben più<br />

significativa, in particolare l’intercettazione telefonica della conversazione tra aiello e riolo del 1<br />

novembre 2003, le dichiarazioni di aiello che ha espressamente confermato di aver parlato con il<br />

presidente della regione anche delle proposte di borzacchelli relative al regalo a riolo. Risulta quindi<br />

palese che tutto il compendio delle dichiarazioni resa da <strong>cuffaro</strong> in merito ai suoi contatti con riolo<br />

denota l’evidente imbarazzo a gistificare un rapporto che aveva assunto chiari connotati di illeceità.<br />

Merita di essere esaminata a proposito proprio la conversazione del 1 novembre, sotto questo<br />

profilo.<br />

Aiello: ieri sera l’ho visto, vedi<br />

E riolo: eh.<br />

Aiello: e il discorso è andato al contrario, lui ci è andato<br />

Eh<br />

Per dire che tu avevi necessità, ultra bisogno urgente<br />

165


E poi ancora nel corso della conversazione, sempre aiello: dico, nella vita può avere uno bisogno<br />

chessò l’università, una visita medica, una cosa, giusto? U piglia e corre intanto vabbè. Comunque<br />

questo ci dimostra quanto pezzo di merda è… (ma il riferimento è a borzacchelli).<br />

E riolo: ho paura della seconda ipotesi, che magari poi una volta che è in possesso di questo (cioè<br />

del denaro del prestito di cui si trattava) quancuno mi fermava e mi trovava queste cose.<br />

In sostanza temeva riolo un trabocchetto da parte di borzacchelli, il fargli dare il denaro e poi<br />

evidentemente farlo trovare dalla polizia giudiziaria col denaro equindi bruciare lui come unica<br />

fonte evidentemente delle rivelazioni che fino a quel momento c’erano state.<br />

Su questa vicenda il 15 marzo del 2006 nel suo interrogatorio riolo ci ha detto:<br />

pubblico ministero: dopo che lei comunque, temporalmente sto dicendo, dopo che lei gli dice della<br />

preoccupazione dovuta anche al cambio di atteggiamento di damiano e le domande che le aveva<br />

fatto damiano, borzacchelli che cosa le dice su questi soldi?<br />

Dice: ma se è per questi problemi perché non ne parli? Perché non mi hai parlato prima in modo che<br />

ti posso venire incontro. andiamo dal presdente che ti posso… che ti faccio un bel regalo. Prima il<br />

prestito, che regalo. Insomma era il regalo che voleva, che voleva. Alchè io mi misi s ridere.<br />

Pubblico ministero: aspetti, prima della sua reazione vediamo bene, questa proposta i borzacchelli,<br />

dice: se hai questi problemi perché non me ne parli prima, andiamo dal presidente che ti faccio fare<br />

un bel regalo. Lei di che cosa gli aveva parlato prima, cioè in quale contesto, di cosa parlavate?<br />

E riolo: di tutto quello che abbiamo fino ad adesso detto<br />

quindi i problemi erano anche quello dei sospetti, dell’atteggiamento del maggiore damiano nei suoi<br />

confronti?<br />

Certo, ma solo con borzacchelli, io con…<br />

Pm: solo con borzacchelli, va bene, cosa le dice? Lei dalle parole del borzacchelli si riferisce a un<br />

quantitativo predeterminato di denaro? O comunque le dice qualche cosa per capire se si trattava di<br />

un regalo che corrispondeva a un quantitativo significativo di denaro o pochi spiccioli?<br />

Riolo: non abbiamo mai quantificato, poi se a un certo momento è dichiarata una somma di 50mila<br />

euro che potevano essere simbolici, 50mila, perché sì… (e continuando dice) io ho problemi a darti<br />

questi soldi per paura di come… come li potresti gestire. Gli dico: guarda che se io quindi che i<br />

soldi…<br />

E il pm: chi è che le parlò della paura di come poteva gestire lei questi soldi, borzacchelli?<br />

Borzacchelli, sì.<br />

Quindi da questo lei arguì che non era una somma di pochi spiccioli.<br />

Una mia sensazione, sono sensazioni<br />

E di matteo… il pm: ma questi soldi secondo la proposta, secondo quello che le dice borzacchelli<br />

praticamente chi li doveva uscire di tasca?<br />

Risposta: penso il presidente. Appunto, non c’era motivo…<br />

Sappiamo che dalla conversazione intercettata il 1 novembre 2003, anche aiello era al corrente della<br />

questione del prestito, e infatti aiello il 7 febbraio 2006 ha dichiarato: sì, abbiamo parlato di un<br />

prestito, di un finto prestito che borzacchelli aveva eventualmente chiesto al presidente a nome e<br />

per conto di riolo. Riolo mi aveva pregato nell’eventualità che incontrassi il presidente <strong>cuffaro</strong> di<br />

chiedergli se rispondeva al vero il fatto che borzacchelli avesse chiesto del denaro a lui… se<br />

borzacchelli avesse chiesto al presidente a nome del riolo.<br />

Pm: lei lo ha detto a <strong>cuffaro</strong>? Cuffaro gliele confermò questa ircostanza?<br />

E aiello: <strong>cuffaro</strong> mi confermò che borzacchelli gli aveva chiesto, gli aveva parlato di disagi<br />

economici, di difficioltà economiche del riolo e in buona sostanza mi confermò la circostanza, ma<br />

non si scese poi in particolari in ordine alla quantità di denaro.<br />

Si arriva anche alla quantificazione o comunque nell’esame di aiello si cerca di sondare sotto questo<br />

profilo.<br />

166


Per chiudere sulla vicenda del prestito – chiede il pm – lei ha già detto che non fu fatta una<br />

quantificazione precisa del prestito chiesto da borzacchelli a <strong>cuffaro</strong>. Quando <strong>cuffaro</strong> disse: vabbè,<br />

poi vediamo, diede una risposta. Ma io voglio capire una cosa: riolo le dice se si trattava di una cifra<br />

significativa o irrisoria?<br />

E aiello: guardi, non ne abbiamo parlato parecchio, lei me l’ha chiesto più volete, io non riesco<br />

materialmente. Cioè lui mi ha precisato: mi deve prestare 100mila, 1 milione, 100 milioni… ho<br />

chiesto per me questo prestito e mi ha detto che sì, si è rivolto borzacchelli al presidente per un<br />

eventuale prestito nei miei confronti, un certo prestito nei miei confronti, ma non ha precisato<br />

l’entità, né me l’ha mai detto questo il riolo perché mi poteva anche aggingere: senti, si è rivolto al<br />

presidente per chiedere un prestito di 50 milioni di vecchie lire, ma questo non è avvenuto, per cui è<br />

rimasto sempre imprecisato il prestito, la quantità del prestito.<br />

Allora si possono riassumere significatamente le conclusioni fin qui raggiunte.<br />

Il racconto di riolo spiega come <strong>cuffaro</strong> tramite borzacchelli sia venuto a conoscenza della<br />

intercettazione ambientale a casa guttadauro e abbia potuto quindi informare proprio miceli della<br />

esistenza di indagini basate su intercettazioni telefoniche e ambientali.<br />

Da miceli poi, anche con imprecisioni che non ne hanno peròpregiudicato l’efficacia, la notizia è<br />

transitata ad aragona e a guttadauro, tanto che quest’ultimo si è attivata fino al ritrovamento della<br />

microspia.<br />

Proprio a questo episodio bisogna tornare e in particolare alla frase pronunciata subito dopo il<br />

ritrovamento dell’apparato: “veru, avia ragioni totò <strong>cuffaro</strong>”.<br />

Certamente non è facile decodificare le frasi pronunciate in questo tratto diconversazione. Sono<br />

state acquisite al fascicolo del dibattimento le perizie e le deposizioni alle perizie svolte dai periti<br />

nei processi contro miceli domenico nei quali pure si è discusso di questa condotta. La lettura di<br />

quegli atti consente di osservare che l’intera conversazione in questione, compreso il tratto<br />

contestato, è stato più volte sottoposta all’esame del perito Genovese sino all’eleborazione della<br />

versione definitiva della trascrizione. È stato affidato un nuovo incarico ad altro perito fonico,<br />

Gianpaolo zambonini dirigente tecnico della polizia scientifica di roma, sono state pure acquisite le<br />

risultanze dei consulenti tecnici del pm, baldassare Locicero e della difesa, il prof. Andrea paoloni.<br />

Il prof. Paoloni, trascrizione dell’udienza del ? giugno del 2006, procedimento contro miceli<br />

acquisita agli atti, ha espresso sintetico parere contrario sulla intelleggibilità della frase evidenziata<br />

sotto il profilo fonico, soffermandosi soprattutto su cosideraizoni tecniche di carattere generale,<br />

sulle difficoltà di traduzione dal dialetto, su quelle legate alla soggettività dell’ascolto del cosiddetto<br />

effetto priming, sull’incidenza di fattori esterni ambientali di disturbo ampiamente illustrate nella<br />

sua relazione che è appunto acquisita agli atti per il fascicolo del dibattimento.<br />

Il perito zambonini, che indubbiamente risulta avere svolto un esame approfondito della frase,<br />

coaudiuvato nella sua attività da un gruppo di ascolto, ha concluso che l’inciso descritto come<br />

“veru, avia ragioni totò <strong>cuffaro</strong>” risulta incomprensibile e che la frequenza della voce, attribuita dal<br />

perito Genovese a gisella greco fa ritenere invece che questa appartenga ad un uomo e non ad una<br />

donna. Secondo il suo parere conclusivo, per il quale anche si può fare riferimento al documento<br />

depositato, dalle misurazioni effettuate il rapporto segnale/rumore risulta variabile e inferiore ai 10<br />

db, valore ritenuto insufficiente per un’analisi tecnica ottimale. […].<br />

Noi riteniamo invece, proprio per le ragioni cha abbiamo esposto e da cui risulta l’attendibilità della<br />

versione offerta dal perito Genovese, oltre che dal consulente del pm, dicevo noi riteniamo invece<br />

debba ritenersi che gisella greco abbia detto le parole “veru, ragione avia totò <strong>cuffaro</strong>”. In questo<br />

senso è anche il nostro convincimento basato sull’ascolto diretto, ascolto diretto al quale certamente<br />

procederà anche il tribunale. Per altro a proposito della frase detta da gisella greco vanno fatte due<br />

ulteriori considerazioni. Intanto la prima è che la circostnza che si ritenga o meno pronunciato il<br />

nome dell’imputato <strong>cuffaro</strong> di per sé non è decisiva dato che in ogni caso la moglie di guttadauro<br />

non farebbe che confermare quanto appreso da aragona e già registrato in altri tratti della<br />

conversazione intercettata, e cioè che la fonte di miceli era proprio <strong>cuffaro</strong>. Per altro verso invece,<br />

non deve dimenticarsi che all’ascolto e alla trascrizione di uesto tratto di conversazioni si è giunti<br />

167


perché riolo per la prima volta nel corso proprio di questo dibattimento ha riferito della frase in<br />

questione ascoltata dai militari del ros nei giorni successivi al rinvenimento della microspia, in<br />

occasione del ripetuto acsolto delle conversazioni intercettate mediante i quali i carabinieri<br />

cercavano di capire che cosa era successo dato che la microspia non era stata rimossa e ocntinuava a<br />

funzionare ma non registrava più alcuna conversazione.<br />

In ogni caso la circostanza che il perito genovese e il consulente del pm abbiano scritto proprio la<br />

frase indicata da riolo, “avia ragione totò <strong>cuffaro</strong>”, conferma con tutta evidenza l’attendibilità di<br />

riolo in generale e con riferimento specifico all’episodio alla fuga di notizie sull’indagine<br />

guttadauro. Dall’altro conferma in qualche modo il convincimento prima espresso sull’esattezza di<br />

questa ricostruzione.<br />

E quindi questo è un altro dato che ci porta aritenere la responsabilità di salvatore <strong>cuffaro</strong> in questo<br />

gravissimo fatto di rivelazione che stiamo ricostruendo.<br />

Ce n’è però ancora uno di dato che non può essere tralasciato nella ricostruzione di questa vicenda,<br />

ed è lo sforzo volto a depistare le indagini del quale si è reso protagonista <strong>cuffaro</strong> per il tramite di<br />

salvino caputo. Il tema ha originato un altro processo, tutt’ora in corso, per il delitto di falsa<br />

testimonianza (art.372 del c.p.) nei confronti proprio di salvino caputo, avvocato ed sponente<br />

politico, e in proposito abbiamo depositato il decreto che dispone il giudizio nel procedimento<br />

12145/2005 proprio contro il caputo.<br />

All’udienza del 28 giugno 2005 salvatore aragona ha riferito un ulteriore episodio che deve essere<br />

opportunamente valutatao a proposito delle responsabilità di <strong>cuffaro</strong> per il reato in argomento. Il pm<br />

nel corso di quell’esame chiede conto ad aragona della conversazione con la moglie intercettata il 4<br />

settembre 2003 mentre aragona è detenuto. È uno dei colloqui in carcere, intercettati appunto.<br />

Il pm parla, dice, leggendo la trascrizione, dice: tutto sto discorso della motivazione … questo,<br />

quello<br />

Parla aragona: ma sì, io, se le cose le ha fatte un altro perché devo pagare io?<br />

E questa è la parte che poi interessa perché poi dice aragona nel corso della conersazione<br />

intercettata: tu avvocato, se uno ca fa il sindaco ti viene a fare ogni giorno in televisione contro la<br />

mafia, contro la mafia, poi viene da te e ti viene a dire.. di dire a me di non parlare, in che mondo si<br />

vive?<br />

Devo dire questa è una consttazione che, come diceva anche qualcuno, ci azzecca anche in questo<br />

processo perché di grida contro la mafia le hanno fatte in tanti, anche imputati di questo processo,<br />

l’osservazione rivolta a caputo che in televisione da sindaco tutti i giorni grida contro la mafia e poi<br />

dice all’avvocato di aragona che è meglio che lui non parli, sostanzialmente. In che mondo si vive..<br />

davvero, in che mondo si vive… detto da aragona, appunto.<br />

Cioè, “ogni giorno in televisione contro la mafia, contro la mafia, contro la mafia, poi che fa? viene<br />

e ci dice […] che si avvalga della facoltà di non rispondere.<br />

Poi lei con il labiale dice: caputo, cosa? di monreale?<br />

E Sua moglie gli dice: picchì, no?<br />

E le risponde: per <strong>cuffaro</strong>, non lo sapevi questo?<br />

E la moglie, cimino ornella, dice:non lo sapevo.<br />

Lui: E la sera prima, iurno 29 sera, ci iu a casa, mandato da quello.<br />

Allora questo è il brano di intercettazione in cui sostanzialmente aragona, quindi non nel suo<br />

interrogatorio ma in una inetrcettazione parlando con la moglie spiega qual era stato l’input,<br />

“mandato da quello” , madato da salvatore <strong>cuffaro</strong>, per il quale il sindaco di monreale, già socio<br />

dell’avvocato difensore di aragona aveva contattato lo stesso difensore di aragona per, come dire,<br />

suggerire al suo assistito di avvalersi della facoltà di non rispondere. In ordine a questa<br />

conversazione aragona ha riferito che il suo avvocato antonino zanghì gli aveva riferito l’episodio,<br />

che il 29 sera salvino caputo appunto, sindaco di monreale e collega, “collega del mio avvocato”,<br />

quindi avvocato anch’esso, era andato a chiamarlo sotto casa dicendo di dire al suo assistito di<br />

avvalersi della facoltà di non rispondere su indicazione di <strong>cuffaro</strong>.<br />

168


Su questa dichiarazione di aragona si è innestata un’attività istruttoria dibattimentale,<br />

esclusivamente dibattimentale, quindi più genuina non si può stando al nostro codice di rito, che nel<br />

corso delle successive udienze del 12 e del 19 luglio del 2005 ha portato dapprima all’esame<br />

dell’avvocato zanghì e poi al confronto tra zanghì e caputo.<br />

Ebbene, l’avvocato zanghì, io devo dire anche con coraggio, ha confermato quanto aveva dichiarato<br />

aragona: “mi fissarono l’interrogatorio del dottor aragona per il 30, quindi il lunedì successivo.<br />

Della vicenda non conoscevo nulla se non quello che era venuto fuori sui giornali e basta, per cui la<br />

domanica, il giorno di domenica 29 io come ero solito fare andavo allo studio per preprarmi il<br />

lavoro per l’indomani mattina, quel giorno lo feci di pomeriggio. Rientrai a casa intorno alle sei e<br />

mezza perché avevo promesso ai bambini che li avrei portati fuori e salgo sopra. Mia moglie mi<br />

dice: guarda che ha chiamato salvino, intendendo per salvino l’avvocato caputo, ha necessità di<br />

parlarti. Lì per lì immaginai che avesse avuto qualche incarico nell’ambito dello stesso<br />

procedimento, che ci era fissato l’interrogatorio di qualche suo assistito per l’indomani e che<br />

sapendo che io assistevo aragona mi voleve chiedere la cortesia di assistere in sua sostituzione<br />

qualche suo assistito. Dico: guarda, io non intendo aspettare nessuno. Ha urgenza di vederti. Dico:<br />

guarda, scendiamo altrimenti con i bambini non riusciamo ascendere. Nel fratempo arriva l’altra<br />

telefonata. Nino dove sei? Dico: a casa. Sto salendo. No, dico, salvino aspetta un attimo scendo io<br />

con il cane. Quindi metto il guinzaglio al cane e scendo, esco dal portone e mi trovo l’avvocato<br />

caputo, unitamente che si accompagnava ad un’altra persona. Poco distante, proprio a pochi metri<br />

veod una macchina blindata. So che in quel momento lui era scortato, mi presenta un carabiniere se<br />

non ricordo male che si pone a due tre metri di distanza da noi. Dico salvino che problemi hai?<br />

Sempre io avendo come dire come previsione quello di doverlo sostituire l’indomani in qualche<br />

interrogatorio qualche suo assistito. E salvino mi dice: senti nino, testuali parole (Testuali parole<br />

non lo dico io, lo zanghì che dice quello che gli ha detto salvino). Senti nino, tu assisti aragona<br />

sempre? Dico sì. Il presidente gradirebbe che si avvalesse della facoltà di non rispondere. Io lì per lì<br />

rimango molto stupito e frastornato, se potessi uitlizzare un termine più pesante lo utilizzerei ma<br />

non penso che sia questo nè la sede né il caso. Salvino dico, tanti anni assieme non ti hanno<br />

insegnato niente? Tu mi viene a chiedere una cosa impossibile e me la vieni a chiedere con la scorta<br />

dei carabinieri? (poi dice che aragona dice “in che mondo si vive…”) dico: ma che cosa stai<br />

facendo e testualmente credo di avergli detto: ma ti sei bevuto il cervello? Quindi proseguo, faccio<br />

il giro del palazzo sempre molto nervoso fino a che lui dice: no, ma senti ti dovevo chiedere pure<br />

un’altra cosa. Siccome mi sono arrivate voci di due soggetti che mi avrebbero minacciato in<br />

carcere… Etc etc e mi disse due nomi ma credetemi, in quel preciso momento – dice znghì – tutto<br />

avevo per la testa ma non che potevo conoscere due detenuti o du malavitosi che non potevano<br />

avere proferito delle domande nei suoi confronti. Basta, io il discorso lo chiudo e dico: va bene,<br />

salvino, per favore andiamocene, ho da fare con i bambini, andiamocene. E il discorso si chiude là.<br />

E poi, nel corso dell’esame il pm: le volevo chiedere appunto se ci fossero state dele ulteriori,<br />

sempre nell’interrogatorio di aragone, degli ulteriori interlocuzioni con caputo<br />

E zanghì: e allora, l’indomani io feci l’interrogatorio che durò parecchie ore, credo che sia stato<br />

interrogato per prima aragona, se non ricordo male, io non gli parlai prima, ma così tanto per<br />

salutarlo perché non lo vedevo dal luglio dell’anno precedente perché si era preso, anzi giugno etc<br />

etc. si fa l’interrogatorio, lo racconta, la sera entro a casa sul tardi, volutamente, per evitare, perché<br />

capivo che era una situazione che già era grossa ma si sarebbe ingigantita, posteggio la macchina,<br />

non ricordo se dietro la macchina, me lo trovai davanti sempre con la macchina della scorta<br />

posteggiata e mi telefonò dalla macchina dicendo: nino, ti sto vedendo, fermati. cioè era sempre a<br />

vista, mi vedeva quando io sono arrivato sotto casa. Scendo dalla macchina, dico: salvino, che cosa<br />

vuoi? Com’è andata? Dico: guarda, ha fatto quello che doveva fare e non mi chiedere altro<br />

perché… e chiudo il discorso. Gli dissi nuovamente che era stato molto stupido a venire<br />

nuovamente che era stato molto stupido a venire con la scorta e mi auguravo che non sarebbe stato<br />

molto più stupido a ricordare queste conversazioni al presidente.<br />

169


Dunque abbiamo un avvocato del libero foro di palermo, certamente un teste non ostile a <strong>cuffaro</strong><br />

che ci racconta questa vicenda che è sollecitata per altro da un altro atto assolutamente neutro quale<br />

l’intercettazione ambientale fra aragona e sua moglie, in un quadro in cui il mandante di questo<br />

tentativo chiarissimo di depistaggio ha un nome e un cognome che è fatto sostanzialmente da<br />

aragona ma che è ribadito proprio da questo avvocato. Il mandante di questo depistaggio si chiama<br />

salvatore <strong>cuffaro</strong>, e si deve inserire questo depistaggio in tutti gli ulteriori elementi relativi alla<br />

gravissima fuga di notizie in danno, in danno della repubblica, in danno dello stato, che ha favorito<br />

cosa nostra e guttadauro per un lungo periodo impedendo ulteriori sviluppi di indagine che abbiao<br />

visto di quale qualitò erano.<br />

Non basta, perché a eguire il tribunale ha disposto il confronto fra zanghì e caputo, atteso che<br />

sentito caputo naturalmente questi ha negato ogni circostanza, l’esito del confronto ha laciato le<br />

parti sulle proprie posizioni, ma su chi abbia detto la verità e su chi abbia mentito non possono<br />

esserci dubbi ove si consideri appunto che la dichiarazione iniziale di aragona trova un elemento di<br />

significativo riscontro proprio nella conversazione intercettata in carcere tra lo stesso e la moglie,<br />

che zanghì come ho detto è un teste neutro e privo di interessi nel procedimento, per il quale non<br />

esiste alcuna ragione di astio né nei confronti di caputo né nei confrronti di <strong>cuffaro</strong>, tant’è che lo<br />

stesso <strong>cuffaro</strong>, ad espressa domanda del pm nel corso del suo interrogatorio lo ha escluso. Ha detto:<br />

zanghì? Con me? E perché?<br />

Se questo allora è l’episodio appare evidente la volontà di <strong>cuffaro</strong> di far tacere aragona ed è<br />

altrettanto evidente che vi è un interesse personale di <strong>cuffaro</strong>a che ciò avvenga, rappresentato dal<br />

ruolo che ha avuto nel fare transitare la notizia segreta dai carabinieri alla mafia.<br />

Sulla base degli accertamenti esposti, deve allora trovare piena conferma quella parte dell’assunto<br />

accusatorio relativa al … delle nozioni trapelate il 12 giugno del 2001 attraverso miceli da <strong>cuffaro</strong>.<br />

Dalla valutazione congiunta delle dichiarazioni di aragona e riolo, di vari passaggi delle<br />

intercettazioni del 12 e del 15 giugno, dagli apppostamenti effettuati dalla polizia giudiziaria e<br />

riferiti in dibattimanto è emerso che l’imputato ha in effetti rivelato le notizie riservate ricevute da<br />

borzacchelli a miceli e da questi ad aragona e poi a guttadauro, pur essendo ben consapevole<br />

dell’appartenenza di costui cosa nostra, del fatto che il loro contenuto era inerente a indagini ancora<br />

in corso, della potenzialità agevolatrice che la loro diffusione all’esterno avrebbe comportato per il<br />

sodalizio criminale e per guttadauro. E soprattutto essendo consapevole delle frequentazioni di<br />

miceli con guttadauro e dei precedenti di aragona e di guttadauro così come ci ha confermato egli<br />

stesso nel corso del suo interrogatorio.<br />

Il contenuto di queste notizie era potenzialmente in grado di agevolare tutti coloro che erano stati<br />

intercettati nel prolungato periodo delle indagini e del servizio di ascolto incasa del rappresentante<br />

mafioso, e soprattutto di metterli sull’avviso in ordine al fatto che erano stati scoperti.<br />

Fuga e informatori che avevano fatto da tramite per gli stessi imputati.<br />

C’è un terzo episodio che all’inizio di qusta parte della discussione abbiamo citato. In ordine a<br />

questo terzo episodio, che possiamo indicare in ordine a quello del Riccardo III, riteniamo invece<br />

che non siano emersi elementi in ordine al coinvolgimento di salvatore <strong>cuffaro</strong>, questo perché.<br />

Perché la narrazione che fa aragona di quanto avvenne la sera del 24 giugno del 2001 in occasione<br />

della festa elettorale a casa di… presso il Riccardo III dove si celebrava sostanzialmente la festa per<br />

la vittoria di salvatore <strong>cuffaro</strong> per le elezioni regionali appunto… dicevo, questo episodio non trova<br />

un riscontro individualizzante alla narrazione di aragona, non trova un riscontro individualizzante<br />

alla narrazione di aragona che ci riferisce sostanzialmente di avere visto cambaire l’umore di miceli<br />

dopo che questi aveva contattato borzacchelli e <strong>cuffaro</strong>. Che borzacchelli e <strong>cuffaro</strong> gli avrebbero<br />

detto dell’esistenza delle ulteriori microspie presso l’abitazione di guttadauro che avevano<br />

continuato a funzionare anche dopo il rinvenimento di quella del 15 di giungo del 2001, non è<br />

sostanziata da alcun elemento di natura individualizzante, atteso che, anche il vassallo, persona alla<br />

quale ci dice aragona, si era fatto accompagnare per portare rapidissimamente la notizia del<br />

170


itrovamente… funzionamento di quste microspie a guttadauro mentre andavano a bagheria, non ci<br />

conferma chi abbia fornito effettivamente questa informazione all’aragona medesimo.<br />

per questo fatto quindi noi non riteniamo si debba perseguire il <strong>cuffaro</strong>, mentre invece il <strong>cuffaro</strong> va<br />

perseguito per gli altri due… per il secondo degli episodi che ho indicato.<br />

Non sono invece emersi elementi per il perseguimento di michele aiello nell’attività di diffusione<br />

delle notizie riservate trapelato fino a mimmo miceli.<br />

Lo dico perché nelle nostre contestazioni a michele aiello vi è anche questa contestazione, ma qui<br />

gli unici elementi emersi dei rapporti fra aiello e miceli riguardano l’acquisto del laboratorio Ria,<br />

diagnostico ormonale […]<br />

Questa mattina noi abbiamo illustrato la prima delle condotte di cui si è reso responsabile secondo<br />

la nostra impostazione l’imputato <strong>cuffaro</strong>. Dico, abbiamo illustrato la prima delle condotte perché<br />

una è al condotta per la quale l’imputato <strong>cuffaro</strong> è chiamato a rispondere in questo processo è quella<br />

di aver aiutato giuseppe guttadauro da un lato, l’organizzazione mafiosa cosa nostra dall’altro lato e<br />

di averlo fatto rivelando che esistevano delle attività investigative e delle intercettazioni<br />

nell’abitazione di guttadauro con quella catena che abbiamo ricostruito questa mattina e che tutto<br />

questo ha portato a un evento, la scoperta di quella microspia, l’evento che ha causato il danno che<br />

sappiamo alle inchieste che erano in corso.<br />

Se questa era la prima delle condotte che è stata contestata a salvatore <strong>cuffaro</strong>, noi sappiamo sub<br />

specie di due distinti reati, parimenti sub specie di due distinti reati è contestata a salvatore <strong>cuffaro</strong><br />

una seconda condotta, anche questa vedremo che si caratterizza per due distinti momenti, due date<br />

del mese di ottobre del 2003, si tratta quindi del capo O del decreto che dispone il giudizio ed è in<br />

buona sostanza la rivelazione agli imputati di questo processo ciuro, riolo e aiello delle indagini in<br />

corso a loro carico in quel tempo a cura del nostro ufficio.<br />

Nel contesto che è stato fino a questo momento descritto, in particolare nella parte della discussione<br />

in cui si è affrontato il tema della cosiddetta rete riservata che vede aiello e i suoi complici informati<br />

in maniera dettagliata di volta in volta da borzacchelli, da ciuro, da riolo, dall’ineffabile dottor ianì<br />

dell’inizio dell’indagine a suo carico dei temi oggetto di accertamento e delle intercettazioni delle<br />

utenze a lui ufficialmente riconducibili, si inseriscono nel mese di ottobre del 2003 ulteriori<br />

rivelazioni sulle indagini in corso poste in essere dal presidente della regione in carica salvatore<br />

<strong>cuffaro</strong>, all’epoca, come sappiamo, già da tempo più volte indagato per i reati di cui agli art. 110 e<br />

416 bis del c.p. nell’ambito di un procedimento, il n. 9358/99 ampiamente pubblicizzato dopo il suo<br />

interrogatorio che avvenne il 1 luglio del 2003.<br />

È accertato che <strong>cuffaro</strong> conosceva aiello da molti anni e che tra loro intercorrevano rapporti sia<br />

personali sia politici in relazione all’attività imprenditoriale di aiello di indubbio rilievo nella realtà<br />

siciliana. Aiello a sua volta sosteneva il movimento politico di cui <strong>cuffaro</strong> in sicilia è il leader o<br />

quanto meno è uno dei leaders, l’Udc.<br />

Questi rapporti erano particolarmente intensi nell’estate del 2003 perché la regione stava da tempo<br />

predisponendo il tariffario, o meglio il nomenclatore, che avrebbe dovuto fissare il compenso delle<br />

prestazioni di radioterapia non tradizionale ad alta specializzazione erogate da aiello, tema questo<br />

sul quale torneremo.<br />

La questione, la questione del nomenclatore era stata seguita personalmente da aiello e da carcione,<br />

ma anche per tutti gli aspetti operativi dal geometra roberto rotondo, altro imputatao a questo<br />

processo, collaboratore di fiducia di aiello, amministratore di una delle sue società e anche,<br />

all’epoca, consigliere comunale dell’Udc a bagheria. Ciò anche perché aiello evitava, a differenza<br />

che in passato, di incontrare personalmente <strong>cuffaro</strong> per evitare, così ha detto, di creargli difficoltà<br />

dato che entrambi erano sottoposti ad indagine.<br />

171


Il primo episodio che rileva ai fini della condotta di <strong>cuffaro</strong> è quello del 20 ottobre del 2003. Nel<br />

suo nucleo essenziale si può sintetizzare in questo modo: il 20 ottobre del 2003 rotondo, le cui<br />

dichiarazioni rese nel febbraio del 2004 al pm sono state acquisite al fascicolo per il dibattimento<br />

con i consenso di tutte le parti e dunque hanno valore di prova anche nei confronti di <strong>cuffaro</strong>,<br />

dicevo… rotondo, che aveva vanamente cercato da alcuni giorni di incontrare il presidente della<br />

regione che si trovava però fuori sede, veniva convocato alla presidenza della regione e incontrava<br />

<strong>cuffaro</strong>, che dopo avergli detto di tranquillizzare aiello relativamente al tema del tariffario, lo<br />

incaricava altresì di riferire all’imprenditore, con cui doveva parlare ma che non era riuscito ancora<br />

a contattare, altre circostanze, e cioè che aveva saputo che c’era stata una telefonata tra ciuro e<br />

l’ingegnere in cui si raccomandava una persona: “è che questa cosa mi dà fastidio, non mi piace che<br />

si facciano queste raccomandazioni sulla mia persona”. Dato che, per questa raccomandazione,<br />

aiello e ciuro in sostanza facevano da tramite a favore di terzi … presidente della regione senza<br />

neppure informarlo personalmente.<br />

Ancora, sapeva che – è sempre riolo…. È sempre rotondo che parla – “tra l’altro per questa<br />

telefonata ciuro ha problemi, è indagato”. E ancora, “che c’è anche un certo maresciallo dei<br />

carabinieri, un certo riolo, che era anch’egli indagato”.<br />

Rotondo aggiungeva che <strong>cuffaro</strong> non gli aveva dato alcuna indicazione sulla fonte delle sue<br />

informazioni, che lui si era affrettato a riferire ad aiello. È però opportuno ripercorrere rapidamente<br />

i passi essenziali delle dichiarazioni di rotondo, il quale era – giova ripeterlo – persona di assoluta<br />

fiducia e prezioso collaboratore da molti anni di aiello ma anche persona vicina sul piano politico a<br />

<strong>cuffaro</strong>, il quale quindi ben lo conosceva e aveva motivo di fidarsi.<br />

Nell’interrogatorio acquisito agli atti, rotondo invitato a parlare di un suo incontro con il presidente<br />

<strong>cuffaro</strong> avvenuto il 20 ottobre 2003, incontro che già risultava, vedremo, dalle intercettazioni sulla<br />

rete riservata, ha detto: “in quell’occasione non mi ricordo se mi ha chiamato vito raso o giovanni<br />

antinori, perché erano loro due che di solito chiamavo, dico, in questo momento onestamente non so<br />

chi dei due mi ha chiamato. Uno dei due comunque mi ha chiamato e ha detto: che fa, si avvicina in<br />

presidenza? Io giorni prima avevo cercato il presidente sempre per avere notizie perché l’ingegnere<br />

mi pressava (sulla questione naturalmente del tariffario), mi avevano detto che il presidente era<br />

fuori, era partito, e l’inizio della settimana dopo mi chiama giovanni antinori o vito raso, ripeto non<br />

ricordo chi dei due, dicendo: che fa, avvicini in presidenza? sono andato in presidenza. Ho<br />

incontrato il presidente, il presidente mi ha detto: tranquillizza l’ingegnere che a breve verrà fuori<br />

questo tariffario, ormai la commissione sta finendo i lavori e verrà pubblicato. Vabbene, dice. Poi<br />

un’altra cosa, visto che non riesco a rintracciarlo e gli dovrei parlare, io ho saputo che c’è stata una<br />

telefonata tra ciuro e l’ingegnere dove si raccomandava una persona. Questa cosa, dice lui, mi dà<br />

fastidio, non mi piace che si facciano queste raccomandazioni sulla mia persona”.<br />

Perché praticamente l’ingegnere – spiega rotondo – doveva fare da tramite per ciuro per questa<br />

raccomandazione. Dice: “e tra l’altro so che per questa telefonate ciuro ha dei problemi, è indagato.<br />

Dillo all’ingegnere, anche perché ci devo parlare, vabbene”. Mentre mene stavo per andare – è<br />

rotondo che parla – stavo per prendere l’ascensore e mi fa, dice: “ah, vedi che c’è anche un certo,<br />

un maresciallo dei carabinieri, un certo riolo, vabbene”.<br />

Gli viene naturalmente chiesto di spiegare che cosa significhi “ ah, vedi che c’è anche” e rotondo;<br />

“sì, mi scusi: che anche è indagato. Mi scusi. Certo, sono tornato in ufficio e ho riferito<br />

all’ingegnere quello che mi aveva detto il presidente di dirgli.<br />

E l’ingegnere che ha detto?<br />

Onestamente non ha detto niente, ha fatto un’espressione, un mezzo sorriso e basta.<br />

È chiaro allora il valore che la rivelazione di <strong>cuffaro</strong> ha per aiello e soprattutto l’elemento di novità<br />

che questa rivelazione contiene. Aiello, alla data del 20 ottobre, già sapeva da tempo di essere<br />

indagato e sapeva dell’intercettazione della telefonata tra lui stesso e ciuro avente ad oggetto una<br />

raccomandazione, che è poi la famosa raccomandazione a favore del marito della signora pellerano.<br />

Non sapeva invece che fossero indagati lo stesso ciuro e riolo, e tra l’altro è ben strano, o meglio è<br />

172


significativo, che ciuro parli del sottoufficiale come di “un certo riolo” mentre invece ormai<br />

sappiamo bene quali fossero ormai da anni i loro rapporti: incontri, bonifiche, rivelazioni e<br />

sappiamo anche perché rotondo ce lo dice, che lo stesso rotondo ben conosceva riolo in forza delle<br />

frequentazioni di riolo e aiello che avvenivano spesso in sua presenza spesso all’interno delle<br />

cliniche di aiello.<br />

Dunque aiello che cosa fa, una volta ricevuta questa informazione con questo carattere di novità che<br />

porterà, vedremo, a un evento particolarmente delicato che poteva compromettere le indagini alora<br />

in corso. Aiello si preoccupa di informare immediatamente i suoi collaboratori e complici, e<br />

approfitta della circostanza di dover venire quella sera a palermo per incontrare i suoi avvocati,<br />

quello amministrativista e quello penalista che hanno lo studio in due case vicine, via arzilli e via<br />

caltanissetta, per organizzare con tutta urgenza un incontro sia con ciuro che con riolo. A questo<br />

incontro è presente anche rotondo che ce ne ha riferito, sempre in quei verbali che sono acquisiti al<br />

fascicolo per il dibattimento: “io ero presente, sì, ero presente. Mi ricordo che siamo andati<br />

dall’avvocato monaco sempre per la problematica dei Nas. All’uscita c’era ciuro, là davanti, penso<br />

che l’abbia chiamato l’ingegnere, non lo so, dico, che aspettava. Ci siamo avvicinati, hanno parlato<br />

l’ingegnere e ciuro. Ho percepito un po’ di questa vicenda perché gli raccontava la<br />

raccomandazione e ciuro si ricordava che gli aveva fatto sta raccomandazione.<br />

Ha sentito la conversazione? – gli viene chiesto –<br />

Sì. Ho capito la conversazione di cui si trattava.<br />

Gli viene chiesto: parlava sia della telefonata, sia del fatto che era indagato, se lei lo ha sentito?<br />

Sì, glielo ha riferito lui, io l’ho sentito, gliel’ha detto pure. E poi è spuntato riolo.<br />

C’era già rolo o arriva dopo?<br />

No, non c’era riolo – dice rotondo- è venuto in un secondo tempo.<br />

Cioè che cosa è successo?<br />

E rotondo: poi hanno parlato tutti e tre, ma erano ancora un po’ più lontani da me e l’ingegnere<br />

d’amico (altro soggetto presente che però non ha ascoltato la conversazione).<br />

E il pm chiede ancora: aiello dice a ciuro questa storia dell’indagine, delle intercettazioni. Lei si<br />

ricorda se per caso… come reagisce ciuro, cosa disse?<br />

E rotondo: sì, sì. Parlava della telefonata, hanno confrontato, mi ricordo che hanno confrontato, che<br />

si trattava della segretaria del… perché a me l’on. Cuffaro non aveva detto di chi si trattava. Aveva<br />

parlato genericamente di una raccomandazione, aveva parlato di una telefonata, di una<br />

raccomandazione fatta per telefono da ciuro per un trasferimento, ma non mi aveva detto chi.<br />

Invece ciuro ripeteva ad aiello che si trattava sicuramente di quella telefonata fatta, parlavano della<br />

telefonata del marito di una segretaria, mi ricordo che parlavano di queste cosa di qua.<br />

E il pm, a questo punto: della segretaria del dottore lo forte?<br />

Sì, dico, però cioè. Questo so tutto perché poi ho letto, però in quel periodo…<br />

Lei sentì “un marito della segretaria”?<br />

Sì.<br />

E ciuro ricollegava a che cosa?<br />

Sì, ricordava di averla fatta. Diceva: sì, mi ricordo, si tratta sicuramente di quella telefonata. Ciuro,<br />

che mi ricordo io, anche lui ha avuto una reazione spavalda, mi ricordo una battuta con precisione,<br />

dice: sì, v a vediri scommissa che sono indagato io. cioè questa è stata la sua… scommissa che sono<br />

indagato io. Proprio mi ricordo la battuta.<br />

Gli viene anche chiesto se chiese ciuro all’ingegnere aiello come aveva fatto, la fonte: “glielo ha<br />

detto, e mi ricordo che l’ingegnere, facendo segno a me, dice: glielo ha detto il presidente a roberto”<br />

Senza che lei intervenisse nel dialogo?<br />

No, ero là vicino. Acconsentivo, dico. Io non ne sapevo niente di tutta questa storia, a me è arrivata<br />

disopra il giorno prima, io non sapevo di nessuno, dico.<br />

Ma il presidente a lei non glielo aveva detto come l’aveva saputo?<br />

No.<br />

173


Ma lei non si meravigliò che il presidente <strong>cuffaro</strong> le dà una notizia di queste da dire ad aiello, cioè,<br />

e lei piglia e se ne va da aiello e porta sta notizia così?<br />

No, per carità. no, io per carità mi ha detto “dì all’ingegnere questa cosa”. Dico, in tutta sincerità,<br />

dico, non è che… cioè, io non sapevo della fonte, di cosa stessero parlando, di quali problemi<br />

stavano parlando.<br />

Praticamente l’on. Cuffaro le dà l’incarico di dire ad aiello…<br />

Sì, mi ha detto: “siccome non riesco voglio parlare con l’ingegnere, però digli che ho saputo questa<br />

cosa”<br />

Cioè, lui aveva saputo dell’intercettazione e della telefonata?<br />

Lui aveva saputo di una telefonata, non mi ha parlato di intercettazione. Lui mi ha detto: ho saputo<br />

che c’è stata una raccomandazione fatta da ciuro all’ingegnere aiello per telefono per raccomandare<br />

una persona e cose varie e per questa…<br />

Per raccomandarla a lui, <strong>cuffaro</strong>?<br />

A lui <strong>cuffaro</strong>.<br />

E per questa cosa c’era ciuro che era indagato. Poi successivamente mi ha aggiunto a ciuro riolo,<br />

dico io, poi non lo so se la raccomandazione riolo era interessato o non era interessato alla<br />

raccomandazione. Io non ero a conoscenza di questa raccomandazione.<br />

Ha detto testuale “un maresciallo dei carabinieri, riolo, non ha specificato.<br />

Lei non ha chiesto niente, ha appreso la notizia e gliel’ha riportata ad aiello?<br />

Questo mi ha chiesto e questo ho fatto.<br />

E ancora: il presidente quando mi ha incontrato mi ha detto che siccome lo sapeva che lo avevo<br />

cercato, dice: sono rientrato da roma questa mattina. O ieri sera, non mi ricordo. Sono rientrato da<br />

roma e ti ho chiamato. Il presidente mi ha detto “sto tornando da roma”.<br />

Ma era una conseguenza?<br />

Sì, una conseguenza. Una conseguzio di tempi, non le ha detto di avere saputo questa notizia a<br />

roma?<br />

No, mi ha detto “sto tornando da roma”.<br />

E gliel’ha detta ad aiello sta cosa?<br />

Gliel’ho detto che stava tornando da roma. Sì che gliel’ho detto all’ingegnere aiello, certo che<br />

gliel’ho detto. Anche perché l’ingegnere mi aveva chiesto continuamente “rintraccialo”.<br />

Allora, la ricostruzione così offerta da rotondo, che prova pienamente, come è evidente, la<br />

colpevolezza sua e di <strong>cuffaro</strong>, trova negli atti processuali, numerose e univoche riscontri. La prima<br />

e indiscutibile conferma, e che anzi è alla base stessa dell’interrogatorio di rotondo e della sua<br />

decisione di rispondere al pm, è la serie di telefonate che ci consentono di sentire in diretta gli<br />

incontri aiello/ciuro/riolo/rotondo che hanno sede la sera stessa del 20 ottobre dopo che aiello ha<br />

finito di parlare separatamente con i suoi legali e raggiunge i suoi collaboratori e complici e lo<br />

aspettano in strada.<br />

Già alle 19:24 del 20 ottobre ciuro ha saputo da aiello che è stata intercettata la telefonata relativa al<br />

marito della signora pellerano, e subito telefona alla signora pellerano per cercare di stabilire con<br />

maggiore precisione la data di quella conversazione: “una domanda al volo, senti”. “sì”. “quand’è<br />

che tuo marito mi ha detto quella cosa per farlo rientrare, ti ricordi?” “più o meno era prima<br />

dell’estate, dopo l’estate, prima dell’estate, forse aprile”. “verso aprile era?” “boh, non so. Perché?”<br />

“no, no, vabbè. Per una mia curiosità personale, non ti preoccupare”. È così che ciuro conclude la<br />

conversazione telefonica con la pellerano.<br />

Due ore dopo, quando evidentemente aielo ha concluso i suoi incontri con i suoi legali, lo stesso<br />

aiello si premura di informare il cugino e socio professor carcione delle notizie trasmessegli dal<br />

presidente, da <strong>cuffaro</strong>, tramite roberto rotondo nei termini precisi con cui rotondo ce li ha riferiti. È<br />

la conversazione delle 21: 23 del 20 ottobre del 2003, intercorsa tra ciuro, aiello e carcione perché a<br />

parlare sono tutti e tre, ed è aiello che parlando a carcione che in quel momento lo ascolta:<br />

174


Aldo, non potevo parlare che ero con l’avvocato, dunque roberto praticamente l’ha incontrato oggi<br />

pomeriggio al presidente e lui stesso gliene ha parlato. Dice che sta, lui è stato tutto il fine settimana<br />

a roma e ha attinto queste notizie lì.<br />

Mah, questa di pippo non mi risulta – dice carcione, e poi conferma ancora – no, non mi risulta<br />

Poi aiello passa il telefono cellulare proprio a ciuro, il diretto interessato dell’informazione, che<br />

evidentemente è accanto a lui e che commenta le notizie con carcione con un misto di stupore, di<br />

scetticismo e di preoccupazione. E infatti i due non riescono a capire né perché una semplice<br />

raccomandazione possa portare a considerare indagato ciuro, né come mai finora le loro fonti non li<br />

hanno avvertiti, ma non possono certo sottovalutare, così come non aveva sottovalutato se ricordate<br />

la conversazione intercettata nell’abitazione di guttadauro lo stesso guttadauro il valore<br />

dell’informazione in quanto proveniente da una fonte dell’autorevolezza di <strong>cuffaro</strong>. E infatti<br />

carcione suggerisce a ciuro: “cominciati a taliarti”.<br />

Importante è poi che ciuro associa la sua posizione a quella di riolo: “perché insomma io e giorgio<br />

parliamoci chiaro, giusto, non siamo così sprovveduti”<br />

Insomma mi ha dato una certa notizia – dice ciuro … dice carcione – per quello che riguarda te è<br />

una gran minchiata.<br />

Le fonti di carcione non confermavano la notizia, dunque. E ancora dice ciuro: e per quello che mi<br />

ha detto michele ora? quello che mi ha detto michele ora?<br />

E ancora carcione: pippo, è una grande minchiata perché… è una grande minchiata dopo tutto..<br />

verifica pure tu”<br />

E infatti conferma ne corso della conversazione ciuro, dicendo a carcione: vabbè comunque io ora<br />

comincio a taliari, non t’illudere che…”<br />

E che hanno solu sti pensieri – dice ancora ciuro<br />

Tutti cretini – carcione<br />

E ciuro: no, ma non.. a parte tutti cretini. Ma oltre tutto per fare una cosa del genere. Nessuno<br />

avessi da scrivere, avestero messi i telefoni sutta. Per l’amor di dio, avissero potuto fare centomila<br />

cosa, no.<br />

Tanto loro erano sicuri che i telefoni sotto, per come abbiamo detto all’inizio di questa discussione,<br />

non c’erano. E carcione infatti gli conferma: no, no, credimi. E ancora carcione: fino a stamattina<br />

non c’era manco… cioè non c’era depositato u rapporto, niente, completamente niente.<br />

Ciuro conferma. E comunque – ancora carcione - hanno ancora i carti in mano, ma non sanno chi<br />

cazzu, chi cazzu hanno a fari, che pisci pigliari.<br />

Sì, ma comunque, comunque – dice ciuro – ora vediamo.<br />

E proprio quando conclude ripromettendosi di fare nuovi controlli, “ ora vediamo”, ciuro dà la<br />

stura alla seconda parte degli accertamenti che l’informazione di <strong>cuffaro</strong> ho originato.<br />

Perché la mattina dopo, già alle 8:19,aiello e carcione commentano preoccupati “un po’ sballati<br />

siamo” le notizia portate il giorno prima da rotondo. È evidente il riferimento a <strong>cuffaro</strong>, che è<br />

preoccupato e che è rimasto solo dopo la pubblicizzazione del procedimento contro di lui per mafia.<br />

I due soci e cugini fanno, per cos’ dire, il punto della situazione, esprimendo all’inizio e poi di<br />

nuovo alla fine dubbi sull’esattezza della notizia data da <strong>cuffaro</strong>: “a me, pippo, non mi risulta –<br />

duce carcione sull’esistenza di un’indagine a carico dei due sottoufficiali che ritengono sarebbe<br />

legata solo alla domanda di raccomandazione del marito della signora pellerano dato che<br />

evidentemente hanno totale fiducia sulla tenuta della rete riservata. Nella telefonata ripercorrono poi<br />

i vari temi del momento, le indagini dei nas, la creazione di una fondazione finanziata dalla regione,<br />

le assicurazioni rivelatesi inesatte date a riolo dai suoi colleghi dei nas. Va sottolineato anche che in<br />

questa conversazione la posizione d ciuro è accomunata a quella di riolo. Questo è causa di<br />

incertezza per i due interlocutori, dato che riolo è del tutto estraneo alla vicenda raccomandazione<br />

cui essi collegano l’iniziativa giudiziaria a carico di ciuro: “pronto, michele! Aldo, che dici, come<br />

va? Un po’ sballati siamo. Vabbene, sballati, perché? Non mi convince quello – è aiello che parla –<br />

non mi convince quello che gli ha detto a roberto.<br />

Carcione conferma: sì, non mi convince.<br />

175


Aiello: ci fosse una regia, io non ci credo che gliel’ha detto, è preoccupato perché io lo conosco a<br />

lui.<br />

E carcione: tu devi capire che in questa situazione quest’uomo è rimasto solo<br />

La stessa ricostruzione degli eventi è data da riolo, poi, nel suo esame dibattimentale, stiamo<br />

sempre parlando del 20 ottobre. Il 15 marzo 2006 riolo indubbiamente contribuisce a ricostruire i<br />

fatti, cominciando proprio dall’episodio del 20 ottobre. Anche riolo sappiamo era presente in via<br />

caltanissetta e da lì ha appreso da ciuro le notizie in ordine alla loro iscrizione nel registro degli<br />

indagati. Riolo ci ha detto che quella sera fu invitato da ciuro a recarsi in via caltanissetta, ciuro che<br />

lo chiama al telefono mentre stava facendo, riolo, ritorno a piana degli albanesi. In via caltanissetta<br />

riolo incontra dapprima ciuro che gli dice che sono in attesa di aiello, in quel momento come<br />

sappiamo in visita ai suoi avvocati, e prima che questo arrivi è ciuro a dirgli che sono entrambi<br />

indagati e che lui, ciuro, lo aveva saputo da aiello. Quando poi aiello compare, riolo gli chiede quale<br />

sia la sua fonte: ma da chi l’hai saputo? E mi ha fatto solamente un gesto con la mano: l’ho saputo,<br />

l’ho saputo, basta. Io non più… non mi sono messo a chiedere ulteriormente. Riolo a contestazione<br />

del precedente interrogatorio resi nelle fasi delle indagini preliminari, ha ricordato la frase che gli<br />

disse aiello: senti, molto probabilmente siete iscritti nel registro degli indagati. E poi, interrogatorio<br />

del 3 dicembre 2003 tra gli altri, ma la domanda era specifica: aiello – questa è la contestazione che<br />

gli muove il pm, nel corso dell’esame in dibattimento – aiello scendendo cosa vi dice, arriva davanti<br />

al portone e cosa vi dice?<br />

Riolo: sì, dice: guarda che ho appreso che vi hanno iscritto nel registro degli indagati.<br />

E conferma questa dichiarazione e in fase dibattimentale riolo dice: sì, confermo, l’ho detto io.<br />

“L’ho detto io” evidentemente quello che gli era stato contestato all’interrogatorio del 3 dicembre.<br />

Riolo ci ha anche detto, cosa su cui torneremo fra breve, che ciuro si attivò ed ebbe conferma<br />

dell’informazione ricevuta da aiello e per il suo tramite da rotondo e <strong>cuffaro</strong>. E anche aiello nel suo<br />

esame dibattimentale, udienza del 7 febbraio del 2006, non ha potuto fare a meno di ammettere in<br />

buona parte l’esattezza della ricostruzione dei fatti fin qui effettuata, anche se, come al solito, ha<br />

cercato di sminuirne l’importanza e ancora di più ha tentato di salvare la posizione dell’imputato<br />

<strong>cuffaro</strong>. Ha riferito aiello nel corso del suo esame che nel 2003 rotondo era responsabile della<br />

manutenzione di tutte le strutture sanitarie e con lo stesso aveva un rapporto di assoluta fiducia e<br />

che rotondo gli ha fornito notizie in merito ad attività investigative in corso. In particolare aiello ha<br />

riferito che il 20 ottobre 2003, “il geometra rotondo mi viene a trovare in studio, dopo un incontro<br />

che ha avuto con il presidente della regione <strong>cuffaro</strong> e mi ha riferito ch vi era stata una telefonata tra<br />

me e ciuro riguardante il trasferimento, il possibile trasferimento del marito della signora pellerano.<br />

Telefonata che era avvenuta credo i primi di giugno, i primi del giugno del 2003 – dice aiello – per<br />

cui mi riferisce il contenuto di questa telefonata, contenuto che era stato ovviamente riferito al<br />

geometra rotondo da parte del presidente <strong>cuffaro</strong>, e niente, era un po’ preoccupato il presidente<br />

perché era venuta fuori questa telefonata e quindi”<br />

Aiello dunque ha confermato quanto ha riferito rotondo, che la notizia gli è arrivata da <strong>cuffaro</strong>, ha<br />

spiegato in quali circostanze i due si erano incontrati: “dovevano incontrarsi praticamente perché<br />

doveva, avevo chiesto io a rotondo di incontrare il presidente <strong>cuffaro</strong> perchè c’erano alcuni<br />

problemi inerenti alle tariffe in corso di emanazione all’interno di una commissione all’interno<br />

dell’assessorato alla sanità.<br />

Aiello una volta ricevuta l’informazione a sua volta la comunica ai suoi complici. Ci dice: io ero<br />

costantemente in contatto con i miei due legali, uno amministrativo e l’altro l’avvocato monaco e al<br />

termine degli incontri che ho avuto con i miei legali mi ero incontrato, perché in via caltanissetta<br />

con il geometra rotondo e il ragionier damico, mi aveva accompagnato a palermo un dipendente<br />

della struttura ed io mi incontro con il maresciallo riolo.<br />

Un incontro casuale o lei chiama?<br />

No, no, lo chiamo<br />

Lo convoca?<br />

176


Un incontro, perché una volta appresa la notizia da parte del geometra rotondo, io chiedo di<br />

incontrare il maresciallo ciuro, ci vediamo in via caltanissetta dopodichè sopraggiunge, perché<br />

avevamo appuntamento, anche il maresciallo riolo.<br />

Quindi ciuro lo ha convocato lei per comunicargli questa notizia?<br />

No. Ci dovevamo sentire, vedere per altri motivi, ma no, non interessava, la notizia non riguardava<br />

il riolo. Cioè per quanto riguarda la notizia lo dovevo riferire, lo dovevo riferire a ciuro. Anche per<br />

avere conferma perché c’erano dei discorsi vaghi. Mi ricordavo che c’erano dei discorsi di questa<br />

signora che aveva chiesto una raccomandazione, però avevo, non riuscivo a collocarla in che<br />

periodo era avvenuta… (ma di certo la telefonata era avvenuta, almeno questo). 30:07<br />

Quindi, quella sera aiello informa sia ciuro che riolo. Aiello ha escluso di aver saputo da rotondo o<br />

da altri dove <strong>cuffaro</strong> avesse tratto le notizie che gli aveva riferito: “non mi dice. Il presidente era<br />

stato fuori se non ricordo male in quel periodo, ma non mi dice da dove lui attinge queste notizie.<br />

Mi dice semplicemente praticamente <strong>cuffaro</strong> ha avuto notizie di questa telefonata, ti sta facendo<br />

sapere.<br />

Ora è facile osservare che la notizia riferita da rotondo fosse stata relativa soltanto alla telefonata<br />

concernente il marito della signora pellerano non si capirebbe perché è stato immediatamente e<br />

affannosamente convocato anche riolo. Aiello ha cercato di negare quanto invece ha riferito rotondo<br />

proprio a proposito del fatto che nella conversazione tra rotondo e <strong>cuffaro</strong> quest’ultimo avesse fatto<br />

riferimento anche ad una posizione da indagato che aveva ciuro, ragione reale del fastidio di <strong>cuffaro</strong><br />

a proposito della conversazione pellerano intercettata. E viene smentito aiello su questo punto,<br />

come al solito riduttivo su quanto aveva detto nella fase delle indagini preliminari, dicevo, viene<br />

smentito su questo punto da tutte le altre risultanze già esaminate, a cominciare dalla telefonata che<br />

fa subito dopo a suo cugino carcione. Del resto, la rivelazione fatta da <strong>cuffaro</strong> ad aiello tramite<br />

rotondo, e poi da aiello a cascata a riolo e carcione sull’esistenza delle indagini non solo a carico di<br />

aiello, circostanza nota da tempo, ma anche a carico dei due sottoufficiali che fino a quel momento<br />

si erano ritenuti insospettabili, ha prodotto immediati effetti potenzialmente gravissimi per le<br />

indagini. Perché se le cose fossero andate come in dibattimento ha tentato di raccontarci aiello,<br />

allora perché all’improvviso la rete riservata viene immediatamente cambiata, vengono cambiati<br />

tutti i numeri di questa rete? Ciuro e riolo, così come correttamente dicono di apprendere riolo e<br />

rotondo di essere indagati si preoccupano immediatamente delle notizie delle indagini a loro carico<br />

anche perché sicuri dell’affidabilità della rete riservata e dell’esito negativo dei controlli effettuati<br />

sia sulle iscrizioni sia sulle intercettazioni, non riescono a comprendere come si fosse giunti fino a<br />

loro.<br />

Ciuro assicura l’amico che l’indomani avrebbe fatto nuove verifiche e in effetti alle 12:56 del 21<br />

ottobre è in grado di informare aiello e poi gli altri correi che aveva avuto la conferma, il<br />

controvalore della notizia data da <strong>cuffaro</strong> a rotondo. Ebbene, il controvalore di cosa? Del fatto che<br />

era stata intercettata la conversazione relativa al marito della signora pellerano? Non c’era bisogno.<br />

Il controvalore è il controvalore di quella parte di deposizione che aiello in dibattimento non ha<br />

confermato sostanzialmente cioè che i due sottoufficiali, quello della guardia di finanza in servizio<br />

alla dia, e quello dei carabinieri in servizio al ros erano in effetti soggetto di investigazioni. 12:56<br />

del 21 ottobre.<br />

Va precisato che in questa come in altre occasioni anche se nelle intercettazioni e nelle trascrizioni<br />

si parla di iscrizione di ciuro e di riolo al registro degli indagati, il fatto è sostanziale dell’esistenza<br />

di indagini nei loro confronti, dato che i loro nomi sono stati scritti solo dopo che essi sono stati<br />

tratti in arresto. Prima naturalmente era stata seguita una procedura abbastanza complessa di<br />

criptazione di questi nomi che rendeva di fatto impossibile la scoperta del fatto che erano stati<br />

iscritti.<br />

È da notare ancora che a seguito del comportamento processuale assunto anche a questo proposito<br />

da ciuro, che si è avvalso della facoltà di non rispondere (ciuro che ci disse di aver intenzione di<br />

chiarire tutto, dal primo momento, e di dimostrare di essere un leale servitore dello stato, tant’è che<br />

nel dibattimento come tutti i leali servitori dello stato, dobbiamo pensare, si è avvalso della facoltà<br />

177


di non rispondere… devo dire qualcuno l’aveva fatto in altre sedi), non è stato possibile sapere da<br />

chi e in quale modo egli abbia avuto la conferma dell’esistenza di indagini a suo carico. E però che<br />

questa conferma vi sia stata lo confermano le telefonate del 21 ottobre del 2003, quella che ho già<br />

citato, 12:56 fra ciuro e aiello, in cui ciuro dice: comunque vero eh<br />

E aiello: è tutto tranquillo dico<br />

Sì per il resto però è vera la cosa di ieri<br />

Ah, ho capito, non cambia niente.<br />

Uh sì, ora vedremo<br />

Sempre ciuro: e quindi ora stanno allargando<br />

E ciuro: non capisco con quale sistema, non capisco con quale sistema. Perché insomma… però è<br />

vero, è. Questa mattina manco arrivato mi ha chiamato uno – sempre ciuro che parla – la prima cosa<br />

che mi ha detto: guarda che è così, così.<br />

Ah sì.<br />

E ciuro: ah sì, dico. E come mai? “non lo so” dice. Ah<br />

E ciuro ancora: attenzione, dice, perché ho capito. Vabbene, ci dissi, qua siamo pronti, ho capito.<br />

E aielo: quindi lo confermano.<br />

Sì, sì, sì. Lo confermano, lo confermano sempre.<br />

16:01 dello stesso 21 ottobre. Ciuro e riolo<br />

ciuro: non sei andato proprio lì, va bene, ma comunque vedi che è vero. Stamattina manco sono<br />

arrivato, prima che io chiedessi già qualcuno ha detto.<br />

riolo: va bene.<br />

Ciuro: va bene?<br />

Ok<br />

Ciuro: però non lo so. Adesso dove bisogna andare a parare non lo so, questo perché è una cosa…<br />

E riolo: ma di chi è? Ah sapessi…<br />

Ciuro: sempre degli stessi<br />

Va bene.<br />

Ciuro: non solo. Oltretutto è intervenuto pure un nuovo fattore, questo mi pare che lo state facendo<br />

voi. Matteo l’avete fatto voi? (chissà chi è questo matteo)<br />

E riolo: sì, sì. Ma infatti io t’ho parlato di quella, di quella cosa, sì.<br />

E ciuro: E vogliono fargli pure questa contestazione a mike – e ancora ciuro – quindi adesso vedi tu,<br />

io più di tanto non riesco, capisci? Adesso perché adesso devo quartiare più degli altri.<br />

E ancora, 16:09. Ancora ciuro e riolo<br />

Ciuro: se è perché… io non ci dormo più adesso perché stamattina ho avuto il controvalore<br />

dall’altra parte, il che significa che qualcuno ha detto “riolo, buono, vabbè. Bene.<br />

E allora aiello non è che ci può venire a dire che la rivelazione di rotondo riguardava la signora<br />

pellerano, ancora una volta ha ragione rotondo che ci racconta tutta la verità, non soltanto il<br />

pezzettino che tentando di neutralizzare quanto aveva in precedenza detto, ci ha raccontato aiello.<br />

Perché all’esito della conferma dell’esistenza delle indagini a loro carico aiello e suoi complici<br />

decidono di mettere subito in esecuzione il suggerimento dato come al solito da ciuro la sera prima,<br />

come ulteriore misura prudenziale, cioè cambiano le utenze della rete riservata. La circostanza<br />

emerge in modo assolutamente univoco dalle intercettazioni telefoniche ed è stata ammessa anche<br />

da riolo.<br />

Anche qui, l’informazione che fornisce <strong>cuffaro</strong>, che è confermata da riolo, dalle intercettazioni e da<br />

rotondo, porta a un effetto. Anche qui, quello che si stava ascoltando non deve essere più ascoltato,<br />

soltanto che nel caso di guttadauro questo effetto si verifica, qui per una serie di circostanze non si<br />

verifica, e vediamo perché.<br />

Intanto riolo nel corso del suo esame ha fatto riferimento anche all’incontro che ebbe la sera del 4<br />

novembre del 2003, il giorno prima dell’arresto, con aiello presso la clinica di bagheria e ha<br />

178


dichiarato: l’ingegnere michele aiello mi ha confermato quella sera che avrebbe parlato con il<br />

presidente. Se adesso nello stato confusionale in cui io mi trovavo ho aggiunto di aver appreso<br />

anche dell’iscrizione detto da <strong>cuffaro</strong>, questo non so, non posso dirlo per certo, ma ricordo di aver<br />

capito che aveva detto di averlo appreso dal presidente <strong>cuffaro</strong>.<br />

Sulla mossa di queste affermazioni gli sono state mosse le contestazioni derivanti<br />

dall’interrogatorio che riolo rese il 19 febbraio del 2004 sullo stesso tema, l’incontro del 4<br />

novembre presso la diagnostica: “io andai da aiello. Mi disse: senti, io mi sono visto a quattr’occhi<br />

con il presidente. E io gli chiesi ad aiello: ma è stato lui? E mi confermò che era stato lui a dire che<br />

noi eravamo stati iscritti nel registro degli indagati. E ancora il pm: ricorda l’intero passo della<br />

contestazione del 4 novembre 2003… il presidente <strong>cuffaro</strong>.<br />

Il presidente <strong>cuffaro</strong>? E lei risponde: il presidente <strong>cuffaro</strong> confermò ad aiello che eravamo iscritti<br />

nel registro degli indagati.<br />

E ancora, sempre per completezza, pag. 95 dello stesso interrogatorio: lei parlava del fatto dei soldi<br />

(su cui torneremo) e dice: io gli dissi prima questo fatto dei soldi il 4 novembre, lui i confermò che<br />

era stato il presidente.<br />

E ancora al pm che le chiedeva: lui chi?<br />

Aiello mi confermò che era stato il presidente a dirgli che eravamo iscritti nel registro degli<br />

indagati.<br />

Ed in più aveva anche chiesto questo fatto dei soldi al presidente: lei conferma queste dichiarazioni?<br />

E riolo: confermo, sì.<br />

E ancora, a proposito della vicenda rileva l’incontro che ebbe con il maresciallo pasquale gigliotti.<br />

Riolo ha riferito di avere avuto un incontro con il maresciallo gigliotti nel periodo coincidente a<br />

quello nel quale aveva avuto le notizie da aiello e da ciuro, ottobre/novembre del 2003.<br />

Ha riferito in particolare di un incontro occasionale, 10/12 giorni prima del suo arresto, in una<br />

traversa di via marchesa di villabianca, nei pressi di un negozio di autoricambi e di una agenzia di<br />

viaggi. In quella occasione aveva confidato a gigliotti che conosceva da molti anni e che sapeva fare<br />

parte del sismi e prima ancora del ros, di essere molto preoccupato per essere sottoposto a indagini<br />

per la vicenda guttadauro e gli aveva chiesto di aiutarlo acquisendo ulteriori notizie, in particolare<br />

accertando se era sottoposto a intercettazioni. Si tratta di circostanze che ne corso del suo esame del<br />

15 marzo 2005 troveranno piena conferma nella deposizione di gigliotti. Sentito con le garanzie<br />

previste dall’art.210 del codice, gigliotti ha riferito: è capitato che prima che lui fosse arrestato ci<br />

siamo incontrati una volta casualmente in via laurana a palermo, nei pressi di una agenzia di viaggi.<br />

Casualmente ci siamo incontrati lì, lui proveniva da un’altra parte, fu proprio una cosa che andò a<br />

combaciare il mio arrivo con il suo. E poi lui entrò nell’agenzia, mi disse come va? Io dissi<br />

veramente è un periodo che per me non va bene. E lui mi disse: bè, effettivamente non è un periodo<br />

che va bene, sono preoccupato perché a seguito del ritrovamento di una microspia a casa guttadauro<br />

penso di essere sottoposto a indagini. E lui in quell’occasione anzi mi disse: non è che tu magari ti<br />

puoi interessare della cosa? Io onestamente lo confortai a parole, gli detti la mia disponibilità però<br />

di fatto non feci nulla.<br />

Quindi c’è un’informazione relativa a indagini cu era sottoposto riolo, che riolo possiede perché<br />

l’ha avuta dal tramite <strong>cuffaro</strong>/aiello e che mette sostanzialmente a disposizione per interesse<br />

proprio, evidentemente, di gigliotti. Ma abbiamo già detto che aiello, nel confermare<br />

sostanzialmente la ricostruzione dei fatti fin qui operata, ha cercato di sminuire in sede<br />

dibattimentale il ruolo di <strong>cuffaro</strong> e l’importanza delle notizie da lui ricevute.<br />

Abbiamo già illustrato ampiamente nel corso della discussione quanto sia stato riduttivo aiello nel<br />

corso della sua lunghissima deposizione dibattimentale.<br />

Però le notizie sono importanti e questo emerge senza dubbio alcuno da altre telefonate intercettate,<br />

alcune, che però citiamo sotto altro profilo, abbiamo già citato: quella del 12:56 del 21 ottobre del<br />

2003 sotto altro profilo che è il seguente, perché ciuro dice a un certo punto di quella conversazione<br />

di cui un pezzo ho già letto: quella cosa che abbiamo pensato ieri comunque facciamola. E cioè<br />

davanti alla preoccupazione di essere indagati, e non c’entra niente la telefonata della signora<br />

179


pellerano, il rimedio naturalmente qual è? Dopo essere arrestati il voler chiarire tutte le cose farlo o<br />

non farlo, ma qui in questo momento il rimedio è fare la cosa che abbiamo pensato ieri.<br />

Risposta di aiello: lo stano facendo. Sì, aspetta. Si tratta di averlo, ah<br />

Chiaro, sì, perché possono arrivare a tutto oramai.<br />

Va bene, giusto, perfetto.<br />

E poi ancora, la conversazione delle 16:01 dello stesso giorno, anche qui sotto altro profilo, dove<br />

parlano sempre ciuro e riolo e ciuro dice: ve bene, senti, gli ho detto a michael tutto di quella cosa<br />

che parlavamo di farlo subito. Arrivati a sto punto perché…<br />

Certo, sì, certo, certo.<br />

Giusto, anche perché non sappiamo le cose come vanno.<br />

D’accordo.<br />

E sempre su questo tema, e a questo punto il tribunale chiaramente ha capito di cosa sto parlando, la<br />

conversazione delle 16:04 del 21 ottobre 2003 fra ciuro e aiello, pochi minuti dopo la conversazione<br />

fra ciuro e riolo. 44:19<br />

Ho parato pure con giorgio – dice ciuro – gli ho detto, infatti, dice pure lui, a posto siamo. Ora<br />

cominciò a vedere all’interno tutta una serie di situazioni.<br />

Ah, ho capito, va bene.<br />

Ancora ciuro: comunque pensa pure a qual’altra cosa per farla subito perché non mi è piaciuta tutta<br />

la cosa di stamattina.<br />

Va bene<br />

Quindi vediamo di riesumare tutto.<br />

Ok, va bene.<br />

E ancora, 15:55 del 22 ottobre. Ciuro e aiello.<br />

Tutto benissimo, ci è andato francesco, aspetta un istante. No niente, niente attivazione l’altro o no.<br />

Questo ti dicevo, se ne è andato a fare questo lavoro. Se ne è andato – sempre ciuro – io sono stato<br />

il primo allora il più fortunato. No no perché non credo già attivato è. Non lo so io non ho la più<br />

pallida idea.<br />

E aiello: ti chiamo io appena attivato dagli altri numeri.<br />

Va bene, va bene.<br />

E infine, su questo punto, 12:49 del 22 ottobre ciuro/riolo<br />

Buongiorno<br />

Buongiorno<br />

Se potresti passare per… ti devo dare il pacco<br />

E riolo: il pacco regalo, auguri e buone feste<br />

Ah, no. Io passo da lì e te lo prendi uhm che già è pronto<br />

Ah sì?<br />

Sì.<br />

Da lì?<br />

Sì. Poi appena ce l’hai chiamami.<br />

D’accordo. Va bene.<br />

Lo ritiri, lo guardi, mi dici se ti piace, se lo dobbiamo cambiare, se dobbiamo fare gi auguri, che<br />

dobbiamo parlare<br />

Va bene.<br />

È chiaro che si sta parlando di questo simpatico regalo che si sono fatti, e cioè della sostituzione<br />

delle utenze cellulari cosiddette riservate. Questa sostituzione di cellulari delle utenze cosiddette<br />

riservate, l’ho già detto ma lo ripeto, avrebbe potuto pregiudicare in maniera molto seria l’indagine<br />

che era in corso, impedendo tra l’altro di captare le conversazioni tra gli imputati nei 15 giorni<br />

successivi e fino all’arresto avvenuto il 5 novembre 2003. Fra queste telefonate, quelle dei 15 giorni<br />

180


successivi, ci sono le telefonate che consentono di ricostruire l’incontro tra aiello e <strong>cuffaro</strong> del 31<br />

ottobre di cui parleremo fra un attimo.<br />

Ora. Se questi esiti non si sono verificati è stato solo grazie all’intuito investigativo dei carabinieri<br />

che indagavano e grazie a una nuova imprudenza degli imputati, questa volta ascrivibile a carcione<br />

che ha utilizzato il nuovo cellulare segreto mentre aveva ancora aperto il telefono pubblico<br />

sottoposto a intercettazione, conversazione del 18 ottobre 2003, ore 18:42, è stato così possibile<br />

ricostruire quasi immediatamente la nuova rete riservata ed è proprio su questa seconda serie di<br />

apparecchi che vengono intercettate le telefonate relative al negozio bertini di bagheria. 47:22<br />

Intanto, per concludere l’esposizione relativa alla rivelazione del 20 ottobre 2003 non vi sono dubbi<br />

che essa sia stata posta in essere da <strong>cuffaro</strong> tramite rotondo e che integri i reati contestati.<br />

Ma l’esame della posizione di <strong>cuffaro</strong>, con riferimento alla rivelazione di notizie su indagini a<br />

carico di michele aiello deve continuare appunto con la ricostruzione del secondo episodio che<br />

completa una condotta che per la verità è sufficientemente esaurita con l’episodio del 20 di ottobre.<br />

Perché 10 giorni dopo, sostanzialmente, in realtà il 31 ottobre, <strong>cuffaro</strong> forniva ad aiello nuove<br />

informazioni sulle indagini a suo carico. L’appuntamento veniva fissato per il pomeriggio di quel<br />

giorno con modalità tali da garantirne la riservatezza. Rotondo veniva chiamato telefonicamente,<br />

ma solo per essere invitato a recarsi alla presidenza della regione da uno dei collaboratori di <strong>cuffaro</strong>,<br />

il quale gli comunicava a voce che il presidente intendeva incontrare aiello presso un negozio di<br />

abbigliamento di bagheria, il negozio bertini, dove si doveva recare per fare degli acquisti.<br />

Cuffaro si recava a bagheria senza la scorta, accompagnato solo dai suoi fedelissimi. La scorta,<br />

contravvenendo alle più elementari regole di sicurezza, non veniva attivata con un pretesto, scorta<br />

che lo aveva invece altre volte accompagnato in quello stesso negozio. Dalle intercettazioni delle<br />

conversazioni cellulari dei collaboratori risultava esplicitamente che lo spostamento doveva<br />

avvenire in incognito, lo stesso aiello, che si teneva pronto nelle vicinanze, veniva avvisato avendo<br />

cura di non lasciare alcuna traccia esplicita dell’appuntamento nelle conversazioni telefoniche<br />

peraltro avvenute tutte sui cellulari dei rispettivi collaboratori.<br />

La prima caratteristica di questo incontro tra il presidente della regione in carica e il suo amico con<br />

il quale gli incontri prima frequenti erano pressochè cessati dal 1 luglio del 2003, data<br />

dell’interrogatorio di <strong>cuffaro</strong>, pur se contatti indiretti erano, come abbiamo visto, continuati<br />

regolarmente, e la sua assoluta riservatezza. Ce lo dice chiaramente rotondo che è stato contattato<br />

dallo staff di <strong>cuffaro</strong> per fissare l’appuntamento con aiello. Nel suo interrogatorio al pm del 9<br />

febbraio 2004 ha dichiarato:<br />

il pm gli chiede: le stavo chiedendo se lei ha fissato in questi ultimissimi tempi, prima del 5<br />

novembre, che è la data dell’arresto dell’ingegner aiello, degli appuntamenti fra aiello e <strong>cuffaro</strong>.<br />

E rotondo: un giorno mi ha chiamato vito raso. Io l’ho incontrato e mi chiesto, mi ha detto di riferire<br />

all’ingegnere che il presidente quel pomeriggio sarebbe stato a bagheria e che voleva incontrare<br />

l’ingegnere. 50:12<br />

Cioè a parlato di persona?<br />

Sì.<br />

Cioè, lei da bagheria è venuto a palermo o era già a palermo?<br />

Io era a bagheria, vito raso mi ha detto (al telefono, naturalmente): che fa, avvicina un attimo in<br />

presidenza? Sono sceso, io non sapevo. Mi ha detto: guarda, il presidente oggi pomeriggio è a<br />

bagheria, se dici all’ingegnere se si possono incontrare.<br />

E di che cosa hanno parlato?<br />

Non lo so.<br />

Poi si sono incontrati? Cominciamo da là.<br />

Penso di sì. Che l’unica cosa che mi ha riferito l’ingegnere, mi ha detto che aveva incontrato il<br />

presidente, dicendomi che anche a lui aveva dato conferma del tariffario da lì per lì per la<br />

pubblicazione.<br />

Solo questo?<br />

181


Che sappia io sì.<br />

E ancora, pm: torniamo al 31 da cui eravamo partiti. Lei aveva cominciato a dire, perché io le<br />

avevo fatto la domanda più avanti, che ha preso questo appuntamento, è stato chiamato da vito raso<br />

ed è venuto da bagheria a palermo.<br />

Sì, mi ha chiesto: avvicina a palermo, ed io l’ho fatto, dico, mi sembrava che era un appuntamento<br />

come le altre cose, per darmi notizie sul tariffario.<br />

E invece le ha detto: il presidente vuole parlare col…<br />

Esattamente<br />

Poi ha detto lei aiello dopo il colloquio, ma lei ha accompagnato aielo al colloquio, no?<br />

No.<br />

Si è limitato a riferire l’appuntamento?<br />

Sì.<br />

Ma a vito raso non gliel’ha chiesto: ma perché mi fai venire a palermo? Non ce l’hai il telefono?<br />

Non gliel’ho chiesto.<br />

Non gliel’ha chiesto…<br />

Certe volte, sa, nella confusione uno fa le cose meccanicamente, sono partito sperando di avere<br />

notizie sul tariffario<br />

Ma lei è partito da bagheria?<br />

Ma non è la prima volta che io parto da bagheria e scendo, salgo, dico per lavoro o altre cose.<br />

Sì, ma lei parte da bagheria per parlare con vito raso, arriva e vito raso le dice: vedi che stasera il<br />

presidente vuole vedere aiello, e se ne torna?<br />

Sì, esattamente.<br />

E le dà l’appuntamento al negozio.<br />

Sì, mi dice che siccome il presidente doveva andare là a fare compere…<br />

Là dove?<br />

Al negozio bertini.<br />

Vi sono altri impressionanti riscontri alla narrazione che vengono come vedremo sia da fonti<br />

dichiarative che da intercettazioni telefoniche. Cominciamo dalle ulteriori fonti dichiarative, perché<br />

l’8 ottobre 2005 sono stati esaminati raso e antinoro. Ora antinoro è ufficialmente una guardia<br />

forestale che lavora nell’ufficio di gabinetto del presidente <strong>cuffaro</strong>, di fatto è un suo gurdaspalle da<br />

oltre 10 anni. Antinoro suo malgrado ha ricordato i movimenti di <strong>cuffaro</strong> del 31 ottobre 2003<br />

quando ha accompagnato appunto <strong>cuffaro</strong> a bagheria. Sono le modalità del’incontro a dimostrare<br />

ancora anch’esse la sua ….<br />

Antinoro accompagna <strong>cuffaro</strong> con una macchina privata, dice una lancia lybra appartenente ad un<br />

altro fidato di <strong>cuffaro</strong>, tale pisano. Ha spiegato che su ordine di <strong>cuffaro</strong> stesso aveva licenziato la<br />

scorta. Testuale, gli aveva dato il liberi tutti. Cuffaro viene accompagnato nel negozio di bertini nel<br />

tardo pomeriggio e dopo un poco, conferma antinoro, arriva il dottor aiello, da lui definito come “un<br />

amico del presidente, ci vedevamo spesso”. Antinoro conferma che i due si dovevano incontrare<br />

perché dell’appuntamento gli aveva parlato vito raso, altro teste e accompagnatore di <strong>cuffaro</strong>.<br />

Raso, sentito nella stessa udienza, ci ha riferito di essere amico di <strong>cuffaro</strong> fin dal’infanzia, di<br />

svolgere per <strong>cuffaro</strong> il ruolo di segretario particolare: gli pigliavo gli appuntamenti, le persone gli<br />

ricevevo, tutto il lavoro di segreteria.<br />

Ci ha riferito di conoscere rotondo,un consigliere comunale di bagheria che lavorava da aiello, e ha<br />

riferito di conoscere anche aiello perché veniva dal presidente: “perché qualche volta è venuto dal<br />

presidente, perché lo chiamavo telefonicamente, perché gli mandavo persone che avevano bisogno<br />

di lui se veniva qualcuno che aveva bisogno di fare qualche visita, qualche esame.<br />

A proposito dell’incontro del 31 ottobre del 2003 raso ha spiegato che era stato <strong>cuffaro</strong> a chiedere di<br />

chiamare rotondo perché questi avvisasse aiello.<br />

Amche le modalità di questo avviso sono particolari perché rotondo viene convocato alla presidenza<br />

della regione per ricevere la comunicazione, ci dice raso, e l’ordine che raso riceve da <strong>cuffaro</strong> è<br />

182


esplicito: per telefono mi dice di chiamare rotondo, no. Mi dice di chiamarlo e di farlo venire in<br />

presidenza. Dice raso che è stato <strong>cuffaro</strong> a dirgli di far venire rotondo alla presidenza e non dare la<br />

comunicazione dell’appuntamento per telefono, ordine che raso ha puntualmente eseguito.<br />

Cioè il presidente che cosa le ha detto, di farlo senza usare il telefono?<br />

Di chiamarlo, di chiamarlo, farlo venire e dirglielo.<br />

Di chiamarlo, farlo venire e dirglielo? E lei solitamente quando ci sono appuntamenti con il<br />

presidente usa questa procedura? (vito che ci ha detto che era lui che faceva il segreteario<br />

particolare e che gli organizzava gli appuntamenti)<br />

Anche qusta procedura.<br />

Anche qusta?<br />

Diverse procedure.<br />

Procedure? Cioè, non capisco. Perché non sarebbe stato possibile chiamare una persona per telefono<br />

e dirgli che ci sarebbe stato… Molte volte… un appuntamento intorno…<br />

Molte volte le persone le faccio venire.<br />

Si è raccomandato con lei…<br />

Forse sì.<br />

… usare il telefono?<br />

Forse sì.<br />

Riesca a fare uno sforzo di memoria, a dirmi se il presidente si è raccomandato con lei di non usare<br />

il telefono?<br />

Ma io il presidente lo sentivo 100 volte al giorno quindi qualche volta mi diceva “fai venire una<br />

persona là” e io lo convocavo.<br />

E ancora: stiamo focalizzando su una sola persona e su un solo giorno, il 31 ottobre,<br />

l’appuntamento procurato per il tramite di rotondo.<br />

Lo so, ma non è un giorno…<br />

E, ancora più chiaro, per dichiararae il carattere clandestino dell’incontro, sono le telefonate<br />

intercorse nel pomeriggio del 31 ottobre del 2003 tra <strong>cuffaro</strong> e i suoi collaboratori, aventi ad aggetto<br />

proprio l’organizzazione dell’incontro. Chiamata del 31 ottobre del 2003, ore 16:52,<br />

segretaria/salvatore <strong>cuffaro</strong>/vito raso. È brevissima.<br />

Pronto?<br />

Vito raso.<br />

Te le passo.<br />

(e il presidente <strong>cuffaro</strong> prende il telefono): pronto?<br />

Dove sei?<br />

Vicino a casa.<br />

Cuffaro: hai confermato? Non hai confermato?<br />

Vito raso: alle 18.<br />

Ma lo hai fatto venire? Gli hai detto per telefono?<br />

No, è venuto.<br />

Bene, alle 18. Spero che tu l’abbia fatto venire.<br />

Totò, vedi che quando tu mi dici le cose, a me basta mezza volta<br />

Va bene, ciao.<br />

Ancora, 31 ottobre 2003, ore 19:07. Parlano gambino giuseppe e giovanni antinoro, tutti<br />

dell’entourage del presidente. In particolare, antinoro abbassa il tono della voce e riferisce: perché<br />

non lo so? Deve andare da qualche parte poi deve andare a prendere sua figlia.<br />

(poi abbassa ancora di più il tono della voce): per ora abbiamo mandato tutti, abbiamo mandato<br />

pure la scorta, capisci? E siamo fuori in incognito, d’accordo?<br />

Poi ancora, 31 ottobre, ore 19:11, gambino e antinoro.<br />

183


Pronto, mi senti?<br />

Ti sento.<br />

Dicevo vattene che poi ti chiamiamo noi. (perché gambino sostanzialmente è l’autista)<br />

Va bene. Voi siete ancora in presidenza?<br />

No, no.<br />

Pino va bene, ho capito.<br />

Vattene, ti chiamiamo sicuramente. Non andare in presidenza però (appunto, non c’erano).<br />

E poi ancora 31 ottobre 2003 quando c’è di nuovo l’aggancio della scorta e si torna, si esce dalla<br />

clandestinità, si torna a essere uomini pubblici.<br />

Vieni, chiama la scorta e venite in via villareale, dove c’è la clinica candela.<br />

Via villareale?<br />

Dove c’è la clinica candela. Ce l’hai presente?<br />

E dobbiamo venire con la scorta, lì? (e lo credo bene perché non è che è sicuro quando ci si muove<br />

con la scorta o no)<br />

Sì. Tu dove sei?<br />

Io a casa.<br />

A va bene, io ti aspetto.<br />

(e in sottofondo si sente la voce di <strong>cuffaro</strong>): va bene<br />

ma se ci sei tu perché devo venire pure io<br />

Ancora, 31 ottobre 2003, ore 21:09. Cuffaro che parla col figlio e gli conferma che ha fatto gli<br />

acquisti. E poi in conclusione allora non si può mettere in dubbio l’anomaia della modalità con cui è<br />

stato organizzato questo incontro del 31 ottobre, confermate sostanzialmente loro malgrado devo<br />

dire a questo punto, sia da aiello che da <strong>cuffaro</strong>. Questa anomalie vanno sempre tenute presente<br />

nella valutazione delle risultanze processuali in ordine alla valutazione finale ai fini del giudizio<br />

dell’imputato <strong>cuffaro</strong> per qunto riguarda questo segmento di condotta, quale sia stato cioè il<br />

contenuto dell’incontro.<br />

Per rispondere a questa domanda, atteso che, come abbiamo detto, c’era qualcosa che non<br />

funzionava nella modalità dell’incontro, vediamo se sulla base del materiale probatorio che<br />

abbiamo, si riesca a capire che cosa si sono detti, <strong>cuffaro</strong> e aiello mentre erano intenti a scegliere i<br />

capi di abbigliamento per la stagione invernale del 2003. 59:09<br />

E allora per rispondere a questa domanda conviene partire dal resoconto che, secondo abitudina,<br />

aiello ha fatto a carcione la sera stessa del 31 ottobre 2003, quando alle 20:14 lo chiama, cioè poco<br />

dopo la conclusione dell’incontro. inutile sottolineare che questa conversazione … sulla nuova rete<br />

riservata quindi siamo proprio al sicuro, cioè quelli sostituiti pochi giorni prima, subito dopo la<br />

prima rivelazione di notizia riservate sulle indagini da aprte di <strong>cuffaro</strong>, quella del 20 ottobre. Inutile<br />

inoltre sottolineare l’autonomo valore di prova che quaste intercettazione ha ai fini del caso in<br />

esame e vedremo anche che essa è coerente con tutte le altre risultanze processuali. Allora:<br />

Pronto, michele?<br />

Aldo, sei in compagnia?<br />

No, completamente<br />

Ho capito (dice carcione), com’è finita? (perché si sapeva che si dovevano incontrare)<br />

No, era messo a vibracall. Niente praticamente, niente di eccezionale. Praticamente il discorso qual<br />

è: ha fatto un giochetto che sta facendo a giorgio, lui. Eh, poi ti spiego, quel tizio…<br />

Ho capito.<br />

Per il resto lui mi ha assicurato e spergiurato che niente, ma niente di eccezionale. Praticamente<br />

stavano… ma quello che sappiamo noi.<br />

Va bene, d’accordo.<br />

(sempre aiello) Perché è un… diretto, diretto collegamento con roma, e quindi niente riesce ad<br />

avere.<br />

184


Va bene.<br />

Nè più né meno quello che sappiamo.<br />

D’accordo, va bene.<br />

L’interessante è che stavano commentando un po’ questa conversazioni, facendo delle ipotesi, anzi,<br />

quello lo metteva in guardaia e per dire “vedi sti bastardi che stanno combinando”.<br />

Va bene<br />

(e ancora aiello) né la sua, quando si è parlato di quel dipendente, non gli hanno dato molta<br />

importanza, completamente. Però in considerazione di questo dice, vabbè, apritevi gli occhi.<br />

Va bene, d’accordo, va bene, chiaro.<br />

Va bene, d’accordo, va bene, ok, ci sentiamo.<br />

E per le nostre cose ha detto niente?<br />

(seconda parte della stessa conversazione)<br />

no, le tariffe?<br />

No, che la settimana entrante approvano tutto<br />

E poi’<br />

Poi però mi ha detto di accettarle per quelle che sono, non fate completamente ricorso perché fra tre<br />

mesi ancora le cambiamo.<br />

In sostanza da questo resoconto che aiello fa nell’immediatezza a carcione, lasciando per un<br />

momento di lato la parte relativa al tariffario, che cosa risulta, risulta che dall’incontro con <strong>cuffaro</strong><br />

non è emerso nulla di eccezionale, che la persona con cui ha parlato <strong>cuffaro</strong> ha un diretto<br />

collegamento con roma e quindi riesca ad avere informazioni, bisogna logicamente ritenere, ma ch<br />

queste informazioni sono già le stesse che aiello e carcione conoscono: “né più né meno quelo che<br />

sappiamo noi”, “lui mi ha assicurato e spergiurato, ma niente di eccezionale”.<br />

Che <strong>cuffaro</strong> e il suo interlocutore stanno commentando un po’ “queste conversazioni”, “queste<br />

conversazioni” – bisogna notare il plurale – facendo delle ipotesi, “anzi, quello lo metteva in<br />

guardia e per dire “vedi sti bastardi che stanno combinando”.<br />

Che <strong>cuffaro</strong> e il suo interlocutore non davano molta importanza alle intercettazioni della telefonata<br />

oramai famosa di almeno 6 mesi prima della raccomandazione per il marito della signora pellerano,<br />

che cufaro, in considerazione di questo, cioè dell’esame complessivo delle preocupazioni espresse,<br />

avevano invitato aiello, dice “và, apritevi gli occhi”, che la situazione appariva loro nel complesso<br />

un pochettino più ridimensionata. A allora in sostanza <strong>cuffaro</strong> e aiello avevano rifatto il punto sulle<br />

indagini sulla base delle notizie e dei commenti ricevuti dalla regione …. Che costituiva un diretto<br />

collegamento con roma.<br />

Questa condotta integra evidentemente i reati contestati pur se aielo afferma alla fine che il quadro<br />

generale corrispondeva a quello a lui già noto. Ma dalle intercettazioni emerge un’indicazione<br />

ulteriore. Le conversazioni che <strong>cuffaro</strong> e il suo interlocutore stavano commentando erano più di una<br />

e diverse da quella, sempre ricorrente, dell’ormai famosa raccomandazione che era l’unica che fino<br />

ad allora aveva allarmato, seppur in misura minima, aiello e i suoi complici e proprio da questo<br />

esame e da questo commento era scaturita la sollecitazione: “apritevi gli occhi”.<br />

E allora deve giustificatamente dedursi già da qeusta conversazione del 31 ottobre sera tra aiello e<br />

carcione, che <strong>cuffaro</strong> aveva rivelato ad aiello l’esistenza di attività di intercettazione diverse da<br />

quella a lui già nota da mesi e in particolare che queste intercettazioni avessero ad oggette ciuro e<br />

riolo, di cui proprio <strong>cuffaro</strong> aveva rivelato, appena 11 giorni prima, la qualità di indagati. Questa<br />

conslusione trova poi piena conferma dalla dichiarazioni fatte da aiello nel suo esame<br />

dibattimentale. Come al solito, come al solito, aiello nel suo interrogatorio del 7 febbraio 2006 ha<br />

tentato di attenuare la portata di precedenti sue dichiarazioni, con un comportamento processuale<br />

che dovrà in questa sede essere sicuramente e opportunamente valutato. Sta di fatto che<br />

ricostruendo l’incontro presso il negozio di bagheria alla fine ha dovuto confermare la dichiarazione<br />

resa al pubblico ministero e contestatagli nel corso dell’udienza, dichiarazine resa appunto al pm il<br />

6 dicembre del 2003 e che <strong>cuffaro</strong> “praticamente aveva detto che c’erano delle indagini in corso nei<br />

185


confronti del riolo e del ciuro, notizie che aveva ricevuto da roma però non mi ha precisato da<br />

dove”.<br />

Nel successivo interrogatori pure contestato del 5 gennaio 2004, nel corso dell’esame dibattimentale<br />

aiello ha precsato ulteriormente che <strong>cuffaro</strong> gli aveva detto che nel corso delle indagini a suo carico<br />

erano state messe in evidenza le telefonate “tra me (aiello) quindi ciuro e rilo”. E dopo avere<br />

ricostruito l’anomale organizzazione dell’incontro nei termini che abbiamo gi accertato, aiello passa<br />

a riferire il contenuto dell’incontro cercando appunto di attenuarne la gravità.<br />

“Il 99,99% si parla del problema del tariffario che sta per uscire, poi alla fine prima di andare via mi<br />

ribadisce il concetto di aprirci gli occhi (sempre alla fina <strong>cuffaro</strong> dà queste indicazioni, anche a<br />

rotondo mentre stava allontanandosi dalla presidenza della regione gli ricorda che fra gli indagati<br />

c’era “un certo maresciallo riolo”). Qui anche, prima di andare via, lo 0,01% della conversazione,<br />

gli dice di “aprire gli occhi, di stare attenti a parare per telefono perché c’è stata questa famosa<br />

telefonata della signora pellerano, e poi alla fina, ma è stato proprio un flash, dice: vedi comunque<br />

attento anche per qaunto riguarda riolo”.<br />

E il pm gli chiede; gli parla di intercettazioni, di telefonate intercettate tra lei e ciuro e tra lei e<br />

riolo?<br />

E aiello: non mi parla di telefonate, mi parla della telefonata (e abbiamo visto che non è così),<br />

l’unica telefonata di cui si parla, del contenuto è sempre la famosa telefonata di cui abbiamo parlato<br />

già ampiamente anche stamattina, credo 20 venti (perché si è anche stancato di circi che c’è solo<br />

una telefonata, giusto l’ulica che penalmente non significa nulla). Quindi, da indignato anche lui, da<br />

disturbato dalla indagini, come dice cordero, dice: signor presidente, creod 20 volte, però l’unica<br />

praticamente, l’unico flash che manda è sul discorso riolo. Dice: attenzione anche a parlare con<br />

riolo. In questo senso.<br />

E poi a contestazione, anche il 9 dicembre 2004, quando veniva sentito come teste al processo<br />

borzacchelli a proposito del contenuto dell’interrogatorio: “l’incontro, l’oggetto era quelo (aveva<br />

parlato del tariffario) poi si è parlato alla fine mi ha detto: sono state attenzionate delle telefonate<br />

intecorse tra te, il maresciallo ciuro e il maresciallo riolo.<br />

Dunque, in quell’interrogatorio, raccontando quello che gli disse <strong>cuffaro</strong> il 31 ottobre, ammetta che<br />

sono state attenzionate telefonate intecorse tra aiello, ciuro e riolo. Questa circostanza l’ha ripetuto,<br />

se vuole gliela leggo tante altre volte.<br />

E ancora il pm: io voglio sapere se quello che ha dichiarato nel corso dei numerosi interrogatori<br />

anche in sede di udienza dibattimentale (perché quelle rese nel processo borzacchelli sono<br />

deposizioni ovviamente dibattimentali), cioè che <strong>cuffaro</strong> le disse personalmente: sono state<br />

intercettate telefonate tra te e ciuro e tra te e riolo, è vero o non è vero (una domanda semplice).<br />

Guardi, è certo che mi ha parlato che il discorso della telefonata pellerano, lì parliamo di telefonate<br />

intercettate, è certo. Per quanto riguarda il discorso del riolo, lui non mi fa riferimento a una<br />

specifica telefonata o a delle telefonate mi ha detto: attenzione anche a riolo, a parlare al telefono<br />

con riolo. Punto e basta.<br />

Punto e basta ci dice aielo. Ora, davanti a tale atteggiamento reticente viene data lettura delle<br />

dichiarazioni rese il 6 dicembre 2003, pag.60 della trascrizione dell’interrogatorio reso nella fase<br />

delle indagini preliminari.<br />

E aiello dice: un’ultima cosa che intendo precisare (perché in questo interrogatorio, poi, è aiello che<br />

introduce il tema, l’interrogatorio era finito o quasi), un’ultima cosa che intendo precisare. Il<br />

presidente della regione mi aveva riferito che c’erano delle indagini in corso nei confronti di ciuro,<br />

notizia che il presidente della regione aveva ricevuto da roma, però non mi aveva precisato da dove.<br />

Viene chiesto in quell’interrogatorio: è un discorso diretto questo?<br />

Discorso diretto, con il presidente della regione.<br />

E il pm: cioè questo il presidente glielo ha detto personalmente?<br />

E aiello: personalmente.<br />

186


Nel corso di tuti i successivi interrogatori ad aiello è stato contestate nell’udienza del 7 febbraio<br />

2006 lo stesso specificato che tali notizie riferite dal presidente della regione <strong>cuffaro</strong>, sono quelle<br />

ricevute il 21 ottobre da bertini. Ancora gli è stato contestato che il 5 ottobre 2004, precisando<br />

quello che spontaneamente aveva dichiarato il 6 dicembre, disse: io l’altro giorno ho detto che<br />

c’erano praticamente, erano state messe in evidenza queste, che io ero sotto indagine, erano state<br />

messe in evidenza le telefonate tra me ciuro e riolo.<br />

A queste contestazione, all’udienza del 7 febbraio del 2006, cioè in questo processo, nel corso del<br />

suo esame, aiello ha replicato: questa, ma è una.. ma è evidente che è un’inesattezza quella che dico<br />

io, fra l’altro neanche, nenche pigliamolo questo 5 gennaio. E voi eravate coscienti delle mie<br />

condizioni quelle che erano proprio il 5 gennaio perché poi è stato chiarito ampiamente,<br />

ovvaimente. Il presidente mi ha chiesto poco fa un piccolo particolare rigiardanti la telefonata di<br />

ciuro, eventuali telefonate future con riolo. È stato ampiamente chiarito. Ora se dobbiamo tornare<br />

indietro, ritorniamo al 5 gennaio dopo che mi avete fatto, no scusate, voi, uso letteralmente vivo<br />

dieci… dopo che mi avete letteralmente chiuso vivo dieci giorni in una cella senza mangiare, senza<br />

poter respirare, sapete le condizioni in cui mi avete trovate voi e il momento in cu mi avete<br />

interrogato, lì sapevate le mie condizioni pscofisiche in quell’istante per cui non credo che possa<br />

ora oggi una leggerissima sfumatura sfumata e leggera, perché si prla praticamente in buona<br />

sostanza…<br />

E ancora, queta volta rispondendo alla provocazione del presidente del collegio, che gli fa notare le<br />

incongruenze: guardi, il concetto indagato ne abbiamo più volte parlato con i pubblici ministeri e<br />

più volte durante i miei interrogatori, lunghissimi interrogatori (a guantanamo). Ho sempre ribadito<br />

che il presidente non mi ha mai detto, perché infatti è stato più volte apposta fatta la domanda “le ha<br />

mai riferito il presidente che ciuro e riolo erano iscritti nel registro degli indagati? Io ho detto<br />

sempre no, perché a ma non mi ha mai riferito questo il presidente. Poi è ovvio che 8 ore di<br />

interrogatorio, signor presidente, la stanchezza che inevitabilmente c’è, il modo in cui si viene<br />

trattati, manca la lucidità mentale. Sfido io chiunque nelle mie condizioni, però oggi siamo<br />

tornati…<br />

E ancora: la verità? No, no stavo completando dicendo che alla fine, ricostruendo la storia, oggi io<br />

posso dire con estrema tranquillità e lucidità mentale che il 31 ottobre quando ci siamo visti con il<br />

presidente <strong>cuffaro</strong> al negozio bertini abiamo parlato della problematica riguardante il tariffario<br />

sanità. Abbiamo alla fine parlato brevemente, brevemente accennato della intercettazione della<br />

telefonata tra me e ciuro, mi ha semplicemente come aperto, e come aprite gli occhi, avvertito,<br />

avvisato, il presidente <strong>cuffaro</strong>, e dirmi attenzione alle telefonate del maresciallo riolo. 1:12:08<br />

Ora naturalmente le dichiarazioni contestate tratte del processo borzacchelli avvengono con aiello<br />

non più detenuto in carcere, chiuso in una cella senza poter respirare senza poter mangiare per 10<br />

giorni, dunque senza nessuna coartazione ipotizzabile perché quando rende le dichirazione al<br />

processo borzacchelli, in pubblico e in esame incrociato, è detenuto agli arresti domiciliari. Lì<br />

poteva respirare quanto voleva e mangiare quanto voleva.<br />

Dunque, le molto opinabili giustificazioni relative all’interrogatorio del gennaio 2004 sono<br />

certamente infondate con riferimento a tale esame pubblico di aiello. E questo gli è stato anche<br />

ricordato nel corso dell’udienza. Dice il pm: perché io la contestazione l’avevo mossa su quello che<br />

lei aveva detto anche al dibattimento borzacchelli. Quindi lei dice che al dibattimento borzacchelli,<br />

dove ha parlato di <strong>cuffaro</strong> e anche di telefonate intercettate tra lei e riolo, lei in quel momento era<br />

inesatto?<br />

E aiello non ci ha saputo dire da chi <strong>cuffaro</strong> aveva preso le notizie che gli ha riferito. No no – dice<br />

aielo – abbiamo parlato se abbiamo parlato che tornava da roma il presidente <strong>cuffaro</strong>, e che era stato<br />

fuori, di fatti poi successivamente mi ricordo che mi è stato posto questo problema. Me lo sono<br />

posto più volte, c’è anche una telefonata tra me e mio cugino sempre, credo il prof. Cacione.<br />

187


Comunque ritorno a questo, ne abbiamo parlato poco fa. Io ho la certezza che lui le abbia potute<br />

apprendere a roma non ce li ho, che ritornava invece da roma è certo.<br />

Infine, nel corso della medesima udienza il pm gli ricorda che il 6 dicembre aiello spontaneamente<br />

aveva detto che voleva aggiungere una cosa e ha letto appunto quello che dice: lei dice, si riferisce<br />

direttamente ad un discorso che il presidente aveva fatto a me alcuni gorni prima, qualche giorno<br />

prima dell’arresto: “ho saputo a roma che ci sono delle indagini, praticamente conversazioni<br />

telefoniche, conversazioni telefoniche tra te il ciuro e riolo. Questo il 6 dicenbre. Lei addirittura su<br />

altri argomenti, addirittura su altri argomenti viene posto a confronto con ciuro.<br />

anche questo incontro è registrato il 6 gennaio 2004. Gliene viene letta una parte del confronto. Il<br />

pm gli chiede: delle telefonate registrate che riguradavano lei, ciuro e riolo - ed a aiello – ne ha<br />

ricordo? Si parlava di notizie che aveva ricevuto da <strong>cuffaro</strong><br />

ciuro risponde come risponde non possono essere letto, aiello prende la parola e dice per l’ennesimo<br />

chiarimento:<br />

Dico, confermo per l’ennesima volta, io non ho mai saputo di coloro che erano iscritti nel registro<br />

degli indagati (e questo è quello che afferma anche in dibattimento) e il numero, il numero del<br />

procedimento io non lo sapevo. Io il 31 ottobre ho saputo dall’on. Cuffaro che erano state<br />

attenzionate delle telefonate, che erano già state attenzionate delle telefonate tra me ciuro e riolo e<br />

che eravamo tutti e tre… e ho comunicato loro questa circostanza.<br />

A questo punto il pm legge quanto letto da aiello nella sua qualità di teste assistito il 9 dicembre del<br />

2004, nell’ambito del procedimento a carico di borzacchelli antonio: poi si è parlato, alla fine mi ha<br />

detto che sono state attenzionate delle telefonate intercorse tra te ciuro e riolo.<br />

In quel contesto, nel riferirgli questa notizia delle telefonate intercettate tra lei ciuro e riolo, il<br />

presidente le consiglia qualcosa, le raccomanda qualcosa?<br />

No, di essere prudenti e basta. Mi dice “apritevi gli occhi”.<br />

Quindi anche in questa corcostanza dibattimentale lei ha parlato di notizie di <strong>cuffaro</strong> circa<br />

telefonate intercettate con ciuro, e ci siamo, oggi lo ha ripetuto e con riolo ne ha parlato dalla prima<br />

all’ultima volta in cui è stato interogato nel corso delle indagini preliminari nel dibattimento<br />

borzacchelli. Lei conferma queste dichiarazioni?<br />

E aiello michele, placidamente: sì, confermo.<br />

E ancora: appieno, queste.<br />

Sì, io li confermo.<br />

Dunque in conclusione aiello, che certamente non è animato dalla volontà di nuocere al presidente<br />

della regione, che anzi ha cercato disperatamente di aiutare con le sue dichiarzioni in dibattimento,<br />

conferma che <strong>cuffaro</strong> fece con lui il punto delle indagini sulla base di quello che gli risultava da una<br />

sua fonte, ma che nel caso di specie non è stato possibile identificare, ma quanta fatica c’è voluta<br />

per arrivare a questo risultato.<br />

Più in particolare aiello gli conferma che <strong>cuffaro</strong> gli parlò di intercettazioni anche nei confronti di<br />

ciuro e riolo, non quelle sulla rete riservata rimaste segrete fino all’ultimo a tutte le fonti, alle fonti<br />

romane e alle fonti palermitane, di ciuro, di riolo, di carcione e di aiello, e proprio per questo gli<br />

raccomandò di prestare attenzione. In buona sostanza aiello ammette, e lo abbiamo visto pure molto<br />

faticosamente, quanto avevamo già visto e copreso dalla ocnversazione intercettata tra lui stesso a<br />

carcione alle 20:14 del 31 ottobre. A fronte di queste risultanze processuali, non è credibile la<br />

posizione procesuale di <strong>cuffaro</strong> che ammette l’incontro, mche ammette che esso avvenne con la<br />

modalità sopra descritta che il suo stesso segretario, che lo stesso vito raso ha dovuto definire<br />

“anomale”, ammette di avere discusso degli altri elementi poi riferiti da aiello a carcione, che si è<br />

avvalso della facoltà di non deporre che la legge gli garantisce, ma nega <strong>cuffaro</strong> assolutamente di<br />

avere parlato delle indagini che riguardavano ciuro e riolo.<br />

E che l’incontro del 31 ottobre non abbia avuto solo per oggetto i probelmi del tariffario, come<br />

afferma <strong>cuffaro</strong>, ma anche e forse soprattutto quelli dell’indagine è confermato da un’altra<br />

telefonata tra aiello e carcione sui telefoni dell arete riservata. È domenica 2 novembre e i due<br />

188


tornano a parlare dell’incontro che aiello ha avuto con il presidente il venerdì precedente, appunto<br />

venerdì 31 ottobre. I due si invitano reciprocamente alla prudenza e affermano che le persone con<br />

cui sono in contatto e da cui ricevono notizie e consigli li esortano a non prendere nessuna<br />

iniziativa. A questo punto aiello aggiunge:<br />

Anche perché avevano fatte, erano stati tanto disonorati, avevano fatto… poi mi ha dato conferma<br />

quando mi sono visto con quello.<br />

Eh.<br />

Venerdì sera ancora niente. Pure al ministro erano andati a riferirlo questa cosa che era<br />

importantissima questa operazione che stavano facendo.<br />

Ho capito, ho capito, va bene.<br />

Ora, a prescindere dai riferimenti a rono e al ministro, su cui aiello ha dato spiegazioni risibili e<br />

<strong>cuffaro</strong> non ha dato spiegazioni, è certo che la persona con cui aiello si è incontrta venerdì sera e<br />

cioè <strong>cuffaro</strong>, non ha parlato solo del tariffario. E del resto, se torniamo alla conversazione tra aiello<br />

e carcione del 21 ottobre ore 20:14 vi è un altro passaggio certamente estraneo alla questione del<br />

tariffario e che invece ci riporta a una vicenda che abbiamo già accennato, quella del regalo che il<br />

presidente della regione avrebbe dovuto a fare a riolo su richiesta di borzacchelli. All’inizio della<br />

conversazione intercettata infatti, aiello afferma tra l’altro, con sicuro riferimento a borzacchelli:<br />

“no era meso a vibracall etc Praticamente il discorso qual è: ha fatto un giochetto che sta facendo a<br />

giorgio, lui. Eh, poi ti spiego, quel tizio… Hai capito?<br />

Ora di questa parte della converszione aiello informa anche riolo, già al’indomani per telefono. La<br />

conversazione delle 16:59 del 1 novembre 2003, che è una conversazione che sotto questo profilo<br />

abbiamo già letto, dopo riolo manifesta tutte le sue perplessità per questo prestito che gli sarebbe<br />

stato offerto o proposto, non si capisce bene, da borzachelli, e ha il timore che il prestito serva<br />

aoltanto per farlo trovare con questa congrua somma di denaro addosso a un controllo per nulla<br />

occasionale della polizia giudiziaria. Ma non c’è dubbio che poi del prestito discuta ancora di<br />

persona con riolo la sera del 4 novembre, poche ore prima dell’arresto, ricevendolo nei locali della<br />

diagnostica a bagheria ed è appena il caso di ripetere che questa vicend del regalo, al di là della sua<br />

irrisolta ambiguità – un tentativo di truffa di borzcchelli? Una reale volontà di borzacchelli e cufaro<br />

di tener buono riolo, oramai troppo preoccupato per i sospetti che sentiva su di sé per la vicenda<br />

guttadauro o qualcos’altro ancora? – certamente non ha nulla ache fare con il tariffario ed è invece<br />

collegata altrettanto certamente alle rivelazioni di notizie sulle indagini e al ruolo che in esse ha<br />

avuto <strong>cuffaro</strong>.<br />

E ancora va citata la deposizione di bertini all’udienza del 24 maggio 2005, a conferma del quadro<br />

sia all’incontro del 31 ottobre del 2003 a bagheria tra aiello e <strong>cuffaro</strong> e vanno citati in odine ai<br />

rapporti tra <strong>cuffaro</strong> e riolo, in un primo tempo sostanzialmente negati da <strong>cuffaro</strong> e le ulteriori<br />

deposizioni che già abbiamo ricamato dei testi …., sammartino, bignardelli e ganzer, rispettivamete<br />

udienze del 5 novembre 2005, del 17 maggio 2005 e del 7 giugno 2005. In particolare come<br />

sappiamo il comandante ganzer, comandante della truttura presso cui riolo prestava servizio, ha<br />

escluso ogni ragione istituzionale delle bonifiche operate da riolo presso <strong>cuffaro</strong> a dimostrazione<br />

pertanto dell’esistenza di un rapporto privatistico e opaco che per lungo tempo ha legato i due.<br />

Infine vanno analizzate le dichiarazioni che ha reso nel corso del suo esame, soprattutto 13 giugno,<br />

ma anche 20 giugno 2006, il <strong>cuffaro</strong>. Questi ha ammesso, e non poteva fare altro, l’incontro presso<br />

il negozio bertini, ma ha negato il fatto di erato, sostenendo che lui e aiello avrebbero soltanto<br />

discusso del tariffario. Ha negato le anomalie del suo spostamento a bagheria sostenendo che si<br />

inserscono nel suo abituale modo di comportarsi, ha negato di aver fornito informazioni a rotondo,<br />

che dunque si sarebbe inventato tutto, mentre i fatti dimostrano che le informazioni erano tutte<br />

autentiche, ha escluso, altro dato significativo, che riolo per le bonifiche operate presso i suoi uffici<br />

diverse ed in tempi diverse sia stato pagato. E allora qui è legittima la domanda: ma questo perché<br />

le faceva? Più in dettaglio, il 13 giugno 2006 <strong>cuffaro</strong> ha ammesso l’incontro del 31 ottobre con<br />

michele aiello, ha ammesso di aver incontrato aiello nel negozio bertini, dove usualmente si recava<br />

189


a comprare vestiti per sé e per i figli. Ha ricordato che l’incontro avvenne nel pomeriggio e di aver<br />

parlato con aiello per qualche minuto, di aver parlato non nel retrobottega (ci ha tenuo molto<br />

aprecisare perché non c’è un retrobottega nel negozio bertini) ma apertamente, davanti a tutti, e<br />

bertini conferma l’incontro ma dici appunto di non averne potuto acsoltare il contenuto. Ha<br />

ricordato come presenti nel negozio tante persone, persone che usualmente andavano lì a comprare,<br />

i proprietari, certamente i miei collaboratori: “ricordo che c’era antinoro, che è uno dei miei<br />

collaboratori, che è un’aggiunto alla mia scorta, perché è uno del corpo forestale e poi c’era<br />

certamente pisano può darsi che c’erano altre persone, queste le ricordo anche io. E a proposito del<br />

luogo esatto del negozio dove avvenne il colloquio, <strong>cuffaro</strong> ha detto: bertini ha un grande salone,<br />

poi c’è un grande salone dove si vende l’abbigliamento per uomo poi accanto un salone dove si<br />

vende l’abbigliamento per ragazzi. Siccome io quel giorno, come si evince anche dalle registrazioni<br />

ho comprato non solo per me ma anche per mio figlio sarò stato nella prima parte del negozio,<br />

comunque in due saloni grandi”. Però anche <strong>cuffaro</strong> non ha potut indicare le persone che abbiano<br />

ascoltato il colloquio ealla specifica domanda che gli fa il pm: quando lei ha parlato con l’ing.<br />

Aiello i suoi accompagnatori, cioè pisano e antinoro, hanno avuto modo di ascoltare il contenuto del<br />

colloquio che lei ha avuo con l’ingegnere?” la risposta è ststa l’unica risposta che si poteva avere e<br />

cioè “noncredo”.<br />

A proprosito dell’oggetto del colloquio ha spiegato, come abbiamo detto che riguardava il tariffario<br />

regionale ma abbiamo già chiarito che certamente non solo del tariffario si parlò come hannodetto<br />

intercettati aiello e carcione, e ci è stato detto anche che era stata l’ultima volta che ebbe a<br />

incontrare aiello e ha cercato di spiegare l’anomalia dell’incontro. ma per forza doveva essere<br />

l’ultima volta visto che il 5 novembre aiello veniva arrestato.<br />

Infine alla specifica domanda sul punto, su cosa si erano detti proprio in occasione dell’incontro del<br />

31 ottobre sul tema del tariffario ha risposto: “esattamente quello che ho detto, presidente, ho detto<br />

all’ing. Aiello che mi stavo occupando personalmente della vicenda, d’altronde lui lo sapeva perché<br />

c’erano stati degli incontri intercorsi anche con l’on. Dina che essendo un esperto di sanità, anche<br />

lui un ispettore sanitario, conosceva il problema”.<br />

Dunque solo di tariffe si sarebbe parlato, inserimento delle voci e delle prestazioni del tariffario, e<br />

neppure del quantum dei rimborsi. Ha poi decisamente negato appunto che in occasione<br />

dell’incontro del 31 ottobre possa aver fornito informazioni sull’esistenza di indagini nei confronti<br />

del marescialo ciuro e del maresciallo riolo in particolare di non poter riferire una cosa che non<br />

sapeva.<br />

Gli è stata contestata la conversazionedel 31 ottobre 2003 che ho già letto, quella in cui lo stesso<br />

<strong>cuffaro</strong> si raccomanda con vito raso: “spero che tu l’abbia fatto venire” peressere certo che non ci<br />

sono stte conversazioni telefoniche riferite all’appuntamento aiello/<strong>cuffaro</strong> riferendosi a rotondo, e<br />

ha detto di non avere ricordo di questa conversazione. Ci ha detto che la conversazione (perché poi<br />

ha tentato di ricordare) non si riferiva all’incontro di bagheria, e in questo smentito oviamente da<br />

tutte le altre conversazioni citate, quindi ennesima menzogna che abbiamo raccolto dall’imputato<br />

<strong>cuffaro</strong>, e naturalemnet quando ci ha detto che non si riferiva questa conversazione all’incontro con<br />

aiello non ci ha saputo però dire qual era il tema di questa conversazione.<br />

Ha ammesso, perché non poteva fare altrimenti, di avere deciso lui di non chiamare la scorta per<br />

quell’incontro e ha detto di aver ordinato ad antinoro di liberare la scorta e ha spiegato che non ci è<br />

stato un motivo particolare perché quel giorno non si era fatto accompagnare dalla scorta, era la<br />

necessità di ritagliarsi uno spazio intimo.<br />

A poposito dei suoi rapporti diretti con roberto rotondo, cha ha in via generale ammesso indicando<br />

rotondo quale uomo di fiducia di aiello, ha anche ammesso in buona sostanza di averlo incontrato il<br />

20 ottobre, ma anche in quel caso naturalmente ha ricondotto l’incontro alla sola vicenda del<br />

tariffario. Ha escluso appunto di aver utilizzato come tramite rotondo nei confronti di aielo per<br />

avvisarlo delle attività di indagine che rigurdabano lui e i marescialli ciuro e riolo: “non posso<br />

averlo utilizzato perché riferisse notizie che non ho mai saputo e che non potevo sapere”. E ha<br />

negato anche di essere stato a conoscenza del fatto che era stata intercettata la telefonata che<br />

190


iguardava il marito della segretaria del dottore lo forte, la signora pellerano. Ha escluso in ogni<br />

caso di aver parlato a rotondo di tale telefonata ma abbiamo già osservato la non corrispondenza al<br />

vero della risposta di <strong>cuffaro</strong> su questo tema, così come parlando di un altro importante tema e cioè<br />

quelo dei rapporti con domenico miceli ha escluso di aver fornito le informazioni che portavano alla<br />

scoperta della microspia a casa guttadauro e a proposito dei suoi rapporti col maresciallo riolo ha<br />

escluso, contraddicendo lo stesso riolo, di avere mai avuto occasione di parlare, anche dopo aver<br />

appreso la notizia dell’attività di intercettazione nei confronti di guttadauro, di tale vicenda, in<br />

particolare ha riferito di non ricordare dell’incontro con riolo e borzacchelli davanti alla prefettura<br />

di palermo pochi giorni dopo l’elezioni regionali del 2001.<br />

Ha escluso che riolo gli abbia mai prospettato richieste di denaro, benefici di tipo economico, regali<br />

- il famoso prestito di cui invece vi è traccia, lo sappiamo, nelle intercettazioni del 1 novembre di<br />

aiello e di cui pure parlano nel corso delle loro deposizioni si aiello che riolo - e ha escluso<br />

richieste nell’interesse di riolo anche da aperte di borzacchelli e aiello.<br />

Ha negato qunto ci ha riferito riolo a proposito della richiesta di informazioni sul possibili indagini<br />

nei suoi confronti formulate in occasine del natale del 2001, e ha escluso di aver mai avuto con riolo<br />

motivi di astio, di dissidio, di inimicizia. Non ha potuto negare la sua conoscenza diretta di giuseppe<br />

guttadauro, perché anche questo gli è stato chiesto, ha detto <strong>cuffaro</strong>: “di averlo visto una volta<br />

certamente quando, se ricordo bene, in qualche anno mio figlio ebbe un incidente perché fu<br />

investito da una macchina, un brutto incidente. Io mi recai lì, lì c’era il dottore guttadauro che allora<br />

era in servizio che gli prestava i primi soccorsi, credo di averlo visto lì ma non ricordo neanche di<br />

averlo salutato. Scopro dopo, per ovvi motivi, che si era preoccupato delle sorti di mio figli, poi<br />

adesso collegando tuti gli atti non è escluso, anzi è probabile che io lo abbi incontrato un’altra sola<br />

volta al matrimonio del dottor aragona, ma ci saranno state centinaia di persone… sarò stato lì al<br />

mtrimonio e probabilmente ci saremo stretti la mano, ma nessun rapporto, nessun tipo ho mai avuto<br />

di rapporto con dottore guttadauro.<br />

Ha ammesso però di aver avuto conoscenza a suo tempo delle vicende processuali del dottore<br />

guttadauro. “che fossero reati di mafia lo ricordo, quale fosse la sentenza nello specifico no. So che<br />

era stato condannato, ma a che coa non lo so. Non all’ergastolo, evidentemente, se poi è uscito”.<br />

Ha ammesso la conoscenza della signora greco, la moglie di guttadauro: “l’ho incontrata in<br />

aeroporto una volta che ero andato con la mia famiglia ad accopagnare i miei figli a gardaland, l’ho<br />

incontrata in aeroporto, in attesa che recuperassimi entrambi i bagagli. Credo che fosse con suo<br />

figlio, credo. È “l’incontro con totò” di cui ci ha parlato aragona.<br />

E poi ha ammesso di conoscere vincenzo greco e neppure questo poteva negarlo evidentemente, e<br />

ha ammesso la conoscenza di aragona sin dai tempi dell’università, con una presentazione fattagli<br />

proprio da miceli e <strong>cuffaro</strong> ha ammesso soprattutto di conoscere l’esistenza dei rapporti tra aragona,<br />

miceli e giusppe guttadauro, di conoscerli e di collocarli nel tempo del 2001 in cui si verifica la<br />

prima delle fughe di notizie di cui abbiamo parlato questa mattina, “Sia il dottore aragona sia il<br />

dottore miceli in qualche modo erano stati allivi del dottore guttadauro”, ha spiegato il perché di<br />

queste conoscenze e ha pacificamente ammesso gli incontri avvenuti durante la campagna elettorale<br />

del 2001 con salvatore aragona, e ovviamente con miceli, incontri per parlare solo di iniziative<br />

imprenditoriali e ha anche ammesso di sapere che il dottore miceli ogni tanto frequentava il dottore<br />

guttadauro “e mi disse anche per motivi umanitari, nel senso che riteneva che essendo stato il suo<br />

maestro di chirurgia, questo glielo dovesse. Che aragona frequentasse guttadauro, che insieme<br />

frequentassero guttadauro nella sua casa, invece non lo sapevo. A proposito dell’intenzione invece<br />

dell’avvocato priolo di candidarlo per le elezioni del 2001, ha riferito dei saluti che priola gli aveva<br />

portato da parte di guttadauro, ha ammeso di averne parlao con miceli che, ricordiamolo, sapeva<br />

essere in contatto di frequentazione con guttadauro.<br />

A proposito del rapporto con borzacchelli ha ammesso di sapere che si occupava di indagini sulla<br />

pubblica aministrazione, ma solo questo, <strong>cuffaro</strong> lo frequentava nel momento in cui borzacchelli si<br />

occupava di indagini sulla pubblica amministrazione e gli forniva consigli sugli eventuali rischi di<br />

intercettazione.<br />

191


Alla domanda circa la direzione dalla quale sarebbero arrivati i rischi delle intercettazioni che<br />

borzacchelli gli paventava: “questo non lo so. Io non ci ho mai creduto che ci fossero delle reali<br />

bonifiche nei miei uffici (che però si faceva fare), lo sempre considerata una sceneggiata di<br />

controllo di bonifica, non ci ho mai creduto. Non pensavo minimamente che si potesse intercettare<br />

nei miei uffici e a csa mia perché non ce n’era motivo. 1:33:06<br />

E poi: senta, in questa cicostanza delle bonifiche effettuate presso la sua abitazione o preso la sua<br />

istituzione – gli viene chiesto nel corso dell’esame – lei perché non ne ha parlato nel precedente<br />

interrogatorio del 9 febbraio 2003?<br />

Risposta: perché nessuno me lo ha chiesto.<br />

Ancora gli è stato chiesto, a proposito dell’episodio zanghì/caputo, rispetta al quale la risposta è<br />

stata “salvino caputo perché nel disorientamento del mio avvso di garanzia avevo subito chiamato<br />

l’avvocato gallina che è un abituale a casa mia, poi stavo cercando di trovare un altro avvocato, mi<br />

venne in mente caputo perché era persona che conoscevo essenso stato parlamentare, poi lui non ha<br />

ritenuto, insieme non abbiamo ritenuto che lui facesse l’avvocato poi ho avuto la fortuna di<br />

ricordarmi che avevo un amico, l’avvocato caleca e mi sono… ho chiesto a lui”.<br />

E racconta l’episodio: è venuto a casa mie e gli ho chiesto di venire – caputo dice – e ne abbiamo<br />

parlato, ma io non ho mai chiesto in quei giorni all’avvocato, onorevole avvocato caputo di<br />

interferire nei confronti di zanghì, primo perché non sapevo che zanghì e caputo si conoscessero,<br />

secondo perché non sapevo che aragona stesse dicendo delle cose di me, anzi per la verità ha<br />

cominciato a dirle molto dopo” . Qui sposta tempi e termini di una questione che è diversa.<br />

Poi ancora il 20 giugno 2006, nel corso della prosecuzione del suo esame ha riferito dei rapporti con<br />

campanella, francesco campanella ammettado di averacquistato da lui che, come sapiamo, aveva un<br />

negozio di telefonio, numerosi cellulari e schede telefoniche e ha anche detto che difficilmente era<br />

lui a usare quelle utenze. Tra quelle utenze ve nìè una riconducibile… o meglio, tra le utenze di<br />

campanella in uso a <strong>cuffaro</strong> ve n’è una che contatta un telefono del sisde a palermo. I contatti con i<br />

Servizi, sostanzialmente, con il telefono del sisde <strong>cuffaro</strong> li giustifica come rapporti personali di<br />

amicizia con un funzionario del Servizio del quale però non abbiamo mai avuto la compiuta e<br />

completa identificazione.<br />

Ha ricostruito il rapporto con fracesco campanella definendolo molto stretto anche sul piano<br />

personale sino al 2003. Ci ha spiegato soprattutto: “nel 2000 il mio rapporto comicia<br />

volontariamente a essere più lento, nel senso che comincio sempre di più di non frequentare<br />

campanella, per tutta una serie di voci che mi arrivano da villabbate di frequentazioni, soprattutto<br />

intorno al 2003, che faceva campanella e che io non condividevo. Sapevo che campanella villabbate<br />

la famiglia mandalà, che campanella era in rapporti con questa famiglia mandalà che era meglio<br />

evitare di frequentarla, perché aveva saputo che la famiglia mandalà aveva avuto dei problemi<br />

giudiziari e che quindi, siccome era diventato palese questo rapporto con campanella, loro mi<br />

sconsigliavano di continuare a frequentarlo”.<br />

Dunque campanella va allontanato per i rapporti con mandalà, miceli rimane un grande amico<br />

nonostante i rapporti e le frequentazioni con guttadauro e aragona e uindi anche qui <strong>cuffaro</strong> utilizza<br />

due pesi e due misure evidentemente.<br />

Ha smentito l’episodio del ficus, ci ha detto dei suoi rapporti con carlo bruno, ha ricordato a suo<br />

modo l’episodio che analizzeremo nel proseguio della discussione della sua visita da angelo siino.<br />

Dunque anche l’analisi dell’interrogatorio di <strong>cuffaro</strong> dimostra ancora una volta la sua<br />

responsabilità, non ci sono giustificazioni plausibili delle contestazioni a lui mosse, sia quelle in<br />

fatto già mosse sia quelle che ancora si devono argomentare a proposito della sua capacità di … e di<br />

volere il contributo anche all’organizzazione mafiosa cosa nostra oltre che a guttadauro nel<br />

momento i cui mette a disposizione di miceli la notizia dell’esistenz delle microspie da guttadauro<br />

ricevuta da borzacchelli. Sul punto peraltro abbiamo un ulteriore dato fattuale acquisito attraverso<br />

questo interrogatorio, cioè egli non solo ammette di conoscere l’attualità dei rapporti tra miceli e<br />

guttadauro all’epoca delle scoperte, ma anche di avere conosciuto i problemi processuali, le<br />

indagini e i processi di guttadauro e di aragona per fatti di mafia.<br />

192


Palermo, 10 ottobre 2007,<br />

Sesta giornata requisitoria Processo Aiello - Cuffaro e altri (talpe alla Dda)<br />

Pm, De Lucia<br />

Sono stati contestati a <strong>cuffaro</strong>, in concorso formale con i delitti di favoreggiamento, anche i due<br />

delitti di cui all’art. 326 del c.p. sul presupposto che le due condotte sulle quali ci siamo ritengo<br />

ampiamente soffermati ieri integrino anche queste fattispecie di reato. Nell’ipotesi relativa poi alla<br />

prima delle fughe di notizie contestate, quelle relative alla vicenda cosidetta guttadauro, anche il<br />

delitto di rivelazione di segreto di ufficio è aggravato dalla circostanza di cui all’art. 7 della legge<br />

203 del 1991. Ora, abbiamo già ricostruito le risultanze processuali e abbiamo già visto come per<br />

entrambe le vicende, guttadauro e aiello, salvatore <strong>cuffaro</strong> abbia rivelato ad altri - miceli, rotondo,<br />

aiello - notizie segrete delle indagini.<br />

Deve ora essere affrontata la questione in diritto, già oggetto peraltro di una approfondita decisione<br />

della corte di appello di palermo a seguito di impugnazione proposta da questo ufficio, e cioè se sia<br />

configurabile a carico di <strong>cuffaro</strong> il reato di cui all’art. 326 del c.p. in concorso con un pubblico<br />

ufficiale che violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua<br />

qualità, abbia rivelato notizie di ufficio che debbano rimanere segrete, così la lettera del primo<br />

comma dell’art. 326 del c.p. 3:46<br />

Prima di prendere in esame sotto questo profilo specifico le singole condotte contestate a <strong>cuffaro</strong>, è<br />

opportuno allora ricordare quali sono i principi fissati dalla giurisprudenza della suprema corte in<br />

tema di responsabilità dell’extraneus che concorre con il pubblico ufficiale. Com’è noto la corte di<br />

cassazione ha escluso che possa costituire il reato di cui all’art. 326 la condotta di chi si limita a<br />

ricevere notizie, ma ha pure precisato che la condotta del partecipe si sottrae ad ogni tentativo di<br />

tipizzazione e può perciò discostarsi dalle categorie tipiche dell’induzione o istigazione per<br />

manifestarsi sotto ogni forma di partecipazione anche meramente psichica, capace di suscitare<br />

nell’intraneo ??? 4:37 il proposito criminoso o di rafforzare il proposito già esistente. In questo<br />

senso rimangono fondamentali i principi dettati dalle sezioni unite con la sentenza del 28 novembre<br />

dell’81 nel caso Isman e altri. La corte ha esattamente qualificato tale reato come una fattispecie<br />

plurisoggettiva anomala con riguardo alla imprescindibile correlazione soggettiva che lega la<br />

condotta di rivelazione a colui che riceve la notizia e alla previsione normativa della punizione<br />

esclusivamente nei confroni dell’autore della rivelazione. Altrettanto esattamente la corte ha negato<br />

che il mero recettore della notizia possa essere punito, vietandolo il principio di legalità. Ha<br />

affermato tuttavia che è ammissibile, in base all’ordinaria disciplina del concorso di persona nel<br />

reato, la partecipazione eventuale anche da parte del destinatario della rivelazione, normalmente<br />

non punibile. Anche questa proposizione deve essere condivisa, dice appunto la sentenza delle<br />

sezioni unite che sto citando. L’impunità del soggetto che riceve la notizia è collegata al rispetto dei<br />

limiti entro i quali si realizza la condotta enunciata nella fattispecie, vale a dire il mero ricevimento<br />

della notizia, che è elemento necessario della condotta di rivelazione. Ma quando il soggetto<br />

destinatario non a questo si sia limitato, ma abbia ottenuto la rivelazione mediante lo svolgimento di<br />

un’attività ulteriore, che eccede dalla descrizione del modello legale, non esistono ragioni per<br />

negarne la punibilità secondo la disciplina del consorso eventuale esterno ??? 6:10 sia per la<br />

funzione complementare dell’art. 110 rispetto al principio di legalità, sia perché in tal caso il<br />

contributo del destinatario della notizia e della realizzazione della fattispecie non è quello<br />

espressamente tipizzato dalla norma incriminatrice.<br />

Dopo aver allora sottolineato la differenza della fattispecie di cui all’art. 326 da quella di cui agli<br />

art. 261 e 262 del c.p., la suprema corte ha esaminato criticamente le sentenze di appello… […]<br />

Sulla base allora di questi principi generali bisogna chiedersi per ognuna delle condotte contestate a<br />

<strong>cuffaro</strong> se egli abbia ricevuto le notizie che ha poi rivelato da un pubblico ufficiale che abbia agito<br />

193


in violazione dell’art. 326 del c.p. e se si possa affermare la sussistenza di un concorso sotto il<br />

profilo dell’induzione o dell’istigazione o più genericamente dell’accordo come sopra delineato.<br />

Ora per quanto riguarda la prima delle condotte contestate a <strong>cuffaro</strong>, quella relativa alla vicenda<br />

guttadauro, che abbiamo limitato alla sola fase che ha portato tra il 12 e il 15 giugno al ritrovamento<br />

delle microspie a casa di guttadauro, la fonte del <strong>cuffaro</strong> è il maresciallo antonio borzacchelli, e<br />

come in parte abbiamo già visto il compendio probatorio acquisito attesta l’esistenza di un preciso<br />

accordo tra l’imputato e borzacchelli, imputato dello stesso reato in altro procedimento, finalizzato<br />

appunto alla rivelazione di notizie coperte dal segreto investigativo. All’epoca borzacchelli era<br />

infatti maresciallo dell’arma dei carabinieri, in servizio al reparto operativo di palermo dei<br />

carabinieri, fino all’elezione a deputato regionale e in aspettativa dopo tale data. Egli era pertanto,<br />

per tutto il periodo che qui interessa, un pubblico ufficiale tenuto conseguentemente al segreto<br />

d’ufficio.<br />

[…]<br />

Così precisate le premesse giuridiche, diventa allora essenziale ai fini della decisione la valutazione<br />

in ordine all’emergere dagli atti processuali della prova di un concorso ai sensi del’art. 110 del c.p.<br />

nella rivelazione delle notizie segrete fra borzacchelli e <strong>cuffaro</strong> che le ha poi a sua volta rivelate.<br />

Il primo dato fondamentale è costituito dal fatto che da tutto il processo emerge come tra<br />

borzacchelli e <strong>cuffaro</strong> vi è un collegamento sistematico e costante, non limitato affatto alla fuga di<br />

notizie guttadauro, ma che investe i loro rapporti sul piano politico e si estende poi anche alla<br />

vicenda aiello, cosicchè è assolutamente da escludere sul piano logico che il primo possa avere in<br />

più occasioni dato al secondo notizie segrete senza una specifica comunanza di intenti come tale<br />

riassumibile appunto nello schema del concorso indicato dalla corte di cassazione. Non si può non<br />

prendere in considerazione infatti la circostanza che borzacchelli nel giugno del 2001 si candida<br />

all’elezioni regionali con una lista, il biancofiore, collegata alla candidatura a presidente delle<br />

regione di <strong>cuffaro</strong> e anzi in buona sostanza diretta emanazione di quest’ultimo. È appena il caso di<br />

ricordare che una candidatura del genere non matura all’ultimo minuto e del resto lo stesso <strong>cuffaro</strong>,<br />

come pure aiello, per la sua parte, hanno dichiarato che il rapporto tra il politico e il maresciallo dei<br />

carabinieri era risalente nel tempo ed è continuato dopo l’elezione, dato che borzacchelli è poi<br />

confluito dalla lista del biancofiore allo stesso gruppo parlamentare di <strong>cuffaro</strong>, l’udc, e la moglie di<br />

borzacchelli è stata assunta quale funzionaria nel gruppo parlamentare dell’udc all’assemblea<br />

regionale siciliana.<br />

Ma sul punto specifico della candidatura di borzacchelli il processo ci offre un elemento di<br />

valutazione ancora più significativo. Sono le dichiarazioni che abbiamo citato anche ieri di<br />

francesco campanella sul caso acanto. Come si è già detto appunto, e quindi non torniamo in<br />

dettaglio su questo tema, va però ricordato che l’elezione di borzacchelli era per <strong>cuffaro</strong> una<br />

questione essenziale cui condizionare tutte le altre problematiche della lista del biancofiore e questo<br />

perché, come esplicitamente ci ha detto campanella, borzacchelli lo proteggeva dalle indagini.<br />

È quindi allora evidente che la candidatura di borzacchelli aveva per <strong>cuffaro</strong> una logica e uno scopo<br />

ben precisi e non si giustificava certamente con il pacchetto di voti di cui il sottoufficiale poteva<br />

disporre, peraltro modesto come risulta dalle dichiarazioni dello stesso <strong>cuffaro</strong>.<br />

Del resto ancora emerge con chiarezza da tutte le conversazioni intercettate a casa di guttadauro,<br />

dalle dichiarazioni di campanella, da quelle dello stesso <strong>cuffaro</strong>, che decisiva per l’elezione nella<br />

lista del biancofiore sarebbe stato appunto il sostegno fornito dallo stesso <strong>cuffaro</strong>.<br />

E per altro verso il rapporto borzacchelli/<strong>cuffaro</strong> non si è affatto esaurito nei concitati giorni del<br />

giugno del 2001. Si è già visto, e basta quindi qui un accenno, che è stato proprio borzacchelli a<br />

incaricare riolo per effettuare dal 1999, sia prima che dopo l’elezione di <strong>cuffaro</strong> alla presidenza<br />

della regione, delle operazioni di bonifica nell’abitazione e nell’ufficio dell’uomo politico. Ma<br />

anche dopo l’elezione del 24 giugno del 2001, durante l’incontro con riolo davanti alla prefettura di<br />

palermo, che trova una conferma seppur indiretta nelle risultanze dei dati di traffico telefonico di<br />

riolo, e allora, durante questo incontro borzacchelli e <strong>cuffaro</strong> gli parlano insieme delle microspie,<br />

194


confermando esplicitamente che borzacchelli aveva dato a <strong>cuffaro</strong> informazioni sull’attività di<br />

intercettazione nei confronti del capomandamento di brancaccio, il guttadauro. Così riolo il 15<br />

marzo 2006, nel corso del suo esame:<br />

pm: ha insistito chiedendo che cosa? O è stato lei a chiedere di incontrare <strong>cuffaro</strong>? Borzacchelli a<br />

dirgli ti faccio incontrare <strong>cuffaro</strong>?<br />

E riolo: no, lui (il borzacchelli, evidentemente) vedendo la mia insistenza mi disse: ti faccio parlare<br />

anche col presidente, vedi che glielo puoi chiedere direttamente a lui. E io come uno stupido ho<br />

pure chiamato, cioè, per cercare di parlare col presidente. Non so che cosa gli diceva la testa in quel<br />

momento, e borzacchelli mi procurò un appuntamento davanti, cioè non mi procurò, non è stato…<br />

mi chiamò per telefono e dice: guarda, sto col presidente in via, non ricordo come si chiama quella<br />

via di fronte, proprio davanti alla prefettura.<br />

Era già presidente della regione?<br />

Già era.<br />

Cuffaro?<br />

Presidente. Perché lo salutavamo tutti quanti come “presidente”, quindi era già.<br />

Davanti alla prefettura?<br />

Sì, sì.<br />

In via cavour?<br />

Sì, in via cavour.<br />

Allora lei, quindi borzacchelli la chiama e dice: sono qui col presidente, vieni. Giusto?<br />

Sì.<br />

Lei va, ha modo di vedere il presidente?<br />

Sì. C’era come al solito un drappello, tante persone, c’erano tante persone. Poi ad un tratto<br />

borzacchelli prende il presidente, gli ha detto una qualcosa all’orecchio e ci siamo spostati un po’<br />

lontano da tutto quel gruppo di persone.<br />

Gli ha detto qualcosa all’orecchio del presidente?<br />

Sì, l’ha invitato, insomma.<br />

Ma lei non sa cosa ha detto all’orecchio?<br />

No, non lo sentii. Mi mantenevo distante.<br />

No, io voglio sapere se lei ha parlato al presidente, che cosa ha detto al presidente, che cosa il<br />

presidente le ha detto.<br />

E allora, il presidente quando si è spostato dal gruppo – dice riolo – mi ha detto: ma che diavolo gli<br />

stai dicendo? borzacchelli mi ha detto una situazione che pensi che io abbia parlato con qualcuno, e<br />

mi assicurò che lui non aveva mai parlato e non sapeva neanche, non aveva mai saputo fino a quel<br />

momento la situazione delle microspie di guttadauro.<br />

Quindi, anche in questa occasione borzacchelli e <strong>cuffaro</strong> erano inseme e quello che rileva non è<br />

tanto il fatto che <strong>cuffaro</strong> neghi di avere riferito a terzi dell’esistenza della microspia nel frattempo<br />

ritrovata da guttadauro, ma l’esplicita ammissione alla presenza di riolo, maresciallo dell’arma dei<br />

carabinieri, delle informazioni date da borzacchelli a <strong>cuffaro</strong> sull’attività di intercettazione nei<br />

confronti del capomandamento di brancaccio. Anche questo fatto sarebbe assolutamente<br />

incomprensibile se si colloca al di fuori di un consolidato e permanente rapporto tra gli imputati<br />

tanto più se si considera che nel frattempo <strong>cuffaro</strong> era stato eletto alla presidenza della regione ed<br />

era così diventato la massima autorità politica in sicilia.<br />

In sostanza l’analisi dei rapporti intercorsi tra <strong>cuffaro</strong> e borzacchelli nella fase cruciale dei primi<br />

mesi del 2001 dimostra che tutto il comportamento dell’uomo politico ha concorso a determinare, o<br />

quanto meno a rafforzare, la volontà di borzacchelli di rivelargli in maniera sistematica, in<br />

violazione dei suoi doveri con abuso della qualità, notizie segrete sulle indagini che poi entrambi, a<br />

volte congiuntamente, a volte separatamente l’uno dall’altro, rivelavano alle persone stesse oggetto<br />

di indagini.<br />

195


Questo convincimento è rafforzato da ulteriori circostanze che emergono dal dibattimento. Lo<br />

stesso riolo ha riferito che <strong>cuffaro</strong> continuò dopo il luglio del 2001 a rivolgersi a lui per avere<br />

notizie sulle inchieste in corso nei suoi confronti, tanto che egli in occasione dell’incontro del natale<br />

2001, presso gli uffici della presidenza della regione, ebbe a rassicurarlo, su sua richiesta, sulle<br />

indagini che lo riguardavano direttamente.<br />

Risulta quindi chiaro che l’atteggiamento di <strong>cuffaro</strong> nei suoi rapporti con questi, nei suoi rapporti<br />

certamente anomali con questi sottoufficiali dell’arma dei carabinieri, non era affatto quello del<br />

mero recettore delle notizie, e va tenuto conto che i rapporti di <strong>cuffaro</strong> con riolo non avevano<br />

certamente lo stesso spessore, la stessa intensità di quelli da tempo intrattenuti, anche per sua stessa<br />

ammissione, con borzacchelli.<br />

In questo stesso senso depone sia pur indirettamente, la circostanza che è stata già oggetto di analisi<br />

del regalo che borzacchelli nell’ottobre 2003 voleva far ottenere a riolo da parte di <strong>cuffaro</strong>. Anche<br />

questa circostanza infatti conferma, seppure ex post, l’esistenza di rapporti tra borzacchelli e <strong>cuffaro</strong><br />

che rendono ben poco plausibile la tesi che quest’ultimo possa esser stato il mero ricettore passivo<br />

delle notizie, notizie di estrema gravità ed importanza, come pure abbiamo visto, sistematicamente<br />

e reiteratamente rivelategli da borzacchelli.<br />

E allo stesso 2003 risale un’altra circostanza rivelatrice di questo rapporto tra il presidente della<br />

regione e l’ex maresciallo dei carabinieri divenuto deputato regionale, perché il riferimento è<br />

all’episodio del cosiddetto colloquio sotto il ficus tra <strong>cuffaro</strong> e campanella che qui rivela non per le<br />

informazioni in sé, che noi abbiamo ritenuto non potessero formare oggetto di autonoma<br />

contestazione atteso il loro carattere generico e impreciso, non potenti in effetti essere riconducibili<br />

in termini di certezza all’attività svolta dai carabinieri che portò allo scioglimento del consiglio<br />

comunale di villabbate, ma appunto perché invece è dimostrativo del peculiare e continuativo<br />

rapporto fra borzacchelli e <strong>cuffaro</strong>. 22:10<br />

E un’ultima conferma alla tesi fin qui sostenuta deriva anche dalle risultanze processuali relative<br />

alla vicenda aiello. Una parte almeno delle informazioni in possesso di <strong>cuffaro</strong>, quelle cioè relative<br />

all’intercettazione della telefonata che ha ad oggetto il marito della dipendente della procura<br />

pellerano, e più in generale sull’esistenza di indagini a carico di aiello, provengono, o quantomeno<br />

provengono anche, da borzacchelli. In questo senso vi sono precise e reiterate intercettazioni<br />

relative ad aiello, alcune sulla rete riservata. Basti pensare al fatto che borzacchelli disse ad aiello di<br />

non andare a trovare, come era solito fare, il presidente della regione perché questi era terrorizzato<br />

per le notizie che lo stesso borzacchelli gli aveva dato. È l’intercettazione aiello/ciuro del 26<br />

settembre 2003 ore 14:05. Siamo oramai all’autunno del 2003 ed è evidentemente ancora valido<br />

l’accordo di cui abbiamo fino a questo momento parlato.<br />

In conclusione, la sistematicità e la durata nel tempo del rapporto borzacchelli/<strong>cuffaro</strong>, sia nel suo<br />

carattere più generale personale e politico, sia in quello specifico della trasmissione di informazioni<br />

è la migliore conferma dell’accordo, nel senso richiesto dalla corte di cassazione, per l’affermazione<br />

della responsabilità dell’extraneus nel reato di cui all’art. 326, dato che è del tutto illogico pensare<br />

che, in assenza di una specifica e sempre confermata comunanza di intenti, borzacchelli avrebbe<br />

iniziato prima e continuato poi, in violazione dei suoi più elementari doveri di ufficio, a dare notizie<br />

segrete a volte di eccezionale importanza a <strong>cuffaro</strong>, a sua volta diventato la più alta carica<br />

istituzionale della regione.<br />

Per quanto rigurda invece la vicenda aiello, la contestazione del reato di cui all’art. 326 mossa a<br />

<strong>cuffaro</strong> ha ad oggetto le rivelazioni da lui fatte il 20 ottobre a roberto rotondo e il 31 ottobre 2003<br />

direttamente a michele aiello. Si tratta di rivelazioni di estrema gravità anche in questo caso, la<br />

prima per oggetto all’iscrizione nel registro degli indagati ???? l’esistenza di un procedimento a<br />

carico di ciuro e riolo, oltre che dello stesso aiello, circostanza questa già nota da tempo a tutti gli<br />

interessati compreso <strong>cuffaro</strong>; la seconda invece ha per oggetto come si è visto l’andamento generale<br />

delle indagini, in particolarell’esistenza di attività di intercettazione telefonica nei confronti dei due<br />

sottoufficiali, specificamente del riolo, anche se va sempre ricordato che tali rivelazioni non<br />

196


iguardano le intercettazioni sulla rete riservata, che sono rimaste segrete e assolutamente non<br />

sospettate fino al giorno dell’arresto. Gli elementi acquisiti agli atti non consentono, come si è già<br />

visto, di individuare in questo caso la fonte di <strong>cuffaro</strong>. Di nessuna utilità sono le dichiarazioni sul<br />

punto di aiello e ovviamente dello stesso <strong>cuffaro</strong>, e insufficienti sono anche a questo proposito le<br />

indicazioni che provengono dalle intercettazioni telefoniche.<br />

La mancata identificazione della fonte di <strong>cuffaro</strong> non è di per sé ostativa all’affermazione di<br />

responsabilità di quest’ultimo a titolo di concorso nel reato di cui all’art. 326 del c.p. a lui<br />

contestato, e infatti la corte di cassazione ha precisato che se pur è vero che ai fini della sussistenza<br />

del reato di cui all’art. 326 del c.p. non è richiesta l’individuazione del pubblico ufficiale o<br />

dell’incaricato del pubblico servizio rivelatore delle notizie segrete, è anche vero che le dette<br />

informazioni devono comunque riferirsi a un soggetto di cui sia con certezza accertata tale qualità.<br />

Tale prova naturalmente può anche essere solo indiziaria, ed è anzi difficile pensare a un tipo di<br />

prova diverso se si ammette che possa essere sconosciuta l’identità di colui che rivela le notizie. Nel<br />

caso di specie, non può che essersi trattato di un pubblico ufficiale, dato che l’esistenza delle<br />

indagini su ciuro e riolo, per il loro carattere di eccezionale delicatezza, era nota a un ristretto<br />

numero di persone certamente aventi tale qualità, e peraltro va rilevato che quelle direttamente<br />

coinvolte presso questa procura e presso l’arma dei carbinieri sulle indagini erano al corrente anche<br />

delle intercettazioni sulla rete riservata che non furono invece portate a conoscenza né di <strong>cuffaro</strong> né<br />

degli altri indagati.<br />

Quanto poi al fatto che anche in questo caso <strong>cuffaro</strong> non sia stato mero ricettore della notizia, ma<br />

abbia invece concorso con il pubblico ufficiale non identificato, istigandolo anzi a fornire ulteriori<br />

elementi di informazione e di riflessione, si deduce sulla base di una serie di elementi convergenti<br />

che costituiscono una convincente prova logica, ammessa come si è già visto dalla giurisprudenza<br />

della cassazione in questa specifica materia.<br />

Innanzitutto bisogna avere presente il quadro generale della vicenda, con i rapporti intensi e<br />

prolungati nel tempo aiello/<strong>cuffaro</strong> ammessi dagli stessi imputati.<br />

Con la particolare situazione di <strong>cuffaro</strong>, all’epoca indagato e già interrogato per il reato di cui agli<br />

art. 110 e 416 bis del c.p., interrogatorio del 1 luglio del 2003, e quindi preoccupato di ogni<br />

eventuale rapporto pericoloso e alla ricerca di informazioni sulla situazione propria e di coloro con<br />

cui veniva in contatto. Ben consapevole peraltro, perché da tempo informato da borzacchelli, delle<br />

indagini a carico di aiello con il quale aveva infatti smesso di incontrarsi.<br />

In questo quadro generale devono essere poi considerati gli elementi che emergono dal<br />

dibattimento.<br />

A proposito della prima rivelazione quella del 20 ottobre, è certo che <strong>cuffaro</strong> era appena tornato da<br />

un breve viaggio durante il quale era stato anche a roma, ma roberto rotondo ha affermato che il<br />

presidente non gli disse di aver avuto le sue informazioni a roma, ma semplicemente che stava<br />

tornando da roma. Più significativo è il dato che emerge con riferimento alla seconda<br />

intercettazione quella del 31 ottobre 2003 e della successiva telefonata intercettata alle 20:14 con<br />

cui aiello fa al cugino e socio carcione il resoconto dell’incontro avuto con il presidente. La<br />

telefonata è già stata oggetto di analisi ed è quindi sufficiente qui richiamare i passaggi essenziali<br />

per il tema che interessa: “è in diretta, un diritto collegamento con roma e quindi niente, riesce ad<br />

avere… che stavano commentando un po’ queste conversazioni, facendo delle ipotesi, anzi, quello<br />

lo metteva in guardia per dire “vidi sti bastardi che stanno combinando”. Quando si è parlato di quel<br />

dipendente gli hanno dato molta importanza concretamente. Poi in considerazione di questo dice<br />

vabbene, apritevi gli occhi”.<br />

Ora pure nell’estrema prudenza di aiello, appare evidente che l’interlocutore di <strong>cuffaro</strong> non era<br />

certo semplicemente un impiegato infedele che avesse orecchiato qualcosa dietro una porta o<br />

raccolto un foglio di carta dimenticato fuori posto, e risulta altresì evidente che il presidente della<br />

regione non si era affatto limitato a ricevere passivamente notizie. Infatti l’interlocutore di <strong>cuffaro</strong> è<br />

una persona che ha un diretto collegmento con roma, che fa con l’imputato il quadro generale delle<br />

indagini, che ha preso in esame le singole conversazioni tra cui quella, oramai nota, relativa al<br />

197


marito della signora pellerano, che interessa direttamente il presidente della regione, e che infine<br />

formula l’invito alla prudenza che <strong>cuffaro</strong> a sua volta gira ad aiello: apritevi gli occhi.<br />

Dunque <strong>cuffaro</strong> ha avuto con il suo informatore una lunga ed articolata conversazione durante la<br />

quale ha appreso anche dell’esistenza delle intercettazioni a carico di riolo, come ha riferio aiello<br />

pur tra mille esitazioni e dopo molte contestazioni, e ha appreso anche di iniziative assunte da<br />

qualcuno presso il ministro ed aventi ad oggetto le indagini su aiello. Di quest’ultima circostanza<br />

che emerge come sappiamo dalle telefonate intercorse tra aiello e carcione anche il successivo 2<br />

novembre, non è stato possibile per la reticenza degli imputati chiarire in alcun modo i termini e il<br />

significato, ma non vi è dubbio che anch’essa concorre insieme a tutte le altre di cui si è parlato a<br />

dipingere la figura di <strong>cuffaro</strong> non come quella di un mero ricettore di notizie, ma come di colui che<br />

queste notizie cerca e riesce a procurarsi, discutendole e approfondendole nei dettagli e che poi si<br />

premura di rilevare con mille cautele e precauzione agli interessati. E anche per questi reati allora<br />

noi riteniamo debba essere affermata la responsabilità di <strong>cuffaro</strong>.<br />

Ma <strong>cuffaro</strong> tutto questo, tutto ciò che ha fatto l’ha fatto apposta? Era consapevole di quello che<br />

faceva e l’ha voluto fare? Sono queste le domande che ci dobbiamo porre nel momento in cui<br />

andiamo ad analizzare il profilo del dolo e andiamo ad analizzare la sussistenza della fattispecie<br />

circostanziale di cui all’art. 7 della legge 203 del 1991.<br />

L’ha fatto apposta? Non vi è alcun dubbio che le condotte favoreggiatrici e rivelatrici di segreti<br />

contestate siano state rappresentate e volute dall’imputato. Ciò emerge da tutto quello che abbiamo<br />

sin qui sostenuto e provato e sappiamo che il dolo richiesto per queste condotte, le condotte di<br />

favoreggiamento 378, le condotte di rivelazione di segreto d’ufficio 326, è il dolo generico.<br />

È necessaria la volontà di una condotta a forma libera che consapevolmente si traduca comunque in<br />

un aiuto a favore di colui che si sa essere sottoposto alle investigazioni o alle ricerche dell’autorità.<br />

A riguardo è quindi necessario soltanto accertare che l’agente abbia volontariamente posto in essere<br />

quella determinata condotta, pur sapendo che essa si traduce comunque in un aiuto alla elusione<br />

dell’investigazione in corso da parte dell’autorità a carico di determinata persona (cass. penale, sez.<br />

prima 27 giugno 89, agostani per tutte). Non vi è dubbio che tutto ciò sia stato ampiamente provato<br />

nel corso di questo processo.<br />

[…]<br />

Sorge allora un primo problema, quello di fissare i criteri distintivi tra le due fattispecie, del<br />

concorso esterno del delitto di cui all’art. 416 del c.p. e di favoreggiamento aggravato ai sensi<br />

dell’art. 7 del dl 152 del 1991. Ora, senza ripetere qui quanto è già stato detto a proposito del<br />

concorso esterno sulla base delle sentenze carnevale e mannino, bisogna però rilevare che la<br />

distinzione tra i due reati che interessano è stato oggetto di pochi passaggi essenziali nella sentenza<br />

delle sezioni unite fin qui citate che hanno evidenziato, in sostanza, due criteri distintivi<br />

fondamentali. Dal punto di vista del risultato della condotta agevolatrice la suprema corte (sent.<br />

Carnevale 30 ottobre 2002) ha ritenuto che la circostanza di cui all’art. 7 è incentrata su di un dato<br />

assolutamente soggettivo. Per la sua integrazione non è quindi richiesto che lo scopo sia<br />

concretizzato in un esito di effettivo rafforzamento del sodalizio; quando ciò avvenga il delitto così<br />

aggravato potrà affiancarsi al concorso eventuale, se naturalmente vi sono tutte le altre condizioni<br />

richieste.<br />

Nel caso di questo processo, però, questo elemento distintivo non rileva ai fini della posizione<br />

dell’imputato <strong>cuffaro</strong>, dato che è fuori discussione, per tutto quello che si è detto a proposito della<br />

vicenda guttadauro, culminata con il ritrovamento della microspia, che il risultato di agevolazione<br />

dell’associazione mafiosa è stato conseguito.<br />

Dal punto di vista dell’elemento soggettivo poi la giurisprudenza richiede, per la sussistenza<br />

dell’aggravante il dolo specifico di agevolare l’associazione mafiosa sicchè il fatto criminoso<br />

commesso deve essere oggettivamente idoneo a realizzare tale ulteriore aspetto offensivo voluto<br />

dall’agente rispetto a quello che già di per sé concretizza il delitto (cass. sesta 7 febbraio 2001 –<br />

11231 tremiglio).<br />

198


Per il concorrente esterno, invece, il dolo deve investire nei momenti della rappresentazione e della<br />

volontà sia tutti gli elementi essenziali della figura criminosa tipica, cioè dell’associazione mafiosa,<br />

sia il contributo causale recato dal proprio comportamento alla realizzazione del fatto concreto, con<br />

la consapevolezza e volontà di interagire in maniera sinergica con le condotte altrui nella<br />

produzione lesiva del medesimo reato, così ci dice la sentenza mannino.<br />

Non basta invece che nell’agire del concorrente esterno sia presente soltanto la consapevolezza che<br />

altrui agisca con la volontà di realizzare il programma criminoso (sent. Carnevale), che quanto il<br />

profilo soggettivo della fattispecie concursuale la sent. Carnevale perviene alla conclusione che il<br />

discrimine fra concorso e partecipazione risiede essenzialmente nel segmento dell’atteggiamento<br />

psicologico che riguarda la volontà di far parte dell’associazione.<br />

Allora, in sostanziale continuità con questa posizione, la sentenza mannino afferma la necessità che<br />

il concorrente estern,o pur sprovvisto dell’affectio societatis, cioè la volontà di fare parte<br />

dell’associazione, si renda compiutamente conto dell’efficacia causale della sua attività e sia<br />

animato dalla volontà, si è parlato di dolo intenzionale o diretto, di finalizzare il suo contributo alla<br />

realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio.<br />

Si richiede infine che l’extraneus sia consapevole dei metodi e dei fini dell’associazione a<br />

prescindere dalla condivisione, avversione, disinteresse o indifferenza per siffatti metodi e fini che<br />

lo muovono nel suo foro interno, così la sentenza mannino.<br />

L’esame delle risultanze processuali deve dunque avere come punti di riferimento questi criteri<br />

fissati dalla suprema corte.<br />

Quindi per ipotizzare la configurabilità del concorso esterno nel delitto di associazione mafiosa è<br />

necessario, […], che un concorso vi sia, vi sia cioè un rapporto tra l’associazione mafiosa e<br />

l’extraneus, vi sia – con le parole della sentenza mannino – la consapevolezza e volontà di<br />

interagire sinergicamente con le condotte altrui nella produzione lesiva del medesimo reato.<br />

Del resto non è un caso che proprio a proposito del concorso esterno nel reato di cui all’art. 416 bis<br />

sono divenute di uso comune le locuzioni, recepite anche nella sentenza della cassazione, di “patto<br />

di scambio politico/mafioso”, di “patto di protezione” con riferimento rispettivamente agli uomini<br />

politici e agli imprenditori in cui l’elemento comune è proprio quello del patto. E la ritenuta<br />

sussistenza di un preciso patto criminoso è alla base di due sentenze ben note a palermo che hanno<br />

per oggetto le condotte di appartenenti alle forze dell’ordine, le sent. Contrada e dantonio.<br />

[…]<br />

E ancora di più la stessa sentenza carnevale, nel criticare la concezione della natura monosoggettiva<br />

della partecipazione, aveva messo in guardia dal rischio di una surrettizia assimilazione tra<br />

associazione e mero accordo criminoso.<br />

Nel caso dell’imputato <strong>cuffaro</strong> manca, alla stregua degli atti fin qui acquisiti, proprio il requsito di<br />

base del concorso, sia nella forma della risposta ad una richiesta, ad un impulso – come dicono le<br />

sez. unite – dell’organizzazione, se ancora di più di un’iniziativa dell’imputato volta a costruire un<br />

accordo con l’associazione mafiosa.<br />

Questa affermazione è ovviamente basata sulle risultanze processuali di cui è necessario un<br />

riesame, sia pure sintetico, anche perché questo stesso esame costituirà per altro verso la base per<br />

l’affermazione della sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 7. del dl 152/91.<br />

In primo luogo va fatto un accenno alla vicenda della candidatura del dottor domenico miceli alle<br />

elezioni regionali del giugno del 2001. E invero, se vi fosse la prova che tale candidatura era stata<br />

concordata tra giuseppe guttadauro, salvatore aragona, domenico miceli e salvatore <strong>cuffaro</strong> con<br />

l’assunzione di precisi impegni nell’interesse di cosa nostra e la successiva attivazione di <strong>cuffaro</strong><br />

per la realizzazione di quanto concordato, saremmo in presenza, per ciò solo e a prescindere da altre<br />

condotte poste in essere dall’imputato, di una responsabilità a titolo di concorso esterno<br />

nell’associazione mafiosa nella specifica forma di quello che, come abbiamo già detto, viene<br />

solitamente definito “patto di scambio politico/mafioso”. Dagli atti però non emerge la prova di<br />

alcuna concreta attivazione in questo senso di <strong>cuffaro</strong>. Inoltre e prima ancora, non emerge la prova<br />

199


che <strong>cuffaro</strong> abbia concordato la candidatura di miceli nelle sue liste. In mancanza di altri elementi<br />

non possono infatti essere ritenute prove sufficienti le dichiarazioni di salvatore aragona e le<br />

intercettazioni delle conversazioni tenute a casa guttadauro da lui stesso e da domenico miceli nella<br />

parte in cui riferiscono il contenuto dei loro incontri con <strong>cuffaro</strong> e le affermazioni che questi<br />

avrebbe fatto sugli impegni che avrebbe preso.<br />

Questo perché sul punto specifico della candidatura di miceli, lo stesso miceli e aragona erano in<br />

quel momento mossi da loro personali e specifici interessi ad acquisire l’appoggio di guttadauro<br />

vantando di avere quello di <strong>cuffaro</strong> e ad accreditarsi come tramite con il candidato presidente. In<br />

mancanza di altri riscontri sul punto, non è quindi possibile ritenere senz’altro che le loro parole<br />

rispecchino con la necessaria precisione e fedeltà quanto da loro riferito a <strong>cuffaro</strong>, né la posizione<br />

effettivamente espressa dall’imputato. E per altro, proprio su questo punto vi sono notevoli discrasie<br />

tra le dichiarazioni rese da aragona nel corso del dibattimento e quelle fatte durante le indagini<br />

preliminari.<br />

Sotto altro profilo, per quanto riguarda questo primo aspetto non vi è prova alcuna che <strong>cuffaro</strong> si sia<br />

attivato a favore dei dottori catarcio e giammone nella vicenda dei concorsi medici sapendo che per<br />

i due professionisti vi era un interese di guttadauro. Vi è la prova che si è attivato, gli fu contestata<br />

anche nel corso del suo interrogatorio, ma ripeto che quest’attivazione rispecchi un precedente e<br />

pregresso interesse di guttadauro non è dimostrato in alcun punto del processo.<br />

Per quanto riguarda poi le vicende del centro commerciale di brancaccio che tanto stavano a cuore a<br />

guttadauro, non vi sono elementi per ritenere che <strong>cuffaro</strong> abbia in alcun modo appoggiato<br />

l’iniziativa, ed è coerente a questa linea, qualunque ne siano le motivazioni, quello che ci ha riferito<br />

francesco campanella e cioè il mancato appoggio dell’imputato anche al centro commerciale di<br />

villabate dietro il quale vi erano gli interessi della famiglia mafiosa dei mandalà.<br />

Per quento riguarda ancora aragona, è anche provato che <strong>cuffaro</strong> non aderì alla sua richiesta di<br />

interessamento per il buon esito del ricorso in cassazione proposto dallo stesso aragona per il suo<br />

processo, e dalle dichiarazioni di campanella emergono poi, sempre con riferimento alla campagna<br />

elettorale per le regionali del 2001, altri elementi a sostegno dell’assenza di un patto di scambio<br />

politico/mafioso tra l’imputato e cosa nostra. Mi riferisco in particolare a quella parte delle<br />

dichiarazioni di campanella, cui più volte si è fatto cenno, secondo cui <strong>cuffaro</strong> volle precise<br />

assicurazioni che la candidatura nelle liste del biancofiore di acanto, sollecitata da antonino<br />

mandalà e approvata da saverio romano che pure aveva piena competenza in quel settore, non<br />

potesse pregiudicare l’elezione del maresciallo borzacchelli e di conseguenza non avesse di fatto<br />

alcuna probabilità di successo.<br />

E che l’elezione di borzacchelli fosse per <strong>cuffaro</strong> una priorità è confermato dal fatto che egli chiese<br />

ed ottenne il voto di borzacchelli dallo stesso campanella, che pure faceva parte della coalizione<br />

contrapposta e che per i suoi legami con mandalà doveva appoggiare la candidatura di acanto.<br />

Nello stesso senso depongono anche le risultanze processuali relative ai contatti avuti nel 1991 da<br />

<strong>cuffaro</strong> con angelo siino. In proposito si deve ritenere provato non solo l’incontro, per altro<br />

ammesso dallo stesso <strong>cuffaro</strong>, ma anche il fatto, confermato dal teste franco bruno, che <strong>cuffaro</strong> non<br />

ignorava i legami che siino aveva con cosa nostra, tanto da essere conosciuto come “il ministro dei<br />

lavori pubblici di cosa nostra” e tanto da suscitare poi le ire del’on. Mannino, allora capo-corrente<br />

di <strong>cuffaro</strong>, [….].<br />

In effetti questa richiesta di voti era per <strong>cuffaro</strong> lo scopo dell’incontro, e questo ne fu l’oggetto. Tale<br />

richiesta però non ebbe alcun esito, ed anzi siino ci ha raccontato di avere troncato subito la<br />

questione dato che egli aveva gli impegni con altri candidati della corrente dell’on. Lima<br />

contrapposta a quella di mannino. Riferisce siino: “mi propose un incontro, dice: non è che lo vuoi<br />

conoscere? Eh, sì. Si trattava in quel momento di un momento elettorale, siamo nel 1991, intorno al<br />

mese, qualche mese prima delle elezioni e bisogna vedere che però, che era un altro momento per<br />

me topico, veramente brutto perché in quel momento io già avevo avuto da diverse parti il sentore<br />

che di lì a poco sarei stato arrestato. Anzi, mi ha detto subito dopo le elezioni? Mai stata previsione<br />

più azzeccata. Sono stato arrestato immediatamente dopo le elezioni. Enea mi accompagnò.<br />

200


Romano, che si presentò con un personaggio molto grazioso, così, molto alla mano, che<br />

immediatamente riconobbi essere l’on. Cuffaro. Mi disse subito, baci e abbracci, mi diede<br />

immediatamente del tu, ci siamo dati del tu. Mi disse: guarda che sono arrivato qua perché mi devi<br />

aiutare. Ma coma ti posso aiutare? Mi devi, io debbo assolutamente essere il primo degli eletti, anzi<br />

ti dico che io sarò tra il primo degli eletti nella circoscrizione, perché allora era per circoscrizione. E<br />

io gli dissi: senti, senta – perché praticamente a un certo punto mi spiazzai di dirgli immediatamente<br />

del tu – gli ho detto: guarda, sarà difficile che tu possa fare, perché già ci sono degli impegni<br />

diversi. Che in effetti erano ben noti in quel momento, c’era un preciso dictum, un preciso… sul<br />

nome del’on. Puppura che poi in effetti è stato il primo degli eletti. Nella stessa occasione ho avuto<br />

modo di parlare un po’ di tutto. Mi devi aiutare, mi devi aiutare, dice. Ma guarda, come ti posso<br />

aiutare? E insomma”.<br />

L’incontro con siino è come si è visto del 1991, non porta a nessun risultato, non ha neanche un<br />

profilo di concretezza, anche se è però rivelatore di un atteggiamento di salvatore <strong>cuffaro</strong>, peraltro<br />

da lui rivendicato, quello della sua disponibilità a incontrarsi e a parlare anche con condannati per<br />

mafia in quanto cittadini titolari del diritto di voto. 48:01 Così ci ha detto <strong>cuffaro</strong> nel corso del suo<br />

interrogatorio del 13 giugno del 2006, salvo tenere lontano soltanto campanella e i mandalà.<br />

“Sapevo che aveva avuto dei problemi di giustizia e che aveva in qualche modo pagato le sue colpe<br />

e che tornava a fare il medico (parlando di aragona), quindi ho sempre avuto culturalemnete l’idea<br />

che la gente può sbagliare, paga il prezzo, in questo caso alla giustizia, e poi torna a fare il suo<br />

lavoro. Credo che questo sia un dato di quello che mi riguarda, che mi appartiene culturalmente”.<br />

Quindi l’imputato non ritiene necessario o utile porre uno sbarramento con persone già inquisite o<br />

addirittura condannate per delitti di mafia. Atteggiamento che può essere o meno condiviso, ma di<br />

per sé non può formare oggetto di censura in sede penale. Anche se il dato della conoscenza dei fatti<br />

di mafia che hanno riguardato guttadauro e aragona e della consapevolezza ammessa che all’epoca<br />

dell’episodio, in discussione miceli, li frequentava, ha sotto altro profilo invece un’indubbia<br />

valenza, come vedremo.<br />

Sta di fatto che a questo stesso atteggiamento si riconducono in assenza di elementi specifici sul<br />

loro contenuto e addirittura sull’epoca alla quale risalgono, i contatti che l’imputato ha avuto con<br />

Francesco Bonura. Questi contatti risultano dalla intercettazione ambientale eseguita nell’ambito<br />

del procedimento 2474/05, la cosiddetta operazione Gotha, contro lo stesso bonura e altri. In<br />

particolare, il 7 settembre del 2005 franco bonura è stato intercettato mentre discorreva con rosario<br />

marchese. Chi siano questi personaggi è testimoniato dalla deposizione del dottor desantis, alla<br />

quale si può fare rinvio, all’udienza dell’8 maggio del 2007.<br />

Bonura, nel corso dell’intercettazione: Quindi dipende tutto da cufaro, siccome io non è che…<br />

perché con cufaro ci siamo incontrati, siamo stati vicini. Poi non ci ho potuto parlare più, ma luiè<br />

venuto diverse volte a trovarmi. Non è che ci fu una volta. Ci riunivamo là, dentro da me. Me lo<br />

accompagnava un altro e mi diceva: non ti preoccupare. Così parlando di cose, problemi nostri. Gli<br />

ho detto: io appena mi sistemo queste cose me ne vado. E lui: ma perché te ne devi andare? Mi<br />

diceva. Ora che le cose si stanno sistemando. E poi a lui il culo glielo hanno stretto.<br />

E marchese, l’altro interlocutore: Anzi, che è ancora fuori. Perché si vede che i discorsi devono<br />

andare in questo modo.<br />

Bonura: io non lo so com’è combinato. Io per questo ho paura di fuori, all’aria chi c’è. Lui può<br />

stare, se fossi io…<br />

Ma certo. Etc<br />

Meno rilevante, ancora meno rilevante ai fini che qui interessano, è la conversazione del 21<br />

novembre 2005, nell’ambito del medesimo processo penale, tra antonino rotolo e angelo parisi.<br />

Infatti in questa conversazione si fa riferimento a un incontro che <strong>cuffaro</strong> avrebbe potuto avere con<br />

daniele gusardò, persona impegnata in politica a livello locale, all’epoca dei fatti incensurata e che<br />

solo le indagini di quel procedimento hanno accertato essere molto vicina a rotolo.<br />

201


Dice rotolo parlando con il parisi: Gli ho detto, perché vedi le cose se tu non le sai che le senti, io<br />

non voglio sapere più niente, gli ho detto. Ma vedi che a me, io ho fatto un discorso basato. Sì a me,<br />

dice, ma io non ho detto niente, dice, del genere. E non è male perché io, dice, la condivido questa<br />

cosa. Sono stato pure a vedere perché mi devo scoprire etc Gli ho detto. Mi ha fatto alcuni nomi che<br />

a lui lo vanno chiamando dall’Udc perché aveva appuntamento, aveva appuntamento lui<br />

direttamente con totò <strong>cuffaro</strong>. Gli ho detto: ma tu fai una cosa. Visto e considerato che lui ti è<br />

venuto a cercare a casa e non è un appuntamento politico ma è un appuntamento privato, gli ho<br />

detto, vacci. Vai ad ascoltare, secondo i discorsi che ti fanno tu gli dici.<br />

Da un successivo passo della conversazione, il cui contenuto attiene prevalentemente ad argomenti<br />

di natura politico-elettorale, rotolo diceva di aver appreso dal suo paesano che <strong>cuffaro</strong> non<br />

concedeva incontri in quanto si era sparsa la voce che lo potesssero arrestare:<br />

Gli ho detto – dice rotolo parlando con parisi – tu ti ci incontri e poi mi fai sapere. Praticamente<br />

l’incontro qual è. Lo incontra per dire, dice: dobbiamo portare a totò <strong>cuffaro</strong>. […] Uno me lo ha<br />

detto il nome che ho sentito, uno importante questo dell’Udc. L’ho sentito questo nome. Comunque,<br />

in sostanza questo che conosce lui lo deve portare da questo e questo lo deve fare incontrare con<br />

totò <strong>cuffaro</strong> che mi risulta che per ora totò <strong>cuffaro</strong> non si vede con nessuno. È da qualche mese che<br />

non vuole incontrare nessuno perché lo hanno indagato. Infatti lui questo mi dice a me, dice: ci sono<br />

sentori che lo vogliono arrestare.<br />

In realtà un contributo importante per comprendere l’atteggiamento mantenuto da cosa nostra negli<br />

anni successivi al 1995/96 nei confronti di <strong>cuffaro</strong> è invece offerto dalle dichiarazioni che<br />

provengono da antonino giuffrè. Sappiamo bene chi è antonino giuffrè, nel corso della discussione<br />

ne abbiamo parlato diffusamente, e a proposito di <strong>cuffaro</strong>, giuffrè, nel corso dell’udienza dell’8<br />

marzo 2005, ha riferito che per le elezioni regionali del 2001 cosa nostra assunse un atteggiamento,<br />

lui ha detto, “dietro le quinte”. Ha riferito cioè di un accordo al’interno di cosa nostra per<br />

appoggiare <strong>cuffaro</strong>, ciò anche perché, dice giuffrè, “si aveva la sensazione netta che il rivale,<br />

leoluca orlando, ex sindaco di palermo, non sarebbe stato eletto e come sempre cosa nostra sale sul<br />

carro di chi vince”.<br />

Giuffrè dice che l’accordo interno all’organizzazione è tacito, testualmente: “no, in tutta onestà no,<br />

diciamo che… un discorso è che già di per se stesso si era… cioè la popolarità. Si era fatto tutto<br />

<strong>cuffaro</strong> e il discorso andava perfettamente bene, diciamo che per provenzano il discorso andava<br />

bene”.<br />

E ancora giuffrè: “Ripeto che per il provenzano il discorso andava benissimo e diceva che laddove<br />

si poteva intervenire, laddove si potesse intervenire, si doveva intervenire in favore di <strong>cuffaro</strong>. Però<br />

ripeto, è un discorso che già si vedeva perfettamente che il candidato contro <strong>cuffaro</strong> sarebbe uscito<br />

sconfitto da parte nostra”.<br />

E alla domanda del pm: Senta, con il provenzano di questo discorso della possibilità,<br />

dell’opportunità di appoggiare quella candidatura di <strong>cuffaro</strong> avete parlato più volte?<br />

Giuffrè risponde con grande naturalezza: Signor procuratore, indubbiamente sì. Però nel momento<br />

in cui non c’è storia in un determinato confronto, diciamo che per quanto riguarda l’elezione a capo<br />

della regione non ci si è prodigati, almeno per quello che mi riguarda, che riguarda la mia persona”.<br />

Giuffrè ha poi riferito di precedenti conversazioni con bernardo provenzano, nelle quali si parlò di<br />

<strong>cuffaro</strong>, ha riferito che nel 1996 avrebbe voluto intervenire nei confronti di <strong>cuffaro</strong> a favore di<br />

persone a lui vicine che fanno parte della palermo-bene e che allo stesso tempo erano proprietari di<br />

grosse stazioni di terreno e non riuscivano a riscuotere dall’assessorato all’agricoltura rilevanti<br />

somme di denaro cui avevano diritto. Giuffrè ha così poi continuato: “Aspettavano solo di essere<br />

pagati. Comunque hanno organizzato per la circostanza, me lo hanno definito come un rinfresco in<br />

onore dell’on. Cuffaro, e non ricordo se lo stesso rinfresco fosse stato organizzato presso uno degli<br />

alberghi della catena Ponte. Poi successivamente diciamo che sono stato informato che avevano,<br />

cioè gli era costato anche una certa somma perché di persone presenti ce n’erano diverse e poi con<br />

202


me si sono diciamo, quasi quasi in modo particolare, nino militello e franco militello, lamentati di<br />

questo discorso. Ora io ho portato avanti questa lamentela e incontrandomi con provenzano gli<br />

racconto di questo discorso. Non è sembrato per difendere, tutelare i miei amici, diciamo, molto<br />

adatto alla circostanza. Provenzano ricordo che mi ha stoppato immediatamente: lascia stare il tutto<br />

e anzi ricordati che dobbiamo curare, indirettamente s’intende, i rapporti con l’on. Cuffaro. Cioè<br />

curare i rapporti e lasciarlo stare perfettamente a suo agio per non disturbarlo. Questa è la prima<br />

occasione a memoria mia che io scambierò con questa, per questa motivazione <strong>cuffaro</strong>. Non ricordo<br />

altri discorsi diretti sull’on. Cuffaro ma ricordo, se la memoria non mi inganna, che in questa<br />

elezione (parla del 2001) provenzano e altri sponsorizzavano un individuo di bagheria”.<br />

Ora, sulla decisione di cosa nostra e in particolare di provenzano di appoggiare la candidatura di<br />

<strong>cuffaro</strong> a preferenza di quella di orlando nell’elezioni regionali del 2001, giuffrè è poi tornato, a<br />

domanda del presidente, insistendo che la scelta era giustificata da un lato dalla maggiore<br />

affidabilità di <strong>cuffaro</strong>, dall’altro dalla certezza che egli era comunque il candidato vincente.<br />

Gli chiede il presidente: Adesso chiariamo un attimo questo aspetto orlando/<strong>cuffaro</strong> che è rimasto<br />

un po’ sospeso. Volevo chiederle: la decisione di appoggiare alle elezioni del 2001 la candidatura di<br />

<strong>cuffaro</strong> nacque perché <strong>cuffaro</strong> era una persona affidabile e tale fu definita da provenzano sin dalle<br />

elezioni del 96, o nacque perché orlando era considerato un candidato spacciato alle elezioni?<br />

E giuffrè: Il tutto parte da un discorso, come abbiamo visto, cioè tutto parte, signor presidente,<br />

come ho detto, dal 93 in modo particolare, 93/94 cioè dopo l’arresto di riina ci sarà un<br />

capovolgimento che culminerà appositamente in un contesto che poi parte dal 96 se io ricordo bene.<br />

Sì sì, il discorso parte, per non allungarmi ancora, dalle parole che provenzano allora, in quella<br />

circostanza mi ha detto sulla affidabilità di <strong>cuffaro</strong> che fra l’altro, diciamo, che già si vedeva<br />

benissimo che è una persona che diciamo andava alla grande nel contesto politico.<br />

E ancora il presidente: Le ho rifatto questa domanda perché sulle sue risposte precedenti in realtà<br />

era rimasto in sospeso questo punto particolare. Quindi lei mi sta dicendo che l’appoggio nel 2001<br />

era legato al fatto che già fin dal 96 <strong>cuffaro</strong> era considerato un candidato attendibile, valido.<br />

E giuffrè: Era già stata predisposta una certa strategia nel campo regionale, signor presidente.<br />

Quindi non perché era considerato vincente per altre faccende.<br />

E ancora il presidente: perché sennò le si potrebbe fare la domanda, che anche se di tipo ipotetica<br />

non è consentita alle parti ma il tribunale lo può fare, se aveste considerato <strong>cuffaro</strong> come perdente,<br />

avreste votato orlando…<br />

E la risposta di giuffrè è: Probabilmente.<br />

È questo il senso della sua risposta? Oppure perché era un candidato affidabile di suo?<br />

E giuffrè: Io le rispondo tranquillamente e serenamente, signor presidente. Non sarebbe stato il<br />

candidato ad essere il presidente della regione.<br />

Sugli stessi concetti guffrè è tornato, in modo ancora più chiaro, alla fine del suo esame sempre su<br />

domanda del tribunale:<br />

Sì, diciamo che <strong>cuffaro</strong>, l’on. Cuffaro, aveva creato già automaticamente una certa politica vecchio<br />

stampo clientelare, che cioè, da questo si toccava con mano che aveva un seguito molto sostenuto<br />

elettoralmente.<br />

Ora del resto, proprio su questo punto una conferma esplicita ci è offerta da un’affermazione di<br />

giuseppe guttadauro, intercettato nella sua abitazione il 14 aprile 2001, cioè due mesi prima delle<br />

elezioni. Dice guttadauro: “Purtroppo anche noi siamo costretti picchi io orlando non ci voto manco<br />

ammazzato, non gli faccio campagna elettorale contro, dove sono io, perché pure iddu avi avi a<br />

pigghiari pure i suoi voti”.<br />

Nel proseguio dell’esame giuffrè ha poi spiegato il tipo di rapporto tra provenzano, la mafia e la<br />

politica, definendo il rapporto come un rapporto mediato, paragonando le cmunicazioni tra mafia e<br />

203


politica alla catena attraverso la quale si trasmettevano i cosiddetti pizzini di provenzano. Dunque<br />

un meccanismo che, per quanto possibile, cerca di attenuare i contatti del politico con<br />

l’organizzazione mafiosa allo scopo di proteggerlo dalle investigazioni.<br />

E a poi riferito giuffrè: “Il dottore guttadauro era in contatto, non so a quanti passi, ma io sapevo<br />

che era in contatto con l’on. Cuffaro”.<br />

Nonostante le ripetute domande delle parti del tribunale giuffrè non è stato però in grado di indicare<br />

con precisione, al di là di mere ipotesi e deduzioni logiche, quali fossero gli eventuali intermediari<br />

che facevano da tramite tra provenzano e guttadauro o guttadauro e <strong>cuffaro</strong>: “non so a quanti passi”,<br />

ci ha detto.<br />

Nello stesso senso infine sono le dichiarazioni di maurizio di gati, capo della provincia di agrigento,<br />

a lungo latitante, le cui dichiraioni sono acquisite al fascicolo per il dibattimento. Di gati riferisce<br />

che cosa nostra aveva dato un’indicazione di voto alle elezioni regionali del 2001 in favore di<br />

<strong>cuffaro</strong>, in termini molto simili a quelli in cui ne ha riferito giuffrè, e che leo sutera, altro esponente<br />

mafioso agrigentino, gli aveva a sua volta riferito dell’esistenza di un canale non meglio specificato<br />

tra <strong>cuffaro</strong> e guttadauro, che tra l’altro si era speso a favore per il sostegno elettorale di <strong>cuffaro</strong>.<br />

Nello specifico di gati parla poi di due tentativi di interessamento verso <strong>cuffaro</strong> relativi all’apertura<br />

di una farmacia e a progetti per impianti di depurazione che non si erano però in alcun modo<br />

concretizzati.<br />

In conclusione per questo aspetto si deve ribadire che, allo stato delle risultanze processuali, emerge<br />

dalle dichiarazioni di giuffrè e di gati la decisione di cosa nostra di appoggiare la candidatura di<br />

<strong>cuffaro</strong> per due motivazioni convergenti: per un giudizio positivo della mafia sulla politica vecchio<br />

stampo clientelare, da lui già creata automaticamente, ed evidentemente ritenuta confacente agli<br />

interessi dell’organizzazione; la convinzione che <strong>cuffaro</strong> era poi il candidato che avrebbe comunque<br />

vinto le elezioni.<br />

Né giuffrè né di gati hanno riferito di un accordo tra l’organizzazione criminale e l’uomo politico in<br />

termini tali da poter parlare, ai fini della affermazione della responsabilità penale di un patto di<br />

scambio politico/mafioso. Né giuffrè né di gati sono stati in grado, come si è visto, al di là di<br />

indicazioni del tutto generiche e quindi non utilizzabili in sede processuale, di riferire quali fossero<br />

stati i tramiti tra cosa nostra e <strong>cuffaro</strong> e come costoro avessero operato. Elementi questi<br />

indispensabili invece per valutare la sussistenza o meno del patto, ovvero di quell’azione sinergica<br />

tra concorrente esterno e appartenente all’organizzazione mafiosa, necessario come ha precisato la<br />

sentenza mannino per la configurabilità del delitto di cui agli art. 110 e 416 bis del c.p.<br />

E allora se questi sono gli elementi che ci inducono e che ci hanno sempre veramente indotto a<br />

ritenere non sussistente la fattispecie dell’art. 110 e 416 bis del c.p. in questo processo nei confronti<br />

di questo imputato, bisogna però chiedersi quali sono gli elementi a sostegno di quello che già<br />

abbiamo pronunciato essere la nostra richiesta di affermazione di responsabilità penale in ordine<br />

all’aggravante contestata di cui all’art. 7 della legge 203 del 1991.<br />

In proposito la giurisprudenza è costante nel richiedere per la sua configurazione il dolo specifico di<br />

agevolare l’associazione mafiosa, sicchè il fatto criminoso commesso deve essere oggettivamente<br />

idoneo a realizzare tale ulteriore aspetto offensivo voluto dal soggetto agente rispetto a quello che<br />

già di per sé concretizza il delitto. La corte di cassazione ha precisato sul tema che, in tema di<br />

favoregggiamento personale, l’aggravante di cui al secondo comma dell’art. 378 è compatibile con<br />

quella prevista dall’art.7 quando il favoreggiamento sia stato compiuto in relazione a persona che<br />

abbia fatto parte di associazione di stampo mafioso e contemporaneamente l’azione sia diretta ad<br />

agevolare l’attività del sodalizio mafioso (sez. quinta 13 maggio 2004 – sez. sesta 10 giugno 2005).<br />

E ancora ha sostenuto la cassazione che l’aggravante di cui al citato art. 7 concerne all’azione<br />

favoreggiatrice diretta in maniera oggettiva ad agevolare l’attività posta in essere dal sodalizio,<br />

entità questa non immaginaria ma reale (sez. sesta 12 marzo 98).<br />

Bisogna chiedersi allora se <strong>cuffaro</strong> ponendo in essere consapevolmente le condotte che gli sono<br />

state contestate allora ha avuto di mira il risultato ulteriore il cui realizzarsi peraltro non è<br />

204


necessario per la consumazione del reato, ma che nel caso si è per larga parte realizzato, che è stato<br />

il fine di salvaguardare l’intera organizzazione mafiosa o quantomeno una sua propaggine<br />

importante come la famiglia mafiosa di brancaccio dalle indagini che il raggruppamento operativo<br />

speciale dei carabinieri aveva in corso […].<br />

Ebbene, nessun dubbio che <strong>cuffaro</strong> si sia rappresentato il fatto criminoso commesso e che lo stesso<br />

era ed è stato oggettivamente idoneo a realizzare l’ulteriore aspetto offensivo voluto dal soggetto<br />

agente rispetto a quello già di per sé concretizzante il delitto.<br />

La notizia data a guttadauro per il tramite miceli/aragona è stata certamente idonea a consentire il<br />

ritrovamento delle microspie e a interrompere un’indagine che aveva riguardato quantomeno la<br />

famiglia mafiosa di brancaccio, appunto una parte assolutamente significativa dell’organizzazione<br />

mafiosa.<br />

Come detto bisogna però chiedersi se <strong>cuffaro</strong> ha anche voluto lo scopo ulteriore rispetto alla<br />

condotta realizzata ai sensi dell’art. 378 del c.p. Ora, che anche questo evento sia stato non solo<br />

rappresentato, ma voluto da <strong>cuffaro</strong> emerge da una serie di indicatori che sono tutti provati<br />

attraverso il dibattimento. Come è noto la prova della volontà è molto più difficile da conseguire<br />

che non la prova della rappresentazione della condotta, lo scopo. 1: 06:00 Qui gli indici vanno<br />

rinvenuti da altri dati emersi dal dibattimento, sul grado di consapevolezza che nel tempo <strong>cuffaro</strong> ha<br />

avuto dell’esistenza e delle modalità di funzionamento dell’organizzazione mafiosa e dunque delle<br />

conseguenze che l’informazione fornita a guttadauro, anche solo attraverso la messa a disposizione<br />

dell’informazione a miceli, avrebbe comportato.<br />

Ai fini di questa valutazione sono rilevanti anzi sono decisivi proprio tutti gli indicatori che<br />

emergono sia dalle risultanze processuali in relazione alle condotte specifiche di favoreggiamento e<br />

rivelazione di notizie segrete in ordine alla quale è stata contestata l’aggravante, sia tute le altre<br />

risultanze processuali prese in esame, anche solo al fine di escludere la configurabilità del delitto di<br />

cui agli art. 110 e 416 bis del c.p.<br />

Come risulta ampiamente da quanto detto a proposito delle dichiarazioni di giuffrè e di quelle più<br />

generiche ma con le prime coerenti di Di Gati, <strong>cuffaro</strong> era ed è un uomo politico di cui cosa nostra e<br />

in particolare provenzano sostanzialmente apprezzava la linea politica, definita “di vecchio stampo<br />

clientelare” e ritenuta utile nel contesto di quella strategia della sommersione adottata dopo le stragi<br />

e che trova nella intermediazione e nell’inserimento del mafioso in ogni profilo della vita sociale ed<br />

economica, e in particolare nelle amministrazioni pubbliche, uno dei suoi momenti essenziali.<br />

E l’imputato non poteva certo non essere consapevole di questa benevolenza dell’associazione<br />

mafiosa che si sostanziava almeno in parte in appoggio elettorale. Anche se proprio giuffrè afferma<br />

di non avere personalmente appoggiato la candidatura dell’imputato, e anche se su tale benevolenza<br />

influiva la prassi, sempre seguita dall’organizzazione mafiosa, di salire sul carro del vincitore e di<br />

cercare rapporti con il potere qualunque esso sia. È di per sé evidente che una simile<br />

consapevolezza non poteva certo mancare in un uomo politico esperto come <strong>cuffaro</strong>, con una rete di<br />

sostenitori e simpatizzanti largamente diffusa in tutta la sicilia.<br />

Ma il processo offre ulteriori conferme della consapevolezza sul piano generale da parte<br />

dell’imputato di questa situazione. Ci riferiamo proprio ai rapporti già tentati nel 1991 con angelo<br />

siino e a quelli con francesco bonura, di contenuto imprecisato, sì, risalenti in epoca non specificata,<br />

sì, ma quando certamente bonura aveva già vissuto problemi giudiziari: “Ora che le cose si stanno<br />

sistemando” racconta bonura, al suo interlocutore, gli ha detto <strong>cuffaro</strong> nel corso di uno di questi<br />

incontri, quindi dopo che i primi processi per mafia hanno investito anche bonura.<br />

Quello che naturalmente è più rilevante, anche sotto il profilo del dolo richiesto per la sussistenza<br />

dell’aggravante, sono le condotte stesse di favoreggiamento e di rivelazione di notizie segrete in<br />

quanto inserite nel contesto della vicenda guttadauro. Va in primo luogo rilevato che <strong>cuffaro</strong><br />

sapeva, per sua stessa ammissione, che giuseppe guttadauro era una persona condannata per fatti di<br />

mafia. Cuffaro sapeva altresì che con guttadauro e suo cognato, greco vincenzo - anch’egli<br />

condannato per fatti di mafia, subirà poi, l’abbiamo detto, col processo Ghiaccio un secondo<br />

205


processo dal quale in sede di appello verrà assolto, ma già condannato per favoreggiamento<br />

aggravato all’art.7 nella sua qualità di medico, in anni passati - avevano rapporti, dicevo, andando a<br />

trovarlo nella sua abitazione i suoi amici salvatore aragona, anch’egli condannato per fatti di mafia<br />

e <strong>cuffaro</strong> lo sapeva e ce lo ha detto, e domenico miceli.<br />

Pertanto quando riceve da borzacchelli le rivelazioni sull’indagine che ha al suo centro l’attività di<br />

guttadauro quale capo del mandamento di brancaccio, <strong>cuffaro</strong> ha ben chiaro il significato di queste<br />

indagini, comprende perfettamente quello che essa può significare per questo importantissimo<br />

settore dell’organizzazione mafiosa, sia sul versante strettamente criminale, sia, data la personalità<br />

di guttadauro, medico stimato, appartenente a una famiglia ricca e con variegate attività economiche<br />

sul versante dei rapporti con persone diverse dai normali uomini d’onore, se così si può dire, quali<br />

appunto erano aragona e miceli.<br />

Di questa consapevolezza è ulteriore indice il tentativo di indurre, come abbiamo visto, tramite<br />

l’avvocato caputo, salvatore aragona a non rispondere agli interrogatori.<br />

E ancora un indice di questa consapevolezza di come <strong>cuffaro</strong> abbia avuto ben chiaro il quadro<br />

complessivo della situazione e si sia quindi non solo rappresentato ma anche voluto le conseguenze<br />

che avrebbe prodotto la sua rivelazione a miceli e quindi ad aragona e a guttadauro è proprio la sua<br />

spasmodica e risalente nel tempo attenzione al problema delle informazioni sulle indagini, tema che<br />

è alla base del suo rapporto con borzacchelli.<br />

Solo così si spiega una condotta di raccolta eccessiva di informazioni di natura investigativa, che<br />

non è solo quella che deriva da uno stabile rapporto con borzacchelli finalizzato alla tutela del solo<br />

<strong>cuffaro</strong>, da indagini relative alla sua attività pubblica. La raccolta delle informazioni ha fatto<br />

riferimento anche ad un ambito, il contrasto a cosa nostra, che almeno in teoria non avrebbe dovuto<br />

essere quello naturale di <strong>cuffaro</strong>. Si tratta di un settore che riguarda l’interesse specifico<br />

dell’organizzazione mafiosa e non certo della tutela del solo miceli che certo vicinissimo<br />

all’organizzazione mafiosa comunque è.<br />

Va allora riconosciuta la sussistenza dell’aggravante di cui all’art.7 della legge 203 del 91 essendo<br />

l’attività di <strong>cuffaro</strong> diretta specificamente alla agevolazione dell’associazione mafiosa. Rammentato<br />

il diritto che ai fini della contestazione dell’agravante di cui all’art.7, nell’ipotesi della commissione<br />

di delitto ai fini di agevolare l’attività dell’associazione di tipo mafioso, seppure non si richiede che<br />

il fine particolare perseguito si risolva in concreto in un qualche risultato apprezzabile, non basta la<br />

semplice consapevolezza della possibilità che dal reato che si commette derivi un’agevolazione<br />

dell’attività dell’associazione, ma occorre invece che nella coscienza dell’idoneità del delitto<br />

perpetrato a realizzare l’agevolazione suddetta, questa finalità abbia costituito pure motivo specifico<br />

della spinta criminosa. Pertanto al dolo previsto per il delitto commesso devono accompagnarsi<br />

elementi aggiuntivi dimostrativi in modo univoco, ovvero altrimenti rivelatori della voluta<br />

particolare strumentalità della azione delittuosa. E allora in punto di fatto il quid pluris rilevante da<br />

individuare nella spiegata attività di raccordo tra la tutela del proprio interesse attraverso la tutela di<br />

miceli e la tutela della famiglia mafiosa sopra esaminata.<br />

Gli indici esposti portano in maniera convergente a ritenere che <strong>cuffaro</strong> abbia deciso di agevolare<br />

non solo guttadauro attraverso miceli ma, mettendogli a disposizione l’informazione relativa alla<br />

microspia a casa sua, ha voluto agevolare l’intera organizzazione. Verso la stessa in realtà ha<br />

mostrato ostilità solo sul piano della facciata, a questo sono servite le grida contro la mafia che fa<br />

schifo, la serie di protocolli firmati con le forze dell’ordine di cui ci ha parlato (e avrei voluto ben<br />

vedere che il presidente della regione siciliana, nello svolgimento pubblico del suo ruolo non<br />

collaborasse ad aprire commissariariati di polizia e caserme dei carabinieri), con una posizione<br />

personale del tutto irrilevalente sulla tematica di cui all’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario.<br />

È innegabile l’assoluta consapevolezza che la propria azione di informazione, motivata anche dalla<br />

necessità di tutelare miceli in quanto suo amico politico, abbia avuto quale intima ulteriore<br />

motivazione lo scopo di evitare che venisse distrutto quel mondo mafioso criminale in cui era<br />

inserito lo stesso miceli e il cui funzionamento <strong>cuffaro</strong> conosceva bene sin dai suoi incontri del<br />

206


1991 con angelo siino. Se non avesse avuto l’informazione segreta nulla quaestio, ma avendola<br />

avuta <strong>cuffaro</strong> non poteva correre il rischio di non riversarla all’organizzazione mafiosa.<br />

Dare la notizia della presenza della microspia a miceli, cosa che <strong>cuffaro</strong> ha fatto, vuol dire mettere<br />

la notizia a disposizione dell’intera organizzazione criminale sapendolo. In altre parole, accanto alle<br />

motivazioni personali <strong>cuffaro</strong>, che il sistema di pressione e di sopraffazione mafioso conosce bene,<br />

ha nutrito una ulteriore convinzione criminosa, ben sapendo che l’individuazione della microspia<br />

presso la casa di guttadauro avrebbe avuto quale effetto la salvaguardia di quel sistema impedendo<br />

di fatto lo smantellamento dell’organizzazione sul territorio.<br />

È per queste ragioni che noi riteniamo che la responsabilità penale dell’imputato <strong>cuffaro</strong> debba<br />

essere estesa non soltanto alla consumazione delle fattispecie contestate, ma anche al<br />

riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 70.<br />

E allora io inizierei a trattare, da questo momento in poi, l’ultimo dei macrotemi di questo processo,<br />

diciamo così, che è quello relativo all’imputazione di truffa, all’imputazione di associazione per<br />

delinquere finalizzate alle truffe e ad alcuni delitti in danno della pubblica amministrazione<br />

soprattutto che sono stati consumati da alcuni degli imputati di questo processo. Mi riferisco<br />

all’ipotesi di truffa che riguardano gli imputati aiello, giambruno, oliveri e iannì, nelle due diverse<br />

contestazioni che sono state formulate; mi riferisco anche agli altri delitti contro la pubblica<br />

amministrazione che riguardano giacomo venezia, michele giambruno, salvatore prestigiacomo e la<br />

coppia la barbera/calaciura.<br />

È un capitolo questo anch’esso estremamente importante di questo processo, riguarda l’attività<br />

dell’imputato michele aiello a partire dal 1996 nel settore della sanità privata e in particolare in<br />

quello della radiodiagnostica e della radioterapia nel quale egli, tramite due società facenti capo in<br />

maniera assolutamente totalitaria a lui e ai suoi familiari, ma sosprattutto a lui, cioè la Diagnostica<br />

per immagini Villa santa Teresa srl e la Atm – alte tecnologie medicali srl, ripeto, appunto di fatto<br />

sempre da lui gestite - e la prova che ne sia il dominus sostanzialmente esclusivo sta in tutte le<br />

intercettazioni acquisite, sta nelle dichiarazioni rese dallo stesso aiello, sta nelle dichiarazioni rese<br />

da rotondo, sta negli accertamenti di polizia giudiziaria operati dal teste miulli, per il quale si può<br />

rinviare alla sua audizione del 6 dicembre 2005, e in quella del teste di pasquale, il maresciallo del<br />

Nas che ha sviluppato una parte delle indagini, per il quale si può rinviare all’udienza del 27 ottobre<br />

2005 – è riuscito, dicevo, a realizzare un centro diagnostico dotato di attrezzature assolutamente<br />

all’avanguardia, fatto questo che ovviamente è riconosciuto e non contestato, nel settore delle<br />

terapie tumorali. Le società di aiello hanno così fatto registrare, a partire dalla seconda metà del<br />

1999, un vertiginoso aumento dei ricavi annui, da pochi miliardi a molte decine di miliardi, se li<br />

valutiamo con il parametro delle vecchie lire, erogati però sempre dallo stesso, diciamo così,<br />

cliente, cioè dalla regione siciliana, in particolare dalla Asl n.6 di Palermo, nell’ambito del Sistema<br />

sanitario nazionale.<br />

In conseguenza, ciò, sia dell’aumento del numero di pazienti che è quasi raddoppiato ma,<br />

soprattutto, dall’aumento in maniera esponenziale del costo unitario delle prestazioni, aumento<br />

asseritamente in gran parte dovuto al loro livello qualitativo di gran lunga più elevato. Su questi<br />

ricavi ovviamente si dovrà tornare quando si illustrerà in paricolare un atto istruttorio che è stato<br />

assunto, e paraltro è stato assunto dal tribunale, cioè la perizia dei dottori Glorioso e Ribolla<br />

discussa nel corso dell’udienza del 13 luglio del 2007.<br />

Dicevo, nel contesto delle vicende relative ai delitti di truffa devono essere affrontati anche ulteriori<br />

reati in qualche modo connessi alle vicende illecite relative alle società di aiello nel settore della<br />

sanità, sono le contestazioni che sono state mosse al primo dirigente della polizia di stato giacomo<br />

venezia - una ipotesi di favoreggiamento aggravato dall’art. 61 n.9 del c.p., una ipotesi di falsità ex<br />

art. 479 del c.p., alcune ipotesi di corruzione, peraltro corruzione propria ex art. 318 del c.p.,<br />

contestate naturalmente in concorso ex art. 321 anche a michele aiello – che riguardano salvatore<br />

prestigiacomo, l’ho già detto, Adriana la barbera, angelo calaciura e michele giambruno.<br />

207


Naturalmente poi questa è anche la sede per affrontare il tema delle responsabilità delle società di<br />

aiello così come previste dal dl 231 del 2001 in relazione all’art. 5 comma V e all’art. 24 di tale dl.<br />

Allora, noi sappiamo che a partire dalla metà del 2003 i rapporti tra le società di aiello e la pubblica<br />

amministrazione sono stati oggetto di indagine da parte dei carabinieri del nas, oltre che oggetto di<br />

svariati controlli in sede amministrativa da parte della direzione generale dell’asl n.6 di palermo.<br />

Sappiamo che questa indagine e questi controlli hanno provocato in aiello e nei suoi collaboratori,<br />

secondo proprio quanto emerge dalle intercettazioni telefoniche eseguite sulla cosiddetta rete<br />

riservata, una grandissima preoccupazione, anch’essa sintomo della responsabilità penale di<br />

michele aiello anche per questi reati. Infatti i timori che aiello manifesta nel corso delle sue<br />

conversazioni intercettate sono senz’altro ben giustificati, dato che all’esito dell’indagine dei<br />

carabinieri del Nas e di quelle ulteriori, esperite direttamente da questo ufficio, e a seguito<br />

dell’istruzione dibattimentale e in particolare delle audizioni dei numerosi periti ed esperti che è<br />

stata operata, sia su iniziativa dell’accusa che delle parti private, che della difesa, che dello stesso<br />

tribunale, rimane accertata un’indebita percezione da parte delle società di aiello di ingenti,<br />

ingentissime, direi, somme erogate dall’Asl n.6 a titolo di rimborso in regime di assistenza indiretta,<br />

e cioè in assenza di qualunque forma di convenzione con le strutture mediche private.<br />

In particollare aiello è riuscito a ottenere, a partire dalla seconda metà del 1999, il pagamento di<br />

somme molto maggiori di quelle incassate fino a quel momento non solo per le prestazioni di livello<br />

qualitativo più elevato, perché realizzate con nuove e migliori attrezzature, tali da comportare anche<br />

metodiche, più complesse e più costose – ma anche su questo alcune osservazioni vanno fatte<br />

perché è, veramente, questo fatto notorio: l’investimento tecnologico a un certo punto li riduce i<br />

costi, non li aumenta, così avviene in tutta la società tecnologicamente avanzata. Pensiamo<br />

esemplificativamente al costo dei telefonini di qualche anno fa e al costo dei telefonini oggi:<br />

impianti e strutture ad alta tecnologia, col tempo, riducono tutto il costo della sttrutura e di quanto a<br />

essa è connesso – ma anche per prestazioni, dicevo, rimaste del tutto identiche al periodo<br />

precedente.<br />

Per queste ultime, dunque, certamente i pagamenti erogati dalla asl n.6 non erano dovuti e sono stati<br />

ottenuti da aiello attraverso artifizi e raggiri assai complessi e articolati, oltre che grazie alla<br />

complicità di alcuni funzionari del distretto sanitario di base di bagheria e cioè in particolare<br />

l’ineffabile dottor lorenzo iannì e il dottor michele giambruno.<br />

Sempre in via di premessa, sul tema che si sta affrontando si deve sottolineare che per il rimborso<br />

delle prestazioni erogate fino al giugno del 1999 anche le società di aiello hanno seguito una<br />

procedura del tutto regolare, e del resto uguale a quella delle altre società siciliane operanti nel<br />

settore. Dal luglio del 1999, in coincidenza con l’assunzione dell’incarico di dirigente del distretto<br />

sanitario di base di bagheria da parte del dottor lorenzo iannì, amico personale dell’aiello, come il<br />

processo ha chiarito, la Diagnostica per immagini Villa santa teresa e, dall’inizio dell’attività che<br />

risale al 2001, anche la Atm hanno adottato una procedura completamente diversa mediante la<br />

quale, attraverso una serie di modifiche apparentemente poco significative e con la complicità dei<br />

responsabili del distretto di base di bagheria dell’asl n.6 hanno ottenuto rimborsi di gran lunga<br />

superiori a quelli in realtà dovuti.<br />

Queste condotte sono continuate fino al momento in cui, il 9 febbraio del 2002 per la Villa santa<br />

teresa srl, il 1 luglio del 2002 per la Atm, le due società hanno conseguito il cosiddetto preaccreditamento<br />

e cioè sono transitate dal regime di assistenza indiretta a quello di assistenza diretta,<br />

basato su una convenzione che prevede il pagamento al centro clinico e non sul rimborso al<br />

paziente che aveva fruito della prestazione.<br />

Non c’è nessun dubbio che abbia contribuito in maniera significativa alla realizzazione della truffa<br />

contestata la mancata previsione di un tariffario ufficiale, il cosiddetto nomenclatore, come avviene<br />

invece per le forme di assistenza diretta, e dalla previsione normativa che il rimborso delle spese da<br />

parte della competente unità sanitaria locale avviene “al costo”, cioè su ruchiesta dell’avente diritto<br />

documentata e corredata da fatture debitamente quietanzate, lo prevede l’art.2 della legge regionale<br />

208


80 del 1988 con le successive modifiche. In sostanza, il legislatore regionale ha scelto,<br />

limitatamente ad alcune patologie di particolare gravità, di rimborsare l’intero costo sostenuto dal<br />

cittadino senza porre apparentemente alcun limite quantitativo per ogni singola prestazione,<br />

richiedendo solo la documentazione dell’effettività dell’esborso.<br />

In concreto, poi, anche questa condizione è venuta meno perché l’amministrazione regionale, per<br />

motivi facilmente comprensibili e anche apprezzabili, ha accettato la prassi del rilascio di procura<br />

all’incasso da parte dei singoli cittadini in favore delle case di cura o dei centri di terapia, cosicchè,<br />

quelli che dovevano essere dei rimborsi di somme già erogate sono divenuti dei pagamenti in favore<br />

dei soggetti stessi che avevano erogato le prestazioni e, diciamo subito, poiché si tratta certamente<br />

di una delle anomalie che hanno consentito la truffa, la procura speciale è diventata in realtà una<br />

sorte di cessione di credito nella quale il cedente, cioè il privato, debole e ammalato, non aveva<br />

nessuna consapevolezza del credito che cedeva, né in virtù del meccanismo con il quale i costi<br />

venivano trasmessi dal distretto di bagheria e da iannì all’asl 6 era possibile per la pubblica<br />

amministrazione erogante rendersi conto dell’effettivo costo del servizio appunto pagato.<br />

In pratica, anche attraverso questo meccanismo, michele aiello non soltanto determinava il costo a<br />

suo piacimento, ma evitava che anche la persona che usufriva della prestazione ne venisse a<br />

conoscenza. La disposizione alla quale abbiamo fatto riferimento, l’art.2 della legge regionale 80<br />

dell’88, che prevede il rimborso al costo, potrebbe condurre alla conclusione paradossale che<br />

sarebbe di per sé legittima la richiesta e quindi anche il pagamento di una qualsiasi somma, anche la<br />

più spropositata, per ogni singola prestazione, anche la più semplice. Per esempio, nel caso in<br />

questione, per ogni seduta di irradiazione. Questa conclusione è in realtà chiaramente paradossale e<br />

trova il suo primo correttivo in un corretto concetto di prestazione che, nel caso in esame, non è la<br />

singola irradiazione, ma l’intero ciclo descritto nel piano terapeutico inizialmente predisposto dallo<br />

specialista radioterapista, che ha come scopo principale quello di individuare la dose utile di raggi<br />

da irradiare e che ricomprende necessariamente le altre attività specifiche: la visita pre-trattamento,<br />

la simulazione o “centratura”, la redazione del piano terapeutico, la visita post trattamento.<br />

Ci è stato detto dagli imputati che a proposito delle terapie eseguite non è corretto parlare di ciclo<br />

sul piano scientifico, ma in questa sede la questione, peraltro mai contestata nel corso delle indagini<br />

preliminari, è ovviamente soltanto una questione terminologica avendo in buona sostanza chiaro il<br />

significato del ciclo inteso come la completa esecuzione della terapia prevista, quello che intendeva<br />

da un lato il paziente e dall’altro l’ente publico pagatore: i laici di questa materia indicano per<br />

“ciclo” proprio questo.<br />

Ciò premesso, è stato accertato che la Villa santa teresa Diagnostica per immagini e la Alte<br />

tecnologie medicali hanno adottato una serie di accorgimenti diretti da un lato a richiedere il<br />

pagamento delle singole parti del ciclo invece che di questo nella sua interezza, con un conseguente<br />

indebita moltiplicazione degli incassi, dall’altro lato a eludere i controlli dei funzionari dell’Asl di<br />

palermo mentre, per altro, potevano contare sulla complicità dei responsabili del distretto di base di<br />

bagheria. Questi accorgimenti sono stati costituiti dall’uso di documentazione non corrispondente a<br />

quella prescritta, specie per l’uso di fotocopie invece che degli originali, dall’uso di<br />

documentazione contenente affermazioni non corrispondenti al vero, soprattuto con riferimento al<br />

domicilio sanitario, dall’uso di documentazione redatta volutamente in modo tale da non fare<br />

risultare che l’oggetto della singola richiesta di pagamento e della corrispondente fattura non era un<br />

intero ciclo ma solo una parte di esso, dalla redazione da parte del distretto sanitario di base di<br />

bagheria delle proposte di deliberazione e di liquidazione che dovevano poi essere adottate dall’asl<br />

n. 6 con modalità tali da eludere i controlli da parte della direzione generale dell’azienda. 1:29:05<br />

Ulteriori accorgimenti fraudolenti sono stati poi necessari per evitare il rischio che la asl a cui<br />

appartenevano i pazienti non residenti nel territorio della provincia di palermo, quindi fuori dalla<br />

competenza dell’asl 6, potessero rilevare l’enorme incremento del costo delle prestazioni erogate<br />

dalle due società facenti capo ad aiello.<br />

L’effetto del ricorso a questi che sono stati definiti con termine volutamente non tecnico<br />

“accorgimenti”, ma che in realtà integrano perfettamente gli artifizi e i raggiri previsti dall’art. 640<br />

209


del c.p., è stato quello di indurre in errore la pubblica amministrazione, di ottenere il pagamento di<br />

somme non dovute dato che in buona sostanza veniva pagata più volte la stessa prestazione intesa<br />

come ciclo terapeutico e non come singola seduta e comunque dolosamente non si metteva in<br />

condizione la pubblica amministrazione di comprendere quale fosse l’effettivo costo delle<br />

prestazioni erogate, vere o false che esse fossero.<br />

Questa ricostruzione dei fatti trova conferma, come vedremo, nella documentazione acquisita e<br />

nelle diverse consulenze e perizie svolte nel processo, ma trova conferma anche in alcune<br />

ammissioni anche di alcuni imputati, in particolari del dottor oliveri, responsabile della radioterapia<br />

oncologica presso la società dell’aiello, e in misura meno significativa dello stesso dottor<br />

giambruno. Non vi è dubbio che il contesto nel quale si sviluppano anche le condotte criminose di<br />

truffa e quelle, sostanzialmente connesse, di tipo corruttivo è il medesimo nel quale sono maturate<br />

anche le altre condotte criminali di michele aiello, si sono intrecciati i suoi inquinati rapporti con<br />

esponenti politici di spicco appunto di questo mondo, quello della politica, e di quello della<br />

pubblica ammnistrazione. Il soddisfacimento e la tutela di taluni dei molteplici interessi anche di<br />

natura illecita di aiello conotano infatti anche in questo caso i suoi rapporti con gli imputati lorenzo<br />

iannì e michele giambruno, rispettivamente direttore e funzionario medico del distretto sanitario di<br />

base di bagheria.<br />

Non vi è dubbio che le società di aiello hanno vertiginosamente incrementato i ricavi annui solo in<br />

minima parte grazie agli investimenti tecnologici operati e al fisiologico accrescimento del numero<br />

dei pazienti. Soprattutto i ricavi aumentano a causa del patologico gonfiamento del costo delle<br />

prestazioni compiacentemente consentito da taluni settori dell’asl 6 di palermo e quindi sopportato<br />

dalla regione siciliana. L’esistenza di numerosi e variegati rapporti di aiello con esponenti politici e<br />

della pubblica amministrazione proprio in relazione ai suoi cospicui interessi nel settore della<br />

sanità, la predisposizione da parte di aiello di artifizi e raggiri complessi e articolati che grazie alla<br />

complicità proprio di quei funzionari del distretto sanitario di base di bagheria, e in particolare iannì<br />

e giambruno, gli hanno consentito l’indebita percezione di ingenti somme erogate dell’asl 6.<br />

Dall’esame degli esperti abbiamo appreso in quali passaggi si articola un trattamento di radioterapia<br />

e qual era la procedura standard prevista dalle norme vigenti, nel periodo che qui interessa, per<br />

usufruire di prestazioni di radioterapia, e lo possiamo così sintetizzare: la visita pre-trattamento, la<br />

simulazione o “centratura” del volume bersaglio, il piano terapeutico, le sedute, la visita posttrattamento.<br />

Allora il ciclo, cioè il termine che alcuni ci hanno spiegato non esistere dal punto di<br />

vista scientifico, può senz’altro definirsi come l’insieme di tutti i punti sinora esposti, pertanto una<br />

frazione delle sedute complessive previste dal radioterapista non è da considerarsi un ciclo, ma una<br />

parte del ciclo e se poi non si vuole accettare questo concetto - ma ripeto la questione è soltanto<br />

terminologica – si può tranquillamente usare l’altro concetto pure emerso in dibattimento, cioè il<br />

concetto di “prestazione sanitaria” che pare invece, chissà perché, soddisfare le esigenze di tutti<br />

quelli che ci hanno corretto sul termine “ciclo”. È pur vero che a volte nel corso della terapia si può<br />

rendere necessaria l’esecuzione di ulteriori simulazioni per modificare i campi di trattamento, di<br />

solito riducendone le dimensioni iniziali, e però le modifiche apportate non costituiscono un nuovo<br />

ciclo, non costituiscono una nuova prestazione sanitaria.<br />

Dalla deposizione del teste Di pasquale, già citata, è possibile ricostruire, insieme alla<br />

documentazione prodotta e ai dati normativi, quella che è l’ordinaria procedura di erogazione delle<br />

prestazioni: le prestazioni di radioterapie sono effettuate da centri pubblici e/o privati autorizzati<br />

dall’assessorato regionale alla sanità, i centri privati fino al 30 giugno del 2002 sono distinti in<br />

convenzionati e non convenzionati, presso i centri convenzionati l’assistito si reca con la<br />

certificazione di uno specialista oncologo, con la prescrizione del medico di base per un trattamento<br />

di radioterapia. Al termine del ciclo di irradiazioni la struttura erogatrice richiede il rimborso della<br />

prestazione in base al tariffario regionale all’azienda asl dove insiste il centro stesso tramite il<br />

distretto sanitario di competenza. Presso i suddetti centri posso accedere tutti gli assistiti residenti<br />

nel territorio nazionale senza ulteriore formalità, per gli assistiti non residenti nel territorio<br />

dell’azienda sanitaria dove viene effettuato il trattamento, la stessa azienda asl chiederà la<br />

210


compensazione all’asl di appartenenza dell’assistito. Presso i centri non convenzionati le prestazioni<br />

vengono effettuate in forma indiretta, ovvero l’assistito con certificazione sanitaria rilasciata da<br />

specialista oncologo attestante la malattia e la necessità del trattamento radioterapico si reca dal<br />

proprio medico di famiglia il quale rilascia la prescrizione su ricettario regionale per un trattamento<br />

di radioterapia. Questo passaggio prevedeva due tipologie:<br />

assistito residente nel territorio ove esiste un centro pubblico o convenzionato che effettua<br />

prestazioni di radioterapia, e in questo caso il paziente con la prescrizione del medico di base si reca<br />

presso il centro pubblico abilitato alla radioterapia. Qualora presso il centro pubblico non è<br />

possibile intraprendere il trattamento entro breve tempo viene rilasciata apposita attestazione a cura<br />

del responsabile del centro pubblico convenzionato circa l’impossibilità di iniziare il trattamento. In<br />

questo caso l’assistito può recarsi presso qualsiasi struttura esistente nel territorio nazionale anche<br />

non convenzionata per sottoporsi al trattamento.<br />

Assistito residente nel territorio ove non esiste un centro pubblico o convenzionato che effettua<br />

prestazioni di radioterapia. E in questo caso il paziente con la prescrizione del medico di base si<br />

reca presso il distretto sanitario di residenza ove viene rilasciata apposita autorizzazione per il<br />

trattamento. Dopo tale incombenza, l’assistito può rivolgersi a qualsiasi struttura esistente nel<br />

territorio nazionale, anche non convenzionata, per sottoporsi al trattamento.<br />

Con la prescrizione dello specialista oncologo, con la ricetta del medico di base autorizzata,<br />

l’assistito si reca presso il centro di radiooterapia scelto dallo stesso dove il medico radioterapista,<br />

al termine di una visita medica supportata da accertamenti diagnostici, predispone il piano<br />

terapeutico, indicando in apposita cartella il ciclo di radioterapia. In tale fase l’assistito prende<br />

cognizione del numero delle sedute di irradiazione cui deve sottoporsi. Nella ricetta il medico di<br />

base prescriveva genericamente, ci ha detto il De Pasquale, e si legge per la verità nelle ricette,<br />

necessità di un trattamento di radioterapia con acceleratore lineare poiché il compito di individuare<br />

l’esatta terapia è di pertinenza del radioterapista. Al termine del ciclo, quindi dopo la visita posttrattamento,<br />

la struttura emette la fattura. Trattandosi di assistenza indiretta, la fattura deve essere<br />

saldata dall’assistito che a sua volta ne chiede il rimborso alla asl di appartenenza tramite il distretto<br />

sanitario.<br />

Ora, come abbiamo anticipato, in considerazione degli elevati costi di un ciclo di trattamenti viene<br />

utilizzata una prassi diversa, questo per evitare i notevoli disagi economici che altrimenti<br />

ricadrebbero sulla famiglia dell’assistito.<br />

L’assistito davanti a un notaio sottoscrive un apposito documento pubblico con il quale nomina<br />

procuratore, per la riscossione dell’importo fatturato, il legale responsabile del centro che ha<br />

affettuato la prestazione sanitaria. In questo atto, l’assistito dichiara la propria residenza anagrafica<br />

e che il rimborso, in ottemperanza alla legge regionale 40/84, deve essere effettuato dall’asl di<br />

appartenenza. Il centro suddetto richiede in virtù della procura speciale il rimborso all’asl di<br />

appartenenza dell’assistito inviando al distretto sanitario la documentazione in originale, ovvero<br />

certificazione dello specialista oncologo, richiesta del medico di base, atto notarile, piano<br />

terapeutico, dichiarazione che il centro non era convenzionato con il SSN, fattura. Successivamente<br />

il responsabile del distretto sanitario predispone apposita proposta di delibera per il pagamento e<br />

detta delibera viene adottata dalla direzione generale dell’asl interessata.<br />

Ora, se questa è la regolare procedura, il dibattimento ha dimostrato che gli imputati hanno posto in<br />

essere due diversi tipi di condotte, strettamente tra loro connessi: il primo aspetto riguarda il profilo<br />

sostanziale dell’ammontare delle somme richieste e indebitamente percepite, il secondo riguarda le<br />

irregolarità delle richieste di rimborso.<br />

Le irregolarità sostanziali: non c’è dubbio che fino al giugno del 1999 il centro Villa santa teresa ha<br />

seguito la procedura che abbiamo appena descritto. Dal luglio del 1999 la Diagnostica per immagini<br />

Villa santa teresa, dal 2001, inizio dell’attività, anche la Atm e fino al passaggio al regime di<br />

assistenza diretta, il cosiddetto pre-accreditamento, il 9 febbraio 2002 per la Villa santa teresa, il 1<br />

luglio 2002 per l’Atm, hanno adottato una diversa procedura mediante la quale, soprattutto grazie<br />

211


alla complicità dei responsabili del distretto di base di bagheria e dell’asl 6, hanno ottenuto rimborsi<br />

di gran lunga superiori a quelli in realtà dovuti.<br />

Nel periodo indicato, le società suddette al completamento dell’intero ciclo di radioterapia per ogni<br />

assistito emettevano più fatture, ognuna delle quali relativa a frazioni di trattamento pur se eseguiti<br />

in periodi di trattamento consecutivi, e indicava però un importo pari a quello complessivamente<br />

richiesto fino al giugno del 1999 per l’intero trattamento. Ne segue all’evidenza che questo modo di<br />

operare ha determinato una indebita dilatazione del costo del trattamento secondo le modalità che<br />

emergono in particolare dalle deposizioni e dalla documentazione prodotta dal teste dara, udienza<br />

del 27 giugno 2006, del 7 febbraio 2007 e del 15 maggio 2007 sulle quali pure si tornerà.<br />

Dall’esame della documentazione acquisita, dalla deposizione dei carabinieri del nas, da quello<br />

dell’amministratore giudiziario Dara, che ha dovuto gestire le imprese sanitarie di aiello dopo il suo<br />

arresto, da quello dei periti si deve ritenere come assodato che le società di aiello hanno ottenuto<br />

dall’asl 6, a partire dal luglio del 1999, somme considerevolmente superiori a quelle ottenute per la<br />

stessa identica prestazione fino alla prima metà del 1999 grazie al marchingegno consistente in<br />

sostanza nella proliferazione di fatture sulle quali sono state spalmate attività terapeutiche invero<br />

facenti parte di un unico ciclo terapeutico, o prestazione sanitaria, così indebitamente frazionato.<br />

Questa operazione è illecita perché non è conforme alla legge regionale 12 agosto 80 n. 88 e<br />

successive modifiche, normativa base in materia che sia pure brevemente va esaminata.<br />

Il legislatore regionale all’art. 2 comma 1 della disposizione citata ha previsto che le prestazioni<br />

sanitarie farmaceutiche, dietetico-medicamentose, diagnostiche, nonché i presidi terapeutici in atto<br />

non previsti o soddisfatti con forme di intervento parziale o limitato nel tempo, sono erogati in<br />

forma indiretta nei casi in cui siano giudicati da conforme parere tecnico-sanitario espresso del<br />

servizio competente dell’unità sanitaria locale indispensabili e insostituibili alla tutela della salute<br />

del cittadino.<br />

Al comma 3 dice che il rimborso delle relative spese da parte della competente unità sanitaria locale<br />

avviene al costo e su richiesta dell’avente diritto documentata e corredata da fatture debitamente<br />

quietanzate etc etc.<br />

In questo modo e per prestazioni sanitarie in genere di particolare complessità strumentale non<br />

assicurate dai presidi pubblici, il cittadino può fare ricorso alla cosiddetta assistenza indiretta che<br />

prevede che egli si rivolga a strutture private, sopporti il costo delle prestazioni erogate e ne ottenga<br />

il rimborso da parte della asl documentando l’esborso sostenuto. I presupposti della cosiddetta<br />

assistenza indiretta sono in primo luogo che le prestazioni sanitarie siano non previste o soddisfatte<br />

e soprattutto siano giudicate da giudicate, da conforme parere tecnico-sanitario espresso del servizio<br />

competente dell’unità sanitaria locale, indispensabili e insostituibili alla tutela della salute del<br />

cittadino.<br />

E allora, il regime del rimborso delle spese, teoricamente in prima battuta sostenute dal cittadino, è<br />

rimasto in realtà travolto dalla prassi. La prassi ha consentito anche ai non abbienti, giustamente<br />

ovviamente, il ricorso a cure assai costose, dal ricorso alle procure all’incasso rilasciate dai singoli<br />

cittadini alle case di cura o ai centri di terapia attraverso appunto questo sistema delle spese<br />

sostenute. In questo modo quelli che dovevano essere dei rimborsi di somme erogate dagli utenti in<br />

realtà sono divenuti veri e propri pagamenti che l’asl opera in favore di quegli stessi soggetti che<br />

hanno erogato le prestazioni sanitarie. Nella sua concreta applicazione il sistema normativo<br />

sommariamente riferito, per evitare paradossali e arbitrarie conclusioni connesse ad esasperate<br />

interpretazioni dello stesso, ad esempio proprio l’illimitato rimborso rectius pagamento, è stato<br />

sorretto da adeguati rimedi connessi in particolare al concetto che nell’ipotesi di procedimenti<br />

terapeutici composti e articolati quello che va rimborsato è il costo “prestazione sanitaria” e non<br />

ogni singola componente dello stesso. Ora, nel caso di specie non c’è dubbio che la prestazione<br />

sanitaria è sinonimo di ciclo terapeutico, così come è stato prima delineato, e che vede nella singola<br />

irradiazione una parte, non autonomamente rimborsabile, dell’intero ciclo, questo rimborsabile.<br />

Che questa sia la corretta interpretazione del dato normativo si evince chiaramente dalla<br />

considerazione che fino alla metà del 99 anche la Villa santa teresa si è attenuta a questi ovvi<br />

212


concetti come del resto si fa in tutta Italia, vedi riferimenti al san raffaele di milano, ai nomenclatori<br />

regionali dei quali hanno parlato numerosi e qualificati testi (ettore cittadini il 19 aprile 2005, guido<br />

catalano il 29 novembre 2005, il rag. Cuccia il 6 giugno 2006, lo stesso dott. Dara all’udienza del<br />

27 giugno 2006 nonché tutti i consulenti e i periti esaminati tra i quali in particolare il professor biti,<br />

su cui torneremo).<br />

E allora in proposito è significativo proprio quanto ci a riferito il dottor scaduto, predecessore di<br />

iannì nell’incarico di dirigente sanitario del distretto di bagheria, nel corso del suo esame il 30<br />

maggio del 2006. Scaduto ha illustrato la procedura relativa alle erogazioni in regime di assistenza<br />

indiretta durante il suo periodo di direzione del distretto di bagheria. Ci ha spiegato che i suoi<br />

compiti, che saranno poi i compiti ereditati da iannì, erano di autorizzare il trattamento radiante con<br />

l’accelaratore lineare su indicazione specialistica dell’oncologo e prescrizione del medico di base<br />

con la dicitura che il trattamento era indispensabile e insostituibile. Completata la terapia il centro<br />

con delega notarile faceva pervenire la richiesta di rimborso allegato in originale, in originale, i<br />

seguenti documenti: l’istanza di rimborso del cittadino, la delega notarile, la relazione tecnicosanitaria<br />

del centro, la richiesta specialistica, la richiesta del medico di base, la dichiarazione di non<br />

convenzionamento.<br />

Ha spiegato dunque che la documentazione doveva essere in originale, o al più doveva trattarsi di<br />

fotocopia autenticata; ha confermato che la fattura era in riferimento alla relazione tecnico-sanitaria<br />

allegata, e che tale documento conteneva tutte le prestazioni effettuate in favore dell’assistito, dalla<br />

prima visita sino all’ultimo giorno di trattamento e visita conclusiva, e ha riferito che la durata di un<br />

trattamento variava tra le due e le quattro settimane in base alla tipologia della malattia e che erano<br />

sporadici i casi nei quali, su proposta dello specialista oncologo, l’assistito veniva sottoposto a<br />

ulteriore ciclo. Ha chiarito che per “ciclo” intende tutte le prestazioni suddette, ovvero dalla visita<br />

pre-trattamento a quella post-trattamento. Ha indicato come costo medio del ciclo una cifra fra i 9 e<br />

i 24 milioni delle vecchie lire a seconda del tipo di trattamento, che i costi più alti effettivamente<br />

riguardavano la terapia cosiddettta “conformazionale” le cui richieste di rimborso erano cominciate<br />

a prevenire solo verso la fine del suo mandato, e ha spiegato che quando dirigeva il distretto<br />

sanitario di bagheria la struttura di Villa santa teresa, così come le altre strutture, faceva pervenire le<br />

richieste di rimborso una volta al mese. Su ogni singola richiesta egli verificava la rispondenza della<br />

documentazione e che la terapia fosse stata iniziata in data successiva all’autorizzazione ai sensi<br />

della legge regionale 40/84 e in tempi brevi, in caso contrario effettuava le dovute contestazioni.<br />

Dopo i controlli suddetti faceva redigere uno specchio riepilogativo di tutte le richieste che poi<br />

veniva allegato a un’unica proposta, un’unica proposta di deliberazione che in seguito veniva<br />

inviato all’ufficio della signora La barbera. Ha confermato che fino al 99 le pratiche di rimborso per<br />

i pazienti residenti fuori dalla provincia di palermo erano sviluppate direttamente presso la asl di<br />

appartenenza, tant’è che quando gli è stato chiesto cos’è un domicilio sanitario ha detto quello che<br />

dovrebbe essere ovvio per tutti, ma che evidentemente non è, e cioè il domicilio sanitario, ci ha<br />

detto, è quando per ragioni di opportunità, per evitare disagi all’assistito, si elegge il domicilio<br />

sanitario nel posto dove si esegue un determinato trattamento, per evitare di andare avanti e indietro<br />

e quindi i pazienti in condizioni precarie potevano eleggere il domicilio sanitario nelle località dove<br />

eseguivano la terapia per evitare appunti questi rientri alla loro residenza, che poteva comportare un<br />

affaticamento per poi l’indomani magari ritornare alla struttura.<br />

E allora mi pare del tutto evidente che la ratio del domicilio sanitario è proprio questa; ci hanno<br />

spiegato qui, invece, che la ratio del domicilio sanitario è cosa diversa, è una semplificazione<br />

burocratica-aministrativa, ma vedremo questo è un altro degli artifizi attraverso i quali si può<br />

realizzare il delitto per il quale stiamo discutendo.<br />

La truffa sta allora in particolare nel fatto che il nuovo meccanismo dei rimborsi adottato dalla<br />

società di aiello dal 1999 comporta la moltiplicazione dei debiti contabili, le fatture, emessi e<br />

soprattutto il fatto che ogni singola fattura, in genere relativa a trattamenti settimanali, riporta una<br />

somma quasi pari a quella riportata in precedenza dall’unica fattura prima di allora emessa per<br />

l’intero ciclo o prestazione sanitaria.<br />

213


Palermo, 15 ottobre 2007,<br />

Settima giornata requisitoria Processo Aiello - Cuffaro e altri (talpe alla Dda)<br />

Pm, Maurizio De Lucia<br />

Presidente: volevo dare atto della presentazione in cancelleria di questa istanza di remissione ai<br />

sensi dell’articolo 45 e seguenti del cpp. Se la vuole illustrare, prego…<br />

Avvocato Antonio Mormino: Volevo dire Presidente che adesso è compito del tribunale assumere le<br />

determinazioni conseguenti rispetto alle quali noi non formuliamo nessuna esplicita richiesta. La<br />

norma prevede anche la facoltà del tribunale di adottare un provvedimento anziché un altro e questo<br />

è nei compiti del tribunale stesso e noi non abbiamo nessuna ragione di forzare o richiedere<br />

esplicitamente una o l’altra delle determinazioni. Attendiamo di conoscere le decisioni del<br />

tribunale, ed eventualmente se proseguiremo in questa fase allo stato delle cose, aspettiamo che così<br />

come era stato prospettato alla prossima udienza il pubblico ministero formuli le sue richieste<br />

conclusive e ne prenderemo atto per quello che è l’andamento fisiologico, normale del<br />

procedimento.<br />

Presidente: c’è qualcuno che vuole interloquire su questa questione?<br />

Pm: non abbiamo nulla da osservare rispetto a quanto è stato rilevato ora<br />

Presidente: delle parti c’è qualcuno che vuole interloquire? Il tribunale si ritira…<br />

(sospensione)<br />

Presidente: …l’importante è registrare quello che stiamo dicendo in merito alla presentazione<br />

nell’odierna udienza, di una richiesta di remissione ai sensi dell’articolo 45 del codice di procedura<br />

penale da parte dell’imputato salvatore <strong>cuffaro</strong>. Rilevato che le altre parti non hanno osservato<br />

alcunché né avanzato richieste ulteriori, ritenuto che in forza al disposto di cui all’art. 46 terzo<br />

comma ccp il tribunale ha il dovere di trasmettere immediatamente alla suprema corte di cassazione<br />

la richiesta con i documenti allegati. Ritenuto altresì che il collegio è chiamato a pronunciarsi<br />

unicamente sull’opportunità di sospendere il processo in attesa delle determinazioni della suprema<br />

corte, che a tale riguardo, in considerazione della specifica fase in cui si trova il dibattimento è in<br />

corso una lunga e articolata discussione che fa prevedere ancora tempi non brevi per il suo<br />

esaurimento, il tribunale non ritiene opportuno disporre la sospensione del processo e per questi<br />

motivi dispone trasmettersi a cura della cancelleria la richiesta di remissione del processo avanzata<br />

ai sensi dell’art. 45 e seguenti cpp dall’imputato salvatore <strong>cuffaro</strong> alla suprema corte di cassazione<br />

con urgenza, facendo riserva di trasmettere separatamente la documentazione attinente alle<br />

eventuali notifiche e osservazioni. Dispone procedersi oltre. Possiamo ridare la parola al pubblico<br />

ministero, per l’ennesima volta..<br />

Pm de lucia: alla scorsa udienza abbiamo cominciato ad esaminare la prima condotta di truffa in cui<br />

il profilo è costituito dal pagamento di somme non dovute perché apparentemente relative all’intero<br />

trattamento sanitario e di fatto, invece, riferite solo a frazioni di tale trattamento. Questo profitto<br />

indebito è stato ottenuto mediante artifizi e raggiri che si sono sostanziati in una serie di irregolarità<br />

delle pratiche di rimborso, l’innovazione del 1999 che ha enormemente inciso nella sostanza<br />

dell’ammontare dei costi sopportati dalla regione per l’assistenza sanitaria, lungi dall’essere frutto<br />

di un’errata ma in buona fede interpretazione della normativa vigente da parte dei responsabili della<br />

villa santa teresa diagnostica per immagini e della Atm altro non era che la dolosa attuazione di una<br />

specifico e ben attuato piano criminoso che con la indispensabile complicità dei responsabili del<br />

distretto di base di bagheria era diretto ad eludere i controlli delle funzioni della asl 6 di palermo.<br />

214


Questa considerazione trae il suo fondamento dal riscontrato, disinvolto uso da parte della società a<br />

corredo delle richieste di rimborso di documentazione non corrispondente a quella prescritta,<br />

fotocopie invece degli originali, cosa che lo stesso Scaduto nel corso del suo esame ha escluso si<br />

praticasse per il passato e ha definito illegittima, ovvero sostanzialmente falsa e ciò con specifico<br />

riferimento al domicilio sanitario, ovvero ancora artificiosa nei suoi contenuti. A tale<br />

predisposizione di documentazione fa da controaltare la redazione da parte del responsabile del<br />

distretto sanitario di base di Bagheria, Iannì, di proposte di deliberazione e di liquidazione<br />

confezionate in modo tale da eludere i controlli da parte della direzione generale dell’azienda. A<br />

questo proposito va sottolineato che sotto il profilo sostanziale ogni controllo delle pratiche di<br />

rimborso e la stessa predisposizione della proposta di pagamento restava devoluta per intero ai<br />

distretti di base. Infatti giusta disposizione, numero 3821/da del 26 luglio del 2001, il direttore<br />

amministrativo e il direttore sanitario della asl 6 hanno invitato i direttori dei distretti, testuale “ad<br />

esaminare l’esigenza di inoltrare gli atti unitamente allo schema compilato dal provvedimento” e<br />

hanno altresì previsto che la documentazione riguardante i vari procedimenti istruttori dovrà<br />

rimanere custodita in originale, così è detto nel provvedimento che ho citato “agli atti del distretto”.<br />

Rimanendo alla competenza della direzione generale l’approvazione della proposta di<br />

provvedimento alla quale veniva allegata, a seconda dei casi, il ruolo di pagamento in duplice copia<br />

e le copie fotostatiche delle fatture emesse dagli enti o associazioni. È del tutto evidente che per<br />

evitare il rischio che le asl di appartenenza dei pazienti non residenti nella provincia di palermo, alle<br />

quali la asl 6 avrebbe chiesto in compensazione le prestazioni erogate ai loro assistiti .potessero<br />

rilevare l’enorme incremento del costo delle stesse Aiello e i suoi coimputati hanno utilizzato<br />

ulteriori scaltrezze anche il tal caso rappresentando situazioni di fatto non corrispondenti alla realtà,<br />

in particolare attraverso l’adozione sistematica della pratica del domicilio sanitario, anche questa a<br />

decorrere dal 1999 e sempre a questo proposito si può rinviare alle dichiarazioni che ha reso lo<br />

stesso Scaduto.<br />

Gli accorgimenti adottati evidenziano in particolare la responsabilità di Iannì, dirigente sanitario del<br />

distretto sanitario n4 di bagheria e di Gianbruno, medico dipendente della asl 6 di palermo in<br />

servizio presso il distretto sanitario di bagheria, di Oliveri, radioterapista dei due centri clinici<br />

facenti capo ad aiello. Vedremo da qui a breve in dettaglio quale è la loro condotta illecita.<br />

Il maresciallo Di Pasquale, e si può verificare dalla documentazione prodotta, ci ha detto nel corso<br />

del suo esame, che è pure già citato, che ad ogni richiesta di rimborso veniva allegata per i soggetti<br />

non residenti nel territorio della asl n6 l’istanza con l’indicazione del domicilio sanitario<br />

dell’assistito che, abbiamo già anticipato, ha un solo scopo, quello di consentire la trattazione della<br />

pratica solo presso il distretto sanitario di Bagheria, e non presso altre strutture pubbliche, quelle di<br />

reale residenza dell’assistito.<br />

Di Pasquale ci ha anche riferito che a redigere le ricette sul ricettario regionale relative al<br />

trattamento di radioterapia con acceleratore lineare con l’indicazione del domicilio sanitario<br />

dell’assistito, domicilio sanitario solo virtuale dunque, era Giambruno e che la necessità di<br />

sottoporre l’assistito a ulteriori sedute di radioterapia, era del dottor Oliveri, era infatti il dottor<br />

Oliveri a scegliere anche il tipo di terapia con la non irrilevante opzione tra terapia tradizionale e<br />

conformata, atteso che il concetto di terapia tradizionale e conformata è estraneo alla letteratura<br />

scientifica, abbiamo appreso, ed è affidato alla sola dichiarazione dell’Oliveri. Tra la<br />

documentazione prodotta vi sono gli specchi riepilogativi allegati alle delibere di rimborso delle<br />

prestazioni, dalla loro analisi emerge che i nominativi di diversi assistiti si ripetevano in più specchi<br />

riepilogativi, ad ogni delibera corrispondeva un solo specchio tranne in alcuni casi dove ve n’erano<br />

due. Ogni specchio riepilogativo riportava i seguenti dati relativi ad ogni assistito […].<br />

Ebbene, è chiaramente impossibile che per un funzionario amministrativo, addetto alla sede di<br />

palermo, anche in buona fede e non era questo – lo vedremo – il caso della signora La Barbera che<br />

ha avuto per un lungo periodo questo compito, rendersi conto di tale dato, cioè della ripetizione di<br />

nominativi, analizzando non il complesso degli specchi riepilogativi, e del resto non avrebbe avuto<br />

alcuna ragione per farlo, ma i singoli specchi a sostegno delle liquidazioni. Peraltro dalla visione<br />

215


d’insieme degli specchi riepilogativi emerge che numerosi assistiti risultavano abitare ai medesimi<br />

indirizzi e in numero tale da rendere evidente come la dichiarazione relative al domicilio, perché di<br />

indirizzi del domicilio sanitario stiamo parlando, non sia mai corrispondente alla realtà se è vero<br />

che i dati che emergono dalla lettura degli specchi sono quelli di cui ci ha riferito il Di Pasquale.<br />

Non vi è dubbio allora, e del resto lo ammette lo stesso aiello nel corso del suo esame, che l’uso del<br />

domicilio sanitario era finalizzato acché le richieste di rimborso non fossero mandate alle diverse<br />

asl della Sicilia competenti per territorio, ma tutte quante all’ asl 6 di Palermo tramite il distretto<br />

sanitario di Bagheria, ciò permetteva appunto ai due centri di Aiello di richiedere rimborsi in misura<br />

sproporzionata, sicuri del fatto che al distretto sanitario di bagheria, competente alla verifica<br />

amministrativa e sanitaria, grazie al dottor Iannì, non sarebbero state mosse contestazioni di alcun<br />

tipo.<br />

Il dato della virtualità del domicilio sanitario è ammesso dallo stesso Aiello che nel corso del suo<br />

lungo esame ha dichiarato dapprima che l’indicazione dei domicili sanitari corrispondeva ad un<br />

dato reale, che i pazienti utilizzavano i mini appartamenti di proprietà delle sue società, siti accanto<br />

al centro clinico, salvo poi ammettere che le dichiarazioni di domicilio sanitario non significava<br />

affatto che il paziente risiedesse fisicamente presso tale domicilio, ma che si trattava solo di una<br />

questione di natura formale volta a concentrare tutti i pagamenti presso la asl 6, sì da avere un unico<br />

interlocutore. In ogni singola richiesta di rimborso, relativa ad assistiti per i quali veniva indicato il<br />

domicilio sanitario, risulta allegato una procura speciale o fotocopia della stessa dalla quale si<br />

evince l’effettiva residenza dell’assistito. Numerosi assistiti risultato residenti nel territorio di<br />

pertinenza nella asl di Agrigento e in quella di Trapani.<br />

Presso i due uffici competenti delle due asl sono state acquisite e sono state poi versate nel fascicolo<br />

per il dibattimento le pratiche di rimborso relativi ad assistiti per i quali risultavano anche richieste<br />

di rimborso alla asl 6. nelle pratiche acquisite alla asl di Trapani ed Agrigento non vi era indicato il<br />

domicilio sanitario ma soltanto la residenza anagrafica, inoltre alle medesime istanze risultava<br />

allegato in originale una procura speciale nella quale veniva indicata la sola residenza. anche dal<br />

raffronto tra le richieste di rimborso presentate alla asl di appartenenza e le molteplici richieste di<br />

rimborso presentate al distretto sanitario di Bagheria per il medesimo assistito emerge un quadro<br />

ben definito del meccanismo truffaldino. Per quel che concerne l'istanza di rimborso è inoltre<br />

emerso che la stessa costituita da un modulo preliminarmente predisposto dai centri di Aiello era<br />

così congegnata, un contenuto dell'istanza presentata all'asl di appartenenza che conteneva: la<br />

domanda di rimborso con le indicazioni dell'assistito, l'effettiva residenza e l'importo richiesto. La<br />

richiesta del medico di base su ricettario regionale di un trattamento di radioterapia con acceleratore<br />

lineare, la certificazione del medico specialista oncologo attestante la necessità di effettuare il<br />

trattamento, l'autorizzazione del servizio di medicina di base ai sensi della legge regionale 40/84 per<br />

poter usufruire dell'assistenza sanitaria in forma indiretta, uno schema di trattamento redatto dal<br />

radioterapista indicante il periodo di terapia, la dose giornaliera, la dose totale irradiata, fattura e<br />

dichiarazione di non incompatibilità dal centro erogante la prestazione, e la procura speciale<br />

notarile con cui l'assistito incaricava il centro di riscuotere dalla asl di appartenenza il corrispettivo<br />

per il trattamento. Ovviamente in questa procura era riportata l'effettiva residenza anagrafica<br />

dell'assistito. Questa documentazione veniva allegata in originale, il contenuto invece della prima<br />

istanza presentata alla asl 6 di palermo prevedeva la domanda di rimborso con indicazione<br />

dell'assistito, il domicilio sanitario e dell'importo richiesto e la residenza anagrafica veniva omessa,<br />

la prescrizione del dottor Giambruno dipendente dell'asl 6 di Palermo abbiamo detto presso il<br />

distretto sanitario di bagheria su ricettario regionale richiedente un trattamento di radioterapia con<br />

acceleratore lineare, relativamente all'assistito non era indicata appunto la residenza anagrafica ma<br />

il domicilio sanitario, su ogni ricetta vi era poi il timbro di autorizzazione da parte dello Iannì,<br />

autorizzazione da intendersi questa ai sensi della legge regionale 40/84, la fotocopia della<br />

certificazione del medico specialista oncologo attestante la necessità di effettuare il trattamento,<br />

l'originale del documento era stato utilizzato per richiedere evidentemente il rimborso all'asl di<br />

216


eprtinenza, uno schema di trattamento redatto dal radioterapista indicante il periodo di terapia, la<br />

dose giornaliera, la dose totale irradiata, fattura e dichiarazione di non incompatibilità dal centro<br />

erogante la prestazione, e il periodo di trattamento risultava consecutivo a quello per il quale era<br />

stato richiesto il rimborso alla asl di pertinenza e pertanto faceva parte dello stesso ciclo; la procura<br />

speciale notarile con cui l'assistito incaricava il centro di riscuotere dalla asl 6 il corrispettivo per il<br />

periodo di trattamento indicato di cui al punto 4, lo schema di trattamento che abbiamo illustrato.<br />

Ora questa procura speciale veniva riportata la dichiarazione di domicilio sanitario presso un<br />

indirizzo ricadente nell'ambito della provincia di Palermo, la procura speciale e quella inviata all'asl<br />

di pertinenza venivano redatte nella medesima giornata e riportavano un numero di repertorio<br />

progressivo nelle due procure quindi risultavano dichiarazioni diverse, in una l'asl di pertinenza e la<br />

residenza anagrafica, nell'altra l'asl 6 di Palermo e il domicilio sanitario e la suddetta<br />

documentazione ad eccezione di quelle indicate al punto 3 venivano allegate all'originale.<br />

Ancora per le istanze successive alla prima, presentate all'asl 6 di Palermo, domande di rimborso<br />

con indicazione dell'assistito domicilio sanitario e dell'importo richiesto e la residenza anagrafica<br />

veniva ancora omessa, fotocopia di prestazione su ricettario regionale dle dott. Giambruno, la<br />

ricetta originale era stata utilizzata per la prima richiesta di rimborso, prsentataall'asl 6, fotocopia<br />

della presscrizione del medico specialista oncologo attestante la necessità di effettuare il<br />

trattamento, la cui copia originale era stata utilizzata per la richiesta di rimborso presentata alla asl<br />

di pertinenza del'assistito e schema di trattamento redatto dal radioterapista indicante il periodo di<br />

terapia, la dose giornaliera, la dose totale irradiata, fattura e dichiarazione di non incompatibilità dal<br />

centro erogante la prestazione, e il periodo di trattamento risultava anche quiconsecutivo a quello<br />

per il quale era stato richiesto il rimborso alla asl 6 di palermo; le ulteriori richieste di rimborso<br />

facevano capo a periodi consecutivi e quindi facenti parte dello stesso ciclo; e la certificazione<br />

redatta da Oliveri con il quale attestava la necesità di sottoporre l'assistito ad ulteriori sedute di<br />

radioterapia. le sedute di radioterapia della prima istanza presentata all'asl 6 di Palermo risultavano<br />

sempre consecutive alla seduta relativa al'istanza presentata all'asl di pertinenza e pur tuttavia nella<br />

prima istanza presentata a Palermo non veniva inserito alcun riferimento da part edi Oliveri a<br />

precedenti sedute. Questa omissione ha chiaramente lo scopo di fare apparire la prima istanza<br />

presentata all'asl 6 di Palermo come l'inizio del trattamento di radioterapia che in abbinamento<br />

all'uso del domicilio sanitario competente al rimborso fosse la suddetta Asl, e ancora fotocopia della<br />

procura speciale notarile, la cui copia originale era stata utilizzata per la prima richiesta di rimborso<br />

presentata all'asl 6 di Palermo e in ogni fotocopia vi era il timbro del dirigente sanitario Iannì<br />

attestante la conformità alla copia originale. Ogni istanza di rimborso doveva poi essere corredata<br />

dalla richiesta del medico di base su ricettario regionale inerente il trattamento di radioterapia con<br />

acceleratore lineare. Nella ricetta il medico di base prescrive genericamente necessità di un ciclo di<br />

radioterapia con acceleratore lineare, poiché la metodologia di trattamento e la durata sono di<br />

esclusiva competenza del radioterapista. La necessità della richiesta su ricettario regionale è dettata<br />

dalla normativa regionale per le prestazioni sanitarie a carico del servizio sanitario pubblico. La<br />

ricetta del medico di base di un assistito residente fuori dalla provincia di Palermo veniva utilizzata<br />

per presentare l'istanza di rimborso per le prime sedute del ciclo alla asl di pertinenza occorreva<br />

quindi una nuova ricetta per presentare la prima istanza all'asl 6 di palermo che non poteva essere<br />

richiesta nuovamente all'assistito e quindi al medico di base per due motivi: intanto il medico di<br />

base sapeva benissimo che la ricetta già emessa era attinente a un intero ciclo di trattamento, e poi il<br />

medico dibase avrebbe riportato la residenza anagrafica dell'assistito e allora la richiesta di<br />

rimborso non avrebbe potuto essere dirottata al distretto sanitario n° 4 quello di Bagheria.<br />

Giambruno, dipendente dell'asl 6 di Palermo presso il distretto sanitario di Bagheria è stato<br />

individuato dai suoi complici e da Michele Aiello in particolare come la persona adatta<br />

all'emissione di migliaia di ricette, a nome di migliaia di assistiti relativi a prescrizioni di trattamenti<br />

di radioterapia. In ognuna di queste ricette veniva indicato il domicilio sanitario. Come ammesso<br />

nel corso del suo interrogatorio 23 maggio 2006 lo stesso Giambruno, questi non ha avuto contatto<br />

mai di alcun genere con gli assistiti; è risultato invece saldamente legato a Michele Aiello, il quale<br />

217


lo ha indicato come la persona per la quale ha svolto a titolo gratuito lavori di rifacimento e<br />

ristrutturazione di una casa sita ad Altavilla Milicia (???) e il capo h1 del decreto che dispone il<br />

giudizio. Questa condotta si inserisce nel contesto di tutte quelle attività ilecite che Aiello ha messo<br />

in campo er sviluppare il reato principale di questo settore di questa sua attività criminale, appunto<br />

la truffa contestata. Il delitto di corruzione contestato emerge innanzitutto dalle dichiarazioni dello<br />

stesso Aiello che nel corso del suo interrogatorio il 14 febbraio 2006 ha riferito che nella primavera<br />

del 2001 Giambrone gli chiese una mano di aiuto così dice, in ordine alla manutenzione di un<br />

immobile che aveva ad Altavilla e allora dice Aiello io gli ho mandato un mio capocanteire per fare<br />

un sopralluogo congiunto per quanto riguarda questi lavori, ne è venuto fuori un preventivo di 20<br />

milioni di allora per opere che erano di ebanisteria, idraulico, pitturazioni etc e poi c'era una scala a<br />

chiocciola etc etc. soprattutto lo stesso aiello esclude che sia stato pagato questo lavoro, e la<br />

dichiarazione trova conferma intanto in quelle di Francesco Giuffrè, che nel corso dell'udienza del 5<br />

aprile del 2005 ha riferito effettivamente di aver fatto il lavoro ad altavilla, al dottr Giambruno, per<br />

la somma di 20 milioni di vecchie lire a titolo sostanzialmente di cortesia e ancora un altro dei<br />

dipendenti di aiello Anselmo Giuseppe ha confermato lo stesso fatto, perlatro con estrema dovizia<br />

di particolari nell'indicare quali lavori erano stati fatti all'udienza del 12 aprile del 2005, in cui è<br />

riferito anche del materilae impiegato, del tempo delle maestranze utilizzate e questo è certamente<br />

uno dei prezzi della corruzione del Giambruno che contribuisce a spiegare appunto almeno in parte<br />

le sue condotte. Altro soggetto che ah svolto un ruolo centrale nella perpetrazione del delitto di<br />

truffa è Iannì, questi ha assunto, lo sappiamo la carica di dirigente del distretto sanitario 4 nei primi<br />

mesi del 1999; è certamente singolare che il sistema di frammentazione di richieste dei rimborsi per<br />

un solo ciclo, l'uso del domicilio sanitari, l'uso delle ricette di Giambruno, l'uso delle fotocopie al<br />

posto degli originali nelle singole richieste di rimborso abbia avuto inizio proprio a metà del 1999<br />

quando appunto Iannì si insedia al distretto sanitario di Bagheria. E' Iannì che appone il visto di<br />

autorizzazione in ogni ricetta medica sanitaria di Giambruno, così ai sensi della legge 40/84, è Iannì<br />

che autorizza il trattamento di forma indiretta per gli assistiti domicialiti in palermo anche in<br />

assenza delle dichiarazioni delle strutture pubbliche attestanti l'impossibilità di eseguire il<br />

trattamento radiante in tempi brevi. Sul punto le dichiarazioni di Cartaino del 5 aprile 2005 del teste<br />

Aserio del 17 maggio 2005. E' Iannì che svolge un ulteriore compito, quello di evitare che il sistema<br />

descritto, cioè che altri uffici dell'asl di Palermo, il settore economico e la direzione generale<br />

potessero avere un'immediata cognizione sugli esosi rimborsi richiesti dai due centri di radioterapia.<br />

Tutte le richieste di rimborso indirizzate alla asl 6 venivano infatti depositate al distretto sanitario 4<br />

e il dirigente di questo distretto Iannì aveva il compito di eseguire i dovuti controlli economici<br />

sanitari e predisporre le proposte di deliberazione di liquidazione, che in seguito venivano adottate<br />

dalla direzione generale. Ebbene, come si può constatare dall'analisi della documentazione che<br />

abbiamo prodotto dalle consulenze, Iannì alle proposte di deliberazione allega soltanto uno<br />

specchietto riepilogativo in cui vengono riportati nominativo dell'assistito indirizzo periodo di<br />

trattamento, numero della fattura e relativo importo. Importo complessivo da liquidare per ogni<br />

proposta di deliberazione si aggirava sistematicamente inotrno ai 500 milioni di vecchie lire per<br />

prestazioni effettuate mediamente su 20 assistiti, sì da fare falsamente figurare un costo medio per<br />

malato del tutto nella norma, 20-25 milioni di vecchie lire circa. Tuttavia il dirigente del distretto di<br />

bagheria aveva a disposizione un numero decisamente superiore di richieste di rimborso ma si<br />

guardava bene dall'unificarli in un unico specchio riepilogativo onde evitare il ripetere dei<br />

medesimi nominativi, quando per uno stesso assistito venivano presentate mediamente 7-10<br />

richieste di rimborso e di richiedere un impegno di liquidazione unico su cifre mediamente di 4<br />

miliardi di vecchie lire. Una diversa condotta sarebbe stata corrispondente alla logica e alla buona<br />

prassi amministrativa, avrebbe però evidentemente rischiato di richiamare l'attenzione della<br />

direzione generale sia sull'abnormità del costo complessivo per ogni singolo malato, sia sull'entità<br />

colossale sulle somme complessive rimborsate alle società di Aiello. Inoltre rilevata la sistematicità<br />

con la quale i due centri facevano ricorso a indirizzi fittizi per la cosiddetta domiciliazione sanitaria,<br />

un unico specchio riepilogativo avrebbe portato un numero talmente consistente di assistiti abitanti<br />

218


ai medesimi indirizzi da far sì evidentemente che l'anomalia sarebbe emersa. Il sistema adottato da<br />

Iannì invece evitava accuratamente che in ogni specchio si ripetesse il medesimo nominativo. Se<br />

poi si guardan le deposizioni dei pazienti e dei loro familiari nel corso del dibattimento, da questo<br />

emerge in via di estrema sistesi che nessuno era consapevole del ruolo che aveva l'elezione del<br />

domicilio sanitario che tutti hanno escluso di avere chiesto l'emissione di ricette a Giambruno che<br />

peraltro hanno affermato di non conoscere, e che tutti hanno affermato di non essersi mai recati<br />

presso i locali del distretto sanitario di Bagheria e ancora che tutti hanno precisato che durante il<br />

ciclo non venivano sottoposti ad altre visite mediche o accertamenti diagnostici, tranne qualche<br />

caso in cui veniva effettuato un esame ematochimico e le sedute avevano una durata di ochissimi<br />

minuti e ancora vanno riportate le dichiarazioni rese da alcuni impiegati delle due società di aiello<br />

che riscontrano la fondatezza della tesi accusatoria in particolare in ordine sia alle responsabilità dei<br />

funzionari della asl 6 che alle modalità di predisposizione della documentazione a sostegno della<br />

richiesta di rimborsi, al ruolo preminente dello stesso aiello.<br />

Significative sono le dichiarazioni di francesco Buffa, impiegato amministrativo presso la villa<br />

Santa teresa diagnostica per immagini addetto dal giugno 99 al febbraio 2002 alla predisposizione<br />

delle richieste di rimborso in regime di assistenza diretta per i trattamenti di radioterapia. Sentito il<br />

15 febbraio 2005, non ha potuto non ammettere, perché naturalmente spontaneaente qui nessuno è<br />

venuto a dare un contributo, sono numerosissime le contestazioni delle dichiarazioni rese in fase di<br />

indagini preliminari che sono state effettuate nei confronti di questi testi, fatto sta che nei confronti<br />

di queste contestazioni è emerso un quadro sufficientemente chiaro, per Buffa che all''inizio di ogni<br />

trattamento di radioterapia per ogni assistito su indicazione di Aiello egli predisponeva una serie di<br />

richieste di rimborso che variavano di numero in relazione al trattamento e comunque da un minimo<br />

di 2-3 a un massimo di 10-15, ogni richiesta di rimborso portava cognome e nome dell'assistito<br />

località di nascita, data, codice fiscale, domicilio sanitario. L'indicazione di domicilio sanitario ch<br />

abbinava ogni assistito veniva sempre ed esclusivamente indicato proprio da Michele Aiello. Le<br />

richieste di rimborso non riportavano a priori la richiesta di rimborso da presentare alla asl e<br />

pertanto l'assisitito quando sottoscriveva la richiesta di rimborso che avveniva durante la seduta del<br />

trattamento non era mai a conoscenza dell'importo richiesto e non lo sarebbe mai stato, atteso il<br />

meccanismo di funzionamento della procura pseciale di cui abbiamo parlato la volta precedente. In<br />

realtà anche questa forma di controllo, quella dal basso, che sarebbe stata operata proprio dal<br />

paziente non è mi divenuta uno strumento efficace di controllo proprio perché neppure il paziente<br />

sapeva quanto costava la sua prestazione. L'unico che lo sapeva era colui che richiedeva il<br />

rimborso, cioèAiello. peraltro qualora l'assistito non consegnava la procura speciale era lo stesso<br />

Buffa ad accompagnarlo con un automezzo della società presso lo studio del notaio e la procura<br />

speciale riportante la domiciliazione sanitaria dell'assistito riportava sempre l'asl 6 competente per<br />

territorio ai fini dell'inoltro della richiesta di rimborso; nella stessa circostanza veniva predisporsta<br />

anche una seconda procura speciale, con le stesse generalità e domiciliazione sanitaria anagrafica,<br />

ma questa volta indicante l'asl competente per territorio, ai fini della sola finalità di rimborso che<br />

poteva essere la Asl di Trapani, Agrigento, Caltanissetta e altre province, omettendo in questo caso<br />

il domicilio sanitario. le ricette mediche di Giambruno che venivano allegate alla prima richiesta di<br />

rimborso, così come le fotocopie delle procure con l'indicazione del timbro di conformità appostovi<br />

da Iannì.<br />

L'importo delle fatture che venivano allegate a ogni richiesta di rimborso riportanti sempre numero<br />

e data diversa erano pure indicate ad Aiello. Buffa si è anche occupato della compilazione degli<br />

specchi riepilogativi che venivano avanzati al distretto sanitario di Bagheria.Alla fine di ogni mese<br />

sempre su indicazione di Aiello ci ha detto compilava una serie di elenchi riepilogativi limitandosi a<br />

inserire numero del distretto sanitario di appartenenza dell'assistito, dati anagrafici riportanti nome e<br />

cognome, data di nascita, indirizzo periodo di trattamento di radioterapia importo e numero della<br />

relativa fattura. Il modello gli era fornito da aiello, riportava nella prima pagina di ogni specchio<br />

dati dell'asl 6 i dati del distretto di Bagheria e le indicazioni di uno spazio relativo a un numero di<br />

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protocollo e a un numero relativo alla data, nonché l'indicazione del rimborso per le prestazioni di<br />

radioterapia riferite a un mese dell'anno solare. I campi relativi al numero di protocollo, la data e il<br />

mese venivano da lui sempre lasciati in bianco. Ogni specchio riepilogativo conteneva un numero<br />

compreso tra 30 e 40 nominativi di assistito e le pratiche inerenti a ogni specchio gli venivano<br />

consegnate da Aiello, ogni specchio riepilogativo compilato, con le relative pratiche di rimborso<br />

veniva consegnato al distretto sanitario nelle mani di un altro protagonista seppur certamente<br />

minore che è il signor Prestigiacomo anche lui in rapporti molto stretti con Michele Aiello.<br />

Nel corso dell'udienza del 1° marzo 2005 anche un'altra degli impiegati amministrativi della villa<br />

Santa Teresa la signora Rosaria Calabria e anch'essa con non poche difficoltà come emerge dalla<br />

trascrizione del suo interrogatorio, ha confermato di avere avuto sin dall'inizio della sua attività sin<br />

dal settembre del 2000 disposizioni dirette solo ed esclusivamente da Aiello specificando che le<br />

pratiche di rimborso per esami diagnostici inerenti assistiti residenti fuori della provincia di Palermo<br />

venivano consegnate allo stesso Aiello il quale dopo alcuni giorni consegnava a sua volta altre<br />

richieste mediche degli stessi assistiti su ricettario regionale a firma questa volta di Giambruno per<br />

ulteriori prestazioni. In queste ricette vi erano riposrtati i domicili sanitari degli assistiti, le ricette di<br />

Giambruno le venivano consegnate da Aiello e sul ruolo svolto da Giambruno le indicazioni della<br />

Calabria sono state confermate ancora da un'altra impiegata, che è Giuseppina Di Fiore, sentita<br />

anche lei in data 1° maro 2005 ha ribadito che la pratica per il rimborso dell'assistenza indiretta<br />

comprendeva anche le prescrizioni del medico di base e di uno specialista su ricettario regionale per<br />

gli assistiti oncologici provenienti da altre asl Aiello aveva dato disposizione di fare comunque<br />

effettuare gli esami e di lasciare le pratiche in sospeso al solo fine di unirvi la ricetta medica e per<br />

questi assistiti il medico era Giambruno che come è noto lavora presso il distretto sanitario di<br />

Bagheria che con una cadenza quasi bisettimanale si presentava lui nel suo ufficio e consegnava le<br />

ricette relative alle pratiche in sospeso e Giambruno quando consegnava le ricette ritirava un<br />

foglietto in cui erano inseriti dall'amministrazione della clinica i dati dell'assistito, l'esame cui era<br />

sottoposto, il domicilio sanitario. l'indicazione del domicilio sanitario avveniva, ci ha detto anche<br />

questa teste, su indicazione di Aiello. Il tipo di esame diagnostico a cui doveva essere sottoposto<br />

l'assistito era estrapolato dalla prescrizione effettuata da Oliveri. Per gli assistiti fuori provincia<br />

dunque era sistematico il ricorso alla ricetta di Giambruno, anche nel caso in cui gli assistiti<br />

portavano al seguito la prescrizione dell'esame diagnostico. Stesse indicazioni da un altro teste,<br />

sentito sempre il 1° marzo 2005, francesco Robello impiegato fin dal 1998 presso la Villa Santa<br />

Teresa che ci ha riferito che quando si presentavano delle ricette di esami diagnostici di assistiti<br />

provenienti da altre province, su disposizione di Aiello veniva presa comunque la prenotazione e<br />

venivano consegnati i dati allo stesso ingegnere il quale dopo qualche giorno forniva per<br />

quell'assistito ricetta di un medico facente parte dell'asl 6 di Palermo un domicilio nell'ambito della<br />

provincia di Palermo che solitamente era o via Città di Palermo o viale Bagnera. Sullo stesso<br />

appunto ancora 15 febbraio 2005 Mariangela Daniela Puleo, che ci ha spiegato che il giorno<br />

dell'accentratura qualora l'assistito non si presentava con al seguito la procura speciale e non<br />

conosceva le strade di Bagheria veniva fatto accompagnare da un autista del centro presso lo studio<br />

notarile, che il domicilio sanitario da abbinare al paziente era comunicato da Aiello lo stesso giorno<br />

della accentratura, che per gli assistiti per i quali venivano presentate più istanze di rimborso<br />

venivano predisposte tante richieste quante ne venivano indicate da Aiello, e così anche 1° marzo<br />

2005 la deposizione del teste Biagio Saraniti. Ma l'ulteriore conferma della validità del nostro<br />

assunto accusatorio è desunto poi proprio dall'interrogatorio di Domenico Oliveri, uno degli<br />

imputati di questo processo, radioterapista oncologico sia presso il centro diagnostico per immagini<br />

villa santa teresa dal giugno 1997, con un contratto formalizzato nel 99 come libero professionista,<br />

con un minimo garantito e una percentuale legata al fatturato che presso l'Atm. Questo ha dichiarato<br />

nel corso del suo interrogatorio nel maggio 2006, dopo una serie di contestazioni sul verbale di<br />

interrogatorio reso in fase di indagini preliminari, che da una certa data in poi Aiello gli disse che<br />

dovevano essere predisposte relazioni con cadenza settimanale che Oliveri aveva firmato e che<br />

dovevano giustificare l'intero ciclo. Oliveri ci ha dato nel corso del suo esame la definizione di ciclo<br />

220


terapeutico: è essenzialmente un concetto profano, ci ha detto, cioè è un qualcosa che serve a nio<br />

per metterci in contatto con il paziente e spiegargli esattamente che cosa lui avrà in maniera<br />

estremamente semplice. E' chiaro che se io gli dico a un paziente lei deve fare 60 grey con un<br />

frazionamento di 2 grey giornalieri lui mi guarderà estremamente interdetto e oltretutto io andrò a<br />

violare i miei doveri di consenso informato, E allora il concetto normalmente al paziente si<br />

identifica come ciclo quel numero di sedute che coincide con la sua terapia e che possiamo dargli<br />

un inizio dalla visita di pretrattamento, e una fine con la visita di fine trattamento, questo come<br />

concetto generale, anche se il concetto di ciclo terapeutico di radio terapia non esiste da un punto di<br />

vista scientifico né da un punto di vista amministrativo. Il pm gli contessta quando ebbe a dire<br />

nell'interrogatorio del 4 dicembre 2003, cioè alla domanda che cosa si intende per ciclo terapeutico,<br />

rispose "per ciclo terapeutico si intende la visita preliminare, la redazione del piano terapeutico, gli<br />

accertamenti preliminari e tutte le sedute fino alla relazione conclusiva, è esatto?, Oliveri Domenico<br />

rispose "sì confermo".<br />

E Oliveri ci ha confermato che le certificazioni erano predisposte dall'ufficio amministrativo della<br />

clinica e che era lo stesso ufficio di amministrazione a inserire anche il domicilio sanitario. Gli<br />

viene chiesto "Lei ha mai discusso con Aiello dei domicili sanitari?" "Diciamo che ci siamo<br />

incontrati, i miei incontri con l'ingegnere aiello erano sempre più che altro incontri chiamiamoli non<br />

di corridoio, ma chiacchierate amichevoli al di fuori dello studio e lui mi disse che il domicilio<br />

sanitario era un atto amministrativo percorribile che diciamo che era stato chiarito con la asl la sua<br />

fattibilità e a che serviva non lo so, diciamo che un'altra cosa che vorrei aggiungere, diciamo le mie<br />

perplessità, io lavoro in un centro, dunque mi appoggio agli atti amministrativi di chi lo gestisce,<br />

così in questo momento sto facendo con l'amministrazione giudiziaria, io non entro mai nei meriti<br />

degli atti amministrativi a meno che non siano palesemente falsi." Io le ho solo chiesto, continua il<br />

pm, se Aiello le ha spiegato perché si dovevano adottare i domicili sanitari. "No questo no, avevo<br />

dei dubbi. Diciamo che il mio dubbio sul domicilio sanitario fu dissolto quando ho visto che<br />

praticamente veniva citato nella procura speciale che il paziente firmava da un notaio per la<br />

cessione di credito, dunque se il notaio al paziente questo si può fare per me diventava un atto<br />

accettabile. Questo è stato il mio ragionamento". Gli viene però fatta una serie di contestazioni, in<br />

particolare gli viene contestato dall'interrogatorio del 4 dicembre 2003. "A questo proposito<br />

aggiungo che io mi meravigliai del fatto che da questo momento in poi vi fosse una pluralità di casi<br />

di elezione di domicilio e chiesi spiegazione ad Aiello; costui mi disse che oramai c'era il sistema<br />

sanitario nazionale, che il cittadino aveva il diritto di scegliere di farsi curare in qualsiasi parte di<br />

Italia, che questo metodo era particolarmente diffuso in Lombardia, affermò poi di avere concordato<br />

con la asl senza indicare alcun nome le modalità di rimborso con l'indicazione del domicilio<br />

sanitario dicendo che in questo modo si sarebbe creato un unico centro di pagamento dei rimborsi<br />

che sarebbero stati così più veloci. Aggiunse ancora che non c'era motivo di meravigliarsi tant'è che<br />

i domicili sanitari erano oggetto di procure notarili.<br />

E Oliveri a questa contestazione di quanto aveva dichiarato il 4 dicembre 2003 dice "Confermo<br />

tutto quello che ho detto". A proposito proprio della condotta a lui contestata del resto lo stesso<br />

Giambruno, tornando alla trattazione della posizione di questo imputato, nel suo interrogatorio del<br />

23 maggio 2006 ha ammesso dopo un iniziale diniego che solo raramente si limitava a esprimere il<br />

suo parere sulla base della documentazione esaminata nel suo ufficio e che invece nella<br />

maggioranza dei casi si recava presso il Centro diagnostica per immagini di Aiello, esaminava la<br />

documentazione proprio come ci hanno detto gli impiegati di Aiello e direttamente lì esprimeva il<br />

suo parere utilizzando il ricettario che si portava dietro senza che fosse necessario procedere in<br />

visita dei malati e va infine rilevato che come detto in precedenza Aiello in combutta con i suoi<br />

referenti del distretto sanitario di Bagheria ha modificato proprio dalla seconda metà del 99 cioè<br />

subito dopo l'arrivo di Iannì la prassi fino ad allora seguita relativa alle modalità di redazione degli<br />

elenchi delle richieste di rimborso trasmessi al distretto sanitario di Bagheria e da lì agli uffici della<br />

direzione generale dell'Asl, Aiello ha affermato che la nuova prassi gli fu suggerita, quasi imposta<br />

dai funzionari Gianlombardo già da tempo deceduto e La Barbera. Quel che è certo è che se la<br />

221


giustificazione addotta da Aiello, ovviare alle carenze di liquidazione dell'Asl è scarsamente<br />

convincente, al contrario è certa ed evidente la finalità perseguita e realizzata, di evitare cioè che gli<br />

uffici di Palermo preposti al controllo potessero notare con facilità il ripetersi dei nomi degli<br />

assistiti dai quali ovviamente derivava un improvviso quanto ingiustificato aumento delle spese per<br />

la asl per ogni assistito. Questa manovra veniva operata da Iannì a mezzo del frazionamento delle<br />

richieste di rimborso a lui pervenute nell'arco di un mese in modo da diluire ma solo in maniera<br />

apparente le somme pretese e ottenute dalle società di Aiello. I costi spropositati delle prestazioni<br />

dovevano essere celati a eventuali sempre possibili controlli perché spropositati e appunto come<br />

vedremo non giustificabili. Del resto Aiello ha riferito che le modalità di calcolo dei rimborsi da<br />

chiedere sarebbero state elaborate sulla base dell'investimento finanziario sostenuto per l'acquisto<br />

delle attrezzature e delle spese di gestione e allora vale la pena riportare quanto Michele Cartaino<br />

suo ex dipendente ha dichiaratoha dichiarato nel suo esame del 5 aprile 2005 e cioè che nel suo<br />

periodo di collaborazione con Aiello protrattosi fino al 98 i trattamenti avevano un costo che andava<br />

da un minimo di 9 milioni a un massimo di 20-25 a seconda del tipo di trattamento e della durata,<br />

cifre che riguardavano un intero ciclo di trattamento dove per ciclo si intende come ci ha<br />

confermato Oliveri, tutto quanto compreso dall'inizio dello studio delle immagini fino all'ultima<br />

irradiazione. Ha spiegato che il trattamento palliativo non necessitando di studi approfonditi aveva<br />

un costo di 9 milioni di vecchie lire e aveva una durata di dieci sedute, il trattamento definito<br />

adiuvante ad esempio di una mammella a tutto volume aveva un costo di 16 milioni con una durata<br />

di 25-30 sedute, il trattamento radicale, ad esempio del polmone o della prostata un costo di 20-25<br />

milioni con una durata non inferiore alle 30-35 sedute, ma soprattutto ha detto alla domanda "che è<br />

che determinava le cifre?" "L'amministrazione, non me ne occupavo io Cartaino".<br />

"L'amministrazione una persona specifica? Lei queste cifre chi gliele ha indicate?"<br />

"Io le ho lette". "E chi determinava queste cifre?" "L'amministrazione" "E chi è<br />

l'amministrazione?Ce la fa a dire il nome?". "Non no no no non è che non ce la faccio a dire il<br />

nome, non lo so chi è." E allora gli viene contestato il verbale reso in sede di indagini preliminari il<br />

12 gennaio 2004 perché in quel verbale il nome viene fatto. E Cartaino dice "Me lo ricordi perché<br />

in questo momento io non me lo ricordo" Pm gli ricorda allora quanto ebbe a dire il 12 gennaio del<br />

2004. Quindi "chi le ha riferito le cifre per ciclo?" la risposta "Le cifre per ciclo mi sono state dette<br />

dall'ingegnere Aiello Michele". L'ingegnere Aiello poi determinava - dice dopo aver avuto la<br />

contestazione - dico l'ingegnere Aiello nel senso che per l'ingegnere Aiello lavoravano tante<br />

persone, io identificavo una parte amministrativa poi mi occupavo del disbrigo della pratica per cui<br />

non era l'ingegnere Aiello che prendeva la fattura e che la emetteva, indubbiamente stabiliva lui o<br />

probabilmente anziché ovviamente stabiliva lui il valore del costo del trattamento". Anche Iannì<br />

non ha potuto non ammettere nel corso del suo esame del 16 maggio 2006 l'esistenza di numerose<br />

anomalie delle pratiche che interessavano Aiello. Gli viene chiesto: "Questa documentazione per il<br />

rimborso doveva essere predisposta meglio in originale o anche in copia?" "No in originale". E poi<br />

gli viene chiesto "Quindi tutte le sue proposte di deliberazioni per il rimborsi sono state fondate su<br />

documenti in originale?" "Sì, tranne che in qualche caso". E poi sta a spiegare quali sono i casi in<br />

cui ciò non sarebbe avvenuto. Gli viene chiesto a che cosa servire la procura notarile. La procura<br />

serviva a pagare direttamente la prestazione alla struttura che l'aveva fatta. Gli viene chiesto<br />

"Quindi occorreva una procura speciale per ogni prestazione"Iannì "sì", il che significa che non era<br />

concepibile l'ottenimento del rimborso ove non ci fosse l'originale della procura per ogni<br />

prestazione e Iannì "No, noi la procura l'abbiamo accettata, l'abbiamo fatta fare la fotocopia e<br />

siccome avevamo agli atti l'originale abbiamo fatto l'autentica dell'originale" E gli viene ancora<br />

chiesto "Quindi dopo una prima prestazione rimborsata con l'originale della procura poteva<br />

succedere che le successive prestazioni fossero rimborsate con una fotocopia della procura?" e Iannì<br />

"Facendo l'autentica sì". E poi si innesta nel corso del suo interrogatorio il tema se potevano o no<br />

essere in fotocopia queste procure e Iannì deve ammettere ad un certo punto che non era tutto in<br />

originale, er in parte in originale e in parte in fotocopia. E poi ancora "tutti questi atti in originale o<br />

in copia" dice Ianni "noi fino al 2001 li abbiamo mandati presso gli uffici della signora La Barbera"<br />

222


quindi in qualsiasi momento là si faceva un controllo amministrativo tecnico contabile avrebbero<br />

potuto benissimo. Non è vero che avrebbero potuto benissimo perché quello che arrivava era<br />

sostanzialmente ed esclusivamente quel tabulato di cui abbiamo parlato.<br />

Non va dimenticato poi che è proprio Iannì la persona che avvisa Aiello dell'acquisizione da parte<br />

dei carabinieri del Nas presso gli uffici della Asl della documentazione relativa ai rimborsi ottenuti<br />

dalle sue società e consegnargli poi copia del verbale di acquisizione e successivamente di quello di<br />

sequestro per facilitare le ricerche di Ciuro presso il registro informatico della Procura della<br />

Repubblica, ed è ancora stato Iannì a concordare con Aiello la lettera di risposta alle contestazioni<br />

della Asl e ancora Iannì a proposito appunto di quanto sono stretti i suoi rapporti con Michele<br />

Aiello e di come certamente non ha adempiuto al ruolo di controllo al quale avrebbe dovuto, la<br />

persona che avvisa Aiello della presenza a Bagheria di personale del Servizio centrale operativo<br />

della Polizia di Stato.<br />

E allora su questa procedura non vi è alcun dubbio che questa procedura serve appunto a occultare<br />

dei costi e che questi costi sono abnormi e l'induzione in errore è dimostrata proprio dalle tecniche<br />

di frammentazione della documentazione di rimborso poste in essere dagli imputati con lo scopo di<br />

fare figurare il pagamento di una cosa, il ciclo terapeutico, che in realtà non veniva fornita dato che<br />

la prestazione fornita aveva in oggetto solo una frazione di questo ciclo e la frammentazione, senza<br />

dubbio, aveva lo scopo di eludere i controlli della P.A. Ma altri profili del reato di truffa risultano<br />

pure provati; dalla documentazione in atti risulta infatti che tutte le richieste di rimborso presentate<br />

dalle società di Aiello nel periodo per cui è mossa la contestazione hanno avuto per oggetto<br />

prestazioni di terapia conformazionale.<br />

Il processo dimostra che le cose non stanno in questo modo. E bene sottolineare che le radioterapie<br />

di tipo tradizionale cui si riferiscono i primi due capi di imputazione relativi ai reati di truffa<br />

rappresentano comunque una percentuale significativa del totale, dato che, come specificato dallo<br />

stesso Oliveri, nel corso del suo interrogatorio già quelle relative al tumore alla mammella<br />

costituiscono da sole un terzo del totale. Vediamo cosa ci ha dichiarato sul punto Oliveri. Ha<br />

indicato un momento iniziale della terapia conformazionale, datandolo alla data di acquisto di un<br />

micromultilift il 23/06/1999. Ha riferito che nel 2000, anche il secondo acceleratore di cui era<br />

dotata la diagnostica di Aiello ha subito delle modifiche da un collimatore geometrico semplice si<br />

applica un collimatore multilamellare. Ha spiegato che il con micromultilift si praticava già<br />

radioterapia conformazionale, ma limitata, ci ha detto, perché essendo un collimatore di 10x12<br />

quindi poteva essere utilizzato semplicemente per piccoli tumori, quindi prostata o rinofaringe, o<br />

tutte le dinamiche a livello dei tumori celebrali. Poi gli è stato espressamente richiesto: "ma dopo<br />

l'acquisto e le modifiche subite fra il 99 e il 2000 dei due acceleratori si è continuato a praticare<br />

terapie tradizionali?" e Oliveri ha risposto "Certo", e ha indicato pure quali patologie. Le patologie<br />

elettive in cui si fa la radio terapia tradizionale sono il carcinoma nella mammella che diciamo in un<br />

centro assorbe quasi il 30/35% dei trattamenti, i tumori testacollo in cui è ancora [incomprensibile]<br />

perché bisogna costituire delle schermature in lega basso fondente quindi ci sono dei vantaggi e a<br />

proposito del tumore mammella-mammelle gli viene chiesto: "lei ha indicato il 30% di cosa come<br />

percentuale?" Oliveri: "il 30-35% come valutazione complessiva"; "Dei trattamenti tumorali?";<br />

"Sì"; "affrontati dalla vostra struttura?"; "Affrontati dalla nostra struttura". Poi gli viene chiesto dei<br />

tumori testacollo, e "questi in che percentuali venivano affrontati o venivano affrontati dalla vostra<br />

struttura?". E Oliveri ci dice: "un 10%. Perché facendo conformanzionale poi chiaramente noi<br />

siamo specializzati a fare certi tipi di trattamento, cioè io vedo per esempio meno testacollo ma<br />

vedo moltissimi, oramai il 50%, i tumori prostatici.<br />

A proposito dei costi delle diverse terapie, pur non essendo un esperto dei costi delle macchine, ma<br />

solo del loro impiego, Oliveri ci ha detto: "sicuramente sono più costose, perché chiaramente<br />

l'ammortamento delle macchine, il maggior impegno del personale, la maggior accuratezza nei<br />

piani e nelle radiazioni perché quando si fa conformazionale chiaramente il trattamento viene<br />

limitato il massimo possibile sulla massa tumorale e allora a questo punto ci può essere il rischio di<br />

223


quello che noi chiamiamo geographic missing, cioè che praticamente ci siano parti del tumore che<br />

vadano fuori campo e questo viene compensato con controlli giornalieri più intensi. Quindi fare<br />

conformazionale significa fare più verifiche giornaliere e più controlli giornalieri quindi questo ha<br />

sicuramente un maggior costo. Oltretutto l'ammortamento delle macchine e tutta la tecnologia che<br />

sta a monte però sicuramente c'è un grosso guadagno per il paziente".<br />

Ma ci ha anche spiegato Oliveri che non tutti i tumori venivano aggrediti con radioterapia, perché<br />

gli viene chiesto "all'interno dei casi in cui è possibile anzi opportuno utilizzare la radioterapia tutti i<br />

tumori sono aggredibili con la radioterapia conformazionale?"<br />

"Sì, dipende dalle condizioni";<br />

"Cioè?"<br />

"Dal tumore";<br />

"Cioè?";<br />

"Dipende dallo studio che noi facciamo";<br />

gli viene chiesto "cioè per esempio se ci sono delle metastasi, la terapia conformazionale va bene o<br />

no? fra i pazienti che venivano avviati per trattamento radioterapeutico percentuale, quanti venivano<br />

avviati al trattamento della radioterapia conformazionale?"<br />

"Come le ho detto un 40-45% sono tradizionali".<br />

Quindi solo un 50-55% veniva avviato?<br />

E Oliveri "60%"<br />

"60% terapia conformazionale?"<br />

e Oliveri "dipende, diciamo i pazienti oscillano, quindi non c'è sempre la una possibilità però<br />

insomma le mammelle sono stabili: sono sempre un 30%".<br />

E a proposito del tumore alla mammella, Oliveri ci ha detto: "non c'è un'indicazione, non si può fare<br />

una conformazionale sulla mammella con le attuali macchine e tecnologie: ciò non è proprio<br />

fattibile tecnicamente. E il presidente però gli chiede: "quindi ci sono una serie di indicazioni per<br />

cui la conformazionale non solo non è preferibile, ma non è fattibile";<br />

"Esatto", Olvieri.<br />

E poi ancora Oliveri ha dato la sua versione del concetto di radioterapia tradizionale utilizzata<br />

presso le cliniche di Aiello.<br />

Allora dice Oliveri: "il problema qual è, noi partiamo da una radioterapia tradizionale poi nasce la<br />

radioterapia conformazionale per cui in realtà là è rimasta una definizione un po'imprecisa di quello<br />

che è una terapia tradizionale, che alla fine, definendosi prevalentemente quella non<br />

conformazionale, però andando a fare una revisione confrontandosi anche con altri colleghi a livello<br />

nazionale visto che il problema che si è posto in questo processo e che tutti quanti convergono sul<br />

dire che la giusta definizione di radioterapia tradizionale è una radioterapia che si fa<br />

bidimensionalmente quindi chi fa lo studio esclusivamente su un piano e non su un volume, quindi<br />

noi continuamo a chiamare la nostra radioterapia tradizionale ma in realtà era una radioterapia<br />

conformata".<br />

La difesa di Aiello gli chiede: "Ci vuole spiegare che cosa intende dal momento che Villa santa<br />

Teresa è sempre stata dotata di apparecchiature su tre dimensioni?".<br />

E Oliveri: "Una terapia fatta con uno studio tridimensionale, quindi con acquisizione dei volumi<br />

con simulatore Tac e ricostruzione tridimensionale del piano di trattamento e calcolo<br />

tridimensionale della dose".<br />

E quindi gli viene chiesto "questa tradizionale lei a che cosa la lega dal momento che vi erano<br />

queste caratteristiche diverse?" e Oliveri: "è rimasta semplicemente come definizione in gergo,<br />

orfana, in realtà è come dicevo una radioterapia conformata senza l'utilizzazione però di un sistema<br />

multilamellare" e allora è Oliveri quello che ci parla di terapia tradizionale, di terapia tradizionale<br />

conformata, di terapia conformazionale; che ci dice come dall'inizio dell'attività del centro della<br />

diagnostica per immagini nel '97 fino all'acquisto (il 23/06/99) del macchinario per fare la<br />

multilamellare, dunque in un lasso di tempo di circa due anni viene eseguita terapia tradizionale che<br />

si basava però su una diagnosi però a tre dimensioni. Non si deve poi dimenticare che solo<br />

224


successivamente anche il secondo acceleratore viene munito del multilift; gli viene chiesto infatti a<br />

domanda presidenziale:<br />

"Quindi è possibile fare, è stato fatto in quei due anni, una diagnosi, un accertamento, una<br />

localizzazione del tumore, a tre dimensioni e poi un irradiamento tradizionale non multilamellare?"<br />

Oliveri: "Sì è corretto parzialmente "<br />

"E mi dica dove ho sbagliato",<br />

"è sbagliato perché - chiaramente spiega Oliveri - avendo una visione tridimensionale del volume<br />

tumorale io in corso di piano di trattamento simulo tridimensionalmente le porte e i campi<br />

d'ingresso e questo mi permette una migliore radiazione del tumore e risparmio per gli organi<br />

critici, cosa che non posso fare con la bidimensionale"<br />

E quindi, viene chiesto a chiarimento, "è tradizionale, però con la particolarità che lei diceva<br />

poc'anzi".<br />

"Esatto"<br />

"cioè con l'accertamento tridimensionale; allora tradizionale in senso pieno sarebbe un<br />

accertamento su base lineare quindi bidimensionale e un irradiamento bidimensionale, quindi non<br />

multilamellare. È giusto?"<br />

"Sì".<br />

Sulla terminologia che ha introdotto Oliveri, come anche in precedenza sul concetto di ciclo, si sono<br />

impegnati tutti i periti e consulenti chiamati a deporre dalle parti e anche imminenti medici chiamati<br />

pure a deporre fra gli altri il professore Cittadini che a deposto all'udienza del 19/05/2005 e il<br />

consulente Dimarco all'udienza del 6/06/2006 che alla domanda, questi, il Dimarco:<br />

"ma il trattamento radioterapeutico conformazionale è utile in tutte le patologie tumorali?" ha<br />

risposto "No, il trattamento radioterapeutico conformazionale è una metodica che permette di<br />

concentrare al massimo su alcune neoplasie che devono essere di piccola dimensione la quantità di<br />

radiazione. Cioè per meglio spiegarmi le radiazioni sopportabili da un corpo, da un organismo<br />

vivente, sono rispetto a quelle che sono le radiazioni che si somministrano in un programma<br />

radioterapeutico abbastanza limitate, e quindi se io riesco a concentrare i raggi solo sull'organo<br />

bersaglio, nel caso specifico sul tumore, do il massimo di danno al tessuto neoplastico,<br />

risparmiando quello sano. La tecnica conformazionale per tumore non metastatici di piccole<br />

dimensioni, come la prostata, permette posizionando e muovendo adeguatamente la forza di energia<br />

di dare il massimo alla neoplasia".<br />

Ci sono altri tumori, quello alla mammella può essere aggredito in questo modo? E il consulente:<br />

"Diciamo che per quanto ne sappia io, non è una delle metodiche più usate, nel senso che sul<br />

tumore alla mammella intanto è la chirurgia, l'atto terapeutico che è risolutivo quando riesce ad<br />

eliminare la neoplasia. La radioterapia ecco è dopo la chirurgia ha un meccanismo coadiuvante<br />

perché mi permette di essere più sicuro, di avere pulito il campo, e così come la radioterapia poi c'è<br />

anche la radioterapia coadiuvante su un tumore alla mammella operata, diversa è la situazione se la<br />

mammella è metastatico. S io ciò delle metastasi, linfonodi positivi e così via poi ci sono dei<br />

protocolli di radiochemioterapia particolarmente aggressivi e indicati".<br />

Gli viene chiesto "quindi laddove venga utilizzata la radioterapia conformazionale in patologie per<br />

cui non è utilizzabile, qual è l'effetto dal p d v medico?"<br />

Risposta: "data una dose massima su una zona piccola se c'è un grande tumore non capisco il senso,<br />

quindi nel senso che non ha logica, la terapia e il trattamento conformazionale è quel trattamento<br />

radioterapeutico delle neoplasie e quindi diciamo così per il 90% del trattamento non è un<br />

trattamento utile per tutto". Anche il professore Orecchia, esaminato all'udienza del 17/10/2006, si è<br />

soffermato su questo, ma in particolare si è soffermato anche su questo tema all'udienza del<br />

20/03/2007 il professore Biti, si sono soffermati sugli stessi concetti e dall'analisi delle dichiarazioni<br />

di Oliveri, dalla consulenza e dalla deposizione del professore Biti che pure è acquisita al processo<br />

emerge nella maniera più chiara la problematica della definizione di radioterapia conformazionale e<br />

dipende esclusivamente dal differente p d v espresso da ciascuno dei due.<br />

225


La definizione che ci dà il prof. Biti e quindi il discrimine fra radioterapia tradizionale e<br />

radioterapia conformazionale si riferisce infatti alle modalità tecniche e di studio del trattamento<br />

radioterapico. Mi riferisco in particolare a pag 8 della sua consulenza: "affinchè si abbia un<br />

trattamento conformazionale è necessario che lo studio sia effettuato con tecnologia tridimensionale<br />

che si basa su simulazione tac e su un software di tridimensionale.<br />

Da qui anche l’affermazione che i trattamenti effettuati dalle strutture Atm e Villa Santa Teresa<br />

erano da definirsi tutti conformazionali, atteso che, sin dall’inizio dell’attività, la tecnologia<br />

disponibile era costituita unicamente da una tac di simulazione e da un software di ricostruzione<br />

tridimensionale acquistato già nel ‘96. Non era invece disponibile alcun simulatore radiologico<br />

ossia lo strumento che opera solamente con tecnologia cosiddetta “bidimensionale” e quindi<br />

consente unicamente lo studio di trattamenti con la metodica tradizionale. Da qui la conclusione<br />

allora da parte di Biti che la tecnologia presente in azienda consentiva solo lo studio di trattamenti<br />

conformazionali non permettendo di converso l’effettuazione di trattamenti tradizionali per<br />

mancanza di strumentazione. L’ottica utilizzata da Oliveri è completamente differente, in quanto il<br />

momento di discrimine nella definizione del trattamento conformazionale e tradizionale non è<br />

costituito dallo studio del trattamento stesso, ma dalla modalità tecnica di radiazione e di<br />

schermatura del fascio e ciò risulta evidente dall’analisi delle dichiarazioni rese dal contenuto delle<br />

relazioni tecniche effettuate dall’imputato. Un trattamento si può quindi definire conformazionale o<br />

tradizionale in considerazione dell’utilizzo o meno nell’ambito della seduta dell’accessorio<br />

collimatore multilamellare, il quale consente di conformare il fascio di radiazione al bersaglio<br />

tumorale tramite una schermatura costituita da lamelle. Questa schermatura varia in ciascuno dei<br />

campi di radiazione effettuati nell’ambito di una seduta giornaliera di radioterapia e permette una<br />

migliore precisione del trattamento. Diversamente nel caso di terapia tradizionale l’eventuale<br />

schermatura del fascio non viene fatta direttamente dall’acceleratore, ma effettuata tramite schermi<br />

in piombo applicati direttamente sulla testata dell’acceleratore ovvero mediante cunei applicati sulla<br />

parte da irradiare. Questa metodica non comporta quindi un’evoluzione tecnologica del macchinario<br />

essendo costituita da schermature meccaniche e quindi in questo senso viene definita tradizionale da<br />

Oliveri, poiché fattibile con qualunque tipo di acceleratore lineare, quindi anche con quelli di più<br />

antica fabbricazione utilizzati dalle altre strutture presenti sul territorio nel ’99, seppure<br />

probabilmente queste ultime presenti sul territorio utilizzassero ancora nello studio del trattamento<br />

il simulatore radiologico bidimensionale e quindi meno preciso rispetto alla metodologia<br />

tridimensionale utilizzata da Villa Santa Teresa.<br />

Che tale sia la differenziazione tra trattamento tradizionale conformazionale, che Oliveri ha sempre<br />

ritenuto corretta, risulta anche evidente dalla differente nomenclatura utilizzata nelle relazioni<br />

tecniche rilasciate ai pazienti alla fine del trattamento radioterapeutico. Infatti, dal confronto tra le<br />

relazioni standard utilizzate nel trattamento della mammella in cui non si utilizza il collimatore<br />

multilamellare multirift (?), del rinofaringe in cui parimenti non si utilizza il collimatore<br />

multilamellare multirif (?) e della prostata in cui invece tale accessorio viene sempre utilizzato<br />

emerge che per la mammella troviamo scritto schema di trattamento con tecnica statica isocentrica<br />

con fotoni X da 6mv è stata irradiata la mammella utilizzando due campi asimmetrici contrapposti e<br />

tangenziali con schermi a cuneo. Rinofaringe: schema di trattamento con tecnica statica isocentrica<br />

è fotone X da 6mv è stata irradiata la base cranica rinofaringe con le stazioni linfonodali<br />

laterocervicali bilaterali comprese le spinali utilizzando due campi sagomati contrapposti<br />

laterolaterali con un’immobilizzazione personalizzata mediante maschera termoplastica. Prostata,<br />

invece, schema di trattamento con tecnica statica isocentrica conformazionale e fotoni da X da 10<br />

mv etc<br />

Il riferimento esplicito, dunque, al trattamento conformazionale lo troviamo soltanto nel terzo degli<br />

schemi di trattamento che ho indicato e viene utilizzata, appunto, soltanto col riferimento al tumore<br />

alla prostata che si contraddistingue per l’utilizzo del multilift (?) collimatore multilammelare<br />

acquistato unicamente all’acceleratore lineare nell’aprile del 2000; nel ’99, infatti, la società aveva<br />

acquistato un accessorio differente, il micromultilift, cioè un collimatore multilamellare con lamelle<br />

226


di dimensioni inferiori utilizzabile solo su un ristretto numero di patologie: metastasi celebrali e<br />

polmonari. È allora evidente dalle considerazioni che precedono che il responsabile medico della<br />

società riteneva che solo a partire dal 2000, e in minima parte in data antecedente, nel 99, i<br />

trattamenti svolti dall’Atm-Villa S. Teresa per mezzo del collimatore multilamellare si<br />

caratterizzavano per una connotazione specialistica: la tecnica conformazionale non posseduta da<br />

alcun atra struttura del territorio per mancanza delle tecnologie correlate. A fronte di ciò la società<br />

sin dal 99 ha innalzato le tariffe dei trattamenti radioterapici, per altro in maniera generalizzata, cioè<br />

per tutti i trattamenti e non solo quelli in cui si utilizzava dapprima il micromultilitf e poi dal<br />

secondo semestre del 2000 il multilitf. Del resto Oliveri nel corso del suo esame ha ribadito i<br />

concetti espressi, rinvenendo nelle patologie tumorali della mammella e del distretto testaXXcolon<br />

trattamenti tradizionali e quantificandoli nella misura del 45% dell’attività della società a partire dal<br />

2000 in poi, e correlandone la definizione dal mancato utilizzo del multilitf e del micromultilitf. Nel<br />

corso dell’udienza Olivieri ha anche definito i riferiti trattamenti quali radioterapia tradizionale e<br />

conformata, in cui l’aggettivo conformata si riferiva allo studio tridimensionale consentito dalla<br />

simulazione Tac e dalla ricostruzione tridimensionale effettuata dal sistema di simulazione. Nella<br />

sua interpretazione allora permane una differenza di tipo tecnologico legata alla schermatura del<br />

fascio che contraddistingue i trattamenti tradizionali da quelli conformazionali diversamente<br />

dall’opinione che abbiamo visto essere quella del prof Biti che invece collega questa differenza alla<br />

simulazione, allo studio preliminare, e al trattamento, in cui assume rilevanza la bidimensionalità o<br />

tridimensionalità dello studio medesimo. Ai fini allora che qui interessano rimane il fatto dell’aver<br />

ottenuto il pagamento fuori nomenclatore, facendo apparire falsamente l’esecuzione di prestazioni<br />

di alta specializzazione che di fatto non venivano eseguite.<br />

Dicevo che il processo ha accertato anche un’altra diversa, articolata, manifestazione della stessa<br />

fattispecie di truffa, che è quella a cui è a capo F1 dei reati contestati: infatti, dal 9 aprile al 30<br />

giugno 2002, in Bagheria le due strutture sanitarie facenti capo all’Aiello hanno contestualmente<br />

operato affiancandosi al Sistema sanitario pubblico: una in forma di preaccreditamento, la Villa<br />

santa Teresa con la delibera 88 del 17 gennaio 2002, la Asl di Palermo… a fare data 9/02/2002 e<br />

l’altra in forma indiretta, la Atm che analogo accreditamento otterrà in virtù del decreto<br />

dell’assessore alla sanità del 17/06/2002 operativo a fare data dal primo luglio 2002.<br />

Questo fatto che di per sé potrebbe apparire ordinario, assume invece connotazioni anomale e<br />

aspetti di rilevanza penale, perché, malgrado come si è visto la legge regionale 40/84 consentisse il<br />

ricorso all’assistenza sanitaria in forma indiretta solo in assenza di strutture pubbliche o<br />

convenzionate presso la residenza o il domicilio dell’assistito, nel periodo indicato, cioè febbraiogiugno<br />

2002 i trattamenti radioterapici a taluno degli assistiti non erano praticati come sarebbe stato<br />

normale dalla convenzionata villa S. Teresa, ma dalla non convenzionata Atm e dunque in regime<br />

indiretto, in particolare come risulta dalla deposizione del teste Di Pasquale, alcuni assistiti in<br />

trattamento con la Villa Santa Teresa dal 9/02/2002 hanno proseguito la terapia con l’Atm che ha<br />

pertanto richiesto il rimborso delle prestazioni sanitarie erogate in forma indiretta, applicando così<br />

tariffe nettamente superiori a quelle che invece Villa S. Teresa avrebbe potuto richiedere per<br />

prestazioni in convenzione.<br />

C’è poi un altro tema che è il tema del processo per le truffe, e cioè la questione dei costi perché i<br />

costi non sono giustificabili. Sul punto sono state acquisite diverse valutazioni tecniche fornite dai<br />

periti e consulenti indicati dalle parti e dal tribunale e a tale proposito rileva anche quanto riferito<br />

dal dottor Dara che ha parlato degli sviluppi successivi all’arresto di Aiello del 5/11/2003 per<br />

quanto concerne la gestione delle sue cliniche. Dara nel corso del suo esame del 27/06/2006 ha<br />

riferito che a oggi le tariffe in termini di rendiconto vengono formulate sulla base del nomenclatore<br />

che è risalente a dicembre del ‘97 e in una situazione tale da garantire l’equilibrio<br />

economicofinanziario ovvero tale da remunerare i costi della produzione diretti e quindi fare in<br />

modo che una struttura riesca a recuperare in termini reddituali i fattori di produzione che impiega,<br />

quindi capitale, lavoro, manutenzione, i costi diretti, squisitamente e tipici dell’attività che svolge<br />

227


quella società. Pur nella situazione data, ci ha detto Dara, nella quale le tariffe di cui al<br />

nomenclatore del ‘97 sono di fatto da aggiornare con una sana politica industriale l’amministratore<br />

ha mantenuto inalterati i livelli occupazionali e di efficienza delle strutture e ci ha riferito che fino<br />

al 31/12/2003 un tumore alla prostata con terapia conformazionale statica a sei campi, che è una<br />

delle tipologie che come sappiamo vengono eseguite dalle strutture in sequestro, dalla namnesi, cioè<br />

dalla visita fino a quella finale veniva valorizzata, a termine che ha usato lui, 136mila euro. Dal<br />

2004 con le tariffe ora in vigore cioè quelle formulate avendo come riferimento il nomenclatore del<br />

’97, l'importo si riduce a 8.093 euro per la stessa terapia; questa riduzione delle tariffe –<br />

assolutamente significativa - è avvenuta, ci ha detto l’amministratore che gestisce le strutture di<br />

Aiello, abbiamo detto al 2004, senza che qualità e numero delle prestazioni subissero diminuzioni<br />

salve naturalmente quelle derivanti dal calo fisiologico derivante a sua volta dalla diffusione delle<br />

notizie che hanno riguardato Aiello. Il ritorno alla normalità dei costi non ha influito sulle<br />

prestazioni, proprio con specifico riferimento al tumore alla prostata, che era compensato abbiamo<br />

detto a 136mila euro con una riduzione della prestazione a 8mila e 93. Del resto è agli atti una<br />

lettera dell’amm. giudiziario in cui comunica che il nuovo accordo con la regione per i cittadini<br />

prevede tariffe ridotte mediamente del 70% rispetto a quelle praticate dalla gestione di Aiello e dai<br />

suoi sodali. L’abnormità dei guadagni per le strutture derivante dal meccanismo posto in essere che<br />

di fatto impediva alla pubblica amministrazione di rendersi conto degli effettivi costi e questo ci è<br />

testimoniato anche da quanto ci ha detto Oliveri, lui stesso nel corso del suo esame ha parlato di<br />

compensi tra il corso del ‘99 e il 2000 per circa 900 milioni di vecchie lire e poi ha chiarito,<br />

riferendo gli importi per circa 80mila euro al mese e oggi Oliveri ci ha detto di guadagnare dopo<br />

l’accordo con l’amministrazione giudiziaria 9mila euro al mese. Sullo stesso punto rilevano i dati<br />

tratti dalla perizia Glorioso-Rebolla, il grafico riportato a pagina 41 dell’elaborato peritale,<br />

acquisito al fascicolo per il dibattimento, è assolutamente significativo circa l’impennata dei ricavi<br />

di Aiello dal momento in cui comincia a frammentare le richieste di rimborso che coincide con<br />

l’arrivo di Iannì alla direzione del distretto sanitario di Bagheria. Ci dicono i periti che la<br />

comparazione dei costi e dei ricavi del triennio 98-2000 ha evidenziato un incremento di questi<br />

ultimi in misura più che proporzionale rispetto ai costi che assume valori ancora più significativi se<br />

si considera che tra il 98 e il 2000 l’incremento dei costi comprensivi di rettifiche è salito del 174%<br />

circa, mentre quello dei ricavi è stato 780% circa, in particolare la perizia ha accertato che per<br />

quanto attiene la tariffa media per paziente, gli incrementi verificati sono stati da un minino del<br />

108% a un massimo del 527% ed è proprio questo fenomeno a causare l’incremento più che<br />

proporzionale dei ricavi rispetto ai costi nel periodo esaminato.<br />

E allora possibile affermare che l’evoluzione delle tariffe applicate non ha trovato corrispondenza<br />

nell’evoluzione dei costi sostenuti da Villa S. Teresa rilevati dai bilanci o dalle scritture contabili<br />

del triennio esaminato; Aiello ha invece sempre escluso di avere ottenuto illecitamente dalla Asl 6<br />

pagamenti di somme non dovute per le attività delle società a lui facenti capo e ha giustificato il<br />

vertiginoso aumento dei rimborsi a partire dalla seconda metà del ‘99 con la diversa e più elevata<br />

qualità delle prestazioni specialistiche fornite; questa prospettiva è smentita proprio dalle perizie<br />

che ho citato dalla documentazione acquisita agli atti del processo, dalle dichiarazioni rese dallo<br />

stesso radioterapista del centro clinico di Aiello, Oliveri, che ha contraddetto le affermazioni di<br />

Aiello, riconoscendo così, quanto meno per le radioterapie di tipo tradizionale, la famosa questione<br />

della tradizionale conformata, la validità della tesi accusatoria, del resto evidenziata appunto in<br />

modo clamoroso dal diverso costo preteso per lo stesso malato e per lo stesso numero di sedute a<br />

seconda che la richiesta di rimborso fosse diretta alla Asl di provenienza, alla quale si chiedeva il<br />

pagamento di somme regolari e sostanzialmente uguali a quelle vantate da altri centri siciliani e<br />

italiani per questo tipo di patologie, ovvero alla Asl 6 a cui si richiedevano più pagamenti e per cifre<br />

di molto maggiori.<br />

Ulteriori elementi che dimostrano l’esistenza dei reati di truffa contestati si traggono da alcune<br />

conversazioni intercettate dalle quali emerge, come detto emerge, la significativa reazione<br />

dell’enorme preoccupazione di Aiello in evidente stato di fibrillazione dei suoi accoliti alle notizie<br />

228


di indagine dei Cc del Nas, iniziate su delega del pm con l’acquisizione di atti presso la Asl 6 e in<br />

particolare presso il distretto di Bagheria, cui era preposto Iannì. Da quelle originarie acquisizioni<br />

oltre che dal suo esame e da quello di Aiello all’udienza del 14/02/2006 emerge che era stato<br />

proprio Iannì, lo abbiamo già detto, a informare Aiello delle indagini in corso e successivamente a<br />

consegnargli copia del decreto di sequestro notificato dalla Asl all’evidente fine di consentirgli di<br />

adottare le opportune contromisure. E ancora è provata l’attività di Manenti, un altro personaggio<br />

che secondo le dichiarazioni di Aiello, ebbe da accelerare in cambio di uno dei prestiti XXXXX che<br />

Aiello era solito fare le sue pratiche.<br />

Ora tutta tale attività, quella di Manenti, è oggetto di un altro processo e noi ci guardiamo bene in<br />

questa sede da fare alcun riferimento ad altro processo che non sia questo, ma non può non rilevare<br />

anche in questa sede, sul piano generale del dolo, l’attività posta in essere per proseguire a<br />

procurare all’associazione in contestazione ingenti profitti. In proposito è stata acquisita e rileva con<br />

specifico riferimento a Iannì la seguente documentazione, la nota del 31/01/2002 indirizzata da<br />

Giuffrè Francesco, legale rappresentante di Villa S. Teresa, al direttore generale della Asl 6, in<br />

calce alla quale con propria grafia costui, cioè Giancarlo Manenti, delegava il direttore del distretto<br />

di Bagheria a concordare le tariffe per le prestazioni da accreditare in regime di convenzionamento<br />

diretto. La nota 8/02/2002, con cui il direttore del distretto sanitario 4 di Bagheria, Iannì, appena 8<br />

giorni dopo la delega di Manenti, nonostante la particolare complessità della materia dal p d v<br />

medico che economico, dichiarava appropriati i valori tariffari prospettati dalla società di Aiello; la<br />

relazione 17/12/2002 dell’Airo (?), con cui il professore Orecchia, pur esprimendo un parere<br />

favorevole sull’efficacia terapeutica delle metodiche per la diagnostica per immagini si proponeva<br />

di effettuare con le nuove attrezzature, sottolineava come l’Airo non era in grado di esprimere un<br />

parere sulla congruità dei prezzi proposti che per altro era invece l’unico oggetto della richiesta<br />

formulata l’16/12/2002 cioè appena 24 ore prima da Iannì e la nota 3/12/2003 protocollo 13-762-04<br />

del direttore generale dell’Asl del tempo, l’ing, Catalano, che ha precisato che il protocollo per<br />

l’individuazione di tariffe per prestazioni non inserite nel tariffario regionale non risulta essere stato<br />

recepito in alcuna deliberazione dell’Amministrazione. Da questa documentazione è possibile<br />

cogliere interessanti spunti.<br />

La relazione dell’Airo, su cui Aiello fa grande affidamento nel dichiarare la propria buona fede e<br />

quella dei suoi complici, non ha per oggetto però la congruità dei prezzi, ma solo la idoneità della<br />

metodica delle apparecchiature e inoltre interviene a distanza di quasi un anno dalla fissazione dei<br />

compensi da parte di Iannì e del resto è stato esaminato il prof. Orecchia nel corso dell’udienza del<br />

17/12/2006 e questi sul punto ha reso dichiarazioni su cui accanto a una sua certa competenza<br />

medica emerge per espressa sua ammissione l’incompetenza nella valutazione dei costi e ancora<br />

più significativa e a fronte di questa risultanza è la motivazione da Iannì nella sua nota dell’<br />

8/02/2002, che testualmente è “operate le valutazioni del caso sui tariffari di cui trattasi, così come<br />

illustrati dagli allegati e in particolare dai riscontri e le comparazioni elaborate alternativamente con<br />

parametri di rimando generalmente condivisi”. Quali siano questi parametri di rimando<br />

generalmente condivisi e ancora quali riscontri e le comparazioni elaborate in particolare valutate<br />

da Iannì nell’arco temporale di 8 giorni e con i titoli professionali di Iannì, non è dato sapere.<br />

Mentre, ed al contrario, alcuni dei più qualificati specialisti non sono riusciti a giungere a una<br />

decisione nell’arco di alcuni mesi, si vedano sul punto le dichiarazioni dell’Assessore regionale alla<br />

Sanità dell’epoca, Cittadini, e dell’ing. Catalano, e tutte le conversazioni dedicate alla vicenda del<br />

tariffario. Eppure è proprio con questa delibera, così motivata, adottata su delega manoscritta da<br />

Mamenti e sulla lettera di offerta portatagli a mano da Aiello e mai, come si è visto, trasfusa in una<br />

delibera formale della Asl 6 che questa Asl 6 si è obbligata al pagamento di somme ingentissime e<br />

si è creato senz’altro uno dei maggiori impegni di spesa della più grande azienda sanitaria della<br />

Sicilia.<br />

Che Aiello e i suoi accoliti fossero poi ben consapevoli della normalità della vicenda e del clamore<br />

che attorno alla stessa si era acceso si desume proprio dalle intercettazioni telefoniche della<br />

cosiddetta “rete riservata”, in particolare da quella 26/09/2003 fra Ciuro e Aiello; in cui è Aiello a<br />

229


dire a Ciuro “e siccome fingevano che non c’erano, apriti cielo ora, c’è un bordello, il direttore<br />

contro Iannì. Lettera di fuoco vuol essere relazione come lo è stato a gennaio con l’ispezione,<br />

l’assessore si è riunito e tutti compreso l’ispettorato vuole dire come mai queste tariffe spuntarono<br />

fuori e ora vogliono sapere di chi è la colpa delle tariffe. Vuoi vedere che se la scortano, che se la<br />

prendono evidentemente con Manenti? Perché ora vogliono sapere quel è il protocollo di intesa e<br />

alla fine si doveva chiudere tutto con un atto deliberativo oltre alla convenzione”.<br />

Insomma è sostanzialmente anche da questi atti che emerge la piena responsabilità e la prova del<br />

delitto di truffa per tutte le condotte contestate, la ripartizione dei ruoli e la durata nel tempo delle<br />

condotte, fatti questi che impongono di ritenere ampiamente provata la contestazione relativa al<br />

delitto associativo finalizzato alla loro commissione. Ma un’ulteriore chiave di lettura anche questa<br />

utile per la migliore comprensione delle vicende connesse alla attività di Aiello nel settore della<br />

sanità è costituita dalle risultanze dibattimentali relative alle altre contestazione che gli sono<br />

formulate collaterali a quella principale. Contestazioni di reato di corruzione propria e impropria<br />

contestata a lui ed ad alcuni funzionari della Asl 6. Abbiamo già affrontato il tema con riferimento a<br />

Gianbruno sono i capi G1 per Aiello e H1 per Michele Gianbruno, relativi appunto a quelle<br />

costruzioni, ristrutturazioni, fatte per la villa di Altavilla del Gianbruno su cui già ci siamo<br />

soffermati.<br />

Aiello è autore di altri delitti commessi con l’uso del denaro e procurati a suo vantaggio attraverso<br />

la prospettazione di vantaggi per altri. Mi riferisco in particolare ai casi relativi alla signora Adriana<br />

La Barbera e suo marito Angelo Calaciura sono i capi di imputazione N1 e il capo di imputazione<br />

N1 della rubrica con riferimento alla posizione di questi due imputati.<br />

Abbiamo già visto che il sistema Aiello non ha mai disdegnato di comprare pubblici funzionari per<br />

ottenere da essi trattamenti di favore. Lo abbiamo visto quando abbiamo analizzato i suoi rapporti<br />

con uomini delle istituzioni di polizia; lo vediamo anche quando affronta le problematiche che gli<br />

interessano proprio nel tema delle attività sanitarie. Ora, tra queste persone vi è Adriana La<br />

Barbera, per la quale le acquisizioni probatorie hanno evidenziato la realizzazione di tutti gli<br />

elementi costitutivi previsti dalla fattispecie di quell’art 318 alla stessa contestata in concorso col<br />

marito. In particolare si è perfezionato il pactum sceleris tra il pubblico ufficiale, La Barbera, e il<br />

privato, Aiello, che ha ad oggetto la promessa acettata di una retribuzione non dovuta per il<br />

compimento di atti del proprio ufficio cui poi è conseguita la puntuale esecuzione degli stessi. Il<br />

tutto qualificato dal p d v psicologico dalla consapevolezza che la suddetta retribuzione non è<br />

dovuta e che la stessa è prestata proprio per il compimento di atti d’ufficio. In ordine al<br />

perfezionamento dell’accordo criminoso tra la La Barbera ed Aiello, avente ad oggetto il<br />

mercimonio di pubbliche funzioni, è necessario fare riferimento innanzitutto a quanto ci ha detto lo<br />

stesso Aiello nel corso del suo esame il 14/02/2006. Ci ha raccontato della conoscenza venuta con<br />

la signora La Barbera, conoscenza operata per il tramite del maresciallo Borzacchelli, del primo<br />

favore fatto alla signora La Barbera che è l’assunzione della figlia presso le strutture di Aiello, del<br />

ruolo che la signora La Barbera aveva presso la Asl 6, ruolo che è confermato anche da altre<br />

dichiarazioni di funzionari, il dott. Scimemi, della stessa Asl 6, dei compiti che aveva, degli ostacoli<br />

che in qualche modo frapponeva al rapido e celere svolgimento delle pratiche relative ai rimborsi<br />

che l’Aiello faceva pervenire attraverso il distretto sanitario di Bagheria alla Asl 6, in particolare,<br />

fra le altre cose, la signora La Barbera era quella che decideva il modello ci dice Aiello, il modello<br />

sul quale andavano predisposti questi moduli di rimborso e aveva la facoltà in sostanza di accelerare<br />

o rallentare nei suoi poteri discrezionali la capacità di distribuzione più celere o meno delle pratiche<br />

di rimborso. Tutto questo viene in qualche misura agevolato da Aiello col solito sistema, ci parla di<br />

retribuzione in contante per somme pari a circa 200-250 milioni in un periodo di tempo che va dal<br />

1997 al 2002 soprattutto ci parla di un’adozione (di 50 milioni) che trova ampio riscontro in una<br />

serie di atti che sono una fattura che emessa dal marito a fronte di operazioni inesistenti in quanto<br />

mai eseguite di ciò vi è prova perchè dovevano riguardare appunto la collocazione di impianti di<br />

areazione all’interno delle strutture dell’Aiello il che non avviene, ma questi soldi appunto hanno<br />

una giustificazione perché viene emesso un assegno del valore di 50 milioni e questo assegno viene<br />

230


trattato dal ragioniere D’Amico. Noi abbiamo acquisito agli atti le dichiarazioni del povero<br />

ragioniere D’Amico che è deceduto, quindi sono dichiarazioni che valgono ai sensi dell’art. 512 del<br />

codice di procedura penale e che confermano, in uno alle acquisizioni documentali perché<br />

l’assegno è in atti, la responsabilità della signora La Barbera e di suo marito, che quella fattura<br />

aveva emesso, ma c’è di più perché vi sono anche le dichiarazioni rese il 6/08/2004 prima dalla<br />

signora La Barbera poi dal marito, i quali sono sostanzialmente confessi di questo delitto. La sig.ra<br />

La Barbera ha dichiarato al pm con dichiarazioni che sono state acquisite al fascicolo per il<br />

dibattimento e che hanno valore di prova nei suoi confronti, atteso che la stessa non si è sottoposta<br />

all’esame. “Ho chiesto di essere esamina – ci disse – per dire che effettivamente l’ing Aiello mi ha<br />

versato 50 milioni dei quali avevo bisogno per l’attività lavorativa di mio marito. A fronte del<br />

versamento dei soldi che io chiesi ad Aiello questi mi richiese un documento contabile che gli<br />

consentisse di giustificare l’uscita del denaro dalle sue società, per tale motivo mio marito fece la<br />

fattura a fronte dell’installazione di macchinari che non è mai avvenuta, anche se Aiello mi disse<br />

che quanto i macchinari sarebbero arrivati, egli mi avrebbe chiamato perché io lo dicessi a mio<br />

marito che avrebbe effettuato il montaggio. Escludo di avere fatto alcunché a favore di Aiello a<br />

seguito di tali donazioni di denaro anche perché all’epoca non mi occupavo più Bagheria da circa 2<br />

anni e neppure Aiello mi chiese però nulla in cambio del denaro”.<br />

Questa è la dichiarazione e analoga è quella del marito. “Nessuna rilevanza può aver in ordine<br />

all’accordo transattivo con cui formalmente l’amministratore giudiziario ha riconosciuto un debito<br />

del tutto inesistente della società di Aiello con Calaciura, non forma la cosa giudicata l’atto prodotto<br />

soprattutto è frutto di una valutazione solo formale da parte dell’amministrazione giudiziaria<br />

subentrata solo in un secondo momento da Aiello e non al corrente dei fatti .<br />

Tra gli altri soggetti che devono rispondere di contestazioni formulate in questo processo, c’è<br />

<strong>Salvatore</strong> Prestigiacomo. Abbiamo già visto che è uno dei dipendenti del distretto sanitario di<br />

Bagheria che era incaricato sostanzialmente anche lui di occuparsi delle pratiche di rimborso che<br />

venivano richieste da Aiello per le sue imprese. Ed è proprio Aiello il 14/02/2006 nel suo<br />

interrogatorio che ci parla del ruolo di Prestigiacomo che ammette di avergli fatto una serie nel<br />

tempo di dazioni di danaro, per un valore complessivo che lui calcola nell’ordine dei 15 milioni di<br />

vecchie lire.<br />

Nel corso del suo esame del 16/05/2006 anche Iannì ha riferito del ruolo di Prestigiacomo,<br />

indicandolo come il coauditore amministrativo, che si occupava di tutta la parte amministrativa<br />

delle pratiche di rimborso. Ci ha indicato, pur non esplicitamente, uno degli ulteriori e reali motivi<br />

delle regalie di Aiello, e cioè che Prestigiacomo aveva il compito di controllo non solo formale, ma<br />

anche sostanziale delle pratiche, ci dice Iannì: “a un certo punto abbiamo intensificato i controlli<br />

con la presenza periodica del sig. Presitgiacomo presso la struttura e anche da parte mia la presenza.<br />

Disponevo il controllo periodico della struttura Villa S. Teresa in relazione dell’attività di assistenza<br />

indiretta”. E a questo compito era appunto delegato Prestigiacomo. A proposito delle regalie che<br />

Prestigiacomo riceveva da Aiello, ha riferito di esserne a conoscenza sia pure in modo molto<br />

generico, indicando quale sua fonte il dott. Scaduto, che si è ben guardato dal confermare le<br />

dichiarazioni di Iannì, quando è stato esaminato sul punto. La conferma delle dichiarazioni di Aiello<br />

e il fatto che anche Iannì su questo punto non ha mentito è però fornita da due diversi ulteriori<br />

elementi. Il ruolo che effettivamente Prestigiacomo ha coperto, che rende plausibile il pagamento<br />

effettuato da Aiello, e soprattutto le stesse dichiarazioni di Prestigiacomo che, in sede di spontanee<br />

dichiarazioni, ha ammesso di aver ricevuto le dazioni.<br />

Ancora, connesso alle imputazioni in tema di truffa e a quello relativo ai pagamenti corruttivi<br />

operati da Aiello è un altro tema che è quello della responsabilità degli enti, come sappiamo si tratta<br />

di una normativa sostanzialmente nuova, in esecuzione del D. lgs 231/2001 sono state conteste alla<br />

società diagnostica per immagini Villa S. Teresa e Atm (alte tecnologie medicali) i due capi di<br />

imputazione O1 e +1. È normativa nuova e infatti e correttamente il Gup presso il Trib. di Palermo,<br />

sentenza che è acquisita sotto questo profilo agli atti del fascicolo, ha prosciolto gli enti per il<br />

periodo antecedente a quello di entrata in vigore della legge in base al principio naturalmente nulla<br />

231


pena sine lege. Si tratta di vedere allora se trovano applicazione in questo caso i criteri di<br />

attribuzione delle responsabilità rispecchianti le patologie che si annidano colpevolmente<br />

nell’impresa come organizzazione. Vale a dire, la colpa d’organizzazione e la politica criminale<br />

d’impresa: questo richiede la legge. Ebbene, si è realizzato senz’altro, quanto richiesto<br />

dall’ordinamento sotto il profilo dei criteri di attribuzione della responsabilità del XXXx atteso che<br />

il reato di truffa aggravata è stato nell’interesse dell’ente a suo vantaggio e soprattutto da un<br />

soggetto, Aiello, certamente collocato in posizione apicale, come vuole art. 5 comma 1 lettera b, del<br />

d. lgs. che ho citato. Non c’è dubbio che Aiello era in posizione apicale rispetto alle imprese poiché<br />

a prescindere anche se si vuole dalla funzione di rappresentanza di amministrazione di direzione<br />

dell’ente ha esercitato di fatto la gestione e il controllo dell’ente stesso come vuole l’art 5 comma 1<br />

lettera A, del decreto di cui ci stiamo occupando, non vi è del pari alcun dubbio che gli enti imputati<br />

non hanno mai adottato – del resto come avrebbero potuto?- un modello di organizzazione di<br />

gestione idoneo a prevenire il reato di truffa che è a monte della responsabilità. Sussiste allora<br />

pienamente il dolo dell’ente perché il reato come emerge da tutto il dibattimento è espressione di<br />

una politica di impresa finalizzata alla sua commissione, non vi è dubbio infatti che tra gli scopi<br />

delle imprese di Aiello, vi sia stato quello di lucrare con gli artifici e nei raggiri indicati<br />

ingentissime somme di denaro.<br />

Rimane da ultimo il ruolo di un altro imputato che è Giacomo Venezia. Gli interessi imprenditoriali<br />

di Aiello hanno trovato illecita tutela e garanzia anche da parte di questo funzionario pubblico,<br />

appartenente non all’amministrazione regionale, come gli altri dei quali ci siamo occupati in tema di<br />

sanità, ma alla polizia di Stato. All’epoca era il dirigente della divisione anticrimine della Questura<br />

di Palermo. È chiamato a rispondere di due delitti, il delitto di favoreggiamento ex art.378, con<br />

l’aggravante di cui all’art. 61 n.9 del codice penale e il delitto di cui all’aticolo 479 del codice<br />

penale. Vediamo le condotte. Aiello ha instaurato e mantenuto rapporti con Venezia grazie all’opera<br />

di Giuseppe Ciuro, buon amico di entrambi, e al funzionario ha tra l’altro promesso il suo<br />

interessamento per l’assunzione in banca della figlia afflitta da gravi problemi di salute. Venezia da<br />

parte sua, pur essendo per sua stessa ammissione perfettamente a conoscenza dell’esistenza di<br />

indagine a carico di Aiello e altresì della creazione della rete riservata per eludere le intercettazioni<br />

da parte della polizia giudiziaria, invece di informare le autorità giudiziarie e il suo ufficio si è<br />

messo a completa disposizione di Aiello, chiedendogli anzi un cellulare della rete per potere meglio<br />

soddisfare le sue esigenze. Di fatto Venezia, violando i suoi doveri di ufficio, quale responsabile<br />

della divisione anticrimine della Questura di Palermo, è intervenuto proprio nelle ultime settimane<br />

prima dell’arresto di Aiello e dei suoi complici, in due settori diversi ma egualmente importanti. Da<br />

un lato, Venezia al fine di far ottenere a una società di Aiello, la Ati group, la certificazione<br />

antimafia necessaria per la partecipazione ad un appalto concorso per la fornitura di appalti<br />

radiologici di ingente valore all’ospedale Villa Sofia e al policlinico di Palermo ha contattato i<br />

funzionari della prefettura di Palermo che avevano bloccato il rilascio del certificato e ha trasmetto<br />

a tali uffici una nota a sua firma in cui si attestava che “non si rilevano elementi da cui poter<br />

desumere tentavi di infiltrazione mafiosa attendenti a condizionare e indirizzi della società”. E<br />

dall’altro lato al fine di far ottenere alla società di Aiello il nulla osta di sicurezza, necessario per<br />

partecipare alle gare per particolari categorie di opere ha trasmesso alla segreteria di sicurezza della<br />

questura, che ha sua volta doveva riferire al Cesis, una nota a sua firma in cui affermava l’assenza<br />

di elementi ostativi per il rilascio del nulla osta, pur essendo perfettamente consapevole<br />

dell’esistenza di indagini nei confronti di Aiello.<br />

Ora non può esservi dubbio alcuno sul fatto che un qualificato funzionario della polizia di stato ha<br />

taciuto in ordine all’esistenza della cosiddetta rete riservata alle autorità cui avrebbe invece dovuto<br />

in quanto funzionario di polizia, e non privato cittadino, riferire. E che Venezia avesse saputo<br />

dell’esistenza della rete riservata emerge in maniera assolutamente certa dalla conversazione<br />

intercettata tra Ciuro e Aiello il 3/10/2003. In particolare nel corso della conversazione Ciuro:<br />

“Senti, un’altra cosa, altre due cose. Vedi se riesci anche per Giacomo perché ‘sta mattina glielo ho<br />

232


dovuto passare e glielo ho detto, gli ho detto guarda abbiamo e così così. Abbiamo così e così”.<br />

Ovvero abbiamo una rete riservata.<br />

Ciuro prosegue “quindi dico, per questo o gliela fai avere una scheda o un telefonin e come pure<br />

Giacomo sì, così se abbiamo bisogno abbiamo tutti i numeri e pensaci un attimo” e Aiello<br />

risponde: “Vabbene, certo, potrebbe tornarci utile, certo, un istante ci penso sulla cosa”.<br />

Noi sappiamo che la rete riservata riguarda i fidatissimi di Aiello, 7 persone ce l’avevano, sappiamo<br />

che Aiello giustifica la richiesta con il fatto che Venezia lo cercava e non lo trovava e per<br />

risolvere il problema, Ciuro gli avrebbe fatto la proposta, ma Venezia ha detto invece che lui è un<br />

appassionato di cellulari e quindi mirava soltanto al particolare pregio del modello di cellulare di<br />

cui disponeva Aiello, non ad entrare nella rete.<br />

E anche se la richiesta non sarà soddisfatta la risposta di Aiello alla richiesta di Ciuro nella<br />

conversazione intercettata non è in termini negativi: ma cosa dici, diamo un altro telefonino a un<br />

altro funz. di polizia? Ma è in termini positivi: “un istante, ci penso sulla cosa”. Sappiamo poi che<br />

Venezia è il dirigente della sezione anticrimine della Quest. di palermo e in tale veste si occupa di<br />

molte cose. Tra queste le informative antimafia e l’ufficio protocollo legalità, ciascuna rette da un<br />

funzionario però subordinato al Venezia, dirigente dell’Ufficio. E in quest’ufficio il cosiddetto<br />

potere di firma era nella esclusiva attribuzione del dirigente, ce lo ha confermato lo stesso Venezia.<br />

E inoltre la sua attività di controllo si espletava anche attraverso la visione della corrispondenza in<br />

entrata, al meno quella urgente e speciale e attraverso l’assegnazione per la trattazione dei singoli<br />

uffici. Venezia nel corso del suo interrogatorio ha ricostruito come il rapporto tra lui e Aiello si sia<br />

sviluppato e di come egli ne richiese l’interessamento per l’assunzione della figlia, prima in banca,<br />

poi essendo venuto meno a tale obbiettivo, presso le stesse aziende di Aiello. Ancora Venezia pur<br />

avendo negato in aula di avere appreso prima del 5 nov che nei cfr di Aiello era in corso<br />

un’indagine penale ha ammesso di avere saputo dell’intervento del Nas con ciò contraddicendosi<br />

rispetto a quanto dichiarato nel corso dell’interrogatorio reso al pm il 5/11/2003. Gli è stato<br />

contestato integralmente, il pm gli si ricorda gli chiedeva: “Il succo della questione è questo. È al<br />

corrente che Aiello e Ciuro avessero quella che noi nell’ordinanza abbiamo chiamato una rete? Cioè<br />

una serie di telefoni riservati che usavano solo tra loro con lo specifico fine di non poter essere<br />

intercettati?” E lei rispondeva, “scusi io non voglio andare oltre questo fatto qua, io so che c’è<br />

un’indagine in corso pure sull’ing. Aiello”<br />

Pm: “E da quando?”<br />

Venezia: “da un po’ di tempo. Me lo ha detto anche lui, tra l’altro”<br />

Pm: “quando”<br />

Venezia: quest’anno<br />

Pm: e che cosa le ha detto?<br />

Venezia: “che c’era un’indagine in corso su di lui e sulle sue imprese. Fra le altre cose anche i Nas<br />

che sono andati là a sequestrare qualche cosa”. Mi scusi dott. Pignatone io faccio questo mestiere,<br />

in questo tribunale c’è un magistrato amico mio che è stato indagato per associazione mafiosa, che<br />

faccio, non lo chiamo più?”<br />

E ancora, pag 37, Venezia: “le ribadisco che io lo sapevo, me lo ha detto riferito lui, ing Aiello che<br />

c’erano delle indagini in corso su di lui”. Su questa contestazione, Venezia ha dichiarato nel corso<br />

del suo esame dibattimentale “il 5 novembre di mattina presto vengo raggiunto da una telefonata di<br />

un mio collega che mi dice di rientrare subito a Palermo, ero in ferie in quel periodo, arrivo a<br />

Palermo e il collega mi notifica questo avviso di garanzia. Da quel momento in poi non ho capito<br />

più niente. Non posso più andare da nessuna parte, il mio ufficio, il mio alloggetto, alla caserma<br />

sono piantonato, rimango in quella situazione fino a pomeriggio inoltrato. Subisco due perquisizioni<br />

in questura negli uffici. La sera inizia l’interrogatorio. A un certo punto la sera dopo quelle ore<br />

passate fra perquisizioni etc, a un certo punto non ho capito più niente sono andato nel pallone”.<br />

Come tutti quando sono stati interrogati per la prima volta in questa vicenda. “Ho confuso realtà<br />

con fantasia i pensieri con altre cose non ho capito più niente e sono andato nel pallone, non ho<br />

capito più niente, ero così stanco, credo che anche i magistrati che mi interrogavano erano stanchi<br />

233


così stanco che non riuscivo… penso che in quel momento, in quella circostanza forse anche<br />

balbettavo.<br />

E alla domanda del pm: “lei sapeva che Aiello, Ciuro e altri oggetti utilizzavano un sistema di<br />

comunicazione con telefoni cellulari, che utilizzavano schede non a loro intestate e che si<br />

chiamavano esclusivamente attraverso queste persone?”<br />

Venezia, nel corso dell’interrogatorio dibattimentale: “No”. Una risposta incredibile se si guarda<br />

alla contestazione che gli è stata mossa e che riguarda pag 36 della trascrizione del suo<br />

interrogatorio del 5/11/2003, perché qui il pm gli chiede: “lei era al corrente che Aiello al fine di<br />

non essere intercettato e Ciuro con lui, utilizzavano una serie di apparecchi con un uso riservato,<br />

chiamandosi tra loro? ”; “Sì, sì”; “lei lo sapeva, questo?”; “Sì signore”. Non solo, ma in<br />

quell’interrogatorio spontaneamente aggiunge: “ma guardi che io ho telefonato anche col telefono<br />

di Ciuro, tra l’altro glielo ho anche confermato”<br />

Pm: e allora non si poneva la domanda del perché l’ing Aiello aveva la necessità di ricorrere a<br />

questa precauzione?<br />

Venezia: Scusi le ribadisco che io sapevo, l’ha riferito lui, l’ing Aiello che c’era un’indagine in<br />

corso su di lui.<br />

Pm: ma scusi, l’ing Aiello le riferisce che c’è un’indagine su di lui, va bene, lei sa che utilizzavano i<br />

telefonini per non essere intercettati, e lei ci parla su quel telefonino?<br />

E Venezia nel corso dell’interrogatorio contestato del 5 novembre: “ma perché non avevo niente da<br />

nascondere, scusi. Per quel che mi riguarda, io non so niente”. E invece nel corso dell’esame<br />

dibattimentale “io all’ing Aiello l’ho sempre chiamato alle utenze in cui l’ho trovato solo nel<br />

periodo dopo l’estate intorno al mese di ottobre non riuscivo più a trovarlo e capii che Ciuro<br />

riusciva a contattare Aiello e ogni volta che avevo bisogno di parlare con l’ing Aiello dicevo non<br />

riesco a trovare a Ciuro, lo chiamo telefonicamente a Ciuro, non riesco a trovare Aiello, se per<br />

favore puoi dire che si fa sentire. Questa serie di chiamate mi ha fatto pensare, ma nell’ultimo<br />

periodo che era ottobre, fra sett-ottobre, mi ha fatto pensare che Aiello avesse un numero che non<br />

conoscevo, che poi l’abbia potuto confondere in quel momento dell’interrogatorio sono andato nel<br />

pallone fra un’utenza riservata e un numero che non conoscevo, quello può essere”.<br />

E il resto ci si deve chiedere, i termini che l’ufficiale di polizia giudiziaria usa nel corso del suo<br />

primo interrogatorio “intercettazioni, utenze riservate, sequestri, indagine”. Nel corso del contestato<br />

interrogatorio del 5/11, Venezia ha dichiarato di avere saputo da Aiello che “c’era un’indagine in<br />

corso su di lui e sulle sue imprese. Fra le altre cose anche i Nas che sono andati lì a sequestrare<br />

qualcosa. Mi scusi, dott. Pignatone io faccio questo mestiere, in questo tribunale etc…”. Davanti a<br />

queste contestazioni è rimasto su posizioni assolutamente incredibili “che io non ho avuto mai<br />

cognizioni di reti riservate”, ci ha detto nel corso del suo esame “di personaggi che stavano dietro a<br />

questa rete e che sulla rete ho avuto notizia dopo i fatti noti principalmente dalla stampa. Io so<br />

semplicemente che per poter contattare Aiello, ero costretto a rivolgermi a Ciuro, tanto è vero che<br />

questa cosa mi aveva anche un po’ infastidito da questo p d v”.<br />

A Venezia è contestato anche il delitto di cui all’articolo 479, e anche questo delitto è provato. A<br />

raccontato Venezia, che Aiello gli riferì di problemi originati dalla prefettura che aveva inviato alla<br />

struttura di Villa Santa Sofia che doveva procedere all’aggiudicazione di un importante appalto una<br />

nota in cui si paventavano tentativi di infiltrazione mafiosa proprio attraverso le società di Aiello.<br />

Lo stesso Venezia si propone, ci ha detto di incontrare Manenti per capire di cosa si trattava.<br />

Ovviamente era stato lo stesso Aiello ad essere informato da Manenti della nota della prefettura, ci<br />

dice Venezia. E Venezia individua il problema nella presenza dei sindaci della società di Aiello e di<br />

sindaci di altre società in odore di mafie. Ma quello che conta sono le nuove informazioni che aveva<br />

stimolato la prefettura e che poi a sua stessa firma rinvia alla prefettura. Sono note, con la firma di<br />

Venezia del 16/10/2003, inoltrate alla prefettura con le conclusioni che allo stato degli atti in<br />

possesso di questo ufficio non si rilavano elementi da cui poter desumere tentativi di infiltrazione<br />

mafiosa tendenti a condizionare scelte e indirizzi sulla società in questione. Nella stessa data la<br />

divisione polizia anticrimine, 16/10/2003, elabora un’altra nota protocollo 90-31-29 oggetto “Aiello<br />

234


Michele nulla osta sicurezza”. Il documento si conclude con la stessa dizione “alla luce di quanto<br />

sopra questo ufficio non rileva elementi ostativi per il rilascio di quanto in oggetto”.<br />

Ora, in quella data Venezia sapeva che c’era un’indagine su Aiello, che Aiello utilizzava dei<br />

telefoni particolari per non essere intercettato e anche secondo quanto ci ha riferito il 18/05/2006<br />

sapeva quanto meno che Aiello aveva avuto dei problemi con delle perquisizioni da parte del Nas.<br />

Senza dire delle anomalie di cui ci ha riferito il teste, dottor Marino, esaminato all’udienza del<br />

15/11/2005 sulle modalità anomale con le quali si è esercitata l’attività di Venezia in ordine al<br />

rilascio di queste certificazioni antimafia che è stato oggetto di attività ispettiva del ministero degli<br />

interni pure depositata in atti. E allora anche sulla base di questi elementi per Giacomo Venezia<br />

deve essere affermata la responsabilità penale.<br />

A noi rimangono poche battute conclusive, affidate al procuratore aggiunto.<br />

Richieste della pubblica accusa<br />

Pm, Giuseppe Pignatone<br />

Prendo la parola per poche battute conclusive, perché, ovviamente, arrivo dopo l’ampia e articolata<br />

esposizione fatta dai miei colleghi, che stata basata io credo su una rigorosa valutazione in fatto e in<br />

diritto delle risultanze processuali. In quest’intervento finale credo di potere ripartire dalla<br />

considerazione con cui abbiamo iniziato questa requisitoria. Questo processo ha continuato e<br />

continua ad essere definito nelle cronache giornalistiche come il “processo delle talpe”. Ma la<br />

definizione è riduttiva, perché in realtà esso ha per oggetto alcuni aspetti strategici e assolutamente<br />

vitali di Cosa nostra.<br />

Per prima cosa non va dimenticato che dello stesso reato di associazione per delinquere di tipo<br />

mafioso ascritto a Michele Aiello e a titolo di concorso a Giorgio Riolo e che viene in rilievo sotto<br />

il profilo della circostanza aggravante anche per la posizione di <strong>Salvatore</strong> Cuffaro rispondono altri<br />

soggetti, alcuni dei quali originariamente imputati in questo stesso procedimento, e che sono stati<br />

poi giudicati separatamente per la scelta di diversi riti processuali. Intendo alludere a N. Eucaliptus,<br />

a Leonardo Greco, a Gargano Antonino, a Matteo M. Denaro, già tutti condannati all’ergastolo in<br />

altri processi, a Guttadauro Giuseppe, a Guttadauro Filippo, Aragona <strong>Salvatore</strong>, condannati per<br />

associazione mafiosa e i primi due anche per estorsione pluriaggravata, a Giuffrè Antonino, a<br />

Brusca Giovanni, condannati all’ergastolo e poi collaboratori di giustizia. E intendo naturalmente<br />

fare riferimento prima di tutti a Provenzano B, questa è per così dire la faccia nascosta, ma non per<br />

questo meno reale e presente di questo processo.<br />

L’altra faccia, quella a cui si riferiscono le condotte a oggetto di contestazione e come abbiamo<br />

detto il primo giorno un coacervo di interessi illeciti di eccezionale rilevanza, anche economica e<br />

che hanno accomunato mafiosi, imprenditori, professionisti e appartenenti alle istituzioni, comprese<br />

quelle della rappresentanza politica. Del resto questo giudizio oramai consolidato è la specifica<br />

peculiarità di Cosa nostra e la ragione prima della sua pericolosità. Nella memoria che avevamo<br />

depositato all’udienza preliminare e che già è stata ricordata in altra occasione avevamo riportato a<br />

questo proposito le analisi compiute dal ‘77 in poi dalle diverse Comm. Parlm. Antimafia.<br />

Oggi mi limito a citare due passaggi brevissimi del 2001 e del 2002.<br />

Il primo, la relazione della 13ma legislatura del 2001 affermava storicamente “la capacità delle<br />

mafie di insidiare la vita democratica di un paese risiede nella connessione con i poteri economici e<br />

istituzionali attraverso la quale si raggiunge col tempo una massiccia penetrazione nel tessuto<br />

sociale”.<br />

La seconda, la relazione della 14ma leg nel 2002 aggiungeva “ogni mafia per vivere e proliferare<br />

non può non collegarsi alle istituzioni e ai suoi rappresentanti a qualsiasi livello e di qualsivoglia<br />

funzione. Diversamente non potrebbe svolgere i traffici illeciti o fare i propri affari”. Di questi<br />

interessi illeciti funzionali all’attività di Cosa nostra talvolta in forma diretta e talvolta in forma<br />

mediata ma non per questo meno pericolosa, l’epicentro è costuito in questo processo ovviamente<br />

da Michele Aiello.<br />

235


Aiello è per noi e per le ragioni che sono state ampiamente esposte un vero e proprio protagonista<br />

organico a Cosa nostra che svolge la sua attività imprenditoriale nel rispetto del patto di protezione<br />

contratto con l’organizzazione, ricevendone precisi vantaggi e adempiendo da parte precisi obblighi<br />

di assunzione di personale soprattutto di finanziamento. E questi finanziamenti a Cosa nostra<br />

diventano sempre più consistenti a mano a mano che Aiello riesca a costruire un vero e proprio<br />

impero economico, basato da un lato dalla realizzazione delle stradelle poderali e non<br />

dimentichiamo che come ci ha spiegato il ragionier D’Amico, per ogni stradella l’Aiello entrava in<br />

possesso di alcune decine di milioni di lire, in contanti fuori da ogni contabilità, per un insieme di<br />

alcuni miliardi. E dall’altro lato, ragionando sempre in vecchie lire, sull’attività sanitaria,<br />

certamente di eccellenza sotto il profilo qualitativo ma strapagata dalle casse regionali.<br />

Peggio ancora, quell’attività del sistema sanitario era fin nel profondo intrisa di liceità, una truffa di<br />

proporzioni colossali, 80 milioni di euro in poco più di due anni è la contestazione ai danni della<br />

Asl 6, realizzata con la complicità di funzionari compiacenti o corrotti. In questo senso si può dire<br />

che Aiello è un esempio emblematico della strategia mafiosa di inserimento diretto nel sistema<br />

produttivo siciliano, anche in settori di alto livello tecnologico che si può sintetizzare con le parole<br />

di Provenzano, riferite da Francesco Campanella “ora dobbiamo fare impresa”<br />

In questo senso si può dire che Aiello è un esempio emblematico … Ora dobbiamo fare impresa.<br />

Ma la data in cui Aiello aveva costruito il suo impero nel settore della sanità, la sua partecipazione a<br />

Cosa nostra durava già da molti anni, e si possono solo rimpiangere le occasioni perdute per la<br />

mancata comprensione e il tempestivo approfondimento del significato del pizzino rinvenuto e<br />

sequestrato a Toto Riina nel ‘93, e dei pizzini di B Provenzano consegnati da Luigi Ilardo (?) al<br />

colonnello Riccio nel ‘95. Ma vi è anche un'altra considerazione da fare, Michele Aiello è ancora un<br />

esempio emblematico di imprenditore che costituisce un tramite, attraverso il quale Cosa nostra<br />

riesce a intessere una rete di rapporti con altri settori della società e a creare così un sistema<br />

relazionale che consente a chi è mafioso di raggiungere chi mafioso non è, ma che, lungi dal<br />

mantenere le distanze, è disposto per ragioni di convenienza o per altri motivi ad accettare questa<br />

strana forma di dialogo. Tutto questo avviene nel caso di Riello, grazie anche a quella che è la<br />

peculiarità della sua posizione processuale e cioè la sua attività di acquisizione di notizie<br />

riservate,coperte dal segreto investigativo e relative ad alcune delle indagini più importanti<br />

nell’azione di contrasto a Cosa nostra. Anche su questo fronte, si potrebbe dire, nulla di nuovo. Già<br />

il rapporto Franchetti nella sua indagine sulla Sicilia del 1876 aveva evidenziato : “fra gli uffici di<br />

pubblica sicurezza, gli stessi uffici giudiziari, da un lat,o e il pubblico, dall’altro, da una corrente di<br />

relazioni continue e misteriose contro le quali è vano il segreto più rigoroso”. Aveva detto ancora,<br />

“nelle carceri esiste una comunicazione continua fra i carcerati e quelli di fuori , per concludere,<br />

amaramente, che la segretezza delle istruzioni penali non esiste che di nome, pur essendo essa<br />

indispensabile in Sicilia, più che altrove”. E però credo io che mai come in questo processo il<br />

fenomeno della fuga di notizie sia stato accertato in modo così eclatante per numero e gravità dei<br />

casi. Un panorama desolante di sistematico tradimento, come abbiamo detto e ripetiamo,del<br />

giuramento che ogni servitore dello stato fa all’inizio della sua attività. Le indagini delle fughe di<br />

notizie, sul procedimento a carico dello stesso Aiello, sono state infatti come vi hanno illustrato in<br />

miei colleghi il punto di partenza per accertare una sistematica rivelazione di notizie sulle indagini<br />

del Ros dei Cc, ma anche di altre forze di polizia,volta alla cattura di B Provenzano e nei primi<br />

anni anche di Matteo M Denaro. È stato fatto un tentativo di ridurre le notizie che Aiello riceveva<br />

da Ciuro, da Borzacchelli, dalla Butitta da Carcione e soprattutto da Riolo a chiacchere da bar, a<br />

inoffensivo passatempo fra amici. Il tentavo è stato fatto fuori dal processo, e questo non è oggetto<br />

di analisi in questa sede, ma sennai altrove. Ma lo stesso tentativo è stato fatto nel processo, con<br />

particolare abilità e lucidità dall’imputato Aielloche ha ritrattato tutte le specifiche e articolate<br />

ammissioni che aveva fatto nella fase delle indagini e che gli sono state puntualmente contestate,<br />

mentre Riolo ha, se pur a fatica, sostanzialmente confermato le sue dichiarazioni. Questo tentativo<br />

non è - a nostro giudizio - riuscito e siamo convinti di averne dimostrato l’infondatezza e la<br />

236


strumentalità. Del resto alla rivelazione della notizia è anche seguito il sabotaggio delle indagini.<br />

Addirittura eclatante è la sequenza che vi è stata illustrata nel dettaglio costituita dalla rivelazione<br />

che Riolo fa ad Aiello dell’intercettazione nell’auto di Eucaliptus <strong>Salvatore</strong>, dalla immediata<br />

cessazione delle conversazioni utili e dalla successiva rimozione della microspia. Le sistematiche<br />

rivelazioni delle notizie hanno così vanificato anni e anni di indagini e senza voler adoperare<br />

argomenti suggestivi e però un fatto dimostrato anche questo nel processo, che è solo dopo l’inzio<br />

del 2004 cioè dopo l’arrestoo di Aiello, Ciura e Rioloe la neutralizzazione di quella che era una<br />

vera attività di intelligence a favore di Cosa nostra, che l’indagine sul latitante Provenzano dà i suoi<br />

migliori risultati. E vengono raccolti finalmente anche dal Ros importantissimi elementi di prova,<br />

che consentono con l’operazione cosiddetta “grande mandamento” di fare terra bruciata, già a<br />

gennaio 2005, intorno al latitante, di ricostruire i suoi viaggi in Francia, di distruggere la sua rete di<br />

protezione fra Ficarrazzi, Bagheria e Villabate e infine di arrestare il capo di Cosa nostra, poco più<br />

dell’anno dopo, l’ 11 aprile a Corleone. Ma non c’è solo questo, le indagini su Aiello scaturite dalle<br />

dichiarazioni di Antonino Giuffrè , culminate nella scoperta della rete riservata e nelle successive<br />

ammissioni fatte da Riolo hanno consentito di provare la responsabilità di Cuffaro, Riolo, e<br />

Borzacchelli, oltre che di Miceli Domenico e <strong>Salvatore</strong> Aragona giudicati in altri provvedimenti<br />

nelle rivelazioni di notizie che nel giugno del 2001 aveva portato al rinvenimento delle microspia<br />

collocata dal Ros a casa di G Guttadauro e alla conseguente interruzione del flusso di informazioni<br />

che aveva costituito la parte essenziale dell’indagine cosiddetta “ghiaccio”. Non è nemmeno il caso<br />

di ripetere ancora una volta la gravità del danno arrecato a una delle indagini più importanti di Cosa<br />

nostra e di sottolineare la particolare gravità della condotta di <strong>Salvatore</strong> Cuffaro, che proprio in quei<br />

giorni veniva eletto presidente della Regione di cui era da molti anni esponente autorevole e che<br />

faceva eleggere all’assemblea l’allora maresciallo dei Carabinieri Antonio Borzacchelli, segnalato e<br />

sostenuto dagli amici di Bagheria, proprio perché come ci ha detto Francesco Campanella: “ci<br />

protegge dalle indagini”.<br />

Resta anche in questo caso il rammarico che le intercettazioni delle utenze telefoniche di Domenico<br />

Miceli siano state richieste e disposte rispettivamente solo il 6 e il 7 giugno 2001, nonostante i<br />

carabinieri del Ros avessero già riferito con nota dell’8 maggio il contento delle conversazioni<br />

intercettate a casa di Guttadauro, fra lo stesso Guttadauro , Vincenzo Greco , <strong>Salvatore</strong> Aragona e<br />

D. Miceli e che avevano ad oggetto fra l’altro le imminenti elezioni regionali e i contatti con<br />

l’avvocato Briola e con l’onorevole Cuffaro.<br />

Le intercettazioni telefoniche su Miceli ebbero dunque inizio solo pochi giorni prima dell’allarme<br />

dato il 12/06/2001 dallo stesso Miceli ad Aragona e furono poi ben presto interrotte perchè<br />

naturalmente risultavano del tutto inutili.<br />

Da ultimo una considerazione, che ha per oggetto anche il comportamento processuale degli<br />

imputati, ovviamente del tutto legittimo, ma da valutre ai sensi dell’art 133 del codice penale sulle<br />

rivelazioni poste in essere a partire dal dicembre 2002 e relative ai procedimento a carico dello<br />

stesso Aiello. Sono le ultime queste rivelazioni in senso cronologico, ma sono le prime dal punto di<br />

vista dello sviluppo delle indagini perché come abbiamo visto la scoperta della rete riservata è stata<br />

il punto di partenza che ha consentito la ricostruzione a ritroso di tutte le altre rivelazioni notizie di<br />

questo processo.<br />

Va detto a questo proposito proprio per quel rigore nella valutazione delle risultanze processuali e<br />

che noi ci siamo ripromessi che non è stato possibile ricostruire l’intera catena degli autori delle<br />

rivelazioni. In particolar non è stato possibile per l’atteggiamento processuale assolutamente<br />

negativo pur se in forme diverse degli imputati Carcione Aiello e Cuffaro, accertare se vi era una<br />

fonte in procura e in caso affermativo chi era, e non è stato possibile accertare chi fosse, a parte<br />

oltre Borzacchelli, la fonte che ha rivelato a <strong>Salvatore</strong> Cuffaro l’esistenza dell’attività di indagine e<br />

di intercettazione a carico di Ciuro e Riolo e chi era quella persona in diretto collegamento con<br />

Roma, testuale dalla telefonata, con cui il Cuffaro aveva commentato l’andamento delle indagini<br />

come risulta appunto dalla telefonata delle 20:14 del 31/10/2003 con cui Aiello ha informato Aldo<br />

Carcionedell’esito del suo colloquio col presidente della regione nel negozio di abbigliamento di<br />

237


Bagheria. Pur tuttavia vi è a questo proposito un aspetto paradossale che va sottolineato. Le<br />

rivelazioni delle notizie sulle dichiarazioni di Giuffrè hanno certamente pregiudicato al prima fase<br />

delle indagini su Aiello, vanificando in particolare, vi è stato ampiamente dimostrato, l’attività di<br />

intercettazione fino all’estate 2003, cioè fino al momento in cui magistrati e carabinieri hanno<br />

adottato misure straordinarie di secretazione e di cautela che hanno neutralizzato l’azione delle talpe<br />

romane o palermitane che fossero tanto che ancora la sera del 4/11/2003, poche ora prima del suo<br />

arresto, Ciuro poteva dire, parlando con una collega della Dia: “allora posso andare a mangiare<br />

tranquillo, per stasera non ci arrestano”. E proprio sulla rete riservata sono state intercettate<br />

telefonate che gli imputati altrimenti non avrebbero mai fatto e che insieme alle dichiarazioni di<br />

Giuffrè e degli altri collaboratori di giustizia al lavoro di indagine insieme meticoloso e brillante dei<br />

carabinieri e tutte alle altre prove che sono state acquisite nel dibattimento, ci hanno consentito di<br />

ricostruire come abbiamo detto all’inizio di questa requisitoria una fotografia di rara nitidezza e di<br />

altrettanto rara concretezza del particolar fenomeno criminale che viene comunemente indicato con<br />

l’espressione intreccio mafia-politica-affari-coperture istituzionali.<br />

Per questi motivi, conclusivamente, chiediamo che sia affermata la penale responsabilità di tutti gli<br />

imputati, nonché delle società, società diagnostica per immagini Villa santa Teresa,e società Atm<br />

alta tecnologia medicale srl per il reati loro ascritti; con l’esclusione dalle condotte contestare per<br />

Aiello Michele del capo A della raccolta di informazione di pubblici ufficiali concernenti la<br />

collocazione da parte di Riolo Giorgio di microspie presso la casa circondariale di Ascoli Piceno<br />

finalizzata all’intercettazione dei colloqui periodici effettuati da Guttadauo Giuseppe dopo il suo<br />

arresto (interruzione Presidente che gli dice che le allegherà tutte a verbale); le attività di<br />

intercettazione svolte dal Ros nei confronti di Lombardo Giuseppe all’epoca detenuto presso il<br />

centro clinico di Pisa; l’esistenza e il contenuto delle dichiarazioni rese in fase di indagini<br />

preliminari dal collaboratore di giustizia Barbagallo <strong>Salvatore</strong> relative allo stesso Aiello; con<br />

esclusione altresì dalle condotte contestate da Riolo Giorgio al capo C dell’avere fornito<br />

informazioni ricoperte da segreto informativo relativo alla collocazione da parte dello stesso Riolo<br />

Giorgio di microspie presso la casa circondariale di Ascoli Piceno, dall’attività di intercettazione<br />

svolta dal Ros nei confronti di Lombardo Giuseppe, alle indagini condotte dal Nas dei carabinieri<br />

avente ad oggetto l’attività le società di Aiello nel settore della sanità.<br />

Esclusa dalla condotta per M Aiello e Riolo G al capo G la rivelazione dei segreti concernenti<br />

queste stesse condotte. Appare altresì evidente che stante l’unicità del disegno criminoso debbono<br />

essere unificati sotto il vincolo della continuazione i reati contestati in questo stesso processo ad<br />

Aiello Michele, a Riolo Giorgio, a Butitta Giuseppa Antonella, Venezia Giacomo, Gianbruno<br />

Michele, Oliveri Domenico, Iannì Lorenzo e Cuffaro <strong>Salvatore</strong>. Valutati gli elementi di cui<br />

all’articolo 133 cod pen. tenuto conto della continuazione così ritenuta concesse le attenuanti<br />

generiche a Rotondo Roberto, applicata la diminuente per richiesta di rito abbreviato formulata<br />

all’udienza preliminare dall’imputato Riolo Giorgio si chiede che sia pronunciata la condanna nei<br />

seguenti termini:<br />

per Aiello Michele alla pena di anni 18 di reclusione;<br />

per Riolo Giorgio alla pena di anni 9 di reclusione,<br />

per Carcione Aldo alla pena di anni 5 di reclusione,<br />

per ButittaGiuseppa Antonella alla pena di anni 4 e mesi 6 di reclusione,<br />

per Rotondo Roberto alla pena di anno 1 mesi 4 di reclusione,<br />

per Cuffaro <strong>Salvatore</strong> alla pena di anni 8 di reclusione,<br />

per Venezia Giacomo alla pena di anni 3 mesi 6<br />

di reclusione,<br />

per Gianbruno Michele alla pena di anni 5 di reclusione ed euro 1000 di multa,<br />

Oliveri Domenico alla pena di anni 4 mesi 6 di reclusione ed euro 1000 di multa ,<br />

Iannì Lorenzo alla pena di anni 5 di reclusione ed euro 1000 di multa,<br />

Prestigiacomo <strong>Salvatore</strong> alla pena di mesi 9 di reclusione,<br />

238


La Barbera Adriana alla pena di anni 2 di reclusione,<br />

Laciura Angelo alla pena di anni 2 di reclusione,<br />

per la società diagnostica per immagini, Villa s<br />

Teresa, alla sanzione pecuniaria di euro un<br />

milione e 549 mila,<br />

per la società Atm alte tecnologie medicali srl alla sanzione pecuniaria di euro 1 milione<br />

con ogni consequenziale estradizione e pene accessorie, alle spese del processo e a quelle di<br />

mantenimento in carcere durante la custodia cautelare.<br />

Si chiede infine che sia dispostala confisca di quanto in giudiziale sequestro. Grazie<br />

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