profili particolari della disciplina dei rapporti con l'estero - Ipsoa
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INDICE<br />
Profili <strong>particolari</strong> <strong>della</strong> <strong>disciplina</strong> <strong>dei</strong> <strong>rapporti</strong> <strong>con</strong> l’estero:<br />
aggiornamenti e novità<br />
a cura dello studio Sirri-Gavelli-Zavatta & Associati ......................<br />
3<br />
pag. 5<br />
Territorialità delle prestazioni di servizi................................................ pag. 7<br />
Cessioni intracomunitarie………………………………………………………….…………………… pag. 47<br />
Esportazioni nella normativa IVA………………………………………….………………..……. pag. 57<br />
Dichiarazione annuale e novità Iva 2009<br />
a cura di Franco Ricca……………………………………………………………..<br />
pag. 83<br />
Iva per cassa e le altre novità del D.L. 185/2008……………………………………….. pag. 85<br />
Detrazione Iva sulla spese alberghiere e di ristorazione……………………………. pag. 93<br />
Detrazioni Iva <strong>dei</strong> costi <strong>dei</strong> veicoli………………………………………………………………… pag. 101<br />
Prestazioni per intermediazione……………………………………….………………………….. pag. 111<br />
Principali novità <strong>della</strong> dichiarazione Iva 2009………………………………………………. pag. 119<br />
Rimborso annuale dell’Iva…………………………………………………………………………….. pag. 127<br />
Novità IVA a cura di Antonio Gigliotti……………………………………….<br />
pag. 173<br />
E’ ravvedibile anche l’omesso o insufficiente versamento Irap…………………… pag. 175<br />
Ravvedimento: il rischio per gli ac<strong>con</strong>ti……………………………………………………….. pag. 179<br />
Superamento del plafond Iva……………………………………………………………………….. pag. 183<br />
Depositi Iva: aspetti <strong>con</strong>tabili……………………………………………………………………… pag. 207<br />
Iva servizi promozionali: chiarimenti <strong>della</strong> Risoluzione n°36/E/2008……….<br />
Iva di gruppo: nelle liquidazioni di gruppo esclusi i crediti delle società<br />
neo- entranti…………………………………………………………………………………………………..<br />
pag. 221<br />
pag. 241<br />
Rimborso imposte: differenza tra Iva e imposte sui redditi………………………. pag. 249<br />
D.L. 185/2008: Ravvedimento per errata compensazione <strong>dei</strong> crediti<br />
“inesistenti”…………………………………………………………………………………………………….<br />
pag. 253<br />
Partita Iva non residenti……………………………………………………………………………….. pag. 261<br />
Territorialità Iva per i <strong>con</strong>vegni all’estero…………………………………………………….. pag. 265<br />
Niente IVA per immobili in leasing apportati in fondi chiusi………………………… pag. 269<br />
Cessione gratuita di omaggi a clienti extra CEE…………………………………………… pag. 271<br />
Dichiarazione Iva 2009………………………………………………………………………………….. pag. 275
PROFILI PARTICOLARI<br />
DELLA DISCIPLINA<br />
DEI RAPPORTI CON L’ESTERO:<br />
AGGIORNAMENTI E NOVITÀ<br />
A cura dello Studio Sirri-Gavelli-Zavatta & Associati<br />
5
TERRITORIALITA’ DELLE PRESTAZIONI DI SERVIZI<br />
La <strong>disciplina</strong> comunitaria, in tema di territorialità delle prestazioni di servizi, era<br />
rappresentata dall’art. 9 <strong>della</strong> VI Direttiva 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE “in<br />
materia di armonizzazione delle legislazioni degli stati membri relative alle<br />
imposte sulla cifra di affari – sistema comune di imposta sul valore aggiunto:<br />
base imponibile uniforme”. L’impianto normativo delineato nel sopra citato art. 9<br />
si fondava sulla definizione di un criterio generale, indicato nel primo paragrafo,<br />
e nella previsione di specifiche fattispecie derogatorie a tale criterio nei due<br />
successivi paragrafi.<br />
Quanto al criterio generale, applicabile a tutte le prestazioni di servizi che non<br />
formano oggetto delle predette deroghe, lo stesso si identificava in quello che,<br />
per brevità, si potrebbe definire come criterio <strong>della</strong> “residenza” del prestatore del<br />
servizio (al riguardo, si deve segnalare che, a far data dal 1° gennaio 2010, <strong>con</strong><br />
l’entrata in vigore <strong>della</strong> Direttiva n. 2008/8/CE del 12 febbraio 2008, il criterio<br />
generale di territorialità delle prestazioni di servizi diventa, per le operazioni fra<br />
operatori e<strong>con</strong>omici, quello <strong>della</strong> residenza del committente; al lato pratico,<br />
tuttavia, <strong>con</strong>siderata la frequenza delle ipotesi di deroga al suddetto principio, la<br />
modifica non fa che adattare la norma alle regole applicate alla maggioranza<br />
delle ipotesi <strong>con</strong>cretamente verificabili).<br />
Per quanto <strong>con</strong>cerne le deroghe, le stesse si differenziavano notevolmente a<br />
se<strong>con</strong>da delle singole tipologie di servizi cui si riferivano. I criteri riguardanti la<br />
territorialità delle prestazioni di servizi sono stati successivamente “rivisitati” in<br />
sede comunitaria per effetto <strong>della</strong> Direttiva 16 dicembre 1991, n. 91/680/CEE,<br />
<strong>con</strong> la quale è stato inserito nell’originaria VI Direttiva il titolo XVI bis, relativo al<br />
“Regime transitorio di tassazione degli scambi tra Stati membri”, e gli articoli da<br />
28 bis a 28 quaterdecies riguardanti il regime transitorio di tassazione degli<br />
scambi intracomunitari. In particolare, è stata <strong>disciplina</strong>ta autonomamente la<br />
territorialità di alcune specifiche prestazioni di servizi; più specificamente, si<br />
tratta delle prestazioni di servizi di trasporto intracomunitario, delle prestazioni<br />
di servizi accessorie a prestazioni di servizi di trasporto intracomunitario di beni e<br />
delle prestazioni di servizi effettuate da intermediari.<br />
L’elenco delle prestazioni di servizi, si è successivamente arricchito di un’ulteriore<br />
fattispecie, riguardante le prestazioni di servizi su beni mobili, introdotta per<br />
7
Art. 7 del D.P.R.<br />
n. 633/1972<br />
effetto <strong>della</strong> Direttiva comunitaria del 5 aprile 1995, n. 95/7/CE. Tutte le<br />
prestazioni di servizi sopra citate sono state <strong>disciplina</strong>te dalla normativa interna<br />
nell’art. 40, commi da 4 bis a 9, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, <strong>con</strong>vertito dalla<br />
legge 29 ottobre 1993, n. 427.<br />
Con la Direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE, relativa al<br />
sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, il legislatore comunitario,<br />
<strong>con</strong>siderate le numerose e sostanziali modificazioni subite nel tempo dalla VI<br />
Direttiva n. 77/388/CEE e <strong>della</strong> copiosa normativa integrativa emanata, ha<br />
provveduto, per ragioni di chiarezza e di razionalizzazione, alla “rifusione” delle<br />
relative disposizioni.<br />
La Direttiva “rifusa”, che ha comportato l’abrogazione <strong>della</strong> sopra citata VI<br />
Direttiva, è entrata in vigore, ai sensi dell’art. 413, dal 1° gennaio 2007. Al<br />
riguardo, è opportuno sottolineare come la Direttiva n. 2006/112/CE non abbia<br />
di fatto comportato delle innovazioni e modifiche sostanziali, <strong>con</strong>tenute in un<br />
numero ridottissimo, limitandosi, in linea generale, a riscrivere ed accorpare in<br />
modo più efficace ed omogeneo il tessuto normativo già esistente. Proprio in tale<br />
ottica, nel 66° “<strong>con</strong>siderando” <strong>della</strong> Direttiva “rifusa”, viene specificato che<br />
“l’obbligo di attuare la presente direttiva nel diritto nazionale dovrebbe essere<br />
limitato alle disposizioni che costituis<strong>con</strong>o modificazioni sostanziali delle direttive<br />
precedenti. L’obbligo d’attuazione delle disposizioni rimaste immutate nella<br />
sostanza deriva dalle direttive precedenti”.<br />
Quanto alle modifiche sostanziali, l’art. 412 <strong>della</strong> Direttiva n. 2006/112/CE<br />
stabilisce che gli Stati membri dovranno <strong>con</strong>formarsi alle disposizioni<br />
effettivamente innovate, espressamente indicate nello stesso articolo, <strong>con</strong> effetto<br />
dal 1° gennaio 2008.<br />
Con riguardo alla territorialità delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi,<br />
si evidenzia che l’unica novità è relativa alle prestazioni di servizi effettuate da<br />
intermediari, di cui all’art. 44, rimanendo sostanzialmente inalterato l’impianto<br />
normativo complessivo e, quanto ai servizi, rimanendo <strong>con</strong>fermata la struttura<br />
basata sul criterio generale e le relative deroghe per specifiche tipologie di<br />
prestazioni.<br />
L’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972 regola, nell’ambito <strong>della</strong> normativa interna, la<br />
territorialità delle operazioni ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, dettando i<br />
8
Autofattura nei<br />
<strong>rapporti</strong> <strong>con</strong> i<br />
soggetti non<br />
residenti<br />
criteri in base ai quali una cessione di beni od una prestazione di servizi deve<br />
<strong>con</strong>siderarsi effettuata nel territorio dello Stato e, quindi, rilevante ai fini IVA. Ai<br />
sensi dell’art. 1, del D.P.R. n. 633/1972, infatti, oltre ai requisiti soggettivo<br />
(esercizio di imprese o arti e professioni) ed oggettivo (cessioni di beni o<br />
prestazioni di servizi), deve essere verificato anche il requisito “territoriale” per<br />
stabilire l’assoggettamento o meno di una determinata operazione al regime IVA.<br />
Da ciò, discendono <strong>con</strong>seguenze di assoluto rilievo. Qualora, infatti, pur in<br />
presenza <strong>dei</strong> requisiti soggettivo ed oggettivo, l’operazione non sia <strong>con</strong>siderata<br />
effettuata nel territorio dello Stato, viene a mancare un presupposto necessario<br />
ai fini dell’assoggettamento al tributo e l’operazione stessa si <strong>con</strong>figura al di fuori<br />
del sistema applicativo dell’IVA risultando, pertanto, irrilevante ai fini <strong>dei</strong> relativi<br />
adempimenti <strong>con</strong>tabili, documentali e dichiarativi.<br />
L’operazione stessa può, quindi, essere <strong>con</strong>tabilizzata esclusivamente in<br />
<strong>con</strong>tabilità generale, senza alcun adempimento ai fini IVA.<br />
Tale principio, limitandosi alle prestazioni di servizi, è stato più volte affermato in<br />
via interpretativa dal Ministero delle finanze, del quale si citano, a titolo<br />
esemplificativo, i seguenti interventi su fattispecie specifiche: R.M. n. 470096 del<br />
30.07.1990, in tema di prestazioni pubblicitarie; R.M. n. 391055 del 21.04.1983<br />
ed R.M. n. 465228 del 18.03.1992, in tema di prestazioni di <strong>con</strong>sulenza legale;<br />
R.M. n. 411681 del 07.07.1980 ed R.M. n. 416653 del 31.12.1986, in tema di<br />
prestazioni rese da intermediari di commercio.<br />
Qualora, invece, la prestazione di servizi sia effettuata nel territorio dello Stato<br />
da un operatore e<strong>con</strong>omico non residente, il quale non ha nel territorio stesso<br />
una stabile organizzazione o un rappresentante fiscale, né si è ivi identificato<br />
direttamente ai sensi dell’art. 35 ter del D.P.R. n. 633/1972 (se si tratta di<br />
operatore comunitario), sarà obbligo del committente residente, utilizzatore del<br />
servizio nell’esercizio di imprese, arti o professioni, adempiere agli obblighi<br />
<strong>con</strong>tabili ed amministrativi ai fini IVA.<br />
Il soggetto residente dovrà, quindi, procedere all’emissione dell’“autofattura”.<br />
Nel caso in cui le cessioni di beni od i servizi prestati dal soggetto non residente<br />
si <strong>con</strong>siderino effettuati nel territorio dello Stato ai sensi <strong>della</strong> normativa IVA di<br />
cui all’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972, e tale soggetto non disponga in Italia di una<br />
stabile organizzazione nè di un rappresentante fiscale e non si sia ivi identificato<br />
9
direttamente, l’operatore e<strong>con</strong>omico residente che ha acquistato i beni o ricevuto<br />
la prestazione dovrà emettere il documento “autofattura”.<br />
Se<strong>con</strong>do quanto stabilito dall’art. 17, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, infatti,<br />
gli obblighi relativi a tali operazioni effettuate nel territorio dello Stato da<br />
soggetti residenti all’estero “devono essere adempiuti dai cessionari o<br />
committenti che acquistino i beni o utilizzino i servizi nell’esercizio di imprese,<br />
arti o professioni”.<br />
L’autofattura deve quindi essere emessa dall’operatore e<strong>con</strong>omico residente che<br />
riceve la prestazione di servizi in unico esemplare, in ossequio a quanto<br />
espressamente stabilito dall’art. 21, comma 5, del D.P.R. n. 633/1972.<br />
L’autofattura è una fattura a tutti gli effetti Iva e la sua emissione in unico<br />
esemplare è dovuta semplicemente al fatto che il soggetto residente emittente<br />
non deve inviarne una copia al fornitore estero. L’autofattura assolve, in effetti,<br />
ad una funzione particolare, che è quella di rendere rilevante ai fini dell’imposta<br />
la prestazione di servizi (o la cessione di beni) effettuata nel territorio dello Stato<br />
ed è emessa in unico esemplare per <strong>con</strong>sentire all’operatore e<strong>con</strong>omico residente<br />
di rendersi debitore nei <strong>con</strong>fronti dell’Erario per l’IVA relativa all’operazione<br />
imponibile; nello stesso tempo, per ottenere la piena neutralità dell’imposta, il<br />
documento, oltre che nel registro IVA delle vendite, dovrà essere annotato anche<br />
nel registro degli acquisti, così da permettere l’esercizio del diritto di detrazione<br />
(se spettante).<br />
In virtù di tale meccanismo, il soggetto residente accredita ed addebita<br />
<strong>con</strong>temporaneamente l’importo dell’IVA, rimanendo di fatto neutrale la sua<br />
posizione complessiva nei <strong>con</strong>fronti dell’Erario (qualora si tratti di IVA detraibile<br />
sugli acquisti).<br />
L’autofattura, proprio perché è una normale fattura interna finalizzata<br />
<strong>con</strong>tabilmente all’adempimento degli obblighi formali imposti dalla legislazione<br />
Iva, deve essere emessa, sempre in un unico esemplare, anche in presenza di<br />
prestazioni di servizi non imponibili od esenti, non essendo limitata<br />
esclusivamente alla formalizzazione di operazioni imponibili ai fini del tributo.<br />
In tali ipotesi, l’autofattura recherà l’indicazione <strong>della</strong> norma del decreto IVA che<br />
prevede la non imponibilità (es.: art. 9, per i servizi internazionali) o l’esenzione<br />
da imposta (art. 10) dell’operazione.<br />
In sostanza, l’autofattura segue le medesime regole dell’operazione e<strong>con</strong>omica<br />
cui si riferisce (prestazione di servizi o cessione di beni) e, <strong>con</strong>seguentemente,<br />
10
può essere emessa a fronte di operazioni imponibili, ed in questo caso recherà<br />
l’addebito dell’IVA, non imponibili od esenti, avendo semplicemente la funzione<br />
di sostituire la fattura che dovrebbe essere emessa, in <strong>con</strong>dizioni normali, dal<br />
soggetto che effettua l’operazione stessa.<br />
L’obbligo di emissione dell’autofattura anche in presenza di operazioni non<br />
imponibili è stato più volte sottolineato dallo stesso Ministero delle finanze.<br />
Al riguardo, si possono citare le risoluzioni n. 425079 del 27 marzo 1984 e n.<br />
427246 del 3 ottobre 1985, emesse in tema di servizi di trasporto internazionali<br />
eseguiti da soggetti non residenti senza stabile organizzazione nel territorio dello<br />
Stato, <strong>con</strong> le quali l’Amministrazione finanziaria ha affermato che, per la tratta<br />
effettuata in Italia, gli adempimenti <strong>con</strong>tabili di fatturazione e registrazione<br />
devono essere osservati dal soggetto e<strong>con</strong>omico committente nazionale<br />
mediante emissione di autofattura per l’importo non imponibile.<br />
Quanto al momento di emissione dell’autofattura, trattandosi di una normale<br />
fattura, pur <strong>con</strong> le sue <strong>particolari</strong>tà, l’emissione dell’autofattura segue i criteri<br />
generali di cui all’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972.<br />
In presenza di prestazioni di servizi, pertanto, l’autofattura dovrà essere emessa<br />
al momento del pagamento del corrispettivo, <strong>con</strong>siderato che questo è il<br />
momento di effettuazione dell’operazione se<strong>con</strong>do la regola generale di cui<br />
all’art. 6, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972.<br />
L’ autofattura va dunque emessa <strong>con</strong> la data del giorno di pagamento ed<br />
utilizzando il cambio di tale giorno per gli acquisti espressi in valuta estera,<br />
facendo così riferimento al cambio del giorno in cui è stata effettuata<br />
l’operazione ai sensi dell’art. 14, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972.<br />
11
Schema di autofattura per servizi<br />
pubblicitari utilizzati in Francia<br />
_______________________________________________________________<br />
Dati identificativi <strong>della</strong> società italiana<br />
che emette l’autofattura<br />
Codice fiscale e partita Iva n.................<br />
Luogo e data, __________________<br />
Numero ....... fatture di vendita<br />
Numero ........protocollo acquisti<br />
AUTOFATTURA emessa ai sensi degli artt. 17, comma 3 e 21, comma 5, del D.P.R.<br />
n. 633/1972, per servizi pubblicitari utilizzati in Francia, <strong>con</strong>siderati effettuati nel<br />
territorio dello Stato ai sensi dell’art, 7, comma 4, lett. d), del D.P.R. n.<br />
633/1972, resi dalla società estera (non avente in Italia né una stabile<br />
organizzazione, nè un rappresentante fiscale nominato ai fini IVA, e priva di<br />
identificazione diretta)<br />
_______________________<br />
(dati identificativi <strong>della</strong><br />
Società francese)<br />
Competenze fatturate in Euro<br />
pagate in data odierna (__________) €<br />
___________________<br />
per un imponibile IVA complessivo di €<br />
IVA 20% €<br />
12
Violazioni<br />
relative agli<br />
obblighi di auto<br />
fatturazione<br />
In virtù delle eccezioni al criterio generale di cui al terzo comma, previste dal<br />
successivo quarto comma dello stesso art. 6, inoltre, l’autofattura dovrà essere<br />
emessa al momento del pagamento di eventuali ac<strong>con</strong>ti e potrà essere emessa<br />
anche in un momento precedente a qualsiasi pagamento ed indipendentemente<br />
da esso, come avviene usualmente nei casi di fatturazione anticipata (cosiddetta<br />
“prefatturazione”).<br />
Nel caso di fatturazione anticipata, l’operazione si <strong>con</strong>sidera effettuata,<br />
limitatamente all’importo fatturato, alla data <strong>della</strong> fattura, se<strong>con</strong>do quanto<br />
stabilito dall’art. 6, comma 4, del D.P.R. n. 633/1972.<br />
L’autofattura, recante l’imponibile integrato <strong>con</strong> l’indicazione dell’IVA relativa,<br />
applicata <strong>con</strong> l’aliquota prevista dalla normativa interna, oppure annotata <strong>con</strong> il<br />
titolo di non imponibilità od esenzione, deve essere numerata seguendo la stessa<br />
numerazione progressiva delle fatture emesse, e, <strong>con</strong>temporaneamente, deve<br />
riportare anche il numero di protocollo degli acquisti.<br />
Tale doppia numerazione si rende necessaria in quanto, come già precisato,<br />
l’autofattura deve essere annotata sia nel registro Iva delle vendite, sia nel<br />
registro IVA degli acquisti; in questo modo, viene di fatto attuato il meccanismo<br />
che rende neutrale, in linea generale, per l’operatore e<strong>con</strong>omico l’impatto<br />
dell’IVA.<br />
Sulla base dell’orientamento <strong>con</strong>tenuto nella nota ministeriale n. 1998/91003 del<br />
24 luglio 1998 e nella C.M. n. 23/E del 25 gennaio 1999, le violazioni agli<br />
obblighi relativi all’emissione dell’autofattura di cui all’art. 17 del D.P.R. n.<br />
633/1972, sono punite a norma dell’art. 6 del D.lgs. n. 471 del 18 dicembre<br />
1997.<br />
Tale disposizione prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa<br />
compresa fra il 100 ed il 200% dell’imposta relativa all’imponibile non<br />
correttamente documentato o registrato, che si rende dovuta, sulla scorta delle<br />
precisazioni ministeriali, anche per la mancata emissione del documento relativo<br />
ad acquisti da non residenti.<br />
Più specificamente, la citata C.M. n. 23/E del 1999, ha sottolineato che “a<br />
proposito dell’obbligo di fatturazione relativo agli acquisti effettuati da non<br />
residenti o da agricoltori esonerati, è da ricordare che l’art. 41, quinto comma,<br />
del decreto IVA (abrogato dal D.lgs. n. 471/1997) prevedeva l’applicazione <strong>della</strong><br />
sola pena pecuniaria di carattere residuale da lire trecentomila (ora euro 154) a<br />
lire unmilioneduecentomila (ora euro 619) se le violazioni di tale obbligo non<br />
13
Disciplina <strong>dei</strong><br />
servizi<br />
“intracomunitari”<br />
avessero dato luogo a variazioni nelle risultanze delle liquidazioni periodiche o in<br />
sede di dichiarazione annuale. Poiché tale previsione non è stata riproposta, le<br />
infrazioni <strong>della</strong> specie commesse dopo il 1° aprile 1998 sono da assoggettare,<br />
comunque, alla misura proporzionale dal cento al duecento per cento<br />
dell’imposta relativa ai corrispettivi non documentati. La previsione di cui all’art.<br />
41, quinto comma, è applicabile invece, in quanto più favorevole, alle violazioni<br />
commesse fino al 31 marzo 1998”.<br />
Il regime sanzionatorio dell’art. 6 del D.lgs. n. 471/1998 si <strong>con</strong>figura<br />
maggiormente penalizzante rispetto a quello dell’abrogato art. 41 del decreto<br />
IVA, in base al quale, qualora la violazione non avesse comportato variazioni<br />
nelle risultanze delle liquidazioni periodiche o in sede di dichiarazione annuale, si<br />
rendeva applicabile esclusivamente la sanzione in misura fissa (da € 154 ad €<br />
619) di cui all’art. 47, comma 1, n. 3, del D.P.R. n. 633/1972.<br />
L’attuale disposizione, invece, non reca più alcuna distinzione fra violazioni che<br />
determinano un effettivo danno per l’erario (come è nel caso in cui l’operatore<br />
nazionale non soffre di alcuna limitazione né oggettiva, né soggettiva, in<br />
relazione all’acquisto non autofatturato) e violazioni che, invece, non comportano<br />
perdite di gettito (perché l’imposta a debito corrisponde esattamente all’importo<br />
detraibile).<br />
Sulla base delle indicazioni di fonte ufficiale, inoltre (il riferimento è, ancora, alla<br />
nota n. 1998/91003 ed alla C.M. n. 23/E del 1999), sono sanzionate, a norma<br />
dell’art. 6, comma 2, del D.lgs. n. 471/1997, anche le violazioni agli obblighi di<br />
auto fatturazione di operazioni non imponibili. La sanzione va dal 5 a 10%<br />
dell’imponibile non documentato (a meno che la violazione non rilevi neppure ai<br />
fini <strong>della</strong> determinazione del reddito; in questa ipotesi, si applica la sanzione da €<br />
258 ad € 2.065).<br />
Come meglio si vedrà in seguito, il legislatore nazionale ha recepito nella<br />
normativa interna la <strong>disciplina</strong> IVA in materia di territorialità delle prestazioni di<br />
servizi originariamente <strong>con</strong>tenuta nell’art. 9 <strong>della</strong> VI Direttiva CEE <strong>con</strong> l’art. 7 del<br />
D.P.R. n. 633/1972, il quale <strong>con</strong>tiene l’indicazione <strong>dei</strong> criteri applicativi per<br />
verificare i requisiti territoriali in relazione alle singole fattispecie di prestazioni.<br />
Il predetto art. 7, tuttavia, non esaurisce la normativa vigente in tema di<br />
territorialità di servizi, in quanto il legislatore italiano ha dedicato una <strong>disciplina</strong><br />
specifica a <strong>particolari</strong> servizi, denominati, per brevità, “intracomunitari”, nell’art.<br />
40 del D.L. n. 331/1993.<br />
14
La normativa di cui all’art. 7 non è dunque applicabile a tutte le prestazioni di<br />
servizi, ma esclusivamente a quelle non <strong>disciplina</strong>te specificamente dal predetto<br />
art. 40, da ciò seguendo che si rende necessario, in via preliminare, esaminare la<br />
natura delle prestazioni, per verificare se le stesse siano assoggettate alla<br />
<strong>disciplina</strong> specifica dell’ art. 40 del D.L. n. 331/1993 o a quella generale dell’art.<br />
7.<br />
Al riguardo si può sottolineare come la normativa specifica <strong>dei</strong> servizi<br />
“intracomunitari”, introdotta per effetto delle Direttive 16 dicembre 1991, n.<br />
91/680/CEE e 5 aprile 1995, n. 95/7/CE nell’ambito del regime transitorio<br />
dell’IVA europea, si <strong>con</strong>figuri quale “deroga” alle medesime fattispecie<br />
<strong>disciplina</strong>te nel quarto comma dell’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972, le quali, a loro<br />
volta, già costituis<strong>con</strong>o, in tale ambito, una deroga al criterio generale <strong>della</strong><br />
“residenza” statuito nel terzo comma dello stesso articolo (in <strong>con</strong>formità dell’art.<br />
9, primo paragrafo <strong>della</strong> VI Direttiva IVA).<br />
La <strong>disciplina</strong> <strong>della</strong> territorialità IVA delle prestazioni di servizi si fonda su<br />
La “deroga alla deroga” è quindi determinata dalla compresenza di specifiche<br />
<strong>con</strong>dizioni di effettuazione delle prestazioni di servizi che ne determinano la<br />
natura “intracomunitaria” e l’assoggettamento alla <strong>disciplina</strong> specifica dell’art. 40<br />
del D.L. n. 331/1993.<br />
un sistema così articolato:<br />
Regola generale art. 7, comma 3, D.P.R. 633/1972<br />
Deroghe art. 7, comma 4, D.P.R. 633/1972<br />
Deroghe alle deroghe art. 40, commi 4 bis, 5, 6, 8, D.L.<br />
Una stessa prestazione di servizi, quale può essere, a titolo esemplificativo, una<br />
lavorazione su beni mobili o un trasporto di beni, può quindi essere regolata<br />
dall’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972 o dall’art. 40 del D.L. n. 331/1993, a se<strong>con</strong>da<br />
15<br />
331/1993
Criterio generale<br />
<strong>della</strong> territorialità<br />
<strong>dei</strong> servizi dell’art.<br />
7 e le fattispecie<br />
derogatorie del<br />
quarto comma<br />
che ricorrano o meno quegli “elementi” di specificità che possono attribuirle<br />
natura “intracomunitaria”; tali “elementi” saranno esaminati in seguito.<br />
I servizi “intracomunitari” <strong>disciplina</strong>ti dall’art. 40 del D.L. n. 331/1993 (fermo<br />
restando quanto si preciserà in seguito <strong>con</strong> riguardo ai servizi d’intermediazione)<br />
sono i seguenti:<br />
comma 4 bis: prestazioni di servizi relative a beni mobili, comprese le<br />
perizie;<br />
comma 5: prestazioni di trasporto intracomunitario di beni e relative<br />
prestazioni di intermediazione;<br />
comma 6: prestazioni accessorie ai servizi di trasporto intracomunitario e<br />
relative prestazioni di intermediazione;<br />
comma 8: prestazioni di intermediazione, diverse da quelle indicate nei<br />
commi 5 e 6 e da quelle relative alle prestazioni di cui all’art. 7, quarto<br />
comma, lett d), del D.P.R. n. 633/1972, relative ad operazioni su beni<br />
mobili.<br />
Il meccanismo applicativo sopra delineato <strong>della</strong> “deroga alla deroga”, il quale<br />
implica un sistema a tre livelli <strong>con</strong> al vertice il criterio generale <strong>della</strong> residenza<br />
del prestatore, non è stato modificato dalla Direttiva n. 2006/112/CE che ne ha<br />
sostanzialmente <strong>con</strong>fermato il funzionamento nel capo terzo (luogo delle<br />
prestazioni di servizi), dedicando la sezione 1, alla regola generale, e la sezione<br />
2 alle disposizioni speciali.<br />
L’unico elemento di novità riguarda, nello specifico, i criteri territoriali relativi alle<br />
prestazioni di servizi effettuate da intermediari, <strong>disciplina</strong>ti nell’art. 44 e che<br />
formeranno oggetto di separato ed approfondito esame.<br />
Come già anticipato, <strong>con</strong> l’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972 il legislatore nazionale<br />
ha recepito nella normativa interna la <strong>disciplina</strong> dettata per le prestazioni di<br />
servizi originariamente <strong>con</strong>tenuta nell’art. 9 <strong>della</strong> VI Direttiva comunitaria,<br />
mutuandone sostanzialmente non solo i criteri di territorialità, ma anche la<br />
struttura.<br />
16
Criterio generale<br />
Criteri derogatori<br />
dell’art. 7<br />
Viene, infatti, dedicato il terzo comma al criterio base generale e, nel quarto<br />
comma, vengono definite le fattispecie derogatorie.<br />
Quanto al criterio generale, sulla base del dato normativo letterale di cui al terzo<br />
comma dell’art. 7, è stato <strong>con</strong>fermato quello <strong>della</strong> “residenza” del prestatore del<br />
servizio.<br />
Sulla base di quanto disposto da tale comma, la presunzione di territorialità<br />
opera per i soggetti <strong>con</strong> domicilio in Italia, ovvero per quelli <strong>con</strong> residenza in<br />
Italia che non abbiano però stabilito il domicilio all’estero, ovvero ancora per le<br />
stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati e residenti all’estero.<br />
Conseguentemente, la presunzione di territorialità non opera, per i soggetti<br />
residenti in Italia <strong>con</strong> domicilio stabilito all’estero, né per le stabili organizzazioni<br />
all’estero di oggetti domiciliati o residenti in Italia (sul punto, cfr., la C.M. n.<br />
26/411138 del 3 agosto 1979).<br />
Si è visto che la territorialità di specifiche prestazioni di servizi è verificata sulla<br />
base di criteri diversi da quello generale <strong>della</strong> “residenza”, i quali, <strong>disciplina</strong>ti nel<br />
quarto comma dell’art. 7 nelle lettere da a) ad f quinquies), si <strong>con</strong>figurano quali<br />
“deroghe” a tale criterio generale.<br />
In sostanza, occorrerà, in primo luogo, verificare di volta in volta se le<br />
prestazioni di servizi sono inquadrabili nelle fattispecie derogatorie; se ciò non<br />
avviene, il criterio applicabile sarà quello <strong>della</strong> “residenza” del prestatore di cui al<br />
terzo comma dell’art. 7.<br />
I criteri per verificare la territorialità <strong>dei</strong> servizi e, quindi, la loro effettuazione o<br />
meno nel territorio dello Stato, stabiliti per le fattispecie derogatorie, sono i<br />
seguenti:<br />
luogo in cui è situato il bene immobile (lett. a): per le prestazioni di<br />
servizi relativi a beni immobili, comprese le perizie, le prestazioni di<br />
agenzia e le prestazioni inerenti alla preparazione e al coordinamento<br />
dell’esecuzione <strong>dei</strong> lavori immobiliari;<br />
luogo di esecuzione delle prestazioni (lett. b): per le prestazioni di servizi,<br />
comprese le perizie, relative a beni mobili materiali e le prestazioni di<br />
servizi culturali, scientifici, artistici, didattici, sportivi, ricreativi e simili,<br />
nonché le operazioni di carico, scarico, manutenzione e simili, accessorie<br />
ai trasporti di beni;<br />
distanza percorsa nel territorio dello Stato (lett. c): per le prestazioni di<br />
trasporto;<br />
17
Luogo di<br />
utilizzazione <strong>dei</strong><br />
servizi<br />
domicilio del committente e luogo di utilizzazione delle prestazioni (lett. d,<br />
f, f bis, f quater): per le prestazioni derivanti da <strong>con</strong>tratti di locazione<br />
anche finanziaria, noleggio e simili di beni mobili materiali, diversi dai<br />
mezzi di trasporto, le prestazioni di servizi indicate al n. 2) del se<strong>con</strong>do<br />
comma dell’art. 3, le prestazioni pubblicitarie, di <strong>con</strong>sulenza e assistenza<br />
tecnica o legale, comprese quelle di formazione e di addestramento del<br />
personale, le prestazioni di servizi di telecomunicazione, le prestazioni di<br />
servizi rese tramite mezzi elettronici, di elaborazione e fornitura di dati e<br />
simili, le operazioni bancarie, finanziarie e assicurative e le prestazioni<br />
relative a prestiti di personale, nonché le prestazioni di intermediazione<br />
inerenti alle suddette prestazioni o operazioni e quelle inerenti all’obbligo<br />
di non esercitarle, nonché le cessioni di <strong>con</strong>tratti relativi alle prestazioni di<br />
sportivi professionisti.<br />
Per le prestazioni di servizi i cui criteri di territorialità sono previsti nell’art. 7,<br />
comma 4, lett. d), del D.P.R. n. 633/1972 (e nelle lettere f, f bis, f quater<br />
collegate) assume rilievo decisivo, per poter stabilire se possono <strong>con</strong>siderarsi<br />
effettuate o meno nel territorio dello Stato, verificare il <strong>con</strong>cetto di “utilizzazione”<br />
del servizio.<br />
Al riguardo, si rileva che tale nozione non è oggetto di alcuna previsione<br />
normativa e che su di essa sono stati forniti nel tempo, in via interpretativa,<br />
chiarimenti di fonte ministeriale esclusivamente su singole fattispecie.<br />
In merito, si segnalano alcune risoluzioni ministeriali emesse in materia di servizi<br />
di tipo pubblicitario, <strong>con</strong> le quali il Ministero delle finanze ha chiarito che<br />
l’utilizzazione del servizio pubblicitario dipende dall’ambito di diffusione delle<br />
riviste (R.M. n. 470096 del 30 luglio 1990), dall’ambito di diffusione <strong>della</strong><br />
pubblicità via radio (R.M. n. 470170 del 15 dicembre 1990) e dal luogo di<br />
diffusione dello spot pubblicitario reso sotto forma di proiezione audiovisiva su<br />
voli internazionali (R.M. n. 36/E/VII – 15/1587 del 28 febbraio 1997).<br />
Da tali interventi interpretativi, emerge chiaramente un orientamento volto a<br />
privilegiare gli aspetti fattuali e sostanziali delle modalità di erogazione e<br />
fruizione del servizio e, quindi, coerente <strong>con</strong> il <strong>con</strong>cetto di “effettiva utilizzazione”<br />
ed “effettivo impiego” delle prestazioni, chiaramente espresso dal legislatore<br />
comunitario nel terzo paragrafo dell’art. 9 <strong>della</strong> VI Direttiva CEE e ribadito nella<br />
Direttiva “rifusa”, n. 2006/112/CE, nell’art. 58 collocato nella sottosezione 6<br />
18
(criterio dell’utilizzazione o dell’impiego effettivi) del capo terzo (luogo delle<br />
prestazioni di servizi).<br />
Tale orientamento si <strong>con</strong>trappone a quello storicamente più “datato”, adottato<br />
dal Ministero delle finanze <strong>con</strong> le prime risoluzioni emesse sull’argomento in<br />
merito a prestazioni professionali e di <strong>con</strong>sulenza (R.M. n. 520156 del 13 maggio<br />
1975, R.M. n. 520391 del 22 maggio 1975, R.M. n. 360162 dell’1 ottobre 1976 e<br />
R.M. n. 410082 del 22 ottobre 1976), <strong>con</strong> le quali è stata attribuita rilevanza al<br />
“luogo in cui i servizi resi vengono acquisiti alla sfera giuridico – patrimoniale del<br />
committente, indipendentemente dalle successive eventuali operazioni cui<br />
possono riferirsi i servizi stessi” (R.M. n. 520391 del 22 maggio 1975).<br />
Tra i due orientamenti sopra delineati si privilegia sicuramente il primo e, quindi,<br />
quello <strong>della</strong> effettiva utilizzazione del servizio, in quanto pienamente <strong>con</strong>forme<br />
alla norma comunitaria e coerente <strong>con</strong> la necessità di attribuire al <strong>con</strong>cetto di<br />
“utilizzo” un significato ulteriore e diverso rispetto a quello <strong>della</strong> residenza o<br />
domicilio del committente, <strong>con</strong> cui verrebbe, nella sostanza, a coincidere il<br />
<strong>con</strong>cetto dell’acquisizione nella sfera giuridico – patrimoniale (una <strong>con</strong>ferma di<br />
tale impostazione è <strong>con</strong>tenuta nella sentenza n. 11141 del 28.06.1996,<br />
depositata il 13.12.1996, <strong>della</strong> Corte di Cassazione in materia di prestazioni<br />
pubblicitarie rese all’estero).<br />
In tale prospettiva, tuttavia, l’operatore e<strong>con</strong>omico dovrà essere in grado di<br />
dimostrare, nell’eventualità di una verifica fiscale, dove è avvenuta l’effettiva<br />
utilizzazione del servizio. A tal fine, in assenza di prescrizioni normative, si deve<br />
fare riferimento alle indicazioni di fonte ministeriale fornite in via interpretativa<br />
(cfr., R.M. n. 520391 del 22 maggio 1975 e R.M. n. 410242 del 21 febbraio<br />
1978) ed al comune buon senso e, quindi, il soggetto interessato dovrà<br />
precostituirsi il fondamentale materiale probatorio ricorrendo a <strong>con</strong>tratti redatti<br />
in forma scritta, chiari nel definire le prestazioni ed i luoghi in cui vengono<br />
prestate, nonché a tutta la documentazione di supporto che possa provare il<br />
luogo di effettiva utilizzazione <strong>dei</strong> servizi.<br />
Nel prosieguo, saranno esaminate alcune tipologie di prestazioni di servizi<br />
rientranti nel quarto comma, dell’art. 7, del D.P.R. n. 633/1972 e, pertanto, fra<br />
le fattispecie derogatorie rispetto al criterio generale di cui al terzo comma, <strong>della</strong><br />
medesima norma.<br />
19
Prestazioni di<br />
servizi delle<br />
lettere d), e) ed f)<br />
del quarto comma<br />
dell’art. 7<br />
Nell’ambito del quarto comma dell’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972, è collocato un<br />
gruppo di prestazioni di servizi la cui territorialità è <strong>disciplina</strong>ta in modo<br />
articolato sulla base di più disposizioni normative, le quali, in deroga al criterio<br />
generale <strong>della</strong> “residenza” del prestatore del terzo comma, costituis<strong>con</strong>o un<br />
meccanismo applicativo “a più variabili”.<br />
Tali prestazioni di servizi sono individuate nella lettera d) del quarto comma<br />
dell’art. 7, successivamente richiamate nella lettera e) e, da ultimo, soggette alle<br />
ulteriori specificazioni di cui alle lettere f), f bis), f ter) ed f quater).<br />
In particolare, le prestazioni di servizi indicate nella lettera d) sono le seguenti:<br />
prestazioni derivanti da <strong>con</strong>tratti di locazione anche finanziaria, noleggio e<br />
simili di beni mobili materiali diversi dai mezzi di trasporto;<br />
le prestazioni di servizi indicate al numero 2) del se<strong>con</strong>do comma<br />
dell’articolo 3;<br />
le prestazioni pubblicitarie, di <strong>con</strong>sulenza e assistenza tecnica o legale,<br />
comprese quelle di formazione e di addestramento del personale;<br />
le prestazioni di servizi di telecomunicazione, di radiodiffusione e di<br />
televisione;<br />
le prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici,<br />
le prestazioni di elaborazione e fornitura dati e simili;<br />
le operazioni bancarie, finanziarie e assicurative;<br />
le prestazioni relative a prestiti di personale;<br />
la <strong>con</strong>cessione dell’accesso ai sistemi di gas naturale o di energia<br />
elettrica, il servizio di trasporto o di trasmissione mediante gli stessi e la<br />
fornitura di altri servizi direttamente collegati;<br />
le prestazioni di intermediazione inerenti alle suddette prestazioni o<br />
operazioni e quelle inerenti all’obbligo di non esercitarle;<br />
le cessioni di <strong>con</strong>tratti relativi alle prestazioni di sportivi professionisti.<br />
20
Luogo di<br />
utilizzazione<br />
del servizio:<br />
due categorie<br />
di prestazioni<br />
L’accertamento <strong>della</strong> sussistenza o meno <strong>della</strong> rilevanza territoriale delle<br />
prestazioni di servizi elencate nella lettera d), implica la verifica di tre requisiti<br />
variamente combinati fra loro:<br />
1. lo “status” del committente del servizio (soggetto passivo IVA o privato);<br />
2. la residenza del committente;<br />
3. il luogo di utilizzazione del servizio.<br />
In particolare, dette prestazioni si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello Stato<br />
quando sono rese a soggetti domiciliati nel territorio stesso o a soggetti ivi<br />
residenti che non hanno stabilito il domicilio all’estero, a meno che non siano<br />
utilizzate fuori dalla Comunità europea (lett. d).<br />
Le stesse prestazioni, se rese a soggetti domiciliati o residenti in altri Stati<br />
membri dell’U.E., si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello Stato quando il<br />
destinatario non è un soggetto passivo IVA nel proprio Stato membro (lett. e).<br />
La territorialità delle prestazioni di servizi elencate nella lettera d) del quarto<br />
comma dell’art. 7, deve essere verificata, oltre che sulla base <strong>dei</strong> due parametri<br />
soggettivi, relativi allo status ed alla residenza del committente, anche in<br />
relazione al luogo di utilizzazione delle prestazioni.<br />
Per quanto <strong>con</strong>cerne tale ultimo requisito, vi è poi una distinzione tra i servizi<br />
<strong>della</strong> lettera d) <strong>con</strong> specifico riferimento alle prestazioni rese a soggetti<br />
domiciliati e residenti fuori <strong>della</strong> Comunità europea (soggetti extracomunitari).<br />
In quest’ultima ipotesi, l’ulteriore discriminante <strong>disciplina</strong>ta nella lettera f) è<br />
rappresentata dall’utilizzazione o meno delle prestazioni nel territorio dello Stato,<br />
da ciò seguendo che i servizi devono essere suddivisi in due distinte categorie a<br />
se<strong>con</strong>da del diverso inquadramento all’interno <strong>della</strong> lettera f).<br />
In sostanza, in presenza di servizi resi a soggetti committenti extracomunitari da<br />
parte di soggetti residenti, la territorialità delle prestazioni va verificata in base<br />
all’utilizzazione o meno del servizio in Italia solo per alcuni servizi mentre, per<br />
altri, le prestazioni sono sempre <strong>con</strong>siderate effettuate fuori del territorio dello<br />
Stato e, quindi, esse sono irrilevanti ai fini IVA.<br />
Quanto alla rilevanza del luogo di utilizzazione nel territorio dello Stato, i servizi<br />
di cui alla lettera d) possono quindi suddividersi in due categorie.<br />
21
Servizi<br />
appartenenti alla<br />
1° categoria<br />
Servizi<br />
appartenenti alla<br />
2° categoria<br />
Per i servizi appartenenti alla prima categoria si possono verificare due distinte<br />
ipotesi:<br />
a) se la prestazione è utilizzata in Italia, ne deriva che il servizio è<br />
<strong>con</strong>siderato effettuato nel territorio dello Stato <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguente<br />
rilevanza ai fini IVA <strong>della</strong> prestazione;<br />
b) se la prestazione è utilizzata fuori dall’Italia, in uno Stato membro o in un<br />
Paese extracomunitario, ne deriva che il servizio non si <strong>con</strong>sidera<br />
effettuato nel territorio dello Stato <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguente irrilevanza ai fini<br />
IVA <strong>della</strong> prestazione, la quale si <strong>con</strong>figura come operazione fuori del<br />
campo di applicazione dell’imposta.<br />
Per i servizi appartenenti alla se<strong>con</strong>da categoria, non assume alcuna rilevanza il<br />
luogo di utilizzazione del servizio e quindi, in presenza di committente domiciliato<br />
in un Paese extracomunitario, l’operazione è comunque fuori del campo di<br />
applicazione dell’IVA, in quanto la prestazione non si <strong>con</strong>sidera effettuata nel<br />
territorio dello Stato.<br />
Tale meccanismo applicativo è stato più volte <strong>con</strong>fermato dal Ministero delle<br />
finanze <strong>con</strong> le seguenti circolari e risoluzioni ministeriali:<br />
C.M. n. 12/370205 del 9 aprile 1981 - in relazione a prestazioni di<br />
<strong>con</strong>sulenza tecnica e legale;<br />
R.M. n. 391055 del 21 aprile 1983 – in relazione a prestazioni di<br />
<strong>con</strong>sulenza legale e di assistenza in giudizio;<br />
R.M. n. 465228 del 18 marzo 1992 – in relazione a prestazioni di<br />
assistenza legale rese da avvocati;<br />
R.M. n.450203 del 24 novembre 1992 – in relazione a prestazioni di<br />
assistenza legale rese da avvocati;<br />
R.M. n. 450156 del 25 agosto 1992 - in relazione a prestazioni di<br />
<strong>con</strong>sulenza ed assistenza tecnica nell’ambito di lavori in appalto.<br />
Tra i servizi rientranti nella prima categoria, per i quali è necessario verificarne il<br />
luogo di utilizzazione in Italia, sono comprese le prestazioni derivanti da <strong>con</strong>tratti<br />
di locazione anche finanziaria, noleggio e simili di beni mobili materiali diversi dai<br />
mezzi di trasporto; le prestazioni di servizi di cui all’art 3, comma 2, n. 2),<br />
22
Prestazioni<br />
pubblicitarie<br />
(cessioni, <strong>con</strong>cessioni, licenze e simili relative a diritti d’autore, quelle relative ad<br />
invenzioni industriali, modelli, disegni, processi, formule e simili e quelle relative<br />
a marchi e insegne, nonché le cessioni, <strong>con</strong>cessioni, licenze e simili relative a<br />
diritti o beni similari ai precedenti); le prestazioni pubblicitarie; le operazioni<br />
bancarie, finanziarie e assicurative; le prestazioni relative a prestiti del<br />
personale; le prestazioni d’intermediazione inerenti alle suddette prestazioni o<br />
operazioni e quelle inerenti all’obbligo di non esercitarle; le cessioni di <strong>con</strong>tratti<br />
relativi alle prestazioni di sportivi professionisti.<br />
Nei servizi rientranti nella se<strong>con</strong>da categoria, per i quali risulta invece ininfluente<br />
il luogo di utilizzazione del servizio, sono comprese: le prestazioni di <strong>con</strong>sulenza<br />
e assistenza tecnica o legale; le prestazioni di formazione e di addestramento del<br />
personale; le prestazioni di elaborazione e fornitura di dati e simili.<br />
Alla luce dell’interpretazione <strong>della</strong> lettera f) del quarto comma dell’art. 7, è<br />
possibile esaminare le <strong>con</strong>seguenze applicative <strong>della</strong> normativa IVA richiamata in<br />
relazione ad alcune tipologie di prestazioni di servizi.<br />
Verrà analizzato, in particolare, il regime di territorialità ai fini dell’IVA delle<br />
prestazioni pubblicitarie, appartenenti alla prima categoria di servizi, e delle<br />
prestazioni di <strong>con</strong>sulenza tecnica e legale, appartenenti alla se<strong>con</strong>da categoria di<br />
servizi.<br />
Entrambe le categorie sono annoverate fra quelle di cui alla lettera d), del quarto<br />
comma, dell’art. 7; tuttavia, il loro regime IVA differisce in relazione ai servizi<br />
resi a soggetti extracomunitari, avendo le stesse una diversa collocazione nella<br />
lettera f) del medesimo quarto comma.<br />
La normativa di riferimento riguardante le prestazioni pubblicitarie in tema di<br />
territorialità ai fini IVA è <strong>con</strong>tenuta nell’art. 7, comma 4, lett. d), e), ed f) del<br />
D.P.R. n. 633/1972.<br />
I servizi pubblicitari non rientrano tra le prestazioni “comunitarie” di cui all’art.<br />
40, commi 4 bis, 5, 6 ed 8, del D.L. n. 331/1993; da ciò <strong>con</strong>segue che la loro<br />
<strong>disciplina</strong> IVA in materia di territorialità è <strong>con</strong>tenuta esclusivamente nell’art. 7,<br />
comma 4, del D.P.R. n. 633/1972.<br />
23
Prestazioni di<br />
<strong>con</strong>sulenza<br />
tecnica e legale<br />
Il meccanismo applicativo prevede in sintesi che, ai sensi <strong>della</strong> lettera d), le<br />
prestazioni di servizi pubblicitari si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello<br />
Stato se sono rese a soggetti domiciliati nel territorio italiano, oppure ivi<br />
residenti senza aver stabilito il domicilio all’estero, oppure a stabili organizzazioni<br />
in Italia di soggetti domiciliati o residenti all’estero, all’ulteriore <strong>con</strong>dizione che i<br />
servizi vengano utilizzati all’interno <strong>della</strong> Comunità europea; in caso <strong>con</strong>trario la<br />
prestazione è irrilevante ai fini territoriali. Ai sensi <strong>della</strong> lettera e), invece, i<br />
servizi pubblicitari resi a soggetti “comunitari” si <strong>con</strong>siderano effettuati nel<br />
territorio dello Stato solo se il committente è un soggetto privato <strong>con</strong>sumatore<br />
(non identificato ai fini IVA nello Stato comunitario di residenza), risultando<br />
irrilevante il luogo di utilizzazione; ai sensi <strong>della</strong> lettera f), infine, le prestazioni<br />
pubblicitarie rese a soggetti domiciliati e residenti fuori <strong>della</strong> Comunità europea<br />
si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello Stato solamente nel caso in cui siano<br />
ivi utilizzate.<br />
La <strong>disciplina</strong> IVA riguardante la territorialità <strong>dei</strong> servizi di <strong>con</strong>sulenza tecnica e<br />
legale è rappresentata dal quarto comma, lettere d) ed e), dell’art. 7, del D.P.R.<br />
n. 633/1972 ma, a differenza delle prestazioni pubblicitarie, ad esse non si<br />
applica la lettera f) del medesimo quarto comma.<br />
La specifica normativa di cui alla lett. f) sopra richiamata risulta inapplicabile alle<br />
prestazioni di <strong>con</strong>sulenza tecnica e legale, in virtù <strong>della</strong> loro espressa esclusione<br />
dal novero delle prestazioni ivi richiamate.<br />
Tale esclusione è stata motivata dal fatto di eliminare l’in<strong>con</strong>veniente<br />
rappresentato dall’oggettiva difficoltà relativa all’individuazione del luogo di<br />
utilizzazione delle prestazioni di <strong>con</strong>sulenza tecnica o legale rese a favore di<br />
soggetti residenti al di fuori <strong>della</strong> Comunità europea (cfr., in tal senso, C.M. n.<br />
12/370205 del 09 aprile 1981).<br />
L’inapplicabilità a dette prestazioni <strong>della</strong> regola di territorialità dettata alla lettera<br />
f) del quarto comma, comporta che le stesse, quando sono effettuate da parte di<br />
operatori e<strong>con</strong>omici nazionali nei <strong>con</strong>fronti di soggetti extracomunitari, sono<br />
comunque escluse dal campo di applicazione dell’IVA (cfr., C.M. n. 12/370205<br />
del 9 aprile 1981; R.M. n. 391055 del 21 aprile 1983; R.M. n. 465228 del 18<br />
marzo 1992 e R.M. n. 450203 del 24 novembre 1992).<br />
24
Per quanto <strong>con</strong>cerne l’ambito definitorio del <strong>con</strong>cetto di “<strong>con</strong>sulenza tecnica o<br />
legale”, lo stesso si può ricavare dal <strong>con</strong>tenuto <strong>della</strong> R.M. n. 422280 del 14<br />
gennaio 1981 (la quale evidenzia la differenza fra il <strong>con</strong>cetto di <strong>con</strong>sulenza e<br />
quello di perizia) e <strong>della</strong> successiva C.M. n. 12/370205 del 9 aprile 1981.<br />
In tale ambito sono comprese tutte le attività professionali che si estrinsecano in<br />
giudizi, precisazioni, chiarimenti o pareri, così come l’attività strettamente legale<br />
di assistenza e rappresentanza <strong>dei</strong> clienti in giudizio. L’accezione dell’espressione<br />
“<strong>con</strong>sulenza tecnica o legale” che deriva dalle definizioni sopra riportate, risulta<br />
<strong>con</strong>forme a quanto stabilito nell’art. 9, se<strong>con</strong>do paragrafo, lettera e), <strong>della</strong> VI<br />
Direttiva comunitaria dove vengono annoverate le “prestazioni fornite da<br />
<strong>con</strong>sulenti, ingegneri, uffici, studi, avvocati, periti <strong>con</strong>tabili ed altre prestazioni<br />
analoghe”. Sostanzialmente analoga è anche la previsione dell’art. 56, comma 1,<br />
lett. c), <strong>della</strong> Direttiva n. 2006/112/CE.<br />
Un ulteriore ed importante <strong>con</strong>tributo nel definire i <strong>con</strong>torni del <strong>con</strong>cetto di<br />
“<strong>con</strong>sulenza tecnica” è stato successivamente fornito <strong>con</strong> le RR.MM. nn. 465048<br />
del 27 agosto 1991 e VII – 15 – 556/94 del 18 novembre 1994, dove è stato<br />
sottolineato che la valutazione soggettiva del prestatore del servizio deve essere<br />
preminente “in ordine ai risultati <strong>con</strong>seguiti”. Le prestazioni di <strong>con</strong>sulenza tecnica<br />
e legale non rientrano tra le prestazioni “comunitarie” di cui all’art. 40, commi 4<br />
bis, 5, 6 ed 8, del D.L. n. 331/1993, e da ciò <strong>con</strong>segue che la loro <strong>disciplina</strong> IVA<br />
in materia di territorialità è <strong>con</strong>tenuta esclusivamente nell’art. 7, comma 4, del<br />
D.P.R. n. 633/1972.<br />
Il regime di territorialità ai fini IVA è regolato nelle lettere d) ed e), del comma<br />
4, dell’art. 7, del D.P.R. n. 633/1972; in sintesi, è previsto che, ai sensi <strong>della</strong><br />
lettera d), le prestazioni di servizi si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello<br />
Stato se sono rese a soggetti domiciliati nel territorio italiano, oppure ivi<br />
residenti senza aver stabilito il domicilio all’estero, ovvero a stabili organizzazioni<br />
in Italia di soggetti domiciliati o residenti all’estero, all’ulteriore <strong>con</strong>dizione che i<br />
servizi vengano utilizzati all’interno <strong>della</strong> Comunità europea; in caso <strong>con</strong>trario la<br />
prestazione è irrilevante ai fini territoriali.<br />
Ai sensi <strong>della</strong> lettera e), invece, i servizi resi a soggetti “comunitari” si<br />
<strong>con</strong>siderano effettuati nel territorio dello Stato solo se il committente è un<br />
soggetto privato <strong>con</strong>sumatore (non identificato ai fini IVA nello Stato comunitario<br />
di residenza), risultando irrilevante il luogo di utilizzazione. Per effetto<br />
dell’esclusione dalla lettera f), infine, le prestazioni di servizi di <strong>con</strong>sulenza<br />
25
Servizi di<br />
intermediazion<br />
e su beni<br />
mobili<br />
Disciplina<br />
applicabile dal<br />
1° gennaio 2007<br />
tecnica e legale rese a soggetti domiciliati e residenti fuori <strong>della</strong> Comunità<br />
europea si <strong>con</strong>siderano in ogni caso effettuate fuori del territorio dello Stato,<br />
indipendentemente dal luogo di utilizzazione.<br />
Nell’ambito <strong>dei</strong> servizi intracomunitari rientrano anche le prestazioni<br />
d’intermediazione relative ad operazioni su beni mobili tra le quali si citano, per<br />
importanza, quelle svolte dagli agenti di commercio e dai procacciatori d’affari.<br />
In seguito, sarà oggetto di specifica trattazione proprio il regime IVA delle<br />
provvigioni corrisposte agli intermediari commerciali che intervengono nella<br />
compravendita di beni mobili. Il regime IVA delle provvigioni, infatti, ha da<br />
sempre comportato notevoli difficoltà interpretative, amplificate dall’entrata in<br />
vigore <strong>della</strong> normativa comunitaria che, a decorrere dal 1993, ha <strong>disciplina</strong>to in<br />
modo specifico, <strong>con</strong> l’art. 40, commi 8 e 9, del D.L. n. 331/1993, le<br />
intermediazioni intracomunitarie. Tale normativa, infatti, si è andata ad<br />
aggiungere a quella ordinaria <strong>con</strong>tenuta, in tema di territorialità, nell’art. 7 del<br />
D.P.R. n. 633/1972. La compresenza di due discipline teoricamente applicabili<br />
alle prestazioni di intermediazione su beni mobili ha quindi reso necessario, dal<br />
1993 in poi, un’indagine preliminare sulla natura delle stesse, ordinaria o<br />
comunitaria, avendo riguardo all’operazione cui esse si riferivano. La situazione<br />
sopra delineata era incardinata sulla normativa in vigore fino al 31 dicembre<br />
2006, radicalmente innovata a decorrere dall’anno 2007.<br />
Per effetto dell’art. 1, comma 325, <strong>della</strong> legge 27 dicembre 2006, n. 296, è stata<br />
aggiunta la nuova lettera f quinquies) nel quarto comma dell’art. 7 del D.P.R. n.<br />
633/1972, in vigore dal primo gennaio 2007. Il legislatore nazionale, in sostanza,<br />
è intervenuto nell’ambito dell’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972, ritenendolo la<br />
collocazione “naturale” per la normativa in tema di territorialità delle prestazioni<br />
d’intermediazione, senza intervenire in alcun modo sull’art. 40, comma 8, del<br />
D.L. n. 331/1993, relativo alle intermediazioni aventi ad oggetto operazioni su<br />
beni mobili, lasciandone inalterato il testo. La <strong>con</strong>correnza, nella legislazione<br />
nazionale, di due norme entrambe applicabili ai servizi di intermediazione su beni<br />
mobili, ha comportato delicati problemi interpretativi, che solo alla fine del 2008,<br />
<strong>con</strong> i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate (Risoluzione n. 437/E del 12<br />
novembre 2008), paiono aver trovato soluzione (seppur in modo non del tutto<br />
appagante).<br />
26
La nuova disposizione (art. 7, comma 4, lett. f-quinquies), si pone, senza che,<br />
come detto, il legislatore abbia <strong>con</strong>testualmente provveduto a sopprimere l’art.<br />
40, comma 8, del D.L. n. 331/1993, quale nuova regola di territorialità per le<br />
intermediazioni, ad esclusione di quelle <strong>con</strong>cernenti le prestazioni di cui all’art. 7,<br />
comma 4, lett. d) del D.P.R. n. 633/1972, nonché di quelle correlate ai trasporti<br />
intracomunitari di beni ed alle prestazioni a questi accessorie di cui all’art. 40,<br />
rispettivamente commi 5 e 6, del D.L. n. 331/1993.<br />
La norma comunitaria (art. 44) rientra fra le modifiche di carattere sostanziale<br />
apportate dall’intervento di rifusione <strong>della</strong> Direttiva n. 2006/112 (come dimostra<br />
il richiamo operato alla predetta norma dall’art. 412), presentandosi quale nuova<br />
disposizione a valenza generale, applicabile a tutte le tipologie d’intermediazioni<br />
(escluse le ipotesi puntualmente individuate di cui sopra) e, come tale, essa pare<br />
essere stata trasfusa nell’ordinamento interno, avendo ripreso sia il “requisito<br />
oggettivo”, sia il “requisito soggettivo” di cui all’art. 44 <strong>della</strong> Direttiva.<br />
Conseguentemente, l’accertamento <strong>della</strong> territorialità <strong>dei</strong> servizi in esame si<br />
fonda sul collegamento <strong>della</strong> prestazione <strong>con</strong> il luogo dell’operazione<br />
intermediata (criterio oggettivo), fatta salva l’ipotesi in cui il committente sia un<br />
soggetto passivo identificato ai fini Iva in uno Stato membro <strong>della</strong> Comunità, nel<br />
qual caso la prestazione si <strong>con</strong>sidera territorialmente rilevante nello Stato<br />
comunitario del committente (criterio soggettivo).<br />
L’intervento legislativo <strong>con</strong> cui è stato recepito l’art. 44 <strong>della</strong> direttiva n.<br />
2006/112 tuttavia, ha generato, come si accennava, notevoli perplessità,<br />
soprattutto <strong>con</strong> riguardo al coordinamento del nuovo art. 7, comma 4, lett. f-<br />
quinquies), del D.P.R. n. 633/1972, <strong>con</strong> la <strong>disciplina</strong> “comunitaria” <strong>con</strong>tenuta<br />
nell’art. 40, comma 8, del D.L. n. 331/1993. Più in particolare, ci si è interrogati<br />
sulla portata <strong>della</strong> nuova norma, domandandosi se essa fosse da intendere quale<br />
disposizione a validità generale e, quindi, “tacitamente” abrogativa dell’art. 40,<br />
comma 8, del D.L. n. 331/1993, ovvero come disposizione specifica, destinata a<br />
regolare le ipotesi diverse da quelle già <strong>disciplina</strong>te dal predetto art. 40, comma<br />
8, da <strong>con</strong>siderare ancora in vigore.<br />
Entrambe le teorie, infatti, potevano <strong>con</strong>siderarsi fondate, ed in particolar modo<br />
la se<strong>con</strong>da, <strong>con</strong>siderando che l’art. 40, comma 8, del D.L. n. 331/1993 non è<br />
stato abrogato in forma espressa, e soprattutto che, anche dopo l’entrata in<br />
vigore <strong>della</strong> lett. f-quinquies) dell’art. 7, tanto la modulistica ufficiale per i<br />
27
Posizione<br />
dell’Agenzia delle<br />
entrate<br />
(risoluzione n.<br />
437/E)<br />
rimborsi Iva trimestrali (modello TR), quanto le istruzioni alla dichiarazione Iva<br />
per l’anno 2007 (<strong>con</strong>fermate nella bozza <strong>della</strong> dichiarazione Iva 2009 del 12<br />
dicembre 2008), fanno riferimento a tale disposizione. In aggiunta, la norma di<br />
cui al D.L. n. 331/1993 si riferisce esclusivamente alle intermediazioni su beni<br />
mobili, mentre la regola <strong>della</strong> lett. f-quinquies) dell’art. 7, comma 4, è volta a<br />
regolare, in punto di territorialità, tutti i servizi d’intermediazione. Da ciò poteva<br />
dunque ritenersi che l’art. 40, comma 8, mantenesse un proprio ambito<br />
applicativo, in un rapporto di “specie” a “genere” rispetto alla nuova regola<br />
generale dell’art. 7.<br />
Con la risoluzione n. 437/E del 12 novembre 2008, l’Agenzia delle entrate è<br />
finalmente intervenuta manifestando il proprio orientamento. Esaminando il caso<br />
di un’impresa nazionale che effettua cessioni intracomunitarie, cessioni<br />
all’esportazione (<strong>con</strong> partenza <strong>dei</strong> beni dall’Italia o da altri Stati membri <strong>della</strong><br />
Comunità) e cessioni di beni esistenti fuori del territorio comunitario, l’interprete,<br />
rilevata la portata innovativa <strong>della</strong> norma di cui alla lett. f-quinquies), dell’art. 7,<br />
comma 4, del D.P.R. n. 633/1972, sottolinea che devono <strong>con</strong>siderarsi<br />
territorialmente rilevanti in Italia tanto le intermediazioni relative a cessioni<br />
intracomunitarie, quanto quelle correlate a cessioni all’esportazione,<br />
indipendentemente dal luogo di partenza delle merci (Italia od altro Stato<br />
comunitario) e dalla nazionalità dell’agente/intermediario (comunitario od<br />
extracomunitario). Sulla base del <strong>con</strong>tenuto <strong>della</strong> pronuncia, dunque, il nuovo<br />
assetto normativo in materia di territorialità <strong>dei</strong> servizi d’intermediazione si<br />
caratterizza per aver “uniformato” il luogo di tassazione delle prestazioni “anche<br />
relativamente alle operazioni su beni mobili materiali effettuate in ambito<br />
comunitario”, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza che ad esse risulta applicabile la <strong>disciplina</strong><br />
dell’art. 7 (lett. f-quinquies) “e viene reso di fatto inoperativo il comma 8<br />
dell’articolo 40 del D.L. n. 331 del 1993”.<br />
Sotto l’aspetto degli adempimenti operativi, quindi, il committente nazionale<br />
provvederà ad emettere autofattura, ai sensi dell’art. 17, comma 3, del decreto<br />
n. 633 del 1972, anche in presenza di agente comunitario, <strong>con</strong> ciò obliterando le<br />
<strong>con</strong>solidate regole <strong>con</strong>tabili per le prestazioni intracomunitarie (integrazione e<br />
registrazione delle fatture ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.L. n. 331/1993);<br />
quanto al <strong>con</strong>creto assoggettamento ad imposta, questa risulterà dovuta in<br />
relazione alle intermediazioni per cessioni intracomunitarie, mentre saranno non<br />
imponibili, ai sensi dell’art. 9, n. 7, del D.P.R. n. 633/1972, le autofatture per<br />
28
Prestazioni<br />
d’intermediazione<br />
nei <strong>rapporti</strong> <strong>con</strong><br />
San Marino<br />
provvigioni collegate a cessioni all’esportazione (dall’Italia o da altro Stato<br />
membro dell’U.E.). Sono, invece, fuori campo IVA (ai sensi dell’art. 153 <strong>della</strong><br />
Direttiva n. 2006/112) le intermediazioni relative alle cosiddette vendite “estero<br />
su estero”, in quanto carenti del requisito territoriale.<br />
Per quanto l’orientamento dell’Agenzia, la quale mostra di accogliere (nella<br />
sostanza) la prima delle teorie interpretative illustrate (tacita “abrogazione”<br />
dell’art. 40, comma 8, del D.L. n. 331/1993), possa ritenersi fondato e, tutto<br />
sommato, coerente <strong>con</strong> la nuova impostazione <strong>della</strong> direttiva comunitaria, non<br />
può, tuttavia, non rilevarsi come esso possa determinare rilevanti difficoltà agli<br />
operatori. Questi, in effetti, potrebbero avere del tutto legittimamente fatto<br />
affidamento sulle indicazioni <strong>con</strong>tenute negli atti ufficiali <strong>della</strong> stessa<br />
Amministrazione finanziaria di cui si è sopra dato <strong>con</strong>to (è solo nella versione<br />
definitiva delle istruzioni al modello di dichiarazione IVA per l’anno 2008, che<br />
sono scomparsi i riferimenti all’art. 40, comma 8). E’ pertanto auspicabile che,<br />
almeno <strong>con</strong> riguardo all’anno 2007, nessun rilievo venga mosso ai <strong>con</strong>tribuenti<br />
che abbiano aderito ad una diversa interpretazione.<br />
A supporto di tale <strong>con</strong>vincimento è anche la <strong>con</strong>siderazione se<strong>con</strong>do cui il<br />
recepimento <strong>della</strong> nuova regola di territorialità è stato attuato dal nostro<br />
legislatore prima del termine del primo gennaio 2008, data prevista (parrebbe<br />
senza possibilità di deroga da parte degli Stati membri) dall’art. 412 <strong>della</strong><br />
Direttiva per l’entrata in vigore delle disposizioni aventi carattere innovativo<br />
(qual è l’art. 44, in materia di territorialità <strong>dei</strong> servizi), <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza che,<br />
almeno fino a tutto il 31 dicembre 2007, la norma di cui all’art. 40, comma 8, del<br />
D.L. n. 331/1993, dovrebbe <strong>con</strong>siderarsi ancora efficace.<br />
In base alle <strong>con</strong>siderazioni di cui sopra, appare possibile esaminare alcune<br />
fattispecie, particolarmente frequenti nella prassi delle imprese, nelle quali<br />
l’operatore nazionale può essere coinvolto in veste di prestatore o di<br />
committente del servizio, avendo come <strong>con</strong>troparte un partner sammarinese.<br />
In estrema sintesi, come sottolineato anche dall’Agenzia delle entrate nella<br />
risoluzione n. 437/E del 12 novembre 2008 sopra richiamata, il criterio di<br />
territorialità delle prestazioni d’intermediazione si basa, a livello di principio, sul<br />
collegamento del servizio <strong>con</strong> l’operazione oggetto dell’intermediazione (criterio<br />
oggettivo), eccezion fatta per l’ipotesi in cui il committente è un soggetto passivo<br />
d’imposta in uno Stato membro <strong>della</strong> Comunità (Italia od altro Stato<br />
comunitario); in tale ultima fattispecie, infatti, prevale un criterio di tipo<br />
29
soggettivo, in forza del quale la prestazione si <strong>con</strong>sidera territorialmente<br />
rilevante nello Stato di residenza del committente.<br />
In base alle nuove regole di cui alla lett. f-quinquies), del quarto comma, dell’art.<br />
7, del D.P.R. n. 633/1972, pertanto, sono da <strong>con</strong>siderare effettuati in Italia i<br />
servizi d’agenzia prestati ad un’impresa committente residente, sia per le vendite<br />
interne al territorio nazionale, sia per le cessioni intracomunitarie, sia, ancora,<br />
per le cessioni all’esportazione (indipendentemente dal fatto che esse prevedano<br />
l’esportazione <strong>dei</strong> beni dall’Italia o da un altro Stato membro <strong>della</strong> Comunità), e<br />
ciò, a prescindere dalla nazionalità dell’intermediario (comunitario od<br />
extracomunitario).<br />
Più specificamente, per i servizi d’intermediazione resi da agenti sammarinesi<br />
relativi a cessioni interne ed intracomunitarie, l’impresa committente nazionale<br />
provvederà all’emissione di autofattura, ai sensi dell’art. 17, comma 3, del D.P.R.<br />
n. 633/1972, <strong>con</strong> applicazione dell’IVA (ad aliquota del 20%), mentre, in caso<br />
d’esportazione (quale che sia lo Stato membro di partenza <strong>dei</strong> beni),<br />
l’autofattura sarà emessa in regime di non imponibilità, ai sensi dell’art. 9, n. 7,<br />
del medesimo decreto.<br />
In sintesi, un quadro <strong>dei</strong> principali esempi di fatturazione <strong>con</strong> l’intervento di un<br />
operatore sammarinese, è riassunto nella seguente tabella.<br />
Agente Committente<br />
R.S.M. ITA<br />
R.S.M. ITA<br />
R.S.M. ITA<br />
R.S.M. ITA<br />
ITA R.S.M.<br />
ITA R.S.M.<br />
ITA R.S.M.<br />
ITA R.S.M.<br />
Operazione di<br />
riferimento<br />
Cessione<br />
ITA/ITA<br />
Cessione<br />
ITA/CE<br />
Cessione<br />
ITA/EXTRACE *<br />
Cessione<br />
EXTRACE/EXTRACE<br />
Cessione<br />
ITA/ITA<br />
Cessione<br />
ITA/CE<br />
Cessione<br />
ITA/EXTRACE<br />
Cessione<br />
EXTRACE/EXTRACE<br />
30<br />
IVA e<br />
fatturazione<br />
IVA in Italia autofattura<br />
IVA in Italia autofattura<br />
non imponibile<br />
autofattura **<br />
no IVA in Italia<br />
fuori campo ***<br />
IVA in Italia<br />
fattura<br />
IVA in Italia<br />
fattura<br />
non imponibile fattura<br />
no IVA in Italia<br />
fuori campo ***<br />
Riferimenti<br />
art. 7, comma 4,<br />
f-quinquies<br />
art. 7, comma 4,<br />
f-quinquies<br />
art. 7, comma 4,<br />
f-quinquies e<br />
art. 9, n. 7<br />
art. 153<br />
Dir. 2006/112<br />
art. 7, comma 4,<br />
f-quinquies ****<br />
art. 7, comma 4,<br />
f-quinquies ****<br />
art. 7, comma 4,<br />
f-quinquies e<br />
art. 9, n. 7<br />
art. 153<br />
Dir. 2006/112<br />
* Il luogo di partenza <strong>dei</strong> beni potrebbe essere situato anche in altro Stato membro.<br />
** Il committente emette autofattura non imponibile ai sensi dell’art. 9, n. 7, del D.P.R. n. 633/1972.<br />
*** Per le vendite “estero su estero”, la risoluzione n. 437/E del 2008 ha ri<strong>con</strong>osciuto la diretta applicabilità<br />
dell’art. 153 <strong>della</strong> direttiva n. 2006/112/CE, in base alla quale gli Stati membri “esentano” le prestazioni<br />
degli intermediari, quando intervengono in operazioni interamente effettuate fuori <strong>della</strong> Comunità europea.<br />
**** Ai sensi dell’art. 7, comma 4, lett. f-quinquies, l’intermediazione rileva in Italia, perché qui si <strong>con</strong>sidera<br />
effettuata l’operazione di riferimento.
Lavorazioni su<br />
beni mobili<br />
Nell’ambito delle prestazioni di servizi a cui si applicano specifiche regole<br />
derogatorie rispetto alla <strong>disciplina</strong> ordinaria, si ritiene che rivestano una<br />
particolare importanza quelle collegate all’effettuazione di lavorazioni su beni<br />
mobili.<br />
La normativa IVA “comunitaria” riguardante le prestazioni di servizi su beni<br />
mobili ha subito profonde modifiche per effetto dell’entrata in vigore, a decorrere<br />
dal 14 marzo 1997, <strong>della</strong> legge 18 febbraio 1997, n. 28, <strong>con</strong> la quale sono state<br />
recepite le norme di semplificazione in materia di imposta sul valore aggiunto sui<br />
traffici internazionali <strong>con</strong>tenute nella Direttiva Comunitaria del 10 aprile 1995, n.<br />
95/7/CE. Le modifiche normative sopra citate, da un punto di vista sostanziale,<br />
hanno mutato natura alle operazioni di <strong>con</strong>segna di beni sottoposti a lavorazione<br />
in dipendenza di <strong>con</strong>tratti d’opera, appalto e simili, <strong>con</strong> l’utilizzo in tutto o in<br />
parte di materie prime o di beni forniti dal committente o da terzi per suo <strong>con</strong>to;<br />
tali operazioni non rientrano più, come era in origine, tra quelle assimilate alle<br />
cessioni od agli acquisti intracomunitari, essendo ora da qualificare come<br />
prestazioni di servizi intracomunitari.<br />
Le stesse modifiche hanno, inoltre, comportato un effetto “unificante”,<br />
permettendo di assoggettare alla medesima <strong>disciplina</strong> appositamente prevista<br />
per i servizi, operazioni che in precedenza erano regolate diversamente, a<br />
se<strong>con</strong>da che fossero assimilabili alle cessioni/acquisti oppure fossero <strong>con</strong>siderate<br />
quali operazioni “non imponibili” ai sensi dell’art. 58, comma 2, del D.L. n.<br />
331/1993.<br />
Le modifiche sopra citate sono state attuate <strong>con</strong> l’abrogazione dell’art. 38,<br />
comma 3, lett. a), del D.L. n. 331/1993 (riguardante gli acquisti intracomunitari<br />
“assimilati”), dell’art. 41, comma 2, lett. a) del D.L. n. 331/1993 (riguardante le<br />
cessioni intracomunitarie non imponibili “assimilate”) e dell’art. 58, comma 2, del<br />
D.L. n. 331/1993 (riguardante le operazioni di perfezionamento e le<br />
manipolazioni usuali <strong>con</strong>siderate “non imponibili”).<br />
Nel <strong>con</strong>tempo, è stato introdotto il comma 4-bis all’interno dell’art. 40, del D.L.<br />
n. 331/1993; tale disposizione <strong>disciplina</strong> il criterio di territorialità applicabile “a<br />
tutte le prestazioni di servizi, di qualsiasi tipo, aventi ad oggetto i beni mobili<br />
comunitari” (cfr., Circolare n. 145/E del 10 giugno 1998, paragrafo n. 3).<br />
L’attuale formulazione dell’art. 40, comma 4 bis, del D.L. n. 331/1993 si segnala,<br />
oltre che per l’effetto “unificante” già sottolineato, per il suo ampio <strong>con</strong>tenuto,<br />
31
comprendendo al suo interno prestazioni anche molto diverse tra loro che<br />
vengono comunque omogeneizzate ai fini dell’applicazione di un comune criterio<br />
di territorialità.<br />
Le prestazioni di servizi rientranti nella previsione normativa comprendono quelle<br />
di <strong>con</strong>segna, in presenza di un <strong>con</strong>tratto d’opera, di appalto e simili, di beni<br />
prodotti, montati o assiemati utilizzando in tutto o in gran parte materie prime o<br />
beni forniti dal committente (si tratta <strong>della</strong> stessa fattispecie prima <strong>disciplina</strong>ta<br />
come cessione/acquisto intracomunitario assimilato ex artt. 41 e 38),<br />
lavorazione, modificazione, adattamento, trasformazione e riparazione di beni<br />
(rientranti tra le operazioni di “perfezionamento” di cui all’art. 1, comma 3, lett.<br />
h, del Regolamento CEE n. 1999 del 16 luglio 1985), quelle relative a<br />
manutenzioni e manipolazioni usuali in genere (intese a garantire la<br />
<strong>con</strong>servazione di beni oppure a migliorarne la presentazione o la qualità<br />
commerciale o a prepararne la distribuzione o la rivendita nell’accezione di cui<br />
all’art. 18 del Regolamento CEE n. 2503 del 25 luglio 1988), nonché le perizie<br />
relative a beni mobili.<br />
Non rientrano invece nella previsione del medesimo art. 40, comma 4 bis, le<br />
prestazioni di lavorazione, trasformazione, montaggio, assiemaggio o<br />
adattamento ad altri beni effettuate dallo stesso soggetto cedente italiano (o da<br />
terzi) per <strong>con</strong>to del soggetto cessionario (italiano) su beni ceduti in Italia e<br />
trasportati o spediti in altro Stato membro a cura o a nome del cedente (in<br />
questo caso, le prestazioni di servizi sono <strong>con</strong>nesse a cessioni di beni <strong>con</strong>siderate<br />
operazioni “interne” non imponibili ai sensi dell’art. 58, comma 1, del D.L. n.<br />
331/1993, il quale regola la transazione definita come “triangolare nazionale”),<br />
né quelle finalizzate all’ottenimento del prodotto finito <strong>con</strong> le caratteristiche<br />
specifiche richieste dal committente utilizzando esclusivamente o in gran parte le<br />
materie prime del fornitore (in questo caso, la prestazione è eseguita senza<br />
impiegare o impiegando in minima parte beni o materie prime inviati dal<br />
committente e, quindi, deve essere ancora <strong>con</strong>siderata quale cessione di beni).<br />
Al riguardo deve osservarsi che, in presenza di <strong>con</strong>tratti d’appalto, d’opera e<br />
simili, identificare la linea di demarcazione tra le prestazioni che costituis<strong>con</strong>o<br />
servizi e quelle che danno luogo a cessioni di beni può essere cosa agevole, nelle<br />
ipotesi sopra delineate, ma anche estremamente difficile nei casi intermedi in cui<br />
32
la materia prima sia fornita in parte dal committente e in parte dal soggetto che<br />
esegue la lavorazione.<br />
In merito si è espresso anche il Ministero delle finanze che, in via interpretativa,<br />
nella Circolare n. 145/E del 10 giugno 1998, al paragrafo n. 3, ha affermato che<br />
la cessione di beni è caratterizzata da “una prevalenza <strong>della</strong> materia ceduta<br />
sull’opera prestata dal cedente” e, pertanto, per poter escludere una prestazione<br />
di servizi, i beni inviati dall’acquirente (committente) dovranno essere “di scarso<br />
valore”.<br />
La predetta circolare pone l’accento su un unico elemento, di natura e<strong>con</strong>omica,<br />
rappresentato dal valore delle materie impiegate e, correlativamente, <strong>della</strong><br />
manodopera prestata, senza approfondire in modo esaustivo la complessa<br />
problematica.<br />
Tale iniziale approccio interpretativo, è stato successivamente oggetto di riesame<br />
critico da parte dell’Agenzia delle entrate <strong>con</strong> la risoluzione n. 272/E del 28<br />
settembre 2007, il cui <strong>con</strong>tenuto è di notevole interesse in quanto riassume, in<br />
modo più organico e completo, i termini <strong>della</strong> questione, alla luce <strong>della</strong><br />
giurisprudenza <strong>della</strong> Corte di Cassazione e del più recente orientamento espresso<br />
in materia <strong>della</strong> Corte di Giustizia, <strong>con</strong> la sentenza del 29 marzo 2007, nella<br />
causa C-111/05.<br />
In sostanza, il criterio e<strong>con</strong>omico del “valore” di cui alla precedente circolare n.<br />
145/E viene espressamente richiamato per sottolinearne la non esaustività ed<br />
unicità; in altri termini, detto criterio può rivelarsi utile ma non decisivo nella<br />
qualificazione dell’operazione.<br />
La comune intenzione delle parti, rilevabile dal <strong>con</strong>tenuto e dalla <strong>con</strong>nessione<br />
delle clausole <strong>con</strong>trattuali e dal comportamento effettivo tenuto dalle stesse<br />
successivamente alla <strong>con</strong>clusione del <strong>con</strong>tratto, è quella che <strong>con</strong>sente in <strong>con</strong>creto<br />
di verificare se l’obbligazione principale è rappresentata da un “facere”, avente<br />
ad oggetto uno specifico risultato richiesto al prestatore del servizio dal suo<br />
committente, oppure da un “dare”, finalizzato al trasferimento <strong>della</strong> proprietà di<br />
un bene.<br />
In <strong>con</strong>clusione, il prezzo (valore) <strong>dei</strong> beni e <strong>dei</strong> servizi rappresenta solo un indice<br />
di cui si può tenere <strong>con</strong>to, non potendo, da solo, assumere un’importanza<br />
decisiva; l’attività di indagine, infatti, va svolta <strong>con</strong>siderando una molteplicità di<br />
33
Condizioni per la<br />
<strong>con</strong>figurabilità<br />
delle lavorazioni<br />
“comunitarie”<br />
elementi di natura giuridica e sostanziale e, fra quello principale costituito<br />
dall’effettiva volontà delle parti.<br />
Sulla base del disposto normativo dell’art. 40, comma 4 bis, del D.L. n.<br />
331/1993 e del <strong>con</strong>tributo interpretativo di cui alla più volte richiamata Circolare<br />
n. 145/E del 10 giugno 1998, i requisiti soggettivo ed oggettivo necessari per<br />
poter <strong>con</strong>figurare una lavorazione “comunitaria” sono i seguenti:<br />
1. il committente del servizio deve essere identificato ai fini IVA in uno Stato<br />
membro diverso da quello in cui avviene la lavorazione;<br />
2. i beni, una volta ultimata la prestazione di servizi, devono essere inviati o<br />
spediti in un altro Stato membro diverso da quello in cui avviene la<br />
lavorazione.<br />
Qualora siano verificate entrambe le <strong>con</strong>dizioni sopra indicate, ai sensi dell’art.<br />
40, comma 4 bis, del D.L. n. 331/1993 la prestazione di servizi si <strong>con</strong>sidera<br />
territorialmente rilevante nello Stato membro in cui il committente è identificato<br />
ai fini IVA.<br />
L’applicazione del sopra citato comma 4 bis avviene, per espressa previsione<br />
normativa, in deroga all’art. 7, comma 4, lett. b), del D.P.R. n. 633/1972, il<br />
quale detta la <strong>disciplina</strong> “ordinaria” riguardante le prestazioni di servizi,<br />
comprese le perizie, relative a beni mobili materiali.<br />
Se, dunque, viene meno anche solo una delle predette <strong>con</strong>dizioni, i criteri di<br />
territorialità <strong>della</strong> prestazione saranno quelli di cui al già citato art. 7, comma 4,<br />
lett. b).<br />
Ai due requisiti soggettivo ed oggettivo in precedenza indicati occorre aggiungere<br />
un ulteriore “pre requisito”, espressamente menzionato nella Circolare n. 145/E<br />
del 1998, se<strong>con</strong>do la quale i criteri specifici di territorialità di cui all’art. 40,<br />
comma 4 bis, del D.L. n. 331/1993, risultano applicabili solamente se i beni<br />
oggetto delle prestazioni di servizi sono beni “comunitari” o “immessi in libera<br />
pratica”.<br />
Anche la mancata verifica di tale “pre requisito” comporta l’applicabilità <strong>della</strong><br />
normativa ordinaria di cui al combinato disposto degli artt. 7 e 9 del D.P.R. n.<br />
633/1972.<br />
34
Adempimenti<br />
relativi alle<br />
lavorazioni<br />
comunitarie<br />
Prestazioni di<br />
servizi su beni<br />
mobili<br />
<strong>disciplina</strong>te<br />
dalla normativa<br />
interna<br />
Qualora siano rispettate tutte le <strong>con</strong>dizioni per l’applicabilità dell’art. 40, comma<br />
4 bis, del D.L. n. 331/1993, in presenza di lavorazioni comunitarie che rilevano<br />
territorialmente nello Stato membro del committente, gli adempimenti <strong>con</strong>tabili<br />
per gli operatori e<strong>con</strong>omici italiani sono i seguenti:<br />
• il prestatore del servizio emette fattura senza addebito di IVA nei<br />
<strong>con</strong>fronti del proprio committente comunitario, richiamando la norma di<br />
cui all’art. 40, comma 4 bis, del D.L. n. 331/1993 (e specificando che si<br />
tratta di prestazione non soggetta ad IVA);<br />
• il committente del servizio riceve dal prestatore soggetto IVA comunitario<br />
una fattura senza addebito d’imposta che dovrà integrare <strong>con</strong> l’IVA<br />
nazionale, ai sensi dell’art. 46 del D.L. n. 331/1993, e registrare ai sensi<br />
dell’art. 47 dello stesso decreto.<br />
La diversa qualificazione giuridica attribuita alle lavorazioni intracomunitarie<br />
nell’ambito del regime transitorio dell’IVA europea per effetto dell’introduzione<br />
del comma 4 bis nell’art. 40 sopra citato, in base alla quale le stesse non sono<br />
più cessioni di beni, ma prestazioni di servizi, ha comportato una decisa<br />
semplificazione in materia di compilazione <strong>dei</strong> modelli INTRASTAT, in quanto gli<br />
operatori e<strong>con</strong>omici nazionali non hanno più l’obbligo di compilare tali modelli<br />
(Intra 1 bis e Intra 2 bis) nella loro parte fiscale (rimane comunque l’obbligo di<br />
compilazione <strong>della</strong> parte statistica per gli operatori e<strong>con</strong>omici tenuti ad osservare<br />
la scadenza mensile di presentazione).<br />
Come già evidenziato, se non si verificano tutte le <strong>con</strong>dizioni previste dall’art. 40,<br />
comma 4 bis, del D.L. n. 331/1993 per potersi <strong>con</strong>figurare le lavorazioni<br />
“intracomunitarie”, le prestazioni di servizi su beni mobili sono assoggettate alla<br />
normativa ordinaria di cui al D.P.R. n. 633/1972.<br />
L’art. 7, comma 4, lett. b), del decreto n. 633/1972 stabilisce che: “le prestazioni<br />
di servizi, comprese le perizie, relative a beni mobili materiali e le prestazioni di<br />
servizi culturali, scientifici, artistici, didattici, sportivi, ricreativi e simili, nonché le<br />
operazioni di carico, scarico, manutenzione e simili, accessorie ai trasporti di<br />
beni, si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello Stato quando sono eseguite nel<br />
territorio stesso”.<br />
35
Lavorazioni e<br />
servizi<br />
internazionali<br />
Il requisito <strong>della</strong> territorialità viene quindi verificato quando le prestazioni di<br />
servizi vengono effettivamente eseguite in Italia mentre, se rese all’estero,<br />
risultano irrilevanti ai fini IVA.<br />
Per espressa indicazione ministeriale (cfr., Circolare n. 26/411138 del 3 agosto<br />
1979), rientrano nella previsione normativa di cui all’art. 7, comma 4, lett. b)<br />
sopra citato, oltre alle perizie, le prestazioni di servizi relative alla costruzione,<br />
riparazione, modificazione, trasformazione, manutenzione e lavorazione di beni<br />
mobili materiali (compreso l’energia elettrica, i gas naturali e simili).<br />
Con riguardo al regime IVA applicabile alle lavorazioni in ambito interno, riveste<br />
primario rilievo l’art. 9 del D.P.R. n. 633/1972 che, nel suo primo comma, al n.<br />
9), comprende tra i “servizi internazionali o <strong>con</strong>nessi agli scambi internazionali”<br />
non imponibili ai fini IVA, “i trattamenti di cui all’art. 176 del testo unico<br />
approvato <strong>con</strong> decreto del Presidente <strong>della</strong> Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43,<br />
eseguiti su beni di provenienza estera non ancora definitivamente importati,<br />
nonché su beni nazionali, nazionalizzati o comunitari destinati ad essere<br />
esportati da o per <strong>con</strong>to del prestatore del servizio o del committente non<br />
residente nel territorio dello Stato”.<br />
Ai sensi dell’art. 176 del Testo Unico delle disposizioni legislative in materia<br />
doganale richiamato dalla norma, i trattamenti ivi indicati sono i seguenti:<br />
a) lavorazione, compresi il montaggio, l’assiemaggio e l’adattamento ad altre<br />
merci;<br />
b) trasformazione;<br />
c) riparazione, compresi il riattamento e la messa a punto;<br />
d) utilizzazione, <strong>con</strong> <strong>con</strong>seguente <strong>con</strong>sumo parziale o totale, come<br />
catalizzatori, acceleratori o rallentatori di reazioni chimiche per facilitare<br />
la fabbricazione di prodotti da esportare o riesportare, esclusa<br />
l’utilizzazione delle fonti di energia, <strong>dei</strong> lubrificanti e degli attrezzi ed<br />
utensili.<br />
Importanti chiarimenti interpretativi sull’ambito applicativo <strong>della</strong> norma, sono<br />
stati forniti <strong>con</strong> la risoluzione ministeriale n. 47/E del 13 aprile 2001 dell’Agenzia<br />
36
Trasporti<br />
intracomunitari<br />
delle entrate. Nel citato intervento, infatti, viene specificato che la previsione<br />
normativa riguarda due diverse categorie di beni e, più precisamente, i beni di<br />
provenienza estera non ancora definitivamente importati, i quali <strong>con</strong>servano la<br />
<strong>con</strong>dizione giuridica di merce estera nel periodo in cui vengono sottoposti ai<br />
trattamenti previsti dall’art. 176 del T.U.L.D., ed i beni nazionali, nazionalizzati o<br />
comunitari, destinati ad essere esportati.<br />
Sulla base di tale premessa, l’Agenzia delle entrate fa discendere che la stretta<br />
<strong>con</strong>nessione tra il regime agevolativo <strong>della</strong> non imponibilità e la successiva<br />
effettuazione dell’esportazione, è prevista esclusivamente per i trattamenti<br />
eseguiti sui beni appartenenti alla se<strong>con</strong>da categoria e, quindi, sui beni nazionali,<br />
nazionalizzati o comunitari.<br />
Per i beni in regime doganale di temporanea importazione, invece, il beneficio<br />
fiscale spetta in senso oggettivo, per il fatto stesso che si tratta di beni “allo<br />
stato estero”, non assumendo valore di <strong>con</strong>dizione la successiva esportazione<br />
degli stessi al di fuori del territorio comunitario.<br />
La Risoluzione 47/E si <strong>con</strong>clude, sottolineando che il richiamo all’art. 176 del<br />
T.U.L.D. è finalizzato esclusivamente ad identificare i servizi oggetto <strong>della</strong><br />
specifica <strong>disciplina</strong> dell’art. 9, comma 1, n. 9), del D.P.R. n. 633/1972,<br />
“risultando ininfluente, ai fini <strong>della</strong> non imponibilità ad IVA, la successiva<br />
destinazione <strong>dei</strong> beni temporaneamente introdotti nel territorio dello Stato”.<br />
Anche le prestazioni di trasporto intracomunitario di beni sono state oggetto di<br />
regolamentazione specifica nel regime transitorio dell’IVA comunitaria; tale<br />
regolamentazione è stata recepita nella normativa interna <strong>con</strong> l’art. 40 del D.L.<br />
n. 331/1993 che ne sintetizza la <strong>disciplina</strong> IVA nei commi 5, 7 e 9.<br />
Ai sensi dell’art. 40, comma 5, “le prestazioni di trasporto intracomunitario di<br />
beni e le relative prestazioni di intermediazione, si <strong>con</strong>siderano effettuate nel<br />
territorio dello Stato se ivi ha inizio la relativa esecuzione a meno che non siano<br />
commesse da soggetto passivo in altro Stato membro; le suddette prestazioni si<br />
<strong>con</strong>siderano in ogni caso effettuate nel territorio dello Stato se il committente<br />
delle stesse è ivi soggetto passivo d’imposta”.<br />
Il successivo comma 7 precisa che “per trasporto intracomunitario di beni si<br />
intende il trasporto, <strong>con</strong> qualsiasi mezzo, di beni <strong>con</strong> luogo di partenza e di arrivo<br />
37
nel territorio di due Stati membri anche se vengono eseguite singole tratte<br />
nazionali nel territorio dello Stato in esecuzione di <strong>con</strong>tratti derivati.<br />
Costituis<strong>con</strong>o, altresì, trasporti intracomunitari le prestazioni di vettoriamento,<br />
rese tramite <strong>con</strong>dutture od elettrodi, di prodotti energetici diretti in altri Stati<br />
membri o da questi provenienti”.<br />
Infine, l’art. 40, comma 9 prevede che “non si <strong>con</strong>siderano effettuate nel<br />
territorio dello Stato le cessioni intracomunitarie di cui all’art. 41 nonché le<br />
prestazioni di servizio, le prestazioni di trasporto intracomunitario, quelle<br />
accessorie e le prestazioni di intermediazione di cui ai commi 4 – bis, 5, 6 e 8<br />
rese a soggetti passivi d’imposta in altro Stato membro”.<br />
Lo specifico sistema delineato nell’art. 40 del D.L. n. 331/1993, al fine di stabilire<br />
il luogo di effettuazione del servizio di trasporto, impone, in primo luogo, di<br />
verificare il luogo ove il trasporto ha avuto inizio, accertando, nel <strong>con</strong>tempo, ove<br />
il committente soggetto passivo IVA ha il proprio domicilio; se il committente ha<br />
il domicilio in uno Stato membro comunitario diverso da quello in cui ha origine il<br />
trasporto, il trasporto si <strong>con</strong>sidera invece effettuato nello Stato in cui il<br />
committente stesso è identificato ai fini IVA; se, invece, il committente è<br />
soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato italiano, la prestazione di<br />
trasporto si <strong>con</strong>sidera in ogni caso effettuata in Italia.<br />
Il meccanismo <strong>disciplina</strong>to dall’art. 40 sopra citato deroga, quindi, in presenza di<br />
trasporti “intracomunitari” di beni (e solo per questi), ai criteri generali di cui<br />
all’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972, in tema di territorialità delle prestazioni di<br />
trasporto.<br />
Per effetto dell’entrata in vigore del regime transitorio dell’IVA comunitaria, <strong>con</strong> il<br />
quale è stato introdotto il <strong>con</strong>cetto di “territorio comunitario”, si è venuta a<br />
creare una netta differenziazione tra trasporti “comunitari”, <strong>disciplina</strong>ti dall’art.<br />
40, commi 5, 7 e 9, del D.L. n. 331/1993 e trasporti non comunitari, <strong>disciplina</strong>ti,<br />
in tema di territorialità, ai sensi del combinato disposto degli artt. 7, comma 4,<br />
lett. c) e 9, comma 1, nn. 1) e 2), del D.P.R. n. 633/1972.<br />
Tale differenziazione è <strong>con</strong>fermata espressamente anche nella C.M. n. 13 del<br />
1994, dove, al paragrafo n. 4.2, viene espressamente affermato che “restano<br />
esclusi dalle suaccennate discipline i trasporti di persone (anche se<br />
intracomunitari) e i trasporti di beni verso Paesi extracomunitari, operazioni che<br />
38
<strong>con</strong>tinuano a essere regolate dalle disposizioni <strong>con</strong>tenute negli artt. 7 e 9 del<br />
D.P.R. n. 633/1972”.<br />
Da ciò <strong>con</strong>segue che la nuova normativa comunitaria non si applica ai trasporti<br />
interni di beni, i quali vengono movimentati esclusivamente nell’ambito del<br />
territorio dello Stato, né ai trasporti di beni in importazione ed esportazione (per<br />
tali prestazioni resta applicabile la <strong>disciplina</strong> ordinaria).<br />
Per individuare il regime IVA di territorialità applicabile, quindi, è necessario<br />
verificare in via preliminare la natura “intracomunitaria” o meno del trasporto di<br />
beni.<br />
Per esplicita previsione normativa, il trasporto intracomunitario di beni viene<br />
identificato nel “trasporto, <strong>con</strong> qualsiasi mezzo, di beni <strong>con</strong> luogo di partenza e di<br />
arrivo nel territorio di due Stati membri”; a nulla rilevando l’eventuale<br />
attraversamento di territorio appartenente a un Paese terzo.<br />
Come precisato al paragrafo n. 4.2, <strong>della</strong> C.M. n. 13/1994, “i trasporti di beni<br />
nell’ambito comunitario sono oggetto di una nuova <strong>disciplina</strong> nel senso che,<br />
rispetto alla previsione normativa dell’articolo 7, quarto comma, lettera c), del<br />
D.P.R. n. 633 del 1972, viene meno il <strong>con</strong>cetto <strong>della</strong> rilevanza territoriale per la<br />
parte di trasporto eseguita nel territorio dello Stato, in quanto gli stessi vengono<br />
presi in <strong>con</strong>siderazione nella loro globalità, cioè a dire dal punto di partenza a<br />
quello di arrivo” (il nuovo <strong>con</strong>cetto di “globalità” del servizio è ribadito anche<br />
dalla R.M. n.89/E/VII-15-999 del 23 aprile 1997).<br />
La stessa Circolare n. 13/1994 specifica inoltre che per “luogo di partenza” si<br />
intende il luogo in cui inizia effettivamente il trasporto <strong>dei</strong> beni e, per “luogo di<br />
arrivo”, il luogo in cui si <strong>con</strong>clude effettivamente il trasporto <strong>dei</strong> beni.<br />
Come si evince dalla norma di cui all’art. 40 del D.L. n. 331/1993, la nozione di<br />
trasporto “intracomunitario” assume <strong>con</strong>notati prettamente oggettivi, essendosi<br />
attribuito decisivo rilievo al fatto materiale del passaggio fisico <strong>dei</strong> beni<br />
trasportati tra gli Stati membri e non avendo attribuito alcuna importanza allo<br />
status soggettivo per prestatore del servizio (comunitario o extracomunitario).<br />
La stessa irrilevanza viene estesa anche all’altro parametro soggettivo,<br />
rappresentato dallo status del committente (comunitario o extracomunitario),<br />
come dimostra lo stesso Ministero delle finanze che, nella Circolare n. 13/1994,<br />
paragrafo n. 4.2, nei casi esaminati alle lettere d) ed e), dimostra di applicare le<br />
39
Normativa<br />
ordinaria del<br />
D.P.R. n. 633/1972<br />
per i trasporti<br />
regole di territorialità dettate dall’art. 40, commi 5 e 7, del D.L. n. 331/1993, pur<br />
in presenza di committente extracomunitario.<br />
Per qualificarsi un trasporto di beni come “intracomunitario”, è dunque<br />
necessario e sufficiente che il trasporto abbia inizio e fine in due diversi Paesi<br />
membri <strong>della</strong> Comunità europea, risultando ininfluente la <strong>con</strong>temporanea<br />
presenza <strong>dei</strong> requisiti soggettivi legati alla <strong>con</strong>dizione di soggetto passivo<br />
identificato ai fini IVA del prestatore del servizio di trasporto e del committente.<br />
Il requisito soggettivo rileva, invece, ai fini degli adempimenti formali di<br />
fatturazione e registrazione <strong>con</strong> le regole di cui agli artt. 46 e 47 del D.L. n.<br />
331/1993.<br />
In altri termini, nel caso di prestatore del servizio o di committente residenti in<br />
Paesi extracomunitari e quindi non registrati ai fini IVA in nessuno Stato<br />
membro, si può fondatamente affermare che, pur <strong>con</strong>figurandosi prestazioni di<br />
trasporto di beni intracomunitarie e, quindi, “sostanzialmente” comunitarie ai fini<br />
dell’art. 40, commi 5 e 7, le stesse non sono “tecnicamente” prestazioni di servizi<br />
comunitarie agli effetti <strong>della</strong> fatturazione attiva e passiva (art. 46, commi 1 e 2)<br />
e <strong>della</strong> registrazione (art. 47) se<strong>con</strong>do la normativa di cui al D.L. n. 331/1993.<br />
Ai fini dell’applicazione <strong>della</strong> normativa “ordinaria” o “comunitaria” ai servizi di<br />
trasporto di beni, in tema di territorialità delle prestazioni, si rende, quindi,<br />
necessario verificare preliminarmente le modalità di esecuzione del trasporto: se<br />
il trasporto avviene tra due Stati membri comunitari si applica il regime IVA<br />
specifico comunitario; se, invece, il trasporto riguarda beni in importazione o in<br />
esportazione (oppure movimentati esclusivamente in Italia) si applica la<br />
normativa ordinaria di cui al D.P.R. n. 633/1972.<br />
Oltre ai trasporti di beni che iniziano oppure terminano in uno Stato estero non<br />
appartenente alla Comunità europea, sono soggetti alla normativa ordinaria di<br />
cui al combinato disposto degli artt. 7, comma 4, lett. c) e 9, comma 1, n. 2),<br />
del D.P.R. n. 633/1972 anche i trasporti interni, relativi a beni che vengono<br />
trasferiti comunque nell’ambito del territorio dello Stato.<br />
Ai sensi dell’art. 7, quarto comma, lett. c), del D.P.R. n. 633/1972: “le<br />
prestazioni di trasporto si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello Stato in<br />
proporzione alla distanza ivi percorsa” (criterio di territorialità “proporzionale”).<br />
Ai sensi dell’art. 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972, sono ricompresi tra i<br />
“servizi internazionali o <strong>con</strong>nessi agli scambi internazionali” non imponibili ai fini<br />
40
IVA “i trasporti relativi a beni in esportazione, in transito o in importazione<br />
temporanea, nonché i trasporti relativi a beni in importazione i cui corrispettivi<br />
sono assoggettati all’imposta a norma del primo comma dell’art. 69”.<br />
Sulla base del <strong>con</strong>tenuto <strong>della</strong> previsione normativa sopra riportata, pertanto, è<br />
opportuno suddividere le fattispecie di trasporto assoggettate al regime di non<br />
imponibilità come segue:<br />
1. trasporti relativi a beni in esportazione, transito e temporanea<br />
importazione;<br />
2. trasporti relativi a beni in importazione definitiva i cui corrispettivi sono<br />
stati assoggettati ad IVA al momento dello sdoganamento presso la<br />
dogana di entrata nel territorio <strong>della</strong> Comunità europea.<br />
Quanto ai trasporti di cui al punto 2, occorre, infatti, richiamare la disposizione<br />
specifica di cui all’art. 69, comma 1, primo capoverso, del D.P.R. n. 633/1972 il<br />
quale, stabilisce espressamente che: “l’imposta è commisurata, <strong>con</strong> le aliquote<br />
indicate nell’art. 16, al valore <strong>dei</strong> beni importati, determinato ai sensi delle<br />
disposizioni in materia doganale, aumentato dell’ammontare <strong>dei</strong> diritti doganali<br />
dovuti, ad eccezione dell’imposta sul valore aggiunto, nonché dell’ammontare<br />
delle spese d’inoltro fino al luogo di destinazione all’interno del territorio <strong>della</strong><br />
Comunità che figura sul documento di trasporto sotto la cui scorta i beni sono<br />
introdotti nel territorio medesimo”.<br />
Per i trasporti di cui al precedente punto 1, opera il criterio di “territorialità<br />
proporzionale”; da ciò <strong>con</strong>segue che la tratta di trasporto effettuata al di fuori del<br />
territorio dello Stato è irrilevante ai fini <strong>della</strong> territorialità e da ciò deriva che i<br />
relativi corrispettivi sono fuori del campo applicativo dell’IVA.<br />
La tratta di trasporto effettuata all’interno del territorio dello Stato è invece<br />
rilevante ai fini <strong>della</strong> territorialità ed ai relativi corrispettivi si applica il regime di<br />
“non imponibilità” ex art. 9, comma 1, n.2), del D.P.R. n. 633/1972.<br />
Tale meccanismo applicativo è stato più volte ribadito dal Ministero delle finanze<br />
(cfr., in tal senso, R.M. n. 427246 del 3 ottobre 1985; R.M. n. 425079 del 27<br />
41
marzo 1984; R.M. n. 391059 del 23 marzo 1983; R.M. n. 420136 del 15 febbraio<br />
1980).<br />
Come emerge dallo schema proposto, solo la tratta “interna” è <strong>con</strong>siderata<br />
rientrante nel regime applicativo dell’IVA, anche se il relativo corrispettivo è non<br />
imponibile ai sensi dell’art. 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972 e,<br />
limitatamente ad essa, sorgono gli obblighi di fatturazione e registrazione del<br />
corrispettivo non imponibile.<br />
Nel caso in cui le prestazioni di trasporto, per la tratta effettuata in Italia, siano<br />
eseguite da un soggetto non residente che non ha una stabile organizzazione (o<br />
un rappresentante fiscale appositamente nominato) nel territorio dello Stato, gli<br />
adempimenti <strong>con</strong>tabili di fatturazione e registrazione dovranno essere osservati<br />
dal soggetto e<strong>con</strong>omico committente nazionale mediante emissione di<br />
“autofattura” per l’importo non imponibile, ai sensi del combinato disposto degli<br />
artt. 17, comma 3 e 21, comma 5, del D.P.R. n. 633/1972.<br />
Come si può notare, da tale meccanismo applicativo del regime IVA deriva la<br />
necessità di redigere <strong>con</strong> precisione e <strong>con</strong> gli opportuni riferimenti normativi la<br />
fattura relativa al trasporto, <strong>con</strong> l’ulteriore complicazione di scomporre il<br />
corrispettivo complessivo in due diverse “parti”, quella esclusa da IVA e quella<br />
non imponibile.<br />
Al riguardo, in assenza di prescrizioni normative, il Ministero delle finanze si è<br />
limitato a ri<strong>con</strong>oscere le obiettive difficoltà pratiche di determinare esattamente<br />
l’entità del trasporto <strong>con</strong>nesso alle singole tratte ed ha individuato in via<br />
interpretativa, per casi specifici, percentuali forfetarie idonee a quantificare le<br />
tratte di trasporto che si <strong>con</strong>siderano come percorse all’interno del territorio dello<br />
Stato (per i trasporti internazionali marittimi, è stata stabilita la misura del 5%<br />
dell’intero trasporto; cfr., in tal senso, C.M. n. 11/420390 del 7 marzo 1980;<br />
R.M. n. 390427 del 31 ottobre 1983 e R.M. n. 427246 del 3 ottobre 1985;<br />
mentre è stata fatta pari al 38% dell’intero trasporto la tratta interna per i servizi<br />
internazionali di trasporto aereo; cfr., R.M. n. 89/E/VII – 15 – 999 del 23 aprile<br />
1997).<br />
Deve, inoltre, essere sottolineato che il regime di “non imponibilità” di cui al più<br />
volte citato art. 9 si applica esclusivamente ai trasporti internazionali, quelli cioè<br />
relativi ad operazioni di esportazione, transito od importazione temporanea, la<br />
42
Servizi di<br />
trasporto di beni<br />
nei <strong>rapporti</strong> <strong>con</strong><br />
San Marino<br />
cui effettuazione deve essere opportunamente dimostrata per giustificare il<br />
mancato assoggettamento ad IVA.<br />
Quanto al problema rappresentato dall’onere probatorio, in un primo tempo il<br />
Ministero delle finanze affermò che il vettore doveva indicare, sulle fatture<br />
relative ai servizi di trasporto di beni in esportazione , gli “estremi <strong>della</strong> bolletta<br />
doganale di esportazione <strong>con</strong>cernente i beni trasportati” (C.M. n. 62/ 539917 del<br />
3 novembre 1973); successivamente, è stato precisato che tali indicazioni non<br />
sono obbligatorie, ma opportune, essendo finalizzate a facilitare un rapido<br />
<strong>con</strong>trollo sulla legittimità del regime di non imponibilità ai fini IVA (sul punto si<br />
vedano la R.M. n. 520938 del 3 maggio 1976; la R.M. n. 411770 del 22 marzo<br />
1977 e la R.M. n. 392245 del 1° giugno 1983).<br />
Per i trasporti di cui al punto 2), relativi a beni in importazione definitiva, oltre al<br />
criterio di “territorialità proporzionale” già esaminato in precedenza, trova<br />
applicazione un altro importante principio, in base al quale il regime di non<br />
imponibilità per i corrispettivi relativi alla tratta “interna” è fruibile<br />
esclusivamente nei limiti di importo in cui i corrispettivi stessi sono assoggettati<br />
ad IVA a norma dell’art. 69, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972.<br />
Con la modifica apportata al sopra citato articolo per effetto <strong>della</strong> legge 18<br />
febbraio 1997, n. 28, <strong>con</strong> la quale sono state recepite le disposizioni comunitarie<br />
introdotte <strong>con</strong> la Direttiva 95/7/CE del 5 aprile 1995, è stato previsto che nel<br />
valore delle merci oggetto di sdoganamento presso la dogana di entrata nel<br />
territorio comunitario, devono essere comprese anche le spese di inoltro fino al<br />
luogo di destinazione all’interno dello Stato membro risultante dal documento di<br />
trasporto.<br />
Come già nel caso delle intermediazioni, anche per i servizi di trasporto si ritiene<br />
utile completare il quadro <strong>della</strong> <strong>disciplina</strong> esaminando il trattamento delle<br />
prestazioni in questione nei <strong>rapporti</strong> <strong>con</strong> operatori di San Marino.<br />
Un esempio in cui emergono aspetti peculiari dovuti all’intervento nell’operazione<br />
di soggetti sammarinesi, è rappresentato dai servizi di trasporto di beni da San<br />
Marino all’Italia.<br />
In questo caso, occorre sottolineare che non sussistono i presupposti per<br />
<strong>con</strong>figurare un trasporto intracomunitario, dal momento che, ai sensi di quanto<br />
previsto dall’art. 40, comma 7, del D.L. n. 331/1993, “per trasporto<br />
43
intracomunitario di beni si intende il trasporto, <strong>con</strong> qualsiasi mezzo, di beni <strong>con</strong><br />
luogo di partenza e di arrivo nel territorio di due Stati membri”.<br />
Non potendosi applicare la <strong>disciplina</strong> comunitaria, in quanto San Marino non<br />
appartiene al territorio fiscale europeo, la normativa di riferimento è costituita<br />
dal combinato disposto degli artt. 7, comma 4, lett. c) e 9, comma 1, n. 2), del<br />
D.P.R. n. 633/1972.<br />
Ai fini IVA, pertanto, rileva solo la tratta di percorso effettuata in Italia, in base<br />
al principio di territorialità proporzionale statuito nella lett. c) del quarto comma<br />
dell’art. 7, anche se l’imposta potrebbe risultare non applicabile in base al<br />
disposto dell’art. 9, comma 1, n. 2), il quale prevede il regime di non imponibilità<br />
per i servizi internazionali di trasporto di beni.<br />
Tale ultima norma, tuttavia, stabilisce che costituis<strong>con</strong>o servizi internazionali i<br />
trasporti di beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea,<br />
“nonché i trasporti relativi a beni in importazione i cui corrispettivi sono<br />
assoggettati all’imposta a norma del primo comma dell’art. 69”. Il beneficio <strong>della</strong><br />
non imponibilità spetta, quindi, limitatamente ai corrispettivi sui quali è stata<br />
liquidata l’IVA in dogana all’atto dell’ importazione definitiva <strong>dei</strong> beni nel<br />
territorio dello Stato.<br />
Ai sensi dell’art. 69, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, l’IVA è calcolata sul<br />
valore <strong>dei</strong> beni oggetto d’importazione, aumentato dell’importo <strong>dei</strong> diritti<br />
doganali dovuti “nonché dell’ammontare delle spese di inoltro fino al luogo di<br />
destinazione all’interno del territorio <strong>della</strong> Comunità”; fra le “spese di inoltro”<br />
rientrano, per espressa previsione ministeriale (C.M. n. 145/E del 10 giugno<br />
1998, par. 2.2), anche le prestazioni di trasporto.<br />
Nei <strong>rapporti</strong> <strong>con</strong> San Marino aventi ad oggetto cessioni o acquisti di beni,<br />
sebbene si tratti di operazioni di esportazione ed importazione (sulla base di<br />
quanto previsto dalla normativa di cui all’art. 71 del D.P.R. n. 633/1972 e del<br />
D.M. 24 dicembre 1993), non è tuttavia previsto l’intervento <strong>della</strong> dogana, <strong>con</strong> la<br />
<strong>con</strong>seguenza che non si dà luogo alla determinazione <strong>della</strong> base imponibile <strong>con</strong> le<br />
regole del citato art. 69, il quale si applica alle sole introduzioni di beni per le<br />
quali vengono espletate le pratiche doganali d’importazione definitiva.<br />
Ne deriva che, per le prestazioni di trasporto di beni provenienti da San Marino<br />
(territorialmente rilevanti in Italia ai sensi dell’art. 7, comma 4, lett. c), risulta<br />
44
dovuta l’imposta <strong>con</strong> l’aliquota ordinaria, non essendo applicabile il regime di non<br />
imponibilità di cui all’art. 9, comma 1, n. 2), e ciò nonostante che l’introduzione<br />
<strong>dei</strong> beni nel territorio dello Stato realizzi, ai fini fiscali, un’importazione definitiva.<br />
Una rigorosa interpretazione letterale dell’art. 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. n.<br />
633/1972, potrebbe dunque implicare fenomeni di doppia imposizione quando il<br />
vettore nazionale fattura <strong>con</strong> IVA il trasporto al committente sammarinese (per<br />
la tratta italiana) e, quest’ultimo (che è anche il cedente), addebita il costo del<br />
trasporto al cliente italiano acquirente <strong>dei</strong> beni. In questo caso, infatti,<br />
l’operatore e<strong>con</strong>omico residente, in presenza di acquisti da San Marino, assolve<br />
l’IVA sull’importo complessivo rappresentato dal prezzo <strong>dei</strong> beni e dal costo<br />
accessorio del trasporto. Tale distonia richiederebbe, pertanto, un intervento<br />
interpretativo da parte dell’Amministrazione finanziaria.<br />
I principali casi relativi ai servizi di trasporto di beni che prevedono l’intervento<br />
di operatori sammarinesi, in veste di vettori o di committenti, sono riportati nella<br />
seguente tabella, completa <strong>dei</strong> riferimenti normativi alla <strong>disciplina</strong> dell’IVA<br />
interna ed intracomunitaria applicabili alle diverse fattispecie.<br />
45
Vettore Committente<br />
R.S.M. ITA<br />
R.S.M. ITA<br />
R.S.M. ITA<br />
R.S.M. ITA<br />
R.S.M. ITA<br />
ITA R.S.M.<br />
ITA R.S.M.<br />
ITA R.S.M.<br />
Operazione di<br />
riferimento<br />
Trasporto<br />
ITA/CE<br />
Trasporto<br />
ITA/ITA<br />
Trasporto<br />
ITA/R.S.M. o<br />
ITA/EXTRACE<br />
Trasporto<br />
R.S.M./ITA<br />
Trasporto<br />
EXTRACE/ITA<br />
Trasporto<br />
R.S.M./ITA<br />
Trasporto<br />
ITA/R.S.M. o<br />
ITA/EXTRACE<br />
Trasporto<br />
ITA/CE<br />
46<br />
IVA e fatturazione Riferimenti<br />
IVA in Italia<br />
autofattura<br />
IVA in Italia<br />
autofattura per intero<br />
corrispettivo<br />
Autofattura non<br />
imponibile per la tratta in<br />
Italia *<br />
Autofattura <strong>con</strong> IVA<br />
per la tratta in Italia *<br />
Autofattura non<br />
imponibile o <strong>con</strong> IVA<br />
per la tratta in Italia **<br />
Fattura <strong>con</strong> IVA<br />
per la tratta in Italia*<br />
Fattura non imponibile<br />
per la tratta in Italia*<br />
Fattura <strong>con</strong> IVA<br />
per l’intero corrispettivo<br />
***<br />
art. 40, c. 5 e 7,<br />
D.L. 331/1993<br />
art. 7, c. 4, lett. c)<br />
art. 7, c. 4, lett. c)<br />
e art. 9, c. 1, n. 2)<br />
art. 7, c. 4, lett. c)<br />
art. 7, c. 4, lett. c)<br />
e art. 9, c. 1, n. 2)<br />
art. 7, c. 4, lett. c)<br />
art. 7, c. 4, lett. c)<br />
e art. 9, c. 1, n. 2)<br />
art. 40, c. 5 e 7,<br />
D.L. 331/1993<br />
* La tratta relativa al trasporto fuori del territorio nazionale è irrilevante ai fini IVA.<br />
** Il regime di non imponibilità è applicabile limitatamente ai corrispettivi assoggettabili ad IVA<br />
a norma del primo comma dell’art. 69 del D.P.R. n. 633/1972.<br />
*** In mancanza di un committente soggetto passivo IVA in uno Stato membro comunitario, il<br />
servizio si <strong>con</strong>sidera interamente effettuato nel territorio dello Stato se ivi ha inizio<br />
l’esecuzione del trasporto.
CESSIONI INTRACOMUNITARIE<br />
Il regime transitorio IVA degli scambi intracomunitari <strong>disciplina</strong> in modo specifico<br />
sia le cessioni di beni che le prestazioni di servizi nell’ambito del D.L. n.<br />
331/1993 e, in particolare, le seguenti operazioni effettuate tra operatori<br />
e<strong>con</strong>omici nazionali e soggetti residenti (o identificati ai fini IVA) in altri Stati<br />
membri dell’Unione Europea:<br />
1. cessioni di beni mobili materiali spediti o trasportati dall’Italia in altro<br />
Stato membro (art. 41, primo comma);<br />
2. acquisti di beni mobili materiali spediti o trasportati da un altro Stato<br />
membro in Italia (art. 38, commi 1 e 2);<br />
3. servizi intracomunitari appartenenti esclusivamente a quattro tipologie di<br />
prestazioni:<br />
prestazioni di servizi relative a beni mobili, sinteticamente indicate<br />
come lavorazioni intracomunitarie (art. 40, comma 4-bis);<br />
prestazioni di trasporto intracomunitario di beni e relative<br />
prestazioni di intermediazione (art. 40, commi 5 e 7);<br />
prestazioni accessorie ai servizi di trasporto intracomunitario di beni<br />
e relative prestazioni di intermediazione (art. 40, comma 6);<br />
prestazioni di intermediazione (agenzia, rappresentanza,<br />
mediazione, procacciamento d’affari) relative ad operazioni su beni<br />
mobili (tipicamente cessioni ed acquisti) (art. 40, comma 8).<br />
Per quanto <strong>con</strong>cerne le operazioni di cui ai punti 1) e 2), aventi ad oggetto le<br />
transazioni su beni mobili, il D.L. n. 331/1993 prevede una <strong>disciplina</strong> specifica, la<br />
quale risulta applicabile solo al verificarsi di determinati requisiti. Tali requisiti<br />
47
Identificazione<br />
ai fini IVA di<br />
entrambi gli<br />
operatori<br />
non sono tutti facilmente desumibili dal tenore letterale delle norme relative, e,<br />
per individuarli, occorre fare riferimento anche alla prassi interpretativa di fonte<br />
ministeriale; in particolare, risultano utili allo scopo la Circolare n. 13/E del 23<br />
febbraio 1994 e la Risoluzione n. 127/E del 7 settembre 1998. I requisiti<br />
soggettivi e oggettivi da verificare tutti <strong>con</strong>temporaneamente, in modo tassativo,<br />
per <strong>con</strong>figurare cessioni ed acquisti intracomunitari sono i seguenti:<br />
1. onerosità dell’operazione relativa a beni mobili materiali;<br />
2. trasferimento del diritto di proprietà (o di altro diritto reale) sui beni;<br />
3. effettiva movimentazione <strong>dei</strong> beni, <strong>con</strong> partenza da uno Stato membro ed<br />
arrivo a destinazione in altro Stato membro dell’U.E.;<br />
4. “status” di operatore e<strong>con</strong>omico, identificato ai fini IVA, di entrambe le<br />
parti (venditore ed acquirente);<br />
5. A tali requisiti, si deve aggiungere un altro pre-requisito, costituito dalla<br />
natura “comunitaria” <strong>dei</strong> beni oggetto delle transazioni. La rilevanza di<br />
tale ulteriore pre-requisito si desume chiaramente dal <strong>con</strong>tenuto <strong>della</strong><br />
Risoluzione n. 127/E del 7 settembre 1998, nella quale è sottolineato che,<br />
“per la realizzazione di operazioni intracomunitarie (sia acquisti che<br />
cessioni) assume rilevanza, tra l’altro, la circostanza che oggetto <strong>della</strong><br />
transazione sia un bene originario <strong>della</strong> comunità o ivi immesso in libera<br />
pratica”.<br />
Ai fini <strong>della</strong> <strong>con</strong>figurazione di una transazione intracomunitaria è necessario, in<br />
via generale, che il venditore e l’acquirente siano entrambi operatori e<strong>con</strong>omici<br />
identificati ai fini IVA nei rispettivi Stati membri di residenza. Lo “status”<br />
giuridico di soggetto passivo IVA è un requisito fondamentale nel meccanismo<br />
applicativo dell’imposta e, per tale motivo, esso ha formato oggetto di particolare<br />
attenzione da parte del legislatore nazionale tanto che, nell’art. 50, commi 1 e 2,<br />
del D.L. n. 331/1993, vengono previsti specifici obblighi ai fini di una sua<br />
puntuale verifica. Il primo comma dell’art. 50 sopra citato, stabilisce che le<br />
cessioni di beni e le prestazioni di servizi intracomunitarie sono effettuate senza<br />
applicazione dell’imposta nei <strong>con</strong>fronti di cessionari o committenti che abbiano<br />
comunicato “il numero di identificazione agli stessi attribuito dallo Stato membro<br />
di appartenenza”. L’operatore e<strong>con</strong>omico residente deve, quindi, verificare che il<br />
partner estero comunitario sia un soggetto IVA e, avuta comunicazione del suo<br />
48
Requisito<br />
dell’onerosità<br />
numero di identificazione, deve rivolgersi all’Amministrazione finanziaria<br />
(Agenzia delle entrate) che, su presentazione di specifica richiesta, ai sensi del<br />
se<strong>con</strong>do comma dello stesso art. 50, “<strong>con</strong>ferma la validità del numero di<br />
identificazione attribuito al cessionario o committente da altro Stato membro<br />
<strong>della</strong> Comunità e<strong>con</strong>omica europea, nonché i dati relativi alla ditta,<br />
denominazione o ragione sociale, e in mancanza, al nome e al cognome”.<br />
E’ inoltre necessario <strong>con</strong>trollare periodicamente che i codici identificativi degli<br />
operatori comunitari, inizialmente verificati, mantengano la loro validità anche in<br />
futuro. A tal fine, in alternativa alla procedura ordinaria presso l’Agenzia delle<br />
entrate, i <strong>con</strong>trolli periodici potrebbero essere effettuati anche collegandosi al<br />
sito Internet dell’Agenzia (http://www1.agenziaentrate.it/servizi/vies/vies.htm).<br />
Quest’ultimo è uno strumento informativo parziale che, sebbene utile nella prassi<br />
operativa e nel dimostrare la buona fede dell’operatore nazionale, non ha la<br />
stessa valenza probatoria <strong>della</strong> procedura ordinaria <strong>con</strong> l’intervento diretto degli<br />
Uffici fiscali. Al riguardo, si segnalano comunque alcune “aperture” da parte<br />
dell’Amministrazione finanziaria che <strong>con</strong>fermano la validità delle procedure<br />
informatiche se correttamente utilizzate (cfr., nota <strong>della</strong> Direzione Regionale<br />
dell’Emilia Romagna dell’8 novembre 2001). Il requisito <strong>della</strong> soggettività IVA di<br />
entrambi gli operatori e<strong>con</strong>omici coinvolti nella transazione commerciale soffre di<br />
limitate deroghe; una di queste, è quella relativa alle cessioni (o acquisti) a titolo<br />
oneroso di mezzi di trasporto nuovi trasportati o spediti in altro Stato membro<br />
dai cedenti o dagli acquirenti, ovvero per loro <strong>con</strong>to, anche se non effettuate<br />
nell’esercizio di imprese, arti o professioni e anche se l’acquirente non è soggetto<br />
passivo d’imposta (o il cedente non è soggetto d’imposta).<br />
Tra i requisiti oggettivi assume particolare rilievo quello dell’onerosità <strong>della</strong><br />
cessione. Non verificandosi tale requisito, la cessione (così come l’acquisto) non<br />
può infatti qualificarsi come intracomunitaria, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza che risulta del<br />
tutto inapplicabile la <strong>disciplina</strong> di cui al D.L. n. 331/1993.<br />
In caso di cessioni a titolo gratuito, come avviene per le spedizioni di beni in<br />
omaggio o di campioni gratuiti, si deve, pertanto, applicare la normativa interna<br />
specifica per tali tipologie di cessioni di cui al D.P.R. n. 633/1972. In sintesi, si<br />
avrà che, per gli omaggi le cui cessioni siano rilevanti ai fini IVA ai sensi dell’art.<br />
2, comma 2, n. 4), del citato decreto (ad esempio quelli di propria produzione o<br />
commercio), dovrà essere corrisposto il tributo <strong>con</strong> le regole interne; per i<br />
49
Trasferimento<br />
<strong>dei</strong> beni tra Stati<br />
membri<br />
Sentenze <strong>della</strong><br />
Corte di giustizia<br />
campioni gratuiti di modico valore appositamente <strong>con</strong>trassegnati, si <strong>con</strong>figura,<br />
invece, una cessione fuori campo applicativo IVA ex art. 2, comma 3, lett. d), del<br />
medesimo decreto 633/1972.<br />
Un ulteriore requisito per poter applicare il regime di non imponibilità previsto<br />
per le cessioni intracomunitarie, è costituito dall’effettivo trasferimento <strong>dei</strong> beni, i<br />
quali devono essere trasportati o spediti nel territorio di un altro Stato membro<br />
diverso da quello di partenza.<br />
La verifica di tale requisito impone agli operatori interessati la soluzione <strong>della</strong><br />
problematica rappresentata dalle prove da fornire all’Amministrazione finanziaria<br />
in sede di <strong>con</strong>trollo delle operazioni. Il <strong>con</strong>trollo sulla legittima applicazione del<br />
regime di non imponibilità per le operazioni poste in essere tra operatori<br />
e<strong>con</strong>omici, <strong>con</strong> assolvimento dell’imposta nello Stato membro di destinazione <strong>dei</strong><br />
beni, si presenta infatti particolarmente difficile, anche <strong>con</strong>siderando l’assenza di<br />
barriere doganali all’interno del territorio comunitario. In tale <strong>con</strong>testo, è intuibile<br />
comprendere la grande attenzione posta dagli organi di verifica, soprattutto negli<br />
ultimi anni, sulle prove dell’effettivo trasferimento <strong>dei</strong> beni, non risultando<br />
certamente sufficienti gli adempimenti previsti dalla normativa specifica, operanti<br />
sul piano formale. La richiesta di <strong>con</strong>ferma del codice identificativo IVA del<br />
partner <strong>con</strong>trattuale comunitario e la compilazione <strong>dei</strong> modelli Intrastat non<br />
offrono, infatti, sufficienti garanzie per <strong>con</strong>trastare efficacemente il fenomeno<br />
delle frodi IVA.<br />
L’assenza di disposizioni specifiche in materia di prove per le cessioni<br />
intracomunitarie, nella normativa nazionale e comunitaria, è stata in parte<br />
mitigata dalle recenti pronunce <strong>della</strong> Corte di giustizia e dai primi interventi<br />
interpretativi dell’Amministrazione finanziaria.<br />
Con le sentenze emesse in data 27 settembre 2007, nei procedimenti C - 146/05<br />
(causa “Albert Collèe”), C - 184/05 (causa “Twoh International BV”) e C - 409/04<br />
(causa “Teleos plc”), la Corte di giustizia si è pronunciata su problematiche<br />
attinenti le prove delle cessioni intracomunitarie, sebbene in riferimento a<br />
fattispecie diverse.<br />
50
In particolare, la sentenza relativa al caso “Teleos” (procedimento C - 409/04)<br />
riguarda specificamente il caso di cessioni intracomunitarie effettuate <strong>con</strong><br />
termine di resa “ex works” (Incoterms 2000). Con la citata sentenza, vengono<br />
delineati alcuni principi fondamentali che possono legittimamente assumersi<br />
come precisi riferimenti interpretativi per poter affrontare la problematica delle<br />
prove delle cessioni intracomunitarie, nonché quella, ad essa <strong>con</strong>nessa, del<br />
rapporto tra la buona fede degli operatori e la dimostrazione del loro<br />
coinvolgimento o meno nella partecipazione a frodi comunitarie.<br />
L’esame <strong>della</strong> pronuncia <strong>dei</strong> giudici comunitari <strong>con</strong>sente di “fissare” alcuni<br />
principi:<br />
1. il regime di non imponibilità per le cessioni intracomunitarie di beni è<br />
applicabile quando il fornitore prova che gli stessi sono stati spediti o<br />
trasportati in altro Stato membro; è dunque il fornitore il soggetto a cui<br />
incombe l’onere <strong>della</strong> prova (punto 42);<br />
2. spetta agli Stati membri fissare le <strong>con</strong>dizioni per l’applicazione del regime<br />
di non imponibilità delle cessioni intracomunitarie, ma, nell’esercizio <strong>dei</strong><br />
poteri <strong>con</strong>feriti dalle direttive, ciò deve avvenire nel rispetto <strong>dei</strong> principi<br />
generali dell’ordinamento giuridico comunitario, quali i principi di certezza<br />
del diritto e di proporzionalità (punto 45);<br />
3. i provvedimenti che possono adottare gli Stati membri per assicurare la<br />
riscossione dell’imposta ed evitare le frodi, non possono essere utilizzati<br />
in modo tale da mettere in discussione la neutralità dell’IVA (punto 46).<br />
Quale naturale <strong>con</strong>seguenza del principio <strong>della</strong> certezza del diritto, nella sentenza<br />
citata viene sottolineata la necessità che i soggetti passivi “abbiano <strong>con</strong>oscenza<br />
<strong>dei</strong> loro obblighi fiscali prima di <strong>con</strong>cludere un’operazione” (punto 48).<br />
Quanto al principio di proporzionalità, la Corte, in <strong>con</strong>formità al <strong>con</strong>solidato<br />
orientamento giurisprudenziale espresso in sede comunitaria, ribadisce che i<br />
provvedimenti adottati dagli Stati membri per raggiungere efficacemente<br />
l’obbiettivo di tutelare il diritto erariale alla riscossione dell’imposta, “non devono<br />
eccedere quanto è necessario a tal fine”(punto 53).<br />
51
In merito al principio di neutralità, infine, viene evidenziato, che esso osta a che<br />
operazioni analoghe, “che si trovano quindi in <strong>con</strong>correnza tra di loro, siano<br />
trattate in maniera diversa sotto il profilo dell’Iva” (punto 59).<br />
Le Amministrazioni <strong>dei</strong> singoli Stati membri devono quindi mettere i soggetti<br />
passivi nella <strong>con</strong>dizione di applicare le norme <strong>con</strong>oscendone a priori la relativa<br />
<strong>disciplina</strong> e senza addossare agli stessi oneri probatori eccessivi, spropositati<br />
rispetto all’esigenza di tutela <strong>della</strong> riscossione dell’imposta ed al <strong>con</strong>trasto <strong>della</strong><br />
frode fiscale.<br />
Sulla base di tali presupposti, la sentenza (caso “Teleos”) giunge alla <strong>con</strong>clusione<br />
che le Autorità fiscali degli Stati membri non sono autorizzate a dis<strong>con</strong>oscere<br />
l’applicazione del regime di non imponibilità <strong>della</strong> cessione intracomunitaria di<br />
beni quando, in presenza di prove esteriormente e formalmente valide acquisite<br />
dal fornitore, le stesse, a successivi <strong>con</strong>trolli, si rivelano false “senza che risulti<br />
tuttavia provata la partecipazione del fornitore medesimo alla frode fiscale, nella<br />
misura in cui ha adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere al fine di<br />
assicurasi che la cessione intracomunitaria effettuata non lo <strong>con</strong>ducesse a<br />
partecipare ad una frode siffatta”.<br />
La Corte di giustizia, quindi, ha privilegiato la buona fede del <strong>con</strong>tribuente che ha<br />
adottato tutte le precauzioni del caso, rientranti nelle sue possibilità, per<br />
sincerarsi che il trasferimento fisico <strong>dei</strong> beni avvenisse realmente; nel caso di<br />
specie, la società fornitrice (Teleos) aveva effettuato ricerche serie ed<br />
approfondite sull’affidabilità <strong>dei</strong> soggetti coinvolti nell’operazione (acquirente<br />
comunitario e gestore del deposito); inoltre, posto che le vendite avvenivano <strong>con</strong><br />
utilizzo del termine di resa “franco fabbrica” (“ex works” se<strong>con</strong>do gli Incoterms<br />
2000), per avere dimostrazione dell’avvenuto trasporto (su strada) <strong>dei</strong> beni<br />
all’estero, il fornitore richiedeva l’originale firmato <strong>della</strong> lettera di vettura (CMR).<br />
La buona fede dell’operatore e la sua estraneità alla frode fiscale, devono però<br />
essere dimostrate dal suo comportamento, rispettoso degli adempimenti legali e<br />
formali relativi alle cessioni intracomunitarie nonchè volto all’acquisizione di dati,<br />
informazioni e documenti idonei a rassicurarlo sulla ragionevole certezza che i<br />
beni venduti siano stati effettivamente trasferiti in altro Stato membro.<br />
La sentenza, pur stabilendo principi interpretativi di assoluta rilevanza, non entra<br />
nel dettaglio delle prove, lasciando, di fatto, ampi margini discrezionali alle<br />
Amministrazioni fiscali degli Stati membri. Al riguardo, infatti, né la sesta<br />
Direttiva IVA, nel testo vigente fino al 2006, né la Direttiva n. 2006/112/CE<br />
52
attualmente in vigore, <strong>con</strong>tengono disposizioni specifiche che permettano di<br />
individuare quali mezzi può utilizzare il <strong>con</strong>tribuente per assolvere tale onere<br />
probatorio, spettando “agli Stati membri fissare le <strong>con</strong>dizioni per esentare le<br />
cessioni intracomunitarie <strong>dei</strong> beni” (sentenza Twoh International BV, C - 184/05,<br />
punto 25).<br />
Ulteriore compito dell’interprete, pertanto, è quello di identificare quali sono<br />
quelle misure “ragionevoli” che il fornitore deve raccogliere, nell’ambito <strong>dei</strong><br />
poteri a sua disposizione.<br />
Partendo dalla <strong>con</strong>siderazione che l’operatore e<strong>con</strong>omico non ha certamente i<br />
poteri istruttori e le capacità d’indagine dell’Amministrazione fiscale, la<br />
valutazione <strong>dei</strong> mezzi a sua disposizione dovrebbe essere <strong>con</strong>finata nell’ottica<br />
<strong>della</strong> diligenza che i soggetti e<strong>con</strong>omici devono avere nello svolgimento delle loro<br />
attività. Quanto alla ragionevolezza delle misure da adottare, la stessa dovrebbe<br />
essere “dimensionata” sul singolo caso, a se<strong>con</strong>da <strong>della</strong> <strong>con</strong>troparte <strong>con</strong>trattuale,<br />
<strong>della</strong> natura, <strong>con</strong>tinuativa o sporadica <strong>dei</strong> <strong>rapporti</strong>, <strong>della</strong> tipologia <strong>dei</strong> mezzi di<br />
pagamento proposti dall’acquirente e dell’esistenza o meno di elementi indiziari<br />
che possano indurre a dubitare delle reali intenzioni dell’acquirente stesso.<br />
Nella sentenza sul caso Teleos, inoltre, la Corte di Giustizia sottolinea la<br />
necessità per il fornitore di adottare tutte le misure ragionevoli in suo potere,<br />
mostrando, si ritiene, di riferirsi ad un <strong>con</strong>cetto di diligenza “qualificata” e,<br />
quindi, non appiattita sui comportamenti e sulle procedure normalmente<br />
utilizzate nella prassi operativa ordinaria.<br />
In sostanza, sulla base di quanto emerge dal <strong>con</strong>tenuto delle predette sentenze<br />
e, soprattutto, da quella relativa al caso Teleos (procedimento C - 409/04), il<br />
fornitore che si accinge ad effettuare una cessione intracomunitaria dovrebbe<br />
aumentare la sua soglia di attenzione quando: si tratta di un cliente nuovo; sono<br />
proposte modalità anomale di pagamento; si tratta di operazioni articolate e<br />
complesse quanto alle modalità di trasporto ed al numero <strong>dei</strong> soggetti coinvolti.<br />
La situazione in cui il fornitore si trova ad allacciare <strong>rapporti</strong> commerciali <strong>con</strong> un<br />
nuovo cliente, del quale non sono note la serietà commerciale, l’affidabilità e la<br />
correttezza nel modo di operare, potrebbe rendere opportuno acquisire, oltre al<br />
codice di identificazione IVA, anche il certificato di attribuzione <strong>della</strong> partita IVA,<br />
nonché la documentazione equivalente ad una visura camerale rilasciata dalle<br />
53
Interpretazione<br />
ministeriale<br />
Autorità competenti dello Stato membro del cliente, oppure un certificato del<br />
Tribunale o di altro organo giurisdizionale competente, al fine di acquisire<br />
ulteriori dati relativi alla composizione dell’organo amministrativo, alle<br />
dimensioni ed all’operatività <strong>della</strong> <strong>con</strong>troparte <strong>con</strong>trattuale.<br />
Quanto alle prove relative all’effettivo trasporto <strong>dei</strong> beni all’estero, la situazione<br />
più a rischio è quella <strong>della</strong> vendita <strong>con</strong> termine di resa “franco fabbrica” (EX<br />
WORKS), in cui il fornitore, riducendo al minimo i propri adempimenti<br />
<strong>con</strong>trattuali, non ha usualmente alcun <strong>con</strong>trollo sullo sviluppo delle operazioni.<br />
Con riguardo al trasporto su strada, si ritiene che il ricorso alla lettera di vettura<br />
internazionale (CMR) possa costituire uno strumento di generale accettazione da<br />
parte degli organi di <strong>con</strong>trollo, in <strong>con</strong>siderazione del fatto che rappresenta la<br />
formalizzazione di un vero e proprio <strong>con</strong>tratto ove è coinvolto un soggetto,<br />
incaricato del trasporto, che, oltre ad essere terzo rispetto al venditore ed<br />
all’acquirente, è anche responsabile dell’effettivo arrivo a destinazione <strong>dei</strong> beni.<br />
Spunti interpretativi interessanti in materia di prove per le cessioni<br />
intracomunitarie di beni, sono <strong>con</strong>tenuti anche nella Risoluzione n. 345/E del 28<br />
novembre 2007, diramata dall’Agenzia delle entrate in risposta ad un’istanza<br />
d’interpello.<br />
Con la citata Risoluzione, l’Agenzia si allinea alle <strong>con</strong>clusioni di cui alle sentenze<br />
del 27 settembre 2007 <strong>della</strong> Corte di Giustizia nelle cause C - 146/05, C -<br />
184/05 e C - 409/04 sopra citate.<br />
Infatti, dopo aver ribadito che spetta agli Stati membri stabilire quali siano i<br />
mezzi di prova idonei che il <strong>con</strong>tribuente deve utilizzare per dimostrare l’effettivo<br />
invio <strong>dei</strong> beni in altro Stato membro e legittimare le cessioni intracomunitarie, si<br />
sottolinea che l’unico limite posto agli Stati membri nell’individuare tali mezzi di<br />
prova, “è rappresentato dal rispetto <strong>dei</strong> principi fondamentali del diritto<br />
comunitario, quali, la neutralità dell’imposta, la certezza del diritto e la<br />
proporzionalità delle misure adottate”.<br />
Sulla base di tali premesse, l’Agenzia <strong>con</strong>corda <strong>con</strong> la tesi prospettata dal<br />
<strong>con</strong>tribuente e <strong>con</strong>sidera sufficienti a provare l’avvenuta cessione<br />
intracomunitaria i seguenti documenti:<br />
la fattura di vendita emessa ai sensi dell’art. 41 del D.L. n. 331/1993;<br />
l’elenco Intrastat delle cessioni intracomunitarie;<br />
54
la documentazione bancaria relativa al pagamento <strong>della</strong> merce;<br />
il documento di trasporto “CMR” firmato dal trasportatore e dal<br />
destinatario per ricevuta.<br />
Al riguardo, si ritiene che la pronuncia ministeriale risulti sicuramente utile<br />
quanto alla <strong>con</strong>ferma dell’idoneità <strong>della</strong> lettera di vettura internazionale (CMR) a<br />
dimostrare l’avvenuto trasporto <strong>dei</strong> beni, anche alla luce del fatto che il quesito<br />
oggetto dell’interpello è del tutto generico e non <strong>con</strong>tiene alcun dettaglio in<br />
relazione ai termini di resa utilizzati, alle modalità operative in cui si sviluppano<br />
le transazioni commerciali ed alle caratteristiche specifiche dell’acquirente<br />
comunitario.<br />
Peraltro, nella predetta Risoluzione, viene sottolineata l’obbligatorietà di<br />
<strong>con</strong>servare, oltre alla documentazione bancaria, “copia degli altri documenti<br />
attestanti gli impegni <strong>con</strong>trattuali che hanno dato origine alla cessione<br />
intracomunitaria”.<br />
Con tale ultima espressione, l’Agenzia si riferisce ad un aspetto documentale,<br />
<strong>con</strong>cernente la formalizzazione <strong>dei</strong> <strong>con</strong>tratti, non indicato nel quesito sottoposto<br />
ad interpello e, inoltre, non esattamente delineato; al riguardo, non è chiaro se il<br />
riferimento è all’eventuale corrispondenza scambiata, anche in forma di posta<br />
elettronica o fax, oppure se il riferimento sia relativo ad obblighi di<br />
documentazione intesi in senso più stringente e complesso, rappresentati, per<br />
esempio, da un vero e proprio <strong>con</strong>tratto in forma scritta.<br />
Peraltro, dal tenore del quesito posto dalla società istante, si deduce che il<br />
venditore è probabilmente in possesso anche <strong>della</strong> copia <strong>della</strong> lettera di vettura<br />
internazionale (CMR) recante la firma del destinatario appositamente richiesta, in<br />
<strong>con</strong>siderazione del fatto che, normalmente al soggetto mittente, è <strong>con</strong>segnato il<br />
solo originale <strong>con</strong> la firma propria e quella apposta dal trasportatore.<br />
Per questo ed altri motivi, si ritiene che, nonostante la genericità del quesito,<br />
non possa ancora attribuirsi valenza generale all’interpretazione fornita <strong>con</strong> la<br />
Risoluzione n. 345/E e che siano necessarie, per <strong>con</strong>siderare definitivamente<br />
risolti i problemi attribuiti all’onere probatorio a carico del venditore, ulteriori<br />
precisazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria.<br />
Al riguardo, non appare decisiva neppure la più recente risoluzione n. 477/E del<br />
15 dicembre 2008, <strong>con</strong> la quale l’Agenzia delle entrate, chiamata a precisare la<br />
55
portata <strong>della</strong> propria precedente pronuncia, si limita ad affermare che il<br />
riferimento al documento di trasporto <strong>con</strong>tenuto nella risoluzione n. 345/E del<br />
2007 ha un valore “meramente esemplificativo” e che, <strong>con</strong>seguentemente, nel<br />
caso in cui al trasporto non provveda il cedente nazionale, la prova del<br />
trasferimento <strong>dei</strong> beni può essere fornita “<strong>con</strong> qualsiasi altro documento idoneo a<br />
dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro”.<br />
In effetti, nonostante l’enfasi che ha accompagnato la pubblicazione del<br />
documento interpretativo, il quale avrebbe “depotenziato” la portata <strong>della</strong><br />
pronuncia del 2007, si è dell’opinione che l’intervento non esprima un <strong>con</strong>tributo<br />
interpretativo definitivo alla soluzione <strong>della</strong> problematica in esame.<br />
Del resto, anche la risoluzione n. 345/E affermava che l’esibizione del documento<br />
di trasporto “può costituire prova idonea” dell’avvenuto invio <strong>dei</strong> beni in altro<br />
Stato comunitario, ma non limitava in alcun modo il “repertorio” <strong>dei</strong> documenti<br />
utilizzabili a tale scopo (peraltro, il riferimento al documento CMR era <strong>con</strong>tenuto<br />
nella parte dedicata alla “Soluzione interpretativa prospettata dal <strong>con</strong>tribuente” e<br />
non nel paragrafo intitolato al “Parere dell’Agenzia delle entrate”).<br />
Semmai, la risoluzione potrebbe invece legittimare una lettura in chiave<br />
restrittiva <strong>della</strong> posizione dell’Agenzia, dal momento che la possibilità di provare,<br />
“<strong>con</strong> qualsiasi altro documento idoneo”, l’invio <strong>dei</strong> beni fuori dal territorio<br />
italiano, potrebbe intendersi <strong>con</strong>finata ai casi in cui non è il cedente nazionale ad<br />
effettuare il trasporto, restando per <strong>con</strong>tro necessaria l’esibizione di detto<br />
documento quando è l’operatore residente ad occuparsi <strong>della</strong> <strong>con</strong>segna o<br />
spedizione <strong>dei</strong> beni.<br />
In quest’ottica, si ritiene che mantengano la propria validità le <strong>con</strong>siderazioni<br />
svolte più sopra <strong>con</strong> riguardo alla necessità di approntare procedure rigorose e<br />
quanto più possibile formalizzate, pur dovendosi <strong>con</strong>cludere, ancora una volta,<br />
che un ulteriore intervento chiarificatore da parte dell’Amministrazione<br />
finanziaria appare senz’altro opportuno.<br />
56
ESPORTAZIONI NELLA NORMATIVA IVA<br />
Concetto di<br />
esportazione<br />
La vendita di beni nei mercati esteri obbliga l’operatore e<strong>con</strong>omico nazionale a<br />
<strong>con</strong>frontarsi <strong>con</strong> le problematiche doganali e tributarie relative alle pratiche di<br />
esportazione. In questa sede saranno esaminati alcuni aspetti ritenuti<br />
fondamentali per la corretta comprensione del <strong>con</strong>cetto di “esportazione” ed altri<br />
che, per la loro specificità, <strong>con</strong>sentono di evidenziare gli elementi caratteristici di<br />
tale <strong>con</strong>cetto e le sue implicazioni in campo tributario.<br />
La normativa di riferimento in materia di imposta sul valore aggiunto relativa alle<br />
esportazioni è principalmente <strong>con</strong>tenuta nei seguenti provvedimenti legislativi<br />
art. 8 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633: <strong>con</strong>tenente la <strong>disciplina</strong> di base<br />
delle cessioni all’esportazione;<br />
D.L. 29 dicembre 1983, n. 746, <strong>con</strong>vertito dalla legge 27 febbraio 1984,<br />
n. 17: riguardante le disposizioni specifiche sugli esportatori abituali;<br />
art. 2 <strong>della</strong> legge 18 febbraio 1997, n. 28: provvedimento <strong>con</strong> cui sono<br />
state integrate e modificate le disposizioni di cui all’art. 8 del D.P.R. n.<br />
633/1972 e quelle relative alla <strong>disciplina</strong> degli esportatori abituali;<br />
art. 13 <strong>della</strong> legge 30 dicembre 1991, n. 413: in tema di prove<br />
documentali per le triangolazioni in esportazione;<br />
art. 7 del D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471: in materia di violazioni<br />
relative alle esportazioni;<br />
art. 13 del D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472: in materia di “ravvedimento<br />
operoso”.<br />
La definizione <strong>con</strong>tenuta nell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972 presenta alcuni<br />
elementi peculiari che si rende necessario esaminare.<br />
57
Il termine utilizzato nella normativa IVA è, infatti, quello di “cessioni<br />
all’esportazione”, <strong>con</strong> ciò dandosi immediatamente <strong>con</strong>to di una possibile<br />
differenziazione rispetto alla portata più ampia che il termine “esportazione” ha<br />
nell’ambito <strong>della</strong> materia doganale.<br />
Al riguardo, si può correttamente affermare che le cessioni all’esportazione, in<br />
linea di principio, devono avere ad oggetto beni esportati dal punto di vista<br />
doganale e, quindi, usciti dal territorio comunitario; si vedrà successivamente<br />
che però non coincidono sempre <strong>con</strong> essi.<br />
Sul punto è esplicita la Circolare n. 874/33650 del 19 dicembre 1972, <strong>con</strong> la<br />
quale il Ministero delle finanze, Direzione Generale dogane, ha identificato le<br />
cessioni all’esportazione in quelle eseguite all’estero o comunque fuori dal<br />
territorio doganale ed ha precisato ulteriormente che l’art. 8, comma 1, del<br />
D.P.R. n. 633/1972, “in sostanza si richiama al <strong>con</strong>cetto doganale di<br />
“esportazione” per cui – agli effetti sia <strong>della</strong> norma stessa sia di tutte le altre<br />
norme del decreto che accennano all’esportazione - sono da <strong>con</strong>siderare<br />
esportati non solo quei beni che sono spediti o trasportati verso un Paese estero,<br />
ma anche quelli che comunque sono <strong>con</strong>siderati esportati a norma delle<br />
disposizioni doganali (ad es: beni destinati al <strong>con</strong>sumo nei territori extradoganali<br />
di Livigno e di Campione d’Italia; beni introdotti nei depositi e punti franchi….)”.<br />
L’uscita <strong>dei</strong> beni dal territorio comunitario, idoneamente provata dall’emissione<br />
<strong>della</strong> relativa documentazione presso il competente Ufficio doganale <strong>della</strong><br />
Comunità, rappresenta, però, solamente il primo elemento necessario per<br />
<strong>con</strong>figurarsi una cessione all’esportazione non imponibile ai sensi dell’art. 8 del<br />
D.P.R. n. 633/1972, essendo altresì necessario il trasferimento fisico <strong>dei</strong> beni al<br />
di fuori del territorio comunitario, <strong>con</strong> la relativa uscita risultante dalla<br />
documentazione doganale, e quello <strong>della</strong> proprietà, da intendere nell’accezione<br />
giuridica di matrice civilistica. Al <strong>con</strong>temporaneo verificarsi di entrambe le<br />
<strong>con</strong>dizioni è, quindi, applicabile il regime di non imponibilità ai fini IVA di cui al<br />
citato art. 8.<br />
L’ulteriore requisito dell’“onerosità”, invece, non appare essenziale ai fini <strong>della</strong><br />
rilevanza ai fini IVA dell’operazione, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza che può essere emessa<br />
fattura non imponibile ai sensi dell’art. 8, comma 1, del decreto IVA anche nel<br />
caso di cessioni gratuite (cosiddette cessioni “franco valuta”).<br />
58
Tipologie di<br />
cessioni<br />
all’esportazione<br />
L’irrilevanza del requisito dell’onerosità appare supportata anche<br />
dall’Amministrazione finanziaria la quale, sia pure in tema di operazioni<br />
triangolari, ha più volte ribadito che i beni possono essere inviati all’estero<br />
gratuitamente e, cioè, <strong>con</strong> la procedura del cosiddetto “franco valuta” (sul punto,<br />
cfr., C.M. 9 aprile 1981, n. 12, paragrafo A, e R.M. 4 novembre 1986, n.<br />
416596; <strong>con</strong>forme è anche l’orientamento di Assonime che, <strong>con</strong> Circolare n. 89<br />
del 1° agosto 1996, ha evidenziato la <strong>con</strong>figurabilità dell’esportazione non<br />
imponibile <strong>con</strong> riguardo alle cessioni di omaggi in favore di soggetti<br />
extracomunitari).<br />
Se, dunque, il requisito dell’onerosità non è decisivo per la rilevanza ai fini IVA<br />
dell’operazione quale cessione all’esportazione non imponibile, esso assume,<br />
invece, assoluto rilievo in relazione alla costituzione del “plafond” (che non è<br />
influenzato dalle operazioni “franco valuta”).<br />
A tale riguardo, si può richiamare la nota del Ministero delle finanze,<br />
Dipartimento delle entrate, Direzione Centrale per gli Affari Giuridici e per il<br />
Contenzioso Tributario, protocollo 10367, dell’11 febbraio 1998, dove si rileva in<br />
via preliminare che la disposizione di cui all’art. 8, primo comma, lett. a), del<br />
D.P.R. n. 633/1972 fa riferimento alle “cessioni all’esportazione” e che tale<br />
<strong>con</strong>cetto è ben diverso da quello doganale di “esportazione”.<br />
La pronuncia prosegue affermando che “l’assenza di un corrispettivo non<br />
<strong>con</strong>sente di includere l’operazione tra quelle che <strong>con</strong>corrono alla formazione del<br />
“plafond”. L’Amministrazione in passato già si è espressa in tal senso,<br />
escludendo dal computo del plafond le ipotesi di esportazioni “franco valuta”, che<br />
si verificano nel caso in cui l’operatore nazionale effettui una cessione gratuita<br />
all’esportazione” (in senso <strong>con</strong>forme è anche la successiva C.M. n. 156/E del 15<br />
luglio 1999).<br />
L’onerosità dell’operazione è, quindi, il terzo requisito che, unitamente al<br />
trasferimento fisico <strong>dei</strong> beni al di fuori del territorio comunitario ed alla<br />
traslazione <strong>della</strong> proprietà, <strong>con</strong>sente di <strong>con</strong>figurare una cessione all’esportazione<br />
rilevante a tutti gli effetti IVA ai sensi dell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972.<br />
Seguendo l’elencazione <strong>con</strong>tenuta nell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972, le cessioni<br />
all’esportazione possono tipologicamente distinguersi nelle seguenti categorie:<br />
59
Esportazioni<br />
dirette<br />
Esportazione<br />
diretta semplice<br />
senza<br />
commissionario<br />
1. esportazioni dirette (art. 8, comma 1, lett. a), a loro volta classificabili in<br />
esportazioni dirette semplici e triangolari;<br />
2. esportazioni indirette (art. 8, comma 1, lett. b);<br />
3. esportazioni “assimilate” (art. 8, comma 1, lett. c).<br />
Le esportazioni dirette sono <strong>disciplina</strong>te nel primo comma dell’art. 8 alla lettera<br />
a); ai sensi di tale disposizione, nell’ambito delle esportazioni dirette sono<br />
ricomprese fattispecie diverse a se<strong>con</strong>da degli elementi che di volta in volta le<br />
<strong>con</strong>traddistinguono. In particolare, rientrano nella previsione normativa (sempre<br />
a <strong>con</strong>dizione che i beni siano destinati al di fuori del territorio comunitario e che<br />
la cessione preveda l’effetto traslativo <strong>della</strong> proprietà) tanto le operazioni nelle<br />
quali il trasporto o la spedizione <strong>dei</strong> beni avviene a cura del soggetto cedente,<br />
oppure semplicemente a suo nome, <strong>con</strong> l’intervento di terzi (vettori o<br />
spedizionieri), quanto quelle in cui il trasferimento <strong>dei</strong> beni all’estero è effettuato<br />
tramite l’interposizione di commissionari.<br />
In caso di esportazione diretta “semplice”, effettuata avvalendosi di un vettore<br />
nazionale, il cedente emette fattura “non imponibile ex art. 8, comma 1, lett. a),<br />
del D.P.R. n. 633/1972”; la cessione a titolo oneroso costituisce “plafond”,<br />
mentre il trasportatore italiano emetterà fattura <strong>con</strong> indicazione del corrispettivo<br />
in parte “non imponibile ex art. 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972” (per<br />
la tratta italiana) ed in parte “fuori campo I.V.A. ex art. 7, comma 4, lett. c)”<br />
dello stesso decreto (per la tratta estera).<br />
La C.M. n. 35/E del 13 febbraio 1997 sottolinea che non vi è la possibilità per<br />
l’esportatore di ricorrere alla fattura differita, posto che si rende necessario<br />
esibire la fattura per l’espletamento <strong>della</strong> pratica doganale.<br />
Tali <strong>con</strong>clusioni sono state ribadite dalla stessa Amministrazione finanziaria<br />
anche successivamente all’entrata in vigore <strong>della</strong> legge 18 febbraio 1997, n. 28.<br />
Con la Risoluzione n. 108/E del 20 agosto 1998, infatti, è stato precisato che la<br />
facoltà di emettere fattura differita è limitata alle sole ipotesi in cui “più soggetti<br />
siano interessati di fatto all’operazione di esportazione e tutti debbano poter<br />
60
Sistema<br />
Comunitario di<br />
Controllo<br />
Automatizzato<br />
all’Esportazione<br />
“ECS”<br />
fornire la prova dell’effettiva uscita <strong>della</strong> merce dal territorio comunitario”, come<br />
avviene, per esempio, nel caso delle triangolazioni.<br />
Dal 1° luglio 2007, la materia delle prove dell’avvenuta esportazione <strong>dei</strong> beni è<br />
radicalmente mutata.<br />
L’ECS (Export Control System), introdotto dal Regolamento (CE) 18 dicembre<br />
2006, n. 1875, ha infatti modificato le regole (<strong>con</strong>tenute nel Regolamento 2<br />
luglio 1993, n. 2454 – Disposizioni di applicazione del Codice doganale<br />
comunitario) per la documentazione dell’uscita delle merci dal territorio<br />
comunitario. Il Sistema di Controllo delle Esportazioni (che costituisce parte del<br />
progetto AES – Sistema Automatizzato delle Esportazioni) si compone di due<br />
fasi:<br />
4. ECS fase 1 (operativa dal 1° luglio 2007) <strong>con</strong>sente di effettuare il<br />
<strong>con</strong>trollo dell’esportazione attraverso lo scambio di “messaggi telematici”<br />
fra l’ufficio doganale d’esportazione e l’ufficio doganale d’uscita;<br />
5. ECS fase 2 (operativa a partire dal 1° luglio 2009) permette la gestione<br />
<strong>della</strong> dichiarazione d’esportazione anticipata di uscita e <strong>della</strong> dichiarazione<br />
sommaria d’uscita.<br />
Le nuove procedure (illustrate dall’Agenzia delle dogane <strong>con</strong> le note n. 1434 del<br />
3 maggio 2007, n. 3677 del 25 maggio 2007, n. 3945 del 27 giugno 2007, n.<br />
4538 del 27 giugno 2007 e n. 6661 del 14 novembre 2007) prevedono che<br />
l’esportatore presenti la dichiarazione doganale, completa in ogni sua parte,<br />
all’ufficio doganale di esportazione dal quale si vedrà <strong>con</strong>segnare, una volta<br />
autorizzato lo svincolo <strong>della</strong> merce, il Documento di Accompagnamento<br />
dell’Esportazione (DAE).<br />
Il DAE, che <strong>con</strong>tiene l’MRN (numero elettronico di riferimento <strong>della</strong> dichiarazione<br />
doganale), ha la funzione di “accompagnare”, sostituendosi alla copia n. 3 del<br />
Documento Amministrativo Unico (DAU), la merce dalla dogana di esportazione<br />
alla dogana di uscita. L’ufficio di esportazione, una volta svincolata la merce,<br />
trasmette all’ufficio doganale di uscita, indicato dall’esportatore nella casella 29<br />
<strong>della</strong> dichiarazione, gli elementi <strong>della</strong> dichiarazione stessa.<br />
E’ compito del vettore quello di <strong>con</strong>segnare all’ufficio doganale di uscita il DAE<br />
rilasciato dall’ufficio di esportazione. Questo al fine di <strong>con</strong>sentire l’espletamento<br />
61
delle formalità, da parte delle Autorità doganali, che, prima del 1° luglio 2007, si<br />
basavano sui dati <strong>con</strong>tenuti nell’esemplare 3 del DAU.<br />
Sul DAE, a differenza di quanto avveniva <strong>con</strong> l’esemplare n. 3 del DAU, non<br />
viene apposto alcun timbro di “visto uscire” (che, nel sistema previgente,<br />
costituiva invece il principale mezzo di prova dell’avvenuta esportazione; al<br />
riguardo, si segnala che, in caso di smarrimento o mancato recapito del suddetto<br />
documento, l’Amministrazione finanziaria aveva elaborato un insieme di prove<br />
alternative dell’uscita <strong>della</strong> merce, riepilogate nella Circolare n. 75/D dell’11<br />
dicembre 2002, la cui validità è ora esclusa dalla stessa Agenzia delle dogane, la<br />
quale, nella nota n. 6661 del 14 novembre 2007, ha espressamente affermato<br />
che “la circolare in questione non è più applicabile per le operazioni svolte in<br />
ambito AES/ECS”). Qualora la dogana d’uscita dal territorio comunitario coincida<br />
<strong>con</strong> una dogana nazionale, l’Amministrazione (nota n. 3495 del 2007) ha<br />
previsto che il DAE non venga ri<strong>con</strong>segnato all’operatore.<br />
L’ufficio di uscita, eseguite le formalità in relazione alla merce da esportare, invia<br />
all’ufficio di esportazione il messaggio telematico “risultati di uscita”; tutto ciò<br />
deve avvenire entro il primo giorno lavorativo successivo a quello dell’uscita delle<br />
merci dal territorio doganale comunitario. Non essendovi più alcun timbro di<br />
“visto uscire” sul documento cartaceo, la prova dell’effettiva uscita delle merci<br />
dalla Comunità è quindi costituita dal citato messaggio telematico “risultati di<br />
uscita” registrato nella banca dati del sistema informativo doganale nazionale<br />
(AIDA), per la cui <strong>con</strong>sultazione gli operatori e<strong>con</strong>omici dovranno digitare l’MRN<br />
assegnato alla procedura, al momento <strong>della</strong> presentazione <strong>della</strong> dichiarazione,<br />
dall’ufficio di esportazione. L’apposizione del timbro di uscita, pertanto, resta<br />
<strong>con</strong>finata a quei casi nei quali la dogana di uscita è impossibilitata a <strong>con</strong>cludere<br />
regolarmente in ambiente ECS l’operazione d’esportazione. In tale ipotesi, il<br />
timbro sul retro del documento costituisce ancora la prova dell’avvenuta<br />
esportazione.<br />
La nota n. 1434 del 3 maggio 2007, ha chiarito che non sono incluse nell’ECS –<br />
fase 1 le esportazioni abbinate a transito o le esportazioni <strong>dei</strong> prodotti soggetti<br />
ad accisa in quanto, ai sensi di quanto disposto dagli articoli 793 ter e 793<br />
quater del Reg. (CEE) n. 2454/1993, l’appuramento del documento di<br />
esportazione DAU e la sua ri<strong>con</strong>segna al soggetto che lo ha presentato sono<br />
effettuati direttamente dall’ufficio di esportazione e non dall’ufficio di effettiva<br />
62
Esportazione<br />
diretta <strong>con</strong><br />
intervento di<br />
commissionario<br />
uscita. In tal caso, infatti, la merce è scortata sino all’uscita dal territorio<br />
comunitario non dall’esemplare 3 del DAU, ma rispettivamente, dal documento di<br />
transito, nel primo caso, e dal Documento amministrativo di accompagnamento<br />
(DAA), nel se<strong>con</strong>do caso.<br />
Per le operazioni che prevedono l’intervento di un commissionario nazionale, il<br />
cedente emette fattura “non imponibile ex art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n.<br />
633/1972”, in quanto nel rapporto tra il cedente ed il proprio commissionario si<br />
<strong>con</strong>figura un’esportazione. La cessione a titolo oneroso costituisce plafond<br />
“libero” per l’intero importo del corrispettivo fatturato (100). Il commissionario<br />
italiano, a sua volta, emette fattura “non imponibile ex art. 8, comma 1, lett. a),<br />
del D.P.R. n. 633/1972”.<br />
La cessione a titolo oneroso realizzata dal commissionario costituisce per tale<br />
soggetto plafond in parte “libero”, per (30), ed in parte “vincolato”, per (100). La<br />
differenza fra plafond libero e plafond vincolato sarà meglio approfondita nel<br />
prosieguo.<br />
Nel caso di esportazione tramite commissionario, le operazioni doganali<br />
avvengono mediante esibizione <strong>della</strong> fattura emessa da quest’ultimo al cliente<br />
extracomunitario. L’intervento del commissionario, per espressa previsione<br />
legislativa, non interrompe l’operazione di esportazione che, di fatto, viene<br />
<strong>con</strong>siderata unitariamente; in questo caso, anche se i beni vengono trasferiti al<br />
di fuori del territorio comunitario ad opera del commissionario italiano, si<br />
<strong>con</strong>siderano “esportazioni dirette” entrambi i “passaggi” (C.M. n. 28/520372 dell’<br />
11 agosto 1976) e , quindi, sia quello dal cedente (italiano) al proprio<br />
commissionario (italiano), sia quello dal commissionario (italiano) all’acquirente<br />
finale extracomunitario.<br />
Quanto alla figura del commissionario, si evidenzia che trattasi di un operatore<br />
commerciale il quale agisce, in sostanza, quale intermediario nelle operazioni di<br />
compravendita, spuntando un margine che è costituito dalla differenza tra prezzi<br />
di acquisto e prezzi di vendita; egli, infatti, agisce in nome proprio e per <strong>con</strong>to<br />
del committente, risultando soggetto destinatario delle fatture, in relazione agli<br />
acquisti di merci, e soggetto emittente delle stesse <strong>con</strong> riguardo alle cessioni nei<br />
<strong>con</strong>fronti <strong>dei</strong> cessionari esteri.<br />
Per quanto <strong>con</strong>cerne gli aspetti definitori di tale figura di intermediario,<br />
l’Amministrazione finanziaria ha avuto modo di affermare che l’impresa può<br />
63
Esportazioni in<br />
triangolazione<br />
<strong>con</strong>siderarsi una “commissionaria” solamente nel caso in cui agisca in base ad un<br />
tipico <strong>con</strong>tratto di commissione e, quindi, acquisti o venda beni “in nome proprio<br />
e per <strong>con</strong>to del committente” (R.M. n. 521060 del 6 luglio 1976).<br />
Qualora il commissionario sia un soggetto extracomunitario e le sue vendite si<br />
realizzino direttamente nel mercato estero, ove egli opera facendosi inviare le<br />
merci in deposito dal committente italiano, si realizza, invece, la fattispecie delle<br />
esportazioni “franco valuta” delle quali si è ampiamente detto in precedenza.<br />
L’art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972 comprende tra le esportazioni<br />
dirette anche quelle definite “in triangolazione”, richiamando espressamente le<br />
cessioni effettuate mediante trasporto o spedizione di beni al di fuori del<br />
territorio comunitario “a cura o a nome <strong>dei</strong> cedenti o <strong>dei</strong> commissionari, anche<br />
per incarico <strong>dei</strong> propri cessionari o commissionari di questi”.<br />
Il beneficio del regime di non imponibilità ai fini IVA viene quindi esteso anche ai<br />
<strong>rapporti</strong> trilaterali, nei quali intervengono, limitatamente alle triangolari<br />
“nazionali” in esportazione, due operatori e<strong>con</strong>omici italiani, dando luogo alla<br />
seguente <strong>con</strong>figurazione di <strong>rapporti</strong> commerciali: 1° rapporto: cedente nazionale<br />
– cessionario/venditore nazionale e 2° rapporto: cessionario/venditore nazionale<br />
– acquirente finale extracomunitario. Nelle triangolazioni sono dunque coinvolti<br />
tre soggetti: il fornitore italiano, il promotore italiano dell’operazione triangolare<br />
e l’acquirente destinatario finale <strong>dei</strong> beni extracomunitario.<br />
L’operazione si articola, quindi, su due <strong>rapporti</strong> autonomi, ma tra loro collegati<br />
dal punto di vista operativo, in quanto il promotore <strong>della</strong> triangolare incarica il<br />
proprio fornitore di provvedere al trasporto od alla spedizione <strong>dei</strong> beni nel Paese<br />
extracomunitario direttamente o tramite terzi per suo <strong>con</strong>to.<br />
Condizione assolutamente necessaria affinché possa realizzarsi l’operazione<br />
triangolare in regime di non imponibilità, infatti, è che i beni vengano trasportati<br />
o spediti all’estero “a cura o a nome” del primo soggetto del rapporto (fornitore<br />
italiano), senza che i beni stessi vengano previamente <strong>con</strong>segnati nel territorio<br />
dello Stato al soggetto promotore <strong>della</strong> triangolare (cessionario italiano).<br />
A tale ultimo riguardo, si osserva che la <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni nel territorio dello<br />
Stato avrebbe l’effetto di interrompere l’operazione triangolare, scindendola, di<br />
fatto, in due distinte operazioni commerciali: una cessione “interna”,<br />
64
assoggettata ad IVA, tra fornitore e cessionario italiani ed una cessione<br />
all’esportazione diretta, non imponibile, realizzata dal cessionario italiano<br />
promotore <strong>della</strong> triangolazione.<br />
In merito a tale problematica, è significativo richiamare la Risoluzione n. 621268<br />
del 21 febbraio 1990, <strong>con</strong> cui il Ministero delle finanze ha negato la<br />
<strong>con</strong>figurabilità <strong>della</strong> triangolazione nel caso di beni <strong>con</strong>segnati “franco dogana<br />
italiana” e, cioè, in territorio nazionale.<br />
Il se<strong>con</strong>do requisito, letto in stretta <strong>con</strong>nessione <strong>con</strong> il primo, assume una<br />
rilevanza decisiva soprattutto alla luce <strong>della</strong> C.M. n. 35/E del 13 febbraio 1997,<br />
nella quale l’Amministrazione finanziaria, alla luce dell’avvenuta soppressione<br />
<strong>della</strong> bolla di accompagnamento, ha rivisitato il sistema delle prove<br />
all’esportazione, in <strong>con</strong>siderazione delle novità introdotte per effetto dell’entrata<br />
in vigore del regime transitorio dell’IVA per gli scambi all’interno del territorio<br />
comunitario.<br />
Nel paragrafo 2 <strong>della</strong> citata Circolare, infatti, viene osservato che il “vero<br />
esportatore” è il soggetto promotore <strong>della</strong> triangolare, il quale, nel duplice ruolo<br />
di acquirente – cedente, può comprovare l’avvenuta esportazione <strong>dei</strong> beni<br />
tramite il documento doganale. L’esportazione triangolare, pertanto, sussiste<br />
solamente quando “il primo cedente comprovi di aver provveduto, su incarico del<br />
proprio acquirente, anche tramite terzi, a trasportare o spedire i beni<br />
direttamente fuori dal territorio comunitario”.<br />
Sul <strong>con</strong>cetto di trasporto o spedizione “a cura o a nome” del fornitore nazionale,<br />
sono sorte in passato pericolose incertezze interpretative che hanno indotto il<br />
legislatore ad intervenire direttamente <strong>con</strong> una sorta di interpretazione<br />
autentica, <strong>con</strong>tenuta nell’art. 13 <strong>della</strong> legge 30 dicembre 1991, n. 413.<br />
Con tale norma è stato specificato che, ai fini dell’applicazione del regime di non<br />
imponibilità di cui all’art. 8, primo comma, lettera a), del D.P.R. n. 633/1972, a<br />
nulla rileva, per la documentazione <strong>della</strong> cessione all’esportazione, che i<br />
documenti <strong>con</strong>tabili di cui all’art. 21 del decreto IVA (fatture) “siano emessi dagli<br />
spedizionieri o trasportatori nei <strong>con</strong>fronti <strong>dei</strong> cedenti o altri soggetti”.<br />
Il legislatore, quindi, ha dimostrato di ritenere ininfluente il fatto formale<br />
dell’intestazione <strong>della</strong> fattura del trasportatore o dello spedizioniere, essendo<br />
65
ammissibile la triangolazione anche in assenza di intestazione <strong>della</strong> fattura in<br />
capo al fornitore italiano.<br />
A ribadire la preminenza degli aspetti sostanziali su quelli formali è<br />
successivamente intervenuta la C.M. n. 13 del 23 febbraio 1994 che, sebbene<br />
<strong>con</strong> riferimento alla specifica fattispecie <strong>della</strong> triangolare nazionale <strong>con</strong> trasporto<br />
o spedizione <strong>dei</strong> beni in uno Stato comunitario di cui all’art. 58, comma 1, del<br />
D.L. n. 331/1993, si può fondatamente ritenere che esprima un principio di<br />
carattere generale.<br />
Nella citata Circolare è infatti affermato che “la prova che <strong>con</strong>sente di superare la<br />
presunzione di <strong>con</strong>segna nello Stato può essere rappresentata dalla<br />
documentazione relativa al trasporto ovvero da qualsiasi altro documento dal<br />
quale risulti che l’incarico del trasporto o <strong>della</strong> spedizione è stato <strong>con</strong>ferito al<br />
cedente dal proprio cessionario”.<br />
Sempre in tema di fatturazione delle spese di trasporto, l’Amministrazione<br />
finanziaria ha affrontato più direttamente il problema riguardante la definizione<br />
dell’espressione “altri soggetti” di cui all’art. 13 <strong>della</strong> legge n. 413/1991, in<br />
relazione ai possibili intestatari di tali fatture.<br />
Con la Risoluzione n. 51/E – VII – 15 – 455 del 4 marzo 1995 viene sottolineata<br />
l’ampiezza dell’espressione utilizzata nella predetta norma, la quale <strong>con</strong>sente di<br />
legittimare, nell’ambito di una operazione in triangolazione, “la possibilità di<br />
emettere fattura nei <strong>con</strong>fronti del cessionario residente, in qualità di soggetto<br />
che provvede <strong>con</strong>cretamente al pagamento <strong>della</strong> prestazione di trasporto o di<br />
spedizione pur non avendola direttamente commissionata”.<br />
Ad avviso dell’Amministrazione finanziaria, pertanto, la fattura del trasporto<br />
potrebbe essere intestata direttamente al promotore <strong>della</strong> triangolare; ciò non<br />
toglie che il trasporto o la spedizione debbano avvenire a cura o a nome del<br />
fornitore nazionale e, pertanto, “qualora in questa fase si inserisca il cessionario<br />
residente (esempio: stipula diretta del <strong>con</strong>tratto o affidamento del servizio)...,<br />
non può ritenersi realizzata l’operazione triangolare” (cfr., R.M. n. 51/E del 4<br />
marzo 1995).<br />
Alla luce di tali affermazioni, per certi versi ancora non del tutto chiare, risulta<br />
quindi certamente opportuno che il compito di curare il trasporto o la spedizione<br />
<strong>dei</strong> beni fuori del territorio comunitario venga <strong>con</strong>ferito al fornitore italiano<br />
66
espressamente in forma scritta, in modo tale da poter comunque provare<br />
l’affidamento dell’incarico.<br />
Nelle operazioni triangolari, i beni vengono trasportati o spediti direttamente in<br />
territorio extracomunitario senza essere <strong>con</strong>segnati in Italia al cessionario<br />
promotore <strong>della</strong> triangolare. In tale ipotesi, il cedente italiano (fornitore) emette<br />
fattura nei <strong>con</strong>fronti del cessionario italiano suo cliente (promotore) “non<br />
imponibile ex art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972”, in quanto nel<br />
rapporto tra cedente e cessionario italiani si realizza una esportazione. La<br />
cessione a titolo oneroso costituisce plafond “libero” per l’intero importo del<br />
corrispettivo fatturato in capo al fornitore (100).<br />
Il cessionario/venditore italiano (promotore) emette fattura “non imponibile ex<br />
art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972”. Tale cessione costituisce<br />
plafond in parte “libero”, per (30), ed in parte “vincolato”, per (100).<br />
In relazione alle “prove” all’esportazione, le stesse, se<strong>con</strong>do quanto previsto<br />
nella C.M. n. 35/E del 13 febbraio 1997, devono essere rese sia dal fornitore che<br />
dal cessionario nazionali, in quanto entrambe le operazioni in triangolazione<br />
costituis<strong>con</strong>o cessioni all’esportazione ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. a), del<br />
D.P.R. n. 633/1972.<br />
A tal fine, per gli operatori interessati, la procedura, fino al 30 giugno 2007,<br />
prevedeva che il promotore, avente la “qualifica” di esportatore, poteva provare<br />
l’esportazione <strong>con</strong> il documento doganale (DAU) su cui era apposto il visto <strong>della</strong><br />
Dogana di uscita dal territorio comunitario.<br />
Il cedente (fornitore) aveva invece due possibilità: per tale soggetto, infatti, la<br />
prova era costituita dal visto apposto sulla fattura emessa nei <strong>con</strong>fronti del<br />
proprio cessionario, dall’Ufficio doganale al momento dell’effettuazione delle<br />
pratiche di esportazione, <strong>con</strong> l’indicazione degli estremi del documento doganale<br />
emesso, integrato successivamente <strong>con</strong> la menzione dell’uscita <strong>dei</strong> beni dal<br />
territorio comunitario, apposta dallo stesso ufficio doganale su presentazione<br />
dell’esemplare del documento di esportazione recante il visto <strong>della</strong> Dogana di<br />
uscita; in alternativa, la prova poteva essere fornita <strong>con</strong>servando, insieme alla<br />
fattura di vendita, la copia o fotocopia del documento doganale vistato dalla<br />
Dogana di uscita dal territorio comunitario.<br />
Con l’avvio dal 1° luglio 2007 <strong>della</strong> Fase 1 del progetto comunitario ECS (Export<br />
Control System), come si è visto, tale situazione è radicalmente mutata.<br />
67
Sosta tecnica nella<br />
triangolazione<br />
all’esportazione<br />
Al riguardo, sebbene l’Agenzia delle dogane sia più volte intervenuta<br />
sull’operatività del nuovo sistema ECS, sottolineando la novità <strong>della</strong><br />
comunicazione elettronica del “visto uscire”, la stessa non si è pronunciata in<br />
modo chiaro ed esauriente sulle prove in tema di operazioni triangolari.<br />
In particolare, nella nota n. 3945 del 27 giugno 2007, nel paragrafo 4 dedicato<br />
alla documentazione a corredo del DAE, l’Agenzia delle dogane, dopo aver<br />
premesso che il sistema ECS supera l’uso dell’esemplare n. 3 del DAU, <strong>con</strong> lo<br />
scambio <strong>dei</strong> messaggi elettronici tra le dogane coinvolte nell’operazione di<br />
esportazione documentata dal DAE, si limita ad accennare come “nessun<br />
cambiamento interviene sull’ulteriore eventuale documentazione richiesta per<br />
motivi fiscali (ad esempio, l’apposizione del visto doganale sulle fatture<br />
commerciali in caso di triangolazioni), la cui funzione e relativa applicazione<br />
risultano al momento invariate”.<br />
Come già illustrato, l’art. 8, primo comma, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972,<br />
subordina la legittimità dell’operazione triangolare in esportazione, in regime di<br />
non imponibilità sia per il cedente che per il cessionario entrambi nazionali, alla<br />
<strong>con</strong>dizione che il trasporto o la spedizione <strong>dei</strong> beni fuori del territorio comunitario<br />
avvenga “a cura o a nome <strong>dei</strong> cedenti … anche per incarico <strong>dei</strong> propri<br />
cessionari”.<br />
Tale previsione, <strong>con</strong>tenuta anche nell’art. 58, primo comma, del D.L. n.<br />
331/1993, è stata storicamente interpretata in modo rigido dall’Amministrazione<br />
finanziaria, sempre attenta nel verificare e richiedere che l’intera operazione di<br />
esportazione non si suddividesse in due momenti, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni nella<br />
disponibilità, intesa in senso lato, del cessionario acquirente (promotore <strong>della</strong><br />
triangolazione), ma che la stessa si svolgesse “in modo diretto” tra il cedente<br />
nazionale ed il cessionario estero, destinatario finale <strong>dei</strong> beni.<br />
Ad attenuare il rigore applicativo <strong>della</strong> norma, si è visto che, <strong>con</strong> l’art. 13 <strong>della</strong><br />
legge 30 dicembre 1991, n. 413, il legislatore è intervenuto in merito all’aspetto<br />
formale dell’intestazione <strong>della</strong> fattura emessa dallo spedizioniere o dal<br />
trasportatore, specificando che l’eventuale fatturazione in capo all’acquirente<br />
cessionario italiano, promotore <strong>della</strong> triangolazione, non comporta<br />
automaticamente il venir meno dell’operazione triangolare, sempreché sia<br />
68
dimostrato che il cedente ha in ogni caso “curato” l’invio diretto <strong>dei</strong> beni<br />
all’estero.<br />
L'irrilevanza dell’aspetto formalistico, legato all'intestazione delle fatture degli<br />
spedizionieri o trasportatori, tuttavia, non risolve il problema in modo definitivo,<br />
posto che l’espressione “a cura” del cedente, presenta delicati aspetti<br />
interpretativi quanto alla sua definizione in senso sostanziale.<br />
Il fatto che il cedente debba curare il trasferimento <strong>dei</strong> beni fuori dal territorio<br />
comunitario in modo diretto, senza “tappe” intermedie e, quindi, senza<br />
interrompere la <strong>con</strong>tinuità (in senso fisico) dell’esportazione, evidenzia il<br />
problema centrale, rappresentato dal divieto di <strong>con</strong>segnare i beni al cessionario<br />
(promotore <strong>della</strong> triangolazione) nel territorio dello Stato.<br />
Al riguardo, si sottolinea come il Ministero delle finanze si sia pronunciato, <strong>con</strong><br />
un atteggiamento di notevole chiusura, negando la <strong>con</strong>figurabilità di<br />
un’operazione triangolare in ipotesi di <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni <strong>con</strong> clausola “franco<br />
dogana”.<br />
Con Risoluzione 21 febbraio 1990 n. 621268, infatti, è stato precisato che “dalla<br />
documentazione allegata (fattura emessa dalla Società D.) risulta che i beni<br />
vengono <strong>con</strong>segnati “franco dogana italiana”, cioè in territorio nazionale, per cui<br />
non si realizza la <strong>con</strong>dizione stabilita dall’art. 8, comma 1, lett, a), del richiamato<br />
D.P.R. n. 633/72, la cui disposizione, come chiarito da ultimo <strong>con</strong> Circolare n. 73<br />
del 19.12.84, prevede che nell’operazione triangolare il fornitore deve<br />
provvedere in proprio, o tramite terzi, alla spedizione o al trasporto <strong>dei</strong> beni<br />
all’estero…”.<br />
Tale orientamento è stato ribadito dalla successiva Risoluzione 10 gennaio 1991,<br />
n. 470080, sempre in riferimento a beni <strong>con</strong>segnati direttamente in dogana dal<br />
cedente e trasferiti poi all’estero dal cessionario acquirente tramite il proprio<br />
spedizioniere.<br />
Ciò che emerge dall’esame delle interpretazioni sopra richiamate, è che<br />
l’Amministrazione finanziaria ha sempre posto la massima attenzione<br />
nell’individuare il luogo di <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni, negando la <strong>con</strong>figurabilità<br />
dell’operazione triangolare quando, sulla base delle fattispecie <strong>con</strong>crete, ha<br />
ravvisato che tale luogo fosse identificabile nel territorio dello Stato.<br />
69
Risoluzione n. 72/E<br />
del 26 maggio 2000<br />
Concetto di sosta<br />
tecnica<br />
Ad avviso del Ministero delle finanze, quindi, la <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni nel territorio<br />
dello Stato ed il <strong>con</strong>seguente possesso degli stessi da parte dell’acquirente<br />
cessionario italiano rappresentano il vero punto critico dell’operazione<br />
triangolare.<br />
Proprio in relazione a tale aspetto, è intervenuta la Risoluzione n. 72/E del 26<br />
maggio 2000, aprendo interessanti spiragli idonei a mitigare l’atteggiamento<br />
rigorista storicamente assunto dall’Amministrazione finanziaria.<br />
La citata Risoluzione trae spunto dall’istanza di un istituto nazionale di ricerca<br />
che commissiona in appalto, ad imprese italiane, la costruzione di macchinari ed<br />
attrezzature da <strong>con</strong>segnare direttamente, a cura delle imprese fornitrici, presso<br />
centri di ricerca esteri.<br />
I predetti beni vengono spesso sottoposti a preventivi collaudi o a test presso<br />
centri di ricerca in Italia dello stesso istituto nazionale e, come chiaramente<br />
viene illustrato, “senza che ciò rappresenti formale e definitiva <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni<br />
in Italia, atteso che il <strong>con</strong>tratto prevede la <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> materiali esclusivamente<br />
presso i centri di ricerca all’estero a cura del cedente”.<br />
In merito ai test e collaudi cui vengono sottoposti in Italia i beni prima <strong>della</strong> loro<br />
spedizione all’estero, finalizzati a verificare la rispondenza ai requisiti costruttivi<br />
richiesti, il Ministero delle finanze afferma espressamente che gli stessi non<br />
integrano gli estremi <strong>della</strong> <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni in Italia, “trattandosi di meri fatti<br />
tecnici diretti esclusivamente a garantire la qualità e il funzionamento <strong>dei</strong> beni<br />
prima <strong>della</strong> loro spedizione”.<br />
In altri termini, viene dato rilievo alla previsione <strong>con</strong>trattuale e, quindi, alla<br />
volontà negoziale delle parti di non <strong>con</strong>siderare “<strong>con</strong>segna”, in senso giuridico, la<br />
<strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni per la mera sottoposizione a test e collaudi preventivi e, nello<br />
stesso tempo, viene sottolineata la funzione meramente tecnica <strong>dei</strong> predetti test<br />
e collaudi, volti esclusivamente ad un <strong>con</strong>trollo di qualità implicante una sorta di<br />
“sosta tecnica” prima <strong>della</strong> definitiva spedizione all’estero.<br />
Al di là del caso specifico esaminato dalla Risoluzione n. 72/E, in cui è evidente la<br />
sussistenza di elementi del tutto peculiari che hanno indotto l’Amministrazione<br />
finanziaria a “salvaguardare” l’operazione triangolare, non attribuendo natura<br />
interruttiva alla <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni in Italia all’acquirente cessionario per finalità<br />
di <strong>con</strong>trollo e collaudo, è importante evidenziare l’effetto “<strong>con</strong>gelante” attribuito<br />
70
al fatto tecnico, il quale, proprio per il suo carattere oggettivo, <strong>con</strong>nesso<br />
inscindibilmente alla spedizione all’estero, non realizza una vera e propria<br />
<strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni nel territorio dello Stato, <strong>con</strong> <strong>con</strong>seguente acquisizione del<br />
possesso da parte del soggetto promotore <strong>della</strong> triangolare.<br />
Si tratterebbe, in sostanza, di una semplice “sosta tecnica”, una sorta di tappa<br />
obbligata in vista di un’operazione di spedizione <strong>dei</strong> beni all’estero che rimane,<br />
comunque, unitariamente <strong>con</strong>cepita ed attuata.<br />
Il <strong>con</strong>cetto di sosta tecnica non è nuovo nella normativa IVA, essendo già stato<br />
elaborato, anche a livello interpretativo, nell’ambito <strong>della</strong> <strong>disciplina</strong> relativa alla<br />
soppressa bolla di accompagnamento.<br />
Con riguardo alle operazioni di esportazione, uno specifico riferimento alla sosta<br />
tecnica si rinviene nella R.M. 10 novembre 1983, n. 4134.<br />
Con la citata declaratoria, relativa all’adempimento delle formalità doganali<br />
<strong>con</strong>nesse all’esportazione, l’Amministrazione finanziaria precisò che la Dogana<br />
non è tenuta ad apporre il “visto” sul documento di accompagnamento, relativo a<br />
merce giacente in magazzini di raccolta, quando il destinatario <strong>della</strong> stessa risulti<br />
essere il gestore del magazzino.<br />
Nel passo successivo <strong>della</strong> stessa Risoluzione, al fine di dirimere i possibili dubbi<br />
interpretativi in ordine al <strong>con</strong>cetto di raccolta in magazzini <strong>dei</strong> beni destinati<br />
all’esportazione, viene ulteriormente precisato che la mancata apposizione del<br />
visto si giustifica nei casi in cui le merci vengono introdotte nei magazzini di<br />
raccolta, nell’ambito di “un vero e proprio regime di deposito e senza che per<br />
essa sia stata già stabilita dal mittente l’ulteriore definitiva destinazione”.<br />
Da ciò <strong>con</strong>segue, <strong>con</strong>clude l’interprete ministeriale, che la Dogana deve, invece,<br />
apporre il “visto” sulla bolla di accompagnamento “per quelle merci pure giacenti<br />
nei citati magazzini – da <strong>con</strong>siderare in posizione di sosta tecnica ai sensi <strong>della</strong><br />
Circolare 15/381322 del 19.3.1980 – che risultino scortate da documenti sui<br />
quali già figurino il nome del destinatario estero e la località estera di<br />
destinazione, e sempreché sulla bolla medesima non sia stato indicato il<br />
magazzino come luogo di destinazione del carico”.<br />
Dalla lettura <strong>della</strong> sopra citata Risoluzione emergono importanti elementi di<br />
valutazione.<br />
71
Viene, infatti, enunciato, sia pure in via indiretta, il <strong>con</strong>cetto di sosta tecnica che,<br />
per effetto del richiamo alla Circolare 19 marzo 1980, n. 15/381322, - paragrafo<br />
9 -, va identificata nella “sosta <strong>dei</strong> beni presso vettori o spedizionieri ai fini del<br />
raggruppamento o smistamento <strong>dei</strong> beni stessi per la prosecuzione del loro<br />
trasporto verso il destinatario indicato nella bolla di accompagnamento<br />
…(omissis) … a <strong>con</strong>dizione che la sosta sia limitata al tempo strettamente<br />
necessario per le suddette operazioni e che nella sosta non sia <strong>con</strong>figurabile<br />
l’esecuzione di un distinto rapporto di deposito”.<br />
Anche in questo caso, analogamente a quanto emerge dall'esame <strong>della</strong><br />
Risoluzione 26 maggio 2000, n. 72/E ricorrono due fondamentali elementi che<br />
legittimano la sosta di beni (fin dall’origine destinati all’esportazione) nel<br />
territorio dello Stato, uno di natura materiale e uno di carattere giuridico.<br />
Quanto al primo, deve trattarsi di fatti, accertamenti o procedure materiali ed a<br />
<strong>con</strong>tenuto tecnico e/o logistico, finalizzate a “favorire” la prosecuzione<br />
dell’operazione di esportazione e, pertanto, circoscritte temporalmente alla<br />
durata strettamente necessaria per il loro svolgimento.<br />
In relazione al se<strong>con</strong>do aspetto, per non aversi una <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni nel<br />
territorio dello Stato, <strong>con</strong> <strong>con</strong>seguente effetto “interruttivo” dell’operazione di<br />
esportazione, occorre che, da un punto di vista <strong>con</strong>trattuale, la <strong>con</strong>segna non<br />
risulti funzionale ad un rapporto di deposito o all’immissione <strong>dei</strong> beni nel<br />
possesso di un soggetto terzo (in virtù di un preciso titolo giuridico), ma si<br />
<strong>con</strong>figuri semplicemente come evento necessario all’adempimento di attività<br />
tecnico - operative legate all’esportazione <strong>dei</strong> beni stessi.<br />
Sulla base di quanto sin qui osservato, può dunque desumersi che, a livello<br />
normativo, non esiste una definizione di “sosta tecnica” all’interno dell’art. 8 del<br />
D.P.R. n. 633/1992 (o dell’art. 58 del D.L. n. 331/1993, per le triangolari<br />
nazionali <strong>con</strong> beni destinati ad altro Stato membro comunitario), in presenza<br />
<strong>della</strong> quale resti comunque garantita l'integrità dell'operazione di triangolazione<br />
<strong>con</strong> l’estero.<br />
Esistono, tuttavia, i predetti interventi interpretativi, la cui “ratio” è quella di non<br />
negare l’applicazione <strong>dei</strong> benefici <strong>con</strong>nessi alle operazioni triangolari allorché i<br />
beni, prima di essere inviati all’estero, vengono sì <strong>con</strong>segnati nel territorio dello<br />
Stato, ma tale <strong>con</strong>segna ha semplicemente la natura di "sosta tecnica" nei<br />
termini sopra delineati, inserita funzionalmente in una procedura di esportazione<br />
72
Lavorazioni<br />
nell’ambito di<br />
operazioni<br />
triangolari in<br />
esportazione<br />
diretta da parte del cedente, e ciò, in virtù di un preciso accordo negoziale <strong>con</strong> il<br />
proprio acquirente.<br />
Si tratta, comunque, di fattispecie specifiche, oggetto di risoluzioni ministeriali<br />
"ad hoc", che non autorizzano una lettura generalizzata del <strong>con</strong>cetto di sosta<br />
tecnica, idoneo, in ogni caso, a legittimare operazioni di triangolazione <strong>con</strong><br />
l’estero <strong>con</strong> previa <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni nel territorio dello Stato.<br />
In via prudenziale, è opportuno, quindi, limitare l'“apertura" interpretativa di cui<br />
alla Risoluzione n. 72/E alle sole ipotesi nelle quali la <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni dipende<br />
dall'esigenza di eseguire test o collaudi tecnici, oppure deriva da esigenze<br />
<strong>con</strong>nesse alla logistica del trasporto (raggruppamento – smistamento); in ogni<br />
altro caso, occorrerà valutare se la <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni in Italia ad un soggetto<br />
terzo rispetto al cedente possa <strong>con</strong>figurare o meno una “sosta tecnica”, la cui<br />
ricorrenza, come si è visto, non pregiudica l'operazione triangolare di<br />
esportazione.<br />
A differenza di quanto previsto nell’art. 8, comma 1, lett. b), del D.P.R. n.<br />
633/1972, riguardante le esportazioni “indirette” che avvengono a cura o per<br />
<strong>con</strong>to del cessionario estero (e di cui si dirà in seguito), nell’ambito delle<br />
esportazioni “dirette” regolate dalla lett. a) dell’art. 8, comma 1, del D.P.R. n.<br />
633/1972, i beni ceduti, destinati all’esportazione, possono essere fatturati in<br />
regime di non imponibilità anche se sono “sottoposti per <strong>con</strong>to del cessionario,<br />
ad opera del cedente stesso o di terzi, a lavorazione, trasformazione, montaggio,<br />
assiemaggio o adattamento ad altri beni”.<br />
In sostanza, il fatto che i beni vengano sottoposti a lavorazione prima di essere<br />
presentati in dogana, non determina un effetto interruttivo dell’operazione di<br />
esportazione, la quale rimane in essere <strong>con</strong>servando il suo regime IVA<br />
agevolato.<br />
Tale situazione, al ricorrere di specifici requisiti, produce un effetto analogo a<br />
quello delle operazioni triangolari <strong>disciplina</strong>te nel medesimo art. 8, comma 1,<br />
lettera a), dove l’agevolazione fiscale <strong>della</strong> non imponibilità viene <strong>con</strong>cessa ad<br />
entrambi gli operatori nazionali (fornitore <strong>dei</strong> beni e promotore <strong>della</strong> triangolare),<br />
a <strong>con</strong>dizione che i beni vengano trasportati o spediti fuori dal territorio<br />
comunitario a cura o a nome del cedente per incarico del proprio cessionario.<br />
73
La specifica <strong>disciplina</strong> dell’esportazione “<strong>con</strong>giunta”, la quale permette sia al<br />
fornitore <strong>dei</strong> beni che al prestatore <strong>dei</strong> servizi di lavorazione, entrambi residenti,<br />
di fatturare in regime di non imponibilità, prevede il verificarsi di precisi requisiti<br />
e va letta <strong>con</strong>giuntamente alla previsione di cui all’art. 9, comma 1, n. 9), del<br />
D.P.R. n. 633/1972, in tema di servizi internazionali.<br />
Ai sensi <strong>della</strong> norma richiamata, infatti, costituis<strong>con</strong>o servizi internazionali non<br />
imponibili le prestazioni di lavorazione (rientranti fra i “trattamenti” di cui all’art.<br />
176 del Testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale) eseguiti<br />
“su beni nazionali, nazionalizzati o comunitari destinati ad essere esportati da o<br />
per <strong>con</strong>to del prestatore del servizio o del committente non residente nel<br />
territorio dello Stato”.<br />
Se, dunque, l’impresa italiana terzista che ha effettuato le lavorazioni, provvede<br />
successivamente all’adempimento delle formalità doganali per l’esportazione e<br />
fattura le sue prestazioni di servizi al committente estero acquirente <strong>dei</strong> beni, si<br />
realizzano le <strong>con</strong>dizioni per l’applicazione del beneficio <strong>della</strong> non imponibilità per<br />
entrambi i soggetti nazionali.<br />
La necessità che sia il committente estero a richiedere i servizi di lavorazione (e<br />
non il fornitore <strong>dei</strong> beni italiano) è stata sottolineata anche dal Ministero delle<br />
finanze <strong>con</strong> la Circolare n. 73/400122 del 19 dicembre 1984 e, in modo ancora<br />
più chiaro, <strong>con</strong> la Risoluzione n. 470074 del 30 luglio 1990.<br />
Sul punto, l’Amministrazione finanziaria è intervenuta anche recentemente <strong>con</strong> la<br />
Risoluzione n. 223/E del 10 agosto 2007. In tale occasione, richiamando la<br />
precedente pronuncia n. 470074 del 1990, l’Agenzia ha ribadito che, “ai fini del<br />
ri<strong>con</strong>oscimento del beneficio <strong>della</strong> non imponibilità, la lavorazione deve, in ogni<br />
caso, essere stata commissionata dal soggetto non residente”.<br />
Verificandosi le <strong>con</strong>dizioni sopra indicate, il fornitore <strong>dei</strong> beni effettuerà una<br />
cessione all’esportazione non imponibile ex art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R.<br />
n. 633/1972, mentre il prestatore di servizi eseguirà una lavorazione su beni in<br />
esportazione, non imponibile ex art. 9, comma 1, n. 9), del D.P.R. n. 633/1972.<br />
Quanto agli adempimenti necessari per la spedizione all’estero, la già citata<br />
Risoluzione n. 470074 del 30 luglio 1990 specifica che sul documento doganale<br />
di esportazione, intestato ad entrambi gli operatori nazionali, dovranno essere<br />
indicati sia il prezzo di cessione <strong>dei</strong> beni, risultante dalla fattura emessa dal<br />
74
Esportazioni<br />
indirette<br />
fornitore, sia il corrispettivo <strong>della</strong> lavorazione, risultante dalla fattura emessa dal<br />
terzista nei <strong>con</strong>fronti del committente estero (la necessità di presentare in<br />
dogana entrambe le fatture era già stata sottolineata dall’Amministrazione<br />
finanziaria <strong>con</strong> la precedente Circolare n. 73/400122 del 19 dicembre 1984).<br />
Le esportazioni indirette sono previste nel primo comma dell’art. 8 alla lettera<br />
b); in base a tale norma, costituis<strong>con</strong>o cessioni all’esportazione “le cessioni <strong>con</strong><br />
trasporto o spedizione fuori del territorio <strong>della</strong> Comunità e<strong>con</strong>omica europea<br />
entro 90 giorni dalla <strong>con</strong>segna, a cura del cessionario non residente o per suo<br />
<strong>con</strong>to, ad eccezione <strong>dei</strong> beni destinati a dotazione o provvista di bordo di<br />
imbarcazioni o navi da diporto, di aeromobili da turismo o di qualsiasi altro<br />
mezzo di trasporto ad uso privato e <strong>dei</strong> beni da trasportarsi nei bagagli personali<br />
fuori del territorio <strong>della</strong> Comunità e<strong>con</strong>omica europea; l’esportazione deve<br />
risultare da vidimazione apposta dall’ufficio doganale o dall’ufficio postale su un<br />
esemplare <strong>della</strong> fattura”.<br />
La struttura dell’operazione prevede che i beni vengano <strong>con</strong>segnati dal cedente<br />
nazionale al cessionario extracomunitario, il quale provvede a curarne il<br />
trasporto o la spedizione fuori dal territorio comunitario o direttamente (in<br />
proprio) o <strong>con</strong>ferendo l’incarico a terzi.<br />
In base alla formulazione <strong>della</strong> norma, è dunque previsto che i beni siano<br />
esportati nello stato originario, in quanto, a differenza <strong>della</strong> lettera a), non è<br />
ammesso che gli stessi siano sottoposti a lavorazione, trasformazione,<br />
montaggio, assiemaggio o adattamento ad altri beni (C.M. n. 26/411138 del 3<br />
agosto 1979); inoltre i beni devono essere esportati entro il termine di 90 giorni<br />
dalla loro <strong>con</strong>segna al cessionario; se la data di <strong>con</strong>segna non risulta da un<br />
apposito documento, il termine decorre dalla data <strong>della</strong> fattura (C.M. n.<br />
26/411138 del 3 agosto 1979).<br />
Il regime IVA di cui all’art. 8, lett. b) previsto per le esportazioni indirette,<br />
tuttavia, non è applicabile alle cessioni di beni destinati a dotazione o provvista<br />
di bordo di imbarcazioni o navi da diporto, di aeromobili da turismo o di qualsiasi<br />
altro mezzo di trasporto ad uso privato, né <strong>dei</strong> beni da trasportarsi, da parte <strong>dei</strong><br />
viaggiatori, nei bagagli personali fuori dal territorio comunitario.<br />
Nell’esportazione indiretta, pertanto, il cedente italiano emette fattura nei<br />
<strong>con</strong>fronti del cessionario non residente “non imponibile ex art. 8, comma 1, lett.<br />
b), del D.P.R. n. 633/1972”; la cessione a titolo oneroso costituisce plafond.<br />
75
Esportazioni<br />
assimilate<br />
Considerato poi che, in tale tipologia di operazioni, è l’acquirente estero che<br />
provvede a ritirare i beni presso il cedente, direttamente o tramite terzi, ed a<br />
curarne l’esportazione, se<strong>con</strong>do quanto previsto dalla C.M. n. 35/E del 13<br />
febbraio 1997, il documento doganale, munito del “visto uscire”, resterà<br />
all’acquirente non residente, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza che la prova dell’avvenuta<br />
esportazione <strong>dei</strong> beni, per il cedente nazionale, “non può che essere costituita<br />
dall’apposizione da parte <strong>della</strong> Dogana di uscita del visto sull’esemplare <strong>della</strong><br />
fattura dallo stesso emessa e presentata in dogana all’atto dell’esportazione” (sul<br />
punto, alla luce delle modifiche recate in materia di prova dell’avvenuta<br />
esportazione per effetto dell’introduzione del nuovo sistema ECS, sarebbe quanto<br />
mai urgente un intervento dell’Amministrazione finanziaria volto a <strong>con</strong>fermare la<br />
validità di quanto illustrato).<br />
Il legislatore nazionale, <strong>con</strong> la previsione normativa <strong>con</strong>tenuta nel primo comma<br />
dell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972, alla lettera c), ha compreso tra le cessioni<br />
all’esportazione anche le cessioni effettuate nei <strong>con</strong>fronti di operatori e<strong>con</strong>omici<br />
residenti aventi una speciale qualifica, quella cioè di “esportatori abituali”.<br />
Ai sensi <strong>della</strong> citata lettera c), godono del regime di non imponibilità “le cessioni,<br />
anche tramite commissionari, di beni diversi dai fabbricati e dalle aree edificabili,<br />
e le prestazioni di servizi rese a soggetti che, avendo effettuato cessioni<br />
all’esportazione od operazioni intracomunitarie, si avvalgono <strong>della</strong> facoltà di<br />
acquistare, anche tramite commissionari, o importare beni e servizi senza<br />
pagamento dell’imposta”.<br />
Ai sensi dell’art. 8, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, le cessioni di beni e le<br />
prestazioni di servizi di cui alla lettera c) possono essere effettuate senza<br />
pagamento dell’imposta a <strong>con</strong>dizione che il cessionario rivesta la qualifica<br />
soggettiva di “esportatore abituale” ed effettui gli acquisti nei limiti del plafond<br />
disponibile e che il soggetto acquirente (che intende fruire del beneficio <strong>della</strong> non<br />
imponibilità) manifesti espressamente tale intenzione, sotto la sua<br />
responsabilità, <strong>con</strong> apposita dichiarazione scritta (cosiddetta “lettera di intenti”).<br />
Disposizioni <strong>particolari</strong> (come si è già avuto modo di anticipare) sono previste<br />
per i seguenti cessionari nazionali che rivestono il ruolo di promotori di<br />
operazioni triangolari e per i commissionari che intervengono nell’ambito di<br />
operazioni di esportazione diretta <strong>disciplina</strong>te dall’art. 8, comma 1, lett. a), del<br />
decreto IVA.<br />
76
Esportatori<br />
abituali e<br />
“plafond”<br />
L’ultima parte del se<strong>con</strong>do comma dell’art. 8, infatti, prevede per tali soggetti<br />
precisi limiti nell’utilizzo del plafond, stabilendo che l’ammontare complessivo del<br />
plafond sia idealmente suddiviso in due parti:<br />
• plafond “libero”, cioè liberamente utilizzabile per gli acquisti di ogni tipo<br />
<strong>con</strong>sentiti dalla norma, per la parte corrispondente all’eccedenza del<br />
corrispettivo di vendita fatturato ai clienti e quello di acquisto addebitato<br />
dai fornitori;<br />
• plafond “vincolato”, utilizzabile esclusivamente per gli acquisti di beni da<br />
esportare nello stato originario nei sei mesi successivi alla loro <strong>con</strong>segna.<br />
La normativa riguardante gli “esportatori abituali ed il “plafond” <strong>con</strong>tenuta<br />
nell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972 e nel D.L. 29 dicembre 1983, n. 746,<br />
<strong>con</strong>vertito dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, è stata profondamente<br />
interessata dalle modifiche e integrazioni apportate per effetto dell’art. 2 <strong>della</strong><br />
legge 18 febbraio 1997, n. 28, entrate in vigore a decorrere dal 14 marzo 1997.<br />
Tali importanti modifiche sono state illustrate nella Circolare n. 145/E del 10<br />
giugno 1998 diramata dal Ministero delle finanze a commento <strong>della</strong> nuova<br />
normativa, e si sono aggiunte alle integrazioni già introdotte dal D.L. n.<br />
331/1993, per tenere <strong>con</strong>to del nuovo regime IVA degli scambi intracomunitari.<br />
Le modifiche hanno interessato sostanzialmente i seguenti quattro aspetti:<br />
6. l’istituzione di un plafond unico;<br />
7. l’introduzione di un nuovo criterio in relazione al momento costitutivo del<br />
plafond;<br />
8. l’ampliamento <strong>dei</strong> beni e servizi acquistabili <strong>con</strong> utilizzo del plafond;<br />
9. le nuove modalità di annotazione delle lettere di intento.<br />
77
Plafond unico<br />
Nuovo criterio per<br />
il momento<br />
costitutivo del<br />
plafond<br />
A differenza <strong>della</strong> normativa previgente, ai sensi <strong>della</strong> quale vi era una pluralità<br />
di plafond riferiti agli articoli 8, 8-bis e 9 del D.P.R. n. 633/1972, è previsto ora<br />
un plafond unico (indipendentemente dal fatto che si tratti di plafond fisso o<br />
mobile) alla cui costituzione <strong>con</strong>corrono globalmente, in via principale, le<br />
seguenti operazioni:<br />
le cessioni all’esportazione di cui all’art. 8, comma 1, lett. a) e b) del<br />
D.P.R. n. 633/1972;<br />
le operazioni di cui agli artt. 8-bis, comma 1, 9, comma 1, 71 e 72 dello<br />
stesso decreto IVA;<br />
le cessioni intracomunitarie di cui all’art. 41 del D.L. n. 331/1993;<br />
le prestazioni di servizi intracomunitari di cui all’art. 40, commi 4-bis<br />
(lavorazioni su beni mobili), 5 (trasporto) e 6 (prestazioni accessorie ai<br />
servizi di trasporto), non soggette ad imposta, rese nei <strong>con</strong>fronti di<br />
soggetti passivi di altri Stati membri;<br />
le operazioni triangolari comunitarie <strong>con</strong> il soggetto italiano fornitore o<br />
promotore;<br />
le cessioni in regime di triangolazione nazionale <strong>con</strong> destinazione <strong>dei</strong> beni<br />
in uno Stato membro comunitario ai sensi dell’art. 58, comma 1, del D.L.<br />
n. 331/1993.<br />
E’ stato introdotto un nuovo criterio in merito alla definizione del momento in cui<br />
deve <strong>con</strong>siderarsi costituito il plafond. In sostanza, tale momento non è più<br />
legato al <strong>con</strong>cetto di operazioni “fatte”, e cioè <strong>con</strong>cluse agli effetti doganali <strong>con</strong><br />
l’emissione <strong>della</strong> relativa documentazione, ma a quello <strong>della</strong> registrazione ai<br />
sensi dell’art. 23 del D.P.R. n. 633/1972, quindi “<strong>con</strong> riferimento al momento<br />
<strong>della</strong> data di emissione <strong>della</strong> fattura ovvero a quella di <strong>con</strong>segna o spedizione per<br />
le fatture differite” (C.M. n. 145/E del 10 giugno 1998, paragrafo 7).<br />
La semplificazione è, quindi, tangibile, in quanto il criterio <strong>della</strong> registrazione<br />
comporta il riferimento esclusivo alle risultanze <strong>con</strong>tabili ed ai dati esposti nella<br />
dichiarazione annuale IVA, i quali rilevano <strong>con</strong>temporaneamente tanto alla<br />
determinazione dello “status” di esportatore abituale (acquisibile quando le<br />
esportazioni e le altre operazioni rilevanti a tali fini sono superiori al 10% del<br />
78
Ampliamento <strong>dei</strong><br />
beni e servizi<br />
acquistabili <strong>con</strong><br />
utilizzo del<br />
plafond<br />
volume d’affari), quanto alla costituzione del plafond “spendibile” per effettuare<br />
acquisti senza applicazione dell’IVA.<br />
Il criterio <strong>della</strong> registrazione implica, pertanto, che siano rilevanti ai fini di cui<br />
sopra anche i casi di emissione anticipata <strong>della</strong> fattura o di pagamento di ac<strong>con</strong>ti,<br />
fermo restando che, in tali ipotesi, risulta comunque necessario (trattandosi di<br />
esportazioni) provare <strong>con</strong> idonea documentazione l’uscita effettiva <strong>dei</strong> beni dal<br />
territorio comunitario.<br />
Resta in ogni caso fermo il criterio dell’effettuazione dell’operazione (da<br />
determinarsi ai sensi dell’art. 6 del decreto IVA o delle norme doganali, in caso<br />
d’importazione) ai fini del computo dell’ammontare di plafond utilizzato per<br />
acquisti di beni e servizi senza pagamento dell’imposta (quanto alla rilevanza<br />
delle variazioni – note di addebito/accredito -, si veda quanto precisato nella<br />
Circolare n. 8/D del 27 febbraio 2003 dell’Agenzia delle dogane).<br />
Una delle novità di maggior rilievo recate dalla legge n. 28/1997 è rappresentata<br />
dal fatto che, nell’attuale formulazione <strong>della</strong> norma, “non si ris<strong>con</strong>tra più alcun<br />
riferimento all’intento, da parte dell’operatore e<strong>con</strong>omico, di esportare i beni o di<br />
inviarli in altro Stato comunitario” (C.M. n. 145/E del 10 giugno 1998, paragrafo<br />
7).<br />
Da ciò <strong>con</strong>segue che l’utilizzazione del plafond è allargata a tutti gli acquisti di<br />
beni e servizi ed importazioni di beni, ivi compresi i beni ammortizzabili, quelli<br />
acquisiti in leasing e le spese generali, <strong>con</strong> la sola esclusione <strong>dei</strong> fabbricati e<br />
delle aree edificabili.<br />
A tale riguardo, l’Amministrazione finanziaria ha sottolineato che il divieto di<br />
utilizzo del plafond è operante anche per l’acquisizione <strong>dei</strong> fabbricati mediante<br />
<strong>con</strong>tratti di appalto per la loro costruzione o di leasing, e ciò in quanto tali<br />
<strong>con</strong>tratti permettono di ottenere un effetto equivalente all’acquisizione in<br />
proprietà mediante acquisto diretto.<br />
Nel caso di utilizzo del plafond “vincolato” da parte del promotore delle<br />
operazioni triangolari (e da parte del commissionario), si dovrà inoltre rispettare<br />
la <strong>con</strong>dizione di esportare fuori del territorio comunitario i beni acquistati, nel<br />
loro stato originario (senza aver subito lavorazioni) e nel termine di sei mesi.<br />
Si evidenzia, infine, che non possono in ogni caso essere acquistati senza<br />
applicazione dell’IVA i beni ed i servizi per i quali l’imposta è indetraibile ai sensi<br />
degli articoli 19 e seguenti del D.P.R. n. 633/1972.<br />
79
Modalità di<br />
annotazione delle<br />
lettere d’intento<br />
Nuovi obblighi<br />
per i fornitori<br />
degli esportatori<br />
abituali<br />
Quanto alle operazioni che non <strong>con</strong>corrono alla formazione del plafond, si<br />
rammenta che rientrano in tale categoria le esportazioni definitive “franco<br />
valuta”, sia nel caso in cui non costituis<strong>con</strong>o cessioni (es.: trasferimenti in<br />
c/deposito), sia quando, pur realizzandosi le cessioni, le stesse avvengono a<br />
titolo gratuito (es.: omaggi); le esportazioni “assimilate” e, quindi, le cessioni di<br />
beni e servizi effettuate in regime di non imponibilità nei <strong>con</strong>fronti di “esportatori<br />
abituali”; le cessioni relative a beni in transito o depositati in luoghi soggetti a<br />
vigilanza doganale, non imponibili a norma dell’art. 7, comma 2, del D.P.R. n.<br />
633/1972; le cessioni a soggetti extracomunitari per beni destinati all’uso<br />
personale o familiare, da trasportarsi nei bagagli personali fuori del territorio<br />
comunitario, ai sensi dell’art. 38-quater del D.P.R. n. 633/1972; le cessioni di<br />
beni destinati ad essere introdotti nei depositi IVA di cui all’art. 50-bis, quarto<br />
comma, lett. c) e d) del D.L. n. 331/1993.<br />
E’ stata prevista la possibilità di annotare le lettere d’intento, sia quelle emesse<br />
che quelle ricevute, in un’apposita sezione <strong>dei</strong> registri di cui agli artt. 23 (fatture<br />
emesse) e 24 (corrispettivi), come ulteriore modalità rispetto a quella dell’utilizzo<br />
dell’apposito registro di cui all’art. 1, comma 2, del D.L. 29 dicembre 1983, n.<br />
746.<br />
Al fine di fruire <strong>della</strong> non applicazione dell’imposta sugli acquisti di beni e servizi,<br />
è inoltre previsto che gli esportatori abituali rilascino ai propri fornitori (ovvero<br />
alla Dogana, in caso di importazioni) un’apposita comunicazione – la cosiddetta<br />
“lettera d’intenti” – anteriormente all’effettuazione dell’operazione.<br />
Come espressamente previsto dall’art. 1, primo comma, del D.L. n. 746/1983,<br />
recante la specifica <strong>disciplina</strong> del “plafond” degli esportatori abituali, le lettere<br />
d’intenti vanno redatte in <strong>con</strong>formità all’apposito modello ministeriale, numerate<br />
progressivamente dal dichiarante e dal destinatario (fornitore di beni o<br />
prestatore di servizi) ed annotate in apposito registro, ovvero, a decorrere dal 14<br />
marzo 1997 (data di entrata in vigore <strong>della</strong> legge n. 28/1997), anche in apposita<br />
sezione del registro delle fatture emesse o <strong>dei</strong> corrispettivi.<br />
Nonostante le specifiche disposizioni dettate al fine di <strong>con</strong>sentire un adeguato<br />
<strong>con</strong>trollo in ordine all’applicazione del particolare meccanismo (oltre a quelle più<br />
sopra indicate, si rammenta che i fornitori degli esportatori abituali sono, fra<br />
l’altro, tenuti ad indicare nelle fatture emesse gli estremi <strong>della</strong> dichiarazione), lo<br />
80
strumento è stato frequentemente utilizzato in modo fraudolento da parte di<br />
alcuni operatori attraverso, ad esempio, l’emissione di false dichiarazioni<br />
d’intenti.<br />
Per <strong>con</strong>trastare tali fenomeni, il legislatore, nell’ambito <strong>della</strong> legge 30 dicembre<br />
2004, n. 311 (Finanziaria per l’anno 2005), ha introdotto ulteriori obblighi a<br />
carico <strong>dei</strong> destinatari delle lettere d’intenti.<br />
In particolare, per effetto del comma 381 dell’articolo unico <strong>della</strong> predetta legge,<br />
risulta ora modificata la lett. c), del primo comma, dell’art. 1 del D.L. n.<br />
746/1983; da ciò, deriva che i fornitori degli esportatori abituali sono tenuti a<br />
comunicare all’Agenzia delle entrate i dati <strong>con</strong>tenuti nelle lettere d’intenti<br />
ricevute.<br />
Tale comunicazione, da redigersi sull’apposito modello approvato <strong>con</strong><br />
provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 14 marzo 2005, deve essere<br />
trasmessa esclusivamente in via telematica, direttamente o tramite intermediari<br />
abilitati, entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui la dichiarazione<br />
d’intento è stata ricevuta. I chiarimenti interpretativi riguardanti i nuovi obblighi<br />
introdotti per effetto <strong>della</strong> legge n. 311/2004 sono <strong>con</strong>tenuti principalmente nella<br />
Circolare n. 41/E del 26 settembre 2005.<br />
Quanto invece alla regolarizzazione <strong>dei</strong> cosiddetti “splafonamenti” (ovvero delle<br />
situazioni in cui il <strong>con</strong>tribuente ha utilizzato il plafond oltre il limite <strong>con</strong>sentito),<br />
l’Amministrazione ne ha chiarito modalità e termini <strong>con</strong> la Circolare n. 50/E del<br />
12 giugno 2002 (per gli “splafonamenti” in dogana, relativi ad operazioni<br />
d’importazione, si veda quanto previsto dalla Risoluzione delle Dogane n. 102985<br />
del 27 dicembre 2001, nonché dalle Risoluzioni n. 228/E del 21 agosto 2007 e n.<br />
161/E del 18 aprile 2008 dell’Agenzia delle entrate, riguardanti lo specifico tema<br />
<strong>della</strong> detrazione dell’imposta assolta in dogana per regolarizzare un indebito<br />
utilizzo del plafond).<br />
81
DICHIARAZIONE ANNUALE E<br />
NOVITA’ IVA 2009<br />
A cura di Franco Ricca<br />
83
L’IVA “PER CASSA” E LE ALTRE NOVITA’ DEL<br />
D.L. 185/2008<br />
L’IVA “per<br />
cassa”<br />
Il D.L. 29 novembre 2008, n. 185 ha esteso le disposizioni dell’art. 6, quinto<br />
comma, se<strong>con</strong>do periodo, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che prevedono, in<br />
relazione a determinate operazioni, la c.d. “esigibilità differita” dell’imposta.<br />
Il decreto <strong>con</strong>tiene anche altre disposizioni che, pur essendo in se<strong>con</strong>do piano<br />
rispetto alla novità dell’IVA “per cassa”, appaiono di sicura importanza, potrebbe<br />
dirsi, non solo e non tanto per gli effetti che produ<strong>con</strong>o, quanto per quelli<br />
“s<strong>con</strong>giurati”: si allude all’abrogazione delle disposizioni che prevedevano la<br />
generalizzazione dell’obbligo <strong>della</strong> trasmissione telematica <strong>dei</strong> corrispettivi, il<br />
<strong>con</strong>trollo elettronico delle operazioni effettuate tramite apparecchi distributori<br />
automatici, la comunicazione delle compensazioni di crediti superiori a 10.000<br />
euro.<br />
Vediamo una panoramica delle novità.<br />
Ai sensi dell’art. 62, n. 2) <strong>della</strong> direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006 (e,<br />
precedentemente, dell’art. 10 <strong>della</strong> direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977),<br />
per “esigibilità dell’imposta” si intende “il diritto che l’Erario può far valere a<br />
norma di legge, a partire da un dato momento, presso il debitore per il<br />
pagamento dell’imposta, anche se il pagamento può essere differito”.<br />
Il <strong>con</strong>cetto è stato introdotto nell’ordinamento nazionale solo dal 1° gennaio<br />
1998, <strong>con</strong> la riforma del D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 313, prevedendo al quinto<br />
comma dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/72 che “l’imposta relativa alle cessioni di<br />
beni e alle prestazioni di servizi diviene esigibile nel momento in cui le operazioni<br />
si <strong>con</strong>siderano effettuate se<strong>con</strong>do le disposizioni <strong>dei</strong> commi precedenti…”.<br />
Il medesimo comma, tuttavia, al se<strong>con</strong>do periodo stabilisce che per le seguenti<br />
operazioni l’imposta diviene esigibile al momento del pagamento <strong>dei</strong> relativi<br />
corrispettivi, salva la facoltà del cedente/prestatore di rinunciare a tale<br />
agevolazione (e ad applicare, quindi, la regola generale):<br />
85
cessioni <strong>dei</strong> prodotti farmaceutici indicati nel n. 114) <strong>della</strong> tabella A, parte<br />
III, effettuate dai farmacisti;<br />
cessioni di beni e prestazioni di servizi ai soci, associati e partecipanti, di<br />
cui al quarto comma dell’art. 4;<br />
cessioni di beni e prestazioni di servizi fatte allo Stato, agli organi dello<br />
Stato ancorché dotati di personalità giuridica, agli enti pubblici territoriali<br />
e ai <strong>con</strong>sorzi tra essi costituiti ai sensi dell’art. 25 <strong>della</strong> legge n. 142/90,<br />
alle C.C.I.A.A., agli istituti universitari, alle unità sanitarie locali, agli enti<br />
ospedalieri, agli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente<br />
carattere scientifico, agli enti pubblici di assistenza e beneficenza e a<br />
quelli di previdenza.<br />
Nell’ambito delle misure dirette a <strong>con</strong>trastare la grave situazione e<strong>con</strong>omico-<br />
finanziaria, l’art. 7, comma 1, del D.L. 185/2008 ha ampliato il raggio d’azione<br />
<strong>della</strong> disposizione sull’esigibilità differita, dichiarandola applicabile “alle cessioni<br />
di beni ed alle prestazioni di servizi effettuate nei <strong>con</strong>fronti di cessionari o<br />
committenti che agis<strong>con</strong>o nell’esercizio di impresa, arte o professione”.<br />
In via di principio, dunque, potranno avvalersi dell’agevolazione tutti i soggetti<br />
passivi, limitatamente però alle operazioni poste in essere nei <strong>con</strong>fronti di clienti<br />
che agis<strong>con</strong>o, a loro volta, in veste di soggetti passivi. Qui emerge un primo<br />
dubbio da chiarire, e cioè come <strong>con</strong>siderare gli enti non commerciali dotati di<br />
partita IVA, che effettuano acquisti sia per l’attività istituzionale sia per quella<br />
imprenditoriale). In proposito, nel corso del forum fiscale di ItaliaOggi del 17<br />
gennaio 2009 l’Agenzia delle entrate ha osservato che “la formulazione<br />
dell’articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 185, riferita alle operazioni<br />
effettuate nei <strong>con</strong>fronti di soggetti che agis<strong>con</strong>o nell’esercizio di attività<br />
d’impresa, arte o professione, comporta l’applicabilità dell’esigibilità dell’IVA al<br />
momento del pagamento del corrispettivo anche qualora il cessionario del bene o<br />
il committente del servizio sia un ente non commerciale che agisca nell’esercizio<br />
di impresa. Gli enti non commerciali che svolgono attività d’impresa possono,<br />
tuttavia, operare acquisti di beni e servizi da destinare promiscuamente<br />
all’attività d’impresa e all’attività non commerciale. Al riguardo, si ritiene che la<br />
disposizione dell’articolo 7, richiedendo unicamente che il cessionario o<br />
committente agisca nell’esercizio di attività d’impresa, arte o professione, non<br />
precluda l’applicabilità dell’esigibilità differita per gli acquisti effettuati dagli enti<br />
non commerciali destinati oltre che all’attività commerciale anche ad altre<br />
attività. In sintesi, rientrano nell’ambito applicativo <strong>della</strong> norma le operazioni<br />
86
Soggetti esclusi<br />
dall’agevolazione<br />
e decorrenza<br />
effettuate nei <strong>con</strong>fronti degli enti non commerciali che operano nell’esercizio di<br />
attività d’impresa, ancorché i beni e i servizi acquistati siano destinati ad essere<br />
promiscuamente adibiti all’esercizio di attività d’impresa e di attività non<br />
commerciali.”<br />
A differenza <strong>della</strong> disposizione “a regime”, quella speciale dell’art. 7 del D.L. n.<br />
185/2008 pone un limite temporale al differimento dell’esigibilità, prevedendo<br />
che l’imposta diviene comunque esigibile dopo il decorso di un anno dal<br />
momento dell’effettuazione dell’operazione. Anche il differimento dell’esigibilità,<br />
insomma, è temporaneo e viene a cessare alla scadenza del predetto termine,<br />
salvo che “il cessionario o committente, prima del decorso del termine annuale,<br />
sia stato assoggettato a procedure <strong>con</strong>corsuali o esecutive.”<br />
Opportunamente, dunque, viene previsto che il limite temporale al differimento<br />
dell’esigibilità dell’imposta non trova applicazione nel caso in cui, prima che sia<br />
decorso un anno dal momento di effettuazione dell’operazione, sia stata avviata<br />
nei <strong>con</strong>fronti del cessionario/committente una procedura <strong>con</strong>corsuale o<br />
esecutiva; in tale ipotesi, indipendentemente dal tempo trascorso, l’imposta<br />
diventerà esigibile solo se e nella misura in cui il corrispettivo sarà pagato,<br />
evitando così al cedente/prestatore, in relazione all’eventuale credito<br />
insoddisfatto, di <strong>con</strong>tabilizzare, alla scadenza dell’anno, il debito d’imposta, per<br />
poi emettere, al temine <strong>della</strong> procedura, la nota di variazione ai sensi dell’art.<br />
26, se<strong>con</strong>do comma, D.P.R. n. 633/72.<br />
E’ appena il caso di evidenziare che il rinvio dell’esigibilità dell’imposta si riflette<br />
sul diritto alla detrazione del cessionario/committente, poiché ai sensi dell’art.<br />
19, comma 1, del D.P.R. n. 633/72, tale diritto “sorge nel momento in cui<br />
l’imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, <strong>con</strong> la<br />
dichiarazione relativa al se<strong>con</strong>do anno successivo a quello in cui il diritto alla<br />
detrazione è sorto ed alle <strong>con</strong>dizioni esistenti al momento <strong>della</strong> nascita del diritto<br />
medesimo”.<br />
Per espressa previsione normativa, l’agevolazione in esame non si applica:<br />
alle operazioni effettuate dai soggetti che si avvalgono di regimi speciali<br />
di applicazione dell’imposta (agricoltura, agenzie di viaggio, beni usati, ecc.);<br />
alle operazioni effettuate nei <strong>con</strong>fronti di cessionari/committenti che<br />
assolvono l’imposta mediante l’applicazione dell’inversione <strong>con</strong>tabile (o<br />
“reverse charge”).<br />
87
Aspetti operativi<br />
Un’ulteriore esclusione di carattere generale è posta dal comma 2 dell’art. 7, il<br />
quale affida ad un decreto ministeriale di stabilire, sulla base delle risorse<br />
disponibili e del provvedimento di autorizzazione dell’Ue, il volume d’affari <strong>dei</strong><br />
<strong>con</strong>tribuenti nei cui <strong>con</strong>fronti è applicabile la disposizione del comma 1. Bisogna<br />
pertanto attendere il decreto ministeriale per <strong>con</strong>oscere la platea <strong>dei</strong> destinatari<br />
dell’agevolazione, che se<strong>con</strong>do l’ipotesi <strong>della</strong> relazione tecnica potrebbe<br />
identificarsi nei soggetti <strong>con</strong> volume d’affari annuo non superiore a 200.000 euro.<br />
Un passaggio fondamentale è, comunque, la preventiva autorizzazione<br />
comunitaria prevista dalla citata direttiva 112 del 2006, al cui rilascio è infatti<br />
espressamente subordinata l’efficacia delle disposizioni in commento.<br />
La norma stabilisce che la fattura deve recare l’annotazione che si tratta di<br />
operazione <strong>con</strong> imposta ad esigibilità differita ai sensi dell’art. 7, comma 1, D.L.<br />
n. 185/2008 e che, in mancanza di detta annotazione, vale la regola generale<br />
dell’art. 6, quinto comma, del D.P.R. n. 633/72.<br />
Deve pertanto ritenersi che, quand’anche sussistano i requisiti oggettivi e<br />
soggettivi per l’applicazione dell’agevolazione, se il cedente/prestatore non<br />
qualifica espressamente, nella relativa fattura, l’operazione ad esigibilità<br />
differita, l’imposta si intende esigibile se<strong>con</strong>do il criterio generale (ossia al<br />
momento dell’effettuazione dell’operazione, salvo che possa trovare ingresso il<br />
differimento “ordinario” previsto dal citato quinto comma per le operazioni già<br />
elencate prima). Questa <strong>con</strong>dizione formale – che la norma, invero, non pone<br />
esplicitamente nei termini anzi riferiti – appare giustificata soprattutto in<br />
<strong>con</strong>siderazione di ciò che si è detto a proposito dell’insorgenza del diritto alla<br />
detrazione in capo al cessionario/committente: è infatti indispensabile che<br />
quest’ultimo sia in grado di sapere <strong>con</strong> assoluta certezza quando sorge il proprio<br />
diritto alla detrazione dell’imposta addebitatagli in fattura dal fornitore.<br />
Tralasciando le <strong>con</strong>seguenze finanziarie dell’agevolazione, che sono di segno<br />
opposto per il fornitore e per il cliente, è indubbio che, dal punto di vista<br />
strettamente operativo, l’applicazione <strong>della</strong> disposizione postula per tutti un<br />
aggravio <strong>della</strong> gestione <strong>della</strong> <strong>con</strong>tabilità IVA, imponendo ai <strong>con</strong>tribuenti la<br />
rilevazione del movimento finanziario per la liquidazione dell’imposta, onere che<br />
risulterà, naturalmente, più gravoso per i <strong>con</strong>tribuenti in regime di <strong>con</strong>tabilità<br />
semplificata ai fini reddituali.<br />
Oltremodo complessa potrebbe rivelarsi, poi, la gestione <strong>dei</strong> pagamenti<br />
frazionati di un’unica fattura. In proposito, stante l’assenza di una specifica<br />
<strong>disciplina</strong> (che era presente, invece, in qualche bozza <strong>della</strong> norma circolata tra<br />
gli “addetti ai lavori”), sembra logico <strong>con</strong>cludere – salve eventuali diverse<br />
88
Transazione<br />
fiscale nel<br />
<strong>con</strong>cordato<br />
preventivo<br />
indicazioni che potrebbero arrivare anche dal decreto ministeriale attuativo<br />
previsto dal comma 2 dell’art. 7 – che ciascun pagamento realizzi l’esigibilità<br />
dell’imposta riferibile ella quota di corrispettivo pagato. In questo senso,<br />
peraltro, si è pronunciata l’Agenzia delle entrate nel corso del citato forum<br />
fiscale, affermando che “come già chiarito <strong>con</strong> la risoluzione 5 marzo 2002, n.<br />
75/E, nei casi di IVA ad esigibilità differita il pagamento del corrispettivo<br />
determina l’esigibilità dell’imposta, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza che, in ipotesi di<br />
pagamento, anche parziale, l’esigibilità si verifica pro quota al momento di<br />
ciascun pagamento e la relativa imposta va computata nella liquidazione del<br />
periodo in cui è avvenuto il pagamento stesso. A loro volta i<br />
cessionari/committenti possono esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta<br />
soltanto relativamente alla quota effettivamente corrisposta ai<br />
cedenti/prestatori.<br />
Com’è noto, dopo le recenti modifiche, la legge fallimentare 1 <strong>con</strong>templa,<br />
nell’ambito del <strong>con</strong>cordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, l’istituto<br />
<strong>della</strong> “transazione fiscale”, <strong>disciplina</strong>to dall’art. 182-ter, il quale prevede, in<br />
estrema sintesi, la possibilità di un accordo transattivo tra il debitore e<br />
l’amministrazione finanziaria, <strong>con</strong> possibile falcidia o dilazione <strong>dei</strong> crediti tributari<br />
gestiti dalle Agenzie fiscali. Poiché lo stesso articolo esclude dalla transazione “i<br />
tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea”, l’Agenzia delle entrate,<br />
<strong>con</strong> la circolare 18 aprile 2008, n. 40, ha prudenzialmente ritenuto opportuno, in<br />
attesa che si <strong>con</strong>solidi un orientamento giurisprudenziale, invitare gli uffici ad<br />
escludere l’IVA dalle transazioni fiscali (limitatamente però al solo tributo,<br />
ammettendo quindi la transazione degli interessi e delle sanzioni). La<br />
giurisprudenza civile, di <strong>con</strong>tro, ha ritenuto transigibile anche l’IVA,<br />
<strong>con</strong>testandone la natura – invero <strong>con</strong>troversa, o quantomeno ambigua – di<br />
“risorsa propria” dell’Ue 2 .<br />
Il <strong>con</strong>trasto interpretativo è stato ora risolto dall’art. 22, comma 5 del D.L. n.<br />
185/2008, che ha sostituito il comma 1 dell’art. 182-ter citato, prevedendo che,<br />
<strong>con</strong> riguardo all’imposta sul valore aggiunto, la proposta di transazione può<br />
prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento.<br />
1 R.D. 16 marzo 1942, n. 267<br />
2 Il Tribunale di Milano ha preso esplicitamente posizione in tal senso <strong>con</strong> una nota dell’11 novembre<br />
2008 a firma del Presidente <strong>della</strong> Sezione fallimentare, Bartolomeo Quatraro (cfr. ItaliaOggi del 14<br />
novembre 2008).<br />
89
Soppressione<br />
di adempimenti<br />
“in stand by”<br />
Aliquota<br />
sull’abbonamen<br />
to alla pay-tv<br />
L’articolo 16 del D.L. n. 185/2008, nel quadro delle misure volte a ridurre i costi<br />
amministrativi a carico delle imprese, ha soppresso alcuni adempimenti<br />
introdotti nella precedente legislatura, che peraltro erano ancora in attesa di<br />
attuazione. Queste le norme abrogate:<br />
commi da 33 a 37-ter dell’art. 37 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, che<br />
prevedevano, in via generalizzata, l’obbligo di trasmissione telematica<br />
all’Agenzia delle entrate <strong>dei</strong> corrispettivi delle operazioni poste in essere<br />
dai <strong>con</strong>tribuenti non tenuti all’emissione <strong>della</strong> fattura;<br />
commi da 30 a 32 dell’art. 1 <strong>della</strong> legge 24 dicembre 2006, n. 296, che<br />
prevedevano, a carico <strong>dei</strong> <strong>con</strong>tribuenti titolari di partita IVA, l’obbligo di<br />
comunicare preventivamente all’Agenzia delle entrate le compensazioni di<br />
crediti superiori a 10.000 euro; in proposito, si segnalano le misure di<br />
<strong>con</strong>trasto dell’utilizzazione di crediti inesistenti introdotte dai commi 16-<br />
20 dell’art. 27 del medesimo D.L. n. 185/2008 ;<br />
commi da 363 a 366 dell’art. 1 <strong>della</strong> legge 24 dicembre 2007, n. 244, che<br />
prevedevano, a partire dal 2009, il <strong>con</strong>trollo fiscale delle cessioni di beni e<br />
delle prestazioni di servizi effettuate tramite apparecchi distributori<br />
automatici mediante l’installazione, negli apparecchi stessi, di appositi<br />
dispositivi elettronici.<br />
L’art. 31, comma 1 del D.L. n. 185/2008 ha disposto l’abrogazione, a decorrere<br />
dal 1° gennaio 2009, del n. 123-ter) <strong>della</strong> Tabella A, parte III, allegata al D.P.R.<br />
n. 633/72, che prevedeva l’aliquota del 10% sui “canoni di abbonamento alle<br />
radiodiffusioni circolari trasmesse in forma codificata, nonché alla diffusione<br />
radiotelevisiva <strong>con</strong> accesso <strong>con</strong>dizionato effettuata in forma digitale a mezzo di<br />
reti via cavo o via satellite ivi comprese le trasmissioni televisive punto-punto<br />
<strong>con</strong> esclusione <strong>dei</strong> corrispettivi dovuti per la ricezione di programmi di <strong>con</strong>tenuto<br />
pornografico”.<br />
Di <strong>con</strong>seguenza, dalla predetta data l’abbonamento alla pay-tv s<strong>con</strong>ta l’aliquota<br />
IVA ordinaria del 20%. Va osservato che l’aliquota agevolata era legittimata<br />
dalla normativa comunitaria, e precisamente dal combinato disposto dell’art. 98<br />
<strong>della</strong> citata direttiva n. 112 del 2006 e dell’allegato III, n. 8) alla direttiva stessa,<br />
che <strong>con</strong>sente l’applicazione dell’aliquota ridotta alla ricezione di servizi<br />
radiotelevisivi. La Commissione europea aveva però ritenuto la norma italiana<br />
discriminatoria, in quanto agevolava solo i servizi televisivi in abbonamento.<br />
90
Territorialità <strong>dei</strong><br />
servizi<br />
elettronici e<br />
radiotelevisivi<br />
Il comma 2 dello stesso art. 31 ha sostituito l’art. 2 del D.Lgs. 1° agosto 2003,<br />
n. 273, allo scopo di adeguare in modo automatico il periodo di vigenza del<br />
particolare regime transitorio di applicazione dell’IVA sulle prestazioni di e-<br />
commerce e su quelle radiotelevisive alla durata stabilita dalla normativa<br />
comunitaria, 3 rendendo quindi non necessari ulteriori interventi in <strong>con</strong>seguenza<br />
di eventuali, successive proroghe che dovessero essere disposte in sede Ue.<br />
3 Cfr. gli articoli 59 e 357 <strong>della</strong> direttiva n. 112 del 2006.<br />
91
DETRAZIONE IVA SULLE SPESE ALBERGHIERE E DI<br />
RISTORAZIONE<br />
Dal 1° settembre 2008 è stato ripristinato il diritto alla detrazione dell’IVA sulle<br />
spese alberghiere e di ristorazione, se inerenti all’attività del soggetto passivo.<br />
La novità, introdotta per evitare una probabile <strong>con</strong>danna dell’Italia da parte<br />
<strong>della</strong> Corte di giustizia delle Comunità, avrà un rilevante impatto operativo e<br />
<strong>con</strong>tabile per i <strong>con</strong>tribuenti.<br />
Per far quadrare i <strong>con</strong>ti, poi, il legislatore ha ridotto la deducibilità di tali spese<br />
ai fini del reddito.<br />
Con la soppressione del divieto di detrazione dell’IVA sulle spese per prestazioni<br />
alberghiere e somministrazioni di alimenti e bevande, è stato demolito un altro<br />
muro eretto, a suo tempo, senza <strong>con</strong>cessione edilizia.<br />
Fuor di metafora, sul divieto, in origine <strong>con</strong>tenuto nel se<strong>con</strong>do comma dell’art.<br />
19 del D.P.R. 26 ottobre 1972, indi riformulato e allocato nella lettere e) del<br />
comma 1 dell’art. 19-bis1, gravava il sospetto di non <strong>con</strong>formità <strong>con</strong> la<br />
normativa comunitaria, donde l’avvio, su iniziativa <strong>della</strong> Commissione europea,<br />
di un procedimento di infrazione <strong>con</strong>tro l’Italia. La norma, infatti, venne<br />
introdotta a decorrere dal 1° aprile 1979, dunque successivamente all’entrata in<br />
vigore <strong>della</strong> sesta direttiva (77/388/CEE del 17 maggio 1977), che, com’è noto,<br />
nel demandare ad un successivo provvedimento del Consiglio europeo (mai<br />
venuto alla luce) l’incarico di armonizzare le esclusioni del diritto alla detrazione,<br />
<strong>con</strong>sentiva in via transitoria agli Stati membri di mantenere le limitazioni<br />
esistenti nei rispettivi ordinamenti alla data di entrata in vigore <strong>della</strong> direttiva<br />
stessa, ma non di introdurne di nuove, eccetto che per motivi <strong>con</strong>giunturali e<br />
previa informazione del Comitato Iva (c.d. clausola “standstill”) 4 .<br />
Allo scopo di evitare una più che probabile censura da parte <strong>della</strong> Corte di<br />
giustizia, dunque, il legislatore è intervenuto <strong>con</strong> il comma 28-bis dell’art. 83 del<br />
D.L. 25 giugno 2008, n. 112, aggiunto dalla legge di <strong>con</strong>versione 6 agosto 2008,<br />
n. 133, cancellando dalla disposizione <strong>della</strong> predetta lettera e) qualsiasi<br />
riferimento alle prestazioni alberghiere e alle somministrazioni di alimenti e<br />
bevande. Di <strong>con</strong>seguenza, poiché tali prestazioni non formano più oggetto di<br />
4 Cfr. l’art. 17, paragrafi 6 e 7, <strong>della</strong> sesta direttiva, le cui disposizioni sono ora riprodotte negli articoli<br />
176 e 177 <strong>della</strong> direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006, c.d. direttiva Iva “rifusa”. Per<br />
completezza, si deve rammentare che l’art. 27 <strong>della</strong> sesta direttiva (ora art. 395 <strong>della</strong> direttiva “rifusa”)<br />
prevede che il Consiglio può autorizzare ciascuno Stato membro a mantenere o introdurre <strong>particolari</strong><br />
misure di deroga alla direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune<br />
frodi o evasioni fiscali.<br />
93
Prestazioni rese<br />
delle agenzie di<br />
viaggi<br />
disposizioni <strong>particolari</strong> in ordine alla detrazione dell’imposta, esse tornano a<br />
ricadere nella <strong>disciplina</strong> generale, se<strong>con</strong>do cui il diritto alla detrazione<br />
dell’imposta che ha gravato gli acquisti e le importazioni di beni e servizi del<br />
soggetto passivo spetta se e nella misura in cui tali beni e servizi sono impiegati<br />
nello svolgimento di un’attività dalla quale derivano operazioni imponibili (o<br />
equiparate). Ovviamente non trarranno beneficio dalla novità – e anzi<br />
risulteranno penalizzati per via del <strong>con</strong>temporaneo giro di vite sul versante<br />
reddituale, cui si accennerà in ultimo – i soggetti per i quali l’imposta è<br />
comunque indetraibile per effetto del regime di esenzione delle operazioni attive<br />
oppure dell’adozione di regimi speciali (es. agricoltura, intrattenimenti).<br />
Tornando alla <strong>disciplina</strong> generale, posto che la sussistenza del requisito<br />
dell’inerenza deve essere dimostrata dal <strong>con</strong>tribuente che intenda far valere il<br />
diritto alla detrazione, si accendono ora i riflettori su tale questione di fatto, che<br />
pone il problema – non sempre facile, laddove si tratti, come nella fattispecie, di<br />
spese dirette a soddisfare bisogni personali – dell’accertamento e <strong>della</strong> prova<br />
del requisito stesso. Problema la cui soluzione risulterà più o meno agevole a<br />
se<strong>con</strong>da delle situazioni <strong>con</strong>crete, essendo evidente che le spese di vitto e<br />
alloggio sostenute per i dipendenti in trasferta non pongono le stesse difficoltà<br />
del <strong>con</strong>to <strong>della</strong> cena dell’amministratore delegato nel ristorante in città.<br />
In linea generale, comunque, è da ritenere che non possa attribuirsi alcun<br />
rilievo, ai fini dell’accertamento del requisito dell’inerenza, all’entità <strong>della</strong> spesa,<br />
poiché l’esistenza o meno del nesso <strong>della</strong> prestazione alberghiera o di<br />
ristorazione fruita non può affermarsi o negarsi in ragione dell’ammontare del<br />
<strong>con</strong>to.<br />
La rimozione del divieto di detrazione pone in posizione di svantaggio<br />
<strong>con</strong>correnziale le agenzie di viaggi che fornis<strong>con</strong>o prestazioni alberghiere e di<br />
ristorazione nel quadro del regime speciale regolato dall’art. 74-ter del D.P.R. n.<br />
633/72, e dunque senza diritto alla detrazione “a monte” e <strong>con</strong> il divieto di<br />
evidenziare l’Iva “a valle”.<br />
La questione, invero, si era già presentata, sia pure <strong>con</strong> portata più circoscritta,<br />
a seguito <strong>della</strong> legge Finanziaria 2007, che aveva già rimosso il divieto<br />
limitatamente alle prestazioni erogate in occasione di <strong>con</strong>vegni, <strong>con</strong>gressi e<br />
94
Modalità per<br />
l’esercizio <strong>della</strong><br />
detrazione<br />
simili. 5 Al fine di porvi rimedio, l’art. 1, comma 77 <strong>della</strong> legge 24 dicembre 2007,<br />
n. 244 ha aggiunto all’art. 74-ter citato il comma 8-bis, il quale stabilisce che le<br />
agenzie di viaggi e turismo possono, per le prestazioni di organizzazione di<br />
<strong>con</strong>vegni, <strong>con</strong>gressi e simili, applicare il regime ordinario dell’imposta, <strong>con</strong> diritto<br />
di detrarre l’imposta dovuta o versata per i servizi da esse acquistati dai loro<br />
fornitori, se si tratta di operazioni effettuate a diretto vantaggio del cliente.<br />
L’efficacia di questa disposizione, tuttavia, ai sensi del successivo comma 78, è<br />
subordinata alla <strong>con</strong>cessione di un’autorizzazione comunitaria ai sensi dell’art.<br />
395 <strong>della</strong> direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006, che ad oggi non risulta<br />
rilasciata. Alla luce, però, <strong>della</strong> soppressione generalizzata del divieto ad opera<br />
<strong>della</strong> legge n. 133/2008, quella soluzione appare inadeguata, per cui occorrerà<br />
un nuovo intervento legislativo.<br />
Per poter esercitare il diritto alla detrazione, occorre che la spesa sia<br />
documentata da fattura emessa ai sensi dell’art. 21 del D.P.R. n. 633/72,<br />
attestante l’addebito dell’imposta, da parte del prestatore, in adempimento<br />
dell’obbligo di rivalsa. Considerato che per la deducibilità <strong>della</strong> spesa ai fini<br />
dell’imposizione diretta è invece sufficiente la ricevuta fiscale integrata o il c.d.<br />
s<strong>con</strong>trino fiscale parlante, come espressamente previsto dall’art. 3, comma 1,<br />
del D.P.R. 21 dicembre 1996, n. 696, la possibilità di detrarre l’Iva avrà<br />
sicuramente un impatto sugli adempimenti <strong>con</strong>tabili degli operatori (soprattutto<br />
per gli esercenti, ma anche per i clienti) in termini di aumento <strong>della</strong> fatturazione<br />
e, <strong>con</strong>seguentemente, delle registrazioni.<br />
Occorre ricordare che le prestazioni alberghiere e le somministrazioni di alimenti<br />
e bevande effettuate dai pubblici esercizi rientrano tra le operazioni per le quali,<br />
ai sensi dell’art. 22, comma 1 del D.P.R. n. 633/72, l’emissione <strong>della</strong> fattura non<br />
è obbligatoria se non è richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione<br />
dell’operazione (su cui infra). Ora, se prima delle modifiche in commento<br />
raramente il cliente aveva interesse a richiedere la fattura, potendo<br />
documentare la spesa <strong>con</strong> i sopra richiamati strumenti di certificazione <strong>dei</strong><br />
corrispettivi, la rimozione del divieto di detrazione dell’Iva ha cambiato la<br />
situazione ed è pertanto prevedibile l’incremento delle richieste di fatturazione,<br />
anche in relazione ad operazioni di importo modesto. 6<br />
5 Art. 1, comma 304, <strong>della</strong> legge 27 dicembre 2006, n. 296.<br />
6 Va evidenziato, in proposito, che se il cliente richiede la fattura, l’esercente è tenuto ad emetterla,<br />
indipendentemente dal valore dell’operazione. Si ricorda, inoltre, che l’art. 21, comma 8, del D.P.R. n.<br />
95
Spese anticipate<br />
dal committente<br />
per <strong>con</strong>to del<br />
professionista<br />
Per attenuare l’aggravio gestionale ed amministrativo, i soggetti che<br />
intrattengono <strong>rapporti</strong> <strong>con</strong>tinuativi o comunque frequenti potranno ricorrere alla<br />
fatturazione periodica, stipulando apposite <strong>con</strong>venzioni che prevedano, ad<br />
esempio, l’emissione <strong>della</strong> fattura <strong>con</strong> cadenza mensile in relazione a tutte le<br />
prestazioni erogate nel periodo. Si ricorda, al riguardo, che, trattandosi di<br />
prestazioni di servizi, il momento di effettuazione dell’operazione, ai sensi<br />
dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/72, è quello del pagamento del corrispettivo, salvo<br />
che venga emessa fattura anticipata. Anche in questo caso, tuttavia, resta<br />
fermo, per l’esercente, l’obbligo di provvedere alla certificazione <strong>dei</strong> corrispettivi,<br />
mediante emissione di ricevuta fiscale o di s<strong>con</strong>trino fiscale, al momento<br />
dell’ultimazione <strong>della</strong> prestazione, ai sensi dell’art. 12 <strong>della</strong> legge 30 dicembre<br />
1991, n. 413 e delle altre norme ivi richiamate. Con l’art. 3, comma 2 del D.P.R.<br />
n. 696/1996, tuttavia, è stato stabilito che l’obbligo di certificazione non sussiste<br />
se al momento dell’ultimazione <strong>della</strong> prestazione sia emessa fattura. 7<br />
Quanto agli obblighi di registrazione, oltre alle disposizioni di carattere generale<br />
dell’art. 24, se<strong>con</strong>do comma del D.P.R. n. 633/72, che <strong>con</strong>sentono ai soggetti<br />
dell’art. 22 di annotare cumulativamente i corrispettivi delle operazioni,<br />
comprese quelle effettuate <strong>con</strong> rilascio di fattura, si devono ricordare le<br />
semplificazioni previste dall’art. 6, commi 1 e 6 del D.P.R. 9 dicembre 1996, n.<br />
695, se<strong>con</strong>do cui:<br />
per le fatture emesse nel corso di un mese, di importo inferiore a 154,94<br />
€, può essere annotato <strong>con</strong> riferimento a tale mese, in luogo di ciascuna<br />
fattura, un documento riepilogativo nel quale devono essere indicati i<br />
numeri delle fatture cui si riferisce, l’ammontare complessivo<br />
dell’imponibile e quello dell’imposta, distinti se<strong>con</strong>do l’aliquota applicata;<br />
analogo documento riepilogativo può essere annotato, in luogo di<br />
ciascuna fattura, in relazione alle fatture d’acquisto di importo inferiore a<br />
154,94 €.<br />
Un problema particolare sorge in relazione alla disposizione dell’art. 54, comma<br />
5, se<strong>con</strong>do periodo del T.U.I.R., che prevede, in deroga alle limitazioni,<br />
l’integrale deducibilità delle spese relative a prestazioni alberghiere e a<br />
somministrazioni di alimenti e bevande ai fini <strong>della</strong> determinazione del reddito di<br />
633/72 stabilisce che le spese di emissione <strong>della</strong> fattura e <strong>dei</strong> <strong>con</strong>seguenti adempimenti e formalità non<br />
possono formare oggetto di addebito, a qualsiasi titolo.<br />
7 Cfr. i chiarimenti <strong>con</strong>tenuti nella circolare n. 4 aprile 1997, n. 97.<br />
96
Spese di<br />
rappresentanza<br />
e acquisti di<br />
alimenti e<br />
bevande<br />
lavoro autonomo, nel caso in cui le spese siano sostenute dal committente per<br />
<strong>con</strong>to del professionista e da questi addebitate nella fattura.<br />
L’Agenzia delle entrate, al riguardo, nella circolare 4 agosto 2006, n. 28 ha<br />
precisato che “…il committente riceverà da colui che presta il servizio alberghiero<br />
o di ristorazione il documento fiscale a lui intestato <strong>con</strong> l’esplicito riferimento al<br />
professionista che ha usufruito del servizio. Il committente comunicherà al<br />
professionista l’ammontare <strong>della</strong> spesa effettivamente sostenuta e invierà allo<br />
stesso copia <strong>della</strong> relativa documentazione fiscale…”.<br />
Nell’ipotesi in cui l’anticipazione del committente si riferisca <strong>con</strong>giuntamente a<br />
più soggetti, ad esempio i relatori di un <strong>con</strong>vegno, <strong>con</strong> la successiva circolare 16<br />
febbraio 2007, n. 11 è stato precisato che “…la deduzione da parte del<br />
professionista che riaddebita l’importo è subordinata alla circostanza che la<br />
fattura emessa dall’albergatore o dal ristoratore…specifichi quale parte del<br />
corrispettivo si riferisce a ciascuno <strong>dei</strong> professionisti stessi.”<br />
La detraibilità dell’Iva impone un aggiornamento delle predette indicazioni 8 , in<br />
parte operato dall’Agenzia delle entrate <strong>con</strong> la circolare 5 settembre 2008, n. 53,<br />
emanata a commento delle nuove disposizioni. Nell’occasione, infatti, dopo avere<br />
precisato che qualora la prestazione sia fruita da un soggetto diverso<br />
dall’effettivo committente del servizio, ai fini <strong>della</strong> detrazione è necessario che la<br />
fattura rechi anche l’intestazione di tale soggetto, per cui il datore di lavoro<br />
potrà, ad esempio, detrarre l’imposta relativa alle prestazioni rese al proprio<br />
dipendente in trasferta se risulti cointestatario <strong>della</strong> fattura, l’Agenzia ha chiarito<br />
che “analogamente nel caso in cui il cliente anticipi le spese alberghiere e di<br />
ristorazione del professionista, la fattura deve essere intestata anche a<br />
quest’ultimo per <strong>con</strong>sentirgli di detrarre l’imposta addebitata.” Non sarebbero<br />
inopportune, tuttavia, ulteriori specificazioni in ordine alla “cointestazione” <strong>della</strong><br />
fattura, che sembrerebbe cosa diversa dalla semplice menzione sul documento<br />
del nominativo del beneficiario (o <strong>dei</strong> beneficiari) <strong>della</strong> prestazione in aggiunta a<br />
quelli del committente.<br />
Le spese alberghiere e di ristorazione possono anche assumere, a se<strong>con</strong>da del<br />
<strong>con</strong>testo, la veste di spese di rappresentanza. In tal caso, come osservato da<br />
Assonime nella circolare n. 50 del 7 agosto 2008 e <strong>con</strong>fermato dall’Agenzia nella<br />
circolare n. 53 sopra citata, l’IVA resta indetraibile per effetto <strong>della</strong> disposizione<br />
dell’art. 19-bis1, lett. h), del D.P.R. n. 633/72, che non <strong>con</strong>sente la detrazione<br />
8 Invero, <strong>con</strong> riferimento all’esemplificazione proposta, l’aggiornamento si imponeva già <strong>con</strong> l’entrata in<br />
vigore <strong>della</strong> legge n. 244/2007, che aveva ammesso la detrazione in relazione alle prestazioni fruite in<br />
occasione <strong>della</strong> partecipazione a <strong>con</strong>vegni, <strong>con</strong>gressi e simili.<br />
97
dell’imposta relativa, appunto, “alle spese di rappresentanza, come definite ai<br />
fini delle imposte sul reddito, tranne quelle sostenute per l’acquisto di beni di<br />
costo unitario non superiore a lire cinquantamila (25,82 €).”<br />
Si è dell’avviso che la situazione non muti <strong>con</strong> la nuova <strong>disciplina</strong> fiscale<br />
introdotta dalla legge finanziaria 2008, che, com’è noto, ha modificato l’art. 108,<br />
comma 2 del T.U.I.R. prevedendo l’integrale deducibilità delle spese di<br />
rappresentanza, nell’esercizio di sostenimento, “…se rispondenti ai requisiti di<br />
inerenza e <strong>con</strong>gruità stabiliti <strong>con</strong> decreto del Ministro dell’e<strong>con</strong>omia e delle<br />
finanze…”, in quanto tale <strong>disciplina</strong> non modifica la natura delle spese stesse. 9<br />
Del resto, l’indetraibilità dell’IVA sulle spese in questione risulta <strong>con</strong>forme agli<br />
obiettivi <strong>della</strong> normativa comunitaria, che nell’incaricare, come si è detto, il<br />
Consiglio europeo di individuare le spese da escludere dal diritto alla detrazione,<br />
prevede che “in ogni caso, saranno escluse dal diritto alla detrazione le spese<br />
non aventi un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di<br />
divertimento o di rappresentanza”. 10<br />
Questa sostanziale <strong>con</strong>formità, tuttavia, non fuga il dubbio che anche la norma<br />
<strong>della</strong> lettera h) sia in <strong>con</strong>trasto <strong>con</strong> la clausola c.d. “standstill” sopra richiamata,<br />
in quanto è stata introdotta solo <strong>con</strong> il D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 313. In<br />
proposito, la circolare del Ministero delle finanze 24 dicembre 1997, n. 328, nel<br />
precisare che “le spese di rappresentanza sono quelle sostenute dai <strong>con</strong>tribuenti<br />
per offrire al pubblico una immagine positiva di se stessi e <strong>della</strong> propria attività,<br />
nonché per promuovere l’acquisizione e il <strong>con</strong>solidamento del proprio prestigio”,<br />
osservava che la norma <strong>della</strong> lettera h) “recepisce quanto previsto dall’art. 17,<br />
paragrafo 6, <strong>della</strong> VI direttiva CEE”. In ordine a tale disposizione, tuttavia, nella<br />
sentenza 21 aprile 2005, causa C-25/03, punto 51, la Corte di giustizia ha<br />
rilevato che, allo stato attuale del diritto comunitario, non esiste alcun atto del<br />
Consiglio che escluda il diritto alla detrazione per le spese non aventi carattere<br />
strettamente professionale, quali le spese per fini di lusso, di svago o di<br />
rappresentanza.<br />
Un’altra disposizione, oggettivamente <strong>con</strong>tigua, che non è stata toccata dal<br />
recente intervento legislativo è quella <strong>della</strong> lettera f) dell’art. 19-bis1, che<br />
dichiara non detraibile “l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di<br />
alimenti e bevande ad eccezione di quelli che formano oggetto dell’attività<br />
9<br />
Il fatto che la circolare n. 53 dell’Agenzia, pur accennando alla <strong>disciplina</strong> reddituale, non prenda<br />
esplicitamente posizione sulla questione, sembra potersi intendere come una <strong>con</strong>ferma <strong>della</strong> tesi qui<br />
sostenuta.<br />
10<br />
Cfr. l’art. 176 <strong>della</strong> direttiva n. 112 del 2006 (in precedenza, l’art. 17, par. 6 <strong>della</strong> sesta direttiva del<br />
1977).<br />
98
Decorrenza<br />
Imposte dirette<br />
propria dell’impresa o di somministrazione in mense scolastiche, aziendali o<br />
interaziendali o mediante distributori automatici collocati nei locali<br />
dell’impresa”. 11<br />
La disposizione, dunque, rimane in vigore, ma anche su di essa grava, sempre<br />
per il medesimo motivo (ossia l’introduzione in violazione <strong>della</strong> clausola<br />
“standstill”), il dubbio di non <strong>con</strong>formità alla normativa comunitaria.<br />
La modifica alla lettera e) dell’art. 19-bis1 si applica alle operazioni effettuate a<br />
partire dal 1° settembre 2008. Come <strong>con</strong>fermato dall’Agenzia nella circolare n.<br />
53 citata, per determinare il momento di effettuazione dell’operazione occorre<br />
fare riferimento all’art. 6 del D.P.R. n. 633/72, per cui, trattandosi di prestazioni<br />
di servizi, la detrazione potrà essere esercitata in relazione alle prestazioni il cui<br />
corrispettivo sia pagato a decorrere dal 1° settembre 2008, sempreché non sia<br />
stata emessa precedentemente fattura. Pertanto, ad esempio, anche la<br />
prestazione alberghiera erogata il 31 agosto 2008, ma pagata il giorno<br />
successivo, rientra nella nuova <strong>disciplina</strong>, a meno che non sia stata fatturata in<br />
anticipo; viceversa, non sarà possibile esercitare la detrazione per la prestazione<br />
alberghiera erogata il 1° settembre 2008, se pagata oppure fatturata<br />
precedentemente.<br />
Al fine di bilanciare gli effetti <strong>della</strong> detraibilità dell’Iva sui <strong>con</strong>ti pubblici, il<br />
legislatore è <strong>con</strong>testualmente intervenuto sul versante delle imposte sui redditi,<br />
introducendo un nuovo tetto alla deducibilità <strong>dei</strong> costi.<br />
Con il comma 28-quater del medesimo art. 83, infatti, sono stati modificati gli<br />
articoli 109 e 54 del T.U.I.R., disponendo che le spese relative a prestazioni<br />
alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande, eccettuate quelle<br />
sostenute per le trasferte di dipendenti e collaboratori, sono deducibili nella<br />
misura del 75%, fermo restando, per i lavoratori autonomi, il tetto complessivo<br />
del 2% <strong>dei</strong> compensi.<br />
Su queste modifiche, peraltro, si registrano i chiarimenti più interessanti<br />
<strong>con</strong>tenuti nella circolare n. 53 citata, che possono così riassumersi:<br />
ai fini <strong>della</strong> determinazione del reddito di lavoro autonomo, le spese in<br />
argomento sono deducibili nella misura del 75%, <strong>con</strong> l’ulteriore<br />
(preesistente) limite massimo del 2% <strong>dei</strong> compensi; la limitazione al<br />
75%, inoltre, opera anche qualora le spese si <strong>con</strong>figurino come di<br />
11 La portata di tale ultima eccezione, invero, non è del tutto comprensibile, specie laddove fa riferimento<br />
ai locali dell’impresa, sicché, in assenza di chiarimenti, si registrano interpretazioni difformi.<br />
99
appresentanza, ipotesi nella quale, peraltro, trova applicazione l’ulteriore<br />
limite massimo dell’1% di cui al terzo periodo dell’art. 54 del T.U.I.R.;<br />
qualora, poi, le spese siano sostenute in occasione <strong>della</strong> partecipazione a<br />
<strong>con</strong>vegni, <strong>con</strong>gressi e simili, si applicano <strong>con</strong>giuntamente, nell’ordine, la<br />
nuova limitazione al 75% e quella al 50% di cui all’ultimo periodo dell’art.<br />
54, sicché in pratica sarà ammessa in deduzione il 50% del 75% <strong>della</strong><br />
spesa; infine, unica lettura favorevole al <strong>con</strong>tribuente, la nuova<br />
limitazione non opera nell’ipotesi di anticipazione <strong>della</strong> spesa da parte del<br />
committente, <strong>con</strong> successivo addebito in fattura da parte del<br />
professionista ai sensi del se<strong>con</strong>do periodo dell’art. 54;<br />
analogamente, ai fini <strong>della</strong> determinazione del reddito d’impresa, la<br />
riduzione <strong>della</strong> deduzione al 75% vale anche nel caso in cui la spesa si<br />
qualifichi di rappresentanza, sempreché sussistano i presupposti di<br />
deducibilità se<strong>con</strong>do la nuova <strong>disciplina</strong> del comma 2 dell’art. 108 del<br />
T.U.I.R.<br />
Ai sensi del comma 28-quinquies, la limitazione <strong>della</strong> deduzione al 75% opera a<br />
decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre<br />
2008, <strong>con</strong> obbligo, però, di tenerne <strong>con</strong>to già in sede di determinazione degli<br />
ac<strong>con</strong>ti dovuti per detto periodo d’imposta.<br />
100
DETRAZIONE IVA DEI COSTI DEI VEICOLI<br />
Oggetto <strong>della</strong><br />
limitazione<br />
<strong>della</strong> detrazione<br />
sui veicoli<br />
Con una serie di modifiche all’art. 19-bis1 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e<br />
alla tabella B allegata al medesimo D.P.R., la legge finanziaria 2008 12 ha<br />
ridefinito la <strong>disciplina</strong> <strong>della</strong> detrazione dell’IVA relativa a determinati mezzi di<br />
trasporto. Ciò, come spiega la relazione di accompagnamento all’emendamento<br />
che ha introdotto le modifiche nel corso dell’iter parlamentare del disegno di<br />
legge, al fine di tenere <strong>con</strong>to <strong>della</strong> nuova <strong>disciplina</strong> <strong>della</strong> detrazione risultante<br />
dalla decisione del Consiglio dell’Unione europea del 18 giugno 2007, pubblicata<br />
nella G.U.U.E. del 27 giugno successivo. Parallelamente, la legge interviene <strong>con</strong><br />
apposite disposizioni sul versante delle operazioni attive realizzate mediante i<br />
predetti mezzi di trasporto, in parte per le medesime finalità di adeguamento<br />
<strong>della</strong> normativa nazionale ai principi comunitari, in parte per finalità antielusive.<br />
Nel presente intervento si procede ad un primo esame <strong>della</strong> nuova <strong>disciplina</strong>,<br />
accennando altresì, per <strong>con</strong>nessione d’argomento, alle novità che la stessa legge<br />
ha apportato in materia di detrazione dell’IVA relativa alle spese di telefonia<br />
mobile.<br />
Si deve innanzitutto evidenziare come, nella riformulata disposizione <strong>della</strong><br />
lettera c) dell’art. 19-bis1, l’oggetto <strong>della</strong> limitazione <strong>della</strong> detrazione al 40%<br />
non siano più ciclomotori, motocicli, autovetture e autoveicoli di cui all’art. 54<br />
del D.Lgs. n. 285 del 30 aprile 1992, bensì i “veicoli stradali a motore, diversi da<br />
quelli di cui alla lettera f) dell’allegata tabella B”.<br />
La norma stessa, inoltre, chiarisce che per veicoli stradali a motore si intendono<br />
“tutti i veicoli a motore, diversi dai trattori agricoli o forestali, normalmente<br />
adibiti al trasporto stradale di persone o beni la cui massa massima autorizzata<br />
non supera 3.500 Kg e il cui numero di posti a sedere, escluso quello del<br />
<strong>con</strong>ducente, non è superiore a otto”. Sia la nuova nozione sia la relativa<br />
definizione ricalcano fedelmente l’articolo 5 <strong>della</strong> citata decisione del Consiglio.<br />
Dall’innovazione appena descritta discende che i veicoli rientranti nella<br />
definizione sopra riportata sono ora assoggettati alla medesima <strong>disciplina</strong>,<br />
indipendentemente dalla classificazione ai fini delle norme del codice <strong>della</strong><br />
strada.<br />
12 Legge 24 dicembre 2007, n. 244, pubblicata nel S.O. n. 285 alla G.U. n. 300 del 28 dicembre 2007.<br />
101
E’ da sottolineare che la disposizione <strong>della</strong> lettera c) non si applica ai veicoli di<br />
cui alla lettera f) <strong>della</strong> tabella B allegata al D.P.R. n. 633/72, ovverosia ai<br />
motocicli ad uso privato <strong>con</strong> motore di cilindrata superiore a 350 c.c., ai quali<br />
resta pertanto applicabile la più rigorosa disposizione <strong>della</strong> lettera b) del<br />
medesimo art. 19-bis1, che preclude totalmente la detrazione dell’imposta, salvo<br />
che i beni formino oggetto dell’attività propria dell’impresa.<br />
In se<strong>con</strong>do luogo, la predeterminazione legale <strong>della</strong> misura <strong>della</strong> detrazione al<br />
40% - che precedentemente non ammetteva la prova <strong>con</strong>traria, fatte salve le<br />
specifiche eccezioni previste – è ora riferita ai veicoli che non sono utilizzati<br />
esclusivamente nell’esercizio dell’impresa, dell’arte o <strong>della</strong> professione.<br />
Di <strong>con</strong>seguenza, la limitazione non opera per i veicoli ad uso esclusivo<br />
dell’attività del soggetto passivo, il quale, nel nuovo regime, ha pertanto la<br />
possibilità di computare integralmente in detrazione l’imposta, fermo restando,<br />
in tal caso, l’onere probatorio dell’inerenza totale. Anche su questo punto la<br />
nuova <strong>disciplina</strong> ricalca l’atto comunitario, che difatti ha autorizzato l’Italia a<br />
limitare al 40% il diritto alla detrazione dell’IVA sulle spese relative ai veicoli<br />
“non interamente utilizzati a fini professionali”.<br />
Si potrebbe dire, in sostanza, che la presunzione di inerenza parziale, sottesa<br />
alla forfetizzazione dell’entità <strong>della</strong> detrazione, è stata trasformata da assoluta a<br />
relativa, accentuandone in tal modo la finalità di semplificazione del sistema. Va<br />
peraltro rilevata una certa similarità <strong>della</strong> nuova disposizione <strong>con</strong> quella dell’art.<br />
164, comma 1, n. 1) del D.P.R. 22 dicembre 1996, n. 917 (Tuir), che com’è noto<br />
prevede la deducibilità integrale delle spese relative ai veicoli ivi indicati, se<br />
“destinati ad essere utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell’attività<br />
propria dell’impresa”. E’ da ritenere, tuttavia, che, in merito all’individuazione<br />
del requisito dell’utilizzazione esclusiva, l’amministrazione finanziaria non possa<br />
riproporre ai fini dell’IVA l’interpretazione rigorosa adottata ai fini<br />
dell’imposizione diretta, se<strong>con</strong>do cui si <strong>con</strong>siderano utilizzati esclusivamente<br />
come beni strumentali dell’attività propria dell’impresa i veicoli senza i quali<br />
l’attività stessa non può essere esercitata, quali ad esempio le autovetture delle<br />
imprese di autonoleggio, 13 se non altro in ragione <strong>della</strong> sopravvenuta<br />
omologazione di trattamento <strong>dei</strong> veicoli rientranti nella definizione riportata<br />
sopra, a prescindere dalla classificazione se<strong>con</strong>do il codice <strong>della</strong> strada.<br />
Un’altra innovazione riguarda la ridefinizione delle operazioni <strong>con</strong>siderate nella<br />
lettera c) dell’art. 19-bis1, che infatti, nella nuova formulazione, menziona<br />
soltanto l’acquisto e l’importazione <strong>dei</strong> veicoli e <strong>dei</strong> relativi componenti e ricambi,<br />
13 Circolare 13 febbraio 1997, n. 37.<br />
102
mentre le prestazioni di servizi relative ai veicoli medesimi (prestazioni di cui al<br />
terzo comma dell’art. 16, custodia, manutenzione, ecc.) sono state spostate<br />
nella successiva lettera d). Si tratta di una modifica di ordine sistematico, priva<br />
di effetti <strong>con</strong>creti, essendo <strong>con</strong>fermato il principio per cui l’imposta relativa alle<br />
predette prestazioni, nonché all’acquisto di carburanti e lubrificanti, è ammessa<br />
in detrazione nella stessa misura in cui è ammessa in detrazione l’imposta<br />
relativa all’acquisto o all’importazione del veicolo. In questo <strong>con</strong>testo, è da<br />
registrare tuttavia la novità <strong>con</strong>cernente le prestazioni di transito stradale <strong>dei</strong><br />
veicoli, che sono state trasferite dalla lettera e) alla lettera d), <strong>con</strong> <strong>con</strong>testuale<br />
rimozione <strong>della</strong> previsione di totale indetraibilità (riferita alle autovetture e agli<br />
autoveicoli) e assoggettamento al medesimo regime delle altre spese<br />
<strong>con</strong>cernenti i veicoli.<br />
Da segnalare, infine, la decorrenza retroattiva delle novità sopradescritte: ai<br />
sensi dell’art. 1, comma 264, <strong>della</strong> legge, infatti, le disposizioni <strong>con</strong>cernenti il<br />
diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai veicoli stradali a motore trovano<br />
applicazione dal 28 giugno 2007, giorno successivo a quello di pubblicazione<br />
nella G.U.U.E. <strong>della</strong> decisione del Consiglio europeo. La relazione di<br />
accompagnamento giustifica la particolare decorrenza delle predette disposizioni<br />
in ragione <strong>della</strong> loro natura meramente <strong>con</strong>fermativa <strong>della</strong> <strong>disciplina</strong> risultante<br />
dalla decisione del Consiglio, immediatamente applicabile in forza del richiamo<br />
espresso nel (previgente) testo <strong>della</strong> lettera c) dell’art. 19-bis1, come modificata<br />
dal D.L. 15 settembre 2006, n. 258, <strong>con</strong>vertito <strong>con</strong> modificazioni dalla legge 10<br />
novembre 2006, n. 278. Conseguentemente, i <strong>con</strong>tribuenti hanno la possibilità di<br />
ricalcolare nella dichiarazione annuale IVA di prossima presentazione, in<br />
relazione agli acquisti effettuati a partire dal 28 giugno 2007, 14 le detrazioni<br />
precedentemente computate in sede di liquidazioni periodiche, in armonia <strong>con</strong> i<br />
principi desumibili dalla citata decisione e formalmente accolti nell’ordinamento<br />
nazionale <strong>con</strong> la legge finanziaria 2008.<br />
14 Sull’identificazione di questa data, invero, sussisteva qualche incertezza. Premesso che la disposizione<br />
<strong>della</strong> lettera c), come modificata dalla legge n. 278/2006, faceva decorrere il nuovo regime “a far data<br />
dalla pubblicazione” nella G.U.U.E. <strong>della</strong> decisione, non era chiaro se dovesse assumersi la data stessa di<br />
pubblicazione, ossia il 27 giugno 2007, oppure il giorno successivo. La scelta <strong>della</strong> finanziaria, che ha<br />
optato per la se<strong>con</strong>da soluzione, appare sicuramente preferibile in quanto tende ad assicurare un minimo<br />
di <strong>con</strong>oscibilità degli atti. La questione, però, dovrebbe essere risolta in maniera identica sia per gli atti<br />
comunitari sia per gli atti interni. E’ stato invece sostenuto, per esempio, che il decreto ministeriale 22<br />
dicembre 2005, identificativo <strong>dei</strong> beni soggetti alle disposizioni dell’art. 60-bis del D.P.R. n. 633/72,<br />
pubblicato nella G.U. del 31 dicembre 2005, si applica dal giorno stesso <strong>della</strong> pubblicazione (circolare<br />
dell’Agenzia delle entrate 13 febbraio 2006, n. 6, risposta n. 4.5). Nello specifico caso delle auto<br />
aziendali, poi, la stessa circolare dell’Agenzia delle entrate n. 55 del 12 ottobre 2007 non si esprime in<br />
termini univoci, affermando che la decisione ha effetto ora dagli acquisti effettuati “dopo”, ora dagli<br />
acquisti effettuati “dal” 27 giugno 2007.<br />
103
Disposizioni<br />
<strong>particolari</strong> in<br />
materia di<br />
base<br />
imponibile<br />
L’intervento <strong>della</strong> finanziaria sulla <strong>disciplina</strong> <strong>dei</strong> c.d. veicoli aziendali non si<br />
limita, come si diceva, al versante <strong>della</strong> detrazione, ma coinvolge la<br />
determinazione <strong>della</strong> base imponibile. Al riguardo, occorre preliminarmente<br />
ricordare che, se<strong>con</strong>do l’insegnamento <strong>della</strong> Corte di giustizia, 15 qualora il<br />
soggetto passivo, all’atto dell’acquisto di un bene, abbia scelto di inserirlo<br />
interamente nel sistema dell’IVA, l’imposta pagata sull’acquisto è, in via di<br />
principio, integralmente detraibile, mentre l’eventuale utilizzo del bene per<br />
finalità estranee all’impresa costituisce prestazione di servizio imponibile;<br />
qualora, invece, abbia scelto di inserire solo parzialmente il cespite nel sistema<br />
dell’IVA, relativamente alla parte del cespite riservata alla propria sfera<br />
personale il <strong>con</strong>tribuente non agisce in veste di soggetto passivo, sicché non si<br />
realizza auto<strong>con</strong>sumo tassabile.<br />
Conformemente, l’art. 2 <strong>della</strong> più volte richiamata decisione del Consiglio<br />
europeo, stabilisce che, in deroga all’art. 26, par. 1, lettera a), <strong>della</strong> direttiva<br />
2006/112/CE del 28 novembre 2006, “l’Italia è anche tenuta a non assimilare ad<br />
una prestazione di servizi a titolo oneroso l’uso a fini privati di veicoli che<br />
rientrano fra i beni dell’impresa di un soggetto passivo, se tale veicolo è stato<br />
soggetto a restrizione del diritto a detrazione ai sensi <strong>della</strong> presente decisione”.<br />
In armonia <strong>con</strong> tali principi e disposizioni, la finanziaria ha integrato l’art. 3 del<br />
D.P.R. n. 633/72, stabilendo che non costituisce auto<strong>con</strong>sumo l’uso personale o<br />
familiare da parte dell’imprenditore, oppure la messa a disposizione a titolo<br />
gratuito <strong>dei</strong> dipendenti, di veicoli stradali a motore per il cui acquisto, anche<br />
sulla base di <strong>con</strong>tratti di locazione e di noleggio, sia stata esercitata la detrazione<br />
forfetaria dell’imposta del 40%. Anche questa disposizione si applica dal 28<br />
giugno 2007.<br />
Parallelamente, è stato sancito a livello normativo il principio - già ri<strong>con</strong>osciuto<br />
immanente nel sistema dell’IVA dalla circolare dell’Agenzia delle entrate 12<br />
ottobre 2007, n. 55 – di assoggettamento parziale all’imposta delle cessioni<br />
aventi per oggetto beni per il cui acquisto o importazione la detrazione sia stata<br />
esercitata parzialmente in forza di limitazioni oggettive; in tale ipotesi, quindi, la<br />
base imponibile è determinata nella stessa misura percentuale <strong>della</strong> detrazione<br />
operata.<br />
Infine, in funzione antielusiva, viene stabilito, nell’ambito del riformulato terzo<br />
comma dell’art. 13, D.P.R. n. 633/72, che per la messa a disposizione di veicoli<br />
stradali a motore, da parte del datore di lavoro nei <strong>con</strong>fronti del proprio<br />
personale dipendente, la base imponibile è costituita dal valore normale, se è<br />
15 Cfr., per tutte, la sentenza 4 ottobre 1995, causa C-291/92.<br />
104
Telefonia mobile<br />
dovuto un corrispettivo inferiore. Questa disposizione troverà applicazione dal 1°<br />
marzo 2008.<br />
Le ultime modifiche da segnalare riguardano il valore normale. La finanziaria<br />
integra l’art. 14 del D.P.R. n. 633/72, <strong>con</strong> effetto dal 1° marzo 2008, stabilendo<br />
che, ai fini <strong>della</strong> determinazione del valore normale delle operazioni di cui al<br />
terzo comma dell’art. 13, se i beni ceduti o i servizi prestati non rientrano<br />
nell’attività propria dell’impresa, il valore normale è costituito:<br />
per le cessioni di beni, dal prezzo d’acquisto;<br />
per le prestazioni di servizi, dalle spese sostenute.<br />
Per la messa a disposizione <strong>dei</strong> dipendenti di veicoli stradali a motore, infine,<br />
viene stabilito, sempre <strong>con</strong> decorrenza dal 1° marzo 2008, che si assume quale<br />
valore normale l’importo determinato a norma dell’art. 51, comma 4, lett. a), del<br />
D.P.R. n. 917/86, comprensivo delle somme eventualmente trattenute al<br />
dipendente e al netto dell’IVA inclusa nell’importo stesso: in sostanza, per i<br />
veicoli assegnati ai dipendenti per finalità estranee all’impresa, a fronte<br />
dell’addebito di un corrispettivo, ovvero anche a titolo gratuito se si tratta di<br />
veicoli che hanno formato oggetto di detrazione integrale al momento<br />
dell’acquisto, la base imponibile ad IVA non può essere inferiore all’ammontare<br />
del fringe benefit calcolato ai fini reddituali.<br />
Al probabile fine di anticipare gli effetti di una nuova censura <strong>della</strong> Corte di<br />
giustizia nel procedimento in corso, <strong>con</strong>cernente la legittimità <strong>della</strong> disposizione<br />
<strong>della</strong> lettera g) dell’art. 19-bis1 del D.P.R. n. 633/72, che limita al 50% la<br />
detrazione dell’IVA sulle spese relative ai c.d. telefonini (eccettuati gli apparecchi<br />
utilizzati dagli autotrasportatori), l’art. 1, comma 262, lett. e), n. 3), <strong>della</strong> legge<br />
finanziaria sancisce l’abrogazione <strong>della</strong> disposizione. A decorrere dal 1° gennaio<br />
2008, di <strong>con</strong>seguenza, il diritto alla detrazione su tali spese ricade nella<br />
<strong>disciplina</strong> generale; per scoraggiare gli abusi, tuttavia, il comma 255 del<br />
predetto articolo stabilisce che gli uffici effettueranno specifici <strong>con</strong>trolli sui<br />
<strong>con</strong>tribuenti che computeranno in detrazione l’imposta in misura superiore al<br />
50%. A tale scopo, nella dichiarazione annuale Iva 2009 è stato previsto il rigo<br />
VA8, destinato all’indicazione delle spese in esame per le quali il <strong>con</strong>tribuente<br />
abbia esercitato la detrazione in misura superiore al 50%.<br />
Riguardo alla base imponibile, poi, vengono introdotte disposizioni analoghe a<br />
quelle già esaminate <strong>con</strong> riguardo ai veicoli. E’ difatti stabilito che:<br />
105
Chiarimenti del<br />
fisco sui veicoli<br />
- non si realizza auto<strong>con</strong>sumo in relazione all’uso per finalità estranee all’attività,<br />
oppure alla messa a disposizione a titolo gratuito <strong>dei</strong> dipendenti, di telefonini e<br />
relative prestazioni di gestione qualora l’imposta sia stata detratta parzialmente,<br />
in misura non superiore all’impiego “professionale”<br />
- a decorrere dal 1° marzo 2008, per la messa a disposizione di telefonini e<br />
relative prestazioni di gestione nei <strong>con</strong>fronti di dipendenti, la base imponibile è<br />
costituita dal valore normale se è dovuto un corrispettivo inferiore<br />
- ai suddetti fini, il valore normale <strong>dei</strong> beni e servizi che non rientrino nell’attività<br />
propria dell’impresa è costituito dal prezzo di acquisto (per le cessioni di beni)<br />
ovvero dalle spese sostenute (per le prestazioni di servizi).<br />
Con risoluzione n. 6/DPF del 29 febbraio 2008, il Ministero dell’E<strong>con</strong>omia e delle<br />
Finanze, Dipartimento per le Politiche Fiscali, ha fornito i primi chiarimenti sulla<br />
nuova <strong>disciplina</strong> <strong>della</strong> detrazione dell’IVA relativa alle spese <strong>dei</strong> c.d. “veicoli<br />
aziendali”, come ridefinita dalla legge finanziaria per il 2008, 16 <strong>con</strong> effetto dal 28<br />
giugno 2007, in aderenza al <strong>con</strong>tenuto <strong>della</strong> Decisione del Consiglio europeo del<br />
18 giugno 2007.<br />
In estrema sintesi, le due principali innovazioni sono quelle derivanti dalle<br />
modifiche apportate alla lettera c) dell’art. 19-bis1, D.P.R. 26 ottobre 1972, n.<br />
633, in ordine all’individuazione dell’ambito oggettivo <strong>della</strong> disposizione che<br />
limita la detrazione al 40%.<br />
La prima <strong>con</strong>siste nell’abbandono del riferimento alla classificazione del veicolo<br />
prevista dalle norme del Codice <strong>della</strong> Strada 17 , sostituito dalla nozione di “veicoli<br />
stradali a motore”. La se<strong>con</strong>da, nell’avere circoscritto l’applicazione <strong>della</strong><br />
disposizione limitativa ai veicoli che “non sono utilizzati esclusivamente<br />
nell’esercizio dell’impresa, dell’arte o <strong>della</strong> professione”.<br />
Le <strong>con</strong>seguenze che discendono da tali modiche appaiono di tutto rilievo.<br />
In primo luogo, la tipologia del mezzo di trasporto è divenuta irrilevante ai fini<br />
<strong>della</strong> normativa in esame. I mezzi rientranti nella nozione di “veicoli stradali a<br />
motore” (che, ai sensi <strong>della</strong> stessa disposizione, identifica “tutti i veicoli stradali<br />
a motore, diversi dai trattori agricoli o forestali, normalmente adibiti al trasporto<br />
stradale di persone o beni la cui massa massima autorizzata non supera 3.500<br />
16 Legge 24 dicembre 2007, n. 244.<br />
17 D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285<br />
106
I “numeri fissi”<br />
<strong>della</strong> detrazione<br />
sui veicoli<br />
stradali a motore<br />
e l’eccezione per<br />
gli agenti di<br />
commercio<br />
kg e il cui numero di posti a sedere, escluso quello del <strong>con</strong>ducente, non è<br />
superiore a otto”) sono infatti soggetti alla disposizione limitativa, a prescindere<br />
dalla classificazione ai fini del Codice <strong>della</strong> Strada (e dunque, per esempio,<br />
indipendentemente dall’immatricolazione come autovettura o come autocarro). I<br />
mezzi che non rientrano nella predetta nozione ricadono invece nella <strong>disciplina</strong><br />
generale, che accorda il diritto alla detrazione se e nella misura in cui il bene è<br />
impiegato dal soggetto passivo per effettuare operazioni imponibili ed assimilate.<br />
Un caso a parte è rappresentato dai motocicli per uso privato <strong>con</strong> motore di<br />
cilindrata superiore a 350 c.c., per i quali è stato mantenuto il divieto totale di<br />
detrazione dell’IVA 18 , salvo che i beni formino oggetto dell’attività propria<br />
dell’impresa. 19<br />
In se<strong>con</strong>do luogo, poiché la limitazione riguarda ora i veicoli non utilizzati<br />
esclusivamente nell’attività del soggetto passivo, essa non si applica a quelli<br />
utilizzati solo nell’attività, per i quali il diritto alla detrazione compete pertanto<br />
integralmente (fatta salva, naturalmente, la falcidia da prorata); questo, per<br />
effetto dell’innovazione descritta precedentemente, vale anche per le<br />
autovetture, in relazione alle quali si (ri)apre, dunque, dopo più di cinque lustri,<br />
la possibilità <strong>della</strong> detrazione integrale dell’IVA.<br />
Riassumendo, relativamente ai veicoli stradali a motore, come sopra definiti, la<br />
nuova <strong>disciplina</strong> oggettiva <strong>della</strong> detrazione prevede:<br />
- la limitazione al 40% se il veicolo è utilizzato in modo promiscuo (sia<br />
nell’attività, sia per finalità estranee)<br />
- il diritto integrale se il veicolo è utilizzato esclusivamente nell’attività.<br />
Non vi è spazio per soluzioni intermedie, ossia per la quantificazione dell’imposta<br />
detraibile in una misura compresa tra il 41 e il 99% in base al criterio<br />
dell’effettiva inerenza. Se, difatti, l’utilizzo del veicolo è esclusivamente<br />
“professionale” (in senso lato), la detrazione spetta integralmente; in caso<br />
<strong>con</strong>trario, la detrazione è predeterminata dalla legge nella misura del 40%, in<br />
deroga ai principi generali, come chiaramente si desume dalla norma interna e,<br />
ancor prima, dall’articolo 1 <strong>della</strong> predetta Decisione del Consiglio europeo. Fanno<br />
però eccezione i veicoli che formano oggetto dell’attività propria dell’impresa e<br />
quelli utilizzati dagli agenti e rappresentanti di commercio, ai quali la<br />
disposizione <strong>della</strong> lettera c) non si applica “in ogni caso”, <strong>con</strong> <strong>con</strong>seguente<br />
applicazione <strong>dei</strong> principi generali se<strong>con</strong>do cui l’imposta ammessa in detrazione è<br />
18<br />
Divieto che oggi appare anacronistico e ingiustamente penalizzante nei <strong>con</strong>fronti di mezzi di trasporto<br />
ad impatto ambientale ben più <strong>con</strong>tenuto di altri.<br />
19<br />
Cfr. la lettera b) dell’art. 19-bis1 e la lettera f) <strong>della</strong> tabella B allegata al D.P.R. n. 633/72.<br />
107
Utilizzo<br />
promiscuo: la<br />
tassazione<br />
dell’auto<strong>con</strong>sum<br />
o non legittima la<br />
detrazione<br />
determinata in rapporto all’inerenza del bene o del servizio <strong>con</strong> l’attività del<br />
soggetto passivo.<br />
In altri termini, come <strong>con</strong>fermato dal Dipartimento delle Politiche Fiscali nella<br />
citata risoluzione n. 6, l’agente di commercio che utilizzi il veicolo in modo<br />
promiscuo, ovvero sia per l’esercizio dell’attività sia per scopi privati, potrà<br />
quantificare l’imposta detraibile in funzione dell’utilizzazione “professionale” del<br />
bene, così come prevede il comma 4 dell’articolo 19, D.P.R. n. 633/72.<br />
La stessa risoluzione, opportunamente, aggiunge che qualora il <strong>con</strong>tribuente non<br />
fosse in grado di individuare ex ante la quota di utilizzazione professionale, potrà<br />
esercitare la detrazione integrale e successivamente assoggettare all’imposta<br />
l’impiego del bene per scopi privati, sulla base del valore normale. Tale<br />
soluzione, invero, non è esplicitamente <strong>con</strong>templata da alcuna disposizione<br />
(essendo unicamente previsto, per l’ipotesi di utilizzo promiscuo <strong>dei</strong> beni e<br />
servizi, il criterio <strong>della</strong> detrazione pro-quota di cui al citato comma 4 dell’art.<br />
19); essa trae, però, autorevole avallo dalla giurisprudenza <strong>della</strong> Corte di<br />
giustizia delle Comunità, 20 che ne ha statuito la <strong>con</strong>formità <strong>con</strong> l’ordinamento<br />
dell’imposta, per cui deve ritenersi espressione di un vero e proprio criterio<br />
generale alternativo a quello <strong>della</strong> detrazione pro-quota di cui al citato comma 4<br />
dell’art. 19.<br />
Il criterio alternativo cui si è appena accennato, tuttavia, non potrà trovare<br />
applicazione in presenza di disposizioni <strong>particolari</strong> – quale, appunto, quella <strong>della</strong><br />
lettera c) dell’art. 19-bis1 – che, derogando ai principi generali, limitano<br />
oggettivamente il diritto alla detrazione. Al riguardo, non deve trarre in inganno<br />
la previsione che la stessa finanziaria 2008, ricalcando l’art. .. <strong>della</strong> succitata<br />
Decisione del Consiglio europeo, ha inserito nell’articolo 3 del D.P.R. n. 633/72,<br />
volta a stabilire che, qualora la detrazione dell’imposta sull’acquisizione del<br />
veicolo sia stata esercitata nella misura del 40%, l’utilizzo personale o familiare<br />
del veicolo stesso, oppure la messa a disposizione <strong>dei</strong> dipendenti a titolo<br />
gratuito, non realizza auto<strong>con</strong>sumo imponibile. Da tale previsione non può,<br />
infatti, argomentarsi, a <strong>con</strong>trariis, che l’impiego privato del veicolo realizza,<br />
invece, auto<strong>con</strong>sumo imponibile qualora la detrazione sia stata esercitata in<br />
misura integrale. Siffatta argomentazione, infatti, è ostacolata dalla disposizione<br />
speciale <strong>della</strong> lettera c) dell’art. 19-bis1, che nell’ipotesi di utilizzo promiscuo del<br />
veicolo limita inderogabilmente la detrazione dell’imposta al 40%. Per effetto di<br />
questa disposizione, pertanto, non è <strong>con</strong>sentito al <strong>con</strong>tribuente, come chiarisce<br />
anche la risoluzione in commento, adottare il diverso comportamento (pure<br />
20 Sentenza 4 ottobre 1995, causa C-291/92.<br />
108
Veicoli in uso<br />
promiscuo ai<br />
dipendenti<br />
legittimo in via di principio) <strong>con</strong>sistente nella detrazione integrale dell’imposta<br />
all’atto dell’acquisto e nella tassazione dell’utilizzo privato. 21<br />
La possibilità di detrarre integralmente l’imposta sulle spese di acquisto e<br />
impiego <strong>dei</strong> veicoli, allorquando utilizzati esclusivamente per lo svolgimento<br />
dell’attività, (ri)apre le questioni (già prospettate all’indomani <strong>della</strong> sentenza<br />
“liberatoria” <strong>della</strong> Corte di giustizia del 14 settembre 2006, C-228/05)<br />
<strong>con</strong>cernenti la valutazione dell’inerenza totale e, soprattutto, i supporti probatori<br />
da predisporre a fondamento <strong>della</strong> pretesa, che saranno probabilmente al centro<br />
dell’attenzione nel prossimo futuro, man mano che la realtà quotidiana<br />
svilupperà la casistica.<br />
In generale, sembra di poter dire che le questioni si porranno in termini<br />
differenti a se<strong>con</strong>da dell’attività <strong>con</strong>siderata e delle caratteristiche del veicolo:<br />
una cosa, infatti, è sostenere l’inerenza totale dell’autocarro utilizzato dal fornaio<br />
per <strong>con</strong>segnare il pane ai clienti, altra l’inerenza totale dell’autovettura del<br />
professionista (o dello stesso fornaio).<br />
E’ da ritenere, pertanto, che anche l’onere <strong>della</strong> prova si ponga in modo<br />
differente, potendo nel primo caso ritenersi soddisfatto anche in via presuntiva,<br />
sulla base di canoni di comune esperienza 22 ; nel se<strong>con</strong>do caso, nel quale è<br />
fondatamente presumibile, invece, l’impiego promiscuo del mezzo, il<br />
<strong>con</strong>tribuente che intenda esercitare il diritto alla detrazione integrale non potrà<br />
esimersi dal (non facile) compito di approntare, a fondamento <strong>della</strong> detrazione<br />
integrale, adeguata documentazione. 23<br />
Su questo tema generale, la risoluzione in esame offre una prima indicazione<br />
ufficiale, precisando che “i veicoli utilizzati dal datore di lavoro nell’esercizio<br />
dell’impresa 24 e messi a disposizione <strong>dei</strong> dipendenti, dietro un corrispettivo<br />
<strong>con</strong>venuto specificamente per la possibilità accordata a questi ultimi di utilizzarli<br />
anche per scopi privati, sono comunque da <strong>con</strong>siderarsi utilizzati totalmente per<br />
l’effettuazione di operazioni poste in essere nell’ambito dell’attività d’impresa: le<br />
operazioni tipiche dell’attività di impresa, da un lato, e la messa a disposizione<br />
dietro corrispettivo a favore del dipendente, dall’altro”.<br />
21<br />
Di diverso avviso sembra, invece, Assonime (cfr. circolare n. 11 del 14 febbraio 2008).<br />
22<br />
Naturalmente la presunzione di totale inerenza non dovrà essere <strong>con</strong>traddetta da una realtà di segno<br />
diverso.<br />
23<br />
Indicazioni significative in proposito si desumono dal provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 22<br />
febbraio 2007, in materia di modalità di rimborso dell’IVA sulle spese pregresse relative alle c.d. “auto<br />
aziendali”, che al punto 3.2 si occupa <strong>della</strong> documentazione necessaria per comprovare il diritto al<br />
rimborso analitico.<br />
24<br />
Sebbene la risoluzione faccia riferimento soltanto all’impresa, non si vedono motivi per non applicare il<br />
medesimo trattamento agli esercenti arti e professioni.<br />
109
La correttezza di questa <strong>con</strong>clusione è <strong>con</strong>fermata dalle disposizioni che la stessa<br />
finanziaria 2008 ha aggiunto agli articoli 13 e 14 del D.P.R. n. 633/72, volte a<br />
stabilire che, a decorrere dal 1° marzo 2008, il corrispettivo addebitato al<br />
dipendente non può essere inferiore all’importo del fringe benefit reddituale, 25 la<br />
cui ratio si ricollega evidentemente, <strong>con</strong> chiara funzione antielusiva, alla<br />
possibilità del datore di lavoro di fruire <strong>della</strong> detrazione integrale dell’imposta<br />
relativamente al veicolo assegnato in uso promiscuo al dipendente dietro<br />
pagamento di un corrispettivo.<br />
25 Determinato a norma dell’art. 51, comma 4, lettera a), del TUIR.<br />
110
PRESTAZIONI PER INTERMEDIAZIONE<br />
Le prestazioni di intermediazione trovano finalmente il giusto assetto. Con una<br />
recente risoluzione, l’Agenzia delle entrate interpreta la lettera f-quinquies)<br />
dell’art. 7, D.P.R. n. 633/72, in <strong>con</strong>formità alla norma comunitaria, chiarendo<br />
che non si <strong>con</strong>siderano territoriali le intermediazioni relative ad operazioni<br />
effettuate fuori <strong>della</strong> Comunità. Le regole in arrivo dal 2010, tuttavia, rischiano<br />
di riaprire la questione, per cui è necessario riformulare la previsione di non<br />
imponibilità dell’art. 9, n. 7).<br />
L’individuazione <strong>della</strong> territorialità delle prestazioni di intermediazione ha sempre<br />
presentato qualche problema. Prima dell’entrata in vigore del regime transitorio<br />
degli scambi intracomunitari, le prestazioni di intermediazione – diverse da<br />
quelle degli agenti immobiliari, menzionate alla lettera a) del quarto comma<br />
dell’art. 7, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e da quelle relative alle operazioni di<br />
cui alla lettera d) del medesimo comma, <strong>disciplina</strong>te dagli specifici criteri ivi<br />
stabiliti – ricadevano nella regola generale del terzo comma dell’art. 7, per cui il<br />
luogo dell’operazione si identificava <strong>con</strong> il domicilio del prestatore. 26 Questa<br />
<strong>con</strong>clusione, peraltro, era stata messa in dubbio dal SECIT, che nella relazione<br />
sull’attività del 1993 aveva (erroneamente) ritenuto che, così come le<br />
intermediazioni su beni immobili sono regolate dal criterio speciale <strong>della</strong> lettera<br />
a) del quarto comma, quelle relative a beni mobili dovessero ricadere, per<br />
ragioni di coerenza sistematica, nella regola speciale <strong>della</strong> lettera b).<br />
L’applicazione <strong>della</strong> regola generale presentava però l’in<strong>con</strong>veniente di rendere<br />
imponibile, allorché prestata da un soggetto italiano, l’intermediazione sulla<br />
vendita di beni mobili “estero su estero”; questa ipotesi, infatti, sfuggiva alla<br />
disposizione dell’art. 9, n. 7) del D.P.R. n. 633/72, che dichiara non imponibili “i<br />
servizi di intermediazione relativi a beni in importazione, in esportazione o in<br />
transito”, atteso che i beni allo stato estero non rientrano in alcuna delle<br />
<strong>con</strong>dizioni ivi menzionate. Per ovviare all’in<strong>con</strong>veniente, l’amministrazione<br />
finanziaria escogitò una soluzione singolare, affermando apoditticamente che le<br />
intermediazioni rese a committenti esteri e relative a beni che si trovano<br />
all’estero dovevano <strong>con</strong>siderarsi non soggette ad IVA in Italia per mancanza di<br />
26<br />
In tal senso si era più volte pronunciata anche l’amministrazione finanziaria: cfr., ex multis, la ris. 30<br />
giugno 1980, n. 420248.<br />
111
La <strong>disciplina</strong><br />
transitoria degli<br />
scambi intraUe<br />
territorialità ai sensi <strong>della</strong> lettera b) del quarto comma dell’art. 7. 27 Questa<br />
soluzione non aveva alcun fondamento, non potendo logicamente sostenersi, in<br />
mancanza di una previsione normativa, che la medesima prestazione<br />
(intermediazione su vendita di beni mobili) dovesse ritenersi <strong>disciplina</strong>ta ora<br />
dalla regola generale, ora dal criterio specifico, a se<strong>con</strong>da <strong>della</strong> situazione.<br />
Si trattava, insomma, di un espediente arbitrario per rimediare, nel caso<br />
specifico dell’intermediazione su vendite “estero su estero”, all’in<strong>con</strong>gruente<br />
imposizione in Italia imputabile all’imprecisione <strong>della</strong> disposizione dell’art. 9, n.<br />
7): se infatti tale disposizione avesse recepito correttamente la corrispondente<br />
previsione dell’art. 15, par. 14 <strong>della</strong> direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977<br />
(sesta direttiva), che dichiarava esenti (nell’ordinamento nazionale: non<br />
imponibili) “le prestazioni di servizi fornite dagli intermediari che agis<strong>con</strong>o a<br />
norme e per <strong>con</strong>to di terzi, quando intervengono…in operazioni effettuate fuori<br />
<strong>della</strong> Comunità”, avrebbe ricompreso nel proprio ambito anche le intermediazioni<br />
su vendite “estero su estero”.<br />
Con l’avvento <strong>della</strong> <strong>disciplina</strong> transitoria degli scambi intracomunitari, recepita in<br />
Italia <strong>con</strong> il D.L. 30 agosto 1993, n. 331, <strong>con</strong>vertito dalla legge 29 ottobre 1993,<br />
n. 427, trovano specifica regolamentazione anche talune prestazioni di servizi,<br />
fra cui:<br />
le prestazioni di intermediazione relative a trasporti intracomunitari e a<br />
prestazioni accessorie ai trasporti stessi;<br />
le prestazioni di intermediazione diverse da quelle relative alle prestazioni<br />
di cui all’articolo 7, quarto comma, lettera d), del D.P.R. n. 633/72.<br />
Concentrandoci sulla se<strong>con</strong>da categoria, che costituisce l’oggetto <strong>della</strong> nostra<br />
analisi, l’art. 40, comma 8, del D.L. n. 331/93 stabilisce che le intermediazioni in<br />
esame si <strong>con</strong>siderano effettuate in Italia se relative ad operazioni ivi effettuate,<br />
<strong>con</strong> esclusione delle prestazioni di intermediazioni rese a soggetti passivi in altro<br />
Stato membro; se però il committente <strong>della</strong> prestazione di intermediazione è un<br />
soggetto d’imposta nel territorio dello Stato, la prestazione si <strong>con</strong>sidera ivi<br />
effettuata ancorché l’operazione cui si riferisce sia effettuata in un altro Stato<br />
membro.<br />
27 Circolare 3 agosto 1979, n. 26.<br />
112
Il chiarimento<br />
<strong>con</strong> la<br />
“rifusione” <strong>della</strong><br />
sesta direttiva<br />
Le nuove regole introdotte dal D.L. 331 prevedono dunque che:<br />
quando l’operazione principale è effettuata in Italia, si <strong>con</strong>sidera ivi<br />
effettuata anche la prestazione di intermediazione, salvo che il<br />
committente sia un soggetto passivo di altro Stato membro;<br />
quando l’operazione principale è effettuata in un altro Stato membro, la<br />
prestazione di intermediazione si <strong>con</strong>sidera effettuata in Italia se il<br />
committente è un soggetto passivo nazionale.<br />
Come si vede, il citato comma 8 dell’art. 40 ha introdotto criteri specifici (luogo<br />
dell’operazione intermediata, luogo di identificazione del committente) alternativi<br />
alla regola generale del domicilio del prestatore. Tra l’altro, esaminando la<br />
norma comunitaria corrispondente, ossia l’art. 28-ter, parte E, par. 3 <strong>della</strong> sesta<br />
direttiva, si ha la <strong>con</strong>ferma dell’esattezza dell’interpretazione se<strong>con</strong>do cui alle<br />
prestazioni degli intermediari si applica(va) la regola generale, in quanto tale<br />
norma introduce i suddetti criteri specifici “in deroga all’articolo 9, paragrafo 1”<br />
<strong>della</strong> direttiva, ossia in deroga alla norma che enuncia, appunto, la regola<br />
generale del domicilio del prestatore.<br />
Detto ciò, sia la norma comunitaria sia quella interna lasciavano il dubbio sulla<br />
loro portata, non essendo chiaro se i criteri specifici fossero applicabili a tutte le<br />
prestazioni di intermediazione ivi menzionate, a prescindere dalla localizzazione<br />
dell’operazione intermediata, così da rendere totalmente superata la regola<br />
generale, oppure soltanto a quelle relative ad operazioni principali effettuate in<br />
ambito comunitario.<br />
L’incertezza è stata risolta, in sede comunitaria, <strong>con</strong> la redazione del “testo<br />
unico” dell’IVA, rappresentato dalla direttiva 2006/112/CE del 28 novembre<br />
2006, che dal 1° gennaio 2007 ha sostituito la sesta direttiva.<br />
Nella struttura sistematica <strong>della</strong> nuova direttiva, infatti, ai criteri speciali di<br />
localizzazione delle prestazioni rese dagli intermediari è stata chiaramente<br />
attribuita portata generale. L’art. 44, collocato nella sezione 2, <strong>con</strong>cernente<br />
disposizioni speciali per individuare il luogo delle prestazioni di servizi,<br />
costituisce l’unico articolo <strong>della</strong> sottosezione 1, <strong>con</strong>cernente le “prestazioni di<br />
servizi effettuate da intermediari”; esso stabilisce che:<br />
113
Il recepimento<br />
“imperfetto” del<br />
chiarimento<br />
il luogo delle prestazioni di servizi effettuate da un intermediario che<br />
agisce in nome e per <strong>con</strong>to terzi, diverse da quelle di cui agli articoli 50,<br />
54 e 56, paragrafo 1, 28 è il luogo di effettuazione dell’operazione<br />
principale;<br />
tuttavia, allorché il destinatario <strong>della</strong> prestazione resa dall’intermediario è<br />
identificato ai fini Iva in uno Stato membro diverso da quello nel cui<br />
territorio è effettuata tale operazione, il luogo <strong>della</strong> prestazione resa<br />
dall’intermediario si <strong>con</strong>sidera situato nel territorio dello Stato membro<br />
che ha attribuito al destinatario il numero di identificazione Iva <strong>con</strong> il<br />
quale il servizio gli è stato reso.<br />
In pratica, è stato chiarito che riveste portata generale, in modo da applicarsi<br />
dunque a tutte le intermediazioni (tranne quelle oggettivamente escluse dalla<br />
norma), il criterio speciale che localizza la prestazione dell’intermediario:<br />
a) nel luogo di identificazione del committente, se questi è un soggetto<br />
passivo d’imposta nell’Ue e l’operazione principale è effettuata in ambito<br />
comunitario<br />
b) nel luogo dell’operazione principale, in ogni altro caso (ossia se il<br />
committente non è un soggetto passivo Ue, oppure se il luogo<br />
dell’operazione principale è esterno alla Comunità).<br />
Recependo a tempo di record la norma comunitaria, <strong>con</strong> l’articolo 1, comma 325<br />
<strong>della</strong> legge n. 296/2006 il legislatore nazionale ha inserito nel quarto comma<br />
dell’articolo 7 del D.P.R. n. 633/72 la lettera f-quinquies). Tale disposizione<br />
stabilisce che le prestazioni di intermediazione di cui trattasi si <strong>con</strong>siderano<br />
effettuate in Italia quanto l’operazione principale è ivi effettuata, a meno che<br />
non siano commesse da un soggetto passivo in altro Stato membro dell’Ue;<br />
tuttavia, le suddette prestazioni si <strong>con</strong>siderano “in ogni caso” effettuate in Italia<br />
se il committente è ivi soggetto passivo d’imposta.<br />
La se<strong>con</strong>da parte <strong>della</strong> disposizione, però, non pare <strong>con</strong>forme alla norma<br />
comunitaria laddove attrae “in ogni caso” nel territorio dello Stato le<br />
intermediazioni commissionate da soggetti passivi italiani (a prescindere, quindi,<br />
28 Gli articoli richiamati <strong>disciplina</strong>no rispettivamente le intermediazioni su trasporti intracomunitari, quelle<br />
su attività accessorie a tali trasporti e quelle relative alle operazioni elencate, nell’ordinamento nazionale,<br />
nell’art. 7, quarto comma, lett. d) del D.P.R. n. 633/72.<br />
114
L’interpretazione<br />
“correttiva”<br />
dal luogo dell’operazione principale): in base al citato articolo 44 <strong>della</strong> direttiva<br />
n. 112 (e così come previsto dall’art. 40, comma 8, del D.L. n. 331/93), invece,<br />
l’attrazione scatta soltanto se l’operazione principale è effettuata in ambito Ue.<br />
La formulazione <strong>della</strong> norma nazionale, dunque, sembrerebbe attrarre nel<br />
territorio nazionale la prestazione di intermediazione, commissionata da un<br />
soggetto d’imposta italiano, relativa ad un’operazione esterna alla Comunità, ad<br />
esempio la vendita di beni “estero su estero”; tale prestazione, inoltre, per<br />
quanto già osservato precedentemente, non può fruire neppure del trattamento<br />
di non imponibilità di cui all’art. 9, n. 7), del D.P.R. n. 633/72.<br />
Ma non è tutto. Il legislatore nazionale ha lasciato in vita anche le disposizioni<br />
del comma 8 dell’art. 40 del D.L. n. 331/93, che avrebbero dovuto essere<br />
soppresse in <strong>con</strong>siderazione <strong>della</strong> “generalizzazione” del criterio specifico ivi<br />
<strong>con</strong>tenuto ad opera <strong>della</strong> predetta lettera f-quinquies). Ciò rappresenta motivo di<br />
incertezza in ordine al trattamento delle intermediazioni effettuate in ambito<br />
comunitario, cui risultano infatti applicabili entrambe le disposizioni: sia quella<br />
<strong>della</strong> lettera f-quinquies) dell’art. 7 del D.P.R. n. 633/72, sia quella dell’art. 40,<br />
comma 8 del D.L. n. 331/93. Pur essendo il trattamento sostanzialmente<br />
identico, vi sono differenze negli adempimenti e negli effetti che, per brevità,<br />
omettiamo di descrivere (fatturazione, autofatturazione, integrazione <strong>della</strong><br />
fattura, rilevanza ai fini del plafond).<br />
Sulla materia è recentemente intervenuta l’Agenzia delle entrate <strong>con</strong> la<br />
risoluzione 12 novembre 2008, n. 437, i cui passaggi più rilevanti sono quelli che<br />
fanno chiarezza sui criteri di localizzazione enunciati dalla lettera f-quinquies) del<br />
quarto comma dell’art. 7 e sulla relazione fra questa norma e le disposizioni<br />
dell’art. 40, comma 8 del D.L. n. 331/93.<br />
Cominciando da questo se<strong>con</strong>do aspetto, l’Agenzia osserva esattamente che<br />
“<strong>con</strong> il nuovo assetto normativo delineato dalla direttiva 2006/112/CE è stato<br />
uniformato il luogo di tassazione <strong>dei</strong> servizi di intermediazione anche<br />
relativamente alle operazioni su beni mobili materiali effettuate in ambito<br />
comunitario, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza che risulta estesa la portata <strong>della</strong> lettera f-<br />
quinquies) dell’articolo 7 del D.P.R. n. 633 del 1972 e viene reso di fatto<br />
inoperativo il comma 8 dell’articolo 40 del D.L. n. 331 del 1993.” Pertanto, anche<br />
nell’ipotesi di prestazione di intermediazione resa da operatore comunitario, il<br />
committente nazionale “assolverà l’imposta ai sensi dell’articolo 17, terzo<br />
comma, del D.P.R. n. 633 del 1972 (emissione di autofattura) e non se<strong>con</strong>do le<br />
disposizioni previste dall’articolo 46 del D.L. n. 331 del 1993 (integrazione <strong>della</strong><br />
fattura emessa dal prestatore).”<br />
115
Prospettive<br />
future<br />
Analogamente, si deve ritenere che nell’ipotesi speculare, ossia nel caso di<br />
intermediazione resa da operatore nazionale a committente soggetto passivo di<br />
altro Stato membro, l’intermediario deve emettere fattura non soggetta ad Iva ai<br />
sensi dell’art. 7, quarto comma, lettera f-quinquies) e non ai sensi dell’art. 40,<br />
comma 8, <strong>con</strong> ciò che ne <strong>con</strong>segue in ordine alla qualificazione non territoriale<br />
dell’operazione (in specie: esclusione dal volume d’affari e dall’eventuale plafond<br />
dell’esportatore abituale).<br />
Quanto alla localizzazione <strong>della</strong> prestazione se<strong>con</strong>do le disposizioni <strong>della</strong> lettera<br />
f-quinquies), interpretando la norma nazionale in <strong>con</strong>formità all’art. 44 <strong>della</strong><br />
direttiva 112 del 2006, altrettanto correttamente l’Agenzia afferma che “per<br />
quanto riguarda l’ipotesi di operazioni di intermediazione che si riferis<strong>con</strong>o ad<br />
acquisiti e cessioni di beni che si perfezionano al di fuori del territorio<br />
comunitario, si ritiene che tali operazioni non debbano essere assoggettate ad<br />
imposta per carenza assoluta del requisito territoriale, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza che il<br />
committente nazionale non sarà tenuto, ai fini IVA, ad emettere autofattura.” In<br />
altre parole, l’attrazione territoriale delle prestazioni di intermediazione<br />
commissionate da soggetti d’imposta nazionali non vale “in ogni caso”, come<br />
impropriamente afferma la lettera f-quinquies), ma solo se l’operazione<br />
principale è effettuata in ambito comunitario, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza che<br />
l’intermediazione relativa alla vendita di beni “estero su estero”, ancorché resa a<br />
soggetto passivo nazionale, resta estranea alla sfera di applicazione dell’IVA.<br />
Il rischio dell’imposizione dell’intermediazione relativa ad operazioni<br />
extracomunitarie potrebbe tuttavia ripresentarsi a breve, <strong>con</strong> l’entrata in vigore,<br />
il 1° gennaio 2010, delle nuove regole in materia di territorialità delle prestazioni<br />
di servizi previste dalla direttiva 2008/8/CE del 12 febbraio 2008.<br />
Limitandoci all’essenziale, va infatti evidenziato che dal 2010 le prestazioni di<br />
intermediazione rese a soggetti d’imposta saranno localizzate nel paese del<br />
committente. Pertanto, il principio enunciato dalla lettera f-quinquies), se<strong>con</strong>do<br />
cui si <strong>con</strong>siderano “in ogni caso” effettuate in Itala le prestazioni di<br />
intermediazione rese a soggetti passivi ivi stabiliti, attualmente non<br />
corrispondente, come si è visto, alla <strong>disciplina</strong> comunitaria vigente, risulterà<br />
<strong>con</strong>forme alla nuova <strong>disciplina</strong>.<br />
Per evitare di tassare (ingiustamente) le intermediazioni relative a vendite<br />
“estero su estero” commissionate da operatori nazionali, dunque, non resterà<br />
che modificare la disposizione dell’art. 9, n. 7) del D.P.R. n. 633/72 al fine di<br />
estendere alle intermediazioni in questione il trattamento di non imponibilità.<br />
116
Una simile estensione, peraltro, appare necessaria per allineare doverosamente<br />
la norma nazionale a quella comunitaria, rappresentata dall’art. 153 <strong>della</strong><br />
direttiva n. 112 del 2006, il quale stabilisce che “gli Stati membri esentano 29 le<br />
prestazioni di servizi effettuate dagli intermediari che agis<strong>con</strong>o in nome e per<br />
<strong>con</strong>to di terzi, quando intervengono…in operazioni effettuate fuori <strong>della</strong><br />
Comunità”.<br />
29<br />
Si tratta di esenzione <strong>con</strong> diritto alla detrazione “a monte”, espressa nell’ordinamento nazionale <strong>con</strong> la<br />
nozione di “non imponibilità”.<br />
117
118
PRINCIPALI NOVITA’ DELLA DICHIARAZIONE IVA 2009<br />
Monitoraggio<br />
<strong>della</strong> detrazione<br />
sui “telefonini”<br />
Il modello <strong>della</strong> dichiarazione annuale IVA 2009 presenta alcune novità<br />
significative, in parte discendenti da recenti disposizioni antielusive. E’ il caso del<br />
monitoraggio <strong>della</strong> detrazione sulle spese di telefonia cellulare, <strong>della</strong><br />
sorveglianza sulla gestione del credito dell’anno precedente nei <strong>con</strong>fronti delle<br />
società di comodo e di quelle che aderis<strong>con</strong>o alla procedura di gruppo. Nulla di<br />
nuovo, invece, per quanto riguarda il termine di scadenza per la presentazione<br />
<strong>della</strong> dichiarazione, essendo <strong>con</strong>fermata (almeno per il momento) la data del 31<br />
luglio 2009.<br />
Con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 15 gennaio 2009<br />
è stata approvata la modulistica per la dichiarazione annuale IVA 2009 (modello<br />
base, modello VR per il rimborso, prospetto 26/LP delle liquidazioni periodiche<br />
delle società aderenti all’Iva di gruppo, <strong>con</strong> relative istruzioni), nonché la<br />
versione aggiornata del modello 74-bis, che curatori fallimentari e commissari<br />
liquidatori devono utilizzare per adempiere allo specifico obbligo prescritto<br />
dall’art. 74-bis, primo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 in relazione<br />
alle procedure <strong>con</strong>corsuali aperte nel 2009.<br />
Si analizzano di seguito alcune delle novità <strong>con</strong>tenute nel modello base,<br />
costituito come di <strong>con</strong>sueto dal frontespizio e dai moduli <strong>dei</strong> quadri, ricordando<br />
che i soggetti tenuti a presentare la dichiarazione in forma unificata (IVA e<br />
imposte sui redditi) devono utilizzare il frontespizio del modello Unico 2009.<br />
La legge Finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 24 dicembre 2007) ha<br />
abrogato la lettera g) dell’art. 19-bis1 del D.P.R. n. 633/72, disposizione che<br />
limitava al 50% la detrazione dell’imposta relativa all’acquisto e alla gestione di<br />
apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di<br />
comunicazioni. La stessa legge ha però previsto la programmazione di specifici<br />
<strong>con</strong>trolli nei <strong>con</strong>fronti <strong>dei</strong> <strong>con</strong>tribuenti che eserciteranno la detrazione in misura<br />
superiore alla predetta percentuale.<br />
119
Crediti delle<br />
società “di<br />
comodo”<br />
In relazione a tale previsione, nella dichiarazione annuale è stato introdotto un<br />
apposito rigo (VA8) la cui compilazione è riservata, appunto, ai soggetti che nel<br />
corso del 2008 hanno effettuato acquisti e importazioni di telefoni cellulari e<br />
delle relative prestazioni di gestione esercitando la detrazione in misura<br />
superiore al 50%, i quali dovranno riportare in tale rigo l’ammontare imponibile<br />
di dette spese e la relativa imposta detratta.<br />
Le istruzioni precisano che il rigo va compilato anche dai soggetti per i quali la<br />
detrazione effettiva risulti poi ridotta entro la predetta percentuale per effetto<br />
del prorata.<br />
La compilazione del rigo VA8 comporta quindi l’inserimento del soggetto nella<br />
lista delle posizioni suscettibili di <strong>con</strong>trollo mirato in ordine all’inerenza degli<br />
acquisti in esame.<br />
Si deve osservare che, in <strong>con</strong>siderazione <strong>della</strong> diffusione oramai pressoché<br />
generalizzata <strong>dei</strong> telefoni cellulari, l’amministrazione potrebbe selezionare ai fini<br />
di possibili <strong>con</strong>trolli anche i <strong>con</strong>tribuenti <strong>con</strong> volume d’affari significativo che, pur<br />
non avendo compilato il rigo VA8, lasceranno in bianco il rigo VF18, <strong>con</strong>cernente<br />
gli acquisti e importazioni per i quali non è ammessa la detrazione dell’imposta.<br />
Una simile selezione, peraltro, potrebbe essere operata anche per verificare la<br />
detrazione dell’imposta sulle spese relative ai veicoli a motore, in relazione alle<br />
disposizioni <strong>della</strong> lettera c) dell’art. 19-bis1 sopra citato.<br />
La <strong>disciplina</strong> fiscale delle società non operative, dettata dall’art. 30 <strong>della</strong> legge n.<br />
724/1994, come modificata dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, prevede, tra l’altro,<br />
che per le società e gli enti non operativi l’eccedenza di credito risultante dalla<br />
dichiarazione Iva non è rimborsabile, né cedibile, né utilizzabile in<br />
compensazione cosiddetta “orizzontale”. In pratica, la società “di comodo” può<br />
soltanto riportare a nuovo il credito Iva per utilizzarlo nella compensazione<br />
interna (o “verticale”), ossia a scomputo degli eventuali debiti risultati dalle<br />
liquidazioni dell’imposta.<br />
Inoltre, qualora per tre periodi di imposta <strong>con</strong>secutivi la società o l’ente non<br />
operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini dell’Iva in misura almeno pari<br />
all’importo che risulta dall’applicazione delle percentuali stabilite per il cosiddetto<br />
“test di operatività” ai fini del reddito, l’eccedenza di credito non è neppure<br />
riportabile a nuovo nei periodi successivi, per cui si verifica l’estinzione del<br />
credito.<br />
Questa situazione può presentarsi per la prima volta <strong>con</strong> la dichiarazione Iva<br />
2009, relativa all’anno 2008, terzo periodo d’imposta dall’entrata in vigore <strong>della</strong><br />
disposizione (2006).<br />
120
In <strong>con</strong>siderazione <strong>della</strong> <strong>disciplina</strong> sopra illustrata, nel modello Iva 2009 è stato<br />
inserito il rigo VA46, composto di una sola casella, nella quale le società non<br />
operative dovranno indicare il codice numerico corrispondente alla situazione<br />
nella quale si trovano, in base alla seguente codifica riportata nelle istruzioni:<br />
1 - società non operativa per l’anno oggetto <strong>della</strong> dichiarazione<br />
2 - società non operativa per l’anno oggetto <strong>della</strong> dichiarazione e per il<br />
precedente<br />
3 - società non operativa per l’anno oggetto <strong>della</strong> dichiarazione e per i due<br />
precedenti<br />
4 - società non operativa per l’anno oggetto <strong>della</strong> dichiarazione e per i due<br />
precedenti e che non ha effettuato, in nessun anno del triennio, operazioni<br />
rilevanti ai fini Iva per ammontare almeno pari all’importo che risulta dalle<br />
percentuali di cui all’art. 30, comma 1, <strong>della</strong> legge n. 724/1994.<br />
La società che si trova nella situazione n. 4 (status di società di comodo abbinato<br />
a “scarsa attività” ai fini Iva, per tutti i tre anni dal 2006 al 2008) perde<br />
l’eventuale eccedenza detraibile risultante dalla dichiarazione: tale eccedenza,<br />
che dovrà comunque essere indicata, come precisato nelle istruzioni, nel rigo<br />
VX2 o nel corrispondente rigo del modello Unico 2009, non potrà dunque essere<br />
ripresa nelle liquidazioni periodiche del 2009.<br />
Si rende <strong>con</strong>seguentemente necessario, per le società potenzialmente<br />
interessate, affrettare la chiusura <strong>dei</strong> <strong>con</strong>ti per accertare l’eventuale <strong>con</strong>dizione<br />
comportante la decadenza del credito, in modo da evitare la ripresa indebita del<br />
credito stesso nelle liquidazioni dell’anno corrente (irregolarità che potrebbe<br />
comunque essere poi sanata, fruendo delle disposizioni sul ravvedimento<br />
operoso, divenute più <strong>con</strong>venienti dopo le modifiche apportate all’art. 13 del<br />
D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, dall’art. 16, comma 5, del D.L. 29 novembre<br />
2008, n. 185).<br />
In merito all’applicazione <strong>della</strong> suddetta <strong>disciplina</strong> alle società <strong>con</strong> esercizio non<br />
coincidente <strong>con</strong> l’anno solare, si ricorda che, se<strong>con</strong>do i chiarimenti forniti<br />
dall’Agenzia delle entrate <strong>con</strong> la circolare 4 maggio 2007, n. 25, tali società<br />
dovranno operare annualmente, a partire dal periodo d’imposta in corso al 4<br />
luglio 2006, il raffronto tra l’importo risultante dal test di operatività e il volume<br />
d’affari Iva riferito, ai fini in esame, all’arco temporale che compone il periodo<br />
d’imposta ai fini reddituali. Per esempio, se il periodo d’imposta va dal 1° luglio<br />
al 30 giugno, i raffronti dovranno essere effettuati tra i dati di bilancio e i volumi<br />
121
Credito<br />
restituito dalla<br />
<strong>con</strong>trollante<br />
Credito<br />
dell’anno<br />
precedente e<br />
adesione all’Iva<br />
“di gruppo”<br />
d’affari ricalcolati relativamente agli esercizi 1°luglio 2006-30 giugno 2007, 1°<br />
luglio 2007-30 giugno 2008, 1° luglio 2008-30 giugno 2009: ove si verifichino le<br />
<strong>con</strong>dizioni per la decadenza del credito, la società non potrà più riportare a<br />
nuovo il credito esistente al 30 giugno 2009. Si evidenzia che, in relazione a<br />
questo caso, non sono dettate specifiche istruzioni.<br />
In tema di crediti delle società non operative, va inoltre rilevata l’istituzione del<br />
rigo VL25.<br />
Occorre premettere che le limitazioni all’uso del credito Iva ne inibis<strong>con</strong>o anche il<br />
trasferimento alla società <strong>con</strong>trollante nel caso di adesione alla procedura “di<br />
gruppo”.<br />
Le limitazioni, tuttavia, riguardano il credito risultante dalla dichiarazione<br />
annuale e non le eccedenze detraibili emergenti dalle liquidazioni periodiche,<br />
sicché può accadere che la società trasferisca nel corso dell’anno dette<br />
eccedenze detraibili al gruppo e poi, al termine del periodo d’imposta, risulti non<br />
operativa. In tal caso, come precisato dall’Agenzia delle entrate <strong>con</strong> la<br />
risoluzione 29 aprile 2008, n. 180, la capogruppo dovrà restituire le eccedenze<br />
alla società non operativa.<br />
Il rigo VL25 accoglie, pertanto, l’indicazione delle eccedenze che la società<br />
risultata non operativa per l’anno 2007 aveva trasferito al gruppo nel corso dello<br />
stesso anno e che le sono state poi restituite dalla <strong>con</strong>trollante.<br />
Sempre la Finanziaria 2008 ha modificato l’art. 73 del D.P.R. n. 633/72,<br />
stabilendo che agli effetti del “<strong>con</strong>solidamento” <strong>dei</strong> saldi in capo al gruppo non si<br />
tiene <strong>con</strong>to delle eccedenze detraibili, risultanti dalle dichiarazioni annuali<br />
relative al periodo d’imposta precedente, degli enti e società diversi da quelli per<br />
i quali anche in tale periodo d’imposta la <strong>con</strong>trollante si è avvalsa <strong>della</strong> facoltà di<br />
procedere alla liquidazione di gruppo.<br />
In sostanza, il credito <strong>della</strong> società che aderisce ad una procedura di liquidazione<br />
di gruppo alla quale non aderiva l’anno precedente, nonché il credito del gruppo<br />
che abbia cambiato composizione rispetto all’anno precedente, non può essere<br />
<strong>con</strong>ferito al gruppo, ma resta definitivamente nella disponibilità esclusiva <strong>della</strong><br />
società che ne è titolare.<br />
In detta ipotesi, se<strong>con</strong>do i chiarimenti forniti dal Dipartimento Politiche Fiscali del<br />
Ministero dell’E<strong>con</strong>omia e delle finanze <strong>con</strong> la risoluzione n. 4 del 14 febbraio<br />
2008, il credito “non trasferibile” al gruppo potrà:<br />
a) essere richiesto a rimborso, nell’anno in esame o in anni successivi, qualora<br />
ricorrano i presupposti dell’art. 30 del D.P.R. n. 633/72<br />
122
) essere utilizzato in compensazione “orizzontale”, nei limiti stabiliti dalla legge<br />
(516.456,90 euro per anno solare, importo elevato a 1 milione di euro per i<br />
subappaltatori in edilizia che hanno realizzato almeno l’80% del volume d’affari<br />
in operazioni sottoposte a “reverse charge”)<br />
c) essere computato in detrazione in anni successivi, una volta venuta meno la<br />
partecipazione alla liquidazione di gruppo. Quest’ultima precisazione sta a<br />
significare, in pratica, che la società non potrà utilizzare il credito risultante dalla<br />
dichiarazione per il 2007 a scomputo dell’imposta dovuta sulle operazioni<br />
imponibili effettuate nel 2008; questa preclusione, tuttavia, suscita qualche<br />
perplessità.<br />
Allo scopo di <strong>con</strong>sentire un’efficace rappresentazione (e sorveglianza) <strong>della</strong><br />
situazione creditoria sottoposta alle descritte limitazioni, nella dichiarazione<br />
annuale 2009 è stata introdotta una sezione per l’indicazione dell’eccedenza<br />
detraibile rinveniente dall’anno precedente, che in pratica ha l’obiettivo di far<br />
emergere, mediante la compilazione <strong>dei</strong> righi VL8, VL9 e VL10, l’eccedenza che<br />
può <strong>con</strong>correre alla determinazione dell’imposta a saldo per il 2008, da riportare<br />
nel successivo rigo VL26. Il procedimento si articola nei seguenti passaggi:<br />
o tutti i <strong>con</strong>tribuenti che hanno chiuso la dichiarazione precedente <strong>con</strong><br />
un credito non richiesto a rimborso debbono indicarne l’ammontare<br />
nel rigo VL8;<br />
o nel successivo rigo VL9 occorre indicare la quota del predetto credito<br />
che è stata utilizzata in compensazione c.d. “orizzontale”<br />
anteriormente alla presentazione <strong>della</strong> dichiarazione Iva 2009 (va<br />
ricordato, al riguardo, che il credito 2007 può essere compensato a<br />
partire dal 1° gennaio 2008 e fino alla presentazione <strong>della</strong><br />
dichiarazione dell’anno successivo);<br />
o il rigo VL10, infine, è riservato alle società che hanno aderito nel 2008<br />
ad una procedura “di gruppo” alla quale non partecipavano l’anno<br />
precedente, le quali dovranno indicare nel rigo in esame la differenza<br />
tra l’eccedenza detraibile rinveniente dal 2007, riportata nel rigo VL8,<br />
e la parte utilizzata in compensazione orizzontale, riportata nel rigo<br />
VL9. Tale differenza rappresenta il credito 2007 che, non essendo<br />
trasferibile al gruppo ai sensi <strong>della</strong> sopra descritta disposizione <strong>della</strong><br />
Finanziaria 2008, rimane nella definitiva disponibilità <strong>della</strong> società e<br />
potrà essere utilizzato come precisato nella citata risoluzione n.<br />
4/DPF/2008.<br />
123
Immatricolazione<br />
di veicoli di<br />
provenienza Ue<br />
Venendo al rigo VL26, che accoglie, come si diceva, l’eccedenza detraibile<br />
dell’anno precedente che effettivamente <strong>con</strong>corre alla determinazione del saldo<br />
2008, l’importo da riportare nel rigo in esame si ottiene per differenza tra<br />
l’importo del rigo VL8 e quello del rigo VL9, sempreché non sia stato compilato il<br />
rigo VL10, poiché la compilazione di quest’ultimo rigo preclude la possibilità di<br />
riportare il credito nel rigo VL26.<br />
Con il comma 9 dell’art. 1 del D.L. n. 262/2006 è stato stabilito che per<br />
l’immatricolazione o la voltura di autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi, anche<br />
nuovi, oggetto di acquisto intracomunitario a titolo oneroso, la relativa richiesta<br />
deve essere corredata <strong>della</strong> copia del modello F24 di versamento dell’Iva,<br />
recante per ciascun mezzo di trasporto il numero di telaio e l’ammontare dell’Iva<br />
assolta in occasione <strong>della</strong> prima cessione interna.<br />
La speciale procedura di versamento, divenuta operativa a decorrere dal 3<br />
dicembre 2007, prevede l’utilizzo di una particolare versione del modello F24 e<br />
di codici tributo istituiti ad hoc. Di <strong>con</strong>seguenza, già nella dichiarazione annuale<br />
dell’anno scorso è stata introdotta un’apposita sezione 2 all’interno del quadro H,<br />
destinata all’indicazione di questi versamenti speciali, sezione che viene ora<br />
completata <strong>con</strong> l’aggiunta <strong>dei</strong> righi relativi a tutti i mesi dell’anno.<br />
Nella dichiarazione 2009, inoltre, è stato introdotto il rigo VL24, che richiede<br />
l’indicazione <strong>dei</strong> predetti versamenti speciali effettuati nel 2008 in relazione a<br />
cessioni non intervenute nell’anno 2008, ma in anni successivi. Questa ipotesi<br />
può verificarsi, per esempio, nel caso in cui l’immatricolazione del veicolo sia<br />
effettuata dal rivenditore non in dipendenza di una immediata cessione, ma al<br />
fine di raggiungere gli obiettivi di vendita fissati dalla casa costruttrice o dal<br />
distributore (si veda la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 52 del 30 luglio<br />
2008).<br />
Se, dunque, il versamento dell’Iva è stato effettuato nel corso del 2008, in<br />
dipendenza dell’immatricolazione, mentre la cessione sarà effettuata in anni<br />
successivi, l’importo del versamento speciale, da includere nell’ammontare<br />
complessivo <strong>dei</strong> versamenti periodici riportato nel rigo VL29 (crediti), va indicato<br />
anche nel rigo VL24 (debiti), al fine di non influenzare la liquidazione<br />
dell’imposta.<br />
Specularmente, per l’ipotesi in cui siano state effettuate, nel corso del 2008,<br />
cessioni la cui imposta sia stata versata <strong>con</strong> il modello F24 speciale nell’anno<br />
precedente, in dipendenza dell’immatricolazione del veicolo, le istruzioni <strong>della</strong><br />
124
Ac<strong>con</strong>to di<br />
dicembre e<br />
regolarizzazioni<br />
dichiarazione annuale precisano che anche l’importo di tale versamento, sebbene<br />
effettuato nell’anno precedente, deve essere incluso nel rigo VL29 e altresì<br />
specificato, per ragioni di chiarezza, nel nuovo campo 2 istituito all’interno del<br />
rigo stesso.<br />
Si devono infine evidenziare due nuove informazioni richieste nel quadro VH.<br />
In corrispondenza di ciascun periodo di liquidazione è stata inserita una casella<br />
che deve essere barrata nel caso in cui sia stato eseguito, per il periodo<br />
<strong>con</strong>siderato, un versamento a seguito di ravvedimento operoso se<strong>con</strong>do le<br />
disposizioni del citato art. 13, D.Lgs. n. 472/97. In proposito, si segnala che da<br />
quest’anno, nella liquidazione dell’imposta da sviluppare nel quadro VL, non si<br />
tiene <strong>con</strong>to degli interessi da ravvedimento.<br />
Nel rigo VH 13, relativo all’indicazione dell’ac<strong>con</strong>to di dicembre, è stata inserita<br />
una casella nella quale il <strong>con</strong>tribuente rende nota, attraverso un codice<br />
numerico, la modalità di determinazione dell’ac<strong>con</strong>to che ha adottato (1-storico,<br />
2-previsionale, 3-analitico, 4-soggetti operanti in settori <strong>particolari</strong>).<br />
125
126
IL RIMBORSO ANNUALE DELL’IVA<br />
Come si può<br />
utilizzare il credito<br />
computato a nuovo<br />
PRIMA PARTE : I presupposti per il rimborso<br />
Se dalla dichiarazione annuale emerge un’eccedenza d’imposta detraibile, il<br />
<strong>con</strong>tribuente ha diritto di computare in detrazione il credito nell'anno successivo,<br />
per utilizzarlo nei modi <strong>con</strong>sentiti dalla legge. Dal 2002 è stata soppressa la<br />
formalità di annotazione del credito nel registro degli acquisti, precedentemente<br />
prevista dall’articolo 30, dpr n. 633/72.<br />
Il <strong>con</strong>tribuente che abbia scelto di computare a nuovo il credito, può utilizzarlo in<br />
diminuzione dell’imposta dovuta all’atto delle liquidazioni periodiche e <strong>della</strong><br />
dichiarazione annuale dell’anno successivo.<br />
Il credito dell’anno 2008, pertanto, può essere scomputato a partire dalla prima<br />
liquidazione periodica eseguita per il 2009 (quella relativa al mese di gennaio<br />
per i <strong>con</strong>tribuenti mensili, o al primo trimestre per i trimestrali). Questa modalità<br />
di utilizzo del credito, all’interno <strong>della</strong> stessa imposta, detta anche<br />
compensazione “verticale”, deve risultare da adeguate annotazioni nella<br />
<strong>con</strong>tabilità Iva, non richiede la presentazione del modello F24 e non è soggetta a<br />
limitazioni d’importo.<br />
Il credito risultante dalla dichiarazione annuale può essere utilizzato anche in<br />
compensazione “orizzontale”, ossia in pagamento di altri tributi, premi,<br />
<strong>con</strong>tributi, se<strong>con</strong>do le regole dell’articolo 17 del dlgs n. 241/97; in tal caso, però,<br />
occorre rispettare il limite massimo di 516.456,90 euro per ciascun anno solare,<br />
elevato a 1 milione per i subappaltatori edili che si trovano in determinate<br />
<strong>con</strong>dizioni, come si specificherà più avanti.<br />
La compensazione orizzontale è effettuabile sino dal primo giorno del periodo<br />
d’imposta successivo a quello cui il credito si riferisce (generalmente, dunque, in<br />
occasione del primo appuntamento del nuovo anno <strong>con</strong> il modello F24, fissato al<br />
16 gennaio). E’ possibile, ad esempio, utilizzare il credito annuale Iva del 2008<br />
per pagare, già a gennaio 2009, le ritenute d’imposta operate a dicembre 2008;<br />
ciò anche se la dichiarazione annuale Iva 2009, dalla quale emergerà il credito,<br />
sarà presentata all’amministrazione successivamente, entro il termine di legge<br />
(al momento, 31 luglio 2009).<br />
127
Novità per le<br />
compensazioni<br />
indebite<br />
Il rimborso<br />
La compensazione “orizzontale” deve risultare dal modello F24 presentato agli<br />
intermediari <strong>della</strong> riscossione. Va ricordato che il decreto dirigenziale del<br />
31/3/2000 ha ampliato le opportunità di utilizzare il credito nel modello F24,<br />
<strong>con</strong>sentendo la compensazione anche per il pagamento delle somme dovute in<br />
base agli accertamenti ed ai <strong>con</strong>trolli tributari ed alle regolarizzazioni. Più<br />
precisamente, la compensazione è ammessa anche per il pagamento delle<br />
somme (Iva e imposte dirette, relativi interessi e sanzioni) dovute a seguito di:<br />
ravvedimento operoso (art. 13, dlgs n. 472/97);<br />
definizione agevolata (artt. 16 e 17, dlgs n. 472/97);<br />
accertamento <strong>con</strong> adesione (dlgs n. 218/97);<br />
<strong>con</strong>ciliazione giudiziale (art. 48, dlgs 546/92);<br />
rinuncia all’impugnativa (art. 15, dlgs n. 218/97);<br />
liquidazione e <strong>con</strong>trollo formale delle dichiarazioni (dlgs n. 462/97).<br />
L’art. 1, comma 30, <strong>della</strong> legge n. 296/2006 (finanziaria 2007), aveva previsto<br />
che i titolari di partita Iva, entro il quinto giorno antecedente a quello in cui<br />
intendono effettuare la compensazione per importi superiori a 10.000 euro,<br />
dovessero comunicare all’agenzia delle entrate, in via telematica, l’importo e la<br />
tipologia <strong>dei</strong> crediti oggetto di compensazione.<br />
Questa disposizione, che non ha trovato applicazione per la mancata adozione<br />
del provvedimento attuativo, è stata ora soppressa dall’art. 16 del dl n.<br />
185/2008, che ha, nel <strong>con</strong>tempo, introdotto nuove misure di <strong>con</strong>trasto delle<br />
compensazioni indebite, in tema di sanzioni e accertamento.<br />
In alternativa al riporto a nuovo, i <strong>con</strong>tribuenti che si trovano in una delle<br />
situazioni previste dai commi se<strong>con</strong>do, terzo e quarto dell’art. 30 del dpr n.<br />
633/72, descritte analiticamente di seguito, possono chiedere, in tutto o in<br />
parte, il rimborso del credito risultante dalla dichiarazione annuale.<br />
128
Come, quando e<br />
a chi si chiede il<br />
rimborso<br />
Soggetti non<br />
residenti<br />
identificati<br />
direttamente<br />
La richiesta di rimborso, seppure strettamente <strong>con</strong>nessa alla determinazione del<br />
credito in sede di dichiarazione annuale, non si esprime nel <strong>con</strong>testo <strong>della</strong><br />
dichiarazione stessa (dove pure viene evidenziata nell’apposito rigo del quadro<br />
VX o, in caso di dichiarazione unificata, del quadro RX), ma distintamente,<br />
compilando un apposito modello da presentare in ogni caso all’agente <strong>della</strong><br />
riscossione competente in relazione al domicilio fiscale del <strong>con</strong>tribuente.<br />
Il modello può essere presentato a decorrere da lunedì 2 febbraio 2009 e fino al<br />
termine ultimo stabilito per la presentazione <strong>della</strong> dichiarazione annuale (31<br />
luglio 2009).<br />
Il modello per la richiesta di rimborso, approvato <strong>con</strong> provvedimento dell’agenzia<br />
delle entrate del 15 gennaio 2009 è denominato VR/2009; si compone di un solo<br />
foglio e va compilato in triplice esemplare, due <strong>dei</strong> quali, sottoscritti, vanno<br />
<strong>con</strong>segnati o spediti all’agente <strong>della</strong> riscossione.<br />
Sul modello bisogna indicare:<br />
gli elementi identificativi richiesti (codice fiscale, cognome e nome,<br />
denominazione, partita Iva, codice attività, ecc;); i soggetti residenti in<br />
altri stati comunitari devono indicare anche il numero di partita Iva <strong>con</strong> il<br />
quale sono registrati nel proprio paese;<br />
l’esito <strong>con</strong>tabile finale <strong>della</strong> liquidazione d’imposta dell’anno (totale crediti<br />
e debiti, differenza a credito, importo chiesto a rimborso);<br />
i presupposti su cui si fonda la richiesta;<br />
la firma.<br />
Tutti i <strong>con</strong>tribuenti che intendono chiedere il rimborso (sia che redigano la<br />
dichiarazione unificata, sia che la redigano in forma autonoma) debbono<br />
presentare il modello VR, disgiuntamente dalla dichiarazione, direttamente<br />
all’agente <strong>della</strong> riscossione competente per territorio, a prescindere<br />
dall’ammontare dell’eccedenza rimborsabile.<br />
I soggetti non residenti che si sono identificati direttamente in Italia a norma<br />
dell'art. 35-ter, dpr 633/72, devono presentare il modello VR all’agente <strong>della</strong><br />
riscossione di Pescara, essendo la competenza nei <strong>con</strong>fronti di tali soggetti stata<br />
demandata al Centro operativo di Pescara<br />
129
Mancata<br />
presentazione del<br />
modello VR<br />
Omissione <strong>della</strong><br />
dichiarazione<br />
annuale<br />
Le istruzioni di compilazione del modello VR precisano che sono da <strong>con</strong>siderare<br />
validi i modelli presentati <strong>con</strong> un ritardo non superiore a novanta giorni;<br />
dovendo la richiesta di rimborso <strong>con</strong>siderarsi parte integrante <strong>della</strong> dichiarazione<br />
annuale, infatti, è applicabile la norma generale che <strong>con</strong>sidera valida la<br />
dichiarazione prodotta entro novanta giorni dalla scadenza.<br />
Con nota del 3 ottobre 2005, prot. n. 2005/44784, la direzione regionale del<br />
Piemonte dell’agenzia delle entrate ha precisato che la presentazione del modello<br />
VR è <strong>con</strong>dizione indispensabile per manifestare la volontà di richiedere il<br />
rimborso del credito d’imposta emergente dalla dichiarazione. In caso di<br />
mancata o irrituale presentazione del modello, pertanto, ad avviso <strong>della</strong> predetta<br />
direzione (che richiama sul punto anche la posizione espressa dall’agenzia <strong>con</strong> la<br />
circolare n. 55 del 14/6/2001), il <strong>con</strong>tribuente che intenda <strong>con</strong>seguire il rimborso<br />
ha l’onere di proporre la domanda, <strong>con</strong> apposita istanza, entro il termine<br />
biennale di decadenza indicato nell’art. 21 del dlgs n. 546/92.<br />
Questa posizione, tuttavia, mal si <strong>con</strong>cilia <strong>con</strong> i chiarimenti successivamente<br />
forniti dall’agenzia, in merito ai crediti non correttamente riportati, <strong>con</strong> la<br />
risoluzione n. 74 del 19/4/2007. Senza dire, poi, delle incertezze circa i termini<br />
del rimborso del credito Iva che, dopo la cessazione dell’attività, è stato riportato<br />
dal <strong>con</strong>tribuente nella sezione 3 del quadro RX del modello unico.<br />
Sarebbe pertanto opportuno, in materia, un ulteriore e definitivo intervento<br />
dell’amministrazione, anche in <strong>con</strong>siderazione del fatto che la giurisprudenza<br />
tributaria prevalente respinge la tesi <strong>della</strong> decadenza biennale.<br />
Con risoluzione n. 60 dell’8/5/2001, l'agenzia delle entrate ha escluso che<br />
l’omissione <strong>della</strong> dichiarazione annuale, dopo che il <strong>con</strong>tribuente abbia<br />
presentato il modello VR e ottenuto il rimborso, comporti l’automatico recupero,<br />
da parte dell'ufficio, dell'imposta già restituita dal <strong>con</strong>cessionario (ora agente<br />
<strong>della</strong> riscossione) a seguito di un’istruttoria che, evidentemente, ha accertato la<br />
sussistenza di almeno uno <strong>dei</strong> presupposti di legge. Resta ovviamente salva la<br />
possibilità per l’ufficio di esperire l’azione di accertamento.<br />
Ipotesi differente è quella del riporto nella dichiarazione annuale di un credito<br />
derivante dalla precedente annualità per la quale, tuttavia, non è stata<br />
presentata la dichiarazione: ad esempio, il <strong>con</strong>tribuente indica nella<br />
dichiarazione Iva 2009 un credito dell’anno precedente, senza però avere<br />
presentato la dichiarazione Iva 2008. In tal caso, anteriormente all’emanazione<br />
<strong>della</strong> già citata risoluzione n. 74/2007, l’amministrazione finanziaria, in sede di<br />
liquidazione, dis<strong>con</strong>osceva il credito ed applicava la sanzione, ritenendo che, in<br />
assenza del “titolo” rappresentato dalla dichiarazione dalla quale il credito<br />
130
Rimborso non<br />
spettante<br />
dovrebbe risultare, non fosse <strong>con</strong>sentito il riporto a nuovo. In questa fattispecie,<br />
pertanto, il <strong>con</strong>tribuente che intendeva recuperare il (presunto) credito, non<br />
avendo titolo per riportarlo nella dichiarazione successiva, poteva soltanto<br />
presentare apposita istanza di rimborso, nel citato termine di decadenza<br />
biennale.<br />
Con la predetta risoluzione, l’agenzia ha espresso l’avviso che l’eccedenza di<br />
credito Iva maturata in un anno in cui la dichiarazione annuale risulta omessa<br />
potrà essere computata in detrazione, al più tardi, <strong>con</strong> la dichiarazione relativa al<br />
se<strong>con</strong>do anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto, fermo<br />
restando il potere/dovere dell’ufficio, nell’ambito del programma annuale<br />
dell’attività di <strong>con</strong>trollo, di accertare l’esistenza del credito medesimo maturato<br />
nell’anno in cui la dichiarazione annuale è stata omessa. Il <strong>con</strong>tribuente avrà,<br />
comunque, sempre la possibilità di richiedere la restituzione del credito<br />
attraverso la procedura di rimborso di cui all’articolo 21 del dlgs. n. 546/92,<br />
entro i termini ivi previsti.<br />
L'articolo 5, comma 5, del D.Lgs. n. 471 del 18/12/97, commina la sanzione dal<br />
100 al 200 per cento la somma non spettante per l'ipotesi in cui venga chiesto,<br />
in difformità <strong>della</strong> dichiarazione annuale, un rimborso Iva non dovuto, o in<br />
misura eccedente a quella spettante. In un primo momento l'amministrazione<br />
finanziaria aveva ritenuto (si veda ItaliaOggi dell'1/11/2001) che tale sanzione<br />
fosse applicabile anche in caso di presentazione <strong>della</strong> richiesta di rimborso in<br />
difetto <strong>dei</strong> presupposti di legge (descritti appresso); successivamente ha mutato<br />
opinione, ritenendo che, in tal caso, si renda applicabile la sanzione del 30% a<br />
sensi dell'art. 13, dlgs n. 471/97. Va tuttavia osservato che, al pari <strong>della</strong> prima,<br />
anche questa se<strong>con</strong>da tesi appare priva di <strong>con</strong>forto normativo, in quanto<br />
l'assenza del presupposto per la richiesta di rimborso è fattispecie diversa da<br />
quella dell’inesistenza del credito.<br />
131
Quando si può<br />
chiedere il<br />
rimborso<br />
Contribuenti<br />
minimi in regime<br />
speciale<br />
1 - Cessazione<br />
dell'attività<br />
(art. 30,<br />
se<strong>con</strong>do c.)<br />
Vediamo ora quali sono i presupposti che, ai sensi dell’art. 30 del dpr 633/72,<br />
legittimano la richiesta di rimborso.<br />
L’art. 1, comma 103, <strong>della</strong> legge 24/12/2007, n. 244 prevede che i <strong>con</strong>tribuenti<br />
che si avvalgono del regime speciale per i minimi, istituito dalla legge stessa,<br />
hanno diritto di chiedere il rimborso oppure di utilizzare in compensazione<br />
l’eccedenza detraibile risultante dalla dichiarazione Iva relativa all’ultimo anno in<br />
cui l’imposta è stata applicata nei modi ordinari. E’ il caso, ad esempio, del<br />
soggetto che adotta il regime speciale nel 2009 e chiude l’ultima dichiarazione<br />
Iva, relativa all’anno 2008, <strong>con</strong> un’eccedenza detraibile. La ratio <strong>della</strong> predetta<br />
disposizione sembrerebbe quella di <strong>con</strong>sentire, in tal caso, al <strong>con</strong>tribuente di<br />
chiedere il rimborso anche in mancanza <strong>dei</strong> presupposti dell’art. 30, giacché<br />
diversamente la specifica previsione non avrebbe molto senso.<br />
L’agenzia delle entrate, però, nella circolare n. 7 del 28/1/2008 (risposta n. 6.<br />
13) ha affermato che il <strong>con</strong>tribuente minimo può ottenere il rimborso soltanto se<br />
ricorrono i presupposti indicati al terzo comma dell’art. 30; non è invece<br />
possibile richiedere il rimborso del minor credito del triennio (quarto comma), né<br />
può ritenersi che il passaggio al regime per i minimi sia equiparabile alla<br />
cessazione dell’attività (se<strong>con</strong>do comma).<br />
Il diritto al rimborso del credito, quale che sia l’importo, è ri<strong>con</strong>osciuto ai<br />
<strong>con</strong>tribuenti che hanno cessato l’attività nel corso del 2008.<br />
Ai sensi dell'art. 35 del dpr 633/72, il termine dal quale decorrono i trenta giorni<br />
per comunicare all'ufficio la cessazione dell’attività coincide <strong>con</strong> la data di<br />
ultimazione delle operazioni relative alla liquidazione dell’azienda. Ne <strong>con</strong>segue<br />
che, agli effetti dell’Iva, per gli imprenditori tale data deve essere assunta come<br />
quella di cessazione dell’attività.<br />
Per gli esercenti arti e professioni, invece, in assenza di specifiche disposizioni, la<br />
data di cessazione non può che coincidere <strong>con</strong> quella dell’effettiva cessazione<br />
dell’attività professionale o artistica, ancorché non siano stati definiti tutti i<br />
<strong>rapporti</strong> inerenti le operazioni attive e/o passive.<br />
Per le società la data di cessazione è quella <strong>della</strong> chiusura del bilancio finale di<br />
liquidazione; si presti, tuttavia, attenzione a quanto si dirà trattando <strong>dei</strong> casi<br />
<strong>particolari</strong>.<br />
Le società di persone che vengono sciolte senza l’apertura <strong>della</strong> formale fase di<br />
liquidazione possono <strong>con</strong>siderare cessata l’attività alla data in cui risultano<br />
132
Fallimento e<br />
liquidazione<br />
coatta<br />
amministrativa<br />
Società in<br />
liquidazione<br />
ultimate tutte le operazioni rilevanti agli effetti dell'Iva (in tale locuzione non<br />
rientrano gli adempimenti <strong>con</strong>sequenziali, quali il versamento dell'imposta del<br />
periodo e la presentazione <strong>della</strong> dichiarazione annuale).<br />
Con la risoluzione n. 140 del 10/6/97, il ministero delle finanze ha precisato che<br />
alle società di persone che hanno cessato l’attività non può essere negato il<br />
rimborso sul presupposto del mancato deposito del bilancio finale di liquidazione,<br />
in quanto per dette società tale obbligo non sussiste; la precisazione è stata<br />
ribadita nella circolare n. 146 del 10/6/98.<br />
Si segnala, inoltre, la sentenza n. 4234 del 2/3/2004, nella quale la suprema<br />
corte ha affermato che la società di persone scioltasi senza formale<br />
procedimento di liquidazione si <strong>con</strong>sidera cessata <strong>con</strong> la cessazione effettiva<br />
dell’attività sociale, a prescindere dalla data in cui viene richiesta la<br />
cancellazione <strong>della</strong> partita Iva.<br />
Va ricordato che, per effetto <strong>della</strong> cessazione dell’attività, il <strong>con</strong>tribuente è<br />
tenuto ad includere nell’ultima dichiarazione Iva l’imposta sulle operazioni attive<br />
<strong>della</strong> quale non si sia ancora verificata l’esigibilità ai sensi dell’art. 6, quinto<br />
comma, del dpr 633/72, nonché quella dovuta sulle operazioni di “auto<strong>con</strong>sumo”<br />
<strong>dei</strong> beni utilizzati nell’attività (art. 35, comma 4, dpr 633/72).<br />
Per quanto riguarda i soggetti in stato di fallimento o di liquidazione coatta<br />
amministrativa, è <strong>con</strong>sentito ai curatori e ai commissari liquidatori, al fine di<br />
ottenere il rimborso dell’eventuale credito Iva, di presentare la dichiarazione di<br />
cessata attività anteriormente alla chiusura <strong>della</strong> procedura <strong>con</strong>corsuale, sempre<br />
che risultino ultimate tutte le operazioni rilevanti ai fini dell’Iva (unica eccezione<br />
ammessa è la parcella professionale del curatore o del liquidatore), anche se<br />
rimangono aperti <strong>rapporti</strong> di credito o debito.<br />
Ad avviso dell’amministrazione finanziaria, l’eventuale richiesta di rimborso da<br />
parte del responsabile <strong>della</strong> procedura <strong>con</strong>corsuale può essere espressa soltanto<br />
<strong>con</strong> riferimento alla dichiarazione annuale, e non anche nella speciale<br />
dichiarazione relativa alla frazione di anno antecedente alla sentenza di<br />
fallimento che il curatore o commissario liquidatore è tenuto a presentare<br />
utilizzando il modello 74-bis. In senso <strong>con</strong>trario, però, si è ripetutamente<br />
pronunciata la giurisprudenza, sia di merito che di legittimità (si veda, tra le<br />
tante, la sentenza <strong>della</strong> corte di cassazione n. 4225 del 2/3/2004).<br />
Se<strong>con</strong>do la direzione regionale delle entrate per la Lombardia, l’espressione<br />
“data di ultimazione delle operazioni relative alla liquidazione dell’azienda” va<br />
riferita, per tutti i soggetti e non solo per quelli sottoposti a procedure<br />
133
Casi <strong>particolari</strong><br />
<strong>con</strong>corsuali, all’ultimo atto di cessione di tutti i beni, strumentali e non, a nulla<br />
rilevando la successiva attività di incasso crediti o pagamento debiti. Ne segue<br />
che la società in liquidazione, quando abbia ultimato le operazioni Iva, può<br />
comunicare la cessazione dell’attività (<strong>con</strong>seguendo così titolo al rimborso)<br />
ancorché non possa ancora chiudere la procedura di liquidazione.<br />
Con sentenza n. 10227 del 27/6/2003, la corte di cassazione ha statuito che “la<br />
cessazione dell’attività che determina il sorgere del diritto del <strong>con</strong>tribuente di<br />
chiedere il rimborso dell’eventuale eccedenza tra l’Iva versata e quella dovuta si<br />
verifica solo ed esclusivamente <strong>con</strong> la ultimazione delle operazioni relative alla<br />
liquidazione dell’azienda e non già <strong>con</strong> la decisione (peraltro revocabile<br />
dall’imprenditore ad libitum nel libero esercizio <strong>della</strong> sua autonomia privata) di<br />
cessare l’attività imprenditoriale o professionale, le prestazioni <strong>dei</strong> cui servizi o la<br />
cessione <strong>dei</strong> cui beni sono soggette all’imposta sul valore aggiunto”. Nel caso<br />
sottoposto al giudizio <strong>della</strong> corte, una società aveva ritenuto di poter chiedere il<br />
rimborso per effetto <strong>della</strong> cessazione, nel 1990, dell’attività commerciale, pur<br />
essendo entrata nella fase di liquidazione protrattasi fino al dicembre del 1991<br />
ed avendo dichiarato la cessazione formale soltanto nel dicembre del 1992.<br />
Nella sentenza n. 2435 del 2004, invece, la stessa corte ha ritenuto che il diritto<br />
al rimborso sorge nel momento in cui la società viene posta in liquidazione. Ciò<br />
in ragione del fatto che il passaggio alla fase di liquidazione costituisce<br />
un’obiettiva causa di impedimento a recuperare l’imposta mediante il normale<br />
meccanismo <strong>della</strong> detrazione. Va osservato, però, che questa pronuncia è stata<br />
resa <strong>con</strong> riferimento al testo dell’art. 30 anteriore alle modifiche apportate <strong>con</strong> il<br />
dl n. 90 del 1990.<br />
Nondimeno, la questione è di rilevante interesse e meriterebbe di trovare<br />
soluzione mediante una <strong>disciplina</strong> normativa più puntuale, che tenga <strong>con</strong>to<br />
anche delle <strong>con</strong>nessioni <strong>con</strong> gli adempimenti occorrenti per il registro delle<br />
imprese.<br />
Vi sono alcune situazioni <strong>particolari</strong>, meritevoli di <strong>con</strong>siderazione, sulle quali non<br />
si registrano, ad oggi, prese di posizione ufficiali.<br />
Si tratta, in generale, <strong>dei</strong> casi in cui il soggetto d’imposta, pur non trovandosi<br />
nella <strong>con</strong>dizione di poter presentare formale denuncia di cessata attività, non è<br />
in grado di recuperare l’eventuale credito attraverso il riporto a nuovo nell’anno<br />
successivo, in quanto non più tenuto alla presentazione <strong>della</strong> dichiarazione<br />
annuale: si pensi all’imprenditore individuale che abbia <strong>con</strong>cesso in affitto l’unica<br />
azienda posseduta (tenuto a presentare denuncia di variazione per la<br />
134
2 - Imprese che<br />
vendono ad<br />
aliquote più<br />
basse di quelle<br />
sugli acquisti<br />
(art. 30, terzo<br />
comma, lettera a)<br />
“sospensione dell'attività”); oppure all'impresa esercente attività di<br />
intrattenimento che revochi l’opzione per il regime normale per rientrare nel<br />
regime speciale dell’art. 74, sesto comma, dpr 633/72 (che prevede l'esonero<br />
dalla dichiarazione); od anche all'associazione sportiva che, a seguito di opzione,<br />
passi dal regime Iva normale a quello speciale di cui all’art. 2 <strong>della</strong> legge n.<br />
398/91.<br />
In simili ipotesi parrebbe corretto ri<strong>con</strong>oscere il diritto al rimborso.<br />
In mancanza di indicazioni ufficiali, è <strong>con</strong>sigliabile, qualora il credito non possa<br />
essere recuperato attraverso il meccanismo <strong>della</strong> compensazione, presentare<br />
ugualmente la dichiarazione annuale al fine di costituire formalmente i<br />
presupposti per il diritto al rimborso del minor credito del triennio (descritto al<br />
punto 8). Tuttavia, anche questa opportunità parrebbe messa in dubbio dalla<br />
posizione espressa dall’agenzia delle entrate, <strong>con</strong> la citata circolare n. 7/2008, in<br />
merito ai presupposti per il diritto al rimborso per i <strong>con</strong>tribuenti minimi.<br />
Le imprese che operano in alcuni settori (es. caseifici, editoria, edilizia) possono<br />
trovarsi in una <strong>con</strong>dizione di credito strutturale in quanto le aliquote Iva che<br />
gravano sui loro acquisti sono mediamente più elevate di quelle applicate alle<br />
operazioni attive.<br />
La lettera a) del terzo comma dell’art. 30, pertanto, ri<strong>con</strong>osce il diritto al<br />
rimborso al <strong>con</strong>tribuente che “esercita esclusivamente o prevalentemente attività<br />
che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta <strong>con</strong> aliquote<br />
inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni.” Al fine di<br />
semplificare l’accertamento del presupposto, <strong>con</strong> l’art. 3 del dl n. 250/95 è stato<br />
stabilito che esso sussiste quando l’aliquota media d'imposta sulle operazioni<br />
attive, aumentata del 10%, risulta inferiore a quella media sugli acquisti e sulle<br />
importazioni.<br />
Vanno esclusi dal calcolo dell’aliquota media solamente le cessioni e gli acquisti<br />
di beni ammortizzabili, nonché i canoni di locazione finanziaria corrisposti per<br />
l'acquisizione degli stessi beni.<br />
Nelle operazioni attive debbono includersi anche le operazioni imponibili per le<br />
quali l’imposta è dovuta dall’acquirente <strong>con</strong> il meccanismo del “reverse charge”,<br />
ossia:<br />
cessioni di oro da investimento imponibili su opzione;<br />
cessioni di oro industriale e di argento;<br />
cessioni di rottami e materiali di recupero;<br />
135
cessioni di fabbricati strumentali per natura imponibili ai sensi delle<br />
lettere b) e d) del n. 8-ter) dell’art. 10, dpr 633/72;<br />
prestazioni di servizi <strong>dei</strong> subappaltatori di lavori edili.<br />
Parrebbe corretto, altresì, fare <strong>con</strong>correre al calcolo dell’aliquota media anche le<br />
operazioni non soggette in quanto rientranti nei regimi monofase di cui<br />
all’articolo 74, primo comma (vendita di giornali, tabacchi, ecc.), che l’articolo<br />
19, comma 3, include fra le operazioni che danno diritto alla detrazione del<br />
tributo. Per la stessa ragione si dovrebbe tenere <strong>con</strong>to, inoltre, delle cessioni di<br />
oro da investimento esenti ai sensi dell’articolo 10, n. 11), se effettuate dai<br />
produttori o trasformatori ai quali l’articolo 19, comma 3, lettera d), ri<strong>con</strong>osce il<br />
diritto di detrazione (del resto, prima delle modifiche apportate dalla legge n.<br />
7/2000, le cessioni esenti di oro si computavano ai fini dell’aliquota media).<br />
Va però evidenziato che non si rilevano elementi nel senso auspicato, né nelle<br />
istruzioni del modello VR, né in quelle relative al modello per l’istanza di<br />
rimborso del credito infrannuale approvato dall’agenzia delle entrate <strong>con</strong><br />
provvedimento del 14/9/2006. Anzi, rispondendo ad un’interrogazione<br />
parlamentare (question time n. 5-01838 dell’11/12/07), il governo ha reso nota<br />
la posizione dell’agenzia delle entrate, se<strong>con</strong>do la quale, atteso il riferimento<br />
<strong>della</strong> disposizione del calcolo dell’aliquota media alle operazioni “soggette”<br />
all’Iva, <strong>con</strong>siderato che le operazioni di cui all’art. 74, primo comma, sono<br />
equiparate, giusta il comma successivo, alle operazioni escluse dall’Iva, nel<br />
computo dell’aliquota media non si deve tenere <strong>con</strong>to delle predette operazioni.<br />
Con risoluzione n. 17 del 19/3/98 il ministero delle finanze ha ribadito che non<br />
rientrano nel computo dell’aliquota media le operazioni non imponibili, per le<br />
quali è previsto uno specifico presupposto di accesso al rimborso (descritto<br />
appresso).<br />
Per quanto riguarda le operazioni effettuate nel corso del 2008, ma per le quali<br />
non si è verificata l’esigibilità dell’imposta nell’anno stesso, sembrerebbe<br />
coerente <strong>con</strong> l’istituto <strong>della</strong> “esigibilità differita” (che attiene solo al pagamento<br />
del tributo) tenerne <strong>con</strong>to per la determinazione dell’aliquota media (ovviamente<br />
non soltanto per l’imponibile, ma anche per l’imposta relativa). Incertezze al<br />
riguardo sorgono, tuttavia, dall’esame del modello per l’istanza di rimborso<br />
infrannuale già richiamato precedentemente, il quale non prende affatto in<br />
<strong>con</strong>siderazione le operazioni in esame.<br />
136
3 - Imprese che<br />
hanno effettuato<br />
operazioni non<br />
imponibili per<br />
ammontare<br />
superiore al 25%<br />
del fatturato (art.<br />
30, terzo comma,<br />
lett. b)<br />
Attenzione:<br />
Ulteriore <strong>con</strong>dizione per il rimborso (in questa come nelle altre fattispecie di cui<br />
appresso) è che l’eccedenza detraibile sia superiore a € 2.582,28; sussistendo<br />
tale <strong>con</strong>dizione, tuttavia, il rimborso può essere richiesto anche per un importo<br />
inferiore.<br />
Modalità di calcolo<br />
Ecco due esempi sulle modalità di calcolo dell'aliquota media, che va assunta<br />
fino alla se<strong>con</strong>da cifra decimale.<br />
Esempio n. 1<br />
aliquota media sulle operazioni passive: 15,30%<br />
aliquota media sulle operazioni attive: 13,85%<br />
aliquota media sulle o.a. maggiorata: 13,85 + (10% di 13,85) = 13,85 + 1,38 =<br />
15,23<br />
Il diritto al rimborso esiste in quanto l'aliquota media sulle operazioni attive,<br />
maggiorata del 10%, risulta inferiore all'aliquota media sulle operazioni passive.<br />
Esempio n. 2<br />
ap (aliquota media sulle operazioni passive): 15,18%<br />
aa (aliquota media sulle operazioni attive): 13,85%<br />
aliquota media sulle o.a. maggiorata: 13,85 + (10% di 13,85) = 13,85 + 1,38 =<br />
15,23<br />
Il rimborso non compete in quanto l'aliquota media sulle operazioni attive,<br />
maggiorata del 10%, risulta superiore a quella sulle operazioni passive.<br />
Questa ipotesi riguarda i <strong>con</strong>tribuenti che, effettuando le seguenti operazioni non<br />
imponibili (per le quali compete il diritto di detrazione), si trovano normalmente<br />
a credito dell’Iva assolta “a monte”, data l'impossibilità di recuperarla attraverso<br />
il meccanismo <strong>della</strong> rivalsa nei <strong>con</strong>fronti <strong>della</strong> <strong>con</strong>troparte:<br />
art. 8, dpr 633/72: cessioni all'esportazione, anche in triangolazione;<br />
cessioni e prestazioni ad esportatori abituali;<br />
art. 8-bis, dpr 633/72: operazioni assimilate alle cessioni<br />
all'esportazione (settore aeronavale);<br />
art. 9, dpr 633/72: servizi internazionali;<br />
137
Intermediazioni<br />
comunitarie<br />
art. 71, dpr 633/72: cessioni di beni inviati nello stato Vaticano e nella<br />
repubblica di San Marino;<br />
art. 72, dpr 633/72: operazioni agevolate in base ad accordi<br />
internazionali;<br />
art. 74-ter, dpr 633/72: prestazioni delle agenzie di viaggi rese fuori<br />
dal territorio dell'Ue;<br />
art. 40, comma 9, dl n. 331/93: cessioni intracomunitarie;<br />
prestazioni di servizi rese per <strong>con</strong>to di committenti identificati in altri<br />
paesi Ue su beni che vengono successivamente inviati fuori del territorio<br />
italiano; prestazioni di trasporto intracomunitario ed accessorie (e relative<br />
intermediazioni), nonché prestazioni di intermediazione relative a beni<br />
mobili, rese a soggetti passivi residenti in altro stato membro;<br />
art. 58, dl n. 331/93: cessioni ad operatore residente <strong>con</strong> <strong>con</strong>segna<br />
<strong>dei</strong> beni in altro stato membro;<br />
art. 50-bis, dl n. 331/93: cessioni intracomunitarie e cessioni<br />
all’esportazione di beni estratti da un deposito Iva;<br />
art. 37, dl n. 41/95: cessioni all’esportazione di beni soggetti al regime<br />
del margine.<br />
Il diritto al rimborso compete, sempre che l'eccedenza a credito superi, come già<br />
detto, € 2.582,28, se il rapporto fra l'ammontare delle suddette operazioni e<br />
quelle complessivamente effettuate supera il 25%; la percentuale va arrotondata<br />
all'unità superiore.<br />
Ai fini del calcolo occorre <strong>con</strong>siderare anche i corrispettivi delle eventuali cessioni<br />
di beni ammortizzabili.<br />
Le prestazioni di intermediazione rese a soggetti d’imposta stabiliti in altri stati<br />
membri, relative ad operazioni effettuate nella Comunità, si <strong>con</strong>siderano non<br />
territoriali ai sensi <strong>della</strong> disposizione dell’art. 7, quarto comma, lettera f-<br />
quinquies) del dpr 633/72, inserita dalla finanziaria 2007. Tale disposizione,<br />
come chiarito dall’agenzia delle entrate <strong>con</strong> la risoluzione n. 437 del 12/11/2008,<br />
ha reso di fatto inoperante la disposizione dell’art. 40, comma 8 del dl n.<br />
331/93. Di <strong>con</strong>seguenza, le prestazioni in esame non dovrebbero più<br />
138
4 - Acquisti ed<br />
importazioni di<br />
beni ammortizzabili<br />
e spese per studi e<br />
ricerche<br />
(art. 30, terzo<br />
comma, lett. c)<br />
Nozione di beni<br />
ammortizzabili<br />
<strong>con</strong>siderarsi ai fini <strong>della</strong> verifica del presupposto di rimborso qui in esame, bensì<br />
di quello descritto al successivo punto 5.<br />
Se non ricorrono altri presupposti, ferma restando la <strong>con</strong>dizione che l’eccedenza<br />
a credito sia di ammontare superiore a € 2.582,28, può essere richiesto il<br />
rimborso dell’imposta specificamente afferente a:<br />
acquisti e importazioni di beni ammortizzabili registrati nel 2008;<br />
acquisti e importazioni di beni ammortizzabili registrati in anni<br />
precedenti, sempre che non sia già stata chiesta a rimborso (o<br />
compensata) in detti anni;<br />
acquisti di beni e servizi per studi e ricerche registrati nel 2008.<br />
Per quanto riguarda i beni ammortizzabili, se<strong>con</strong>do quanto precisato dal<br />
ministero delle finanze <strong>con</strong> la circolare n. 2/1990, il rimborso può essere<br />
richiesto non solo in caso di acquisto, ma anche se vengono acquisiti <strong>con</strong><br />
<strong>con</strong>tratto di locazione finanziaria (come si vedrà, però, tale posizione è stata<br />
recentemente rivista) , ovvero in forza di <strong>con</strong>tratto d’appalto.<br />
Per l’individuazione <strong>dei</strong> beni ammortizzabili occorre fare riferimento alla nozione<br />
accolta nella <strong>disciplina</strong> delle imposte dirette; in tal senso si è espresso il<br />
ministero delle finanze nella circolare n. 73 del 19/12/84, a proposito <strong>della</strong><br />
norma di legge che accordava la detrazione dell’Iva sui cespiti ai produttori<br />
agricoli. In quella occasione, è stato infatti affermato il principio se<strong>con</strong>do cui “ai<br />
fini dell’individuazione <strong>dei</strong> beni ammortizzabili occorre fare riferimento alle<br />
corrispondenti disposizioni previste in materia di imposizione diretta, <strong>con</strong><br />
particolare riguardo ai beni strumentali ammortizzabili, materiali e immateriali”.<br />
Rientrano pertanto nella nozione di “beni ammortizzabili” quelli per i quali la<br />
predetta <strong>disciplina</strong> prevede la deduzione di quote di ammortamento.<br />
In base a tale <strong>con</strong>siderazione, il ministero delle finanze, <strong>con</strong> risoluzione<br />
2/2/1991, n. 445585 ha ri<strong>con</strong>osciuto il diritto al rimborso ad un’impresa<br />
esercente attività di locazione finanziaria, essendo i beni da essa acquistati<br />
soggetti alla procedura di ammortamento ai sensi dell'art. 67 (ora art. 102) del<br />
Tuir.<br />
139
Sulla possibilità di chiedere a rimborso l’Iva sui canoni di locazione finanziaria di<br />
beni strumentali, tuttavia, l’agenzia delle entrate ha recentemente modificato<br />
l’orientamento espresso <strong>con</strong> la richiamata circolare n. 2/1990. Con risoluzione n.<br />
392 del 28/12/2007, infatti, è stato sostenuto che la possibilità di <strong>con</strong>siderare<br />
beni ammortizzabili quelli oggetto di <strong>con</strong>tratti di locazione finanziaria riguarda<br />
solo l’impresa <strong>con</strong>cedente, che ai sensi del Tuir può effettuare l’ammortamento<br />
del costo, e non l’impresa utilizzatrice.<br />
In altra occasione, l’amministrazione finanziaria ha chiarito che i fabbricati<br />
strumentali per natura sono <strong>con</strong>siderati oggettivamente ammortizzabili, anche<br />
se vengono <strong>con</strong>cessi in locazione.<br />
In ordine alla sussistenza del presupposto in esame, la corte di cassazione, nella<br />
sentenza n. 4 del 7/1/2004, dopo avere ricordato che, in via di principio, i<br />
<strong>con</strong>cetti di “ammortizzabilità” e di “strumentalità” non coincidono, in quanto non<br />
tutti i beni ammortizzabili sono anche strumentali e viceversa, ha affermato che,<br />
pur limitandosi la legge a prevedere il diritto al rimborso dell’imposta sui beni<br />
ammortizzabili, è altresì indispensabile che si tratti di beni strumentali. Ai fini<br />
<strong>della</strong> norma occorre perciò accertare non solo se il bene sia ammortizzabile, ma<br />
anche se sia strumentale, nel senso che la sua utilizzazione sia funzionale allo<br />
svolgimento dell’attività svolta dall’impresa.<br />
Riguardo ai beni acquisiti in forza di <strong>con</strong>tratto d’appalto (ad esempio, fabbricati<br />
in corso di realizzazione), il diritto al rimborso compete ove sia possibile<br />
attribuire in<strong>con</strong>futabilmente al bene “in fieri” la qualifica di bene ammortizzabile.<br />
Con risoluzione n. 372 del 6/10/2008 l’agenzia delle entrate ha negato che il<br />
complesso sportivo realizzato per <strong>con</strong>to di un ente pubblico, a fronte di un<br />
corrispettivo rappresentato dall’affidamento in gestione per un certo numero di<br />
anni, possa essere <strong>con</strong>siderato bene ammortizzabile per la società appaltatrice-<br />
<strong>con</strong>cessionaria, ritenendo <strong>con</strong>seguentemente non sussistente, in capo alla<br />
società stessa, il presupposto per il rimborso del credito Iva maturato in<br />
relazione ai costi di realizzazione dell’opera. L’agenzia ha osservato che i beni<br />
realizzati dalla società sono fin dall’inizio di proprietà dell’ente locale <strong>con</strong>cedente,<br />
per cui vanno iscritti nelle poste patrimoniali del <strong>con</strong>cedente stesso, sicché non<br />
possono essere oggetto di ammortamento ai fini delle imposte dirette da parte<br />
del <strong>con</strong>cessionario.<br />
Da ultimo, <strong>con</strong> la recentissima risoluzione n. 11 del 9/1/2009, l’agenzia ha<br />
ri<strong>con</strong>osciuto, ai fini delle imposte sui redditi, che possono essere <strong>con</strong>siderati beni<br />
strumentali ammortizzabili, fin dal momento <strong>della</strong> <strong>con</strong>segna e <strong>della</strong> <strong>con</strong>seguente<br />
140
Acquisto di terreni<br />
entrata in funzione nell’impresa locataria, ai sensi dell’art. 109, comma 2, lett.<br />
a) del Tuir, i beni strumentali (nella fattispecie si tratta di navi adibite a<br />
rimorchiatori) che l’impresa ha acquisito in base ad un <strong>con</strong>tratto di locazione <strong>con</strong><br />
clausola di trasferimento <strong>della</strong> proprietà vincolante per ambedue le parti.<br />
Il ministero delle finanze ha espresso parere negativo in merito all’ammissibilità<br />
del rimborso dell'Iva pagata per l’acquisto di un terreno edificabile (il cui costo,<br />
se<strong>con</strong>do una corrente di pensiero, poteva formare oggetto di ammortamento nel<br />
momento in cui sull’area venisse realizzato un fabbricato strumentale), in base<br />
alla <strong>con</strong>siderazione che il terreno non si <strong>con</strong>figura oggettivamente come bene<br />
ammortizzabile in quanto non suscettibile di deperimento e <strong>con</strong>sumo. Diversa<br />
opinione aveva espresso la commissione tributaria regionale di Torino, che <strong>con</strong><br />
sentenza n. 16/38/01 depositata il 3/4/2001, <strong>con</strong>fermativa <strong>della</strong> pronuncia di<br />
primo grado, aveva ri<strong>con</strong>osciuto all’impresa il diritto al rimborso dell'imposta<br />
pagata per l’acquisto di un terreno edificabile destinato alla costruzione di edifici<br />
strumentali, sul presupposto <strong>della</strong> natura strumentale che, in tal caso, viene a<br />
rivestire anche il terreno (nello stesso senso si era espressa la commissione<br />
tributaria centrale <strong>con</strong> decisione n. 4194 dell’11 agosto 1997).<br />
La questione è oramai superata dalle disposizioni del dl n. 223/2006, <strong>con</strong>vertito<br />
dalla legge n. 248/2006. L’articolo 36, comma 7, del decreto, come sostituito<br />
dall’art. 2, comma 18, del dl n. 262/2006, stabilisce infatti che “ai fini del calcolo<br />
delle quote di ammortamento deducibili il costo complessivo <strong>dei</strong> fabbricati<br />
strumentali è assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e<br />
di quelle che ne costituis<strong>con</strong>o pertinenza”. Il comma 7-bis estende la<br />
disposizione, che in pratica <strong>con</strong>sidera non ammortizzabile il costo del terreno,<br />
anche alla quota capitale <strong>dei</strong> canoni <strong>dei</strong> <strong>con</strong>tratti di leasing degli stessi fabbricati.<br />
Attenzione:<br />
Nel corso <strong>della</strong> tele<strong>con</strong>ferenza organizzata da ItaliaOggi il 17/1/2009, l’agenzia<br />
delle entrate ha precisato che, in relazione agli acquisti di fabbricati strumentali,<br />
non è rimborsabile, in base al presupposto in esame, l’Iva riferibile al valore del<br />
terreno, che va pertanto espunta dall’importo rimborsabile.<br />
141
Immobili degli<br />
esercenti arti e<br />
professioni<br />
Pagamenti in<br />
ac<strong>con</strong>to per beni<br />
acquistati o<br />
costruiti<br />
La finanziaria 2007 (commi 334-335 dell’articolo unico <strong>della</strong> legge 27/12/2006,<br />
n. 296) ha modificato l’art. 54 del Tuir, ripristinando la possibilità, per gli<br />
esercenti arti e professioni, di dedurre le quote di ammortamento e i canoni di<br />
locazione finanziaria degli immobili strumentali all’esercizio dell’attività di lavoro<br />
autonomo. Si tratta di una misura di carattere temporaneo, essendo previsto<br />
che la deduzione compete in relazione agli acquisti ed ai <strong>con</strong>tratti di leasing<br />
stipulati nel triennio 2007-2009.<br />
La deduzione del costo d’acquisto dell’immobile spetterà per quote annuali non<br />
superiori a quelle previste dal decreto sui coefficienti d’ammortamento, mentre<br />
per i canoni di locazione finanziaria è richiesto che la durata del <strong>con</strong>tratto non sia<br />
inferiore alla metà del periodo di ammortamento, comunque <strong>con</strong> un minimo di<br />
otto anni e un massimo di quindici.<br />
Anche per i lavoratori autonomi valgono le disposizioni dell’articolo 36, commi 7<br />
e 7-bis, del dl 223/2006, se<strong>con</strong>do cui ai fini <strong>della</strong> deduzione non si deve<br />
<strong>con</strong>siderare il costo del terreno. In prima applicazione, infine, per gli anni 2007,<br />
2008 e 2009, le quote di ammortamento e i canoni di leasing potranno essere<br />
dedotte soltanto per un terzo.<br />
La norma reddituale dovrebbe riflettersi sul fronte dell’Iva. La deducibilità delle<br />
quote di ammortamento e <strong>dei</strong> canoni di leasing, infatti, imprime agli immobili<br />
strumentali acquistati o presi in locazione finanziaria dagli esercenti arti e<br />
professioni nel triennio <strong>con</strong>siderato la qualifica di beni ammortizzabili ai fini<br />
dell’imposizione sul reddito, sicché dovrebbe dedursi che, relativamente ai<br />
<strong>con</strong>tratti di acquisizione di immobili strumentali all’esercizio dell’arte o <strong>della</strong><br />
professione <strong>con</strong>clusi nel triennio suddetto, si realizzi il presupposto per il<br />
rimborso dell’Iva pagata all’impresa cedente o all’impresa locatrice.<br />
Con risoluzione n. 111 del 9/4/2002, emanata in relazione ai presupposti per<br />
l’accesso al rimborso infrannuale, ma ovviamente estensibile anche al rimborso<br />
annuale, l’agenzia delle entrate ha chiarito che l’Iva relativa ai pagamenti in<br />
ac<strong>con</strong>to per acquisti di beni ammortizzabili, come pure quella pagata sulle<br />
fatture per stati di avanzamento lavori <strong>con</strong>cernenti la realizzazione di beni<br />
ammortizzabili mediante <strong>con</strong>tratti d’appalto, è rimborsabile in base al<br />
presupposto in esame.<br />
142
Ac<strong>con</strong>ti in base a<br />
<strong>con</strong>tratto<br />
preliminare<br />
Fondi immobiliari<br />
Oneri pluriennali e<br />
spese<br />
incrementative<br />
Con risoluzione n. 179 del 27/12/2005 l’agenzia delle entrate ha invece ritenuto<br />
che non sia rimborsabile l’Iva pagata sugli ac<strong>con</strong>ti corrisposti in base ad un<br />
<strong>con</strong>tratto preliminare per l’acquisto di beni ammortizzabili.<br />
Premesso di avere chiarito, <strong>con</strong> la sopra richiamata risoluzione n. 111/2002, che<br />
nella locuzione “acquisto”, <strong>con</strong>tenuta nel terzo comma<br />
dell’art. 30, va compreso ogni atto che faccia acquisire la disponibilità del bene,<br />
l’agenzia ha osservato che <strong>con</strong> il <strong>con</strong>tratto preliminare le parti costituis<strong>con</strong>o<br />
soltanto un vincolo obbligatorio, rinviando ad un successivo atto la creazione del<br />
titolo costituivo dell’effetto reale del trasferimento <strong>della</strong> proprietà. Pertanto il<br />
promissario acquirente non acquisisce la titolarità del bene, neppure nell’ipotesi<br />
in cui le parti <strong>con</strong>vengano l’anticipata esecuzione delle obbligazioni, compresa la<br />
<strong>con</strong>segna immediata <strong>della</strong> cosa, <strong>con</strong>cretizzando ciò la semplice detenzione.<br />
Rispetto a queste precisazioni, evidentemente dettate dall’intento di reprimere i<br />
comportamenti fraudolenti ris<strong>con</strong>trati, occorre puntualizzare che pare comunque<br />
doversi ammettere la possibilità di ottenere il rimborso dell’Iva sugli ac<strong>con</strong>ti al<br />
momento <strong>della</strong> stipula del <strong>con</strong>tratto definitivo, ancorché ciò avvenga in anni<br />
successivi, in base al principio per cui il rimborso dell’Iva sui beni ammortizzabili<br />
può essere richiesto anche per quelli acquistati in anni precedenti.<br />
A norma dell’art. 8 del dl 25/9/01, n. 351, <strong>con</strong>vertito dalla legge n. 410/2001, gli<br />
immobili costituenti patrimonio del fondo immobiliare e le spese di manutenzione<br />
ad essi relative si <strong>con</strong>siderano beni ammortizzabili ai fini del rimborso dell'Iva,<br />
che deve essere eseguito nei <strong>con</strong>fronti <strong>della</strong> società di gestione entro sei mesi e<br />
senza prestazione di garanzie (la predetta disposizione ha sostituito quella,<br />
analoga, <strong>con</strong>tenuta nell'art. 15 <strong>della</strong> legge 25/1/94 n. 86, sostituito dal dl<br />
26/9/95 n. 406, <strong>con</strong>vertito dalla legge 29/11/95 n. 503).<br />
Con la già citata risoluzione n. 179/2005, l’agenzia delle entrate, in relazione alle<br />
spese di miglioramento, trasformazione ed ampliamento di beni terzi, <strong>con</strong>cessi in<br />
uso o comodato, ha osservato che le opere realizzate su beni altrui possono<br />
essere <strong>con</strong>siderati beni ammortizzabili se si <strong>con</strong>cretizzano in beni materiali che<br />
hanno una loro individualità ed autonoma funzionalità e, al termine del periodo<br />
di uso o comodato, possono essere rimossi. In caso <strong>con</strong>trario, cioè qualora le<br />
opere non siano separabili dai beni cui accedono, le spese incrementative su<br />
beni di terzi vanno iscritte tra le “altre immobilizzazioni immateriali”, per cui non<br />
si può parlare fiscalmente di “beni immateriali”, ma di oneri pluriennali ex art.<br />
108, comma 3, tuir. Ne discende che il diritto al rimborso dell’Iva su tali spese<br />
non può essere ri<strong>con</strong>osciuto, in quanto l’opera realizzata, restando di proprietà<br />
143
5 - Prevalente<br />
effettuazione di<br />
operazioni non<br />
territoriali (art.<br />
30, terzo comma,<br />
lett. d)<br />
altrui, non può essere <strong>con</strong>siderata bene ammortizzabile proprio del soggetto che<br />
l’ha realizzata.<br />
Fattispecie diversa da quella esaminata dall’agenzia è costituita dalle spese<br />
incrementative su beni propri, su cui non risultano pronunce in ordine alla<br />
rimborsabilità o meno dell’Iva in base al presupposto in esame; in proposito, si è<br />
del parere che, ove si tratti di spese migliorative di beni ammortizzabili,<br />
capitalizzate ad incremento del cespite e sottoposte al processo di<br />
ammortamento, il rimborso possa essere richiesto.<br />
Attenzione:<br />
Chi chiede il rimborso in base a questo presupposto (e dunque soltanto<br />
limitatamente all’imposta relativa agli acquisti speciali qui <strong>con</strong>siderati), può<br />
chiedere anche la restituzione <strong>della</strong> minore eccedenza del triennio (successivo<br />
punto 8), che deve, naturalmente, essere depurata dell'imposta afferente gli<br />
acquisti di beni ammortizzabili e per studi e ricerche già chiesta autonomamente<br />
a rimborso.<br />
Questa <strong>con</strong>dizione si realizza in capo al <strong>con</strong>tribuente che ha effettuato<br />
prevalentemente operazioni escluse dal campo di applicazione dell’Iva per difetto<br />
del presupposto territoriale: per esempio, il <strong>con</strong>sulente legale che nel corso del<br />
2008 ha operato prevalentemente nei <strong>con</strong>fronti di un’impresa estera,<br />
effettuando quindi prestazioni non territoriali ai sensi dell'articolo 7, quarto<br />
comma, lettera d), del dpr 633/72; l’impresa edile che nel 2008 ha ristrutturato<br />
un immobile situato all’estero, effettuando prestazioni non territoriali ai sensi<br />
<strong>della</strong> lettera a) dello stesso quarto comma.<br />
La <strong>con</strong>dizione non sussiste, ovviamente, quando tali operazioni siano poste in<br />
essere da stabili organizzazioni all’estero di soggetti residenti in Italia.<br />
Il riferimento alla “non territorialità” ex articolo 7, se<strong>con</strong>do l’amministrazione<br />
finanziaria, attrae nella previsione in esame non soltanto le cessioni di beni e le<br />
prestazioni di servizi “delocalizzate” (come i riportati esempi <strong>della</strong> <strong>con</strong>sulenza<br />
legale all’impresa straniera e <strong>della</strong> ristrutturazione dell’immobile situato<br />
all’estero), ma anche quelle che sono <strong>con</strong>siderate (impropriamente) non<br />
territoriali dall’ultimo comma dell’art. 7, ossia le operazioni elencate negli artt. 8,<br />
8-bis e 9 del dpr n. 633/72 e quelle indicate negli artt. 40, comma 9 e 58 del dl<br />
n. 331/93.<br />
144
6 - Soggetti non<br />
residenti in Italia<br />
(art. 30, terzo<br />
comma, lett. e)<br />
Le operazioni extraterritoriali, non soggette ad adempimenti formali ai fini<br />
dell’Iva, debbono essere assunte <strong>con</strong> riferimento al momento <strong>della</strong> loro<br />
effettuazione, da individuarsi in base ai criteri fissati dall'art. 6, dpr 633/72.<br />
La “prevalenza” che <strong>con</strong>ferisce il diritto al rimborso (subordinato anche in questo<br />
caso alla <strong>con</strong>dizione che l’eccedenza risulti superiore a € 2.582,28) sussiste se<br />
l’importo complessivo delle operazioni in esame supera il 50% di tutte le<br />
operazioni effettuate.<br />
Attenzione: si ricorda che, ai sensi dell’art. 19, comma 3, lett. b) le operazioni<br />
“non territoriali” si <strong>con</strong>siderano operazioni <strong>con</strong> diritto di detrazione a <strong>con</strong>dizione<br />
che, se fossero effettuate in Italia, darebbero tale diritto.<br />
Il diritto di chiedere il rimborso è ri<strong>con</strong>osciuto, sempre se l’eccedenza a credito<br />
supera € 2.582,28, ai soggetti d’imposta stranieri che abbiano acceso una<br />
posizione Iva in Italia attraverso l’istituto <strong>della</strong> rappresentanza fiscale,<br />
<strong>con</strong>templato dall’art. 17 del dpr 633/72.<br />
Se<strong>con</strong>do questa disposizione, i soggetti non residenti possono adempiere gli<br />
obblighi ed esercitare i diritti previsti dalle disposizioni sull’Iva mediante un<br />
rappresentante fiscale, il quale risponde in solido <strong>con</strong> il rappresentato degli<br />
obblighi derivanti dall’applicazione delle disposizioni medesime.<br />
La qualifica di rappresentante fiscale deve essere comunicata alla <strong>con</strong>troparte<br />
anteriormente all’effettuazione dell’operazione e deve risultare da atto pubblico,<br />
da scrittura privata registrata o da lettera annotata in apposito registro presso<br />
l’ufficio delle entrate competente in relazione alla residenza del rappresentante.<br />
A tal riguardo va segnalato che ad avviso dell’amministrazione finanziaria è<br />
assolutamente imprescindibile, nel caso di nomina effettuata se<strong>con</strong>do l'ultima<br />
modalità indicata, l’avvenuta annotazione <strong>della</strong> lettera in un apposito registro<br />
tenuto dall’ufficio delle entrate, formalità che non può essere, dunque, surrogata<br />
dalla semplice protocollazione o timbratura <strong>della</strong> lettera stessa da parte<br />
dell’ufficio.<br />
Con risoluzione n. 116 del 26/8/98 il ministero delle finanze ha chiarito che,<br />
nell’ipotesi in cui il soggetto estero abbia provveduto alla sostituzione del<br />
rappresentante fiscale che risultava intestatario delle polizze fi<strong>dei</strong>ussorie<br />
prodotte all’ufficio per l’ottenimento del rimborso, è <strong>con</strong>sentito al nuovo<br />
rappresentante regolarizzare le garanzie in modo che la società possa <strong>con</strong>seguire<br />
il rimborso.<br />
145
Soggetti<br />
identificati<br />
direttamente<br />
7 - Produttori<br />
agricoli che<br />
hanno effettuato<br />
vendite non<br />
imponibili (art.<br />
34, comma 9)<br />
Si richiama l’attenzione sul fatto che è rimborsabile soltanto l’imposta che sia<br />
detraibile ai sensi delle disposizioni degli artt. 19 e seguenti.<br />
Il diritto al rimborso in base alla disposizione in esame spetta altresì nell’ipotesi<br />
in cui il soggetto non residente, anziché attraverso un rappresentante fiscale,<br />
abbia aperto direttamente una posizione Iva in Italia, identificandosi ai sensi<br />
dell’articolo 35-ter del dpr 633/72, introdotto <strong>con</strong> il dlgs n. 191/2002. In tal<br />
caso, come già anticipato prima, il modello VR dovrà essere presentato<br />
all’agente <strong>della</strong> riscossione di Pescara.<br />
Chiarimenti in merito sono stati forniti dall’agenzia delle entrate <strong>con</strong> la circolare<br />
n. 44 del 1° agosto 2003, nella quale è stato precisato che i soggetti non<br />
residenti devono chiedere, <strong>con</strong>testualmente alla presentazione del modello VR o<br />
entro i quaranta giorni successivi, l’accreditamento del rimborso indicando gli<br />
estremi del <strong>con</strong>to bancario o postale. L’erogazione potrà avvenire se<strong>con</strong>do le<br />
ordinarie procedure vigenti in materia di <strong>con</strong>to fiscale anche se il soggetto non<br />
residente risulta titolare di <strong>con</strong>to corrente in altro stato; in tale ipotesi, tuttavia,<br />
occorre <strong>con</strong>siderare le commissioni di accredito dovute all’istituto di credito e i<br />
relativi tempi. Ulteriori chiarimenti sono stati forniti in relazione alle garanzie, su<br />
cui si rinvia all’apposito paragrafo.<br />
Va evidenziato che i soggetti non residenti sono tenuti a indicare nel modello VR,<br />
come pure nel frontespizio <strong>della</strong> dichiarazione annuale, il numero identificativo ai<br />
fini dell’Iva attribuito loro nel paese comunitario in cui risiedono; questa<br />
indicazione deve essere fornita in ogni caso, vale a dire sia dai soggetti che si<br />
avvalgono del rappresentante fiscale sia da quelli identificati direttamente.<br />
I produttori agricoli e ittici che applicano il regime speciale di cui all’articolo 34,<br />
com’è noto, non possono recuperare l’Iva assolta sugli acquisti, ma trattengono<br />
- a titolo di detrazione forfetaria - una somma corrispondente alle percentuali di<br />
compensazione stabilite <strong>con</strong> apposito decreto ministeriale, applicate all’importo<br />
imponibile delle cessioni di prodotti compresi nella tabella A, parte prima,<br />
allegata al dpr n. 633/72. Nel caso di cessioni all’esportazione od<br />
intracomunitarie non imponibili, dunque, mancando l’applicazione dell’imposta, il<br />
recupero forfetario <strong>con</strong> la suddetta modalità non è <strong>con</strong>cretamente possibile.<br />
E’ stata pertanto <strong>con</strong>fezionata, <strong>con</strong> il comma 9 dell’art. 34, una specifica<br />
previsione che attribuisce il diritto alla detrazione o al rimborso dell’Iva<br />
146
8 - Minore<br />
eccedenza del<br />
triennio (sezione<br />
terza, modello<br />
VR)<br />
corrispondente alle percentuali di compensazione che risulterebbero applicabili<br />
alle seguenti operazioni aventi per oggetto prodotti compresi nella prima parte<br />
<strong>della</strong> tabella A, qualora fossero effettuate nel territorio dello stato:<br />
cessioni all’esportazione di cui al primo comma dell'art. 8 (incluse le<br />
vendite su dichiarazione d’intento degli esportatori abituali);<br />
cessioni a viaggiatori extracomunitari di cui all'art. 38-quater;<br />
cessioni a favore di organismi internazionali di cui all’art. 72;<br />
cessioni intracomunitarie.<br />
Anche se si tratta di una disposizione normativa autonoma rispetto a quelle<br />
delineate nell’art. 30, il ministero delle finanze ha precisato che l’ipotesi di<br />
rimborso in questione si ricollega alla <strong>disciplina</strong> generale stabilita dal citato<br />
articolo e che, pertanto, il rimborso compete solamente nel caso in cui<br />
l’eccedenza superi l’importo di € 2.582,28.<br />
La richiesta di rimborso può riguardare sia l’Iva teorica di competenza<br />
(afferente, cioè, ad operazioni registrate nel 2008), sia quella relativa ad<br />
operazioni registrate negli precedenti, purché, ovviamente, non sia già stata<br />
chiesta a rimborso in precedenza.<br />
Qualora non ricorra nessuna delle ipotesi sopra illustrate, il quarto comma<br />
dell’art. 30 <strong>con</strong>sente comunque di accedere al rimborso ai <strong>con</strong>tribuenti che per<br />
tre anni <strong>con</strong>secutivi hanno presentato la dichiarazione a credito: in tal caso è<br />
ammesso il rimborso del minor credito d’imposta risultante dalle dichiarazioni<br />
dell’ultimo triennio, anche se inferiore a € 2.582,28.<br />
La disposizione è diretta a mitigare la tassatività delle <strong>con</strong>dizioni di accesso al<br />
rimborso, <strong>con</strong>sentendolo nei limiti <strong>della</strong> minore eccedenza di un arco temporale<br />
di tre anni; tale minore eccedenza può essere chiesta a rimborso anche solo<br />
parzialmente.<br />
Attesa l’equiparazione tra rimborso e compensazione cosiddetta “orizzontale”<br />
(cioè <strong>con</strong> altri tributi, premi e <strong>con</strong>tributi), le eccedenze devono essere<br />
<strong>con</strong>siderate al netto di quanto eventualmente compensato <strong>con</strong> il modello F24.<br />
147
Con risoluzione n. 103 del 29/3/2002 l’agenzia delle entrate ha ri<strong>con</strong>osciuto che<br />
possono avvalersi <strong>della</strong> disposizione sul rimborso del minor credito del triennio<br />
anche i curatori fallimentari, nel corso <strong>della</strong> procedura, <strong>con</strong>siderato che non esiste<br />
alcuna preclusione normativa e che, del resto, la legge sull’Iva non discrimina la<br />
fase di gestione dell’impresa da quella <strong>della</strong> liquidazione, anche <strong>con</strong>corsuale.<br />
Ovviamente, ha osservato l’agenzia, ai fini in esame si devono prendere in<br />
<strong>con</strong>siderazione le eccedenze creditorie emergenti dalle dichiarazioni annuali, ma non<br />
anche quella <strong>della</strong> speciale dichiarazione relativa alle operazioni registrate nella<br />
frazione di anno solare antecedente all'apertura del fallimento.<br />
Ecco alcuni esempi.<br />
Calcolo dell’eccedenza rimborsabile come minor credito del triennio<br />
Esempio n. 1:<br />
anno eccedenza importo eccedenza<br />
riportata d'imposta detraibile rimborsabile<br />
nell'anno successivo<br />
2006 10.000 zero 10.000<br />
2007 8.000 zero 8.000<br />
2008 15.000 8.000 7.000<br />
Esempio n. 2:<br />
2002 8.000 zero 8.000<br />
2003 10.000 zero 10.000<br />
2004 15.000 8.000 7.000<br />
2005 6.000 6.000 zero<br />
2006 9.000 zero 9.000<br />
2007 7.000 zero 7.000<br />
2008 20.000 7.000 13.000<br />
Esempio n. 3:<br />
2003 15.000 zero 15.000<br />
2004 10.000 zero 10.000<br />
2005 8.000 8.000 zero<br />
2006 6.000 zero 6.000<br />
2007 9.000 zero 9.000<br />
2008 7.000 6.000 1.000<br />
Esempio n. 4:<br />
2005 12.000 zero 12.000<br />
2006 15.000 zero 15.000<br />
2007 9.000 5.000 (1) 4.000<br />
2008 6.000 4.000 2.000<br />
(1) In questo quarto esempio si è ipotizzato che il <strong>con</strong>tribuente, per l'anno 2007,<br />
abbia chiesto il rimborso solo limitatamente a € 5.000 dell'eccedenza<br />
rimborsabile di € 9.000. In tal caso, il restante credito di 4.000, computato a<br />
nuovo, rappresenta l’eccedenza da porre a raffronto <strong>con</strong> quelle del 2006 e del<br />
2008 al fine di determinare l'importo rimborsabile per il triennio 2006-2008.<br />
148
Eccedenza di<br />
versamento<br />
Interessi<br />
SECONDA PARTE: Altre disposizioni<br />
Il <strong>con</strong>tribuente che abbia diritto, in base ad uno <strong>dei</strong> presupposti sopra esaminati,<br />
di chiedere il rimborso dell’Iva, può includere nell’importo rimborsabile anche<br />
l’eventuale versamento eseguito per errore in sede di dichiarazione annuale (si<br />
tratta dell’importo evidenziato come eccedenza di versamento nel rigo VX3 del<br />
quadro VX del modello Iva 2009, ovvero, per i <strong>con</strong>tribuenti tenuti a presentare la<br />
dichiarazione unificata, nel corrispondente rigo del quadro RX del modello<br />
Unico).<br />
A tal fine, l’eccedenza di versamento deve essere compresa nel rigo VR3 del<br />
modello VR/2009, come espressamente richiesto dalle istruzioni del modello<br />
stesso.<br />
Ai sensi dell’art. 38-bis del dpr 633/72, sulle somme rimborsate sono dovuti al<br />
<strong>con</strong>tribuente gli interessi (dal 1° luglio 2003 il tasso annuo è del 2,75%),<br />
calcolati a decorrere dal novantesimo giorno successivo a quello di presentazione<br />
<strong>della</strong> richiesta.<br />
Per i rimborsi erogati <strong>con</strong> la procedura del <strong>con</strong>to fiscale, il regolamento di<br />
attuazione approvato <strong>con</strong> dm 28/12/93, n. 567 stabilisce che gli interessi sono<br />
dovuti qualora il rimborso richiesto all’agente <strong>della</strong> riscossione non possa essere<br />
eseguito, per carenza di fondi disponibili, nel termine di sessanta giorni dalla<br />
richiesta.<br />
In base alle indicazioni <strong>con</strong>tenute nella circolare n. 119 del 22/7/94, l’erogazione<br />
degli interessi eventualmente dovuti dall’agente deve formare oggetto di<br />
specifica, distinta richiesta da parte del <strong>con</strong>tribuente creditore.<br />
E’ dubbio se occorra, per il rimborso di tali interessi, una apposita garanzia; gli<br />
uffici ritengono cautelativamente di doverla richiedere.<br />
La maturazione degli interessi è sospesa nel periodo compreso fra la data in cui<br />
l’ufficio (o l’agente <strong>della</strong> riscossione) ha notificato la richiesta <strong>dei</strong> documenti di<br />
rito e la data <strong>della</strong> loro <strong>con</strong>segna, qualora detto periodo superi quindici giorni ed<br />
il ritardo sia imputabile al <strong>con</strong>tribuente. In tal caso, inoltre, in base all’articolo<br />
57, primo comma, del dpr n. 633/72, scatta il prolungamento, per un periodo<br />
corrispondente al ritardo, del termine di decadenza per la notifica degli<br />
accertamenti relativi all’annualità cui si riferisce il rimborso.<br />
149
Irrevocabilità<br />
<strong>della</strong> richiesta<br />
di rimborso<br />
La scelta fra il riporto a nuovo dell’eccedenza e la richiesta di rimborso, operata<br />
all’atto <strong>della</strong> dichiarazione annuale, non è modificabile. Pertanto non è <strong>con</strong>sentito<br />
al <strong>con</strong>tribuente revocare la richiesta di rimborso e rientrare nella disponibilità del<br />
credito.<br />
In passato il ministero delle finanze, <strong>con</strong>sapevole, da un lato, dell’obbligo<br />
dell’amministrazione di effettuare il rimborso entro tre mesi dalla richiesta e,<br />
dall’altro, <strong>dei</strong> ritardi cronici nella definizione delle pratiche, aveva <strong>con</strong>cesso, a<br />
determinate <strong>con</strong>dizioni, la possibilità di revocare le richieste di rimborso e<br />
riprendere a nuovo il credito (circolari n. 11 del 4/2/88 e n. 4 del 14/1/93).<br />
In seguito all’entrata in vigore delle disposizioni sul <strong>con</strong>to fiscale, però, la<br />
possibilità di revoca è stata giudicata incompatibile <strong>con</strong> le nuove procedure; <strong>con</strong><br />
circolare n. 9 del 9/2/94, pertanto, è stato stabilito che non è <strong>con</strong>sentito<br />
riprendere i crediti non rimborsati degli anni precedenti.<br />
Caso diverso è, però, quello in cui la revoca intervenga prima <strong>della</strong> scadenza del<br />
termine di presentazione <strong>della</strong> dichiarazione. In tale ipotesi, <strong>con</strong>siderato che il<br />
modello VR costituisce parte integrante <strong>della</strong> dichiarazione annuale, dovrebbe<br />
ammettersi la possibilità di revocare la richiesta di rimborso (che non sia stata<br />
ancora evasa) in base al principio <strong>della</strong> sostituibilità <strong>della</strong> dichiarazione. Sul<br />
punto, tuttavia, la circolare ministeriale n. 146 del 10/6/98 lascia qualche<br />
perplessità, laddove ammette la possibilità di revocare la richiesta di rimborso<br />
relativa al 1997, sempre entro i termini di presentazione <strong>della</strong> dichiarazione<br />
annuale, “in <strong>con</strong>siderazione delle difficoltà...in<strong>con</strong>trate dai <strong>con</strong>tribuenti per<br />
l’impatto <strong>con</strong> le nuove disposizioni”, e dunque in un’ottica transitoria.<br />
Si segnala, in materia, l’opportuno intervento <strong>della</strong> direzione regionale delle<br />
entrate per la Lombardia, che <strong>con</strong> la nota del 14/6/2000, prot. n. 50167, ha<br />
espresso l’avviso che nel periodo utile per la presentazione <strong>della</strong> dichiarazione<br />
annuale, e sempre che il rimborso non sia stato ancora liquidato, il <strong>con</strong>tribuente<br />
possa revocare la scelta, alle seguenti <strong>con</strong>dizioni e modalità:<br />
la revoca deve riguardare l’ammontare complessivo del credito chiesto a<br />
rimborso (sicché deve ritenersi preclusa la riduzione dell’importo<br />
richiesto);<br />
la comunicazione di revoca, da redigere in carta libera, va presentata<br />
<strong>con</strong>testualmente al <strong>con</strong>cessionario <strong>della</strong> riscossione e all’ufficio delle<br />
entrate; alla comunicazione va allegata anche copia del modello VR<br />
presentato a suo tempo.<br />
150
La corsia<br />
preferenziale<br />
per alcune<br />
categorie<br />
e<strong>con</strong>omiche<br />
Successivamente, la revocabilità <strong>della</strong> richiesta di rimborso, prima <strong>della</strong><br />
scadenza del termine per la presentazione <strong>della</strong> dichiarazione, ha trovato<br />
<strong>con</strong>ferma in una risposta alle domande <strong>dei</strong> <strong>con</strong>tribuenti (faq) pubblicata il<br />
19/12/2006 nel sito internet dell’agenzia delle entrate.<br />
Il comma 308 dell’art. 1 <strong>della</strong> legge 27/12/2006, n. 296 ha integrato l’art. 38-bis<br />
del dpr 633/72 prevedendo che, <strong>con</strong> decreti del ministro dell’e<strong>con</strong>omia, sono<br />
individuate, anche progressivamente, in relazione all’attività esercitata e alle<br />
tipologie di operazioni effettuate, le categorie di <strong>con</strong>tribuenti nei cui <strong>con</strong>fronti i<br />
rimborsi Iva sono eseguiti in via prioritaria entro tre mesi dalla richiesta.<br />
In forza <strong>della</strong> predetta disposizione, sono stati emanati i seguenti provvedimenti<br />
di individuazione <strong>dei</strong> soggetti destinatari <strong>della</strong> norma di favore:<br />
decreto 22/3/2007 (in G.U. n. 76 del 31/3/2007): soggetti che effettuano<br />
prevalentemente, nel periodo cui si riferisce la richiesta di rimborso,<br />
prestazioni di cui all’art. 17, sesto comma, lett. a), del dpr 633/72, ossia<br />
subappalti in edilizia sottoposti al regime del “reverse charge”; questi<br />
soggetti devono manifestare la <strong>con</strong>dizione di privilegio indicando il codice<br />
1 nell’apposito campo del modello VR 2009;<br />
decreto 25/5/2007 (in G.U. n. 150 del 30/6/2007): operatori e<strong>con</strong>omici<br />
titolari del codice di classificazione Atecofin 37.10.1, recupero e<br />
preparazione per il riciclaggio di cascami e rottami metallici (nella nuova<br />
tabella Ateco 2007, in vigore dal 1°/1/2008, la descritta attività<br />
corrisponde al codice 38.32.10); questi soggetti devono manifestare la<br />
<strong>con</strong>dizione di privilegio indicando il codice 2 nell’apposito campo del<br />
modello VR 2009;<br />
decreto 18/7/2007 (in G.U. n. 195 del 23/8/2007): operatori e<strong>con</strong>omici<br />
titolari del codice di classificazione Atecofin 27.43.0, produzione di zinco,<br />
piombo e stagno e semilavorati (nella nuova tabella Ateco 2007 la<br />
descritta attività corrisponde al codice 24.43.00); questi soggetti devono<br />
manifestare la <strong>con</strong>dizione di privilegio indicando il codice 3 nell’apposito<br />
campo del modello VR 2009;<br />
decreto 21/12/2007 (in G.U. n. 29 del 4 febbraio 2008): operatori<br />
e<strong>con</strong>omici titolari del codice di classificazione Atecofin 27.42.0,<br />
151
Società di<br />
comodo<br />
produzione di alluminio e semilavorati (nella nuova tabella Ateco 2007 la<br />
descritta attività corrisponde al codice 24.42.0).<br />
Per essere ammessi al rimborso annuale prioritario, occorre possedere, al<br />
momento <strong>della</strong> richiesta, i seguenti requisiti, stabiliti dal primo <strong>dei</strong> decreti<br />
summenzionati:<br />
l’attività deve essere esercitata da almeno tre anni;<br />
l’eccedenza detraibile richiesta a rimborso deve essere almeno di 10.000<br />
euro;<br />
l’eccedenza detraibile richiesta a rimborso deve essere almeno pari al<br />
10% dell’importo complessivo dell’imposta assolta sugli acquisti e sulle<br />
importazioni effettuati nell’anno di riferimento.<br />
Ai sensi dell’art. 3, comma 45, <strong>della</strong> legge n. 662/96, non possono ottenere il<br />
rimborso del credito Iva risultante dalla dichiarazione annuale le società che, nel<br />
corrispondente periodo d’imposta, devono essere qualificate non operative in<br />
applicazione <strong>dei</strong> criteri stabiliti dal comma 37 del medesimo articolo 3, il quale<br />
ha sostituito, <strong>con</strong> effetto dal periodo in corso al 15/9/96, i commi da 1 a 7<br />
dell’articolo 30 <strong>della</strong> legge n. 724/94.<br />
Con la circolare ministeriale n. 36 del 13/2/97 è stato precisato che il<br />
“<strong>con</strong>gelamento” del credito riguarda anche quella parte costituita da eccedenze<br />
riportate dagli anni precedenti.<br />
Con la circolare n. 25 del 4/5/2007, poi, è stato chiarito che la disposizione<br />
riguarda esclusivamente l’eccedenza a credito risultante dalla dichiarazione<br />
annuale, per cui la società in possesso <strong>dei</strong> requisiti richiesti dal se<strong>con</strong>do comma<br />
dell’art. 38-bis potrà ottenere il rimborso del credito infrannuale, salvo l’obbligo<br />
di restituzione, <strong>con</strong> gli interessi, qualora a fine esercizio dovesse risultare non<br />
operativa.<br />
In <strong>con</strong>siderazione del fatto che la verifica delle <strong>con</strong>dizioni di non operatività<br />
attiene alla <strong>disciplina</strong> dell'imposizione diretta (ed è quindi effettuabile all'atto<br />
<strong>della</strong> chiusura <strong>dei</strong> bilanci o <strong>della</strong> compilazione <strong>della</strong> dichiarazione <strong>dei</strong> redditi), il<br />
ministero delle finanze, <strong>con</strong> la circolare n. 34 del 13/2/97, al fine di non ritardare<br />
la procedura del rimborso dell’Iva, ha <strong>con</strong>sentito alle società potenzialmente<br />
destinatarie <strong>della</strong> norma sopra citata, qualora intendano chiedere il rimborso del<br />
152
Novità del D.L.<br />
223/2006<br />
credito, di allegare alla dichiarazione Iva un’autocertificazione, resa ai sensi <strong>della</strong><br />
legge n. 4/68 (ora dpr n. 445/2000), attestante che non sussistono le <strong>con</strong>dizioni<br />
di non operatività previste dalla legge. Tale possibilità è stata <strong>con</strong>fermata anche<br />
nel rinnovato quadro procedimentale, per cui l’autocertificazione rientra, come<br />
chiarito dalla circolare n. 146/98, tra i documenti da presentare all’agente <strong>della</strong><br />
riscossione ai fini dell’istruttoria <strong>della</strong> pratica di rimborso.<br />
A partire dai modelli approvati nel 2002, l’attestazione in esame può essere<br />
resa, anziché <strong>con</strong> separata autocertificazione, mediante sottoscrizione apposta<br />
nell’apposito spazio inserito nel corpo del modello VR; in tal caso, al modello<br />
deve essere allegata la fotocopia del documento di identità del sottoscrittore, al<br />
fine di <strong>con</strong>validare l’attestazione se<strong>con</strong>do le disposizioni in materia di<br />
dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà.<br />
L’art. 35, comma 15, del dl 223/2006, ha nuovamente modificato l’art. 30 <strong>della</strong><br />
legge n. 724/94, stabilendo tra l’altro che per le società e gli enti non operativi,<br />
l’eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dell’Iva,<br />
oltre che non rimborsabile, non può neppure formare oggetto di compensazione<br />
ai sensi dell’articolo 17 del dlgs n. 241/97, né di cessione ai sensi dell’articolo 5,<br />
comma 4-ter, del dl 70/88.<br />
Inoltre, qualora per tre periodi di imposta <strong>con</strong>secutivi la società o l’ente non<br />
operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto<br />
almeno pari all’importo che risulta dalla applicazione delle percentuali di cui al<br />
comma dell’art. 30, l’eccedenza di credito non è ulteriormente riportabile a<br />
scomputo dell’Iva a debito relativa ai periodi d’imposta successivi.<br />
Le suddette disposizioni si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso<br />
alla data di entrata in vigore del dl 223 (4 luglio 2006).<br />
Se<strong>con</strong>do la nuova <strong>disciplina</strong>, quindi, la società di comodo può semplicemente<br />
utilizzare il credito Iva in compensazione cosiddetta “verticale”, ovverosia<br />
all’interno delle liquidazioni periodiche dell’imposta stessa. Inoltre, se per tre<br />
periodi d’imposta <strong>con</strong>secutivi persistono sia la <strong>con</strong>dizione di non operatività sia<br />
quella di inattività ai fini dell’Iva (come sopra detto), l’eccedenza di credito non è<br />
ulteriormente riportabile a scomputo dell’imposta a debito relativa ai periodi<br />
d’imposta successivi: in sostanza, in tale ipotesi la società perde definitivamente<br />
il credito Iva.<br />
153
In merito alla <strong>con</strong>dizione di inattività, va precisato che la perdita del credito si<br />
verifica nel caso di mancata effettuazione di operazioni rilevanti ai fini Iva per<br />
importo almeno pari a quello che si ottiene applicando le percentuali stabilite per<br />
il test di operatività ai fini reddituali.<br />
Una <strong>con</strong>ferma in tal senso è stata fornita dall’agenzia delle entrate <strong>con</strong> la<br />
circolare n. 11 del 16/2/2007 e, successivamente, <strong>con</strong> la citata circolare n.<br />
25/2007, nella quale è stato inoltre precisato che, per i soggetti <strong>con</strong> periodo<br />
d’imposta non coincidente <strong>con</strong> l’anno solare, dovrà operarsi un raffronto fra<br />
l’importo risultante dall’applicazione <strong>dei</strong> parametri di cui al comma 1 dell’art. 30<br />
e il volume d’affari Iva riferito, ai soli fini del raffronto in esame, al medesimo<br />
arco temporale compreso nel periodo d’imposta rilevante ai fini dell’imposizione<br />
diretta. Ad esempio, nel caso di esercizio 1° luglio – 30 giugno, si opereranno i<br />
raffronti <strong>con</strong> riferimento ai dati di bilancio ed ai volumi d’affari relativamente agli<br />
esercizi 1/7/2006-30/6/2007, 1/7/2007-30/6/2008, 1/7/2008-30/6/2009:<br />
qualora nei tre periodi d’imposta la società non dovesse superare il test di<br />
operatività, alla data del 1° luglio 2009 non potrà più riportare in avanti<br />
l’eccedenza di credito esistente al 30 giugno dello stesso anno.<br />
Sembra opportuno puntualizzare che la società non operativa che effettui<br />
operazioni rilevanti ai fini Iva per ammontare non inferiore al parametro di legge<br />
non incorre nella decadenza del credito, ma non può comunque ottenerne il<br />
rimborso, né utilizzarlo in compensazione, né cederlo, giacché resta una “società<br />
di comodo”.<br />
Quanto alle operazioni “rilevanti” ai fini Iva che <strong>con</strong>sentono di evitare la sanzione<br />
<strong>della</strong> decadenza del credito, che la circolare dell’agenzia identifica<br />
sostanzialmente <strong>con</strong> quelle che <strong>con</strong>corrono alla formazione del volume d’affari, si<br />
è dell’avviso che si debba, più propriamente, tenere <strong>con</strong>to delle operazioni attive<br />
rientranti, in senso lato, nel campo di applicazione dell’imposta in quanto<br />
provviste <strong>dei</strong> requisiti oggettivo e soggettivo. Di <strong>con</strong>seguenza, è da ritenere che<br />
rilevino, ai fini in esame, anche le operazioni che difettano del presupposto<br />
territoriale, in quanto detto presupposto non attiene all’insorgenza<br />
dell’operazione, ma individua, sulla base <strong>dei</strong> criteri stabiliti in sede comunitaria,<br />
il luogo nel quale essa si manifesta e deve essere tassata.<br />
154
Sospensione<br />
del rimborso<br />
Ai sensi del terzo comma dell’articolo 38-bis, l’esecuzione del rimborso è sospesa<br />
qualora sia stato <strong>con</strong>statato a carico del <strong>con</strong>tribuente, nel corrispondente periodo<br />
d’imposta, “uno <strong>dei</strong> reati di cui all’articolo 4, primo comma, n. 5), del decreto<br />
legge 10 luglio 1982, n. 429, <strong>con</strong>vertito, <strong>con</strong> modificazioni, dalla legge 7 agosto<br />
1982, n. 516” (emissione o utilizzazione di fatture o documenti per operazioni<br />
inesistenti, ovvero emissione o utilizzazione di fatture o documenti recanti<br />
l’indicazione di nomi diversi da quelli veri, in modo che risulti impossibile<br />
l’identificazione <strong>dei</strong> soggetti cui si riferis<strong>con</strong>o).<br />
La sospensione opera fino a <strong>con</strong>correnza dell’ammontare dell’Iva indicata nelle<br />
fatture false e fino alla definizione del relativo procedimento penale.<br />
Il riferimento normativo <strong>con</strong>tenuto nella suddetta previsione non è più attuale<br />
perché <strong>con</strong> la riforma del sistema penale tributario, ad opera del dlgs n.<br />
74/2000, il reato di utilizzazione di fatture false, così come prefigurato dal<br />
soppresso dl n. 429/82, non esiste più. La nuova ipotesi criminosa, infatti, è<br />
legata all’infedeltà <strong>della</strong> dichiarazione annuale in dipendenza di fatture o<br />
documenti falsi, per cui non costituisce più reato il mero inserimento di tali<br />
fatture e documenti in <strong>con</strong>tabilità, se non vi abbia fatto seguito l’infedeltà <strong>della</strong><br />
dichiarazione.<br />
Nel <strong>con</strong>testo <strong>della</strong> riforma del sistema sanzionatorio ad opera del d.lgs. n.<br />
472/97, è stato previsto all’art. 23 che qualora l’autore <strong>della</strong> violazione tributaria<br />
o il soggetto solidalmente obbligato vanti un credito nei <strong>con</strong>fronti<br />
dell’amministrazione finanziaria, il pagamento può essere sospeso a seguito<br />
<strong>della</strong> notifica dell’atto di <strong>con</strong>testazione o di irrogazione <strong>della</strong> sanzione; se il<br />
provvedimento si rende definitivo, l’ufficio competente alla liquidazione del<br />
rimborso pronuncia la compensazione del debito.<br />
Anche al di fuori di dette ipotesi, comunque, l’ufficio può sempre ricorrere, ove lo<br />
ritenga giustificato, all’istituto del fermo amministrativo, per la cui adozione non<br />
sono previste <strong>particolari</strong> regole di forma o procedura: è necessario e sufficiente<br />
che il provvedimento venga portato a <strong>con</strong>oscenza dell'interessato, anche<br />
attraverso una semplice comunicazione motivata, affinché egli sia reso edotto<br />
delle ragioni <strong>della</strong> sospensione del rimborso e possa difendersi (il fermo<br />
amministrativo è impugnabile davanti al giudice tributario). Sul punto, tuttavia,<br />
si registrano posizioni <strong>con</strong>trastati da parte <strong>della</strong> giurisprudenza <strong>della</strong> corte di<br />
cassazione: per l’ammissibilità del fermo amministrativo del rimborso Iva si è<br />
espressa la sentenza n. 4567 del 5/3/2004, mentre in senso <strong>con</strong>trario va la<br />
sentenza n. 10199 del 26/6/2003.<br />
155
Sospensione<br />
obbligatoria e<br />
compensazione<br />
volontaria<br />
Diniego del<br />
rimborso<br />
Alla luce delle disposizioni <strong>della</strong> riforma delle sanzioni tributarie amministrative,<br />
l’agenzia delle entrate, modificando il precedente indirizzo ministeriale se<strong>con</strong>do<br />
cui la sospensione del rimborso poteva essere disposta solo in base all’esistenza<br />
di debiti dello stesso <strong>con</strong>tribuente relativi all’Iva, <strong>con</strong> risoluzione n. 86 del<br />
12/6/2001 ha affermato che la sospensione ex art. 23, dlgs n. 472/97, scatta in<br />
presenza di debiti relativi a tutti i tributi erariali (esclusi quelli di competenza<br />
dell’agenzia delle dogane) e relative sanzioni.<br />
Va evidenziato, infine, che ai sensi dell’art. 6 <strong>della</strong> legge 27/7/2000, n. 212<br />
(statuto <strong>dei</strong> diritti del <strong>con</strong>tribuente), l’amministrazione finanziaria deve informare<br />
il <strong>con</strong>tribuente di ogni fatto o circostanza da cui possa derivare il mancato<br />
ri<strong>con</strong>oscimento di un credito. Qualora, poi, in seguito alla liquidazione <strong>dei</strong> tributi<br />
risultanti dalle dichiarazioni, rilevi la spettanza di un minor rimborso rispetto a<br />
quello richiesto, l’amministrazione deve invitare il <strong>con</strong>tribuente, a mezzo del<br />
servizio postale o <strong>con</strong> mezzi telematici, a fornire i chiarimenti entro un termine<br />
<strong>con</strong>gruo, comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione <strong>della</strong> richiesta.<br />
L’art. 2 de dl 3 ottobre 2006, n. 262, ha introdotto nel dpr 602/73 le seguenti<br />
disposizioni:<br />
- l’art. 48-bis, se<strong>con</strong>do cui le amministrazioni pubbliche e le società a prevalente<br />
partecipazione pubblica, prima di effettuare a qualunque titolo il pagamento di<br />
un importo superiore a 10.000 euro, verificano se il beneficiario è inadempiente<br />
all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di<br />
pagamento per ammontare complessivo pari almeno al suddetto importo e, in<br />
caso positivo, non procedono al pagamento, ma segnalano la circostanza<br />
all’agente <strong>della</strong> riscossione; le modalità di attuazione <strong>della</strong> norma sono state<br />
emanate <strong>con</strong> regolamento ministeriale del 18/1/2008, n. 40<br />
- l’art. 28-ter, se<strong>con</strong>do cui, in sede di erogazione del rimborso, l’agenzia delle<br />
entrate verifica se il beneficiario risulta iscritto a ruolo e, in caso positivo,<br />
segnala la circostanza all’agente <strong>della</strong> riscossione, mettendo a disposizione del<br />
medesimo le somme da rimborsare, affinché questi notifichi all’interessato una<br />
proposta di compensazione.<br />
Se l’ufficio ritiene insussistenti i presupposti per il rimborso, notifica al<br />
<strong>con</strong>tribuente un provvedimento di diniego, invitandolo a computare in detrazione<br />
il credito nella prima liquidazione utile ovvero nella dichiarazione annuale, previa<br />
annotazione nel registro degli acquisti.<br />
156
Società in fase<br />
di estinzione<br />
Società<br />
<strong>con</strong>trollanti e<br />
<strong>con</strong>trollate<br />
Questa prassi è stata codificata nel regolamento approvato <strong>con</strong> dpr n. 443 del<br />
10/11/97, le cui disposizioni sono state illustrate dal ministero delle finanze <strong>con</strong><br />
la circolare n. 134 del 28/5/98.<br />
Col predetto decreto è stato, inoltre, stabilito che il credito relativo al rimborso<br />
negato è improduttivo di interessi e che se il <strong>con</strong>tribuente impugna il<br />
provvedimento di diniego, i relativi effetti sono sospesi e il credito potrà essere<br />
portato in detrazione solo dopo la sentenza definitiva.<br />
I rimborsi nei <strong>con</strong>fronti di società cancellate dal registro delle imprese debbono<br />
essere disposti a favore del liquidatore, legittimato nella sua veste di ex<br />
rappresentante legale <strong>della</strong> società nella fase di estinzione. Il rimborso è<br />
eseguito a <strong>con</strong>dizione che il credito risulti dal bilancio finale di liquidazione<br />
depositato.<br />
Nel caso, frequente nelle società di persone, che la società sia cessata senza<br />
passare attraverso il procedimento legale di liquidazione, il rimborso potrà<br />
essere ugualmente eseguito a favore degli ex soci, purché questi provvedano a<br />
produrre all’ufficio una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà dalla quale<br />
risultino:<br />
o i soggetti designati quali destinatari del rimborso;<br />
o le quote di partecipazione al capitale sociale spettanti a ciascun socio;<br />
o la data di cessazione dell’attività.<br />
La disposizione è giustificata dall’esigenza di garantire la tutela <strong>dei</strong> diritti <strong>dei</strong> soci<br />
e la trasparenza <strong>dei</strong> fatti di gestione <strong>della</strong> società, nelle circostanze in cui tali<br />
esigenze non possono ricevere tutela attraverso gli ordinari strumenti di<br />
pubblicità degli atti societari.<br />
Il rimborso può essere pagato anche ad un terzo al quale gli ex soci abbiano<br />
<strong>con</strong>ferito delega.<br />
Per le società che si avvalgono <strong>della</strong> procedura di liquidazione dell’Iva cosiddetta<br />
“di gruppo” di cui al dm 13/12/79 (società <strong>con</strong>trollate e <strong>con</strong>trollanti), il soggetto<br />
legittimato a chiedere il rimborso dell’eccedenza di credito è la società<br />
<strong>con</strong>trollante. A tal fine, non deve essere utilizzato il modello VR, previsto per<br />
157
La garanzia<br />
tutti gli altri <strong>con</strong>tribuenti, ma il prospetto riepilogativo modello Iva 26 PR/2009,<br />
che la <strong>con</strong>trollante è tenuta a presentare in ogni caso (sia che richieda o meno<br />
un rimborso) all’agente <strong>della</strong> riscossione, in allegato al modello Iva 26 LP/2009.<br />
Ai fini <strong>della</strong> verifica <strong>della</strong> sussistenza <strong>dei</strong> presupposti richiesti dall'art. 30, terzo<br />
comma, occorre fare riferimento alla situazione di ciascuna delle società del<br />
gruppo, compresa la <strong>con</strong>trollante, che hanno evidenziato nelle rispettive<br />
dichiarazioni annuali un credito trasferito e non compensato.<br />
Attenzione<br />
Per effetto dell’art. 1, commi 63-64, <strong>della</strong> legge 24/12/2007, n. 224, la società<br />
che aderisce alla procedura di liquidazione non può trasferire al gruppo il proprio<br />
credito dell’anno precedente a quello di adesione; la medesima preclusione<br />
scatta nel caso di variazione <strong>della</strong> capogruppo. In tali casi, quindi, il credito resta<br />
definitivamente nella disponibilità esclusiva <strong>della</strong> società che ne è titolare, la<br />
quale potrà chiederlo a rimborso qualora sussistano i presupposti dell’art. 30.<br />
Per ottenere il rimborso è necessario, salvo che nei casi <strong>particolari</strong> descritti più<br />
avanti, prestare idonea garanzia: polizza fi<strong>dei</strong>ussoria o atto di fi<strong>dei</strong>ussione<br />
rilasciati da una compagnia assicuratrice, da un’azienda o un istituto di credito,<br />
oppure da un’impresa commerciale giudicata affidabile dall’amministrazione<br />
finanziaria; cauzione in titoli di stato o garantiti dallo stato, al valore di borsa, od<br />
anche in buoni postali fruttiferi.<br />
Per le piccole e medie imprese, le garanzie possono essere prestate anche dai<br />
<strong>con</strong>sorzi o cooperative di garanzia collettiva fidi di cui all’art. 29 <strong>della</strong> legge<br />
5/10/91, n. 317 (la <strong>disciplina</strong> dell’attività <strong>dei</strong> “<strong>con</strong>fidi” è ora <strong>con</strong>tenuta nell’art.<br />
13 del dl n. 269/2003, come modificato dalla legge n. 244/2007), sotto forma di<br />
depositi bancari in titoli vincolati, se<strong>con</strong>do le disposizioni del regolamento<br />
approvato <strong>con</strong> decreto delle finanze n. 366 del 22/9/1999.<br />
Per i gruppi societari <strong>con</strong> patrimonio risultante dal bilancio <strong>con</strong>solidato superiore<br />
a 258.228.449,50 euro (500 miliardi di vecchie lire) la garanzia può essere<br />
prestata mediante diretta assunzione, da parte <strong>della</strong> capogruppo o <strong>con</strong>trollante,<br />
dell’obbligazione verso l’amministrazione finanziaria; si vedano in proposito i<br />
chiarimenti e lo schema di obbligazione diffusi dal ministero <strong>con</strong> la circolare n.<br />
164 del 22/6/98.<br />
158
Con risoluzione n. 189 del 12/6/2002, l’agenzia delle entrate ha chiarito che la<br />
garanzia deve essere prestata necessariamente dalla società al vertice del<br />
gruppo (o dalla <strong>con</strong>trollante, nell’ipotesi in cui il gruppo sia costituito solo da due<br />
società: <strong>con</strong>trollante e <strong>con</strong>trollata), mentre non è ammessa la garanzia da parte<br />
di soggetti intermedi, quali le sub-holding.<br />
Con risoluzione n. 202 del 3/8/2007, l’agenzia delle entrate ha precisato che la<br />
società capogruppo non può garantire se stessa nella forma dell’assunzione<br />
diretta dell’obbligazione prevista per i gruppi societari <strong>con</strong> bilancio <strong>con</strong>solidato<br />
superiore a 500 miliardi di vecchie lire, ma dovrà prestare garanzia nei modi<br />
ordinari (a nulla rilevando la circostanza che si tratti di una società <strong>con</strong>trollata<br />
dal ministero dell’e<strong>con</strong>omia). L’agenzia ha osservato anzitutto che la norma non<br />
<strong>con</strong>templa un’ipotesi di esonero, ma una semplificazione delle modalità di<br />
garanzia in forza <strong>della</strong> quale la società capogruppo o <strong>con</strong>trollante può assumere,<br />
per <strong>con</strong>to <strong>della</strong> società del gruppo che ha presentato istanza di rimborso,<br />
l’obbligazione di integrale restituzione delle somme, divenendo “fi<strong>dei</strong>ussore”<br />
<strong>della</strong> <strong>con</strong>trollata. In tal caso, l’interesse erariale è garantito dal patrimonio <strong>della</strong><br />
<strong>con</strong>trollante oltre che da quello <strong>della</strong> <strong>con</strong>trollata. Tuttavia, il fatto che un<br />
determinato soggetto sia ammesso a garantire le eccedenze di credito chieste a<br />
rimborso da terzi non lo esime dal garantire le proprie richieste di rimborso.<br />
Inoltre, la società capogruppo, che può garantire i crediti trasferiti dalle altre<br />
società e compensati nella procedura di liquidazione Iva di gruppo, se coincide<br />
<strong>con</strong> la <strong>con</strong>trollante Iva è esonerata dal garantire i propri crediti compensati nella<br />
liquidazione Iva di gruppo; tale esonero, però non può essere ammesso a favore<br />
<strong>della</strong> società <strong>con</strong>trollante nell’ipotesi in cui le eccedenze di credito, anziché<br />
compensate, siano chieste a rimborso, stante la specialità <strong>della</strong> <strong>disciplina</strong> dell’Iva<br />
di gruppo dettata dal dm del 1979.<br />
Riguardo alle imprese assicuratrici abilitate a prestare fi<strong>dei</strong>ussione, il ministero,<br />
<strong>con</strong> la circolare n. 129 del 3/5/97, ha chiarito che per effetto del dlgs. 17/3/95,<br />
n. 175, <strong>con</strong> il quale sono state recepite le prescrizioni in materia di assicurazione<br />
danni dettate dalla direttiva Ce n. 92/49, tutte le compagnie autorizzate ad<br />
esercitare nel ramo cauzioni si intendono autorizzate a prestare la garanzia per il<br />
rimborso dell’Iva, se figurano nell’elenco redatto dall’Isvap oppure, per le<br />
imprese e le rappresentanze di imprese aventi sede nell’Ue, nell’elenco<br />
pubblicato nella G.U. del 27/6/96.<br />
Per quanto riguarda, invece, le imprese commerciali, che sono ammesse a<br />
prestare garanzia se giudicate affidabili dall’amministrazione finanziaria, <strong>con</strong><br />
159
Soggetti<br />
comunitari<br />
Ambito <strong>della</strong><br />
garanzia<br />
circolare n. 66 del 5/4/2000 il ministero delle finanze ha fornito i seguenti<br />
chiarimenti, alla luce delle disposizioni del dlgs n. 385/93, recante la <strong>disciplina</strong><br />
delle imprese operanti nel settore finanziario:<br />
gli intermediari finanziari di cui all’articolo 107 del citato dlgs, iscritti oltre<br />
che nell’elenco generale previsto dall’articolo 106, anche nell’elenco<br />
speciale tenuto dalla Banca d’Italia, sono soggetti a vigilanza da parte di<br />
questa; pertanto tali intermediari possono essere giudicati solvibili in<br />
quanto il <strong>con</strong>trollo esercitato dalla banca centrale assicura una corretta<br />
valutazione in merito all’adempimento delle obbligazioni assunte;<br />
gli intermediari finanziari iscritti solo nell’elenco di cui all’articolo 106,<br />
qualora intendano prestare fi<strong>dei</strong>ussione a garanzia <strong>dei</strong> rimborsi Iva,<br />
dovranno produrre apposita istanza all’ufficio competente per ogni singola<br />
garanzia da rilasciare; in caso di esito positivo dell’istruttoria dell’ufficio,<br />
l’intermediario sarà autorizzato al rilascio <strong>della</strong> garanzia dietro<br />
prestazione, per ognuna di esse, di cauzione in titoli di stato per importo<br />
pari al 50% <strong>della</strong> fi<strong>dei</strong>ussione, vincolata a favore dell’ufficio competente.<br />
Con la stessa circolare 66/2000 è stato inoltre precisato che per le imprese<br />
comunitarie <strong>con</strong> sede stabile o rappresentante in Italia, operanti nel settore<br />
dell’intermediazione finanziaria, la garanzia di solvibilità può essere costituita<br />
dalla certificazione prodotta dalla casa madre ed attestante la rispondenza ai<br />
<strong>con</strong>trolli degli organi di vigilanza del settore creditizio <strong>dei</strong> rispettivi paesi. Per le<br />
imprese di assicurazione, invece, l’autorizzazione al rilascio di fi<strong>dei</strong>ussioni è<br />
subordinata al rispetto delle disposizioni <strong>con</strong>tenute nel dlgs n. 175/95, che<br />
recepisce la direttiva Ce n. 92/49 in materia di assicurazione diretta diversa da<br />
quella sulla vita; tali imprese dovranno essere in regola <strong>con</strong> le norme che<br />
<strong>disciplina</strong>no la vigilanza ed i <strong>con</strong>trolli nel settore da parte dell’Isvap. Quanto alle<br />
banche, infine, esse sono abilitate a prestare fi<strong>dei</strong>ussioni in Italia in base alle<br />
disposizioni di libera prestazione di servizi di cui al dlgs n. 385/93, essendo<br />
sottoposte a vigilanza da parte delle autorità <strong>dei</strong> paesi di origine.<br />
Con la legge n. 449/97 è stato stabilito che la garanzia deve avere validità fino<br />
alla scadenza <strong>dei</strong> termini per l'accertamento e deve coprire non solo il credito<br />
d’imposta cui si riferisce, bensì, sempre nei limiti <strong>della</strong> somma richiesta a<br />
rimborso, tutti i crediti a qualsiasi titolo vantati dall’amministrazione finanziaria<br />
riguardo all’Iva (per esempio, imposta interessi, sanzioni, spese di notifica)<br />
originati da provvedimenti emessi dagli uffici delle entrate sia per la stessa<br />
160
annualità del rimborso che per le annualità precedenti, purché notificati nel<br />
periodo di validità <strong>della</strong> garanzia stessa.<br />
Con la circolare n. 146/98 è stato però precisato che l’amministrazione non può<br />
escutere la garanzia relativamente ai crediti scaturiti a seguito di accessi,<br />
ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali il<br />
<strong>con</strong>tribuente abbia avuto formale <strong>con</strong>oscenza prima dell’inizio <strong>della</strong> validità <strong>della</strong><br />
garanzia stessa.<br />
L’art. 9 del dl n. 269/2003 ha modificato l’art. 38-bis prevedendo che la durata<br />
<strong>della</strong> garanzia non può comunque superare tre anni dalla data del rimborso; in<br />
sostanza, il periodo di validità <strong>della</strong> garanzia viene a scadere nel minor termine<br />
tra quello di decadenza per l’accertamento e il decorso di tre anni dall’esecuzione<br />
del rimborso: se, ad esempio, il credito relativo all’anno 2008 verrà rimborsato il<br />
15/6/2009, la garanzia dovrà avere validità fino al 15/6/2012, termine più breve<br />
rispetto a quello di decadenza del periodo d’imposta (31/12/2013); se, invece,<br />
verrà rimborsato il 28/11/2009 un credito relativo al 2006, la garanzia deve<br />
essere valida fino al 31/12/2011, essendo in tal caso il termine di decadenza<br />
dell’accertamento più breve rispetto a quello triennale (28/11/2012).<br />
Poiché il rimborso viene eseguito direttamente dall’agente <strong>della</strong> riscossione entro<br />
il limite di 516.456,90 euro (elevato a 1 milione di euro per i subappaltatori edili<br />
che si trovano in determinate <strong>con</strong>dizioni, su cui appresso) e su disposizione<br />
dall’ufficio per l’eventuale eccedenza, il <strong>con</strong>tribuente che chiede la restituzione di<br />
un credito superiore a detto limite può presentare separatamente le garanzie, in<br />
tempi diversi, dopo averne ricevuto distintamente richiesta da ciascuno <strong>dei</strong> due<br />
enti erogatori, oppure un’unica garanzia, per l’intero ammontare del rimborso,<br />
all’agente <strong>della</strong> riscossione.<br />
La garanzia deve essere comunque rilasciata a favore dell’ufficio delle entrate<br />
competente.<br />
A seguito delle novità introdotte dal citato dl n. 269/2003, <strong>con</strong> provvedimento<br />
dell’agenzia delle entrate del 10/6/2004 (pubblicato nella G.U. del 15/6/2004) è<br />
stato approvato un nuovo schema unico di fi<strong>dei</strong>ussione, da utilizzare sia da parte<br />
delle compagnie assicuratrici che dalle banche. In questo <strong>con</strong>testo, è stato<br />
previsto un meccanismo di accertamento dell’autenticità <strong>della</strong> garanzia<br />
<strong>con</strong>sistente in uno scambio di corrispondenza tra l’ufficio e il fi<strong>dei</strong>ussore. In<br />
161
Quando non<br />
occorre la<br />
garanzia<br />
Crediti fino a €<br />
5.164,57<br />
Imprese virtuose<br />
<strong>con</strong>seguenza di ciò, si è ritenuto che sia venuta meno la necessità di autenticare<br />
la firma del soggetto che ha rilasciato la garanzia.<br />
Con i decreti legislativi n. 56 e n. 422 del 1998 sono state emanate disposizioni<br />
dirette a semplificare e a rendere meno oneroso l’accesso al rimborso,<br />
attenuando gli obblighi di garanzia.<br />
In particolare, sono stati previsti alcuni casi specifici in cui non occorre prestare<br />
la garanzia (la relativa <strong>disciplina</strong> è inserita nell’articolo 38-bis del dpr n. 633/72),<br />
che vanno ad aggiungersi alla previsione generale <strong>con</strong>tenuta nell’art. 21 del dm<br />
n. 567/93, se<strong>con</strong>do cui non occorre prestare garanzia al <strong>con</strong>cessionario per<br />
l’erogazione di rimborsi fino all’ammontare del 10% <strong>dei</strong> versamenti eseguiti nei<br />
due anni precedenti la data <strong>della</strong> richiesta e registrati nel <strong>con</strong>to fiscale, esclusi<br />
quelli <strong>con</strong>seguenti ad iscrizione a ruolo e al netto <strong>dei</strong> rimborsi già erogati (ai fini<br />
<strong>della</strong> verifica del limite, si cumulano i rimborsi erogati nei due anni precedenti la<br />
data <strong>della</strong> richiesta).<br />
Si riportano, di seguito, i casi specifici di esonero dall’obbligo di garanzia.<br />
Sono esonerati dall’obbligo di prestare garanzia i <strong>con</strong>tribuenti che richiedono un<br />
rimborso d’imposta non superiore a € 5.164,57.<br />
Tale limite va riferito all’intero periodo d’imposta e non ad ogni singola richiesta,<br />
per cui nell’ipotesi (poco probabile) di più richieste (esempio, rimborso annuale e<br />
infrannuale) di importo complessivo superiore al predetto limite, scatta l’obbligo<br />
di prestare la garanzia.<br />
Con risoluzione n. 165 del 3/11/2000 il ministero ha chiarito che i <strong>con</strong>tribuenti<br />
<strong>con</strong> crediti superiori a € 5.164,57 possono chiedere il rimborso fino a tale<br />
importo senza obbligo di garanzia ed utilizzare il residuo credito in<br />
compensazione “orizzontale” (cioè in pagamento di altri tributi, premi o<br />
<strong>con</strong>tributi). In questo modo è stato implicitamente chiarito, inoltre, che il tetto<br />
<strong>dei</strong> € 5.164,57 per il rimborso senza garanzia non è intaccato dalle<br />
compensazioni <strong>con</strong> il modello F24. Un chiarimento più esplicito in tal senso si<br />
rinviene nella successiva risoluzione n. 38 del 29/3/2001.<br />
Altra ipotesi di esonero dal prestare garanzia (non valido, però, per tutti i<br />
presupposti di accesso al rimborso, ma soltanto per alcuni, come si preciserà più<br />
avanti) riguarda le imprese finanziariamente in buona salute ed in regola <strong>con</strong><br />
fisco e previdenza. In particolare sono richieste le seguenti <strong>con</strong>dizioni:<br />
162
Fondi immobiliari<br />
chiusi<br />
a) attività esercitata da almeno cinque anni;<br />
b) assenza di accertamenti da cui risulti una differenza tra gli importi<br />
accertati e quelli dell’imposta dovuta (o a credito) dichiarata superiore a<br />
determinate soglie;<br />
c) presentazione di dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà attestante<br />
che non vi sono state riduzioni del patrimonio né alienazioni di azioni o<br />
quote proprie oltre una certa percentuale e che sono stati eseguiti i<br />
versamenti <strong>dei</strong> <strong>con</strong>tributi previdenziali e assicurativi.<br />
Sussistendo tali <strong>con</strong>dizioni, l’impresa otterrà senza prestazione di garanzia il<br />
rimborso, fino a <strong>con</strong>correnza di un importo pari alla metà dell’ammontare<br />
complessivo <strong>dei</strong> versamenti tributari e <strong>con</strong>tributivi affluiti nel <strong>con</strong>to fiscale nel<br />
biennio precedente. A tal fine, l’impresa dovrà allegare alla richiesta di rimborso<br />
presentata all’agente <strong>della</strong> riscossione l’autocertificazione redatta se<strong>con</strong>do lo<br />
schema allegato alla circolare ministeriale n. 54 del 4/3/99.<br />
Attenzione: la previsione di esonero in esame riguarda solo i rimborsi richiesti in<br />
base ai presupposti indicati alle lettere a), b) e d) del terzo comma dell’art. 30<br />
(aliquota media, operazioni non imponibili, operazioni non territoriali).<br />
Le società di gestione <strong>dei</strong> fondi comuni di investimento immobiliare chiusi di cui<br />
alla legge n. 86/94, in base alle disposizioni <strong>con</strong>tenute già nel dl n. 406/95,<br />
<strong>con</strong>vertito dalla legge n. 503/95, ora sostituite dall’articolo 8 del dl n. 351/2001,<br />
precedentemente citato, debbono ottenere il rimborso entro sei mesi e sono<br />
esonerate dall’obbligo di prestare garanzia.<br />
Al riguardo <strong>con</strong> una nota del 6/3/2000, diretta all’ufficio Iva di Milano, la<br />
direzione centrale <strong>della</strong> riscossione del ministero delle finanze ha ritenuto che<br />
l’esonero da garanzia, previsto dall’articolo 15 <strong>della</strong> citata legge n. 86/94, sia<br />
operante anche in assenza <strong>dei</strong> provvedimenti di normazione se<strong>con</strong>daria che<br />
avrebbero dovuto essere emanati, in quanto la disposizione, relativamente<br />
all’esonero, non necessita di norme attuative. In materia, si veda anche la<br />
circolare dell’agenzia delle entrate n. 47 dell’8/8/2003.<br />
Il predetto articolo 8 prevede inoltre che le società in questione, in alternativa al<br />
rimborso, possono utilizzare il credito in compensazione, senza che valga il limite<br />
163
Imprese fallite o<br />
in liquidazione<br />
coatta<br />
amministrativa<br />
Amministrazioni<br />
dello stato<br />
Cessione del<br />
credito<br />
annuo di 516.456,90 euro, oppure cederlo a terzi <strong>con</strong> l’osservanza delle<br />
disposizioni degli articoli 43-bis e 43-ter del dpr n. 602/73.<br />
L’articolo 31, comma 1, lettera c), <strong>della</strong> legge n. 388/2000 ha introdotto un<br />
nuovo comma nell’articolo 74-bis del dpr n. 633/72, <strong>con</strong>cernente gli<br />
adempimenti <strong>dei</strong> curatori fallimentari e <strong>dei</strong> commissari liquidatori, nel quale si<br />
stabilisce che i rimborsi annuali Iva nei <strong>con</strong>fronti delle procedure <strong>con</strong>corsuali,<br />
fino all’importo di 258.228,45 euro, sono effettuati senza prestazione di<br />
garanzia. La disposizione vale non solo per i rimborsi chiesti da curatori e<br />
commissari liquidatori, ma anche per quelli chiesti dal <strong>con</strong>tribuente prima <strong>della</strong><br />
data di apertura <strong>della</strong> procedura <strong>con</strong>corsuale ed erogati successivamente a<br />
favore <strong>della</strong> procedura.<br />
In proposito, al punto 16.11 <strong>della</strong> circolare n. 54 del 19/6/2002 l'agenzia delle<br />
entrate ha chiarito che il limite d'importo di cui sopra va riferito a tutti i rimborsi<br />
Iva erogati nel corso <strong>della</strong> procedura <strong>con</strong>corsuale e non a ciascun periodo<br />
d’imposta.<br />
Se<strong>con</strong>do l’agenzia delle entrate, non è dovuta alcuna garanzia se il rimborso è<br />
richiesto da un’amministrazione dello stato. La precisazione è stata resa <strong>con</strong><br />
risoluzione n. 198 dell’1/8/2007, sulla base delle disposizioni <strong>con</strong>tenute nell’art.<br />
19 <strong>della</strong> legge n. 1161/71, se<strong>con</strong>do cui l’amministrazione finanziaria può<br />
<strong>con</strong>cedere alle amministrazioni dello stato l’esonero dall’obbligo di prestare le<br />
cauzioni a garanzia dell’imposta di fabbricazione, dell’imposta erariale di<br />
<strong>con</strong>sumo e <strong>dei</strong> diritti erariali in genere, nonché nell’art. 90 del dpr n. 43/73, che<br />
prevede beneficio analogo ai fini <strong>della</strong> corresponsione <strong>dei</strong> diritti doganali. La<br />
portata generale delle disposizioni sopra richiamate, ad avviso dell’agenzia, ne<br />
<strong>con</strong>sente l’estensione anche al procedimento del rimborso dell’Iva come peraltro<br />
già precisato nella risoluzione n. 141 del 5/6/1995. L’esonero, inoltre, non può<br />
essere limitato alle annualità <strong>con</strong>siderate nella predetta risoluzione, ma va<br />
sempre ri<strong>con</strong>osciuto, senza necessità di ulteriori interventi dell’agenzia, ogni<br />
qualvolta il rimborso sia eseguito nei <strong>con</strong>fronti delle amministrazioni dello stato.<br />
La possibilità di cedere a terzi il credito Iva chiesto a rimborso in sede di<br />
dichiarazione annuale, già ri<strong>con</strong>osciuta dall'amministrazione finanziaria in base<br />
alle disposizioni civilistiche, ha trovato esplicita <strong>con</strong>ferma <strong>con</strong> la legge n. 154 del<br />
13/5/88, di <strong>con</strong>versione del dl 14/3/88 n. 70.<br />
164
Cessione parziale<br />
L'articolo 5, comma 4-ter <strong>della</strong> legge ha infatti stabilito che l’ufficio può<br />
richiedere le somme indebitamente rimborsate anche all’eventuale cessionario al<br />
quale il <strong>con</strong>tribuente abbia ceduto il proprio credito, fermo restando che le azioni<br />
di rettifica <strong>della</strong> dichiarazione e quelle sanzionatorie saranno rivolte<br />
esclusivamente nei <strong>con</strong>fronti del <strong>con</strong>tribuente. Anche il cessionario potrà evitare<br />
di pagare quanto richiesto dall’ufficio attraverso la prestazione di garanzia valida<br />
fino a quanto l’accertamento non sia divenuto definitivo (non vale, in tal caso, il<br />
minor termine triennale introdotto dal dl n. 269/2003).<br />
In ordine alle modalità da osservare, il ministero delle finanze ha precisato che<br />
la cessione del credito, da notificare formalmente all’ufficio delle entrate e<br />
all’agente <strong>della</strong> riscossione, deve risultare da atto pubblico oppure da scrittura<br />
privata autenticata da un notaio e che copia autentica dell’atto deve essere<br />
inviata all’ufficio stesso.<br />
Con la circolare ministeriale n. 192 dell’8/7/97, l’amministrazione ha adottato<br />
alcune misure per <strong>con</strong>trastare le fittizie cessioni di credito poste in essere<br />
mediante l’utilizzazione di documenti falsi. Allo scopo di evitare il ripetersi di<br />
frodi, è stato raccomandato agli uffici, ogni qual volta venga loro notificata una<br />
cessione di credito, di provvedere, nel caso in cui abbiano perplessità in ordine<br />
all’autenticità <strong>dei</strong> documenti prodotti, ad informare il creditore cedente <strong>con</strong><br />
lettera raccomandata prima di disporre il pagamento, dando carico al cedente<br />
stesso di dare ris<strong>con</strong>tro alla comunicazione dell’ufficio entro trenta giorni dal<br />
ricevimento.<br />
Con risoluzione n. 279 del 12/8/2002, l’agenzia delle entrate ha chiarito che non<br />
ha effetto nei <strong>con</strong>fronti dell’amministrazione finanziaria la cessione di un credito<br />
futuro, vale a dire non ancora emergente da una dichiarazione annuale<br />
presentata; un simile atto di cessione, pertanto, ha rilevanza esclusivamente nei<br />
<strong>rapporti</strong> tra le parti.<br />
Con risoluzione n. 103 del 6 settembre 2006, l’agenzia delle entrate ha<br />
ammesso la cessione parziale del credito Iva chiesto a rimborso <strong>con</strong> la<br />
dichiarazione annuale. In particolare, se<strong>con</strong>do l’agenzia il <strong>con</strong>tribuente può<br />
limitarsi a cedere la quota che eccede l’importo rimborsabile direttamente<br />
dall’agente <strong>della</strong> riscossione. Considerato che i rimborsi di ammontare<br />
complessivo superiore a 516.456,90 euro, sebbene derivanti dalla stessa<br />
dichiarazione, sono erogati da due soggetti diversi, l’agenzia ha ritenuto che in<br />
tale circostanza possa essere separatamente ceduta a terzi l’eccedenza di credito<br />
165
Società di<br />
gestione e<br />
società che<br />
aderis<strong>con</strong>o al<br />
“<strong>con</strong>solidato”<br />
Recupero delle<br />
somme<br />
indebitamente<br />
rimborsate<br />
Prescrizione del<br />
diritto al<br />
rimborso<br />
che deve rimborsare l’ufficio dopo il rimborso <strong>della</strong> quota di competenza del<br />
<strong>con</strong>cessionario. La quota di credito rimborsabile dall’ufficio non può essere, a sua<br />
volta, ulteriormente frazionata tra più cessionari, potendosi ammettere solo la<br />
sua cessione unitaria, anche per rispettare l’art. 5, comma 4-ter, del dl 70/88,<br />
se<strong>con</strong>do cui, in caso di cessione del credito risultante dalla dichiarazione<br />
annuale, deve intendersi che l’ufficio possa ripetere anche dal cessionario le<br />
somme rimborsate, salvo che questi non presti garanzia fino alla definitività<br />
dell’accertamento.<br />
Si rammenta che <strong>particolari</strong> disposizioni sono dettate, in ordine alla cessione del<br />
credito Iva, per le società di gestione del risparmio (art. 8 del dl n. 351/2001),<br />
per le quali è previsto, nella dichiarazione annuale Iva, l’apposito quadro VD, e<br />
per quelle che hanno optato per il <strong>con</strong>solidato fiscale di cui all’art. 117 del Tuir<br />
(cfr. l’art. 7, comma 1, lett. b, del decreto 9/6/2004 e la circolare n. 53 del<br />
20/12/2004).<br />
Se successivamente all’esecuzione del rimborso l’ufficio notifica un avviso di<br />
rettifica, di accertamento o un qualsiasi altro provvedimento in base al quale<br />
accerta, per lo stesso anno, una maggiore imposta (e dunque l’indebita<br />
percezione del rimborso), il <strong>con</strong>tribuente è tenuto a restituire l’importo<br />
indebitamente rimborsato (imposta ed eventuali interessi <strong>con</strong>testualmente<br />
rimborsati), oltre agli interessi relativi.<br />
In tale ipotesi il <strong>con</strong>tribuente, anche nel caso in cui presenti ricorso <strong>con</strong>tro il<br />
provvedimento, dovrà pagare interamente quanto richiesto dall’ufficio, in termini<br />
di imposta ed interessi, entro sessanta giorni dal ricevimento del provvedimento<br />
di accertamento; in alternativa, potrà prestare garanzia, nelle forme già indicate,<br />
avente validità sino alla definizione del <strong>con</strong>testo.<br />
L'ufficio richiederà il pagamento delle somme indebitamente rimborsate e <strong>dei</strong><br />
relativi interessi anche al fi<strong>dei</strong>ussore, che sarà tenuto a corrispondere quanto<br />
richiestogli senza eccezione alcuna. La garanzia prestata, infatti, non può essere<br />
sottoposta ad alcun onere o <strong>con</strong>dizione, compreso quello di preventiva<br />
escussione del <strong>con</strong>tribuente.<br />
Il diritto al rimborso del credito d’imposta richiesto <strong>con</strong> la dichiarazione annuale<br />
si prescrive nel termine ordinario di dieci anni, che decorre dopo il terzo mese<br />
dalla scadenza del termine stabilito per la presentazione <strong>della</strong> dichiarazione<br />
166
Istruttoria <strong>della</strong><br />
pratica<br />
stessa. Al medesimo termine soggiace la prescrizione del diritto agli interessi<br />
relativi.<br />
Con l’art. 2, comma 58 <strong>della</strong> legge 24/12/2003, n. 350, è stato stabilito che<br />
l’agenzia delle entrate provvede all’erogazione <strong>dei</strong> rimborsi dovuti in base alle<br />
dichiarazioni <strong>dei</strong> redditi presentate fino al 30 giugno 1997 senza far valere<br />
l’eventuale prescrizione del diritto <strong>dei</strong> <strong>con</strong>tribuenti; tuttavia, questa particolare<br />
disposizione vale per il rimborso delle eccedenze di Irpef e di Irpeg, non anche<br />
per l’Iva.<br />
L’istruttoria è articolata in due fasi, una antecedente ed una successiva<br />
all’erogazione del rimborso.<br />
La prima, effettuata dall’agente <strong>della</strong> riscossione, si estrinseca nell’acquisizione<br />
<strong>dei</strong> documenti necessari alla liquidazione e nell’esecuzione di un <strong>con</strong>trollo di<br />
natura formale sui documenti stessi; la se<strong>con</strong>da, effettuata dall’ufficio, è diretta<br />
a verificare in modo sommario la legittimità del rimborso (esistenza <strong>dei</strong><br />
presupposti di legge) nonché, se del caso, l’esistenza e l’operatività del<br />
<strong>con</strong>tribuente.<br />
Gli adempimenti dell’istruttoria formale sono stati ridefiniti dal ministero <strong>con</strong> la<br />
circolare n. 84 del 12/3/98. I documenti da acquisire in tale ambito,<br />
preventivamente all’erogazione del rimborso, per la maggior parte <strong>dei</strong><br />
<strong>con</strong>tribuenti si limitano oramai alla garanzia.<br />
Per quanto riguarda la verifica di merito, che si svolge di regola successivamente<br />
all’erogazione del rimborso, i documenti che gli uffici devono chiedere ai<br />
<strong>con</strong>tribuenti sono indicati nella circolare n. 143/E dell’11/8/94 (si ricorda che<br />
l'art. 7-bis del D.L. n. 547/94, <strong>con</strong>vertito nella L. n. 644/94, <strong>con</strong>sente agli uffici<br />
di effettuare una sola richiesta supplementare di documentazione per la stessa<br />
pratica di rimborso).<br />
Occorre <strong>con</strong>siderare, inoltre, che in base all’art. 6, comma 4, <strong>della</strong> legge<br />
27/7/2000, n. 212 (statuto <strong>dei</strong> diritti del <strong>con</strong>tribuente), non possono essere<br />
richiesti al <strong>con</strong>tribuente documenti o informazioni già in possesso<br />
dell’amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal<br />
<strong>con</strong>tribuente.<br />
167
Allegato 1/b, circolare 143<br />
Documenti da acquisire<br />
Con riferimento ai presupposti che sono alla base delle richieste di rimborso<br />
annuali e infrannuali, i documenti da acquisire, se non già in possesso<br />
dell'amministrazione finanziaria, in corrispondenza delle diverse fattispecie<br />
previste dall’art. 30 comma 3 del DPR 633/72, sono i seguenti:<br />
Lettera A): Prospetto dimostrativo degli acquisti e delle importazioni <strong>con</strong> allegate<br />
almeno tre fotocopie delle fatture relative alle spese accessorie.<br />
Fotocopia del Conto Profitti e Perdite.<br />
Fotocopia di n. 3 fatture tipo ricevute ed emesse relative ad ogni aliquota, <strong>con</strong><br />
relativa documentazione che giustifichi l'eventuale aliquota agevolata.<br />
Lettera B): Elenco <strong>dei</strong> soggetti <strong>con</strong> i quali sono state poste in essere operazioni<br />
di esportazione od operazioni ad esse assimilate. A titolo di approfondimento<br />
potranno essere richieste un numero limitato di fatture e bollette doganali di<br />
esportazione emesse nei <strong>con</strong>fronti <strong>dei</strong> soggetti compresi nell'elenco stesso.<br />
Lettera C): Registro <strong>dei</strong> beni ammortizzabili.<br />
Copia delle fatture d’acquisto di beni ammortizzabili; copia <strong>dei</strong> bilanci, nel caso<br />
di società, in cui le operazioni sono state riportate.<br />
Lettera D): Documenti emessi per le operazioni effettuate (limitatamente a quelli<br />
<strong>con</strong>siderati particolarmente significativi).<br />
Lettera E): Copia delle fatture d'acquisto (limitatamente a quelle <strong>con</strong>siderate<br />
particolarmente significative).<br />
Nell'ipotesi di rimborsi a società <strong>con</strong>trollanti, tale documentazione deve essere<br />
acquisita <strong>con</strong> riferimento alle singole società cui si riferisce il rimborso richiesto<br />
dalla <strong>con</strong>trollante.<br />
Nel caso di cessazione dell'attività i documenti da acquisire sono:<br />
- copia delle fatture di auto<strong>con</strong>sumo emesse per merci giacenti e per beni<br />
strumentali;<br />
- bilancio di liquidazione finale per le società regolarmente cessate oppure<br />
dichiarazione sostitutiva di atto notorio di cui al paragrafo 2.11 (1) per le società<br />
non regolarmente cessate;<br />
- copia autentica dell’eventuale atto di cessione d’azienda e di scioglimento di<br />
società.<br />
(1) n.d.a: si veda il paragrafo "Società in fase di estinzione"<br />
168
Controlli ausiliari<br />
Rimborsi Iva e<br />
<strong>con</strong>to fiscale<br />
A partire dal 1° agosto 2002, in materia di <strong>con</strong>trolli <strong>dei</strong> rimborsi Iva derivanti<br />
dalle dichiarazioni annuali, all’attività svolta dagli uffici locali delle entrate si<br />
affianca quella del Centro operativo di Pescara. Questa struttura effettua<br />
<strong>con</strong>trolli sulla base delle informazioni dell’anagrafe tributaria, soprattutto in<br />
materia di validità delle garanzie fi<strong>dei</strong>ussorie, nonché in relazione alle posizioni<br />
creditorie di notevole <strong>con</strong>sistenza derivanti da operazioni straordinarie ovvero<br />
interessate da altri elementi di criticità.<br />
Il Centro si occupa inoltre di <strong>con</strong>trollare il rispetto del limite per le compensazioni<br />
e i rimborsi in <strong>con</strong>to fiscale, attualmente fissato in 516.456,99 euro per ciascun<br />
anno solare (elevato a 1 mln di euro per i subappaltatori in edilizia).<br />
Sull’argomento l’agenzia delle entrate ha emanato la circolare n. 61 del<br />
31/7/2002.<br />
Nel 1998 sono state armonizzate le regole procedurali, in precedenza<br />
diversificate a se<strong>con</strong>da che il rimborso venisse richiesto al gestore del <strong>con</strong>to<br />
fiscale istituito <strong>con</strong> la legge n. 413/91, oppure all’ufficio.<br />
L’evoluzione normativa in materia di riscossione e rimborsi ha determinato il<br />
superamento del sistema del <strong>con</strong>to fiscale così come era stato <strong>con</strong>cepito<br />
inizialmente.<br />
L’articolo 18 <strong>della</strong> legge 448/98 ha stabilito che i fondi occorrenti per<br />
l’erogazione <strong>dei</strong> rimborsi <strong>con</strong>templati dal regolamento attuativo del <strong>con</strong>to fiscale<br />
(dm n. 567/93) sono prelevati dalla <strong>con</strong>tabilità speciale “fondi di bilancio” e<br />
messi a disposizione <strong>dei</strong> <strong>con</strong>cessionari (ora agenti) <strong>della</strong> riscossione, su apposite<br />
<strong>con</strong>tabilità speciali aperte presso le competenti sezioni di tesoreria provinciale<br />
dello stato, se<strong>con</strong>do modalità stabilite <strong>con</strong> decreto del direttore generale del<br />
dipartimento delle entrate. Tale provvedimento è stato emanato l’1/2/99 e<br />
successivamente integrato <strong>con</strong> decreto del 28/5/99.<br />
169
L’attestazione del<br />
credito<br />
La limitazione delle risorse destinate all’esecuzione <strong>dei</strong> rimborsi, imposta dalle<br />
esigenze del bilancio pubblico, non permette all’agenzia delle entrate e agli<br />
agenti <strong>della</strong> riscossione di soddisfare tempestivamente tutte le richieste.<br />
Al fine di attenuare i <strong>con</strong>seguenti disagi per i <strong>con</strong>tribuenti, l’agenzia ha stipulato<br />
un accordo <strong>con</strong> le associazioni delle banche e degli industriali per l’erogazione,<br />
da parte delle aziende di credito, di anticipazioni <strong>dei</strong> crediti d’imposta, a valere<br />
su appositi fondi di stanziamento che non intaccano il tetto del fido bancario<br />
<strong>con</strong>cesso all’impresa.<br />
L’elenco delle <strong>con</strong>venzioni è disponibile sul sito internet dell’agenzia.<br />
Le anticipazioni di credito vengono erogate sulla scorta di un attestato rilasciato<br />
dall’agenzia delle entrate ai sensi dell’art. 10 del dl n. 269/2003. La richiesta<br />
dell’attestato va indirizzata all’agenzia delle entrate, direzione centrale<br />
amministrazione, Via M. Carucci 85, Roma.<br />
Il predetto articolo 10 ha infatti stabilito che i <strong>con</strong>tribuenti intestatari di <strong>con</strong>to<br />
fiscale possono chiedere che l’agenzia delle entrate attesti la certezza e la<br />
liquidità <strong>dei</strong> crediti tributari, nonché la data indicativa di erogazione del<br />
rimborso.<br />
L’attestazione è redatta se<strong>con</strong>do lo schema allegato alla circolare dell’agenzia n.<br />
9 del 3/3/2004, da cui si evince, in particolare, che deve trattarsi di crediti che<br />
abbiano già formato di un provvedimento di pagamento (sono rimborsati <strong>con</strong><br />
disposizione di pagamento, ad esempio, i crediti Iva infrannuali, nonché quelli<br />
annuali per l’ammontare non richiesto o non rimborsabile dal <strong>con</strong>cessionario);<br />
possono <strong>con</strong>siderarsi, inoltre, certi e liquidi i rimborsi che devono essere erogati<br />
dall’agente <strong>della</strong> riscossione decorsi quaranta giorni dalla data <strong>della</strong> loro richiesta<br />
senza che sia intervenuto provvedimento di sospensione.<br />
L’attestazione non può essere utilizzata ai fini dell’esecuzione e nel procedimento<br />
di ingiunzione.<br />
Come precisato nella circolare citata, il credito può <strong>con</strong>siderarsi certo quando ne<br />
siano stati determinati il titolare e l’oggetto, mentre è liquido quando il suo<br />
ammontare sia determinato o determinabile; tali requisiti, pertanto, sussistono<br />
quando l’amministrazione abbia esattamente individuato la persona del creditore<br />
e ne abbia determinato il preciso ammontare, ciò che normalmente avviene al<br />
termine delle procedure di liquidazione.<br />
170
La gestione del<br />
“plafond” di<br />
516.456,90 euro<br />
Si è detto più volte che il limite rimborsabile da parte dell’agente <strong>della</strong><br />
riscossione è fissato, dal 2001, in 516.456,90 euro per ciascun anno solare (art.<br />
34 <strong>della</strong> legge n. 388/2000).<br />
L’art. 35, comma 6-ter, del dl n. 223/2006, ha stabilito che il limite (sia per il<br />
rimborso sia per la compensazione orizzontale) è elevato a 1 milione di euro per<br />
gli operatori del settore edile che nell’anno precedente hanno realizzato un<br />
volume d’affari costituito per almeno l’80% da prestazioni in subappalto,<br />
sottoposte al meccanismo del “reverse charge”.<br />
Il limite è unico sia per i rimborsi del <strong>con</strong>cessionario sia per le compensazioni<br />
“orizzontali” mediante modello F24: ad esempio, il <strong>con</strong>tribuente che nel 2009<br />
ottiene dall’agente <strong>della</strong> riscossione il rimborso del credito Iva dell’anno 2008 di<br />
300.000 euro, nel corso del 2009 potrà ottenere ulteriori rimborsi dall’agente<br />
oppure effettuare compensazioni “orizzontali” per ammontare non superiore al<br />
residuo plafond di 216.456,90 euro.<br />
Di <strong>con</strong>seguenza, in alcuni casi potrebbe risultare <strong>con</strong>veniente, in relazione alle<br />
esigenze aziendali, una gestione mirata del predetto plafond. Si faccia l’esempio<br />
di un <strong>con</strong>tribuente ha chiesto il rimborso del credito Iva relativo al 2008 di<br />
700.000 euro; una volta ottenuti dall’agente 516.456,90 euro, avrebbe esaurito<br />
il tetto delle compensazioni; inoltre dovrebbe comunque aspettare l’erogazione<br />
del rimborso del residuo credito Iva dall’ufficio. Volendo evitare questi effetti<br />
(sfavorevoli soprattutto se si <strong>con</strong>sidera che le compensazioni possono effettuarsi<br />
già da gennaio 2009), il <strong>con</strong>tribuente potrà chiedere all’agente di erogare solo<br />
una parte <strong>della</strong> somma, per esempio 400.000 euro, al fine di riservarsi il diritto<br />
di utilizzare in compensazione ancora 116.456,90 euro di crediti (non solo Iva,<br />
ma anche Irpef, ecc.); in tal caso, quindi, l’ufficio rimborserà l’ulteriore credito di<br />
300.000 euro. A questo scopo, occorre indicare nel campo 1 del rigo VR4 l’intero<br />
importo del credito chiesto a rimborso (nell’esempio 700.000 euro), specificando<br />
poi nel successivo campo 2 l’importo che viene chiesto direttamente all’agente<br />
(400.000 euro).<br />
Questa opportunità è preclusa, naturalmente, ai soggetti che non possono<br />
ottenere il rimborso dall’agente <strong>della</strong> riscossione, ossia a coloro che hanno<br />
cessato l’attività e ai soggetti in procedura <strong>con</strong>corsuale.<br />
171
Il rimborso disposto dall’ufficio deve essere erogato dall’agente <strong>della</strong> riscossione<br />
entro venti giorni dal ricevimento <strong>della</strong> relativa disposizione, non applicandosi in<br />
questa ipotesi il termine dilatorio di quaranta giorni di cui all’art. 20 del dm n.<br />
267/93, come stabilito dal decreto ministeriale 10/10/2003, n. 309.<br />
172
NOVITA’ IVA<br />
A cura di Antonio Gigliotti<br />
173
174
E’ RAVVEDIBILE ANCHE L’OMESSO O INSUFFICIENTE<br />
VERSAMENTO IRAP<br />
Il caso<br />
Premessa<br />
Ravvedimento<br />
breve<br />
Ravvedimento<br />
lungo<br />
Se ho omesso, versato un insufficiente, carente o tardivo versamento<br />
IRAP è possibile ricorrere all'istituto del ravvedimento operoso?.<br />
L’istituto del ravvedimento operoso è stato modificato di recente dal D.L.<br />
185/2008 ( art.16 comma 5 ) entrato in vigore il 29 novembre 2008 che ha<br />
modificato l’articolo 13 del D. Lgs. 18.12.1997, n. 472 prevedendo la possibilità<br />
di regolarizzare spontaneamente violazioni ed omissioni <strong>con</strong> il versamento<br />
di sanzioni ridotte, la cui entità varia a se<strong>con</strong>da <strong>della</strong> tempestività del<br />
ravvedimento e del tipo di violazion.<br />
In particolare sono state ridotte le sanzioni per la regolarizzazione degli<br />
omessi versamenti effettuati entro il termine di presentazione <strong>della</strong><br />
dichiarazione del periodo di imposta al quale si riferisce l’omissione o,<br />
nell’ipotesi di pagamenti che non <strong>con</strong>fluis<strong>con</strong>o in una dichiarazione tributaria,<br />
entro i 12 mesi dalla scadenza prevista.<br />
Nello specifico:<br />
⇒ entro trenta giorni dalla violazione, se riguarda un insufficiente o<br />
omesso versamento del tributo, la sanzione è stata ridotta a un<br />
dodicesimo del minimo pari a 2,5% (in luogo del minimo pari al<br />
3,75%);<br />
⇒ entro il termine di presentazione <strong>della</strong> dichiarazione relativa all'anno<br />
nel corso del quale è stata commessa la violazione, la sanzione si riduce<br />
a un decimo del minimo pari al 3% (anziché a un quinto pari a 6%).<br />
Restano, ovviamente, dovuti e aggiunti gli interessi calcolati sulla base <strong>dei</strong> giorni<br />
intercorrenti fra la data dell’omissione e la data <strong>della</strong> regolarizzazione spontanea<br />
calcolati al tasso di interesse legale, attualmente al 3%.<br />
175
Come<br />
procedere<br />
Come sono cambiate le sanzioni del ravvedimento operoso<br />
in caso di omesso versamento<br />
Termini del ravvedimento Prima del D.L.<br />
176<br />
185/2008<br />
Dopo il D.L.<br />
185/2008<br />
Entro 30 giorni dalla violazione 3,75% 2,5%<br />
Entro l’anno 6% 3%<br />
Ai fini delle imposte dirette (Irpef, Ires, Irap), dell’Iva, <strong>dei</strong> tributi locali, il<br />
<strong>con</strong>tribuente o il sostituto d’imposta, nonché gli eventuali soggetti<br />
solidalmente obbligati possono regolarizzare gli omessi o insufficienti<br />
versamenti delle imposte dovute, sia a titolo di saldo o ac<strong>con</strong>to, in base alle<br />
dichiarazioni (anche alle liquidazioni periodiche dell’Iva);<br />
Nel tal caso si dovrà procedere a:<br />
1. versare il tributo dovuto;<br />
2. pagare, indipendentemente dal tributo, una sanzione pari a:<br />
1/12 <strong>della</strong> sanzione prevista (30% del tributo), ovvero 2,50% del<br />
NOTA BENE<br />
tributo dovuto nel caso di pagamento entro 30 giorni dalla data in<br />
cui è stata commessa la violazione (coincidente <strong>con</strong> l’ultimo giorno<br />
disponibile in cui era possibile effettuare il versamento);<br />
Nell’ipotesi di opzione del <strong>con</strong>tribuente per il pagamento rateale i 30 giorni<br />
decorrono dalla data entro la quale questi doveva procedere al versamento<br />
<strong>della</strong> rata; il calcolo degli interessi moratori deve avvenire sull’imposta<br />
comprensiva degli interessi di dilazione.<br />
1/10 <strong>della</strong> sanzione prevista per l’omesso versamento/pagamento<br />
ovvero 3% del tributo dovuto qualora la regolarizzazione avvenga<br />
oltre i 30 giorni ma entro il termine per la presentazione <strong>della</strong><br />
dichiarazione relativa all’anno in cui è stata commessa la violazione,<br />
ovvero entro 1 anno qualora non sia prevista la presentazione di<br />
tale dichiarazione;<br />
3. versare gli interessi moratori maturati giorno per giorno al tasso di<br />
interesse legale.
Il ravvedimento<br />
operoso per<br />
l’IRAP<br />
La soluzione<br />
Relativamente alla possibilità di procedere all’omesso o insufficiente<br />
versamento IRAP è opportuno ricordare che l’imposta IRAP non ha potuto<br />
essere ravveduta, per le annualità 2005 e 2006, a seguito dell’articolo 1 del Dl<br />
17/06/2005 n. 106 che aveva negato l’istituto a questo tipo di imposta fino al<br />
31/12/2006. Tuttavia, la mancata reiterazione <strong>della</strong> disposizione nel D.L. n. 206<br />
del 07/06/2006, ha fatto si che l’IRAP a partire dagli ac<strong>con</strong>ti del 2007 e’<br />
ora inclusa nel ravvedimento operoso.<br />
Agli omessi, insufficienti, carenti o tardivi versamenti IRAP, in ac<strong>con</strong>to e<br />
a saldo, a partire dagli ac<strong>con</strong>ti 2007 trovano, pertanto, applicazione le<br />
sanzioni ridotte previste per il ravvedimento operoso, così come sopra<br />
riportato.<br />
177
TRIBUTO CODICE<br />
Sanzione pecuniaria Irpef 8901<br />
Sanzione pecuniaria addizionale regionale Irpef 8902<br />
Sanzione pecuniaria addizionale comunale Irpef 8903<br />
Sanzione pecuniaria Iva 8904<br />
Sanzione pecuniaria Irpeg 8905<br />
Sanzione pecuniaria sostituti d’imposta 8906<br />
Sanzione pecuniaria Irap 8907<br />
Sanzione pecuniaria altre imposte dirette 8908<br />
Sanzione pecuniaria imposta sugli intrattenimenti 8909<br />
Sanzione pecuniaria Iva forfetaria <strong>con</strong>nessa a imposta sugli<br />
intrattenimenti<br />
178<br />
8910<br />
Sanzione pecuniaria altre violazioni tributarie 8911<br />
Sanzione pecuniarie relative all’anagrafe tributaria e al<br />
codice fiscale<br />
Sanzione pecuniaria imposte sostitutive delle imposte sui<br />
redditi<br />
8912<br />
8913<br />
Sanzione pecuniaria Ires 8914<br />
Interessi sul ravvedimento - IRPEF - 1989<br />
Interessi sul ravvedimento - IRES - 1990<br />
Interessi sul ravvedimento - IVA - 1991<br />
Interessi sul ravvedimento - IMPOSTE SOSTITUTIVE - 1992<br />
Interessi sul ravvedimento - IRAP - 1993<br />
Interessi sul ravvedimento - ADDIZIONALA REGIONALE - 1994<br />
Interessi sul ravvedimento - ADDIZIONALE COMUNALE 1995
RAVVEDIMENTO: IL RISCHIO PER GLI ACCONTI<br />
Il caso<br />
Premessa<br />
Il problema<br />
Il caso<br />
Qualora un <strong>con</strong>tribuente procede, entro il termine di presentazione <strong>della</strong><br />
dichiarazione successiva ad integrare la dichiarazione precedente, deve procedere<br />
ad integrare anche l’originario versamento di ac<strong>con</strong>to effettuato sulla base di<br />
una dichiarazione che ha formato oggetto di integrazione ?<br />
Per effetto del D.L. 185/200, l’istituto del ravvedimento operoso è stato<br />
modificato di recente prevedendo la possibilità di regolarizzare<br />
spontaneamente violazioni ed omissioni <strong>con</strong> il versamento di sanzioni<br />
ridotte, la cui entità varia a se<strong>con</strong>da <strong>della</strong> tempestività del ravvedimento e del<br />
tipo di violazioni.<br />
Tuttavia, le nuove riduzioni da ravvedimento operoso, , potrebbero risultare<br />
vanificate, in taluni casi, per effetto <strong>dei</strong> chiarimenti forniti dall’Agenzia delle<br />
Entrate nel corso del 2008 <strong>con</strong> circolare n. 47/E del 18/6/2008 (risposta 4.2).<br />
Nel documento è stato affermato che se il <strong>con</strong>tribuente provvede a integrare,<br />
dopo il versamento degli ac<strong>con</strong>ti determinati <strong>con</strong> il metodo storico, la<br />
dichiarazione originaria, deve anche effettuare il ravvedimento per gli insufficienti<br />
ac<strong>con</strong>ti.<br />
Ipotizziamo il caso di una società che ha presentato a settembre dello scorso<br />
anno Unico 2008.<br />
• L’imposta da unico era ipotizziamo 100;<br />
• A giugno e novembre, sempre dello scorso anno, ha versato gli ac<strong>con</strong>ti<br />
(100% di 100), per il periodo d'imposta 2008 usando il metodo storico,<br />
facendo quindi riferimento a quanto dichiarato <strong>con</strong> Unico 2008.<br />
A febbraio del 2009 ci si accorge di non avere dichiarato nello stesso modello<br />
<strong>dei</strong> proventi imponibili.<br />
La società decide, quindi, di avvalersi del ravvedimento: poiché la violazione<br />
commessa determina l'infedeltà <strong>della</strong> dichiarazione, la sanzione ridotta per la<br />
regolarizzazione è pari al 10 per cento. Questo in <strong>con</strong>seguenza delle<br />
179
Il parere<br />
dell’agenzia<br />
I dubbi<br />
modifiche apportate dal Dl 185/2008, che ha portato la riduzione delle penalità<br />
da un quinto a un decimo del minimo nel caso in cui il ravvedimento venga<br />
effettuato entro il termine di presentazione <strong>della</strong> dichiarazione successiva. La<br />
riduzione va applicata alla sanzione edittale per la violazione di infedele<br />
dichiarazione (dal 100 al 200% dell'imposta dovuta).<br />
Se<strong>con</strong>do l'Agenzia (circolare n. 47/E/2008) se il <strong>con</strong>tribuente provvede a<br />
integrare, <strong>con</strong> il ravvedimento, la dichiarazione originaria, si verifica anche la<br />
violazione dell'insufficiente versamento degli ac<strong>con</strong>ti, quando questi sono stati<br />
calcolati <strong>con</strong> il metodo storico.<br />
Pertanto nel caso dell'esempio, la società dovrebbe effettuare anche il<br />
ravvedimento per i carenti versamenti degli ac<strong>con</strong>ti. Le penalità a cui fare<br />
riferimento per questa regolarizzazione sarebbero quelle stabilite dall'articolo 13<br />
del decreto legislativo 471/1997, pari al 30% dell'imposta non pagata. Per cui, il<br />
ravvedimento <strong>della</strong> dichiarazione originaria, qualora effettuato successivamente<br />
ai 30 giorni, porterebbe al pagamento di un'ulteriore sanzione ridotta del 3% (il<br />
10% del 30%), da calcolare su ognuno <strong>dei</strong> carenti versamenti degli ac<strong>con</strong>ti. Tale<br />
penalità andrebbe a sommarsi a quella del 10% per la regolarizzazione<br />
dell'infedele dichiarazione.<br />
La suddetta interpretazione però non ci <strong>con</strong>vince.<br />
Il ravvedimento infatti, <strong>con</strong>sente di regolarizzare la violazione che, se<br />
<strong>con</strong>statata dall'amministrazione, determinerebbe l'irrogazione <strong>della</strong> sanzione<br />
edittale.<br />
Ma vediamo cosa accade nel caso <strong>della</strong> violazione sopra citata, qualora la società<br />
non effettuasse la regolarizzazione tramite la dichiarazione integrativa. L'ufficio,<br />
una volta scoperta la violazione dell'infedele dichiarazione, andrebbe ad<br />
applicare soltanto la sanzione per tale violazione (dal 100 al 200%). Si ritiene<br />
infatti che non verrebbe irrogata alcuna sanzione per gli ac<strong>con</strong>ti insufficienti:<br />
ciò in quanto, l'articolo 13 del decreto 471/1997 prevede la penalità del 30%<br />
unicamente per la violazione del mancato versamento di un tributo determinato<br />
in sede di dichiarazione, liquidazione o di calcolo degli ac<strong>con</strong>ti.<br />
180
Art.13<br />
D.Lgs 471/97<br />
La soluzione<br />
alternativa<br />
181<br />
Art. 13.<br />
Ritardati od omessi versamenti diretti<br />
1. Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in<br />
ac<strong>con</strong>to, i versamenti periodici, il versamento di <strong>con</strong>guaglio o a saldo<br />
dell'imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l'ammontare<br />
<strong>dei</strong> versamenti periodici e in ac<strong>con</strong>to, ancorché non effettuati, e' soggetto a<br />
sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato,<br />
anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati<br />
in sede di <strong>con</strong>trollo <strong>della</strong> dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o<br />
una minore eccedenza detraibile. Identica sanzione si applica nei casi di<br />
liquidazione <strong>della</strong> maggior imposta ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del<br />
decreto del Presidente <strong>della</strong> Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e ai sensi<br />
dell'articolo 54-bis del decreto del Presidente <strong>della</strong> Repubblica 26 ottobre<br />
1972, n. 633.<br />
2. Fuori <strong>dei</strong> casi di tributi iscritti a ruolo, la sanzione prevista al comma 1 si<br />
applica altresì in ogni ipotesi di mancato pagamento di un tributo o di una sua<br />
frazione nel termine previsto.<br />
3. Le sanzioni previste nel presente articolo non si applicano quando i<br />
versamenti sono stati tempestivamente eseguiti ad ufficio o <strong>con</strong>cessionario<br />
diverso da quello competente.<br />
In sostanza , la sanzione del 30% colpisce la mancata esecuzione di un tributo<br />
precedentemente determinato e nel caso di specie non ci sembra che ci si trovi<br />
in tale situazione. In <strong>con</strong>seguenza di ciò, le riduzioni da ravvedimento devono<br />
essere applicate solo in relazione alle penalità che vengono irrogate dal Fisco.<br />
Pertanto, nel caso esemplificato, il ravvedimento si ritiene dovrà essere<br />
calcolato solo sulla sanzione dell'infedele dichiarazione.
182
SUPERAMENTO DEL PLAFOND IVA<br />
Status di<br />
esportatore<br />
abituale<br />
Operazioni utili<br />
a generare<br />
plafond<br />
Le imprese che effettuano frequenti operazioni internazionali attive, sia<br />
verso Paesi Ue che extra Ue, godono <strong>della</strong> facoltà di acquistare, ovvero<br />
importare, beni e servizi senza l’applicazione dell’Iva entro un dato limite<br />
annuale denominato “plafond”.<br />
Tale sistema tratta di una “agevolazione” <strong>con</strong>cessa all’esportatore abituale che,<br />
per la facoltà di acquistare senza l’applicazione dell’IVA, evita di trovarsi in una<br />
posizione di credito nei <strong>con</strong>fronti dell’Amministrazione finanziaria.<br />
Si ricorda brevemente che lo status di esportatore abituale, ai sensi<br />
dell'articolo 1 del D.L. n. 746/1983, si acquisisce quando le operazioni che creano<br />
plafond nel periodo di riferimento (anno solare o dodici mesi precedenti, a se<strong>con</strong>da<br />
che il <strong>con</strong>tribuente utilizzi rispettivamente il metodo solare o il metodo mensile)<br />
sono:<br />
superiori al 10% del volume d'affari, determinato a norma dell'articolo<br />
20 del Dpr n. 633/1972, al netto delle cessioni di beni in transito o<br />
depositati nei luoghi soggetti a vigilanza doganale.<br />
Le operazioni utili a generare plafond sono espressamente previste dal<br />
legislatore e, in particolare, comprendono:<br />
⇒ cessioni di beni e prestazioni di servizi intracomunitari;<br />
⇒ esportazioni dirette;<br />
⇒ operazioni assimilate all’esportazione effettuate nell’esercizio dell’attività<br />
propria di impresa;<br />
⇒ margine non imponibile delle cessioni rientranti nel regime <strong>dei</strong> beni<br />
usati;<br />
⇒ operazioni <strong>con</strong>nesse a trattati e accordi internazionali;<br />
⇒ operazioni <strong>con</strong> lo Stato <strong>della</strong> Città del Vaticano e <strong>con</strong> la Repubblica di<br />
San Marino.<br />
183
Calcolo del<br />
plafond:<br />
- plafond fisso<br />
- plafond mobile<br />
L’esportatore abituale può calcolare il plafond di cui disporre <strong>con</strong> due diversi<br />
metodi:<br />
il sistema del plafond fisso (o solare):<br />
⇒ in tale caso, si prendono a base di calcolo le operazioni che<br />
<strong>con</strong>corrono alla formazione del plafond registrate nell'anno solare<br />
precedente.<br />
il sistema del plafond mobile (o mensile):<br />
RICORDA<br />
⇒ in tale caso, il periodo di riferimento è individuato nei dodici mesi<br />
precedenti (dodici mesi mobili, non coincidenti necessariamente <strong>con</strong><br />
l'anno solare). Questo sistema può essere utilizzato solo dai<br />
<strong>con</strong>tribuenti che hanno iniziato l'attività almeno da 12 mesi.<br />
L'opzione per l'utilizzo dell’uno o dell’altro sistema deve avvenire all'inizio<br />
dell'anno solare, e precisamente:<br />
• prima che venga presentata la dichiarazione annuale Iva:<br />
⇒ dalle annotazioni di utilizzo e di disponibilità che il <strong>con</strong>tribuente<br />
effettua sui propri registri (quest’obbligo è stato soppresso dal<br />
D.P.R. n. 435/2001 e sostituito dall’obbligo di fornire i dati<br />
all’Amministrazione finanziaria, se ne viene fatta richiesta). In altri<br />
termini, sarà valutato il “comportamento attivo” del<br />
<strong>con</strong>tribuente.<br />
• dopo la presentazione <strong>della</strong> dichiarazione:<br />
⇒ anche dalla compilazione dell'apposito quadro destinato agli<br />
esportatori abituali, <strong>con</strong>tenente una casella da barrare allo scopo di<br />
indicare il metodo utilizzato.<br />
184
Il metodo del plafond fisso è di più facile gestione rispetto a quello del plafond<br />
mobile, in quanto:<br />
⇒ sia la verifica dello status di esportatore abituale, sia la determinazione del<br />
plafond annuale utilizzabile vengono effettuate una sola volta l’anno.<br />
Il metodo del plafond mobile, detto anche plafond mensile, invece, comporta:<br />
⇒ la determinazione del plafond utilizzabile <strong>con</strong> riferimento al singolo<br />
mese.<br />
RICORDA<br />
A riguardo del plafond mobile, <strong>con</strong> la circolare n. 12/1981, il Ministero delle<br />
Finanze ha avuto modo di precisare che:<br />
⇒ "il plafond rapportato ai dodici mesi precedenti va calcolato mensilmente e<br />
a tal fine occorre tener <strong>con</strong>to delle cessioni all'esportazione fatte nei dodici<br />
mesi precedenti e degli acquisti di beni e servizi fatti nel medesimo<br />
periodo. La differenza tra i due ammontari costituisce il plafond di cui<br />
l'operatore può fruire nel mese cui il calcolo si riferisce".<br />
Con la circolare n. 73/1984, lo stesso Ministero ha chiarito che tale metodo:<br />
⇒ "può peraltro comportare - ove siano messe a raffronto solo le esportazioni<br />
del mese non più computabile <strong>con</strong> gli acquisti e le importazioni senza<br />
applicazione dell'Iva dello stesso mese - o una apparente eccedenza di<br />
utilizzo del beneficio di cui trattasi ... ovvero la perdita di una quota di<br />
plafond".<br />
185
- plafond<br />
disponibile<br />
Come evidenziato nel riquadro, <strong>con</strong> la circolare n. 73/1984 e <strong>con</strong> successiva<br />
Risoluzione Ministeriale n. 505261/1987, l’Amministrazione ha ritenuto che il<br />
<strong>con</strong>tribuente che utilizza il plafond <strong>con</strong> il sistema mensile è tenuto a calcolare:<br />
da un lato, l'ammontare delle esportazioni al netto di quelle del<br />
tredicesimo mese precedente;<br />
dall'altro, l'ammontare delle utilizzazioni progressive ("posta passiva"),<br />
depurandolo dell'importo riferibile alle esportazioni del predetto<br />
tredicesimo mese.<br />
In sostanza, il plafond disponibile è dato dalla differenza tra le cessioni<br />
all’esportazione nei dodici mesi precedenti ed il progressivo utilizzo calcolato sui<br />
dodici mesi precedenti.<br />
plafond mobile disponibile<br />
=<br />
cessioni nei 12 mesi<br />
– (acquisti nei 12 mesi – cessioni nel<br />
13° mese precedente)<br />
186
Semplificando:<br />
plafond disponibile = cessioni nei 12 mesi – progressivo utilizzo.<br />
Il plafond, che ha validità annuale, può essere utilizzato per:<br />
⇒ acquistare e importare beni e servizi di qualsiasi tipo <strong>con</strong> la sola<br />
esclusione <strong>dei</strong> fabbricati, delle aree edificabili e <strong>dei</strong> beni e servizi per i quali<br />
l'imposta non è ammessa in detrazione, ai sensi degli articoli 19 e seguenti<br />
del Dpr n. 633/1972.<br />
Al fine di poter usufruire del beneficio di non applicazione dell'Iva, in data anteriore<br />
all'effettuazione dell'operazione di acquisto o di importazione, l'esportatore<br />
abituale deve rilasciare al fornitore una dichiarazione, cosiddetta “lettera<br />
d'intento”, i cui estremi successivamente dovranno essere indicati nella fattura<br />
emessa dal cedente o prestatore, unitamente al titolo di non applicabilità<br />
dell'imposta.<br />
In sede di presentazione <strong>della</strong> dichiarazione annuale, ai <strong>con</strong>tribuenti che hanno<br />
utilizzato lo strumento del plafond è richiesta l'esposizione analitica di alcuni<br />
dati, individuati dall'articolo 10 del Dpr n. 435/2001, che costituis<strong>con</strong>o il<br />
<strong>con</strong>tenuto del quadro VC.<br />
Va, infine, in materia, evidenziata l'ipotesi di variazioni rispetto all'operazione<br />
originaria.<br />
A tal proposito, la Circolare n. 8/D del 2003 precisa che, nel caso di note di<br />
addebito in aumento, si deve <strong>con</strong>siderare quanto segue:<br />
⇒ se la nota è emessa nel corso dell'anno → essa va direttamente in<br />
aumento del plafond disponibile;<br />
⇒ se, viceversa, essa è emessa l'anno successivo → non si determina<br />
l'aumento del plafond disponibile dell'anno in corso;<br />
⇒ se è emessa negli anni successivi al primo → non produce effetti.<br />
187
Un caso pratico<br />
in presenza di<br />
note di credito<br />
ricevute<br />
Viceversa, nel caso di note di credito in diminuzione, la stessa Circolare n.<br />
8/D precisa che: "le variazioni in diminuzione, anche se non operate, ridu<strong>con</strong>o del<br />
corrispondente ammontare la disponibilità del plafond". Conseguentemente:<br />
⇒ se la nota di credito è emessa nello stesso anno dell'operazione originaria<br />
→ riduce il plafond disponibile per lo stesso anno;<br />
⇒ se la nota di credito è emessa nell'anno successivo → non riduce il<br />
plafond di quell'anno, ma, se i tempi lo <strong>con</strong>sentono, quello<br />
dell’anno precedente in cui ha avuto origine l’operazione<br />
principale (se ne può tenere <strong>con</strong>to <strong>con</strong> un’annotazione nel prospetto di<br />
utilizzo del plafond);<br />
⇒ se la nota di credito è emessa in anni successivo al primo → "va<br />
comunque in diminuzione al plafond disponibile per l'anno in cui è<br />
stata effettuata l'operazione principale e potrebbe determinare<br />
per quell'anno uno splafonamento visto che ormai i termini per<br />
l'utilizzo sono scaduti".<br />
Analizziamo ora un caso pratico di come comportarsi in presenza di note di credito<br />
ricevute in periodi successivi a quello dell’originaria operazione.<br />
ESEMPIO:<br />
188<br />
*****<br />
Una società gode dello status di esportatore abituale e, pertanto:<br />
⇒ rilascia lettere d’intento a propri fornitori, al fine di effettuare acquisti senza<br />
applicazione dell’Iva;<br />
⇒ calcola il limite entro cui effettuare acquisti non gravati da Iva <strong>con</strong> il metodo<br />
del “plafond mobile”:<br />
calcolo del plafond disponibile per ciascun mese effettuato<br />
sottraendo alle cessioni all’esportazione <strong>dei</strong> dodici mesi precedenti gli<br />
utilizzi <strong>dei</strong> dodici mesi precedenti, depurati delle esportazioni del<br />
tredicesimo mese precedente.
Nel mese di marzo 2007, la società riceve una nota di credito relativa ad<br />
acquisti fatturati e registrati nel 2006, di importo pari a 30mila euro.<br />
In applicazione <strong>della</strong> normativa e <strong>della</strong> prassi in materia di plafond Iva, come sopra<br />
evidenziato, le note di variazione, ed in particolare le note di credito, ricevute<br />
in periodi successivi a quello dell’originaria operazione (nel caso di specie, nota di<br />
credito ricevuta nel 2007, ma relativa ad operazioni del 2006), non aumentano il<br />
plafond disponibile.<br />
Emerge, quindi, che la società non può registrare la nota di credito di cui<br />
sopra tra gli utilizzi del plafond per il mese di marzo.<br />
La società dovrà, pertanto, rettificare il valore del plafond utilizzato in tale mese,<br />
depurandolo dell’importo <strong>della</strong> nota di credito.<br />
Ipotizziamo i due calcoli riportati nella tabella sottostante:<br />
la società non depura il valore del plafond utilizzato dalla nota di credito<br />
(Colonna “DETERMINAZIONE ERRATA”);<br />
la società depura il valore del plafond utilizzato dalla nota di credito<br />
(Colonna “DETERMINAZIONE CORRETTA”).<br />
Plafond utilizzato nel mese di marzo 2007<br />
Plafond Disponibile: Euro 100.000<br />
189
UTILIZZI<br />
Fattura del 10.03.2007<br />
Fattura del 22.03.2007<br />
N.C. del 31.03.2007<br />
Tot. Plafond<br />
utilizzato<br />
Plafond residuo<br />
Come si evince dalla tabella sopra riportata, la rettifica <strong>della</strong> nota di credito non<br />
comporta uno “splafonamento” nel mese di marzo, ma incide sul calcolo del<br />
plafond disponibile per i mesi successivi, in quanto, nel calcolo, si tiene <strong>con</strong>to<br />
dell’utilizzo <strong>dei</strong> mesi precedenti.<br />
DETERMINAZIONE<br />
ERRATA<br />
Euro 40.000<br />
Euro 50.000<br />
- Euro 30.000<br />
Euro 60.000<br />
Euro 40.000<br />
Pertanto, riprendendo la formula su enunciata:<br />
plafond disponibile = cessioni nei 12 mesi – progressivo utilizzo<br />
la società deve rideterminare il plafond disponibile per i mesi successivi a marzo,<br />
rettificando il valore del “progressivo utilizzo”.<br />
Partendo dal mese di aprile, la società ridetermina il plafond disponibile,<br />
tenendo <strong>con</strong>to, nel calcolo degli utilizzi <strong>dei</strong> dodici mesi precedenti, del valore di<br />
90mila euro, relativo all’utilizzo di marzo, anziché del valore di 60mila<br />
indicato nella colonna determinazione errata.<br />
A titolo esemplificativo, si riportano i valori rideterminati, come da esempio sopra<br />
riportato, per i soli mesi da aprile a giugno 2007.<br />
190<br />
DETERMINAZIONE<br />
CORRETTA<br />
Euro 40.000<br />
Euro 50.000<br />
Euro 0<br />
Euro 90.000<br />
Euro 10.000
Superamento<br />
del plafond:<br />
Plafond utilizzato nei mesi successivi a marzo 2007<br />
Aprile 2007<br />
E’ utile sottolineare che, come si evince dalla lettura <strong>della</strong> precedente tabella, lo<br />
“splafonamento” non sia una <strong>con</strong>seguenza certa del ricalcolo del limite utilizzabile.<br />
La Società, infatti, potrebbe non commettere alcuna irregolarità in presenza<br />
di una quota disponibile che sia maggiore del valore utilizzato, come<br />
avviene nel mese di maggio.<br />
191<br />
*****<br />
Analizziamo ora come si deve e si può procedere nel caso in cui, come visto<br />
nell’esempio sopra riportato, la società determini erroneamente il calcolo del<br />
plafond <strong>con</strong> <strong>con</strong>seguente splafonamento.<br />
DETERMINAZIONE<br />
ERRATA<br />
DETERMINAZIONE<br />
CORRETTA<br />
Plafond disponibile Euro 120.000 Euro 90.000<br />
Plafond utilizzato Euro 110.000 Euro 110.000<br />
Quota residua Euro 10.000 - Euro 20.000<br />
Maggio 2007<br />
Plafond disponibile Euro 130.000 Euro 100.000<br />
Plafond utilizzato Euro 90.000 Euro 90.000<br />
Quota residua Euro 40.000 Euro 10.000<br />
Giugno 2007<br />
Plafond disponibile Euro 120.000 Euro 90.000<br />
Plafond utilizzato Euro 120.000 Euro 120.000<br />
Quota residua<br />
Euro<br />
0<br />
- Euro 30.000<br />
TOTALE SPLAFONAMENTO:<br />
Euro 50.000<br />
Iva relativa (20%):<br />
Euro 10.000
L’utilizzo del plafond oltre l’ammontare disponibile è punito <strong>con</strong> una sanzione<br />
dal 100% al 200% dell’imposta.<br />
È ammessa, però, la regolarizzazione dell’errore utilizzando la procedura del<br />
ravvedimento operoso.<br />
Per la regolarizzazione non è più necessario coinvolgere il cedente o prestatore<br />
attraverso la richiesta dell’emissione di una nota di addebito, essendo sufficiente<br />
provvedere all’emissione di una autofattura ed al versamento dell’imposta<br />
relativa agli acquisti, maggiorata degli interessi e <strong>della</strong> sanzione ridotta.<br />
In tale ipotesi alternativa:<br />
RICORDA<br />
l’autofattura (C.M. 17.05.2000, n. 98/E) dovrà essere emessa in<br />
duplice copia ed annotata nel solo registro degli acquisti;<br />
la regolarizzazione dovrà essere effettuata entro il termine di<br />
presentazione <strong>della</strong> dichiarazione annuale.<br />
Con un recente pronunciamento, l’Agenzia delle Dogane ha chiarito che non è<br />
possibile la regolarizzazione gratuita in caso di denuncia spontanea e<br />
di richiesta di revisione dell’accertamento (ai sensi dell’art. 20, c. 4 L. N.<br />
449/1997), poiché è sempre necessario ricorrere alla procedura del<br />
ravvedimento operoso.<br />
192
- procedura<br />
<strong>con</strong>sigliata<br />
EMISSIONE DI<br />
AUTOFATTURA<br />
IN DUPLICE<br />
ESEMPLARE<br />
VERSAMENTO<br />
ALL’ERARIO<br />
ANNOTAZIONE<br />
AUTOFATTURA<br />
OBBLIGHI<br />
INFORMATIVI<br />
RICHIESTA DI<br />
VARIAZIONE AL<br />
FORNITORE<br />
PROCEDURA CONSIGLIATA<br />
Contenente:<br />
- estremi del fornitore;<br />
- n. di protocollo <strong>della</strong> fattura<br />
ricevuta;<br />
- ammontare eccedente il<br />
plafond disponibile;<br />
- imposta dovuta.<br />
IVA dovuta<br />
+<br />
Sanzione ridotta nella misura<br />
di 1/5 del minimo (100%) e,<br />
quindi, pari al 20%<br />
+<br />
Interessi legali maturati<br />
giorno per giorno, dalla data<br />
<strong>della</strong> violazione.<br />
Nel registro acquisti.<br />
193<br />
L’autofattura deve essere emessa entro il<br />
termine di presentazione <strong>della</strong> denuncia<br />
annuale IVA relativa all’anno oggetto <strong>della</strong><br />
violazione.<br />
Un esemplare dell’autofattura deve essere<br />
presentata all’Ufficio IVA competente.<br />
Versamento:<br />
• Imposta<br />
Codice-tributo del<br />
mese in cui è<br />
• Interessi<br />
avvenuta la<br />
violazione + cod.<br />
legali<br />
interessi 1991<br />
• Sanzione<br />
In alternativa, è possibile evidenziare<br />
il maggior debito IVA in sede di<br />
liquidazione periodica e versare<br />
l’imposta e gli interessi<br />
cumulativamente <strong>con</strong> il debito del<br />
periodo.<br />
Ai fini dell’esercizio del diritto alla<br />
detrazione IVA.<br />
Non sussiste alcun obbligo di informare il fornitore dell’avvenuta<br />
regolarizzazione.<br />
Per rimuovere l’irregolarità il<br />
<strong>con</strong>tribuente può, in<br />
alternativa, chiedere al<br />
fornitore l’emissione di una<br />
nota di variazione di sola<br />
imposta (Art. 26, D.P.R. n.<br />
633/1972).<br />
Versamento:<br />
• Imposta<br />
Codice-tributo<br />
8904.<br />
• Interessi legali e<br />
sanzione ridotta<br />
Con<br />
modello<br />
F24<br />
Al fornitore<br />
Con modello<br />
F24
sanzione<br />
prevista<br />
- ufficio<br />
competente ad<br />
irrogare la<br />
sanzione<br />
- versamenti<br />
SANZIONE<br />
(art. 7, c. 4,<br />
D. Lgs. n. 471/1997;<br />
C.M. 23/1999, p. 3.4)<br />
UFFICIO<br />
COMPETENTE AD<br />
IRROGARE LA<br />
SANZIONE<br />
(nota 3821/98,<br />
Dipartimento Dogane)<br />
VERSAMENTI<br />
(C.M. 23/1999, p. 3.4)<br />
Chi, in mancanza <strong>dei</strong> presupposti normativi,<br />
dichiara all’altro <strong>con</strong>tribuente di volersi<br />
avvalere <strong>della</strong> facoltà di acquistare o importare<br />
beni e servizi senza pagamento dell’imposta, è<br />
punito <strong>con</strong> la sanzione dal 100 al 200%<br />
dell’imposta.<br />
La stessa sanzione si applica a chi si avvale dalla suddetta facoltà<br />
oltre il limite <strong>con</strong>sentito dal proprio plafond.<br />
• Utilizzo improprio<br />
del plafond per:<br />
− mancanza;<br />
− incapienza.<br />
Se il plafond è stato impiegato per effettuare:<br />
- acquisti di merce nazionale o nazionalizzata → la competenza<br />
spetta agli Uffici IVA;<br />
- importazioni senza versamento dell’imposta → la competenza<br />
spetta alla Dogana;<br />
- acquisti di merci nazionali o nazionalizzate e, inoltre, anche per<br />
effettuare importazioni → il processo verbale di <strong>con</strong>statazione<br />
dovrà essere inviato dal competente Ufficio delle Entrate per il<br />
recupero dell’imposta inerente ai trasferimenti effettuati in<br />
Italia;<br />
- l’IVA relativa alle importazioni dovrà essere riscossa<br />
direttamente dalla Dogana.<br />
Importazioni<br />
tramite Dogane<br />
diverse<br />
194<br />
• Lettera di intento ad<br />
operatore interno.<br />
• Lettera di intento ad<br />
ufficio doganale.<br />
Art. 2, c. 2,<br />
Legge n.<br />
28/1997<br />
Art. 7,<br />
D. Lgs. n.<br />
471/1997<br />
La competenza ad irrogare la sanzione<br />
spetterà all’Ufficio che ha accertato<br />
l’irregolarità.<br />
I cessionari, committenti o importatori, che hanno commesso le<br />
violazioni suddette, oltre alla sanzione, sono tenuti, in via esclusiva,<br />
al pagamento dell’IVA che avrebbe dovuto essere addebitata nei loro<br />
<strong>con</strong>fronti.
- natura dell’IVA<br />
all’importazione<br />
- versamento<br />
effettuato ad ufficio<br />
competente<br />
NATURA DELL’IVA<br />
ALL’IMPORTAZIONE<br />
(Cass. Trib. 18/05/2001,<br />
8/10/2001, n. 12333)<br />
VERSAMENTO<br />
EFFETTUATO AD<br />
UFFICIO<br />
COMPETENTE<br />
(Cass. Trib. 18/05/2001,<br />
8/10/2001, n. 12333)<br />
• L’imposta sulle importazioni è ri<strong>con</strong>ducibile nel novero <strong>dei</strong> diritti<br />
di <strong>con</strong>fine (Art. 43, comma 2, D.P.R. n. 43/1973).<br />
• Pertanto, la competenza relativa alla riscossione, anche in caso<br />
di splafonamento, spetta agli uffici doganali.<br />
Nota bene<br />
Tale tesi, sia pure accolta dalla prevalente dottrina, non trova<br />
analoga <strong>con</strong>ferma a livello europeo: infatti, la Corte di Giustizia<br />
(sentenza 25.02.1988, n. C-299/86) ha sostenuto, invece, che<br />
l’IVA all’importazione non possa essere <strong>con</strong>siderata una tassa ad<br />
effetto equivalente di carattere doganale, ma un vero e proprio<br />
tributo nazionale, riscosso <strong>con</strong>testualmente <strong>con</strong> i diritti di <strong>con</strong>fine.<br />
• Accettata l’interpretazione che <strong>con</strong>ferisce competenza, in tema<br />
di IVA all’importazione, alle Dogane, ne deriva che eventuali<br />
versamenti per ravvedimento operoso, derivanti da<br />
splafonamento per acquisti in Dogana, debbano essere<br />
regolarizzati <strong>con</strong> versamenti del tributo, sanzioni ed interessi<br />
agli stessi uffici doganali.<br />
• Eventuali versamenti effettuati direttamente all’Erario,<br />
utilizzando il codice usuale dell’imposta sul valore aggiunto,<br />
acquisis<strong>con</strong>o, comunque, massimo valore assolutorio nei<br />
<strong>con</strong>fronti del <strong>con</strong>tribuente (Art. 13, comma 3, D. Lgs. n.<br />
471/1997).<br />
195
- procedura di<br />
revisione<br />
dell’accertamento<br />
doganale su istanza<br />
di parte<br />
PROCEDURA DI<br />
REVISIONE<br />
DELL’ACCERTAMENTO<br />
DOGANALE SU<br />
ISTANZA DI PARTE<br />
• L’art. 11 del D. Lgs. 374/1990 prevede che la Dogana, dopo che<br />
l’accertamento sia divenuto definitivo, possa effettuare (di<br />
propria iniziativa o dietro istanza dell’interessato) un ulteriore<br />
<strong>con</strong>trollo sulle procedure effettuate, addivenendo alla rettifica,<br />
oppure alla <strong>con</strong>ferma, <strong>dei</strong> diritti in precedenza accertati.<br />
• Qualora la revisione sia richiesta spontaneamente<br />
dall’interessato, senza che, nel frattempo, siano iniziati <strong>con</strong>trolli<br />
o ispezioni da parte degli organi competenti, non si fa luogo<br />
all’applicazione di sanzioni, ai sensi dell’art. 20, c. 4 L. n.<br />
449/1997.<br />
Il Dipartimento delle Dogane aveva<br />
ritenuto applicabile la procedura di<br />
revisione dell’accertamento anche<br />
al caso di splafonamento del<br />
<strong>con</strong>tribuente <strong>con</strong> lettera di intento<br />
presentata in Dogana, <strong>con</strong>sentendo<br />
la regolarizzazione gratuita su<br />
istanza di parte.<br />
• A seguito di istanza del Secit, <strong>con</strong> parere avallato<br />
dall’Avvocatura Generale di Stato, l’Agenzia delle Dogane ha<br />
modificato il proprio parere in merito alla questione, ritenendo<br />
non applicabile l’istituto <strong>della</strong> revisione<br />
dell’accertamento al caso dello splafonamento (trattasi,<br />
infatti, di vera e propria rettifica in merito allo status di<br />
esportatore abituale e non di mera revisione, come richiesto<br />
dalla norma).<br />
• In tutti i casi di autodenuncia di avvenuto utilizzo del plafond,<br />
oltre i limiti <strong>con</strong>sentiti, si rende applicabile l’istituto del<br />
ravvedimento operoso (art. 13, D. Lgs. n. 472/97).<br />
196<br />
• Precedente posizione, più<br />
favorevole al <strong>con</strong>tribuente<br />
fino al 27.12.2001.<br />
C.M. prot. 24/09/1999,<br />
n. 3405/4328<br />
(Nuova posizione restrittiva dal 27.12.2001,<br />
Nota Agenzia Dogane prot. 102985/IV del 27.12.2001)
- rimedi<br />
- fattura integrativa<br />
RIMEDI<br />
(C.M. 12.06.2002,<br />
n. 50/E, par. 24.2,<br />
risposta 3)<br />
SOGGETTI<br />
MODALITA’<br />
PAGAMENTO<br />
SANZIONI E<br />
INTERESSI<br />
• Per rimuovere la irregolarità il <strong>con</strong>tribuente può percorrere 2 vie<br />
alternative:<br />
- richiedere al fornitore l’emissione di una nota di variazione di<br />
sola imposta, emessa ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. n.<br />
633/1972.<br />
In tal caso, l’imposta addebitata per rivalsa (e corrisposta)<br />
al fornitore sarà detraibile se<strong>con</strong>do le regole ordinarie del<br />
D.P.R. 633/1972.<br />
197<br />
Modalità<br />
“A”<br />
Modalità<br />
FATTURA INTEGRATIVA<br />
(Cass. 16/02/1998, n. 1648; R.M. n. 355451 del 3/10/1985;<br />
C.M. n. 192/E/1998, p. 2.3.1)<br />
“B”<br />
Versamento <strong>con</strong><br />
modello F24<br />
Inserimento del<br />
debito<br />
in liquidazione<br />
periodica.<br />
La Corte di Cassazione ritiene che il fornitore sia obbligato ad intervenire nel<br />
processo di regolarizzazione <strong>della</strong> sanzione.<br />
• Il fornitore emette fattura integrativa per la sola IVA (Art. 26, D.P.R. n.<br />
633/1972).<br />
- provvedere ad emettere<br />
una autofattura senza<br />
coinvolgimento del<br />
fornitore.<br />
C.M. n. 54/E del 19/06/2002<br />
L’imposta assolta dal <strong>con</strong>tribuente<br />
a seguito di superamento del<br />
plafond è detraibile, in quanto<br />
costituisce IVA gravante su una<br />
importazione<br />
<strong>con</strong>tribuente.<br />
regolarizzata dal<br />
• Il cliente deve versare, entro il termine di presentazione <strong>della</strong><br />
dichiarazione, la sanzione ridotta (20%), nonché gli interessi moratori<br />
calcolati al tasso legale, <strong>con</strong> maturazione giorno per giorno.<br />
• Telematicamente.<br />
Il versamento<br />
dell’imposta all’Erario,<br />
maggiorata <strong>dei</strong> relativi<br />
interessi, può avvenire<br />
in 2 modalità:<br />
Modello F24 per interessi e sanzioni.
- autofattura <strong>con</strong><br />
versamento diretto<br />
AUTOFATTURA CON VERSAMENTO DIRETTO:<br />
MODALITA’ “A”<br />
(Nota M. F. n. 39186 del 10/03/1999; C.M. n. 98/E del 17/05/2000, par. 8.2.3; C.M. n.<br />
SOGGETTI<br />
DOCUMENTI<br />
VERSAMENTI<br />
PAGAMENTO<br />
DEL TRIBUTO<br />
PAGAMENTO<br />
DELLA<br />
SANZIONE<br />
50/E del 12/06/2002, par. 24.2, risposta 3)<br />
Il Ministero delle Finanze, in <strong>con</strong>formità ai principi ispiratori <strong>della</strong> riforma delle<br />
sanzioni, ha individuato nel solo acquirente, autore <strong>della</strong> violazione, il soggetto<br />
tenuto alla regolarizzazione.<br />
L’acquirente emette autofattura in duplice esemplare <strong>con</strong>tenente:<br />
gli estremi identificativi di ciascun fornitore;<br />
il numero progressivo di protocollo delle fatture ricevute;<br />
l’ammontare eccedente il plafond;<br />
l’imposta che avrebbe dovuto essere applicata.<br />
L’acquirente annota l’autofattura nel solo registro acquisti in quanto<br />
l’operazione diviene acquisto imponibile a tutti gli effetti.<br />
L’acquirente indica:<br />
l’imposta versata nel rigo VE24;<br />
l’imposta <strong>con</strong> gli interessi nel rigo VL29;<br />
i soli interessi nel rigo VL25.<br />
L’acquirente presenta un esemplare dell’autofattura al locale Ufficio<br />
delle Entrate.<br />
Il pagamento <strong>della</strong> sanzione ridotta deve essere eseguito <strong>con</strong>testualmente alla<br />
regolarizzazione del pagamento del tributo o <strong>della</strong> differenza, nonché al<br />
pagamento degli interessi moratori calcolati al tasso legale, <strong>con</strong> maturazione<br />
giorno per giorno.<br />
Il pagamento del tributo e <strong>dei</strong> relativi interessi moratori è eseguito, di regola,<br />
utilizzando la stessa modulistica prevista per il versamento <strong>dei</strong> tributi stessi<br />
(Modello F24).<br />
Interessi<br />
moratori<br />
• Telematicamente.<br />
198<br />
In ogni caso, la somma dovuta a titolo di interessi<br />
moratori al tasso legale è versata cumulativamente al<br />
tributo.<br />
Modello F24 Codice 8904.
- autofattura <strong>con</strong><br />
inserimento del<br />
debito in<br />
liquidazione<br />
periodica<br />
- regolarizzazione<br />
<strong>con</strong> autofattura:<br />
esempio<br />
AUTOFATTURA CON INSERIMENTO DEL DEBITO IN LIQUIDAZIONE PERIODICA<br />
MODALITA’ “B”<br />
(C.M. n. 50/E del 12/06/2002, par. 24.2, risposta 3)<br />
SOGGETTI Unico soggetto responsabile coinvolto è l’acquirente.<br />
DOCUMENTI<br />
PAGAMENTO<br />
DEL TRIBUTO<br />
PAGAMENTO<br />
DELLA<br />
SANZIONE<br />
PLAFOND al<br />
29.04.2007<br />
SUPERAMENTO<br />
PLAFOND<br />
• È emessa autofattura in duplice esemplare (come nel caso precedente).<br />
• L’autofattura deve essere annotata solo nel registro acquisti.<br />
• Un esemplare dell’autofattura deve essere presentata al locale Ufficio<br />
dell’Agenzia delle Entrate.<br />
• L’imposta dovuta, maggiorata degli interessi moratori, non è<br />
autonomamente versata: l’importo complessivo (imposta + interessi),<br />
infatti, deve essere <strong>con</strong>teggiato a debito nella liquidazione periodica del<br />
periodo in cui è stata effettuata la regolarizzazione.<br />
• L’importo in detrazione derivante dalla registrazione dell’autofattura sul<br />
registro acquisti è annullato (tranne che per l’importo degli interessi) dal<br />
corrispondente importo a debito inserito in liquidazione periodica.<br />
• Telematicamente.<br />
REGOLARIZZAZIONE CON AUTOFATTURA: ESEMPIO<br />
La società Real S.r.l., <strong>con</strong>tribuente IVA mensile, alla data del 29.04.2007<br />
presenta la seguente situazione:<br />
- plafond disponibile: € 70.000;<br />
- plafond utilizzato: € 70.000.<br />
Il 30.04.2005, la società acquista beni senza applicazione dell’imposta dal<br />
fornitore Delta Spa per:<br />
€ 2.000 (superamento plafond) * 20%(IVA) = € 400 (IVA non addebitata)<br />
La società intende regolarizzare la violazione commessa entro il termine di<br />
presentazione <strong>della</strong> dichiarazione, versando il 16.06.2005 l’imposta, gli<br />
interessi e la sanzione.<br />
SANZIONE PECUNIARIA:<br />
€ 400 (IVA dovuta) * 20% (Sanzione) = € 80.<br />
Nel caso in cui si dovesse giungere ad una cifra decimale, si applicano le<br />
ordinarie regole di arrotondamento sui centesimi (C.M. n. 106/E del<br />
21.12.2001).<br />
INTERESSI LEGALI:<br />
Calcolati dal 16.05.2007 al 16.06.2007, al tasso legale del 2,5%, per 31<br />
giorni:<br />
€ (400 * 2,5 * 31)/36.500 = € 0,85.<br />
199<br />
Modello F24 Codice 8904.
MODALITA’ ALTERNATIVE DI VERSAMENTO DELLE SOMME DOVUTE<br />
MODELLO F24:<br />
Modalità “A”<br />
LIQUIDAZIONE<br />
IVA<br />
PERIODICA<br />
Modalità “B”<br />
Il <strong>con</strong>tribuente deve versare le somme dovute per imposta, interessi e sanzioni<br />
utilizzando il Mod. F24, <strong>con</strong> l’indicazione del codice IVA relativo al mese o<br />
trimestre nel corso del quale è avvenuta la violazione (nell’esempio: 6004).<br />
Alternativamente alla possibilità di versare immediatamente l’imposta<br />
maggiorata degli interessi, è <strong>con</strong>sentito inserire tale importo (imposta +<br />
interessi) nella liquidazione periodica IVA quale importo a debito.<br />
Esempio:<br />
Mese di maggio liquidazione IVA:<br />
- IVA a debito (esigibile): + 800,00<br />
- IVA a credito (detraibile), comprensiva di<br />
€ 400,00 derivanti da registrazione <strong>della</strong><br />
Autofattura: - 900,00<br />
- Maggiorazione per ravvedimento su<br />
splafonamento: + 400,85<br />
- IVA a debito da versare <strong>con</strong> F24 Codice 6005 + 300,00<br />
- interessi da versare <strong>con</strong> F24 codice 1991 + 0,85<br />
200
ESEMPIO DI AUTOFATTURA EMESSA PER REGOLARIZZARE ACQUISTI EFFETTUATI<br />
SENZA IMPOSTA OLTRE IL LIMITE DEL PLAFOND<br />
(art. 13, D. Lgs. n. 471/1997, C.M. n. 98/E del 17.05.2000 e<br />
C.M. n. 50/E del 12.06.2002, par. 24.2)<br />
Emittente Cognome e nome, ragione<br />
sociale<br />
Real Srl<br />
o denominaz.<br />
Domicilio fiscale<br />
Via e numero civico<br />
Via Duca D’Aosta, 3<br />
C.a.p. comune provincia<br />
74100 Taranto<br />
Capitale sociale: € 30.000,00, interamente<br />
versato<br />
Partita IVA n. 00259888451<br />
Codice fiscale n. 00259888451<br />
Registro Imprese di Taranto n. 00259888451<br />
Rea CCIAA di Taranto 54321 Autofattura n. 123 del 31.05.2007<br />
Unità di<br />
misura<br />
Descrizione Quantità<br />
Autofattura emessa per sanare la<br />
violazione <strong>con</strong>seguente<br />
all’effettuazione degli acquisti in<br />
regime di non imponibilità, oltre il<br />
limite <strong>con</strong>sentito.<br />
Si integra:<br />
• fattura emessa dalla Società Delta<br />
Spa del 30.04.2007, n. 100, prot. reg.<br />
n. 3221/2007: ammontare eccedente<br />
plafond € 2.000, imposta dovuta €<br />
400.<br />
201<br />
Prezzo<br />
unitario<br />
Codice<br />
IVA<br />
Importo<br />
1) Imponibile …% 2) Imponibile …% 3) Imponibile …% Totale A (1+2+3)<br />
4) IVA 20%<br />
5) IVA …% 6) IVA …%<br />
Totale B (4+5+6)<br />
€ 400,00<br />
€ 400,00<br />
7) Non imponibile 8) Esente 9) Escluso Totale C (7+8+9)<br />
Nota bene<br />
L’autofattura dovrà essere emessa in duplice esemplare:<br />
- una copia è <strong>con</strong>servata dall’emittente ed annotata nel proprio registro degli acquisti;<br />
- l’altra copia è presentata al competente Ufficio delle Entrate .<br />
Totale fattura<br />
(A+B+C)<br />
€ 400,00<br />
(S.E. & O.)
AUTOFATTURA PER REGOLARIZZAZIONE SUPERAMENTO PLAFOND<br />
P C II 4bis<br />
P D 7<br />
E B 14<br />
E C 17<br />
P D 7<br />
P C IV 1<br />
(MODALITA’ “A”):<br />
SCRITTURE CONTABILI<br />
IVA C/ACQUISTI a FORNITORI<br />
Emessa autofattura per superamento<br />
plafond IVA.<br />
DIVERSI a BANCA C/C<br />
FORNITORI<br />
SANZIONI TRIBUTARIE<br />
(NON DEDUCIBILI)<br />
INTERESSI PASSIVI VARI<br />
(INDEDUCIBILI)<br />
Versamento importo ravvedimento operoso<br />
per superamento plafond.<br />
202<br />
31.05<br />
16.06<br />
400,00<br />
80,00<br />
0,85<br />
400,00<br />
480,85
AUTOFATTURA PER REGOLARIZZAZIONE SUPERAMENTO PLAFOND<br />
P C II 4bis<br />
P D 12<br />
P D 12<br />
P D 7<br />
E C 17<br />
P D 12<br />
E B 14<br />
P D 7<br />
P C II 4bis<br />
P D 12<br />
P D 12<br />
P C IV 1<br />
P C IV 1<br />
(MODALITA’ “B”):<br />
SCRITTURE CONTABILI<br />
IVA C/ACQUISTI a FORNITORI<br />
Emessa autofattura per superamento plafond<br />
IVA.<br />
ERARIO C/IVA a IVA C/ACQUISTI<br />
FORNITORI<br />
Liquidazione IVA mensile periodo 05/2005.<br />
IVA C/VENDITE a ERARIO C/IVA<br />
Liquidazione IVA mensile periodo 05/2005.<br />
DIVERSI a ERARIO C/IVA<br />
FORNITORI<br />
INTERESSI PASSIVI VARI<br />
Ravvedimento IVA per superamento plafond<br />
(imposta e interessi).<br />
ERARIO C/IVA a BANCA C/C<br />
Versamento<br />
05/2005.<br />
debito liquidazione periodo<br />
SANZIONI TRIBUTARIE a BANCA<br />
C/C<br />
Versamento<br />
plafond.<br />
sanzione per superamento<br />
203<br />
31.05<br />
31.05<br />
31.05<br />
16.06<br />
16.06<br />
16.06<br />
400,00<br />
0,85<br />
400,00<br />
900,00<br />
800,00<br />
400,85<br />
300,00<br />
0.85<br />
80,00
REGOLARIZZAZIONE CON NOTA DI VARIAZIONE DI SOLA IVA<br />
La società acquirente, in alternativa all’emissione dell’autofattura, può richiedere, alla<br />
società cedente, l’emissione di una nota di variazione recante l’addebito dell’IVA, al fine di<br />
regolarizzare l’operazione.<br />
Lettera di richiesta di fattura integrativa per superamento plafond<br />
Real Srl<br />
Via Duca D’Aosta, 3 – 74100<br />
C.F. e P. IVA n. 00259888451<br />
Reg. Imprese di MN n. 00259888451 - Rea CCIAA di TA 54321<br />
Taranto, 20.05.2007<br />
Oggetto: Superamento plafond.<br />
204<br />
Spett.<br />
Delta S.p.a.<br />
Via Bassano del Grappa, 15<br />
74100 Taranto<br />
In seguito al superamento del plafond disponibile, Vi chiediamo di emettere nei nostri<br />
<strong>con</strong>fronti nota di variazione, recante l’addebito dell’IVA, precedentemente omessa, pari a € 400, in<br />
relazione alla Vs. fattura del 30.04.2005, n. 123, al fine di procedere, da parte nostra, alla<br />
regolarizzazione di detta operazione.<br />
p. Real S.r.l.<br />
Distinti saluti. Firma ..................................
Emittente<br />
Domicilio fiscale<br />
ESEMPIO DI FATTURA INTEGRATIVA<br />
Cognome e nome, ragione<br />
sociale o denominaz.<br />
Delta Spa<br />
Via e numero civico<br />
Via Bassano del<br />
Grappa, 15<br />
C.a.p. comune provincia<br />
74100 Taranto<br />
Capitale sociale: € 300.000,00, interamente<br />
versato<br />
205<br />
Committente<br />
Spett.le<br />
Real Srl<br />
Via e numero civico<br />
Via Duca D’Aosta, 3<br />
Partita IVA n. 00584586223 Domicilio fiscale C.a.p. comune<br />
provincia<br />
74100 Taranto<br />
Codice fiscale n. 00584586223 C.F. e P. IVA n. 00259888451<br />
Registro Imprese di Taranto n. 00584586223 Registro Imprese di Taranto n. 00259888451<br />
Rea CCIAA di Taranto 54421<br />
Fattura n. 130 del 31.05.2007<br />
Descrizione Quantità<br />
Rea CCIAA di Taranto n. 54321<br />
Prezzo<br />
unitario<br />
Integrazione, per la sola IVA, <strong>della</strong> fattura emessa<br />
in data 30.04.2007, n. 123 come da Vs. richiesta<br />
del 20.05.2007, in seguito al superamento del<br />
plafond disponibile:<br />
Imponibile senza copertura di plafond e,<br />
quindi, da assoggettare ad IVA, pari a E<br />
2.000,00<br />
0 0<br />
1) Imponibile 20%<br />
0<br />
2) Imponibile …% 3) Imponibile …%<br />
4) IVA 20%<br />
€ 400,00<br />
5) IVA …% 6) IVA …%<br />
Importo<br />
Totale A (1+2+3)<br />
Totale B (4+5+6)<br />
0<br />
0<br />
€ 400,00<br />
7) Non imponibile 8) Esente 9) Escluso Totale C (7+8+9)<br />
1-2-3) Operazione imponibile<br />
7) Operazione non imponibile ai sensi dell'art. ......<br />
8) Operazione esente ai sensi dell'art. ......<br />
9) Operazione esclusa ai sensi dell'art. .....<br />
D.P.R. 26.10.1972 n. 633<br />
Totale Complessivo<br />
(A+B+C)<br />
€ 400,00<br />
(S.E. & O.)
P C II 4bis<br />
P D 7<br />
E B 14<br />
E C 17<br />
FATTURA INTEGRATIVA PER SUPERAMENTO PLAFOND:<br />
P D 7<br />
P C IV 1<br />
P C IV 1<br />
SCRITTURE CONTABILI<br />
IVA C/ACQUISTI a FORNITORI<br />
Ricevuta fattura integrativa dal fornitore<br />
Delta Spa<br />
FORNITORI a BANCA C/C<br />
Pagamento fattura integrativa n. 130 del<br />
31.05.2007.<br />
DIVERSI a BANCA C/C<br />
SANZIONI TRIBUTARIE<br />
INTERESSI PASSIVI VARI<br />
Versamento di sanzioni e interessi per<br />
superamento plafond.<br />
206<br />
31.05<br />
31.05<br />
16.06<br />
80,00<br />
0,85<br />
400,00<br />
400,00<br />
80,85
I DEPOSITI IVA: ASPETTI CONTABILI<br />
Premessa<br />
Definizione<br />
Con l’istituzione <strong>dei</strong> depositi fiscali, denominati anche “Depositi IVA”, il<br />
legislatore ha introdotto una sorta di regime di sospensione d'imposta, senza<br />
pagamento dell'IVA, a favore di coloro che introdu<strong>con</strong>o, custodis<strong>con</strong>o e<br />
gestis<strong>con</strong>o beni nazionali e comunitari in questi depositi. L'imposta sarà<br />
applicata solo al momento dell'estrazione <strong>dei</strong> beni dal deposito IVA. La<br />
<strong>disciplina</strong> <strong>dei</strong> depositi IVA è <strong>con</strong>tenuta nell'art. 50-bis, D.L. n. 331/93,<br />
introdotto dalla Legge n. 28/97, e nel regolamento attuativo approvato <strong>con</strong><br />
Decreto Ministeriale n. 419/97.<br />
Nella presente circolare cercheremo di descrivere, in modo pratico ed operativo,<br />
gli adempimenti da seguire per il corretto utilizzo <strong>dei</strong> depositi IVA.<br />
La gestione <strong>dei</strong> depositi IVA permette di semplificare gli adempimenti<br />
<strong>con</strong>tabili nell’ipotesi di una pluralità di cessioni in sequenza <strong>dei</strong> beni ad acquirenti<br />
diversi, <strong>con</strong> particolare riferimento alle triangolazioni comunitarie ed<br />
internazionali.<br />
Si evidenzia preliminarmente che, ai sensi dell’art. 50-bis, DL 331/93 e del DM<br />
419/97, i depositi IVA sono:<br />
speciali depositi fiscali costituiti da luoghi fisici (i depositi “virtuali” non<br />
costituis<strong>con</strong>o pertanto depositi IVA);<br />
OSSERVA<br />
Con la circolare n. 16/D del 28/04/06, l'Agenzia delle Dogane ha<br />
chiarito che:<br />
“...i beni devono essere materialmente introdotti nel deposito... non<br />
essendo sufficiente la mera presa in carico documentale degli stessi<br />
nell'apposito registro.... Non v'è dubbio che.....il deposito Iva<br />
...deve assolvere le funzioni di stoccaggio e di custodia <strong>dei</strong> beni<br />
introdotti: non è pertanto ammissibile alcun forma di deposito<br />
"virtuale".”<br />
207
Tipologie di<br />
depositi<br />
Operazioni in<br />
sospensione di<br />
imposta<br />
depositi dove vengono custoditi beni nazionali o comunitari o anche<br />
beni di provenienza extra-comunitaria, una volta espletate le formalità<br />
doganali di immissione in libera pratica nel territorio nazionale;<br />
depositi di beni non destinati ad essere ceduti al minuto all’interno del<br />
deposito stesso.<br />
RICORDA<br />
Qualora i beni dovessero essere ceduti al minuto nei <strong>con</strong>fronti di privati<br />
<strong>con</strong>sumatori sarà necessario procedere preliminarmente all’estrazione<br />
<strong>dei</strong> beni dal deposito.<br />
I depositi IVA possono anche <strong>con</strong>tenere beni trattati nelle Borse<br />
merci, anche qualora questi siano oggetto di cessioni interne. Per<br />
un’elencazione di tali beni si rimanda alla tabella A-bis allegata al DL<br />
331/93.<br />
I depositi Iva si possono distinguere in:<br />
TIPOLOGIA DESCRIZIONE<br />
Depositi in <strong>con</strong>to<br />
proprio<br />
Depositi in <strong>con</strong>to<br />
terzi<br />
Colui che gestisce il deposito è anche destinatario <strong>dei</strong> beni in<br />
esso <strong>con</strong>tenuti. Si tratta quindi del soggetto che provvederà<br />
all’estrazione <strong>dei</strong> beni dal deposito.<br />
E’ anche noto come <strong>con</strong>tratto di “<strong>con</strong>signment stock”<br />
(Risoluzione Ministeriale n.58/E/2005; Risoluzione Ministeriale n.<br />
44/E/2000).<br />
Colui che gestisce il deposito è soggetto diverso dal<br />
destinatario <strong>dei</strong> beni in esso custoditi.<br />
Ai sensi dell’art. 50-bis, c. 4, D.L. n. 331/93, le seguenti operazioni relative ai<br />
depositi IVA sono effettuate senza pagamento dell’imposta:<br />
gli acquisti intracomunitari di beni eseguiti mediante introduzione in un<br />
deposito IVA;<br />
le operazioni di immissione in libera pratica di beni non comunitari<br />
destinati ad essere introdotti in un deposito IVA;<br />
208
le cessioni di beni, nei <strong>con</strong>fronti di soggetti identificati in altro Stato<br />
membro <strong>della</strong> Comunità europea, eseguite mediante introduzione in un<br />
deposito IVA;<br />
le cessioni <strong>dei</strong> beni elencati nella tabella A-bis allegata al presente<br />
decreto, eseguite mediante introduzione in un deposito IVA, effettuate<br />
nei <strong>con</strong>fronti di soggetti diversi da quelli indicati nella lettera c);<br />
le cessioni di beni custoditi in un deposito IVA;<br />
le cessioni intracomunitarie di beni estratti da un deposito IVA <strong>con</strong><br />
spedizione in un altro Stato membro <strong>della</strong> Comunità europea, salvo che<br />
si tratti di cessioni intracomunitarie soggette ad imposta nel territorio<br />
dello Stato;<br />
le cessioni di beni estratti da un deposito IVA <strong>con</strong> trasporto o<br />
spedizione fuori del territorio <strong>della</strong> Comunità europea;<br />
le prestazioni di servizi, comprese le operazioni di perfezionamento e le<br />
manipolazioni usuali, relative a beni custoditi in un deposito IVA, anche se<br />
materialmente eseguite non nel deposito stesso ma nei locali limitrofi<br />
sempreché, in tal caso, le suddette operazioni siano di durata non<br />
superiore a sessanta giorni;<br />
il trasferimento <strong>dei</strong> beni in altro deposito IVA.<br />
Da quanto sopra si può desumere, in particolare, che sono effettuate senza<br />
pagamento dell'IVA, mediante l'introduzione <strong>dei</strong> beni in un deposito IVA, le<br />
seguenti operazioni:<br />
o cessioni intracomunitarie;<br />
o acquisti intracomunitari;<br />
o immissioni in libera pratica;<br />
o cessioni di beni di cui alla Tab. A-bis.<br />
209
Introduzione <strong>dei</strong><br />
beni nel deposito<br />
Cessioni<br />
intracomunitarie<br />
Acquisti<br />
intracomunitari<br />
Vediamo in dettaglio, <strong>con</strong> degli esempi, quali sono i risvolti pratici dell’utilizzo <strong>dei</strong><br />
Depositi Iva.<br />
Supponiamo che l’impresa italiana Valentini intenda cedere <strong>dei</strong> beni all’impresa<br />
inglese Beta, la quale a sua volta è intenzionata a cedere in un momento<br />
successivo gli stessi beni a soggetti residenti in Italia.<br />
Anziché effettuare due distinte cessioni intracomunitarie, <strong>con</strong> <strong>con</strong>seguente<br />
spostamento fisico <strong>dei</strong> beni tra l’Italia e l’Inghilterra, l’impresa Valentini ha la<br />
possibilità di introdurre i beni in un deposito IVA situato in Italia, dal quale i<br />
beni saranno successivamente estratti per essere ceduti ai clienti finali.<br />
Le cessioni di beni effettuate nei <strong>con</strong>fronti di operatori comunitari <strong>con</strong><br />
immissione degli stessi in un deposito IVA non costituis<strong>con</strong>o, quindi, delle vere e<br />
proprie cessioni intracomunitarie in quanto i beni non vengono trasportati o<br />
spediti in un altro paese comunitario. Per l’acquirente comunitario l’acquisto è<br />
effettuato, comunque, senza applicazione dell’imposta. Il cedente non dovrà<br />
ricomprendere tali operazioni nel mod. INTRA 1-bis.<br />
In sostanza, tale operazione:<br />
per il cedente non costituisce cessione intracomunitaria (i beni rimangono<br />
fisicamente in Italia). Verrà quindi emessa fattura senza IVA ai sensi<br />
dell’art. 50-bis, D.L. n. 331/93, e non vi sarà alcun obbligo di compilazione<br />
<strong>dei</strong> modelli Intrastat;<br />
per l’acquirente intracomunitario l’operazione non costituisce acquisto<br />
intracomunitario. Non vi è, quindi, alcun obbligo di compilazione <strong>dei</strong><br />
modelli Intrastat e di versamento dell’imposta.<br />
Relativamente agli acquisti intracomunitari gli stessi sono rappresentati:<br />
dall’acquisto a titolo oneroso da parte di un operatore nazionale di beni<br />
provenienti da un paese comunitario;<br />
dall’introduzione in Italia di beni da parte di un operatore comunitario.<br />
210
Supponiamo che l’impresa italiana Valentini intenda acquistare <strong>dei</strong> beni<br />
dall’impresa Inglese Beta per poi rivenderli, in un momento successivo, ai<br />
clienti finali.<br />
L’operazione può essere attuata in modo semplificato tramite l’introduzione <strong>dei</strong><br />
beni in un deposito IVA situato in Italia.<br />
Nello specifico, il soggetto che chiede l’introduzione <strong>dei</strong> beni nel deposito è<br />
tenuto a:<br />
integrare la fattura di acquisto intracomunitario <strong>con</strong> la dicitura “acquisto<br />
intracomunitario non soggetto ad IVA ai sensi dell’art. 50-bis, DL 331/93”;<br />
registrare tale fattura nel registro delle fattura d’acquisto;<br />
compilare il mod. Intra 2-bis.<br />
Con riferimento all'introduzione posta in essere da parte di un operatore<br />
comunitario, i predetti adempimenti, in mancanza di una stabile<br />
organizzazione in Italia, dovranno essere effettuati da un rappresentante<br />
fiscale.<br />
Nel caso di specie essendo in presenza di un'operazione senza obbligo di<br />
pagamento dell'imposta si può utilizzare il così detto rappresentante leggero<br />
che si limita all'integrazione <strong>della</strong> fattura estera e alla compilazione e<br />
presentazione del mod. INTRA 2-bis.<br />
RICORDA<br />
Si rammenta che potrebbe essere nominato rappresentante fiscale anche il<br />
gestore del deposito IVA, il quale può chiedere l’attribuzione di un unico<br />
numero di partita IVA per tutti i soggetti non residenti dallo stesso<br />
rappresentati.<br />
L’acquirente italiano dovrà, invece, registrare la fattura d’acquisto, senza IVA,<br />
nel registro IVA acquisti.<br />
211
Immissione in<br />
libera pratica<br />
Importazioni<br />
Circolare<br />
Ministeriale n.<br />
145/E/1998<br />
Anche i beni di provenienza extra-comunitaria, una volta immessi in libera<br />
pratica nel territorio nazionale attraverso il pagamento <strong>dei</strong> dazi doganali di<br />
importazione, possono essere introdotti in un deposito IVA.<br />
In sede di sdoganamento, l'operatore dovrà dichiarare che i beni sono<br />
destinati ad un deposito IVA e, pertanto, sugli stessi non sarà applicata<br />
l'IVA.<br />
Sul punto, la Circolare ministeriale n. 145/E/98 ha specificato che:<br />
l’immissione in libera pratica di beni destinati ad essere introdotti in un<br />
deposito fiscale è da <strong>con</strong>siderarsi una importazione, non più in sospensione<br />
d’imposta, bensì non soggetta all’IVA sulla base di una dichiarazione<br />
dell’importatore circa la destinazione del bene comprovata anche dalla<br />
restituzione di copie del documento doganale di importazione munito<br />
dell'attestazione, sottoscritta dal depositario, di avvenuta presa in carico<br />
delle merci nel registro previsto per i depositi IVA dall'art. 50-bis, comma 3,<br />
D.L. n. 331/93.<br />
L’immissione in libera pratica di beni destinati ad un deposito IVA da parte di<br />
un operatore comunitario richiede la nomina in Italia di un rappresentante<br />
fiscale.<br />
Va evidenziato che non si può ricorrere al cosiddetto rappresentante<br />
leggero in quanto l'art. 44, comma 3, D.L. n. 331/93 non prevede tale<br />
operazione tra quelle per le quali è ammessa la nomina del rappresentante<br />
leggero. E’ dunque necessaria, da parte del cedente extra-comunitario, la<br />
nomina di un rappresentante fiscale, ovvero la presenza di una stabile<br />
organizzazione in Italia.<br />
La citata Circolare n. 145/E/98 sottolinea che la successiva estrazione dal<br />
deposito IVA <strong>con</strong>cretizza, a se<strong>con</strong>da <strong>della</strong> destinazione <strong>dei</strong> beni, una<br />
operazione interna, intracomunitaria o una cessione all'esportazione.<br />
Il vantaggio di tale operazione è, quindi, che l’IVA all’atto dell’importazione non<br />
è dovuta. L’imposta sarà “pagata” solo al momento dell’estrazione <strong>dei</strong> beni dal<br />
deposito. In tal modo, sono notevolmente semplificate le successive cessioni<br />
212
Gestione del<br />
deposito Iva<br />
Estrazione <strong>dei</strong><br />
beni dal<br />
deposito<br />
<strong>dei</strong> beni che avvengono durante la loro permanenza nel deposito IVA, operazioni<br />
che, come già detto, non sono soggette ad imposta.<br />
In sostanza, a livello operativo saranno necessarie (CM n. 145/E/98):<br />
la dichiarazione nella bolletta doganale di importazione che i beni sono<br />
destinati ad essere introdotti in un deposito IVA situato in Italia (in tal<br />
modo, vengono fatti pagare i dazi doganali, ma non l’IVA);<br />
la restituzione alla Dogana di una copia <strong>della</strong> bolletta di importazione,<br />
sottoscritta dal gestore del deposito, <strong>con</strong> l’attestazione che i beni sono stati<br />
introdotti nel deposito IVA.<br />
L’acquirente italiano dovrà registrare la bolletta doganale di importazione,<br />
senza IVA, nel registro IVA acquisti.<br />
Si evidenzia, brevemente, che il soggetto che gestisce il deposito IVA è tenuto a:<br />
compilare un apposito registro di carico/scarico <strong>dei</strong> beni custoditi nel<br />
deposito. Su tale registro vanno indicati la natura, quantità e qualità <strong>dei</strong><br />
beni introdotti o estratti, il numero e specie <strong>dei</strong> colli, il luogo di provenienza<br />
e di destinazione <strong>dei</strong> beni, il soggetto per <strong>con</strong>to del quale è effettuata<br />
l’introduzione e il corrispettivo o valore normale <strong>dei</strong> beni.<br />
Tali informazioni sono desumibili dal documento (fattura, DDT, ecc.) sulla base<br />
del quale i beni sono introdotti/estratti dal deposito;<br />
<strong>con</strong>servare la documentazione relativa all’introduzione/estrazione <strong>dei</strong><br />
beni dal deposito.<br />
Premesso che non è stabilito un termine massimo entro cui provvedere<br />
all'estrazione <strong>dei</strong> beni immessi in un deposito IVA, i beni estratti possono essere:<br />
destinati al <strong>con</strong>sumo o utilizzo in Italia;<br />
inviati in un paese comunitario o extracomunitario.<br />
213
Beni <strong>con</strong>sumati o<br />
utilizzati in Italia<br />
L’estrazione <strong>dei</strong> beni da un deposito IVA al fine <strong>della</strong> loro utilizzazione o<br />
commercializzazione in Italia costituisce un’operazione da assoggettare<br />
ad imposta.<br />
L'estrazione può essere, pertanto, effettuata soltanto da parte di<br />
operatori e<strong>con</strong>omici.<br />
Se l'estrazione è effettuata da un operatore non residente, senza stabile<br />
organizzazione in Italia, è richiesta la nomina in Italia di un rappresentante<br />
fiscale, al fine di porre in essere gli adempimenti <strong>con</strong>nessi <strong>con</strong> l'assolvimento<br />
dell'IVA.<br />
L'operatore e<strong>con</strong>omico, che ha effettuato l'introduzione <strong>dei</strong> beni e che provvede<br />
alla loro estrazione, per l'applicazione dell'imposta deve emettere "autofattura"<br />
ex art. 17, comma 3, D.P.R. n. 633/72.<br />
La base imponibile, a tal fine, è individuata nel corrispettivo o valore<br />
relativo all’operazione non assoggettato all'imposta per effetto<br />
dell'introduzione ovvero, nel caso in cui i beni siano stati successivamente<br />
oggetto di una o più cessioni nel corrispettivo o valore relativo all'ultima di tali<br />
cessioni. Va, inoltre, <strong>con</strong>siderato anche l'ammontare relativo ai dazi<br />
doganali assolti per i beni immessi in libera pratica, alle eventuali prestazioni<br />
di servizi effettuate sugli stessi beni durante la giacenza nel deposito IVA fino al<br />
momento dell'estrazione.<br />
RICORDA<br />
La base imponibile sulla quale calcolare l’IVA è data:<br />
dal corrispettivo o valore normale dell’ultima operazione effettuata,<br />
Ad esempio dal valore <strong>dei</strong> beni così come risultante dall’atto <strong>con</strong> il<br />
quale gli stessi sono stati introdotti nel deposito, oppure dal<br />
corrispettivo senza IVA dell’ultima cessione avvenuta nel periodo di<br />
permanenza <strong>dei</strong> beni nel deposito;<br />
aumentato degli eventuali dazi doganali pagati all’atto dell’importazione<br />
(per i beni di provenienza extra-comunitaria introdotti nei depositi IVA);<br />
aumentato delle prestazioni di servizi (ad esempio il prezzo delle<br />
riparazioni) effettuate durante la permanenza <strong>dei</strong> beni nel deposito.<br />
214
Risoluzione<br />
n. 198/E/2000<br />
Beni oggetto di<br />
un precedente<br />
acquisto senza<br />
applicazione<br />
dell’Iva<br />
In particolare, <strong>con</strong> riferimento all'estrazione di beni immessi in libera pratica<br />
precedentemente introdotti nel deposito IVA, il Ministero delle Finanze nella<br />
Risoluzione n. 198/E/2000 ha precisato che:<br />
nell'autofattura emessa ai sensi dell'art. 17, comma 3, si dovrà riportare<br />
il riferimento al documento doganale di importazione, già annotato nel<br />
registro degli acquisti, nonché l'ammontare imponibile <strong>dei</strong> beni estratti<br />
e <strong>della</strong> relativa imposta.<br />
Tale autofattura è <strong>con</strong>siderata completamento del predetto documento doganale<br />
ai fini dell'assolvimento dell'imposta non pagata in dogana all'atto<br />
dell'importazione. La stessa dovrà essere annotata nel registro delle fatture<br />
emesse e in quello degli acquisti tenendo presente che se l'ammontare<br />
dell'imponibile non è variato rispetto al valore di introduzione:<br />
nel registro delle fatture emesse va riportato integralmente sia l'imponibile<br />
che l'IVA;<br />
nel registro degli acquisti va riportata esclusivamente l'IVA, essendo<br />
l'imponibile già indicato sulla base del documento doganale di immissione in<br />
libera pratica.<br />
Se, invece, l'ammontare dell'imponibile è diverso rispetto al valore di<br />
introduzione, anche a seguito di eventuali prestazioni di servizi rese durante la<br />
giacenza nel deposito:<br />
nel registro delle fatture emesse va riportato integralmente sia l'imponibile<br />
che l'IVA;<br />
nel registro degli acquisti va riportata la differenza dell'ammontare<br />
imponibile, rispetto a quanto già annotato sulla base del documento<br />
doganale, nonché l'intera IVA relativa all'operazione di estrazione.<br />
Nel caso in cui i beni estratti dal deposito IVA siano stati precedentemente<br />
acquistati senza applicazione dell'IVA da parte del soggetto che procede<br />
all'estrazione, quest'ultimo dovrà provvedere all'integrazione <strong>della</strong> fattura<br />
d'acquisto, anche intracomunitario, ricevuta e registrata in precedenza, <strong>con</strong><br />
l'indicazione <strong>dei</strong> servizi eventualmente resi e dell'imposta dovuta.<br />
215
Beni inviati<br />
all’estero<br />
L'integrazione così effettuata dovrà essere annotata:<br />
nel registro delle fatture emesse entro 15 giorni dall'estrazione e <strong>con</strong><br />
riferimento alla relativa data;<br />
nel registro degli acquisti entro il mese successivo a quello dell'estrazione.<br />
ESEMPIO<br />
Un'impresa italiana acquista in sospensione d'imposta (art. 41, comma 4, D.L.<br />
n. 331/93) <strong>dei</strong> beni da una società tedesca. La relativa fattura, senza<br />
l'indicazione dell'imposta, è stata annotata <strong>con</strong> le <strong>con</strong>suete modalità previste<br />
per gli acquisti intracomunitari. L'impresa italiana provvede ad immettere i<br />
beni acquistati in un deposito IVA, per essere qui sottoposti a lavorazione.<br />
Successivamente, all'atto dell'estrazione <strong>dei</strong> prodotti dal deposito IVA per<br />
essere utilizzati o commercializzati l'impresa italiana deve:<br />
integrare la fattura ricevuta dalla società tedesca <strong>con</strong> l'indicazione<br />
dell'imponibile, dato dalla somma del corrispettivo <strong>della</strong> lavorazione e<br />
del costo d'acquisto <strong>della</strong> merce, nonchè <strong>della</strong> relativa imposta<br />
dovuta;<br />
annotare, entro 15 giorni, la variazione in aumento nel registro delle<br />
vendite;<br />
annotare, entro il mese successivo all'estrazione, la variazione nel<br />
registro degli acquisti.<br />
L'estrazione da un deposito IVA <strong>dei</strong> beni destinati a un paese comunitario<br />
costituisce un'operazione senza applicazione dell'imposta ai sensi degli<br />
artt. 41 e 50-bis, comma 4, D.L. n. 331/93. La cessione in esame dovrà<br />
essere ricompresa nel mod. INTRA 1-bis.<br />
Se i beni sono destinati in un paese extracomunitario la relativa fattura è<br />
emessa senza applicazione dell'imposta ai sensi degli artt. 8, D.P.R. n. 633/72 e<br />
50-bis, comma 4, D.L. n. 331/93. L'estrazione è effettuata sulla base <strong>della</strong><br />
dichiarazione doganale così come previsto dall'art. 4, comma 2, D.M. n. 419/97.<br />
216
Tabelle<br />
riassuntive<br />
Adempimenti<br />
<strong>con</strong>tabili<br />
Si riassume nelle tabelle sottostanti quanto sopra riportato relativamente<br />
all’estrazione <strong>dei</strong> beni dal Deposito Iva e i relativi adempimenti <strong>con</strong>tabili.<br />
BENI ESTRATTI DAL DEPOSITO IVA e SUCCESSIVAMENTE CEDUTI<br />
A soggetti residenti Fattura <strong>con</strong> applicazione dell’IVA;<br />
A soggetti comunitari Fattura non imponibile ai sensi degli<br />
217<br />
artt. 41 e 50-bis, DL 331/93.<br />
A soggetti extra-comunitari Fattura non imponibile ai sensi dell’art.<br />
8, DPR 633/72.<br />
ADEMPIMENTI CONTABILI<br />
FATTISPECIE DESCRIZIONE<br />
Beni estratti dal<br />
medesimo soggetto<br />
che li ha introdotti<br />
Beni estratti da un<br />
soggetto diverso da<br />
quello che li ha<br />
introdotti<br />
Beni oggetto di<br />
importazione<br />
(immissione in<br />
libera pratica)<br />
E’ necessario emettere autofattura ai sensi<br />
dell’art. 17, c. 3, DPR n. 633/72, da registrare sia<br />
sul registro IVA acquisti, sia sul registro IVA<br />
vendite.<br />
E’ necessario integrare la fattura di acquisto <strong>con</strong><br />
l’indicazione dell’imponibile, dell’aliquota e <strong>della</strong><br />
relativa imposta. Tale fattura va quindi registrata:<br />
sul registro IVA acquisti (entro 15 gg<br />
dall’estrazione per i beni di provenienza<br />
comunitaria);<br />
sul registro IVA vendite (entro 15 gg<br />
dall’estrazione per i beni di provenienza<br />
comunitaria).<br />
Come chiarito dalla RM 198/E/2000 all’atto<br />
dell’estrazione <strong>dei</strong> beni dal deposito è necessario:<br />
emettere autofattura ai sensi dell’art. 17, c.<br />
3, DPR 633/72, facendo esplicito riferimento<br />
alla bolletta doganale di importazione, già<br />
annotata nel registro IVA acquisti;<br />
annotare tale autofattura, indicante imponibile<br />
ed imposta, sia nel registro IVA acquisti, sia<br />
nel registro IVA vendite.
E’ necessario tuttavia distinguere le seguenti<br />
ipotesi:<br />
se l’imponibile non è variato rispetto al valore<br />
di introduzione:<br />
218<br />
- nel registro IVA vendite vanno riportati<br />
integralmente sia l’imponibile che<br />
l’imposta;<br />
- nel registro IVA acquisti va riportata la<br />
sola imposta, essendo l’imponibile già<br />
registrato in precedenza all’atto<br />
dell’immissione in libera pratica (sulla base<br />
<strong>della</strong> bolletta doganale);<br />
se l’imponibile è variato rispetto al valore di<br />
introduzione (ad esempio per cessioni<br />
successive o prestazioni di servizi):<br />
- nel registro IVA vendite vanno riportati<br />
integralmente sia l’imponibile che<br />
l’imposta;<br />
- nel registro IVA acquisti va riportata la<br />
differenza dell'ammontare imponibile,<br />
rispetto a quanto già annotato sulla base<br />
del documento doganale, nonché l'intera<br />
IVA relativa all'operazione di estrazione.
Alcuni casi<br />
operativi<br />
A <strong>con</strong>clusione del presente approfondimento si riportano di seguito alcuni<br />
esempi operativi.<br />
219<br />
ESEMPI<br />
FATTISPECIE DESCRIZIONE<br />
Società italiana ITA1<br />
cede i beni alla società<br />
inglese UK1 che, in un<br />
momento successivo,<br />
li cede alla società<br />
italiana ITA2<br />
Società italiana ITA1<br />
cede i beni alla società<br />
inglese UK1 che, in un<br />
momento successivo,<br />
li cede alla società<br />
italiana ITA2.<br />
Quest’ultima cede i<br />
beni a ITA3 che a sua<br />
volta li cede a ITA4<br />
Operazione ordinaria.<br />
Cessione intracomunitaria da ITA1 a UK1 <strong>con</strong> trasporto<br />
delle merci dall’Italia all’Inghilterra.<br />
Cessione intracomunitaria da UK1 a ITA2 <strong>con</strong> trasporto<br />
delle merci dall’Inghilterra all’Italia.<br />
Operazione semplificata (deposito IVA).<br />
ITA1 cede i beni a UK1 <strong>con</strong> introduzione in un deposito<br />
IVA situato in Italia (non costituisce cessione<br />
intracomunitaria; non si applica l’IVA).<br />
UK1 cede i beni custoditi nel deposito a ITA2, senza<br />
applicazione di IVA.<br />
ITA2 estrae i beni dal deposito, integrando e registrando<br />
la fattura d’acquisto.<br />
Operazione ordinaria.<br />
Cessione intracomunitaria da ITA1 a UK1 <strong>con</strong> trasporto<br />
delle merci dall’Italia all’Inghilterra.<br />
Cessione intracomunitaria da UK1 a ITA2 <strong>con</strong> trasporto<br />
delle merci dall’Inghilterra all’Italia.<br />
Cessione interna <strong>con</strong> IVA da ITA2 a ITA3.<br />
Cessione interna <strong>con</strong> IVA da ITA3 a ITA4.<br />
Operazione semplificata (deposito IVA).<br />
ITA1 cede i beni a UK1 <strong>con</strong> introduzione in un deposito<br />
IVA situato in Italia (non costituisce cessione<br />
intracomunitaria; non si applica l’IVA).<br />
UK1 cede i beni custoditi nel deposito a ITA2, senza<br />
applicazione di IVA.<br />
ITA2 cede i beni custoditi nel deposito a ITA3, senza<br />
applicazione di IVA.<br />
ITA3 cede i beni custoditi nel deposito a ITA4, senza<br />
applicazione di IVA.<br />
ITA4 estrae i beni dal deposito, integrando e registrando<br />
la fattura d’acquisto.
Società americana<br />
US1 cede i beni alla<br />
società italiana ITA1<br />
che, in un momento<br />
successivo, li cede alla<br />
società tedesca TED1<br />
che a sua volta li cede<br />
alla società francese<br />
FRA1, <strong>con</strong> successiva<br />
cessione alla società<br />
italiana ITA2<br />
Operazione ordinaria.<br />
Importazione di ITA1 nei <strong>con</strong>fronti di US1, <strong>con</strong><br />
<strong>con</strong>seguente applicazione dell’IVA in dogana.<br />
Cessione intracomunitaria di ITA1 nei <strong>con</strong>fronti di TED1,<br />
<strong>con</strong> trasporto dall’Italia alla Germania.<br />
Cessione intracomunitaria di TED1 nei <strong>con</strong>fronti di FRA1,<br />
<strong>con</strong> trasporto dalla Germania alla Francia.<br />
Cessione intracomunitaria di FRA1 nei <strong>con</strong>fronti di ITA2,<br />
<strong>con</strong> trasporto dalla Francia all’Italia<br />
Operazione semplificata (deposito IVA).<br />
US1, tramite rappresentante fiscale o stabile<br />
organizzazione, introduce i beni nel deposito IVA. In tal<br />
modo l’IVA non è applicata in dogana.<br />
ITA1 cede i beni custoditi nel deposito a TED1, senza<br />
applicazione di IVA.<br />
TED1 cede i beni custoditi nel deposito a FRA1, senza<br />
applicazione di IVA.<br />
FRA1 cede i beni custoditi nel deposito a ITA2, senza<br />
applicazione di IVA.<br />
ITA2 estrae i beni dal deposito, integrando e registrando<br />
la fattura d’acquisto.<br />
220
IVA SERVIZI PROMOZIONALI: I CHIARIMENTI DELLA<br />
RISOLUZIONE N. 36/E/2008<br />
Premessa<br />
I corrispettivi ricevuti dal distributore che effettua servizi<br />
promozionali su richiesta del produttore devono essere fatturati <strong>con</strong> Iva al<br />
20%. La fatturazione potrà essere “specifica” o “<strong>con</strong> cadenza periodica”.<br />
Gli “s<strong>con</strong>ti” o “abbuoni” <strong>con</strong>cessi dal produttore al distributore al verificarsi<br />
di <strong>particolari</strong> <strong>con</strong>dizioni, invece, ai fini fiscali, devono essere <strong>con</strong>siderati delle<br />
“riduzioni di prezzo”, da esporre direttamente in fattura o tramite nota di<br />
credito.<br />
(Risoluzione n. 36/E del 7 febbraio 2008)<br />
Molte aziende produttrici e industrie italiane fornis<strong>con</strong>o beni di largo <strong>con</strong>sumo<br />
attraverso la catena <strong>della</strong> grande distribuzione, supermercati ed ipermercati e<br />
stipulano accordi <strong>con</strong> tali imprese distributrici volti ad incentivare la vendita <strong>dei</strong><br />
propri prodotti attraverso attività promozionali e servizi espositivi.<br />
Nota bene<br />
L’azienda produttrice può stipulare l’accordo commerciale anche <strong>con</strong> una<br />
Centrale/Gruppo d’acquisto, cioè <strong>con</strong> una struttura che nasce per volontà di<br />
imprese di distribuzione operanti in un medesimo settore e che rappresenta le<br />
medesime società associate nei <strong>con</strong>fronti delle imprese produttrici (industria).<br />
Ai fini fiscali, tali attività promozionali possono essere <strong>con</strong>figurate:<br />
sia come prestazioni di servizi (servizi promozionali), <strong>con</strong>sistenti<br />
in operazioni poste normalmente in essere dall’impresa<br />
distributrice (es.: supermercato) a favore dell’impresa produttrice<br />
(es. società Gamma alimentare; società Delta abbigliamento) per<br />
favorire le vendite;<br />
sia come s<strong>con</strong>ti/abbuoni, ovvero vantaggi di natura finanziaria<br />
che l’impresa produttrice ri<strong>con</strong>osce a quella distributrice.<br />
221
Il principio<br />
illustrato dalla<br />
Risoluzione<br />
n. 120/E/2004<br />
Bonus “quantitativo”<br />
Bonus “qualitativo”<br />
Gli accordi<br />
commerciali<br />
Sulla corretta qualificazione, ai fini fiscali, delle attività promozionali<br />
poste in essere dalle imprese <strong>della</strong> grande distribuzione nei <strong>con</strong>fronti delle<br />
imprese fornitrici <strong>dei</strong> beni di largo <strong>con</strong>sumo, l’Agenzia delle Entrate si è espressa<br />
nella Risoluzione n. 36/E del 7 febbraio 2008.<br />
L’Agenzia delle Entrate ha, innanzitutto, ricordato che la precedente<br />
Risoluzione n. 120/E del 17.09.2004 ha fissato un principio generale per il<br />
corretto trattamento fiscale ai fini IVA <strong>dei</strong> “bonus” che la società produttrice<br />
ri<strong>con</strong>osce ai venditori, distinguendo tra:<br />
bonus di tipo “quantitativo”, ossia quello che viene corrisposto a<br />
seguito del raggiungimento di un determinato volume di vendite e si<br />
traduce in una riduzione <strong>dei</strong> prezzi stipulati originariamente dalla<br />
società produttrice all’atto <strong>della</strong> cessione e <strong>dei</strong> prodotti → può essere,<br />
quindi, equiparato ad un “abbuono” o “s<strong>con</strong>to” previsto;<br />
bonus di tipo “qualitativo”, cioè quello erogato per lo svolgimento di<br />
obbligazioni previste nell’accordo <strong>con</strong>trattuale <strong>con</strong>sistenti in attività<br />
specifiche (es.: attività di marketing) svolte in aggiunta all’attività<br />
principale, che resta quella di compravendita → può essere, quindi,<br />
<strong>con</strong>siderato un “corrispettivo per prestazioni di servizi”.<br />
E’ dall’accordo <strong>con</strong>trattuale stipulato tra le parti che deve facilmente<br />
desumersi la natura <strong>dei</strong> “bonus”. L’univocità e la chiarezza degli accordi<br />
<strong>con</strong>trattuali è fondamentale per stabilire la finalità per cui viene erogata la<br />
somma e, quindi, per ri<strong>con</strong>durre correttamente l’attività promozionale svolta tra<br />
le prestazioni di servizi, ovvero tra gli s<strong>con</strong>ti.<br />
In merito al <strong>con</strong>tenuto degli accordi commerciali, l’Agenzia delle Entrate ha<br />
precisato che vi sono due tipologie principali di accordi:<br />
l’accordo quadro, che è quello che fissa le linee generali <strong>dei</strong> <strong>rapporti</strong> che<br />
intercorrono tra impresa produttrice e impresa distributrice;<br />
gli accordi integrativi, che sono quelli nei quali vengono riportate nel<br />
dettaglio le attività da svolgere, tra cui quelle promozionali.<br />
Considerato che la deducibilità <strong>dei</strong> costi e la detraibilità dell’IVA sono subordinate<br />
all’esistenza e alla <strong>con</strong>servazione <strong>della</strong> relativa documentazione da esibire su<br />
222
Servizi<br />
promozionali<br />
Presupposto<br />
Corrispettivo<br />
Cliente<br />
Fornitore<br />
richiesta degli uffici competenti, l’Amministrazione finanziaria ha ribadito che gli<br />
accordi in esame assumono rilevanza ai fini fiscali perchè <strong>con</strong>sentono, laddove<br />
gli stessi siano analitici, di documentare i costi e detrarre l’IVA corrisposta dalle<br />
società produttrici a fronte delle prestazioni di servizi ricevute per attività<br />
promozionali.<br />
Per tale motivo, è opportuno che detti accordi siano predisposti in modo<br />
tale da:<br />
non generare dubbi circa le operazioni promozionali che s’intende<br />
porre in essere nel periodo di vigenza dell’accordo;<br />
<strong>disciplina</strong>re anche fattispecie <strong>particolari</strong>, come quella in cui l’attività<br />
promozionale venga svolta nel periodo che intercorre tra la fine del periodo<br />
coperto dall’accordo per l’anno precedente e la sigla del nuovo accordo per<br />
l’anno corrente.<br />
In merito ai servizi promozionali, l’Amministrazione finanziaria ha precisato<br />
che presupposto di un servizio promozionale è:<br />
l’adempimento di un’obbligazione di fare, nella fattispecie, lo<br />
svolgimento di attività volte ad orientare la domanda <strong>dei</strong> <strong>con</strong>sumatori verso<br />
determinati prodotti, poste in essere da un soggetto a favore di un altro<br />
soggetto.<br />
Il corrispettivo pattuito per i servizi promozionali rappresenta, dunque, un<br />
compenso <strong>con</strong>dizionato al realizzarsi di un’obbligazione di fare da parte del<br />
cliente nei <strong>con</strong>fronti del fornitore.<br />
In linea generale:<br />
per “cliente” → si intende il soggetto che è normalmente cliente-<br />
acquirente nel <strong>con</strong>tratto di compravendita (ovvero, l’impresa<br />
distributrice), ma che, <strong>con</strong> riferimento ai servizi promozionali, agisce<br />
come prestatore del servizio;<br />
per “fornitore” → si intende il soggetto che è normalmente venditore<br />
nel <strong>con</strong>tratto di compravendita (ovvero, l’impresa produttrice), ma che,<br />
<strong>con</strong> riferimento ai servizi promozionali, agisce come fruitore del servizio.<br />
223
Contratto di<br />
compravendita<br />
per “<strong>con</strong>tratto di compravendita” → si intende unicamente la parte<br />
dell’accordo che <strong>disciplina</strong> la fornitura <strong>dei</strong> prodotti e il ri<strong>con</strong>oscimento di<br />
s<strong>con</strong>ti, <strong>con</strong>dizionati o in<strong>con</strong>dizionati, e non anche la parte dell’accordo che<br />
<strong>disciplina</strong> le obbligazioni reciproche derivanti dai servizi promozionali<br />
<strong>con</strong>cordati tra le parti.<br />
CONTRATTO DI<br />
COMPRAVENDIT<br />
A<br />
CLIENTE<br />
(impresa distributrice)<br />
FORNITORE<br />
(impresa produttrice)<br />
224<br />
<strong>disciplina</strong><br />
SI’<br />
NO<br />
CONTRATTO DI<br />
COMPRAVENDITA<br />
FORNITURA DEI PRODOTTI<br />
E RICONOSCIMENTO DI<br />
SCONTI (<strong>con</strong>dizionati o<br />
in<strong>con</strong>dizionati)<br />
OBBLIGAZIONI<br />
RECIPROCHE DERIVANTI<br />
DAI SERVIZI<br />
PROMOZIONALI<br />
SERVIZI<br />
PROMOZIONALI<br />
Acquirente Prestatore del servizio<br />
Venditore Fruitore del servizio
Tipologie di servizi<br />
promozionali più<br />
diffuse<br />
Esposizione<br />
preferenziale<br />
Presidio e<br />
mantenimento<br />
dell’assortimento del<br />
prodotti nel punto<br />
vendita<br />
L’Amministrazione finanziaria, all’interno <strong>della</strong> Risoluzione n. 36/E/2008 in<br />
esame, elenca le tipologie di servizi promozionali maggiormente utilizzate<br />
negli accordi commerciali, in particolare:<br />
esposizione preferenziale;<br />
presidio e mantenimento dell’assortimento <strong>dei</strong> prodotti nel punto<br />
vendita;<br />
nuove aperture;<br />
inserimento prodotti (listing o fast listing);<br />
operazioni volantino;<br />
esclusiva;<br />
servizi promo-pubblicitari;<br />
operazioni di co-marketing;<br />
cessione dati di profilazione del cliente.<br />
L’esposizione preferenziale <strong>con</strong>siste nell’esposizione <strong>dei</strong> prodotti del<br />
fornitore in posizioni particolarmente visibili presso il proprio punto di<br />
vendita.<br />
Nota bene<br />
Si tratta, ad esempio, delle c.d. operazioni fuori scaffale, fuori banco, testata di<br />
gondola, isola o box pallet, evidenziazione a scaffale, ampliamento spazio.<br />
L’attività di presidio e mantenimento dell’assortimento <strong>dei</strong> prodotti nel<br />
punto di vendita <strong>con</strong>siste nel mantenere nel proprio punto di vendita una<br />
determinata gamma o un numero minimo di prodotti o di referenze del<br />
fornitore.<br />
Con questo tipo di servizio promozionale, il distributore vincola, di fatto, in modo<br />
<strong>con</strong>tinuativo o per un determinato periodo, uno spazio ben determinato dello<br />
scaffale a determinati prodotti o referenze.<br />
225
Nuove aperture<br />
Inserimento prodotti<br />
Il presidio assortimentale è un’obbligazione di fare ulteriore, in quanto,<br />
in assenza di accordo di presidio assortimentale, il distributore potrebbe,<br />
comunque, optare autonomamente per soluzioni diverse (es. esposizione di una<br />
referenza ad esaurimento <strong>della</strong> precedente, esposizione di referenze diverse in<br />
punti di vendita diversi, etc.).<br />
Un altro tipo di servizio promozionale è quello in cui, in occasione<br />
dell’apertura di nuovi punti di vendita, del loro ampliamento, del rinnovo<br />
<strong>dei</strong> locali o <strong>della</strong> trasformazione da Super a Iper, il distributore effettua:<br />
marketing comune insieme al fornitore, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguente ripartizione<br />
<strong>dei</strong> costi (attività di “co-marketing”);<br />
esposizione preferenziale;<br />
volantini sui prodotti del fornitore;<br />
speciali attività di comunicazione al pubblico, attraverso i mass media o<br />
in-store, in relazione alle referenze del produttore;<br />
anche differenziate per tipo di punto vendita oggetto dell’apertura o <strong>della</strong><br />
riqualificazione.<br />
La Risoluzione in esame sottolinea che, nel caso di questa tipologia di servizio<br />
promozionale, se la natura <strong>della</strong> prestazione (volantino, esposizione<br />
preferenziale, enfasi assortimentale, etc.), che sarà poi oggetto <strong>della</strong> fattura,<br />
non è indicata in modo esplicito nell’accordo <strong>con</strong>trattuale, deve risultare dalla<br />
documentazione scambiata fra le parti nella fase di definizione degli aspetti<br />
operativi dell’evento (data, luogo).<br />
L’accordo commerciale può, inoltre, prevedere un tipo di servizio promozionale<br />
che <strong>con</strong>siste nell’inserimento, nel proprio punto di vendita, di nuovi<br />
prodotti in fase di lancio per un periodo di tempo <strong>con</strong>cordato.<br />
Il servizio offerto dal distributore <strong>con</strong>siste nel vincolare un determinato spazio a<br />
scaffale per un prodotto il cui potenziale di volume è ignoto.<br />
226
Operazioni volantino<br />
Esclusiva<br />
Attività promopubblicitaria<br />
Operazioni di comarketing<br />
Cessione dati<br />
profilazione cliente<br />
Congruità <strong>dei</strong><br />
compensi per<br />
servizi promozionali<br />
Determinazione in base<br />
alla prassi commerciale<br />
In sostanza, il distributore assume un obbligo di esposizione del prodotto<br />
indipendentemente da logiche di rotazione e margine.<br />
Il distributore può esercitare un servizio promozionale anche attraverso<br />
volantini promozionali, da diffondere nei punti di vendita, che includano<br />
i prodotti del fornitore.<br />
L’esclusiva è l’attività <strong>con</strong>sistente nel vendere, nei banchi <strong>con</strong>servatori<br />
forniti dal fornitore (es: banchi frigo per i gelati), esclusivamente i prodotti<br />
del fornitore stesso e non anche i prodotti <strong>della</strong> <strong>con</strong>correnza.<br />
L’attività promo-pubblicitaria <strong>con</strong>siste nella pubblicizzazione <strong>dei</strong> prodotti<br />
del fornitore presso il proprio punto di vendita (es: insegna pubblicitaria,<br />
locandina, floor graphics, pendolini).<br />
Le operazioni di co-marketing, come anticipato sopra, <strong>con</strong>sistono nella<br />
promozione/vendita <strong>dei</strong> prodotti del fornitore in formato speciale, abbinati ad<br />
esempio a gadgets o operazioni a premio, o nello svolgimento di attività<br />
promozionali che affianchino i prodotti/loghi del fornitore a quelli propri del<br />
distributore.<br />
Il distributore può, infine, rendere disponibili al partner commerciale dati<br />
statistici anonimi volti ad illustrare i comportamenti di acquisto <strong>dei</strong><br />
clienti all’interno <strong>dei</strong> punti di vendita.<br />
L’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che il compenso per i servizi<br />
promozionali corrisposto dall’impresa fornitrice all’impresa cliente deve essere<br />
<strong>con</strong>gruo, nel senso che deve essere:<br />
determinato opportunamente in base alla prassi commerciale<br />
(ossia in misura fissa o, più frequentemente, in misura percentuale sul<br />
fatturato, ovvero sull’ammontare <strong>dei</strong> beni acquistati);<br />
227
Importo adeguato ai<br />
servizi resi<br />
La fatturazione <strong>dei</strong><br />
servizi promozionali<br />
IVA al 20%<br />
Caratteristiche <strong>della</strong><br />
fattura<br />
OSSERVA<br />
Se l’importo è determinato in misura percentuale, l’Agenzia delle Entrate<br />
sostiene che è opportuno specificare nell’accordo commerciale l’impegno ad<br />
acquistare/erogare servizi promozionali per un importo complessivo che,<br />
dovendosi commisurare ad un importo (percentuale del fatturato) non ancora<br />
noto, potrà essere indicato facendo riferimento ad un numero minimo di<br />
eventi/attività da realizzare, rimandando, per ulteriori dettagli, a quanto<br />
<strong>con</strong>tenuto nel calendario promozionale o in eventuali accordi integrativi<br />
periferici.<br />
fatturato adeguatamente in relazione ai servizi resi, per evitare<br />
Nota bene<br />
che lo stesso possa <strong>con</strong>figurarsi come <strong>con</strong>tributo o liberalità che<br />
l’impresa produttrice corrisponde a quella distributrice.<br />
Se il compenso si <strong>con</strong>figurasse come <strong>con</strong>tributo o liberalità, il soggetto erogante<br />
non potrebbe dedurlo nella determinazione del reddito d’impresa.<br />
L’Agenzia delle Entrate afferma che, per i corrispettivi pattuiti in funzione di<br />
servizi promozionali:<br />
si applica l’IVA ordinaria al 20%.<br />
Ai sensi dell’art. 21, comma 2, DPR n. 633/1972, la fattura deve essere datata<br />
e numerata in ordine progressivo per anno solare e deve <strong>con</strong>tenere, in<br />
ogni caso:<br />
• i dati identificativi <strong>dei</strong> soggetti fra cui è effettuata l’operazione;<br />
• il numero di partita IVA e codice fiscale del cedente o prestatore;<br />
• la natura, qualità e quantità <strong>dei</strong> beni e <strong>dei</strong> servizi formanti oggetto<br />
dell’operazione;<br />
• la base imponibile, l’aliquota e l’ammontare dell’imposta;<br />
228
Fatturazione specifica<br />
• indicazioni aggiuntive obbligatorie per casi <strong>particolari</strong> (es. operazioni non<br />
imponibili, esenti, cessione intracomuntaria, cessione ad esportatori<br />
abituali, s<strong>con</strong>to, premio o abbuono, ecc);<br />
• per le società, ulteriori elementi, quali l’ufficio del registro presso il quale<br />
è iscritta la società, il numero dell’iscrizione, il Capitale Sociale, ecc.<br />
La fatturazione <strong>dei</strong> servizi promozionali può essere:<br />
specifica;<br />
periodica.<br />
Si ha la fatturazione specifica se la fattura è riferita a specifiche<br />
operazioni ed è singola o riepilogativa.<br />
In tal caso, la fattura deve <strong>con</strong>tenere, oltre agli elementi di cui all’art. 21,<br />
comma 2, D.P.R. n. 633/1972, il riferimento all’accordo in cui sono fissate:<br />
1) le <strong>con</strong>dizioni di calcolo del compenso;<br />
2) il calendario promozionale;<br />
3) i punti vendita (o tipologia di punti vendita) in cui si è svolta la<br />
promozione, se specificamente individuati, altrimenti la dicitura<br />
“nell’intera rete di punti vendita”;<br />
4) il periodo di promozione, i prodotti o la categoria oggetto di<br />
promozione.<br />
Generalmente, questo tipo di fatturazione avviene <strong>con</strong> riferimento ad un<br />
tariffario-servizi, anche se l’accordo prevede l’impegno per una percentuale<br />
sul fatturato annuale. All’atto dell’addebito è, quindi, opportuno indicare la<br />
dicitura “ac<strong>con</strong>to” e “salvo <strong>con</strong>guaglio”.<br />
Il <strong>con</strong>guaglio sarà, in questo caso, di tipo tariffario e a <strong>con</strong>suntivo di fatturato e<br />
potrà essere addebitato in misura fissa <strong>con</strong> un unico documento che indichi:<br />
• la base dell’accordo (fatturato effettivo e percentuale <strong>con</strong>cordata);<br />
• gli ac<strong>con</strong>ti già corrisposti;<br />
• il residuo.<br />
229
Fatturazione periodica<br />
Fatturazione da parte di<br />
terzi<br />
Si ha, invece, la fatturazione periodica qualora si fatturino periodicamente<br />
le singole prestazioni rese nell’ambito di un’attività promozionale<br />
unitaria articolata nel tempo.<br />
In tal caso, la fattura, oltre agli elementi di cui all’art. 21, c. 2, D.P.R. n.<br />
633/1972 elencati prima e agli elementi indicati prima ai punti 1), 2), 3) e 4),<br />
deve <strong>con</strong>tenere:<br />
l’indicazione se la singola prestazione è ri<strong>con</strong>ducibile ad<br />
un’attività unitaria.<br />
Come nel caso delle fatturazioni specifiche, inoltre, anche per quelle periodiche è<br />
opportuno che l’addebito avvenga sempre indicando la dicitura “ac<strong>con</strong>to” e<br />
“salvo <strong>con</strong>guaglio”.<br />
Anche in questo caso, il <strong>con</strong>guaglio sarà a <strong>con</strong>suntivo di fatturato e potrà essere<br />
addebitato in misura fissa <strong>con</strong> un unico documento che indichi:<br />
Nota bene<br />
• la base dell’accordo (fatturato effettivo e percentuale <strong>con</strong>cordata);<br />
• gli ac<strong>con</strong>ti già corrisposti;<br />
• il residuo.<br />
Nell’ipotesi in cui le singole prestazioni promozionali rese nel corso del tempo<br />
non siano ri<strong>con</strong>ducibili ad un’attività promozionale unitaria, la fattura emessa<br />
all’atto del pagamento deve intendersi riferita alla singola prestazione<br />
promozionale effettuata anche in esecuzione di un <strong>con</strong>tratto ad esecuzione<br />
<strong>con</strong>tinuata e periodica.<br />
Nell’ipotesi in cui l’impresa che presta i servizi promozionali (impresa<br />
distributrice) faccia emettere la relativa fattura da terzi (es. centrale/gruppo di<br />
acquisto) ai sensi dell’art. 21, comma 1, primo periodo, D.P.R. n. 633/1972 1 ,<br />
essa dovrà <strong>con</strong>tenere, in base a quanto previsto dall’art. 21, comma 2, lett.<br />
h):<br />
l’indicazione che la stessa è compilata per <strong>con</strong>to del cedente o<br />
prestatore da un terzo.<br />
1<br />
La disposizione prevede la facoltà per il cedente o prestatore del servizio, “ferma restando la sua responsabilità” di<br />
far emettere la fattura da un terzo, senza <strong>con</strong>figurare alcun rapporto di mandato (si veda anche la circ. n. 45/E del<br />
19 ottobre 2005).<br />
230
In sintesi<br />
Naturalmente, le parti dovranno comunicare tra loro gli elementi caratterizzanti<br />
l’operazione da fatturare e rispettare l’obbligo di numerazione progressiva.<br />
Se ad emettere la fattura è un terzo non incaricato <strong>della</strong> gestione <strong>della</strong><br />
<strong>con</strong>tabilità, la fattura emessa deve essere inviata al cedente o prestatore,<br />
oppure al soggetto depositario delle scritture <strong>con</strong>tabili da lui stesso<br />
indicato.<br />
FATTURA SERVIZI PROMOZIONALI (IVA AL 20%)<br />
ELEMENTI BASE<br />
ELEMENTI AGGIUNTIVI<br />
PER LA FATTURA<br />
SPECIFICA<br />
ELEMENTI AGGIUNTIVI<br />
PER LA FATTURA<br />
PERIODICA<br />
• i dati identificativi <strong>dei</strong> soggetti fra cui è effettuata<br />
l’operazione;<br />
• il numero di partita IVA e codice fiscale del cedente o<br />
prestatore;<br />
• la natura, qualità e quantità <strong>dei</strong> beni e <strong>dei</strong> servizi<br />
formanti oggetto dell’operazione;<br />
• la base imponibile, l’aliquota e l’ammontare<br />
dell’imposta;<br />
• indicazioni aggiuntive obbligatorie per casi <strong>particolari</strong><br />
(es. operazioni non imponibili, esenti, …);<br />
• nel caso di società, altri ulteriori elementi (l’ufficio del<br />
registro presso il quale è iscritta la società, il numero<br />
dell’iscrizione, il Capitale Sociale, ecc.);<br />
tutti i precedenti<br />
+<br />
le <strong>con</strong>dizioni di calcolo del compenso;<br />
il calendario promozionale;<br />
i punti vendita in cui si è svolta la promozione;<br />
il periodo di promozione, i prodotti o la categoria<br />
oggetto di promozione;<br />
tutti i precedenti<br />
+<br />
l’indicazione se la singola prestazione è ri<strong>con</strong>ducibile ad<br />
un’attività unitaria.<br />
E’ opportuno che l’addebito avvenga sempre indicando la dicitura “ac<strong>con</strong>to” e<br />
“salvo <strong>con</strong>guaglio”.<br />
Se la fattura è emessa da terzi, occorre indicarvi anche che la stessa è<br />
compilata per <strong>con</strong>to del cedente o prestatore da un terzo.<br />
231
Documentazione da<br />
esibire in sede di<br />
<strong>con</strong>trollo<br />
S<strong>con</strong>ti e premi di<br />
fine periodo<br />
Presupposto<br />
In ordine alla documentazione da <strong>con</strong>servare ed esibire in sede di<br />
<strong>con</strong>trollo, la Risoluzione n. 36/E/2008 precisa che, per ciascuna singola fattura<br />
di servizi promozionali registrata dal fornitore, è opportuno poter esibire:<br />
l’accordo “quadro”, ovvero il documento <strong>con</strong>tenente le <strong>con</strong>dizioni che<br />
regolano i <strong>rapporti</strong> commerciali tra le imprese produttrici e distributrici;<br />
l’accordo integrativo <strong>con</strong> i dettagli delle attività effettivamente<br />
<strong>con</strong>cordate (Piano Promozionale), nel caso in cui l’accordo quadro sia<br />
“generico”, ovvero non individui nel dettaglio le attività promozionali da<br />
svolgere (il “calendario promozionale”);<br />
ogni eventuale attestazione interna (o di terzi, se la verifica è<br />
effettuata attraverso i servizi di società esterne) che, a <strong>con</strong>suntivo,<br />
documenti la verifica di avvenuta prestazione del servizio da parte del<br />
cliente e che riporti la descrizione delle attività promozionali effettuate,<br />
<strong>con</strong> evidenziati ad esempio:<br />
• la tipologia di attività promozionale;<br />
• il periodo di promozione (dal … al …);<br />
• i prodotti o la categoria di prodotti oggetto di promozione;<br />
• il punto di vendita in cui si è svolto il servizio;<br />
qualunque altra documentazione/attestazione che comprovi<br />
l’attività promozionale effettuata dal cliente (es: copia del volantino,<br />
e-mail del cliente ecc.).<br />
Analizziamo ora il corretto trattamento fiscale ai fini IVA degli s<strong>con</strong>ti e <strong>dei</strong><br />
premi di fine periodo, l’altra macro-categoria di attività promozionali<br />
<strong>con</strong>sistenti, come detto all’inizio, in vantaggi di natura finanziaria che<br />
l’impresa produttrice ri<strong>con</strong>osce a quella distributrice.<br />
In particolare, costituisce presupposto per il ri<strong>con</strong>oscimento di uno<br />
s<strong>con</strong>to/premio di fine periodo:<br />
l’assenza di un’ulteriore obbligazione del cliente rispetto a<br />
quella legata al <strong>con</strong>tratto di compravendita (<strong>con</strong>trariamente a ciò<br />
che avviene per i servizi promozionali).<br />
232
Tipologie di<br />
s<strong>con</strong>ti/premi<br />
Si tratta, quindi, di:<br />
oppure<br />
• uno s<strong>con</strong>to/premio <strong>con</strong>dizionato al realizzarsi di una normale<br />
<strong>con</strong>dizione commerciale di vendita;<br />
• in<strong>con</strong>dizionato <strong>con</strong>cesso al termine di un periodo <strong>con</strong>cordato.<br />
Più nello specifico, sono <strong>con</strong>siderati “s<strong>con</strong>ti/abbuoni”:<br />
s<strong>con</strong>ti/premi differiti di fine periodo in<strong>con</strong>dizionati (premi di fine<br />
anno in<strong>con</strong>dizionati), cioè quelli <strong>con</strong>cessi dal fornitore ai propri clienti<br />
indipendentemente dal raggiungimento di uno specifico obiettivo di<br />
fatturato o di volumi di vendita.<br />
s<strong>con</strong>ti/premi al raggiungimento di target di fatturato/volumi di<br />
vendita, cioè quello <strong>con</strong>cessi dal fornitore ai clienti che raggiungono un<br />
obiettivo di fatturato/volume di vendita o incrementano il proprio<br />
fatturato/volume di vendita rispetto a quello dell’anno precedente:<br />
s<strong>con</strong>ti/premi di fine anno a target, cioè quelli <strong>con</strong>cessi a fine anno dal<br />
fornitore ai clienti che raggiungono altri obiettivi (es: riduzione <strong>dei</strong> resi,<br />
numero di punti di vendita gestiti o acquisiti in proprietà, media fatturato<br />
sul punto di vendita ecc.);<br />
s<strong>con</strong>ti/premi di fine anno <strong>con</strong>dizionati, ovvero quelli <strong>con</strong>cessi a fine<br />
anno dal fornitore ai clienti che si trovino in <strong>particolari</strong> situazioni o che<br />
applicano degli s<strong>con</strong>ti a favore <strong>dei</strong> <strong>con</strong>sumatori (es: invenduti di campagna,<br />
sottocosto ecc.);<br />
s<strong>con</strong>ti logistici (o s<strong>con</strong>ti per centralizzazione), ossia quelli <strong>con</strong>cessi dal<br />
fornitore ai clienti per acquisti “centralizzati”, in cui i prodotti vengono<br />
<strong>con</strong>segnati dal fornitore direttamente ai magazzini o depositi centrali <strong>dei</strong><br />
clienti, che provvedono poi direttamente alla distribuzione <strong>dei</strong> prodotti nei<br />
propri punti vendita;<br />
s<strong>con</strong>ti/premi per acquisto di una combinazione di prodotti, quelli<br />
<strong>con</strong>cessi dal fornitore al cliente in cambio dell’impegno ad acquistare una<br />
determinata gamma o un numero minimo di prodotti o di referenze del<br />
233
Determinazione<br />
dello s<strong>con</strong>to/premio<br />
La fatturazione<br />
degli s<strong>con</strong>ti/premi<br />
fornitore o a garantire una <strong>con</strong>tinuità nell’acquisto di tali combinazioni di<br />
prodotto;<br />
s<strong>con</strong>ti/premi per rispetto delle <strong>con</strong>dizioni di pagamento, cioè quelli<br />
<strong>con</strong>cessi al cliente a fronte di pagamenti effettuati se<strong>con</strong>do le scadenze<br />
pattuite nelle <strong>con</strong>dizioni di pagamento negoziate <strong>con</strong> il fornitore;<br />
s<strong>con</strong>ti/premi per carico completo/acquisto a bancale, <strong>con</strong>cessi al<br />
cliente che si impegna ad acquistare dal fornitore quantità di prodotti tali<br />
da ottimizzarne i processi logistici di spedizione presso i magazzini e/o i<br />
punti vendita del cliente;<br />
s<strong>con</strong>ti/premi per riordino giacenze prodotti, cioè quelli <strong>con</strong>cessi al<br />
cliente a fronte dell’impegno ad acquistare dal fornitore quantità da<br />
quest’ultimo suggerite in base ad analisi delle giacenze di deposito, al fine<br />
di ottimizzare i processi produttivi e di spedizione;<br />
s<strong>con</strong>to riduzione prezzo, <strong>con</strong>cesso al cliente per migliorare la vendibilità<br />
di prodotti “in stock” (es.: “mancato reso”).<br />
Lo s<strong>con</strong>to/premio di fine periodo può essere determinato:<br />
in misura fissa;<br />
ovvero,<br />
in misura percentuale sul fatturato di riferimento (del singolo<br />
prodotto, <strong>della</strong> famiglia merceologica, del fatturato totale).<br />
In ordine alle modalità di fatturazione degli s<strong>con</strong>ti/premi, l’Agenzia delle<br />
Entrate precisa che, ai fini fiscali, gli s<strong>con</strong>ti/abbuoni costituis<strong>con</strong>o:<br />
riduzioni di prezzo, che comportano la variazione dell’importo<br />
fatturato dal cedente del bene.<br />
234
S<strong>con</strong>ti immediatamente<br />
applicabili: in fattura<br />
S<strong>con</strong>ti NON<br />
immediatamente<br />
applicabili: in nota di<br />
credito<br />
Contenuto<br />
dell’eventuale nota di<br />
credito<br />
Ciò significa che:<br />
per gli s<strong>con</strong>ti immediatamente applicabili (s<strong>con</strong>ti logistici) → la loro<br />
indicazione deve essere presente direttamente in fattura, in modo tale<br />
che l’importo che ne risulta rappresenta l’effettivo corrispettivo;<br />
per gli s<strong>con</strong>ti/abbuoni applicabili successivamente all’emissione<br />
<strong>della</strong> fattura in base alle <strong>con</strong>dizioni <strong>con</strong>trattuali → il cedente deve<br />
emettere, ai sensi dell’art. 26, comma 2, del DPR n. 633/1972, una<br />
nota di credito nei <strong>con</strong>fronti del “cliente fattura”.<br />
Nota bene<br />
La nota di credito può essere emessa anche dal cliente (cessionario o<br />
committente) su incarico del cedente o prestatore per suo <strong>con</strong>to.<br />
Si precisa che le eventuali variazioni in diminuzione di prezzo <strong>con</strong>cesse<br />
per “<strong>con</strong>suetudine commerciale” possono assimilarsi alle variazioni<br />
dell’imponibile e dell’imposta che “si verifichino in dipendenza di sopravvenuto<br />
accordo tra le parti” e pertanto, possono essere effettuate entro il termine<br />
di un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile originaria ai<br />
sensi dell’art. 26, terzo comma.<br />
L’eventuale nota di credito deve esplicitare:<br />
la tipologia di s<strong>con</strong>to/premio, <strong>con</strong>dizionato/in<strong>con</strong>dizionato o, in<br />
alternativa, il riferimento all’accordo (data e paragrafo) se già stipulato;<br />
i prodotti sul cui acquisto è applicato lo s<strong>con</strong>to /premio, laddove siano<br />
elementi rilevanti;<br />
l’indicazione <strong>della</strong> fattura cui si riferisce;<br />
il riferimento alla normativa IVA applicata;<br />
il periodo di riferimento;<br />
ovvero, in alternativa:<br />
il riferimento all’accordo commerciale (data e paragrafo).<br />
235
Documentazione da<br />
esibire in sede di<br />
<strong>con</strong>trollo<br />
Presenza di<br />
Centrale/Gruppo<br />
d’acquisto<br />
Funzione di<br />
approvvigionamento<br />
presso le industrie<br />
per <strong>con</strong>to delle<br />
associate<br />
I Servizi di Centrale<br />
Presupposto<br />
In sede di <strong>con</strong>trollo fiscale, è opportuno aver <strong>con</strong>servato, per ciascuna<br />
singola nota di credito per s<strong>con</strong>ti premi registrata dal cliente, i seguenti<br />
documenti:<br />
l’accordo “quadro”, ovvero il documento <strong>con</strong>tenente le <strong>con</strong>dizioni che<br />
regolano i <strong>rapporti</strong> commerciali tra le imprese produttrici e distributrici;<br />
in presenza di un accordo quadro “generico”, che non individui nel<br />
dettaglio le attività promozionali da svolgere (il “calendario<br />
promozionale”), l’accordo integrativo <strong>con</strong> i dettagli delle attività<br />
effettivamente <strong>con</strong>cordate (Piano Promozionale).<br />
L’Agenzia delle Entrate chiarisce anche il caso in cui, nelle operazioni<br />
promozionali, tra l’ impresa produttrice e l’impresa distributrice si interponga<br />
un terzo soggetto, cioè la c.d. “Centrale/Gruppo d’acquisto”, che,<br />
ribadisce, è una struttura che nasce per volontà di più aziende distributrici<br />
operanti nel medesimo settore (abbigliamento, alimentari, ecc.) che abbiano<br />
l’esigenza comune di procedere all’approvvigionamento, presso le imprese<br />
produttrici, di materie prime, di beni di <strong>con</strong>sumo o di servizi necessari all’attività<br />
intrapresa.<br />
La Centrale/Gruppo d’acquisto, sulla base degli accordi che intervengono <strong>con</strong><br />
le imprese produttrici e distributrici, può rendere ulteriori tipologie di<br />
prestazioni di servizi, sia alle società associate che alle imprese produttrici,<br />
nell’ambito dell’attività organizzativa, amministrativa e commerciale.<br />
In particolare, i Servizi di Centrale comprendono tutte le operazioni che<br />
intercorrono tra:<br />
la Centrale/Gruppo di acquisto e le imprese distributrici di beni di largo<br />
<strong>con</strong>sumo;<br />
la Centrale/Gruppo di acquisto e le imprese produttrici <strong>dei</strong> medesimi<br />
beni.<br />
L’Amministrazione finanziaria chiarisce, quindi, che costituisce presupposto <strong>dei</strong><br />
“Servizi di Centrale”:<br />
236
Corrispettivo<br />
Tipologie di<br />
“servizi di<br />
centrale”<br />
Attività commerciale<br />
e marketing<br />
Attività organizzativa<br />
l’adempimento di un’obbligazione di fare, nella fattispecie lo<br />
svolgimento di attività di marketing, organizzativa e<br />
amministrativa, da parte <strong>della</strong> Centrale di acquisto a favore delle<br />
imprese produttrici (industria) o distributrici, sulla base di accordi che<br />
intervengono tra la Centrale/Gruppo di acquisto e le imprese produttrici<br />
e tra la Centrale/Gruppo di acquisto e le imprese distributrici.<br />
Il compenso è, quindi, <strong>con</strong>dizionato al realizzarsi di un’obbligazione di fare da<br />
parte <strong>della</strong> Centrale Acquisti nei <strong>con</strong>fronti dell’industria o delle imprese<br />
associate.<br />
Per “servizi di centrale” possono intendersi le seguenti operazioni:<br />
Attività commerciale e marketing, ovvero:<br />
1) coordinamento e/o governo centralizzato dell’inserimento/lancio<br />
prodotti;<br />
2) gestione centralizzata listini;<br />
3) gestione centralizzata calendario operazioni promozionali a livello<br />
nazionale;<br />
4) attività <strong>con</strong>trollo esecuzione attività <strong>con</strong>cordate;<br />
5) intervento su mandanti inadempienti;<br />
6) implementazione e <strong>con</strong>trollo attività definite nell’accordo quadro e<br />
altre (<strong>con</strong>trollo e sensibilizzazione su applicazione listini,<br />
raggiungimento target fatturato);<br />
Attività organizzativa, cioè:<br />
1) organizzazione e coordinamento commissioni commerciali per<br />
in<strong>con</strong>tri <strong>con</strong> le imprese mandanti;<br />
2) messa a disposizione uffici <strong>con</strong> servizio telefonico, fax,<br />
fotocopiatrice, sale riunioni, <strong>con</strong> servizio pranzo;<br />
3) predisposizione documentazione e presentazioni varie.<br />
237
Attività amministrativa<br />
Determinazione<br />
del compenso<br />
La fatturazione<br />
<strong>dei</strong> “Servizi<br />
Centrali”<br />
Contenuto <strong>della</strong><br />
fattura<br />
Fatture emesse da<br />
terzi delegati<br />
Attività amministrativa, ovvero:<br />
1) stesura accordo quadro;<br />
2) divulgazione alle singole imprese delle attività definite <strong>con</strong> lo<br />
stesso;<br />
3) divulgazione altre informative su altri accordi e tematiche;<br />
4) effettuazione <strong>con</strong>teggi dati acquisto <strong>dei</strong> singoli mandanti sui singoli<br />
fornitori;<br />
5) effettuazione <strong>con</strong>trolli dati acquisto <strong>dei</strong> singoli mandanti sui singoli<br />
fornitori;<br />
6) raccolta dati ed elaborazione statistiche commerciali (venduto).<br />
Anche nel caso delle operazioni poste in essere dalla Centrale/Gruppo<br />
d’Acquisto, il compenso può essere determinato:<br />
• in misura fissa;<br />
ovvero,<br />
• in misura percentuale (sul fatturato sviluppato dalle società<br />
mandanti, soci o associati).<br />
L’Agenzia delle Entrate ha precisato che, a questo tipo di servizi, si applica:<br />
l’IVA nella misura ordinaria del 20%.<br />
La fattura deve essere emessa dal soggetto che ha effettuato il servizio,<br />
ovvero la Centrale/Gruppo di acquisto e deve <strong>con</strong>tenere:<br />
gli stessi elementi elencati prima <strong>con</strong> riferimento alle attività<br />
promozionali svolte dalle aziende distributrici nei <strong>con</strong>fronti delle<br />
produttrici (art. 21, c. 2, del DPR n. 633/1972);<br />
i riferimenti all’accordo sulla base del quale vengono fornite le<br />
prestazioni di servizi.<br />
Nell’ipotesi in cui il servizio, sebbene prestato dalla Centrale di acquisto, sia<br />
fatturato da un terzo, ovvero, da una da società delegata alla rappresentanza<br />
238
Fatturazione in base<br />
al tariffario-servizi<br />
Documentazione<br />
da esibire in sede<br />
di <strong>con</strong>trollo<br />
di uno specifico sotto-raggruppamento, la delega deve risultare da atto<br />
scritto.<br />
Si precisa che, in genere, la fatturazione <strong>dei</strong> “Servizi Centrali” avviene<br />
<strong>con</strong> riferimento ad un tariffario-servizi, anche se l’accordo prevede<br />
l’impegno per una percentuale sul fatturato annuale.<br />
E’ utile, quindi, che l’addebito avvenga sempre indicando la dicitura “ac<strong>con</strong>to” e<br />
“salvo <strong>con</strong>guaglio”. Il <strong>con</strong>guaglio sarà un <strong>con</strong>guaglio di tipo tariffario e a<br />
<strong>con</strong>suntivo di fatturato e potrà essere addebitato in misura fissa <strong>con</strong> un<br />
unico documento che indichi (almeno in allegato):<br />
Nota bene<br />
• la base dell’accordo (fatturato effettivo e percentuale <strong>con</strong>cordata);<br />
• gli ac<strong>con</strong>ti già corrisposti;<br />
• il residuo.<br />
E’ raccomandabile che l’importo a <strong>con</strong>guaglio non superi il 20% del<br />
totale.<br />
Ai fini <strong>della</strong> tutela fiscale in sede di <strong>con</strong>trollo, occorre <strong>con</strong>servare, per<br />
ciascuna singola fattura, relativa a prestazioni di servizi rese dalla<br />
Centrale/Gruppo d’acquisto, registrata dal fornitore, i seguenti documenti:<br />
l’accordo “quadro”, ovvero il documento <strong>con</strong>tenente le <strong>con</strong>dizioni che<br />
regolano i <strong>rapporti</strong> commerciali tra le imprese produttrici e distributrici;<br />
in presenza di un accordo quadro “generico”, che non individui nel<br />
dettaglio le attività promozionali da svolgere (il “calendario<br />
promozionale”), l’accordo integrativo <strong>con</strong> i dettagli delle attività<br />
effettivamente <strong>con</strong>cordate (Piano Promozionale);<br />
qualunque altra documentazione/attestazione che comprovi<br />
l’attività di servizio effettuata dalla Centrale di acquisto.<br />
239
240
IVA DI GRUPPO: NELLE LIQUIDAZIONI DI GRUPPO<br />
ESCLUSI I CREDITI DELLE SOCIETÀ NEO-ENTRANTI<br />
La liquidazione<br />
IVA di gruppo<br />
La procedura<br />
Nella liquidazione IVA di gruppo non potranno più, per effetto dell’art. 73,<br />
comma 3, D.P.R. n. 633/1972, come modificato dall’art. 1, comma 63, legge n.<br />
244/2007 - Finanziaria 2008, essere inseriti i crediti delle società neo<br />
entranti.<br />
A partire dalla liquidazione IVA di gruppo relativa all'anno 2008, la<br />
società <strong>con</strong>trollante, agli effetti delle dichiarazioni e <strong>dei</strong> versamenti, non tiene<br />
<strong>con</strong>to delle eccedenze di imposta detraibili delle società <strong>con</strong>trollate partecipanti<br />
a tale procedura, risultanti dalle dichiarazioni annuali relative al periodo di<br />
imposta precedente se le stesse società non partecipavano alla procedura di<br />
liquidazione di gruppo. Alle società per le quali trova applicazione tale norma si<br />
applicano le disposizioni di cui all'art. 30 del D.P.R. n. 633/1972; pertanto, tali<br />
società potranno richiedere il rimborso dell'eccedenza di imposta al ricorrere<br />
delle <strong>con</strong>dizioni di cui al citato art. 30 e, cioè, in caso di cessata attività, aliquote<br />
sulle vendite inferiori a quelle sugli acquisti, effettuazione di operazioni non<br />
imponibili per un ammontare superiore al 25% dell'ammontare complessivo di<br />
tutte le operazioni effettuate, acquisto o importazione di beni ammortizzabili,<br />
studi e ricerche.<br />
La norma supera la posizione dell'Amministrazione finanziaria se<strong>con</strong>do cui una<br />
società, dal momento in cui aderisce alla liquidazione dell'IVA di gruppo, perde<br />
totalmente la disponibilità del proprio saldo attivo, dovendo trasferire l'intero<br />
credito IVA alla società <strong>con</strong>trollante (cfr. risoluzione dell'Agenzia delle Entrate<br />
del 9 luglio 2002, n. 221/E).<br />
Si ricorda che la <strong>disciplina</strong> <strong>della</strong> liquidazione di gruppo, introdotta in Italia<br />
dal 1° gennaio 1980, a seguito del recepimento <strong>della</strong> VI direttiva Cee del 17<br />
maggio 1977, n. 77/388/CEE, è regolata dall’articolo 73, ultimo comma, del Dpr<br />
n. 633/1972, integrato successivamente dal Dm 13 dicembre 1979, che<br />
ri<strong>con</strong>osce:<br />
la possibilità di compensare, nell'ambito del gruppo, i crediti e i<br />
debiti Iva risultanti dalle liquidazioni periodiche e dal <strong>con</strong>guaglio<br />
241
di fine anno delle società che costituis<strong>con</strong>o il gruppo ai fini<br />
dell'imposta sul valore aggiunto.<br />
In sostanza, la procedura <strong>con</strong>sente:<br />
alle società <strong>con</strong>trollate di <strong>con</strong>centrare in capo alla <strong>con</strong>trollante<br />
tutti gli obblighi <strong>con</strong>seguenti alle liquidazioni periodiche, facendo sì<br />
che eventuali posizioni creditorie e debitorie all'interno del gruppo<br />
possano trovare un'immediata compensazione.<br />
Pertanto, la società <strong>con</strong>trollante è:<br />
il soggetto preposto ad effettuare tutte le scelte <strong>con</strong>cernenti la<br />
compensazione <strong>dei</strong> debiti e <strong>dei</strong> crediti risultanti dalle liquidazioni di<br />
tutte le società partecipanti al gruppo e da queste trasferiti al gruppo<br />
(<strong>con</strong>trollante);<br />
il soggetto che deve valutare le altre eventuali alternative previste<br />
dal legislatore, quali, ad esempio, il rimborso o l'accredito all'anno<br />
successivo dell'eccedenza detraibile del gruppo.<br />
La procedura <strong>con</strong>sente, quindi, di <strong>con</strong>trapporre ed estinguere<br />
automaticamente all'interno del gruppo le situazioni creditorie e debitorie di<br />
alcune società <strong>con</strong> quelle di altre rientranti nel medesimo "perimetro di<br />
liquidazione".<br />
E’ evidente, pertanto, il beneficio finanziario che ne deriva: all'interno del<br />
medesimo gruppo, le società titolari di un credito Iva nei <strong>con</strong>fronti dell'Erario<br />
possono ottenere un rapido recupero <strong>dei</strong> crediti attraverso la compensazione <strong>con</strong><br />
l'Iva a debito di un'altra società del gruppo.<br />
Si evidenzia, tuttavia, che la procedura non determina la nascita di un<br />
nuovo soggetto giuridico 1 .<br />
1<br />
Come già chiarito dall'Agenzia delle Entrate <strong>con</strong> risoluzione n. 347/E/2002, le disposizioni <strong>con</strong>cernenti la procedura<br />
di liquidazione Iva di gruppo non danno "luogo ad una vera e propria unificazione soggettiva delle società facenti<br />
parte del gruppo stesso, tuttavia attuano comunque una deroga, sia pure parziale, ai principi di soggettività,<br />
prevedendo una procedura unificata di compensazione e versamento del tributo".<br />
242
RICORDA<br />
I soggetti interessati alla procedura in questione sono le società<br />
di capitali residenti in Italia.<br />
Le quote o le azioni di ogni società (<strong>con</strong>trollata) devono essere<br />
possedute per oltre il 50% da un'altra società del gruppo<br />
ininterrottamente almeno dal 1° gennaio dell'anno solare<br />
precedente a quello in cui viene attivata la procedura.<br />
Praticamente, la durata minima del <strong>con</strong>trollo deve risalire almeno<br />
all'inizio dell'anno solare precedente. Il possesso di oltre il 50% deve<br />
sussistere in ogni passaggio <strong>della</strong> catena di <strong>con</strong>trollo.<br />
Il <strong>con</strong>cetto di <strong>con</strong>trollo è <strong>disciplina</strong>to dall'articolo 2359 del Codice<br />
civile. In particolare, il legislatore fiscale, ai fini <strong>della</strong> procedura di<br />
liquidazione Iva di gruppo, ha inteso riferirsi alle ipotesi di <strong>con</strong>trollo di<br />
diritto (possesso di un numero di azioni tali da assicurare la<br />
maggioranza <strong>dei</strong> voti esercitabili nell'assemblea ordinaria) e di <strong>con</strong>trollo<br />
indiretto (basato sul principio <strong>della</strong> transitività, per il quale se una<br />
società <strong>con</strong>trolla un'altra e questa a sua volta una terza, si deduce che la<br />
prima società <strong>con</strong>trolla anche la terza). Non fanno parte dell’ambito<br />
applicativo delle disposizioni in questione le ipotesi di <strong>con</strong>trollo di<br />
fatto, riferibili a quelle situazioni in cui una società è sotto l'influenza<br />
dominante di un'altra in virtù di azioni o quote da questa possedute o di<br />
<strong>particolari</strong> vincoli <strong>con</strong>trattuali intercorrenti <strong>con</strong> essa.<br />
Rientrano, pertanto, nella nozione di <strong>con</strong>trollo tutte le ipotesi di<br />
<strong>con</strong>trollo a raggiera e a catena, a <strong>con</strong>dizione che le quote o le azioni di ogni<br />
società (<strong>con</strong>trollata) siano possedute per oltre il 50% da un'altra società del<br />
gruppo ininterrottamente almeno dal 1° gennaio dell'anno solare precedente a<br />
quello in cui viene attivata la procedura, per ogni anello <strong>della</strong> catena.<br />
243
Esempio<br />
Finanziaria per il<br />
2008<br />
RICORDA<br />
In una situazione di <strong>con</strong>trollo come quella riportata nell’esempio, in cui sono<br />
coinvolte più società <strong>con</strong>trollate, non tutte devono necessariamente<br />
aderire alla liquidazione di gruppo.<br />
Ne <strong>con</strong>segue, pertanto, che il perimetro di liquidazione potrà riguardare,<br />
ad esempio, l'intero gruppo ABXYZ, ma anche, BXYZ, in cui B agisce in<br />
veste di <strong>con</strong>trollante.<br />
Sull’argomento si evidenzia che, relativamente all’Iva di gruppo, a partire dal 1°<br />
gennaio 2008, per effetto dell’art. 73, comma 3, D.P.R. n. 633/1972, come<br />
modificato dall’art. 1, comma 63, legge n. 244/2007 - Finanziaria 2008:<br />
non è <strong>con</strong>sentito alle società che entrano per la prima volta<br />
nella liquidazione Iva di gruppo di trasferire il proprio<br />
credito dell'anno precedente.<br />
In sostanza, è stata limitata la possibilità di utilizzare l'eccedenza di credito<br />
emergente dalle dichiarazioni relative all'anno precedente da parte delle società<br />
che partecipano per la prima volta alla liquidazione di gruppo.<br />
244
Utilizzo delle eccedenze<br />
Le eccedenze di credito<br />
risultanti<br />
In particolare, in via parzialmente derogatoria rispetto ai principi<br />
normalmente operanti in materia di liquidazione IVA di gruppo, i soggetti che<br />
partecipano per la prima volta ad una determinata liquidazione di gruppo non<br />
possono far <strong>con</strong>fluire nei calcoli compensativi la loro eccedenza di credito<br />
derivante dal periodo d’imposta precedente: tale eccedenza resta<br />
definitivamente nella disponibilità del soggetto in capo al quale si è formata.<br />
I soggetti in capo ai quali si siano formate tali eccedenze potranno, quindi,<br />
chiederne autonomamente il rimborso, ricorrendone i presupposti di legge; in<br />
alternativa, tali soggetti potranno «rinviare» le eccedenze creditorie al<br />
periodo d’imposta successivo, per:<br />
farne oggetto di richiesta di rimborso in anni successivi;<br />
computarle in detrazione in anni successivi, una volta venuta meno la<br />
partecipazione alla liquidazione di gruppo;<br />
utilizzarle nella compensazione orizzontale di cui all’art. 17, D.Lgs. n.<br />
241/1997, nei limiti previsti dalla normativa in materia.<br />
Per effetto <strong>della</strong> nuova disposizione, quindi, l’eccedenza di credito esistente<br />
all’atto dell’ingresso di una società in una liquidazione di gruppo, restando nella<br />
disponibilità <strong>della</strong> società stessa, potrà essere utilizzata dalla medesima negli<br />
anni successivi soltanto al di fuori <strong>della</strong> liquidazione di gruppo, se<strong>con</strong>do le<br />
regole applicabili ordinariamente ai soggetti non facenti parte di un gruppo<br />
societario.<br />
Le eccedenze, pertanto, non potranno essere computate neppure nelle<br />
liquidazioni di gruppo, ancorché gestite dallo stesso ente o società <strong>con</strong>trollante,<br />
relative all’anno successivo a quello d’ingresso nel gruppo e a quelli<br />
seguenti.<br />
Nell’anno successivo a quello d’ingresso e negli anni seguenti dovranno,<br />
pertanto, distinguersi due tipologie di eccedenze di credito <strong>della</strong> società<br />
partecipante alla liquidazione di gruppo:<br />
245
I chiarimenti di<br />
Telefisco 2008<br />
l’eccedenza detraibile formatasi nell’anno precedente, in cui già<br />
operava la liquidazione di gruppo, che dovrà obbligatoriamente<br />
<strong>con</strong>fluire nella liquidazione di gruppo;<br />
l’eccedenza emergente in dichiarazione, ma relativa ad anni<br />
anteriori alla partecipazione alla liquidazione di gruppo, che, per<br />
effetto <strong>della</strong> parziale deroga al principio generale, non è <strong>con</strong>fluita nella<br />
liquidazione stessa nell’anno precedente, la quale resta nella<br />
disponibilità esclusiva <strong>della</strong> società.<br />
Come detto, la nuova regola limitativa si applica a partire dalle liquidazioni di<br />
gruppo relative all’anno 2008: già in tali liquidazioni, quindi, non potranno<br />
essere utilizzate nei calcoli compensativi le eccedenze creditorie emergenti dalle<br />
dichiarazioni annuali relative al 2007 di società partecipanti per la prima volta nel<br />
2008 ad una procedura di liquidazione di gruppo gestita da un determinato ente<br />
o società <strong>con</strong>trollante (Risoluzione Ministero e<strong>con</strong>omia e finanze 14/02/2008, n.<br />
4/DPF).<br />
CHIARIMENTI di TELEFISCO 2008<br />
Sul punto, l'Agenzia delle Entrate in Telefisco, nel corso dell’anno 2008, ha<br />
fornito chiarimenti su come debbano essere utilizzate le eccedenze di<br />
credito per l'anno 2007 nei casi in cui la liquidazione di gruppo sia<br />
gestita per il 2008 da un altro ente o società come <strong>con</strong>trollante<br />
rispetto all'anno precedente.<br />
In particolare, rifacendoci all’esempio sopra riportato, è stato chiesto di<br />
<strong>con</strong>oscere come, a seguito dell'entrata in vigore <strong>della</strong> nuova legge finanziaria<br />
2008, debbano essere gestiste le eccedenze di credito per il 2007 del gruppo<br />
BXYZ, nell'ipotesi in cui la liquidazione Iva di gruppo sia stata rinnovata, per<br />
il 2008, in capo a una <strong>con</strong>trollante A (gruppo ABXYZ), differente rispetto alla<br />
<strong>con</strong>trollante B per l'anno 2007 (il cui il perimetro di liquidazione era formato<br />
dalle società BXYZ), non potendo le stesse <strong>con</strong>fluire nei calcoli compensativi<br />
per il 2008 del gruppo ABXYZ.<br />
Nel rispondere, partendo dai chiarimenti forniti dalla relazione illustrativa al<br />
disegno di legge finanziaria per il 2008, l’Agenzia ha posto l'attenzione su<br />
246
Esempio<br />
come utilizzare il credito emergente dalla dichiarazione degli enti e<br />
delle società aderenti alla procedura di liquidazione di gruppo<br />
relativa all'anno antecedente a quello di partecipazione alla<br />
procedura stessa.<br />
Le richiamate eccedenze, non potendo <strong>con</strong>fluire nei calcoli compensativi:<br />
potranno essere chieste a rimborso solo in presenza <strong>dei</strong> criteri<br />
ordinari di cui dall'articolo 30 del Dpr n. 633/1972;<br />
nell'ipotesi in cui il credito Iva non fosse portato in detrazione,<br />
ESEMPIO<br />
ovvero, chiesto a rimborso nel successivo periodo d'imposta, il credito<br />
"inutilizzato" troverà esposizione in tale ultima dichiarazione<br />
Iva, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza che lo stesso potrà essere trasferito alla<br />
liquidazione di gruppo all'inizio del se<strong>con</strong>do anno successivo a quello di<br />
"entrata" nel regime.<br />
Se la società <strong>con</strong>trollata X, che partecipa alla procedura dall'anno n (a partire<br />
dall'anno 2008), ha un credito Iva risultante dalla propria dichiarazione per il<br />
periodo d'imposta n-1, non può trasferire lo stesso al gruppo:<br />
il credito rimane nella disponibilità <strong>della</strong> società X e può essere<br />
chiesto a rimborso nell'anno n in presenza <strong>dei</strong> presupposti di cui<br />
all'articolo 30 del decreto Iva, ricorrendone i presupposti;<br />
oppure può essere utilizzato in compensazione <strong>con</strong> propri debiti<br />
tributari, <strong>con</strong>tributivi ecc..<br />
Diversamente, in caso di mancato utilizzo del credito, lo stesso:<br />
può essere riportato nella dichiarazione per il periodo d'imposta<br />
n+1 e, quindi, essere trasferito al gruppo, poiché la limitazione<br />
<strong>con</strong>cerne le sole eccedenze detraibili "risultanti dalle dichiarazioni annuali<br />
relative al periodo d'imposta precedente, degli enti e società diversi da<br />
quelli per i quali anche in tale periodo d'imposta l'ente o società<br />
<strong>con</strong>trollante si è avvalso <strong>della</strong> facoltà di cui al presente comma".<br />
247
ATTENZIONE<br />
Poichè le nuove disposizioni entrano in vigore a partire dal 1° gennaio<br />
2008:<br />
non è corretto, in base al dettato normativo, il comportamento di chi,<br />
anche antecedentemente al 1° gennaio 2008, abbia evitato di trasferire<br />
il proprio credito al momento dell'ingresso nella liquidazione di gruppo e<br />
l'abbia utilizzato in compensazione per il pagamento di altri tributi.<br />
Si evidenzia, infine, che, relativamente alla possibilità di riassegnare le posizioni<br />
debitorie e creditorie fra le imprese del nostro esempio BXYZ del gruppo che, nel<br />
2007, hanno partecipato alla liquidazione, l'Agenzia delle Entrate ha<br />
evidenziato che:<br />
le modifiche normative intervenute non hanno modificato il principio<br />
se<strong>con</strong>do cui, al momento in cui è possibile il trasferimento <strong>dei</strong> crediti Iva<br />
in questione, la società <strong>con</strong>trollata perderà totalmente la disponibilità<br />
dell'eventuale credito Iva risultante dalla propria dichiarazione dell'anno<br />
precedente, che verrà trasferito al gruppo e gestito dall'ente o società<br />
<strong>con</strong>trollante.<br />
invariati risultano anche i chiarimenti forniti <strong>con</strong> la circolare 5<br />
marzo 1990, n. 13/450224, in cui era stato precisato che, in tutti i<br />
casi in cui la liquidazione di gruppo non sia rinnovata nell'anno successivo<br />
dall'ente o società <strong>con</strong>trollante (ovvero la stessa cessi nel corso<br />
dell'anno), le eventuali eccedenze di credito trasferite e non compensate<br />
potranno essere utilizzate solo dall'ente o società <strong>con</strong>trollante, che potrà<br />
chiederne il rimborso ovvero computarle in detrazione nelle proprie<br />
liquidazioni nell'anno successivo, prestando, quindi, la corrispondente<br />
garanzia in sede di dichiarazione annuale per la parte compensata.<br />
In detta ipotesi, infatti, l'ente o la società <strong>con</strong>trollante dovrà compilare l’apposito<br />
rigo del quadro VA del modello Iva (per il modello Iva 2008 il rigo era il VA43),<br />
riservato all'indicazione di eccedenze di credito di società ex <strong>con</strong>trollanti da garantire.<br />
In <strong>con</strong>clusione, l'eccedenza detraibile di gruppo risultante dalla liquidazione di<br />
gruppo gestita dalla società B (altro ente o società <strong>con</strong>trollante nell'anno<br />
precedente) potrà essere utilizzata solo dall'ex <strong>con</strong>trollante e non potrà essere<br />
riassegnata alle imprese del gruppo che nel 2007 hanno partecipato alla<br />
liquidazione e che hanno <strong>con</strong>corso a formarla.<br />
248
RIMBORSO IMPOSTE: DIFFERENZA TRA IVA E<br />
IMPOSTE SUI REDDITI<br />
Risoluzione<br />
n. 459/E/2008<br />
Rimborso<br />
imposte dirette<br />
Con la Risoluzione n. 459/E/2008, l’Agenzia delle Entrate ha ri<strong>con</strong>osciuto al<br />
<strong>con</strong>tribuente, che ha commesso degli errori nella compilazione <strong>della</strong><br />
dichiarazione <strong>dei</strong> redditi, la possibilità di richiedere il rimborso delle maggiori<br />
imposte sui redditi versate, mediante presentazione di istanza di rimborso ex<br />
art. 38, D.p.r. n. 602/73 entro quattro anni.<br />
Al <strong>con</strong>trario, se le maggiori imposte versate riguardano l’Iva, l’istanza di<br />
rimborso deve essere presentata entro due anni.<br />
L’Agenzia delle Entrate, <strong>con</strong> la Risoluzione n. 459/E del 2/12/2008, ha affermato<br />
che il <strong>con</strong>tribuente che ha commesso degli errori a proprio danno nella<br />
compilazione <strong>della</strong> dichiarazione <strong>dei</strong> redditi per recuperare la maggiori imposte<br />
versate può presentare:<br />
la dichiarazione integrativa a favore:<br />
entro il termine per la presentazione <strong>della</strong> dichiarazione<br />
relativa all’anno successivo;<br />
un’istanza di rimborso ex art. 38, D.p.r. n. 602/73:<br />
nel termine di quattro anni dalla data di versamento.<br />
In sostanza, il <strong>con</strong>tribuente, per poter recuperare le maggiori imposte versate<br />
qualora sia trascorso il termine di un anno per la presentazione <strong>della</strong><br />
dichiarazione integrativa a favore, può rimediare ricorrendo alla presentazione<br />
di una istanza di rimborso ex art. 38, D.p.r. n. 602/73.<br />
L’art. 38, c.1, del D.p.r. n. 602/73 dispone, infatti, che:<br />
“Il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare<br />
all’intendente di finanza nella cui circoscrizione ha sede il <strong>con</strong>cessionario<br />
presso la quale è stato eseguito il versamento, istanza di rimborso, entro<br />
il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento<br />
stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o<br />
parziale dell’obbligo di versamento”.<br />
Al riguardo, si fa presente che il D.p.r. n. 602/73 <strong>disciplina</strong> esclusivamente la<br />
riscossione delle imposte sui redditi.<br />
249
Rimborso Iva<br />
Dichiarazione<br />
Iva integrativa<br />
Al <strong>con</strong>trario, per quanto riguarda l’Iva non vige alcuna norma specifica che<br />
disciplini tale aspetto. Di <strong>con</strong>seguenza, si deve applicare la norma di carattere<br />
generale stabilita all’art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 546/92, se<strong>con</strong>do il quale la<br />
domanda di restituzione deve essere presentata entro:<br />
due anni dal pagamento.<br />
L’art. 21, comma 2, del D.Lgs n. 546/92 prevede, infatti, che:<br />
“Il ricorso avverso il rifiuto tacito <strong>della</strong> restituzione di cui all’art. 19,<br />
comma 1, lett. g), può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla<br />
domanda di restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna<br />
legge d’imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto.<br />
La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche non<br />
può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se<br />
posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la<br />
restituzione”.<br />
Per quanto riguarda, invece, la possibilità di correggere la Dichiarazione Iva,<br />
esaminiamo cosa dice la Corte di cassazione nella sentenza n. 21944 del 19<br />
ottobre 2007.<br />
TERMINI PER IL RIMBORSO DELLE IMPOSTE<br />
IMPOSTE DIRETTE 4 anni art. 38 c. 4 D.p.r. n. 602/72<br />
IVA 2 anni art. 22 c. 2 D.Lgs n. 602/72<br />
La Suprema Corte, nella sentenza sopracitata, ha esaminato una <strong>con</strong>troversia<br />
sorta tra un <strong>con</strong>tribuente ed il Fisco per un avviso di liquidazione Iva del 1991.<br />
Nel caso esaminato, il ricorrente aveva:<br />
presentato la dichiarazione Iva;<br />
commesso un errore in sede di compilazione <strong>della</strong> stessa;<br />
omesso la correzione dell'errore mediante la mancata<br />
presentazione di una nuova dichiarazione corretta.<br />
Il <strong>con</strong>tribuente intendeva far valere in sede <strong>con</strong>tenziosa la sostanziale<br />
correttezza <strong>dei</strong> dati emersi dalle scritture <strong>con</strong>tabili.<br />
250
Nella prima parte <strong>della</strong> sentenza, la Cassazione ha ripreso il principio <strong>della</strong><br />
emendabilità delle dichiarazioni fiscali, sancito definitivamente dalla pronuncia<br />
delle Sezioni Unite n. 15063/02, affermando che:<br />
sia l'errore di fatto che quello di diritto compiuto dal <strong>con</strong>tribuente in<br />
sede di compilazione <strong>della</strong> dichiarazione, che comporti un aggravio degli<br />
oneri tributari dovuti, è modificabile in quanto le dichiarazioni<br />
tributarie non rappresentano né una <strong>con</strong>fessione, né tanto meno un<br />
atto negoziale tra <strong>con</strong>tribuente e Fisco, ma solo una manifestazione di<br />
scienza e di giudizio, come tale emendabile. Infatti, se l'ordinamento<br />
tributario non ammettesse la rettificabilità delle dichiarazioni, verrebbe<br />
violato lo stesso principio <strong>della</strong> capacità <strong>con</strong>tributiva di cui all'articolo 53<br />
<strong>della</strong> Costituzione, in quanto si imporrebbe al cittadino di pagare un<br />
onere tributario superiore a quello effettivamente dovuto.<br />
Nella se<strong>con</strong>da parte <strong>della</strong> pronuncia in esame, la Corte ha ritenuto, però,<br />
fondamentale sottolineare la necessità di porre un limite alla emendabilità delle<br />
dichiarazioni, soprattutto al fine di rispettare il principio <strong>della</strong> certezza nei<br />
<strong>rapporti</strong> giuridici.<br />
Infatti, in adesione ad un precedente orientamento espresso in seno alla stessa<br />
Corte, la nuova sentenza dichiara che:<br />
la rettificabilità <strong>della</strong> dichiarazione Iva da parte del <strong>con</strong>tribuente può<br />
intervenire nel termine di quattro anni, previsto dall'articolo 57 del<br />
Dpr 633/72 per limitare l'attività di accertamento degli Uffici.<br />
Da notare come anche il termine per rettificare la Dichiarazione Iva (a parere<br />
<strong>della</strong> Corte di Cassazione quattro anni) sia diverso da quello per la presentazione<br />
dell’istanza di rimborso Iva (due anni).<br />
251
252
D.L. 185/2008 : RAVVEDIMENTO PER ERRATA<br />
COMPENSAZIONE DI CREDITI “INESISTENTI”<br />
Premessa<br />
Le due direzioni<br />
del D.L.<br />
185/2008<br />
Qualora un <strong>con</strong>tribuente utilizzi indebitamente nel modello F24 un credito<br />
in compensazione, la violazione per effetto dell’art. 27 del D.L. n.<br />
185/2008 non è quella dell'omesso versamento dell'importo a debito, ma<br />
quella dell'uso indebito del credito, che deve essere ricostituito. Tale<br />
principio non vale nel caso di compensazione in F24 del credito "esistente",<br />
ma eccedente il limite di 516.456,90 euro.<br />
Al fine di <strong>con</strong>trastare i sempre più frequenti abusi nell’utilizzo dell’istituto <strong>della</strong><br />
compensazione <strong>dei</strong> crediti d’imposta, il D.L. n. 185/2008 (Decreto anticrisi) ha<br />
introdotto alcune disposizioni normative che <strong>con</strong>sentono all’Amministrazione<br />
Finanziaria una maggiore capacità di <strong>con</strong>trollo dell’effettiva sussistenza e del<br />
corretto utilizzo <strong>dei</strong> crediti compensati.<br />
Ferma restando la <strong>disciplina</strong> introdotta dall’articolo 37 del decreto legge<br />
223/2006 (Visco-Bersani) relativa a fattispecie che assumono rilevanza penale,<br />
sono due le direzioni nelle quali il decreto legge n. 185/2008 si è mosso per<br />
combattere tali fenomeni di evasione:<br />
1. inasprimento delle sanzioni;<br />
2. allungamento <strong>dei</strong> termini per il recupero <strong>dei</strong> crediti inesistenti<br />
utilizzati.<br />
253
Risoluzione<br />
n. 452/E/2008<br />
D.L. 185/2008<br />
Dichiarazione<br />
infedele<br />
Uso indebito<br />
del credito<br />
Se<strong>con</strong>do quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate <strong>con</strong> la Risoluzione n. 452/E<br />
del 27 novembre 2008, nel caso di compensazione di un debito <strong>con</strong> un<br />
credito inesistente, per regolarizzare la violazione occorre ripristinare, a<br />
posteriori, la capienza iniziale del credito, attraverso il versamento di un<br />
importo corrispondente alla somma indebitamente utilizzata in compensazione,<br />
maggiorato degli interessi, e <strong>con</strong> il <strong>con</strong>testuale versamento <strong>della</strong> sanzione<br />
del 30 per cento prevista per l'omesso versamento (articolo 13 del decreto<br />
legislativo del 18 dicembre 1997, n. 471) in misura ridotta in rapporto alla<br />
data di ravvedimento (circolare 19 maggio 2000, n. 101/E, par. 11.1).<br />
La stessa Agenzia, sempre nella risoluzione n. 452/E/2008, ha precisato che<br />
nell’ errato utilizzo in compensazione di un credito Iva esistente<br />
oltre il limite previsto dall'articolo 34 <strong>della</strong> legge n. 388 del 2000<br />
(516.456,90 euro), potrà essere regolarizzato mediante il versamento<br />
di una somma pari all'eccedenza di Iva utilizzata, maggiorata degli<br />
interessi e <strong>con</strong> il versamento delle sanzioni (pari al 30 per cento del<br />
credito eccedente) in misura ridotta così come prevede l'articolo 13 del<br />
decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Il credito Iva così ripristinato,<br />
potrà essere utilizzato in compensazione, nei limiti previsti, <strong>con</strong> eventuali<br />
debiti tributari e <strong>con</strong>tributi futuri.<br />
Con specifico riferimento all’impianto sanzionatorio, il comma 18 dell’art. 27 del<br />
decreto 185/2008, equipara la fattispecie dell’utilizzo di crediti inesistenti a<br />
quella prevista per le ipotesi di dichiarazione infedele nella quale sia indicato<br />
un credito superiore a quello spettante.<br />
Trova, quindi, applicazione la sanzione che va dal 100 al 200% <strong>della</strong> misura<br />
<strong>dei</strong> crediti indebitamente utilizzati.<br />
Indebito utilizzo credito in F24<br />
Prima Ora<br />
Violazione : omesso versamento<br />
dell’importo a debito.<br />
254<br />
Violazione: uso indebito del credito –<br />
dichiarazione infedele<br />
Pertanto, nel caso in cui un <strong>con</strong>tribuente utilizza indebitamente nel modello<br />
F24 un credito in compensazione, la violazione per effetto dell’art.27 del D.L. n.<br />
185/2008, non è più quella dell'omesso versamento dell'importo a debito,<br />
ma quella dell'uso indebito del credito, che deve essere ricostituito.
Utilizzo indebito<br />
di credito<br />
eccedente il<br />
limite di<br />
516.456,90 Euro<br />
Esempio:<br />
Il caso prima<br />
del D.L.<br />
185/2008<br />
Tale principio vale:<br />
• nel caso del credito "inesistente", ma non nel caso di<br />
OSSERVA<br />
compensazione in F24 di un credito "esistente", ma eccedente il<br />
limite di 516.456,90 euro che rimane sanzionabile se<strong>con</strong>do il<br />
regime ordinario.<br />
In relazione alla nuova sanzione in argomento, era sorta una problematica<br />
interpretativa in ordine al coordinamento <strong>della</strong> stessa <strong>con</strong> la norma che<br />
sanziona l'utilizzo, anch'esso da <strong>con</strong>siderarsi indebito, in compensazione di<br />
crediti per importi superiori a 516.456,90 euro per ciascun anno<br />
solare.<br />
Con una risposta data dall’Agenzia delle Entrate, nella tele<strong>con</strong>ferenza di sabato<br />
17 gennaio, è stato chiarito che si tratta di due fattispecie sanzionatorie<br />
differenti che seguono, pertanto, differenti regimi. L'utilizzo indebito in<br />
compensazione di crediti esistenti oltre il limite di 516.456,90 euro<br />
verrà, infatti, sanzionato in misura pari al 30% dell'importo eccedente<br />
il suddetto limite.<br />
Trova, pertanto, applicazione il regime sanzionatorio ordinario che <strong>con</strong>sente la<br />
regolarizzazione spontanea mediante il versamento di una somma<br />
pari all'eccedenza di Iva utilizzata, maggiorata degli interessi e <strong>con</strong><br />
il versamento delle sanzioni in misura ridotta, così come prevede<br />
l'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.<br />
Quanto sopra può essere meglio compreso se ipotizziamo il caso di un<br />
<strong>con</strong>tribuente che al 31 dicembre 2008 ritiene di avere un credito IVA di 100 e lo<br />
utilizza tutto in compensazione tra gennaio e febbraio del 2009. A marzo,<br />
purtroppo, ci si accorge che il credito IVA in realtà era di 50. In tale circostanza,<br />
prima dell’intervento effettuato dal D.L. n. 185/2008, avrebbe potuto sanare<br />
l’errore facendo un ravvedimento operoso e riversando il credito inesistente<br />
utilizzato in compensazione.<br />
255
Sanzione al<br />
100% dopo<br />
D.L. 185/2008<br />
Gli effetti del<br />
D.L. n. 185/2008<br />
sul ravvedimento<br />
operoso<br />
Il costo del<br />
nuovo<br />
ravvedimento<br />
Il ravvedimento avrebbe comportato il versamento:<br />
• dell’ IVA indebitamente utilizzata in compensazione (pari a 50);<br />
• degli interessi (3% annuo in ragione <strong>dei</strong> giorni di ritardo);<br />
• <strong>della</strong> sanzione ridotta per ravvedimento del 6% (pari ad 1/5 del minimo<br />
che era del 30%).<br />
Per effetto del D.L. n. 185/2008, il caso sopra evidenziato determina un<br />
aggravio degli importi da pagare in quanto la sanzione a cui si faceva riferimento<br />
(30%) per il ravvedimento operoso ha subito un incremento (passando al<br />
100%), in <strong>con</strong>siderazione che la fattispecie dell’utilizzo di crediti<br />
inesistenti è stata equiparata a quella prevista per le ipotesi di<br />
dichiarazione infedele.<br />
Tuttavia, occorre sottolineare come il Dl 185/2008 sia intervenuto anche sul<br />
ravvedimento operoso, reso più <strong>con</strong>veniente alla luce dell'incremento <strong>della</strong><br />
riduzione delle sanzioni applicabili. Infatti:<br />
• nel caso del ravvedimento “breve” entro 30 giorni dalla violazione, la<br />
riduzione delle sanzioni passa da 1/8 a 1/12, mentre<br />
• nel caso del ravvedimento "lungo", posto in essere entro il termine di<br />
presentazione <strong>della</strong> dichiarazione relativa al periodo nel quale è stata<br />
effettuata la violazione, la riduzione passa da 1/5 a 1/10.<br />
Conseguentemente, ritornando al caso sopra evidenziato, ora il <strong>con</strong>tribuente che<br />
decide di ravvedersi e ricostituisce il credito subirà gli effetti del D.L. n.<br />
185/2008 in termini di sanzioni, infatti:<br />
entro 30 giorni dal suo indebito utilizzo, deve versare una sanzione<br />
pari all'8,33% (1/12 del minimo), a fronte del precedente 3,75% (1/8<br />
del minimo);<br />
se il ravvedimento viene, invece, effettuato dopo i 30 giorni, ma entro il<br />
termine <strong>della</strong> presentazione di Unico, la sanzione ridotta è pari al 10%<br />
(1/10 del 100%), mentre prima si versava il 6% (1/5 del 30%).<br />
256
Novità dal<br />
29/11/2008<br />
Esempio:<br />
Il caso dopo il<br />
D.L. n.<br />
185/2008<br />
Occorre, tuttavia, precisare che, non avendo il Dl n. 185/2008 previsto una<br />
<strong>disciplina</strong> transitoria, le nuove riduzioni si applicano a partire dai ravvedimenti<br />
posti in essere dal 29 novembre 2008 anche se in relazione a violazioni<br />
commesse precedentemente. Pertanto, il <strong>con</strong>tribuente che ha utilizzato in<br />
compensazione indebitamente un credito in un Mod. F24 presentato prima del<br />
29 novembre è, quindi, soggetto alla "vecchia" sanzione del 30% che può, però,<br />
essere oggetto di ravvedimento applicando le nuove riduzioni (pagando, a<br />
se<strong>con</strong>da <strong>dei</strong> casi, sanzioni ridotte al 2,5 o al 3 per cento).<br />
Applicabilità <strong>della</strong> nuova sanzione<br />
In merito all'applicabilità <strong>della</strong> nuova sanzione introdotta è stato precisato<br />
dall'Agenzia, nella tele<strong>con</strong>ferenza sopra citata, come, sulla base del principio di<br />
irretroattività delle norme sanzionatorie, deve ritenersi esclusa<br />
l'applicazione <strong>della</strong> sanzione dal 100 al 200% <strong>dei</strong> crediti indebitamente<br />
utilizzati in compensazione per violazioni commesse prima del 29<br />
novembre 2008 (data di entrata in vigore del D.L. n. 185/2008).<br />
Ciò significa che per gli utilizzi indebiti di crediti in compensazione<br />
commessi prima di tale data la sanzione applicabile resta quella<br />
prevista dalle singole leggi d'imposta per gli omessi o ritardati<br />
versamenti.<br />
Per meglio comprendere le novità introdotte dal D.L. n. 185/2008, facciamo<br />
ricorso ad un esempio:<br />
Ipotizziamo il caso di un <strong>con</strong>tribuente che ha utilizzato nel 2008, un credito IVA<br />
inesistente di 20.000 euro, tramite Mod. F24, rispettivamente in data:<br />
1. 16 novembre 2008, euro 10.000;<br />
2. 16 dicembre 2008, euro 10.000.<br />
Il suddetto <strong>con</strong>tribuente potrà certamente presentare un ravvedimento operoso per<br />
l’indebito utilizzo e restituire quanto non spettante, ma per effetto delle disposizioni<br />
introdotte dal D.L. n. 185/2008, gli effetti e, soprattutto, i costi del<br />
ravvedimento, per l’una e l’altra errata compensazione, saranno diversi.<br />
257
Ravvedimento<br />
del Mod. F24 del<br />
16/11/2008<br />
Ravvedimento<br />
del Mod. F24 del<br />
16/12/08<br />
Concetto di<br />
credito<br />
inesistente<br />
Ipotizziamo, infatti, che il ravvedimento venga effettuato in febbraio del 2009, si<br />
dovranno fare distinti calcoli, e cioè:<br />
1. Per l’indebito utilizzo del credito IVA effettuato nel mod. F24 in data 16<br />
novembre 2008, in vigenza <strong>della</strong> vecchia disposizione, la sanzione applicabile<br />
nel caso di specie era quella dell’omesso versamento e, quindi, la sanzione era<br />
nella misura del 30%, ma poiché il ravvedimento si effettua dopo il 29<br />
novembre, data di entrata in vigore delle nuove disposizioni sul ravvedimento,<br />
si applicano le nuove riduzioni (pagando nel caso specifico la sanzione ridotta del<br />
3% invece che il 6%), per cui il mod. F24 dovrà indicare:<br />
A) l’imposta (10.000 euro di IVA), utilizzando il codice 6099 (quello del<br />
credito Iva annuale);<br />
B) gli interessi nella misura del 3% in ragione <strong>dei</strong> giorni di ritardo,<br />
(codice 1991);<br />
C) la sanzione, ridotta del 3% (codice 8904).<br />
2. Per l’indebito utilizzo effettuato, invece, nel mod. F24 in data 16 dicembre<br />
2008, in vigenza delle nuove disposizioni introdotte dal D.L. n. 185/2008, che<br />
hanno mutato la violazione da omesso versamento a indebito utilizzo<br />
(dichiarazione infedele), la sanzione applicabile nel caso di specie passa dal<br />
30% al 100%, ma poiché il ravvedimento si effettua dopo il 29 novembre (per<br />
effetto del D.L. n. 185/2008), si applicano le nuove riduzioni (pagando nel caso<br />
specifico la sanzione ridotta del 10%), per cui il mod. F24 dovrà indicare:<br />
A) l’imposta (10.000 euro di IVA), utilizzando il codice 6099 (quello del<br />
credito Iva annuale);<br />
B) gli interessi nella misura del 3% in ragione <strong>dei</strong> giorni di ritardo<br />
(codice 1991);<br />
C) la sanzione ridotta da ravvedimento del 10% (pari a 1/10 del<br />
minimo), <strong>con</strong> codice 8904.<br />
Si ritiene di evidenziare, infine, che, relativamente al <strong>con</strong>cetto di credito<br />
inesistente, rientrano nella fattispecie:<br />
sia gli importi artificiosamente rappresentati in sede <strong>con</strong>tabile o<br />
dichiarativa;<br />
che i crediti ritenuti erroneamente esistenti per fatto imputabile a<br />
titolo di colpa al <strong>con</strong>tribuente.<br />
258
In sintesi<br />
Sembra, inoltre, potersi evincere che dovrebbero, invece, restare fuori dal<br />
nuovo regime sanzionatorio e non essere, quindi, definiti come «inesistenti»,<br />
tutti quei crediti che il <strong>con</strong>tribuente riteneva come spettanti, ma che si<br />
sono poi rivelati, in tutto o in parte, non esistenti, magari a seguito di un<br />
<strong>con</strong>trollo successivo da parte <strong>della</strong> stessa amministrazione finanziaria.<br />
La nuova sanzione si rende applicabile a qualsiasi credito, sia esso per<br />
imposte che per <strong>con</strong>tributi, che, ai sensi dell'articolo 17 del D.Lgs. n.241/97,<br />
può essere utilizzato in compensazione in sede di versamenti unitari.<br />
Ravvedimento per indebito utilizzo di un credito in<br />
compensazione : la modifica delle sanzioni<br />
Vecchio sistema Nuovo sistema<br />
• Sanzione edittale applicabile: 30%;<br />
Ravvedimento “breve” nei trenta giorni<br />
• Sanzione ridotta da ravvedimento:<br />
3,75% (pari ad 1/8 del minimo);<br />
• Maggiorazione per interessi: 3% annuo<br />
in ragione <strong>dei</strong> giorni di ritardo (dalla data<br />
di versamento in compensazione alla data<br />
del versamento per ravvedimento);<br />
259<br />
• Sanzione edittale applicabile: 100%<br />
*;<br />
• Sanzione ridotta da ravvedimento:<br />
8,33% (pari ad 1/12 del minimo);<br />
• Maggiorazione per interessi: 3%<br />
annuo in ragione <strong>dei</strong> giorni di ritardo<br />
(dalla data di versamento in<br />
compensazione alla data del<br />
ve5rsamento per ravvedimento);<br />
Ravvedimento “lungo” entro i termini di Unico<br />
• Sanzione edittale applicabile: 30%;<br />
• Sanzione ridotta da ravvedimento : 6%<br />
(pari ad 1/5 del minimo);<br />
• Maggiorazione per interessi:3% annuo in<br />
ragione <strong>dei</strong> giorni di ritardo (dalla data di<br />
versamento in compensazione alla data<br />
del ve5rsamento per ravvedimento);<br />
• Sanzione<br />
100%*;<br />
edittale applicabile:<br />
• Sanzione ridotta per ravvedimento :<br />
10% (pari ad 1/10 del minimo);<br />
• Maggiorazione per interessi:3%<br />
annuo in ragione <strong>dei</strong> giorni di ritardo<br />
(dalla data di versamento in<br />
compensazione alla data del<br />
ve5rsamento per ravvedimento);<br />
* Se l’indebita compensazione è stata effettuata prima del 29 novembre 2008, la<br />
sanzione applicabile è quella vecchia, ossia il 30%, ma il ravvedimento va<br />
effettuato <strong>con</strong> le nuove riduzioni: si paga quindi, rispettivamente, il 2,5%(1/12 del<br />
30%) o il 3% (1/10 del 30%).
260
PARTITA IVA NON RESIDENTI<br />
Soggetto<br />
passivo<br />
ai fini IVA<br />
Prestazioni di<br />
servizi rilevanti<br />
in Italia<br />
Condizioni<br />
Un soggetto residente in un paese terzo che intende aprire un'attività<br />
e<strong>con</strong>omica in Italia, senza esercitare nel proprio Paese alcuna professione,<br />
può richiedere la partita Iva “ordinaria” come qualsiasi cittadino italiano.<br />
In tal caso, infatti, per essere <strong>con</strong>siderato soggetto passivo di imposta nello<br />
Stato, è irrilevante che la persona sia residente all’estero, in quanto a tal fine<br />
è sufficiente l’intenzione di svolgere l’attività lavorativa e costituire il centro<br />
<strong>dei</strong> propri interessi in Italia.<br />
(Risoluzione n. 369/E del 3 ottobre 2008)<br />
Si <strong>con</strong>sidera soggetto passivo ai fini IVA, in base al D.P.R. n. 633/1972, colui<br />
che:<br />
operando nell’esercizio d’impresa, arti o professioni, effettua cessioni di<br />
beni o prestazioni di sevizi rilevanti nel territorio dello Stato.<br />
Per quanto riguarda, in particolare, le prestazioni di servizi, l’art. 7, comma 3,<br />
dello stesso D.P.R. prevede che:<br />
“Le prestazioni di servizi si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello<br />
Stato quando sono rese da soggetti che hanno il domicilio nel<br />
territorio stesso o da soggetti ivi residenti che non abbiano stabilito il<br />
domicilio all’estero, nonché quando sono rese da stabili<br />
organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati e residenti<br />
al<strong>l'estero</strong>; non si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello Stato quando<br />
sono rese da stabili organizzazioni al<strong>l'estero</strong> di soggetti domiciliati o<br />
residenti in Italia.”.<br />
Un operatore e<strong>con</strong>omico, quindi, pone in essere operazioni attive ai fini IVA<br />
in Italia se, in qualità di prestatore, si trova in una delle seguenti situazioni:<br />
261
Concetti di<br />
residenza e<br />
domicilio<br />
La residenza<br />
“fiscale”<br />
(C.m. n. 304/1997)<br />
Le precisazioni<br />
<strong>della</strong><br />
Risoluzione<br />
n. 369/E/2008<br />
1) è domiciliato in Italia (anche se risiede all’estero);<br />
2) è residente in Italia senza domicilio all’estero;<br />
3) è domiciliato o residente all’estero, ma possiede una stabile<br />
organizzazione in Italia.<br />
In presenza di uno di questi elementi, le prestazioni di servizi sono da<br />
<strong>con</strong>siderarsi, in linea generale, effettuate in Italia.<br />
Si precisa che, ai sensi dell’art. 43 del c.c.:<br />
residenza è il luogo in cui la persona ha la dimora abituale ed è<br />
determinata dalla stabile permanenza in un posto e dalla volontà di<br />
rimanervi;<br />
domicilio è il luogo in cui essa ha stabilito la sede principale <strong>dei</strong> suoi<br />
affari e interessi e prescinde dalla presenza fisica effettiva del soggetto in<br />
una zona.<br />
In merito, la circolare del Ministero delle Finanze del 2 dicembre 1997, n.<br />
304, aveva affermato che:<br />
“ (…) l’aver stabilito il domicilio civilistico in Italia ovvero l’aver<br />
fissato la propria residenza nel territorio dello Stato sono<br />
<strong>con</strong>dizioni sufficienti per l’integrazione <strong>della</strong> fattispecie di<br />
residenza fiscale, indipendentemente dall’iscrizione nell’anagrafe <strong>della</strong><br />
popolazione residente.”<br />
Nella Risoluzione n. 369/E del 3 ottobre 2008, l’Agenzia delle Entrate<br />
muove proprio da queste <strong>con</strong>siderazioni per precisare che:<br />
è irrilevante l’iscrizione nell’anagrafe <strong>della</strong> popolazione residente ai fini<br />
dell’individuazione del soggetto passivo d’imposta in Italia;<br />
la residenza è intesa quale “res facti”, poiché non può prescindere<br />
dall’insistere sul luogo, <strong>con</strong> relativa stabilità, del soggetto e l’elemento<br />
intenzionale assume rilevanza se<strong>con</strong>daria;<br />
262
il domicilio è, invece, definito “res iuris” in quanto situazione giuridica<br />
caratterizzata dalla volontà di stabilire e <strong>con</strong>servare in un determinato<br />
luogo la sede principale <strong>dei</strong> propri affari ed interessi (in questo senso,<br />
la sentenza <strong>della</strong> Corte di Cassazione del 21 marzo 1968, n. 884).<br />
Di <strong>con</strong>seguenza, le Entrate <strong>con</strong>cludono che, nel caso di un soggetto residente<br />
all’estero (nella Repubblica di San Marino, nella fattispecie oggetto<br />
dell’interpello) che abbia intenzione di aprire la partita Iva al fine di svolgere la<br />
propria attività professionale in Italia, è chiara l’intenzione di trasferire nel<br />
territorio italiano il centro <strong>dei</strong> propri interessi, svolgendovi l’attività lavorativa.<br />
Pertanto, la circostanza che nel territorio italiano venga costituito il<br />
domicilio fiscale, pur in presenza <strong>della</strong> residenza in un Paese terzo (Repubblica<br />
di San Marino) non è di ostacolo a <strong>con</strong>siderare tale soggetto come passivo<br />
di imposta alla stessa stregua di un soggetto residente e, quindi, nella<br />
domanda di attribuzione del numero di partita IVA (modello AA9/9), dovrà<br />
indicare:<br />
nel quadro C: il domicilio fiscale, ossia il luogo dove sarà svolta<br />
l’attività lavorativa;<br />
nel quadro B: la propria residenza, comprensiva del numero<br />
identificativo IVA dello Stato estero.<br />
Luogo dove si svolgerà<br />
263<br />
Luogo estero di residenza
264
TERRITORIALITÀ IVA PER I CONVEGNI ALL’ESTERO<br />
La norma in<br />
deroga al<br />
principio<br />
generale<br />
Le prestazioni di servizi relative all’organizzazione di eventi culturali-<br />
scientifici, nonché di servizi accessori ad essi <strong>con</strong>nessi, erogate da una<br />
società italiana in un altro Paese Ue, sono assoggettabili ad Iva nello<br />
Stato membro in cui si svolge l’evento e non in quello in cui risiede l’ente<br />
promotore.<br />
Se, però, il soggetto che ha organizzato l’evento è diverso da quello<br />
che eroga i servizi aggiuntivi, questi, ai fini <strong>della</strong> territorialità Iva,<br />
dovranno essere esaminati singolarmente.<br />
(Risoluzione n. 367/E del 3 ottobre 2008)<br />
L’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972, relativo alla territorialità dell’imposta sul<br />
valore aggiunto, al comma 4, lett. b), stabilisce che:<br />
“… le prestazioni di servizi culturali, scientifici, artistici, didattici, sportivi,<br />
ricreativi e simili, …, si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello<br />
Stato quando sono eseguite nel territorio stesso”.<br />
La citata disposizione costituisce una deroga al principio generale previsto dal<br />
precedente comma 3, il quale, prevedendo che:<br />
“Le prestazioni di servizi si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello<br />
Stato quando sono rese da soggetti che hanno il domicilio nel territorio<br />
stesso o da soggetti ivi residenti che non abbiano stabilito il domicilio<br />
al<strong>l'estero</strong>…”,<br />
dà, invece, rilevanza al solo domicilio o residenza del prestatore, a prescindere,<br />
quindi, dal luogo in cui la prestazione è resa.<br />
La deroga è in linea <strong>con</strong> quanto previsto a livello comunitario dall’art. 52, par. 1,<br />
lett. a), <strong>della</strong> Direttiva del Consiglio 28.11.2006, n. 2006/112/CE, relativa al<br />
sistema comune IVA, che prevede che:<br />
265
I chiarimenti<br />
<strong>della</strong><br />
Risoluzione<br />
n. 367/E/2008<br />
“per le attività culturali, artistiche, sportive, scientifiche d’insegnamento,<br />
ricreative e affini”, la territorialità è legata al luogo di esecuzione <strong>della</strong><br />
prestazione.<br />
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito recentemente questo <strong>con</strong>cetto <strong>con</strong> la<br />
Risoluzione n. 367/E del 3 ottobre 2008, <strong>con</strong> particolare riferimento alla<br />
territorialità dell’IVA dell’attività di organizzazione di <strong>con</strong>gressi,<br />
<strong>con</strong>vention, riunioni, corsi di aggiornamento e di formazione del<br />
personale in ambito scientifico – culturale.<br />
Nel caso di specie, la società istante intende organizzare eventi anche in altri<br />
Paesi Ue, fornendo ai propri clienti due tipologie di prestazioni:<br />
“pacchetto-base” di servizi comprendenti quote di iscrizione al<br />
<strong>con</strong>gresso, fornitura di sala, impianti tecnici, servizi di hostess e di<br />
traduzione, noleggio dello spazio espositivo, eccetera;<br />
altri servizi accessori a quelli principali (alberghi, hostess, ristorazione,<br />
pubblicità, eccetera).<br />
Qualora la manifestazione sia organizzata da altri soggetti, l’azienda offrirebbe<br />
solo i servizi accessori.<br />
A parere dell’Amministrazione finanziaria, non vi sono ostacoli alla possibilità di<br />
estendere l’applicabilità <strong>della</strong> predetta deroga in materia di territorialità<br />
IVA anche alle prestazioni di servizi rese per l’organizzazione di<br />
<strong>con</strong>gressi e manifestazioni.<br />
Del resto, la stessa Agenzia delle Entrate, nella precedente Risoluzione n. 131/E<br />
del 13.11.2006, aveva precisato che:<br />
le somme percepite da una società organizzatrice di una <strong>con</strong>ferenza in<br />
altro Stato membro, a fronte <strong>della</strong> distribuzione di materiale didattico,<br />
dell’erogazione <strong>della</strong> cena sociale, del coffee break, etc. vanno riferite “ad<br />
eventi strettamente <strong>con</strong>nessi <strong>con</strong> lo svolgimento <strong>della</strong> … <strong>con</strong>ferenza” e,<br />
come tali, da <strong>con</strong>siderarsi relative “ad un evento di natura culturale,<br />
territorialmente rilevante nel luogo di materiale esecuzione (art. 7, quarto<br />
comma, lett. b del D.P.R. n. 633 del 1972)”,<br />
e, quindi, tali prestazioni vanno assoggettate ad IVA nello Stato in cui sono<br />
materialmente erogate, a prescindere dal Paese dove risiede la società.<br />
266
Il carattere di<br />
accessorietà<br />
Per quanto riguarda, invece, i servizi del se<strong>con</strong>do gruppo, ovvero i servizi<br />
accessori resi dalla società per eventi organizzati da terzi, a parere delle<br />
Entrate, essi non rientrano tra le prestazioni indicate dall’art. 7, comma<br />
4, lett. b), D.P.R. n. 633/1972 (prestazioni scientifiche, culturali, ecc.),<br />
perché rese da un soggetto terzo rispetto all'organizzatore del <strong>con</strong>vegno e,<br />
quindi, da <strong>con</strong>siderare come servizi aggiuntivi (albergo, servizi di ristorazione,<br />
eccetera) non indispensabili per la realizzazione dell’evento.<br />
Nel caso specifico, viene meno anche il carattere di accessorietà di cui<br />
all’art. 12 del D.P.R. n. 633/1972 (ossia uno stretto rapporto e<strong>con</strong>omico –<br />
funzionale tra l’operazione se<strong>con</strong>daria e quella principale), in quanto, anche se<br />
va ri<strong>con</strong>osciuta la riferibilità delle prestazioni rese all’operazione principale,<br />
viene a mancare il presupposto soggettivo a causa <strong>della</strong> differenza tra il<br />
soggetto che eroga le prestazioni principali e quello che eroga quelle accessorie,<br />
per cui va esclusa la natura accessoria delle prestazioni oggetto dell’interpello.<br />
In <strong>con</strong>clusione, l’Agenzia delle Entrate ritiene che:<br />
nel caso in cui sia la stessa società ad organizzare l’evento<br />
culturale-scientifico → sia le prestazioni principali che quelle accessorie<br />
rientrano nell’ambito applicativo di cui all’art. 7, quarto comma, lett. b),<br />
del DPR n. 633/1972, e, quindi, sono da <strong>con</strong>siderarsi territorialmente<br />
rilevanti in Italia solo nel caso in cui l’evento, oggetto <strong>della</strong> prestazione<br />
principale, sia realizzato nel territorio dello Stato;<br />
nel caso, invece, in cui non vi sia corrispondenza tra soggetto che<br />
eroga le prestazioni di servizi principali e soggetto che eroga i<br />
servizi accessori → le prestazioni rese dovranno essere esaminate<br />
singolarmente al fine di individuare il luogo <strong>della</strong> loro tassazione ai fini<br />
IVA se<strong>con</strong>do le disposizioni dell’art. 7 del citato D.P.R. n. 633 del 1972.<br />
267
268
NIENTE IVA PER IMMOBILI IN LEASING APPORTATI<br />
IN FONDI CHIUSI<br />
Premessa<br />
Risoluzione<br />
n. 389/E/2008<br />
Interpello<br />
Il <strong>con</strong>ferimento in un fondo immobiliare chiuso di una serie di <strong>con</strong>tratti di<br />
leasing, che hanno ad oggetto immobili <strong>con</strong>cessi in locazione è:<br />
escluso dall'IVA ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lett. b) del D.p.r.<br />
n. 633/72.<br />
(Agenzia delle Entrate, Risoluzione n. 389/E del 20 ottobre 2008)<br />
L’Agenzia delle Entrate, nella Risoluzione n. 389/E/2008, in risposta ad un<br />
interpello, ha affermato che il <strong>con</strong>ferimento in un fondo immobiliare chiuso di<br />
una serie di immobili detenuti da una società in base ad un <strong>con</strong>tratto di locazione<br />
finanziaria di natura traslativa (e poi dati in locazione ordinaria) rientra tra le<br />
operazioni escluse esenti da Iva ai sensi dell’art. 2 terzo comma, lett. b) del<br />
D.p.r. 633/72 in quanto esiste una sostanziale:<br />
assimilabilità del diritto derivante dal <strong>con</strong>tratto di leasing al<br />
diritto di proprietà.<br />
La questione è stata posta da una società, che, nell’ambito di una<br />
ristrutturazione aziendale, intende apportare in un fondo di gestione<br />
immobiliare, oltre ad alcuni immobili detenuti in proprietà, anche:<br />
una serie di <strong>con</strong>tratti di leasing traslativi di immobili <strong>con</strong>cessi in locazione<br />
ordinaria.<br />
La società chiedeva, quindi, se l’apporto di immobili in leasing, da effettuare a<br />
favore di un fondo immobiliare a fronte del ricevimento di quote di quest’ultimo,<br />
potesse rientrare:<br />
nell’ambito dell’art. 8, comma 1-bis, del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, che<br />
esclude espressamente dall’IVA gli “apporti ai fondi immobiliari chiusi di<br />
immobili prevalentemente locati al momento dell’apporto” 1 .<br />
1<br />
L'art. 8, c. 1-bis, del d. l. 25 settembre 2001, n. 351 (<strong>con</strong>vertito, <strong>con</strong> modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001,<br />
n. 410) è stato sostituito dall'art. 3-quater del d. l. 3 agosto 2004, n. 220 (<strong>con</strong>vertito dalla legge 19 ottobre 2004, n.<br />
257) il quale prevede che gli apporti in fondi immobiliari chiusi di immobili prevalentemente locati al momento<br />
dell’apporto si <strong>con</strong>siderano tra le operazioni di cui all’art. 2 terzo comma lett. b) del D.p.r. 633/72, sicché essi non<br />
269
Risposta<br />
dell’Agenzia delle<br />
Entrate<br />
Condizioni<br />
L’Agenzia delle Entrate, vista la <strong>particolari</strong>tà <strong>della</strong> domanda espressa, ha<br />
richiesto il preventivo parere del Ministero dell’E<strong>con</strong>omia e delle Finanze, il quale<br />
ha ri<strong>con</strong>osciuto l’assimilabilità <strong>dei</strong> due <strong>con</strong>tratti, affermando che:<br />
“la sostanziale assimilabilità del diritto derivante dal <strong>con</strong>tratto di<br />
leasing al diritto di proprietà (al riguardo viene richiamata la<br />
giurisprudenza <strong>della</strong> Corte di Cassazione, III sez, 3 maggio 2002, n.<br />
6369 ed un orientamento <strong>della</strong> Banca d'Italia espresso in un<br />
provvedimento del 14 aprile 2005) <strong>con</strong>sente di ammettere una<br />
sostanziale omologazione di tali figure giuridiche e, dunque, la<br />
possibilità di effettuare operazioni del tipo di quella rappresentata<br />
dalla società istante”.<br />
Alla luce <strong>dei</strong> chiarimenti dati dal Ministero dell’E<strong>con</strong>omia e delle Finanze,<br />
l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che:<br />
“all'apporto a favore del fondo immobiliare di un diritto di<br />
godimento su una pluralità di immobili prevalentemente locati<br />
(diritto da ri<strong>con</strong>durre a <strong>con</strong>tratti di leasing immobiliare ceduti dalla<br />
Società al fondo in cambio di una sottoscrizione di quote) possa<br />
applicarsi l'esclusione dall'IVA ai sensi del menzionato articolo 8,<br />
comma 1-bis, del decreto legge n. 351 del 2001”.<br />
Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che per applicare l’agevolazione<br />
è necessario che:<br />
il soggetto che riceve l’apporto sia necessariamente un “fondo<br />
immobiliare chiuso” (art. 37 del decreto legislativo n. 58/98);<br />
l'investimento (locazione beni per subentro nei <strong>con</strong>tratti di leasing<br />
traslativo) realizzato dal fondo medesimo:<br />
rappresenti per il fondo immobiliare <strong>con</strong>tinuazione dell'attività<br />
<strong>della</strong> società;<br />
sia ammesso dal regolamento di funzionamento del fondo<br />
medesimo.<br />
sono <strong>con</strong>siderati cessioni di beni ai fini dell’Iva. Ponendoli così sullo stesso piano, sotto il profilo del relativo<br />
trattamento ai fini IVA, delle cessioni e <strong>dei</strong> <strong>con</strong>ferimenti in società di aziende o rami d'azienda.<br />
270
CESSIONE GRATUITA DI OMAGGI A CLIENTI EXTRA CEE<br />
Premessa<br />
Definizione di<br />
esportazione<br />
Cessione<br />
all’esportazione<br />
E' prassi diffusa fra gli operatori commerciali quella di inviare omaggi di beni<br />
che vengono prodotti o commercializzati dall'impresa. Quando il cliente è<br />
rappresentato da un operatore extracomunitario vanno analizzate le<br />
problematiche IVA <strong>con</strong>nesse all'esportazione <strong>dei</strong> beni ceduti gratuitamente.<br />
In questa Fiscal Flash cercheremo di stabilire se, per l’invio di un omaggio<br />
rappresentato da un bene di propria produzione o commercio ad un<br />
cliente extracomunitario, si renda applicabile la normativa di cui all'art. 8,<br />
del D.P.R. n. 633/1972 e, pertanto, il regime di non imponibilità previsto per<br />
le cessioni all'esportazione.<br />
Qualora tale regime tributario sia ritenuto applicabile, è necessario verificare se<br />
gli importi fatturati a tale titolo costituiscano o meno plafond utilizzabile per gli<br />
acquisti in esenzione di IVA da parte degli esportatori abituali.<br />
Analizziamo, innanzitutto, la portata applicativa di alcuni <strong>con</strong>cetti base<br />
cominciando dalla definizione di esportazione.<br />
Il termine usato nella normativa IVA, <strong>con</strong>tenuto nell'art. 8, del D.P.R. n.<br />
633/1972, è, infatti, quello di "cessioni all'esportazione". E' immediatamente<br />
percepibile una possibile differenziazione rispetto alla portata più ampia che il<br />
termine "esportazione" ha nell'ambito del settore doganale.<br />
Si può, pertanto, correttamente affermare che le cessioni all'esportazione, in<br />
linea di principio, devono avere ad oggetto beni esportati dal punto di<br />
vista doganale e, quindi, usciti dal territorio comunitario.<br />
Al riguardo, è esplicita la Circolare n. 874/33650 del 19.12.1972, <strong>con</strong> la quale il<br />
Ministero delle Finanze - Direzione generale dogane ha identificato le cessioni<br />
all'esportazione in quelle eseguite al<strong>l'estero</strong> o comunque fuori dal territorio<br />
doganale.<br />
L'uscita <strong>dei</strong> beni dal territorio comunitario, idoneamente provata dall'emissione<br />
<strong>della</strong> relativa documentazione presso il competente Ufficio doganale <strong>della</strong><br />
Comunità, rappresenta, però, solamente il primo elemento necessario per avere<br />
271
una cessione all'esportazione non imponibile ai sensi dell'art. 8 del D.P.R. n.<br />
633/1972.<br />
Quest'ultima si realizza, infatti, al ricorrere di due <strong>con</strong>dizioni che devono<br />
ricorrere <strong>con</strong>temporaneamente:<br />
trasferimento fisico <strong>dei</strong> beni al di fuori del territorio comunitario, <strong>con</strong><br />
la relativa uscita risultante dalla documentazione doganale;<br />
trasferimento <strong>dei</strong> beni a titolo traslativo <strong>della</strong> proprietà, inteso<br />
nella sua accezione giuridica di matrice civilistica<br />
In realtà, a tali due requisiti se ne potrebbe aggiungere un terzo, quello cioè<br />
dell'onerosità dell'operazione, deducendone la necessità proprio dal termine<br />
"cessione" posto immediatamente prima del termine "esportazione".<br />
La problematica relativa alla presunta necessità o meno del pagamento<br />
di un corrispettivo, è proprio quella che direttamente incide sul trattamento<br />
tributario degli omaggi di beni che, per definizione, comportano delle cessioni a<br />
titolo gratuito a favore <strong>della</strong> clientela attuale o potenziale.<br />
Attenendosi ad una stretta e rigorosa lettura del testo dell’art. 8 del D.P.R. n.<br />
633/1972, risulta evidente che non vengono utilizzate ulteriori o più specifiche<br />
aggettivazioni del termine “cessioni”, dovendosi, così, logicamente dedurre che<br />
occorre rifarsi al <strong>con</strong>cetto di “cessioni di beni”, come definito nella normativa IVA<br />
nell’art. 2 del medesimo decreto, anche in relazione alle esportazioni.<br />
Ai sensi dell’art. 2, comma 2, n. 4), del D.P.R. n. 633/1972, costituis<strong>con</strong>o<br />
cessioni di beni:<br />
“le cessioni gratuite di beni ad esclusione di quelli la cui produzione o il<br />
cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa se<br />
…(omissis)…”<br />
Le cessioni gratuite di omaggi di propria produzione o commercio<br />
rientrano, pertanto, tra quelle assimilate ai fini IVA alle ordinarie cessioni<br />
di beni a titolo oneroso rilevanti ai fini applicativi dell’imposta, in piena<br />
aderenza a quanto previsto nell’art. 5, <strong>della</strong> Direttiva 17 maggio 1977, n.<br />
77/388/CEE.<br />
272
Applicabilità<br />
dell’articolo 8,<br />
comma 1, DPR<br />
n.633/1972<br />
Sulla base di quanto sopra, si può dedurre dalla normativa comunitaria e<br />
nazionale, che non esisterebbero, quindi, preclusioni ostative<br />
all’applicazione del regime di non imponibilità alle esportazioni di beni<br />
ceduti a titolo gratuito, risultando, così, ininfluente, il requisito dell’onerosità.<br />
Si fa notare che l’Amministrazione finanziaria ha più volte ribadito,<br />
sebbene in tema di operazioni triangolari, l’irrilevanza <strong>della</strong> circostanza che i<br />
beni vengano inviati all’estero gratuitamente e, cioè, <strong>con</strong> la procedura del<br />
cosiddetto “franco valuta”.<br />
I richiamati interventi interpretativi sono, più specificamente, i seguenti:<br />
Circolare Ministeriale 9 aprile 1981, n. 12, paragrafo A<br />
Risoluzione Ministeriale 4 novembre 1986, n. 416596.<br />
L’applicabilità dell’art. 8, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 nel caso di cessioni<br />
gratuite a favore di soggetti extra-Cee, <strong>con</strong> specifico riferimento agli omaggi, è<br />
stata anche <strong>con</strong>fermata dall’Assonime <strong>con</strong> circolare n. 89 del primo agosto 1996,<br />
dove è stata evidenziata la <strong>con</strong>figurabilità dell’esportazione non imponibile.<br />
Tali <strong>con</strong>clusioni appaiono, a parere di chi scrive, corrette anche alla luce del<br />
seguente duplice ordine di <strong>con</strong>siderazioni:<br />
1. si è in presenza a tutti gli effetti di una operazione doganale di<br />
esportazione definitiva;<br />
2. l’immissione in <strong>con</strong>sumo <strong>dei</strong> beni omaggiati avviene all’estero e non nel<br />
territorio dello Stato.<br />
In presenza di tali presupposti, quando l’invio gratuito di beni in paesi<br />
extracomunitari <strong>con</strong>figura una cessione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto ai<br />
sensi dell’art. 2, comma 2, n. 4), del D.P.R. n. 633/1972, come avviene nel caso<br />
di beni prodotti o commercializzati ordinariamente dall’impresa, si ritiene<br />
pertanto corretto, ai fini <strong>della</strong> fatturazione, procedere <strong>con</strong> le seguenti<br />
modalità:<br />
emissione di regolare fattura, recante il titolo di non imponibilità ex art.<br />
8, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972;<br />
indicazione del “valore normale” <strong>dei</strong> beni;<br />
annotazione che si tratta di omaggi ceduti a titolo gratuito.<br />
273
Problematiche in<br />
tema di plafond<br />
Nel caso specifico, a corredo <strong>della</strong> pratica doganale di esportazione definitiva,<br />
viene, quindi, presentata una normale fattura <strong>con</strong> l’indicazione del cliente estero,<br />
il quale, sebbene non debba corrispondere alcun importo a fronte <strong>della</strong> cessione<br />
gratuita, è comunque il destinatario <strong>dei</strong> beni nel paese extracomunitario ove gli<br />
stessi verranno importati.<br />
Se, dunque, le cessioni di beni in omaggio possono fondatamente ritenersi<br />
“esportazioni” nell’ottica dell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972, deve ulteriormente<br />
essere verificata la loro eventuale rilevanza ai fini IVA per la costituzione del<br />
“plafond” utilizzabile da parte degli esportatori abituali.<br />
Al riguardo, si deve evidenziare che, mentre il requisito dell’onerosità non è<br />
decisivo ai fini <strong>della</strong> <strong>con</strong>figurabilità di una cessione all’esportazione non<br />
imponibile, esso assume, invece, rilevanza decisiva ai fini <strong>della</strong><br />
costituzione del “plafond”.<br />
L’assenza del corrispettivo rende, infatti, le cessioni gratuite, così dette<br />
operazioni “franco valuta”, ininfluenti ai fini <strong>della</strong> formazione del plafond; tale<br />
<strong>con</strong>seguenza trova <strong>con</strong>ferma in dottrina e nell’orientamento espresso dalla<br />
stessa Amministrazione finanziaria<br />
L’Amministrazione in passato già si è espressa in tal senso, escludendo dal<br />
computo del plafond le ipotesi di esportazione “franco valuta”, che si verificano<br />
nel caso in cui l’operatore nazionale effettui una cessione gratuita<br />
all’esportazione.<br />
In effetti, il temine utilizzato nella prassi ministeriale di “franco valuta” è<br />
significativo nell’indicare come fattore fondamentale discriminante, ai fini <strong>della</strong><br />
<strong>con</strong>figurazione di una cessione all’esportazione a tutti gli effetti, la rimessa<br />
valutaria dall’estero. A tali fini, deve quindi realizzarsi in senso sostanziale,<br />
nonché giuridico, il pagamento da parte del fornitore.<br />
OSSERVA<br />
Sulla base di quanto sopra, emerge dalla prassi ministeriale e dal <strong>con</strong>tributo <strong>della</strong><br />
dottrina dominante che risulta, quindi, sicuramente opportuno “monitorare”<br />
adeguatamente, sul piano <strong>con</strong>tabile ed amministrativo, le cessioni gratuite di beni<br />
omaggiati, di propria produzione o commercio, a clienti e destinatari extracomunitari,<br />
<strong>con</strong>siderato che le stesse, sebbene <strong>con</strong>figurino cessioni all’esportazione non imponibili,<br />
sono del tutto irrilevanti ai fini del “plafond” in mancanza del pagamento di un<br />
corrispettivo.<br />
274
LA DICHIARAZIONE IVA 2009<br />
Premessa<br />
I modelli<br />
approvati<br />
L’Agenzia delle Entrate ha approvato, <strong>con</strong> Provvedimento del Direttore<br />
del 15 gennaio 2009, i nuovi modelli di dichiarazione annuale IVA<br />
2009 (mod. IVA/2009, mod. VR/2009 per la richiesta di rimborso, mod.<br />
IVA 26 LP/2009 per gli enti e le società <strong>con</strong>trollanti, Modello IVA 74-bis<br />
per fallimento e liquidazione coatta amministrativa). Diverse le novità<br />
presenti quest’anno, che qui andremo ad analizzare.<br />
(Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 15<br />
gennaio 2009).<br />
Con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate emanato il<br />
15 gennaio 2009, avente pubblicità legale in luogo <strong>della</strong> pubblicazione in G.U.,<br />
sono stati approvati i nuovi modelli, <strong>con</strong> le relative istruzioni, <strong>con</strong>cernenti le<br />
dichiarazioni relative all’anno 2008 da presentare nell’anno 2009 ai fini<br />
dell'imposta sul valore aggiunto :<br />
Modello IVA/2009, ovvero il modello base composto da:<br />
o il frontespizio, <strong>con</strong>tenente anche l’informativa relativa al<br />
trattamento <strong>dei</strong> dati personali;<br />
o i quadri VA, VC, VD, VE, VF, VG, VJ, VH, VK, VL, VT, VX, VO, VS,<br />
VV, VW, VY e VZ;<br />
Modello VR/2009 per la richiesta di rimborso, riservato ai<br />
<strong>con</strong>tribuenti che intendono chiedere, in tutto o in parte, il rimborso<br />
dell'eccedenza d'imposta detraibile relativa all’anno 2008;<br />
Modello IVA 26 LP/2009, ovvero il prospetto delle liquidazioni<br />
periodiche, riservato agli enti o società <strong>con</strong>trollanti di cui all'articolo<br />
73, ultimo comma, del D.P.R. n. 633/1972;<br />
Modello IVA 74-bis/2009, relativo alle operazioni effettuate, in caso di<br />
fallimento o liquidazione coatta amministrativa, nella frazione<br />
d'anno antecedente la dichiarazione di fallimento o di liquidazione coatta<br />
amministrativa, riservato ai curatori fallimentari e ai commissari<br />
liquidatori.<br />
275
Termini di<br />
presentazione<br />
Prima di analizzare, nel prosieguo, le più importanti novità presenti quest’anno<br />
nel modello di dichiarazione IVA/2009, si ricorda che:<br />
la dichiarazione IVA annuale (in forma autonoma o unificata) va<br />
presentata, esclusivamente in via telematica, direttamente o tramite<br />
un intermediario abilitato, entro il 31.07.2009 (non è stata, infatti,<br />
data, per il momento, attuazione alla prospettata unificazione delle<br />
scadenze delle dichiarazioni al 30 settembre);<br />
DICHIARAZIONE IVA IN FORMA AUTONOMA<br />
Si precisa che la presentazione <strong>della</strong> dichiarazione in forma<br />
autonoma interessa solo i seguenti casi:<br />
società di capitali e altri soggetti IRES <strong>con</strong> periodo d’imposta non<br />
coincidente <strong>con</strong> l’anno solare;<br />
soggetti, diversi dalle persone fisiche, <strong>con</strong> periodo d’imposta<br />
chiuso in data anteriore al 31.12.2008 (ciò interessa, ad<br />
esempio, la società di persone cessata il 12.12.2008, senza<br />
messa in liquidazione);<br />
società <strong>con</strong>trollanti e <strong>con</strong>trollate, che partecipano alla<br />
liquidazione IVA di gruppo;<br />
curatori fallimentari e commissari liquidatori per le dichiarazioni<br />
che devono presentare per <strong>con</strong>to <strong>dei</strong> soggetti falliti o sottoposti a<br />
liquidazione coatta amministrativa;<br />
soggetti non residenti che si avvalgono di un rappresentante<br />
fiscale (art. 17, DPR n. 633/72);<br />
soggetti non residenti che si sono identificati direttamente (art.<br />
35-ter, DPR n. 633/72);<br />
<strong>particolari</strong> soggetti (ad esempio, i venditori porta a porta) non<br />
tenuti alla presentazione <strong>della</strong> dichiarazione unificata in quanto<br />
titolari di redditi per i quali non sussiste l’obbligo di<br />
presentazione <strong>della</strong> dichiarazione <strong>dei</strong> redditi e dell’IRAP;<br />
soggetti risultanti da operazioni straordinarie o da altre<br />
trasformazioni sostanziali soggettive, avvenute nel periodo tra<br />
l’1.1.2009 e la data di presentazione <strong>della</strong> dichiarazione relativa<br />
al 2008, tenuti a presentare la dichiarazione IVA per <strong>con</strong>to <strong>dei</strong><br />
soggetti estinti.<br />
276
Termini di<br />
versamento del<br />
saldo annuale<br />
IVA<br />
Telefoni<br />
cellulari<br />
(Rigo VA8)<br />
il versamento dell’IVA risultante dalla dichiarazione annuale va<br />
effettuato entro il 16.03.2009, sempreché l’importo dovuto sia<br />
superiore a € 10,33 (importo arrotondato a € 10). E’ possibile, tuttavia:<br />
effettuare il versamento in forma rateale (<strong>con</strong> la<br />
maggiorazione dello 0,50% mensile);<br />
differire il versamento alla scadenza prevista per il saldo<br />
relativo al mod. UNICO 2009 (<strong>con</strong> la maggiorazione dello<br />
0,40% per ogni mese o frazione di mese successivo al<br />
16.03.2009), in caso di presentazione <strong>della</strong> dichiarazione<br />
unificata.<br />
Analizziamo ora le novità presenti quest’anno nel modello di dichiarazione<br />
IVA/2009 (anno 2008). Come si legge nel Provvedimento di approvazione, i<br />
nuovi modelli sono stati elaborati adeguando la struttura ed il <strong>con</strong>tenuto di essi<br />
alle diverse disposizioni normative e di prassi emanate nel corso dell’anno<br />
d’imposta oggetto <strong>della</strong> dichiarazione.<br />
In primo luogo, si ricorda che la Finanziaria 2008 (Legge n. 244 /2007), all’art.<br />
1, comma 261, ha abrogato la lettera g) dell’art. 19-bis1 del D.P.R. n. 633/72,<br />
disposizione che limitava al 50% la detrazione dell’IVA relativa all’acquisto e alla<br />
gestione di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico<br />
terrestre di comunicazioni.<br />
Di <strong>con</strong>seguenza, anche per i telefonini cellulari il diritto alla detrazione è<br />
tornato ad essere regolato dal principio generale dell’inerenza e, quindi,<br />
se<strong>con</strong>do la percentuale di utilizzo <strong>dei</strong> beni nello svolgimento dell’attività<br />
d’impresa o professionale.<br />
La stessa legge ha, tuttavia, previsto la programmazione di specifici <strong>con</strong>trolli<br />
nei <strong>con</strong>fronti <strong>dei</strong> <strong>con</strong>tribuenti che esercitano la detrazione in misura<br />
superiore alla al 50% dell’imposta.<br />
Il nuovo modello IVA/2009, nel Quadro VA, sezione 1, presenta, a tal<br />
proposito, un apposito rigo, VA8, dedicato proprio ai soggetti che nel corso del<br />
277
Società non<br />
operative<br />
(Rigo VA46)<br />
2008 hanno effettuato acquisti e importazioni di telefoni cellulari e delle relative<br />
prestazioni di gestione esercitando la detrazione in misura superiore al 50%, i<br />
quali dovranno riportare in tale rigo l’ammontare imponibile di dette spese e<br />
la relativa imposta detratta:<br />
Attenzione<br />
Le istruzioni ministeriali precisano che il rigo va compilato anche dai soggetti<br />
per i quali la detrazione effettiva risulti, poi, ridotta entro la predetta<br />
percentuale per effetto del pro-rata.<br />
La compilazione del rigo VA8 comporta, quindi, l’inserimento del<br />
soggetto nella lista delle posizioni suscettibili di <strong>con</strong>trollo mirato in<br />
ordine all’inerenza degli acquisti in esame, anche se ciò non preclude<br />
all’Amministrazione finanziaria di selezionare pure altri <strong>con</strong>tribuenti.<br />
Altro rigo nuovo del Quadro VA è il rigo VA46 <strong>della</strong> sezione IV, che <strong>con</strong>tiene<br />
una casella riservata alle società ed agli enti non operativi:<br />
Tale casella è finalizzata a <strong>con</strong>sentire la corretta gestione del credito IVA<br />
annuale alla luce delle limitazioni introdotte dall’art. 30, comma 4, Legge n.<br />
724/1994, come modificato dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223.<br />
Questa disposizione, infatti, prevede, tra le altre cose, che per le società e gli<br />
enti non operativi:<br />
278
Eccedenza di<br />
credito IVA non<br />
compensabile<br />
orizzontalmente<br />
Estinzione del<br />
credito<br />
Indicazione del<br />
codice corretto<br />
all’interno del<br />
Rigo VA46<br />
l’eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione Iva non è<br />
rimborsabile, né cedibile, né utilizzabile in compensazione<br />
cosiddetta “orizzontale”.<br />
La società “di comodo” può, quindi, soltanto riportare a nuovo il credito<br />
Iva per utilizzarlo nella compensazione interna (o “verticale”), ossia a<br />
scomputo degli eventuali debiti risultati dalle liquidazioni <strong>della</strong> stessa imposta.<br />
Tuttavia:<br />
qualora per tre periodi di imposta <strong>con</strong>secutivi la società o l’ente non<br />
operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini dell’Iva in misura<br />
almeno pari all’importo che risulta dall’applicazione delle percentuali<br />
stabilite per il cosiddetto “test di operatività” ai fini del reddito,<br />
l’eccedenza di credito non è neppure riportabile a nuovo nei<br />
periodi successivi, per cui si verifica l’estinzione del credito.<br />
Le nuove disposizioni hanno trovato applicazione a partire dalla<br />
dichiarazione relativa al periodo d'imposta in corso alla data del 4 luglio<br />
2006 (data di entrata in vigore del D.L. n. 223/2006), quindi dalla<br />
dichiarazione IVA/2007 relativa al 2006.<br />
Ne deriva che, <strong>con</strong> la dichiarazione Iva 2009, relativa all’anno 2008, si<br />
entra nel terzo periodo d’imposta dall’entrata in vigore <strong>della</strong> disposizione e,<br />
pertanto:<br />
la società o ente operativo che non abbia effettuato, nei tre periodi<br />
d’imposta <strong>con</strong>secutivi 2006, 2007 e 2008, operazioni rilevanti ai fini<br />
dell’Iva in misura almeno pari all’importo che risulta dall’applicazione<br />
delle percentuali stabilite per il cosiddetto “test di operatività” ai fini del<br />
reddito, l’eccedenza di credito non è più riportabile a nuovo nei<br />
periodi successivi, per cui si verifica l’estinzione del credito.<br />
Quest’anno è, quindi, la prima volta che si può presentare questa<br />
situazione.<br />
Per tale motivo è stato inserito nel modello Iva 2009 il rigo VA46, dove le<br />
società non operative dovranno indicare il codice numerico corrispondente<br />
alla situazione nella quale si trovano, in base alla seguente codifica riportata<br />
nelle istruzioni:<br />
279
Società di<br />
comodo <strong>con</strong><br />
periodo<br />
d’imposta non<br />
coincidente <strong>con</strong><br />
l’anno solare<br />
1<br />
2<br />
3<br />
4<br />
Società non operativa per l’anno oggetto <strong>della</strong> dichiarazione.<br />
Società non operativa per l’anno oggetto <strong>della</strong> dichiarazione e<br />
per il precedente.<br />
Società non operativa per l’anno oggetto <strong>della</strong> dichiarazione e<br />
per i due precedenti.<br />
Società non operativa per l’anno oggetto <strong>della</strong> dichiarazione e<br />
per i due precedenti e che non ha effettuato, in nessun anno del<br />
triennio, operazioni rilevanti ai fini Iva per ammontare almeno<br />
pari all’importo che risulta dalle percentuali di cui all’art. 30,<br />
comma 1, <strong>della</strong> legge n. 724/1994.<br />
La società che si trova nella situazione n. 4 perde l’eventuale eccedenza<br />
detraibile risultante dalla dichiarazione: tale eccedenza, che dovrà,<br />
comunque, essere indicata, come precisato nelle istruzioni, nel rigo VX2 (IVA a<br />
credito o da trasferire) o nel corrispondente rigo del quadro RX del modello<br />
Unico 2009, non potrà, dunque, essere ripresa nelle liquidazioni periodiche del<br />
2009.<br />
OSSERVA<br />
E’ necessario,quindi, per le società potenzialmente interessate, accertare<br />
quanto prima l’eventuale <strong>con</strong>dizione comportante la decadenza del credito, in<br />
modo da evitare la ripresa indebita del credito stesso nelle liquidazioni dell’anno<br />
corrente.<br />
Con riguardo alle società <strong>con</strong> esercizio non coincidente <strong>con</strong> l’anno solare,<br />
l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di chiarire, <strong>con</strong> la circolare n. 25/E del<br />
04.05.2007, che:<br />
tali società dovranno operare annualmente, a partire dal periodo<br />
d’imposta in corso al 4 luglio 2006, il raffronto tra l’importo risultante dal<br />
test di operatività e il volume d’affari Iva riferito, ai fini in esame, all’arco<br />
temporale che compone il periodo d’imposta ai fini reddituali.<br />
280
Iva di gruppo<br />
(Righi VL8, VL9,<br />
VL10, VL26,<br />
VL 25)<br />
La <strong>disciplina</strong><br />
ESEMPIO<br />
Società Alfa <strong>con</strong> periodo d’imposta che va dal 1° giugno al 31 maggio.<br />
I raffronti dovranno essere effettuati tra i dati di bilancio e i volumi d’affari<br />
ricalcolati relativamente agli esercizi:<br />
1° giugno 2006 - 31 maggio 2007;<br />
1° giugno 2007 - 31 maggio 2008;<br />
1° giugno 2008 - 31 maggio 2009.<br />
Nel caso in cui si verifichino le <strong>con</strong>dizioni per la decadenza del credito, la<br />
società non potrà più riportare a nuovo il credito esistente al 31 maggio 2009.<br />
Altra novità <strong>della</strong> dichiarazione IVA/2009 è costituita dai nuovi righi inerenti la<br />
liquidazione IVA di gruppo.<br />
Si ricorda che la <strong>disciplina</strong> <strong>della</strong> liquidazione di gruppo è regolata<br />
dall’articolo 73, ultimo comma, del Dpr n. 633/1972, integrato successivamente<br />
dal Dm 13 dicembre 1979, che ri<strong>con</strong>osce:<br />
la possibilità di compensare, nell'ambito del gruppo, i crediti e i<br />
debiti Iva risultanti dalle liquidazioni periodiche e dal <strong>con</strong>guaglio<br />
di fine anno delle società che costituis<strong>con</strong>o il gruppo ai fini<br />
dell'imposta sul valore aggiunto.<br />
La procedura <strong>con</strong>sente, quindi, di <strong>con</strong>trapporre ed estinguere<br />
automaticamente all'interno del gruppo le situazioni creditorie e debitorie di<br />
alcune società <strong>con</strong> quelle di altre rientranti nel medesimo "perimetro di<br />
liquidazione".<br />
281
La limitazione<br />
introdotta dalla<br />
Finanziaria 2008<br />
RICORDA<br />
Si ricorda che, per poter accedere alla liquidazione IVA di gruppo, è necessario<br />
che:<br />
i soggetti interessati alla procedura in questione siano società di<br />
capitali residenti in Italia;<br />
le quote o le azioni di ogni società (<strong>con</strong>trollata) siano possedute per oltre<br />
il 50% da un'altra società del gruppo ininterrottamente almeno dal 1°<br />
gennaio dell'anno solare precedente a quello in cui viene attivata<br />
la procedura. Il possesso di oltre il 50% deve sussistere in ogni<br />
passaggio <strong>della</strong> catena di <strong>con</strong>trollo.<br />
Per effetto di quanto stabilito dalla Finanziaria 2008, dal 1° gennaio 2008:<br />
non è <strong>con</strong>sentito alle società che entrano per la prima volta nella<br />
liquidazione Iva di gruppo di trasferire il proprio credito<br />
dell'anno precedente.<br />
In sostanza, è stata limitata la possibilità di utilizzare l'eccedenza di credito<br />
emergente dalle dichiarazioni relative all'anno precedente da parte delle società<br />
che partecipano per la prima volta alla liquidazione di gruppo.<br />
Sul punto, l'Agenzia delle Entrate, in occasione di Telefisco 2008, ha chiarito<br />
come utilizzare il credito emergente dalla dichiarazione degli enti e delle<br />
società aderenti alla procedura di liquidazione di gruppo relativa<br />
all'anno antecedente a quello di partecipazione alla procedura stessa,<br />
affermando che tale credito, non potendo <strong>con</strong>fluire nei calcoli compensativi:<br />
potrà essere chiesto a rimborso, nell’anno in esame o in quelli<br />
successivi, solo qualora ricorrano i presupposti dell'articolo 30<br />
del Dpr n. 633/1972;<br />
potrà essere utilizzato in compensazione “orizzontale” <strong>con</strong><br />
propri debiti tributari, <strong>con</strong>tributivi ecc.. (nei limiti stabiliti dalla<br />
legge e, cioè, 516.456,90 euro per anno solare, importo elevato a 1<br />
milione di euro per i subappaltatori in edilizia che hanno realizzato<br />
almeno l’80% del volume d’affari in operazioni sottoposte a “reverse<br />
charge”);<br />
282
Effetti nella<br />
dichiarazione<br />
IVA/2009<br />
nell'ipotesi in cui il credito Iva non fosse portato in detrazione,<br />
ovvero, chiesto a rimborso nel successivo periodo d'imposta, potrà<br />
trovare esposizione in tale ultima dichiarazione Iva, <strong>con</strong> la<br />
<strong>con</strong>seguenza che lo stesso potrà essere trasferito alla liquidazione di<br />
gruppo all'inizio del se<strong>con</strong>do anno successivo a quello di "entrata" nel<br />
regime.<br />
ESEMPIO<br />
Se la società <strong>con</strong>trollata X, che partecipa alla procedura dall'anno n (a partire<br />
dall'anno 2008), ha un credito Iva risultante dalla propria dichiarazione per il<br />
periodo d'imposta n-1, non può trasferire lo stesso al gruppo:<br />
il credito rimane nella disponibilità <strong>della</strong> società X e può essere<br />
chiesto a rimborso nell'anno n (2008) in presenza <strong>dei</strong><br />
presupposti di cui all'articolo 30 del decreto Iva;<br />
oppure può essere utilizzato in compensazione <strong>con</strong> propri debiti<br />
tributari, <strong>con</strong>tributivi ecc..<br />
Diversamente, in caso di mancato utilizzo del credito, lo stesso:<br />
può essere riportato nella dichiarazione IVA da presentarsi nel<br />
periodo d'imposta n+1 (2009) e, quindi, essere trasferito al<br />
gruppo, poiché la limitazione <strong>con</strong>cerne le sole eccedenze detraibili<br />
"risultanti dalle dichiarazioni annuali relative al periodo d'imposta<br />
precedente, degli enti e società diversi da quelli per i quali anche in<br />
tale periodo d'imposta l'ente o società <strong>con</strong>trollante si è avvalso <strong>della</strong><br />
facoltà di cui al presente comma".<br />
Allo scopo di <strong>con</strong>sentire un’efficace rappresentazione (e <strong>con</strong>trollo) <strong>della</strong><br />
situazione creditoria sottoposta alle sopra indicate limitazioni, nella<br />
dichiarazione annuale IVA/2009 è stata introdotta una sezione per<br />
l’indicazione dell’eccedenza detraibile rinveniente dall’anno precedente:<br />
283
Caso di società<br />
non operative che<br />
aderis<strong>con</strong>o all’IVA<br />
di gruppo<br />
Tale sezione ha l’obiettivo di far emergere, mediante la compilazione <strong>dei</strong> righi<br />
VL8, VL9 e VL10, l’eccedenza che può <strong>con</strong>correre alla determinazione<br />
dell’imposta a saldo per il 2008, da riportare nel successivo rigo VL26:<br />
Il procedimento si articola nei seguenti passaggi:<br />
tutti i <strong>con</strong>tribuenti che hanno chiuso la dichiarazione precedente <strong>con</strong> un<br />
credito non richiesto a rimborso debbono indicarne l’ammontare nel rigo<br />
VL8;<br />
nel successivo rigo VL9 occorre indicare la quota del predetto credito che è<br />
stata utilizzata in compensazione c.d. “orizzontale” anteriormente alla<br />
presentazione <strong>della</strong> dichiarazione Iva 2009 (va ricordato, al riguardo, che il<br />
credito 2007 può essere compensato a partire dal 1° gennaio 2008 e fino<br />
alla presentazione <strong>della</strong> dichiarazione dell’anno successivo);<br />
il rigo VL10, infine, è riservato alle società che hanno aderito nel 2008 ad<br />
una procedura “di gruppo” alla quale non partecipavano l’anno precedente,<br />
le quali dovranno indicare nel rigo in esame la differenza tra l’eccedenza<br />
detraibile rinveniente dal 2007, riportata nel rigo VL8, e la parte utilizzata<br />
in compensazione orizzontale, riportata nel rigo VL9. Tale differenza<br />
rappresenta il credito 2007 che, non essendo trasferibile al gruppo ai sensi<br />
<strong>della</strong> sopra descritta disposizione <strong>della</strong> Finanziaria 2008, rimane nella<br />
definitiva disponibilità <strong>della</strong> società e potrà essere utilizzato come indicato<br />
in precedenza (risoluzione n. 4/DPF/2008).<br />
Per quanto riguarda il rigo VL26, che accoglie, come si diceva, l’eccedenza<br />
detraibile dell’anno precedente che effettivamente <strong>con</strong>corre alla determinazione<br />
del saldo 2008, l’importo da riportare nel rigo in esame si ottiene per differenza<br />
tra l’importo del rigo VL8 e quello del rigo VL9, sempreché non sia stato<br />
compilato il rigo VL10, poiché la compilazione di quest’ultimo rigo preclude la<br />
possibilità di riportare il credito nel rigo VL26.<br />
Si evidenzia, in tema di liquidazione IVA di gruppo, che il credito Iva, per le<br />
società non operative, è intrasferibile.<br />
284
Immatricolazione<br />
veicoli di<br />
provenienza UE<br />
(Righi VL 24 e VL29,<br />
VH20-31)<br />
L'eccedenza di credito Iva generata da una società <strong>con</strong>trollata non<br />
operativa non può essere usata in compensazione dell'imposta dovuta<br />
da altre società del gruppo, né essere chiesta dalla società <strong>con</strong>trollante<br />
a titolo di rimborso, come <strong>con</strong>fermato dall’Agenzia delle Entrate nella<br />
Risoluzione n. 26/E del 30 gennaio 2008.<br />
Le limitazioni, tuttavia, riguardano il credito risultante dalla dichiarazione<br />
annuale e non le eccedenze detraibili emergenti dalle liquidazioni periodiche,<br />
sicché può accadere che la società trasferisca nel corso dell’anno dette<br />
eccedenze detraibili al gruppo e, poi, al termine del periodo d’imposta, risulti non<br />
operativa. In tal caso, come precisato dall’Agenzia delle Entrate <strong>con</strong> la<br />
risoluzione 29 aprile 2008, n. 180, la capogruppo dovrà restituire le<br />
eccedenze alla società non operativa.<br />
Il rigo VL25 accoglie, pertanto, l’indicazione delle eccedenze che la società<br />
risultata non operativa per l’anno 2007 aveva trasferito al gruppo nel<br />
corso dello stesso anno e che le sono state poi restituite dalla<br />
<strong>con</strong>trollante:<br />
Altra novità del quadro VL è costituita dai righi VL 24 e VL 29 relativi ai veicoli<br />
di provenienza comunitaria.<br />
Con il comma 9 dell’art. 1 del D.L. n. 262/2006, infatti, è stato stabilito che:<br />
per l’immatricolazione o la voltura di autoveicoli, motoveicoli e<br />
loro rimorchi, anche nuovi, oggetto di acquisto intracomunitario<br />
<br />
a titolo oneroso, la relativa richiesta deve essere corredata <strong>della</strong><br />
copia del modello F24 di versamento dell’Iva, recante per ciascun<br />
mezzo di trasporto il numero di telaio e l’ammontare dell’Iva assolta in<br />
occasione <strong>della</strong> prima cessione interna.<br />
La speciale procedura di versamento, divenuta operativa a decorrere dal 3<br />
dicembre 2007, prevede l’utilizzo di una particolare versione del modello F24,<br />
denominato “modello F24 – IVA immatricolazione auto Unione Europea” e<br />
di codici tributo istituiti ad hoc.<br />
285
Di <strong>con</strong>seguenza, già nella dichiarazione annuale dell’anno scorso è stata<br />
introdotta un’apposita sezione 2 all’interno del quadro VH, destinata<br />
all’indicazione di questi versamenti speciali, sezione che viene ora integrata <strong>con</strong><br />
12 righi, da VH20 a VH31, corrispondenti ai 12 mesi dell’anno:<br />
Tali righi sono dedicati all’indicazione <strong>dei</strong> versamenti (mensili o trimestrali)<br />
effettuati <strong>con</strong> il mod. F24 IVA immatricolazione auto UE, <strong>con</strong> riferimento<br />
all’imposta dovuta in occasione <strong>della</strong> prima cessione interna di autoveicoli nuovi<br />
e/o usati oggetto di un precedente acquisto intracomunitario nel c.d. “mercato<br />
parallelo”, il cui importo va evidenziato a rigo VL29, campo 1.<br />
Nei predetti righi devono essere ricompresi anche i versamenti effettuati nel<br />
2008 in relazione ad autoveicoli destinati a future cessioni, il cui importo deve<br />
essere evidenziato anch’esso nel nuovo rigo VL24.<br />
Nella dichiarazione IVA/2009, inoltre, è stato introdotto il rigo VL24, per<br />
l’indicazione <strong>dei</strong> predetti versamenti speciali effettuati nel 2008 in<br />
relazione a cessioni non intervenute nell’anno 2008, ma in anni<br />
successivi.<br />
Tale circostanza può verificarsi, per esempio, nel caso in cui l’immatricolazione<br />
del veicolo sia effettuata dal rivenditore non in dipendenza di una immediata<br />
cessione, ma al fine di raggiungere gli obiettivi di vendita fissati dalla casa<br />
costruttrice o dal distributore (si veda la circolare dell’Agenzia delle entrate n.<br />
52/E del 30 luglio 2008.<br />
Se, dunque, il versamento dell’Iva è stato effettuato nel corso del 2008, in<br />
dipendenza dell’immatricolazione, mentre la cessione sarà effettuata in anni<br />
successivi, l’importo del versamento speciale, da includere nell’ammontare<br />
complessivo <strong>dei</strong> versamenti periodici riportato nel rigo VL29 (crediti), va<br />
indicato anche nel rigo VL24 (debiti), al fine di non influenzare la<br />
liquidazione dell’imposta.<br />
286
Cessioni immobili<br />
strumentali cui si<br />
applica il<br />
reverse charge<br />
dal 01.03.2008<br />
(Rigo VE34, campo<br />
5 e Rigo VJ14)<br />
Analogamente, nel caso in cui siano state effettuate, nel corso del 2008,<br />
cessioni la cui imposta sia stata versata <strong>con</strong> il modello F24 speciale<br />
nell’anno precedente, in dipendenza dell’immatricolazione del veicolo, le<br />
istruzioni <strong>della</strong> dichiarazione annuale precisano che anche l’importo di tale<br />
versamento, sebbene effettuato nell’anno precedente, deve essere incluso nel<br />
rigo VL29 e altresì specificato, per ragioni di chiarezza, nel nuovo campo 2<br />
istituito all’interno del rigo stesso.<br />
Un nuovo debutto all’interno <strong>della</strong> dichiarazione IVA/2009 è quello del nuovo<br />
campo 5 del rigo VE34, rigo riservato all’indicazione dell’ammontare delle<br />
operazioni <strong>con</strong> applicazione del reverse charge.<br />
In tale campo, infatti, devono essere ricomprese, oltre alle cessioni di immobili<br />
strumentali di cui all’art. 10, n. 8-ter, lett. d), DPR n. 633/72, imponibili per<br />
opzione, anche le:<br />
cessioni di immobili strumentali di cui all’art. 10, n. 8-ter, lett.<br />
b), DPR n. 633/72 per le quali, a decorrere dal 01.03.2008,<br />
trova applicazione il meccanismo del reverse charge:<br />
La Finanziaria 2008 ha, infatti esteso, a partire dal 1° marzo 2008,<br />
l’applicazione del meccanismo del reverse – charge alle cessioni di immobili<br />
strumentali effettuate nei <strong>con</strong>fronti di soggetti <strong>con</strong> un Pro – rata di<br />
detraibilità inferiore al 25%<br />
287
Contribuenti minimi<br />
(Rigo VF16)<br />
Ricorso al<br />
ravvedimento<br />
operoso e<br />
indicazione<br />
metodo calcolo<br />
ac<strong>con</strong>to IVA<br />
(quadro VH e<br />
quadro VV)<br />
Corrispondentemente, nel quadro VJ, che prevede l'esposizione analitica delle<br />
operazioni d'acquisto <strong>con</strong> applicazione del reverse charge, il cessionario dovrà<br />
ora indicare anche le suddette operazioni per le quali è stato introdotto l'obbligo<br />
di assolvimento dell'imposta mediante reverse charge, precisamente all’interno<br />
del rigo VJ14:<br />
Il rigo VF16 del quadro VF, precedentemente dedicato agli acquisti effettuati<br />
da soggetti in regime di franchigia ex art. 32-bis, DPR n. 633/72, è ora<br />
riservato all’indicazione dell’ammontare degli acquisti effettuati da soggetti che<br />
hanno aderito, dal 1° gennaio 2008, al regime <strong>dei</strong> minimi di cui all’art. 1,<br />
commi 96 e seg., Finanziaria 2008 :<br />
Diverse novità di rilievo sono, poi, <strong>con</strong>tenute nel quadro VH, il quadro riservato<br />
al riepilogo delle liquidazioni periodiche effettuate dal <strong>con</strong>tribuente nel corso<br />
del periodo d'imposta oggetto <strong>della</strong> dichiarazione.<br />
In particolare, la sezione 1 è stata integrata <strong>con</strong> la previsione di una casella<br />
da barrare nel caso in cui, per quel determinato versamento, si sia fatto<br />
ricorso all'istituto del ravvedimento operoso, se<strong>con</strong>do le disposizioni del<br />
citato art. 13, D.Lgs. n. 472/97. In proposito, si segnala che da quest’anno, nella<br />
liquidazione dell’imposta da sviluppare nel quadro VL, non si tiene <strong>con</strong>to degli<br />
interessi da ravvedimento:<br />
288<br />
imponibile imposta
Modifiche<br />
al quadro VO<br />
Inoltre, <strong>con</strong> riferimento all’ac<strong>con</strong>to IVA dovuto, nel rigo VH13 è stata<br />
introdotta la casella per l'indicazione delle modalità di calcolo utilizzate<br />
per la determinazione dell'ac<strong>con</strong>to Iva:<br />
indicandovi uno <strong>dei</strong> seguenti codici:<br />
“1” – storico;<br />
“2” – previsionale;<br />
“3” – analitico-effettivo;<br />
“4” – soggetti operanti in <strong>particolari</strong> settori (telecomunicazioni,<br />
somministrazione di acqua, energia elettrica, raccolta e<br />
smaltimento rifiuti, ecc.).<br />
Le stesse modifiche esaminate <strong>con</strong> riguardo al quadro VH sono state<br />
riportate nel quadro VV, che richiede le liquidazioni IVA periodiche di<br />
gruppo. Pertanto, in corrispondenza <strong>dei</strong> campi a debito, è stata inserita la<br />
casella per l'indicazione del ravvedimento per versamenti periodici, mentre<br />
nel rigo VV13 è stata introdotta la casella per l'indicazione del metodo<br />
adottato ai fini del calcolo dell'ac<strong>con</strong>to Iva del gruppo:<br />
Nel quadro VO “Opzioni” è stato eliminato il rigo VO15 riguardante il<br />
regime <strong>della</strong> franchigia di cui all’art. 32-bis, DPR n. 633/72, soppresso a<br />
decorrere dal 2008.<br />
Sono stati, invece, inseriti:<br />
289
i nuovi righi VO24 e VO25 riservati alla comunicazione dell’opzione<br />
rispettivamente per:<br />
la determinazione forfetaria del reddito da parte delle società di<br />
persone e srl costituite da imprenditori agricoli di cui all’art. 1,<br />
comma 1094, Finanziaria 2007;<br />
la determinazione del reddito nei modi ordinari per le attività<br />
agricole <strong>con</strong>nesse di cui all’art. 1, comma 423, Finanziaria 2006;<br />
il nuovo rigo VO33 <strong>con</strong>tenente la casella da barrare da parte <strong>dei</strong><br />
<strong>con</strong>tribuenti che, in possesso <strong>dei</strong> requisiti per rientrare nel regime <strong>dei</strong><br />
minimi dal 2008, hanno optato per il regime ordinario a decorrere da<br />
tale anno:<br />
290