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profili particolari della disciplina dei rapporti con l'estero - Ipsoa

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INDICE<br />

Profili <strong>particolari</strong> <strong>della</strong> <strong>disciplina</strong> <strong>dei</strong> <strong>rapporti</strong> <strong>con</strong> l’estero:<br />

aggiornamenti e novità<br />

a cura dello studio Sirri-Gavelli-Zavatta & Associati ......................<br />

3<br />

pag. 5<br />

Territorialità delle prestazioni di servizi................................................ pag. 7<br />

Cessioni intracomunitarie………………………………………………………….…………………… pag. 47<br />

Esportazioni nella normativa IVA………………………………………….………………..……. pag. 57<br />

Dichiarazione annuale e novità Iva 2009<br />

a cura di Franco Ricca……………………………………………………………..<br />

pag. 83<br />

Iva per cassa e le altre novità del D.L. 185/2008……………………………………….. pag. 85<br />

Detrazione Iva sulla spese alberghiere e di ristorazione……………………………. pag. 93<br />

Detrazioni Iva <strong>dei</strong> costi <strong>dei</strong> veicoli………………………………………………………………… pag. 101<br />

Prestazioni per intermediazione……………………………………….………………………….. pag. 111<br />

Principali novità <strong>della</strong> dichiarazione Iva 2009………………………………………………. pag. 119<br />

Rimborso annuale dell’Iva…………………………………………………………………………….. pag. 127<br />

Novità IVA a cura di Antonio Gigliotti……………………………………….<br />

pag. 173<br />

E’ ravvedibile anche l’omesso o insufficiente versamento Irap…………………… pag. 175<br />

Ravvedimento: il rischio per gli ac<strong>con</strong>ti……………………………………………………….. pag. 179<br />

Superamento del plafond Iva……………………………………………………………………….. pag. 183<br />

Depositi Iva: aspetti <strong>con</strong>tabili……………………………………………………………………… pag. 207<br />

Iva servizi promozionali: chiarimenti <strong>della</strong> Risoluzione n°36/E/2008……….<br />

Iva di gruppo: nelle liquidazioni di gruppo esclusi i crediti delle società<br />

neo- entranti…………………………………………………………………………………………………..<br />

pag. 221<br />

pag. 241<br />

Rimborso imposte: differenza tra Iva e imposte sui redditi………………………. pag. 249<br />

D.L. 185/2008: Ravvedimento per errata compensazione <strong>dei</strong> crediti<br />

“inesistenti”…………………………………………………………………………………………………….<br />

pag. 253<br />

Partita Iva non residenti……………………………………………………………………………….. pag. 261<br />

Territorialità Iva per i <strong>con</strong>vegni all’estero…………………………………………………….. pag. 265<br />

Niente IVA per immobili in leasing apportati in fondi chiusi………………………… pag. 269<br />

Cessione gratuita di omaggi a clienti extra CEE…………………………………………… pag. 271<br />

Dichiarazione Iva 2009………………………………………………………………………………….. pag. 275


PROFILI PARTICOLARI<br />

DELLA DISCIPLINA<br />

DEI RAPPORTI CON L’ESTERO:<br />

AGGIORNAMENTI E NOVITÀ<br />

A cura dello Studio Sirri-Gavelli-Zavatta & Associati<br />

5


TERRITORIALITA’ DELLE PRESTAZIONI DI SERVIZI<br />

La <strong>disciplina</strong> comunitaria, in tema di territorialità delle prestazioni di servizi, era<br />

rappresentata dall’art. 9 <strong>della</strong> VI Direttiva 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE “in<br />

materia di armonizzazione delle legislazioni degli stati membri relative alle<br />

imposte sulla cifra di affari – sistema comune di imposta sul valore aggiunto:<br />

base imponibile uniforme”. L’impianto normativo delineato nel sopra citato art. 9<br />

si fondava sulla definizione di un criterio generale, indicato nel primo paragrafo,<br />

e nella previsione di specifiche fattispecie derogatorie a tale criterio nei due<br />

successivi paragrafi.<br />

Quanto al criterio generale, applicabile a tutte le prestazioni di servizi che non<br />

formano oggetto delle predette deroghe, lo stesso si identificava in quello che,<br />

per brevità, si potrebbe definire come criterio <strong>della</strong> “residenza” del prestatore del<br />

servizio (al riguardo, si deve segnalare che, a far data dal 1° gennaio 2010, <strong>con</strong><br />

l’entrata in vigore <strong>della</strong> Direttiva n. 2008/8/CE del 12 febbraio 2008, il criterio<br />

generale di territorialità delle prestazioni di servizi diventa, per le operazioni fra<br />

operatori e<strong>con</strong>omici, quello <strong>della</strong> residenza del committente; al lato pratico,<br />

tuttavia, <strong>con</strong>siderata la frequenza delle ipotesi di deroga al suddetto principio, la<br />

modifica non fa che adattare la norma alle regole applicate alla maggioranza<br />

delle ipotesi <strong>con</strong>cretamente verificabili).<br />

Per quanto <strong>con</strong>cerne le deroghe, le stesse si differenziavano notevolmente a<br />

se<strong>con</strong>da delle singole tipologie di servizi cui si riferivano. I criteri riguardanti la<br />

territorialità delle prestazioni di servizi sono stati successivamente “rivisitati” in<br />

sede comunitaria per effetto <strong>della</strong> Direttiva 16 dicembre 1991, n. 91/680/CEE,<br />

<strong>con</strong> la quale è stato inserito nell’originaria VI Direttiva il titolo XVI bis, relativo al<br />

“Regime transitorio di tassazione degli scambi tra Stati membri”, e gli articoli da<br />

28 bis a 28 quaterdecies riguardanti il regime transitorio di tassazione degli<br />

scambi intracomunitari. In particolare, è stata <strong>disciplina</strong>ta autonomamente la<br />

territorialità di alcune specifiche prestazioni di servizi; più specificamente, si<br />

tratta delle prestazioni di servizi di trasporto intracomunitario, delle prestazioni<br />

di servizi accessorie a prestazioni di servizi di trasporto intracomunitario di beni e<br />

delle prestazioni di servizi effettuate da intermediari.<br />

L’elenco delle prestazioni di servizi, si è successivamente arricchito di un’ulteriore<br />

fattispecie, riguardante le prestazioni di servizi su beni mobili, introdotta per<br />

7


Art. 7 del D.P.R.<br />

n. 633/1972<br />

effetto <strong>della</strong> Direttiva comunitaria del 5 aprile 1995, n. 95/7/CE. Tutte le<br />

prestazioni di servizi sopra citate sono state <strong>disciplina</strong>te dalla normativa interna<br />

nell’art. 40, commi da 4 bis a 9, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, <strong>con</strong>vertito dalla<br />

legge 29 ottobre 1993, n. 427.<br />

Con la Direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE, relativa al<br />

sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, il legislatore comunitario,<br />

<strong>con</strong>siderate le numerose e sostanziali modificazioni subite nel tempo dalla VI<br />

Direttiva n. 77/388/CEE e <strong>della</strong> copiosa normativa integrativa emanata, ha<br />

provveduto, per ragioni di chiarezza e di razionalizzazione, alla “rifusione” delle<br />

relative disposizioni.<br />

La Direttiva “rifusa”, che ha comportato l’abrogazione <strong>della</strong> sopra citata VI<br />

Direttiva, è entrata in vigore, ai sensi dell’art. 413, dal 1° gennaio 2007. Al<br />

riguardo, è opportuno sottolineare come la Direttiva n. 2006/112/CE non abbia<br />

di fatto comportato delle innovazioni e modifiche sostanziali, <strong>con</strong>tenute in un<br />

numero ridottissimo, limitandosi, in linea generale, a riscrivere ed accorpare in<br />

modo più efficace ed omogeneo il tessuto normativo già esistente. Proprio in tale<br />

ottica, nel 66° “<strong>con</strong>siderando” <strong>della</strong> Direttiva “rifusa”, viene specificato che<br />

“l’obbligo di attuare la presente direttiva nel diritto nazionale dovrebbe essere<br />

limitato alle disposizioni che costituis<strong>con</strong>o modificazioni sostanziali delle direttive<br />

precedenti. L’obbligo d’attuazione delle disposizioni rimaste immutate nella<br />

sostanza deriva dalle direttive precedenti”.<br />

Quanto alle modifiche sostanziali, l’art. 412 <strong>della</strong> Direttiva n. 2006/112/CE<br />

stabilisce che gli Stati membri dovranno <strong>con</strong>formarsi alle disposizioni<br />

effettivamente innovate, espressamente indicate nello stesso articolo, <strong>con</strong> effetto<br />

dal 1° gennaio 2008.<br />

Con riguardo alla territorialità delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi,<br />

si evidenzia che l’unica novità è relativa alle prestazioni di servizi effettuate da<br />

intermediari, di cui all’art. 44, rimanendo sostanzialmente inalterato l’impianto<br />

normativo complessivo e, quanto ai servizi, rimanendo <strong>con</strong>fermata la struttura<br />

basata sul criterio generale e le relative deroghe per specifiche tipologie di<br />

prestazioni.<br />

L’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972 regola, nell’ambito <strong>della</strong> normativa interna, la<br />

territorialità delle operazioni ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, dettando i<br />

8


Autofattura nei<br />

<strong>rapporti</strong> <strong>con</strong> i<br />

soggetti non<br />

residenti<br />

criteri in base ai quali una cessione di beni od una prestazione di servizi deve<br />

<strong>con</strong>siderarsi effettuata nel territorio dello Stato e, quindi, rilevante ai fini IVA. Ai<br />

sensi dell’art. 1, del D.P.R. n. 633/1972, infatti, oltre ai requisiti soggettivo<br />

(esercizio di imprese o arti e professioni) ed oggettivo (cessioni di beni o<br />

prestazioni di servizi), deve essere verificato anche il requisito “territoriale” per<br />

stabilire l’assoggettamento o meno di una determinata operazione al regime IVA.<br />

Da ciò, discendono <strong>con</strong>seguenze di assoluto rilievo. Qualora, infatti, pur in<br />

presenza <strong>dei</strong> requisiti soggettivo ed oggettivo, l’operazione non sia <strong>con</strong>siderata<br />

effettuata nel territorio dello Stato, viene a mancare un presupposto necessario<br />

ai fini dell’assoggettamento al tributo e l’operazione stessa si <strong>con</strong>figura al di fuori<br />

del sistema applicativo dell’IVA risultando, pertanto, irrilevante ai fini <strong>dei</strong> relativi<br />

adempimenti <strong>con</strong>tabili, documentali e dichiarativi.<br />

L’operazione stessa può, quindi, essere <strong>con</strong>tabilizzata esclusivamente in<br />

<strong>con</strong>tabilità generale, senza alcun adempimento ai fini IVA.<br />

Tale principio, limitandosi alle prestazioni di servizi, è stato più volte affermato in<br />

via interpretativa dal Ministero delle finanze, del quale si citano, a titolo<br />

esemplificativo, i seguenti interventi su fattispecie specifiche: R.M. n. 470096 del<br />

30.07.1990, in tema di prestazioni pubblicitarie; R.M. n. 391055 del 21.04.1983<br />

ed R.M. n. 465228 del 18.03.1992, in tema di prestazioni di <strong>con</strong>sulenza legale;<br />

R.M. n. 411681 del 07.07.1980 ed R.M. n. 416653 del 31.12.1986, in tema di<br />

prestazioni rese da intermediari di commercio.<br />

Qualora, invece, la prestazione di servizi sia effettuata nel territorio dello Stato<br />

da un operatore e<strong>con</strong>omico non residente, il quale non ha nel territorio stesso<br />

una stabile organizzazione o un rappresentante fiscale, né si è ivi identificato<br />

direttamente ai sensi dell’art. 35 ter del D.P.R. n. 633/1972 (se si tratta di<br />

operatore comunitario), sarà obbligo del committente residente, utilizzatore del<br />

servizio nell’esercizio di imprese, arti o professioni, adempiere agli obblighi<br />

<strong>con</strong>tabili ed amministrativi ai fini IVA.<br />

Il soggetto residente dovrà, quindi, procedere all’emissione dell’“autofattura”.<br />

Nel caso in cui le cessioni di beni od i servizi prestati dal soggetto non residente<br />

si <strong>con</strong>siderino effettuati nel territorio dello Stato ai sensi <strong>della</strong> normativa IVA di<br />

cui all’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972, e tale soggetto non disponga in Italia di una<br />

stabile organizzazione nè di un rappresentante fiscale e non si sia ivi identificato<br />

9


direttamente, l’operatore e<strong>con</strong>omico residente che ha acquistato i beni o ricevuto<br />

la prestazione dovrà emettere il documento “autofattura”.<br />

Se<strong>con</strong>do quanto stabilito dall’art. 17, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, infatti,<br />

gli obblighi relativi a tali operazioni effettuate nel territorio dello Stato da<br />

soggetti residenti all’estero “devono essere adempiuti dai cessionari o<br />

committenti che acquistino i beni o utilizzino i servizi nell’esercizio di imprese,<br />

arti o professioni”.<br />

L’autofattura deve quindi essere emessa dall’operatore e<strong>con</strong>omico residente che<br />

riceve la prestazione di servizi in unico esemplare, in ossequio a quanto<br />

espressamente stabilito dall’art. 21, comma 5, del D.P.R. n. 633/1972.<br />

L’autofattura è una fattura a tutti gli effetti Iva e la sua emissione in unico<br />

esemplare è dovuta semplicemente al fatto che il soggetto residente emittente<br />

non deve inviarne una copia al fornitore estero. L’autofattura assolve, in effetti,<br />

ad una funzione particolare, che è quella di rendere rilevante ai fini dell’imposta<br />

la prestazione di servizi (o la cessione di beni) effettuata nel territorio dello Stato<br />

ed è emessa in unico esemplare per <strong>con</strong>sentire all’operatore e<strong>con</strong>omico residente<br />

di rendersi debitore nei <strong>con</strong>fronti dell’Erario per l’IVA relativa all’operazione<br />

imponibile; nello stesso tempo, per ottenere la piena neutralità dell’imposta, il<br />

documento, oltre che nel registro IVA delle vendite, dovrà essere annotato anche<br />

nel registro degli acquisti, così da permettere l’esercizio del diritto di detrazione<br />

(se spettante).<br />

In virtù di tale meccanismo, il soggetto residente accredita ed addebita<br />

<strong>con</strong>temporaneamente l’importo dell’IVA, rimanendo di fatto neutrale la sua<br />

posizione complessiva nei <strong>con</strong>fronti dell’Erario (qualora si tratti di IVA detraibile<br />

sugli acquisti).<br />

L’autofattura, proprio perché è una normale fattura interna finalizzata<br />

<strong>con</strong>tabilmente all’adempimento degli obblighi formali imposti dalla legislazione<br />

Iva, deve essere emessa, sempre in un unico esemplare, anche in presenza di<br />

prestazioni di servizi non imponibili od esenti, non essendo limitata<br />

esclusivamente alla formalizzazione di operazioni imponibili ai fini del tributo.<br />

In tali ipotesi, l’autofattura recherà l’indicazione <strong>della</strong> norma del decreto IVA che<br />

prevede la non imponibilità (es.: art. 9, per i servizi internazionali) o l’esenzione<br />

da imposta (art. 10) dell’operazione.<br />

In sostanza, l’autofattura segue le medesime regole dell’operazione e<strong>con</strong>omica<br />

cui si riferisce (prestazione di servizi o cessione di beni) e, <strong>con</strong>seguentemente,<br />

10


può essere emessa a fronte di operazioni imponibili, ed in questo caso recherà<br />

l’addebito dell’IVA, non imponibili od esenti, avendo semplicemente la funzione<br />

di sostituire la fattura che dovrebbe essere emessa, in <strong>con</strong>dizioni normali, dal<br />

soggetto che effettua l’operazione stessa.<br />

L’obbligo di emissione dell’autofattura anche in presenza di operazioni non<br />

imponibili è stato più volte sottolineato dallo stesso Ministero delle finanze.<br />

Al riguardo, si possono citare le risoluzioni n. 425079 del 27 marzo 1984 e n.<br />

427246 del 3 ottobre 1985, emesse in tema di servizi di trasporto internazionali<br />

eseguiti da soggetti non residenti senza stabile organizzazione nel territorio dello<br />

Stato, <strong>con</strong> le quali l’Amministrazione finanziaria ha affermato che, per la tratta<br />

effettuata in Italia, gli adempimenti <strong>con</strong>tabili di fatturazione e registrazione<br />

devono essere osservati dal soggetto e<strong>con</strong>omico committente nazionale<br />

mediante emissione di autofattura per l’importo non imponibile.<br />

Quanto al momento di emissione dell’autofattura, trattandosi di una normale<br />

fattura, pur <strong>con</strong> le sue <strong>particolari</strong>tà, l’emissione dell’autofattura segue i criteri<br />

generali di cui all’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972.<br />

In presenza di prestazioni di servizi, pertanto, l’autofattura dovrà essere emessa<br />

al momento del pagamento del corrispettivo, <strong>con</strong>siderato che questo è il<br />

momento di effettuazione dell’operazione se<strong>con</strong>do la regola generale di cui<br />

all’art. 6, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972.<br />

L’ autofattura va dunque emessa <strong>con</strong> la data del giorno di pagamento ed<br />

utilizzando il cambio di tale giorno per gli acquisti espressi in valuta estera,<br />

facendo così riferimento al cambio del giorno in cui è stata effettuata<br />

l’operazione ai sensi dell’art. 14, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972.<br />

11


Schema di autofattura per servizi<br />

pubblicitari utilizzati in Francia<br />

_______________________________________________________________<br />

Dati identificativi <strong>della</strong> società italiana<br />

che emette l’autofattura<br />

Codice fiscale e partita Iva n.................<br />

Luogo e data, __________________<br />

Numero ....... fatture di vendita<br />

Numero ........protocollo acquisti<br />

AUTOFATTURA emessa ai sensi degli artt. 17, comma 3 e 21, comma 5, del D.P.R.<br />

n. 633/1972, per servizi pubblicitari utilizzati in Francia, <strong>con</strong>siderati effettuati nel<br />

territorio dello Stato ai sensi dell’art, 7, comma 4, lett. d), del D.P.R. n.<br />

633/1972, resi dalla società estera (non avente in Italia né una stabile<br />

organizzazione, nè un rappresentante fiscale nominato ai fini IVA, e priva di<br />

identificazione diretta)<br />

_______________________<br />

(dati identificativi <strong>della</strong><br />

Società francese)<br />

Competenze fatturate in Euro<br />

pagate in data odierna (__________) €<br />

___________________<br />

per un imponibile IVA complessivo di €<br />

IVA 20% €<br />

12


Violazioni<br />

relative agli<br />

obblighi di auto<br />

fatturazione<br />

In virtù delle eccezioni al criterio generale di cui al terzo comma, previste dal<br />

successivo quarto comma dello stesso art. 6, inoltre, l’autofattura dovrà essere<br />

emessa al momento del pagamento di eventuali ac<strong>con</strong>ti e potrà essere emessa<br />

anche in un momento precedente a qualsiasi pagamento ed indipendentemente<br />

da esso, come avviene usualmente nei casi di fatturazione anticipata (cosiddetta<br />

“prefatturazione”).<br />

Nel caso di fatturazione anticipata, l’operazione si <strong>con</strong>sidera effettuata,<br />

limitatamente all’importo fatturato, alla data <strong>della</strong> fattura, se<strong>con</strong>do quanto<br />

stabilito dall’art. 6, comma 4, del D.P.R. n. 633/1972.<br />

L’autofattura, recante l’imponibile integrato <strong>con</strong> l’indicazione dell’IVA relativa,<br />

applicata <strong>con</strong> l’aliquota prevista dalla normativa interna, oppure annotata <strong>con</strong> il<br />

titolo di non imponibilità od esenzione, deve essere numerata seguendo la stessa<br />

numerazione progressiva delle fatture emesse, e, <strong>con</strong>temporaneamente, deve<br />

riportare anche il numero di protocollo degli acquisti.<br />

Tale doppia numerazione si rende necessaria in quanto, come già precisato,<br />

l’autofattura deve essere annotata sia nel registro Iva delle vendite, sia nel<br />

registro IVA degli acquisti; in questo modo, viene di fatto attuato il meccanismo<br />

che rende neutrale, in linea generale, per l’operatore e<strong>con</strong>omico l’impatto<br />

dell’IVA.<br />

Sulla base dell’orientamento <strong>con</strong>tenuto nella nota ministeriale n. 1998/91003 del<br />

24 luglio 1998 e nella C.M. n. 23/E del 25 gennaio 1999, le violazioni agli<br />

obblighi relativi all’emissione dell’autofattura di cui all’art. 17 del D.P.R. n.<br />

633/1972, sono punite a norma dell’art. 6 del D.lgs. n. 471 del 18 dicembre<br />

1997.<br />

Tale disposizione prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa<br />

compresa fra il 100 ed il 200% dell’imposta relativa all’imponibile non<br />

correttamente documentato o registrato, che si rende dovuta, sulla scorta delle<br />

precisazioni ministeriali, anche per la mancata emissione del documento relativo<br />

ad acquisti da non residenti.<br />

Più specificamente, la citata C.M. n. 23/E del 1999, ha sottolineato che “a<br />

proposito dell’obbligo di fatturazione relativo agli acquisti effettuati da non<br />

residenti o da agricoltori esonerati, è da ricordare che l’art. 41, quinto comma,<br />

del decreto IVA (abrogato dal D.lgs. n. 471/1997) prevedeva l’applicazione <strong>della</strong><br />

sola pena pecuniaria di carattere residuale da lire trecentomila (ora euro 154) a<br />

lire unmilioneduecentomila (ora euro 619) se le violazioni di tale obbligo non<br />

13


Disciplina <strong>dei</strong><br />

servizi<br />

“intracomunitari”<br />

avessero dato luogo a variazioni nelle risultanze delle liquidazioni periodiche o in<br />

sede di dichiarazione annuale. Poiché tale previsione non è stata riproposta, le<br />

infrazioni <strong>della</strong> specie commesse dopo il 1° aprile 1998 sono da assoggettare,<br />

comunque, alla misura proporzionale dal cento al duecento per cento<br />

dell’imposta relativa ai corrispettivi non documentati. La previsione di cui all’art.<br />

41, quinto comma, è applicabile invece, in quanto più favorevole, alle violazioni<br />

commesse fino al 31 marzo 1998”.<br />

Il regime sanzionatorio dell’art. 6 del D.lgs. n. 471/1998 si <strong>con</strong>figura<br />

maggiormente penalizzante rispetto a quello dell’abrogato art. 41 del decreto<br />

IVA, in base al quale, qualora la violazione non avesse comportato variazioni<br />

nelle risultanze delle liquidazioni periodiche o in sede di dichiarazione annuale, si<br />

rendeva applicabile esclusivamente la sanzione in misura fissa (da € 154 ad €<br />

619) di cui all’art. 47, comma 1, n. 3, del D.P.R. n. 633/1972.<br />

L’attuale disposizione, invece, non reca più alcuna distinzione fra violazioni che<br />

determinano un effettivo danno per l’erario (come è nel caso in cui l’operatore<br />

nazionale non soffre di alcuna limitazione né oggettiva, né soggettiva, in<br />

relazione all’acquisto non autofatturato) e violazioni che, invece, non comportano<br />

perdite di gettito (perché l’imposta a debito corrisponde esattamente all’importo<br />

detraibile).<br />

Sulla base delle indicazioni di fonte ufficiale, inoltre (il riferimento è, ancora, alla<br />

nota n. 1998/91003 ed alla C.M. n. 23/E del 1999), sono sanzionate, a norma<br />

dell’art. 6, comma 2, del D.lgs. n. 471/1997, anche le violazioni agli obblighi di<br />

auto fatturazione di operazioni non imponibili. La sanzione va dal 5 a 10%<br />

dell’imponibile non documentato (a meno che la violazione non rilevi neppure ai<br />

fini <strong>della</strong> determinazione del reddito; in questa ipotesi, si applica la sanzione da €<br />

258 ad € 2.065).<br />

Come meglio si vedrà in seguito, il legislatore nazionale ha recepito nella<br />

normativa interna la <strong>disciplina</strong> IVA in materia di territorialità delle prestazioni di<br />

servizi originariamente <strong>con</strong>tenuta nell’art. 9 <strong>della</strong> VI Direttiva CEE <strong>con</strong> l’art. 7 del<br />

D.P.R. n. 633/1972, il quale <strong>con</strong>tiene l’indicazione <strong>dei</strong> criteri applicativi per<br />

verificare i requisiti territoriali in relazione alle singole fattispecie di prestazioni.<br />

Il predetto art. 7, tuttavia, non esaurisce la normativa vigente in tema di<br />

territorialità di servizi, in quanto il legislatore italiano ha dedicato una <strong>disciplina</strong><br />

specifica a <strong>particolari</strong> servizi, denominati, per brevità, “intracomunitari”, nell’art.<br />

40 del D.L. n. 331/1993.<br />

14


La normativa di cui all’art. 7 non è dunque applicabile a tutte le prestazioni di<br />

servizi, ma esclusivamente a quelle non <strong>disciplina</strong>te specificamente dal predetto<br />

art. 40, da ciò seguendo che si rende necessario, in via preliminare, esaminare la<br />

natura delle prestazioni, per verificare se le stesse siano assoggettate alla<br />

<strong>disciplina</strong> specifica dell’ art. 40 del D.L. n. 331/1993 o a quella generale dell’art.<br />

7.<br />

Al riguardo si può sottolineare come la normativa specifica <strong>dei</strong> servizi<br />

“intracomunitari”, introdotta per effetto delle Direttive 16 dicembre 1991, n.<br />

91/680/CEE e 5 aprile 1995, n. 95/7/CE nell’ambito del regime transitorio<br />

dell’IVA europea, si <strong>con</strong>figuri quale “deroga” alle medesime fattispecie<br />

<strong>disciplina</strong>te nel quarto comma dell’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972, le quali, a loro<br />

volta, già costituis<strong>con</strong>o, in tale ambito, una deroga al criterio generale <strong>della</strong><br />

“residenza” statuito nel terzo comma dello stesso articolo (in <strong>con</strong>formità dell’art.<br />

9, primo paragrafo <strong>della</strong> VI Direttiva IVA).<br />

La <strong>disciplina</strong> <strong>della</strong> territorialità IVA delle prestazioni di servizi si fonda su<br />

La “deroga alla deroga” è quindi determinata dalla compresenza di specifiche<br />

<strong>con</strong>dizioni di effettuazione delle prestazioni di servizi che ne determinano la<br />

natura “intracomunitaria” e l’assoggettamento alla <strong>disciplina</strong> specifica dell’art. 40<br />

del D.L. n. 331/1993.<br />

un sistema così articolato:<br />

Regola generale art. 7, comma 3, D.P.R. 633/1972<br />

Deroghe art. 7, comma 4, D.P.R. 633/1972<br />

Deroghe alle deroghe art. 40, commi 4 bis, 5, 6, 8, D.L.<br />

Una stessa prestazione di servizi, quale può essere, a titolo esemplificativo, una<br />

lavorazione su beni mobili o un trasporto di beni, può quindi essere regolata<br />

dall’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972 o dall’art. 40 del D.L. n. 331/1993, a se<strong>con</strong>da<br />

15<br />

331/1993


Criterio generale<br />

<strong>della</strong> territorialità<br />

<strong>dei</strong> servizi dell’art.<br />

7 e le fattispecie<br />

derogatorie del<br />

quarto comma<br />

che ricorrano o meno quegli “elementi” di specificità che possono attribuirle<br />

natura “intracomunitaria”; tali “elementi” saranno esaminati in seguito.<br />

I servizi “intracomunitari” <strong>disciplina</strong>ti dall’art. 40 del D.L. n. 331/1993 (fermo<br />

restando quanto si preciserà in seguito <strong>con</strong> riguardo ai servizi d’intermediazione)<br />

sono i seguenti:<br />

comma 4 bis: prestazioni di servizi relative a beni mobili, comprese le<br />

perizie;<br />

comma 5: prestazioni di trasporto intracomunitario di beni e relative<br />

prestazioni di intermediazione;<br />

comma 6: prestazioni accessorie ai servizi di trasporto intracomunitario e<br />

relative prestazioni di intermediazione;<br />

comma 8: prestazioni di intermediazione, diverse da quelle indicate nei<br />

commi 5 e 6 e da quelle relative alle prestazioni di cui all’art. 7, quarto<br />

comma, lett d), del D.P.R. n. 633/1972, relative ad operazioni su beni<br />

mobili.<br />

Il meccanismo applicativo sopra delineato <strong>della</strong> “deroga alla deroga”, il quale<br />

implica un sistema a tre livelli <strong>con</strong> al vertice il criterio generale <strong>della</strong> residenza<br />

del prestatore, non è stato modificato dalla Direttiva n. 2006/112/CE che ne ha<br />

sostanzialmente <strong>con</strong>fermato il funzionamento nel capo terzo (luogo delle<br />

prestazioni di servizi), dedicando la sezione 1, alla regola generale, e la sezione<br />

2 alle disposizioni speciali.<br />

L’unico elemento di novità riguarda, nello specifico, i criteri territoriali relativi alle<br />

prestazioni di servizi effettuate da intermediari, <strong>disciplina</strong>ti nell’art. 44 e che<br />

formeranno oggetto di separato ed approfondito esame.<br />

Come già anticipato, <strong>con</strong> l’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972 il legislatore nazionale<br />

ha recepito nella normativa interna la <strong>disciplina</strong> dettata per le prestazioni di<br />

servizi originariamente <strong>con</strong>tenuta nell’art. 9 <strong>della</strong> VI Direttiva comunitaria,<br />

mutuandone sostanzialmente non solo i criteri di territorialità, ma anche la<br />

struttura.<br />

16


Criterio generale<br />

Criteri derogatori<br />

dell’art. 7<br />

Viene, infatti, dedicato il terzo comma al criterio base generale e, nel quarto<br />

comma, vengono definite le fattispecie derogatorie.<br />

Quanto al criterio generale, sulla base del dato normativo letterale di cui al terzo<br />

comma dell’art. 7, è stato <strong>con</strong>fermato quello <strong>della</strong> “residenza” del prestatore del<br />

servizio.<br />

Sulla base di quanto disposto da tale comma, la presunzione di territorialità<br />

opera per i soggetti <strong>con</strong> domicilio in Italia, ovvero per quelli <strong>con</strong> residenza in<br />

Italia che non abbiano però stabilito il domicilio all’estero, ovvero ancora per le<br />

stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati e residenti all’estero.<br />

Conseguentemente, la presunzione di territorialità non opera, per i soggetti<br />

residenti in Italia <strong>con</strong> domicilio stabilito all’estero, né per le stabili organizzazioni<br />

all’estero di oggetti domiciliati o residenti in Italia (sul punto, cfr., la C.M. n.<br />

26/411138 del 3 agosto 1979).<br />

Si è visto che la territorialità di specifiche prestazioni di servizi è verificata sulla<br />

base di criteri diversi da quello generale <strong>della</strong> “residenza”, i quali, <strong>disciplina</strong>ti nel<br />

quarto comma dell’art. 7 nelle lettere da a) ad f quinquies), si <strong>con</strong>figurano quali<br />

“deroghe” a tale criterio generale.<br />

In sostanza, occorrerà, in primo luogo, verificare di volta in volta se le<br />

prestazioni di servizi sono inquadrabili nelle fattispecie derogatorie; se ciò non<br />

avviene, il criterio applicabile sarà quello <strong>della</strong> “residenza” del prestatore di cui al<br />

terzo comma dell’art. 7.<br />

I criteri per verificare la territorialità <strong>dei</strong> servizi e, quindi, la loro effettuazione o<br />

meno nel territorio dello Stato, stabiliti per le fattispecie derogatorie, sono i<br />

seguenti:<br />

luogo in cui è situato il bene immobile (lett. a): per le prestazioni di<br />

servizi relativi a beni immobili, comprese le perizie, le prestazioni di<br />

agenzia e le prestazioni inerenti alla preparazione e al coordinamento<br />

dell’esecuzione <strong>dei</strong> lavori immobiliari;<br />

luogo di esecuzione delle prestazioni (lett. b): per le prestazioni di servizi,<br />

comprese le perizie, relative a beni mobili materiali e le prestazioni di<br />

servizi culturali, scientifici, artistici, didattici, sportivi, ricreativi e simili,<br />

nonché le operazioni di carico, scarico, manutenzione e simili, accessorie<br />

ai trasporti di beni;<br />

distanza percorsa nel territorio dello Stato (lett. c): per le prestazioni di<br />

trasporto;<br />

17


Luogo di<br />

utilizzazione <strong>dei</strong><br />

servizi<br />

domicilio del committente e luogo di utilizzazione delle prestazioni (lett. d,<br />

f, f bis, f quater): per le prestazioni derivanti da <strong>con</strong>tratti di locazione<br />

anche finanziaria, noleggio e simili di beni mobili materiali, diversi dai<br />

mezzi di trasporto, le prestazioni di servizi indicate al n. 2) del se<strong>con</strong>do<br />

comma dell’art. 3, le prestazioni pubblicitarie, di <strong>con</strong>sulenza e assistenza<br />

tecnica o legale, comprese quelle di formazione e di addestramento del<br />

personale, le prestazioni di servizi di telecomunicazione, le prestazioni di<br />

servizi rese tramite mezzi elettronici, di elaborazione e fornitura di dati e<br />

simili, le operazioni bancarie, finanziarie e assicurative e le prestazioni<br />

relative a prestiti di personale, nonché le prestazioni di intermediazione<br />

inerenti alle suddette prestazioni o operazioni e quelle inerenti all’obbligo<br />

di non esercitarle, nonché le cessioni di <strong>con</strong>tratti relativi alle prestazioni di<br />

sportivi professionisti.<br />

Per le prestazioni di servizi i cui criteri di territorialità sono previsti nell’art. 7,<br />

comma 4, lett. d), del D.P.R. n. 633/1972 (e nelle lettere f, f bis, f quater<br />

collegate) assume rilievo decisivo, per poter stabilire se possono <strong>con</strong>siderarsi<br />

effettuate o meno nel territorio dello Stato, verificare il <strong>con</strong>cetto di “utilizzazione”<br />

del servizio.<br />

Al riguardo, si rileva che tale nozione non è oggetto di alcuna previsione<br />

normativa e che su di essa sono stati forniti nel tempo, in via interpretativa,<br />

chiarimenti di fonte ministeriale esclusivamente su singole fattispecie.<br />

In merito, si segnalano alcune risoluzioni ministeriali emesse in materia di servizi<br />

di tipo pubblicitario, <strong>con</strong> le quali il Ministero delle finanze ha chiarito che<br />

l’utilizzazione del servizio pubblicitario dipende dall’ambito di diffusione delle<br />

riviste (R.M. n. 470096 del 30 luglio 1990), dall’ambito di diffusione <strong>della</strong><br />

pubblicità via radio (R.M. n. 470170 del 15 dicembre 1990) e dal luogo di<br />

diffusione dello spot pubblicitario reso sotto forma di proiezione audiovisiva su<br />

voli internazionali (R.M. n. 36/E/VII – 15/1587 del 28 febbraio 1997).<br />

Da tali interventi interpretativi, emerge chiaramente un orientamento volto a<br />

privilegiare gli aspetti fattuali e sostanziali delle modalità di erogazione e<br />

fruizione del servizio e, quindi, coerente <strong>con</strong> il <strong>con</strong>cetto di “effettiva utilizzazione”<br />

ed “effettivo impiego” delle prestazioni, chiaramente espresso dal legislatore<br />

comunitario nel terzo paragrafo dell’art. 9 <strong>della</strong> VI Direttiva CEE e ribadito nella<br />

Direttiva “rifusa”, n. 2006/112/CE, nell’art. 58 collocato nella sottosezione 6<br />

18


(criterio dell’utilizzazione o dell’impiego effettivi) del capo terzo (luogo delle<br />

prestazioni di servizi).<br />

Tale orientamento si <strong>con</strong>trappone a quello storicamente più “datato”, adottato<br />

dal Ministero delle finanze <strong>con</strong> le prime risoluzioni emesse sull’argomento in<br />

merito a prestazioni professionali e di <strong>con</strong>sulenza (R.M. n. 520156 del 13 maggio<br />

1975, R.M. n. 520391 del 22 maggio 1975, R.M. n. 360162 dell’1 ottobre 1976 e<br />

R.M. n. 410082 del 22 ottobre 1976), <strong>con</strong> le quali è stata attribuita rilevanza al<br />

“luogo in cui i servizi resi vengono acquisiti alla sfera giuridico – patrimoniale del<br />

committente, indipendentemente dalle successive eventuali operazioni cui<br />

possono riferirsi i servizi stessi” (R.M. n. 520391 del 22 maggio 1975).<br />

Tra i due orientamenti sopra delineati si privilegia sicuramente il primo e, quindi,<br />

quello <strong>della</strong> effettiva utilizzazione del servizio, in quanto pienamente <strong>con</strong>forme<br />

alla norma comunitaria e coerente <strong>con</strong> la necessità di attribuire al <strong>con</strong>cetto di<br />

“utilizzo” un significato ulteriore e diverso rispetto a quello <strong>della</strong> residenza o<br />

domicilio del committente, <strong>con</strong> cui verrebbe, nella sostanza, a coincidere il<br />

<strong>con</strong>cetto dell’acquisizione nella sfera giuridico – patrimoniale (una <strong>con</strong>ferma di<br />

tale impostazione è <strong>con</strong>tenuta nella sentenza n. 11141 del 28.06.1996,<br />

depositata il 13.12.1996, <strong>della</strong> Corte di Cassazione in materia di prestazioni<br />

pubblicitarie rese all’estero).<br />

In tale prospettiva, tuttavia, l’operatore e<strong>con</strong>omico dovrà essere in grado di<br />

dimostrare, nell’eventualità di una verifica fiscale, dove è avvenuta l’effettiva<br />

utilizzazione del servizio. A tal fine, in assenza di prescrizioni normative, si deve<br />

fare riferimento alle indicazioni di fonte ministeriale fornite in via interpretativa<br />

(cfr., R.M. n. 520391 del 22 maggio 1975 e R.M. n. 410242 del 21 febbraio<br />

1978) ed al comune buon senso e, quindi, il soggetto interessato dovrà<br />

precostituirsi il fondamentale materiale probatorio ricorrendo a <strong>con</strong>tratti redatti<br />

in forma scritta, chiari nel definire le prestazioni ed i luoghi in cui vengono<br />

prestate, nonché a tutta la documentazione di supporto che possa provare il<br />

luogo di effettiva utilizzazione <strong>dei</strong> servizi.<br />

Nel prosieguo, saranno esaminate alcune tipologie di prestazioni di servizi<br />

rientranti nel quarto comma, dell’art. 7, del D.P.R. n. 633/1972 e, pertanto, fra<br />

le fattispecie derogatorie rispetto al criterio generale di cui al terzo comma, <strong>della</strong><br />

medesima norma.<br />

19


Prestazioni di<br />

servizi delle<br />

lettere d), e) ed f)<br />

del quarto comma<br />

dell’art. 7<br />

Nell’ambito del quarto comma dell’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972, è collocato un<br />

gruppo di prestazioni di servizi la cui territorialità è <strong>disciplina</strong>ta in modo<br />

articolato sulla base di più disposizioni normative, le quali, in deroga al criterio<br />

generale <strong>della</strong> “residenza” del prestatore del terzo comma, costituis<strong>con</strong>o un<br />

meccanismo applicativo “a più variabili”.<br />

Tali prestazioni di servizi sono individuate nella lettera d) del quarto comma<br />

dell’art. 7, successivamente richiamate nella lettera e) e, da ultimo, soggette alle<br />

ulteriori specificazioni di cui alle lettere f), f bis), f ter) ed f quater).<br />

In particolare, le prestazioni di servizi indicate nella lettera d) sono le seguenti:<br />

prestazioni derivanti da <strong>con</strong>tratti di locazione anche finanziaria, noleggio e<br />

simili di beni mobili materiali diversi dai mezzi di trasporto;<br />

le prestazioni di servizi indicate al numero 2) del se<strong>con</strong>do comma<br />

dell’articolo 3;<br />

le prestazioni pubblicitarie, di <strong>con</strong>sulenza e assistenza tecnica o legale,<br />

comprese quelle di formazione e di addestramento del personale;<br />

le prestazioni di servizi di telecomunicazione, di radiodiffusione e di<br />

televisione;<br />

le prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici,<br />

le prestazioni di elaborazione e fornitura dati e simili;<br />

le operazioni bancarie, finanziarie e assicurative;<br />

le prestazioni relative a prestiti di personale;<br />

la <strong>con</strong>cessione dell’accesso ai sistemi di gas naturale o di energia<br />

elettrica, il servizio di trasporto o di trasmissione mediante gli stessi e la<br />

fornitura di altri servizi direttamente collegati;<br />

le prestazioni di intermediazione inerenti alle suddette prestazioni o<br />

operazioni e quelle inerenti all’obbligo di non esercitarle;<br />

le cessioni di <strong>con</strong>tratti relativi alle prestazioni di sportivi professionisti.<br />

20


Luogo di<br />

utilizzazione<br />

del servizio:<br />

due categorie<br />

di prestazioni<br />

L’accertamento <strong>della</strong> sussistenza o meno <strong>della</strong> rilevanza territoriale delle<br />

prestazioni di servizi elencate nella lettera d), implica la verifica di tre requisiti<br />

variamente combinati fra loro:<br />

1. lo “status” del committente del servizio (soggetto passivo IVA o privato);<br />

2. la residenza del committente;<br />

3. il luogo di utilizzazione del servizio.<br />

In particolare, dette prestazioni si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello Stato<br />

quando sono rese a soggetti domiciliati nel territorio stesso o a soggetti ivi<br />

residenti che non hanno stabilito il domicilio all’estero, a meno che non siano<br />

utilizzate fuori dalla Comunità europea (lett. d).<br />

Le stesse prestazioni, se rese a soggetti domiciliati o residenti in altri Stati<br />

membri dell’U.E., si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello Stato quando il<br />

destinatario non è un soggetto passivo IVA nel proprio Stato membro (lett. e).<br />

La territorialità delle prestazioni di servizi elencate nella lettera d) del quarto<br />

comma dell’art. 7, deve essere verificata, oltre che sulla base <strong>dei</strong> due parametri<br />

soggettivi, relativi allo status ed alla residenza del committente, anche in<br />

relazione al luogo di utilizzazione delle prestazioni.<br />

Per quanto <strong>con</strong>cerne tale ultimo requisito, vi è poi una distinzione tra i servizi<br />

<strong>della</strong> lettera d) <strong>con</strong> specifico riferimento alle prestazioni rese a soggetti<br />

domiciliati e residenti fuori <strong>della</strong> Comunità europea (soggetti extracomunitari).<br />

In quest’ultima ipotesi, l’ulteriore discriminante <strong>disciplina</strong>ta nella lettera f) è<br />

rappresentata dall’utilizzazione o meno delle prestazioni nel territorio dello Stato,<br />

da ciò seguendo che i servizi devono essere suddivisi in due distinte categorie a<br />

se<strong>con</strong>da del diverso inquadramento all’interno <strong>della</strong> lettera f).<br />

In sostanza, in presenza di servizi resi a soggetti committenti extracomunitari da<br />

parte di soggetti residenti, la territorialità delle prestazioni va verificata in base<br />

all’utilizzazione o meno del servizio in Italia solo per alcuni servizi mentre, per<br />

altri, le prestazioni sono sempre <strong>con</strong>siderate effettuate fuori del territorio dello<br />

Stato e, quindi, esse sono irrilevanti ai fini IVA.<br />

Quanto alla rilevanza del luogo di utilizzazione nel territorio dello Stato, i servizi<br />

di cui alla lettera d) possono quindi suddividersi in due categorie.<br />

21


Servizi<br />

appartenenti alla<br />

1° categoria<br />

Servizi<br />

appartenenti alla<br />

2° categoria<br />

Per i servizi appartenenti alla prima categoria si possono verificare due distinte<br />

ipotesi:<br />

a) se la prestazione è utilizzata in Italia, ne deriva che il servizio è<br />

<strong>con</strong>siderato effettuato nel territorio dello Stato <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguente<br />

rilevanza ai fini IVA <strong>della</strong> prestazione;<br />

b) se la prestazione è utilizzata fuori dall’Italia, in uno Stato membro o in un<br />

Paese extracomunitario, ne deriva che il servizio non si <strong>con</strong>sidera<br />

effettuato nel territorio dello Stato <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguente irrilevanza ai fini<br />

IVA <strong>della</strong> prestazione, la quale si <strong>con</strong>figura come operazione fuori del<br />

campo di applicazione dell’imposta.<br />

Per i servizi appartenenti alla se<strong>con</strong>da categoria, non assume alcuna rilevanza il<br />

luogo di utilizzazione del servizio e quindi, in presenza di committente domiciliato<br />

in un Paese extracomunitario, l’operazione è comunque fuori del campo di<br />

applicazione dell’IVA, in quanto la prestazione non si <strong>con</strong>sidera effettuata nel<br />

territorio dello Stato.<br />

Tale meccanismo applicativo è stato più volte <strong>con</strong>fermato dal Ministero delle<br />

finanze <strong>con</strong> le seguenti circolari e risoluzioni ministeriali:<br />

C.M. n. 12/370205 del 9 aprile 1981 - in relazione a prestazioni di<br />

<strong>con</strong>sulenza tecnica e legale;<br />

R.M. n. 391055 del 21 aprile 1983 – in relazione a prestazioni di<br />

<strong>con</strong>sulenza legale e di assistenza in giudizio;<br />

R.M. n. 465228 del 18 marzo 1992 – in relazione a prestazioni di<br />

assistenza legale rese da avvocati;<br />

R.M. n.450203 del 24 novembre 1992 – in relazione a prestazioni di<br />

assistenza legale rese da avvocati;<br />

R.M. n. 450156 del 25 agosto 1992 - in relazione a prestazioni di<br />

<strong>con</strong>sulenza ed assistenza tecnica nell’ambito di lavori in appalto.<br />

Tra i servizi rientranti nella prima categoria, per i quali è necessario verificarne il<br />

luogo di utilizzazione in Italia, sono comprese le prestazioni derivanti da <strong>con</strong>tratti<br />

di locazione anche finanziaria, noleggio e simili di beni mobili materiali diversi dai<br />

mezzi di trasporto; le prestazioni di servizi di cui all’art 3, comma 2, n. 2),<br />

22


Prestazioni<br />

pubblicitarie<br />

(cessioni, <strong>con</strong>cessioni, licenze e simili relative a diritti d’autore, quelle relative ad<br />

invenzioni industriali, modelli, disegni, processi, formule e simili e quelle relative<br />

a marchi e insegne, nonché le cessioni, <strong>con</strong>cessioni, licenze e simili relative a<br />

diritti o beni similari ai precedenti); le prestazioni pubblicitarie; le operazioni<br />

bancarie, finanziarie e assicurative; le prestazioni relative a prestiti del<br />

personale; le prestazioni d’intermediazione inerenti alle suddette prestazioni o<br />

operazioni e quelle inerenti all’obbligo di non esercitarle; le cessioni di <strong>con</strong>tratti<br />

relativi alle prestazioni di sportivi professionisti.<br />

Nei servizi rientranti nella se<strong>con</strong>da categoria, per i quali risulta invece ininfluente<br />

il luogo di utilizzazione del servizio, sono comprese: le prestazioni di <strong>con</strong>sulenza<br />

e assistenza tecnica o legale; le prestazioni di formazione e di addestramento del<br />

personale; le prestazioni di elaborazione e fornitura di dati e simili.<br />

Alla luce dell’interpretazione <strong>della</strong> lettera f) del quarto comma dell’art. 7, è<br />

possibile esaminare le <strong>con</strong>seguenze applicative <strong>della</strong> normativa IVA richiamata in<br />

relazione ad alcune tipologie di prestazioni di servizi.<br />

Verrà analizzato, in particolare, il regime di territorialità ai fini dell’IVA delle<br />

prestazioni pubblicitarie, appartenenti alla prima categoria di servizi, e delle<br />

prestazioni di <strong>con</strong>sulenza tecnica e legale, appartenenti alla se<strong>con</strong>da categoria di<br />

servizi.<br />

Entrambe le categorie sono annoverate fra quelle di cui alla lettera d), del quarto<br />

comma, dell’art. 7; tuttavia, il loro regime IVA differisce in relazione ai servizi<br />

resi a soggetti extracomunitari, avendo le stesse una diversa collocazione nella<br />

lettera f) del medesimo quarto comma.<br />

La normativa di riferimento riguardante le prestazioni pubblicitarie in tema di<br />

territorialità ai fini IVA è <strong>con</strong>tenuta nell’art. 7, comma 4, lett. d), e), ed f) del<br />

D.P.R. n. 633/1972.<br />

I servizi pubblicitari non rientrano tra le prestazioni “comunitarie” di cui all’art.<br />

40, commi 4 bis, 5, 6 ed 8, del D.L. n. 331/1993; da ciò <strong>con</strong>segue che la loro<br />

<strong>disciplina</strong> IVA in materia di territorialità è <strong>con</strong>tenuta esclusivamente nell’art. 7,<br />

comma 4, del D.P.R. n. 633/1972.<br />

23


Prestazioni di<br />

<strong>con</strong>sulenza<br />

tecnica e legale<br />

Il meccanismo applicativo prevede in sintesi che, ai sensi <strong>della</strong> lettera d), le<br />

prestazioni di servizi pubblicitari si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello<br />

Stato se sono rese a soggetti domiciliati nel territorio italiano, oppure ivi<br />

residenti senza aver stabilito il domicilio all’estero, oppure a stabili organizzazioni<br />

in Italia di soggetti domiciliati o residenti all’estero, all’ulteriore <strong>con</strong>dizione che i<br />

servizi vengano utilizzati all’interno <strong>della</strong> Comunità europea; in caso <strong>con</strong>trario la<br />

prestazione è irrilevante ai fini territoriali. Ai sensi <strong>della</strong> lettera e), invece, i<br />

servizi pubblicitari resi a soggetti “comunitari” si <strong>con</strong>siderano effettuati nel<br />

territorio dello Stato solo se il committente è un soggetto privato <strong>con</strong>sumatore<br />

(non identificato ai fini IVA nello Stato comunitario di residenza), risultando<br />

irrilevante il luogo di utilizzazione; ai sensi <strong>della</strong> lettera f), infine, le prestazioni<br />

pubblicitarie rese a soggetti domiciliati e residenti fuori <strong>della</strong> Comunità europea<br />

si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello Stato solamente nel caso in cui siano<br />

ivi utilizzate.<br />

La <strong>disciplina</strong> IVA riguardante la territorialità <strong>dei</strong> servizi di <strong>con</strong>sulenza tecnica e<br />

legale è rappresentata dal quarto comma, lettere d) ed e), dell’art. 7, del D.P.R.<br />

n. 633/1972 ma, a differenza delle prestazioni pubblicitarie, ad esse non si<br />

applica la lettera f) del medesimo quarto comma.<br />

La specifica normativa di cui alla lett. f) sopra richiamata risulta inapplicabile alle<br />

prestazioni di <strong>con</strong>sulenza tecnica e legale, in virtù <strong>della</strong> loro espressa esclusione<br />

dal novero delle prestazioni ivi richiamate.<br />

Tale esclusione è stata motivata dal fatto di eliminare l’in<strong>con</strong>veniente<br />

rappresentato dall’oggettiva difficoltà relativa all’individuazione del luogo di<br />

utilizzazione delle prestazioni di <strong>con</strong>sulenza tecnica o legale rese a favore di<br />

soggetti residenti al di fuori <strong>della</strong> Comunità europea (cfr., in tal senso, C.M. n.<br />

12/370205 del 09 aprile 1981).<br />

L’inapplicabilità a dette prestazioni <strong>della</strong> regola di territorialità dettata alla lettera<br />

f) del quarto comma, comporta che le stesse, quando sono effettuate da parte di<br />

operatori e<strong>con</strong>omici nazionali nei <strong>con</strong>fronti di soggetti extracomunitari, sono<br />

comunque escluse dal campo di applicazione dell’IVA (cfr., C.M. n. 12/370205<br />

del 9 aprile 1981; R.M. n. 391055 del 21 aprile 1983; R.M. n. 465228 del 18<br />

marzo 1992 e R.M. n. 450203 del 24 novembre 1992).<br />

24


Per quanto <strong>con</strong>cerne l’ambito definitorio del <strong>con</strong>cetto di “<strong>con</strong>sulenza tecnica o<br />

legale”, lo stesso si può ricavare dal <strong>con</strong>tenuto <strong>della</strong> R.M. n. 422280 del 14<br />

gennaio 1981 (la quale evidenzia la differenza fra il <strong>con</strong>cetto di <strong>con</strong>sulenza e<br />

quello di perizia) e <strong>della</strong> successiva C.M. n. 12/370205 del 9 aprile 1981.<br />

In tale ambito sono comprese tutte le attività professionali che si estrinsecano in<br />

giudizi, precisazioni, chiarimenti o pareri, così come l’attività strettamente legale<br />

di assistenza e rappresentanza <strong>dei</strong> clienti in giudizio. L’accezione dell’espressione<br />

“<strong>con</strong>sulenza tecnica o legale” che deriva dalle definizioni sopra riportate, risulta<br />

<strong>con</strong>forme a quanto stabilito nell’art. 9, se<strong>con</strong>do paragrafo, lettera e), <strong>della</strong> VI<br />

Direttiva comunitaria dove vengono annoverate le “prestazioni fornite da<br />

<strong>con</strong>sulenti, ingegneri, uffici, studi, avvocati, periti <strong>con</strong>tabili ed altre prestazioni<br />

analoghe”. Sostanzialmente analoga è anche la previsione dell’art. 56, comma 1,<br />

lett. c), <strong>della</strong> Direttiva n. 2006/112/CE.<br />

Un ulteriore ed importante <strong>con</strong>tributo nel definire i <strong>con</strong>torni del <strong>con</strong>cetto di<br />

“<strong>con</strong>sulenza tecnica” è stato successivamente fornito <strong>con</strong> le RR.MM. nn. 465048<br />

del 27 agosto 1991 e VII – 15 – 556/94 del 18 novembre 1994, dove è stato<br />

sottolineato che la valutazione soggettiva del prestatore del servizio deve essere<br />

preminente “in ordine ai risultati <strong>con</strong>seguiti”. Le prestazioni di <strong>con</strong>sulenza tecnica<br />

e legale non rientrano tra le prestazioni “comunitarie” di cui all’art. 40, commi 4<br />

bis, 5, 6 ed 8, del D.L. n. 331/1993, e da ciò <strong>con</strong>segue che la loro <strong>disciplina</strong> IVA<br />

in materia di territorialità è <strong>con</strong>tenuta esclusivamente nell’art. 7, comma 4, del<br />

D.P.R. n. 633/1972.<br />

Il regime di territorialità ai fini IVA è regolato nelle lettere d) ed e), del comma<br />

4, dell’art. 7, del D.P.R. n. 633/1972; in sintesi, è previsto che, ai sensi <strong>della</strong><br />

lettera d), le prestazioni di servizi si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello<br />

Stato se sono rese a soggetti domiciliati nel territorio italiano, oppure ivi<br />

residenti senza aver stabilito il domicilio all’estero, ovvero a stabili organizzazioni<br />

in Italia di soggetti domiciliati o residenti all’estero, all’ulteriore <strong>con</strong>dizione che i<br />

servizi vengano utilizzati all’interno <strong>della</strong> Comunità europea; in caso <strong>con</strong>trario la<br />

prestazione è irrilevante ai fini territoriali.<br />

Ai sensi <strong>della</strong> lettera e), invece, i servizi resi a soggetti “comunitari” si<br />

<strong>con</strong>siderano effettuati nel territorio dello Stato solo se il committente è un<br />

soggetto privato <strong>con</strong>sumatore (non identificato ai fini IVA nello Stato comunitario<br />

di residenza), risultando irrilevante il luogo di utilizzazione. Per effetto<br />

dell’esclusione dalla lettera f), infine, le prestazioni di servizi di <strong>con</strong>sulenza<br />

25


Servizi di<br />

intermediazion<br />

e su beni<br />

mobili<br />

Disciplina<br />

applicabile dal<br />

1° gennaio 2007<br />

tecnica e legale rese a soggetti domiciliati e residenti fuori <strong>della</strong> Comunità<br />

europea si <strong>con</strong>siderano in ogni caso effettuate fuori del territorio dello Stato,<br />

indipendentemente dal luogo di utilizzazione.<br />

Nell’ambito <strong>dei</strong> servizi intracomunitari rientrano anche le prestazioni<br />

d’intermediazione relative ad operazioni su beni mobili tra le quali si citano, per<br />

importanza, quelle svolte dagli agenti di commercio e dai procacciatori d’affari.<br />

In seguito, sarà oggetto di specifica trattazione proprio il regime IVA delle<br />

provvigioni corrisposte agli intermediari commerciali che intervengono nella<br />

compravendita di beni mobili. Il regime IVA delle provvigioni, infatti, ha da<br />

sempre comportato notevoli difficoltà interpretative, amplificate dall’entrata in<br />

vigore <strong>della</strong> normativa comunitaria che, a decorrere dal 1993, ha <strong>disciplina</strong>to in<br />

modo specifico, <strong>con</strong> l’art. 40, commi 8 e 9, del D.L. n. 331/1993, le<br />

intermediazioni intracomunitarie. Tale normativa, infatti, si è andata ad<br />

aggiungere a quella ordinaria <strong>con</strong>tenuta, in tema di territorialità, nell’art. 7 del<br />

D.P.R. n. 633/1972. La compresenza di due discipline teoricamente applicabili<br />

alle prestazioni di intermediazione su beni mobili ha quindi reso necessario, dal<br />

1993 in poi, un’indagine preliminare sulla natura delle stesse, ordinaria o<br />

comunitaria, avendo riguardo all’operazione cui esse si riferivano. La situazione<br />

sopra delineata era incardinata sulla normativa in vigore fino al 31 dicembre<br />

2006, radicalmente innovata a decorrere dall’anno 2007.<br />

Per effetto dell’art. 1, comma 325, <strong>della</strong> legge 27 dicembre 2006, n. 296, è stata<br />

aggiunta la nuova lettera f quinquies) nel quarto comma dell’art. 7 del D.P.R. n.<br />

633/1972, in vigore dal primo gennaio 2007. Il legislatore nazionale, in sostanza,<br />

è intervenuto nell’ambito dell’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972, ritenendolo la<br />

collocazione “naturale” per la normativa in tema di territorialità delle prestazioni<br />

d’intermediazione, senza intervenire in alcun modo sull’art. 40, comma 8, del<br />

D.L. n. 331/1993, relativo alle intermediazioni aventi ad oggetto operazioni su<br />

beni mobili, lasciandone inalterato il testo. La <strong>con</strong>correnza, nella legislazione<br />

nazionale, di due norme entrambe applicabili ai servizi di intermediazione su beni<br />

mobili, ha comportato delicati problemi interpretativi, che solo alla fine del 2008,<br />

<strong>con</strong> i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate (Risoluzione n. 437/E del 12<br />

novembre 2008), paiono aver trovato soluzione (seppur in modo non del tutto<br />

appagante).<br />

26


La nuova disposizione (art. 7, comma 4, lett. f-quinquies), si pone, senza che,<br />

come detto, il legislatore abbia <strong>con</strong>testualmente provveduto a sopprimere l’art.<br />

40, comma 8, del D.L. n. 331/1993, quale nuova regola di territorialità per le<br />

intermediazioni, ad esclusione di quelle <strong>con</strong>cernenti le prestazioni di cui all’art. 7,<br />

comma 4, lett. d) del D.P.R. n. 633/1972, nonché di quelle correlate ai trasporti<br />

intracomunitari di beni ed alle prestazioni a questi accessorie di cui all’art. 40,<br />

rispettivamente commi 5 e 6, del D.L. n. 331/1993.<br />

La norma comunitaria (art. 44) rientra fra le modifiche di carattere sostanziale<br />

apportate dall’intervento di rifusione <strong>della</strong> Direttiva n. 2006/112 (come dimostra<br />

il richiamo operato alla predetta norma dall’art. 412), presentandosi quale nuova<br />

disposizione a valenza generale, applicabile a tutte le tipologie d’intermediazioni<br />

(escluse le ipotesi puntualmente individuate di cui sopra) e, come tale, essa pare<br />

essere stata trasfusa nell’ordinamento interno, avendo ripreso sia il “requisito<br />

oggettivo”, sia il “requisito soggettivo” di cui all’art. 44 <strong>della</strong> Direttiva.<br />

Conseguentemente, l’accertamento <strong>della</strong> territorialità <strong>dei</strong> servizi in esame si<br />

fonda sul collegamento <strong>della</strong> prestazione <strong>con</strong> il luogo dell’operazione<br />

intermediata (criterio oggettivo), fatta salva l’ipotesi in cui il committente sia un<br />

soggetto passivo identificato ai fini Iva in uno Stato membro <strong>della</strong> Comunità, nel<br />

qual caso la prestazione si <strong>con</strong>sidera territorialmente rilevante nello Stato<br />

comunitario del committente (criterio soggettivo).<br />

L’intervento legislativo <strong>con</strong> cui è stato recepito l’art. 44 <strong>della</strong> direttiva n.<br />

2006/112 tuttavia, ha generato, come si accennava, notevoli perplessità,<br />

soprattutto <strong>con</strong> riguardo al coordinamento del nuovo art. 7, comma 4, lett. f-<br />

quinquies), del D.P.R. n. 633/1972, <strong>con</strong> la <strong>disciplina</strong> “comunitaria” <strong>con</strong>tenuta<br />

nell’art. 40, comma 8, del D.L. n. 331/1993. Più in particolare, ci si è interrogati<br />

sulla portata <strong>della</strong> nuova norma, domandandosi se essa fosse da intendere quale<br />

disposizione a validità generale e, quindi, “tacitamente” abrogativa dell’art. 40,<br />

comma 8, del D.L. n. 331/1993, ovvero come disposizione specifica, destinata a<br />

regolare le ipotesi diverse da quelle già <strong>disciplina</strong>te dal predetto art. 40, comma<br />

8, da <strong>con</strong>siderare ancora in vigore.<br />

Entrambe le teorie, infatti, potevano <strong>con</strong>siderarsi fondate, ed in particolar modo<br />

la se<strong>con</strong>da, <strong>con</strong>siderando che l’art. 40, comma 8, del D.L. n. 331/1993 non è<br />

stato abrogato in forma espressa, e soprattutto che, anche dopo l’entrata in<br />

vigore <strong>della</strong> lett. f-quinquies) dell’art. 7, tanto la modulistica ufficiale per i<br />

27


Posizione<br />

dell’Agenzia delle<br />

entrate<br />

(risoluzione n.<br />

437/E)<br />

rimborsi Iva trimestrali (modello TR), quanto le istruzioni alla dichiarazione Iva<br />

per l’anno 2007 (<strong>con</strong>fermate nella bozza <strong>della</strong> dichiarazione Iva 2009 del 12<br />

dicembre 2008), fanno riferimento a tale disposizione. In aggiunta, la norma di<br />

cui al D.L. n. 331/1993 si riferisce esclusivamente alle intermediazioni su beni<br />

mobili, mentre la regola <strong>della</strong> lett. f-quinquies) dell’art. 7, comma 4, è volta a<br />

regolare, in punto di territorialità, tutti i servizi d’intermediazione. Da ciò poteva<br />

dunque ritenersi che l’art. 40, comma 8, mantenesse un proprio ambito<br />

applicativo, in un rapporto di “specie” a “genere” rispetto alla nuova regola<br />

generale dell’art. 7.<br />

Con la risoluzione n. 437/E del 12 novembre 2008, l’Agenzia delle entrate è<br />

finalmente intervenuta manifestando il proprio orientamento. Esaminando il caso<br />

di un’impresa nazionale che effettua cessioni intracomunitarie, cessioni<br />

all’esportazione (<strong>con</strong> partenza <strong>dei</strong> beni dall’Italia o da altri Stati membri <strong>della</strong><br />

Comunità) e cessioni di beni esistenti fuori del territorio comunitario, l’interprete,<br />

rilevata la portata innovativa <strong>della</strong> norma di cui alla lett. f-quinquies), dell’art. 7,<br />

comma 4, del D.P.R. n. 633/1972, sottolinea che devono <strong>con</strong>siderarsi<br />

territorialmente rilevanti in Italia tanto le intermediazioni relative a cessioni<br />

intracomunitarie, quanto quelle correlate a cessioni all’esportazione,<br />

indipendentemente dal luogo di partenza delle merci (Italia od altro Stato<br />

comunitario) e dalla nazionalità dell’agente/intermediario (comunitario od<br />

extracomunitario). Sulla base del <strong>con</strong>tenuto <strong>della</strong> pronuncia, dunque, il nuovo<br />

assetto normativo in materia di territorialità <strong>dei</strong> servizi d’intermediazione si<br />

caratterizza per aver “uniformato” il luogo di tassazione delle prestazioni “anche<br />

relativamente alle operazioni su beni mobili materiali effettuate in ambito<br />

comunitario”, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza che ad esse risulta applicabile la <strong>disciplina</strong><br />

dell’art. 7 (lett. f-quinquies) “e viene reso di fatto inoperativo il comma 8<br />

dell’articolo 40 del D.L. n. 331 del 1993”.<br />

Sotto l’aspetto degli adempimenti operativi, quindi, il committente nazionale<br />

provvederà ad emettere autofattura, ai sensi dell’art. 17, comma 3, del decreto<br />

n. 633 del 1972, anche in presenza di agente comunitario, <strong>con</strong> ciò obliterando le<br />

<strong>con</strong>solidate regole <strong>con</strong>tabili per le prestazioni intracomunitarie (integrazione e<br />

registrazione delle fatture ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.L. n. 331/1993);<br />

quanto al <strong>con</strong>creto assoggettamento ad imposta, questa risulterà dovuta in<br />

relazione alle intermediazioni per cessioni intracomunitarie, mentre saranno non<br />

imponibili, ai sensi dell’art. 9, n. 7, del D.P.R. n. 633/1972, le autofatture per<br />

28


Prestazioni<br />

d’intermediazione<br />

nei <strong>rapporti</strong> <strong>con</strong><br />

San Marino<br />

provvigioni collegate a cessioni all’esportazione (dall’Italia o da altro Stato<br />

membro dell’U.E.). Sono, invece, fuori campo IVA (ai sensi dell’art. 153 <strong>della</strong><br />

Direttiva n. 2006/112) le intermediazioni relative alle cosiddette vendite “estero<br />

su estero”, in quanto carenti del requisito territoriale.<br />

Per quanto l’orientamento dell’Agenzia, la quale mostra di accogliere (nella<br />

sostanza) la prima delle teorie interpretative illustrate (tacita “abrogazione”<br />

dell’art. 40, comma 8, del D.L. n. 331/1993), possa ritenersi fondato e, tutto<br />

sommato, coerente <strong>con</strong> la nuova impostazione <strong>della</strong> direttiva comunitaria, non<br />

può, tuttavia, non rilevarsi come esso possa determinare rilevanti difficoltà agli<br />

operatori. Questi, in effetti, potrebbero avere del tutto legittimamente fatto<br />

affidamento sulle indicazioni <strong>con</strong>tenute negli atti ufficiali <strong>della</strong> stessa<br />

Amministrazione finanziaria di cui si è sopra dato <strong>con</strong>to (è solo nella versione<br />

definitiva delle istruzioni al modello di dichiarazione IVA per l’anno 2008, che<br />

sono scomparsi i riferimenti all’art. 40, comma 8). E’ pertanto auspicabile che,<br />

almeno <strong>con</strong> riguardo all’anno 2007, nessun rilievo venga mosso ai <strong>con</strong>tribuenti<br />

che abbiano aderito ad una diversa interpretazione.<br />

A supporto di tale <strong>con</strong>vincimento è anche la <strong>con</strong>siderazione se<strong>con</strong>do cui il<br />

recepimento <strong>della</strong> nuova regola di territorialità è stato attuato dal nostro<br />

legislatore prima del termine del primo gennaio 2008, data prevista (parrebbe<br />

senza possibilità di deroga da parte degli Stati membri) dall’art. 412 <strong>della</strong><br />

Direttiva per l’entrata in vigore delle disposizioni aventi carattere innovativo<br />

(qual è l’art. 44, in materia di territorialità <strong>dei</strong> servizi), <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza che,<br />

almeno fino a tutto il 31 dicembre 2007, la norma di cui all’art. 40, comma 8, del<br />

D.L. n. 331/1993, dovrebbe <strong>con</strong>siderarsi ancora efficace.<br />

In base alle <strong>con</strong>siderazioni di cui sopra, appare possibile esaminare alcune<br />

fattispecie, particolarmente frequenti nella prassi delle imprese, nelle quali<br />

l’operatore nazionale può essere coinvolto in veste di prestatore o di<br />

committente del servizio, avendo come <strong>con</strong>troparte un partner sammarinese.<br />

In estrema sintesi, come sottolineato anche dall’Agenzia delle entrate nella<br />

risoluzione n. 437/E del 12 novembre 2008 sopra richiamata, il criterio di<br />

territorialità delle prestazioni d’intermediazione si basa, a livello di principio, sul<br />

collegamento del servizio <strong>con</strong> l’operazione oggetto dell’intermediazione (criterio<br />

oggettivo), eccezion fatta per l’ipotesi in cui il committente è un soggetto passivo<br />

d’imposta in uno Stato membro <strong>della</strong> Comunità (Italia od altro Stato<br />

comunitario); in tale ultima fattispecie, infatti, prevale un criterio di tipo<br />

29


soggettivo, in forza del quale la prestazione si <strong>con</strong>sidera territorialmente<br />

rilevante nello Stato di residenza del committente.<br />

In base alle nuove regole di cui alla lett. f-quinquies), del quarto comma, dell’art.<br />

7, del D.P.R. n. 633/1972, pertanto, sono da <strong>con</strong>siderare effettuati in Italia i<br />

servizi d’agenzia prestati ad un’impresa committente residente, sia per le vendite<br />

interne al territorio nazionale, sia per le cessioni intracomunitarie, sia, ancora,<br />

per le cessioni all’esportazione (indipendentemente dal fatto che esse prevedano<br />

l’esportazione <strong>dei</strong> beni dall’Italia o da un altro Stato membro <strong>della</strong> Comunità), e<br />

ciò, a prescindere dalla nazionalità dell’intermediario (comunitario od<br />

extracomunitario).<br />

Più specificamente, per i servizi d’intermediazione resi da agenti sammarinesi<br />

relativi a cessioni interne ed intracomunitarie, l’impresa committente nazionale<br />

provvederà all’emissione di autofattura, ai sensi dell’art. 17, comma 3, del D.P.R.<br />

n. 633/1972, <strong>con</strong> applicazione dell’IVA (ad aliquota del 20%), mentre, in caso<br />

d’esportazione (quale che sia lo Stato membro di partenza <strong>dei</strong> beni),<br />

l’autofattura sarà emessa in regime di non imponibilità, ai sensi dell’art. 9, n. 7,<br />

del medesimo decreto.<br />

In sintesi, un quadro <strong>dei</strong> principali esempi di fatturazione <strong>con</strong> l’intervento di un<br />

operatore sammarinese, è riassunto nella seguente tabella.<br />

Agente Committente<br />

R.S.M. ITA<br />

R.S.M. ITA<br />

R.S.M. ITA<br />

R.S.M. ITA<br />

ITA R.S.M.<br />

ITA R.S.M.<br />

ITA R.S.M.<br />

ITA R.S.M.<br />

Operazione di<br />

riferimento<br />

Cessione<br />

ITA/ITA<br />

Cessione<br />

ITA/CE<br />

Cessione<br />

ITA/EXTRACE *<br />

Cessione<br />

EXTRACE/EXTRACE<br />

Cessione<br />

ITA/ITA<br />

Cessione<br />

ITA/CE<br />

Cessione<br />

ITA/EXTRACE<br />

Cessione<br />

EXTRACE/EXTRACE<br />

30<br />

IVA e<br />

fatturazione<br />

IVA in Italia autofattura<br />

IVA in Italia autofattura<br />

non imponibile<br />

autofattura **<br />

no IVA in Italia<br />

fuori campo ***<br />

IVA in Italia<br />

fattura<br />

IVA in Italia<br />

fattura<br />

non imponibile fattura<br />

no IVA in Italia<br />

fuori campo ***<br />

Riferimenti<br />

art. 7, comma 4,<br />

f-quinquies<br />

art. 7, comma 4,<br />

f-quinquies<br />

art. 7, comma 4,<br />

f-quinquies e<br />

art. 9, n. 7<br />

art. 153<br />

Dir. 2006/112<br />

art. 7, comma 4,<br />

f-quinquies ****<br />

art. 7, comma 4,<br />

f-quinquies ****<br />

art. 7, comma 4,<br />

f-quinquies e<br />

art. 9, n. 7<br />

art. 153<br />

Dir. 2006/112<br />

* Il luogo di partenza <strong>dei</strong> beni potrebbe essere situato anche in altro Stato membro.<br />

** Il committente emette autofattura non imponibile ai sensi dell’art. 9, n. 7, del D.P.R. n. 633/1972.<br />

*** Per le vendite “estero su estero”, la risoluzione n. 437/E del 2008 ha ri<strong>con</strong>osciuto la diretta applicabilità<br />

dell’art. 153 <strong>della</strong> direttiva n. 2006/112/CE, in base alla quale gli Stati membri “esentano” le prestazioni<br />

degli intermediari, quando intervengono in operazioni interamente effettuate fuori <strong>della</strong> Comunità europea.<br />

**** Ai sensi dell’art. 7, comma 4, lett. f-quinquies, l’intermediazione rileva in Italia, perché qui si <strong>con</strong>sidera<br />

effettuata l’operazione di riferimento.


Lavorazioni su<br />

beni mobili<br />

Nell’ambito delle prestazioni di servizi a cui si applicano specifiche regole<br />

derogatorie rispetto alla <strong>disciplina</strong> ordinaria, si ritiene che rivestano una<br />

particolare importanza quelle collegate all’effettuazione di lavorazioni su beni<br />

mobili.<br />

La normativa IVA “comunitaria” riguardante le prestazioni di servizi su beni<br />

mobili ha subito profonde modifiche per effetto dell’entrata in vigore, a decorrere<br />

dal 14 marzo 1997, <strong>della</strong> legge 18 febbraio 1997, n. 28, <strong>con</strong> la quale sono state<br />

recepite le norme di semplificazione in materia di imposta sul valore aggiunto sui<br />

traffici internazionali <strong>con</strong>tenute nella Direttiva Comunitaria del 10 aprile 1995, n.<br />

95/7/CE. Le modifiche normative sopra citate, da un punto di vista sostanziale,<br />

hanno mutato natura alle operazioni di <strong>con</strong>segna di beni sottoposti a lavorazione<br />

in dipendenza di <strong>con</strong>tratti d’opera, appalto e simili, <strong>con</strong> l’utilizzo in tutto o in<br />

parte di materie prime o di beni forniti dal committente o da terzi per suo <strong>con</strong>to;<br />

tali operazioni non rientrano più, come era in origine, tra quelle assimilate alle<br />

cessioni od agli acquisti intracomunitari, essendo ora da qualificare come<br />

prestazioni di servizi intracomunitari.<br />

Le stesse modifiche hanno, inoltre, comportato un effetto “unificante”,<br />

permettendo di assoggettare alla medesima <strong>disciplina</strong> appositamente prevista<br />

per i servizi, operazioni che in precedenza erano regolate diversamente, a<br />

se<strong>con</strong>da che fossero assimilabili alle cessioni/acquisti oppure fossero <strong>con</strong>siderate<br />

quali operazioni “non imponibili” ai sensi dell’art. 58, comma 2, del D.L. n.<br />

331/1993.<br />

Le modifiche sopra citate sono state attuate <strong>con</strong> l’abrogazione dell’art. 38,<br />

comma 3, lett. a), del D.L. n. 331/1993 (riguardante gli acquisti intracomunitari<br />

“assimilati”), dell’art. 41, comma 2, lett. a) del D.L. n. 331/1993 (riguardante le<br />

cessioni intracomunitarie non imponibili “assimilate”) e dell’art. 58, comma 2, del<br />

D.L. n. 331/1993 (riguardante le operazioni di perfezionamento e le<br />

manipolazioni usuali <strong>con</strong>siderate “non imponibili”).<br />

Nel <strong>con</strong>tempo, è stato introdotto il comma 4-bis all’interno dell’art. 40, del D.L.<br />

n. 331/1993; tale disposizione <strong>disciplina</strong> il criterio di territorialità applicabile “a<br />

tutte le prestazioni di servizi, di qualsiasi tipo, aventi ad oggetto i beni mobili<br />

comunitari” (cfr., Circolare n. 145/E del 10 giugno 1998, paragrafo n. 3).<br />

L’attuale formulazione dell’art. 40, comma 4 bis, del D.L. n. 331/1993 si segnala,<br />

oltre che per l’effetto “unificante” già sottolineato, per il suo ampio <strong>con</strong>tenuto,<br />

31


comprendendo al suo interno prestazioni anche molto diverse tra loro che<br />

vengono comunque omogeneizzate ai fini dell’applicazione di un comune criterio<br />

di territorialità.<br />

Le prestazioni di servizi rientranti nella previsione normativa comprendono quelle<br />

di <strong>con</strong>segna, in presenza di un <strong>con</strong>tratto d’opera, di appalto e simili, di beni<br />

prodotti, montati o assiemati utilizzando in tutto o in gran parte materie prime o<br />

beni forniti dal committente (si tratta <strong>della</strong> stessa fattispecie prima <strong>disciplina</strong>ta<br />

come cessione/acquisto intracomunitario assimilato ex artt. 41 e 38),<br />

lavorazione, modificazione, adattamento, trasformazione e riparazione di beni<br />

(rientranti tra le operazioni di “perfezionamento” di cui all’art. 1, comma 3, lett.<br />

h, del Regolamento CEE n. 1999 del 16 luglio 1985), quelle relative a<br />

manutenzioni e manipolazioni usuali in genere (intese a garantire la<br />

<strong>con</strong>servazione di beni oppure a migliorarne la presentazione o la qualità<br />

commerciale o a prepararne la distribuzione o la rivendita nell’accezione di cui<br />

all’art. 18 del Regolamento CEE n. 2503 del 25 luglio 1988), nonché le perizie<br />

relative a beni mobili.<br />

Non rientrano invece nella previsione del medesimo art. 40, comma 4 bis, le<br />

prestazioni di lavorazione, trasformazione, montaggio, assiemaggio o<br />

adattamento ad altri beni effettuate dallo stesso soggetto cedente italiano (o da<br />

terzi) per <strong>con</strong>to del soggetto cessionario (italiano) su beni ceduti in Italia e<br />

trasportati o spediti in altro Stato membro a cura o a nome del cedente (in<br />

questo caso, le prestazioni di servizi sono <strong>con</strong>nesse a cessioni di beni <strong>con</strong>siderate<br />

operazioni “interne” non imponibili ai sensi dell’art. 58, comma 1, del D.L. n.<br />

331/1993, il quale regola la transazione definita come “triangolare nazionale”),<br />

né quelle finalizzate all’ottenimento del prodotto finito <strong>con</strong> le caratteristiche<br />

specifiche richieste dal committente utilizzando esclusivamente o in gran parte le<br />

materie prime del fornitore (in questo caso, la prestazione è eseguita senza<br />

impiegare o impiegando in minima parte beni o materie prime inviati dal<br />

committente e, quindi, deve essere ancora <strong>con</strong>siderata quale cessione di beni).<br />

Al riguardo deve osservarsi che, in presenza di <strong>con</strong>tratti d’appalto, d’opera e<br />

simili, identificare la linea di demarcazione tra le prestazioni che costituis<strong>con</strong>o<br />

servizi e quelle che danno luogo a cessioni di beni può essere cosa agevole, nelle<br />

ipotesi sopra delineate, ma anche estremamente difficile nei casi intermedi in cui<br />

32


la materia prima sia fornita in parte dal committente e in parte dal soggetto che<br />

esegue la lavorazione.<br />

In merito si è espresso anche il Ministero delle finanze che, in via interpretativa,<br />

nella Circolare n. 145/E del 10 giugno 1998, al paragrafo n. 3, ha affermato che<br />

la cessione di beni è caratterizzata da “una prevalenza <strong>della</strong> materia ceduta<br />

sull’opera prestata dal cedente” e, pertanto, per poter escludere una prestazione<br />

di servizi, i beni inviati dall’acquirente (committente) dovranno essere “di scarso<br />

valore”.<br />

La predetta circolare pone l’accento su un unico elemento, di natura e<strong>con</strong>omica,<br />

rappresentato dal valore delle materie impiegate e, correlativamente, <strong>della</strong><br />

manodopera prestata, senza approfondire in modo esaustivo la complessa<br />

problematica.<br />

Tale iniziale approccio interpretativo, è stato successivamente oggetto di riesame<br />

critico da parte dell’Agenzia delle entrate <strong>con</strong> la risoluzione n. 272/E del 28<br />

settembre 2007, il cui <strong>con</strong>tenuto è di notevole interesse in quanto riassume, in<br />

modo più organico e completo, i termini <strong>della</strong> questione, alla luce <strong>della</strong><br />

giurisprudenza <strong>della</strong> Corte di Cassazione e del più recente orientamento espresso<br />

in materia <strong>della</strong> Corte di Giustizia, <strong>con</strong> la sentenza del 29 marzo 2007, nella<br />

causa C-111/05.<br />

In sostanza, il criterio e<strong>con</strong>omico del “valore” di cui alla precedente circolare n.<br />

145/E viene espressamente richiamato per sottolinearne la non esaustività ed<br />

unicità; in altri termini, detto criterio può rivelarsi utile ma non decisivo nella<br />

qualificazione dell’operazione.<br />

La comune intenzione delle parti, rilevabile dal <strong>con</strong>tenuto e dalla <strong>con</strong>nessione<br />

delle clausole <strong>con</strong>trattuali e dal comportamento effettivo tenuto dalle stesse<br />

successivamente alla <strong>con</strong>clusione del <strong>con</strong>tratto, è quella che <strong>con</strong>sente in <strong>con</strong>creto<br />

di verificare se l’obbligazione principale è rappresentata da un “facere”, avente<br />

ad oggetto uno specifico risultato richiesto al prestatore del servizio dal suo<br />

committente, oppure da un “dare”, finalizzato al trasferimento <strong>della</strong> proprietà di<br />

un bene.<br />

In <strong>con</strong>clusione, il prezzo (valore) <strong>dei</strong> beni e <strong>dei</strong> servizi rappresenta solo un indice<br />

di cui si può tenere <strong>con</strong>to, non potendo, da solo, assumere un’importanza<br />

decisiva; l’attività di indagine, infatti, va svolta <strong>con</strong>siderando una molteplicità di<br />

33


Condizioni per la<br />

<strong>con</strong>figurabilità<br />

delle lavorazioni<br />

“comunitarie”<br />

elementi di natura giuridica e sostanziale e, fra quello principale costituito<br />

dall’effettiva volontà delle parti.<br />

Sulla base del disposto normativo dell’art. 40, comma 4 bis, del D.L. n.<br />

331/1993 e del <strong>con</strong>tributo interpretativo di cui alla più volte richiamata Circolare<br />

n. 145/E del 10 giugno 1998, i requisiti soggettivo ed oggettivo necessari per<br />

poter <strong>con</strong>figurare una lavorazione “comunitaria” sono i seguenti:<br />

1. il committente del servizio deve essere identificato ai fini IVA in uno Stato<br />

membro diverso da quello in cui avviene la lavorazione;<br />

2. i beni, una volta ultimata la prestazione di servizi, devono essere inviati o<br />

spediti in un altro Stato membro diverso da quello in cui avviene la<br />

lavorazione.<br />

Qualora siano verificate entrambe le <strong>con</strong>dizioni sopra indicate, ai sensi dell’art.<br />

40, comma 4 bis, del D.L. n. 331/1993 la prestazione di servizi si <strong>con</strong>sidera<br />

territorialmente rilevante nello Stato membro in cui il committente è identificato<br />

ai fini IVA.<br />

L’applicazione del sopra citato comma 4 bis avviene, per espressa previsione<br />

normativa, in deroga all’art. 7, comma 4, lett. b), del D.P.R. n. 633/1972, il<br />

quale detta la <strong>disciplina</strong> “ordinaria” riguardante le prestazioni di servizi,<br />

comprese le perizie, relative a beni mobili materiali.<br />

Se, dunque, viene meno anche solo una delle predette <strong>con</strong>dizioni, i criteri di<br />

territorialità <strong>della</strong> prestazione saranno quelli di cui al già citato art. 7, comma 4,<br />

lett. b).<br />

Ai due requisiti soggettivo ed oggettivo in precedenza indicati occorre aggiungere<br />

un ulteriore “pre requisito”, espressamente menzionato nella Circolare n. 145/E<br />

del 1998, se<strong>con</strong>do la quale i criteri specifici di territorialità di cui all’art. 40,<br />

comma 4 bis, del D.L. n. 331/1993, risultano applicabili solamente se i beni<br />

oggetto delle prestazioni di servizi sono beni “comunitari” o “immessi in libera<br />

pratica”.<br />

Anche la mancata verifica di tale “pre requisito” comporta l’applicabilità <strong>della</strong><br />

normativa ordinaria di cui al combinato disposto degli artt. 7 e 9 del D.P.R. n.<br />

633/1972.<br />

34


Adempimenti<br />

relativi alle<br />

lavorazioni<br />

comunitarie<br />

Prestazioni di<br />

servizi su beni<br />

mobili<br />

<strong>disciplina</strong>te<br />

dalla normativa<br />

interna<br />

Qualora siano rispettate tutte le <strong>con</strong>dizioni per l’applicabilità dell’art. 40, comma<br />

4 bis, del D.L. n. 331/1993, in presenza di lavorazioni comunitarie che rilevano<br />

territorialmente nello Stato membro del committente, gli adempimenti <strong>con</strong>tabili<br />

per gli operatori e<strong>con</strong>omici italiani sono i seguenti:<br />

• il prestatore del servizio emette fattura senza addebito di IVA nei<br />

<strong>con</strong>fronti del proprio committente comunitario, richiamando la norma di<br />

cui all’art. 40, comma 4 bis, del D.L. n. 331/1993 (e specificando che si<br />

tratta di prestazione non soggetta ad IVA);<br />

• il committente del servizio riceve dal prestatore soggetto IVA comunitario<br />

una fattura senza addebito d’imposta che dovrà integrare <strong>con</strong> l’IVA<br />

nazionale, ai sensi dell’art. 46 del D.L. n. 331/1993, e registrare ai sensi<br />

dell’art. 47 dello stesso decreto.<br />

La diversa qualificazione giuridica attribuita alle lavorazioni intracomunitarie<br />

nell’ambito del regime transitorio dell’IVA europea per effetto dell’introduzione<br />

del comma 4 bis nell’art. 40 sopra citato, in base alla quale le stesse non sono<br />

più cessioni di beni, ma prestazioni di servizi, ha comportato una decisa<br />

semplificazione in materia di compilazione <strong>dei</strong> modelli INTRASTAT, in quanto gli<br />

operatori e<strong>con</strong>omici nazionali non hanno più l’obbligo di compilare tali modelli<br />

(Intra 1 bis e Intra 2 bis) nella loro parte fiscale (rimane comunque l’obbligo di<br />

compilazione <strong>della</strong> parte statistica per gli operatori e<strong>con</strong>omici tenuti ad osservare<br />

la scadenza mensile di presentazione).<br />

Come già evidenziato, se non si verificano tutte le <strong>con</strong>dizioni previste dall’art. 40,<br />

comma 4 bis, del D.L. n. 331/1993 per potersi <strong>con</strong>figurare le lavorazioni<br />

“intracomunitarie”, le prestazioni di servizi su beni mobili sono assoggettate alla<br />

normativa ordinaria di cui al D.P.R. n. 633/1972.<br />

L’art. 7, comma 4, lett. b), del decreto n. 633/1972 stabilisce che: “le prestazioni<br />

di servizi, comprese le perizie, relative a beni mobili materiali e le prestazioni di<br />

servizi culturali, scientifici, artistici, didattici, sportivi, ricreativi e simili, nonché le<br />

operazioni di carico, scarico, manutenzione e simili, accessorie ai trasporti di<br />

beni, si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello Stato quando sono eseguite nel<br />

territorio stesso”.<br />

35


Lavorazioni e<br />

servizi<br />

internazionali<br />

Il requisito <strong>della</strong> territorialità viene quindi verificato quando le prestazioni di<br />

servizi vengono effettivamente eseguite in Italia mentre, se rese all’estero,<br />

risultano irrilevanti ai fini IVA.<br />

Per espressa indicazione ministeriale (cfr., Circolare n. 26/411138 del 3 agosto<br />

1979), rientrano nella previsione normativa di cui all’art. 7, comma 4, lett. b)<br />

sopra citato, oltre alle perizie, le prestazioni di servizi relative alla costruzione,<br />

riparazione, modificazione, trasformazione, manutenzione e lavorazione di beni<br />

mobili materiali (compreso l’energia elettrica, i gas naturali e simili).<br />

Con riguardo al regime IVA applicabile alle lavorazioni in ambito interno, riveste<br />

primario rilievo l’art. 9 del D.P.R. n. 633/1972 che, nel suo primo comma, al n.<br />

9), comprende tra i “servizi internazionali o <strong>con</strong>nessi agli scambi internazionali”<br />

non imponibili ai fini IVA, “i trattamenti di cui all’art. 176 del testo unico<br />

approvato <strong>con</strong> decreto del Presidente <strong>della</strong> Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43,<br />

eseguiti su beni di provenienza estera non ancora definitivamente importati,<br />

nonché su beni nazionali, nazionalizzati o comunitari destinati ad essere<br />

esportati da o per <strong>con</strong>to del prestatore del servizio o del committente non<br />

residente nel territorio dello Stato”.<br />

Ai sensi dell’art. 176 del Testo Unico delle disposizioni legislative in materia<br />

doganale richiamato dalla norma, i trattamenti ivi indicati sono i seguenti:<br />

a) lavorazione, compresi il montaggio, l’assiemaggio e l’adattamento ad altre<br />

merci;<br />

b) trasformazione;<br />

c) riparazione, compresi il riattamento e la messa a punto;<br />

d) utilizzazione, <strong>con</strong> <strong>con</strong>seguente <strong>con</strong>sumo parziale o totale, come<br />

catalizzatori, acceleratori o rallentatori di reazioni chimiche per facilitare<br />

la fabbricazione di prodotti da esportare o riesportare, esclusa<br />

l’utilizzazione delle fonti di energia, <strong>dei</strong> lubrificanti e degli attrezzi ed<br />

utensili.<br />

Importanti chiarimenti interpretativi sull’ambito applicativo <strong>della</strong> norma, sono<br />

stati forniti <strong>con</strong> la risoluzione ministeriale n. 47/E del 13 aprile 2001 dell’Agenzia<br />

36


Trasporti<br />

intracomunitari<br />

delle entrate. Nel citato intervento, infatti, viene specificato che la previsione<br />

normativa riguarda due diverse categorie di beni e, più precisamente, i beni di<br />

provenienza estera non ancora definitivamente importati, i quali <strong>con</strong>servano la<br />

<strong>con</strong>dizione giuridica di merce estera nel periodo in cui vengono sottoposti ai<br />

trattamenti previsti dall’art. 176 del T.U.L.D., ed i beni nazionali, nazionalizzati o<br />

comunitari, destinati ad essere esportati.<br />

Sulla base di tale premessa, l’Agenzia delle entrate fa discendere che la stretta<br />

<strong>con</strong>nessione tra il regime agevolativo <strong>della</strong> non imponibilità e la successiva<br />

effettuazione dell’esportazione, è prevista esclusivamente per i trattamenti<br />

eseguiti sui beni appartenenti alla se<strong>con</strong>da categoria e, quindi, sui beni nazionali,<br />

nazionalizzati o comunitari.<br />

Per i beni in regime doganale di temporanea importazione, invece, il beneficio<br />

fiscale spetta in senso oggettivo, per il fatto stesso che si tratta di beni “allo<br />

stato estero”, non assumendo valore di <strong>con</strong>dizione la successiva esportazione<br />

degli stessi al di fuori del territorio comunitario.<br />

La Risoluzione 47/E si <strong>con</strong>clude, sottolineando che il richiamo all’art. 176 del<br />

T.U.L.D. è finalizzato esclusivamente ad identificare i servizi oggetto <strong>della</strong><br />

specifica <strong>disciplina</strong> dell’art. 9, comma 1, n. 9), del D.P.R. n. 633/1972,<br />

“risultando ininfluente, ai fini <strong>della</strong> non imponibilità ad IVA, la successiva<br />

destinazione <strong>dei</strong> beni temporaneamente introdotti nel territorio dello Stato”.<br />

Anche le prestazioni di trasporto intracomunitario di beni sono state oggetto di<br />

regolamentazione specifica nel regime transitorio dell’IVA comunitaria; tale<br />

regolamentazione è stata recepita nella normativa interna <strong>con</strong> l’art. 40 del D.L.<br />

n. 331/1993 che ne sintetizza la <strong>disciplina</strong> IVA nei commi 5, 7 e 9.<br />

Ai sensi dell’art. 40, comma 5, “le prestazioni di trasporto intracomunitario di<br />

beni e le relative prestazioni di intermediazione, si <strong>con</strong>siderano effettuate nel<br />

territorio dello Stato se ivi ha inizio la relativa esecuzione a meno che non siano<br />

commesse da soggetto passivo in altro Stato membro; le suddette prestazioni si<br />

<strong>con</strong>siderano in ogni caso effettuate nel territorio dello Stato se il committente<br />

delle stesse è ivi soggetto passivo d’imposta”.<br />

Il successivo comma 7 precisa che “per trasporto intracomunitario di beni si<br />

intende il trasporto, <strong>con</strong> qualsiasi mezzo, di beni <strong>con</strong> luogo di partenza e di arrivo<br />

37


nel territorio di due Stati membri anche se vengono eseguite singole tratte<br />

nazionali nel territorio dello Stato in esecuzione di <strong>con</strong>tratti derivati.<br />

Costituis<strong>con</strong>o, altresì, trasporti intracomunitari le prestazioni di vettoriamento,<br />

rese tramite <strong>con</strong>dutture od elettrodi, di prodotti energetici diretti in altri Stati<br />

membri o da questi provenienti”.<br />

Infine, l’art. 40, comma 9 prevede che “non si <strong>con</strong>siderano effettuate nel<br />

territorio dello Stato le cessioni intracomunitarie di cui all’art. 41 nonché le<br />

prestazioni di servizio, le prestazioni di trasporto intracomunitario, quelle<br />

accessorie e le prestazioni di intermediazione di cui ai commi 4 – bis, 5, 6 e 8<br />

rese a soggetti passivi d’imposta in altro Stato membro”.<br />

Lo specifico sistema delineato nell’art. 40 del D.L. n. 331/1993, al fine di stabilire<br />

il luogo di effettuazione del servizio di trasporto, impone, in primo luogo, di<br />

verificare il luogo ove il trasporto ha avuto inizio, accertando, nel <strong>con</strong>tempo, ove<br />

il committente soggetto passivo IVA ha il proprio domicilio; se il committente ha<br />

il domicilio in uno Stato membro comunitario diverso da quello in cui ha origine il<br />

trasporto, il trasporto si <strong>con</strong>sidera invece effettuato nello Stato in cui il<br />

committente stesso è identificato ai fini IVA; se, invece, il committente è<br />

soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato italiano, la prestazione di<br />

trasporto si <strong>con</strong>sidera in ogni caso effettuata in Italia.<br />

Il meccanismo <strong>disciplina</strong>to dall’art. 40 sopra citato deroga, quindi, in presenza di<br />

trasporti “intracomunitari” di beni (e solo per questi), ai criteri generali di cui<br />

all’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972, in tema di territorialità delle prestazioni di<br />

trasporto.<br />

Per effetto dell’entrata in vigore del regime transitorio dell’IVA comunitaria, <strong>con</strong> il<br />

quale è stato introdotto il <strong>con</strong>cetto di “territorio comunitario”, si è venuta a<br />

creare una netta differenziazione tra trasporti “comunitari”, <strong>disciplina</strong>ti dall’art.<br />

40, commi 5, 7 e 9, del D.L. n. 331/1993 e trasporti non comunitari, <strong>disciplina</strong>ti,<br />

in tema di territorialità, ai sensi del combinato disposto degli artt. 7, comma 4,<br />

lett. c) e 9, comma 1, nn. 1) e 2), del D.P.R. n. 633/1972.<br />

Tale differenziazione è <strong>con</strong>fermata espressamente anche nella C.M. n. 13 del<br />

1994, dove, al paragrafo n. 4.2, viene espressamente affermato che “restano<br />

esclusi dalle suaccennate discipline i trasporti di persone (anche se<br />

intracomunitari) e i trasporti di beni verso Paesi extracomunitari, operazioni che<br />

38


<strong>con</strong>tinuano a essere regolate dalle disposizioni <strong>con</strong>tenute negli artt. 7 e 9 del<br />

D.P.R. n. 633/1972”.<br />

Da ciò <strong>con</strong>segue che la nuova normativa comunitaria non si applica ai trasporti<br />

interni di beni, i quali vengono movimentati esclusivamente nell’ambito del<br />

territorio dello Stato, né ai trasporti di beni in importazione ed esportazione (per<br />

tali prestazioni resta applicabile la <strong>disciplina</strong> ordinaria).<br />

Per individuare il regime IVA di territorialità applicabile, quindi, è necessario<br />

verificare in via preliminare la natura “intracomunitaria” o meno del trasporto di<br />

beni.<br />

Per esplicita previsione normativa, il trasporto intracomunitario di beni viene<br />

identificato nel “trasporto, <strong>con</strong> qualsiasi mezzo, di beni <strong>con</strong> luogo di partenza e di<br />

arrivo nel territorio di due Stati membri”; a nulla rilevando l’eventuale<br />

attraversamento di territorio appartenente a un Paese terzo.<br />

Come precisato al paragrafo n. 4.2, <strong>della</strong> C.M. n. 13/1994, “i trasporti di beni<br />

nell’ambito comunitario sono oggetto di una nuova <strong>disciplina</strong> nel senso che,<br />

rispetto alla previsione normativa dell’articolo 7, quarto comma, lettera c), del<br />

D.P.R. n. 633 del 1972, viene meno il <strong>con</strong>cetto <strong>della</strong> rilevanza territoriale per la<br />

parte di trasporto eseguita nel territorio dello Stato, in quanto gli stessi vengono<br />

presi in <strong>con</strong>siderazione nella loro globalità, cioè a dire dal punto di partenza a<br />

quello di arrivo” (il nuovo <strong>con</strong>cetto di “globalità” del servizio è ribadito anche<br />

dalla R.M. n.89/E/VII-15-999 del 23 aprile 1997).<br />

La stessa Circolare n. 13/1994 specifica inoltre che per “luogo di partenza” si<br />

intende il luogo in cui inizia effettivamente il trasporto <strong>dei</strong> beni e, per “luogo di<br />

arrivo”, il luogo in cui si <strong>con</strong>clude effettivamente il trasporto <strong>dei</strong> beni.<br />

Come si evince dalla norma di cui all’art. 40 del D.L. n. 331/1993, la nozione di<br />

trasporto “intracomunitario” assume <strong>con</strong>notati prettamente oggettivi, essendosi<br />

attribuito decisivo rilievo al fatto materiale del passaggio fisico <strong>dei</strong> beni<br />

trasportati tra gli Stati membri e non avendo attribuito alcuna importanza allo<br />

status soggettivo per prestatore del servizio (comunitario o extracomunitario).<br />

La stessa irrilevanza viene estesa anche all’altro parametro soggettivo,<br />

rappresentato dallo status del committente (comunitario o extracomunitario),<br />

come dimostra lo stesso Ministero delle finanze che, nella Circolare n. 13/1994,<br />

paragrafo n. 4.2, nei casi esaminati alle lettere d) ed e), dimostra di applicare le<br />

39


Normativa<br />

ordinaria del<br />

D.P.R. n. 633/1972<br />

per i trasporti<br />

regole di territorialità dettate dall’art. 40, commi 5 e 7, del D.L. n. 331/1993, pur<br />

in presenza di committente extracomunitario.<br />

Per qualificarsi un trasporto di beni come “intracomunitario”, è dunque<br />

necessario e sufficiente che il trasporto abbia inizio e fine in due diversi Paesi<br />

membri <strong>della</strong> Comunità europea, risultando ininfluente la <strong>con</strong>temporanea<br />

presenza <strong>dei</strong> requisiti soggettivi legati alla <strong>con</strong>dizione di soggetto passivo<br />

identificato ai fini IVA del prestatore del servizio di trasporto e del committente.<br />

Il requisito soggettivo rileva, invece, ai fini degli adempimenti formali di<br />

fatturazione e registrazione <strong>con</strong> le regole di cui agli artt. 46 e 47 del D.L. n.<br />

331/1993.<br />

In altri termini, nel caso di prestatore del servizio o di committente residenti in<br />

Paesi extracomunitari e quindi non registrati ai fini IVA in nessuno Stato<br />

membro, si può fondatamente affermare che, pur <strong>con</strong>figurandosi prestazioni di<br />

trasporto di beni intracomunitarie e, quindi, “sostanzialmente” comunitarie ai fini<br />

dell’art. 40, commi 5 e 7, le stesse non sono “tecnicamente” prestazioni di servizi<br />

comunitarie agli effetti <strong>della</strong> fatturazione attiva e passiva (art. 46, commi 1 e 2)<br />

e <strong>della</strong> registrazione (art. 47) se<strong>con</strong>do la normativa di cui al D.L. n. 331/1993.<br />

Ai fini dell’applicazione <strong>della</strong> normativa “ordinaria” o “comunitaria” ai servizi di<br />

trasporto di beni, in tema di territorialità delle prestazioni, si rende, quindi,<br />

necessario verificare preliminarmente le modalità di esecuzione del trasporto: se<br />

il trasporto avviene tra due Stati membri comunitari si applica il regime IVA<br />

specifico comunitario; se, invece, il trasporto riguarda beni in importazione o in<br />

esportazione (oppure movimentati esclusivamente in Italia) si applica la<br />

normativa ordinaria di cui al D.P.R. n. 633/1972.<br />

Oltre ai trasporti di beni che iniziano oppure terminano in uno Stato estero non<br />

appartenente alla Comunità europea, sono soggetti alla normativa ordinaria di<br />

cui al combinato disposto degli artt. 7, comma 4, lett. c) e 9, comma 1, n. 2),<br />

del D.P.R. n. 633/1972 anche i trasporti interni, relativi a beni che vengono<br />

trasferiti comunque nell’ambito del territorio dello Stato.<br />

Ai sensi dell’art. 7, quarto comma, lett. c), del D.P.R. n. 633/1972: “le<br />

prestazioni di trasporto si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello Stato in<br />

proporzione alla distanza ivi percorsa” (criterio di territorialità “proporzionale”).<br />

Ai sensi dell’art. 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972, sono ricompresi tra i<br />

“servizi internazionali o <strong>con</strong>nessi agli scambi internazionali” non imponibili ai fini<br />

40


IVA “i trasporti relativi a beni in esportazione, in transito o in importazione<br />

temporanea, nonché i trasporti relativi a beni in importazione i cui corrispettivi<br />

sono assoggettati all’imposta a norma del primo comma dell’art. 69”.<br />

Sulla base del <strong>con</strong>tenuto <strong>della</strong> previsione normativa sopra riportata, pertanto, è<br />

opportuno suddividere le fattispecie di trasporto assoggettate al regime di non<br />

imponibilità come segue:<br />

1. trasporti relativi a beni in esportazione, transito e temporanea<br />

importazione;<br />

2. trasporti relativi a beni in importazione definitiva i cui corrispettivi sono<br />

stati assoggettati ad IVA al momento dello sdoganamento presso la<br />

dogana di entrata nel territorio <strong>della</strong> Comunità europea.<br />

Quanto ai trasporti di cui al punto 2, occorre, infatti, richiamare la disposizione<br />

specifica di cui all’art. 69, comma 1, primo capoverso, del D.P.R. n. 633/1972 il<br />

quale, stabilisce espressamente che: “l’imposta è commisurata, <strong>con</strong> le aliquote<br />

indicate nell’art. 16, al valore <strong>dei</strong> beni importati, determinato ai sensi delle<br />

disposizioni in materia doganale, aumentato dell’ammontare <strong>dei</strong> diritti doganali<br />

dovuti, ad eccezione dell’imposta sul valore aggiunto, nonché dell’ammontare<br />

delle spese d’inoltro fino al luogo di destinazione all’interno del territorio <strong>della</strong><br />

Comunità che figura sul documento di trasporto sotto la cui scorta i beni sono<br />

introdotti nel territorio medesimo”.<br />

Per i trasporti di cui al precedente punto 1, opera il criterio di “territorialità<br />

proporzionale”; da ciò <strong>con</strong>segue che la tratta di trasporto effettuata al di fuori del<br />

territorio dello Stato è irrilevante ai fini <strong>della</strong> territorialità e da ciò deriva che i<br />

relativi corrispettivi sono fuori del campo applicativo dell’IVA.<br />

La tratta di trasporto effettuata all’interno del territorio dello Stato è invece<br />

rilevante ai fini <strong>della</strong> territorialità ed ai relativi corrispettivi si applica il regime di<br />

“non imponibilità” ex art. 9, comma 1, n.2), del D.P.R. n. 633/1972.<br />

Tale meccanismo applicativo è stato più volte ribadito dal Ministero delle finanze<br />

(cfr., in tal senso, R.M. n. 427246 del 3 ottobre 1985; R.M. n. 425079 del 27<br />

41


marzo 1984; R.M. n. 391059 del 23 marzo 1983; R.M. n. 420136 del 15 febbraio<br />

1980).<br />

Come emerge dallo schema proposto, solo la tratta “interna” è <strong>con</strong>siderata<br />

rientrante nel regime applicativo dell’IVA, anche se il relativo corrispettivo è non<br />

imponibile ai sensi dell’art. 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972 e,<br />

limitatamente ad essa, sorgono gli obblighi di fatturazione e registrazione del<br />

corrispettivo non imponibile.<br />

Nel caso in cui le prestazioni di trasporto, per la tratta effettuata in Italia, siano<br />

eseguite da un soggetto non residente che non ha una stabile organizzazione (o<br />

un rappresentante fiscale appositamente nominato) nel territorio dello Stato, gli<br />

adempimenti <strong>con</strong>tabili di fatturazione e registrazione dovranno essere osservati<br />

dal soggetto e<strong>con</strong>omico committente nazionale mediante emissione di<br />

“autofattura” per l’importo non imponibile, ai sensi del combinato disposto degli<br />

artt. 17, comma 3 e 21, comma 5, del D.P.R. n. 633/1972.<br />

Come si può notare, da tale meccanismo applicativo del regime IVA deriva la<br />

necessità di redigere <strong>con</strong> precisione e <strong>con</strong> gli opportuni riferimenti normativi la<br />

fattura relativa al trasporto, <strong>con</strong> l’ulteriore complicazione di scomporre il<br />

corrispettivo complessivo in due diverse “parti”, quella esclusa da IVA e quella<br />

non imponibile.<br />

Al riguardo, in assenza di prescrizioni normative, il Ministero delle finanze si è<br />

limitato a ri<strong>con</strong>oscere le obiettive difficoltà pratiche di determinare esattamente<br />

l’entità del trasporto <strong>con</strong>nesso alle singole tratte ed ha individuato in via<br />

interpretativa, per casi specifici, percentuali forfetarie idonee a quantificare le<br />

tratte di trasporto che si <strong>con</strong>siderano come percorse all’interno del territorio dello<br />

Stato (per i trasporti internazionali marittimi, è stata stabilita la misura del 5%<br />

dell’intero trasporto; cfr., in tal senso, C.M. n. 11/420390 del 7 marzo 1980;<br />

R.M. n. 390427 del 31 ottobre 1983 e R.M. n. 427246 del 3 ottobre 1985;<br />

mentre è stata fatta pari al 38% dell’intero trasporto la tratta interna per i servizi<br />

internazionali di trasporto aereo; cfr., R.M. n. 89/E/VII – 15 – 999 del 23 aprile<br />

1997).<br />

Deve, inoltre, essere sottolineato che il regime di “non imponibilità” di cui al più<br />

volte citato art. 9 si applica esclusivamente ai trasporti internazionali, quelli cioè<br />

relativi ad operazioni di esportazione, transito od importazione temporanea, la<br />

42


Servizi di<br />

trasporto di beni<br />

nei <strong>rapporti</strong> <strong>con</strong><br />

San Marino<br />

cui effettuazione deve essere opportunamente dimostrata per giustificare il<br />

mancato assoggettamento ad IVA.<br />

Quanto al problema rappresentato dall’onere probatorio, in un primo tempo il<br />

Ministero delle finanze affermò che il vettore doveva indicare, sulle fatture<br />

relative ai servizi di trasporto di beni in esportazione , gli “estremi <strong>della</strong> bolletta<br />

doganale di esportazione <strong>con</strong>cernente i beni trasportati” (C.M. n. 62/ 539917 del<br />

3 novembre 1973); successivamente, è stato precisato che tali indicazioni non<br />

sono obbligatorie, ma opportune, essendo finalizzate a facilitare un rapido<br />

<strong>con</strong>trollo sulla legittimità del regime di non imponibilità ai fini IVA (sul punto si<br />

vedano la R.M. n. 520938 del 3 maggio 1976; la R.M. n. 411770 del 22 marzo<br />

1977 e la R.M. n. 392245 del 1° giugno 1983).<br />

Per i trasporti di cui al punto 2), relativi a beni in importazione definitiva, oltre al<br />

criterio di “territorialità proporzionale” già esaminato in precedenza, trova<br />

applicazione un altro importante principio, in base al quale il regime di non<br />

imponibilità per i corrispettivi relativi alla tratta “interna” è fruibile<br />

esclusivamente nei limiti di importo in cui i corrispettivi stessi sono assoggettati<br />

ad IVA a norma dell’art. 69, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972.<br />

Con la modifica apportata al sopra citato articolo per effetto <strong>della</strong> legge 18<br />

febbraio 1997, n. 28, <strong>con</strong> la quale sono state recepite le disposizioni comunitarie<br />

introdotte <strong>con</strong> la Direttiva 95/7/CE del 5 aprile 1995, è stato previsto che nel<br />

valore delle merci oggetto di sdoganamento presso la dogana di entrata nel<br />

territorio comunitario, devono essere comprese anche le spese di inoltro fino al<br />

luogo di destinazione all’interno dello Stato membro risultante dal documento di<br />

trasporto.<br />

Come già nel caso delle intermediazioni, anche per i servizi di trasporto si ritiene<br />

utile completare il quadro <strong>della</strong> <strong>disciplina</strong> esaminando il trattamento delle<br />

prestazioni in questione nei <strong>rapporti</strong> <strong>con</strong> operatori di San Marino.<br />

Un esempio in cui emergono aspetti peculiari dovuti all’intervento nell’operazione<br />

di soggetti sammarinesi, è rappresentato dai servizi di trasporto di beni da San<br />

Marino all’Italia.<br />

In questo caso, occorre sottolineare che non sussistono i presupposti per<br />

<strong>con</strong>figurare un trasporto intracomunitario, dal momento che, ai sensi di quanto<br />

previsto dall’art. 40, comma 7, del D.L. n. 331/1993, “per trasporto<br />

43


intracomunitario di beni si intende il trasporto, <strong>con</strong> qualsiasi mezzo, di beni <strong>con</strong><br />

luogo di partenza e di arrivo nel territorio di due Stati membri”.<br />

Non potendosi applicare la <strong>disciplina</strong> comunitaria, in quanto San Marino non<br />

appartiene al territorio fiscale europeo, la normativa di riferimento è costituita<br />

dal combinato disposto degli artt. 7, comma 4, lett. c) e 9, comma 1, n. 2), del<br />

D.P.R. n. 633/1972.<br />

Ai fini IVA, pertanto, rileva solo la tratta di percorso effettuata in Italia, in base<br />

al principio di territorialità proporzionale statuito nella lett. c) del quarto comma<br />

dell’art. 7, anche se l’imposta potrebbe risultare non applicabile in base al<br />

disposto dell’art. 9, comma 1, n. 2), il quale prevede il regime di non imponibilità<br />

per i servizi internazionali di trasporto di beni.<br />

Tale ultima norma, tuttavia, stabilisce che costituis<strong>con</strong>o servizi internazionali i<br />

trasporti di beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea,<br />

“nonché i trasporti relativi a beni in importazione i cui corrispettivi sono<br />

assoggettati all’imposta a norma del primo comma dell’art. 69”. Il beneficio <strong>della</strong><br />

non imponibilità spetta, quindi, limitatamente ai corrispettivi sui quali è stata<br />

liquidata l’IVA in dogana all’atto dell’ importazione definitiva <strong>dei</strong> beni nel<br />

territorio dello Stato.<br />

Ai sensi dell’art. 69, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, l’IVA è calcolata sul<br />

valore <strong>dei</strong> beni oggetto d’importazione, aumentato dell’importo <strong>dei</strong> diritti<br />

doganali dovuti “nonché dell’ammontare delle spese di inoltro fino al luogo di<br />

destinazione all’interno del territorio <strong>della</strong> Comunità”; fra le “spese di inoltro”<br />

rientrano, per espressa previsione ministeriale (C.M. n. 145/E del 10 giugno<br />

1998, par. 2.2), anche le prestazioni di trasporto.<br />

Nei <strong>rapporti</strong> <strong>con</strong> San Marino aventi ad oggetto cessioni o acquisti di beni,<br />

sebbene si tratti di operazioni di esportazione ed importazione (sulla base di<br />

quanto previsto dalla normativa di cui all’art. 71 del D.P.R. n. 633/1972 e del<br />

D.M. 24 dicembre 1993), non è tuttavia previsto l’intervento <strong>della</strong> dogana, <strong>con</strong> la<br />

<strong>con</strong>seguenza che non si dà luogo alla determinazione <strong>della</strong> base imponibile <strong>con</strong> le<br />

regole del citato art. 69, il quale si applica alle sole introduzioni di beni per le<br />

quali vengono espletate le pratiche doganali d’importazione definitiva.<br />

Ne deriva che, per le prestazioni di trasporto di beni provenienti da San Marino<br />

(territorialmente rilevanti in Italia ai sensi dell’art. 7, comma 4, lett. c), risulta<br />

44


dovuta l’imposta <strong>con</strong> l’aliquota ordinaria, non essendo applicabile il regime di non<br />

imponibilità di cui all’art. 9, comma 1, n. 2), e ciò nonostante che l’introduzione<br />

<strong>dei</strong> beni nel territorio dello Stato realizzi, ai fini fiscali, un’importazione definitiva.<br />

Una rigorosa interpretazione letterale dell’art. 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. n.<br />

633/1972, potrebbe dunque implicare fenomeni di doppia imposizione quando il<br />

vettore nazionale fattura <strong>con</strong> IVA il trasporto al committente sammarinese (per<br />

la tratta italiana) e, quest’ultimo (che è anche il cedente), addebita il costo del<br />

trasporto al cliente italiano acquirente <strong>dei</strong> beni. In questo caso, infatti,<br />

l’operatore e<strong>con</strong>omico residente, in presenza di acquisti da San Marino, assolve<br />

l’IVA sull’importo complessivo rappresentato dal prezzo <strong>dei</strong> beni e dal costo<br />

accessorio del trasporto. Tale distonia richiederebbe, pertanto, un intervento<br />

interpretativo da parte dell’Amministrazione finanziaria.<br />

I principali casi relativi ai servizi di trasporto di beni che prevedono l’intervento<br />

di operatori sammarinesi, in veste di vettori o di committenti, sono riportati nella<br />

seguente tabella, completa <strong>dei</strong> riferimenti normativi alla <strong>disciplina</strong> dell’IVA<br />

interna ed intracomunitaria applicabili alle diverse fattispecie.<br />

45


Vettore Committente<br />

R.S.M. ITA<br />

R.S.M. ITA<br />

R.S.M. ITA<br />

R.S.M. ITA<br />

R.S.M. ITA<br />

ITA R.S.M.<br />

ITA R.S.M.<br />

ITA R.S.M.<br />

Operazione di<br />

riferimento<br />

Trasporto<br />

ITA/CE<br />

Trasporto<br />

ITA/ITA<br />

Trasporto<br />

ITA/R.S.M. o<br />

ITA/EXTRACE<br />

Trasporto<br />

R.S.M./ITA<br />

Trasporto<br />

EXTRACE/ITA<br />

Trasporto<br />

R.S.M./ITA<br />

Trasporto<br />

ITA/R.S.M. o<br />

ITA/EXTRACE<br />

Trasporto<br />

ITA/CE<br />

46<br />

IVA e fatturazione Riferimenti<br />

IVA in Italia<br />

autofattura<br />

IVA in Italia<br />

autofattura per intero<br />

corrispettivo<br />

Autofattura non<br />

imponibile per la tratta in<br />

Italia *<br />

Autofattura <strong>con</strong> IVA<br />

per la tratta in Italia *<br />

Autofattura non<br />

imponibile o <strong>con</strong> IVA<br />

per la tratta in Italia **<br />

Fattura <strong>con</strong> IVA<br />

per la tratta in Italia*<br />

Fattura non imponibile<br />

per la tratta in Italia*<br />

Fattura <strong>con</strong> IVA<br />

per l’intero corrispettivo<br />

***<br />

art. 40, c. 5 e 7,<br />

D.L. 331/1993<br />

art. 7, c. 4, lett. c)<br />

art. 7, c. 4, lett. c)<br />

e art. 9, c. 1, n. 2)<br />

art. 7, c. 4, lett. c)<br />

art. 7, c. 4, lett. c)<br />

e art. 9, c. 1, n. 2)<br />

art. 7, c. 4, lett. c)<br />

art. 7, c. 4, lett. c)<br />

e art. 9, c. 1, n. 2)<br />

art. 40, c. 5 e 7,<br />

D.L. 331/1993<br />

* La tratta relativa al trasporto fuori del territorio nazionale è irrilevante ai fini IVA.<br />

** Il regime di non imponibilità è applicabile limitatamente ai corrispettivi assoggettabili ad IVA<br />

a norma del primo comma dell’art. 69 del D.P.R. n. 633/1972.<br />

*** In mancanza di un committente soggetto passivo IVA in uno Stato membro comunitario, il<br />

servizio si <strong>con</strong>sidera interamente effettuato nel territorio dello Stato se ivi ha inizio<br />

l’esecuzione del trasporto.


CESSIONI INTRACOMUNITARIE<br />

Il regime transitorio IVA degli scambi intracomunitari <strong>disciplina</strong> in modo specifico<br />

sia le cessioni di beni che le prestazioni di servizi nell’ambito del D.L. n.<br />

331/1993 e, in particolare, le seguenti operazioni effettuate tra operatori<br />

e<strong>con</strong>omici nazionali e soggetti residenti (o identificati ai fini IVA) in altri Stati<br />

membri dell’Unione Europea:<br />

1. cessioni di beni mobili materiali spediti o trasportati dall’Italia in altro<br />

Stato membro (art. 41, primo comma);<br />

2. acquisti di beni mobili materiali spediti o trasportati da un altro Stato<br />

membro in Italia (art. 38, commi 1 e 2);<br />

3. servizi intracomunitari appartenenti esclusivamente a quattro tipologie di<br />

prestazioni:<br />

prestazioni di servizi relative a beni mobili, sinteticamente indicate<br />

come lavorazioni intracomunitarie (art. 40, comma 4-bis);<br />

prestazioni di trasporto intracomunitario di beni e relative<br />

prestazioni di intermediazione (art. 40, commi 5 e 7);<br />

prestazioni accessorie ai servizi di trasporto intracomunitario di beni<br />

e relative prestazioni di intermediazione (art. 40, comma 6);<br />

prestazioni di intermediazione (agenzia, rappresentanza,<br />

mediazione, procacciamento d’affari) relative ad operazioni su beni<br />

mobili (tipicamente cessioni ed acquisti) (art. 40, comma 8).<br />

Per quanto <strong>con</strong>cerne le operazioni di cui ai punti 1) e 2), aventi ad oggetto le<br />

transazioni su beni mobili, il D.L. n. 331/1993 prevede una <strong>disciplina</strong> specifica, la<br />

quale risulta applicabile solo al verificarsi di determinati requisiti. Tali requisiti<br />

47


Identificazione<br />

ai fini IVA di<br />

entrambi gli<br />

operatori<br />

non sono tutti facilmente desumibili dal tenore letterale delle norme relative, e,<br />

per individuarli, occorre fare riferimento anche alla prassi interpretativa di fonte<br />

ministeriale; in particolare, risultano utili allo scopo la Circolare n. 13/E del 23<br />

febbraio 1994 e la Risoluzione n. 127/E del 7 settembre 1998. I requisiti<br />

soggettivi e oggettivi da verificare tutti <strong>con</strong>temporaneamente, in modo tassativo,<br />

per <strong>con</strong>figurare cessioni ed acquisti intracomunitari sono i seguenti:<br />

1. onerosità dell’operazione relativa a beni mobili materiali;<br />

2. trasferimento del diritto di proprietà (o di altro diritto reale) sui beni;<br />

3. effettiva movimentazione <strong>dei</strong> beni, <strong>con</strong> partenza da uno Stato membro ed<br />

arrivo a destinazione in altro Stato membro dell’U.E.;<br />

4. “status” di operatore e<strong>con</strong>omico, identificato ai fini IVA, di entrambe le<br />

parti (venditore ed acquirente);<br />

5. A tali requisiti, si deve aggiungere un altro pre-requisito, costituito dalla<br />

natura “comunitaria” <strong>dei</strong> beni oggetto delle transazioni. La rilevanza di<br />

tale ulteriore pre-requisito si desume chiaramente dal <strong>con</strong>tenuto <strong>della</strong><br />

Risoluzione n. 127/E del 7 settembre 1998, nella quale è sottolineato che,<br />

“per la realizzazione di operazioni intracomunitarie (sia acquisti che<br />

cessioni) assume rilevanza, tra l’altro, la circostanza che oggetto <strong>della</strong><br />

transazione sia un bene originario <strong>della</strong> comunità o ivi immesso in libera<br />

pratica”.<br />

Ai fini <strong>della</strong> <strong>con</strong>figurazione di una transazione intracomunitaria è necessario, in<br />

via generale, che il venditore e l’acquirente siano entrambi operatori e<strong>con</strong>omici<br />

identificati ai fini IVA nei rispettivi Stati membri di residenza. Lo “status”<br />

giuridico di soggetto passivo IVA è un requisito fondamentale nel meccanismo<br />

applicativo dell’imposta e, per tale motivo, esso ha formato oggetto di particolare<br />

attenzione da parte del legislatore nazionale tanto che, nell’art. 50, commi 1 e 2,<br />

del D.L. n. 331/1993, vengono previsti specifici obblighi ai fini di una sua<br />

puntuale verifica. Il primo comma dell’art. 50 sopra citato, stabilisce che le<br />

cessioni di beni e le prestazioni di servizi intracomunitarie sono effettuate senza<br />

applicazione dell’imposta nei <strong>con</strong>fronti di cessionari o committenti che abbiano<br />

comunicato “il numero di identificazione agli stessi attribuito dallo Stato membro<br />

di appartenenza”. L’operatore e<strong>con</strong>omico residente deve, quindi, verificare che il<br />

partner estero comunitario sia un soggetto IVA e, avuta comunicazione del suo<br />

48


Requisito<br />

dell’onerosità<br />

numero di identificazione, deve rivolgersi all’Amministrazione finanziaria<br />

(Agenzia delle entrate) che, su presentazione di specifica richiesta, ai sensi del<br />

se<strong>con</strong>do comma dello stesso art. 50, “<strong>con</strong>ferma la validità del numero di<br />

identificazione attribuito al cessionario o committente da altro Stato membro<br />

<strong>della</strong> Comunità e<strong>con</strong>omica europea, nonché i dati relativi alla ditta,<br />

denominazione o ragione sociale, e in mancanza, al nome e al cognome”.<br />

E’ inoltre necessario <strong>con</strong>trollare periodicamente che i codici identificativi degli<br />

operatori comunitari, inizialmente verificati, mantengano la loro validità anche in<br />

futuro. A tal fine, in alternativa alla procedura ordinaria presso l’Agenzia delle<br />

entrate, i <strong>con</strong>trolli periodici potrebbero essere effettuati anche collegandosi al<br />

sito Internet dell’Agenzia (http://www1.agenziaentrate.it/servizi/vies/vies.htm).<br />

Quest’ultimo è uno strumento informativo parziale che, sebbene utile nella prassi<br />

operativa e nel dimostrare la buona fede dell’operatore nazionale, non ha la<br />

stessa valenza probatoria <strong>della</strong> procedura ordinaria <strong>con</strong> l’intervento diretto degli<br />

Uffici fiscali. Al riguardo, si segnalano comunque alcune “aperture” da parte<br />

dell’Amministrazione finanziaria che <strong>con</strong>fermano la validità delle procedure<br />

informatiche se correttamente utilizzate (cfr., nota <strong>della</strong> Direzione Regionale<br />

dell’Emilia Romagna dell’8 novembre 2001). Il requisito <strong>della</strong> soggettività IVA di<br />

entrambi gli operatori e<strong>con</strong>omici coinvolti nella transazione commerciale soffre di<br />

limitate deroghe; una di queste, è quella relativa alle cessioni (o acquisti) a titolo<br />

oneroso di mezzi di trasporto nuovi trasportati o spediti in altro Stato membro<br />

dai cedenti o dagli acquirenti, ovvero per loro <strong>con</strong>to, anche se non effettuate<br />

nell’esercizio di imprese, arti o professioni e anche se l’acquirente non è soggetto<br />

passivo d’imposta (o il cedente non è soggetto d’imposta).<br />

Tra i requisiti oggettivi assume particolare rilievo quello dell’onerosità <strong>della</strong><br />

cessione. Non verificandosi tale requisito, la cessione (così come l’acquisto) non<br />

può infatti qualificarsi come intracomunitaria, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza che risulta del<br />

tutto inapplicabile la <strong>disciplina</strong> di cui al D.L. n. 331/1993.<br />

In caso di cessioni a titolo gratuito, come avviene per le spedizioni di beni in<br />

omaggio o di campioni gratuiti, si deve, pertanto, applicare la normativa interna<br />

specifica per tali tipologie di cessioni di cui al D.P.R. n. 633/1972. In sintesi, si<br />

avrà che, per gli omaggi le cui cessioni siano rilevanti ai fini IVA ai sensi dell’art.<br />

2, comma 2, n. 4), del citato decreto (ad esempio quelli di propria produzione o<br />

commercio), dovrà essere corrisposto il tributo <strong>con</strong> le regole interne; per i<br />

49


Trasferimento<br />

<strong>dei</strong> beni tra Stati<br />

membri<br />

Sentenze <strong>della</strong><br />

Corte di giustizia<br />

campioni gratuiti di modico valore appositamente <strong>con</strong>trassegnati, si <strong>con</strong>figura,<br />

invece, una cessione fuori campo applicativo IVA ex art. 2, comma 3, lett. d), del<br />

medesimo decreto 633/1972.<br />

Un ulteriore requisito per poter applicare il regime di non imponibilità previsto<br />

per le cessioni intracomunitarie, è costituito dall’effettivo trasferimento <strong>dei</strong> beni, i<br />

quali devono essere trasportati o spediti nel territorio di un altro Stato membro<br />

diverso da quello di partenza.<br />

La verifica di tale requisito impone agli operatori interessati la soluzione <strong>della</strong><br />

problematica rappresentata dalle prove da fornire all’Amministrazione finanziaria<br />

in sede di <strong>con</strong>trollo delle operazioni. Il <strong>con</strong>trollo sulla legittima applicazione del<br />

regime di non imponibilità per le operazioni poste in essere tra operatori<br />

e<strong>con</strong>omici, <strong>con</strong> assolvimento dell’imposta nello Stato membro di destinazione <strong>dei</strong><br />

beni, si presenta infatti particolarmente difficile, anche <strong>con</strong>siderando l’assenza di<br />

barriere doganali all’interno del territorio comunitario. In tale <strong>con</strong>testo, è intuibile<br />

comprendere la grande attenzione posta dagli organi di verifica, soprattutto negli<br />

ultimi anni, sulle prove dell’effettivo trasferimento <strong>dei</strong> beni, non risultando<br />

certamente sufficienti gli adempimenti previsti dalla normativa specifica, operanti<br />

sul piano formale. La richiesta di <strong>con</strong>ferma del codice identificativo IVA del<br />

partner <strong>con</strong>trattuale comunitario e la compilazione <strong>dei</strong> modelli Intrastat non<br />

offrono, infatti, sufficienti garanzie per <strong>con</strong>trastare efficacemente il fenomeno<br />

delle frodi IVA.<br />

L’assenza di disposizioni specifiche in materia di prove per le cessioni<br />

intracomunitarie, nella normativa nazionale e comunitaria, è stata in parte<br />

mitigata dalle recenti pronunce <strong>della</strong> Corte di giustizia e dai primi interventi<br />

interpretativi dell’Amministrazione finanziaria.<br />

Con le sentenze emesse in data 27 settembre 2007, nei procedimenti C - 146/05<br />

(causa “Albert Collèe”), C - 184/05 (causa “Twoh International BV”) e C - 409/04<br />

(causa “Teleos plc”), la Corte di giustizia si è pronunciata su problematiche<br />

attinenti le prove delle cessioni intracomunitarie, sebbene in riferimento a<br />

fattispecie diverse.<br />

50


In particolare, la sentenza relativa al caso “Teleos” (procedimento C - 409/04)<br />

riguarda specificamente il caso di cessioni intracomunitarie effettuate <strong>con</strong><br />

termine di resa “ex works” (Incoterms 2000). Con la citata sentenza, vengono<br />

delineati alcuni principi fondamentali che possono legittimamente assumersi<br />

come precisi riferimenti interpretativi per poter affrontare la problematica delle<br />

prove delle cessioni intracomunitarie, nonché quella, ad essa <strong>con</strong>nessa, del<br />

rapporto tra la buona fede degli operatori e la dimostrazione del loro<br />

coinvolgimento o meno nella partecipazione a frodi comunitarie.<br />

L’esame <strong>della</strong> pronuncia <strong>dei</strong> giudici comunitari <strong>con</strong>sente di “fissare” alcuni<br />

principi:<br />

1. il regime di non imponibilità per le cessioni intracomunitarie di beni è<br />

applicabile quando il fornitore prova che gli stessi sono stati spediti o<br />

trasportati in altro Stato membro; è dunque il fornitore il soggetto a cui<br />

incombe l’onere <strong>della</strong> prova (punto 42);<br />

2. spetta agli Stati membri fissare le <strong>con</strong>dizioni per l’applicazione del regime<br />

di non imponibilità delle cessioni intracomunitarie, ma, nell’esercizio <strong>dei</strong><br />

poteri <strong>con</strong>feriti dalle direttive, ciò deve avvenire nel rispetto <strong>dei</strong> principi<br />

generali dell’ordinamento giuridico comunitario, quali i principi di certezza<br />

del diritto e di proporzionalità (punto 45);<br />

3. i provvedimenti che possono adottare gli Stati membri per assicurare la<br />

riscossione dell’imposta ed evitare le frodi, non possono essere utilizzati<br />

in modo tale da mettere in discussione la neutralità dell’IVA (punto 46).<br />

Quale naturale <strong>con</strong>seguenza del principio <strong>della</strong> certezza del diritto, nella sentenza<br />

citata viene sottolineata la necessità che i soggetti passivi “abbiano <strong>con</strong>oscenza<br />

<strong>dei</strong> loro obblighi fiscali prima di <strong>con</strong>cludere un’operazione” (punto 48).<br />

Quanto al principio di proporzionalità, la Corte, in <strong>con</strong>formità al <strong>con</strong>solidato<br />

orientamento giurisprudenziale espresso in sede comunitaria, ribadisce che i<br />

provvedimenti adottati dagli Stati membri per raggiungere efficacemente<br />

l’obbiettivo di tutelare il diritto erariale alla riscossione dell’imposta, “non devono<br />

eccedere quanto è necessario a tal fine”(punto 53).<br />

51


In merito al principio di neutralità, infine, viene evidenziato, che esso osta a che<br />

operazioni analoghe, “che si trovano quindi in <strong>con</strong>correnza tra di loro, siano<br />

trattate in maniera diversa sotto il profilo dell’Iva” (punto 59).<br />

Le Amministrazioni <strong>dei</strong> singoli Stati membri devono quindi mettere i soggetti<br />

passivi nella <strong>con</strong>dizione di applicare le norme <strong>con</strong>oscendone a priori la relativa<br />

<strong>disciplina</strong> e senza addossare agli stessi oneri probatori eccessivi, spropositati<br />

rispetto all’esigenza di tutela <strong>della</strong> riscossione dell’imposta ed al <strong>con</strong>trasto <strong>della</strong><br />

frode fiscale.<br />

Sulla base di tali presupposti, la sentenza (caso “Teleos”) giunge alla <strong>con</strong>clusione<br />

che le Autorità fiscali degli Stati membri non sono autorizzate a dis<strong>con</strong>oscere<br />

l’applicazione del regime di non imponibilità <strong>della</strong> cessione intracomunitaria di<br />

beni quando, in presenza di prove esteriormente e formalmente valide acquisite<br />

dal fornitore, le stesse, a successivi <strong>con</strong>trolli, si rivelano false “senza che risulti<br />

tuttavia provata la partecipazione del fornitore medesimo alla frode fiscale, nella<br />

misura in cui ha adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere al fine di<br />

assicurasi che la cessione intracomunitaria effettuata non lo <strong>con</strong>ducesse a<br />

partecipare ad una frode siffatta”.<br />

La Corte di giustizia, quindi, ha privilegiato la buona fede del <strong>con</strong>tribuente che ha<br />

adottato tutte le precauzioni del caso, rientranti nelle sue possibilità, per<br />

sincerarsi che il trasferimento fisico <strong>dei</strong> beni avvenisse realmente; nel caso di<br />

specie, la società fornitrice (Teleos) aveva effettuato ricerche serie ed<br />

approfondite sull’affidabilità <strong>dei</strong> soggetti coinvolti nell’operazione (acquirente<br />

comunitario e gestore del deposito); inoltre, posto che le vendite avvenivano <strong>con</strong><br />

utilizzo del termine di resa “franco fabbrica” (“ex works” se<strong>con</strong>do gli Incoterms<br />

2000), per avere dimostrazione dell’avvenuto trasporto (su strada) <strong>dei</strong> beni<br />

all’estero, il fornitore richiedeva l’originale firmato <strong>della</strong> lettera di vettura (CMR).<br />

La buona fede dell’operatore e la sua estraneità alla frode fiscale, devono però<br />

essere dimostrate dal suo comportamento, rispettoso degli adempimenti legali e<br />

formali relativi alle cessioni intracomunitarie nonchè volto all’acquisizione di dati,<br />

informazioni e documenti idonei a rassicurarlo sulla ragionevole certezza che i<br />

beni venduti siano stati effettivamente trasferiti in altro Stato membro.<br />

La sentenza, pur stabilendo principi interpretativi di assoluta rilevanza, non entra<br />

nel dettaglio delle prove, lasciando, di fatto, ampi margini discrezionali alle<br />

Amministrazioni fiscali degli Stati membri. Al riguardo, infatti, né la sesta<br />

Direttiva IVA, nel testo vigente fino al 2006, né la Direttiva n. 2006/112/CE<br />

52


attualmente in vigore, <strong>con</strong>tengono disposizioni specifiche che permettano di<br />

individuare quali mezzi può utilizzare il <strong>con</strong>tribuente per assolvere tale onere<br />

probatorio, spettando “agli Stati membri fissare le <strong>con</strong>dizioni per esentare le<br />

cessioni intracomunitarie <strong>dei</strong> beni” (sentenza Twoh International BV, C - 184/05,<br />

punto 25).<br />

Ulteriore compito dell’interprete, pertanto, è quello di identificare quali sono<br />

quelle misure “ragionevoli” che il fornitore deve raccogliere, nell’ambito <strong>dei</strong><br />

poteri a sua disposizione.<br />

Partendo dalla <strong>con</strong>siderazione che l’operatore e<strong>con</strong>omico non ha certamente i<br />

poteri istruttori e le capacità d’indagine dell’Amministrazione fiscale, la<br />

valutazione <strong>dei</strong> mezzi a sua disposizione dovrebbe essere <strong>con</strong>finata nell’ottica<br />

<strong>della</strong> diligenza che i soggetti e<strong>con</strong>omici devono avere nello svolgimento delle loro<br />

attività. Quanto alla ragionevolezza delle misure da adottare, la stessa dovrebbe<br />

essere “dimensionata” sul singolo caso, a se<strong>con</strong>da <strong>della</strong> <strong>con</strong>troparte <strong>con</strong>trattuale,<br />

<strong>della</strong> natura, <strong>con</strong>tinuativa o sporadica <strong>dei</strong> <strong>rapporti</strong>, <strong>della</strong> tipologia <strong>dei</strong> mezzi di<br />

pagamento proposti dall’acquirente e dell’esistenza o meno di elementi indiziari<br />

che possano indurre a dubitare delle reali intenzioni dell’acquirente stesso.<br />

Nella sentenza sul caso Teleos, inoltre, la Corte di Giustizia sottolinea la<br />

necessità per il fornitore di adottare tutte le misure ragionevoli in suo potere,<br />

mostrando, si ritiene, di riferirsi ad un <strong>con</strong>cetto di diligenza “qualificata” e,<br />

quindi, non appiattita sui comportamenti e sulle procedure normalmente<br />

utilizzate nella prassi operativa ordinaria.<br />

In sostanza, sulla base di quanto emerge dal <strong>con</strong>tenuto delle predette sentenze<br />

e, soprattutto, da quella relativa al caso Teleos (procedimento C - 409/04), il<br />

fornitore che si accinge ad effettuare una cessione intracomunitaria dovrebbe<br />

aumentare la sua soglia di attenzione quando: si tratta di un cliente nuovo; sono<br />

proposte modalità anomale di pagamento; si tratta di operazioni articolate e<br />

complesse quanto alle modalità di trasporto ed al numero <strong>dei</strong> soggetti coinvolti.<br />

La situazione in cui il fornitore si trova ad allacciare <strong>rapporti</strong> commerciali <strong>con</strong> un<br />

nuovo cliente, del quale non sono note la serietà commerciale, l’affidabilità e la<br />

correttezza nel modo di operare, potrebbe rendere opportuno acquisire, oltre al<br />

codice di identificazione IVA, anche il certificato di attribuzione <strong>della</strong> partita IVA,<br />

nonché la documentazione equivalente ad una visura camerale rilasciata dalle<br />

53


Interpretazione<br />

ministeriale<br />

Autorità competenti dello Stato membro del cliente, oppure un certificato del<br />

Tribunale o di altro organo giurisdizionale competente, al fine di acquisire<br />

ulteriori dati relativi alla composizione dell’organo amministrativo, alle<br />

dimensioni ed all’operatività <strong>della</strong> <strong>con</strong>troparte <strong>con</strong>trattuale.<br />

Quanto alle prove relative all’effettivo trasporto <strong>dei</strong> beni all’estero, la situazione<br />

più a rischio è quella <strong>della</strong> vendita <strong>con</strong> termine di resa “franco fabbrica” (EX<br />

WORKS), in cui il fornitore, riducendo al minimo i propri adempimenti<br />

<strong>con</strong>trattuali, non ha usualmente alcun <strong>con</strong>trollo sullo sviluppo delle operazioni.<br />

Con riguardo al trasporto su strada, si ritiene che il ricorso alla lettera di vettura<br />

internazionale (CMR) possa costituire uno strumento di generale accettazione da<br />

parte degli organi di <strong>con</strong>trollo, in <strong>con</strong>siderazione del fatto che rappresenta la<br />

formalizzazione di un vero e proprio <strong>con</strong>tratto ove è coinvolto un soggetto,<br />

incaricato del trasporto, che, oltre ad essere terzo rispetto al venditore ed<br />

all’acquirente, è anche responsabile dell’effettivo arrivo a destinazione <strong>dei</strong> beni.<br />

Spunti interpretativi interessanti in materia di prove per le cessioni<br />

intracomunitarie di beni, sono <strong>con</strong>tenuti anche nella Risoluzione n. 345/E del 28<br />

novembre 2007, diramata dall’Agenzia delle entrate in risposta ad un’istanza<br />

d’interpello.<br />

Con la citata Risoluzione, l’Agenzia si allinea alle <strong>con</strong>clusioni di cui alle sentenze<br />

del 27 settembre 2007 <strong>della</strong> Corte di Giustizia nelle cause C - 146/05, C -<br />

184/05 e C - 409/04 sopra citate.<br />

Infatti, dopo aver ribadito che spetta agli Stati membri stabilire quali siano i<br />

mezzi di prova idonei che il <strong>con</strong>tribuente deve utilizzare per dimostrare l’effettivo<br />

invio <strong>dei</strong> beni in altro Stato membro e legittimare le cessioni intracomunitarie, si<br />

sottolinea che l’unico limite posto agli Stati membri nell’individuare tali mezzi di<br />

prova, “è rappresentato dal rispetto <strong>dei</strong> principi fondamentali del diritto<br />

comunitario, quali, la neutralità dell’imposta, la certezza del diritto e la<br />

proporzionalità delle misure adottate”.<br />

Sulla base di tali premesse, l’Agenzia <strong>con</strong>corda <strong>con</strong> la tesi prospettata dal<br />

<strong>con</strong>tribuente e <strong>con</strong>sidera sufficienti a provare l’avvenuta cessione<br />

intracomunitaria i seguenti documenti:<br />

la fattura di vendita emessa ai sensi dell’art. 41 del D.L. n. 331/1993;<br />

l’elenco Intrastat delle cessioni intracomunitarie;<br />

54


la documentazione bancaria relativa al pagamento <strong>della</strong> merce;<br />

il documento di trasporto “CMR” firmato dal trasportatore e dal<br />

destinatario per ricevuta.<br />

Al riguardo, si ritiene che la pronuncia ministeriale risulti sicuramente utile<br />

quanto alla <strong>con</strong>ferma dell’idoneità <strong>della</strong> lettera di vettura internazionale (CMR) a<br />

dimostrare l’avvenuto trasporto <strong>dei</strong> beni, anche alla luce del fatto che il quesito<br />

oggetto dell’interpello è del tutto generico e non <strong>con</strong>tiene alcun dettaglio in<br />

relazione ai termini di resa utilizzati, alle modalità operative in cui si sviluppano<br />

le transazioni commerciali ed alle caratteristiche specifiche dell’acquirente<br />

comunitario.<br />

Peraltro, nella predetta Risoluzione, viene sottolineata l’obbligatorietà di<br />

<strong>con</strong>servare, oltre alla documentazione bancaria, “copia degli altri documenti<br />

attestanti gli impegni <strong>con</strong>trattuali che hanno dato origine alla cessione<br />

intracomunitaria”.<br />

Con tale ultima espressione, l’Agenzia si riferisce ad un aspetto documentale,<br />

<strong>con</strong>cernente la formalizzazione <strong>dei</strong> <strong>con</strong>tratti, non indicato nel quesito sottoposto<br />

ad interpello e, inoltre, non esattamente delineato; al riguardo, non è chiaro se il<br />

riferimento è all’eventuale corrispondenza scambiata, anche in forma di posta<br />

elettronica o fax, oppure se il riferimento sia relativo ad obblighi di<br />

documentazione intesi in senso più stringente e complesso, rappresentati, per<br />

esempio, da un vero e proprio <strong>con</strong>tratto in forma scritta.<br />

Peraltro, dal tenore del quesito posto dalla società istante, si deduce che il<br />

venditore è probabilmente in possesso anche <strong>della</strong> copia <strong>della</strong> lettera di vettura<br />

internazionale (CMR) recante la firma del destinatario appositamente richiesta, in<br />

<strong>con</strong>siderazione del fatto che, normalmente al soggetto mittente, è <strong>con</strong>segnato il<br />

solo originale <strong>con</strong> la firma propria e quella apposta dal trasportatore.<br />

Per questo ed altri motivi, si ritiene che, nonostante la genericità del quesito,<br />

non possa ancora attribuirsi valenza generale all’interpretazione fornita <strong>con</strong> la<br />

Risoluzione n. 345/E e che siano necessarie, per <strong>con</strong>siderare definitivamente<br />

risolti i problemi attribuiti all’onere probatorio a carico del venditore, ulteriori<br />

precisazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria.<br />

Al riguardo, non appare decisiva neppure la più recente risoluzione n. 477/E del<br />

15 dicembre 2008, <strong>con</strong> la quale l’Agenzia delle entrate, chiamata a precisare la<br />

55


portata <strong>della</strong> propria precedente pronuncia, si limita ad affermare che il<br />

riferimento al documento di trasporto <strong>con</strong>tenuto nella risoluzione n. 345/E del<br />

2007 ha un valore “meramente esemplificativo” e che, <strong>con</strong>seguentemente, nel<br />

caso in cui al trasporto non provveda il cedente nazionale, la prova del<br />

trasferimento <strong>dei</strong> beni può essere fornita “<strong>con</strong> qualsiasi altro documento idoneo a<br />

dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro”.<br />

In effetti, nonostante l’enfasi che ha accompagnato la pubblicazione del<br />

documento interpretativo, il quale avrebbe “depotenziato” la portata <strong>della</strong><br />

pronuncia del 2007, si è dell’opinione che l’intervento non esprima un <strong>con</strong>tributo<br />

interpretativo definitivo alla soluzione <strong>della</strong> problematica in esame.<br />

Del resto, anche la risoluzione n. 345/E affermava che l’esibizione del documento<br />

di trasporto “può costituire prova idonea” dell’avvenuto invio <strong>dei</strong> beni in altro<br />

Stato comunitario, ma non limitava in alcun modo il “repertorio” <strong>dei</strong> documenti<br />

utilizzabili a tale scopo (peraltro, il riferimento al documento CMR era <strong>con</strong>tenuto<br />

nella parte dedicata alla “Soluzione interpretativa prospettata dal <strong>con</strong>tribuente” e<br />

non nel paragrafo intitolato al “Parere dell’Agenzia delle entrate”).<br />

Semmai, la risoluzione potrebbe invece legittimare una lettura in chiave<br />

restrittiva <strong>della</strong> posizione dell’Agenzia, dal momento che la possibilità di provare,<br />

“<strong>con</strong> qualsiasi altro documento idoneo”, l’invio <strong>dei</strong> beni fuori dal territorio<br />

italiano, potrebbe intendersi <strong>con</strong>finata ai casi in cui non è il cedente nazionale ad<br />

effettuare il trasporto, restando per <strong>con</strong>tro necessaria l’esibizione di detto<br />

documento quando è l’operatore residente ad occuparsi <strong>della</strong> <strong>con</strong>segna o<br />

spedizione <strong>dei</strong> beni.<br />

In quest’ottica, si ritiene che mantengano la propria validità le <strong>con</strong>siderazioni<br />

svolte più sopra <strong>con</strong> riguardo alla necessità di approntare procedure rigorose e<br />

quanto più possibile formalizzate, pur dovendosi <strong>con</strong>cludere, ancora una volta,<br />

che un ulteriore intervento chiarificatore da parte dell’Amministrazione<br />

finanziaria appare senz’altro opportuno.<br />

56


ESPORTAZIONI NELLA NORMATIVA IVA<br />

Concetto di<br />

esportazione<br />

La vendita di beni nei mercati esteri obbliga l’operatore e<strong>con</strong>omico nazionale a<br />

<strong>con</strong>frontarsi <strong>con</strong> le problematiche doganali e tributarie relative alle pratiche di<br />

esportazione. In questa sede saranno esaminati alcuni aspetti ritenuti<br />

fondamentali per la corretta comprensione del <strong>con</strong>cetto di “esportazione” ed altri<br />

che, per la loro specificità, <strong>con</strong>sentono di evidenziare gli elementi caratteristici di<br />

tale <strong>con</strong>cetto e le sue implicazioni in campo tributario.<br />

La normativa di riferimento in materia di imposta sul valore aggiunto relativa alle<br />

esportazioni è principalmente <strong>con</strong>tenuta nei seguenti provvedimenti legislativi<br />

art. 8 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633: <strong>con</strong>tenente la <strong>disciplina</strong> di base<br />

delle cessioni all’esportazione;<br />

D.L. 29 dicembre 1983, n. 746, <strong>con</strong>vertito dalla legge 27 febbraio 1984,<br />

n. 17: riguardante le disposizioni specifiche sugli esportatori abituali;<br />

art. 2 <strong>della</strong> legge 18 febbraio 1997, n. 28: provvedimento <strong>con</strong> cui sono<br />

state integrate e modificate le disposizioni di cui all’art. 8 del D.P.R. n.<br />

633/1972 e quelle relative alla <strong>disciplina</strong> degli esportatori abituali;<br />

art. 13 <strong>della</strong> legge 30 dicembre 1991, n. 413: in tema di prove<br />

documentali per le triangolazioni in esportazione;<br />

art. 7 del D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471: in materia di violazioni<br />

relative alle esportazioni;<br />

art. 13 del D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472: in materia di “ravvedimento<br />

operoso”.<br />

La definizione <strong>con</strong>tenuta nell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972 presenta alcuni<br />

elementi peculiari che si rende necessario esaminare.<br />

57


Il termine utilizzato nella normativa IVA è, infatti, quello di “cessioni<br />

all’esportazione”, <strong>con</strong> ciò dandosi immediatamente <strong>con</strong>to di una possibile<br />

differenziazione rispetto alla portata più ampia che il termine “esportazione” ha<br />

nell’ambito <strong>della</strong> materia doganale.<br />

Al riguardo, si può correttamente affermare che le cessioni all’esportazione, in<br />

linea di principio, devono avere ad oggetto beni esportati dal punto di vista<br />

doganale e, quindi, usciti dal territorio comunitario; si vedrà successivamente<br />

che però non coincidono sempre <strong>con</strong> essi.<br />

Sul punto è esplicita la Circolare n. 874/33650 del 19 dicembre 1972, <strong>con</strong> la<br />

quale il Ministero delle finanze, Direzione Generale dogane, ha identificato le<br />

cessioni all’esportazione in quelle eseguite all’estero o comunque fuori dal<br />

territorio doganale ed ha precisato ulteriormente che l’art. 8, comma 1, del<br />

D.P.R. n. 633/1972, “in sostanza si richiama al <strong>con</strong>cetto doganale di<br />

“esportazione” per cui – agli effetti sia <strong>della</strong> norma stessa sia di tutte le altre<br />

norme del decreto che accennano all’esportazione - sono da <strong>con</strong>siderare<br />

esportati non solo quei beni che sono spediti o trasportati verso un Paese estero,<br />

ma anche quelli che comunque sono <strong>con</strong>siderati esportati a norma delle<br />

disposizioni doganali (ad es: beni destinati al <strong>con</strong>sumo nei territori extradoganali<br />

di Livigno e di Campione d’Italia; beni introdotti nei depositi e punti franchi….)”.<br />

L’uscita <strong>dei</strong> beni dal territorio comunitario, idoneamente provata dall’emissione<br />

<strong>della</strong> relativa documentazione presso il competente Ufficio doganale <strong>della</strong><br />

Comunità, rappresenta, però, solamente il primo elemento necessario per<br />

<strong>con</strong>figurarsi una cessione all’esportazione non imponibile ai sensi dell’art. 8 del<br />

D.P.R. n. 633/1972, essendo altresì necessario il trasferimento fisico <strong>dei</strong> beni al<br />

di fuori del territorio comunitario, <strong>con</strong> la relativa uscita risultante dalla<br />

documentazione doganale, e quello <strong>della</strong> proprietà, da intendere nell’accezione<br />

giuridica di matrice civilistica. Al <strong>con</strong>temporaneo verificarsi di entrambe le<br />

<strong>con</strong>dizioni è, quindi, applicabile il regime di non imponibilità ai fini IVA di cui al<br />

citato art. 8.<br />

L’ulteriore requisito dell’“onerosità”, invece, non appare essenziale ai fini <strong>della</strong><br />

rilevanza ai fini IVA dell’operazione, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza che può essere emessa<br />

fattura non imponibile ai sensi dell’art. 8, comma 1, del decreto IVA anche nel<br />

caso di cessioni gratuite (cosiddette cessioni “franco valuta”).<br />

58


Tipologie di<br />

cessioni<br />

all’esportazione<br />

L’irrilevanza del requisito dell’onerosità appare supportata anche<br />

dall’Amministrazione finanziaria la quale, sia pure in tema di operazioni<br />

triangolari, ha più volte ribadito che i beni possono essere inviati all’estero<br />

gratuitamente e, cioè, <strong>con</strong> la procedura del cosiddetto “franco valuta” (sul punto,<br />

cfr., C.M. 9 aprile 1981, n. 12, paragrafo A, e R.M. 4 novembre 1986, n.<br />

416596; <strong>con</strong>forme è anche l’orientamento di Assonime che, <strong>con</strong> Circolare n. 89<br />

del 1° agosto 1996, ha evidenziato la <strong>con</strong>figurabilità dell’esportazione non<br />

imponibile <strong>con</strong> riguardo alle cessioni di omaggi in favore di soggetti<br />

extracomunitari).<br />

Se, dunque, il requisito dell’onerosità non è decisivo per la rilevanza ai fini IVA<br />

dell’operazione quale cessione all’esportazione non imponibile, esso assume,<br />

invece, assoluto rilievo in relazione alla costituzione del “plafond” (che non è<br />

influenzato dalle operazioni “franco valuta”).<br />

A tale riguardo, si può richiamare la nota del Ministero delle finanze,<br />

Dipartimento delle entrate, Direzione Centrale per gli Affari Giuridici e per il<br />

Contenzioso Tributario, protocollo 10367, dell’11 febbraio 1998, dove si rileva in<br />

via preliminare che la disposizione di cui all’art. 8, primo comma, lett. a), del<br />

D.P.R. n. 633/1972 fa riferimento alle “cessioni all’esportazione” e che tale<br />

<strong>con</strong>cetto è ben diverso da quello doganale di “esportazione”.<br />

La pronuncia prosegue affermando che “l’assenza di un corrispettivo non<br />

<strong>con</strong>sente di includere l’operazione tra quelle che <strong>con</strong>corrono alla formazione del<br />

“plafond”. L’Amministrazione in passato già si è espressa in tal senso,<br />

escludendo dal computo del plafond le ipotesi di esportazioni “franco valuta”, che<br />

si verificano nel caso in cui l’operatore nazionale effettui una cessione gratuita<br />

all’esportazione” (in senso <strong>con</strong>forme è anche la successiva C.M. n. 156/E del 15<br />

luglio 1999).<br />

L’onerosità dell’operazione è, quindi, il terzo requisito che, unitamente al<br />

trasferimento fisico <strong>dei</strong> beni al di fuori del territorio comunitario ed alla<br />

traslazione <strong>della</strong> proprietà, <strong>con</strong>sente di <strong>con</strong>figurare una cessione all’esportazione<br />

rilevante a tutti gli effetti IVA ai sensi dell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972.<br />

Seguendo l’elencazione <strong>con</strong>tenuta nell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972, le cessioni<br />

all’esportazione possono tipologicamente distinguersi nelle seguenti categorie:<br />

59


Esportazioni<br />

dirette<br />

Esportazione<br />

diretta semplice<br />

senza<br />

commissionario<br />

1. esportazioni dirette (art. 8, comma 1, lett. a), a loro volta classificabili in<br />

esportazioni dirette semplici e triangolari;<br />

2. esportazioni indirette (art. 8, comma 1, lett. b);<br />

3. esportazioni “assimilate” (art. 8, comma 1, lett. c).<br />

Le esportazioni dirette sono <strong>disciplina</strong>te nel primo comma dell’art. 8 alla lettera<br />

a); ai sensi di tale disposizione, nell’ambito delle esportazioni dirette sono<br />

ricomprese fattispecie diverse a se<strong>con</strong>da degli elementi che di volta in volta le<br />

<strong>con</strong>traddistinguono. In particolare, rientrano nella previsione normativa (sempre<br />

a <strong>con</strong>dizione che i beni siano destinati al di fuori del territorio comunitario e che<br />

la cessione preveda l’effetto traslativo <strong>della</strong> proprietà) tanto le operazioni nelle<br />

quali il trasporto o la spedizione <strong>dei</strong> beni avviene a cura del soggetto cedente,<br />

oppure semplicemente a suo nome, <strong>con</strong> l’intervento di terzi (vettori o<br />

spedizionieri), quanto quelle in cui il trasferimento <strong>dei</strong> beni all’estero è effettuato<br />

tramite l’interposizione di commissionari.<br />

In caso di esportazione diretta “semplice”, effettuata avvalendosi di un vettore<br />

nazionale, il cedente emette fattura “non imponibile ex art. 8, comma 1, lett. a),<br />

del D.P.R. n. 633/1972”; la cessione a titolo oneroso costituisce “plafond”,<br />

mentre il trasportatore italiano emetterà fattura <strong>con</strong> indicazione del corrispettivo<br />

in parte “non imponibile ex art. 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972” (per<br />

la tratta italiana) ed in parte “fuori campo I.V.A. ex art. 7, comma 4, lett. c)”<br />

dello stesso decreto (per la tratta estera).<br />

La C.M. n. 35/E del 13 febbraio 1997 sottolinea che non vi è la possibilità per<br />

l’esportatore di ricorrere alla fattura differita, posto che si rende necessario<br />

esibire la fattura per l’espletamento <strong>della</strong> pratica doganale.<br />

Tali <strong>con</strong>clusioni sono state ribadite dalla stessa Amministrazione finanziaria<br />

anche successivamente all’entrata in vigore <strong>della</strong> legge 18 febbraio 1997, n. 28.<br />

Con la Risoluzione n. 108/E del 20 agosto 1998, infatti, è stato precisato che la<br />

facoltà di emettere fattura differita è limitata alle sole ipotesi in cui “più soggetti<br />

siano interessati di fatto all’operazione di esportazione e tutti debbano poter<br />

60


Sistema<br />

Comunitario di<br />

Controllo<br />

Automatizzato<br />

all’Esportazione<br />

“ECS”<br />

fornire la prova dell’effettiva uscita <strong>della</strong> merce dal territorio comunitario”, come<br />

avviene, per esempio, nel caso delle triangolazioni.<br />

Dal 1° luglio 2007, la materia delle prove dell’avvenuta esportazione <strong>dei</strong> beni è<br />

radicalmente mutata.<br />

L’ECS (Export Control System), introdotto dal Regolamento (CE) 18 dicembre<br />

2006, n. 1875, ha infatti modificato le regole (<strong>con</strong>tenute nel Regolamento 2<br />

luglio 1993, n. 2454 – Disposizioni di applicazione del Codice doganale<br />

comunitario) per la documentazione dell’uscita delle merci dal territorio<br />

comunitario. Il Sistema di Controllo delle Esportazioni (che costituisce parte del<br />

progetto AES – Sistema Automatizzato delle Esportazioni) si compone di due<br />

fasi:<br />

4. ECS fase 1 (operativa dal 1° luglio 2007) <strong>con</strong>sente di effettuare il<br />

<strong>con</strong>trollo dell’esportazione attraverso lo scambio di “messaggi telematici”<br />

fra l’ufficio doganale d’esportazione e l’ufficio doganale d’uscita;<br />

5. ECS fase 2 (operativa a partire dal 1° luglio 2009) permette la gestione<br />

<strong>della</strong> dichiarazione d’esportazione anticipata di uscita e <strong>della</strong> dichiarazione<br />

sommaria d’uscita.<br />

Le nuove procedure (illustrate dall’Agenzia delle dogane <strong>con</strong> le note n. 1434 del<br />

3 maggio 2007, n. 3677 del 25 maggio 2007, n. 3945 del 27 giugno 2007, n.<br />

4538 del 27 giugno 2007 e n. 6661 del 14 novembre 2007) prevedono che<br />

l’esportatore presenti la dichiarazione doganale, completa in ogni sua parte,<br />

all’ufficio doganale di esportazione dal quale si vedrà <strong>con</strong>segnare, una volta<br />

autorizzato lo svincolo <strong>della</strong> merce, il Documento di Accompagnamento<br />

dell’Esportazione (DAE).<br />

Il DAE, che <strong>con</strong>tiene l’MRN (numero elettronico di riferimento <strong>della</strong> dichiarazione<br />

doganale), ha la funzione di “accompagnare”, sostituendosi alla copia n. 3 del<br />

Documento Amministrativo Unico (DAU), la merce dalla dogana di esportazione<br />

alla dogana di uscita. L’ufficio di esportazione, una volta svincolata la merce,<br />

trasmette all’ufficio doganale di uscita, indicato dall’esportatore nella casella 29<br />

<strong>della</strong> dichiarazione, gli elementi <strong>della</strong> dichiarazione stessa.<br />

E’ compito del vettore quello di <strong>con</strong>segnare all’ufficio doganale di uscita il DAE<br />

rilasciato dall’ufficio di esportazione. Questo al fine di <strong>con</strong>sentire l’espletamento<br />

61


delle formalità, da parte delle Autorità doganali, che, prima del 1° luglio 2007, si<br />

basavano sui dati <strong>con</strong>tenuti nell’esemplare 3 del DAU.<br />

Sul DAE, a differenza di quanto avveniva <strong>con</strong> l’esemplare n. 3 del DAU, non<br />

viene apposto alcun timbro di “visto uscire” (che, nel sistema previgente,<br />

costituiva invece il principale mezzo di prova dell’avvenuta esportazione; al<br />

riguardo, si segnala che, in caso di smarrimento o mancato recapito del suddetto<br />

documento, l’Amministrazione finanziaria aveva elaborato un insieme di prove<br />

alternative dell’uscita <strong>della</strong> merce, riepilogate nella Circolare n. 75/D dell’11<br />

dicembre 2002, la cui validità è ora esclusa dalla stessa Agenzia delle dogane, la<br />

quale, nella nota n. 6661 del 14 novembre 2007, ha espressamente affermato<br />

che “la circolare in questione non è più applicabile per le operazioni svolte in<br />

ambito AES/ECS”). Qualora la dogana d’uscita dal territorio comunitario coincida<br />

<strong>con</strong> una dogana nazionale, l’Amministrazione (nota n. 3495 del 2007) ha<br />

previsto che il DAE non venga ri<strong>con</strong>segnato all’operatore.<br />

L’ufficio di uscita, eseguite le formalità in relazione alla merce da esportare, invia<br />

all’ufficio di esportazione il messaggio telematico “risultati di uscita”; tutto ciò<br />

deve avvenire entro il primo giorno lavorativo successivo a quello dell’uscita delle<br />

merci dal territorio doganale comunitario. Non essendovi più alcun timbro di<br />

“visto uscire” sul documento cartaceo, la prova dell’effettiva uscita delle merci<br />

dalla Comunità è quindi costituita dal citato messaggio telematico “risultati di<br />

uscita” registrato nella banca dati del sistema informativo doganale nazionale<br />

(AIDA), per la cui <strong>con</strong>sultazione gli operatori e<strong>con</strong>omici dovranno digitare l’MRN<br />

assegnato alla procedura, al momento <strong>della</strong> presentazione <strong>della</strong> dichiarazione,<br />

dall’ufficio di esportazione. L’apposizione del timbro di uscita, pertanto, resta<br />

<strong>con</strong>finata a quei casi nei quali la dogana di uscita è impossibilitata a <strong>con</strong>cludere<br />

regolarmente in ambiente ECS l’operazione d’esportazione. In tale ipotesi, il<br />

timbro sul retro del documento costituisce ancora la prova dell’avvenuta<br />

esportazione.<br />

La nota n. 1434 del 3 maggio 2007, ha chiarito che non sono incluse nell’ECS –<br />

fase 1 le esportazioni abbinate a transito o le esportazioni <strong>dei</strong> prodotti soggetti<br />

ad accisa in quanto, ai sensi di quanto disposto dagli articoli 793 ter e 793<br />

quater del Reg. (CEE) n. 2454/1993, l’appuramento del documento di<br />

esportazione DAU e la sua ri<strong>con</strong>segna al soggetto che lo ha presentato sono<br />

effettuati direttamente dall’ufficio di esportazione e non dall’ufficio di effettiva<br />

62


Esportazione<br />

diretta <strong>con</strong><br />

intervento di<br />

commissionario<br />

uscita. In tal caso, infatti, la merce è scortata sino all’uscita dal territorio<br />

comunitario non dall’esemplare 3 del DAU, ma rispettivamente, dal documento di<br />

transito, nel primo caso, e dal Documento amministrativo di accompagnamento<br />

(DAA), nel se<strong>con</strong>do caso.<br />

Per le operazioni che prevedono l’intervento di un commissionario nazionale, il<br />

cedente emette fattura “non imponibile ex art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n.<br />

633/1972”, in quanto nel rapporto tra il cedente ed il proprio commissionario si<br />

<strong>con</strong>figura un’esportazione. La cessione a titolo oneroso costituisce plafond<br />

“libero” per l’intero importo del corrispettivo fatturato (100). Il commissionario<br />

italiano, a sua volta, emette fattura “non imponibile ex art. 8, comma 1, lett. a),<br />

del D.P.R. n. 633/1972”.<br />

La cessione a titolo oneroso realizzata dal commissionario costituisce per tale<br />

soggetto plafond in parte “libero”, per (30), ed in parte “vincolato”, per (100). La<br />

differenza fra plafond libero e plafond vincolato sarà meglio approfondita nel<br />

prosieguo.<br />

Nel caso di esportazione tramite commissionario, le operazioni doganali<br />

avvengono mediante esibizione <strong>della</strong> fattura emessa da quest’ultimo al cliente<br />

extracomunitario. L’intervento del commissionario, per espressa previsione<br />

legislativa, non interrompe l’operazione di esportazione che, di fatto, viene<br />

<strong>con</strong>siderata unitariamente; in questo caso, anche se i beni vengono trasferiti al<br />

di fuori del territorio comunitario ad opera del commissionario italiano, si<br />

<strong>con</strong>siderano “esportazioni dirette” entrambi i “passaggi” (C.M. n. 28/520372 dell’<br />

11 agosto 1976) e , quindi, sia quello dal cedente (italiano) al proprio<br />

commissionario (italiano), sia quello dal commissionario (italiano) all’acquirente<br />

finale extracomunitario.<br />

Quanto alla figura del commissionario, si evidenzia che trattasi di un operatore<br />

commerciale il quale agisce, in sostanza, quale intermediario nelle operazioni di<br />

compravendita, spuntando un margine che è costituito dalla differenza tra prezzi<br />

di acquisto e prezzi di vendita; egli, infatti, agisce in nome proprio e per <strong>con</strong>to<br />

del committente, risultando soggetto destinatario delle fatture, in relazione agli<br />

acquisti di merci, e soggetto emittente delle stesse <strong>con</strong> riguardo alle cessioni nei<br />

<strong>con</strong>fronti <strong>dei</strong> cessionari esteri.<br />

Per quanto <strong>con</strong>cerne gli aspetti definitori di tale figura di intermediario,<br />

l’Amministrazione finanziaria ha avuto modo di affermare che l’impresa può<br />

63


Esportazioni in<br />

triangolazione<br />

<strong>con</strong>siderarsi una “commissionaria” solamente nel caso in cui agisca in base ad un<br />

tipico <strong>con</strong>tratto di commissione e, quindi, acquisti o venda beni “in nome proprio<br />

e per <strong>con</strong>to del committente” (R.M. n. 521060 del 6 luglio 1976).<br />

Qualora il commissionario sia un soggetto extracomunitario e le sue vendite si<br />

realizzino direttamente nel mercato estero, ove egli opera facendosi inviare le<br />

merci in deposito dal committente italiano, si realizza, invece, la fattispecie delle<br />

esportazioni “franco valuta” delle quali si è ampiamente detto in precedenza.<br />

L’art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972 comprende tra le esportazioni<br />

dirette anche quelle definite “in triangolazione”, richiamando espressamente le<br />

cessioni effettuate mediante trasporto o spedizione di beni al di fuori del<br />

territorio comunitario “a cura o a nome <strong>dei</strong> cedenti o <strong>dei</strong> commissionari, anche<br />

per incarico <strong>dei</strong> propri cessionari o commissionari di questi”.<br />

Il beneficio del regime di non imponibilità ai fini IVA viene quindi esteso anche ai<br />

<strong>rapporti</strong> trilaterali, nei quali intervengono, limitatamente alle triangolari<br />

“nazionali” in esportazione, due operatori e<strong>con</strong>omici italiani, dando luogo alla<br />

seguente <strong>con</strong>figurazione di <strong>rapporti</strong> commerciali: 1° rapporto: cedente nazionale<br />

– cessionario/venditore nazionale e 2° rapporto: cessionario/venditore nazionale<br />

– acquirente finale extracomunitario. Nelle triangolazioni sono dunque coinvolti<br />

tre soggetti: il fornitore italiano, il promotore italiano dell’operazione triangolare<br />

e l’acquirente destinatario finale <strong>dei</strong> beni extracomunitario.<br />

L’operazione si articola, quindi, su due <strong>rapporti</strong> autonomi, ma tra loro collegati<br />

dal punto di vista operativo, in quanto il promotore <strong>della</strong> triangolare incarica il<br />

proprio fornitore di provvedere al trasporto od alla spedizione <strong>dei</strong> beni nel Paese<br />

extracomunitario direttamente o tramite terzi per suo <strong>con</strong>to.<br />

Condizione assolutamente necessaria affinché possa realizzarsi l’operazione<br />

triangolare in regime di non imponibilità, infatti, è che i beni vengano trasportati<br />

o spediti all’estero “a cura o a nome” del primo soggetto del rapporto (fornitore<br />

italiano), senza che i beni stessi vengano previamente <strong>con</strong>segnati nel territorio<br />

dello Stato al soggetto promotore <strong>della</strong> triangolare (cessionario italiano).<br />

A tale ultimo riguardo, si osserva che la <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni nel territorio dello<br />

Stato avrebbe l’effetto di interrompere l’operazione triangolare, scindendola, di<br />

fatto, in due distinte operazioni commerciali: una cessione “interna”,<br />

64


assoggettata ad IVA, tra fornitore e cessionario italiani ed una cessione<br />

all’esportazione diretta, non imponibile, realizzata dal cessionario italiano<br />

promotore <strong>della</strong> triangolazione.<br />

In merito a tale problematica, è significativo richiamare la Risoluzione n. 621268<br />

del 21 febbraio 1990, <strong>con</strong> cui il Ministero delle finanze ha negato la<br />

<strong>con</strong>figurabilità <strong>della</strong> triangolazione nel caso di beni <strong>con</strong>segnati “franco dogana<br />

italiana” e, cioè, in territorio nazionale.<br />

Il se<strong>con</strong>do requisito, letto in stretta <strong>con</strong>nessione <strong>con</strong> il primo, assume una<br />

rilevanza decisiva soprattutto alla luce <strong>della</strong> C.M. n. 35/E del 13 febbraio 1997,<br />

nella quale l’Amministrazione finanziaria, alla luce dell’avvenuta soppressione<br />

<strong>della</strong> bolla di accompagnamento, ha rivisitato il sistema delle prove<br />

all’esportazione, in <strong>con</strong>siderazione delle novità introdotte per effetto dell’entrata<br />

in vigore del regime transitorio dell’IVA per gli scambi all’interno del territorio<br />

comunitario.<br />

Nel paragrafo 2 <strong>della</strong> citata Circolare, infatti, viene osservato che il “vero<br />

esportatore” è il soggetto promotore <strong>della</strong> triangolare, il quale, nel duplice ruolo<br />

di acquirente – cedente, può comprovare l’avvenuta esportazione <strong>dei</strong> beni<br />

tramite il documento doganale. L’esportazione triangolare, pertanto, sussiste<br />

solamente quando “il primo cedente comprovi di aver provveduto, su incarico del<br />

proprio acquirente, anche tramite terzi, a trasportare o spedire i beni<br />

direttamente fuori dal territorio comunitario”.<br />

Sul <strong>con</strong>cetto di trasporto o spedizione “a cura o a nome” del fornitore nazionale,<br />

sono sorte in passato pericolose incertezze interpretative che hanno indotto il<br />

legislatore ad intervenire direttamente <strong>con</strong> una sorta di interpretazione<br />

autentica, <strong>con</strong>tenuta nell’art. 13 <strong>della</strong> legge 30 dicembre 1991, n. 413.<br />

Con tale norma è stato specificato che, ai fini dell’applicazione del regime di non<br />

imponibilità di cui all’art. 8, primo comma, lettera a), del D.P.R. n. 633/1972, a<br />

nulla rileva, per la documentazione <strong>della</strong> cessione all’esportazione, che i<br />

documenti <strong>con</strong>tabili di cui all’art. 21 del decreto IVA (fatture) “siano emessi dagli<br />

spedizionieri o trasportatori nei <strong>con</strong>fronti <strong>dei</strong> cedenti o altri soggetti”.<br />

Il legislatore, quindi, ha dimostrato di ritenere ininfluente il fatto formale<br />

dell’intestazione <strong>della</strong> fattura del trasportatore o dello spedizioniere, essendo<br />

65


ammissibile la triangolazione anche in assenza di intestazione <strong>della</strong> fattura in<br />

capo al fornitore italiano.<br />

A ribadire la preminenza degli aspetti sostanziali su quelli formali è<br />

successivamente intervenuta la C.M. n. 13 del 23 febbraio 1994 che, sebbene<br />

<strong>con</strong> riferimento alla specifica fattispecie <strong>della</strong> triangolare nazionale <strong>con</strong> trasporto<br />

o spedizione <strong>dei</strong> beni in uno Stato comunitario di cui all’art. 58, comma 1, del<br />

D.L. n. 331/1993, si può fondatamente ritenere che esprima un principio di<br />

carattere generale.<br />

Nella citata Circolare è infatti affermato che “la prova che <strong>con</strong>sente di superare la<br />

presunzione di <strong>con</strong>segna nello Stato può essere rappresentata dalla<br />

documentazione relativa al trasporto ovvero da qualsiasi altro documento dal<br />

quale risulti che l’incarico del trasporto o <strong>della</strong> spedizione è stato <strong>con</strong>ferito al<br />

cedente dal proprio cessionario”.<br />

Sempre in tema di fatturazione delle spese di trasporto, l’Amministrazione<br />

finanziaria ha affrontato più direttamente il problema riguardante la definizione<br />

dell’espressione “altri soggetti” di cui all’art. 13 <strong>della</strong> legge n. 413/1991, in<br />

relazione ai possibili intestatari di tali fatture.<br />

Con la Risoluzione n. 51/E – VII – 15 – 455 del 4 marzo 1995 viene sottolineata<br />

l’ampiezza dell’espressione utilizzata nella predetta norma, la quale <strong>con</strong>sente di<br />

legittimare, nell’ambito di una operazione in triangolazione, “la possibilità di<br />

emettere fattura nei <strong>con</strong>fronti del cessionario residente, in qualità di soggetto<br />

che provvede <strong>con</strong>cretamente al pagamento <strong>della</strong> prestazione di trasporto o di<br />

spedizione pur non avendola direttamente commissionata”.<br />

Ad avviso dell’Amministrazione finanziaria, pertanto, la fattura del trasporto<br />

potrebbe essere intestata direttamente al promotore <strong>della</strong> triangolare; ciò non<br />

toglie che il trasporto o la spedizione debbano avvenire a cura o a nome del<br />

fornitore nazionale e, pertanto, “qualora in questa fase si inserisca il cessionario<br />

residente (esempio: stipula diretta del <strong>con</strong>tratto o affidamento del servizio)...,<br />

non può ritenersi realizzata l’operazione triangolare” (cfr., R.M. n. 51/E del 4<br />

marzo 1995).<br />

Alla luce di tali affermazioni, per certi versi ancora non del tutto chiare, risulta<br />

quindi certamente opportuno che il compito di curare il trasporto o la spedizione<br />

<strong>dei</strong> beni fuori del territorio comunitario venga <strong>con</strong>ferito al fornitore italiano<br />

66


espressamente in forma scritta, in modo tale da poter comunque provare<br />

l’affidamento dell’incarico.<br />

Nelle operazioni triangolari, i beni vengono trasportati o spediti direttamente in<br />

territorio extracomunitario senza essere <strong>con</strong>segnati in Italia al cessionario<br />

promotore <strong>della</strong> triangolare. In tale ipotesi, il cedente italiano (fornitore) emette<br />

fattura nei <strong>con</strong>fronti del cessionario italiano suo cliente (promotore) “non<br />

imponibile ex art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972”, in quanto nel<br />

rapporto tra cedente e cessionario italiani si realizza una esportazione. La<br />

cessione a titolo oneroso costituisce plafond “libero” per l’intero importo del<br />

corrispettivo fatturato in capo al fornitore (100).<br />

Il cessionario/venditore italiano (promotore) emette fattura “non imponibile ex<br />

art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972”. Tale cessione costituisce<br />

plafond in parte “libero”, per (30), ed in parte “vincolato”, per (100).<br />

In relazione alle “prove” all’esportazione, le stesse, se<strong>con</strong>do quanto previsto<br />

nella C.M. n. 35/E del 13 febbraio 1997, devono essere rese sia dal fornitore che<br />

dal cessionario nazionali, in quanto entrambe le operazioni in triangolazione<br />

costituis<strong>con</strong>o cessioni all’esportazione ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. a), del<br />

D.P.R. n. 633/1972.<br />

A tal fine, per gli operatori interessati, la procedura, fino al 30 giugno 2007,<br />

prevedeva che il promotore, avente la “qualifica” di esportatore, poteva provare<br />

l’esportazione <strong>con</strong> il documento doganale (DAU) su cui era apposto il visto <strong>della</strong><br />

Dogana di uscita dal territorio comunitario.<br />

Il cedente (fornitore) aveva invece due possibilità: per tale soggetto, infatti, la<br />

prova era costituita dal visto apposto sulla fattura emessa nei <strong>con</strong>fronti del<br />

proprio cessionario, dall’Ufficio doganale al momento dell’effettuazione delle<br />

pratiche di esportazione, <strong>con</strong> l’indicazione degli estremi del documento doganale<br />

emesso, integrato successivamente <strong>con</strong> la menzione dell’uscita <strong>dei</strong> beni dal<br />

territorio comunitario, apposta dallo stesso ufficio doganale su presentazione<br />

dell’esemplare del documento di esportazione recante il visto <strong>della</strong> Dogana di<br />

uscita; in alternativa, la prova poteva essere fornita <strong>con</strong>servando, insieme alla<br />

fattura di vendita, la copia o fotocopia del documento doganale vistato dalla<br />

Dogana di uscita dal territorio comunitario.<br />

Con l’avvio dal 1° luglio 2007 <strong>della</strong> Fase 1 del progetto comunitario ECS (Export<br />

Control System), come si è visto, tale situazione è radicalmente mutata.<br />

67


Sosta tecnica nella<br />

triangolazione<br />

all’esportazione<br />

Al riguardo, sebbene l’Agenzia delle dogane sia più volte intervenuta<br />

sull’operatività del nuovo sistema ECS, sottolineando la novità <strong>della</strong><br />

comunicazione elettronica del “visto uscire”, la stessa non si è pronunciata in<br />

modo chiaro ed esauriente sulle prove in tema di operazioni triangolari.<br />

In particolare, nella nota n. 3945 del 27 giugno 2007, nel paragrafo 4 dedicato<br />

alla documentazione a corredo del DAE, l’Agenzia delle dogane, dopo aver<br />

premesso che il sistema ECS supera l’uso dell’esemplare n. 3 del DAU, <strong>con</strong> lo<br />

scambio <strong>dei</strong> messaggi elettronici tra le dogane coinvolte nell’operazione di<br />

esportazione documentata dal DAE, si limita ad accennare come “nessun<br />

cambiamento interviene sull’ulteriore eventuale documentazione richiesta per<br />

motivi fiscali (ad esempio, l’apposizione del visto doganale sulle fatture<br />

commerciali in caso di triangolazioni), la cui funzione e relativa applicazione<br />

risultano al momento invariate”.<br />

Come già illustrato, l’art. 8, primo comma, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972,<br />

subordina la legittimità dell’operazione triangolare in esportazione, in regime di<br />

non imponibilità sia per il cedente che per il cessionario entrambi nazionali, alla<br />

<strong>con</strong>dizione che il trasporto o la spedizione <strong>dei</strong> beni fuori del territorio comunitario<br />

avvenga “a cura o a nome <strong>dei</strong> cedenti … anche per incarico <strong>dei</strong> propri<br />

cessionari”.<br />

Tale previsione, <strong>con</strong>tenuta anche nell’art. 58, primo comma, del D.L. n.<br />

331/1993, è stata storicamente interpretata in modo rigido dall’Amministrazione<br />

finanziaria, sempre attenta nel verificare e richiedere che l’intera operazione di<br />

esportazione non si suddividesse in due momenti, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni nella<br />

disponibilità, intesa in senso lato, del cessionario acquirente (promotore <strong>della</strong><br />

triangolazione), ma che la stessa si svolgesse “in modo diretto” tra il cedente<br />

nazionale ed il cessionario estero, destinatario finale <strong>dei</strong> beni.<br />

Ad attenuare il rigore applicativo <strong>della</strong> norma, si è visto che, <strong>con</strong> l’art. 13 <strong>della</strong><br />

legge 30 dicembre 1991, n. 413, il legislatore è intervenuto in merito all’aspetto<br />

formale dell’intestazione <strong>della</strong> fattura emessa dallo spedizioniere o dal<br />

trasportatore, specificando che l’eventuale fatturazione in capo all’acquirente<br />

cessionario italiano, promotore <strong>della</strong> triangolazione, non comporta<br />

automaticamente il venir meno dell’operazione triangolare, sempreché sia<br />

68


dimostrato che il cedente ha in ogni caso “curato” l’invio diretto <strong>dei</strong> beni<br />

all’estero.<br />

L'irrilevanza dell’aspetto formalistico, legato all'intestazione delle fatture degli<br />

spedizionieri o trasportatori, tuttavia, non risolve il problema in modo definitivo,<br />

posto che l’espressione “a cura” del cedente, presenta delicati aspetti<br />

interpretativi quanto alla sua definizione in senso sostanziale.<br />

Il fatto che il cedente debba curare il trasferimento <strong>dei</strong> beni fuori dal territorio<br />

comunitario in modo diretto, senza “tappe” intermedie e, quindi, senza<br />

interrompere la <strong>con</strong>tinuità (in senso fisico) dell’esportazione, evidenzia il<br />

problema centrale, rappresentato dal divieto di <strong>con</strong>segnare i beni al cessionario<br />

(promotore <strong>della</strong> triangolazione) nel territorio dello Stato.<br />

Al riguardo, si sottolinea come il Ministero delle finanze si sia pronunciato, <strong>con</strong><br />

un atteggiamento di notevole chiusura, negando la <strong>con</strong>figurabilità di<br />

un’operazione triangolare in ipotesi di <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni <strong>con</strong> clausola “franco<br />

dogana”.<br />

Con Risoluzione 21 febbraio 1990 n. 621268, infatti, è stato precisato che “dalla<br />

documentazione allegata (fattura emessa dalla Società D.) risulta che i beni<br />

vengono <strong>con</strong>segnati “franco dogana italiana”, cioè in territorio nazionale, per cui<br />

non si realizza la <strong>con</strong>dizione stabilita dall’art. 8, comma 1, lett, a), del richiamato<br />

D.P.R. n. 633/72, la cui disposizione, come chiarito da ultimo <strong>con</strong> Circolare n. 73<br />

del 19.12.84, prevede che nell’operazione triangolare il fornitore deve<br />

provvedere in proprio, o tramite terzi, alla spedizione o al trasporto <strong>dei</strong> beni<br />

all’estero…”.<br />

Tale orientamento è stato ribadito dalla successiva Risoluzione 10 gennaio 1991,<br />

n. 470080, sempre in riferimento a beni <strong>con</strong>segnati direttamente in dogana dal<br />

cedente e trasferiti poi all’estero dal cessionario acquirente tramite il proprio<br />

spedizioniere.<br />

Ciò che emerge dall’esame delle interpretazioni sopra richiamate, è che<br />

l’Amministrazione finanziaria ha sempre posto la massima attenzione<br />

nell’individuare il luogo di <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni, negando la <strong>con</strong>figurabilità<br />

dell’operazione triangolare quando, sulla base delle fattispecie <strong>con</strong>crete, ha<br />

ravvisato che tale luogo fosse identificabile nel territorio dello Stato.<br />

69


Risoluzione n. 72/E<br />

del 26 maggio 2000<br />

Concetto di sosta<br />

tecnica<br />

Ad avviso del Ministero delle finanze, quindi, la <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni nel territorio<br />

dello Stato ed il <strong>con</strong>seguente possesso degli stessi da parte dell’acquirente<br />

cessionario italiano rappresentano il vero punto critico dell’operazione<br />

triangolare.<br />

Proprio in relazione a tale aspetto, è intervenuta la Risoluzione n. 72/E del 26<br />

maggio 2000, aprendo interessanti spiragli idonei a mitigare l’atteggiamento<br />

rigorista storicamente assunto dall’Amministrazione finanziaria.<br />

La citata Risoluzione trae spunto dall’istanza di un istituto nazionale di ricerca<br />

che commissiona in appalto, ad imprese italiane, la costruzione di macchinari ed<br />

attrezzature da <strong>con</strong>segnare direttamente, a cura delle imprese fornitrici, presso<br />

centri di ricerca esteri.<br />

I predetti beni vengono spesso sottoposti a preventivi collaudi o a test presso<br />

centri di ricerca in Italia dello stesso istituto nazionale e, come chiaramente<br />

viene illustrato, “senza che ciò rappresenti formale e definitiva <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni<br />

in Italia, atteso che il <strong>con</strong>tratto prevede la <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> materiali esclusivamente<br />

presso i centri di ricerca all’estero a cura del cedente”.<br />

In merito ai test e collaudi cui vengono sottoposti in Italia i beni prima <strong>della</strong> loro<br />

spedizione all’estero, finalizzati a verificare la rispondenza ai requisiti costruttivi<br />

richiesti, il Ministero delle finanze afferma espressamente che gli stessi non<br />

integrano gli estremi <strong>della</strong> <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni in Italia, “trattandosi di meri fatti<br />

tecnici diretti esclusivamente a garantire la qualità e il funzionamento <strong>dei</strong> beni<br />

prima <strong>della</strong> loro spedizione”.<br />

In altri termini, viene dato rilievo alla previsione <strong>con</strong>trattuale e, quindi, alla<br />

volontà negoziale delle parti di non <strong>con</strong>siderare “<strong>con</strong>segna”, in senso giuridico, la<br />

<strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni per la mera sottoposizione a test e collaudi preventivi e, nello<br />

stesso tempo, viene sottolineata la funzione meramente tecnica <strong>dei</strong> predetti test<br />

e collaudi, volti esclusivamente ad un <strong>con</strong>trollo di qualità implicante una sorta di<br />

“sosta tecnica” prima <strong>della</strong> definitiva spedizione all’estero.<br />

Al di là del caso specifico esaminato dalla Risoluzione n. 72/E, in cui è evidente la<br />

sussistenza di elementi del tutto peculiari che hanno indotto l’Amministrazione<br />

finanziaria a “salvaguardare” l’operazione triangolare, non attribuendo natura<br />

interruttiva alla <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni in Italia all’acquirente cessionario per finalità<br />

di <strong>con</strong>trollo e collaudo, è importante evidenziare l’effetto “<strong>con</strong>gelante” attribuito<br />

70


al fatto tecnico, il quale, proprio per il suo carattere oggettivo, <strong>con</strong>nesso<br />

inscindibilmente alla spedizione all’estero, non realizza una vera e propria<br />

<strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni nel territorio dello Stato, <strong>con</strong> <strong>con</strong>seguente acquisizione del<br />

possesso da parte del soggetto promotore <strong>della</strong> triangolare.<br />

Si tratterebbe, in sostanza, di una semplice “sosta tecnica”, una sorta di tappa<br />

obbligata in vista di un’operazione di spedizione <strong>dei</strong> beni all’estero che rimane,<br />

comunque, unitariamente <strong>con</strong>cepita ed attuata.<br />

Il <strong>con</strong>cetto di sosta tecnica non è nuovo nella normativa IVA, essendo già stato<br />

elaborato, anche a livello interpretativo, nell’ambito <strong>della</strong> <strong>disciplina</strong> relativa alla<br />

soppressa bolla di accompagnamento.<br />

Con riguardo alle operazioni di esportazione, uno specifico riferimento alla sosta<br />

tecnica si rinviene nella R.M. 10 novembre 1983, n. 4134.<br />

Con la citata declaratoria, relativa all’adempimento delle formalità doganali<br />

<strong>con</strong>nesse all’esportazione, l’Amministrazione finanziaria precisò che la Dogana<br />

non è tenuta ad apporre il “visto” sul documento di accompagnamento, relativo a<br />

merce giacente in magazzini di raccolta, quando il destinatario <strong>della</strong> stessa risulti<br />

essere il gestore del magazzino.<br />

Nel passo successivo <strong>della</strong> stessa Risoluzione, al fine di dirimere i possibili dubbi<br />

interpretativi in ordine al <strong>con</strong>cetto di raccolta in magazzini <strong>dei</strong> beni destinati<br />

all’esportazione, viene ulteriormente precisato che la mancata apposizione del<br />

visto si giustifica nei casi in cui le merci vengono introdotte nei magazzini di<br />

raccolta, nell’ambito di “un vero e proprio regime di deposito e senza che per<br />

essa sia stata già stabilita dal mittente l’ulteriore definitiva destinazione”.<br />

Da ciò <strong>con</strong>segue, <strong>con</strong>clude l’interprete ministeriale, che la Dogana deve, invece,<br />

apporre il “visto” sulla bolla di accompagnamento “per quelle merci pure giacenti<br />

nei citati magazzini – da <strong>con</strong>siderare in posizione di sosta tecnica ai sensi <strong>della</strong><br />

Circolare 15/381322 del 19.3.1980 – che risultino scortate da documenti sui<br />

quali già figurino il nome del destinatario estero e la località estera di<br />

destinazione, e sempreché sulla bolla medesima non sia stato indicato il<br />

magazzino come luogo di destinazione del carico”.<br />

Dalla lettura <strong>della</strong> sopra citata Risoluzione emergono importanti elementi di<br />

valutazione.<br />

71


Viene, infatti, enunciato, sia pure in via indiretta, il <strong>con</strong>cetto di sosta tecnica che,<br />

per effetto del richiamo alla Circolare 19 marzo 1980, n. 15/381322, - paragrafo<br />

9 -, va identificata nella “sosta <strong>dei</strong> beni presso vettori o spedizionieri ai fini del<br />

raggruppamento o smistamento <strong>dei</strong> beni stessi per la prosecuzione del loro<br />

trasporto verso il destinatario indicato nella bolla di accompagnamento<br />

…(omissis) … a <strong>con</strong>dizione che la sosta sia limitata al tempo strettamente<br />

necessario per le suddette operazioni e che nella sosta non sia <strong>con</strong>figurabile<br />

l’esecuzione di un distinto rapporto di deposito”.<br />

Anche in questo caso, analogamente a quanto emerge dall'esame <strong>della</strong><br />

Risoluzione 26 maggio 2000, n. 72/E ricorrono due fondamentali elementi che<br />

legittimano la sosta di beni (fin dall’origine destinati all’esportazione) nel<br />

territorio dello Stato, uno di natura materiale e uno di carattere giuridico.<br />

Quanto al primo, deve trattarsi di fatti, accertamenti o procedure materiali ed a<br />

<strong>con</strong>tenuto tecnico e/o logistico, finalizzate a “favorire” la prosecuzione<br />

dell’operazione di esportazione e, pertanto, circoscritte temporalmente alla<br />

durata strettamente necessaria per il loro svolgimento.<br />

In relazione al se<strong>con</strong>do aspetto, per non aversi una <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni nel<br />

territorio dello Stato, <strong>con</strong> <strong>con</strong>seguente effetto “interruttivo” dell’operazione di<br />

esportazione, occorre che, da un punto di vista <strong>con</strong>trattuale, la <strong>con</strong>segna non<br />

risulti funzionale ad un rapporto di deposito o all’immissione <strong>dei</strong> beni nel<br />

possesso di un soggetto terzo (in virtù di un preciso titolo giuridico), ma si<br />

<strong>con</strong>figuri semplicemente come evento necessario all’adempimento di attività<br />

tecnico - operative legate all’esportazione <strong>dei</strong> beni stessi.<br />

Sulla base di quanto sin qui osservato, può dunque desumersi che, a livello<br />

normativo, non esiste una definizione di “sosta tecnica” all’interno dell’art. 8 del<br />

D.P.R. n. 633/1992 (o dell’art. 58 del D.L. n. 331/1993, per le triangolari<br />

nazionali <strong>con</strong> beni destinati ad altro Stato membro comunitario), in presenza<br />

<strong>della</strong> quale resti comunque garantita l'integrità dell'operazione di triangolazione<br />

<strong>con</strong> l’estero.<br />

Esistono, tuttavia, i predetti interventi interpretativi, la cui “ratio” è quella di non<br />

negare l’applicazione <strong>dei</strong> benefici <strong>con</strong>nessi alle operazioni triangolari allorché i<br />

beni, prima di essere inviati all’estero, vengono sì <strong>con</strong>segnati nel territorio dello<br />

Stato, ma tale <strong>con</strong>segna ha semplicemente la natura di "sosta tecnica" nei<br />

termini sopra delineati, inserita funzionalmente in una procedura di esportazione<br />

72


Lavorazioni<br />

nell’ambito di<br />

operazioni<br />

triangolari in<br />

esportazione<br />

diretta da parte del cedente, e ciò, in virtù di un preciso accordo negoziale <strong>con</strong> il<br />

proprio acquirente.<br />

Si tratta, comunque, di fattispecie specifiche, oggetto di risoluzioni ministeriali<br />

"ad hoc", che non autorizzano una lettura generalizzata del <strong>con</strong>cetto di sosta<br />

tecnica, idoneo, in ogni caso, a legittimare operazioni di triangolazione <strong>con</strong><br />

l’estero <strong>con</strong> previa <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni nel territorio dello Stato.<br />

In via prudenziale, è opportuno, quindi, limitare l'“apertura" interpretativa di cui<br />

alla Risoluzione n. 72/E alle sole ipotesi nelle quali la <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni dipende<br />

dall'esigenza di eseguire test o collaudi tecnici, oppure deriva da esigenze<br />

<strong>con</strong>nesse alla logistica del trasporto (raggruppamento – smistamento); in ogni<br />

altro caso, occorrerà valutare se la <strong>con</strong>segna <strong>dei</strong> beni in Italia ad un soggetto<br />

terzo rispetto al cedente possa <strong>con</strong>figurare o meno una “sosta tecnica”, la cui<br />

ricorrenza, come si è visto, non pregiudica l'operazione triangolare di<br />

esportazione.<br />

A differenza di quanto previsto nell’art. 8, comma 1, lett. b), del D.P.R. n.<br />

633/1972, riguardante le esportazioni “indirette” che avvengono a cura o per<br />

<strong>con</strong>to del cessionario estero (e di cui si dirà in seguito), nell’ambito delle<br />

esportazioni “dirette” regolate dalla lett. a) dell’art. 8, comma 1, del D.P.R. n.<br />

633/1972, i beni ceduti, destinati all’esportazione, possono essere fatturati in<br />

regime di non imponibilità anche se sono “sottoposti per <strong>con</strong>to del cessionario,<br />

ad opera del cedente stesso o di terzi, a lavorazione, trasformazione, montaggio,<br />

assiemaggio o adattamento ad altri beni”.<br />

In sostanza, il fatto che i beni vengano sottoposti a lavorazione prima di essere<br />

presentati in dogana, non determina un effetto interruttivo dell’operazione di<br />

esportazione, la quale rimane in essere <strong>con</strong>servando il suo regime IVA<br />

agevolato.<br />

Tale situazione, al ricorrere di specifici requisiti, produce un effetto analogo a<br />

quello delle operazioni triangolari <strong>disciplina</strong>te nel medesimo art. 8, comma 1,<br />

lettera a), dove l’agevolazione fiscale <strong>della</strong> non imponibilità viene <strong>con</strong>cessa ad<br />

entrambi gli operatori nazionali (fornitore <strong>dei</strong> beni e promotore <strong>della</strong> triangolare),<br />

a <strong>con</strong>dizione che i beni vengano trasportati o spediti fuori dal territorio<br />

comunitario a cura o a nome del cedente per incarico del proprio cessionario.<br />

73


La specifica <strong>disciplina</strong> dell’esportazione “<strong>con</strong>giunta”, la quale permette sia al<br />

fornitore <strong>dei</strong> beni che al prestatore <strong>dei</strong> servizi di lavorazione, entrambi residenti,<br />

di fatturare in regime di non imponibilità, prevede il verificarsi di precisi requisiti<br />

e va letta <strong>con</strong>giuntamente alla previsione di cui all’art. 9, comma 1, n. 9), del<br />

D.P.R. n. 633/1972, in tema di servizi internazionali.<br />

Ai sensi <strong>della</strong> norma richiamata, infatti, costituis<strong>con</strong>o servizi internazionali non<br />

imponibili le prestazioni di lavorazione (rientranti fra i “trattamenti” di cui all’art.<br />

176 del Testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale) eseguiti<br />

“su beni nazionali, nazionalizzati o comunitari destinati ad essere esportati da o<br />

per <strong>con</strong>to del prestatore del servizio o del committente non residente nel<br />

territorio dello Stato”.<br />

Se, dunque, l’impresa italiana terzista che ha effettuato le lavorazioni, provvede<br />

successivamente all’adempimento delle formalità doganali per l’esportazione e<br />

fattura le sue prestazioni di servizi al committente estero acquirente <strong>dei</strong> beni, si<br />

realizzano le <strong>con</strong>dizioni per l’applicazione del beneficio <strong>della</strong> non imponibilità per<br />

entrambi i soggetti nazionali.<br />

La necessità che sia il committente estero a richiedere i servizi di lavorazione (e<br />

non il fornitore <strong>dei</strong> beni italiano) è stata sottolineata anche dal Ministero delle<br />

finanze <strong>con</strong> la Circolare n. 73/400122 del 19 dicembre 1984 e, in modo ancora<br />

più chiaro, <strong>con</strong> la Risoluzione n. 470074 del 30 luglio 1990.<br />

Sul punto, l’Amministrazione finanziaria è intervenuta anche recentemente <strong>con</strong> la<br />

Risoluzione n. 223/E del 10 agosto 2007. In tale occasione, richiamando la<br />

precedente pronuncia n. 470074 del 1990, l’Agenzia ha ribadito che, “ai fini del<br />

ri<strong>con</strong>oscimento del beneficio <strong>della</strong> non imponibilità, la lavorazione deve, in ogni<br />

caso, essere stata commissionata dal soggetto non residente”.<br />

Verificandosi le <strong>con</strong>dizioni sopra indicate, il fornitore <strong>dei</strong> beni effettuerà una<br />

cessione all’esportazione non imponibile ex art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R.<br />

n. 633/1972, mentre il prestatore di servizi eseguirà una lavorazione su beni in<br />

esportazione, non imponibile ex art. 9, comma 1, n. 9), del D.P.R. n. 633/1972.<br />

Quanto agli adempimenti necessari per la spedizione all’estero, la già citata<br />

Risoluzione n. 470074 del 30 luglio 1990 specifica che sul documento doganale<br />

di esportazione, intestato ad entrambi gli operatori nazionali, dovranno essere<br />

indicati sia il prezzo di cessione <strong>dei</strong> beni, risultante dalla fattura emessa dal<br />

74


Esportazioni<br />

indirette<br />

fornitore, sia il corrispettivo <strong>della</strong> lavorazione, risultante dalla fattura emessa dal<br />

terzista nei <strong>con</strong>fronti del committente estero (la necessità di presentare in<br />

dogana entrambe le fatture era già stata sottolineata dall’Amministrazione<br />

finanziaria <strong>con</strong> la precedente Circolare n. 73/400122 del 19 dicembre 1984).<br />

Le esportazioni indirette sono previste nel primo comma dell’art. 8 alla lettera<br />

b); in base a tale norma, costituis<strong>con</strong>o cessioni all’esportazione “le cessioni <strong>con</strong><br />

trasporto o spedizione fuori del territorio <strong>della</strong> Comunità e<strong>con</strong>omica europea<br />

entro 90 giorni dalla <strong>con</strong>segna, a cura del cessionario non residente o per suo<br />

<strong>con</strong>to, ad eccezione <strong>dei</strong> beni destinati a dotazione o provvista di bordo di<br />

imbarcazioni o navi da diporto, di aeromobili da turismo o di qualsiasi altro<br />

mezzo di trasporto ad uso privato e <strong>dei</strong> beni da trasportarsi nei bagagli personali<br />

fuori del territorio <strong>della</strong> Comunità e<strong>con</strong>omica europea; l’esportazione deve<br />

risultare da vidimazione apposta dall’ufficio doganale o dall’ufficio postale su un<br />

esemplare <strong>della</strong> fattura”.<br />

La struttura dell’operazione prevede che i beni vengano <strong>con</strong>segnati dal cedente<br />

nazionale al cessionario extracomunitario, il quale provvede a curarne il<br />

trasporto o la spedizione fuori dal territorio comunitario o direttamente (in<br />

proprio) o <strong>con</strong>ferendo l’incarico a terzi.<br />

In base alla formulazione <strong>della</strong> norma, è dunque previsto che i beni siano<br />

esportati nello stato originario, in quanto, a differenza <strong>della</strong> lettera a), non è<br />

ammesso che gli stessi siano sottoposti a lavorazione, trasformazione,<br />

montaggio, assiemaggio o adattamento ad altri beni (C.M. n. 26/411138 del 3<br />

agosto 1979); inoltre i beni devono essere esportati entro il termine di 90 giorni<br />

dalla loro <strong>con</strong>segna al cessionario; se la data di <strong>con</strong>segna non risulta da un<br />

apposito documento, il termine decorre dalla data <strong>della</strong> fattura (C.M. n.<br />

26/411138 del 3 agosto 1979).<br />

Il regime IVA di cui all’art. 8, lett. b) previsto per le esportazioni indirette,<br />

tuttavia, non è applicabile alle cessioni di beni destinati a dotazione o provvista<br />

di bordo di imbarcazioni o navi da diporto, di aeromobili da turismo o di qualsiasi<br />

altro mezzo di trasporto ad uso privato, né <strong>dei</strong> beni da trasportarsi, da parte <strong>dei</strong><br />

viaggiatori, nei bagagli personali fuori dal territorio comunitario.<br />

Nell’esportazione indiretta, pertanto, il cedente italiano emette fattura nei<br />

<strong>con</strong>fronti del cessionario non residente “non imponibile ex art. 8, comma 1, lett.<br />

b), del D.P.R. n. 633/1972”; la cessione a titolo oneroso costituisce plafond.<br />

75


Esportazioni<br />

assimilate<br />

Considerato poi che, in tale tipologia di operazioni, è l’acquirente estero che<br />

provvede a ritirare i beni presso il cedente, direttamente o tramite terzi, ed a<br />

curarne l’esportazione, se<strong>con</strong>do quanto previsto dalla C.M. n. 35/E del 13<br />

febbraio 1997, il documento doganale, munito del “visto uscire”, resterà<br />

all’acquirente non residente, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza che la prova dell’avvenuta<br />

esportazione <strong>dei</strong> beni, per il cedente nazionale, “non può che essere costituita<br />

dall’apposizione da parte <strong>della</strong> Dogana di uscita del visto sull’esemplare <strong>della</strong><br />

fattura dallo stesso emessa e presentata in dogana all’atto dell’esportazione” (sul<br />

punto, alla luce delle modifiche recate in materia di prova dell’avvenuta<br />

esportazione per effetto dell’introduzione del nuovo sistema ECS, sarebbe quanto<br />

mai urgente un intervento dell’Amministrazione finanziaria volto a <strong>con</strong>fermare la<br />

validità di quanto illustrato).<br />

Il legislatore nazionale, <strong>con</strong> la previsione normativa <strong>con</strong>tenuta nel primo comma<br />

dell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972, alla lettera c), ha compreso tra le cessioni<br />

all’esportazione anche le cessioni effettuate nei <strong>con</strong>fronti di operatori e<strong>con</strong>omici<br />

residenti aventi una speciale qualifica, quella cioè di “esportatori abituali”.<br />

Ai sensi <strong>della</strong> citata lettera c), godono del regime di non imponibilità “le cessioni,<br />

anche tramite commissionari, di beni diversi dai fabbricati e dalle aree edificabili,<br />

e le prestazioni di servizi rese a soggetti che, avendo effettuato cessioni<br />

all’esportazione od operazioni intracomunitarie, si avvalgono <strong>della</strong> facoltà di<br />

acquistare, anche tramite commissionari, o importare beni e servizi senza<br />

pagamento dell’imposta”.<br />

Ai sensi dell’art. 8, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, le cessioni di beni e le<br />

prestazioni di servizi di cui alla lettera c) possono essere effettuate senza<br />

pagamento dell’imposta a <strong>con</strong>dizione che il cessionario rivesta la qualifica<br />

soggettiva di “esportatore abituale” ed effettui gli acquisti nei limiti del plafond<br />

disponibile e che il soggetto acquirente (che intende fruire del beneficio <strong>della</strong> non<br />

imponibilità) manifesti espressamente tale intenzione, sotto la sua<br />

responsabilità, <strong>con</strong> apposita dichiarazione scritta (cosiddetta “lettera di intenti”).<br />

Disposizioni <strong>particolari</strong> (come si è già avuto modo di anticipare) sono previste<br />

per i seguenti cessionari nazionali che rivestono il ruolo di promotori di<br />

operazioni triangolari e per i commissionari che intervengono nell’ambito di<br />

operazioni di esportazione diretta <strong>disciplina</strong>te dall’art. 8, comma 1, lett. a), del<br />

decreto IVA.<br />

76


Esportatori<br />

abituali e<br />

“plafond”<br />

L’ultima parte del se<strong>con</strong>do comma dell’art. 8, infatti, prevede per tali soggetti<br />

precisi limiti nell’utilizzo del plafond, stabilendo che l’ammontare complessivo del<br />

plafond sia idealmente suddiviso in due parti:<br />

• plafond “libero”, cioè liberamente utilizzabile per gli acquisti di ogni tipo<br />

<strong>con</strong>sentiti dalla norma, per la parte corrispondente all’eccedenza del<br />

corrispettivo di vendita fatturato ai clienti e quello di acquisto addebitato<br />

dai fornitori;<br />

• plafond “vincolato”, utilizzabile esclusivamente per gli acquisti di beni da<br />

esportare nello stato originario nei sei mesi successivi alla loro <strong>con</strong>segna.<br />

La normativa riguardante gli “esportatori abituali ed il “plafond” <strong>con</strong>tenuta<br />

nell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972 e nel D.L. 29 dicembre 1983, n. 746,<br />

<strong>con</strong>vertito dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, è stata profondamente<br />

interessata dalle modifiche e integrazioni apportate per effetto dell’art. 2 <strong>della</strong><br />

legge 18 febbraio 1997, n. 28, entrate in vigore a decorrere dal 14 marzo 1997.<br />

Tali importanti modifiche sono state illustrate nella Circolare n. 145/E del 10<br />

giugno 1998 diramata dal Ministero delle finanze a commento <strong>della</strong> nuova<br />

normativa, e si sono aggiunte alle integrazioni già introdotte dal D.L. n.<br />

331/1993, per tenere <strong>con</strong>to del nuovo regime IVA degli scambi intracomunitari.<br />

Le modifiche hanno interessato sostanzialmente i seguenti quattro aspetti:<br />

6. l’istituzione di un plafond unico;<br />

7. l’introduzione di un nuovo criterio in relazione al momento costitutivo del<br />

plafond;<br />

8. l’ampliamento <strong>dei</strong> beni e servizi acquistabili <strong>con</strong> utilizzo del plafond;<br />

9. le nuove modalità di annotazione delle lettere di intento.<br />

77


Plafond unico<br />

Nuovo criterio per<br />

il momento<br />

costitutivo del<br />

plafond<br />

A differenza <strong>della</strong> normativa previgente, ai sensi <strong>della</strong> quale vi era una pluralità<br />

di plafond riferiti agli articoli 8, 8-bis e 9 del D.P.R. n. 633/1972, è previsto ora<br />

un plafond unico (indipendentemente dal fatto che si tratti di plafond fisso o<br />

mobile) alla cui costituzione <strong>con</strong>corrono globalmente, in via principale, le<br />

seguenti operazioni:<br />

le cessioni all’esportazione di cui all’art. 8, comma 1, lett. a) e b) del<br />

D.P.R. n. 633/1972;<br />

le operazioni di cui agli artt. 8-bis, comma 1, 9, comma 1, 71 e 72 dello<br />

stesso decreto IVA;<br />

le cessioni intracomunitarie di cui all’art. 41 del D.L. n. 331/1993;<br />

le prestazioni di servizi intracomunitari di cui all’art. 40, commi 4-bis<br />

(lavorazioni su beni mobili), 5 (trasporto) e 6 (prestazioni accessorie ai<br />

servizi di trasporto), non soggette ad imposta, rese nei <strong>con</strong>fronti di<br />

soggetti passivi di altri Stati membri;<br />

le operazioni triangolari comunitarie <strong>con</strong> il soggetto italiano fornitore o<br />

promotore;<br />

le cessioni in regime di triangolazione nazionale <strong>con</strong> destinazione <strong>dei</strong> beni<br />

in uno Stato membro comunitario ai sensi dell’art. 58, comma 1, del D.L.<br />

n. 331/1993.<br />

E’ stato introdotto un nuovo criterio in merito alla definizione del momento in cui<br />

deve <strong>con</strong>siderarsi costituito il plafond. In sostanza, tale momento non è più<br />

legato al <strong>con</strong>cetto di operazioni “fatte”, e cioè <strong>con</strong>cluse agli effetti doganali <strong>con</strong><br />

l’emissione <strong>della</strong> relativa documentazione, ma a quello <strong>della</strong> registrazione ai<br />

sensi dell’art. 23 del D.P.R. n. 633/1972, quindi “<strong>con</strong> riferimento al momento<br />

<strong>della</strong> data di emissione <strong>della</strong> fattura ovvero a quella di <strong>con</strong>segna o spedizione per<br />

le fatture differite” (C.M. n. 145/E del 10 giugno 1998, paragrafo 7).<br />

La semplificazione è, quindi, tangibile, in quanto il criterio <strong>della</strong> registrazione<br />

comporta il riferimento esclusivo alle risultanze <strong>con</strong>tabili ed ai dati esposti nella<br />

dichiarazione annuale IVA, i quali rilevano <strong>con</strong>temporaneamente tanto alla<br />

determinazione dello “status” di esportatore abituale (acquisibile quando le<br />

esportazioni e le altre operazioni rilevanti a tali fini sono superiori al 10% del<br />

78


Ampliamento <strong>dei</strong><br />

beni e servizi<br />

acquistabili <strong>con</strong><br />

utilizzo del<br />

plafond<br />

volume d’affari), quanto alla costituzione del plafond “spendibile” per effettuare<br />

acquisti senza applicazione dell’IVA.<br />

Il criterio <strong>della</strong> registrazione implica, pertanto, che siano rilevanti ai fini di cui<br />

sopra anche i casi di emissione anticipata <strong>della</strong> fattura o di pagamento di ac<strong>con</strong>ti,<br />

fermo restando che, in tali ipotesi, risulta comunque necessario (trattandosi di<br />

esportazioni) provare <strong>con</strong> idonea documentazione l’uscita effettiva <strong>dei</strong> beni dal<br />

territorio comunitario.<br />

Resta in ogni caso fermo il criterio dell’effettuazione dell’operazione (da<br />

determinarsi ai sensi dell’art. 6 del decreto IVA o delle norme doganali, in caso<br />

d’importazione) ai fini del computo dell’ammontare di plafond utilizzato per<br />

acquisti di beni e servizi senza pagamento dell’imposta (quanto alla rilevanza<br />

delle variazioni – note di addebito/accredito -, si veda quanto precisato nella<br />

Circolare n. 8/D del 27 febbraio 2003 dell’Agenzia delle dogane).<br />

Una delle novità di maggior rilievo recate dalla legge n. 28/1997 è rappresentata<br />

dal fatto che, nell’attuale formulazione <strong>della</strong> norma, “non si ris<strong>con</strong>tra più alcun<br />

riferimento all’intento, da parte dell’operatore e<strong>con</strong>omico, di esportare i beni o di<br />

inviarli in altro Stato comunitario” (C.M. n. 145/E del 10 giugno 1998, paragrafo<br />

7).<br />

Da ciò <strong>con</strong>segue che l’utilizzazione del plafond è allargata a tutti gli acquisti di<br />

beni e servizi ed importazioni di beni, ivi compresi i beni ammortizzabili, quelli<br />

acquisiti in leasing e le spese generali, <strong>con</strong> la sola esclusione <strong>dei</strong> fabbricati e<br />

delle aree edificabili.<br />

A tale riguardo, l’Amministrazione finanziaria ha sottolineato che il divieto di<br />

utilizzo del plafond è operante anche per l’acquisizione <strong>dei</strong> fabbricati mediante<br />

<strong>con</strong>tratti di appalto per la loro costruzione o di leasing, e ciò in quanto tali<br />

<strong>con</strong>tratti permettono di ottenere un effetto equivalente all’acquisizione in<br />

proprietà mediante acquisto diretto.<br />

Nel caso di utilizzo del plafond “vincolato” da parte del promotore delle<br />

operazioni triangolari (e da parte del commissionario), si dovrà inoltre rispettare<br />

la <strong>con</strong>dizione di esportare fuori del territorio comunitario i beni acquistati, nel<br />

loro stato originario (senza aver subito lavorazioni) e nel termine di sei mesi.<br />

Si evidenzia, infine, che non possono in ogni caso essere acquistati senza<br />

applicazione dell’IVA i beni ed i servizi per i quali l’imposta è indetraibile ai sensi<br />

degli articoli 19 e seguenti del D.P.R. n. 633/1972.<br />

79


Modalità di<br />

annotazione delle<br />

lettere d’intento<br />

Nuovi obblighi<br />

per i fornitori<br />

degli esportatori<br />

abituali<br />

Quanto alle operazioni che non <strong>con</strong>corrono alla formazione del plafond, si<br />

rammenta che rientrano in tale categoria le esportazioni definitive “franco<br />

valuta”, sia nel caso in cui non costituis<strong>con</strong>o cessioni (es.: trasferimenti in<br />

c/deposito), sia quando, pur realizzandosi le cessioni, le stesse avvengono a<br />

titolo gratuito (es.: omaggi); le esportazioni “assimilate” e, quindi, le cessioni di<br />

beni e servizi effettuate in regime di non imponibilità nei <strong>con</strong>fronti di “esportatori<br />

abituali”; le cessioni relative a beni in transito o depositati in luoghi soggetti a<br />

vigilanza doganale, non imponibili a norma dell’art. 7, comma 2, del D.P.R. n.<br />

633/1972; le cessioni a soggetti extracomunitari per beni destinati all’uso<br />

personale o familiare, da trasportarsi nei bagagli personali fuori del territorio<br />

comunitario, ai sensi dell’art. 38-quater del D.P.R. n. 633/1972; le cessioni di<br />

beni destinati ad essere introdotti nei depositi IVA di cui all’art. 50-bis, quarto<br />

comma, lett. c) e d) del D.L. n. 331/1993.<br />

E’ stata prevista la possibilità di annotare le lettere d’intento, sia quelle emesse<br />

che quelle ricevute, in un’apposita sezione <strong>dei</strong> registri di cui agli artt. 23 (fatture<br />

emesse) e 24 (corrispettivi), come ulteriore modalità rispetto a quella dell’utilizzo<br />

dell’apposito registro di cui all’art. 1, comma 2, del D.L. 29 dicembre 1983, n.<br />

746.<br />

Al fine di fruire <strong>della</strong> non applicazione dell’imposta sugli acquisti di beni e servizi,<br />

è inoltre previsto che gli esportatori abituali rilascino ai propri fornitori (ovvero<br />

alla Dogana, in caso di importazioni) un’apposita comunicazione – la cosiddetta<br />

“lettera d’intenti” – anteriormente all’effettuazione dell’operazione.<br />

Come espressamente previsto dall’art. 1, primo comma, del D.L. n. 746/1983,<br />

recante la specifica <strong>disciplina</strong> del “plafond” degli esportatori abituali, le lettere<br />

d’intenti vanno redatte in <strong>con</strong>formità all’apposito modello ministeriale, numerate<br />

progressivamente dal dichiarante e dal destinatario (fornitore di beni o<br />

prestatore di servizi) ed annotate in apposito registro, ovvero, a decorrere dal 14<br />

marzo 1997 (data di entrata in vigore <strong>della</strong> legge n. 28/1997), anche in apposita<br />

sezione del registro delle fatture emesse o <strong>dei</strong> corrispettivi.<br />

Nonostante le specifiche disposizioni dettate al fine di <strong>con</strong>sentire un adeguato<br />

<strong>con</strong>trollo in ordine all’applicazione del particolare meccanismo (oltre a quelle più<br />

sopra indicate, si rammenta che i fornitori degli esportatori abituali sono, fra<br />

l’altro, tenuti ad indicare nelle fatture emesse gli estremi <strong>della</strong> dichiarazione), lo<br />

80


strumento è stato frequentemente utilizzato in modo fraudolento da parte di<br />

alcuni operatori attraverso, ad esempio, l’emissione di false dichiarazioni<br />

d’intenti.<br />

Per <strong>con</strong>trastare tali fenomeni, il legislatore, nell’ambito <strong>della</strong> legge 30 dicembre<br />

2004, n. 311 (Finanziaria per l’anno 2005), ha introdotto ulteriori obblighi a<br />

carico <strong>dei</strong> destinatari delle lettere d’intenti.<br />

In particolare, per effetto del comma 381 dell’articolo unico <strong>della</strong> predetta legge,<br />

risulta ora modificata la lett. c), del primo comma, dell’art. 1 del D.L. n.<br />

746/1983; da ciò, deriva che i fornitori degli esportatori abituali sono tenuti a<br />

comunicare all’Agenzia delle entrate i dati <strong>con</strong>tenuti nelle lettere d’intenti<br />

ricevute.<br />

Tale comunicazione, da redigersi sull’apposito modello approvato <strong>con</strong><br />

provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 14 marzo 2005, deve essere<br />

trasmessa esclusivamente in via telematica, direttamente o tramite intermediari<br />

abilitati, entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui la dichiarazione<br />

d’intento è stata ricevuta. I chiarimenti interpretativi riguardanti i nuovi obblighi<br />

introdotti per effetto <strong>della</strong> legge n. 311/2004 sono <strong>con</strong>tenuti principalmente nella<br />

Circolare n. 41/E del 26 settembre 2005.<br />

Quanto invece alla regolarizzazione <strong>dei</strong> cosiddetti “splafonamenti” (ovvero delle<br />

situazioni in cui il <strong>con</strong>tribuente ha utilizzato il plafond oltre il limite <strong>con</strong>sentito),<br />

l’Amministrazione ne ha chiarito modalità e termini <strong>con</strong> la Circolare n. 50/E del<br />

12 giugno 2002 (per gli “splafonamenti” in dogana, relativi ad operazioni<br />

d’importazione, si veda quanto previsto dalla Risoluzione delle Dogane n. 102985<br />

del 27 dicembre 2001, nonché dalle Risoluzioni n. 228/E del 21 agosto 2007 e n.<br />

161/E del 18 aprile 2008 dell’Agenzia delle entrate, riguardanti lo specifico tema<br />

<strong>della</strong> detrazione dell’imposta assolta in dogana per regolarizzare un indebito<br />

utilizzo del plafond).<br />

81


DICHIARAZIONE ANNUALE E<br />

NOVITA’ IVA 2009<br />

A cura di Franco Ricca<br />

83


L’IVA “PER CASSA” E LE ALTRE NOVITA’ DEL<br />

D.L. 185/2008<br />

L’IVA “per<br />

cassa”<br />

Il D.L. 29 novembre 2008, n. 185 ha esteso le disposizioni dell’art. 6, quinto<br />

comma, se<strong>con</strong>do periodo, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che prevedono, in<br />

relazione a determinate operazioni, la c.d. “esigibilità differita” dell’imposta.<br />

Il decreto <strong>con</strong>tiene anche altre disposizioni che, pur essendo in se<strong>con</strong>do piano<br />

rispetto alla novità dell’IVA “per cassa”, appaiono di sicura importanza, potrebbe<br />

dirsi, non solo e non tanto per gli effetti che produ<strong>con</strong>o, quanto per quelli<br />

“s<strong>con</strong>giurati”: si allude all’abrogazione delle disposizioni che prevedevano la<br />

generalizzazione dell’obbligo <strong>della</strong> trasmissione telematica <strong>dei</strong> corrispettivi, il<br />

<strong>con</strong>trollo elettronico delle operazioni effettuate tramite apparecchi distributori<br />

automatici, la comunicazione delle compensazioni di crediti superiori a 10.000<br />

euro.<br />

Vediamo una panoramica delle novità.<br />

Ai sensi dell’art. 62, n. 2) <strong>della</strong> direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006 (e,<br />

precedentemente, dell’art. 10 <strong>della</strong> direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977),<br />

per “esigibilità dell’imposta” si intende “il diritto che l’Erario può far valere a<br />

norma di legge, a partire da un dato momento, presso il debitore per il<br />

pagamento dell’imposta, anche se il pagamento può essere differito”.<br />

Il <strong>con</strong>cetto è stato introdotto nell’ordinamento nazionale solo dal 1° gennaio<br />

1998, <strong>con</strong> la riforma del D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 313, prevedendo al quinto<br />

comma dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/72 che “l’imposta relativa alle cessioni di<br />

beni e alle prestazioni di servizi diviene esigibile nel momento in cui le operazioni<br />

si <strong>con</strong>siderano effettuate se<strong>con</strong>do le disposizioni <strong>dei</strong> commi precedenti…”.<br />

Il medesimo comma, tuttavia, al se<strong>con</strong>do periodo stabilisce che per le seguenti<br />

operazioni l’imposta diviene esigibile al momento del pagamento <strong>dei</strong> relativi<br />

corrispettivi, salva la facoltà del cedente/prestatore di rinunciare a tale<br />

agevolazione (e ad applicare, quindi, la regola generale):<br />

85


cessioni <strong>dei</strong> prodotti farmaceutici indicati nel n. 114) <strong>della</strong> tabella A, parte<br />

III, effettuate dai farmacisti;<br />

cessioni di beni e prestazioni di servizi ai soci, associati e partecipanti, di<br />

cui al quarto comma dell’art. 4;<br />

cessioni di beni e prestazioni di servizi fatte allo Stato, agli organi dello<br />

Stato ancorché dotati di personalità giuridica, agli enti pubblici territoriali<br />

e ai <strong>con</strong>sorzi tra essi costituiti ai sensi dell’art. 25 <strong>della</strong> legge n. 142/90,<br />

alle C.C.I.A.A., agli istituti universitari, alle unità sanitarie locali, agli enti<br />

ospedalieri, agli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente<br />

carattere scientifico, agli enti pubblici di assistenza e beneficenza e a<br />

quelli di previdenza.<br />

Nell’ambito delle misure dirette a <strong>con</strong>trastare la grave situazione e<strong>con</strong>omico-<br />

finanziaria, l’art. 7, comma 1, del D.L. 185/2008 ha ampliato il raggio d’azione<br />

<strong>della</strong> disposizione sull’esigibilità differita, dichiarandola applicabile “alle cessioni<br />

di beni ed alle prestazioni di servizi effettuate nei <strong>con</strong>fronti di cessionari o<br />

committenti che agis<strong>con</strong>o nell’esercizio di impresa, arte o professione”.<br />

In via di principio, dunque, potranno avvalersi dell’agevolazione tutti i soggetti<br />

passivi, limitatamente però alle operazioni poste in essere nei <strong>con</strong>fronti di clienti<br />

che agis<strong>con</strong>o, a loro volta, in veste di soggetti passivi. Qui emerge un primo<br />

dubbio da chiarire, e cioè come <strong>con</strong>siderare gli enti non commerciali dotati di<br />

partita IVA, che effettuano acquisti sia per l’attività istituzionale sia per quella<br />

imprenditoriale). In proposito, nel corso del forum fiscale di ItaliaOggi del 17<br />

gennaio 2009 l’Agenzia delle entrate ha osservato che “la formulazione<br />

dell’articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 185, riferita alle operazioni<br />

effettuate nei <strong>con</strong>fronti di soggetti che agis<strong>con</strong>o nell’esercizio di attività<br />

d’impresa, arte o professione, comporta l’applicabilità dell’esigibilità dell’IVA al<br />

momento del pagamento del corrispettivo anche qualora il cessionario del bene o<br />

il committente del servizio sia un ente non commerciale che agisca nell’esercizio<br />

di impresa. Gli enti non commerciali che svolgono attività d’impresa possono,<br />

tuttavia, operare acquisti di beni e servizi da destinare promiscuamente<br />

all’attività d’impresa e all’attività non commerciale. Al riguardo, si ritiene che la<br />

disposizione dell’articolo 7, richiedendo unicamente che il cessionario o<br />

committente agisca nell’esercizio di attività d’impresa, arte o professione, non<br />

precluda l’applicabilità dell’esigibilità differita per gli acquisti effettuati dagli enti<br />

non commerciali destinati oltre che all’attività commerciale anche ad altre<br />

attività. In sintesi, rientrano nell’ambito applicativo <strong>della</strong> norma le operazioni<br />

86


Soggetti esclusi<br />

dall’agevolazione<br />

e decorrenza<br />

effettuate nei <strong>con</strong>fronti degli enti non commerciali che operano nell’esercizio di<br />

attività d’impresa, ancorché i beni e i servizi acquistati siano destinati ad essere<br />

promiscuamente adibiti all’esercizio di attività d’impresa e di attività non<br />

commerciali.”<br />

A differenza <strong>della</strong> disposizione “a regime”, quella speciale dell’art. 7 del D.L. n.<br />

185/2008 pone un limite temporale al differimento dell’esigibilità, prevedendo<br />

che l’imposta diviene comunque esigibile dopo il decorso di un anno dal<br />

momento dell’effettuazione dell’operazione. Anche il differimento dell’esigibilità,<br />

insomma, è temporaneo e viene a cessare alla scadenza del predetto termine,<br />

salvo che “il cessionario o committente, prima del decorso del termine annuale,<br />

sia stato assoggettato a procedure <strong>con</strong>corsuali o esecutive.”<br />

Opportunamente, dunque, viene previsto che il limite temporale al differimento<br />

dell’esigibilità dell’imposta non trova applicazione nel caso in cui, prima che sia<br />

decorso un anno dal momento di effettuazione dell’operazione, sia stata avviata<br />

nei <strong>con</strong>fronti del cessionario/committente una procedura <strong>con</strong>corsuale o<br />

esecutiva; in tale ipotesi, indipendentemente dal tempo trascorso, l’imposta<br />

diventerà esigibile solo se e nella misura in cui il corrispettivo sarà pagato,<br />

evitando così al cedente/prestatore, in relazione all’eventuale credito<br />

insoddisfatto, di <strong>con</strong>tabilizzare, alla scadenza dell’anno, il debito d’imposta, per<br />

poi emettere, al temine <strong>della</strong> procedura, la nota di variazione ai sensi dell’art.<br />

26, se<strong>con</strong>do comma, D.P.R. n. 633/72.<br />

E’ appena il caso di evidenziare che il rinvio dell’esigibilità dell’imposta si riflette<br />

sul diritto alla detrazione del cessionario/committente, poiché ai sensi dell’art.<br />

19, comma 1, del D.P.R. n. 633/72, tale diritto “sorge nel momento in cui<br />

l’imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, <strong>con</strong> la<br />

dichiarazione relativa al se<strong>con</strong>do anno successivo a quello in cui il diritto alla<br />

detrazione è sorto ed alle <strong>con</strong>dizioni esistenti al momento <strong>della</strong> nascita del diritto<br />

medesimo”.<br />

Per espressa previsione normativa, l’agevolazione in esame non si applica:<br />

alle operazioni effettuate dai soggetti che si avvalgono di regimi speciali<br />

di applicazione dell’imposta (agricoltura, agenzie di viaggio, beni usati, ecc.);<br />

alle operazioni effettuate nei <strong>con</strong>fronti di cessionari/committenti che<br />

assolvono l’imposta mediante l’applicazione dell’inversione <strong>con</strong>tabile (o<br />

“reverse charge”).<br />

87


Aspetti operativi<br />

Un’ulteriore esclusione di carattere generale è posta dal comma 2 dell’art. 7, il<br />

quale affida ad un decreto ministeriale di stabilire, sulla base delle risorse<br />

disponibili e del provvedimento di autorizzazione dell’Ue, il volume d’affari <strong>dei</strong><br />

<strong>con</strong>tribuenti nei cui <strong>con</strong>fronti è applicabile la disposizione del comma 1. Bisogna<br />

pertanto attendere il decreto ministeriale per <strong>con</strong>oscere la platea <strong>dei</strong> destinatari<br />

dell’agevolazione, che se<strong>con</strong>do l’ipotesi <strong>della</strong> relazione tecnica potrebbe<br />

identificarsi nei soggetti <strong>con</strong> volume d’affari annuo non superiore a 200.000 euro.<br />

Un passaggio fondamentale è, comunque, la preventiva autorizzazione<br />

comunitaria prevista dalla citata direttiva 112 del 2006, al cui rilascio è infatti<br />

espressamente subordinata l’efficacia delle disposizioni in commento.<br />

La norma stabilisce che la fattura deve recare l’annotazione che si tratta di<br />

operazione <strong>con</strong> imposta ad esigibilità differita ai sensi dell’art. 7, comma 1, D.L.<br />

n. 185/2008 e che, in mancanza di detta annotazione, vale la regola generale<br />

dell’art. 6, quinto comma, del D.P.R. n. 633/72.<br />

Deve pertanto ritenersi che, quand’anche sussistano i requisiti oggettivi e<br />

soggettivi per l’applicazione dell’agevolazione, se il cedente/prestatore non<br />

qualifica espressamente, nella relativa fattura, l’operazione ad esigibilità<br />

differita, l’imposta si intende esigibile se<strong>con</strong>do il criterio generale (ossia al<br />

momento dell’effettuazione dell’operazione, salvo che possa trovare ingresso il<br />

differimento “ordinario” previsto dal citato quinto comma per le operazioni già<br />

elencate prima). Questa <strong>con</strong>dizione formale – che la norma, invero, non pone<br />

esplicitamente nei termini anzi riferiti – appare giustificata soprattutto in<br />

<strong>con</strong>siderazione di ciò che si è detto a proposito dell’insorgenza del diritto alla<br />

detrazione in capo al cessionario/committente: è infatti indispensabile che<br />

quest’ultimo sia in grado di sapere <strong>con</strong> assoluta certezza quando sorge il proprio<br />

diritto alla detrazione dell’imposta addebitatagli in fattura dal fornitore.<br />

Tralasciando le <strong>con</strong>seguenze finanziarie dell’agevolazione, che sono di segno<br />

opposto per il fornitore e per il cliente, è indubbio che, dal punto di vista<br />

strettamente operativo, l’applicazione <strong>della</strong> disposizione postula per tutti un<br />

aggravio <strong>della</strong> gestione <strong>della</strong> <strong>con</strong>tabilità IVA, imponendo ai <strong>con</strong>tribuenti la<br />

rilevazione del movimento finanziario per la liquidazione dell’imposta, onere che<br />

risulterà, naturalmente, più gravoso per i <strong>con</strong>tribuenti in regime di <strong>con</strong>tabilità<br />

semplificata ai fini reddituali.<br />

Oltremodo complessa potrebbe rivelarsi, poi, la gestione <strong>dei</strong> pagamenti<br />

frazionati di un’unica fattura. In proposito, stante l’assenza di una specifica<br />

<strong>disciplina</strong> (che era presente, invece, in qualche bozza <strong>della</strong> norma circolata tra<br />

gli “addetti ai lavori”), sembra logico <strong>con</strong>cludere – salve eventuali diverse<br />

88


Transazione<br />

fiscale nel<br />

<strong>con</strong>cordato<br />

preventivo<br />

indicazioni che potrebbero arrivare anche dal decreto ministeriale attuativo<br />

previsto dal comma 2 dell’art. 7 – che ciascun pagamento realizzi l’esigibilità<br />

dell’imposta riferibile ella quota di corrispettivo pagato. In questo senso,<br />

peraltro, si è pronunciata l’Agenzia delle entrate nel corso del citato forum<br />

fiscale, affermando che “come già chiarito <strong>con</strong> la risoluzione 5 marzo 2002, n.<br />

75/E, nei casi di IVA ad esigibilità differita il pagamento del corrispettivo<br />

determina l’esigibilità dell’imposta, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza che, in ipotesi di<br />

pagamento, anche parziale, l’esigibilità si verifica pro quota al momento di<br />

ciascun pagamento e la relativa imposta va computata nella liquidazione del<br />

periodo in cui è avvenuto il pagamento stesso. A loro volta i<br />

cessionari/committenti possono esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta<br />

soltanto relativamente alla quota effettivamente corrisposta ai<br />

cedenti/prestatori.<br />

Com’è noto, dopo le recenti modifiche, la legge fallimentare 1 <strong>con</strong>templa,<br />

nell’ambito del <strong>con</strong>cordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, l’istituto<br />

<strong>della</strong> “transazione fiscale”, <strong>disciplina</strong>to dall’art. 182-ter, il quale prevede, in<br />

estrema sintesi, la possibilità di un accordo transattivo tra il debitore e<br />

l’amministrazione finanziaria, <strong>con</strong> possibile falcidia o dilazione <strong>dei</strong> crediti tributari<br />

gestiti dalle Agenzie fiscali. Poiché lo stesso articolo esclude dalla transazione “i<br />

tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea”, l’Agenzia delle entrate,<br />

<strong>con</strong> la circolare 18 aprile 2008, n. 40, ha prudenzialmente ritenuto opportuno, in<br />

attesa che si <strong>con</strong>solidi un orientamento giurisprudenziale, invitare gli uffici ad<br />

escludere l’IVA dalle transazioni fiscali (limitatamente però al solo tributo,<br />

ammettendo quindi la transazione degli interessi e delle sanzioni). La<br />

giurisprudenza civile, di <strong>con</strong>tro, ha ritenuto transigibile anche l’IVA,<br />

<strong>con</strong>testandone la natura – invero <strong>con</strong>troversa, o quantomeno ambigua – di<br />

“risorsa propria” dell’Ue 2 .<br />

Il <strong>con</strong>trasto interpretativo è stato ora risolto dall’art. 22, comma 5 del D.L. n.<br />

185/2008, che ha sostituito il comma 1 dell’art. 182-ter citato, prevedendo che,<br />

<strong>con</strong> riguardo all’imposta sul valore aggiunto, la proposta di transazione può<br />

prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento.<br />

1 R.D. 16 marzo 1942, n. 267<br />

2 Il Tribunale di Milano ha preso esplicitamente posizione in tal senso <strong>con</strong> una nota dell’11 novembre<br />

2008 a firma del Presidente <strong>della</strong> Sezione fallimentare, Bartolomeo Quatraro (cfr. ItaliaOggi del 14<br />

novembre 2008).<br />

89


Soppressione<br />

di adempimenti<br />

“in stand by”<br />

Aliquota<br />

sull’abbonamen<br />

to alla pay-tv<br />

L’articolo 16 del D.L. n. 185/2008, nel quadro delle misure volte a ridurre i costi<br />

amministrativi a carico delle imprese, ha soppresso alcuni adempimenti<br />

introdotti nella precedente legislatura, che peraltro erano ancora in attesa di<br />

attuazione. Queste le norme abrogate:<br />

commi da 33 a 37-ter dell’art. 37 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, che<br />

prevedevano, in via generalizzata, l’obbligo di trasmissione telematica<br />

all’Agenzia delle entrate <strong>dei</strong> corrispettivi delle operazioni poste in essere<br />

dai <strong>con</strong>tribuenti non tenuti all’emissione <strong>della</strong> fattura;<br />

commi da 30 a 32 dell’art. 1 <strong>della</strong> legge 24 dicembre 2006, n. 296, che<br />

prevedevano, a carico <strong>dei</strong> <strong>con</strong>tribuenti titolari di partita IVA, l’obbligo di<br />

comunicare preventivamente all’Agenzia delle entrate le compensazioni di<br />

crediti superiori a 10.000 euro; in proposito, si segnalano le misure di<br />

<strong>con</strong>trasto dell’utilizzazione di crediti inesistenti introdotte dai commi 16-<br />

20 dell’art. 27 del medesimo D.L. n. 185/2008 ;<br />

commi da 363 a 366 dell’art. 1 <strong>della</strong> legge 24 dicembre 2007, n. 244, che<br />

prevedevano, a partire dal 2009, il <strong>con</strong>trollo fiscale delle cessioni di beni e<br />

delle prestazioni di servizi effettuate tramite apparecchi distributori<br />

automatici mediante l’installazione, negli apparecchi stessi, di appositi<br />

dispositivi elettronici.<br />

L’art. 31, comma 1 del D.L. n. 185/2008 ha disposto l’abrogazione, a decorrere<br />

dal 1° gennaio 2009, del n. 123-ter) <strong>della</strong> Tabella A, parte III, allegata al D.P.R.<br />

n. 633/72, che prevedeva l’aliquota del 10% sui “canoni di abbonamento alle<br />

radiodiffusioni circolari trasmesse in forma codificata, nonché alla diffusione<br />

radiotelevisiva <strong>con</strong> accesso <strong>con</strong>dizionato effettuata in forma digitale a mezzo di<br />

reti via cavo o via satellite ivi comprese le trasmissioni televisive punto-punto<br />

<strong>con</strong> esclusione <strong>dei</strong> corrispettivi dovuti per la ricezione di programmi di <strong>con</strong>tenuto<br />

pornografico”.<br />

Di <strong>con</strong>seguenza, dalla predetta data l’abbonamento alla pay-tv s<strong>con</strong>ta l’aliquota<br />

IVA ordinaria del 20%. Va osservato che l’aliquota agevolata era legittimata<br />

dalla normativa comunitaria, e precisamente dal combinato disposto dell’art. 98<br />

<strong>della</strong> citata direttiva n. 112 del 2006 e dell’allegato III, n. 8) alla direttiva stessa,<br />

che <strong>con</strong>sente l’applicazione dell’aliquota ridotta alla ricezione di servizi<br />

radiotelevisivi. La Commissione europea aveva però ritenuto la norma italiana<br />

discriminatoria, in quanto agevolava solo i servizi televisivi in abbonamento.<br />

90


Territorialità <strong>dei</strong><br />

servizi<br />

elettronici e<br />

radiotelevisivi<br />

Il comma 2 dello stesso art. 31 ha sostituito l’art. 2 del D.Lgs. 1° agosto 2003,<br />

n. 273, allo scopo di adeguare in modo automatico il periodo di vigenza del<br />

particolare regime transitorio di applicazione dell’IVA sulle prestazioni di e-<br />

commerce e su quelle radiotelevisive alla durata stabilita dalla normativa<br />

comunitaria, 3 rendendo quindi non necessari ulteriori interventi in <strong>con</strong>seguenza<br />

di eventuali, successive proroghe che dovessero essere disposte in sede Ue.<br />

3 Cfr. gli articoli 59 e 357 <strong>della</strong> direttiva n. 112 del 2006.<br />

91


DETRAZIONE IVA SULLE SPESE ALBERGHIERE E DI<br />

RISTORAZIONE<br />

Dal 1° settembre 2008 è stato ripristinato il diritto alla detrazione dell’IVA sulle<br />

spese alberghiere e di ristorazione, se inerenti all’attività del soggetto passivo.<br />

La novità, introdotta per evitare una probabile <strong>con</strong>danna dell’Italia da parte<br />

<strong>della</strong> Corte di giustizia delle Comunità, avrà un rilevante impatto operativo e<br />

<strong>con</strong>tabile per i <strong>con</strong>tribuenti.<br />

Per far quadrare i <strong>con</strong>ti, poi, il legislatore ha ridotto la deducibilità di tali spese<br />

ai fini del reddito.<br />

Con la soppressione del divieto di detrazione dell’IVA sulle spese per prestazioni<br />

alberghiere e somministrazioni di alimenti e bevande, è stato demolito un altro<br />

muro eretto, a suo tempo, senza <strong>con</strong>cessione edilizia.<br />

Fuor di metafora, sul divieto, in origine <strong>con</strong>tenuto nel se<strong>con</strong>do comma dell’art.<br />

19 del D.P.R. 26 ottobre 1972, indi riformulato e allocato nella lettere e) del<br />

comma 1 dell’art. 19-bis1, gravava il sospetto di non <strong>con</strong>formità <strong>con</strong> la<br />

normativa comunitaria, donde l’avvio, su iniziativa <strong>della</strong> Commissione europea,<br />

di un procedimento di infrazione <strong>con</strong>tro l’Italia. La norma, infatti, venne<br />

introdotta a decorrere dal 1° aprile 1979, dunque successivamente all’entrata in<br />

vigore <strong>della</strong> sesta direttiva (77/388/CEE del 17 maggio 1977), che, com’è noto,<br />

nel demandare ad un successivo provvedimento del Consiglio europeo (mai<br />

venuto alla luce) l’incarico di armonizzare le esclusioni del diritto alla detrazione,<br />

<strong>con</strong>sentiva in via transitoria agli Stati membri di mantenere le limitazioni<br />

esistenti nei rispettivi ordinamenti alla data di entrata in vigore <strong>della</strong> direttiva<br />

stessa, ma non di introdurne di nuove, eccetto che per motivi <strong>con</strong>giunturali e<br />

previa informazione del Comitato Iva (c.d. clausola “standstill”) 4 .<br />

Allo scopo di evitare una più che probabile censura da parte <strong>della</strong> Corte di<br />

giustizia, dunque, il legislatore è intervenuto <strong>con</strong> il comma 28-bis dell’art. 83 del<br />

D.L. 25 giugno 2008, n. 112, aggiunto dalla legge di <strong>con</strong>versione 6 agosto 2008,<br />

n. 133, cancellando dalla disposizione <strong>della</strong> predetta lettera e) qualsiasi<br />

riferimento alle prestazioni alberghiere e alle somministrazioni di alimenti e<br />

bevande. Di <strong>con</strong>seguenza, poiché tali prestazioni non formano più oggetto di<br />

4 Cfr. l’art. 17, paragrafi 6 e 7, <strong>della</strong> sesta direttiva, le cui disposizioni sono ora riprodotte negli articoli<br />

176 e 177 <strong>della</strong> direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006, c.d. direttiva Iva “rifusa”. Per<br />

completezza, si deve rammentare che l’art. 27 <strong>della</strong> sesta direttiva (ora art. 395 <strong>della</strong> direttiva “rifusa”)<br />

prevede che il Consiglio può autorizzare ciascuno Stato membro a mantenere o introdurre <strong>particolari</strong><br />

misure di deroga alla direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune<br />

frodi o evasioni fiscali.<br />

93


Prestazioni rese<br />

delle agenzie di<br />

viaggi<br />

disposizioni <strong>particolari</strong> in ordine alla detrazione dell’imposta, esse tornano a<br />

ricadere nella <strong>disciplina</strong> generale, se<strong>con</strong>do cui il diritto alla detrazione<br />

dell’imposta che ha gravato gli acquisti e le importazioni di beni e servizi del<br />

soggetto passivo spetta se e nella misura in cui tali beni e servizi sono impiegati<br />

nello svolgimento di un’attività dalla quale derivano operazioni imponibili (o<br />

equiparate). Ovviamente non trarranno beneficio dalla novità – e anzi<br />

risulteranno penalizzati per via del <strong>con</strong>temporaneo giro di vite sul versante<br />

reddituale, cui si accennerà in ultimo – i soggetti per i quali l’imposta è<br />

comunque indetraibile per effetto del regime di esenzione delle operazioni attive<br />

oppure dell’adozione di regimi speciali (es. agricoltura, intrattenimenti).<br />

Tornando alla <strong>disciplina</strong> generale, posto che la sussistenza del requisito<br />

dell’inerenza deve essere dimostrata dal <strong>con</strong>tribuente che intenda far valere il<br />

diritto alla detrazione, si accendono ora i riflettori su tale questione di fatto, che<br />

pone il problema – non sempre facile, laddove si tratti, come nella fattispecie, di<br />

spese dirette a soddisfare bisogni personali – dell’accertamento e <strong>della</strong> prova<br />

del requisito stesso. Problema la cui soluzione risulterà più o meno agevole a<br />

se<strong>con</strong>da delle situazioni <strong>con</strong>crete, essendo evidente che le spese di vitto e<br />

alloggio sostenute per i dipendenti in trasferta non pongono le stesse difficoltà<br />

del <strong>con</strong>to <strong>della</strong> cena dell’amministratore delegato nel ristorante in città.<br />

In linea generale, comunque, è da ritenere che non possa attribuirsi alcun<br />

rilievo, ai fini dell’accertamento del requisito dell’inerenza, all’entità <strong>della</strong> spesa,<br />

poiché l’esistenza o meno del nesso <strong>della</strong> prestazione alberghiera o di<br />

ristorazione fruita non può affermarsi o negarsi in ragione dell’ammontare del<br />

<strong>con</strong>to.<br />

La rimozione del divieto di detrazione pone in posizione di svantaggio<br />

<strong>con</strong>correnziale le agenzie di viaggi che fornis<strong>con</strong>o prestazioni alberghiere e di<br />

ristorazione nel quadro del regime speciale regolato dall’art. 74-ter del D.P.R. n.<br />

633/72, e dunque senza diritto alla detrazione “a monte” e <strong>con</strong> il divieto di<br />

evidenziare l’Iva “a valle”.<br />

La questione, invero, si era già presentata, sia pure <strong>con</strong> portata più circoscritta,<br />

a seguito <strong>della</strong> legge Finanziaria 2007, che aveva già rimosso il divieto<br />

limitatamente alle prestazioni erogate in occasione di <strong>con</strong>vegni, <strong>con</strong>gressi e<br />

94


Modalità per<br />

l’esercizio <strong>della</strong><br />

detrazione<br />

simili. 5 Al fine di porvi rimedio, l’art. 1, comma 77 <strong>della</strong> legge 24 dicembre 2007,<br />

n. 244 ha aggiunto all’art. 74-ter citato il comma 8-bis, il quale stabilisce che le<br />

agenzie di viaggi e turismo possono, per le prestazioni di organizzazione di<br />

<strong>con</strong>vegni, <strong>con</strong>gressi e simili, applicare il regime ordinario dell’imposta, <strong>con</strong> diritto<br />

di detrarre l’imposta dovuta o versata per i servizi da esse acquistati dai loro<br />

fornitori, se si tratta di operazioni effettuate a diretto vantaggio del cliente.<br />

L’efficacia di questa disposizione, tuttavia, ai sensi del successivo comma 78, è<br />

subordinata alla <strong>con</strong>cessione di un’autorizzazione comunitaria ai sensi dell’art.<br />

395 <strong>della</strong> direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006, che ad oggi non risulta<br />

rilasciata. Alla luce, però, <strong>della</strong> soppressione generalizzata del divieto ad opera<br />

<strong>della</strong> legge n. 133/2008, quella soluzione appare inadeguata, per cui occorrerà<br />

un nuovo intervento legislativo.<br />

Per poter esercitare il diritto alla detrazione, occorre che la spesa sia<br />

documentata da fattura emessa ai sensi dell’art. 21 del D.P.R. n. 633/72,<br />

attestante l’addebito dell’imposta, da parte del prestatore, in adempimento<br />

dell’obbligo di rivalsa. Considerato che per la deducibilità <strong>della</strong> spesa ai fini<br />

dell’imposizione diretta è invece sufficiente la ricevuta fiscale integrata o il c.d.<br />

s<strong>con</strong>trino fiscale parlante, come espressamente previsto dall’art. 3, comma 1,<br />

del D.P.R. 21 dicembre 1996, n. 696, la possibilità di detrarre l’Iva avrà<br />

sicuramente un impatto sugli adempimenti <strong>con</strong>tabili degli operatori (soprattutto<br />

per gli esercenti, ma anche per i clienti) in termini di aumento <strong>della</strong> fatturazione<br />

e, <strong>con</strong>seguentemente, delle registrazioni.<br />

Occorre ricordare che le prestazioni alberghiere e le somministrazioni di alimenti<br />

e bevande effettuate dai pubblici esercizi rientrano tra le operazioni per le quali,<br />

ai sensi dell’art. 22, comma 1 del D.P.R. n. 633/72, l’emissione <strong>della</strong> fattura non<br />

è obbligatoria se non è richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione<br />

dell’operazione (su cui infra). Ora, se prima delle modifiche in commento<br />

raramente il cliente aveva interesse a richiedere la fattura, potendo<br />

documentare la spesa <strong>con</strong> i sopra richiamati strumenti di certificazione <strong>dei</strong><br />

corrispettivi, la rimozione del divieto di detrazione dell’Iva ha cambiato la<br />

situazione ed è pertanto prevedibile l’incremento delle richieste di fatturazione,<br />

anche in relazione ad operazioni di importo modesto. 6<br />

5 Art. 1, comma 304, <strong>della</strong> legge 27 dicembre 2006, n. 296.<br />

6 Va evidenziato, in proposito, che se il cliente richiede la fattura, l’esercente è tenuto ad emetterla,<br />

indipendentemente dal valore dell’operazione. Si ricorda, inoltre, che l’art. 21, comma 8, del D.P.R. n.<br />

95


Spese anticipate<br />

dal committente<br />

per <strong>con</strong>to del<br />

professionista<br />

Per attenuare l’aggravio gestionale ed amministrativo, i soggetti che<br />

intrattengono <strong>rapporti</strong> <strong>con</strong>tinuativi o comunque frequenti potranno ricorrere alla<br />

fatturazione periodica, stipulando apposite <strong>con</strong>venzioni che prevedano, ad<br />

esempio, l’emissione <strong>della</strong> fattura <strong>con</strong> cadenza mensile in relazione a tutte le<br />

prestazioni erogate nel periodo. Si ricorda, al riguardo, che, trattandosi di<br />

prestazioni di servizi, il momento di effettuazione dell’operazione, ai sensi<br />

dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/72, è quello del pagamento del corrispettivo, salvo<br />

che venga emessa fattura anticipata. Anche in questo caso, tuttavia, resta<br />

fermo, per l’esercente, l’obbligo di provvedere alla certificazione <strong>dei</strong> corrispettivi,<br />

mediante emissione di ricevuta fiscale o di s<strong>con</strong>trino fiscale, al momento<br />

dell’ultimazione <strong>della</strong> prestazione, ai sensi dell’art. 12 <strong>della</strong> legge 30 dicembre<br />

1991, n. 413 e delle altre norme ivi richiamate. Con l’art. 3, comma 2 del D.P.R.<br />

n. 696/1996, tuttavia, è stato stabilito che l’obbligo di certificazione non sussiste<br />

se al momento dell’ultimazione <strong>della</strong> prestazione sia emessa fattura. 7<br />

Quanto agli obblighi di registrazione, oltre alle disposizioni di carattere generale<br />

dell’art. 24, se<strong>con</strong>do comma del D.P.R. n. 633/72, che <strong>con</strong>sentono ai soggetti<br />

dell’art. 22 di annotare cumulativamente i corrispettivi delle operazioni,<br />

comprese quelle effettuate <strong>con</strong> rilascio di fattura, si devono ricordare le<br />

semplificazioni previste dall’art. 6, commi 1 e 6 del D.P.R. 9 dicembre 1996, n.<br />

695, se<strong>con</strong>do cui:<br />

per le fatture emesse nel corso di un mese, di importo inferiore a 154,94<br />

€, può essere annotato <strong>con</strong> riferimento a tale mese, in luogo di ciascuna<br />

fattura, un documento riepilogativo nel quale devono essere indicati i<br />

numeri delle fatture cui si riferisce, l’ammontare complessivo<br />

dell’imponibile e quello dell’imposta, distinti se<strong>con</strong>do l’aliquota applicata;<br />

analogo documento riepilogativo può essere annotato, in luogo di<br />

ciascuna fattura, in relazione alle fatture d’acquisto di importo inferiore a<br />

154,94 €.<br />

Un problema particolare sorge in relazione alla disposizione dell’art. 54, comma<br />

5, se<strong>con</strong>do periodo del T.U.I.R., che prevede, in deroga alle limitazioni,<br />

l’integrale deducibilità delle spese relative a prestazioni alberghiere e a<br />

somministrazioni di alimenti e bevande ai fini <strong>della</strong> determinazione del reddito di<br />

633/72 stabilisce che le spese di emissione <strong>della</strong> fattura e <strong>dei</strong> <strong>con</strong>seguenti adempimenti e formalità non<br />

possono formare oggetto di addebito, a qualsiasi titolo.<br />

7 Cfr. i chiarimenti <strong>con</strong>tenuti nella circolare n. 4 aprile 1997, n. 97.<br />

96


Spese di<br />

rappresentanza<br />

e acquisti di<br />

alimenti e<br />

bevande<br />

lavoro autonomo, nel caso in cui le spese siano sostenute dal committente per<br />

<strong>con</strong>to del professionista e da questi addebitate nella fattura.<br />

L’Agenzia delle entrate, al riguardo, nella circolare 4 agosto 2006, n. 28 ha<br />

precisato che “…il committente riceverà da colui che presta il servizio alberghiero<br />

o di ristorazione il documento fiscale a lui intestato <strong>con</strong> l’esplicito riferimento al<br />

professionista che ha usufruito del servizio. Il committente comunicherà al<br />

professionista l’ammontare <strong>della</strong> spesa effettivamente sostenuta e invierà allo<br />

stesso copia <strong>della</strong> relativa documentazione fiscale…”.<br />

Nell’ipotesi in cui l’anticipazione del committente si riferisca <strong>con</strong>giuntamente a<br />

più soggetti, ad esempio i relatori di un <strong>con</strong>vegno, <strong>con</strong> la successiva circolare 16<br />

febbraio 2007, n. 11 è stato precisato che “…la deduzione da parte del<br />

professionista che riaddebita l’importo è subordinata alla circostanza che la<br />

fattura emessa dall’albergatore o dal ristoratore…specifichi quale parte del<br />

corrispettivo si riferisce a ciascuno <strong>dei</strong> professionisti stessi.”<br />

La detraibilità dell’Iva impone un aggiornamento delle predette indicazioni 8 , in<br />

parte operato dall’Agenzia delle entrate <strong>con</strong> la circolare 5 settembre 2008, n. 53,<br />

emanata a commento delle nuove disposizioni. Nell’occasione, infatti, dopo avere<br />

precisato che qualora la prestazione sia fruita da un soggetto diverso<br />

dall’effettivo committente del servizio, ai fini <strong>della</strong> detrazione è necessario che la<br />

fattura rechi anche l’intestazione di tale soggetto, per cui il datore di lavoro<br />

potrà, ad esempio, detrarre l’imposta relativa alle prestazioni rese al proprio<br />

dipendente in trasferta se risulti cointestatario <strong>della</strong> fattura, l’Agenzia ha chiarito<br />

che “analogamente nel caso in cui il cliente anticipi le spese alberghiere e di<br />

ristorazione del professionista, la fattura deve essere intestata anche a<br />

quest’ultimo per <strong>con</strong>sentirgli di detrarre l’imposta addebitata.” Non sarebbero<br />

inopportune, tuttavia, ulteriori specificazioni in ordine alla “cointestazione” <strong>della</strong><br />

fattura, che sembrerebbe cosa diversa dalla semplice menzione sul documento<br />

del nominativo del beneficiario (o <strong>dei</strong> beneficiari) <strong>della</strong> prestazione in aggiunta a<br />

quelli del committente.<br />

Le spese alberghiere e di ristorazione possono anche assumere, a se<strong>con</strong>da del<br />

<strong>con</strong>testo, la veste di spese di rappresentanza. In tal caso, come osservato da<br />

Assonime nella circolare n. 50 del 7 agosto 2008 e <strong>con</strong>fermato dall’Agenzia nella<br />

circolare n. 53 sopra citata, l’IVA resta indetraibile per effetto <strong>della</strong> disposizione<br />

dell’art. 19-bis1, lett. h), del D.P.R. n. 633/72, che non <strong>con</strong>sente la detrazione<br />

8 Invero, <strong>con</strong> riferimento all’esemplificazione proposta, l’aggiornamento si imponeva già <strong>con</strong> l’entrata in<br />

vigore <strong>della</strong> legge n. 244/2007, che aveva ammesso la detrazione in relazione alle prestazioni fruite in<br />

occasione <strong>della</strong> partecipazione a <strong>con</strong>vegni, <strong>con</strong>gressi e simili.<br />

97


dell’imposta relativa, appunto, “alle spese di rappresentanza, come definite ai<br />

fini delle imposte sul reddito, tranne quelle sostenute per l’acquisto di beni di<br />

costo unitario non superiore a lire cinquantamila (25,82 €).”<br />

Si è dell’avviso che la situazione non muti <strong>con</strong> la nuova <strong>disciplina</strong> fiscale<br />

introdotta dalla legge finanziaria 2008, che, com’è noto, ha modificato l’art. 108,<br />

comma 2 del T.U.I.R. prevedendo l’integrale deducibilità delle spese di<br />

rappresentanza, nell’esercizio di sostenimento, “…se rispondenti ai requisiti di<br />

inerenza e <strong>con</strong>gruità stabiliti <strong>con</strong> decreto del Ministro dell’e<strong>con</strong>omia e delle<br />

finanze…”, in quanto tale <strong>disciplina</strong> non modifica la natura delle spese stesse. 9<br />

Del resto, l’indetraibilità dell’IVA sulle spese in questione risulta <strong>con</strong>forme agli<br />

obiettivi <strong>della</strong> normativa comunitaria, che nell’incaricare, come si è detto, il<br />

Consiglio europeo di individuare le spese da escludere dal diritto alla detrazione,<br />

prevede che “in ogni caso, saranno escluse dal diritto alla detrazione le spese<br />

non aventi un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di<br />

divertimento o di rappresentanza”. 10<br />

Questa sostanziale <strong>con</strong>formità, tuttavia, non fuga il dubbio che anche la norma<br />

<strong>della</strong> lettera h) sia in <strong>con</strong>trasto <strong>con</strong> la clausola c.d. “standstill” sopra richiamata,<br />

in quanto è stata introdotta solo <strong>con</strong> il D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 313. In<br />

proposito, la circolare del Ministero delle finanze 24 dicembre 1997, n. 328, nel<br />

precisare che “le spese di rappresentanza sono quelle sostenute dai <strong>con</strong>tribuenti<br />

per offrire al pubblico una immagine positiva di se stessi e <strong>della</strong> propria attività,<br />

nonché per promuovere l’acquisizione e il <strong>con</strong>solidamento del proprio prestigio”,<br />

osservava che la norma <strong>della</strong> lettera h) “recepisce quanto previsto dall’art. 17,<br />

paragrafo 6, <strong>della</strong> VI direttiva CEE”. In ordine a tale disposizione, tuttavia, nella<br />

sentenza 21 aprile 2005, causa C-25/03, punto 51, la Corte di giustizia ha<br />

rilevato che, allo stato attuale del diritto comunitario, non esiste alcun atto del<br />

Consiglio che escluda il diritto alla detrazione per le spese non aventi carattere<br />

strettamente professionale, quali le spese per fini di lusso, di svago o di<br />

rappresentanza.<br />

Un’altra disposizione, oggettivamente <strong>con</strong>tigua, che non è stata toccata dal<br />

recente intervento legislativo è quella <strong>della</strong> lettera f) dell’art. 19-bis1, che<br />

dichiara non detraibile “l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di<br />

alimenti e bevande ad eccezione di quelli che formano oggetto dell’attività<br />

9<br />

Il fatto che la circolare n. 53 dell’Agenzia, pur accennando alla <strong>disciplina</strong> reddituale, non prenda<br />

esplicitamente posizione sulla questione, sembra potersi intendere come una <strong>con</strong>ferma <strong>della</strong> tesi qui<br />

sostenuta.<br />

10<br />

Cfr. l’art. 176 <strong>della</strong> direttiva n. 112 del 2006 (in precedenza, l’art. 17, par. 6 <strong>della</strong> sesta direttiva del<br />

1977).<br />

98


Decorrenza<br />

Imposte dirette<br />

propria dell’impresa o di somministrazione in mense scolastiche, aziendali o<br />

interaziendali o mediante distributori automatici collocati nei locali<br />

dell’impresa”. 11<br />

La disposizione, dunque, rimane in vigore, ma anche su di essa grava, sempre<br />

per il medesimo motivo (ossia l’introduzione in violazione <strong>della</strong> clausola<br />

“standstill”), il dubbio di non <strong>con</strong>formità alla normativa comunitaria.<br />

La modifica alla lettera e) dell’art. 19-bis1 si applica alle operazioni effettuate a<br />

partire dal 1° settembre 2008. Come <strong>con</strong>fermato dall’Agenzia nella circolare n.<br />

53 citata, per determinare il momento di effettuazione dell’operazione occorre<br />

fare riferimento all’art. 6 del D.P.R. n. 633/72, per cui, trattandosi di prestazioni<br />

di servizi, la detrazione potrà essere esercitata in relazione alle prestazioni il cui<br />

corrispettivo sia pagato a decorrere dal 1° settembre 2008, sempreché non sia<br />

stata emessa precedentemente fattura. Pertanto, ad esempio, anche la<br />

prestazione alberghiera erogata il 31 agosto 2008, ma pagata il giorno<br />

successivo, rientra nella nuova <strong>disciplina</strong>, a meno che non sia stata fatturata in<br />

anticipo; viceversa, non sarà possibile esercitare la detrazione per la prestazione<br />

alberghiera erogata il 1° settembre 2008, se pagata oppure fatturata<br />

precedentemente.<br />

Al fine di bilanciare gli effetti <strong>della</strong> detraibilità dell’Iva sui <strong>con</strong>ti pubblici, il<br />

legislatore è <strong>con</strong>testualmente intervenuto sul versante delle imposte sui redditi,<br />

introducendo un nuovo tetto alla deducibilità <strong>dei</strong> costi.<br />

Con il comma 28-quater del medesimo art. 83, infatti, sono stati modificati gli<br />

articoli 109 e 54 del T.U.I.R., disponendo che le spese relative a prestazioni<br />

alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande, eccettuate quelle<br />

sostenute per le trasferte di dipendenti e collaboratori, sono deducibili nella<br />

misura del 75%, fermo restando, per i lavoratori autonomi, il tetto complessivo<br />

del 2% <strong>dei</strong> compensi.<br />

Su queste modifiche, peraltro, si registrano i chiarimenti più interessanti<br />

<strong>con</strong>tenuti nella circolare n. 53 citata, che possono così riassumersi:<br />

ai fini <strong>della</strong> determinazione del reddito di lavoro autonomo, le spese in<br />

argomento sono deducibili nella misura del 75%, <strong>con</strong> l’ulteriore<br />

(preesistente) limite massimo del 2% <strong>dei</strong> compensi; la limitazione al<br />

75%, inoltre, opera anche qualora le spese si <strong>con</strong>figurino come di<br />

11 La portata di tale ultima eccezione, invero, non è del tutto comprensibile, specie laddove fa riferimento<br />

ai locali dell’impresa, sicché, in assenza di chiarimenti, si registrano interpretazioni difformi.<br />

99


appresentanza, ipotesi nella quale, peraltro, trova applicazione l’ulteriore<br />

limite massimo dell’1% di cui al terzo periodo dell’art. 54 del T.U.I.R.;<br />

qualora, poi, le spese siano sostenute in occasione <strong>della</strong> partecipazione a<br />

<strong>con</strong>vegni, <strong>con</strong>gressi e simili, si applicano <strong>con</strong>giuntamente, nell’ordine, la<br />

nuova limitazione al 75% e quella al 50% di cui all’ultimo periodo dell’art.<br />

54, sicché in pratica sarà ammessa in deduzione il 50% del 75% <strong>della</strong><br />

spesa; infine, unica lettura favorevole al <strong>con</strong>tribuente, la nuova<br />

limitazione non opera nell’ipotesi di anticipazione <strong>della</strong> spesa da parte del<br />

committente, <strong>con</strong> successivo addebito in fattura da parte del<br />

professionista ai sensi del se<strong>con</strong>do periodo dell’art. 54;<br />

analogamente, ai fini <strong>della</strong> determinazione del reddito d’impresa, la<br />

riduzione <strong>della</strong> deduzione al 75% vale anche nel caso in cui la spesa si<br />

qualifichi di rappresentanza, sempreché sussistano i presupposti di<br />

deducibilità se<strong>con</strong>do la nuova <strong>disciplina</strong> del comma 2 dell’art. 108 del<br />

T.U.I.R.<br />

Ai sensi del comma 28-quinquies, la limitazione <strong>della</strong> deduzione al 75% opera a<br />

decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre<br />

2008, <strong>con</strong> obbligo, però, di tenerne <strong>con</strong>to già in sede di determinazione degli<br />

ac<strong>con</strong>ti dovuti per detto periodo d’imposta.<br />

100


DETRAZIONE IVA DEI COSTI DEI VEICOLI<br />

Oggetto <strong>della</strong><br />

limitazione<br />

<strong>della</strong> detrazione<br />

sui veicoli<br />

Con una serie di modifiche all’art. 19-bis1 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e<br />

alla tabella B allegata al medesimo D.P.R., la legge finanziaria 2008 12 ha<br />

ridefinito la <strong>disciplina</strong> <strong>della</strong> detrazione dell’IVA relativa a determinati mezzi di<br />

trasporto. Ciò, come spiega la relazione di accompagnamento all’emendamento<br />

che ha introdotto le modifiche nel corso dell’iter parlamentare del disegno di<br />

legge, al fine di tenere <strong>con</strong>to <strong>della</strong> nuova <strong>disciplina</strong> <strong>della</strong> detrazione risultante<br />

dalla decisione del Consiglio dell’Unione europea del 18 giugno 2007, pubblicata<br />

nella G.U.U.E. del 27 giugno successivo. Parallelamente, la legge interviene <strong>con</strong><br />

apposite disposizioni sul versante delle operazioni attive realizzate mediante i<br />

predetti mezzi di trasporto, in parte per le medesime finalità di adeguamento<br />

<strong>della</strong> normativa nazionale ai principi comunitari, in parte per finalità antielusive.<br />

Nel presente intervento si procede ad un primo esame <strong>della</strong> nuova <strong>disciplina</strong>,<br />

accennando altresì, per <strong>con</strong>nessione d’argomento, alle novità che la stessa legge<br />

ha apportato in materia di detrazione dell’IVA relativa alle spese di telefonia<br />

mobile.<br />

Si deve innanzitutto evidenziare come, nella riformulata disposizione <strong>della</strong><br />

lettera c) dell’art. 19-bis1, l’oggetto <strong>della</strong> limitazione <strong>della</strong> detrazione al 40%<br />

non siano più ciclomotori, motocicli, autovetture e autoveicoli di cui all’art. 54<br />

del D.Lgs. n. 285 del 30 aprile 1992, bensì i “veicoli stradali a motore, diversi da<br />

quelli di cui alla lettera f) dell’allegata tabella B”.<br />

La norma stessa, inoltre, chiarisce che per veicoli stradali a motore si intendono<br />

“tutti i veicoli a motore, diversi dai trattori agricoli o forestali, normalmente<br />

adibiti al trasporto stradale di persone o beni la cui massa massima autorizzata<br />

non supera 3.500 Kg e il cui numero di posti a sedere, escluso quello del<br />

<strong>con</strong>ducente, non è superiore a otto”. Sia la nuova nozione sia la relativa<br />

definizione ricalcano fedelmente l’articolo 5 <strong>della</strong> citata decisione del Consiglio.<br />

Dall’innovazione appena descritta discende che i veicoli rientranti nella<br />

definizione sopra riportata sono ora assoggettati alla medesima <strong>disciplina</strong>,<br />

indipendentemente dalla classificazione ai fini delle norme del codice <strong>della</strong><br />

strada.<br />

12 Legge 24 dicembre 2007, n. 244, pubblicata nel S.O. n. 285 alla G.U. n. 300 del 28 dicembre 2007.<br />

101


E’ da sottolineare che la disposizione <strong>della</strong> lettera c) non si applica ai veicoli di<br />

cui alla lettera f) <strong>della</strong> tabella B allegata al D.P.R. n. 633/72, ovverosia ai<br />

motocicli ad uso privato <strong>con</strong> motore di cilindrata superiore a 350 c.c., ai quali<br />

resta pertanto applicabile la più rigorosa disposizione <strong>della</strong> lettera b) del<br />

medesimo art. 19-bis1, che preclude totalmente la detrazione dell’imposta, salvo<br />

che i beni formino oggetto dell’attività propria dell’impresa.<br />

In se<strong>con</strong>do luogo, la predeterminazione legale <strong>della</strong> misura <strong>della</strong> detrazione al<br />

40% - che precedentemente non ammetteva la prova <strong>con</strong>traria, fatte salve le<br />

specifiche eccezioni previste – è ora riferita ai veicoli che non sono utilizzati<br />

esclusivamente nell’esercizio dell’impresa, dell’arte o <strong>della</strong> professione.<br />

Di <strong>con</strong>seguenza, la limitazione non opera per i veicoli ad uso esclusivo<br />

dell’attività del soggetto passivo, il quale, nel nuovo regime, ha pertanto la<br />

possibilità di computare integralmente in detrazione l’imposta, fermo restando,<br />

in tal caso, l’onere probatorio dell’inerenza totale. Anche su questo punto la<br />

nuova <strong>disciplina</strong> ricalca l’atto comunitario, che difatti ha autorizzato l’Italia a<br />

limitare al 40% il diritto alla detrazione dell’IVA sulle spese relative ai veicoli<br />

“non interamente utilizzati a fini professionali”.<br />

Si potrebbe dire, in sostanza, che la presunzione di inerenza parziale, sottesa<br />

alla forfetizzazione dell’entità <strong>della</strong> detrazione, è stata trasformata da assoluta a<br />

relativa, accentuandone in tal modo la finalità di semplificazione del sistema. Va<br />

peraltro rilevata una certa similarità <strong>della</strong> nuova disposizione <strong>con</strong> quella dell’art.<br />

164, comma 1, n. 1) del D.P.R. 22 dicembre 1996, n. 917 (Tuir), che com’è noto<br />

prevede la deducibilità integrale delle spese relative ai veicoli ivi indicati, se<br />

“destinati ad essere utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell’attività<br />

propria dell’impresa”. E’ da ritenere, tuttavia, che, in merito all’individuazione<br />

del requisito dell’utilizzazione esclusiva, l’amministrazione finanziaria non possa<br />

riproporre ai fini dell’IVA l’interpretazione rigorosa adottata ai fini<br />

dell’imposizione diretta, se<strong>con</strong>do cui si <strong>con</strong>siderano utilizzati esclusivamente<br />

come beni strumentali dell’attività propria dell’impresa i veicoli senza i quali<br />

l’attività stessa non può essere esercitata, quali ad esempio le autovetture delle<br />

imprese di autonoleggio, 13 se non altro in ragione <strong>della</strong> sopravvenuta<br />

omologazione di trattamento <strong>dei</strong> veicoli rientranti nella definizione riportata<br />

sopra, a prescindere dalla classificazione se<strong>con</strong>do il codice <strong>della</strong> strada.<br />

Un’altra innovazione riguarda la ridefinizione delle operazioni <strong>con</strong>siderate nella<br />

lettera c) dell’art. 19-bis1, che infatti, nella nuova formulazione, menziona<br />

soltanto l’acquisto e l’importazione <strong>dei</strong> veicoli e <strong>dei</strong> relativi componenti e ricambi,<br />

13 Circolare 13 febbraio 1997, n. 37.<br />

102


mentre le prestazioni di servizi relative ai veicoli medesimi (prestazioni di cui al<br />

terzo comma dell’art. 16, custodia, manutenzione, ecc.) sono state spostate<br />

nella successiva lettera d). Si tratta di una modifica di ordine sistematico, priva<br />

di effetti <strong>con</strong>creti, essendo <strong>con</strong>fermato il principio per cui l’imposta relativa alle<br />

predette prestazioni, nonché all’acquisto di carburanti e lubrificanti, è ammessa<br />

in detrazione nella stessa misura in cui è ammessa in detrazione l’imposta<br />

relativa all’acquisto o all’importazione del veicolo. In questo <strong>con</strong>testo, è da<br />

registrare tuttavia la novità <strong>con</strong>cernente le prestazioni di transito stradale <strong>dei</strong><br />

veicoli, che sono state trasferite dalla lettera e) alla lettera d), <strong>con</strong> <strong>con</strong>testuale<br />

rimozione <strong>della</strong> previsione di totale indetraibilità (riferita alle autovetture e agli<br />

autoveicoli) e assoggettamento al medesimo regime delle altre spese<br />

<strong>con</strong>cernenti i veicoli.<br />

Da segnalare, infine, la decorrenza retroattiva delle novità sopradescritte: ai<br />

sensi dell’art. 1, comma 264, <strong>della</strong> legge, infatti, le disposizioni <strong>con</strong>cernenti il<br />

diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai veicoli stradali a motore trovano<br />

applicazione dal 28 giugno 2007, giorno successivo a quello di pubblicazione<br />

nella G.U.U.E. <strong>della</strong> decisione del Consiglio europeo. La relazione di<br />

accompagnamento giustifica la particolare decorrenza delle predette disposizioni<br />

in ragione <strong>della</strong> loro natura meramente <strong>con</strong>fermativa <strong>della</strong> <strong>disciplina</strong> risultante<br />

dalla decisione del Consiglio, immediatamente applicabile in forza del richiamo<br />

espresso nel (previgente) testo <strong>della</strong> lettera c) dell’art. 19-bis1, come modificata<br />

dal D.L. 15 settembre 2006, n. 258, <strong>con</strong>vertito <strong>con</strong> modificazioni dalla legge 10<br />

novembre 2006, n. 278. Conseguentemente, i <strong>con</strong>tribuenti hanno la possibilità di<br />

ricalcolare nella dichiarazione annuale IVA di prossima presentazione, in<br />

relazione agli acquisti effettuati a partire dal 28 giugno 2007, 14 le detrazioni<br />

precedentemente computate in sede di liquidazioni periodiche, in armonia <strong>con</strong> i<br />

principi desumibili dalla citata decisione e formalmente accolti nell’ordinamento<br />

nazionale <strong>con</strong> la legge finanziaria 2008.<br />

14 Sull’identificazione di questa data, invero, sussisteva qualche incertezza. Premesso che la disposizione<br />

<strong>della</strong> lettera c), come modificata dalla legge n. 278/2006, faceva decorrere il nuovo regime “a far data<br />

dalla pubblicazione” nella G.U.U.E. <strong>della</strong> decisione, non era chiaro se dovesse assumersi la data stessa di<br />

pubblicazione, ossia il 27 giugno 2007, oppure il giorno successivo. La scelta <strong>della</strong> finanziaria, che ha<br />

optato per la se<strong>con</strong>da soluzione, appare sicuramente preferibile in quanto tende ad assicurare un minimo<br />

di <strong>con</strong>oscibilità degli atti. La questione, però, dovrebbe essere risolta in maniera identica sia per gli atti<br />

comunitari sia per gli atti interni. E’ stato invece sostenuto, per esempio, che il decreto ministeriale 22<br />

dicembre 2005, identificativo <strong>dei</strong> beni soggetti alle disposizioni dell’art. 60-bis del D.P.R. n. 633/72,<br />

pubblicato nella G.U. del 31 dicembre 2005, si applica dal giorno stesso <strong>della</strong> pubblicazione (circolare<br />

dell’Agenzia delle entrate 13 febbraio 2006, n. 6, risposta n. 4.5). Nello specifico caso delle auto<br />

aziendali, poi, la stessa circolare dell’Agenzia delle entrate n. 55 del 12 ottobre 2007 non si esprime in<br />

termini univoci, affermando che la decisione ha effetto ora dagli acquisti effettuati “dopo”, ora dagli<br />

acquisti effettuati “dal” 27 giugno 2007.<br />

103


Disposizioni<br />

<strong>particolari</strong> in<br />

materia di<br />

base<br />

imponibile<br />

L’intervento <strong>della</strong> finanziaria sulla <strong>disciplina</strong> <strong>dei</strong> c.d. veicoli aziendali non si<br />

limita, come si diceva, al versante <strong>della</strong> detrazione, ma coinvolge la<br />

determinazione <strong>della</strong> base imponibile. Al riguardo, occorre preliminarmente<br />

ricordare che, se<strong>con</strong>do l’insegnamento <strong>della</strong> Corte di giustizia, 15 qualora il<br />

soggetto passivo, all’atto dell’acquisto di un bene, abbia scelto di inserirlo<br />

interamente nel sistema dell’IVA, l’imposta pagata sull’acquisto è, in via di<br />

principio, integralmente detraibile, mentre l’eventuale utilizzo del bene per<br />

finalità estranee all’impresa costituisce prestazione di servizio imponibile;<br />

qualora, invece, abbia scelto di inserire solo parzialmente il cespite nel sistema<br />

dell’IVA, relativamente alla parte del cespite riservata alla propria sfera<br />

personale il <strong>con</strong>tribuente non agisce in veste di soggetto passivo, sicché non si<br />

realizza auto<strong>con</strong>sumo tassabile.<br />

Conformemente, l’art. 2 <strong>della</strong> più volte richiamata decisione del Consiglio<br />

europeo, stabilisce che, in deroga all’art. 26, par. 1, lettera a), <strong>della</strong> direttiva<br />

2006/112/CE del 28 novembre 2006, “l’Italia è anche tenuta a non assimilare ad<br />

una prestazione di servizi a titolo oneroso l’uso a fini privati di veicoli che<br />

rientrano fra i beni dell’impresa di un soggetto passivo, se tale veicolo è stato<br />

soggetto a restrizione del diritto a detrazione ai sensi <strong>della</strong> presente decisione”.<br />

In armonia <strong>con</strong> tali principi e disposizioni, la finanziaria ha integrato l’art. 3 del<br />

D.P.R. n. 633/72, stabilendo che non costituisce auto<strong>con</strong>sumo l’uso personale o<br />

familiare da parte dell’imprenditore, oppure la messa a disposizione a titolo<br />

gratuito <strong>dei</strong> dipendenti, di veicoli stradali a motore per il cui acquisto, anche<br />

sulla base di <strong>con</strong>tratti di locazione e di noleggio, sia stata esercitata la detrazione<br />

forfetaria dell’imposta del 40%. Anche questa disposizione si applica dal 28<br />

giugno 2007.<br />

Parallelamente, è stato sancito a livello normativo il principio - già ri<strong>con</strong>osciuto<br />

immanente nel sistema dell’IVA dalla circolare dell’Agenzia delle entrate 12<br />

ottobre 2007, n. 55 – di assoggettamento parziale all’imposta delle cessioni<br />

aventi per oggetto beni per il cui acquisto o importazione la detrazione sia stata<br />

esercitata parzialmente in forza di limitazioni oggettive; in tale ipotesi, quindi, la<br />

base imponibile è determinata nella stessa misura percentuale <strong>della</strong> detrazione<br />

operata.<br />

Infine, in funzione antielusiva, viene stabilito, nell’ambito del riformulato terzo<br />

comma dell’art. 13, D.P.R. n. 633/72, che per la messa a disposizione di veicoli<br />

stradali a motore, da parte del datore di lavoro nei <strong>con</strong>fronti del proprio<br />

personale dipendente, la base imponibile è costituita dal valore normale, se è<br />

15 Cfr., per tutte, la sentenza 4 ottobre 1995, causa C-291/92.<br />

104


Telefonia mobile<br />

dovuto un corrispettivo inferiore. Questa disposizione troverà applicazione dal 1°<br />

marzo 2008.<br />

Le ultime modifiche da segnalare riguardano il valore normale. La finanziaria<br />

integra l’art. 14 del D.P.R. n. 633/72, <strong>con</strong> effetto dal 1° marzo 2008, stabilendo<br />

che, ai fini <strong>della</strong> determinazione del valore normale delle operazioni di cui al<br />

terzo comma dell’art. 13, se i beni ceduti o i servizi prestati non rientrano<br />

nell’attività propria dell’impresa, il valore normale è costituito:<br />

per le cessioni di beni, dal prezzo d’acquisto;<br />

per le prestazioni di servizi, dalle spese sostenute.<br />

Per la messa a disposizione <strong>dei</strong> dipendenti di veicoli stradali a motore, infine,<br />

viene stabilito, sempre <strong>con</strong> decorrenza dal 1° marzo 2008, che si assume quale<br />

valore normale l’importo determinato a norma dell’art. 51, comma 4, lett. a), del<br />

D.P.R. n. 917/86, comprensivo delle somme eventualmente trattenute al<br />

dipendente e al netto dell’IVA inclusa nell’importo stesso: in sostanza, per i<br />

veicoli assegnati ai dipendenti per finalità estranee all’impresa, a fronte<br />

dell’addebito di un corrispettivo, ovvero anche a titolo gratuito se si tratta di<br />

veicoli che hanno formato oggetto di detrazione integrale al momento<br />

dell’acquisto, la base imponibile ad IVA non può essere inferiore all’ammontare<br />

del fringe benefit calcolato ai fini reddituali.<br />

Al probabile fine di anticipare gli effetti di una nuova censura <strong>della</strong> Corte di<br />

giustizia nel procedimento in corso, <strong>con</strong>cernente la legittimità <strong>della</strong> disposizione<br />

<strong>della</strong> lettera g) dell’art. 19-bis1 del D.P.R. n. 633/72, che limita al 50% la<br />

detrazione dell’IVA sulle spese relative ai c.d. telefonini (eccettuati gli apparecchi<br />

utilizzati dagli autotrasportatori), l’art. 1, comma 262, lett. e), n. 3), <strong>della</strong> legge<br />

finanziaria sancisce l’abrogazione <strong>della</strong> disposizione. A decorrere dal 1° gennaio<br />

2008, di <strong>con</strong>seguenza, il diritto alla detrazione su tali spese ricade nella<br />

<strong>disciplina</strong> generale; per scoraggiare gli abusi, tuttavia, il comma 255 del<br />

predetto articolo stabilisce che gli uffici effettueranno specifici <strong>con</strong>trolli sui<br />

<strong>con</strong>tribuenti che computeranno in detrazione l’imposta in misura superiore al<br />

50%. A tale scopo, nella dichiarazione annuale Iva 2009 è stato previsto il rigo<br />

VA8, destinato all’indicazione delle spese in esame per le quali il <strong>con</strong>tribuente<br />

abbia esercitato la detrazione in misura superiore al 50%.<br />

Riguardo alla base imponibile, poi, vengono introdotte disposizioni analoghe a<br />

quelle già esaminate <strong>con</strong> riguardo ai veicoli. E’ difatti stabilito che:<br />

105


Chiarimenti del<br />

fisco sui veicoli<br />

- non si realizza auto<strong>con</strong>sumo in relazione all’uso per finalità estranee all’attività,<br />

oppure alla messa a disposizione a titolo gratuito <strong>dei</strong> dipendenti, di telefonini e<br />

relative prestazioni di gestione qualora l’imposta sia stata detratta parzialmente,<br />

in misura non superiore all’impiego “professionale”<br />

- a decorrere dal 1° marzo 2008, per la messa a disposizione di telefonini e<br />

relative prestazioni di gestione nei <strong>con</strong>fronti di dipendenti, la base imponibile è<br />

costituita dal valore normale se è dovuto un corrispettivo inferiore<br />

- ai suddetti fini, il valore normale <strong>dei</strong> beni e servizi che non rientrino nell’attività<br />

propria dell’impresa è costituito dal prezzo di acquisto (per le cessioni di beni)<br />

ovvero dalle spese sostenute (per le prestazioni di servizi).<br />

Con risoluzione n. 6/DPF del 29 febbraio 2008, il Ministero dell’E<strong>con</strong>omia e delle<br />

Finanze, Dipartimento per le Politiche Fiscali, ha fornito i primi chiarimenti sulla<br />

nuova <strong>disciplina</strong> <strong>della</strong> detrazione dell’IVA relativa alle spese <strong>dei</strong> c.d. “veicoli<br />

aziendali”, come ridefinita dalla legge finanziaria per il 2008, 16 <strong>con</strong> effetto dal 28<br />

giugno 2007, in aderenza al <strong>con</strong>tenuto <strong>della</strong> Decisione del Consiglio europeo del<br />

18 giugno 2007.<br />

In estrema sintesi, le due principali innovazioni sono quelle derivanti dalle<br />

modifiche apportate alla lettera c) dell’art. 19-bis1, D.P.R. 26 ottobre 1972, n.<br />

633, in ordine all’individuazione dell’ambito oggettivo <strong>della</strong> disposizione che<br />

limita la detrazione al 40%.<br />

La prima <strong>con</strong>siste nell’abbandono del riferimento alla classificazione del veicolo<br />

prevista dalle norme del Codice <strong>della</strong> Strada 17 , sostituito dalla nozione di “veicoli<br />

stradali a motore”. La se<strong>con</strong>da, nell’avere circoscritto l’applicazione <strong>della</strong><br />

disposizione limitativa ai veicoli che “non sono utilizzati esclusivamente<br />

nell’esercizio dell’impresa, dell’arte o <strong>della</strong> professione”.<br />

Le <strong>con</strong>seguenze che discendono da tali modiche appaiono di tutto rilievo.<br />

In primo luogo, la tipologia del mezzo di trasporto è divenuta irrilevante ai fini<br />

<strong>della</strong> normativa in esame. I mezzi rientranti nella nozione di “veicoli stradali a<br />

motore” (che, ai sensi <strong>della</strong> stessa disposizione, identifica “tutti i veicoli stradali<br />

a motore, diversi dai trattori agricoli o forestali, normalmente adibiti al trasporto<br />

stradale di persone o beni la cui massa massima autorizzata non supera 3.500<br />

16 Legge 24 dicembre 2007, n. 244.<br />

17 D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285<br />

106


I “numeri fissi”<br />

<strong>della</strong> detrazione<br />

sui veicoli<br />

stradali a motore<br />

e l’eccezione per<br />

gli agenti di<br />

commercio<br />

kg e il cui numero di posti a sedere, escluso quello del <strong>con</strong>ducente, non è<br />

superiore a otto”) sono infatti soggetti alla disposizione limitativa, a prescindere<br />

dalla classificazione ai fini del Codice <strong>della</strong> Strada (e dunque, per esempio,<br />

indipendentemente dall’immatricolazione come autovettura o come autocarro). I<br />

mezzi che non rientrano nella predetta nozione ricadono invece nella <strong>disciplina</strong><br />

generale, che accorda il diritto alla detrazione se e nella misura in cui il bene è<br />

impiegato dal soggetto passivo per effettuare operazioni imponibili ed assimilate.<br />

Un caso a parte è rappresentato dai motocicli per uso privato <strong>con</strong> motore di<br />

cilindrata superiore a 350 c.c., per i quali è stato mantenuto il divieto totale di<br />

detrazione dell’IVA 18 , salvo che i beni formino oggetto dell’attività propria<br />

dell’impresa. 19<br />

In se<strong>con</strong>do luogo, poiché la limitazione riguarda ora i veicoli non utilizzati<br />

esclusivamente nell’attività del soggetto passivo, essa non si applica a quelli<br />

utilizzati solo nell’attività, per i quali il diritto alla detrazione compete pertanto<br />

integralmente (fatta salva, naturalmente, la falcidia da prorata); questo, per<br />

effetto dell’innovazione descritta precedentemente, vale anche per le<br />

autovetture, in relazione alle quali si (ri)apre, dunque, dopo più di cinque lustri,<br />

la possibilità <strong>della</strong> detrazione integrale dell’IVA.<br />

Riassumendo, relativamente ai veicoli stradali a motore, come sopra definiti, la<br />

nuova <strong>disciplina</strong> oggettiva <strong>della</strong> detrazione prevede:<br />

- la limitazione al 40% se il veicolo è utilizzato in modo promiscuo (sia<br />

nell’attività, sia per finalità estranee)<br />

- il diritto integrale se il veicolo è utilizzato esclusivamente nell’attività.<br />

Non vi è spazio per soluzioni intermedie, ossia per la quantificazione dell’imposta<br />

detraibile in una misura compresa tra il 41 e il 99% in base al criterio<br />

dell’effettiva inerenza. Se, difatti, l’utilizzo del veicolo è esclusivamente<br />

“professionale” (in senso lato), la detrazione spetta integralmente; in caso<br />

<strong>con</strong>trario, la detrazione è predeterminata dalla legge nella misura del 40%, in<br />

deroga ai principi generali, come chiaramente si desume dalla norma interna e,<br />

ancor prima, dall’articolo 1 <strong>della</strong> predetta Decisione del Consiglio europeo. Fanno<br />

però eccezione i veicoli che formano oggetto dell’attività propria dell’impresa e<br />

quelli utilizzati dagli agenti e rappresentanti di commercio, ai quali la<br />

disposizione <strong>della</strong> lettera c) non si applica “in ogni caso”, <strong>con</strong> <strong>con</strong>seguente<br />

applicazione <strong>dei</strong> principi generali se<strong>con</strong>do cui l’imposta ammessa in detrazione è<br />

18<br />

Divieto che oggi appare anacronistico e ingiustamente penalizzante nei <strong>con</strong>fronti di mezzi di trasporto<br />

ad impatto ambientale ben più <strong>con</strong>tenuto di altri.<br />

19<br />

Cfr. la lettera b) dell’art. 19-bis1 e la lettera f) <strong>della</strong> tabella B allegata al D.P.R. n. 633/72.<br />

107


Utilizzo<br />

promiscuo: la<br />

tassazione<br />

dell’auto<strong>con</strong>sum<br />

o non legittima la<br />

detrazione<br />

determinata in rapporto all’inerenza del bene o del servizio <strong>con</strong> l’attività del<br />

soggetto passivo.<br />

In altri termini, come <strong>con</strong>fermato dal Dipartimento delle Politiche Fiscali nella<br />

citata risoluzione n. 6, l’agente di commercio che utilizzi il veicolo in modo<br />

promiscuo, ovvero sia per l’esercizio dell’attività sia per scopi privati, potrà<br />

quantificare l’imposta detraibile in funzione dell’utilizzazione “professionale” del<br />

bene, così come prevede il comma 4 dell’articolo 19, D.P.R. n. 633/72.<br />

La stessa risoluzione, opportunamente, aggiunge che qualora il <strong>con</strong>tribuente non<br />

fosse in grado di individuare ex ante la quota di utilizzazione professionale, potrà<br />

esercitare la detrazione integrale e successivamente assoggettare all’imposta<br />

l’impiego del bene per scopi privati, sulla base del valore normale. Tale<br />

soluzione, invero, non è esplicitamente <strong>con</strong>templata da alcuna disposizione<br />

(essendo unicamente previsto, per l’ipotesi di utilizzo promiscuo <strong>dei</strong> beni e<br />

servizi, il criterio <strong>della</strong> detrazione pro-quota di cui al citato comma 4 dell’art.<br />

19); essa trae, però, autorevole avallo dalla giurisprudenza <strong>della</strong> Corte di<br />

giustizia delle Comunità, 20 che ne ha statuito la <strong>con</strong>formità <strong>con</strong> l’ordinamento<br />

dell’imposta, per cui deve ritenersi espressione di un vero e proprio criterio<br />

generale alternativo a quello <strong>della</strong> detrazione pro-quota di cui al citato comma 4<br />

dell’art. 19.<br />

Il criterio alternativo cui si è appena accennato, tuttavia, non potrà trovare<br />

applicazione in presenza di disposizioni <strong>particolari</strong> – quale, appunto, quella <strong>della</strong><br />

lettera c) dell’art. 19-bis1 – che, derogando ai principi generali, limitano<br />

oggettivamente il diritto alla detrazione. Al riguardo, non deve trarre in inganno<br />

la previsione che la stessa finanziaria 2008, ricalcando l’art. .. <strong>della</strong> succitata<br />

Decisione del Consiglio europeo, ha inserito nell’articolo 3 del D.P.R. n. 633/72,<br />

volta a stabilire che, qualora la detrazione dell’imposta sull’acquisizione del<br />

veicolo sia stata esercitata nella misura del 40%, l’utilizzo personale o familiare<br />

del veicolo stesso, oppure la messa a disposizione <strong>dei</strong> dipendenti a titolo<br />

gratuito, non realizza auto<strong>con</strong>sumo imponibile. Da tale previsione non può,<br />

infatti, argomentarsi, a <strong>con</strong>trariis, che l’impiego privato del veicolo realizza,<br />

invece, auto<strong>con</strong>sumo imponibile qualora la detrazione sia stata esercitata in<br />

misura integrale. Siffatta argomentazione, infatti, è ostacolata dalla disposizione<br />

speciale <strong>della</strong> lettera c) dell’art. 19-bis1, che nell’ipotesi di utilizzo promiscuo del<br />

veicolo limita inderogabilmente la detrazione dell’imposta al 40%. Per effetto di<br />

questa disposizione, pertanto, non è <strong>con</strong>sentito al <strong>con</strong>tribuente, come chiarisce<br />

anche la risoluzione in commento, adottare il diverso comportamento (pure<br />

20 Sentenza 4 ottobre 1995, causa C-291/92.<br />

108


Veicoli in uso<br />

promiscuo ai<br />

dipendenti<br />

legittimo in via di principio) <strong>con</strong>sistente nella detrazione integrale dell’imposta<br />

all’atto dell’acquisto e nella tassazione dell’utilizzo privato. 21<br />

La possibilità di detrarre integralmente l’imposta sulle spese di acquisto e<br />

impiego <strong>dei</strong> veicoli, allorquando utilizzati esclusivamente per lo svolgimento<br />

dell’attività, (ri)apre le questioni (già prospettate all’indomani <strong>della</strong> sentenza<br />

“liberatoria” <strong>della</strong> Corte di giustizia del 14 settembre 2006, C-228/05)<br />

<strong>con</strong>cernenti la valutazione dell’inerenza totale e, soprattutto, i supporti probatori<br />

da predisporre a fondamento <strong>della</strong> pretesa, che saranno probabilmente al centro<br />

dell’attenzione nel prossimo futuro, man mano che la realtà quotidiana<br />

svilupperà la casistica.<br />

In generale, sembra di poter dire che le questioni si porranno in termini<br />

differenti a se<strong>con</strong>da dell’attività <strong>con</strong>siderata e delle caratteristiche del veicolo:<br />

una cosa, infatti, è sostenere l’inerenza totale dell’autocarro utilizzato dal fornaio<br />

per <strong>con</strong>segnare il pane ai clienti, altra l’inerenza totale dell’autovettura del<br />

professionista (o dello stesso fornaio).<br />

E’ da ritenere, pertanto, che anche l’onere <strong>della</strong> prova si ponga in modo<br />

differente, potendo nel primo caso ritenersi soddisfatto anche in via presuntiva,<br />

sulla base di canoni di comune esperienza 22 ; nel se<strong>con</strong>do caso, nel quale è<br />

fondatamente presumibile, invece, l’impiego promiscuo del mezzo, il<br />

<strong>con</strong>tribuente che intenda esercitare il diritto alla detrazione integrale non potrà<br />

esimersi dal (non facile) compito di approntare, a fondamento <strong>della</strong> detrazione<br />

integrale, adeguata documentazione. 23<br />

Su questo tema generale, la risoluzione in esame offre una prima indicazione<br />

ufficiale, precisando che “i veicoli utilizzati dal datore di lavoro nell’esercizio<br />

dell’impresa 24 e messi a disposizione <strong>dei</strong> dipendenti, dietro un corrispettivo<br />

<strong>con</strong>venuto specificamente per la possibilità accordata a questi ultimi di utilizzarli<br />

anche per scopi privati, sono comunque da <strong>con</strong>siderarsi utilizzati totalmente per<br />

l’effettuazione di operazioni poste in essere nell’ambito dell’attività d’impresa: le<br />

operazioni tipiche dell’attività di impresa, da un lato, e la messa a disposizione<br />

dietro corrispettivo a favore del dipendente, dall’altro”.<br />

21<br />

Di diverso avviso sembra, invece, Assonime (cfr. circolare n. 11 del 14 febbraio 2008).<br />

22<br />

Naturalmente la presunzione di totale inerenza non dovrà essere <strong>con</strong>traddetta da una realtà di segno<br />

diverso.<br />

23<br />

Indicazioni significative in proposito si desumono dal provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 22<br />

febbraio 2007, in materia di modalità di rimborso dell’IVA sulle spese pregresse relative alle c.d. “auto<br />

aziendali”, che al punto 3.2 si occupa <strong>della</strong> documentazione necessaria per comprovare il diritto al<br />

rimborso analitico.<br />

24<br />

Sebbene la risoluzione faccia riferimento soltanto all’impresa, non si vedono motivi per non applicare il<br />

medesimo trattamento agli esercenti arti e professioni.<br />

109


La correttezza di questa <strong>con</strong>clusione è <strong>con</strong>fermata dalle disposizioni che la stessa<br />

finanziaria 2008 ha aggiunto agli articoli 13 e 14 del D.P.R. n. 633/72, volte a<br />

stabilire che, a decorrere dal 1° marzo 2008, il corrispettivo addebitato al<br />

dipendente non può essere inferiore all’importo del fringe benefit reddituale, 25 la<br />

cui ratio si ricollega evidentemente, <strong>con</strong> chiara funzione antielusiva, alla<br />

possibilità del datore di lavoro di fruire <strong>della</strong> detrazione integrale dell’imposta<br />

relativamente al veicolo assegnato in uso promiscuo al dipendente dietro<br />

pagamento di un corrispettivo.<br />

25 Determinato a norma dell’art. 51, comma 4, lettera a), del TUIR.<br />

110


PRESTAZIONI PER INTERMEDIAZIONE<br />

Le prestazioni di intermediazione trovano finalmente il giusto assetto. Con una<br />

recente risoluzione, l’Agenzia delle entrate interpreta la lettera f-quinquies)<br />

dell’art. 7, D.P.R. n. 633/72, in <strong>con</strong>formità alla norma comunitaria, chiarendo<br />

che non si <strong>con</strong>siderano territoriali le intermediazioni relative ad operazioni<br />

effettuate fuori <strong>della</strong> Comunità. Le regole in arrivo dal 2010, tuttavia, rischiano<br />

di riaprire la questione, per cui è necessario riformulare la previsione di non<br />

imponibilità dell’art. 9, n. 7).<br />

L’individuazione <strong>della</strong> territorialità delle prestazioni di intermediazione ha sempre<br />

presentato qualche problema. Prima dell’entrata in vigore del regime transitorio<br />

degli scambi intracomunitari, le prestazioni di intermediazione – diverse da<br />

quelle degli agenti immobiliari, menzionate alla lettera a) del quarto comma<br />

dell’art. 7, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e da quelle relative alle operazioni di<br />

cui alla lettera d) del medesimo comma, <strong>disciplina</strong>te dagli specifici criteri ivi<br />

stabiliti – ricadevano nella regola generale del terzo comma dell’art. 7, per cui il<br />

luogo dell’operazione si identificava <strong>con</strong> il domicilio del prestatore. 26 Questa<br />

<strong>con</strong>clusione, peraltro, era stata messa in dubbio dal SECIT, che nella relazione<br />

sull’attività del 1993 aveva (erroneamente) ritenuto che, così come le<br />

intermediazioni su beni immobili sono regolate dal criterio speciale <strong>della</strong> lettera<br />

a) del quarto comma, quelle relative a beni mobili dovessero ricadere, per<br />

ragioni di coerenza sistematica, nella regola speciale <strong>della</strong> lettera b).<br />

L’applicazione <strong>della</strong> regola generale presentava però l’in<strong>con</strong>veniente di rendere<br />

imponibile, allorché prestata da un soggetto italiano, l’intermediazione sulla<br />

vendita di beni mobili “estero su estero”; questa ipotesi, infatti, sfuggiva alla<br />

disposizione dell’art. 9, n. 7) del D.P.R. n. 633/72, che dichiara non imponibili “i<br />

servizi di intermediazione relativi a beni in importazione, in esportazione o in<br />

transito”, atteso che i beni allo stato estero non rientrano in alcuna delle<br />

<strong>con</strong>dizioni ivi menzionate. Per ovviare all’in<strong>con</strong>veniente, l’amministrazione<br />

finanziaria escogitò una soluzione singolare, affermando apoditticamente che le<br />

intermediazioni rese a committenti esteri e relative a beni che si trovano<br />

all’estero dovevano <strong>con</strong>siderarsi non soggette ad IVA in Italia per mancanza di<br />

26<br />

In tal senso si era più volte pronunciata anche l’amministrazione finanziaria: cfr., ex multis, la ris. 30<br />

giugno 1980, n. 420248.<br />

111


La <strong>disciplina</strong><br />

transitoria degli<br />

scambi intraUe<br />

territorialità ai sensi <strong>della</strong> lettera b) del quarto comma dell’art. 7. 27 Questa<br />

soluzione non aveva alcun fondamento, non potendo logicamente sostenersi, in<br />

mancanza di una previsione normativa, che la medesima prestazione<br />

(intermediazione su vendita di beni mobili) dovesse ritenersi <strong>disciplina</strong>ta ora<br />

dalla regola generale, ora dal criterio specifico, a se<strong>con</strong>da <strong>della</strong> situazione.<br />

Si trattava, insomma, di un espediente arbitrario per rimediare, nel caso<br />

specifico dell’intermediazione su vendite “estero su estero”, all’in<strong>con</strong>gruente<br />

imposizione in Italia imputabile all’imprecisione <strong>della</strong> disposizione dell’art. 9, n.<br />

7): se infatti tale disposizione avesse recepito correttamente la corrispondente<br />

previsione dell’art. 15, par. 14 <strong>della</strong> direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977<br />

(sesta direttiva), che dichiarava esenti (nell’ordinamento nazionale: non<br />

imponibili) “le prestazioni di servizi fornite dagli intermediari che agis<strong>con</strong>o a<br />

norme e per <strong>con</strong>to di terzi, quando intervengono…in operazioni effettuate fuori<br />

<strong>della</strong> Comunità”, avrebbe ricompreso nel proprio ambito anche le intermediazioni<br />

su vendite “estero su estero”.<br />

Con l’avvento <strong>della</strong> <strong>disciplina</strong> transitoria degli scambi intracomunitari, recepita in<br />

Italia <strong>con</strong> il D.L. 30 agosto 1993, n. 331, <strong>con</strong>vertito dalla legge 29 ottobre 1993,<br />

n. 427, trovano specifica regolamentazione anche talune prestazioni di servizi,<br />

fra cui:<br />

le prestazioni di intermediazione relative a trasporti intracomunitari e a<br />

prestazioni accessorie ai trasporti stessi;<br />

le prestazioni di intermediazione diverse da quelle relative alle prestazioni<br />

di cui all’articolo 7, quarto comma, lettera d), del D.P.R. n. 633/72.<br />

Concentrandoci sulla se<strong>con</strong>da categoria, che costituisce l’oggetto <strong>della</strong> nostra<br />

analisi, l’art. 40, comma 8, del D.L. n. 331/93 stabilisce che le intermediazioni in<br />

esame si <strong>con</strong>siderano effettuate in Italia se relative ad operazioni ivi effettuate,<br />

<strong>con</strong> esclusione delle prestazioni di intermediazioni rese a soggetti passivi in altro<br />

Stato membro; se però il committente <strong>della</strong> prestazione di intermediazione è un<br />

soggetto d’imposta nel territorio dello Stato, la prestazione si <strong>con</strong>sidera ivi<br />

effettuata ancorché l’operazione cui si riferisce sia effettuata in un altro Stato<br />

membro.<br />

27 Circolare 3 agosto 1979, n. 26.<br />

112


Il chiarimento<br />

<strong>con</strong> la<br />

“rifusione” <strong>della</strong><br />

sesta direttiva<br />

Le nuove regole introdotte dal D.L. 331 prevedono dunque che:<br />

quando l’operazione principale è effettuata in Italia, si <strong>con</strong>sidera ivi<br />

effettuata anche la prestazione di intermediazione, salvo che il<br />

committente sia un soggetto passivo di altro Stato membro;<br />

quando l’operazione principale è effettuata in un altro Stato membro, la<br />

prestazione di intermediazione si <strong>con</strong>sidera effettuata in Italia se il<br />

committente è un soggetto passivo nazionale.<br />

Come si vede, il citato comma 8 dell’art. 40 ha introdotto criteri specifici (luogo<br />

dell’operazione intermediata, luogo di identificazione del committente) alternativi<br />

alla regola generale del domicilio del prestatore. Tra l’altro, esaminando la<br />

norma comunitaria corrispondente, ossia l’art. 28-ter, parte E, par. 3 <strong>della</strong> sesta<br />

direttiva, si ha la <strong>con</strong>ferma dell’esattezza dell’interpretazione se<strong>con</strong>do cui alle<br />

prestazioni degli intermediari si applica(va) la regola generale, in quanto tale<br />

norma introduce i suddetti criteri specifici “in deroga all’articolo 9, paragrafo 1”<br />

<strong>della</strong> direttiva, ossia in deroga alla norma che enuncia, appunto, la regola<br />

generale del domicilio del prestatore.<br />

Detto ciò, sia la norma comunitaria sia quella interna lasciavano il dubbio sulla<br />

loro portata, non essendo chiaro se i criteri specifici fossero applicabili a tutte le<br />

prestazioni di intermediazione ivi menzionate, a prescindere dalla localizzazione<br />

dell’operazione intermediata, così da rendere totalmente superata la regola<br />

generale, oppure soltanto a quelle relative ad operazioni principali effettuate in<br />

ambito comunitario.<br />

L’incertezza è stata risolta, in sede comunitaria, <strong>con</strong> la redazione del “testo<br />

unico” dell’IVA, rappresentato dalla direttiva 2006/112/CE del 28 novembre<br />

2006, che dal 1° gennaio 2007 ha sostituito la sesta direttiva.<br />

Nella struttura sistematica <strong>della</strong> nuova direttiva, infatti, ai criteri speciali di<br />

localizzazione delle prestazioni rese dagli intermediari è stata chiaramente<br />

attribuita portata generale. L’art. 44, collocato nella sezione 2, <strong>con</strong>cernente<br />

disposizioni speciali per individuare il luogo delle prestazioni di servizi,<br />

costituisce l’unico articolo <strong>della</strong> sottosezione 1, <strong>con</strong>cernente le “prestazioni di<br />

servizi effettuate da intermediari”; esso stabilisce che:<br />

113


Il recepimento<br />

“imperfetto” del<br />

chiarimento<br />

il luogo delle prestazioni di servizi effettuate da un intermediario che<br />

agisce in nome e per <strong>con</strong>to terzi, diverse da quelle di cui agli articoli 50,<br />

54 e 56, paragrafo 1, 28 è il luogo di effettuazione dell’operazione<br />

principale;<br />

tuttavia, allorché il destinatario <strong>della</strong> prestazione resa dall’intermediario è<br />

identificato ai fini Iva in uno Stato membro diverso da quello nel cui<br />

territorio è effettuata tale operazione, il luogo <strong>della</strong> prestazione resa<br />

dall’intermediario si <strong>con</strong>sidera situato nel territorio dello Stato membro<br />

che ha attribuito al destinatario il numero di identificazione Iva <strong>con</strong> il<br />

quale il servizio gli è stato reso.<br />

In pratica, è stato chiarito che riveste portata generale, in modo da applicarsi<br />

dunque a tutte le intermediazioni (tranne quelle oggettivamente escluse dalla<br />

norma), il criterio speciale che localizza la prestazione dell’intermediario:<br />

a) nel luogo di identificazione del committente, se questi è un soggetto<br />

passivo d’imposta nell’Ue e l’operazione principale è effettuata in ambito<br />

comunitario<br />

b) nel luogo dell’operazione principale, in ogni altro caso (ossia se il<br />

committente non è un soggetto passivo Ue, oppure se il luogo<br />

dell’operazione principale è esterno alla Comunità).<br />

Recependo a tempo di record la norma comunitaria, <strong>con</strong> l’articolo 1, comma 325<br />

<strong>della</strong> legge n. 296/2006 il legislatore nazionale ha inserito nel quarto comma<br />

dell’articolo 7 del D.P.R. n. 633/72 la lettera f-quinquies). Tale disposizione<br />

stabilisce che le prestazioni di intermediazione di cui trattasi si <strong>con</strong>siderano<br />

effettuate in Italia quanto l’operazione principale è ivi effettuata, a meno che<br />

non siano commesse da un soggetto passivo in altro Stato membro dell’Ue;<br />

tuttavia, le suddette prestazioni si <strong>con</strong>siderano “in ogni caso” effettuate in Italia<br />

se il committente è ivi soggetto passivo d’imposta.<br />

La se<strong>con</strong>da parte <strong>della</strong> disposizione, però, non pare <strong>con</strong>forme alla norma<br />

comunitaria laddove attrae “in ogni caso” nel territorio dello Stato le<br />

intermediazioni commissionate da soggetti passivi italiani (a prescindere, quindi,<br />

28 Gli articoli richiamati <strong>disciplina</strong>no rispettivamente le intermediazioni su trasporti intracomunitari, quelle<br />

su attività accessorie a tali trasporti e quelle relative alle operazioni elencate, nell’ordinamento nazionale,<br />

nell’art. 7, quarto comma, lett. d) del D.P.R. n. 633/72.<br />

114


L’interpretazione<br />

“correttiva”<br />

dal luogo dell’operazione principale): in base al citato articolo 44 <strong>della</strong> direttiva<br />

n. 112 (e così come previsto dall’art. 40, comma 8, del D.L. n. 331/93), invece,<br />

l’attrazione scatta soltanto se l’operazione principale è effettuata in ambito Ue.<br />

La formulazione <strong>della</strong> norma nazionale, dunque, sembrerebbe attrarre nel<br />

territorio nazionale la prestazione di intermediazione, commissionata da un<br />

soggetto d’imposta italiano, relativa ad un’operazione esterna alla Comunità, ad<br />

esempio la vendita di beni “estero su estero”; tale prestazione, inoltre, per<br />

quanto già osservato precedentemente, non può fruire neppure del trattamento<br />

di non imponibilità di cui all’art. 9, n. 7), del D.P.R. n. 633/72.<br />

Ma non è tutto. Il legislatore nazionale ha lasciato in vita anche le disposizioni<br />

del comma 8 dell’art. 40 del D.L. n. 331/93, che avrebbero dovuto essere<br />

soppresse in <strong>con</strong>siderazione <strong>della</strong> “generalizzazione” del criterio specifico ivi<br />

<strong>con</strong>tenuto ad opera <strong>della</strong> predetta lettera f-quinquies). Ciò rappresenta motivo di<br />

incertezza in ordine al trattamento delle intermediazioni effettuate in ambito<br />

comunitario, cui risultano infatti applicabili entrambe le disposizioni: sia quella<br />

<strong>della</strong> lettera f-quinquies) dell’art. 7 del D.P.R. n. 633/72, sia quella dell’art. 40,<br />

comma 8 del D.L. n. 331/93. Pur essendo il trattamento sostanzialmente<br />

identico, vi sono differenze negli adempimenti e negli effetti che, per brevità,<br />

omettiamo di descrivere (fatturazione, autofatturazione, integrazione <strong>della</strong><br />

fattura, rilevanza ai fini del plafond).<br />

Sulla materia è recentemente intervenuta l’Agenzia delle entrate <strong>con</strong> la<br />

risoluzione 12 novembre 2008, n. 437, i cui passaggi più rilevanti sono quelli che<br />

fanno chiarezza sui criteri di localizzazione enunciati dalla lettera f-quinquies) del<br />

quarto comma dell’art. 7 e sulla relazione fra questa norma e le disposizioni<br />

dell’art. 40, comma 8 del D.L. n. 331/93.<br />

Cominciando da questo se<strong>con</strong>do aspetto, l’Agenzia osserva esattamente che<br />

“<strong>con</strong> il nuovo assetto normativo delineato dalla direttiva 2006/112/CE è stato<br />

uniformato il luogo di tassazione <strong>dei</strong> servizi di intermediazione anche<br />

relativamente alle operazioni su beni mobili materiali effettuate in ambito<br />

comunitario, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza che risulta estesa la portata <strong>della</strong> lettera f-<br />

quinquies) dell’articolo 7 del D.P.R. n. 633 del 1972 e viene reso di fatto<br />

inoperativo il comma 8 dell’articolo 40 del D.L. n. 331 del 1993.” Pertanto, anche<br />

nell’ipotesi di prestazione di intermediazione resa da operatore comunitario, il<br />

committente nazionale “assolverà l’imposta ai sensi dell’articolo 17, terzo<br />

comma, del D.P.R. n. 633 del 1972 (emissione di autofattura) e non se<strong>con</strong>do le<br />

disposizioni previste dall’articolo 46 del D.L. n. 331 del 1993 (integrazione <strong>della</strong><br />

fattura emessa dal prestatore).”<br />

115


Prospettive<br />

future<br />

Analogamente, si deve ritenere che nell’ipotesi speculare, ossia nel caso di<br />

intermediazione resa da operatore nazionale a committente soggetto passivo di<br />

altro Stato membro, l’intermediario deve emettere fattura non soggetta ad Iva ai<br />

sensi dell’art. 7, quarto comma, lettera f-quinquies) e non ai sensi dell’art. 40,<br />

comma 8, <strong>con</strong> ciò che ne <strong>con</strong>segue in ordine alla qualificazione non territoriale<br />

dell’operazione (in specie: esclusione dal volume d’affari e dall’eventuale plafond<br />

dell’esportatore abituale).<br />

Quanto alla localizzazione <strong>della</strong> prestazione se<strong>con</strong>do le disposizioni <strong>della</strong> lettera<br />

f-quinquies), interpretando la norma nazionale in <strong>con</strong>formità all’art. 44 <strong>della</strong><br />

direttiva 112 del 2006, altrettanto correttamente l’Agenzia afferma che “per<br />

quanto riguarda l’ipotesi di operazioni di intermediazione che si riferis<strong>con</strong>o ad<br />

acquisiti e cessioni di beni che si perfezionano al di fuori del territorio<br />

comunitario, si ritiene che tali operazioni non debbano essere assoggettate ad<br />

imposta per carenza assoluta del requisito territoriale, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza che il<br />

committente nazionale non sarà tenuto, ai fini IVA, ad emettere autofattura.” In<br />

altre parole, l’attrazione territoriale delle prestazioni di intermediazione<br />

commissionate da soggetti d’imposta nazionali non vale “in ogni caso”, come<br />

impropriamente afferma la lettera f-quinquies), ma solo se l’operazione<br />

principale è effettuata in ambito comunitario, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza che<br />

l’intermediazione relativa alla vendita di beni “estero su estero”, ancorché resa a<br />

soggetto passivo nazionale, resta estranea alla sfera di applicazione dell’IVA.<br />

Il rischio dell’imposizione dell’intermediazione relativa ad operazioni<br />

extracomunitarie potrebbe tuttavia ripresentarsi a breve, <strong>con</strong> l’entrata in vigore,<br />

il 1° gennaio 2010, delle nuove regole in materia di territorialità delle prestazioni<br />

di servizi previste dalla direttiva 2008/8/CE del 12 febbraio 2008.<br />

Limitandoci all’essenziale, va infatti evidenziato che dal 2010 le prestazioni di<br />

intermediazione rese a soggetti d’imposta saranno localizzate nel paese del<br />

committente. Pertanto, il principio enunciato dalla lettera f-quinquies), se<strong>con</strong>do<br />

cui si <strong>con</strong>siderano “in ogni caso” effettuate in Itala le prestazioni di<br />

intermediazione rese a soggetti passivi ivi stabiliti, attualmente non<br />

corrispondente, come si è visto, alla <strong>disciplina</strong> comunitaria vigente, risulterà<br />

<strong>con</strong>forme alla nuova <strong>disciplina</strong>.<br />

Per evitare di tassare (ingiustamente) le intermediazioni relative a vendite<br />

“estero su estero” commissionate da operatori nazionali, dunque, non resterà<br />

che modificare la disposizione dell’art. 9, n. 7) del D.P.R. n. 633/72 al fine di<br />

estendere alle intermediazioni in questione il trattamento di non imponibilità.<br />

116


Una simile estensione, peraltro, appare necessaria per allineare doverosamente<br />

la norma nazionale a quella comunitaria, rappresentata dall’art. 153 <strong>della</strong><br />

direttiva n. 112 del 2006, il quale stabilisce che “gli Stati membri esentano 29 le<br />

prestazioni di servizi effettuate dagli intermediari che agis<strong>con</strong>o in nome e per<br />

<strong>con</strong>to di terzi, quando intervengono…in operazioni effettuate fuori <strong>della</strong><br />

Comunità”.<br />

29<br />

Si tratta di esenzione <strong>con</strong> diritto alla detrazione “a monte”, espressa nell’ordinamento nazionale <strong>con</strong> la<br />

nozione di “non imponibilità”.<br />

117


118


PRINCIPALI NOVITA’ DELLA DICHIARAZIONE IVA 2009<br />

Monitoraggio<br />

<strong>della</strong> detrazione<br />

sui “telefonini”<br />

Il modello <strong>della</strong> dichiarazione annuale IVA 2009 presenta alcune novità<br />

significative, in parte discendenti da recenti disposizioni antielusive. E’ il caso del<br />

monitoraggio <strong>della</strong> detrazione sulle spese di telefonia cellulare, <strong>della</strong><br />

sorveglianza sulla gestione del credito dell’anno precedente nei <strong>con</strong>fronti delle<br />

società di comodo e di quelle che aderis<strong>con</strong>o alla procedura di gruppo. Nulla di<br />

nuovo, invece, per quanto riguarda il termine di scadenza per la presentazione<br />

<strong>della</strong> dichiarazione, essendo <strong>con</strong>fermata (almeno per il momento) la data del 31<br />

luglio 2009.<br />

Con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 15 gennaio 2009<br />

è stata approvata la modulistica per la dichiarazione annuale IVA 2009 (modello<br />

base, modello VR per il rimborso, prospetto 26/LP delle liquidazioni periodiche<br />

delle società aderenti all’Iva di gruppo, <strong>con</strong> relative istruzioni), nonché la<br />

versione aggiornata del modello 74-bis, che curatori fallimentari e commissari<br />

liquidatori devono utilizzare per adempiere allo specifico obbligo prescritto<br />

dall’art. 74-bis, primo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 in relazione<br />

alle procedure <strong>con</strong>corsuali aperte nel 2009.<br />

Si analizzano di seguito alcune delle novità <strong>con</strong>tenute nel modello base,<br />

costituito come di <strong>con</strong>sueto dal frontespizio e dai moduli <strong>dei</strong> quadri, ricordando<br />

che i soggetti tenuti a presentare la dichiarazione in forma unificata (IVA e<br />

imposte sui redditi) devono utilizzare il frontespizio del modello Unico 2009.<br />

La legge Finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 24 dicembre 2007) ha<br />

abrogato la lettera g) dell’art. 19-bis1 del D.P.R. n. 633/72, disposizione che<br />

limitava al 50% la detrazione dell’imposta relativa all’acquisto e alla gestione di<br />

apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di<br />

comunicazioni. La stessa legge ha però previsto la programmazione di specifici<br />

<strong>con</strong>trolli nei <strong>con</strong>fronti <strong>dei</strong> <strong>con</strong>tribuenti che eserciteranno la detrazione in misura<br />

superiore alla predetta percentuale.<br />

119


Crediti delle<br />

società “di<br />

comodo”<br />

In relazione a tale previsione, nella dichiarazione annuale è stato introdotto un<br />

apposito rigo (VA8) la cui compilazione è riservata, appunto, ai soggetti che nel<br />

corso del 2008 hanno effettuato acquisti e importazioni di telefoni cellulari e<br />

delle relative prestazioni di gestione esercitando la detrazione in misura<br />

superiore al 50%, i quali dovranno riportare in tale rigo l’ammontare imponibile<br />

di dette spese e la relativa imposta detratta.<br />

Le istruzioni precisano che il rigo va compilato anche dai soggetti per i quali la<br />

detrazione effettiva risulti poi ridotta entro la predetta percentuale per effetto<br />

del prorata.<br />

La compilazione del rigo VA8 comporta quindi l’inserimento del soggetto nella<br />

lista delle posizioni suscettibili di <strong>con</strong>trollo mirato in ordine all’inerenza degli<br />

acquisti in esame.<br />

Si deve osservare che, in <strong>con</strong>siderazione <strong>della</strong> diffusione oramai pressoché<br />

generalizzata <strong>dei</strong> telefoni cellulari, l’amministrazione potrebbe selezionare ai fini<br />

di possibili <strong>con</strong>trolli anche i <strong>con</strong>tribuenti <strong>con</strong> volume d’affari significativo che, pur<br />

non avendo compilato il rigo VA8, lasceranno in bianco il rigo VF18, <strong>con</strong>cernente<br />

gli acquisti e importazioni per i quali non è ammessa la detrazione dell’imposta.<br />

Una simile selezione, peraltro, potrebbe essere operata anche per verificare la<br />

detrazione dell’imposta sulle spese relative ai veicoli a motore, in relazione alle<br />

disposizioni <strong>della</strong> lettera c) dell’art. 19-bis1 sopra citato.<br />

La <strong>disciplina</strong> fiscale delle società non operative, dettata dall’art. 30 <strong>della</strong> legge n.<br />

724/1994, come modificata dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, prevede, tra l’altro,<br />

che per le società e gli enti non operativi l’eccedenza di credito risultante dalla<br />

dichiarazione Iva non è rimborsabile, né cedibile, né utilizzabile in<br />

compensazione cosiddetta “orizzontale”. In pratica, la società “di comodo” può<br />

soltanto riportare a nuovo il credito Iva per utilizzarlo nella compensazione<br />

interna (o “verticale”), ossia a scomputo degli eventuali debiti risultati dalle<br />

liquidazioni dell’imposta.<br />

Inoltre, qualora per tre periodi di imposta <strong>con</strong>secutivi la società o l’ente non<br />

operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini dell’Iva in misura almeno pari<br />

all’importo che risulta dall’applicazione delle percentuali stabilite per il cosiddetto<br />

“test di operatività” ai fini del reddito, l’eccedenza di credito non è neppure<br />

riportabile a nuovo nei periodi successivi, per cui si verifica l’estinzione del<br />

credito.<br />

Questa situazione può presentarsi per la prima volta <strong>con</strong> la dichiarazione Iva<br />

2009, relativa all’anno 2008, terzo periodo d’imposta dall’entrata in vigore <strong>della</strong><br />

disposizione (2006).<br />

120


In <strong>con</strong>siderazione <strong>della</strong> <strong>disciplina</strong> sopra illustrata, nel modello Iva 2009 è stato<br />

inserito il rigo VA46, composto di una sola casella, nella quale le società non<br />

operative dovranno indicare il codice numerico corrispondente alla situazione<br />

nella quale si trovano, in base alla seguente codifica riportata nelle istruzioni:<br />

1 - società non operativa per l’anno oggetto <strong>della</strong> dichiarazione<br />

2 - società non operativa per l’anno oggetto <strong>della</strong> dichiarazione e per il<br />

precedente<br />

3 - società non operativa per l’anno oggetto <strong>della</strong> dichiarazione e per i due<br />

precedenti<br />

4 - società non operativa per l’anno oggetto <strong>della</strong> dichiarazione e per i due<br />

precedenti e che non ha effettuato, in nessun anno del triennio, operazioni<br />

rilevanti ai fini Iva per ammontare almeno pari all’importo che risulta dalle<br />

percentuali di cui all’art. 30, comma 1, <strong>della</strong> legge n. 724/1994.<br />

La società che si trova nella situazione n. 4 (status di società di comodo abbinato<br />

a “scarsa attività” ai fini Iva, per tutti i tre anni dal 2006 al 2008) perde<br />

l’eventuale eccedenza detraibile risultante dalla dichiarazione: tale eccedenza,<br />

che dovrà comunque essere indicata, come precisato nelle istruzioni, nel rigo<br />

VX2 o nel corrispondente rigo del modello Unico 2009, non potrà dunque essere<br />

ripresa nelle liquidazioni periodiche del 2009.<br />

Si rende <strong>con</strong>seguentemente necessario, per le società potenzialmente<br />

interessate, affrettare la chiusura <strong>dei</strong> <strong>con</strong>ti per accertare l’eventuale <strong>con</strong>dizione<br />

comportante la decadenza del credito, in modo da evitare la ripresa indebita del<br />

credito stesso nelle liquidazioni dell’anno corrente (irregolarità che potrebbe<br />

comunque essere poi sanata, fruendo delle disposizioni sul ravvedimento<br />

operoso, divenute più <strong>con</strong>venienti dopo le modifiche apportate all’art. 13 del<br />

D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, dall’art. 16, comma 5, del D.L. 29 novembre<br />

2008, n. 185).<br />

In merito all’applicazione <strong>della</strong> suddetta <strong>disciplina</strong> alle società <strong>con</strong> esercizio non<br />

coincidente <strong>con</strong> l’anno solare, si ricorda che, se<strong>con</strong>do i chiarimenti forniti<br />

dall’Agenzia delle entrate <strong>con</strong> la circolare 4 maggio 2007, n. 25, tali società<br />

dovranno operare annualmente, a partire dal periodo d’imposta in corso al 4<br />

luglio 2006, il raffronto tra l’importo risultante dal test di operatività e il volume<br />

d’affari Iva riferito, ai fini in esame, all’arco temporale che compone il periodo<br />

d’imposta ai fini reddituali. Per esempio, se il periodo d’imposta va dal 1° luglio<br />

al 30 giugno, i raffronti dovranno essere effettuati tra i dati di bilancio e i volumi<br />

121


Credito<br />

restituito dalla<br />

<strong>con</strong>trollante<br />

Credito<br />

dell’anno<br />

precedente e<br />

adesione all’Iva<br />

“di gruppo”<br />

d’affari ricalcolati relativamente agli esercizi 1°luglio 2006-30 giugno 2007, 1°<br />

luglio 2007-30 giugno 2008, 1° luglio 2008-30 giugno 2009: ove si verifichino le<br />

<strong>con</strong>dizioni per la decadenza del credito, la società non potrà più riportare a<br />

nuovo il credito esistente al 30 giugno 2009. Si evidenzia che, in relazione a<br />

questo caso, non sono dettate specifiche istruzioni.<br />

In tema di crediti delle società non operative, va inoltre rilevata l’istituzione del<br />

rigo VL25.<br />

Occorre premettere che le limitazioni all’uso del credito Iva ne inibis<strong>con</strong>o anche il<br />

trasferimento alla società <strong>con</strong>trollante nel caso di adesione alla procedura “di<br />

gruppo”.<br />

Le limitazioni, tuttavia, riguardano il credito risultante dalla dichiarazione<br />

annuale e non le eccedenze detraibili emergenti dalle liquidazioni periodiche,<br />

sicché può accadere che la società trasferisca nel corso dell’anno dette<br />

eccedenze detraibili al gruppo e poi, al termine del periodo d’imposta, risulti non<br />

operativa. In tal caso, come precisato dall’Agenzia delle entrate <strong>con</strong> la<br />

risoluzione 29 aprile 2008, n. 180, la capogruppo dovrà restituire le eccedenze<br />

alla società non operativa.<br />

Il rigo VL25 accoglie, pertanto, l’indicazione delle eccedenze che la società<br />

risultata non operativa per l’anno 2007 aveva trasferito al gruppo nel corso dello<br />

stesso anno e che le sono state poi restituite dalla <strong>con</strong>trollante.<br />

Sempre la Finanziaria 2008 ha modificato l’art. 73 del D.P.R. n. 633/72,<br />

stabilendo che agli effetti del “<strong>con</strong>solidamento” <strong>dei</strong> saldi in capo al gruppo non si<br />

tiene <strong>con</strong>to delle eccedenze detraibili, risultanti dalle dichiarazioni annuali<br />

relative al periodo d’imposta precedente, degli enti e società diversi da quelli per<br />

i quali anche in tale periodo d’imposta la <strong>con</strong>trollante si è avvalsa <strong>della</strong> facoltà di<br />

procedere alla liquidazione di gruppo.<br />

In sostanza, il credito <strong>della</strong> società che aderisce ad una procedura di liquidazione<br />

di gruppo alla quale non aderiva l’anno precedente, nonché il credito del gruppo<br />

che abbia cambiato composizione rispetto all’anno precedente, non può essere<br />

<strong>con</strong>ferito al gruppo, ma resta definitivamente nella disponibilità esclusiva <strong>della</strong><br />

società che ne è titolare.<br />

In detta ipotesi, se<strong>con</strong>do i chiarimenti forniti dal Dipartimento Politiche Fiscali del<br />

Ministero dell’E<strong>con</strong>omia e delle finanze <strong>con</strong> la risoluzione n. 4 del 14 febbraio<br />

2008, il credito “non trasferibile” al gruppo potrà:<br />

a) essere richiesto a rimborso, nell’anno in esame o in anni successivi, qualora<br />

ricorrano i presupposti dell’art. 30 del D.P.R. n. 633/72<br />

122


) essere utilizzato in compensazione “orizzontale”, nei limiti stabiliti dalla legge<br />

(516.456,90 euro per anno solare, importo elevato a 1 milione di euro per i<br />

subappaltatori in edilizia che hanno realizzato almeno l’80% del volume d’affari<br />

in operazioni sottoposte a “reverse charge”)<br />

c) essere computato in detrazione in anni successivi, una volta venuta meno la<br />

partecipazione alla liquidazione di gruppo. Quest’ultima precisazione sta a<br />

significare, in pratica, che la società non potrà utilizzare il credito risultante dalla<br />

dichiarazione per il 2007 a scomputo dell’imposta dovuta sulle operazioni<br />

imponibili effettuate nel 2008; questa preclusione, tuttavia, suscita qualche<br />

perplessità.<br />

Allo scopo di <strong>con</strong>sentire un’efficace rappresentazione (e sorveglianza) <strong>della</strong><br />

situazione creditoria sottoposta alle descritte limitazioni, nella dichiarazione<br />

annuale 2009 è stata introdotta una sezione per l’indicazione dell’eccedenza<br />

detraibile rinveniente dall’anno precedente, che in pratica ha l’obiettivo di far<br />

emergere, mediante la compilazione <strong>dei</strong> righi VL8, VL9 e VL10, l’eccedenza che<br />

può <strong>con</strong>correre alla determinazione dell’imposta a saldo per il 2008, da riportare<br />

nel successivo rigo VL26. Il procedimento si articola nei seguenti passaggi:<br />

o tutti i <strong>con</strong>tribuenti che hanno chiuso la dichiarazione precedente <strong>con</strong><br />

un credito non richiesto a rimborso debbono indicarne l’ammontare<br />

nel rigo VL8;<br />

o nel successivo rigo VL9 occorre indicare la quota del predetto credito<br />

che è stata utilizzata in compensazione c.d. “orizzontale”<br />

anteriormente alla presentazione <strong>della</strong> dichiarazione Iva 2009 (va<br />

ricordato, al riguardo, che il credito 2007 può essere compensato a<br />

partire dal 1° gennaio 2008 e fino alla presentazione <strong>della</strong><br />

dichiarazione dell’anno successivo);<br />

o il rigo VL10, infine, è riservato alle società che hanno aderito nel 2008<br />

ad una procedura “di gruppo” alla quale non partecipavano l’anno<br />

precedente, le quali dovranno indicare nel rigo in esame la differenza<br />

tra l’eccedenza detraibile rinveniente dal 2007, riportata nel rigo VL8,<br />

e la parte utilizzata in compensazione orizzontale, riportata nel rigo<br />

VL9. Tale differenza rappresenta il credito 2007 che, non essendo<br />

trasferibile al gruppo ai sensi <strong>della</strong> sopra descritta disposizione <strong>della</strong><br />

Finanziaria 2008, rimane nella definitiva disponibilità <strong>della</strong> società e<br />

potrà essere utilizzato come precisato nella citata risoluzione n.<br />

4/DPF/2008.<br />

123


Immatricolazione<br />

di veicoli di<br />

provenienza Ue<br />

Venendo al rigo VL26, che accoglie, come si diceva, l’eccedenza detraibile<br />

dell’anno precedente che effettivamente <strong>con</strong>corre alla determinazione del saldo<br />

2008, l’importo da riportare nel rigo in esame si ottiene per differenza tra<br />

l’importo del rigo VL8 e quello del rigo VL9, sempreché non sia stato compilato il<br />

rigo VL10, poiché la compilazione di quest’ultimo rigo preclude la possibilità di<br />

riportare il credito nel rigo VL26.<br />

Con il comma 9 dell’art. 1 del D.L. n. 262/2006 è stato stabilito che per<br />

l’immatricolazione o la voltura di autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi, anche<br />

nuovi, oggetto di acquisto intracomunitario a titolo oneroso, la relativa richiesta<br />

deve essere corredata <strong>della</strong> copia del modello F24 di versamento dell’Iva,<br />

recante per ciascun mezzo di trasporto il numero di telaio e l’ammontare dell’Iva<br />

assolta in occasione <strong>della</strong> prima cessione interna.<br />

La speciale procedura di versamento, divenuta operativa a decorrere dal 3<br />

dicembre 2007, prevede l’utilizzo di una particolare versione del modello F24 e<br />

di codici tributo istituiti ad hoc. Di <strong>con</strong>seguenza, già nella dichiarazione annuale<br />

dell’anno scorso è stata introdotta un’apposita sezione 2 all’interno del quadro H,<br />

destinata all’indicazione di questi versamenti speciali, sezione che viene ora<br />

completata <strong>con</strong> l’aggiunta <strong>dei</strong> righi relativi a tutti i mesi dell’anno.<br />

Nella dichiarazione 2009, inoltre, è stato introdotto il rigo VL24, che richiede<br />

l’indicazione <strong>dei</strong> predetti versamenti speciali effettuati nel 2008 in relazione a<br />

cessioni non intervenute nell’anno 2008, ma in anni successivi. Questa ipotesi<br />

può verificarsi, per esempio, nel caso in cui l’immatricolazione del veicolo sia<br />

effettuata dal rivenditore non in dipendenza di una immediata cessione, ma al<br />

fine di raggiungere gli obiettivi di vendita fissati dalla casa costruttrice o dal<br />

distributore (si veda la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 52 del 30 luglio<br />

2008).<br />

Se, dunque, il versamento dell’Iva è stato effettuato nel corso del 2008, in<br />

dipendenza dell’immatricolazione, mentre la cessione sarà effettuata in anni<br />

successivi, l’importo del versamento speciale, da includere nell’ammontare<br />

complessivo <strong>dei</strong> versamenti periodici riportato nel rigo VL29 (crediti), va indicato<br />

anche nel rigo VL24 (debiti), al fine di non influenzare la liquidazione<br />

dell’imposta.<br />

Specularmente, per l’ipotesi in cui siano state effettuate, nel corso del 2008,<br />

cessioni la cui imposta sia stata versata <strong>con</strong> il modello F24 speciale nell’anno<br />

precedente, in dipendenza dell’immatricolazione del veicolo, le istruzioni <strong>della</strong><br />

124


Ac<strong>con</strong>to di<br />

dicembre e<br />

regolarizzazioni<br />

dichiarazione annuale precisano che anche l’importo di tale versamento, sebbene<br />

effettuato nell’anno precedente, deve essere incluso nel rigo VL29 e altresì<br />

specificato, per ragioni di chiarezza, nel nuovo campo 2 istituito all’interno del<br />

rigo stesso.<br />

Si devono infine evidenziare due nuove informazioni richieste nel quadro VH.<br />

In corrispondenza di ciascun periodo di liquidazione è stata inserita una casella<br />

che deve essere barrata nel caso in cui sia stato eseguito, per il periodo<br />

<strong>con</strong>siderato, un versamento a seguito di ravvedimento operoso se<strong>con</strong>do le<br />

disposizioni del citato art. 13, D.Lgs. n. 472/97. In proposito, si segnala che da<br />

quest’anno, nella liquidazione dell’imposta da sviluppare nel quadro VL, non si<br />

tiene <strong>con</strong>to degli interessi da ravvedimento.<br />

Nel rigo VH 13, relativo all’indicazione dell’ac<strong>con</strong>to di dicembre, è stata inserita<br />

una casella nella quale il <strong>con</strong>tribuente rende nota, attraverso un codice<br />

numerico, la modalità di determinazione dell’ac<strong>con</strong>to che ha adottato (1-storico,<br />

2-previsionale, 3-analitico, 4-soggetti operanti in settori <strong>particolari</strong>).<br />

125


126


IL RIMBORSO ANNUALE DELL’IVA<br />

Come si può<br />

utilizzare il credito<br />

computato a nuovo<br />

PRIMA PARTE : I presupposti per il rimborso<br />

Se dalla dichiarazione annuale emerge un’eccedenza d’imposta detraibile, il<br />

<strong>con</strong>tribuente ha diritto di computare in detrazione il credito nell'anno successivo,<br />

per utilizzarlo nei modi <strong>con</strong>sentiti dalla legge. Dal 2002 è stata soppressa la<br />

formalità di annotazione del credito nel registro degli acquisti, precedentemente<br />

prevista dall’articolo 30, dpr n. 633/72.<br />

Il <strong>con</strong>tribuente che abbia scelto di computare a nuovo il credito, può utilizzarlo in<br />

diminuzione dell’imposta dovuta all’atto delle liquidazioni periodiche e <strong>della</strong><br />

dichiarazione annuale dell’anno successivo.<br />

Il credito dell’anno 2008, pertanto, può essere scomputato a partire dalla prima<br />

liquidazione periodica eseguita per il 2009 (quella relativa al mese di gennaio<br />

per i <strong>con</strong>tribuenti mensili, o al primo trimestre per i trimestrali). Questa modalità<br />

di utilizzo del credito, all’interno <strong>della</strong> stessa imposta, detta anche<br />

compensazione “verticale”, deve risultare da adeguate annotazioni nella<br />

<strong>con</strong>tabilità Iva, non richiede la presentazione del modello F24 e non è soggetta a<br />

limitazioni d’importo.<br />

Il credito risultante dalla dichiarazione annuale può essere utilizzato anche in<br />

compensazione “orizzontale”, ossia in pagamento di altri tributi, premi,<br />

<strong>con</strong>tributi, se<strong>con</strong>do le regole dell’articolo 17 del dlgs n. 241/97; in tal caso, però,<br />

occorre rispettare il limite massimo di 516.456,90 euro per ciascun anno solare,<br />

elevato a 1 milione per i subappaltatori edili che si trovano in determinate<br />

<strong>con</strong>dizioni, come si specificherà più avanti.<br />

La compensazione orizzontale è effettuabile sino dal primo giorno del periodo<br />

d’imposta successivo a quello cui il credito si riferisce (generalmente, dunque, in<br />

occasione del primo appuntamento del nuovo anno <strong>con</strong> il modello F24, fissato al<br />

16 gennaio). E’ possibile, ad esempio, utilizzare il credito annuale Iva del 2008<br />

per pagare, già a gennaio 2009, le ritenute d’imposta operate a dicembre 2008;<br />

ciò anche se la dichiarazione annuale Iva 2009, dalla quale emergerà il credito,<br />

sarà presentata all’amministrazione successivamente, entro il termine di legge<br />

(al momento, 31 luglio 2009).<br />

127


Novità per le<br />

compensazioni<br />

indebite<br />

Il rimborso<br />

La compensazione “orizzontale” deve risultare dal modello F24 presentato agli<br />

intermediari <strong>della</strong> riscossione. Va ricordato che il decreto dirigenziale del<br />

31/3/2000 ha ampliato le opportunità di utilizzare il credito nel modello F24,<br />

<strong>con</strong>sentendo la compensazione anche per il pagamento delle somme dovute in<br />

base agli accertamenti ed ai <strong>con</strong>trolli tributari ed alle regolarizzazioni. Più<br />

precisamente, la compensazione è ammessa anche per il pagamento delle<br />

somme (Iva e imposte dirette, relativi interessi e sanzioni) dovute a seguito di:<br />

ravvedimento operoso (art. 13, dlgs n. 472/97);<br />

definizione agevolata (artt. 16 e 17, dlgs n. 472/97);<br />

accertamento <strong>con</strong> adesione (dlgs n. 218/97);<br />

<strong>con</strong>ciliazione giudiziale (art. 48, dlgs 546/92);<br />

rinuncia all’impugnativa (art. 15, dlgs n. 218/97);<br />

liquidazione e <strong>con</strong>trollo formale delle dichiarazioni (dlgs n. 462/97).<br />

L’art. 1, comma 30, <strong>della</strong> legge n. 296/2006 (finanziaria 2007), aveva previsto<br />

che i titolari di partita Iva, entro il quinto giorno antecedente a quello in cui<br />

intendono effettuare la compensazione per importi superiori a 10.000 euro,<br />

dovessero comunicare all’agenzia delle entrate, in via telematica, l’importo e la<br />

tipologia <strong>dei</strong> crediti oggetto di compensazione.<br />

Questa disposizione, che non ha trovato applicazione per la mancata adozione<br />

del provvedimento attuativo, è stata ora soppressa dall’art. 16 del dl n.<br />

185/2008, che ha, nel <strong>con</strong>tempo, introdotto nuove misure di <strong>con</strong>trasto delle<br />

compensazioni indebite, in tema di sanzioni e accertamento.<br />

In alternativa al riporto a nuovo, i <strong>con</strong>tribuenti che si trovano in una delle<br />

situazioni previste dai commi se<strong>con</strong>do, terzo e quarto dell’art. 30 del dpr n.<br />

633/72, descritte analiticamente di seguito, possono chiedere, in tutto o in<br />

parte, il rimborso del credito risultante dalla dichiarazione annuale.<br />

128


Come, quando e<br />

a chi si chiede il<br />

rimborso<br />

Soggetti non<br />

residenti<br />

identificati<br />

direttamente<br />

La richiesta di rimborso, seppure strettamente <strong>con</strong>nessa alla determinazione del<br />

credito in sede di dichiarazione annuale, non si esprime nel <strong>con</strong>testo <strong>della</strong><br />

dichiarazione stessa (dove pure viene evidenziata nell’apposito rigo del quadro<br />

VX o, in caso di dichiarazione unificata, del quadro RX), ma distintamente,<br />

compilando un apposito modello da presentare in ogni caso all’agente <strong>della</strong><br />

riscossione competente in relazione al domicilio fiscale del <strong>con</strong>tribuente.<br />

Il modello può essere presentato a decorrere da lunedì 2 febbraio 2009 e fino al<br />

termine ultimo stabilito per la presentazione <strong>della</strong> dichiarazione annuale (31<br />

luglio 2009).<br />

Il modello per la richiesta di rimborso, approvato <strong>con</strong> provvedimento dell’agenzia<br />

delle entrate del 15 gennaio 2009 è denominato VR/2009; si compone di un solo<br />

foglio e va compilato in triplice esemplare, due <strong>dei</strong> quali, sottoscritti, vanno<br />

<strong>con</strong>segnati o spediti all’agente <strong>della</strong> riscossione.<br />

Sul modello bisogna indicare:<br />

gli elementi identificativi richiesti (codice fiscale, cognome e nome,<br />

denominazione, partita Iva, codice attività, ecc;); i soggetti residenti in<br />

altri stati comunitari devono indicare anche il numero di partita Iva <strong>con</strong> il<br />

quale sono registrati nel proprio paese;<br />

l’esito <strong>con</strong>tabile finale <strong>della</strong> liquidazione d’imposta dell’anno (totale crediti<br />

e debiti, differenza a credito, importo chiesto a rimborso);<br />

i presupposti su cui si fonda la richiesta;<br />

la firma.<br />

Tutti i <strong>con</strong>tribuenti che intendono chiedere il rimborso (sia che redigano la<br />

dichiarazione unificata, sia che la redigano in forma autonoma) debbono<br />

presentare il modello VR, disgiuntamente dalla dichiarazione, direttamente<br />

all’agente <strong>della</strong> riscossione competente per territorio, a prescindere<br />

dall’ammontare dell’eccedenza rimborsabile.<br />

I soggetti non residenti che si sono identificati direttamente in Italia a norma<br />

dell'art. 35-ter, dpr 633/72, devono presentare il modello VR all’agente <strong>della</strong><br />

riscossione di Pescara, essendo la competenza nei <strong>con</strong>fronti di tali soggetti stata<br />

demandata al Centro operativo di Pescara<br />

129


Mancata<br />

presentazione del<br />

modello VR<br />

Omissione <strong>della</strong><br />

dichiarazione<br />

annuale<br />

Le istruzioni di compilazione del modello VR precisano che sono da <strong>con</strong>siderare<br />

validi i modelli presentati <strong>con</strong> un ritardo non superiore a novanta giorni;<br />

dovendo la richiesta di rimborso <strong>con</strong>siderarsi parte integrante <strong>della</strong> dichiarazione<br />

annuale, infatti, è applicabile la norma generale che <strong>con</strong>sidera valida la<br />

dichiarazione prodotta entro novanta giorni dalla scadenza.<br />

Con nota del 3 ottobre 2005, prot. n. 2005/44784, la direzione regionale del<br />

Piemonte dell’agenzia delle entrate ha precisato che la presentazione del modello<br />

VR è <strong>con</strong>dizione indispensabile per manifestare la volontà di richiedere il<br />

rimborso del credito d’imposta emergente dalla dichiarazione. In caso di<br />

mancata o irrituale presentazione del modello, pertanto, ad avviso <strong>della</strong> predetta<br />

direzione (che richiama sul punto anche la posizione espressa dall’agenzia <strong>con</strong> la<br />

circolare n. 55 del 14/6/2001), il <strong>con</strong>tribuente che intenda <strong>con</strong>seguire il rimborso<br />

ha l’onere di proporre la domanda, <strong>con</strong> apposita istanza, entro il termine<br />

biennale di decadenza indicato nell’art. 21 del dlgs n. 546/92.<br />

Questa posizione, tuttavia, mal si <strong>con</strong>cilia <strong>con</strong> i chiarimenti successivamente<br />

forniti dall’agenzia, in merito ai crediti non correttamente riportati, <strong>con</strong> la<br />

risoluzione n. 74 del 19/4/2007. Senza dire, poi, delle incertezze circa i termini<br />

del rimborso del credito Iva che, dopo la cessazione dell’attività, è stato riportato<br />

dal <strong>con</strong>tribuente nella sezione 3 del quadro RX del modello unico.<br />

Sarebbe pertanto opportuno, in materia, un ulteriore e definitivo intervento<br />

dell’amministrazione, anche in <strong>con</strong>siderazione del fatto che la giurisprudenza<br />

tributaria prevalente respinge la tesi <strong>della</strong> decadenza biennale.<br />

Con risoluzione n. 60 dell’8/5/2001, l'agenzia delle entrate ha escluso che<br />

l’omissione <strong>della</strong> dichiarazione annuale, dopo che il <strong>con</strong>tribuente abbia<br />

presentato il modello VR e ottenuto il rimborso, comporti l’automatico recupero,<br />

da parte dell'ufficio, dell'imposta già restituita dal <strong>con</strong>cessionario (ora agente<br />

<strong>della</strong> riscossione) a seguito di un’istruttoria che, evidentemente, ha accertato la<br />

sussistenza di almeno uno <strong>dei</strong> presupposti di legge. Resta ovviamente salva la<br />

possibilità per l’ufficio di esperire l’azione di accertamento.<br />

Ipotesi differente è quella del riporto nella dichiarazione annuale di un credito<br />

derivante dalla precedente annualità per la quale, tuttavia, non è stata<br />

presentata la dichiarazione: ad esempio, il <strong>con</strong>tribuente indica nella<br />

dichiarazione Iva 2009 un credito dell’anno precedente, senza però avere<br />

presentato la dichiarazione Iva 2008. In tal caso, anteriormente all’emanazione<br />

<strong>della</strong> già citata risoluzione n. 74/2007, l’amministrazione finanziaria, in sede di<br />

liquidazione, dis<strong>con</strong>osceva il credito ed applicava la sanzione, ritenendo che, in<br />

assenza del “titolo” rappresentato dalla dichiarazione dalla quale il credito<br />

130


Rimborso non<br />

spettante<br />

dovrebbe risultare, non fosse <strong>con</strong>sentito il riporto a nuovo. In questa fattispecie,<br />

pertanto, il <strong>con</strong>tribuente che intendeva recuperare il (presunto) credito, non<br />

avendo titolo per riportarlo nella dichiarazione successiva, poteva soltanto<br />

presentare apposita istanza di rimborso, nel citato termine di decadenza<br />

biennale.<br />

Con la predetta risoluzione, l’agenzia ha espresso l’avviso che l’eccedenza di<br />

credito Iva maturata in un anno in cui la dichiarazione annuale risulta omessa<br />

potrà essere computata in detrazione, al più tardi, <strong>con</strong> la dichiarazione relativa al<br />

se<strong>con</strong>do anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto, fermo<br />

restando il potere/dovere dell’ufficio, nell’ambito del programma annuale<br />

dell’attività di <strong>con</strong>trollo, di accertare l’esistenza del credito medesimo maturato<br />

nell’anno in cui la dichiarazione annuale è stata omessa. Il <strong>con</strong>tribuente avrà,<br />

comunque, sempre la possibilità di richiedere la restituzione del credito<br />

attraverso la procedura di rimborso di cui all’articolo 21 del dlgs. n. 546/92,<br />

entro i termini ivi previsti.<br />

L'articolo 5, comma 5, del D.Lgs. n. 471 del 18/12/97, commina la sanzione dal<br />

100 al 200 per cento la somma non spettante per l'ipotesi in cui venga chiesto,<br />

in difformità <strong>della</strong> dichiarazione annuale, un rimborso Iva non dovuto, o in<br />

misura eccedente a quella spettante. In un primo momento l'amministrazione<br />

finanziaria aveva ritenuto (si veda ItaliaOggi dell'1/11/2001) che tale sanzione<br />

fosse applicabile anche in caso di presentazione <strong>della</strong> richiesta di rimborso in<br />

difetto <strong>dei</strong> presupposti di legge (descritti appresso); successivamente ha mutato<br />

opinione, ritenendo che, in tal caso, si renda applicabile la sanzione del 30% a<br />

sensi dell'art. 13, dlgs n. 471/97. Va tuttavia osservato che, al pari <strong>della</strong> prima,<br />

anche questa se<strong>con</strong>da tesi appare priva di <strong>con</strong>forto normativo, in quanto<br />

l'assenza del presupposto per la richiesta di rimborso è fattispecie diversa da<br />

quella dell’inesistenza del credito.<br />

131


Quando si può<br />

chiedere il<br />

rimborso<br />

Contribuenti<br />

minimi in regime<br />

speciale<br />

1 - Cessazione<br />

dell'attività<br />

(art. 30,<br />

se<strong>con</strong>do c.)<br />

Vediamo ora quali sono i presupposti che, ai sensi dell’art. 30 del dpr 633/72,<br />

legittimano la richiesta di rimborso.<br />

L’art. 1, comma 103, <strong>della</strong> legge 24/12/2007, n. 244 prevede che i <strong>con</strong>tribuenti<br />

che si avvalgono del regime speciale per i minimi, istituito dalla legge stessa,<br />

hanno diritto di chiedere il rimborso oppure di utilizzare in compensazione<br />

l’eccedenza detraibile risultante dalla dichiarazione Iva relativa all’ultimo anno in<br />

cui l’imposta è stata applicata nei modi ordinari. E’ il caso, ad esempio, del<br />

soggetto che adotta il regime speciale nel 2009 e chiude l’ultima dichiarazione<br />

Iva, relativa all’anno 2008, <strong>con</strong> un’eccedenza detraibile. La ratio <strong>della</strong> predetta<br />

disposizione sembrerebbe quella di <strong>con</strong>sentire, in tal caso, al <strong>con</strong>tribuente di<br />

chiedere il rimborso anche in mancanza <strong>dei</strong> presupposti dell’art. 30, giacché<br />

diversamente la specifica previsione non avrebbe molto senso.<br />

L’agenzia delle entrate, però, nella circolare n. 7 del 28/1/2008 (risposta n. 6.<br />

13) ha affermato che il <strong>con</strong>tribuente minimo può ottenere il rimborso soltanto se<br />

ricorrono i presupposti indicati al terzo comma dell’art. 30; non è invece<br />

possibile richiedere il rimborso del minor credito del triennio (quarto comma), né<br />

può ritenersi che il passaggio al regime per i minimi sia equiparabile alla<br />

cessazione dell’attività (se<strong>con</strong>do comma).<br />

Il diritto al rimborso del credito, quale che sia l’importo, è ri<strong>con</strong>osciuto ai<br />

<strong>con</strong>tribuenti che hanno cessato l’attività nel corso del 2008.<br />

Ai sensi dell'art. 35 del dpr 633/72, il termine dal quale decorrono i trenta giorni<br />

per comunicare all'ufficio la cessazione dell’attività coincide <strong>con</strong> la data di<br />

ultimazione delle operazioni relative alla liquidazione dell’azienda. Ne <strong>con</strong>segue<br />

che, agli effetti dell’Iva, per gli imprenditori tale data deve essere assunta come<br />

quella di cessazione dell’attività.<br />

Per gli esercenti arti e professioni, invece, in assenza di specifiche disposizioni, la<br />

data di cessazione non può che coincidere <strong>con</strong> quella dell’effettiva cessazione<br />

dell’attività professionale o artistica, ancorché non siano stati definiti tutti i<br />

<strong>rapporti</strong> inerenti le operazioni attive e/o passive.<br />

Per le società la data di cessazione è quella <strong>della</strong> chiusura del bilancio finale di<br />

liquidazione; si presti, tuttavia, attenzione a quanto si dirà trattando <strong>dei</strong> casi<br />

<strong>particolari</strong>.<br />

Le società di persone che vengono sciolte senza l’apertura <strong>della</strong> formale fase di<br />

liquidazione possono <strong>con</strong>siderare cessata l’attività alla data in cui risultano<br />

132


Fallimento e<br />

liquidazione<br />

coatta<br />

amministrativa<br />

Società in<br />

liquidazione<br />

ultimate tutte le operazioni rilevanti agli effetti dell'Iva (in tale locuzione non<br />

rientrano gli adempimenti <strong>con</strong>sequenziali, quali il versamento dell'imposta del<br />

periodo e la presentazione <strong>della</strong> dichiarazione annuale).<br />

Con la risoluzione n. 140 del 10/6/97, il ministero delle finanze ha precisato che<br />

alle società di persone che hanno cessato l’attività non può essere negato il<br />

rimborso sul presupposto del mancato deposito del bilancio finale di liquidazione,<br />

in quanto per dette società tale obbligo non sussiste; la precisazione è stata<br />

ribadita nella circolare n. 146 del 10/6/98.<br />

Si segnala, inoltre, la sentenza n. 4234 del 2/3/2004, nella quale la suprema<br />

corte ha affermato che la società di persone scioltasi senza formale<br />

procedimento di liquidazione si <strong>con</strong>sidera cessata <strong>con</strong> la cessazione effettiva<br />

dell’attività sociale, a prescindere dalla data in cui viene richiesta la<br />

cancellazione <strong>della</strong> partita Iva.<br />

Va ricordato che, per effetto <strong>della</strong> cessazione dell’attività, il <strong>con</strong>tribuente è<br />

tenuto ad includere nell’ultima dichiarazione Iva l’imposta sulle operazioni attive<br />

<strong>della</strong> quale non si sia ancora verificata l’esigibilità ai sensi dell’art. 6, quinto<br />

comma, del dpr 633/72, nonché quella dovuta sulle operazioni di “auto<strong>con</strong>sumo”<br />

<strong>dei</strong> beni utilizzati nell’attività (art. 35, comma 4, dpr 633/72).<br />

Per quanto riguarda i soggetti in stato di fallimento o di liquidazione coatta<br />

amministrativa, è <strong>con</strong>sentito ai curatori e ai commissari liquidatori, al fine di<br />

ottenere il rimborso dell’eventuale credito Iva, di presentare la dichiarazione di<br />

cessata attività anteriormente alla chiusura <strong>della</strong> procedura <strong>con</strong>corsuale, sempre<br />

che risultino ultimate tutte le operazioni rilevanti ai fini dell’Iva (unica eccezione<br />

ammessa è la parcella professionale del curatore o del liquidatore), anche se<br />

rimangono aperti <strong>rapporti</strong> di credito o debito.<br />

Ad avviso dell’amministrazione finanziaria, l’eventuale richiesta di rimborso da<br />

parte del responsabile <strong>della</strong> procedura <strong>con</strong>corsuale può essere espressa soltanto<br />

<strong>con</strong> riferimento alla dichiarazione annuale, e non anche nella speciale<br />

dichiarazione relativa alla frazione di anno antecedente alla sentenza di<br />

fallimento che il curatore o commissario liquidatore è tenuto a presentare<br />

utilizzando il modello 74-bis. In senso <strong>con</strong>trario, però, si è ripetutamente<br />

pronunciata la giurisprudenza, sia di merito che di legittimità (si veda, tra le<br />

tante, la sentenza <strong>della</strong> corte di cassazione n. 4225 del 2/3/2004).<br />

Se<strong>con</strong>do la direzione regionale delle entrate per la Lombardia, l’espressione<br />

“data di ultimazione delle operazioni relative alla liquidazione dell’azienda” va<br />

riferita, per tutti i soggetti e non solo per quelli sottoposti a procedure<br />

133


Casi <strong>particolari</strong><br />

<strong>con</strong>corsuali, all’ultimo atto di cessione di tutti i beni, strumentali e non, a nulla<br />

rilevando la successiva attività di incasso crediti o pagamento debiti. Ne segue<br />

che la società in liquidazione, quando abbia ultimato le operazioni Iva, può<br />

comunicare la cessazione dell’attività (<strong>con</strong>seguendo così titolo al rimborso)<br />

ancorché non possa ancora chiudere la procedura di liquidazione.<br />

Con sentenza n. 10227 del 27/6/2003, la corte di cassazione ha statuito che “la<br />

cessazione dell’attività che determina il sorgere del diritto del <strong>con</strong>tribuente di<br />

chiedere il rimborso dell’eventuale eccedenza tra l’Iva versata e quella dovuta si<br />

verifica solo ed esclusivamente <strong>con</strong> la ultimazione delle operazioni relative alla<br />

liquidazione dell’azienda e non già <strong>con</strong> la decisione (peraltro revocabile<br />

dall’imprenditore ad libitum nel libero esercizio <strong>della</strong> sua autonomia privata) di<br />

cessare l’attività imprenditoriale o professionale, le prestazioni <strong>dei</strong> cui servizi o la<br />

cessione <strong>dei</strong> cui beni sono soggette all’imposta sul valore aggiunto”. Nel caso<br />

sottoposto al giudizio <strong>della</strong> corte, una società aveva ritenuto di poter chiedere il<br />

rimborso per effetto <strong>della</strong> cessazione, nel 1990, dell’attività commerciale, pur<br />

essendo entrata nella fase di liquidazione protrattasi fino al dicembre del 1991<br />

ed avendo dichiarato la cessazione formale soltanto nel dicembre del 1992.<br />

Nella sentenza n. 2435 del 2004, invece, la stessa corte ha ritenuto che il diritto<br />

al rimborso sorge nel momento in cui la società viene posta in liquidazione. Ciò<br />

in ragione del fatto che il passaggio alla fase di liquidazione costituisce<br />

un’obiettiva causa di impedimento a recuperare l’imposta mediante il normale<br />

meccanismo <strong>della</strong> detrazione. Va osservato, però, che questa pronuncia è stata<br />

resa <strong>con</strong> riferimento al testo dell’art. 30 anteriore alle modifiche apportate <strong>con</strong> il<br />

dl n. 90 del 1990.<br />

Nondimeno, la questione è di rilevante interesse e meriterebbe di trovare<br />

soluzione mediante una <strong>disciplina</strong> normativa più puntuale, che tenga <strong>con</strong>to<br />

anche delle <strong>con</strong>nessioni <strong>con</strong> gli adempimenti occorrenti per il registro delle<br />

imprese.<br />

Vi sono alcune situazioni <strong>particolari</strong>, meritevoli di <strong>con</strong>siderazione, sulle quali non<br />

si registrano, ad oggi, prese di posizione ufficiali.<br />

Si tratta, in generale, <strong>dei</strong> casi in cui il soggetto d’imposta, pur non trovandosi<br />

nella <strong>con</strong>dizione di poter presentare formale denuncia di cessata attività, non è<br />

in grado di recuperare l’eventuale credito attraverso il riporto a nuovo nell’anno<br />

successivo, in quanto non più tenuto alla presentazione <strong>della</strong> dichiarazione<br />

annuale: si pensi all’imprenditore individuale che abbia <strong>con</strong>cesso in affitto l’unica<br />

azienda posseduta (tenuto a presentare denuncia di variazione per la<br />

134


2 - Imprese che<br />

vendono ad<br />

aliquote più<br />

basse di quelle<br />

sugli acquisti<br />

(art. 30, terzo<br />

comma, lettera a)<br />

“sospensione dell'attività”); oppure all'impresa esercente attività di<br />

intrattenimento che revochi l’opzione per il regime normale per rientrare nel<br />

regime speciale dell’art. 74, sesto comma, dpr 633/72 (che prevede l'esonero<br />

dalla dichiarazione); od anche all'associazione sportiva che, a seguito di opzione,<br />

passi dal regime Iva normale a quello speciale di cui all’art. 2 <strong>della</strong> legge n.<br />

398/91.<br />

In simili ipotesi parrebbe corretto ri<strong>con</strong>oscere il diritto al rimborso.<br />

In mancanza di indicazioni ufficiali, è <strong>con</strong>sigliabile, qualora il credito non possa<br />

essere recuperato attraverso il meccanismo <strong>della</strong> compensazione, presentare<br />

ugualmente la dichiarazione annuale al fine di costituire formalmente i<br />

presupposti per il diritto al rimborso del minor credito del triennio (descritto al<br />

punto 8). Tuttavia, anche questa opportunità parrebbe messa in dubbio dalla<br />

posizione espressa dall’agenzia delle entrate, <strong>con</strong> la citata circolare n. 7/2008, in<br />

merito ai presupposti per il diritto al rimborso per i <strong>con</strong>tribuenti minimi.<br />

Le imprese che operano in alcuni settori (es. caseifici, editoria, edilizia) possono<br />

trovarsi in una <strong>con</strong>dizione di credito strutturale in quanto le aliquote Iva che<br />

gravano sui loro acquisti sono mediamente più elevate di quelle applicate alle<br />

operazioni attive.<br />

La lettera a) del terzo comma dell’art. 30, pertanto, ri<strong>con</strong>osce il diritto al<br />

rimborso al <strong>con</strong>tribuente che “esercita esclusivamente o prevalentemente attività<br />

che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta <strong>con</strong> aliquote<br />

inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni.” Al fine di<br />

semplificare l’accertamento del presupposto, <strong>con</strong> l’art. 3 del dl n. 250/95 è stato<br />

stabilito che esso sussiste quando l’aliquota media d'imposta sulle operazioni<br />

attive, aumentata del 10%, risulta inferiore a quella media sugli acquisti e sulle<br />

importazioni.<br />

Vanno esclusi dal calcolo dell’aliquota media solamente le cessioni e gli acquisti<br />

di beni ammortizzabili, nonché i canoni di locazione finanziaria corrisposti per<br />

l'acquisizione degli stessi beni.<br />

Nelle operazioni attive debbono includersi anche le operazioni imponibili per le<br />

quali l’imposta è dovuta dall’acquirente <strong>con</strong> il meccanismo del “reverse charge”,<br />

ossia:<br />

cessioni di oro da investimento imponibili su opzione;<br />

cessioni di oro industriale e di argento;<br />

cessioni di rottami e materiali di recupero;<br />

135


cessioni di fabbricati strumentali per natura imponibili ai sensi delle<br />

lettere b) e d) del n. 8-ter) dell’art. 10, dpr 633/72;<br />

prestazioni di servizi <strong>dei</strong> subappaltatori di lavori edili.<br />

Parrebbe corretto, altresì, fare <strong>con</strong>correre al calcolo dell’aliquota media anche le<br />

operazioni non soggette in quanto rientranti nei regimi monofase di cui<br />

all’articolo 74, primo comma (vendita di giornali, tabacchi, ecc.), che l’articolo<br />

19, comma 3, include fra le operazioni che danno diritto alla detrazione del<br />

tributo. Per la stessa ragione si dovrebbe tenere <strong>con</strong>to, inoltre, delle cessioni di<br />

oro da investimento esenti ai sensi dell’articolo 10, n. 11), se effettuate dai<br />

produttori o trasformatori ai quali l’articolo 19, comma 3, lettera d), ri<strong>con</strong>osce il<br />

diritto di detrazione (del resto, prima delle modifiche apportate dalla legge n.<br />

7/2000, le cessioni esenti di oro si computavano ai fini dell’aliquota media).<br />

Va però evidenziato che non si rilevano elementi nel senso auspicato, né nelle<br />

istruzioni del modello VR, né in quelle relative al modello per l’istanza di<br />

rimborso del credito infrannuale approvato dall’agenzia delle entrate <strong>con</strong><br />

provvedimento del 14/9/2006. Anzi, rispondendo ad un’interrogazione<br />

parlamentare (question time n. 5-01838 dell’11/12/07), il governo ha reso nota<br />

la posizione dell’agenzia delle entrate, se<strong>con</strong>do la quale, atteso il riferimento<br />

<strong>della</strong> disposizione del calcolo dell’aliquota media alle operazioni “soggette”<br />

all’Iva, <strong>con</strong>siderato che le operazioni di cui all’art. 74, primo comma, sono<br />

equiparate, giusta il comma successivo, alle operazioni escluse dall’Iva, nel<br />

computo dell’aliquota media non si deve tenere <strong>con</strong>to delle predette operazioni.<br />

Con risoluzione n. 17 del 19/3/98 il ministero delle finanze ha ribadito che non<br />

rientrano nel computo dell’aliquota media le operazioni non imponibili, per le<br />

quali è previsto uno specifico presupposto di accesso al rimborso (descritto<br />

appresso).<br />

Per quanto riguarda le operazioni effettuate nel corso del 2008, ma per le quali<br />

non si è verificata l’esigibilità dell’imposta nell’anno stesso, sembrerebbe<br />

coerente <strong>con</strong> l’istituto <strong>della</strong> “esigibilità differita” (che attiene solo al pagamento<br />

del tributo) tenerne <strong>con</strong>to per la determinazione dell’aliquota media (ovviamente<br />

non soltanto per l’imponibile, ma anche per l’imposta relativa). Incertezze al<br />

riguardo sorgono, tuttavia, dall’esame del modello per l’istanza di rimborso<br />

infrannuale già richiamato precedentemente, il quale non prende affatto in<br />

<strong>con</strong>siderazione le operazioni in esame.<br />

136


3 - Imprese che<br />

hanno effettuato<br />

operazioni non<br />

imponibili per<br />

ammontare<br />

superiore al 25%<br />

del fatturato (art.<br />

30, terzo comma,<br />

lett. b)<br />

Attenzione:<br />

Ulteriore <strong>con</strong>dizione per il rimborso (in questa come nelle altre fattispecie di cui<br />

appresso) è che l’eccedenza detraibile sia superiore a € 2.582,28; sussistendo<br />

tale <strong>con</strong>dizione, tuttavia, il rimborso può essere richiesto anche per un importo<br />

inferiore.<br />

Modalità di calcolo<br />

Ecco due esempi sulle modalità di calcolo dell'aliquota media, che va assunta<br />

fino alla se<strong>con</strong>da cifra decimale.<br />

Esempio n. 1<br />

aliquota media sulle operazioni passive: 15,30%<br />

aliquota media sulle operazioni attive: 13,85%<br />

aliquota media sulle o.a. maggiorata: 13,85 + (10% di 13,85) = 13,85 + 1,38 =<br />

15,23<br />

Il diritto al rimborso esiste in quanto l'aliquota media sulle operazioni attive,<br />

maggiorata del 10%, risulta inferiore all'aliquota media sulle operazioni passive.<br />

Esempio n. 2<br />

ap (aliquota media sulle operazioni passive): 15,18%<br />

aa (aliquota media sulle operazioni attive): 13,85%<br />

aliquota media sulle o.a. maggiorata: 13,85 + (10% di 13,85) = 13,85 + 1,38 =<br />

15,23<br />

Il rimborso non compete in quanto l'aliquota media sulle operazioni attive,<br />

maggiorata del 10%, risulta superiore a quella sulle operazioni passive.<br />

Questa ipotesi riguarda i <strong>con</strong>tribuenti che, effettuando le seguenti operazioni non<br />

imponibili (per le quali compete il diritto di detrazione), si trovano normalmente<br />

a credito dell’Iva assolta “a monte”, data l'impossibilità di recuperarla attraverso<br />

il meccanismo <strong>della</strong> rivalsa nei <strong>con</strong>fronti <strong>della</strong> <strong>con</strong>troparte:<br />

art. 8, dpr 633/72: cessioni all'esportazione, anche in triangolazione;<br />

cessioni e prestazioni ad esportatori abituali;<br />

art. 8-bis, dpr 633/72: operazioni assimilate alle cessioni<br />

all'esportazione (settore aeronavale);<br />

art. 9, dpr 633/72: servizi internazionali;<br />

137


Intermediazioni<br />

comunitarie<br />

art. 71, dpr 633/72: cessioni di beni inviati nello stato Vaticano e nella<br />

repubblica di San Marino;<br />

art. 72, dpr 633/72: operazioni agevolate in base ad accordi<br />

internazionali;<br />

art. 74-ter, dpr 633/72: prestazioni delle agenzie di viaggi rese fuori<br />

dal territorio dell'Ue;<br />

art. 40, comma 9, dl n. 331/93: cessioni intracomunitarie;<br />

prestazioni di servizi rese per <strong>con</strong>to di committenti identificati in altri<br />

paesi Ue su beni che vengono successivamente inviati fuori del territorio<br />

italiano; prestazioni di trasporto intracomunitario ed accessorie (e relative<br />

intermediazioni), nonché prestazioni di intermediazione relative a beni<br />

mobili, rese a soggetti passivi residenti in altro stato membro;<br />

art. 58, dl n. 331/93: cessioni ad operatore residente <strong>con</strong> <strong>con</strong>segna<br />

<strong>dei</strong> beni in altro stato membro;<br />

art. 50-bis, dl n. 331/93: cessioni intracomunitarie e cessioni<br />

all’esportazione di beni estratti da un deposito Iva;<br />

art. 37, dl n. 41/95: cessioni all’esportazione di beni soggetti al regime<br />

del margine.<br />

Il diritto al rimborso compete, sempre che l'eccedenza a credito superi, come già<br />

detto, € 2.582,28, se il rapporto fra l'ammontare delle suddette operazioni e<br />

quelle complessivamente effettuate supera il 25%; la percentuale va arrotondata<br />

all'unità superiore.<br />

Ai fini del calcolo occorre <strong>con</strong>siderare anche i corrispettivi delle eventuali cessioni<br />

di beni ammortizzabili.<br />

Le prestazioni di intermediazione rese a soggetti d’imposta stabiliti in altri stati<br />

membri, relative ad operazioni effettuate nella Comunità, si <strong>con</strong>siderano non<br />

territoriali ai sensi <strong>della</strong> disposizione dell’art. 7, quarto comma, lettera f-<br />

quinquies) del dpr 633/72, inserita dalla finanziaria 2007. Tale disposizione,<br />

come chiarito dall’agenzia delle entrate <strong>con</strong> la risoluzione n. 437 del 12/11/2008,<br />

ha reso di fatto inoperante la disposizione dell’art. 40, comma 8 del dl n.<br />

331/93. Di <strong>con</strong>seguenza, le prestazioni in esame non dovrebbero più<br />

138


4 - Acquisti ed<br />

importazioni di<br />

beni ammortizzabili<br />

e spese per studi e<br />

ricerche<br />

(art. 30, terzo<br />

comma, lett. c)<br />

Nozione di beni<br />

ammortizzabili<br />

<strong>con</strong>siderarsi ai fini <strong>della</strong> verifica del presupposto di rimborso qui in esame, bensì<br />

di quello descritto al successivo punto 5.<br />

Se non ricorrono altri presupposti, ferma restando la <strong>con</strong>dizione che l’eccedenza<br />

a credito sia di ammontare superiore a € 2.582,28, può essere richiesto il<br />

rimborso dell’imposta specificamente afferente a:<br />

acquisti e importazioni di beni ammortizzabili registrati nel 2008;<br />

acquisti e importazioni di beni ammortizzabili registrati in anni<br />

precedenti, sempre che non sia già stata chiesta a rimborso (o<br />

compensata) in detti anni;<br />

acquisti di beni e servizi per studi e ricerche registrati nel 2008.<br />

Per quanto riguarda i beni ammortizzabili, se<strong>con</strong>do quanto precisato dal<br />

ministero delle finanze <strong>con</strong> la circolare n. 2/1990, il rimborso può essere<br />

richiesto non solo in caso di acquisto, ma anche se vengono acquisiti <strong>con</strong><br />

<strong>con</strong>tratto di locazione finanziaria (come si vedrà, però, tale posizione è stata<br />

recentemente rivista) , ovvero in forza di <strong>con</strong>tratto d’appalto.<br />

Per l’individuazione <strong>dei</strong> beni ammortizzabili occorre fare riferimento alla nozione<br />

accolta nella <strong>disciplina</strong> delle imposte dirette; in tal senso si è espresso il<br />

ministero delle finanze nella circolare n. 73 del 19/12/84, a proposito <strong>della</strong><br />

norma di legge che accordava la detrazione dell’Iva sui cespiti ai produttori<br />

agricoli. In quella occasione, è stato infatti affermato il principio se<strong>con</strong>do cui “ai<br />

fini dell’individuazione <strong>dei</strong> beni ammortizzabili occorre fare riferimento alle<br />

corrispondenti disposizioni previste in materia di imposizione diretta, <strong>con</strong><br />

particolare riguardo ai beni strumentali ammortizzabili, materiali e immateriali”.<br />

Rientrano pertanto nella nozione di “beni ammortizzabili” quelli per i quali la<br />

predetta <strong>disciplina</strong> prevede la deduzione di quote di ammortamento.<br />

In base a tale <strong>con</strong>siderazione, il ministero delle finanze, <strong>con</strong> risoluzione<br />

2/2/1991, n. 445585 ha ri<strong>con</strong>osciuto il diritto al rimborso ad un’impresa<br />

esercente attività di locazione finanziaria, essendo i beni da essa acquistati<br />

soggetti alla procedura di ammortamento ai sensi dell'art. 67 (ora art. 102) del<br />

Tuir.<br />

139


Sulla possibilità di chiedere a rimborso l’Iva sui canoni di locazione finanziaria di<br />

beni strumentali, tuttavia, l’agenzia delle entrate ha recentemente modificato<br />

l’orientamento espresso <strong>con</strong> la richiamata circolare n. 2/1990. Con risoluzione n.<br />

392 del 28/12/2007, infatti, è stato sostenuto che la possibilità di <strong>con</strong>siderare<br />

beni ammortizzabili quelli oggetto di <strong>con</strong>tratti di locazione finanziaria riguarda<br />

solo l’impresa <strong>con</strong>cedente, che ai sensi del Tuir può effettuare l’ammortamento<br />

del costo, e non l’impresa utilizzatrice.<br />

In altra occasione, l’amministrazione finanziaria ha chiarito che i fabbricati<br />

strumentali per natura sono <strong>con</strong>siderati oggettivamente ammortizzabili, anche<br />

se vengono <strong>con</strong>cessi in locazione.<br />

In ordine alla sussistenza del presupposto in esame, la corte di cassazione, nella<br />

sentenza n. 4 del 7/1/2004, dopo avere ricordato che, in via di principio, i<br />

<strong>con</strong>cetti di “ammortizzabilità” e di “strumentalità” non coincidono, in quanto non<br />

tutti i beni ammortizzabili sono anche strumentali e viceversa, ha affermato che,<br />

pur limitandosi la legge a prevedere il diritto al rimborso dell’imposta sui beni<br />

ammortizzabili, è altresì indispensabile che si tratti di beni strumentali. Ai fini<br />

<strong>della</strong> norma occorre perciò accertare non solo se il bene sia ammortizzabile, ma<br />

anche se sia strumentale, nel senso che la sua utilizzazione sia funzionale allo<br />

svolgimento dell’attività svolta dall’impresa.<br />

Riguardo ai beni acquisiti in forza di <strong>con</strong>tratto d’appalto (ad esempio, fabbricati<br />

in corso di realizzazione), il diritto al rimborso compete ove sia possibile<br />

attribuire in<strong>con</strong>futabilmente al bene “in fieri” la qualifica di bene ammortizzabile.<br />

Con risoluzione n. 372 del 6/10/2008 l’agenzia delle entrate ha negato che il<br />

complesso sportivo realizzato per <strong>con</strong>to di un ente pubblico, a fronte di un<br />

corrispettivo rappresentato dall’affidamento in gestione per un certo numero di<br />

anni, possa essere <strong>con</strong>siderato bene ammortizzabile per la società appaltatrice-<br />

<strong>con</strong>cessionaria, ritenendo <strong>con</strong>seguentemente non sussistente, in capo alla<br />

società stessa, il presupposto per il rimborso del credito Iva maturato in<br />

relazione ai costi di realizzazione dell’opera. L’agenzia ha osservato che i beni<br />

realizzati dalla società sono fin dall’inizio di proprietà dell’ente locale <strong>con</strong>cedente,<br />

per cui vanno iscritti nelle poste patrimoniali del <strong>con</strong>cedente stesso, sicché non<br />

possono essere oggetto di ammortamento ai fini delle imposte dirette da parte<br />

del <strong>con</strong>cessionario.<br />

Da ultimo, <strong>con</strong> la recentissima risoluzione n. 11 del 9/1/2009, l’agenzia ha<br />

ri<strong>con</strong>osciuto, ai fini delle imposte sui redditi, che possono essere <strong>con</strong>siderati beni<br />

strumentali ammortizzabili, fin dal momento <strong>della</strong> <strong>con</strong>segna e <strong>della</strong> <strong>con</strong>seguente<br />

140


Acquisto di terreni<br />

entrata in funzione nell’impresa locataria, ai sensi dell’art. 109, comma 2, lett.<br />

a) del Tuir, i beni strumentali (nella fattispecie si tratta di navi adibite a<br />

rimorchiatori) che l’impresa ha acquisito in base ad un <strong>con</strong>tratto di locazione <strong>con</strong><br />

clausola di trasferimento <strong>della</strong> proprietà vincolante per ambedue le parti.<br />

Il ministero delle finanze ha espresso parere negativo in merito all’ammissibilità<br />

del rimborso dell'Iva pagata per l’acquisto di un terreno edificabile (il cui costo,<br />

se<strong>con</strong>do una corrente di pensiero, poteva formare oggetto di ammortamento nel<br />

momento in cui sull’area venisse realizzato un fabbricato strumentale), in base<br />

alla <strong>con</strong>siderazione che il terreno non si <strong>con</strong>figura oggettivamente come bene<br />

ammortizzabile in quanto non suscettibile di deperimento e <strong>con</strong>sumo. Diversa<br />

opinione aveva espresso la commissione tributaria regionale di Torino, che <strong>con</strong><br />

sentenza n. 16/38/01 depositata il 3/4/2001, <strong>con</strong>fermativa <strong>della</strong> pronuncia di<br />

primo grado, aveva ri<strong>con</strong>osciuto all’impresa il diritto al rimborso dell'imposta<br />

pagata per l’acquisto di un terreno edificabile destinato alla costruzione di edifici<br />

strumentali, sul presupposto <strong>della</strong> natura strumentale che, in tal caso, viene a<br />

rivestire anche il terreno (nello stesso senso si era espressa la commissione<br />

tributaria centrale <strong>con</strong> decisione n. 4194 dell’11 agosto 1997).<br />

La questione è oramai superata dalle disposizioni del dl n. 223/2006, <strong>con</strong>vertito<br />

dalla legge n. 248/2006. L’articolo 36, comma 7, del decreto, come sostituito<br />

dall’art. 2, comma 18, del dl n. 262/2006, stabilisce infatti che “ai fini del calcolo<br />

delle quote di ammortamento deducibili il costo complessivo <strong>dei</strong> fabbricati<br />

strumentali è assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e<br />

di quelle che ne costituis<strong>con</strong>o pertinenza”. Il comma 7-bis estende la<br />

disposizione, che in pratica <strong>con</strong>sidera non ammortizzabile il costo del terreno,<br />

anche alla quota capitale <strong>dei</strong> canoni <strong>dei</strong> <strong>con</strong>tratti di leasing degli stessi fabbricati.<br />

Attenzione:<br />

Nel corso <strong>della</strong> tele<strong>con</strong>ferenza organizzata da ItaliaOggi il 17/1/2009, l’agenzia<br />

delle entrate ha precisato che, in relazione agli acquisti di fabbricati strumentali,<br />

non è rimborsabile, in base al presupposto in esame, l’Iva riferibile al valore del<br />

terreno, che va pertanto espunta dall’importo rimborsabile.<br />

141


Immobili degli<br />

esercenti arti e<br />

professioni<br />

Pagamenti in<br />

ac<strong>con</strong>to per beni<br />

acquistati o<br />

costruiti<br />

La finanziaria 2007 (commi 334-335 dell’articolo unico <strong>della</strong> legge 27/12/2006,<br />

n. 296) ha modificato l’art. 54 del Tuir, ripristinando la possibilità, per gli<br />

esercenti arti e professioni, di dedurre le quote di ammortamento e i canoni di<br />

locazione finanziaria degli immobili strumentali all’esercizio dell’attività di lavoro<br />

autonomo. Si tratta di una misura di carattere temporaneo, essendo previsto<br />

che la deduzione compete in relazione agli acquisti ed ai <strong>con</strong>tratti di leasing<br />

stipulati nel triennio 2007-2009.<br />

La deduzione del costo d’acquisto dell’immobile spetterà per quote annuali non<br />

superiori a quelle previste dal decreto sui coefficienti d’ammortamento, mentre<br />

per i canoni di locazione finanziaria è richiesto che la durata del <strong>con</strong>tratto non sia<br />

inferiore alla metà del periodo di ammortamento, comunque <strong>con</strong> un minimo di<br />

otto anni e un massimo di quindici.<br />

Anche per i lavoratori autonomi valgono le disposizioni dell’articolo 36, commi 7<br />

e 7-bis, del dl 223/2006, se<strong>con</strong>do cui ai fini <strong>della</strong> deduzione non si deve<br />

<strong>con</strong>siderare il costo del terreno. In prima applicazione, infine, per gli anni 2007,<br />

2008 e 2009, le quote di ammortamento e i canoni di leasing potranno essere<br />

dedotte soltanto per un terzo.<br />

La norma reddituale dovrebbe riflettersi sul fronte dell’Iva. La deducibilità delle<br />

quote di ammortamento e <strong>dei</strong> canoni di leasing, infatti, imprime agli immobili<br />

strumentali acquistati o presi in locazione finanziaria dagli esercenti arti e<br />

professioni nel triennio <strong>con</strong>siderato la qualifica di beni ammortizzabili ai fini<br />

dell’imposizione sul reddito, sicché dovrebbe dedursi che, relativamente ai<br />

<strong>con</strong>tratti di acquisizione di immobili strumentali all’esercizio dell’arte o <strong>della</strong><br />

professione <strong>con</strong>clusi nel triennio suddetto, si realizzi il presupposto per il<br />

rimborso dell’Iva pagata all’impresa cedente o all’impresa locatrice.<br />

Con risoluzione n. 111 del 9/4/2002, emanata in relazione ai presupposti per<br />

l’accesso al rimborso infrannuale, ma ovviamente estensibile anche al rimborso<br />

annuale, l’agenzia delle entrate ha chiarito che l’Iva relativa ai pagamenti in<br />

ac<strong>con</strong>to per acquisti di beni ammortizzabili, come pure quella pagata sulle<br />

fatture per stati di avanzamento lavori <strong>con</strong>cernenti la realizzazione di beni<br />

ammortizzabili mediante <strong>con</strong>tratti d’appalto, è rimborsabile in base al<br />

presupposto in esame.<br />

142


Ac<strong>con</strong>ti in base a<br />

<strong>con</strong>tratto<br />

preliminare<br />

Fondi immobiliari<br />

Oneri pluriennali e<br />

spese<br />

incrementative<br />

Con risoluzione n. 179 del 27/12/2005 l’agenzia delle entrate ha invece ritenuto<br />

che non sia rimborsabile l’Iva pagata sugli ac<strong>con</strong>ti corrisposti in base ad un<br />

<strong>con</strong>tratto preliminare per l’acquisto di beni ammortizzabili.<br />

Premesso di avere chiarito, <strong>con</strong> la sopra richiamata risoluzione n. 111/2002, che<br />

nella locuzione “acquisto”, <strong>con</strong>tenuta nel terzo comma<br />

dell’art. 30, va compreso ogni atto che faccia acquisire la disponibilità del bene,<br />

l’agenzia ha osservato che <strong>con</strong> il <strong>con</strong>tratto preliminare le parti costituis<strong>con</strong>o<br />

soltanto un vincolo obbligatorio, rinviando ad un successivo atto la creazione del<br />

titolo costituivo dell’effetto reale del trasferimento <strong>della</strong> proprietà. Pertanto il<br />

promissario acquirente non acquisisce la titolarità del bene, neppure nell’ipotesi<br />

in cui le parti <strong>con</strong>vengano l’anticipata esecuzione delle obbligazioni, compresa la<br />

<strong>con</strong>segna immediata <strong>della</strong> cosa, <strong>con</strong>cretizzando ciò la semplice detenzione.<br />

Rispetto a queste precisazioni, evidentemente dettate dall’intento di reprimere i<br />

comportamenti fraudolenti ris<strong>con</strong>trati, occorre puntualizzare che pare comunque<br />

doversi ammettere la possibilità di ottenere il rimborso dell’Iva sugli ac<strong>con</strong>ti al<br />

momento <strong>della</strong> stipula del <strong>con</strong>tratto definitivo, ancorché ciò avvenga in anni<br />

successivi, in base al principio per cui il rimborso dell’Iva sui beni ammortizzabili<br />

può essere richiesto anche per quelli acquistati in anni precedenti.<br />

A norma dell’art. 8 del dl 25/9/01, n. 351, <strong>con</strong>vertito dalla legge n. 410/2001, gli<br />

immobili costituenti patrimonio del fondo immobiliare e le spese di manutenzione<br />

ad essi relative si <strong>con</strong>siderano beni ammortizzabili ai fini del rimborso dell'Iva,<br />

che deve essere eseguito nei <strong>con</strong>fronti <strong>della</strong> società di gestione entro sei mesi e<br />

senza prestazione di garanzie (la predetta disposizione ha sostituito quella,<br />

analoga, <strong>con</strong>tenuta nell'art. 15 <strong>della</strong> legge 25/1/94 n. 86, sostituito dal dl<br />

26/9/95 n. 406, <strong>con</strong>vertito dalla legge 29/11/95 n. 503).<br />

Con la già citata risoluzione n. 179/2005, l’agenzia delle entrate, in relazione alle<br />

spese di miglioramento, trasformazione ed ampliamento di beni terzi, <strong>con</strong>cessi in<br />

uso o comodato, ha osservato che le opere realizzate su beni altrui possono<br />

essere <strong>con</strong>siderati beni ammortizzabili se si <strong>con</strong>cretizzano in beni materiali che<br />

hanno una loro individualità ed autonoma funzionalità e, al termine del periodo<br />

di uso o comodato, possono essere rimossi. In caso <strong>con</strong>trario, cioè qualora le<br />

opere non siano separabili dai beni cui accedono, le spese incrementative su<br />

beni di terzi vanno iscritte tra le “altre immobilizzazioni immateriali”, per cui non<br />

si può parlare fiscalmente di “beni immateriali”, ma di oneri pluriennali ex art.<br />

108, comma 3, tuir. Ne discende che il diritto al rimborso dell’Iva su tali spese<br />

non può essere ri<strong>con</strong>osciuto, in quanto l’opera realizzata, restando di proprietà<br />

143


5 - Prevalente<br />

effettuazione di<br />

operazioni non<br />

territoriali (art.<br />

30, terzo comma,<br />

lett. d)<br />

altrui, non può essere <strong>con</strong>siderata bene ammortizzabile proprio del soggetto che<br />

l’ha realizzata.<br />

Fattispecie diversa da quella esaminata dall’agenzia è costituita dalle spese<br />

incrementative su beni propri, su cui non risultano pronunce in ordine alla<br />

rimborsabilità o meno dell’Iva in base al presupposto in esame; in proposito, si è<br />

del parere che, ove si tratti di spese migliorative di beni ammortizzabili,<br />

capitalizzate ad incremento del cespite e sottoposte al processo di<br />

ammortamento, il rimborso possa essere richiesto.<br />

Attenzione:<br />

Chi chiede il rimborso in base a questo presupposto (e dunque soltanto<br />

limitatamente all’imposta relativa agli acquisti speciali qui <strong>con</strong>siderati), può<br />

chiedere anche la restituzione <strong>della</strong> minore eccedenza del triennio (successivo<br />

punto 8), che deve, naturalmente, essere depurata dell'imposta afferente gli<br />

acquisti di beni ammortizzabili e per studi e ricerche già chiesta autonomamente<br />

a rimborso.<br />

Questa <strong>con</strong>dizione si realizza in capo al <strong>con</strong>tribuente che ha effettuato<br />

prevalentemente operazioni escluse dal campo di applicazione dell’Iva per difetto<br />

del presupposto territoriale: per esempio, il <strong>con</strong>sulente legale che nel corso del<br />

2008 ha operato prevalentemente nei <strong>con</strong>fronti di un’impresa estera,<br />

effettuando quindi prestazioni non territoriali ai sensi dell'articolo 7, quarto<br />

comma, lettera d), del dpr 633/72; l’impresa edile che nel 2008 ha ristrutturato<br />

un immobile situato all’estero, effettuando prestazioni non territoriali ai sensi<br />

<strong>della</strong> lettera a) dello stesso quarto comma.<br />

La <strong>con</strong>dizione non sussiste, ovviamente, quando tali operazioni siano poste in<br />

essere da stabili organizzazioni all’estero di soggetti residenti in Italia.<br />

Il riferimento alla “non territorialità” ex articolo 7, se<strong>con</strong>do l’amministrazione<br />

finanziaria, attrae nella previsione in esame non soltanto le cessioni di beni e le<br />

prestazioni di servizi “delocalizzate” (come i riportati esempi <strong>della</strong> <strong>con</strong>sulenza<br />

legale all’impresa straniera e <strong>della</strong> ristrutturazione dell’immobile situato<br />

all’estero), ma anche quelle che sono <strong>con</strong>siderate (impropriamente) non<br />

territoriali dall’ultimo comma dell’art. 7, ossia le operazioni elencate negli artt. 8,<br />

8-bis e 9 del dpr n. 633/72 e quelle indicate negli artt. 40, comma 9 e 58 del dl<br />

n. 331/93.<br />

144


6 - Soggetti non<br />

residenti in Italia<br />

(art. 30, terzo<br />

comma, lett. e)<br />

Le operazioni extraterritoriali, non soggette ad adempimenti formali ai fini<br />

dell’Iva, debbono essere assunte <strong>con</strong> riferimento al momento <strong>della</strong> loro<br />

effettuazione, da individuarsi in base ai criteri fissati dall'art. 6, dpr 633/72.<br />

La “prevalenza” che <strong>con</strong>ferisce il diritto al rimborso (subordinato anche in questo<br />

caso alla <strong>con</strong>dizione che l’eccedenza risulti superiore a € 2.582,28) sussiste se<br />

l’importo complessivo delle operazioni in esame supera il 50% di tutte le<br />

operazioni effettuate.<br />

Attenzione: si ricorda che, ai sensi dell’art. 19, comma 3, lett. b) le operazioni<br />

“non territoriali” si <strong>con</strong>siderano operazioni <strong>con</strong> diritto di detrazione a <strong>con</strong>dizione<br />

che, se fossero effettuate in Italia, darebbero tale diritto.<br />

Il diritto di chiedere il rimborso è ri<strong>con</strong>osciuto, sempre se l’eccedenza a credito<br />

supera € 2.582,28, ai soggetti d’imposta stranieri che abbiano acceso una<br />

posizione Iva in Italia attraverso l’istituto <strong>della</strong> rappresentanza fiscale,<br />

<strong>con</strong>templato dall’art. 17 del dpr 633/72.<br />

Se<strong>con</strong>do questa disposizione, i soggetti non residenti possono adempiere gli<br />

obblighi ed esercitare i diritti previsti dalle disposizioni sull’Iva mediante un<br />

rappresentante fiscale, il quale risponde in solido <strong>con</strong> il rappresentato degli<br />

obblighi derivanti dall’applicazione delle disposizioni medesime.<br />

La qualifica di rappresentante fiscale deve essere comunicata alla <strong>con</strong>troparte<br />

anteriormente all’effettuazione dell’operazione e deve risultare da atto pubblico,<br />

da scrittura privata registrata o da lettera annotata in apposito registro presso<br />

l’ufficio delle entrate competente in relazione alla residenza del rappresentante.<br />

A tal riguardo va segnalato che ad avviso dell’amministrazione finanziaria è<br />

assolutamente imprescindibile, nel caso di nomina effettuata se<strong>con</strong>do l'ultima<br />

modalità indicata, l’avvenuta annotazione <strong>della</strong> lettera in un apposito registro<br />

tenuto dall’ufficio delle entrate, formalità che non può essere, dunque, surrogata<br />

dalla semplice protocollazione o timbratura <strong>della</strong> lettera stessa da parte<br />

dell’ufficio.<br />

Con risoluzione n. 116 del 26/8/98 il ministero delle finanze ha chiarito che,<br />

nell’ipotesi in cui il soggetto estero abbia provveduto alla sostituzione del<br />

rappresentante fiscale che risultava intestatario delle polizze fi<strong>dei</strong>ussorie<br />

prodotte all’ufficio per l’ottenimento del rimborso, è <strong>con</strong>sentito al nuovo<br />

rappresentante regolarizzare le garanzie in modo che la società possa <strong>con</strong>seguire<br />

il rimborso.<br />

145


Soggetti<br />

identificati<br />

direttamente<br />

7 - Produttori<br />

agricoli che<br />

hanno effettuato<br />

vendite non<br />

imponibili (art.<br />

34, comma 9)<br />

Si richiama l’attenzione sul fatto che è rimborsabile soltanto l’imposta che sia<br />

detraibile ai sensi delle disposizioni degli artt. 19 e seguenti.<br />

Il diritto al rimborso in base alla disposizione in esame spetta altresì nell’ipotesi<br />

in cui il soggetto non residente, anziché attraverso un rappresentante fiscale,<br />

abbia aperto direttamente una posizione Iva in Italia, identificandosi ai sensi<br />

dell’articolo 35-ter del dpr 633/72, introdotto <strong>con</strong> il dlgs n. 191/2002. In tal<br />

caso, come già anticipato prima, il modello VR dovrà essere presentato<br />

all’agente <strong>della</strong> riscossione di Pescara.<br />

Chiarimenti in merito sono stati forniti dall’agenzia delle entrate <strong>con</strong> la circolare<br />

n. 44 del 1° agosto 2003, nella quale è stato precisato che i soggetti non<br />

residenti devono chiedere, <strong>con</strong>testualmente alla presentazione del modello VR o<br />

entro i quaranta giorni successivi, l’accreditamento del rimborso indicando gli<br />

estremi del <strong>con</strong>to bancario o postale. L’erogazione potrà avvenire se<strong>con</strong>do le<br />

ordinarie procedure vigenti in materia di <strong>con</strong>to fiscale anche se il soggetto non<br />

residente risulta titolare di <strong>con</strong>to corrente in altro stato; in tale ipotesi, tuttavia,<br />

occorre <strong>con</strong>siderare le commissioni di accredito dovute all’istituto di credito e i<br />

relativi tempi. Ulteriori chiarimenti sono stati forniti in relazione alle garanzie, su<br />

cui si rinvia all’apposito paragrafo.<br />

Va evidenziato che i soggetti non residenti sono tenuti a indicare nel modello VR,<br />

come pure nel frontespizio <strong>della</strong> dichiarazione annuale, il numero identificativo ai<br />

fini dell’Iva attribuito loro nel paese comunitario in cui risiedono; questa<br />

indicazione deve essere fornita in ogni caso, vale a dire sia dai soggetti che si<br />

avvalgono del rappresentante fiscale sia da quelli identificati direttamente.<br />

I produttori agricoli e ittici che applicano il regime speciale di cui all’articolo 34,<br />

com’è noto, non possono recuperare l’Iva assolta sugli acquisti, ma trattengono<br />

- a titolo di detrazione forfetaria - una somma corrispondente alle percentuali di<br />

compensazione stabilite <strong>con</strong> apposito decreto ministeriale, applicate all’importo<br />

imponibile delle cessioni di prodotti compresi nella tabella A, parte prima,<br />

allegata al dpr n. 633/72. Nel caso di cessioni all’esportazione od<br />

intracomunitarie non imponibili, dunque, mancando l’applicazione dell’imposta, il<br />

recupero forfetario <strong>con</strong> la suddetta modalità non è <strong>con</strong>cretamente possibile.<br />

E’ stata pertanto <strong>con</strong>fezionata, <strong>con</strong> il comma 9 dell’art. 34, una specifica<br />

previsione che attribuisce il diritto alla detrazione o al rimborso dell’Iva<br />

146


8 - Minore<br />

eccedenza del<br />

triennio (sezione<br />

terza, modello<br />

VR)<br />

corrispondente alle percentuali di compensazione che risulterebbero applicabili<br />

alle seguenti operazioni aventi per oggetto prodotti compresi nella prima parte<br />

<strong>della</strong> tabella A, qualora fossero effettuate nel territorio dello stato:<br />

cessioni all’esportazione di cui al primo comma dell'art. 8 (incluse le<br />

vendite su dichiarazione d’intento degli esportatori abituali);<br />

cessioni a viaggiatori extracomunitari di cui all'art. 38-quater;<br />

cessioni a favore di organismi internazionali di cui all’art. 72;<br />

cessioni intracomunitarie.<br />

Anche se si tratta di una disposizione normativa autonoma rispetto a quelle<br />

delineate nell’art. 30, il ministero delle finanze ha precisato che l’ipotesi di<br />

rimborso in questione si ricollega alla <strong>disciplina</strong> generale stabilita dal citato<br />

articolo e che, pertanto, il rimborso compete solamente nel caso in cui<br />

l’eccedenza superi l’importo di € 2.582,28.<br />

La richiesta di rimborso può riguardare sia l’Iva teorica di competenza<br />

(afferente, cioè, ad operazioni registrate nel 2008), sia quella relativa ad<br />

operazioni registrate negli precedenti, purché, ovviamente, non sia già stata<br />

chiesta a rimborso in precedenza.<br />

Qualora non ricorra nessuna delle ipotesi sopra illustrate, il quarto comma<br />

dell’art. 30 <strong>con</strong>sente comunque di accedere al rimborso ai <strong>con</strong>tribuenti che per<br />

tre anni <strong>con</strong>secutivi hanno presentato la dichiarazione a credito: in tal caso è<br />

ammesso il rimborso del minor credito d’imposta risultante dalle dichiarazioni<br />

dell’ultimo triennio, anche se inferiore a € 2.582,28.<br />

La disposizione è diretta a mitigare la tassatività delle <strong>con</strong>dizioni di accesso al<br />

rimborso, <strong>con</strong>sentendolo nei limiti <strong>della</strong> minore eccedenza di un arco temporale<br />

di tre anni; tale minore eccedenza può essere chiesta a rimborso anche solo<br />

parzialmente.<br />

Attesa l’equiparazione tra rimborso e compensazione cosiddetta “orizzontale”<br />

(cioè <strong>con</strong> altri tributi, premi e <strong>con</strong>tributi), le eccedenze devono essere<br />

<strong>con</strong>siderate al netto di quanto eventualmente compensato <strong>con</strong> il modello F24.<br />

147


Con risoluzione n. 103 del 29/3/2002 l’agenzia delle entrate ha ri<strong>con</strong>osciuto che<br />

possono avvalersi <strong>della</strong> disposizione sul rimborso del minor credito del triennio<br />

anche i curatori fallimentari, nel corso <strong>della</strong> procedura, <strong>con</strong>siderato che non esiste<br />

alcuna preclusione normativa e che, del resto, la legge sull’Iva non discrimina la<br />

fase di gestione dell’impresa da quella <strong>della</strong> liquidazione, anche <strong>con</strong>corsuale.<br />

Ovviamente, ha osservato l’agenzia, ai fini in esame si devono prendere in<br />

<strong>con</strong>siderazione le eccedenze creditorie emergenti dalle dichiarazioni annuali, ma non<br />

anche quella <strong>della</strong> speciale dichiarazione relativa alle operazioni registrate nella<br />

frazione di anno solare antecedente all'apertura del fallimento.<br />

Ecco alcuni esempi.<br />

Calcolo dell’eccedenza rimborsabile come minor credito del triennio<br />

Esempio n. 1:<br />

anno eccedenza importo eccedenza<br />

riportata d'imposta detraibile rimborsabile<br />

nell'anno successivo<br />

2006 10.000 zero 10.000<br />

2007 8.000 zero 8.000<br />

2008 15.000 8.000 7.000<br />

Esempio n. 2:<br />

2002 8.000 zero 8.000<br />

2003 10.000 zero 10.000<br />

2004 15.000 8.000 7.000<br />

2005 6.000 6.000 zero<br />

2006 9.000 zero 9.000<br />

2007 7.000 zero 7.000<br />

2008 20.000 7.000 13.000<br />

Esempio n. 3:<br />

2003 15.000 zero 15.000<br />

2004 10.000 zero 10.000<br />

2005 8.000 8.000 zero<br />

2006 6.000 zero 6.000<br />

2007 9.000 zero 9.000<br />

2008 7.000 6.000 1.000<br />

Esempio n. 4:<br />

2005 12.000 zero 12.000<br />

2006 15.000 zero 15.000<br />

2007 9.000 5.000 (1) 4.000<br />

2008 6.000 4.000 2.000<br />

(1) In questo quarto esempio si è ipotizzato che il <strong>con</strong>tribuente, per l'anno 2007,<br />

abbia chiesto il rimborso solo limitatamente a € 5.000 dell'eccedenza<br />

rimborsabile di € 9.000. In tal caso, il restante credito di 4.000, computato a<br />

nuovo, rappresenta l’eccedenza da porre a raffronto <strong>con</strong> quelle del 2006 e del<br />

2008 al fine di determinare l'importo rimborsabile per il triennio 2006-2008.<br />

148


Eccedenza di<br />

versamento<br />

Interessi<br />

SECONDA PARTE: Altre disposizioni<br />

Il <strong>con</strong>tribuente che abbia diritto, in base ad uno <strong>dei</strong> presupposti sopra esaminati,<br />

di chiedere il rimborso dell’Iva, può includere nell’importo rimborsabile anche<br />

l’eventuale versamento eseguito per errore in sede di dichiarazione annuale (si<br />

tratta dell’importo evidenziato come eccedenza di versamento nel rigo VX3 del<br />

quadro VX del modello Iva 2009, ovvero, per i <strong>con</strong>tribuenti tenuti a presentare la<br />

dichiarazione unificata, nel corrispondente rigo del quadro RX del modello<br />

Unico).<br />

A tal fine, l’eccedenza di versamento deve essere compresa nel rigo VR3 del<br />

modello VR/2009, come espressamente richiesto dalle istruzioni del modello<br />

stesso.<br />

Ai sensi dell’art. 38-bis del dpr 633/72, sulle somme rimborsate sono dovuti al<br />

<strong>con</strong>tribuente gli interessi (dal 1° luglio 2003 il tasso annuo è del 2,75%),<br />

calcolati a decorrere dal novantesimo giorno successivo a quello di presentazione<br />

<strong>della</strong> richiesta.<br />

Per i rimborsi erogati <strong>con</strong> la procedura del <strong>con</strong>to fiscale, il regolamento di<br />

attuazione approvato <strong>con</strong> dm 28/12/93, n. 567 stabilisce che gli interessi sono<br />

dovuti qualora il rimborso richiesto all’agente <strong>della</strong> riscossione non possa essere<br />

eseguito, per carenza di fondi disponibili, nel termine di sessanta giorni dalla<br />

richiesta.<br />

In base alle indicazioni <strong>con</strong>tenute nella circolare n. 119 del 22/7/94, l’erogazione<br />

degli interessi eventualmente dovuti dall’agente deve formare oggetto di<br />

specifica, distinta richiesta da parte del <strong>con</strong>tribuente creditore.<br />

E’ dubbio se occorra, per il rimborso di tali interessi, una apposita garanzia; gli<br />

uffici ritengono cautelativamente di doverla richiedere.<br />

La maturazione degli interessi è sospesa nel periodo compreso fra la data in cui<br />

l’ufficio (o l’agente <strong>della</strong> riscossione) ha notificato la richiesta <strong>dei</strong> documenti di<br />

rito e la data <strong>della</strong> loro <strong>con</strong>segna, qualora detto periodo superi quindici giorni ed<br />

il ritardo sia imputabile al <strong>con</strong>tribuente. In tal caso, inoltre, in base all’articolo<br />

57, primo comma, del dpr n. 633/72, scatta il prolungamento, per un periodo<br />

corrispondente al ritardo, del termine di decadenza per la notifica degli<br />

accertamenti relativi all’annualità cui si riferisce il rimborso.<br />

149


Irrevocabilità<br />

<strong>della</strong> richiesta<br />

di rimborso<br />

La scelta fra il riporto a nuovo dell’eccedenza e la richiesta di rimborso, operata<br />

all’atto <strong>della</strong> dichiarazione annuale, non è modificabile. Pertanto non è <strong>con</strong>sentito<br />

al <strong>con</strong>tribuente revocare la richiesta di rimborso e rientrare nella disponibilità del<br />

credito.<br />

In passato il ministero delle finanze, <strong>con</strong>sapevole, da un lato, dell’obbligo<br />

dell’amministrazione di effettuare il rimborso entro tre mesi dalla richiesta e,<br />

dall’altro, <strong>dei</strong> ritardi cronici nella definizione delle pratiche, aveva <strong>con</strong>cesso, a<br />

determinate <strong>con</strong>dizioni, la possibilità di revocare le richieste di rimborso e<br />

riprendere a nuovo il credito (circolari n. 11 del 4/2/88 e n. 4 del 14/1/93).<br />

In seguito all’entrata in vigore delle disposizioni sul <strong>con</strong>to fiscale, però, la<br />

possibilità di revoca è stata giudicata incompatibile <strong>con</strong> le nuove procedure; <strong>con</strong><br />

circolare n. 9 del 9/2/94, pertanto, è stato stabilito che non è <strong>con</strong>sentito<br />

riprendere i crediti non rimborsati degli anni precedenti.<br />

Caso diverso è, però, quello in cui la revoca intervenga prima <strong>della</strong> scadenza del<br />

termine di presentazione <strong>della</strong> dichiarazione. In tale ipotesi, <strong>con</strong>siderato che il<br />

modello VR costituisce parte integrante <strong>della</strong> dichiarazione annuale, dovrebbe<br />

ammettersi la possibilità di revocare la richiesta di rimborso (che non sia stata<br />

ancora evasa) in base al principio <strong>della</strong> sostituibilità <strong>della</strong> dichiarazione. Sul<br />

punto, tuttavia, la circolare ministeriale n. 146 del 10/6/98 lascia qualche<br />

perplessità, laddove ammette la possibilità di revocare la richiesta di rimborso<br />

relativa al 1997, sempre entro i termini di presentazione <strong>della</strong> dichiarazione<br />

annuale, “in <strong>con</strong>siderazione delle difficoltà...in<strong>con</strong>trate dai <strong>con</strong>tribuenti per<br />

l’impatto <strong>con</strong> le nuove disposizioni”, e dunque in un’ottica transitoria.<br />

Si segnala, in materia, l’opportuno intervento <strong>della</strong> direzione regionale delle<br />

entrate per la Lombardia, che <strong>con</strong> la nota del 14/6/2000, prot. n. 50167, ha<br />

espresso l’avviso che nel periodo utile per la presentazione <strong>della</strong> dichiarazione<br />

annuale, e sempre che il rimborso non sia stato ancora liquidato, il <strong>con</strong>tribuente<br />

possa revocare la scelta, alle seguenti <strong>con</strong>dizioni e modalità:<br />

la revoca deve riguardare l’ammontare complessivo del credito chiesto a<br />

rimborso (sicché deve ritenersi preclusa la riduzione dell’importo<br />

richiesto);<br />

la comunicazione di revoca, da redigere in carta libera, va presentata<br />

<strong>con</strong>testualmente al <strong>con</strong>cessionario <strong>della</strong> riscossione e all’ufficio delle<br />

entrate; alla comunicazione va allegata anche copia del modello VR<br />

presentato a suo tempo.<br />

150


La corsia<br />

preferenziale<br />

per alcune<br />

categorie<br />

e<strong>con</strong>omiche<br />

Successivamente, la revocabilità <strong>della</strong> richiesta di rimborso, prima <strong>della</strong><br />

scadenza del termine per la presentazione <strong>della</strong> dichiarazione, ha trovato<br />

<strong>con</strong>ferma in una risposta alle domande <strong>dei</strong> <strong>con</strong>tribuenti (faq) pubblicata il<br />

19/12/2006 nel sito internet dell’agenzia delle entrate.<br />

Il comma 308 dell’art. 1 <strong>della</strong> legge 27/12/2006, n. 296 ha integrato l’art. 38-bis<br />

del dpr 633/72 prevedendo che, <strong>con</strong> decreti del ministro dell’e<strong>con</strong>omia, sono<br />

individuate, anche progressivamente, in relazione all’attività esercitata e alle<br />

tipologie di operazioni effettuate, le categorie di <strong>con</strong>tribuenti nei cui <strong>con</strong>fronti i<br />

rimborsi Iva sono eseguiti in via prioritaria entro tre mesi dalla richiesta.<br />

In forza <strong>della</strong> predetta disposizione, sono stati emanati i seguenti provvedimenti<br />

di individuazione <strong>dei</strong> soggetti destinatari <strong>della</strong> norma di favore:<br />

decreto 22/3/2007 (in G.U. n. 76 del 31/3/2007): soggetti che effettuano<br />

prevalentemente, nel periodo cui si riferisce la richiesta di rimborso,<br />

prestazioni di cui all’art. 17, sesto comma, lett. a), del dpr 633/72, ossia<br />

subappalti in edilizia sottoposti al regime del “reverse charge”; questi<br />

soggetti devono manifestare la <strong>con</strong>dizione di privilegio indicando il codice<br />

1 nell’apposito campo del modello VR 2009;<br />

decreto 25/5/2007 (in G.U. n. 150 del 30/6/2007): operatori e<strong>con</strong>omici<br />

titolari del codice di classificazione Atecofin 37.10.1, recupero e<br />

preparazione per il riciclaggio di cascami e rottami metallici (nella nuova<br />

tabella Ateco 2007, in vigore dal 1°/1/2008, la descritta attività<br />

corrisponde al codice 38.32.10); questi soggetti devono manifestare la<br />

<strong>con</strong>dizione di privilegio indicando il codice 2 nell’apposito campo del<br />

modello VR 2009;<br />

decreto 18/7/2007 (in G.U. n. 195 del 23/8/2007): operatori e<strong>con</strong>omici<br />

titolari del codice di classificazione Atecofin 27.43.0, produzione di zinco,<br />

piombo e stagno e semilavorati (nella nuova tabella Ateco 2007 la<br />

descritta attività corrisponde al codice 24.43.00); questi soggetti devono<br />

manifestare la <strong>con</strong>dizione di privilegio indicando il codice 3 nell’apposito<br />

campo del modello VR 2009;<br />

decreto 21/12/2007 (in G.U. n. 29 del 4 febbraio 2008): operatori<br />

e<strong>con</strong>omici titolari del codice di classificazione Atecofin 27.42.0,<br />

151


Società di<br />

comodo<br />

produzione di alluminio e semilavorati (nella nuova tabella Ateco 2007 la<br />

descritta attività corrisponde al codice 24.42.0).<br />

Per essere ammessi al rimborso annuale prioritario, occorre possedere, al<br />

momento <strong>della</strong> richiesta, i seguenti requisiti, stabiliti dal primo <strong>dei</strong> decreti<br />

summenzionati:<br />

l’attività deve essere esercitata da almeno tre anni;<br />

l’eccedenza detraibile richiesta a rimborso deve essere almeno di 10.000<br />

euro;<br />

l’eccedenza detraibile richiesta a rimborso deve essere almeno pari al<br />

10% dell’importo complessivo dell’imposta assolta sugli acquisti e sulle<br />

importazioni effettuati nell’anno di riferimento.<br />

Ai sensi dell’art. 3, comma 45, <strong>della</strong> legge n. 662/96, non possono ottenere il<br />

rimborso del credito Iva risultante dalla dichiarazione annuale le società che, nel<br />

corrispondente periodo d’imposta, devono essere qualificate non operative in<br />

applicazione <strong>dei</strong> criteri stabiliti dal comma 37 del medesimo articolo 3, il quale<br />

ha sostituito, <strong>con</strong> effetto dal periodo in corso al 15/9/96, i commi da 1 a 7<br />

dell’articolo 30 <strong>della</strong> legge n. 724/94.<br />

Con la circolare ministeriale n. 36 del 13/2/97 è stato precisato che il<br />

“<strong>con</strong>gelamento” del credito riguarda anche quella parte costituita da eccedenze<br />

riportate dagli anni precedenti.<br />

Con la circolare n. 25 del 4/5/2007, poi, è stato chiarito che la disposizione<br />

riguarda esclusivamente l’eccedenza a credito risultante dalla dichiarazione<br />

annuale, per cui la società in possesso <strong>dei</strong> requisiti richiesti dal se<strong>con</strong>do comma<br />

dell’art. 38-bis potrà ottenere il rimborso del credito infrannuale, salvo l’obbligo<br />

di restituzione, <strong>con</strong> gli interessi, qualora a fine esercizio dovesse risultare non<br />

operativa.<br />

In <strong>con</strong>siderazione del fatto che la verifica delle <strong>con</strong>dizioni di non operatività<br />

attiene alla <strong>disciplina</strong> dell'imposizione diretta (ed è quindi effettuabile all'atto<br />

<strong>della</strong> chiusura <strong>dei</strong> bilanci o <strong>della</strong> compilazione <strong>della</strong> dichiarazione <strong>dei</strong> redditi), il<br />

ministero delle finanze, <strong>con</strong> la circolare n. 34 del 13/2/97, al fine di non ritardare<br />

la procedura del rimborso dell’Iva, ha <strong>con</strong>sentito alle società potenzialmente<br />

destinatarie <strong>della</strong> norma sopra citata, qualora intendano chiedere il rimborso del<br />

152


Novità del D.L.<br />

223/2006<br />

credito, di allegare alla dichiarazione Iva un’autocertificazione, resa ai sensi <strong>della</strong><br />

legge n. 4/68 (ora dpr n. 445/2000), attestante che non sussistono le <strong>con</strong>dizioni<br />

di non operatività previste dalla legge. Tale possibilità è stata <strong>con</strong>fermata anche<br />

nel rinnovato quadro procedimentale, per cui l’autocertificazione rientra, come<br />

chiarito dalla circolare n. 146/98, tra i documenti da presentare all’agente <strong>della</strong><br />

riscossione ai fini dell’istruttoria <strong>della</strong> pratica di rimborso.<br />

A partire dai modelli approvati nel 2002, l’attestazione in esame può essere<br />

resa, anziché <strong>con</strong> separata autocertificazione, mediante sottoscrizione apposta<br />

nell’apposito spazio inserito nel corpo del modello VR; in tal caso, al modello<br />

deve essere allegata la fotocopia del documento di identità del sottoscrittore, al<br />

fine di <strong>con</strong>validare l’attestazione se<strong>con</strong>do le disposizioni in materia di<br />

dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà.<br />

L’art. 35, comma 15, del dl 223/2006, ha nuovamente modificato l’art. 30 <strong>della</strong><br />

legge n. 724/94, stabilendo tra l’altro che per le società e gli enti non operativi,<br />

l’eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dell’Iva,<br />

oltre che non rimborsabile, non può neppure formare oggetto di compensazione<br />

ai sensi dell’articolo 17 del dlgs n. 241/97, né di cessione ai sensi dell’articolo 5,<br />

comma 4-ter, del dl 70/88.<br />

Inoltre, qualora per tre periodi di imposta <strong>con</strong>secutivi la società o l’ente non<br />

operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto<br />

almeno pari all’importo che risulta dalla applicazione delle percentuali di cui al<br />

comma dell’art. 30, l’eccedenza di credito non è ulteriormente riportabile a<br />

scomputo dell’Iva a debito relativa ai periodi d’imposta successivi.<br />

Le suddette disposizioni si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso<br />

alla data di entrata in vigore del dl 223 (4 luglio 2006).<br />

Se<strong>con</strong>do la nuova <strong>disciplina</strong>, quindi, la società di comodo può semplicemente<br />

utilizzare il credito Iva in compensazione cosiddetta “verticale”, ovverosia<br />

all’interno delle liquidazioni periodiche dell’imposta stessa. Inoltre, se per tre<br />

periodi d’imposta <strong>con</strong>secutivi persistono sia la <strong>con</strong>dizione di non operatività sia<br />

quella di inattività ai fini dell’Iva (come sopra detto), l’eccedenza di credito non è<br />

ulteriormente riportabile a scomputo dell’imposta a debito relativa ai periodi<br />

d’imposta successivi: in sostanza, in tale ipotesi la società perde definitivamente<br />

il credito Iva.<br />

153


In merito alla <strong>con</strong>dizione di inattività, va precisato che la perdita del credito si<br />

verifica nel caso di mancata effettuazione di operazioni rilevanti ai fini Iva per<br />

importo almeno pari a quello che si ottiene applicando le percentuali stabilite per<br />

il test di operatività ai fini reddituali.<br />

Una <strong>con</strong>ferma in tal senso è stata fornita dall’agenzia delle entrate <strong>con</strong> la<br />

circolare n. 11 del 16/2/2007 e, successivamente, <strong>con</strong> la citata circolare n.<br />

25/2007, nella quale è stato inoltre precisato che, per i soggetti <strong>con</strong> periodo<br />

d’imposta non coincidente <strong>con</strong> l’anno solare, dovrà operarsi un raffronto fra<br />

l’importo risultante dall’applicazione <strong>dei</strong> parametri di cui al comma 1 dell’art. 30<br />

e il volume d’affari Iva riferito, ai soli fini del raffronto in esame, al medesimo<br />

arco temporale compreso nel periodo d’imposta rilevante ai fini dell’imposizione<br />

diretta. Ad esempio, nel caso di esercizio 1° luglio – 30 giugno, si opereranno i<br />

raffronti <strong>con</strong> riferimento ai dati di bilancio ed ai volumi d’affari relativamente agli<br />

esercizi 1/7/2006-30/6/2007, 1/7/2007-30/6/2008, 1/7/2008-30/6/2009:<br />

qualora nei tre periodi d’imposta la società non dovesse superare il test di<br />

operatività, alla data del 1° luglio 2009 non potrà più riportare in avanti<br />

l’eccedenza di credito esistente al 30 giugno dello stesso anno.<br />

Sembra opportuno puntualizzare che la società non operativa che effettui<br />

operazioni rilevanti ai fini Iva per ammontare non inferiore al parametro di legge<br />

non incorre nella decadenza del credito, ma non può comunque ottenerne il<br />

rimborso, né utilizzarlo in compensazione, né cederlo, giacché resta una “società<br />

di comodo”.<br />

Quanto alle operazioni “rilevanti” ai fini Iva che <strong>con</strong>sentono di evitare la sanzione<br />

<strong>della</strong> decadenza del credito, che la circolare dell’agenzia identifica<br />

sostanzialmente <strong>con</strong> quelle che <strong>con</strong>corrono alla formazione del volume d’affari, si<br />

è dell’avviso che si debba, più propriamente, tenere <strong>con</strong>to delle operazioni attive<br />

rientranti, in senso lato, nel campo di applicazione dell’imposta in quanto<br />

provviste <strong>dei</strong> requisiti oggettivo e soggettivo. Di <strong>con</strong>seguenza, è da ritenere che<br />

rilevino, ai fini in esame, anche le operazioni che difettano del presupposto<br />

territoriale, in quanto detto presupposto non attiene all’insorgenza<br />

dell’operazione, ma individua, sulla base <strong>dei</strong> criteri stabiliti in sede comunitaria,<br />

il luogo nel quale essa si manifesta e deve essere tassata.<br />

154


Sospensione<br />

del rimborso<br />

Ai sensi del terzo comma dell’articolo 38-bis, l’esecuzione del rimborso è sospesa<br />

qualora sia stato <strong>con</strong>statato a carico del <strong>con</strong>tribuente, nel corrispondente periodo<br />

d’imposta, “uno <strong>dei</strong> reati di cui all’articolo 4, primo comma, n. 5), del decreto<br />

legge 10 luglio 1982, n. 429, <strong>con</strong>vertito, <strong>con</strong> modificazioni, dalla legge 7 agosto<br />

1982, n. 516” (emissione o utilizzazione di fatture o documenti per operazioni<br />

inesistenti, ovvero emissione o utilizzazione di fatture o documenti recanti<br />

l’indicazione di nomi diversi da quelli veri, in modo che risulti impossibile<br />

l’identificazione <strong>dei</strong> soggetti cui si riferis<strong>con</strong>o).<br />

La sospensione opera fino a <strong>con</strong>correnza dell’ammontare dell’Iva indicata nelle<br />

fatture false e fino alla definizione del relativo procedimento penale.<br />

Il riferimento normativo <strong>con</strong>tenuto nella suddetta previsione non è più attuale<br />

perché <strong>con</strong> la riforma del sistema penale tributario, ad opera del dlgs n.<br />

74/2000, il reato di utilizzazione di fatture false, così come prefigurato dal<br />

soppresso dl n. 429/82, non esiste più. La nuova ipotesi criminosa, infatti, è<br />

legata all’infedeltà <strong>della</strong> dichiarazione annuale in dipendenza di fatture o<br />

documenti falsi, per cui non costituisce più reato il mero inserimento di tali<br />

fatture e documenti in <strong>con</strong>tabilità, se non vi abbia fatto seguito l’infedeltà <strong>della</strong><br />

dichiarazione.<br />

Nel <strong>con</strong>testo <strong>della</strong> riforma del sistema sanzionatorio ad opera del d.lgs. n.<br />

472/97, è stato previsto all’art. 23 che qualora l’autore <strong>della</strong> violazione tributaria<br />

o il soggetto solidalmente obbligato vanti un credito nei <strong>con</strong>fronti<br />

dell’amministrazione finanziaria, il pagamento può essere sospeso a seguito<br />

<strong>della</strong> notifica dell’atto di <strong>con</strong>testazione o di irrogazione <strong>della</strong> sanzione; se il<br />

provvedimento si rende definitivo, l’ufficio competente alla liquidazione del<br />

rimborso pronuncia la compensazione del debito.<br />

Anche al di fuori di dette ipotesi, comunque, l’ufficio può sempre ricorrere, ove lo<br />

ritenga giustificato, all’istituto del fermo amministrativo, per la cui adozione non<br />

sono previste <strong>particolari</strong> regole di forma o procedura: è necessario e sufficiente<br />

che il provvedimento venga portato a <strong>con</strong>oscenza dell'interessato, anche<br />

attraverso una semplice comunicazione motivata, affinché egli sia reso edotto<br />

delle ragioni <strong>della</strong> sospensione del rimborso e possa difendersi (il fermo<br />

amministrativo è impugnabile davanti al giudice tributario). Sul punto, tuttavia,<br />

si registrano posizioni <strong>con</strong>trastati da parte <strong>della</strong> giurisprudenza <strong>della</strong> corte di<br />

cassazione: per l’ammissibilità del fermo amministrativo del rimborso Iva si è<br />

espressa la sentenza n. 4567 del 5/3/2004, mentre in senso <strong>con</strong>trario va la<br />

sentenza n. 10199 del 26/6/2003.<br />

155


Sospensione<br />

obbligatoria e<br />

compensazione<br />

volontaria<br />

Diniego del<br />

rimborso<br />

Alla luce delle disposizioni <strong>della</strong> riforma delle sanzioni tributarie amministrative,<br />

l’agenzia delle entrate, modificando il precedente indirizzo ministeriale se<strong>con</strong>do<br />

cui la sospensione del rimborso poteva essere disposta solo in base all’esistenza<br />

di debiti dello stesso <strong>con</strong>tribuente relativi all’Iva, <strong>con</strong> risoluzione n. 86 del<br />

12/6/2001 ha affermato che la sospensione ex art. 23, dlgs n. 472/97, scatta in<br />

presenza di debiti relativi a tutti i tributi erariali (esclusi quelli di competenza<br />

dell’agenzia delle dogane) e relative sanzioni.<br />

Va evidenziato, infine, che ai sensi dell’art. 6 <strong>della</strong> legge 27/7/2000, n. 212<br />

(statuto <strong>dei</strong> diritti del <strong>con</strong>tribuente), l’amministrazione finanziaria deve informare<br />

il <strong>con</strong>tribuente di ogni fatto o circostanza da cui possa derivare il mancato<br />

ri<strong>con</strong>oscimento di un credito. Qualora, poi, in seguito alla liquidazione <strong>dei</strong> tributi<br />

risultanti dalle dichiarazioni, rilevi la spettanza di un minor rimborso rispetto a<br />

quello richiesto, l’amministrazione deve invitare il <strong>con</strong>tribuente, a mezzo del<br />

servizio postale o <strong>con</strong> mezzi telematici, a fornire i chiarimenti entro un termine<br />

<strong>con</strong>gruo, comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione <strong>della</strong> richiesta.<br />

L’art. 2 de dl 3 ottobre 2006, n. 262, ha introdotto nel dpr 602/73 le seguenti<br />

disposizioni:<br />

- l’art. 48-bis, se<strong>con</strong>do cui le amministrazioni pubbliche e le società a prevalente<br />

partecipazione pubblica, prima di effettuare a qualunque titolo il pagamento di<br />

un importo superiore a 10.000 euro, verificano se il beneficiario è inadempiente<br />

all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di<br />

pagamento per ammontare complessivo pari almeno al suddetto importo e, in<br />

caso positivo, non procedono al pagamento, ma segnalano la circostanza<br />

all’agente <strong>della</strong> riscossione; le modalità di attuazione <strong>della</strong> norma sono state<br />

emanate <strong>con</strong> regolamento ministeriale del 18/1/2008, n. 40<br />

- l’art. 28-ter, se<strong>con</strong>do cui, in sede di erogazione del rimborso, l’agenzia delle<br />

entrate verifica se il beneficiario risulta iscritto a ruolo e, in caso positivo,<br />

segnala la circostanza all’agente <strong>della</strong> riscossione, mettendo a disposizione del<br />

medesimo le somme da rimborsare, affinché questi notifichi all’interessato una<br />

proposta di compensazione.<br />

Se l’ufficio ritiene insussistenti i presupposti per il rimborso, notifica al<br />

<strong>con</strong>tribuente un provvedimento di diniego, invitandolo a computare in detrazione<br />

il credito nella prima liquidazione utile ovvero nella dichiarazione annuale, previa<br />

annotazione nel registro degli acquisti.<br />

156


Società in fase<br />

di estinzione<br />

Società<br />

<strong>con</strong>trollanti e<br />

<strong>con</strong>trollate<br />

Questa prassi è stata codificata nel regolamento approvato <strong>con</strong> dpr n. 443 del<br />

10/11/97, le cui disposizioni sono state illustrate dal ministero delle finanze <strong>con</strong><br />

la circolare n. 134 del 28/5/98.<br />

Col predetto decreto è stato, inoltre, stabilito che il credito relativo al rimborso<br />

negato è improduttivo di interessi e che se il <strong>con</strong>tribuente impugna il<br />

provvedimento di diniego, i relativi effetti sono sospesi e il credito potrà essere<br />

portato in detrazione solo dopo la sentenza definitiva.<br />

I rimborsi nei <strong>con</strong>fronti di società cancellate dal registro delle imprese debbono<br />

essere disposti a favore del liquidatore, legittimato nella sua veste di ex<br />

rappresentante legale <strong>della</strong> società nella fase di estinzione. Il rimborso è<br />

eseguito a <strong>con</strong>dizione che il credito risulti dal bilancio finale di liquidazione<br />

depositato.<br />

Nel caso, frequente nelle società di persone, che la società sia cessata senza<br />

passare attraverso il procedimento legale di liquidazione, il rimborso potrà<br />

essere ugualmente eseguito a favore degli ex soci, purché questi provvedano a<br />

produrre all’ufficio una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà dalla quale<br />

risultino:<br />

o i soggetti designati quali destinatari del rimborso;<br />

o le quote di partecipazione al capitale sociale spettanti a ciascun socio;<br />

o la data di cessazione dell’attività.<br />

La disposizione è giustificata dall’esigenza di garantire la tutela <strong>dei</strong> diritti <strong>dei</strong> soci<br />

e la trasparenza <strong>dei</strong> fatti di gestione <strong>della</strong> società, nelle circostanze in cui tali<br />

esigenze non possono ricevere tutela attraverso gli ordinari strumenti di<br />

pubblicità degli atti societari.<br />

Il rimborso può essere pagato anche ad un terzo al quale gli ex soci abbiano<br />

<strong>con</strong>ferito delega.<br />

Per le società che si avvalgono <strong>della</strong> procedura di liquidazione dell’Iva cosiddetta<br />

“di gruppo” di cui al dm 13/12/79 (società <strong>con</strong>trollate e <strong>con</strong>trollanti), il soggetto<br />

legittimato a chiedere il rimborso dell’eccedenza di credito è la società<br />

<strong>con</strong>trollante. A tal fine, non deve essere utilizzato il modello VR, previsto per<br />

157


La garanzia<br />

tutti gli altri <strong>con</strong>tribuenti, ma il prospetto riepilogativo modello Iva 26 PR/2009,<br />

che la <strong>con</strong>trollante è tenuta a presentare in ogni caso (sia che richieda o meno<br />

un rimborso) all’agente <strong>della</strong> riscossione, in allegato al modello Iva 26 LP/2009.<br />

Ai fini <strong>della</strong> verifica <strong>della</strong> sussistenza <strong>dei</strong> presupposti richiesti dall'art. 30, terzo<br />

comma, occorre fare riferimento alla situazione di ciascuna delle società del<br />

gruppo, compresa la <strong>con</strong>trollante, che hanno evidenziato nelle rispettive<br />

dichiarazioni annuali un credito trasferito e non compensato.<br />

Attenzione<br />

Per effetto dell’art. 1, commi 63-64, <strong>della</strong> legge 24/12/2007, n. 224, la società<br />

che aderisce alla procedura di liquidazione non può trasferire al gruppo il proprio<br />

credito dell’anno precedente a quello di adesione; la medesima preclusione<br />

scatta nel caso di variazione <strong>della</strong> capogruppo. In tali casi, quindi, il credito resta<br />

definitivamente nella disponibilità esclusiva <strong>della</strong> società che ne è titolare, la<br />

quale potrà chiederlo a rimborso qualora sussistano i presupposti dell’art. 30.<br />

Per ottenere il rimborso è necessario, salvo che nei casi <strong>particolari</strong> descritti più<br />

avanti, prestare idonea garanzia: polizza fi<strong>dei</strong>ussoria o atto di fi<strong>dei</strong>ussione<br />

rilasciati da una compagnia assicuratrice, da un’azienda o un istituto di credito,<br />

oppure da un’impresa commerciale giudicata affidabile dall’amministrazione<br />

finanziaria; cauzione in titoli di stato o garantiti dallo stato, al valore di borsa, od<br />

anche in buoni postali fruttiferi.<br />

Per le piccole e medie imprese, le garanzie possono essere prestate anche dai<br />

<strong>con</strong>sorzi o cooperative di garanzia collettiva fidi di cui all’art. 29 <strong>della</strong> legge<br />

5/10/91, n. 317 (la <strong>disciplina</strong> dell’attività <strong>dei</strong> “<strong>con</strong>fidi” è ora <strong>con</strong>tenuta nell’art.<br />

13 del dl n. 269/2003, come modificato dalla legge n. 244/2007), sotto forma di<br />

depositi bancari in titoli vincolati, se<strong>con</strong>do le disposizioni del regolamento<br />

approvato <strong>con</strong> decreto delle finanze n. 366 del 22/9/1999.<br />

Per i gruppi societari <strong>con</strong> patrimonio risultante dal bilancio <strong>con</strong>solidato superiore<br />

a 258.228.449,50 euro (500 miliardi di vecchie lire) la garanzia può essere<br />

prestata mediante diretta assunzione, da parte <strong>della</strong> capogruppo o <strong>con</strong>trollante,<br />

dell’obbligazione verso l’amministrazione finanziaria; si vedano in proposito i<br />

chiarimenti e lo schema di obbligazione diffusi dal ministero <strong>con</strong> la circolare n.<br />

164 del 22/6/98.<br />

158


Con risoluzione n. 189 del 12/6/2002, l’agenzia delle entrate ha chiarito che la<br />

garanzia deve essere prestata necessariamente dalla società al vertice del<br />

gruppo (o dalla <strong>con</strong>trollante, nell’ipotesi in cui il gruppo sia costituito solo da due<br />

società: <strong>con</strong>trollante e <strong>con</strong>trollata), mentre non è ammessa la garanzia da parte<br />

di soggetti intermedi, quali le sub-holding.<br />

Con risoluzione n. 202 del 3/8/2007, l’agenzia delle entrate ha precisato che la<br />

società capogruppo non può garantire se stessa nella forma dell’assunzione<br />

diretta dell’obbligazione prevista per i gruppi societari <strong>con</strong> bilancio <strong>con</strong>solidato<br />

superiore a 500 miliardi di vecchie lire, ma dovrà prestare garanzia nei modi<br />

ordinari (a nulla rilevando la circostanza che si tratti di una società <strong>con</strong>trollata<br />

dal ministero dell’e<strong>con</strong>omia). L’agenzia ha osservato anzitutto che la norma non<br />

<strong>con</strong>templa un’ipotesi di esonero, ma una semplificazione delle modalità di<br />

garanzia in forza <strong>della</strong> quale la società capogruppo o <strong>con</strong>trollante può assumere,<br />

per <strong>con</strong>to <strong>della</strong> società del gruppo che ha presentato istanza di rimborso,<br />

l’obbligazione di integrale restituzione delle somme, divenendo “fi<strong>dei</strong>ussore”<br />

<strong>della</strong> <strong>con</strong>trollata. In tal caso, l’interesse erariale è garantito dal patrimonio <strong>della</strong><br />

<strong>con</strong>trollante oltre che da quello <strong>della</strong> <strong>con</strong>trollata. Tuttavia, il fatto che un<br />

determinato soggetto sia ammesso a garantire le eccedenze di credito chieste a<br />

rimborso da terzi non lo esime dal garantire le proprie richieste di rimborso.<br />

Inoltre, la società capogruppo, che può garantire i crediti trasferiti dalle altre<br />

società e compensati nella procedura di liquidazione Iva di gruppo, se coincide<br />

<strong>con</strong> la <strong>con</strong>trollante Iva è esonerata dal garantire i propri crediti compensati nella<br />

liquidazione Iva di gruppo; tale esonero, però non può essere ammesso a favore<br />

<strong>della</strong> società <strong>con</strong>trollante nell’ipotesi in cui le eccedenze di credito, anziché<br />

compensate, siano chieste a rimborso, stante la specialità <strong>della</strong> <strong>disciplina</strong> dell’Iva<br />

di gruppo dettata dal dm del 1979.<br />

Riguardo alle imprese assicuratrici abilitate a prestare fi<strong>dei</strong>ussione, il ministero,<br />

<strong>con</strong> la circolare n. 129 del 3/5/97, ha chiarito che per effetto del dlgs. 17/3/95,<br />

n. 175, <strong>con</strong> il quale sono state recepite le prescrizioni in materia di assicurazione<br />

danni dettate dalla direttiva Ce n. 92/49, tutte le compagnie autorizzate ad<br />

esercitare nel ramo cauzioni si intendono autorizzate a prestare la garanzia per il<br />

rimborso dell’Iva, se figurano nell’elenco redatto dall’Isvap oppure, per le<br />

imprese e le rappresentanze di imprese aventi sede nell’Ue, nell’elenco<br />

pubblicato nella G.U. del 27/6/96.<br />

Per quanto riguarda, invece, le imprese commerciali, che sono ammesse a<br />

prestare garanzia se giudicate affidabili dall’amministrazione finanziaria, <strong>con</strong><br />

159


Soggetti<br />

comunitari<br />

Ambito <strong>della</strong><br />

garanzia<br />

circolare n. 66 del 5/4/2000 il ministero delle finanze ha fornito i seguenti<br />

chiarimenti, alla luce delle disposizioni del dlgs n. 385/93, recante la <strong>disciplina</strong><br />

delle imprese operanti nel settore finanziario:<br />

gli intermediari finanziari di cui all’articolo 107 del citato dlgs, iscritti oltre<br />

che nell’elenco generale previsto dall’articolo 106, anche nell’elenco<br />

speciale tenuto dalla Banca d’Italia, sono soggetti a vigilanza da parte di<br />

questa; pertanto tali intermediari possono essere giudicati solvibili in<br />

quanto il <strong>con</strong>trollo esercitato dalla banca centrale assicura una corretta<br />

valutazione in merito all’adempimento delle obbligazioni assunte;<br />

gli intermediari finanziari iscritti solo nell’elenco di cui all’articolo 106,<br />

qualora intendano prestare fi<strong>dei</strong>ussione a garanzia <strong>dei</strong> rimborsi Iva,<br />

dovranno produrre apposita istanza all’ufficio competente per ogni singola<br />

garanzia da rilasciare; in caso di esito positivo dell’istruttoria dell’ufficio,<br />

l’intermediario sarà autorizzato al rilascio <strong>della</strong> garanzia dietro<br />

prestazione, per ognuna di esse, di cauzione in titoli di stato per importo<br />

pari al 50% <strong>della</strong> fi<strong>dei</strong>ussione, vincolata a favore dell’ufficio competente.<br />

Con la stessa circolare 66/2000 è stato inoltre precisato che per le imprese<br />

comunitarie <strong>con</strong> sede stabile o rappresentante in Italia, operanti nel settore<br />

dell’intermediazione finanziaria, la garanzia di solvibilità può essere costituita<br />

dalla certificazione prodotta dalla casa madre ed attestante la rispondenza ai<br />

<strong>con</strong>trolli degli organi di vigilanza del settore creditizio <strong>dei</strong> rispettivi paesi. Per le<br />

imprese di assicurazione, invece, l’autorizzazione al rilascio di fi<strong>dei</strong>ussioni è<br />

subordinata al rispetto delle disposizioni <strong>con</strong>tenute nel dlgs n. 175/95, che<br />

recepisce la direttiva Ce n. 92/49 in materia di assicurazione diretta diversa da<br />

quella sulla vita; tali imprese dovranno essere in regola <strong>con</strong> le norme che<br />

<strong>disciplina</strong>no la vigilanza ed i <strong>con</strong>trolli nel settore da parte dell’Isvap. Quanto alle<br />

banche, infine, esse sono abilitate a prestare fi<strong>dei</strong>ussioni in Italia in base alle<br />

disposizioni di libera prestazione di servizi di cui al dlgs n. 385/93, essendo<br />

sottoposte a vigilanza da parte delle autorità <strong>dei</strong> paesi di origine.<br />

Con la legge n. 449/97 è stato stabilito che la garanzia deve avere validità fino<br />

alla scadenza <strong>dei</strong> termini per l'accertamento e deve coprire non solo il credito<br />

d’imposta cui si riferisce, bensì, sempre nei limiti <strong>della</strong> somma richiesta a<br />

rimborso, tutti i crediti a qualsiasi titolo vantati dall’amministrazione finanziaria<br />

riguardo all’Iva (per esempio, imposta interessi, sanzioni, spese di notifica)<br />

originati da provvedimenti emessi dagli uffici delle entrate sia per la stessa<br />

160


annualità del rimborso che per le annualità precedenti, purché notificati nel<br />

periodo di validità <strong>della</strong> garanzia stessa.<br />

Con la circolare n. 146/98 è stato però precisato che l’amministrazione non può<br />

escutere la garanzia relativamente ai crediti scaturiti a seguito di accessi,<br />

ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali il<br />

<strong>con</strong>tribuente abbia avuto formale <strong>con</strong>oscenza prima dell’inizio <strong>della</strong> validità <strong>della</strong><br />

garanzia stessa.<br />

L’art. 9 del dl n. 269/2003 ha modificato l’art. 38-bis prevedendo che la durata<br />

<strong>della</strong> garanzia non può comunque superare tre anni dalla data del rimborso; in<br />

sostanza, il periodo di validità <strong>della</strong> garanzia viene a scadere nel minor termine<br />

tra quello di decadenza per l’accertamento e il decorso di tre anni dall’esecuzione<br />

del rimborso: se, ad esempio, il credito relativo all’anno 2008 verrà rimborsato il<br />

15/6/2009, la garanzia dovrà avere validità fino al 15/6/2012, termine più breve<br />

rispetto a quello di decadenza del periodo d’imposta (31/12/2013); se, invece,<br />

verrà rimborsato il 28/11/2009 un credito relativo al 2006, la garanzia deve<br />

essere valida fino al 31/12/2011, essendo in tal caso il termine di decadenza<br />

dell’accertamento più breve rispetto a quello triennale (28/11/2012).<br />

Poiché il rimborso viene eseguito direttamente dall’agente <strong>della</strong> riscossione entro<br />

il limite di 516.456,90 euro (elevato a 1 milione di euro per i subappaltatori edili<br />

che si trovano in determinate <strong>con</strong>dizioni, su cui appresso) e su disposizione<br />

dall’ufficio per l’eventuale eccedenza, il <strong>con</strong>tribuente che chiede la restituzione di<br />

un credito superiore a detto limite può presentare separatamente le garanzie, in<br />

tempi diversi, dopo averne ricevuto distintamente richiesta da ciascuno <strong>dei</strong> due<br />

enti erogatori, oppure un’unica garanzia, per l’intero ammontare del rimborso,<br />

all’agente <strong>della</strong> riscossione.<br />

La garanzia deve essere comunque rilasciata a favore dell’ufficio delle entrate<br />

competente.<br />

A seguito delle novità introdotte dal citato dl n. 269/2003, <strong>con</strong> provvedimento<br />

dell’agenzia delle entrate del 10/6/2004 (pubblicato nella G.U. del 15/6/2004) è<br />

stato approvato un nuovo schema unico di fi<strong>dei</strong>ussione, da utilizzare sia da parte<br />

delle compagnie assicuratrici che dalle banche. In questo <strong>con</strong>testo, è stato<br />

previsto un meccanismo di accertamento dell’autenticità <strong>della</strong> garanzia<br />

<strong>con</strong>sistente in uno scambio di corrispondenza tra l’ufficio e il fi<strong>dei</strong>ussore. In<br />

161


Quando non<br />

occorre la<br />

garanzia<br />

Crediti fino a €<br />

5.164,57<br />

Imprese virtuose<br />

<strong>con</strong>seguenza di ciò, si è ritenuto che sia venuta meno la necessità di autenticare<br />

la firma del soggetto che ha rilasciato la garanzia.<br />

Con i decreti legislativi n. 56 e n. 422 del 1998 sono state emanate disposizioni<br />

dirette a semplificare e a rendere meno oneroso l’accesso al rimborso,<br />

attenuando gli obblighi di garanzia.<br />

In particolare, sono stati previsti alcuni casi specifici in cui non occorre prestare<br />

la garanzia (la relativa <strong>disciplina</strong> è inserita nell’articolo 38-bis del dpr n. 633/72),<br />

che vanno ad aggiungersi alla previsione generale <strong>con</strong>tenuta nell’art. 21 del dm<br />

n. 567/93, se<strong>con</strong>do cui non occorre prestare garanzia al <strong>con</strong>cessionario per<br />

l’erogazione di rimborsi fino all’ammontare del 10% <strong>dei</strong> versamenti eseguiti nei<br />

due anni precedenti la data <strong>della</strong> richiesta e registrati nel <strong>con</strong>to fiscale, esclusi<br />

quelli <strong>con</strong>seguenti ad iscrizione a ruolo e al netto <strong>dei</strong> rimborsi già erogati (ai fini<br />

<strong>della</strong> verifica del limite, si cumulano i rimborsi erogati nei due anni precedenti la<br />

data <strong>della</strong> richiesta).<br />

Si riportano, di seguito, i casi specifici di esonero dall’obbligo di garanzia.<br />

Sono esonerati dall’obbligo di prestare garanzia i <strong>con</strong>tribuenti che richiedono un<br />

rimborso d’imposta non superiore a € 5.164,57.<br />

Tale limite va riferito all’intero periodo d’imposta e non ad ogni singola richiesta,<br />

per cui nell’ipotesi (poco probabile) di più richieste (esempio, rimborso annuale e<br />

infrannuale) di importo complessivo superiore al predetto limite, scatta l’obbligo<br />

di prestare la garanzia.<br />

Con risoluzione n. 165 del 3/11/2000 il ministero ha chiarito che i <strong>con</strong>tribuenti<br />

<strong>con</strong> crediti superiori a € 5.164,57 possono chiedere il rimborso fino a tale<br />

importo senza obbligo di garanzia ed utilizzare il residuo credito in<br />

compensazione “orizzontale” (cioè in pagamento di altri tributi, premi o<br />

<strong>con</strong>tributi). In questo modo è stato implicitamente chiarito, inoltre, che il tetto<br />

<strong>dei</strong> € 5.164,57 per il rimborso senza garanzia non è intaccato dalle<br />

compensazioni <strong>con</strong> il modello F24. Un chiarimento più esplicito in tal senso si<br />

rinviene nella successiva risoluzione n. 38 del 29/3/2001.<br />

Altra ipotesi di esonero dal prestare garanzia (non valido, però, per tutti i<br />

presupposti di accesso al rimborso, ma soltanto per alcuni, come si preciserà più<br />

avanti) riguarda le imprese finanziariamente in buona salute ed in regola <strong>con</strong><br />

fisco e previdenza. In particolare sono richieste le seguenti <strong>con</strong>dizioni:<br />

162


Fondi immobiliari<br />

chiusi<br />

a) attività esercitata da almeno cinque anni;<br />

b) assenza di accertamenti da cui risulti una differenza tra gli importi<br />

accertati e quelli dell’imposta dovuta (o a credito) dichiarata superiore a<br />

determinate soglie;<br />

c) presentazione di dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà attestante<br />

che non vi sono state riduzioni del patrimonio né alienazioni di azioni o<br />

quote proprie oltre una certa percentuale e che sono stati eseguiti i<br />

versamenti <strong>dei</strong> <strong>con</strong>tributi previdenziali e assicurativi.<br />

Sussistendo tali <strong>con</strong>dizioni, l’impresa otterrà senza prestazione di garanzia il<br />

rimborso, fino a <strong>con</strong>correnza di un importo pari alla metà dell’ammontare<br />

complessivo <strong>dei</strong> versamenti tributari e <strong>con</strong>tributivi affluiti nel <strong>con</strong>to fiscale nel<br />

biennio precedente. A tal fine, l’impresa dovrà allegare alla richiesta di rimborso<br />

presentata all’agente <strong>della</strong> riscossione l’autocertificazione redatta se<strong>con</strong>do lo<br />

schema allegato alla circolare ministeriale n. 54 del 4/3/99.<br />

Attenzione: la previsione di esonero in esame riguarda solo i rimborsi richiesti in<br />

base ai presupposti indicati alle lettere a), b) e d) del terzo comma dell’art. 30<br />

(aliquota media, operazioni non imponibili, operazioni non territoriali).<br />

Le società di gestione <strong>dei</strong> fondi comuni di investimento immobiliare chiusi di cui<br />

alla legge n. 86/94, in base alle disposizioni <strong>con</strong>tenute già nel dl n. 406/95,<br />

<strong>con</strong>vertito dalla legge n. 503/95, ora sostituite dall’articolo 8 del dl n. 351/2001,<br />

precedentemente citato, debbono ottenere il rimborso entro sei mesi e sono<br />

esonerate dall’obbligo di prestare garanzia.<br />

Al riguardo <strong>con</strong> una nota del 6/3/2000, diretta all’ufficio Iva di Milano, la<br />

direzione centrale <strong>della</strong> riscossione del ministero delle finanze ha ritenuto che<br />

l’esonero da garanzia, previsto dall’articolo 15 <strong>della</strong> citata legge n. 86/94, sia<br />

operante anche in assenza <strong>dei</strong> provvedimenti di normazione se<strong>con</strong>daria che<br />

avrebbero dovuto essere emanati, in quanto la disposizione, relativamente<br />

all’esonero, non necessita di norme attuative. In materia, si veda anche la<br />

circolare dell’agenzia delle entrate n. 47 dell’8/8/2003.<br />

Il predetto articolo 8 prevede inoltre che le società in questione, in alternativa al<br />

rimborso, possono utilizzare il credito in compensazione, senza che valga il limite<br />

163


Imprese fallite o<br />

in liquidazione<br />

coatta<br />

amministrativa<br />

Amministrazioni<br />

dello stato<br />

Cessione del<br />

credito<br />

annuo di 516.456,90 euro, oppure cederlo a terzi <strong>con</strong> l’osservanza delle<br />

disposizioni degli articoli 43-bis e 43-ter del dpr n. 602/73.<br />

L’articolo 31, comma 1, lettera c), <strong>della</strong> legge n. 388/2000 ha introdotto un<br />

nuovo comma nell’articolo 74-bis del dpr n. 633/72, <strong>con</strong>cernente gli<br />

adempimenti <strong>dei</strong> curatori fallimentari e <strong>dei</strong> commissari liquidatori, nel quale si<br />

stabilisce che i rimborsi annuali Iva nei <strong>con</strong>fronti delle procedure <strong>con</strong>corsuali,<br />

fino all’importo di 258.228,45 euro, sono effettuati senza prestazione di<br />

garanzia. La disposizione vale non solo per i rimborsi chiesti da curatori e<br />

commissari liquidatori, ma anche per quelli chiesti dal <strong>con</strong>tribuente prima <strong>della</strong><br />

data di apertura <strong>della</strong> procedura <strong>con</strong>corsuale ed erogati successivamente a<br />

favore <strong>della</strong> procedura.<br />

In proposito, al punto 16.11 <strong>della</strong> circolare n. 54 del 19/6/2002 l'agenzia delle<br />

entrate ha chiarito che il limite d'importo di cui sopra va riferito a tutti i rimborsi<br />

Iva erogati nel corso <strong>della</strong> procedura <strong>con</strong>corsuale e non a ciascun periodo<br />

d’imposta.<br />

Se<strong>con</strong>do l’agenzia delle entrate, non è dovuta alcuna garanzia se il rimborso è<br />

richiesto da un’amministrazione dello stato. La precisazione è stata resa <strong>con</strong><br />

risoluzione n. 198 dell’1/8/2007, sulla base delle disposizioni <strong>con</strong>tenute nell’art.<br />

19 <strong>della</strong> legge n. 1161/71, se<strong>con</strong>do cui l’amministrazione finanziaria può<br />

<strong>con</strong>cedere alle amministrazioni dello stato l’esonero dall’obbligo di prestare le<br />

cauzioni a garanzia dell’imposta di fabbricazione, dell’imposta erariale di<br />

<strong>con</strong>sumo e <strong>dei</strong> diritti erariali in genere, nonché nell’art. 90 del dpr n. 43/73, che<br />

prevede beneficio analogo ai fini <strong>della</strong> corresponsione <strong>dei</strong> diritti doganali. La<br />

portata generale delle disposizioni sopra richiamate, ad avviso dell’agenzia, ne<br />

<strong>con</strong>sente l’estensione anche al procedimento del rimborso dell’Iva come peraltro<br />

già precisato nella risoluzione n. 141 del 5/6/1995. L’esonero, inoltre, non può<br />

essere limitato alle annualità <strong>con</strong>siderate nella predetta risoluzione, ma va<br />

sempre ri<strong>con</strong>osciuto, senza necessità di ulteriori interventi dell’agenzia, ogni<br />

qualvolta il rimborso sia eseguito nei <strong>con</strong>fronti delle amministrazioni dello stato.<br />

La possibilità di cedere a terzi il credito Iva chiesto a rimborso in sede di<br />

dichiarazione annuale, già ri<strong>con</strong>osciuta dall'amministrazione finanziaria in base<br />

alle disposizioni civilistiche, ha trovato esplicita <strong>con</strong>ferma <strong>con</strong> la legge n. 154 del<br />

13/5/88, di <strong>con</strong>versione del dl 14/3/88 n. 70.<br />

164


Cessione parziale<br />

L'articolo 5, comma 4-ter <strong>della</strong> legge ha infatti stabilito che l’ufficio può<br />

richiedere le somme indebitamente rimborsate anche all’eventuale cessionario al<br />

quale il <strong>con</strong>tribuente abbia ceduto il proprio credito, fermo restando che le azioni<br />

di rettifica <strong>della</strong> dichiarazione e quelle sanzionatorie saranno rivolte<br />

esclusivamente nei <strong>con</strong>fronti del <strong>con</strong>tribuente. Anche il cessionario potrà evitare<br />

di pagare quanto richiesto dall’ufficio attraverso la prestazione di garanzia valida<br />

fino a quanto l’accertamento non sia divenuto definitivo (non vale, in tal caso, il<br />

minor termine triennale introdotto dal dl n. 269/2003).<br />

In ordine alle modalità da osservare, il ministero delle finanze ha precisato che<br />

la cessione del credito, da notificare formalmente all’ufficio delle entrate e<br />

all’agente <strong>della</strong> riscossione, deve risultare da atto pubblico oppure da scrittura<br />

privata autenticata da un notaio e che copia autentica dell’atto deve essere<br />

inviata all’ufficio stesso.<br />

Con la circolare ministeriale n. 192 dell’8/7/97, l’amministrazione ha adottato<br />

alcune misure per <strong>con</strong>trastare le fittizie cessioni di credito poste in essere<br />

mediante l’utilizzazione di documenti falsi. Allo scopo di evitare il ripetersi di<br />

frodi, è stato raccomandato agli uffici, ogni qual volta venga loro notificata una<br />

cessione di credito, di provvedere, nel caso in cui abbiano perplessità in ordine<br />

all’autenticità <strong>dei</strong> documenti prodotti, ad informare il creditore cedente <strong>con</strong><br />

lettera raccomandata prima di disporre il pagamento, dando carico al cedente<br />

stesso di dare ris<strong>con</strong>tro alla comunicazione dell’ufficio entro trenta giorni dal<br />

ricevimento.<br />

Con risoluzione n. 279 del 12/8/2002, l’agenzia delle entrate ha chiarito che non<br />

ha effetto nei <strong>con</strong>fronti dell’amministrazione finanziaria la cessione di un credito<br />

futuro, vale a dire non ancora emergente da una dichiarazione annuale<br />

presentata; un simile atto di cessione, pertanto, ha rilevanza esclusivamente nei<br />

<strong>rapporti</strong> tra le parti.<br />

Con risoluzione n. 103 del 6 settembre 2006, l’agenzia delle entrate ha<br />

ammesso la cessione parziale del credito Iva chiesto a rimborso <strong>con</strong> la<br />

dichiarazione annuale. In particolare, se<strong>con</strong>do l’agenzia il <strong>con</strong>tribuente può<br />

limitarsi a cedere la quota che eccede l’importo rimborsabile direttamente<br />

dall’agente <strong>della</strong> riscossione. Considerato che i rimborsi di ammontare<br />

complessivo superiore a 516.456,90 euro, sebbene derivanti dalla stessa<br />

dichiarazione, sono erogati da due soggetti diversi, l’agenzia ha ritenuto che in<br />

tale circostanza possa essere separatamente ceduta a terzi l’eccedenza di credito<br />

165


Società di<br />

gestione e<br />

società che<br />

aderis<strong>con</strong>o al<br />

“<strong>con</strong>solidato”<br />

Recupero delle<br />

somme<br />

indebitamente<br />

rimborsate<br />

Prescrizione del<br />

diritto al<br />

rimborso<br />

che deve rimborsare l’ufficio dopo il rimborso <strong>della</strong> quota di competenza del<br />

<strong>con</strong>cessionario. La quota di credito rimborsabile dall’ufficio non può essere, a sua<br />

volta, ulteriormente frazionata tra più cessionari, potendosi ammettere solo la<br />

sua cessione unitaria, anche per rispettare l’art. 5, comma 4-ter, del dl 70/88,<br />

se<strong>con</strong>do cui, in caso di cessione del credito risultante dalla dichiarazione<br />

annuale, deve intendersi che l’ufficio possa ripetere anche dal cessionario le<br />

somme rimborsate, salvo che questi non presti garanzia fino alla definitività<br />

dell’accertamento.<br />

Si rammenta che <strong>particolari</strong> disposizioni sono dettate, in ordine alla cessione del<br />

credito Iva, per le società di gestione del risparmio (art. 8 del dl n. 351/2001),<br />

per le quali è previsto, nella dichiarazione annuale Iva, l’apposito quadro VD, e<br />

per quelle che hanno optato per il <strong>con</strong>solidato fiscale di cui all’art. 117 del Tuir<br />

(cfr. l’art. 7, comma 1, lett. b, del decreto 9/6/2004 e la circolare n. 53 del<br />

20/12/2004).<br />

Se successivamente all’esecuzione del rimborso l’ufficio notifica un avviso di<br />

rettifica, di accertamento o un qualsiasi altro provvedimento in base al quale<br />

accerta, per lo stesso anno, una maggiore imposta (e dunque l’indebita<br />

percezione del rimborso), il <strong>con</strong>tribuente è tenuto a restituire l’importo<br />

indebitamente rimborsato (imposta ed eventuali interessi <strong>con</strong>testualmente<br />

rimborsati), oltre agli interessi relativi.<br />

In tale ipotesi il <strong>con</strong>tribuente, anche nel caso in cui presenti ricorso <strong>con</strong>tro il<br />

provvedimento, dovrà pagare interamente quanto richiesto dall’ufficio, in termini<br />

di imposta ed interessi, entro sessanta giorni dal ricevimento del provvedimento<br />

di accertamento; in alternativa, potrà prestare garanzia, nelle forme già indicate,<br />

avente validità sino alla definizione del <strong>con</strong>testo.<br />

L'ufficio richiederà il pagamento delle somme indebitamente rimborsate e <strong>dei</strong><br />

relativi interessi anche al fi<strong>dei</strong>ussore, che sarà tenuto a corrispondere quanto<br />

richiestogli senza eccezione alcuna. La garanzia prestata, infatti, non può essere<br />

sottoposta ad alcun onere o <strong>con</strong>dizione, compreso quello di preventiva<br />

escussione del <strong>con</strong>tribuente.<br />

Il diritto al rimborso del credito d’imposta richiesto <strong>con</strong> la dichiarazione annuale<br />

si prescrive nel termine ordinario di dieci anni, che decorre dopo il terzo mese<br />

dalla scadenza del termine stabilito per la presentazione <strong>della</strong> dichiarazione<br />

166


Istruttoria <strong>della</strong><br />

pratica<br />

stessa. Al medesimo termine soggiace la prescrizione del diritto agli interessi<br />

relativi.<br />

Con l’art. 2, comma 58 <strong>della</strong> legge 24/12/2003, n. 350, è stato stabilito che<br />

l’agenzia delle entrate provvede all’erogazione <strong>dei</strong> rimborsi dovuti in base alle<br />

dichiarazioni <strong>dei</strong> redditi presentate fino al 30 giugno 1997 senza far valere<br />

l’eventuale prescrizione del diritto <strong>dei</strong> <strong>con</strong>tribuenti; tuttavia, questa particolare<br />

disposizione vale per il rimborso delle eccedenze di Irpef e di Irpeg, non anche<br />

per l’Iva.<br />

L’istruttoria è articolata in due fasi, una antecedente ed una successiva<br />

all’erogazione del rimborso.<br />

La prima, effettuata dall’agente <strong>della</strong> riscossione, si estrinseca nell’acquisizione<br />

<strong>dei</strong> documenti necessari alla liquidazione e nell’esecuzione di un <strong>con</strong>trollo di<br />

natura formale sui documenti stessi; la se<strong>con</strong>da, effettuata dall’ufficio, è diretta<br />

a verificare in modo sommario la legittimità del rimborso (esistenza <strong>dei</strong><br />

presupposti di legge) nonché, se del caso, l’esistenza e l’operatività del<br />

<strong>con</strong>tribuente.<br />

Gli adempimenti dell’istruttoria formale sono stati ridefiniti dal ministero <strong>con</strong> la<br />

circolare n. 84 del 12/3/98. I documenti da acquisire in tale ambito,<br />

preventivamente all’erogazione del rimborso, per la maggior parte <strong>dei</strong><br />

<strong>con</strong>tribuenti si limitano oramai alla garanzia.<br />

Per quanto riguarda la verifica di merito, che si svolge di regola successivamente<br />

all’erogazione del rimborso, i documenti che gli uffici devono chiedere ai<br />

<strong>con</strong>tribuenti sono indicati nella circolare n. 143/E dell’11/8/94 (si ricorda che<br />

l'art. 7-bis del D.L. n. 547/94, <strong>con</strong>vertito nella L. n. 644/94, <strong>con</strong>sente agli uffici<br />

di effettuare una sola richiesta supplementare di documentazione per la stessa<br />

pratica di rimborso).<br />

Occorre <strong>con</strong>siderare, inoltre, che in base all’art. 6, comma 4, <strong>della</strong> legge<br />

27/7/2000, n. 212 (statuto <strong>dei</strong> diritti del <strong>con</strong>tribuente), non possono essere<br />

richiesti al <strong>con</strong>tribuente documenti o informazioni già in possesso<br />

dell’amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal<br />

<strong>con</strong>tribuente.<br />

167


Allegato 1/b, circolare 143<br />

Documenti da acquisire<br />

Con riferimento ai presupposti che sono alla base delle richieste di rimborso<br />

annuali e infrannuali, i documenti da acquisire, se non già in possesso<br />

dell'amministrazione finanziaria, in corrispondenza delle diverse fattispecie<br />

previste dall’art. 30 comma 3 del DPR 633/72, sono i seguenti:<br />

Lettera A): Prospetto dimostrativo degli acquisti e delle importazioni <strong>con</strong> allegate<br />

almeno tre fotocopie delle fatture relative alle spese accessorie.<br />

Fotocopia del Conto Profitti e Perdite.<br />

Fotocopia di n. 3 fatture tipo ricevute ed emesse relative ad ogni aliquota, <strong>con</strong><br />

relativa documentazione che giustifichi l'eventuale aliquota agevolata.<br />

Lettera B): Elenco <strong>dei</strong> soggetti <strong>con</strong> i quali sono state poste in essere operazioni<br />

di esportazione od operazioni ad esse assimilate. A titolo di approfondimento<br />

potranno essere richieste un numero limitato di fatture e bollette doganali di<br />

esportazione emesse nei <strong>con</strong>fronti <strong>dei</strong> soggetti compresi nell'elenco stesso.<br />

Lettera C): Registro <strong>dei</strong> beni ammortizzabili.<br />

Copia delle fatture d’acquisto di beni ammortizzabili; copia <strong>dei</strong> bilanci, nel caso<br />

di società, in cui le operazioni sono state riportate.<br />

Lettera D): Documenti emessi per le operazioni effettuate (limitatamente a quelli<br />

<strong>con</strong>siderati particolarmente significativi).<br />

Lettera E): Copia delle fatture d'acquisto (limitatamente a quelle <strong>con</strong>siderate<br />

particolarmente significative).<br />

Nell'ipotesi di rimborsi a società <strong>con</strong>trollanti, tale documentazione deve essere<br />

acquisita <strong>con</strong> riferimento alle singole società cui si riferisce il rimborso richiesto<br />

dalla <strong>con</strong>trollante.<br />

Nel caso di cessazione dell'attività i documenti da acquisire sono:<br />

- copia delle fatture di auto<strong>con</strong>sumo emesse per merci giacenti e per beni<br />

strumentali;<br />

- bilancio di liquidazione finale per le società regolarmente cessate oppure<br />

dichiarazione sostitutiva di atto notorio di cui al paragrafo 2.11 (1) per le società<br />

non regolarmente cessate;<br />

- copia autentica dell’eventuale atto di cessione d’azienda e di scioglimento di<br />

società.<br />

(1) n.d.a: si veda il paragrafo "Società in fase di estinzione"<br />

168


Controlli ausiliari<br />

Rimborsi Iva e<br />

<strong>con</strong>to fiscale<br />

A partire dal 1° agosto 2002, in materia di <strong>con</strong>trolli <strong>dei</strong> rimborsi Iva derivanti<br />

dalle dichiarazioni annuali, all’attività svolta dagli uffici locali delle entrate si<br />

affianca quella del Centro operativo di Pescara. Questa struttura effettua<br />

<strong>con</strong>trolli sulla base delle informazioni dell’anagrafe tributaria, soprattutto in<br />

materia di validità delle garanzie fi<strong>dei</strong>ussorie, nonché in relazione alle posizioni<br />

creditorie di notevole <strong>con</strong>sistenza derivanti da operazioni straordinarie ovvero<br />

interessate da altri elementi di criticità.<br />

Il Centro si occupa inoltre di <strong>con</strong>trollare il rispetto del limite per le compensazioni<br />

e i rimborsi in <strong>con</strong>to fiscale, attualmente fissato in 516.456,99 euro per ciascun<br />

anno solare (elevato a 1 mln di euro per i subappaltatori in edilizia).<br />

Sull’argomento l’agenzia delle entrate ha emanato la circolare n. 61 del<br />

31/7/2002.<br />

Nel 1998 sono state armonizzate le regole procedurali, in precedenza<br />

diversificate a se<strong>con</strong>da che il rimborso venisse richiesto al gestore del <strong>con</strong>to<br />

fiscale istituito <strong>con</strong> la legge n. 413/91, oppure all’ufficio.<br />

L’evoluzione normativa in materia di riscossione e rimborsi ha determinato il<br />

superamento del sistema del <strong>con</strong>to fiscale così come era stato <strong>con</strong>cepito<br />

inizialmente.<br />

L’articolo 18 <strong>della</strong> legge 448/98 ha stabilito che i fondi occorrenti per<br />

l’erogazione <strong>dei</strong> rimborsi <strong>con</strong>templati dal regolamento attuativo del <strong>con</strong>to fiscale<br />

(dm n. 567/93) sono prelevati dalla <strong>con</strong>tabilità speciale “fondi di bilancio” e<br />

messi a disposizione <strong>dei</strong> <strong>con</strong>cessionari (ora agenti) <strong>della</strong> riscossione, su apposite<br />

<strong>con</strong>tabilità speciali aperte presso le competenti sezioni di tesoreria provinciale<br />

dello stato, se<strong>con</strong>do modalità stabilite <strong>con</strong> decreto del direttore generale del<br />

dipartimento delle entrate. Tale provvedimento è stato emanato l’1/2/99 e<br />

successivamente integrato <strong>con</strong> decreto del 28/5/99.<br />

169


L’attestazione del<br />

credito<br />

La limitazione delle risorse destinate all’esecuzione <strong>dei</strong> rimborsi, imposta dalle<br />

esigenze del bilancio pubblico, non permette all’agenzia delle entrate e agli<br />

agenti <strong>della</strong> riscossione di soddisfare tempestivamente tutte le richieste.<br />

Al fine di attenuare i <strong>con</strong>seguenti disagi per i <strong>con</strong>tribuenti, l’agenzia ha stipulato<br />

un accordo <strong>con</strong> le associazioni delle banche e degli industriali per l’erogazione,<br />

da parte delle aziende di credito, di anticipazioni <strong>dei</strong> crediti d’imposta, a valere<br />

su appositi fondi di stanziamento che non intaccano il tetto del fido bancario<br />

<strong>con</strong>cesso all’impresa.<br />

L’elenco delle <strong>con</strong>venzioni è disponibile sul sito internet dell’agenzia.<br />

Le anticipazioni di credito vengono erogate sulla scorta di un attestato rilasciato<br />

dall’agenzia delle entrate ai sensi dell’art. 10 del dl n. 269/2003. La richiesta<br />

dell’attestato va indirizzata all’agenzia delle entrate, direzione centrale<br />

amministrazione, Via M. Carucci 85, Roma.<br />

Il predetto articolo 10 ha infatti stabilito che i <strong>con</strong>tribuenti intestatari di <strong>con</strong>to<br />

fiscale possono chiedere che l’agenzia delle entrate attesti la certezza e la<br />

liquidità <strong>dei</strong> crediti tributari, nonché la data indicativa di erogazione del<br />

rimborso.<br />

L’attestazione è redatta se<strong>con</strong>do lo schema allegato alla circolare dell’agenzia n.<br />

9 del 3/3/2004, da cui si evince, in particolare, che deve trattarsi di crediti che<br />

abbiano già formato di un provvedimento di pagamento (sono rimborsati <strong>con</strong><br />

disposizione di pagamento, ad esempio, i crediti Iva infrannuali, nonché quelli<br />

annuali per l’ammontare non richiesto o non rimborsabile dal <strong>con</strong>cessionario);<br />

possono <strong>con</strong>siderarsi, inoltre, certi e liquidi i rimborsi che devono essere erogati<br />

dall’agente <strong>della</strong> riscossione decorsi quaranta giorni dalla data <strong>della</strong> loro richiesta<br />

senza che sia intervenuto provvedimento di sospensione.<br />

L’attestazione non può essere utilizzata ai fini dell’esecuzione e nel procedimento<br />

di ingiunzione.<br />

Come precisato nella circolare citata, il credito può <strong>con</strong>siderarsi certo quando ne<br />

siano stati determinati il titolare e l’oggetto, mentre è liquido quando il suo<br />

ammontare sia determinato o determinabile; tali requisiti, pertanto, sussistono<br />

quando l’amministrazione abbia esattamente individuato la persona del creditore<br />

e ne abbia determinato il preciso ammontare, ciò che normalmente avviene al<br />

termine delle procedure di liquidazione.<br />

170


La gestione del<br />

“plafond” di<br />

516.456,90 euro<br />

Si è detto più volte che il limite rimborsabile da parte dell’agente <strong>della</strong><br />

riscossione è fissato, dal 2001, in 516.456,90 euro per ciascun anno solare (art.<br />

34 <strong>della</strong> legge n. 388/2000).<br />

L’art. 35, comma 6-ter, del dl n. 223/2006, ha stabilito che il limite (sia per il<br />

rimborso sia per la compensazione orizzontale) è elevato a 1 milione di euro per<br />

gli operatori del settore edile che nell’anno precedente hanno realizzato un<br />

volume d’affari costituito per almeno l’80% da prestazioni in subappalto,<br />

sottoposte al meccanismo del “reverse charge”.<br />

Il limite è unico sia per i rimborsi del <strong>con</strong>cessionario sia per le compensazioni<br />

“orizzontali” mediante modello F24: ad esempio, il <strong>con</strong>tribuente che nel 2009<br />

ottiene dall’agente <strong>della</strong> riscossione il rimborso del credito Iva dell’anno 2008 di<br />

300.000 euro, nel corso del 2009 potrà ottenere ulteriori rimborsi dall’agente<br />

oppure effettuare compensazioni “orizzontali” per ammontare non superiore al<br />

residuo plafond di 216.456,90 euro.<br />

Di <strong>con</strong>seguenza, in alcuni casi potrebbe risultare <strong>con</strong>veniente, in relazione alle<br />

esigenze aziendali, una gestione mirata del predetto plafond. Si faccia l’esempio<br />

di un <strong>con</strong>tribuente ha chiesto il rimborso del credito Iva relativo al 2008 di<br />

700.000 euro; una volta ottenuti dall’agente 516.456,90 euro, avrebbe esaurito<br />

il tetto delle compensazioni; inoltre dovrebbe comunque aspettare l’erogazione<br />

del rimborso del residuo credito Iva dall’ufficio. Volendo evitare questi effetti<br />

(sfavorevoli soprattutto se si <strong>con</strong>sidera che le compensazioni possono effettuarsi<br />

già da gennaio 2009), il <strong>con</strong>tribuente potrà chiedere all’agente di erogare solo<br />

una parte <strong>della</strong> somma, per esempio 400.000 euro, al fine di riservarsi il diritto<br />

di utilizzare in compensazione ancora 116.456,90 euro di crediti (non solo Iva,<br />

ma anche Irpef, ecc.); in tal caso, quindi, l’ufficio rimborserà l’ulteriore credito di<br />

300.000 euro. A questo scopo, occorre indicare nel campo 1 del rigo VR4 l’intero<br />

importo del credito chiesto a rimborso (nell’esempio 700.000 euro), specificando<br />

poi nel successivo campo 2 l’importo che viene chiesto direttamente all’agente<br />

(400.000 euro).<br />

Questa opportunità è preclusa, naturalmente, ai soggetti che non possono<br />

ottenere il rimborso dall’agente <strong>della</strong> riscossione, ossia a coloro che hanno<br />

cessato l’attività e ai soggetti in procedura <strong>con</strong>corsuale.<br />

171


Il rimborso disposto dall’ufficio deve essere erogato dall’agente <strong>della</strong> riscossione<br />

entro venti giorni dal ricevimento <strong>della</strong> relativa disposizione, non applicandosi in<br />

questa ipotesi il termine dilatorio di quaranta giorni di cui all’art. 20 del dm n.<br />

267/93, come stabilito dal decreto ministeriale 10/10/2003, n. 309.<br />

172


NOVITA’ IVA<br />

A cura di Antonio Gigliotti<br />

173


174


E’ RAVVEDIBILE ANCHE L’OMESSO O INSUFFICIENTE<br />

VERSAMENTO IRAP<br />

Il caso<br />

Premessa<br />

Ravvedimento<br />

breve<br />

Ravvedimento<br />

lungo<br />

Se ho omesso, versato un insufficiente, carente o tardivo versamento<br />

IRAP è possibile ricorrere all'istituto del ravvedimento operoso?.<br />

L’istituto del ravvedimento operoso è stato modificato di recente dal D.L.<br />

185/2008 ( art.16 comma 5 ) entrato in vigore il 29 novembre 2008 che ha<br />

modificato l’articolo 13 del D. Lgs. 18.12.1997, n. 472 prevedendo la possibilità<br />

di regolarizzare spontaneamente violazioni ed omissioni <strong>con</strong> il versamento<br />

di sanzioni ridotte, la cui entità varia a se<strong>con</strong>da <strong>della</strong> tempestività del<br />

ravvedimento e del tipo di violazion.<br />

In particolare sono state ridotte le sanzioni per la regolarizzazione degli<br />

omessi versamenti effettuati entro il termine di presentazione <strong>della</strong><br />

dichiarazione del periodo di imposta al quale si riferisce l’omissione o,<br />

nell’ipotesi di pagamenti che non <strong>con</strong>fluis<strong>con</strong>o in una dichiarazione tributaria,<br />

entro i 12 mesi dalla scadenza prevista.<br />

Nello specifico:<br />

⇒ entro trenta giorni dalla violazione, se riguarda un insufficiente o<br />

omesso versamento del tributo, la sanzione è stata ridotta a un<br />

dodicesimo del minimo pari a 2,5% (in luogo del minimo pari al<br />

3,75%);<br />

⇒ entro il termine di presentazione <strong>della</strong> dichiarazione relativa all'anno<br />

nel corso del quale è stata commessa la violazione, la sanzione si riduce<br />

a un decimo del minimo pari al 3% (anziché a un quinto pari a 6%).<br />

Restano, ovviamente, dovuti e aggiunti gli interessi calcolati sulla base <strong>dei</strong> giorni<br />

intercorrenti fra la data dell’omissione e la data <strong>della</strong> regolarizzazione spontanea<br />

calcolati al tasso di interesse legale, attualmente al 3%.<br />

175


Come<br />

procedere<br />

Come sono cambiate le sanzioni del ravvedimento operoso<br />

in caso di omesso versamento<br />

Termini del ravvedimento Prima del D.L.<br />

176<br />

185/2008<br />

Dopo il D.L.<br />

185/2008<br />

Entro 30 giorni dalla violazione 3,75% 2,5%<br />

Entro l’anno 6% 3%<br />

Ai fini delle imposte dirette (Irpef, Ires, Irap), dell’Iva, <strong>dei</strong> tributi locali, il<br />

<strong>con</strong>tribuente o il sostituto d’imposta, nonché gli eventuali soggetti<br />

solidalmente obbligati possono regolarizzare gli omessi o insufficienti<br />

versamenti delle imposte dovute, sia a titolo di saldo o ac<strong>con</strong>to, in base alle<br />

dichiarazioni (anche alle liquidazioni periodiche dell’Iva);<br />

Nel tal caso si dovrà procedere a:<br />

1. versare il tributo dovuto;<br />

2. pagare, indipendentemente dal tributo, una sanzione pari a:<br />

1/12 <strong>della</strong> sanzione prevista (30% del tributo), ovvero 2,50% del<br />

NOTA BENE<br />

tributo dovuto nel caso di pagamento entro 30 giorni dalla data in<br />

cui è stata commessa la violazione (coincidente <strong>con</strong> l’ultimo giorno<br />

disponibile in cui era possibile effettuare il versamento);<br />

Nell’ipotesi di opzione del <strong>con</strong>tribuente per il pagamento rateale i 30 giorni<br />

decorrono dalla data entro la quale questi doveva procedere al versamento<br />

<strong>della</strong> rata; il calcolo degli interessi moratori deve avvenire sull’imposta<br />

comprensiva degli interessi di dilazione.<br />

1/10 <strong>della</strong> sanzione prevista per l’omesso versamento/pagamento<br />

ovvero 3% del tributo dovuto qualora la regolarizzazione avvenga<br />

oltre i 30 giorni ma entro il termine per la presentazione <strong>della</strong><br />

dichiarazione relativa all’anno in cui è stata commessa la violazione,<br />

ovvero entro 1 anno qualora non sia prevista la presentazione di<br />

tale dichiarazione;<br />

3. versare gli interessi moratori maturati giorno per giorno al tasso di<br />

interesse legale.


Il ravvedimento<br />

operoso per<br />

l’IRAP<br />

La soluzione<br />

Relativamente alla possibilità di procedere all’omesso o insufficiente<br />

versamento IRAP è opportuno ricordare che l’imposta IRAP non ha potuto<br />

essere ravveduta, per le annualità 2005 e 2006, a seguito dell’articolo 1 del Dl<br />

17/06/2005 n. 106 che aveva negato l’istituto a questo tipo di imposta fino al<br />

31/12/2006. Tuttavia, la mancata reiterazione <strong>della</strong> disposizione nel D.L. n. 206<br />

del 07/06/2006, ha fatto si che l’IRAP a partire dagli ac<strong>con</strong>ti del 2007 e’<br />

ora inclusa nel ravvedimento operoso.<br />

Agli omessi, insufficienti, carenti o tardivi versamenti IRAP, in ac<strong>con</strong>to e<br />

a saldo, a partire dagli ac<strong>con</strong>ti 2007 trovano, pertanto, applicazione le<br />

sanzioni ridotte previste per il ravvedimento operoso, così come sopra<br />

riportato.<br />

177


TRIBUTO CODICE<br />

Sanzione pecuniaria Irpef 8901<br />

Sanzione pecuniaria addizionale regionale Irpef 8902<br />

Sanzione pecuniaria addizionale comunale Irpef 8903<br />

Sanzione pecuniaria Iva 8904<br />

Sanzione pecuniaria Irpeg 8905<br />

Sanzione pecuniaria sostituti d’imposta 8906<br />

Sanzione pecuniaria Irap 8907<br />

Sanzione pecuniaria altre imposte dirette 8908<br />

Sanzione pecuniaria imposta sugli intrattenimenti 8909<br />

Sanzione pecuniaria Iva forfetaria <strong>con</strong>nessa a imposta sugli<br />

intrattenimenti<br />

178<br />

8910<br />

Sanzione pecuniaria altre violazioni tributarie 8911<br />

Sanzione pecuniarie relative all’anagrafe tributaria e al<br />

codice fiscale<br />

Sanzione pecuniaria imposte sostitutive delle imposte sui<br />

redditi<br />

8912<br />

8913<br />

Sanzione pecuniaria Ires 8914<br />

Interessi sul ravvedimento - IRPEF - 1989<br />

Interessi sul ravvedimento - IRES - 1990<br />

Interessi sul ravvedimento - IVA - 1991<br />

Interessi sul ravvedimento - IMPOSTE SOSTITUTIVE - 1992<br />

Interessi sul ravvedimento - IRAP - 1993<br />

Interessi sul ravvedimento - ADDIZIONALA REGIONALE - 1994<br />

Interessi sul ravvedimento - ADDIZIONALE COMUNALE 1995


RAVVEDIMENTO: IL RISCHIO PER GLI ACCONTI<br />

Il caso<br />

Premessa<br />

Il problema<br />

Il caso<br />

Qualora un <strong>con</strong>tribuente procede, entro il termine di presentazione <strong>della</strong><br />

dichiarazione successiva ad integrare la dichiarazione precedente, deve procedere<br />

ad integrare anche l’originario versamento di ac<strong>con</strong>to effettuato sulla base di<br />

una dichiarazione che ha formato oggetto di integrazione ?<br />

Per effetto del D.L. 185/200, l’istituto del ravvedimento operoso è stato<br />

modificato di recente prevedendo la possibilità di regolarizzare<br />

spontaneamente violazioni ed omissioni <strong>con</strong> il versamento di sanzioni<br />

ridotte, la cui entità varia a se<strong>con</strong>da <strong>della</strong> tempestività del ravvedimento e del<br />

tipo di violazioni.<br />

Tuttavia, le nuove riduzioni da ravvedimento operoso, , potrebbero risultare<br />

vanificate, in taluni casi, per effetto <strong>dei</strong> chiarimenti forniti dall’Agenzia delle<br />

Entrate nel corso del 2008 <strong>con</strong> circolare n. 47/E del 18/6/2008 (risposta 4.2).<br />

Nel documento è stato affermato che se il <strong>con</strong>tribuente provvede a integrare,<br />

dopo il versamento degli ac<strong>con</strong>ti determinati <strong>con</strong> il metodo storico, la<br />

dichiarazione originaria, deve anche effettuare il ravvedimento per gli insufficienti<br />

ac<strong>con</strong>ti.<br />

Ipotizziamo il caso di una società che ha presentato a settembre dello scorso<br />

anno Unico 2008.<br />

• L’imposta da unico era ipotizziamo 100;<br />

• A giugno e novembre, sempre dello scorso anno, ha versato gli ac<strong>con</strong>ti<br />

(100% di 100), per il periodo d'imposta 2008 usando il metodo storico,<br />

facendo quindi riferimento a quanto dichiarato <strong>con</strong> Unico 2008.<br />

A febbraio del 2009 ci si accorge di non avere dichiarato nello stesso modello<br />

<strong>dei</strong> proventi imponibili.<br />

La società decide, quindi, di avvalersi del ravvedimento: poiché la violazione<br />

commessa determina l'infedeltà <strong>della</strong> dichiarazione, la sanzione ridotta per la<br />

regolarizzazione è pari al 10 per cento. Questo in <strong>con</strong>seguenza delle<br />

179


Il parere<br />

dell’agenzia<br />

I dubbi<br />

modifiche apportate dal Dl 185/2008, che ha portato la riduzione delle penalità<br />

da un quinto a un decimo del minimo nel caso in cui il ravvedimento venga<br />

effettuato entro il termine di presentazione <strong>della</strong> dichiarazione successiva. La<br />

riduzione va applicata alla sanzione edittale per la violazione di infedele<br />

dichiarazione (dal 100 al 200% dell'imposta dovuta).<br />

Se<strong>con</strong>do l'Agenzia (circolare n. 47/E/2008) se il <strong>con</strong>tribuente provvede a<br />

integrare, <strong>con</strong> il ravvedimento, la dichiarazione originaria, si verifica anche la<br />

violazione dell'insufficiente versamento degli ac<strong>con</strong>ti, quando questi sono stati<br />

calcolati <strong>con</strong> il metodo storico.<br />

Pertanto nel caso dell'esempio, la società dovrebbe effettuare anche il<br />

ravvedimento per i carenti versamenti degli ac<strong>con</strong>ti. Le penalità a cui fare<br />

riferimento per questa regolarizzazione sarebbero quelle stabilite dall'articolo 13<br />

del decreto legislativo 471/1997, pari al 30% dell'imposta non pagata. Per cui, il<br />

ravvedimento <strong>della</strong> dichiarazione originaria, qualora effettuato successivamente<br />

ai 30 giorni, porterebbe al pagamento di un'ulteriore sanzione ridotta del 3% (il<br />

10% del 30%), da calcolare su ognuno <strong>dei</strong> carenti versamenti degli ac<strong>con</strong>ti. Tale<br />

penalità andrebbe a sommarsi a quella del 10% per la regolarizzazione<br />

dell'infedele dichiarazione.<br />

La suddetta interpretazione però non ci <strong>con</strong>vince.<br />

Il ravvedimento infatti, <strong>con</strong>sente di regolarizzare la violazione che, se<br />

<strong>con</strong>statata dall'amministrazione, determinerebbe l'irrogazione <strong>della</strong> sanzione<br />

edittale.<br />

Ma vediamo cosa accade nel caso <strong>della</strong> violazione sopra citata, qualora la società<br />

non effettuasse la regolarizzazione tramite la dichiarazione integrativa. L'ufficio,<br />

una volta scoperta la violazione dell'infedele dichiarazione, andrebbe ad<br />

applicare soltanto la sanzione per tale violazione (dal 100 al 200%). Si ritiene<br />

infatti che non verrebbe irrogata alcuna sanzione per gli ac<strong>con</strong>ti insufficienti:<br />

ciò in quanto, l'articolo 13 del decreto 471/1997 prevede la penalità del 30%<br />

unicamente per la violazione del mancato versamento di un tributo determinato<br />

in sede di dichiarazione, liquidazione o di calcolo degli ac<strong>con</strong>ti.<br />

180


Art.13<br />

D.Lgs 471/97<br />

La soluzione<br />

alternativa<br />

181<br />

Art. 13.<br />

Ritardati od omessi versamenti diretti<br />

1. Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in<br />

ac<strong>con</strong>to, i versamenti periodici, il versamento di <strong>con</strong>guaglio o a saldo<br />

dell'imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l'ammontare<br />

<strong>dei</strong> versamenti periodici e in ac<strong>con</strong>to, ancorché non effettuati, e' soggetto a<br />

sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato,<br />

anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati<br />

in sede di <strong>con</strong>trollo <strong>della</strong> dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o<br />

una minore eccedenza detraibile. Identica sanzione si applica nei casi di<br />

liquidazione <strong>della</strong> maggior imposta ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del<br />

decreto del Presidente <strong>della</strong> Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e ai sensi<br />

dell'articolo 54-bis del decreto del Presidente <strong>della</strong> Repubblica 26 ottobre<br />

1972, n. 633.<br />

2. Fuori <strong>dei</strong> casi di tributi iscritti a ruolo, la sanzione prevista al comma 1 si<br />

applica altresì in ogni ipotesi di mancato pagamento di un tributo o di una sua<br />

frazione nel termine previsto.<br />

3. Le sanzioni previste nel presente articolo non si applicano quando i<br />

versamenti sono stati tempestivamente eseguiti ad ufficio o <strong>con</strong>cessionario<br />

diverso da quello competente.<br />

In sostanza , la sanzione del 30% colpisce la mancata esecuzione di un tributo<br />

precedentemente determinato e nel caso di specie non ci sembra che ci si trovi<br />

in tale situazione. In <strong>con</strong>seguenza di ciò, le riduzioni da ravvedimento devono<br />

essere applicate solo in relazione alle penalità che vengono irrogate dal Fisco.<br />

Pertanto, nel caso esemplificato, il ravvedimento si ritiene dovrà essere<br />

calcolato solo sulla sanzione dell'infedele dichiarazione.


182


SUPERAMENTO DEL PLAFOND IVA<br />

Status di<br />

esportatore<br />

abituale<br />

Operazioni utili<br />

a generare<br />

plafond<br />

Le imprese che effettuano frequenti operazioni internazionali attive, sia<br />

verso Paesi Ue che extra Ue, godono <strong>della</strong> facoltà di acquistare, ovvero<br />

importare, beni e servizi senza l’applicazione dell’Iva entro un dato limite<br />

annuale denominato “plafond”.<br />

Tale sistema tratta di una “agevolazione” <strong>con</strong>cessa all’esportatore abituale che,<br />

per la facoltà di acquistare senza l’applicazione dell’IVA, evita di trovarsi in una<br />

posizione di credito nei <strong>con</strong>fronti dell’Amministrazione finanziaria.<br />

Si ricorda brevemente che lo status di esportatore abituale, ai sensi<br />

dell'articolo 1 del D.L. n. 746/1983, si acquisisce quando le operazioni che creano<br />

plafond nel periodo di riferimento (anno solare o dodici mesi precedenti, a se<strong>con</strong>da<br />

che il <strong>con</strong>tribuente utilizzi rispettivamente il metodo solare o il metodo mensile)<br />

sono:<br />

superiori al 10% del volume d'affari, determinato a norma dell'articolo<br />

20 del Dpr n. 633/1972, al netto delle cessioni di beni in transito o<br />

depositati nei luoghi soggetti a vigilanza doganale.<br />

Le operazioni utili a generare plafond sono espressamente previste dal<br />

legislatore e, in particolare, comprendono:<br />

⇒ cessioni di beni e prestazioni di servizi intracomunitari;<br />

⇒ esportazioni dirette;<br />

⇒ operazioni assimilate all’esportazione effettuate nell’esercizio dell’attività<br />

propria di impresa;<br />

⇒ margine non imponibile delle cessioni rientranti nel regime <strong>dei</strong> beni<br />

usati;<br />

⇒ operazioni <strong>con</strong>nesse a trattati e accordi internazionali;<br />

⇒ operazioni <strong>con</strong> lo Stato <strong>della</strong> Città del Vaticano e <strong>con</strong> la Repubblica di<br />

San Marino.<br />

183


Calcolo del<br />

plafond:<br />

- plafond fisso<br />

- plafond mobile<br />

L’esportatore abituale può calcolare il plafond di cui disporre <strong>con</strong> due diversi<br />

metodi:<br />

il sistema del plafond fisso (o solare):<br />

⇒ in tale caso, si prendono a base di calcolo le operazioni che<br />

<strong>con</strong>corrono alla formazione del plafond registrate nell'anno solare<br />

precedente.<br />

il sistema del plafond mobile (o mensile):<br />

RICORDA<br />

⇒ in tale caso, il periodo di riferimento è individuato nei dodici mesi<br />

precedenti (dodici mesi mobili, non coincidenti necessariamente <strong>con</strong><br />

l'anno solare). Questo sistema può essere utilizzato solo dai<br />

<strong>con</strong>tribuenti che hanno iniziato l'attività almeno da 12 mesi.<br />

L'opzione per l'utilizzo dell’uno o dell’altro sistema deve avvenire all'inizio<br />

dell'anno solare, e precisamente:<br />

• prima che venga presentata la dichiarazione annuale Iva:<br />

⇒ dalle annotazioni di utilizzo e di disponibilità che il <strong>con</strong>tribuente<br />

effettua sui propri registri (quest’obbligo è stato soppresso dal<br />

D.P.R. n. 435/2001 e sostituito dall’obbligo di fornire i dati<br />

all’Amministrazione finanziaria, se ne viene fatta richiesta). In altri<br />

termini, sarà valutato il “comportamento attivo” del<br />

<strong>con</strong>tribuente.<br />

• dopo la presentazione <strong>della</strong> dichiarazione:<br />

⇒ anche dalla compilazione dell'apposito quadro destinato agli<br />

esportatori abituali, <strong>con</strong>tenente una casella da barrare allo scopo di<br />

indicare il metodo utilizzato.<br />

184


Il metodo del plafond fisso è di più facile gestione rispetto a quello del plafond<br />

mobile, in quanto:<br />

⇒ sia la verifica dello status di esportatore abituale, sia la determinazione del<br />

plafond annuale utilizzabile vengono effettuate una sola volta l’anno.<br />

Il metodo del plafond mobile, detto anche plafond mensile, invece, comporta:<br />

⇒ la determinazione del plafond utilizzabile <strong>con</strong> riferimento al singolo<br />

mese.<br />

RICORDA<br />

A riguardo del plafond mobile, <strong>con</strong> la circolare n. 12/1981, il Ministero delle<br />

Finanze ha avuto modo di precisare che:<br />

⇒ "il plafond rapportato ai dodici mesi precedenti va calcolato mensilmente e<br />

a tal fine occorre tener <strong>con</strong>to delle cessioni all'esportazione fatte nei dodici<br />

mesi precedenti e degli acquisti di beni e servizi fatti nel medesimo<br />

periodo. La differenza tra i due ammontari costituisce il plafond di cui<br />

l'operatore può fruire nel mese cui il calcolo si riferisce".<br />

Con la circolare n. 73/1984, lo stesso Ministero ha chiarito che tale metodo:<br />

⇒ "può peraltro comportare - ove siano messe a raffronto solo le esportazioni<br />

del mese non più computabile <strong>con</strong> gli acquisti e le importazioni senza<br />

applicazione dell'Iva dello stesso mese - o una apparente eccedenza di<br />

utilizzo del beneficio di cui trattasi ... ovvero la perdita di una quota di<br />

plafond".<br />

185


- plafond<br />

disponibile<br />

Come evidenziato nel riquadro, <strong>con</strong> la circolare n. 73/1984 e <strong>con</strong> successiva<br />

Risoluzione Ministeriale n. 505261/1987, l’Amministrazione ha ritenuto che il<br />

<strong>con</strong>tribuente che utilizza il plafond <strong>con</strong> il sistema mensile è tenuto a calcolare:<br />

da un lato, l'ammontare delle esportazioni al netto di quelle del<br />

tredicesimo mese precedente;<br />

dall'altro, l'ammontare delle utilizzazioni progressive ("posta passiva"),<br />

depurandolo dell'importo riferibile alle esportazioni del predetto<br />

tredicesimo mese.<br />

In sostanza, il plafond disponibile è dato dalla differenza tra le cessioni<br />

all’esportazione nei dodici mesi precedenti ed il progressivo utilizzo calcolato sui<br />

dodici mesi precedenti.<br />

plafond mobile disponibile<br />

=<br />

cessioni nei 12 mesi<br />

– (acquisti nei 12 mesi – cessioni nel<br />

13° mese precedente)<br />

186


Semplificando:<br />

plafond disponibile = cessioni nei 12 mesi – progressivo utilizzo.<br />

Il plafond, che ha validità annuale, può essere utilizzato per:<br />

⇒ acquistare e importare beni e servizi di qualsiasi tipo <strong>con</strong> la sola<br />

esclusione <strong>dei</strong> fabbricati, delle aree edificabili e <strong>dei</strong> beni e servizi per i quali<br />

l'imposta non è ammessa in detrazione, ai sensi degli articoli 19 e seguenti<br />

del Dpr n. 633/1972.<br />

Al fine di poter usufruire del beneficio di non applicazione dell'Iva, in data anteriore<br />

all'effettuazione dell'operazione di acquisto o di importazione, l'esportatore<br />

abituale deve rilasciare al fornitore una dichiarazione, cosiddetta “lettera<br />

d'intento”, i cui estremi successivamente dovranno essere indicati nella fattura<br />

emessa dal cedente o prestatore, unitamente al titolo di non applicabilità<br />

dell'imposta.<br />

In sede di presentazione <strong>della</strong> dichiarazione annuale, ai <strong>con</strong>tribuenti che hanno<br />

utilizzato lo strumento del plafond è richiesta l'esposizione analitica di alcuni<br />

dati, individuati dall'articolo 10 del Dpr n. 435/2001, che costituis<strong>con</strong>o il<br />

<strong>con</strong>tenuto del quadro VC.<br />

Va, infine, in materia, evidenziata l'ipotesi di variazioni rispetto all'operazione<br />

originaria.<br />

A tal proposito, la Circolare n. 8/D del 2003 precisa che, nel caso di note di<br />

addebito in aumento, si deve <strong>con</strong>siderare quanto segue:<br />

⇒ se la nota è emessa nel corso dell'anno → essa va direttamente in<br />

aumento del plafond disponibile;<br />

⇒ se, viceversa, essa è emessa l'anno successivo → non si determina<br />

l'aumento del plafond disponibile dell'anno in corso;<br />

⇒ se è emessa negli anni successivi al primo → non produce effetti.<br />

187


Un caso pratico<br />

in presenza di<br />

note di credito<br />

ricevute<br />

Viceversa, nel caso di note di credito in diminuzione, la stessa Circolare n.<br />

8/D precisa che: "le variazioni in diminuzione, anche se non operate, ridu<strong>con</strong>o del<br />

corrispondente ammontare la disponibilità del plafond". Conseguentemente:<br />

⇒ se la nota di credito è emessa nello stesso anno dell'operazione originaria<br />

→ riduce il plafond disponibile per lo stesso anno;<br />

⇒ se la nota di credito è emessa nell'anno successivo → non riduce il<br />

plafond di quell'anno, ma, se i tempi lo <strong>con</strong>sentono, quello<br />

dell’anno precedente in cui ha avuto origine l’operazione<br />

principale (se ne può tenere <strong>con</strong>to <strong>con</strong> un’annotazione nel prospetto di<br />

utilizzo del plafond);<br />

⇒ se la nota di credito è emessa in anni successivo al primo → "va<br />

comunque in diminuzione al plafond disponibile per l'anno in cui è<br />

stata effettuata l'operazione principale e potrebbe determinare<br />

per quell'anno uno splafonamento visto che ormai i termini per<br />

l'utilizzo sono scaduti".<br />

Analizziamo ora un caso pratico di come comportarsi in presenza di note di credito<br />

ricevute in periodi successivi a quello dell’originaria operazione.<br />

ESEMPIO:<br />

188<br />

*****<br />

Una società gode dello status di esportatore abituale e, pertanto:<br />

⇒ rilascia lettere d’intento a propri fornitori, al fine di effettuare acquisti senza<br />

applicazione dell’Iva;<br />

⇒ calcola il limite entro cui effettuare acquisti non gravati da Iva <strong>con</strong> il metodo<br />

del “plafond mobile”:<br />

calcolo del plafond disponibile per ciascun mese effettuato<br />

sottraendo alle cessioni all’esportazione <strong>dei</strong> dodici mesi precedenti gli<br />

utilizzi <strong>dei</strong> dodici mesi precedenti, depurati delle esportazioni del<br />

tredicesimo mese precedente.


Nel mese di marzo 2007, la società riceve una nota di credito relativa ad<br />

acquisti fatturati e registrati nel 2006, di importo pari a 30mila euro.<br />

In applicazione <strong>della</strong> normativa e <strong>della</strong> prassi in materia di plafond Iva, come sopra<br />

evidenziato, le note di variazione, ed in particolare le note di credito, ricevute<br />

in periodi successivi a quello dell’originaria operazione (nel caso di specie, nota di<br />

credito ricevuta nel 2007, ma relativa ad operazioni del 2006), non aumentano il<br />

plafond disponibile.<br />

Emerge, quindi, che la società non può registrare la nota di credito di cui<br />

sopra tra gli utilizzi del plafond per il mese di marzo.<br />

La società dovrà, pertanto, rettificare il valore del plafond utilizzato in tale mese,<br />

depurandolo dell’importo <strong>della</strong> nota di credito.<br />

Ipotizziamo i due calcoli riportati nella tabella sottostante:<br />

la società non depura il valore del plafond utilizzato dalla nota di credito<br />

(Colonna “DETERMINAZIONE ERRATA”);<br />

la società depura il valore del plafond utilizzato dalla nota di credito<br />

(Colonna “DETERMINAZIONE CORRETTA”).<br />

Plafond utilizzato nel mese di marzo 2007<br />

Plafond Disponibile: Euro 100.000<br />

189


UTILIZZI<br />

Fattura del 10.03.2007<br />

Fattura del 22.03.2007<br />

N.C. del 31.03.2007<br />

Tot. Plafond<br />

utilizzato<br />

Plafond residuo<br />

Come si evince dalla tabella sopra riportata, la rettifica <strong>della</strong> nota di credito non<br />

comporta uno “splafonamento” nel mese di marzo, ma incide sul calcolo del<br />

plafond disponibile per i mesi successivi, in quanto, nel calcolo, si tiene <strong>con</strong>to<br />

dell’utilizzo <strong>dei</strong> mesi precedenti.<br />

DETERMINAZIONE<br />

ERRATA<br />

Euro 40.000<br />

Euro 50.000<br />

- Euro 30.000<br />

Euro 60.000<br />

Euro 40.000<br />

Pertanto, riprendendo la formula su enunciata:<br />

plafond disponibile = cessioni nei 12 mesi – progressivo utilizzo<br />

la società deve rideterminare il plafond disponibile per i mesi successivi a marzo,<br />

rettificando il valore del “progressivo utilizzo”.<br />

Partendo dal mese di aprile, la società ridetermina il plafond disponibile,<br />

tenendo <strong>con</strong>to, nel calcolo degli utilizzi <strong>dei</strong> dodici mesi precedenti, del valore di<br />

90mila euro, relativo all’utilizzo di marzo, anziché del valore di 60mila<br />

indicato nella colonna determinazione errata.<br />

A titolo esemplificativo, si riportano i valori rideterminati, come da esempio sopra<br />

riportato, per i soli mesi da aprile a giugno 2007.<br />

190<br />

DETERMINAZIONE<br />

CORRETTA<br />

Euro 40.000<br />

Euro 50.000<br />

Euro 0<br />

Euro 90.000<br />

Euro 10.000


Superamento<br />

del plafond:<br />

Plafond utilizzato nei mesi successivi a marzo 2007<br />

Aprile 2007<br />

E’ utile sottolineare che, come si evince dalla lettura <strong>della</strong> precedente tabella, lo<br />

“splafonamento” non sia una <strong>con</strong>seguenza certa del ricalcolo del limite utilizzabile.<br />

La Società, infatti, potrebbe non commettere alcuna irregolarità in presenza<br />

di una quota disponibile che sia maggiore del valore utilizzato, come<br />

avviene nel mese di maggio.<br />

191<br />

*****<br />

Analizziamo ora come si deve e si può procedere nel caso in cui, come visto<br />

nell’esempio sopra riportato, la società determini erroneamente il calcolo del<br />

plafond <strong>con</strong> <strong>con</strong>seguente splafonamento.<br />

DETERMINAZIONE<br />

ERRATA<br />

DETERMINAZIONE<br />

CORRETTA<br />

Plafond disponibile Euro 120.000 Euro 90.000<br />

Plafond utilizzato Euro 110.000 Euro 110.000<br />

Quota residua Euro 10.000 - Euro 20.000<br />

Maggio 2007<br />

Plafond disponibile Euro 130.000 Euro 100.000<br />

Plafond utilizzato Euro 90.000 Euro 90.000<br />

Quota residua Euro 40.000 Euro 10.000<br />

Giugno 2007<br />

Plafond disponibile Euro 120.000 Euro 90.000<br />

Plafond utilizzato Euro 120.000 Euro 120.000<br />

Quota residua<br />

Euro<br />

0<br />

- Euro 30.000<br />

TOTALE SPLAFONAMENTO:<br />

Euro 50.000<br />

Iva relativa (20%):<br />

Euro 10.000


L’utilizzo del plafond oltre l’ammontare disponibile è punito <strong>con</strong> una sanzione<br />

dal 100% al 200% dell’imposta.<br />

È ammessa, però, la regolarizzazione dell’errore utilizzando la procedura del<br />

ravvedimento operoso.<br />

Per la regolarizzazione non è più necessario coinvolgere il cedente o prestatore<br />

attraverso la richiesta dell’emissione di una nota di addebito, essendo sufficiente<br />

provvedere all’emissione di una autofattura ed al versamento dell’imposta<br />

relativa agli acquisti, maggiorata degli interessi e <strong>della</strong> sanzione ridotta.<br />

In tale ipotesi alternativa:<br />

RICORDA<br />

l’autofattura (C.M. 17.05.2000, n. 98/E) dovrà essere emessa in<br />

duplice copia ed annotata nel solo registro degli acquisti;<br />

la regolarizzazione dovrà essere effettuata entro il termine di<br />

presentazione <strong>della</strong> dichiarazione annuale.<br />

Con un recente pronunciamento, l’Agenzia delle Dogane ha chiarito che non è<br />

possibile la regolarizzazione gratuita in caso di denuncia spontanea e<br />

di richiesta di revisione dell’accertamento (ai sensi dell’art. 20, c. 4 L. N.<br />

449/1997), poiché è sempre necessario ricorrere alla procedura del<br />

ravvedimento operoso.<br />

192


- procedura<br />

<strong>con</strong>sigliata<br />

EMISSIONE DI<br />

AUTOFATTURA<br />

IN DUPLICE<br />

ESEMPLARE<br />

VERSAMENTO<br />

ALL’ERARIO<br />

ANNOTAZIONE<br />

AUTOFATTURA<br />

OBBLIGHI<br />

INFORMATIVI<br />

RICHIESTA DI<br />

VARIAZIONE AL<br />

FORNITORE<br />

PROCEDURA CONSIGLIATA<br />

Contenente:<br />

- estremi del fornitore;<br />

- n. di protocollo <strong>della</strong> fattura<br />

ricevuta;<br />

- ammontare eccedente il<br />

plafond disponibile;<br />

- imposta dovuta.<br />

IVA dovuta<br />

+<br />

Sanzione ridotta nella misura<br />

di 1/5 del minimo (100%) e,<br />

quindi, pari al 20%<br />

+<br />

Interessi legali maturati<br />

giorno per giorno, dalla data<br />

<strong>della</strong> violazione.<br />

Nel registro acquisti.<br />

193<br />

L’autofattura deve essere emessa entro il<br />

termine di presentazione <strong>della</strong> denuncia<br />

annuale IVA relativa all’anno oggetto <strong>della</strong><br />

violazione.<br />

Un esemplare dell’autofattura deve essere<br />

presentata all’Ufficio IVA competente.<br />

Versamento:<br />

• Imposta<br />

Codice-tributo del<br />

mese in cui è<br />

• Interessi<br />

avvenuta la<br />

violazione + cod.<br />

legali<br />

interessi 1991<br />

• Sanzione<br />

In alternativa, è possibile evidenziare<br />

il maggior debito IVA in sede di<br />

liquidazione periodica e versare<br />

l’imposta e gli interessi<br />

cumulativamente <strong>con</strong> il debito del<br />

periodo.<br />

Ai fini dell’esercizio del diritto alla<br />

detrazione IVA.<br />

Non sussiste alcun obbligo di informare il fornitore dell’avvenuta<br />

regolarizzazione.<br />

Per rimuovere l’irregolarità il<br />

<strong>con</strong>tribuente può, in<br />

alternativa, chiedere al<br />

fornitore l’emissione di una<br />

nota di variazione di sola<br />

imposta (Art. 26, D.P.R. n.<br />

633/1972).<br />

Versamento:<br />

• Imposta<br />

Codice-tributo<br />

8904.<br />

• Interessi legali e<br />

sanzione ridotta<br />

Con<br />

modello<br />

F24<br />

Al fornitore<br />

Con modello<br />

F24


sanzione<br />

prevista<br />

- ufficio<br />

competente ad<br />

irrogare la<br />

sanzione<br />

- versamenti<br />

SANZIONE<br />

(art. 7, c. 4,<br />

D. Lgs. n. 471/1997;<br />

C.M. 23/1999, p. 3.4)<br />

UFFICIO<br />

COMPETENTE AD<br />

IRROGARE LA<br />

SANZIONE<br />

(nota 3821/98,<br />

Dipartimento Dogane)<br />

VERSAMENTI<br />

(C.M. 23/1999, p. 3.4)<br />

Chi, in mancanza <strong>dei</strong> presupposti normativi,<br />

dichiara all’altro <strong>con</strong>tribuente di volersi<br />

avvalere <strong>della</strong> facoltà di acquistare o importare<br />

beni e servizi senza pagamento dell’imposta, è<br />

punito <strong>con</strong> la sanzione dal 100 al 200%<br />

dell’imposta.<br />

La stessa sanzione si applica a chi si avvale dalla suddetta facoltà<br />

oltre il limite <strong>con</strong>sentito dal proprio plafond.<br />

• Utilizzo improprio<br />

del plafond per:<br />

− mancanza;<br />

− incapienza.<br />

Se il plafond è stato impiegato per effettuare:<br />

- acquisti di merce nazionale o nazionalizzata → la competenza<br />

spetta agli Uffici IVA;<br />

- importazioni senza versamento dell’imposta → la competenza<br />

spetta alla Dogana;<br />

- acquisti di merci nazionali o nazionalizzate e, inoltre, anche per<br />

effettuare importazioni → il processo verbale di <strong>con</strong>statazione<br />

dovrà essere inviato dal competente Ufficio delle Entrate per il<br />

recupero dell’imposta inerente ai trasferimenti effettuati in<br />

Italia;<br />

- l’IVA relativa alle importazioni dovrà essere riscossa<br />

direttamente dalla Dogana.<br />

Importazioni<br />

tramite Dogane<br />

diverse<br />

194<br />

• Lettera di intento ad<br />

operatore interno.<br />

• Lettera di intento ad<br />

ufficio doganale.<br />

Art. 2, c. 2,<br />

Legge n.<br />

28/1997<br />

Art. 7,<br />

D. Lgs. n.<br />

471/1997<br />

La competenza ad irrogare la sanzione<br />

spetterà all’Ufficio che ha accertato<br />

l’irregolarità.<br />

I cessionari, committenti o importatori, che hanno commesso le<br />

violazioni suddette, oltre alla sanzione, sono tenuti, in via esclusiva,<br />

al pagamento dell’IVA che avrebbe dovuto essere addebitata nei loro<br />

<strong>con</strong>fronti.


- natura dell’IVA<br />

all’importazione<br />

- versamento<br />

effettuato ad ufficio<br />

competente<br />

NATURA DELL’IVA<br />

ALL’IMPORTAZIONE<br />

(Cass. Trib. 18/05/2001,<br />

8/10/2001, n. 12333)<br />

VERSAMENTO<br />

EFFETTUATO AD<br />

UFFICIO<br />

COMPETENTE<br />

(Cass. Trib. 18/05/2001,<br />

8/10/2001, n. 12333)<br />

• L’imposta sulle importazioni è ri<strong>con</strong>ducibile nel novero <strong>dei</strong> diritti<br />

di <strong>con</strong>fine (Art. 43, comma 2, D.P.R. n. 43/1973).<br />

• Pertanto, la competenza relativa alla riscossione, anche in caso<br />

di splafonamento, spetta agli uffici doganali.<br />

Nota bene<br />

Tale tesi, sia pure accolta dalla prevalente dottrina, non trova<br />

analoga <strong>con</strong>ferma a livello europeo: infatti, la Corte di Giustizia<br />

(sentenza 25.02.1988, n. C-299/86) ha sostenuto, invece, che<br />

l’IVA all’importazione non possa essere <strong>con</strong>siderata una tassa ad<br />

effetto equivalente di carattere doganale, ma un vero e proprio<br />

tributo nazionale, riscosso <strong>con</strong>testualmente <strong>con</strong> i diritti di <strong>con</strong>fine.<br />

• Accettata l’interpretazione che <strong>con</strong>ferisce competenza, in tema<br />

di IVA all’importazione, alle Dogane, ne deriva che eventuali<br />

versamenti per ravvedimento operoso, derivanti da<br />

splafonamento per acquisti in Dogana, debbano essere<br />

regolarizzati <strong>con</strong> versamenti del tributo, sanzioni ed interessi<br />

agli stessi uffici doganali.<br />

• Eventuali versamenti effettuati direttamente all’Erario,<br />

utilizzando il codice usuale dell’imposta sul valore aggiunto,<br />

acquisis<strong>con</strong>o, comunque, massimo valore assolutorio nei<br />

<strong>con</strong>fronti del <strong>con</strong>tribuente (Art. 13, comma 3, D. Lgs. n.<br />

471/1997).<br />

195


- procedura di<br />

revisione<br />

dell’accertamento<br />

doganale su istanza<br />

di parte<br />

PROCEDURA DI<br />

REVISIONE<br />

DELL’ACCERTAMENTO<br />

DOGANALE SU<br />

ISTANZA DI PARTE<br />

• L’art. 11 del D. Lgs. 374/1990 prevede che la Dogana, dopo che<br />

l’accertamento sia divenuto definitivo, possa effettuare (di<br />

propria iniziativa o dietro istanza dell’interessato) un ulteriore<br />

<strong>con</strong>trollo sulle procedure effettuate, addivenendo alla rettifica,<br />

oppure alla <strong>con</strong>ferma, <strong>dei</strong> diritti in precedenza accertati.<br />

• Qualora la revisione sia richiesta spontaneamente<br />

dall’interessato, senza che, nel frattempo, siano iniziati <strong>con</strong>trolli<br />

o ispezioni da parte degli organi competenti, non si fa luogo<br />

all’applicazione di sanzioni, ai sensi dell’art. 20, c. 4 L. n.<br />

449/1997.<br />

Il Dipartimento delle Dogane aveva<br />

ritenuto applicabile la procedura di<br />

revisione dell’accertamento anche<br />

al caso di splafonamento del<br />

<strong>con</strong>tribuente <strong>con</strong> lettera di intento<br />

presentata in Dogana, <strong>con</strong>sentendo<br />

la regolarizzazione gratuita su<br />

istanza di parte.<br />

• A seguito di istanza del Secit, <strong>con</strong> parere avallato<br />

dall’Avvocatura Generale di Stato, l’Agenzia delle Dogane ha<br />

modificato il proprio parere in merito alla questione, ritenendo<br />

non applicabile l’istituto <strong>della</strong> revisione<br />

dell’accertamento al caso dello splafonamento (trattasi,<br />

infatti, di vera e propria rettifica in merito allo status di<br />

esportatore abituale e non di mera revisione, come richiesto<br />

dalla norma).<br />

• In tutti i casi di autodenuncia di avvenuto utilizzo del plafond,<br />

oltre i limiti <strong>con</strong>sentiti, si rende applicabile l’istituto del<br />

ravvedimento operoso (art. 13, D. Lgs. n. 472/97).<br />

196<br />

• Precedente posizione, più<br />

favorevole al <strong>con</strong>tribuente<br />

fino al 27.12.2001.<br />

C.M. prot. 24/09/1999,<br />

n. 3405/4328<br />

(Nuova posizione restrittiva dal 27.12.2001,<br />

Nota Agenzia Dogane prot. 102985/IV del 27.12.2001)


- rimedi<br />

- fattura integrativa<br />

RIMEDI<br />

(C.M. 12.06.2002,<br />

n. 50/E, par. 24.2,<br />

risposta 3)<br />

SOGGETTI<br />

MODALITA’<br />

PAGAMENTO<br />

SANZIONI E<br />

INTERESSI<br />

• Per rimuovere la irregolarità il <strong>con</strong>tribuente può percorrere 2 vie<br />

alternative:<br />

- richiedere al fornitore l’emissione di una nota di variazione di<br />

sola imposta, emessa ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. n.<br />

633/1972.<br />

In tal caso, l’imposta addebitata per rivalsa (e corrisposta)<br />

al fornitore sarà detraibile se<strong>con</strong>do le regole ordinarie del<br />

D.P.R. 633/1972.<br />

197<br />

Modalità<br />

“A”<br />

Modalità<br />

FATTURA INTEGRATIVA<br />

(Cass. 16/02/1998, n. 1648; R.M. n. 355451 del 3/10/1985;<br />

C.M. n. 192/E/1998, p. 2.3.1)<br />

“B”<br />

Versamento <strong>con</strong><br />

modello F24<br />

Inserimento del<br />

debito<br />

in liquidazione<br />

periodica.<br />

La Corte di Cassazione ritiene che il fornitore sia obbligato ad intervenire nel<br />

processo di regolarizzazione <strong>della</strong> sanzione.<br />

• Il fornitore emette fattura integrativa per la sola IVA (Art. 26, D.P.R. n.<br />

633/1972).<br />

- provvedere ad emettere<br />

una autofattura senza<br />

coinvolgimento del<br />

fornitore.<br />

C.M. n. 54/E del 19/06/2002<br />

L’imposta assolta dal <strong>con</strong>tribuente<br />

a seguito di superamento del<br />

plafond è detraibile, in quanto<br />

costituisce IVA gravante su una<br />

importazione<br />

<strong>con</strong>tribuente.<br />

regolarizzata dal<br />

• Il cliente deve versare, entro il termine di presentazione <strong>della</strong><br />

dichiarazione, la sanzione ridotta (20%), nonché gli interessi moratori<br />

calcolati al tasso legale, <strong>con</strong> maturazione giorno per giorno.<br />

• Telematicamente.<br />

Il versamento<br />

dell’imposta all’Erario,<br />

maggiorata <strong>dei</strong> relativi<br />

interessi, può avvenire<br />

in 2 modalità:<br />

Modello F24 per interessi e sanzioni.


- autofattura <strong>con</strong><br />

versamento diretto<br />

AUTOFATTURA CON VERSAMENTO DIRETTO:<br />

MODALITA’ “A”<br />

(Nota M. F. n. 39186 del 10/03/1999; C.M. n. 98/E del 17/05/2000, par. 8.2.3; C.M. n.<br />

SOGGETTI<br />

DOCUMENTI<br />

VERSAMENTI<br />

PAGAMENTO<br />

DEL TRIBUTO<br />

PAGAMENTO<br />

DELLA<br />

SANZIONE<br />

50/E del 12/06/2002, par. 24.2, risposta 3)<br />

Il Ministero delle Finanze, in <strong>con</strong>formità ai principi ispiratori <strong>della</strong> riforma delle<br />

sanzioni, ha individuato nel solo acquirente, autore <strong>della</strong> violazione, il soggetto<br />

tenuto alla regolarizzazione.<br />

L’acquirente emette autofattura in duplice esemplare <strong>con</strong>tenente:<br />

gli estremi identificativi di ciascun fornitore;<br />

il numero progressivo di protocollo delle fatture ricevute;<br />

l’ammontare eccedente il plafond;<br />

l’imposta che avrebbe dovuto essere applicata.<br />

L’acquirente annota l’autofattura nel solo registro acquisti in quanto<br />

l’operazione diviene acquisto imponibile a tutti gli effetti.<br />

L’acquirente indica:<br />

l’imposta versata nel rigo VE24;<br />

l’imposta <strong>con</strong> gli interessi nel rigo VL29;<br />

i soli interessi nel rigo VL25.<br />

L’acquirente presenta un esemplare dell’autofattura al locale Ufficio<br />

delle Entrate.<br />

Il pagamento <strong>della</strong> sanzione ridotta deve essere eseguito <strong>con</strong>testualmente alla<br />

regolarizzazione del pagamento del tributo o <strong>della</strong> differenza, nonché al<br />

pagamento degli interessi moratori calcolati al tasso legale, <strong>con</strong> maturazione<br />

giorno per giorno.<br />

Il pagamento del tributo e <strong>dei</strong> relativi interessi moratori è eseguito, di regola,<br />

utilizzando la stessa modulistica prevista per il versamento <strong>dei</strong> tributi stessi<br />

(Modello F24).<br />

Interessi<br />

moratori<br />

• Telematicamente.<br />

198<br />

In ogni caso, la somma dovuta a titolo di interessi<br />

moratori al tasso legale è versata cumulativamente al<br />

tributo.<br />

Modello F24 Codice 8904.


- autofattura <strong>con</strong><br />

inserimento del<br />

debito in<br />

liquidazione<br />

periodica<br />

- regolarizzazione<br />

<strong>con</strong> autofattura:<br />

esempio<br />

AUTOFATTURA CON INSERIMENTO DEL DEBITO IN LIQUIDAZIONE PERIODICA<br />

MODALITA’ “B”<br />

(C.M. n. 50/E del 12/06/2002, par. 24.2, risposta 3)<br />

SOGGETTI Unico soggetto responsabile coinvolto è l’acquirente.<br />

DOCUMENTI<br />

PAGAMENTO<br />

DEL TRIBUTO<br />

PAGAMENTO<br />

DELLA<br />

SANZIONE<br />

PLAFOND al<br />

29.04.2007<br />

SUPERAMENTO<br />

PLAFOND<br />

• È emessa autofattura in duplice esemplare (come nel caso precedente).<br />

• L’autofattura deve essere annotata solo nel registro acquisti.<br />

• Un esemplare dell’autofattura deve essere presentata al locale Ufficio<br />

dell’Agenzia delle Entrate.<br />

• L’imposta dovuta, maggiorata degli interessi moratori, non è<br />

autonomamente versata: l’importo complessivo (imposta + interessi),<br />

infatti, deve essere <strong>con</strong>teggiato a debito nella liquidazione periodica del<br />

periodo in cui è stata effettuata la regolarizzazione.<br />

• L’importo in detrazione derivante dalla registrazione dell’autofattura sul<br />

registro acquisti è annullato (tranne che per l’importo degli interessi) dal<br />

corrispondente importo a debito inserito in liquidazione periodica.<br />

• Telematicamente.<br />

REGOLARIZZAZIONE CON AUTOFATTURA: ESEMPIO<br />

La società Real S.r.l., <strong>con</strong>tribuente IVA mensile, alla data del 29.04.2007<br />

presenta la seguente situazione:<br />

- plafond disponibile: € 70.000;<br />

- plafond utilizzato: € 70.000.<br />

Il 30.04.2005, la società acquista beni senza applicazione dell’imposta dal<br />

fornitore Delta Spa per:<br />

€ 2.000 (superamento plafond) * 20%(IVA) = € 400 (IVA non addebitata)<br />

La società intende regolarizzare la violazione commessa entro il termine di<br />

presentazione <strong>della</strong> dichiarazione, versando il 16.06.2005 l’imposta, gli<br />

interessi e la sanzione.<br />

SANZIONE PECUNIARIA:<br />

€ 400 (IVA dovuta) * 20% (Sanzione) = € 80.<br />

Nel caso in cui si dovesse giungere ad una cifra decimale, si applicano le<br />

ordinarie regole di arrotondamento sui centesimi (C.M. n. 106/E del<br />

21.12.2001).<br />

INTERESSI LEGALI:<br />

Calcolati dal 16.05.2007 al 16.06.2007, al tasso legale del 2,5%, per 31<br />

giorni:<br />

€ (400 * 2,5 * 31)/36.500 = € 0,85.<br />

199<br />

Modello F24 Codice 8904.


MODALITA’ ALTERNATIVE DI VERSAMENTO DELLE SOMME DOVUTE<br />

MODELLO F24:<br />

Modalità “A”<br />

LIQUIDAZIONE<br />

IVA<br />

PERIODICA<br />

Modalità “B”<br />

Il <strong>con</strong>tribuente deve versare le somme dovute per imposta, interessi e sanzioni<br />

utilizzando il Mod. F24, <strong>con</strong> l’indicazione del codice IVA relativo al mese o<br />

trimestre nel corso del quale è avvenuta la violazione (nell’esempio: 6004).<br />

Alternativamente alla possibilità di versare immediatamente l’imposta<br />

maggiorata degli interessi, è <strong>con</strong>sentito inserire tale importo (imposta +<br />

interessi) nella liquidazione periodica IVA quale importo a debito.<br />

Esempio:<br />

Mese di maggio liquidazione IVA:<br />

- IVA a debito (esigibile): + 800,00<br />

- IVA a credito (detraibile), comprensiva di<br />

€ 400,00 derivanti da registrazione <strong>della</strong><br />

Autofattura: - 900,00<br />

- Maggiorazione per ravvedimento su<br />

splafonamento: + 400,85<br />

- IVA a debito da versare <strong>con</strong> F24 Codice 6005 + 300,00<br />

- interessi da versare <strong>con</strong> F24 codice 1991 + 0,85<br />

200


ESEMPIO DI AUTOFATTURA EMESSA PER REGOLARIZZARE ACQUISTI EFFETTUATI<br />

SENZA IMPOSTA OLTRE IL LIMITE DEL PLAFOND<br />

(art. 13, D. Lgs. n. 471/1997, C.M. n. 98/E del 17.05.2000 e<br />

C.M. n. 50/E del 12.06.2002, par. 24.2)<br />

Emittente Cognome e nome, ragione<br />

sociale<br />

Real Srl<br />

o denominaz.<br />

Domicilio fiscale<br />

Via e numero civico<br />

Via Duca D’Aosta, 3<br />

C.a.p. comune provincia<br />

74100 Taranto<br />

Capitale sociale: € 30.000,00, interamente<br />

versato<br />

Partita IVA n. 00259888451<br />

Codice fiscale n. 00259888451<br />

Registro Imprese di Taranto n. 00259888451<br />

Rea CCIAA di Taranto 54321 Autofattura n. 123 del 31.05.2007<br />

Unità di<br />

misura<br />

Descrizione Quantità<br />

Autofattura emessa per sanare la<br />

violazione <strong>con</strong>seguente<br />

all’effettuazione degli acquisti in<br />

regime di non imponibilità, oltre il<br />

limite <strong>con</strong>sentito.<br />

Si integra:<br />

• fattura emessa dalla Società Delta<br />

Spa del 30.04.2007, n. 100, prot. reg.<br />

n. 3221/2007: ammontare eccedente<br />

plafond € 2.000, imposta dovuta €<br />

400.<br />

201<br />

Prezzo<br />

unitario<br />

Codice<br />

IVA<br />

Importo<br />

1) Imponibile …% 2) Imponibile …% 3) Imponibile …% Totale A (1+2+3)<br />

4) IVA 20%<br />

5) IVA …% 6) IVA …%<br />

Totale B (4+5+6)<br />

€ 400,00<br />

€ 400,00<br />

7) Non imponibile 8) Esente 9) Escluso Totale C (7+8+9)<br />

Nota bene<br />

L’autofattura dovrà essere emessa in duplice esemplare:<br />

- una copia è <strong>con</strong>servata dall’emittente ed annotata nel proprio registro degli acquisti;<br />

- l’altra copia è presentata al competente Ufficio delle Entrate .<br />

Totale fattura<br />

(A+B+C)<br />

€ 400,00<br />

(S.E. & O.)


AUTOFATTURA PER REGOLARIZZAZIONE SUPERAMENTO PLAFOND<br />

P C II 4bis<br />

P D 7<br />

E B 14<br />

E C 17<br />

P D 7<br />

P C IV 1<br />

(MODALITA’ “A”):<br />

SCRITTURE CONTABILI<br />

IVA C/ACQUISTI a FORNITORI<br />

Emessa autofattura per superamento<br />

plafond IVA.<br />

DIVERSI a BANCA C/C<br />

FORNITORI<br />

SANZIONI TRIBUTARIE<br />

(NON DEDUCIBILI)<br />

INTERESSI PASSIVI VARI<br />

(INDEDUCIBILI)<br />

Versamento importo ravvedimento operoso<br />

per superamento plafond.<br />

202<br />

31.05<br />

16.06<br />

400,00<br />

80,00<br />

0,85<br />

400,00<br />

480,85


AUTOFATTURA PER REGOLARIZZAZIONE SUPERAMENTO PLAFOND<br />

P C II 4bis<br />

P D 12<br />

P D 12<br />

P D 7<br />

E C 17<br />

P D 12<br />

E B 14<br />

P D 7<br />

P C II 4bis<br />

P D 12<br />

P D 12<br />

P C IV 1<br />

P C IV 1<br />

(MODALITA’ “B”):<br />

SCRITTURE CONTABILI<br />

IVA C/ACQUISTI a FORNITORI<br />

Emessa autofattura per superamento plafond<br />

IVA.<br />

ERARIO C/IVA a IVA C/ACQUISTI<br />

FORNITORI<br />

Liquidazione IVA mensile periodo 05/2005.<br />

IVA C/VENDITE a ERARIO C/IVA<br />

Liquidazione IVA mensile periodo 05/2005.<br />

DIVERSI a ERARIO C/IVA<br />

FORNITORI<br />

INTERESSI PASSIVI VARI<br />

Ravvedimento IVA per superamento plafond<br />

(imposta e interessi).<br />

ERARIO C/IVA a BANCA C/C<br />

Versamento<br />

05/2005.<br />

debito liquidazione periodo<br />

SANZIONI TRIBUTARIE a BANCA<br />

C/C<br />

Versamento<br />

plafond.<br />

sanzione per superamento<br />

203<br />

31.05<br />

31.05<br />

31.05<br />

16.06<br />

16.06<br />

16.06<br />

400,00<br />

0,85<br />

400,00<br />

900,00<br />

800,00<br />

400,85<br />

300,00<br />

0.85<br />

80,00


REGOLARIZZAZIONE CON NOTA DI VARIAZIONE DI SOLA IVA<br />

La società acquirente, in alternativa all’emissione dell’autofattura, può richiedere, alla<br />

società cedente, l’emissione di una nota di variazione recante l’addebito dell’IVA, al fine di<br />

regolarizzare l’operazione.<br />

Lettera di richiesta di fattura integrativa per superamento plafond<br />

Real Srl<br />

Via Duca D’Aosta, 3 – 74100<br />

C.F. e P. IVA n. 00259888451<br />

Reg. Imprese di MN n. 00259888451 - Rea CCIAA di TA 54321<br />

Taranto, 20.05.2007<br />

Oggetto: Superamento plafond.<br />

204<br />

Spett.<br />

Delta S.p.a.<br />

Via Bassano del Grappa, 15<br />

74100 Taranto<br />

In seguito al superamento del plafond disponibile, Vi chiediamo di emettere nei nostri<br />

<strong>con</strong>fronti nota di variazione, recante l’addebito dell’IVA, precedentemente omessa, pari a € 400, in<br />

relazione alla Vs. fattura del 30.04.2005, n. 123, al fine di procedere, da parte nostra, alla<br />

regolarizzazione di detta operazione.<br />

p. Real S.r.l.<br />

Distinti saluti. Firma ..................................


Emittente<br />

Domicilio fiscale<br />

ESEMPIO DI FATTURA INTEGRATIVA<br />

Cognome e nome, ragione<br />

sociale o denominaz.<br />

Delta Spa<br />

Via e numero civico<br />

Via Bassano del<br />

Grappa, 15<br />

C.a.p. comune provincia<br />

74100 Taranto<br />

Capitale sociale: € 300.000,00, interamente<br />

versato<br />

205<br />

Committente<br />

Spett.le<br />

Real Srl<br />

Via e numero civico<br />

Via Duca D’Aosta, 3<br />

Partita IVA n. 00584586223 Domicilio fiscale C.a.p. comune<br />

provincia<br />

74100 Taranto<br />

Codice fiscale n. 00584586223 C.F. e P. IVA n. 00259888451<br />

Registro Imprese di Taranto n. 00584586223 Registro Imprese di Taranto n. 00259888451<br />

Rea CCIAA di Taranto 54421<br />

Fattura n. 130 del 31.05.2007<br />

Descrizione Quantità<br />

Rea CCIAA di Taranto n. 54321<br />

Prezzo<br />

unitario<br />

Integrazione, per la sola IVA, <strong>della</strong> fattura emessa<br />

in data 30.04.2007, n. 123 come da Vs. richiesta<br />

del 20.05.2007, in seguito al superamento del<br />

plafond disponibile:<br />

Imponibile senza copertura di plafond e,<br />

quindi, da assoggettare ad IVA, pari a E<br />

2.000,00<br />

0 0<br />

1) Imponibile 20%<br />

0<br />

2) Imponibile …% 3) Imponibile …%<br />

4) IVA 20%<br />

€ 400,00<br />

5) IVA …% 6) IVA …%<br />

Importo<br />

Totale A (1+2+3)<br />

Totale B (4+5+6)<br />

0<br />

0<br />

€ 400,00<br />

7) Non imponibile 8) Esente 9) Escluso Totale C (7+8+9)<br />

1-2-3) Operazione imponibile<br />

7) Operazione non imponibile ai sensi dell'art. ......<br />

8) Operazione esente ai sensi dell'art. ......<br />

9) Operazione esclusa ai sensi dell'art. .....<br />

D.P.R. 26.10.1972 n. 633<br />

Totale Complessivo<br />

(A+B+C)<br />

€ 400,00<br />

(S.E. & O.)


P C II 4bis<br />

P D 7<br />

E B 14<br />

E C 17<br />

FATTURA INTEGRATIVA PER SUPERAMENTO PLAFOND:<br />

P D 7<br />

P C IV 1<br />

P C IV 1<br />

SCRITTURE CONTABILI<br />

IVA C/ACQUISTI a FORNITORI<br />

Ricevuta fattura integrativa dal fornitore<br />

Delta Spa<br />

FORNITORI a BANCA C/C<br />

Pagamento fattura integrativa n. 130 del<br />

31.05.2007.<br />

DIVERSI a BANCA C/C<br />

SANZIONI TRIBUTARIE<br />

INTERESSI PASSIVI VARI<br />

Versamento di sanzioni e interessi per<br />

superamento plafond.<br />

206<br />

31.05<br />

31.05<br />

16.06<br />

80,00<br />

0,85<br />

400,00<br />

400,00<br />

80,85


I DEPOSITI IVA: ASPETTI CONTABILI<br />

Premessa<br />

Definizione<br />

Con l’istituzione <strong>dei</strong> depositi fiscali, denominati anche “Depositi IVA”, il<br />

legislatore ha introdotto una sorta di regime di sospensione d'imposta, senza<br />

pagamento dell'IVA, a favore di coloro che introdu<strong>con</strong>o, custodis<strong>con</strong>o e<br />

gestis<strong>con</strong>o beni nazionali e comunitari in questi depositi. L'imposta sarà<br />

applicata solo al momento dell'estrazione <strong>dei</strong> beni dal deposito IVA. La<br />

<strong>disciplina</strong> <strong>dei</strong> depositi IVA è <strong>con</strong>tenuta nell'art. 50-bis, D.L. n. 331/93,<br />

introdotto dalla Legge n. 28/97, e nel regolamento attuativo approvato <strong>con</strong><br />

Decreto Ministeriale n. 419/97.<br />

Nella presente circolare cercheremo di descrivere, in modo pratico ed operativo,<br />

gli adempimenti da seguire per il corretto utilizzo <strong>dei</strong> depositi IVA.<br />

La gestione <strong>dei</strong> depositi IVA permette di semplificare gli adempimenti<br />

<strong>con</strong>tabili nell’ipotesi di una pluralità di cessioni in sequenza <strong>dei</strong> beni ad acquirenti<br />

diversi, <strong>con</strong> particolare riferimento alle triangolazioni comunitarie ed<br />

internazionali.<br />

Si evidenzia preliminarmente che, ai sensi dell’art. 50-bis, DL 331/93 e del DM<br />

419/97, i depositi IVA sono:<br />

speciali depositi fiscali costituiti da luoghi fisici (i depositi “virtuali” non<br />

costituis<strong>con</strong>o pertanto depositi IVA);<br />

OSSERVA<br />

Con la circolare n. 16/D del 28/04/06, l'Agenzia delle Dogane ha<br />

chiarito che:<br />

“...i beni devono essere materialmente introdotti nel deposito... non<br />

essendo sufficiente la mera presa in carico documentale degli stessi<br />

nell'apposito registro.... Non v'è dubbio che.....il deposito Iva<br />

...deve assolvere le funzioni di stoccaggio e di custodia <strong>dei</strong> beni<br />

introdotti: non è pertanto ammissibile alcun forma di deposito<br />

"virtuale".”<br />

207


Tipologie di<br />

depositi<br />

Operazioni in<br />

sospensione di<br />

imposta<br />

depositi dove vengono custoditi beni nazionali o comunitari o anche<br />

beni di provenienza extra-comunitaria, una volta espletate le formalità<br />

doganali di immissione in libera pratica nel territorio nazionale;<br />

depositi di beni non destinati ad essere ceduti al minuto all’interno del<br />

deposito stesso.<br />

RICORDA<br />

Qualora i beni dovessero essere ceduti al minuto nei <strong>con</strong>fronti di privati<br />

<strong>con</strong>sumatori sarà necessario procedere preliminarmente all’estrazione<br />

<strong>dei</strong> beni dal deposito.<br />

I depositi IVA possono anche <strong>con</strong>tenere beni trattati nelle Borse<br />

merci, anche qualora questi siano oggetto di cessioni interne. Per<br />

un’elencazione di tali beni si rimanda alla tabella A-bis allegata al DL<br />

331/93.<br />

I depositi Iva si possono distinguere in:<br />

TIPOLOGIA DESCRIZIONE<br />

Depositi in <strong>con</strong>to<br />

proprio<br />

Depositi in <strong>con</strong>to<br />

terzi<br />

Colui che gestisce il deposito è anche destinatario <strong>dei</strong> beni in<br />

esso <strong>con</strong>tenuti. Si tratta quindi del soggetto che provvederà<br />

all’estrazione <strong>dei</strong> beni dal deposito.<br />

E’ anche noto come <strong>con</strong>tratto di “<strong>con</strong>signment stock”<br />

(Risoluzione Ministeriale n.58/E/2005; Risoluzione Ministeriale n.<br />

44/E/2000).<br />

Colui che gestisce il deposito è soggetto diverso dal<br />

destinatario <strong>dei</strong> beni in esso custoditi.<br />

Ai sensi dell’art. 50-bis, c. 4, D.L. n. 331/93, le seguenti operazioni relative ai<br />

depositi IVA sono effettuate senza pagamento dell’imposta:<br />

gli acquisti intracomunitari di beni eseguiti mediante introduzione in un<br />

deposito IVA;<br />

le operazioni di immissione in libera pratica di beni non comunitari<br />

destinati ad essere introdotti in un deposito IVA;<br />

208


le cessioni di beni, nei <strong>con</strong>fronti di soggetti identificati in altro Stato<br />

membro <strong>della</strong> Comunità europea, eseguite mediante introduzione in un<br />

deposito IVA;<br />

le cessioni <strong>dei</strong> beni elencati nella tabella A-bis allegata al presente<br />

decreto, eseguite mediante introduzione in un deposito IVA, effettuate<br />

nei <strong>con</strong>fronti di soggetti diversi da quelli indicati nella lettera c);<br />

le cessioni di beni custoditi in un deposito IVA;<br />

le cessioni intracomunitarie di beni estratti da un deposito IVA <strong>con</strong><br />

spedizione in un altro Stato membro <strong>della</strong> Comunità europea, salvo che<br />

si tratti di cessioni intracomunitarie soggette ad imposta nel territorio<br />

dello Stato;<br />

le cessioni di beni estratti da un deposito IVA <strong>con</strong> trasporto o<br />

spedizione fuori del territorio <strong>della</strong> Comunità europea;<br />

le prestazioni di servizi, comprese le operazioni di perfezionamento e le<br />

manipolazioni usuali, relative a beni custoditi in un deposito IVA, anche se<br />

materialmente eseguite non nel deposito stesso ma nei locali limitrofi<br />

sempreché, in tal caso, le suddette operazioni siano di durata non<br />

superiore a sessanta giorni;<br />

il trasferimento <strong>dei</strong> beni in altro deposito IVA.<br />

Da quanto sopra si può desumere, in particolare, che sono effettuate senza<br />

pagamento dell'IVA, mediante l'introduzione <strong>dei</strong> beni in un deposito IVA, le<br />

seguenti operazioni:<br />

o cessioni intracomunitarie;<br />

o acquisti intracomunitari;<br />

o immissioni in libera pratica;<br />

o cessioni di beni di cui alla Tab. A-bis.<br />

209


Introduzione <strong>dei</strong><br />

beni nel deposito<br />

Cessioni<br />

intracomunitarie<br />

Acquisti<br />

intracomunitari<br />

Vediamo in dettaglio, <strong>con</strong> degli esempi, quali sono i risvolti pratici dell’utilizzo <strong>dei</strong><br />

Depositi Iva.<br />

Supponiamo che l’impresa italiana Valentini intenda cedere <strong>dei</strong> beni all’impresa<br />

inglese Beta, la quale a sua volta è intenzionata a cedere in un momento<br />

successivo gli stessi beni a soggetti residenti in Italia.<br />

Anziché effettuare due distinte cessioni intracomunitarie, <strong>con</strong> <strong>con</strong>seguente<br />

spostamento fisico <strong>dei</strong> beni tra l’Italia e l’Inghilterra, l’impresa Valentini ha la<br />

possibilità di introdurre i beni in un deposito IVA situato in Italia, dal quale i<br />

beni saranno successivamente estratti per essere ceduti ai clienti finali.<br />

Le cessioni di beni effettuate nei <strong>con</strong>fronti di operatori comunitari <strong>con</strong><br />

immissione degli stessi in un deposito IVA non costituis<strong>con</strong>o, quindi, delle vere e<br />

proprie cessioni intracomunitarie in quanto i beni non vengono trasportati o<br />

spediti in un altro paese comunitario. Per l’acquirente comunitario l’acquisto è<br />

effettuato, comunque, senza applicazione dell’imposta. Il cedente non dovrà<br />

ricomprendere tali operazioni nel mod. INTRA 1-bis.<br />

In sostanza, tale operazione:<br />

per il cedente non costituisce cessione intracomunitaria (i beni rimangono<br />

fisicamente in Italia). Verrà quindi emessa fattura senza IVA ai sensi<br />

dell’art. 50-bis, D.L. n. 331/93, e non vi sarà alcun obbligo di compilazione<br />

<strong>dei</strong> modelli Intrastat;<br />

per l’acquirente intracomunitario l’operazione non costituisce acquisto<br />

intracomunitario. Non vi è, quindi, alcun obbligo di compilazione <strong>dei</strong><br />

modelli Intrastat e di versamento dell’imposta.<br />

Relativamente agli acquisti intracomunitari gli stessi sono rappresentati:<br />

dall’acquisto a titolo oneroso da parte di un operatore nazionale di beni<br />

provenienti da un paese comunitario;<br />

dall’introduzione in Italia di beni da parte di un operatore comunitario.<br />

210


Supponiamo che l’impresa italiana Valentini intenda acquistare <strong>dei</strong> beni<br />

dall’impresa Inglese Beta per poi rivenderli, in un momento successivo, ai<br />

clienti finali.<br />

L’operazione può essere attuata in modo semplificato tramite l’introduzione <strong>dei</strong><br />

beni in un deposito IVA situato in Italia.<br />

Nello specifico, il soggetto che chiede l’introduzione <strong>dei</strong> beni nel deposito è<br />

tenuto a:<br />

integrare la fattura di acquisto intracomunitario <strong>con</strong> la dicitura “acquisto<br />

intracomunitario non soggetto ad IVA ai sensi dell’art. 50-bis, DL 331/93”;<br />

registrare tale fattura nel registro delle fattura d’acquisto;<br />

compilare il mod. Intra 2-bis.<br />

Con riferimento all'introduzione posta in essere da parte di un operatore<br />

comunitario, i predetti adempimenti, in mancanza di una stabile<br />

organizzazione in Italia, dovranno essere effettuati da un rappresentante<br />

fiscale.<br />

Nel caso di specie essendo in presenza di un'operazione senza obbligo di<br />

pagamento dell'imposta si può utilizzare il così detto rappresentante leggero<br />

che si limita all'integrazione <strong>della</strong> fattura estera e alla compilazione e<br />

presentazione del mod. INTRA 2-bis.<br />

RICORDA<br />

Si rammenta che potrebbe essere nominato rappresentante fiscale anche il<br />

gestore del deposito IVA, il quale può chiedere l’attribuzione di un unico<br />

numero di partita IVA per tutti i soggetti non residenti dallo stesso<br />

rappresentati.<br />

L’acquirente italiano dovrà, invece, registrare la fattura d’acquisto, senza IVA,<br />

nel registro IVA acquisti.<br />

211


Immissione in<br />

libera pratica<br />

Importazioni<br />

Circolare<br />

Ministeriale n.<br />

145/E/1998<br />

Anche i beni di provenienza extra-comunitaria, una volta immessi in libera<br />

pratica nel territorio nazionale attraverso il pagamento <strong>dei</strong> dazi doganali di<br />

importazione, possono essere introdotti in un deposito IVA.<br />

In sede di sdoganamento, l'operatore dovrà dichiarare che i beni sono<br />

destinati ad un deposito IVA e, pertanto, sugli stessi non sarà applicata<br />

l'IVA.<br />

Sul punto, la Circolare ministeriale n. 145/E/98 ha specificato che:<br />

l’immissione in libera pratica di beni destinati ad essere introdotti in un<br />

deposito fiscale è da <strong>con</strong>siderarsi una importazione, non più in sospensione<br />

d’imposta, bensì non soggetta all’IVA sulla base di una dichiarazione<br />

dell’importatore circa la destinazione del bene comprovata anche dalla<br />

restituzione di copie del documento doganale di importazione munito<br />

dell'attestazione, sottoscritta dal depositario, di avvenuta presa in carico<br />

delle merci nel registro previsto per i depositi IVA dall'art. 50-bis, comma 3,<br />

D.L. n. 331/93.<br />

L’immissione in libera pratica di beni destinati ad un deposito IVA da parte di<br />

un operatore comunitario richiede la nomina in Italia di un rappresentante<br />

fiscale.<br />

Va evidenziato che non si può ricorrere al cosiddetto rappresentante<br />

leggero in quanto l'art. 44, comma 3, D.L. n. 331/93 non prevede tale<br />

operazione tra quelle per le quali è ammessa la nomina del rappresentante<br />

leggero. E’ dunque necessaria, da parte del cedente extra-comunitario, la<br />

nomina di un rappresentante fiscale, ovvero la presenza di una stabile<br />

organizzazione in Italia.<br />

La citata Circolare n. 145/E/98 sottolinea che la successiva estrazione dal<br />

deposito IVA <strong>con</strong>cretizza, a se<strong>con</strong>da <strong>della</strong> destinazione <strong>dei</strong> beni, una<br />

operazione interna, intracomunitaria o una cessione all'esportazione.<br />

Il vantaggio di tale operazione è, quindi, che l’IVA all’atto dell’importazione non<br />

è dovuta. L’imposta sarà “pagata” solo al momento dell’estrazione <strong>dei</strong> beni dal<br />

deposito. In tal modo, sono notevolmente semplificate le successive cessioni<br />

212


Gestione del<br />

deposito Iva<br />

Estrazione <strong>dei</strong><br />

beni dal<br />

deposito<br />

<strong>dei</strong> beni che avvengono durante la loro permanenza nel deposito IVA, operazioni<br />

che, come già detto, non sono soggette ad imposta.<br />

In sostanza, a livello operativo saranno necessarie (CM n. 145/E/98):<br />

la dichiarazione nella bolletta doganale di importazione che i beni sono<br />

destinati ad essere introdotti in un deposito IVA situato in Italia (in tal<br />

modo, vengono fatti pagare i dazi doganali, ma non l’IVA);<br />

la restituzione alla Dogana di una copia <strong>della</strong> bolletta di importazione,<br />

sottoscritta dal gestore del deposito, <strong>con</strong> l’attestazione che i beni sono stati<br />

introdotti nel deposito IVA.<br />

L’acquirente italiano dovrà registrare la bolletta doganale di importazione,<br />

senza IVA, nel registro IVA acquisti.<br />

Si evidenzia, brevemente, che il soggetto che gestisce il deposito IVA è tenuto a:<br />

compilare un apposito registro di carico/scarico <strong>dei</strong> beni custoditi nel<br />

deposito. Su tale registro vanno indicati la natura, quantità e qualità <strong>dei</strong><br />

beni introdotti o estratti, il numero e specie <strong>dei</strong> colli, il luogo di provenienza<br />

e di destinazione <strong>dei</strong> beni, il soggetto per <strong>con</strong>to del quale è effettuata<br />

l’introduzione e il corrispettivo o valore normale <strong>dei</strong> beni.<br />

Tali informazioni sono desumibili dal documento (fattura, DDT, ecc.) sulla base<br />

del quale i beni sono introdotti/estratti dal deposito;<br />

<strong>con</strong>servare la documentazione relativa all’introduzione/estrazione <strong>dei</strong><br />

beni dal deposito.<br />

Premesso che non è stabilito un termine massimo entro cui provvedere<br />

all'estrazione <strong>dei</strong> beni immessi in un deposito IVA, i beni estratti possono essere:<br />

destinati al <strong>con</strong>sumo o utilizzo in Italia;<br />

inviati in un paese comunitario o extracomunitario.<br />

213


Beni <strong>con</strong>sumati o<br />

utilizzati in Italia<br />

L’estrazione <strong>dei</strong> beni da un deposito IVA al fine <strong>della</strong> loro utilizzazione o<br />

commercializzazione in Italia costituisce un’operazione da assoggettare<br />

ad imposta.<br />

L'estrazione può essere, pertanto, effettuata soltanto da parte di<br />

operatori e<strong>con</strong>omici.<br />

Se l'estrazione è effettuata da un operatore non residente, senza stabile<br />

organizzazione in Italia, è richiesta la nomina in Italia di un rappresentante<br />

fiscale, al fine di porre in essere gli adempimenti <strong>con</strong>nessi <strong>con</strong> l'assolvimento<br />

dell'IVA.<br />

L'operatore e<strong>con</strong>omico, che ha effettuato l'introduzione <strong>dei</strong> beni e che provvede<br />

alla loro estrazione, per l'applicazione dell'imposta deve emettere "autofattura"<br />

ex art. 17, comma 3, D.P.R. n. 633/72.<br />

La base imponibile, a tal fine, è individuata nel corrispettivo o valore<br />

relativo all’operazione non assoggettato all'imposta per effetto<br />

dell'introduzione ovvero, nel caso in cui i beni siano stati successivamente<br />

oggetto di una o più cessioni nel corrispettivo o valore relativo all'ultima di tali<br />

cessioni. Va, inoltre, <strong>con</strong>siderato anche l'ammontare relativo ai dazi<br />

doganali assolti per i beni immessi in libera pratica, alle eventuali prestazioni<br />

di servizi effettuate sugli stessi beni durante la giacenza nel deposito IVA fino al<br />

momento dell'estrazione.<br />

RICORDA<br />

La base imponibile sulla quale calcolare l’IVA è data:<br />

dal corrispettivo o valore normale dell’ultima operazione effettuata,<br />

Ad esempio dal valore <strong>dei</strong> beni così come risultante dall’atto <strong>con</strong> il<br />

quale gli stessi sono stati introdotti nel deposito, oppure dal<br />

corrispettivo senza IVA dell’ultima cessione avvenuta nel periodo di<br />

permanenza <strong>dei</strong> beni nel deposito;<br />

aumentato degli eventuali dazi doganali pagati all’atto dell’importazione<br />

(per i beni di provenienza extra-comunitaria introdotti nei depositi IVA);<br />

aumentato delle prestazioni di servizi (ad esempio il prezzo delle<br />

riparazioni) effettuate durante la permanenza <strong>dei</strong> beni nel deposito.<br />

214


Risoluzione<br />

n. 198/E/2000<br />

Beni oggetto di<br />

un precedente<br />

acquisto senza<br />

applicazione<br />

dell’Iva<br />

In particolare, <strong>con</strong> riferimento all'estrazione di beni immessi in libera pratica<br />

precedentemente introdotti nel deposito IVA, il Ministero delle Finanze nella<br />

Risoluzione n. 198/E/2000 ha precisato che:<br />

nell'autofattura emessa ai sensi dell'art. 17, comma 3, si dovrà riportare<br />

il riferimento al documento doganale di importazione, già annotato nel<br />

registro degli acquisti, nonché l'ammontare imponibile <strong>dei</strong> beni estratti<br />

e <strong>della</strong> relativa imposta.<br />

Tale autofattura è <strong>con</strong>siderata completamento del predetto documento doganale<br />

ai fini dell'assolvimento dell'imposta non pagata in dogana all'atto<br />

dell'importazione. La stessa dovrà essere annotata nel registro delle fatture<br />

emesse e in quello degli acquisti tenendo presente che se l'ammontare<br />

dell'imponibile non è variato rispetto al valore di introduzione:<br />

nel registro delle fatture emesse va riportato integralmente sia l'imponibile<br />

che l'IVA;<br />

nel registro degli acquisti va riportata esclusivamente l'IVA, essendo<br />

l'imponibile già indicato sulla base del documento doganale di immissione in<br />

libera pratica.<br />

Se, invece, l'ammontare dell'imponibile è diverso rispetto al valore di<br />

introduzione, anche a seguito di eventuali prestazioni di servizi rese durante la<br />

giacenza nel deposito:<br />

nel registro delle fatture emesse va riportato integralmente sia l'imponibile<br />

che l'IVA;<br />

nel registro degli acquisti va riportata la differenza dell'ammontare<br />

imponibile, rispetto a quanto già annotato sulla base del documento<br />

doganale, nonché l'intera IVA relativa all'operazione di estrazione.<br />

Nel caso in cui i beni estratti dal deposito IVA siano stati precedentemente<br />

acquistati senza applicazione dell'IVA da parte del soggetto che procede<br />

all'estrazione, quest'ultimo dovrà provvedere all'integrazione <strong>della</strong> fattura<br />

d'acquisto, anche intracomunitario, ricevuta e registrata in precedenza, <strong>con</strong><br />

l'indicazione <strong>dei</strong> servizi eventualmente resi e dell'imposta dovuta.<br />

215


Beni inviati<br />

all’estero<br />

L'integrazione così effettuata dovrà essere annotata:<br />

nel registro delle fatture emesse entro 15 giorni dall'estrazione e <strong>con</strong><br />

riferimento alla relativa data;<br />

nel registro degli acquisti entro il mese successivo a quello dell'estrazione.<br />

ESEMPIO<br />

Un'impresa italiana acquista in sospensione d'imposta (art. 41, comma 4, D.L.<br />

n. 331/93) <strong>dei</strong> beni da una società tedesca. La relativa fattura, senza<br />

l'indicazione dell'imposta, è stata annotata <strong>con</strong> le <strong>con</strong>suete modalità previste<br />

per gli acquisti intracomunitari. L'impresa italiana provvede ad immettere i<br />

beni acquistati in un deposito IVA, per essere qui sottoposti a lavorazione.<br />

Successivamente, all'atto dell'estrazione <strong>dei</strong> prodotti dal deposito IVA per<br />

essere utilizzati o commercializzati l'impresa italiana deve:<br />

integrare la fattura ricevuta dalla società tedesca <strong>con</strong> l'indicazione<br />

dell'imponibile, dato dalla somma del corrispettivo <strong>della</strong> lavorazione e<br />

del costo d'acquisto <strong>della</strong> merce, nonchè <strong>della</strong> relativa imposta<br />

dovuta;<br />

annotare, entro 15 giorni, la variazione in aumento nel registro delle<br />

vendite;<br />

annotare, entro il mese successivo all'estrazione, la variazione nel<br />

registro degli acquisti.<br />

L'estrazione da un deposito IVA <strong>dei</strong> beni destinati a un paese comunitario<br />

costituisce un'operazione senza applicazione dell'imposta ai sensi degli<br />

artt. 41 e 50-bis, comma 4, D.L. n. 331/93. La cessione in esame dovrà<br />

essere ricompresa nel mod. INTRA 1-bis.<br />

Se i beni sono destinati in un paese extracomunitario la relativa fattura è<br />

emessa senza applicazione dell'imposta ai sensi degli artt. 8, D.P.R. n. 633/72 e<br />

50-bis, comma 4, D.L. n. 331/93. L'estrazione è effettuata sulla base <strong>della</strong><br />

dichiarazione doganale così come previsto dall'art. 4, comma 2, D.M. n. 419/97.<br />

216


Tabelle<br />

riassuntive<br />

Adempimenti<br />

<strong>con</strong>tabili<br />

Si riassume nelle tabelle sottostanti quanto sopra riportato relativamente<br />

all’estrazione <strong>dei</strong> beni dal Deposito Iva e i relativi adempimenti <strong>con</strong>tabili.<br />

BENI ESTRATTI DAL DEPOSITO IVA e SUCCESSIVAMENTE CEDUTI<br />

A soggetti residenti Fattura <strong>con</strong> applicazione dell’IVA;<br />

A soggetti comunitari Fattura non imponibile ai sensi degli<br />

217<br />

artt. 41 e 50-bis, DL 331/93.<br />

A soggetti extra-comunitari Fattura non imponibile ai sensi dell’art.<br />

8, DPR 633/72.<br />

ADEMPIMENTI CONTABILI<br />

FATTISPECIE DESCRIZIONE<br />

Beni estratti dal<br />

medesimo soggetto<br />

che li ha introdotti<br />

Beni estratti da un<br />

soggetto diverso da<br />

quello che li ha<br />

introdotti<br />

Beni oggetto di<br />

importazione<br />

(immissione in<br />

libera pratica)<br />

E’ necessario emettere autofattura ai sensi<br />

dell’art. 17, c. 3, DPR n. 633/72, da registrare sia<br />

sul registro IVA acquisti, sia sul registro IVA<br />

vendite.<br />

E’ necessario integrare la fattura di acquisto <strong>con</strong><br />

l’indicazione dell’imponibile, dell’aliquota e <strong>della</strong><br />

relativa imposta. Tale fattura va quindi registrata:<br />

sul registro IVA acquisti (entro 15 gg<br />

dall’estrazione per i beni di provenienza<br />

comunitaria);<br />

sul registro IVA vendite (entro 15 gg<br />

dall’estrazione per i beni di provenienza<br />

comunitaria).<br />

Come chiarito dalla RM 198/E/2000 all’atto<br />

dell’estrazione <strong>dei</strong> beni dal deposito è necessario:<br />

emettere autofattura ai sensi dell’art. 17, c.<br />

3, DPR 633/72, facendo esplicito riferimento<br />

alla bolletta doganale di importazione, già<br />

annotata nel registro IVA acquisti;<br />

annotare tale autofattura, indicante imponibile<br />

ed imposta, sia nel registro IVA acquisti, sia<br />

nel registro IVA vendite.


E’ necessario tuttavia distinguere le seguenti<br />

ipotesi:<br />

se l’imponibile non è variato rispetto al valore<br />

di introduzione:<br />

218<br />

- nel registro IVA vendite vanno riportati<br />

integralmente sia l’imponibile che<br />

l’imposta;<br />

- nel registro IVA acquisti va riportata la<br />

sola imposta, essendo l’imponibile già<br />

registrato in precedenza all’atto<br />

dell’immissione in libera pratica (sulla base<br />

<strong>della</strong> bolletta doganale);<br />

se l’imponibile è variato rispetto al valore di<br />

introduzione (ad esempio per cessioni<br />

successive o prestazioni di servizi):<br />

- nel registro IVA vendite vanno riportati<br />

integralmente sia l’imponibile che<br />

l’imposta;<br />

- nel registro IVA acquisti va riportata la<br />

differenza dell'ammontare imponibile,<br />

rispetto a quanto già annotato sulla base<br />

del documento doganale, nonché l'intera<br />

IVA relativa all'operazione di estrazione.


Alcuni casi<br />

operativi<br />

A <strong>con</strong>clusione del presente approfondimento si riportano di seguito alcuni<br />

esempi operativi.<br />

219<br />

ESEMPI<br />

FATTISPECIE DESCRIZIONE<br />

Società italiana ITA1<br />

cede i beni alla società<br />

inglese UK1 che, in un<br />

momento successivo,<br />

li cede alla società<br />

italiana ITA2<br />

Società italiana ITA1<br />

cede i beni alla società<br />

inglese UK1 che, in un<br />

momento successivo,<br />

li cede alla società<br />

italiana ITA2.<br />

Quest’ultima cede i<br />

beni a ITA3 che a sua<br />

volta li cede a ITA4<br />

Operazione ordinaria.<br />

Cessione intracomunitaria da ITA1 a UK1 <strong>con</strong> trasporto<br />

delle merci dall’Italia all’Inghilterra.<br />

Cessione intracomunitaria da UK1 a ITA2 <strong>con</strong> trasporto<br />

delle merci dall’Inghilterra all’Italia.<br />

Operazione semplificata (deposito IVA).<br />

ITA1 cede i beni a UK1 <strong>con</strong> introduzione in un deposito<br />

IVA situato in Italia (non costituisce cessione<br />

intracomunitaria; non si applica l’IVA).<br />

UK1 cede i beni custoditi nel deposito a ITA2, senza<br />

applicazione di IVA.<br />

ITA2 estrae i beni dal deposito, integrando e registrando<br />

la fattura d’acquisto.<br />

Operazione ordinaria.<br />

Cessione intracomunitaria da ITA1 a UK1 <strong>con</strong> trasporto<br />

delle merci dall’Italia all’Inghilterra.<br />

Cessione intracomunitaria da UK1 a ITA2 <strong>con</strong> trasporto<br />

delle merci dall’Inghilterra all’Italia.<br />

Cessione interna <strong>con</strong> IVA da ITA2 a ITA3.<br />

Cessione interna <strong>con</strong> IVA da ITA3 a ITA4.<br />

Operazione semplificata (deposito IVA).<br />

ITA1 cede i beni a UK1 <strong>con</strong> introduzione in un deposito<br />

IVA situato in Italia (non costituisce cessione<br />

intracomunitaria; non si applica l’IVA).<br />

UK1 cede i beni custoditi nel deposito a ITA2, senza<br />

applicazione di IVA.<br />

ITA2 cede i beni custoditi nel deposito a ITA3, senza<br />

applicazione di IVA.<br />

ITA3 cede i beni custoditi nel deposito a ITA4, senza<br />

applicazione di IVA.<br />

ITA4 estrae i beni dal deposito, integrando e registrando<br />

la fattura d’acquisto.


Società americana<br />

US1 cede i beni alla<br />

società italiana ITA1<br />

che, in un momento<br />

successivo, li cede alla<br />

società tedesca TED1<br />

che a sua volta li cede<br />

alla società francese<br />

FRA1, <strong>con</strong> successiva<br />

cessione alla società<br />

italiana ITA2<br />

Operazione ordinaria.<br />

Importazione di ITA1 nei <strong>con</strong>fronti di US1, <strong>con</strong><br />

<strong>con</strong>seguente applicazione dell’IVA in dogana.<br />

Cessione intracomunitaria di ITA1 nei <strong>con</strong>fronti di TED1,<br />

<strong>con</strong> trasporto dall’Italia alla Germania.<br />

Cessione intracomunitaria di TED1 nei <strong>con</strong>fronti di FRA1,<br />

<strong>con</strong> trasporto dalla Germania alla Francia.<br />

Cessione intracomunitaria di FRA1 nei <strong>con</strong>fronti di ITA2,<br />

<strong>con</strong> trasporto dalla Francia all’Italia<br />

Operazione semplificata (deposito IVA).<br />

US1, tramite rappresentante fiscale o stabile<br />

organizzazione, introduce i beni nel deposito IVA. In tal<br />

modo l’IVA non è applicata in dogana.<br />

ITA1 cede i beni custoditi nel deposito a TED1, senza<br />

applicazione di IVA.<br />

TED1 cede i beni custoditi nel deposito a FRA1, senza<br />

applicazione di IVA.<br />

FRA1 cede i beni custoditi nel deposito a ITA2, senza<br />

applicazione di IVA.<br />

ITA2 estrae i beni dal deposito, integrando e registrando<br />

la fattura d’acquisto.<br />

220


IVA SERVIZI PROMOZIONALI: I CHIARIMENTI DELLA<br />

RISOLUZIONE N. 36/E/2008<br />

Premessa<br />

I corrispettivi ricevuti dal distributore che effettua servizi<br />

promozionali su richiesta del produttore devono essere fatturati <strong>con</strong> Iva al<br />

20%. La fatturazione potrà essere “specifica” o “<strong>con</strong> cadenza periodica”.<br />

Gli “s<strong>con</strong>ti” o “abbuoni” <strong>con</strong>cessi dal produttore al distributore al verificarsi<br />

di <strong>particolari</strong> <strong>con</strong>dizioni, invece, ai fini fiscali, devono essere <strong>con</strong>siderati delle<br />

“riduzioni di prezzo”, da esporre direttamente in fattura o tramite nota di<br />

credito.<br />

(Risoluzione n. 36/E del 7 febbraio 2008)<br />

Molte aziende produttrici e industrie italiane fornis<strong>con</strong>o beni di largo <strong>con</strong>sumo<br />

attraverso la catena <strong>della</strong> grande distribuzione, supermercati ed ipermercati e<br />

stipulano accordi <strong>con</strong> tali imprese distributrici volti ad incentivare la vendita <strong>dei</strong><br />

propri prodotti attraverso attività promozionali e servizi espositivi.<br />

Nota bene<br />

L’azienda produttrice può stipulare l’accordo commerciale anche <strong>con</strong> una<br />

Centrale/Gruppo d’acquisto, cioè <strong>con</strong> una struttura che nasce per volontà di<br />

imprese di distribuzione operanti in un medesimo settore e che rappresenta le<br />

medesime società associate nei <strong>con</strong>fronti delle imprese produttrici (industria).<br />

Ai fini fiscali, tali attività promozionali possono essere <strong>con</strong>figurate:<br />

sia come prestazioni di servizi (servizi promozionali), <strong>con</strong>sistenti<br />

in operazioni poste normalmente in essere dall’impresa<br />

distributrice (es.: supermercato) a favore dell’impresa produttrice<br />

(es. società Gamma alimentare; società Delta abbigliamento) per<br />

favorire le vendite;<br />

sia come s<strong>con</strong>ti/abbuoni, ovvero vantaggi di natura finanziaria<br />

che l’impresa produttrice ri<strong>con</strong>osce a quella distributrice.<br />

221


Il principio<br />

illustrato dalla<br />

Risoluzione<br />

n. 120/E/2004<br />

Bonus “quantitativo”<br />

Bonus “qualitativo”<br />

Gli accordi<br />

commerciali<br />

Sulla corretta qualificazione, ai fini fiscali, delle attività promozionali<br />

poste in essere dalle imprese <strong>della</strong> grande distribuzione nei <strong>con</strong>fronti delle<br />

imprese fornitrici <strong>dei</strong> beni di largo <strong>con</strong>sumo, l’Agenzia delle Entrate si è espressa<br />

nella Risoluzione n. 36/E del 7 febbraio 2008.<br />

L’Agenzia delle Entrate ha, innanzitutto, ricordato che la precedente<br />

Risoluzione n. 120/E del 17.09.2004 ha fissato un principio generale per il<br />

corretto trattamento fiscale ai fini IVA <strong>dei</strong> “bonus” che la società produttrice<br />

ri<strong>con</strong>osce ai venditori, distinguendo tra:<br />

bonus di tipo “quantitativo”, ossia quello che viene corrisposto a<br />

seguito del raggiungimento di un determinato volume di vendite e si<br />

traduce in una riduzione <strong>dei</strong> prezzi stipulati originariamente dalla<br />

società produttrice all’atto <strong>della</strong> cessione e <strong>dei</strong> prodotti → può essere,<br />

quindi, equiparato ad un “abbuono” o “s<strong>con</strong>to” previsto;<br />

bonus di tipo “qualitativo”, cioè quello erogato per lo svolgimento di<br />

obbligazioni previste nell’accordo <strong>con</strong>trattuale <strong>con</strong>sistenti in attività<br />

specifiche (es.: attività di marketing) svolte in aggiunta all’attività<br />

principale, che resta quella di compravendita → può essere, quindi,<br />

<strong>con</strong>siderato un “corrispettivo per prestazioni di servizi”.<br />

E’ dall’accordo <strong>con</strong>trattuale stipulato tra le parti che deve facilmente<br />

desumersi la natura <strong>dei</strong> “bonus”. L’univocità e la chiarezza degli accordi<br />

<strong>con</strong>trattuali è fondamentale per stabilire la finalità per cui viene erogata la<br />

somma e, quindi, per ri<strong>con</strong>durre correttamente l’attività promozionale svolta tra<br />

le prestazioni di servizi, ovvero tra gli s<strong>con</strong>ti.<br />

In merito al <strong>con</strong>tenuto degli accordi commerciali, l’Agenzia delle Entrate ha<br />

precisato che vi sono due tipologie principali di accordi:<br />

l’accordo quadro, che è quello che fissa le linee generali <strong>dei</strong> <strong>rapporti</strong> che<br />

intercorrono tra impresa produttrice e impresa distributrice;<br />

gli accordi integrativi, che sono quelli nei quali vengono riportate nel<br />

dettaglio le attività da svolgere, tra cui quelle promozionali.<br />

Considerato che la deducibilità <strong>dei</strong> costi e la detraibilità dell’IVA sono subordinate<br />

all’esistenza e alla <strong>con</strong>servazione <strong>della</strong> relativa documentazione da esibire su<br />

222


Servizi<br />

promozionali<br />

Presupposto<br />

Corrispettivo<br />

Cliente<br />

Fornitore<br />

richiesta degli uffici competenti, l’Amministrazione finanziaria ha ribadito che gli<br />

accordi in esame assumono rilevanza ai fini fiscali perchè <strong>con</strong>sentono, laddove<br />

gli stessi siano analitici, di documentare i costi e detrarre l’IVA corrisposta dalle<br />

società produttrici a fronte delle prestazioni di servizi ricevute per attività<br />

promozionali.<br />

Per tale motivo, è opportuno che detti accordi siano predisposti in modo<br />

tale da:<br />

non generare dubbi circa le operazioni promozionali che s’intende<br />

porre in essere nel periodo di vigenza dell’accordo;<br />

<strong>disciplina</strong>re anche fattispecie <strong>particolari</strong>, come quella in cui l’attività<br />

promozionale venga svolta nel periodo che intercorre tra la fine del periodo<br />

coperto dall’accordo per l’anno precedente e la sigla del nuovo accordo per<br />

l’anno corrente.<br />

In merito ai servizi promozionali, l’Amministrazione finanziaria ha precisato<br />

che presupposto di un servizio promozionale è:<br />

l’adempimento di un’obbligazione di fare, nella fattispecie, lo<br />

svolgimento di attività volte ad orientare la domanda <strong>dei</strong> <strong>con</strong>sumatori verso<br />

determinati prodotti, poste in essere da un soggetto a favore di un altro<br />

soggetto.<br />

Il corrispettivo pattuito per i servizi promozionali rappresenta, dunque, un<br />

compenso <strong>con</strong>dizionato al realizzarsi di un’obbligazione di fare da parte del<br />

cliente nei <strong>con</strong>fronti del fornitore.<br />

In linea generale:<br />

per “cliente” → si intende il soggetto che è normalmente cliente-<br />

acquirente nel <strong>con</strong>tratto di compravendita (ovvero, l’impresa<br />

distributrice), ma che, <strong>con</strong> riferimento ai servizi promozionali, agisce<br />

come prestatore del servizio;<br />

per “fornitore” → si intende il soggetto che è normalmente venditore<br />

nel <strong>con</strong>tratto di compravendita (ovvero, l’impresa produttrice), ma che,<br />

<strong>con</strong> riferimento ai servizi promozionali, agisce come fruitore del servizio.<br />

223


Contratto di<br />

compravendita<br />

per “<strong>con</strong>tratto di compravendita” → si intende unicamente la parte<br />

dell’accordo che <strong>disciplina</strong> la fornitura <strong>dei</strong> prodotti e il ri<strong>con</strong>oscimento di<br />

s<strong>con</strong>ti, <strong>con</strong>dizionati o in<strong>con</strong>dizionati, e non anche la parte dell’accordo che<br />

<strong>disciplina</strong> le obbligazioni reciproche derivanti dai servizi promozionali<br />

<strong>con</strong>cordati tra le parti.<br />

CONTRATTO DI<br />

COMPRAVENDIT<br />

A<br />

CLIENTE<br />

(impresa distributrice)<br />

FORNITORE<br />

(impresa produttrice)<br />

224<br />

<strong>disciplina</strong><br />

SI’<br />

NO<br />

CONTRATTO DI<br />

COMPRAVENDITA<br />

FORNITURA DEI PRODOTTI<br />

E RICONOSCIMENTO DI<br />

SCONTI (<strong>con</strong>dizionati o<br />

in<strong>con</strong>dizionati)<br />

OBBLIGAZIONI<br />

RECIPROCHE DERIVANTI<br />

DAI SERVIZI<br />

PROMOZIONALI<br />

SERVIZI<br />

PROMOZIONALI<br />

Acquirente Prestatore del servizio<br />

Venditore Fruitore del servizio


Tipologie di servizi<br />

promozionali più<br />

diffuse<br />

Esposizione<br />

preferenziale<br />

Presidio e<br />

mantenimento<br />

dell’assortimento del<br />

prodotti nel punto<br />

vendita<br />

L’Amministrazione finanziaria, all’interno <strong>della</strong> Risoluzione n. 36/E/2008 in<br />

esame, elenca le tipologie di servizi promozionali maggiormente utilizzate<br />

negli accordi commerciali, in particolare:<br />

esposizione preferenziale;<br />

presidio e mantenimento dell’assortimento <strong>dei</strong> prodotti nel punto<br />

vendita;<br />

nuove aperture;<br />

inserimento prodotti (listing o fast listing);<br />

operazioni volantino;<br />

esclusiva;<br />

servizi promo-pubblicitari;<br />

operazioni di co-marketing;<br />

cessione dati di profilazione del cliente.<br />

L’esposizione preferenziale <strong>con</strong>siste nell’esposizione <strong>dei</strong> prodotti del<br />

fornitore in posizioni particolarmente visibili presso il proprio punto di<br />

vendita.<br />

Nota bene<br />

Si tratta, ad esempio, delle c.d. operazioni fuori scaffale, fuori banco, testata di<br />

gondola, isola o box pallet, evidenziazione a scaffale, ampliamento spazio.<br />

L’attività di presidio e mantenimento dell’assortimento <strong>dei</strong> prodotti nel<br />

punto di vendita <strong>con</strong>siste nel mantenere nel proprio punto di vendita una<br />

determinata gamma o un numero minimo di prodotti o di referenze del<br />

fornitore.<br />

Con questo tipo di servizio promozionale, il distributore vincola, di fatto, in modo<br />

<strong>con</strong>tinuativo o per un determinato periodo, uno spazio ben determinato dello<br />

scaffale a determinati prodotti o referenze.<br />

225


Nuove aperture<br />

Inserimento prodotti<br />

Il presidio assortimentale è un’obbligazione di fare ulteriore, in quanto,<br />

in assenza di accordo di presidio assortimentale, il distributore potrebbe,<br />

comunque, optare autonomamente per soluzioni diverse (es. esposizione di una<br />

referenza ad esaurimento <strong>della</strong> precedente, esposizione di referenze diverse in<br />

punti di vendita diversi, etc.).<br />

Un altro tipo di servizio promozionale è quello in cui, in occasione<br />

dell’apertura di nuovi punti di vendita, del loro ampliamento, del rinnovo<br />

<strong>dei</strong> locali o <strong>della</strong> trasformazione da Super a Iper, il distributore effettua:<br />

marketing comune insieme al fornitore, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguente ripartizione<br />

<strong>dei</strong> costi (attività di “co-marketing”);<br />

esposizione preferenziale;<br />

volantini sui prodotti del fornitore;<br />

speciali attività di comunicazione al pubblico, attraverso i mass media o<br />

in-store, in relazione alle referenze del produttore;<br />

anche differenziate per tipo di punto vendita oggetto dell’apertura o <strong>della</strong><br />

riqualificazione.<br />

La Risoluzione in esame sottolinea che, nel caso di questa tipologia di servizio<br />

promozionale, se la natura <strong>della</strong> prestazione (volantino, esposizione<br />

preferenziale, enfasi assortimentale, etc.), che sarà poi oggetto <strong>della</strong> fattura,<br />

non è indicata in modo esplicito nell’accordo <strong>con</strong>trattuale, deve risultare dalla<br />

documentazione scambiata fra le parti nella fase di definizione degli aspetti<br />

operativi dell’evento (data, luogo).<br />

L’accordo commerciale può, inoltre, prevedere un tipo di servizio promozionale<br />

che <strong>con</strong>siste nell’inserimento, nel proprio punto di vendita, di nuovi<br />

prodotti in fase di lancio per un periodo di tempo <strong>con</strong>cordato.<br />

Il servizio offerto dal distributore <strong>con</strong>siste nel vincolare un determinato spazio a<br />

scaffale per un prodotto il cui potenziale di volume è ignoto.<br />

226


Operazioni volantino<br />

Esclusiva<br />

Attività promopubblicitaria<br />

Operazioni di comarketing<br />

Cessione dati<br />

profilazione cliente<br />

Congruità <strong>dei</strong><br />

compensi per<br />

servizi promozionali<br />

Determinazione in base<br />

alla prassi commerciale<br />

In sostanza, il distributore assume un obbligo di esposizione del prodotto<br />

indipendentemente da logiche di rotazione e margine.<br />

Il distributore può esercitare un servizio promozionale anche attraverso<br />

volantini promozionali, da diffondere nei punti di vendita, che includano<br />

i prodotti del fornitore.<br />

L’esclusiva è l’attività <strong>con</strong>sistente nel vendere, nei banchi <strong>con</strong>servatori<br />

forniti dal fornitore (es: banchi frigo per i gelati), esclusivamente i prodotti<br />

del fornitore stesso e non anche i prodotti <strong>della</strong> <strong>con</strong>correnza.<br />

L’attività promo-pubblicitaria <strong>con</strong>siste nella pubblicizzazione <strong>dei</strong> prodotti<br />

del fornitore presso il proprio punto di vendita (es: insegna pubblicitaria,<br />

locandina, floor graphics, pendolini).<br />

Le operazioni di co-marketing, come anticipato sopra, <strong>con</strong>sistono nella<br />

promozione/vendita <strong>dei</strong> prodotti del fornitore in formato speciale, abbinati ad<br />

esempio a gadgets o operazioni a premio, o nello svolgimento di attività<br />

promozionali che affianchino i prodotti/loghi del fornitore a quelli propri del<br />

distributore.<br />

Il distributore può, infine, rendere disponibili al partner commerciale dati<br />

statistici anonimi volti ad illustrare i comportamenti di acquisto <strong>dei</strong><br />

clienti all’interno <strong>dei</strong> punti di vendita.<br />

L’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che il compenso per i servizi<br />

promozionali corrisposto dall’impresa fornitrice all’impresa cliente deve essere<br />

<strong>con</strong>gruo, nel senso che deve essere:<br />

determinato opportunamente in base alla prassi commerciale<br />

(ossia in misura fissa o, più frequentemente, in misura percentuale sul<br />

fatturato, ovvero sull’ammontare <strong>dei</strong> beni acquistati);<br />

227


Importo adeguato ai<br />

servizi resi<br />

La fatturazione <strong>dei</strong><br />

servizi promozionali<br />

IVA al 20%<br />

Caratteristiche <strong>della</strong><br />

fattura<br />

OSSERVA<br />

Se l’importo è determinato in misura percentuale, l’Agenzia delle Entrate<br />

sostiene che è opportuno specificare nell’accordo commerciale l’impegno ad<br />

acquistare/erogare servizi promozionali per un importo complessivo che,<br />

dovendosi commisurare ad un importo (percentuale del fatturato) non ancora<br />

noto, potrà essere indicato facendo riferimento ad un numero minimo di<br />

eventi/attività da realizzare, rimandando, per ulteriori dettagli, a quanto<br />

<strong>con</strong>tenuto nel calendario promozionale o in eventuali accordi integrativi<br />

periferici.<br />

fatturato adeguatamente in relazione ai servizi resi, per evitare<br />

Nota bene<br />

che lo stesso possa <strong>con</strong>figurarsi come <strong>con</strong>tributo o liberalità che<br />

l’impresa produttrice corrisponde a quella distributrice.<br />

Se il compenso si <strong>con</strong>figurasse come <strong>con</strong>tributo o liberalità, il soggetto erogante<br />

non potrebbe dedurlo nella determinazione del reddito d’impresa.<br />

L’Agenzia delle Entrate afferma che, per i corrispettivi pattuiti in funzione di<br />

servizi promozionali:<br />

si applica l’IVA ordinaria al 20%.<br />

Ai sensi dell’art. 21, comma 2, DPR n. 633/1972, la fattura deve essere datata<br />

e numerata in ordine progressivo per anno solare e deve <strong>con</strong>tenere, in<br />

ogni caso:<br />

• i dati identificativi <strong>dei</strong> soggetti fra cui è effettuata l’operazione;<br />

• il numero di partita IVA e codice fiscale del cedente o prestatore;<br />

• la natura, qualità e quantità <strong>dei</strong> beni e <strong>dei</strong> servizi formanti oggetto<br />

dell’operazione;<br />

• la base imponibile, l’aliquota e l’ammontare dell’imposta;<br />

228


Fatturazione specifica<br />

• indicazioni aggiuntive obbligatorie per casi <strong>particolari</strong> (es. operazioni non<br />

imponibili, esenti, cessione intracomuntaria, cessione ad esportatori<br />

abituali, s<strong>con</strong>to, premio o abbuono, ecc);<br />

• per le società, ulteriori elementi, quali l’ufficio del registro presso il quale<br />

è iscritta la società, il numero dell’iscrizione, il Capitale Sociale, ecc.<br />

La fatturazione <strong>dei</strong> servizi promozionali può essere:<br />

specifica;<br />

periodica.<br />

Si ha la fatturazione specifica se la fattura è riferita a specifiche<br />

operazioni ed è singola o riepilogativa.<br />

In tal caso, la fattura deve <strong>con</strong>tenere, oltre agli elementi di cui all’art. 21,<br />

comma 2, D.P.R. n. 633/1972, il riferimento all’accordo in cui sono fissate:<br />

1) le <strong>con</strong>dizioni di calcolo del compenso;<br />

2) il calendario promozionale;<br />

3) i punti vendita (o tipologia di punti vendita) in cui si è svolta la<br />

promozione, se specificamente individuati, altrimenti la dicitura<br />

“nell’intera rete di punti vendita”;<br />

4) il periodo di promozione, i prodotti o la categoria oggetto di<br />

promozione.<br />

Generalmente, questo tipo di fatturazione avviene <strong>con</strong> riferimento ad un<br />

tariffario-servizi, anche se l’accordo prevede l’impegno per una percentuale<br />

sul fatturato annuale. All’atto dell’addebito è, quindi, opportuno indicare la<br />

dicitura “ac<strong>con</strong>to” e “salvo <strong>con</strong>guaglio”.<br />

Il <strong>con</strong>guaglio sarà, in questo caso, di tipo tariffario e a <strong>con</strong>suntivo di fatturato e<br />

potrà essere addebitato in misura fissa <strong>con</strong> un unico documento che indichi:<br />

• la base dell’accordo (fatturato effettivo e percentuale <strong>con</strong>cordata);<br />

• gli ac<strong>con</strong>ti già corrisposti;<br />

• il residuo.<br />

229


Fatturazione periodica<br />

Fatturazione da parte di<br />

terzi<br />

Si ha, invece, la fatturazione periodica qualora si fatturino periodicamente<br />

le singole prestazioni rese nell’ambito di un’attività promozionale<br />

unitaria articolata nel tempo.<br />

In tal caso, la fattura, oltre agli elementi di cui all’art. 21, c. 2, D.P.R. n.<br />

633/1972 elencati prima e agli elementi indicati prima ai punti 1), 2), 3) e 4),<br />

deve <strong>con</strong>tenere:<br />

l’indicazione se la singola prestazione è ri<strong>con</strong>ducibile ad<br />

un’attività unitaria.<br />

Come nel caso delle fatturazioni specifiche, inoltre, anche per quelle periodiche è<br />

opportuno che l’addebito avvenga sempre indicando la dicitura “ac<strong>con</strong>to” e<br />

“salvo <strong>con</strong>guaglio”.<br />

Anche in questo caso, il <strong>con</strong>guaglio sarà a <strong>con</strong>suntivo di fatturato e potrà essere<br />

addebitato in misura fissa <strong>con</strong> un unico documento che indichi:<br />

Nota bene<br />

• la base dell’accordo (fatturato effettivo e percentuale <strong>con</strong>cordata);<br />

• gli ac<strong>con</strong>ti già corrisposti;<br />

• il residuo.<br />

Nell’ipotesi in cui le singole prestazioni promozionali rese nel corso del tempo<br />

non siano ri<strong>con</strong>ducibili ad un’attività promozionale unitaria, la fattura emessa<br />

all’atto del pagamento deve intendersi riferita alla singola prestazione<br />

promozionale effettuata anche in esecuzione di un <strong>con</strong>tratto ad esecuzione<br />

<strong>con</strong>tinuata e periodica.<br />

Nell’ipotesi in cui l’impresa che presta i servizi promozionali (impresa<br />

distributrice) faccia emettere la relativa fattura da terzi (es. centrale/gruppo di<br />

acquisto) ai sensi dell’art. 21, comma 1, primo periodo, D.P.R. n. 633/1972 1 ,<br />

essa dovrà <strong>con</strong>tenere, in base a quanto previsto dall’art. 21, comma 2, lett.<br />

h):<br />

l’indicazione che la stessa è compilata per <strong>con</strong>to del cedente o<br />

prestatore da un terzo.<br />

1<br />

La disposizione prevede la facoltà per il cedente o prestatore del servizio, “ferma restando la sua responsabilità” di<br />

far emettere la fattura da un terzo, senza <strong>con</strong>figurare alcun rapporto di mandato (si veda anche la circ. n. 45/E del<br />

19 ottobre 2005).<br />

230


In sintesi<br />

Naturalmente, le parti dovranno comunicare tra loro gli elementi caratterizzanti<br />

l’operazione da fatturare e rispettare l’obbligo di numerazione progressiva.<br />

Se ad emettere la fattura è un terzo non incaricato <strong>della</strong> gestione <strong>della</strong><br />

<strong>con</strong>tabilità, la fattura emessa deve essere inviata al cedente o prestatore,<br />

oppure al soggetto depositario delle scritture <strong>con</strong>tabili da lui stesso<br />

indicato.<br />

FATTURA SERVIZI PROMOZIONALI (IVA AL 20%)<br />

ELEMENTI BASE<br />

ELEMENTI AGGIUNTIVI<br />

PER LA FATTURA<br />

SPECIFICA<br />

ELEMENTI AGGIUNTIVI<br />

PER LA FATTURA<br />

PERIODICA<br />

• i dati identificativi <strong>dei</strong> soggetti fra cui è effettuata<br />

l’operazione;<br />

• il numero di partita IVA e codice fiscale del cedente o<br />

prestatore;<br />

• la natura, qualità e quantità <strong>dei</strong> beni e <strong>dei</strong> servizi<br />

formanti oggetto dell’operazione;<br />

• la base imponibile, l’aliquota e l’ammontare<br />

dell’imposta;<br />

• indicazioni aggiuntive obbligatorie per casi <strong>particolari</strong><br />

(es. operazioni non imponibili, esenti, …);<br />

• nel caso di società, altri ulteriori elementi (l’ufficio del<br />

registro presso il quale è iscritta la società, il numero<br />

dell’iscrizione, il Capitale Sociale, ecc.);<br />

tutti i precedenti<br />

+<br />

le <strong>con</strong>dizioni di calcolo del compenso;<br />

il calendario promozionale;<br />

i punti vendita in cui si è svolta la promozione;<br />

il periodo di promozione, i prodotti o la categoria<br />

oggetto di promozione;<br />

tutti i precedenti<br />

+<br />

l’indicazione se la singola prestazione è ri<strong>con</strong>ducibile ad<br />

un’attività unitaria.<br />

E’ opportuno che l’addebito avvenga sempre indicando la dicitura “ac<strong>con</strong>to” e<br />

“salvo <strong>con</strong>guaglio”.<br />

Se la fattura è emessa da terzi, occorre indicarvi anche che la stessa è<br />

compilata per <strong>con</strong>to del cedente o prestatore da un terzo.<br />

231


Documentazione da<br />

esibire in sede di<br />

<strong>con</strong>trollo<br />

S<strong>con</strong>ti e premi di<br />

fine periodo<br />

Presupposto<br />

In ordine alla documentazione da <strong>con</strong>servare ed esibire in sede di<br />

<strong>con</strong>trollo, la Risoluzione n. 36/E/2008 precisa che, per ciascuna singola fattura<br />

di servizi promozionali registrata dal fornitore, è opportuno poter esibire:<br />

l’accordo “quadro”, ovvero il documento <strong>con</strong>tenente le <strong>con</strong>dizioni che<br />

regolano i <strong>rapporti</strong> commerciali tra le imprese produttrici e distributrici;<br />

l’accordo integrativo <strong>con</strong> i dettagli delle attività effettivamente<br />

<strong>con</strong>cordate (Piano Promozionale), nel caso in cui l’accordo quadro sia<br />

“generico”, ovvero non individui nel dettaglio le attività promozionali da<br />

svolgere (il “calendario promozionale”);<br />

ogni eventuale attestazione interna (o di terzi, se la verifica è<br />

effettuata attraverso i servizi di società esterne) che, a <strong>con</strong>suntivo,<br />

documenti la verifica di avvenuta prestazione del servizio da parte del<br />

cliente e che riporti la descrizione delle attività promozionali effettuate,<br />

<strong>con</strong> evidenziati ad esempio:<br />

• la tipologia di attività promozionale;<br />

• il periodo di promozione (dal … al …);<br />

• i prodotti o la categoria di prodotti oggetto di promozione;<br />

• il punto di vendita in cui si è svolto il servizio;<br />

qualunque altra documentazione/attestazione che comprovi<br />

l’attività promozionale effettuata dal cliente (es: copia del volantino,<br />

e-mail del cliente ecc.).<br />

Analizziamo ora il corretto trattamento fiscale ai fini IVA degli s<strong>con</strong>ti e <strong>dei</strong><br />

premi di fine periodo, l’altra macro-categoria di attività promozionali<br />

<strong>con</strong>sistenti, come detto all’inizio, in vantaggi di natura finanziaria che<br />

l’impresa produttrice ri<strong>con</strong>osce a quella distributrice.<br />

In particolare, costituisce presupposto per il ri<strong>con</strong>oscimento di uno<br />

s<strong>con</strong>to/premio di fine periodo:<br />

l’assenza di un’ulteriore obbligazione del cliente rispetto a<br />

quella legata al <strong>con</strong>tratto di compravendita (<strong>con</strong>trariamente a ciò<br />

che avviene per i servizi promozionali).<br />

232


Tipologie di<br />

s<strong>con</strong>ti/premi<br />

Si tratta, quindi, di:<br />

oppure<br />

• uno s<strong>con</strong>to/premio <strong>con</strong>dizionato al realizzarsi di una normale<br />

<strong>con</strong>dizione commerciale di vendita;<br />

• in<strong>con</strong>dizionato <strong>con</strong>cesso al termine di un periodo <strong>con</strong>cordato.<br />

Più nello specifico, sono <strong>con</strong>siderati “s<strong>con</strong>ti/abbuoni”:<br />

s<strong>con</strong>ti/premi differiti di fine periodo in<strong>con</strong>dizionati (premi di fine<br />

anno in<strong>con</strong>dizionati), cioè quelli <strong>con</strong>cessi dal fornitore ai propri clienti<br />

indipendentemente dal raggiungimento di uno specifico obiettivo di<br />

fatturato o di volumi di vendita.<br />

s<strong>con</strong>ti/premi al raggiungimento di target di fatturato/volumi di<br />

vendita, cioè quello <strong>con</strong>cessi dal fornitore ai clienti che raggiungono un<br />

obiettivo di fatturato/volume di vendita o incrementano il proprio<br />

fatturato/volume di vendita rispetto a quello dell’anno precedente:<br />

s<strong>con</strong>ti/premi di fine anno a target, cioè quelli <strong>con</strong>cessi a fine anno dal<br />

fornitore ai clienti che raggiungono altri obiettivi (es: riduzione <strong>dei</strong> resi,<br />

numero di punti di vendita gestiti o acquisiti in proprietà, media fatturato<br />

sul punto di vendita ecc.);<br />

s<strong>con</strong>ti/premi di fine anno <strong>con</strong>dizionati, ovvero quelli <strong>con</strong>cessi a fine<br />

anno dal fornitore ai clienti che si trovino in <strong>particolari</strong> situazioni o che<br />

applicano degli s<strong>con</strong>ti a favore <strong>dei</strong> <strong>con</strong>sumatori (es: invenduti di campagna,<br />

sottocosto ecc.);<br />

s<strong>con</strong>ti logistici (o s<strong>con</strong>ti per centralizzazione), ossia quelli <strong>con</strong>cessi dal<br />

fornitore ai clienti per acquisti “centralizzati”, in cui i prodotti vengono<br />

<strong>con</strong>segnati dal fornitore direttamente ai magazzini o depositi centrali <strong>dei</strong><br />

clienti, che provvedono poi direttamente alla distribuzione <strong>dei</strong> prodotti nei<br />

propri punti vendita;<br />

s<strong>con</strong>ti/premi per acquisto di una combinazione di prodotti, quelli<br />

<strong>con</strong>cessi dal fornitore al cliente in cambio dell’impegno ad acquistare una<br />

determinata gamma o un numero minimo di prodotti o di referenze del<br />

233


Determinazione<br />

dello s<strong>con</strong>to/premio<br />

La fatturazione<br />

degli s<strong>con</strong>ti/premi<br />

fornitore o a garantire una <strong>con</strong>tinuità nell’acquisto di tali combinazioni di<br />

prodotto;<br />

s<strong>con</strong>ti/premi per rispetto delle <strong>con</strong>dizioni di pagamento, cioè quelli<br />

<strong>con</strong>cessi al cliente a fronte di pagamenti effettuati se<strong>con</strong>do le scadenze<br />

pattuite nelle <strong>con</strong>dizioni di pagamento negoziate <strong>con</strong> il fornitore;<br />

s<strong>con</strong>ti/premi per carico completo/acquisto a bancale, <strong>con</strong>cessi al<br />

cliente che si impegna ad acquistare dal fornitore quantità di prodotti tali<br />

da ottimizzarne i processi logistici di spedizione presso i magazzini e/o i<br />

punti vendita del cliente;<br />

s<strong>con</strong>ti/premi per riordino giacenze prodotti, cioè quelli <strong>con</strong>cessi al<br />

cliente a fronte dell’impegno ad acquistare dal fornitore quantità da<br />

quest’ultimo suggerite in base ad analisi delle giacenze di deposito, al fine<br />

di ottimizzare i processi produttivi e di spedizione;<br />

s<strong>con</strong>to riduzione prezzo, <strong>con</strong>cesso al cliente per migliorare la vendibilità<br />

di prodotti “in stock” (es.: “mancato reso”).<br />

Lo s<strong>con</strong>to/premio di fine periodo può essere determinato:<br />

in misura fissa;<br />

ovvero,<br />

in misura percentuale sul fatturato di riferimento (del singolo<br />

prodotto, <strong>della</strong> famiglia merceologica, del fatturato totale).<br />

In ordine alle modalità di fatturazione degli s<strong>con</strong>ti/premi, l’Agenzia delle<br />

Entrate precisa che, ai fini fiscali, gli s<strong>con</strong>ti/abbuoni costituis<strong>con</strong>o:<br />

riduzioni di prezzo, che comportano la variazione dell’importo<br />

fatturato dal cedente del bene.<br />

234


S<strong>con</strong>ti immediatamente<br />

applicabili: in fattura<br />

S<strong>con</strong>ti NON<br />

immediatamente<br />

applicabili: in nota di<br />

credito<br />

Contenuto<br />

dell’eventuale nota di<br />

credito<br />

Ciò significa che:<br />

per gli s<strong>con</strong>ti immediatamente applicabili (s<strong>con</strong>ti logistici) → la loro<br />

indicazione deve essere presente direttamente in fattura, in modo tale<br />

che l’importo che ne risulta rappresenta l’effettivo corrispettivo;<br />

per gli s<strong>con</strong>ti/abbuoni applicabili successivamente all’emissione<br />

<strong>della</strong> fattura in base alle <strong>con</strong>dizioni <strong>con</strong>trattuali → il cedente deve<br />

emettere, ai sensi dell’art. 26, comma 2, del DPR n. 633/1972, una<br />

nota di credito nei <strong>con</strong>fronti del “cliente fattura”.<br />

Nota bene<br />

La nota di credito può essere emessa anche dal cliente (cessionario o<br />

committente) su incarico del cedente o prestatore per suo <strong>con</strong>to.<br />

Si precisa che le eventuali variazioni in diminuzione di prezzo <strong>con</strong>cesse<br />

per “<strong>con</strong>suetudine commerciale” possono assimilarsi alle variazioni<br />

dell’imponibile e dell’imposta che “si verifichino in dipendenza di sopravvenuto<br />

accordo tra le parti” e pertanto, possono essere effettuate entro il termine<br />

di un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile originaria ai<br />

sensi dell’art. 26, terzo comma.<br />

L’eventuale nota di credito deve esplicitare:<br />

la tipologia di s<strong>con</strong>to/premio, <strong>con</strong>dizionato/in<strong>con</strong>dizionato o, in<br />

alternativa, il riferimento all’accordo (data e paragrafo) se già stipulato;<br />

i prodotti sul cui acquisto è applicato lo s<strong>con</strong>to /premio, laddove siano<br />

elementi rilevanti;<br />

l’indicazione <strong>della</strong> fattura cui si riferisce;<br />

il riferimento alla normativa IVA applicata;<br />

il periodo di riferimento;<br />

ovvero, in alternativa:<br />

il riferimento all’accordo commerciale (data e paragrafo).<br />

235


Documentazione da<br />

esibire in sede di<br />

<strong>con</strong>trollo<br />

Presenza di<br />

Centrale/Gruppo<br />

d’acquisto<br />

Funzione di<br />

approvvigionamento<br />

presso le industrie<br />

per <strong>con</strong>to delle<br />

associate<br />

I Servizi di Centrale<br />

Presupposto<br />

In sede di <strong>con</strong>trollo fiscale, è opportuno aver <strong>con</strong>servato, per ciascuna<br />

singola nota di credito per s<strong>con</strong>ti premi registrata dal cliente, i seguenti<br />

documenti:<br />

l’accordo “quadro”, ovvero il documento <strong>con</strong>tenente le <strong>con</strong>dizioni che<br />

regolano i <strong>rapporti</strong> commerciali tra le imprese produttrici e distributrici;<br />

in presenza di un accordo quadro “generico”, che non individui nel<br />

dettaglio le attività promozionali da svolgere (il “calendario<br />

promozionale”), l’accordo integrativo <strong>con</strong> i dettagli delle attività<br />

effettivamente <strong>con</strong>cordate (Piano Promozionale).<br />

L’Agenzia delle Entrate chiarisce anche il caso in cui, nelle operazioni<br />

promozionali, tra l’ impresa produttrice e l’impresa distributrice si interponga<br />

un terzo soggetto, cioè la c.d. “Centrale/Gruppo d’acquisto”, che,<br />

ribadisce, è una struttura che nasce per volontà di più aziende distributrici<br />

operanti nel medesimo settore (abbigliamento, alimentari, ecc.) che abbiano<br />

l’esigenza comune di procedere all’approvvigionamento, presso le imprese<br />

produttrici, di materie prime, di beni di <strong>con</strong>sumo o di servizi necessari all’attività<br />

intrapresa.<br />

La Centrale/Gruppo d’acquisto, sulla base degli accordi che intervengono <strong>con</strong><br />

le imprese produttrici e distributrici, può rendere ulteriori tipologie di<br />

prestazioni di servizi, sia alle società associate che alle imprese produttrici,<br />

nell’ambito dell’attività organizzativa, amministrativa e commerciale.<br />

In particolare, i Servizi di Centrale comprendono tutte le operazioni che<br />

intercorrono tra:<br />

la Centrale/Gruppo di acquisto e le imprese distributrici di beni di largo<br />

<strong>con</strong>sumo;<br />

la Centrale/Gruppo di acquisto e le imprese produttrici <strong>dei</strong> medesimi<br />

beni.<br />

L’Amministrazione finanziaria chiarisce, quindi, che costituisce presupposto <strong>dei</strong><br />

“Servizi di Centrale”:<br />

236


Corrispettivo<br />

Tipologie di<br />

“servizi di<br />

centrale”<br />

Attività commerciale<br />

e marketing<br />

Attività organizzativa<br />

l’adempimento di un’obbligazione di fare, nella fattispecie lo<br />

svolgimento di attività di marketing, organizzativa e<br />

amministrativa, da parte <strong>della</strong> Centrale di acquisto a favore delle<br />

imprese produttrici (industria) o distributrici, sulla base di accordi che<br />

intervengono tra la Centrale/Gruppo di acquisto e le imprese produttrici<br />

e tra la Centrale/Gruppo di acquisto e le imprese distributrici.<br />

Il compenso è, quindi, <strong>con</strong>dizionato al realizzarsi di un’obbligazione di fare da<br />

parte <strong>della</strong> Centrale Acquisti nei <strong>con</strong>fronti dell’industria o delle imprese<br />

associate.<br />

Per “servizi di centrale” possono intendersi le seguenti operazioni:<br />

Attività commerciale e marketing, ovvero:<br />

1) coordinamento e/o governo centralizzato dell’inserimento/lancio<br />

prodotti;<br />

2) gestione centralizzata listini;<br />

3) gestione centralizzata calendario operazioni promozionali a livello<br />

nazionale;<br />

4) attività <strong>con</strong>trollo esecuzione attività <strong>con</strong>cordate;<br />

5) intervento su mandanti inadempienti;<br />

6) implementazione e <strong>con</strong>trollo attività definite nell’accordo quadro e<br />

altre (<strong>con</strong>trollo e sensibilizzazione su applicazione listini,<br />

raggiungimento target fatturato);<br />

Attività organizzativa, cioè:<br />

1) organizzazione e coordinamento commissioni commerciali per<br />

in<strong>con</strong>tri <strong>con</strong> le imprese mandanti;<br />

2) messa a disposizione uffici <strong>con</strong> servizio telefonico, fax,<br />

fotocopiatrice, sale riunioni, <strong>con</strong> servizio pranzo;<br />

3) predisposizione documentazione e presentazioni varie.<br />

237


Attività amministrativa<br />

Determinazione<br />

del compenso<br />

La fatturazione<br />

<strong>dei</strong> “Servizi<br />

Centrali”<br />

Contenuto <strong>della</strong><br />

fattura<br />

Fatture emesse da<br />

terzi delegati<br />

Attività amministrativa, ovvero:<br />

1) stesura accordo quadro;<br />

2) divulgazione alle singole imprese delle attività definite <strong>con</strong> lo<br />

stesso;<br />

3) divulgazione altre informative su altri accordi e tematiche;<br />

4) effettuazione <strong>con</strong>teggi dati acquisto <strong>dei</strong> singoli mandanti sui singoli<br />

fornitori;<br />

5) effettuazione <strong>con</strong>trolli dati acquisto <strong>dei</strong> singoli mandanti sui singoli<br />

fornitori;<br />

6) raccolta dati ed elaborazione statistiche commerciali (venduto).<br />

Anche nel caso delle operazioni poste in essere dalla Centrale/Gruppo<br />

d’Acquisto, il compenso può essere determinato:<br />

• in misura fissa;<br />

ovvero,<br />

• in misura percentuale (sul fatturato sviluppato dalle società<br />

mandanti, soci o associati).<br />

L’Agenzia delle Entrate ha precisato che, a questo tipo di servizi, si applica:<br />

l’IVA nella misura ordinaria del 20%.<br />

La fattura deve essere emessa dal soggetto che ha effettuato il servizio,<br />

ovvero la Centrale/Gruppo di acquisto e deve <strong>con</strong>tenere:<br />

gli stessi elementi elencati prima <strong>con</strong> riferimento alle attività<br />

promozionali svolte dalle aziende distributrici nei <strong>con</strong>fronti delle<br />

produttrici (art. 21, c. 2, del DPR n. 633/1972);<br />

i riferimenti all’accordo sulla base del quale vengono fornite le<br />

prestazioni di servizi.<br />

Nell’ipotesi in cui il servizio, sebbene prestato dalla Centrale di acquisto, sia<br />

fatturato da un terzo, ovvero, da una da società delegata alla rappresentanza<br />

238


Fatturazione in base<br />

al tariffario-servizi<br />

Documentazione<br />

da esibire in sede<br />

di <strong>con</strong>trollo<br />

di uno specifico sotto-raggruppamento, la delega deve risultare da atto<br />

scritto.<br />

Si precisa che, in genere, la fatturazione <strong>dei</strong> “Servizi Centrali” avviene<br />

<strong>con</strong> riferimento ad un tariffario-servizi, anche se l’accordo prevede<br />

l’impegno per una percentuale sul fatturato annuale.<br />

E’ utile, quindi, che l’addebito avvenga sempre indicando la dicitura “ac<strong>con</strong>to” e<br />

“salvo <strong>con</strong>guaglio”. Il <strong>con</strong>guaglio sarà un <strong>con</strong>guaglio di tipo tariffario e a<br />

<strong>con</strong>suntivo di fatturato e potrà essere addebitato in misura fissa <strong>con</strong> un<br />

unico documento che indichi (almeno in allegato):<br />

Nota bene<br />

• la base dell’accordo (fatturato effettivo e percentuale <strong>con</strong>cordata);<br />

• gli ac<strong>con</strong>ti già corrisposti;<br />

• il residuo.<br />

E’ raccomandabile che l’importo a <strong>con</strong>guaglio non superi il 20% del<br />

totale.<br />

Ai fini <strong>della</strong> tutela fiscale in sede di <strong>con</strong>trollo, occorre <strong>con</strong>servare, per<br />

ciascuna singola fattura, relativa a prestazioni di servizi rese dalla<br />

Centrale/Gruppo d’acquisto, registrata dal fornitore, i seguenti documenti:<br />

l’accordo “quadro”, ovvero il documento <strong>con</strong>tenente le <strong>con</strong>dizioni che<br />

regolano i <strong>rapporti</strong> commerciali tra le imprese produttrici e distributrici;<br />

in presenza di un accordo quadro “generico”, che non individui nel<br />

dettaglio le attività promozionali da svolgere (il “calendario<br />

promozionale”), l’accordo integrativo <strong>con</strong> i dettagli delle attività<br />

effettivamente <strong>con</strong>cordate (Piano Promozionale);<br />

qualunque altra documentazione/attestazione che comprovi<br />

l’attività di servizio effettuata dalla Centrale di acquisto.<br />

239


240


IVA DI GRUPPO: NELLE LIQUIDAZIONI DI GRUPPO<br />

ESCLUSI I CREDITI DELLE SOCIETÀ NEO-ENTRANTI<br />

La liquidazione<br />

IVA di gruppo<br />

La procedura<br />

Nella liquidazione IVA di gruppo non potranno più, per effetto dell’art. 73,<br />

comma 3, D.P.R. n. 633/1972, come modificato dall’art. 1, comma 63, legge n.<br />

244/2007 - Finanziaria 2008, essere inseriti i crediti delle società neo<br />

entranti.<br />

A partire dalla liquidazione IVA di gruppo relativa all'anno 2008, la<br />

società <strong>con</strong>trollante, agli effetti delle dichiarazioni e <strong>dei</strong> versamenti, non tiene<br />

<strong>con</strong>to delle eccedenze di imposta detraibili delle società <strong>con</strong>trollate partecipanti<br />

a tale procedura, risultanti dalle dichiarazioni annuali relative al periodo di<br />

imposta precedente se le stesse società non partecipavano alla procedura di<br />

liquidazione di gruppo. Alle società per le quali trova applicazione tale norma si<br />

applicano le disposizioni di cui all'art. 30 del D.P.R. n. 633/1972; pertanto, tali<br />

società potranno richiedere il rimborso dell'eccedenza di imposta al ricorrere<br />

delle <strong>con</strong>dizioni di cui al citato art. 30 e, cioè, in caso di cessata attività, aliquote<br />

sulle vendite inferiori a quelle sugli acquisti, effettuazione di operazioni non<br />

imponibili per un ammontare superiore al 25% dell'ammontare complessivo di<br />

tutte le operazioni effettuate, acquisto o importazione di beni ammortizzabili,<br />

studi e ricerche.<br />

La norma supera la posizione dell'Amministrazione finanziaria se<strong>con</strong>do cui una<br />

società, dal momento in cui aderisce alla liquidazione dell'IVA di gruppo, perde<br />

totalmente la disponibilità del proprio saldo attivo, dovendo trasferire l'intero<br />

credito IVA alla società <strong>con</strong>trollante (cfr. risoluzione dell'Agenzia delle Entrate<br />

del 9 luglio 2002, n. 221/E).<br />

Si ricorda che la <strong>disciplina</strong> <strong>della</strong> liquidazione di gruppo, introdotta in Italia<br />

dal 1° gennaio 1980, a seguito del recepimento <strong>della</strong> VI direttiva Cee del 17<br />

maggio 1977, n. 77/388/CEE, è regolata dall’articolo 73, ultimo comma, del Dpr<br />

n. 633/1972, integrato successivamente dal Dm 13 dicembre 1979, che<br />

ri<strong>con</strong>osce:<br />

la possibilità di compensare, nell'ambito del gruppo, i crediti e i<br />

debiti Iva risultanti dalle liquidazioni periodiche e dal <strong>con</strong>guaglio<br />

241


di fine anno delle società che costituis<strong>con</strong>o il gruppo ai fini<br />

dell'imposta sul valore aggiunto.<br />

In sostanza, la procedura <strong>con</strong>sente:<br />

alle società <strong>con</strong>trollate di <strong>con</strong>centrare in capo alla <strong>con</strong>trollante<br />

tutti gli obblighi <strong>con</strong>seguenti alle liquidazioni periodiche, facendo sì<br />

che eventuali posizioni creditorie e debitorie all'interno del gruppo<br />

possano trovare un'immediata compensazione.<br />

Pertanto, la società <strong>con</strong>trollante è:<br />

il soggetto preposto ad effettuare tutte le scelte <strong>con</strong>cernenti la<br />

compensazione <strong>dei</strong> debiti e <strong>dei</strong> crediti risultanti dalle liquidazioni di<br />

tutte le società partecipanti al gruppo e da queste trasferiti al gruppo<br />

(<strong>con</strong>trollante);<br />

il soggetto che deve valutare le altre eventuali alternative previste<br />

dal legislatore, quali, ad esempio, il rimborso o l'accredito all'anno<br />

successivo dell'eccedenza detraibile del gruppo.<br />

La procedura <strong>con</strong>sente, quindi, di <strong>con</strong>trapporre ed estinguere<br />

automaticamente all'interno del gruppo le situazioni creditorie e debitorie di<br />

alcune società <strong>con</strong> quelle di altre rientranti nel medesimo "perimetro di<br />

liquidazione".<br />

E’ evidente, pertanto, il beneficio finanziario che ne deriva: all'interno del<br />

medesimo gruppo, le società titolari di un credito Iva nei <strong>con</strong>fronti dell'Erario<br />

possono ottenere un rapido recupero <strong>dei</strong> crediti attraverso la compensazione <strong>con</strong><br />

l'Iva a debito di un'altra società del gruppo.<br />

Si evidenzia, tuttavia, che la procedura non determina la nascita di un<br />

nuovo soggetto giuridico 1 .<br />

1<br />

Come già chiarito dall'Agenzia delle Entrate <strong>con</strong> risoluzione n. 347/E/2002, le disposizioni <strong>con</strong>cernenti la procedura<br />

di liquidazione Iva di gruppo non danno "luogo ad una vera e propria unificazione soggettiva delle società facenti<br />

parte del gruppo stesso, tuttavia attuano comunque una deroga, sia pure parziale, ai principi di soggettività,<br />

prevedendo una procedura unificata di compensazione e versamento del tributo".<br />

242


RICORDA<br />

I soggetti interessati alla procedura in questione sono le società<br />

di capitali residenti in Italia.<br />

Le quote o le azioni di ogni società (<strong>con</strong>trollata) devono essere<br />

possedute per oltre il 50% da un'altra società del gruppo<br />

ininterrottamente almeno dal 1° gennaio dell'anno solare<br />

precedente a quello in cui viene attivata la procedura.<br />

Praticamente, la durata minima del <strong>con</strong>trollo deve risalire almeno<br />

all'inizio dell'anno solare precedente. Il possesso di oltre il 50% deve<br />

sussistere in ogni passaggio <strong>della</strong> catena di <strong>con</strong>trollo.<br />

Il <strong>con</strong>cetto di <strong>con</strong>trollo è <strong>disciplina</strong>to dall'articolo 2359 del Codice<br />

civile. In particolare, il legislatore fiscale, ai fini <strong>della</strong> procedura di<br />

liquidazione Iva di gruppo, ha inteso riferirsi alle ipotesi di <strong>con</strong>trollo di<br />

diritto (possesso di un numero di azioni tali da assicurare la<br />

maggioranza <strong>dei</strong> voti esercitabili nell'assemblea ordinaria) e di <strong>con</strong>trollo<br />

indiretto (basato sul principio <strong>della</strong> transitività, per il quale se una<br />

società <strong>con</strong>trolla un'altra e questa a sua volta una terza, si deduce che la<br />

prima società <strong>con</strong>trolla anche la terza). Non fanno parte dell’ambito<br />

applicativo delle disposizioni in questione le ipotesi di <strong>con</strong>trollo di<br />

fatto, riferibili a quelle situazioni in cui una società è sotto l'influenza<br />

dominante di un'altra in virtù di azioni o quote da questa possedute o di<br />

<strong>particolari</strong> vincoli <strong>con</strong>trattuali intercorrenti <strong>con</strong> essa.<br />

Rientrano, pertanto, nella nozione di <strong>con</strong>trollo tutte le ipotesi di<br />

<strong>con</strong>trollo a raggiera e a catena, a <strong>con</strong>dizione che le quote o le azioni di ogni<br />

società (<strong>con</strong>trollata) siano possedute per oltre il 50% da un'altra società del<br />

gruppo ininterrottamente almeno dal 1° gennaio dell'anno solare precedente a<br />

quello in cui viene attivata la procedura, per ogni anello <strong>della</strong> catena.<br />

243


Esempio<br />

Finanziaria per il<br />

2008<br />

RICORDA<br />

In una situazione di <strong>con</strong>trollo come quella riportata nell’esempio, in cui sono<br />

coinvolte più società <strong>con</strong>trollate, non tutte devono necessariamente<br />

aderire alla liquidazione di gruppo.<br />

Ne <strong>con</strong>segue, pertanto, che il perimetro di liquidazione potrà riguardare,<br />

ad esempio, l'intero gruppo ABXYZ, ma anche, BXYZ, in cui B agisce in<br />

veste di <strong>con</strong>trollante.<br />

Sull’argomento si evidenzia che, relativamente all’Iva di gruppo, a partire dal 1°<br />

gennaio 2008, per effetto dell’art. 73, comma 3, D.P.R. n. 633/1972, come<br />

modificato dall’art. 1, comma 63, legge n. 244/2007 - Finanziaria 2008:<br />

non è <strong>con</strong>sentito alle società che entrano per la prima volta<br />

nella liquidazione Iva di gruppo di trasferire il proprio<br />

credito dell'anno precedente.<br />

In sostanza, è stata limitata la possibilità di utilizzare l'eccedenza di credito<br />

emergente dalle dichiarazioni relative all'anno precedente da parte delle società<br />

che partecipano per la prima volta alla liquidazione di gruppo.<br />

244


Utilizzo delle eccedenze<br />

Le eccedenze di credito<br />

risultanti<br />

In particolare, in via parzialmente derogatoria rispetto ai principi<br />

normalmente operanti in materia di liquidazione IVA di gruppo, i soggetti che<br />

partecipano per la prima volta ad una determinata liquidazione di gruppo non<br />

possono far <strong>con</strong>fluire nei calcoli compensativi la loro eccedenza di credito<br />

derivante dal periodo d’imposta precedente: tale eccedenza resta<br />

definitivamente nella disponibilità del soggetto in capo al quale si è formata.<br />

I soggetti in capo ai quali si siano formate tali eccedenze potranno, quindi,<br />

chiederne autonomamente il rimborso, ricorrendone i presupposti di legge; in<br />

alternativa, tali soggetti potranno «rinviare» le eccedenze creditorie al<br />

periodo d’imposta successivo, per:<br />

farne oggetto di richiesta di rimborso in anni successivi;<br />

computarle in detrazione in anni successivi, una volta venuta meno la<br />

partecipazione alla liquidazione di gruppo;<br />

utilizzarle nella compensazione orizzontale di cui all’art. 17, D.Lgs. n.<br />

241/1997, nei limiti previsti dalla normativa in materia.<br />

Per effetto <strong>della</strong> nuova disposizione, quindi, l’eccedenza di credito esistente<br />

all’atto dell’ingresso di una società in una liquidazione di gruppo, restando nella<br />

disponibilità <strong>della</strong> società stessa, potrà essere utilizzata dalla medesima negli<br />

anni successivi soltanto al di fuori <strong>della</strong> liquidazione di gruppo, se<strong>con</strong>do le<br />

regole applicabili ordinariamente ai soggetti non facenti parte di un gruppo<br />

societario.<br />

Le eccedenze, pertanto, non potranno essere computate neppure nelle<br />

liquidazioni di gruppo, ancorché gestite dallo stesso ente o società <strong>con</strong>trollante,<br />

relative all’anno successivo a quello d’ingresso nel gruppo e a quelli<br />

seguenti.<br />

Nell’anno successivo a quello d’ingresso e negli anni seguenti dovranno,<br />

pertanto, distinguersi due tipologie di eccedenze di credito <strong>della</strong> società<br />

partecipante alla liquidazione di gruppo:<br />

245


I chiarimenti di<br />

Telefisco 2008<br />

l’eccedenza detraibile formatasi nell’anno precedente, in cui già<br />

operava la liquidazione di gruppo, che dovrà obbligatoriamente<br />

<strong>con</strong>fluire nella liquidazione di gruppo;<br />

l’eccedenza emergente in dichiarazione, ma relativa ad anni<br />

anteriori alla partecipazione alla liquidazione di gruppo, che, per<br />

effetto <strong>della</strong> parziale deroga al principio generale, non è <strong>con</strong>fluita nella<br />

liquidazione stessa nell’anno precedente, la quale resta nella<br />

disponibilità esclusiva <strong>della</strong> società.<br />

Come detto, la nuova regola limitativa si applica a partire dalle liquidazioni di<br />

gruppo relative all’anno 2008: già in tali liquidazioni, quindi, non potranno<br />

essere utilizzate nei calcoli compensativi le eccedenze creditorie emergenti dalle<br />

dichiarazioni annuali relative al 2007 di società partecipanti per la prima volta nel<br />

2008 ad una procedura di liquidazione di gruppo gestita da un determinato ente<br />

o società <strong>con</strong>trollante (Risoluzione Ministero e<strong>con</strong>omia e finanze 14/02/2008, n.<br />

4/DPF).<br />

CHIARIMENTI di TELEFISCO 2008<br />

Sul punto, l'Agenzia delle Entrate in Telefisco, nel corso dell’anno 2008, ha<br />

fornito chiarimenti su come debbano essere utilizzate le eccedenze di<br />

credito per l'anno 2007 nei casi in cui la liquidazione di gruppo sia<br />

gestita per il 2008 da un altro ente o società come <strong>con</strong>trollante<br />

rispetto all'anno precedente.<br />

In particolare, rifacendoci all’esempio sopra riportato, è stato chiesto di<br />

<strong>con</strong>oscere come, a seguito dell'entrata in vigore <strong>della</strong> nuova legge finanziaria<br />

2008, debbano essere gestiste le eccedenze di credito per il 2007 del gruppo<br />

BXYZ, nell'ipotesi in cui la liquidazione Iva di gruppo sia stata rinnovata, per<br />

il 2008, in capo a una <strong>con</strong>trollante A (gruppo ABXYZ), differente rispetto alla<br />

<strong>con</strong>trollante B per l'anno 2007 (il cui il perimetro di liquidazione era formato<br />

dalle società BXYZ), non potendo le stesse <strong>con</strong>fluire nei calcoli compensativi<br />

per il 2008 del gruppo ABXYZ.<br />

Nel rispondere, partendo dai chiarimenti forniti dalla relazione illustrativa al<br />

disegno di legge finanziaria per il 2008, l’Agenzia ha posto l'attenzione su<br />

246


Esempio<br />

come utilizzare il credito emergente dalla dichiarazione degli enti e<br />

delle società aderenti alla procedura di liquidazione di gruppo<br />

relativa all'anno antecedente a quello di partecipazione alla<br />

procedura stessa.<br />

Le richiamate eccedenze, non potendo <strong>con</strong>fluire nei calcoli compensativi:<br />

potranno essere chieste a rimborso solo in presenza <strong>dei</strong> criteri<br />

ordinari di cui dall'articolo 30 del Dpr n. 633/1972;<br />

nell'ipotesi in cui il credito Iva non fosse portato in detrazione,<br />

ESEMPIO<br />

ovvero, chiesto a rimborso nel successivo periodo d'imposta, il credito<br />

"inutilizzato" troverà esposizione in tale ultima dichiarazione<br />

Iva, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza che lo stesso potrà essere trasferito alla<br />

liquidazione di gruppo all'inizio del se<strong>con</strong>do anno successivo a quello di<br />

"entrata" nel regime.<br />

Se la società <strong>con</strong>trollata X, che partecipa alla procedura dall'anno n (a partire<br />

dall'anno 2008), ha un credito Iva risultante dalla propria dichiarazione per il<br />

periodo d'imposta n-1, non può trasferire lo stesso al gruppo:<br />

il credito rimane nella disponibilità <strong>della</strong> società X e può essere<br />

chiesto a rimborso nell'anno n in presenza <strong>dei</strong> presupposti di cui<br />

all'articolo 30 del decreto Iva, ricorrendone i presupposti;<br />

oppure può essere utilizzato in compensazione <strong>con</strong> propri debiti<br />

tributari, <strong>con</strong>tributivi ecc..<br />

Diversamente, in caso di mancato utilizzo del credito, lo stesso:<br />

può essere riportato nella dichiarazione per il periodo d'imposta<br />

n+1 e, quindi, essere trasferito al gruppo, poiché la limitazione<br />

<strong>con</strong>cerne le sole eccedenze detraibili "risultanti dalle dichiarazioni annuali<br />

relative al periodo d'imposta precedente, degli enti e società diversi da<br />

quelli per i quali anche in tale periodo d'imposta l'ente o società<br />

<strong>con</strong>trollante si è avvalso <strong>della</strong> facoltà di cui al presente comma".<br />

247


ATTENZIONE<br />

Poichè le nuove disposizioni entrano in vigore a partire dal 1° gennaio<br />

2008:<br />

non è corretto, in base al dettato normativo, il comportamento di chi,<br />

anche antecedentemente al 1° gennaio 2008, abbia evitato di trasferire<br />

il proprio credito al momento dell'ingresso nella liquidazione di gruppo e<br />

l'abbia utilizzato in compensazione per il pagamento di altri tributi.<br />

Si evidenzia, infine, che, relativamente alla possibilità di riassegnare le posizioni<br />

debitorie e creditorie fra le imprese del nostro esempio BXYZ del gruppo che, nel<br />

2007, hanno partecipato alla liquidazione, l'Agenzia delle Entrate ha<br />

evidenziato che:<br />

le modifiche normative intervenute non hanno modificato il principio<br />

se<strong>con</strong>do cui, al momento in cui è possibile il trasferimento <strong>dei</strong> crediti Iva<br />

in questione, la società <strong>con</strong>trollata perderà totalmente la disponibilità<br />

dell'eventuale credito Iva risultante dalla propria dichiarazione dell'anno<br />

precedente, che verrà trasferito al gruppo e gestito dall'ente o società<br />

<strong>con</strong>trollante.<br />

invariati risultano anche i chiarimenti forniti <strong>con</strong> la circolare 5<br />

marzo 1990, n. 13/450224, in cui era stato precisato che, in tutti i<br />

casi in cui la liquidazione di gruppo non sia rinnovata nell'anno successivo<br />

dall'ente o società <strong>con</strong>trollante (ovvero la stessa cessi nel corso<br />

dell'anno), le eventuali eccedenze di credito trasferite e non compensate<br />

potranno essere utilizzate solo dall'ente o società <strong>con</strong>trollante, che potrà<br />

chiederne il rimborso ovvero computarle in detrazione nelle proprie<br />

liquidazioni nell'anno successivo, prestando, quindi, la corrispondente<br />

garanzia in sede di dichiarazione annuale per la parte compensata.<br />

In detta ipotesi, infatti, l'ente o la società <strong>con</strong>trollante dovrà compilare l’apposito<br />

rigo del quadro VA del modello Iva (per il modello Iva 2008 il rigo era il VA43),<br />

riservato all'indicazione di eccedenze di credito di società ex <strong>con</strong>trollanti da garantire.<br />

In <strong>con</strong>clusione, l'eccedenza detraibile di gruppo risultante dalla liquidazione di<br />

gruppo gestita dalla società B (altro ente o società <strong>con</strong>trollante nell'anno<br />

precedente) potrà essere utilizzata solo dall'ex <strong>con</strong>trollante e non potrà essere<br />

riassegnata alle imprese del gruppo che nel 2007 hanno partecipato alla<br />

liquidazione e che hanno <strong>con</strong>corso a formarla.<br />

248


RIMBORSO IMPOSTE: DIFFERENZA TRA IVA E<br />

IMPOSTE SUI REDDITI<br />

Risoluzione<br />

n. 459/E/2008<br />

Rimborso<br />

imposte dirette<br />

Con la Risoluzione n. 459/E/2008, l’Agenzia delle Entrate ha ri<strong>con</strong>osciuto al<br />

<strong>con</strong>tribuente, che ha commesso degli errori nella compilazione <strong>della</strong><br />

dichiarazione <strong>dei</strong> redditi, la possibilità di richiedere il rimborso delle maggiori<br />

imposte sui redditi versate, mediante presentazione di istanza di rimborso ex<br />

art. 38, D.p.r. n. 602/73 entro quattro anni.<br />

Al <strong>con</strong>trario, se le maggiori imposte versate riguardano l’Iva, l’istanza di<br />

rimborso deve essere presentata entro due anni.<br />

L’Agenzia delle Entrate, <strong>con</strong> la Risoluzione n. 459/E del 2/12/2008, ha affermato<br />

che il <strong>con</strong>tribuente che ha commesso degli errori a proprio danno nella<br />

compilazione <strong>della</strong> dichiarazione <strong>dei</strong> redditi per recuperare la maggiori imposte<br />

versate può presentare:<br />

la dichiarazione integrativa a favore:<br />

entro il termine per la presentazione <strong>della</strong> dichiarazione<br />

relativa all’anno successivo;<br />

un’istanza di rimborso ex art. 38, D.p.r. n. 602/73:<br />

nel termine di quattro anni dalla data di versamento.<br />

In sostanza, il <strong>con</strong>tribuente, per poter recuperare le maggiori imposte versate<br />

qualora sia trascorso il termine di un anno per la presentazione <strong>della</strong><br />

dichiarazione integrativa a favore, può rimediare ricorrendo alla presentazione<br />

di una istanza di rimborso ex art. 38, D.p.r. n. 602/73.<br />

L’art. 38, c.1, del D.p.r. n. 602/73 dispone, infatti, che:<br />

“Il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare<br />

all’intendente di finanza nella cui circoscrizione ha sede il <strong>con</strong>cessionario<br />

presso la quale è stato eseguito il versamento, istanza di rimborso, entro<br />

il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento<br />

stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o<br />

parziale dell’obbligo di versamento”.<br />

Al riguardo, si fa presente che il D.p.r. n. 602/73 <strong>disciplina</strong> esclusivamente la<br />

riscossione delle imposte sui redditi.<br />

249


Rimborso Iva<br />

Dichiarazione<br />

Iva integrativa<br />

Al <strong>con</strong>trario, per quanto riguarda l’Iva non vige alcuna norma specifica che<br />

disciplini tale aspetto. Di <strong>con</strong>seguenza, si deve applicare la norma di carattere<br />

generale stabilita all’art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 546/92, se<strong>con</strong>do il quale la<br />

domanda di restituzione deve essere presentata entro:<br />

due anni dal pagamento.<br />

L’art. 21, comma 2, del D.Lgs n. 546/92 prevede, infatti, che:<br />

“Il ricorso avverso il rifiuto tacito <strong>della</strong> restituzione di cui all’art. 19,<br />

comma 1, lett. g), può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla<br />

domanda di restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna<br />

legge d’imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto.<br />

La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche non<br />

può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se<br />

posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la<br />

restituzione”.<br />

Per quanto riguarda, invece, la possibilità di correggere la Dichiarazione Iva,<br />

esaminiamo cosa dice la Corte di cassazione nella sentenza n. 21944 del 19<br />

ottobre 2007.<br />

TERMINI PER IL RIMBORSO DELLE IMPOSTE<br />

IMPOSTE DIRETTE 4 anni art. 38 c. 4 D.p.r. n. 602/72<br />

IVA 2 anni art. 22 c. 2 D.Lgs n. 602/72<br />

La Suprema Corte, nella sentenza sopracitata, ha esaminato una <strong>con</strong>troversia<br />

sorta tra un <strong>con</strong>tribuente ed il Fisco per un avviso di liquidazione Iva del 1991.<br />

Nel caso esaminato, il ricorrente aveva:<br />

presentato la dichiarazione Iva;<br />

commesso un errore in sede di compilazione <strong>della</strong> stessa;<br />

omesso la correzione dell'errore mediante la mancata<br />

presentazione di una nuova dichiarazione corretta.<br />

Il <strong>con</strong>tribuente intendeva far valere in sede <strong>con</strong>tenziosa la sostanziale<br />

correttezza <strong>dei</strong> dati emersi dalle scritture <strong>con</strong>tabili.<br />

250


Nella prima parte <strong>della</strong> sentenza, la Cassazione ha ripreso il principio <strong>della</strong><br />

emendabilità delle dichiarazioni fiscali, sancito definitivamente dalla pronuncia<br />

delle Sezioni Unite n. 15063/02, affermando che:<br />

sia l'errore di fatto che quello di diritto compiuto dal <strong>con</strong>tribuente in<br />

sede di compilazione <strong>della</strong> dichiarazione, che comporti un aggravio degli<br />

oneri tributari dovuti, è modificabile in quanto le dichiarazioni<br />

tributarie non rappresentano né una <strong>con</strong>fessione, né tanto meno un<br />

atto negoziale tra <strong>con</strong>tribuente e Fisco, ma solo una manifestazione di<br />

scienza e di giudizio, come tale emendabile. Infatti, se l'ordinamento<br />

tributario non ammettesse la rettificabilità delle dichiarazioni, verrebbe<br />

violato lo stesso principio <strong>della</strong> capacità <strong>con</strong>tributiva di cui all'articolo 53<br />

<strong>della</strong> Costituzione, in quanto si imporrebbe al cittadino di pagare un<br />

onere tributario superiore a quello effettivamente dovuto.<br />

Nella se<strong>con</strong>da parte <strong>della</strong> pronuncia in esame, la Corte ha ritenuto, però,<br />

fondamentale sottolineare la necessità di porre un limite alla emendabilità delle<br />

dichiarazioni, soprattutto al fine di rispettare il principio <strong>della</strong> certezza nei<br />

<strong>rapporti</strong> giuridici.<br />

Infatti, in adesione ad un precedente orientamento espresso in seno alla stessa<br />

Corte, la nuova sentenza dichiara che:<br />

la rettificabilità <strong>della</strong> dichiarazione Iva da parte del <strong>con</strong>tribuente può<br />

intervenire nel termine di quattro anni, previsto dall'articolo 57 del<br />

Dpr 633/72 per limitare l'attività di accertamento degli Uffici.<br />

Da notare come anche il termine per rettificare la Dichiarazione Iva (a parere<br />

<strong>della</strong> Corte di Cassazione quattro anni) sia diverso da quello per la presentazione<br />

dell’istanza di rimborso Iva (due anni).<br />

251


252


D.L. 185/2008 : RAVVEDIMENTO PER ERRATA<br />

COMPENSAZIONE DI CREDITI “INESISTENTI”<br />

Premessa<br />

Le due direzioni<br />

del D.L.<br />

185/2008<br />

Qualora un <strong>con</strong>tribuente utilizzi indebitamente nel modello F24 un credito<br />

in compensazione, la violazione per effetto dell’art. 27 del D.L. n.<br />

185/2008 non è quella dell'omesso versamento dell'importo a debito, ma<br />

quella dell'uso indebito del credito, che deve essere ricostituito. Tale<br />

principio non vale nel caso di compensazione in F24 del credito "esistente",<br />

ma eccedente il limite di 516.456,90 euro.<br />

Al fine di <strong>con</strong>trastare i sempre più frequenti abusi nell’utilizzo dell’istituto <strong>della</strong><br />

compensazione <strong>dei</strong> crediti d’imposta, il D.L. n. 185/2008 (Decreto anticrisi) ha<br />

introdotto alcune disposizioni normative che <strong>con</strong>sentono all’Amministrazione<br />

Finanziaria una maggiore capacità di <strong>con</strong>trollo dell’effettiva sussistenza e del<br />

corretto utilizzo <strong>dei</strong> crediti compensati.<br />

Ferma restando la <strong>disciplina</strong> introdotta dall’articolo 37 del decreto legge<br />

223/2006 (Visco-Bersani) relativa a fattispecie che assumono rilevanza penale,<br />

sono due le direzioni nelle quali il decreto legge n. 185/2008 si è mosso per<br />

combattere tali fenomeni di evasione:<br />

1. inasprimento delle sanzioni;<br />

2. allungamento <strong>dei</strong> termini per il recupero <strong>dei</strong> crediti inesistenti<br />

utilizzati.<br />

253


Risoluzione<br />

n. 452/E/2008<br />

D.L. 185/2008<br />

Dichiarazione<br />

infedele<br />

Uso indebito<br />

del credito<br />

Se<strong>con</strong>do quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate <strong>con</strong> la Risoluzione n. 452/E<br />

del 27 novembre 2008, nel caso di compensazione di un debito <strong>con</strong> un<br />

credito inesistente, per regolarizzare la violazione occorre ripristinare, a<br />

posteriori, la capienza iniziale del credito, attraverso il versamento di un<br />

importo corrispondente alla somma indebitamente utilizzata in compensazione,<br />

maggiorato degli interessi, e <strong>con</strong> il <strong>con</strong>testuale versamento <strong>della</strong> sanzione<br />

del 30 per cento prevista per l'omesso versamento (articolo 13 del decreto<br />

legislativo del 18 dicembre 1997, n. 471) in misura ridotta in rapporto alla<br />

data di ravvedimento (circolare 19 maggio 2000, n. 101/E, par. 11.1).<br />

La stessa Agenzia, sempre nella risoluzione n. 452/E/2008, ha precisato che<br />

nell’ errato utilizzo in compensazione di un credito Iva esistente<br />

oltre il limite previsto dall'articolo 34 <strong>della</strong> legge n. 388 del 2000<br />

(516.456,90 euro), potrà essere regolarizzato mediante il versamento<br />

di una somma pari all'eccedenza di Iva utilizzata, maggiorata degli<br />

interessi e <strong>con</strong> il versamento delle sanzioni (pari al 30 per cento del<br />

credito eccedente) in misura ridotta così come prevede l'articolo 13 del<br />

decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Il credito Iva così ripristinato,<br />

potrà essere utilizzato in compensazione, nei limiti previsti, <strong>con</strong> eventuali<br />

debiti tributari e <strong>con</strong>tributi futuri.<br />

Con specifico riferimento all’impianto sanzionatorio, il comma 18 dell’art. 27 del<br />

decreto 185/2008, equipara la fattispecie dell’utilizzo di crediti inesistenti a<br />

quella prevista per le ipotesi di dichiarazione infedele nella quale sia indicato<br />

un credito superiore a quello spettante.<br />

Trova, quindi, applicazione la sanzione che va dal 100 al 200% <strong>della</strong> misura<br />

<strong>dei</strong> crediti indebitamente utilizzati.<br />

Indebito utilizzo credito in F24<br />

Prima Ora<br />

Violazione : omesso versamento<br />

dell’importo a debito.<br />

254<br />

Violazione: uso indebito del credito –<br />

dichiarazione infedele<br />

Pertanto, nel caso in cui un <strong>con</strong>tribuente utilizza indebitamente nel modello<br />

F24 un credito in compensazione, la violazione per effetto dell’art.27 del D.L. n.<br />

185/2008, non è più quella dell'omesso versamento dell'importo a debito,<br />

ma quella dell'uso indebito del credito, che deve essere ricostituito.


Utilizzo indebito<br />

di credito<br />

eccedente il<br />

limite di<br />

516.456,90 Euro<br />

Esempio:<br />

Il caso prima<br />

del D.L.<br />

185/2008<br />

Tale principio vale:<br />

• nel caso del credito "inesistente", ma non nel caso di<br />

OSSERVA<br />

compensazione in F24 di un credito "esistente", ma eccedente il<br />

limite di 516.456,90 euro che rimane sanzionabile se<strong>con</strong>do il<br />

regime ordinario.<br />

In relazione alla nuova sanzione in argomento, era sorta una problematica<br />

interpretativa in ordine al coordinamento <strong>della</strong> stessa <strong>con</strong> la norma che<br />

sanziona l'utilizzo, anch'esso da <strong>con</strong>siderarsi indebito, in compensazione di<br />

crediti per importi superiori a 516.456,90 euro per ciascun anno<br />

solare.<br />

Con una risposta data dall’Agenzia delle Entrate, nella tele<strong>con</strong>ferenza di sabato<br />

17 gennaio, è stato chiarito che si tratta di due fattispecie sanzionatorie<br />

differenti che seguono, pertanto, differenti regimi. L'utilizzo indebito in<br />

compensazione di crediti esistenti oltre il limite di 516.456,90 euro<br />

verrà, infatti, sanzionato in misura pari al 30% dell'importo eccedente<br />

il suddetto limite.<br />

Trova, pertanto, applicazione il regime sanzionatorio ordinario che <strong>con</strong>sente la<br />

regolarizzazione spontanea mediante il versamento di una somma<br />

pari all'eccedenza di Iva utilizzata, maggiorata degli interessi e <strong>con</strong><br />

il versamento delle sanzioni in misura ridotta, così come prevede<br />

l'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.<br />

Quanto sopra può essere meglio compreso se ipotizziamo il caso di un<br />

<strong>con</strong>tribuente che al 31 dicembre 2008 ritiene di avere un credito IVA di 100 e lo<br />

utilizza tutto in compensazione tra gennaio e febbraio del 2009. A marzo,<br />

purtroppo, ci si accorge che il credito IVA in realtà era di 50. In tale circostanza,<br />

prima dell’intervento effettuato dal D.L. n. 185/2008, avrebbe potuto sanare<br />

l’errore facendo un ravvedimento operoso e riversando il credito inesistente<br />

utilizzato in compensazione.<br />

255


Sanzione al<br />

100% dopo<br />

D.L. 185/2008<br />

Gli effetti del<br />

D.L. n. 185/2008<br />

sul ravvedimento<br />

operoso<br />

Il costo del<br />

nuovo<br />

ravvedimento<br />

Il ravvedimento avrebbe comportato il versamento:<br />

• dell’ IVA indebitamente utilizzata in compensazione (pari a 50);<br />

• degli interessi (3% annuo in ragione <strong>dei</strong> giorni di ritardo);<br />

• <strong>della</strong> sanzione ridotta per ravvedimento del 6% (pari ad 1/5 del minimo<br />

che era del 30%).<br />

Per effetto del D.L. n. 185/2008, il caso sopra evidenziato determina un<br />

aggravio degli importi da pagare in quanto la sanzione a cui si faceva riferimento<br />

(30%) per il ravvedimento operoso ha subito un incremento (passando al<br />

100%), in <strong>con</strong>siderazione che la fattispecie dell’utilizzo di crediti<br />

inesistenti è stata equiparata a quella prevista per le ipotesi di<br />

dichiarazione infedele.<br />

Tuttavia, occorre sottolineare come il Dl 185/2008 sia intervenuto anche sul<br />

ravvedimento operoso, reso più <strong>con</strong>veniente alla luce dell'incremento <strong>della</strong><br />

riduzione delle sanzioni applicabili. Infatti:<br />

• nel caso del ravvedimento “breve” entro 30 giorni dalla violazione, la<br />

riduzione delle sanzioni passa da 1/8 a 1/12, mentre<br />

• nel caso del ravvedimento "lungo", posto in essere entro il termine di<br />

presentazione <strong>della</strong> dichiarazione relativa al periodo nel quale è stata<br />

effettuata la violazione, la riduzione passa da 1/5 a 1/10.<br />

Conseguentemente, ritornando al caso sopra evidenziato, ora il <strong>con</strong>tribuente che<br />

decide di ravvedersi e ricostituisce il credito subirà gli effetti del D.L. n.<br />

185/2008 in termini di sanzioni, infatti:<br />

entro 30 giorni dal suo indebito utilizzo, deve versare una sanzione<br />

pari all'8,33% (1/12 del minimo), a fronte del precedente 3,75% (1/8<br />

del minimo);<br />

se il ravvedimento viene, invece, effettuato dopo i 30 giorni, ma entro il<br />

termine <strong>della</strong> presentazione di Unico, la sanzione ridotta è pari al 10%<br />

(1/10 del 100%), mentre prima si versava il 6% (1/5 del 30%).<br />

256


Novità dal<br />

29/11/2008<br />

Esempio:<br />

Il caso dopo il<br />

D.L. n.<br />

185/2008<br />

Occorre, tuttavia, precisare che, non avendo il Dl n. 185/2008 previsto una<br />

<strong>disciplina</strong> transitoria, le nuove riduzioni si applicano a partire dai ravvedimenti<br />

posti in essere dal 29 novembre 2008 anche se in relazione a violazioni<br />

commesse precedentemente. Pertanto, il <strong>con</strong>tribuente che ha utilizzato in<br />

compensazione indebitamente un credito in un Mod. F24 presentato prima del<br />

29 novembre è, quindi, soggetto alla "vecchia" sanzione del 30% che può, però,<br />

essere oggetto di ravvedimento applicando le nuove riduzioni (pagando, a<br />

se<strong>con</strong>da <strong>dei</strong> casi, sanzioni ridotte al 2,5 o al 3 per cento).<br />

Applicabilità <strong>della</strong> nuova sanzione<br />

In merito all'applicabilità <strong>della</strong> nuova sanzione introdotta è stato precisato<br />

dall'Agenzia, nella tele<strong>con</strong>ferenza sopra citata, come, sulla base del principio di<br />

irretroattività delle norme sanzionatorie, deve ritenersi esclusa<br />

l'applicazione <strong>della</strong> sanzione dal 100 al 200% <strong>dei</strong> crediti indebitamente<br />

utilizzati in compensazione per violazioni commesse prima del 29<br />

novembre 2008 (data di entrata in vigore del D.L. n. 185/2008).<br />

Ciò significa che per gli utilizzi indebiti di crediti in compensazione<br />

commessi prima di tale data la sanzione applicabile resta quella<br />

prevista dalle singole leggi d'imposta per gli omessi o ritardati<br />

versamenti.<br />

Per meglio comprendere le novità introdotte dal D.L. n. 185/2008, facciamo<br />

ricorso ad un esempio:<br />

Ipotizziamo il caso di un <strong>con</strong>tribuente che ha utilizzato nel 2008, un credito IVA<br />

inesistente di 20.000 euro, tramite Mod. F24, rispettivamente in data:<br />

1. 16 novembre 2008, euro 10.000;<br />

2. 16 dicembre 2008, euro 10.000.<br />

Il suddetto <strong>con</strong>tribuente potrà certamente presentare un ravvedimento operoso per<br />

l’indebito utilizzo e restituire quanto non spettante, ma per effetto delle disposizioni<br />

introdotte dal D.L. n. 185/2008, gli effetti e, soprattutto, i costi del<br />

ravvedimento, per l’una e l’altra errata compensazione, saranno diversi.<br />

257


Ravvedimento<br />

del Mod. F24 del<br />

16/11/2008<br />

Ravvedimento<br />

del Mod. F24 del<br />

16/12/08<br />

Concetto di<br />

credito<br />

inesistente<br />

Ipotizziamo, infatti, che il ravvedimento venga effettuato in febbraio del 2009, si<br />

dovranno fare distinti calcoli, e cioè:<br />

1. Per l’indebito utilizzo del credito IVA effettuato nel mod. F24 in data 16<br />

novembre 2008, in vigenza <strong>della</strong> vecchia disposizione, la sanzione applicabile<br />

nel caso di specie era quella dell’omesso versamento e, quindi, la sanzione era<br />

nella misura del 30%, ma poiché il ravvedimento si effettua dopo il 29<br />

novembre, data di entrata in vigore delle nuove disposizioni sul ravvedimento,<br />

si applicano le nuove riduzioni (pagando nel caso specifico la sanzione ridotta del<br />

3% invece che il 6%), per cui il mod. F24 dovrà indicare:<br />

A) l’imposta (10.000 euro di IVA), utilizzando il codice 6099 (quello del<br />

credito Iva annuale);<br />

B) gli interessi nella misura del 3% in ragione <strong>dei</strong> giorni di ritardo,<br />

(codice 1991);<br />

C) la sanzione, ridotta del 3% (codice 8904).<br />

2. Per l’indebito utilizzo effettuato, invece, nel mod. F24 in data 16 dicembre<br />

2008, in vigenza delle nuove disposizioni introdotte dal D.L. n. 185/2008, che<br />

hanno mutato la violazione da omesso versamento a indebito utilizzo<br />

(dichiarazione infedele), la sanzione applicabile nel caso di specie passa dal<br />

30% al 100%, ma poiché il ravvedimento si effettua dopo il 29 novembre (per<br />

effetto del D.L. n. 185/2008), si applicano le nuove riduzioni (pagando nel caso<br />

specifico la sanzione ridotta del 10%), per cui il mod. F24 dovrà indicare:<br />

A) l’imposta (10.000 euro di IVA), utilizzando il codice 6099 (quello del<br />

credito Iva annuale);<br />

B) gli interessi nella misura del 3% in ragione <strong>dei</strong> giorni di ritardo<br />

(codice 1991);<br />

C) la sanzione ridotta da ravvedimento del 10% (pari a 1/10 del<br />

minimo), <strong>con</strong> codice 8904.<br />

Si ritiene di evidenziare, infine, che, relativamente al <strong>con</strong>cetto di credito<br />

inesistente, rientrano nella fattispecie:<br />

sia gli importi artificiosamente rappresentati in sede <strong>con</strong>tabile o<br />

dichiarativa;<br />

che i crediti ritenuti erroneamente esistenti per fatto imputabile a<br />

titolo di colpa al <strong>con</strong>tribuente.<br />

258


In sintesi<br />

Sembra, inoltre, potersi evincere che dovrebbero, invece, restare fuori dal<br />

nuovo regime sanzionatorio e non essere, quindi, definiti come «inesistenti»,<br />

tutti quei crediti che il <strong>con</strong>tribuente riteneva come spettanti, ma che si<br />

sono poi rivelati, in tutto o in parte, non esistenti, magari a seguito di un<br />

<strong>con</strong>trollo successivo da parte <strong>della</strong> stessa amministrazione finanziaria.<br />

La nuova sanzione si rende applicabile a qualsiasi credito, sia esso per<br />

imposte che per <strong>con</strong>tributi, che, ai sensi dell'articolo 17 del D.Lgs. n.241/97,<br />

può essere utilizzato in compensazione in sede di versamenti unitari.<br />

Ravvedimento per indebito utilizzo di un credito in<br />

compensazione : la modifica delle sanzioni<br />

Vecchio sistema Nuovo sistema<br />

• Sanzione edittale applicabile: 30%;<br />

Ravvedimento “breve” nei trenta giorni<br />

• Sanzione ridotta da ravvedimento:<br />

3,75% (pari ad 1/8 del minimo);<br />

• Maggiorazione per interessi: 3% annuo<br />

in ragione <strong>dei</strong> giorni di ritardo (dalla data<br />

di versamento in compensazione alla data<br />

del versamento per ravvedimento);<br />

259<br />

• Sanzione edittale applicabile: 100%<br />

*;<br />

• Sanzione ridotta da ravvedimento:<br />

8,33% (pari ad 1/12 del minimo);<br />

• Maggiorazione per interessi: 3%<br />

annuo in ragione <strong>dei</strong> giorni di ritardo<br />

(dalla data di versamento in<br />

compensazione alla data del<br />

ve5rsamento per ravvedimento);<br />

Ravvedimento “lungo” entro i termini di Unico<br />

• Sanzione edittale applicabile: 30%;<br />

• Sanzione ridotta da ravvedimento : 6%<br />

(pari ad 1/5 del minimo);<br />

• Maggiorazione per interessi:3% annuo in<br />

ragione <strong>dei</strong> giorni di ritardo (dalla data di<br />

versamento in compensazione alla data<br />

del ve5rsamento per ravvedimento);<br />

• Sanzione<br />

100%*;<br />

edittale applicabile:<br />

• Sanzione ridotta per ravvedimento :<br />

10% (pari ad 1/10 del minimo);<br />

• Maggiorazione per interessi:3%<br />

annuo in ragione <strong>dei</strong> giorni di ritardo<br />

(dalla data di versamento in<br />

compensazione alla data del<br />

ve5rsamento per ravvedimento);<br />

* Se l’indebita compensazione è stata effettuata prima del 29 novembre 2008, la<br />

sanzione applicabile è quella vecchia, ossia il 30%, ma il ravvedimento va<br />

effettuato <strong>con</strong> le nuove riduzioni: si paga quindi, rispettivamente, il 2,5%(1/12 del<br />

30%) o il 3% (1/10 del 30%).


260


PARTITA IVA NON RESIDENTI<br />

Soggetto<br />

passivo<br />

ai fini IVA<br />

Prestazioni di<br />

servizi rilevanti<br />

in Italia<br />

Condizioni<br />

Un soggetto residente in un paese terzo che intende aprire un'attività<br />

e<strong>con</strong>omica in Italia, senza esercitare nel proprio Paese alcuna professione,<br />

può richiedere la partita Iva “ordinaria” come qualsiasi cittadino italiano.<br />

In tal caso, infatti, per essere <strong>con</strong>siderato soggetto passivo di imposta nello<br />

Stato, è irrilevante che la persona sia residente all’estero, in quanto a tal fine<br />

è sufficiente l’intenzione di svolgere l’attività lavorativa e costituire il centro<br />

<strong>dei</strong> propri interessi in Italia.<br />

(Risoluzione n. 369/E del 3 ottobre 2008)<br />

Si <strong>con</strong>sidera soggetto passivo ai fini IVA, in base al D.P.R. n. 633/1972, colui<br />

che:<br />

operando nell’esercizio d’impresa, arti o professioni, effettua cessioni di<br />

beni o prestazioni di sevizi rilevanti nel territorio dello Stato.<br />

Per quanto riguarda, in particolare, le prestazioni di servizi, l’art. 7, comma 3,<br />

dello stesso D.P.R. prevede che:<br />

“Le prestazioni di servizi si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello<br />

Stato quando sono rese da soggetti che hanno il domicilio nel<br />

territorio stesso o da soggetti ivi residenti che non abbiano stabilito il<br />

domicilio all’estero, nonché quando sono rese da stabili<br />

organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati e residenti<br />

al<strong>l'estero</strong>; non si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello Stato quando<br />

sono rese da stabili organizzazioni al<strong>l'estero</strong> di soggetti domiciliati o<br />

residenti in Italia.”.<br />

Un operatore e<strong>con</strong>omico, quindi, pone in essere operazioni attive ai fini IVA<br />

in Italia se, in qualità di prestatore, si trova in una delle seguenti situazioni:<br />

261


Concetti di<br />

residenza e<br />

domicilio<br />

La residenza<br />

“fiscale”<br />

(C.m. n. 304/1997)<br />

Le precisazioni<br />

<strong>della</strong><br />

Risoluzione<br />

n. 369/E/2008<br />

1) è domiciliato in Italia (anche se risiede all’estero);<br />

2) è residente in Italia senza domicilio all’estero;<br />

3) è domiciliato o residente all’estero, ma possiede una stabile<br />

organizzazione in Italia.<br />

In presenza di uno di questi elementi, le prestazioni di servizi sono da<br />

<strong>con</strong>siderarsi, in linea generale, effettuate in Italia.<br />

Si precisa che, ai sensi dell’art. 43 del c.c.:<br />

residenza è il luogo in cui la persona ha la dimora abituale ed è<br />

determinata dalla stabile permanenza in un posto e dalla volontà di<br />

rimanervi;<br />

domicilio è il luogo in cui essa ha stabilito la sede principale <strong>dei</strong> suoi<br />

affari e interessi e prescinde dalla presenza fisica effettiva del soggetto in<br />

una zona.<br />

In merito, la circolare del Ministero delle Finanze del 2 dicembre 1997, n.<br />

304, aveva affermato che:<br />

“ (…) l’aver stabilito il domicilio civilistico in Italia ovvero l’aver<br />

fissato la propria residenza nel territorio dello Stato sono<br />

<strong>con</strong>dizioni sufficienti per l’integrazione <strong>della</strong> fattispecie di<br />

residenza fiscale, indipendentemente dall’iscrizione nell’anagrafe <strong>della</strong><br />

popolazione residente.”<br />

Nella Risoluzione n. 369/E del 3 ottobre 2008, l’Agenzia delle Entrate<br />

muove proprio da queste <strong>con</strong>siderazioni per precisare che:<br />

è irrilevante l’iscrizione nell’anagrafe <strong>della</strong> popolazione residente ai fini<br />

dell’individuazione del soggetto passivo d’imposta in Italia;<br />

la residenza è intesa quale “res facti”, poiché non può prescindere<br />

dall’insistere sul luogo, <strong>con</strong> relativa stabilità, del soggetto e l’elemento<br />

intenzionale assume rilevanza se<strong>con</strong>daria;<br />

262


il domicilio è, invece, definito “res iuris” in quanto situazione giuridica<br />

caratterizzata dalla volontà di stabilire e <strong>con</strong>servare in un determinato<br />

luogo la sede principale <strong>dei</strong> propri affari ed interessi (in questo senso,<br />

la sentenza <strong>della</strong> Corte di Cassazione del 21 marzo 1968, n. 884).<br />

Di <strong>con</strong>seguenza, le Entrate <strong>con</strong>cludono che, nel caso di un soggetto residente<br />

all’estero (nella Repubblica di San Marino, nella fattispecie oggetto<br />

dell’interpello) che abbia intenzione di aprire la partita Iva al fine di svolgere la<br />

propria attività professionale in Italia, è chiara l’intenzione di trasferire nel<br />

territorio italiano il centro <strong>dei</strong> propri interessi, svolgendovi l’attività lavorativa.<br />

Pertanto, la circostanza che nel territorio italiano venga costituito il<br />

domicilio fiscale, pur in presenza <strong>della</strong> residenza in un Paese terzo (Repubblica<br />

di San Marino) non è di ostacolo a <strong>con</strong>siderare tale soggetto come passivo<br />

di imposta alla stessa stregua di un soggetto residente e, quindi, nella<br />

domanda di attribuzione del numero di partita IVA (modello AA9/9), dovrà<br />

indicare:<br />

nel quadro C: il domicilio fiscale, ossia il luogo dove sarà svolta<br />

l’attività lavorativa;<br />

nel quadro B: la propria residenza, comprensiva del numero<br />

identificativo IVA dello Stato estero.<br />

Luogo dove si svolgerà<br />

263<br />

Luogo estero di residenza


264


TERRITORIALITÀ IVA PER I CONVEGNI ALL’ESTERO<br />

La norma in<br />

deroga al<br />

principio<br />

generale<br />

Le prestazioni di servizi relative all’organizzazione di eventi culturali-<br />

scientifici, nonché di servizi accessori ad essi <strong>con</strong>nessi, erogate da una<br />

società italiana in un altro Paese Ue, sono assoggettabili ad Iva nello<br />

Stato membro in cui si svolge l’evento e non in quello in cui risiede l’ente<br />

promotore.<br />

Se, però, il soggetto che ha organizzato l’evento è diverso da quello<br />

che eroga i servizi aggiuntivi, questi, ai fini <strong>della</strong> territorialità Iva,<br />

dovranno essere esaminati singolarmente.<br />

(Risoluzione n. 367/E del 3 ottobre 2008)<br />

L’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972, relativo alla territorialità dell’imposta sul<br />

valore aggiunto, al comma 4, lett. b), stabilisce che:<br />

“… le prestazioni di servizi culturali, scientifici, artistici, didattici, sportivi,<br />

ricreativi e simili, …, si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello<br />

Stato quando sono eseguite nel territorio stesso”.<br />

La citata disposizione costituisce una deroga al principio generale previsto dal<br />

precedente comma 3, il quale, prevedendo che:<br />

“Le prestazioni di servizi si <strong>con</strong>siderano effettuate nel territorio dello<br />

Stato quando sono rese da soggetti che hanno il domicilio nel territorio<br />

stesso o da soggetti ivi residenti che non abbiano stabilito il domicilio<br />

al<strong>l'estero</strong>…”,<br />

dà, invece, rilevanza al solo domicilio o residenza del prestatore, a prescindere,<br />

quindi, dal luogo in cui la prestazione è resa.<br />

La deroga è in linea <strong>con</strong> quanto previsto a livello comunitario dall’art. 52, par. 1,<br />

lett. a), <strong>della</strong> Direttiva del Consiglio 28.11.2006, n. 2006/112/CE, relativa al<br />

sistema comune IVA, che prevede che:<br />

265


I chiarimenti<br />

<strong>della</strong><br />

Risoluzione<br />

n. 367/E/2008<br />

“per le attività culturali, artistiche, sportive, scientifiche d’insegnamento,<br />

ricreative e affini”, la territorialità è legata al luogo di esecuzione <strong>della</strong><br />

prestazione.<br />

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito recentemente questo <strong>con</strong>cetto <strong>con</strong> la<br />

Risoluzione n. 367/E del 3 ottobre 2008, <strong>con</strong> particolare riferimento alla<br />

territorialità dell’IVA dell’attività di organizzazione di <strong>con</strong>gressi,<br />

<strong>con</strong>vention, riunioni, corsi di aggiornamento e di formazione del<br />

personale in ambito scientifico – culturale.<br />

Nel caso di specie, la società istante intende organizzare eventi anche in altri<br />

Paesi Ue, fornendo ai propri clienti due tipologie di prestazioni:<br />

“pacchetto-base” di servizi comprendenti quote di iscrizione al<br />

<strong>con</strong>gresso, fornitura di sala, impianti tecnici, servizi di hostess e di<br />

traduzione, noleggio dello spazio espositivo, eccetera;<br />

altri servizi accessori a quelli principali (alberghi, hostess, ristorazione,<br />

pubblicità, eccetera).<br />

Qualora la manifestazione sia organizzata da altri soggetti, l’azienda offrirebbe<br />

solo i servizi accessori.<br />

A parere dell’Amministrazione finanziaria, non vi sono ostacoli alla possibilità di<br />

estendere l’applicabilità <strong>della</strong> predetta deroga in materia di territorialità<br />

IVA anche alle prestazioni di servizi rese per l’organizzazione di<br />

<strong>con</strong>gressi e manifestazioni.<br />

Del resto, la stessa Agenzia delle Entrate, nella precedente Risoluzione n. 131/E<br />

del 13.11.2006, aveva precisato che:<br />

le somme percepite da una società organizzatrice di una <strong>con</strong>ferenza in<br />

altro Stato membro, a fronte <strong>della</strong> distribuzione di materiale didattico,<br />

dell’erogazione <strong>della</strong> cena sociale, del coffee break, etc. vanno riferite “ad<br />

eventi strettamente <strong>con</strong>nessi <strong>con</strong> lo svolgimento <strong>della</strong> … <strong>con</strong>ferenza” e,<br />

come tali, da <strong>con</strong>siderarsi relative “ad un evento di natura culturale,<br />

territorialmente rilevante nel luogo di materiale esecuzione (art. 7, quarto<br />

comma, lett. b del D.P.R. n. 633 del 1972)”,<br />

e, quindi, tali prestazioni vanno assoggettate ad IVA nello Stato in cui sono<br />

materialmente erogate, a prescindere dal Paese dove risiede la società.<br />

266


Il carattere di<br />

accessorietà<br />

Per quanto riguarda, invece, i servizi del se<strong>con</strong>do gruppo, ovvero i servizi<br />

accessori resi dalla società per eventi organizzati da terzi, a parere delle<br />

Entrate, essi non rientrano tra le prestazioni indicate dall’art. 7, comma<br />

4, lett. b), D.P.R. n. 633/1972 (prestazioni scientifiche, culturali, ecc.),<br />

perché rese da un soggetto terzo rispetto all'organizzatore del <strong>con</strong>vegno e,<br />

quindi, da <strong>con</strong>siderare come servizi aggiuntivi (albergo, servizi di ristorazione,<br />

eccetera) non indispensabili per la realizzazione dell’evento.<br />

Nel caso specifico, viene meno anche il carattere di accessorietà di cui<br />

all’art. 12 del D.P.R. n. 633/1972 (ossia uno stretto rapporto e<strong>con</strong>omico –<br />

funzionale tra l’operazione se<strong>con</strong>daria e quella principale), in quanto, anche se<br />

va ri<strong>con</strong>osciuta la riferibilità delle prestazioni rese all’operazione principale,<br />

viene a mancare il presupposto soggettivo a causa <strong>della</strong> differenza tra il<br />

soggetto che eroga le prestazioni principali e quello che eroga quelle accessorie,<br />

per cui va esclusa la natura accessoria delle prestazioni oggetto dell’interpello.<br />

In <strong>con</strong>clusione, l’Agenzia delle Entrate ritiene che:<br />

nel caso in cui sia la stessa società ad organizzare l’evento<br />

culturale-scientifico → sia le prestazioni principali che quelle accessorie<br />

rientrano nell’ambito applicativo di cui all’art. 7, quarto comma, lett. b),<br />

del DPR n. 633/1972, e, quindi, sono da <strong>con</strong>siderarsi territorialmente<br />

rilevanti in Italia solo nel caso in cui l’evento, oggetto <strong>della</strong> prestazione<br />

principale, sia realizzato nel territorio dello Stato;<br />

nel caso, invece, in cui non vi sia corrispondenza tra soggetto che<br />

eroga le prestazioni di servizi principali e soggetto che eroga i<br />

servizi accessori → le prestazioni rese dovranno essere esaminate<br />

singolarmente al fine di individuare il luogo <strong>della</strong> loro tassazione ai fini<br />

IVA se<strong>con</strong>do le disposizioni dell’art. 7 del citato D.P.R. n. 633 del 1972.<br />

267


268


NIENTE IVA PER IMMOBILI IN LEASING APPORTATI<br />

IN FONDI CHIUSI<br />

Premessa<br />

Risoluzione<br />

n. 389/E/2008<br />

Interpello<br />

Il <strong>con</strong>ferimento in un fondo immobiliare chiuso di una serie di <strong>con</strong>tratti di<br />

leasing, che hanno ad oggetto immobili <strong>con</strong>cessi in locazione è:<br />

escluso dall'IVA ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lett. b) del D.p.r.<br />

n. 633/72.<br />

(Agenzia delle Entrate, Risoluzione n. 389/E del 20 ottobre 2008)<br />

L’Agenzia delle Entrate, nella Risoluzione n. 389/E/2008, in risposta ad un<br />

interpello, ha affermato che il <strong>con</strong>ferimento in un fondo immobiliare chiuso di<br />

una serie di immobili detenuti da una società in base ad un <strong>con</strong>tratto di locazione<br />

finanziaria di natura traslativa (e poi dati in locazione ordinaria) rientra tra le<br />

operazioni escluse esenti da Iva ai sensi dell’art. 2 terzo comma, lett. b) del<br />

D.p.r. 633/72 in quanto esiste una sostanziale:<br />

assimilabilità del diritto derivante dal <strong>con</strong>tratto di leasing al<br />

diritto di proprietà.<br />

La questione è stata posta da una società, che, nell’ambito di una<br />

ristrutturazione aziendale, intende apportare in un fondo di gestione<br />

immobiliare, oltre ad alcuni immobili detenuti in proprietà, anche:<br />

una serie di <strong>con</strong>tratti di leasing traslativi di immobili <strong>con</strong>cessi in locazione<br />

ordinaria.<br />

La società chiedeva, quindi, se l’apporto di immobili in leasing, da effettuare a<br />

favore di un fondo immobiliare a fronte del ricevimento di quote di quest’ultimo,<br />

potesse rientrare:<br />

nell’ambito dell’art. 8, comma 1-bis, del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, che<br />

esclude espressamente dall’IVA gli “apporti ai fondi immobiliari chiusi di<br />

immobili prevalentemente locati al momento dell’apporto” 1 .<br />

1<br />

L'art. 8, c. 1-bis, del d. l. 25 settembre 2001, n. 351 (<strong>con</strong>vertito, <strong>con</strong> modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001,<br />

n. 410) è stato sostituito dall'art. 3-quater del d. l. 3 agosto 2004, n. 220 (<strong>con</strong>vertito dalla legge 19 ottobre 2004, n.<br />

257) il quale prevede che gli apporti in fondi immobiliari chiusi di immobili prevalentemente locati al momento<br />

dell’apporto si <strong>con</strong>siderano tra le operazioni di cui all’art. 2 terzo comma lett. b) del D.p.r. 633/72, sicché essi non<br />

269


Risposta<br />

dell’Agenzia delle<br />

Entrate<br />

Condizioni<br />

L’Agenzia delle Entrate, vista la <strong>particolari</strong>tà <strong>della</strong> domanda espressa, ha<br />

richiesto il preventivo parere del Ministero dell’E<strong>con</strong>omia e delle Finanze, il quale<br />

ha ri<strong>con</strong>osciuto l’assimilabilità <strong>dei</strong> due <strong>con</strong>tratti, affermando che:<br />

“la sostanziale assimilabilità del diritto derivante dal <strong>con</strong>tratto di<br />

leasing al diritto di proprietà (al riguardo viene richiamata la<br />

giurisprudenza <strong>della</strong> Corte di Cassazione, III sez, 3 maggio 2002, n.<br />

6369 ed un orientamento <strong>della</strong> Banca d'Italia espresso in un<br />

provvedimento del 14 aprile 2005) <strong>con</strong>sente di ammettere una<br />

sostanziale omologazione di tali figure giuridiche e, dunque, la<br />

possibilità di effettuare operazioni del tipo di quella rappresentata<br />

dalla società istante”.<br />

Alla luce <strong>dei</strong> chiarimenti dati dal Ministero dell’E<strong>con</strong>omia e delle Finanze,<br />

l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che:<br />

“all'apporto a favore del fondo immobiliare di un diritto di<br />

godimento su una pluralità di immobili prevalentemente locati<br />

(diritto da ri<strong>con</strong>durre a <strong>con</strong>tratti di leasing immobiliare ceduti dalla<br />

Società al fondo in cambio di una sottoscrizione di quote) possa<br />

applicarsi l'esclusione dall'IVA ai sensi del menzionato articolo 8,<br />

comma 1-bis, del decreto legge n. 351 del 2001”.<br />

Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che per applicare l’agevolazione<br />

è necessario che:<br />

il soggetto che riceve l’apporto sia necessariamente un “fondo<br />

immobiliare chiuso” (art. 37 del decreto legislativo n. 58/98);<br />

l'investimento (locazione beni per subentro nei <strong>con</strong>tratti di leasing<br />

traslativo) realizzato dal fondo medesimo:<br />

rappresenti per il fondo immobiliare <strong>con</strong>tinuazione dell'attività<br />

<strong>della</strong> società;<br />

sia ammesso dal regolamento di funzionamento del fondo<br />

medesimo.<br />

sono <strong>con</strong>siderati cessioni di beni ai fini dell’Iva. Ponendoli così sullo stesso piano, sotto il profilo del relativo<br />

trattamento ai fini IVA, delle cessioni e <strong>dei</strong> <strong>con</strong>ferimenti in società di aziende o rami d'azienda.<br />

270


CESSIONE GRATUITA DI OMAGGI A CLIENTI EXTRA CEE<br />

Premessa<br />

Definizione di<br />

esportazione<br />

Cessione<br />

all’esportazione<br />

E' prassi diffusa fra gli operatori commerciali quella di inviare omaggi di beni<br />

che vengono prodotti o commercializzati dall'impresa. Quando il cliente è<br />

rappresentato da un operatore extracomunitario vanno analizzate le<br />

problematiche IVA <strong>con</strong>nesse all'esportazione <strong>dei</strong> beni ceduti gratuitamente.<br />

In questa Fiscal Flash cercheremo di stabilire se, per l’invio di un omaggio<br />

rappresentato da un bene di propria produzione o commercio ad un<br />

cliente extracomunitario, si renda applicabile la normativa di cui all'art. 8,<br />

del D.P.R. n. 633/1972 e, pertanto, il regime di non imponibilità previsto per<br />

le cessioni all'esportazione.<br />

Qualora tale regime tributario sia ritenuto applicabile, è necessario verificare se<br />

gli importi fatturati a tale titolo costituiscano o meno plafond utilizzabile per gli<br />

acquisti in esenzione di IVA da parte degli esportatori abituali.<br />

Analizziamo, innanzitutto, la portata applicativa di alcuni <strong>con</strong>cetti base<br />

cominciando dalla definizione di esportazione.<br />

Il termine usato nella normativa IVA, <strong>con</strong>tenuto nell'art. 8, del D.P.R. n.<br />

633/1972, è, infatti, quello di "cessioni all'esportazione". E' immediatamente<br />

percepibile una possibile differenziazione rispetto alla portata più ampia che il<br />

termine "esportazione" ha nell'ambito del settore doganale.<br />

Si può, pertanto, correttamente affermare che le cessioni all'esportazione, in<br />

linea di principio, devono avere ad oggetto beni esportati dal punto di<br />

vista doganale e, quindi, usciti dal territorio comunitario.<br />

Al riguardo, è esplicita la Circolare n. 874/33650 del 19.12.1972, <strong>con</strong> la quale il<br />

Ministero delle Finanze - Direzione generale dogane ha identificato le cessioni<br />

all'esportazione in quelle eseguite al<strong>l'estero</strong> o comunque fuori dal territorio<br />

doganale.<br />

L'uscita <strong>dei</strong> beni dal territorio comunitario, idoneamente provata dall'emissione<br />

<strong>della</strong> relativa documentazione presso il competente Ufficio doganale <strong>della</strong><br />

Comunità, rappresenta, però, solamente il primo elemento necessario per avere<br />

271


una cessione all'esportazione non imponibile ai sensi dell'art. 8 del D.P.R. n.<br />

633/1972.<br />

Quest'ultima si realizza, infatti, al ricorrere di due <strong>con</strong>dizioni che devono<br />

ricorrere <strong>con</strong>temporaneamente:<br />

trasferimento fisico <strong>dei</strong> beni al di fuori del territorio comunitario, <strong>con</strong><br />

la relativa uscita risultante dalla documentazione doganale;<br />

trasferimento <strong>dei</strong> beni a titolo traslativo <strong>della</strong> proprietà, inteso<br />

nella sua accezione giuridica di matrice civilistica<br />

In realtà, a tali due requisiti se ne potrebbe aggiungere un terzo, quello cioè<br />

dell'onerosità dell'operazione, deducendone la necessità proprio dal termine<br />

"cessione" posto immediatamente prima del termine "esportazione".<br />

La problematica relativa alla presunta necessità o meno del pagamento<br />

di un corrispettivo, è proprio quella che direttamente incide sul trattamento<br />

tributario degli omaggi di beni che, per definizione, comportano delle cessioni a<br />

titolo gratuito a favore <strong>della</strong> clientela attuale o potenziale.<br />

Attenendosi ad una stretta e rigorosa lettura del testo dell’art. 8 del D.P.R. n.<br />

633/1972, risulta evidente che non vengono utilizzate ulteriori o più specifiche<br />

aggettivazioni del termine “cessioni”, dovendosi, così, logicamente dedurre che<br />

occorre rifarsi al <strong>con</strong>cetto di “cessioni di beni”, come definito nella normativa IVA<br />

nell’art. 2 del medesimo decreto, anche in relazione alle esportazioni.<br />

Ai sensi dell’art. 2, comma 2, n. 4), del D.P.R. n. 633/1972, costituis<strong>con</strong>o<br />

cessioni di beni:<br />

“le cessioni gratuite di beni ad esclusione di quelli la cui produzione o il<br />

cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa se<br />

…(omissis)…”<br />

Le cessioni gratuite di omaggi di propria produzione o commercio<br />

rientrano, pertanto, tra quelle assimilate ai fini IVA alle ordinarie cessioni<br />

di beni a titolo oneroso rilevanti ai fini applicativi dell’imposta, in piena<br />

aderenza a quanto previsto nell’art. 5, <strong>della</strong> Direttiva 17 maggio 1977, n.<br />

77/388/CEE.<br />

272


Applicabilità<br />

dell’articolo 8,<br />

comma 1, DPR<br />

n.633/1972<br />

Sulla base di quanto sopra, si può dedurre dalla normativa comunitaria e<br />

nazionale, che non esisterebbero, quindi, preclusioni ostative<br />

all’applicazione del regime di non imponibilità alle esportazioni di beni<br />

ceduti a titolo gratuito, risultando, così, ininfluente, il requisito dell’onerosità.<br />

Si fa notare che l’Amministrazione finanziaria ha più volte ribadito,<br />

sebbene in tema di operazioni triangolari, l’irrilevanza <strong>della</strong> circostanza che i<br />

beni vengano inviati all’estero gratuitamente e, cioè, <strong>con</strong> la procedura del<br />

cosiddetto “franco valuta”.<br />

I richiamati interventi interpretativi sono, più specificamente, i seguenti:<br />

Circolare Ministeriale 9 aprile 1981, n. 12, paragrafo A<br />

Risoluzione Ministeriale 4 novembre 1986, n. 416596.<br />

L’applicabilità dell’art. 8, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 nel caso di cessioni<br />

gratuite a favore di soggetti extra-Cee, <strong>con</strong> specifico riferimento agli omaggi, è<br />

stata anche <strong>con</strong>fermata dall’Assonime <strong>con</strong> circolare n. 89 del primo agosto 1996,<br />

dove è stata evidenziata la <strong>con</strong>figurabilità dell’esportazione non imponibile.<br />

Tali <strong>con</strong>clusioni appaiono, a parere di chi scrive, corrette anche alla luce del<br />

seguente duplice ordine di <strong>con</strong>siderazioni:<br />

1. si è in presenza a tutti gli effetti di una operazione doganale di<br />

esportazione definitiva;<br />

2. l’immissione in <strong>con</strong>sumo <strong>dei</strong> beni omaggiati avviene all’estero e non nel<br />

territorio dello Stato.<br />

In presenza di tali presupposti, quando l’invio gratuito di beni in paesi<br />

extracomunitari <strong>con</strong>figura una cessione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto ai<br />

sensi dell’art. 2, comma 2, n. 4), del D.P.R. n. 633/1972, come avviene nel caso<br />

di beni prodotti o commercializzati ordinariamente dall’impresa, si ritiene<br />

pertanto corretto, ai fini <strong>della</strong> fatturazione, procedere <strong>con</strong> le seguenti<br />

modalità:<br />

emissione di regolare fattura, recante il titolo di non imponibilità ex art.<br />

8, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972;<br />

indicazione del “valore normale” <strong>dei</strong> beni;<br />

annotazione che si tratta di omaggi ceduti a titolo gratuito.<br />

273


Problematiche in<br />

tema di plafond<br />

Nel caso specifico, a corredo <strong>della</strong> pratica doganale di esportazione definitiva,<br />

viene, quindi, presentata una normale fattura <strong>con</strong> l’indicazione del cliente estero,<br />

il quale, sebbene non debba corrispondere alcun importo a fronte <strong>della</strong> cessione<br />

gratuita, è comunque il destinatario <strong>dei</strong> beni nel paese extracomunitario ove gli<br />

stessi verranno importati.<br />

Se, dunque, le cessioni di beni in omaggio possono fondatamente ritenersi<br />

“esportazioni” nell’ottica dell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972, deve ulteriormente<br />

essere verificata la loro eventuale rilevanza ai fini IVA per la costituzione del<br />

“plafond” utilizzabile da parte degli esportatori abituali.<br />

Al riguardo, si deve evidenziare che, mentre il requisito dell’onerosità non è<br />

decisivo ai fini <strong>della</strong> <strong>con</strong>figurabilità di una cessione all’esportazione non<br />

imponibile, esso assume, invece, rilevanza decisiva ai fini <strong>della</strong><br />

costituzione del “plafond”.<br />

L’assenza del corrispettivo rende, infatti, le cessioni gratuite, così dette<br />

operazioni “franco valuta”, ininfluenti ai fini <strong>della</strong> formazione del plafond; tale<br />

<strong>con</strong>seguenza trova <strong>con</strong>ferma in dottrina e nell’orientamento espresso dalla<br />

stessa Amministrazione finanziaria<br />

L’Amministrazione in passato già si è espressa in tal senso, escludendo dal<br />

computo del plafond le ipotesi di esportazione “franco valuta”, che si verificano<br />

nel caso in cui l’operatore nazionale effettui una cessione gratuita<br />

all’esportazione.<br />

In effetti, il temine utilizzato nella prassi ministeriale di “franco valuta” è<br />

significativo nell’indicare come fattore fondamentale discriminante, ai fini <strong>della</strong><br />

<strong>con</strong>figurazione di una cessione all’esportazione a tutti gli effetti, la rimessa<br />

valutaria dall’estero. A tali fini, deve quindi realizzarsi in senso sostanziale,<br />

nonché giuridico, il pagamento da parte del fornitore.<br />

OSSERVA<br />

Sulla base di quanto sopra, emerge dalla prassi ministeriale e dal <strong>con</strong>tributo <strong>della</strong><br />

dottrina dominante che risulta, quindi, sicuramente opportuno “monitorare”<br />

adeguatamente, sul piano <strong>con</strong>tabile ed amministrativo, le cessioni gratuite di beni<br />

omaggiati, di propria produzione o commercio, a clienti e destinatari extracomunitari,<br />

<strong>con</strong>siderato che le stesse, sebbene <strong>con</strong>figurino cessioni all’esportazione non imponibili,<br />

sono del tutto irrilevanti ai fini del “plafond” in mancanza del pagamento di un<br />

corrispettivo.<br />

274


LA DICHIARAZIONE IVA 2009<br />

Premessa<br />

I modelli<br />

approvati<br />

L’Agenzia delle Entrate ha approvato, <strong>con</strong> Provvedimento del Direttore<br />

del 15 gennaio 2009, i nuovi modelli di dichiarazione annuale IVA<br />

2009 (mod. IVA/2009, mod. VR/2009 per la richiesta di rimborso, mod.<br />

IVA 26 LP/2009 per gli enti e le società <strong>con</strong>trollanti, Modello IVA 74-bis<br />

per fallimento e liquidazione coatta amministrativa). Diverse le novità<br />

presenti quest’anno, che qui andremo ad analizzare.<br />

(Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 15<br />

gennaio 2009).<br />

Con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate emanato il<br />

15 gennaio 2009, avente pubblicità legale in luogo <strong>della</strong> pubblicazione in G.U.,<br />

sono stati approvati i nuovi modelli, <strong>con</strong> le relative istruzioni, <strong>con</strong>cernenti le<br />

dichiarazioni relative all’anno 2008 da presentare nell’anno 2009 ai fini<br />

dell'imposta sul valore aggiunto :<br />

Modello IVA/2009, ovvero il modello base composto da:<br />

o il frontespizio, <strong>con</strong>tenente anche l’informativa relativa al<br />

trattamento <strong>dei</strong> dati personali;<br />

o i quadri VA, VC, VD, VE, VF, VG, VJ, VH, VK, VL, VT, VX, VO, VS,<br />

VV, VW, VY e VZ;<br />

Modello VR/2009 per la richiesta di rimborso, riservato ai<br />

<strong>con</strong>tribuenti che intendono chiedere, in tutto o in parte, il rimborso<br />

dell'eccedenza d'imposta detraibile relativa all’anno 2008;<br />

Modello IVA 26 LP/2009, ovvero il prospetto delle liquidazioni<br />

periodiche, riservato agli enti o società <strong>con</strong>trollanti di cui all'articolo<br />

73, ultimo comma, del D.P.R. n. 633/1972;<br />

Modello IVA 74-bis/2009, relativo alle operazioni effettuate, in caso di<br />

fallimento o liquidazione coatta amministrativa, nella frazione<br />

d'anno antecedente la dichiarazione di fallimento o di liquidazione coatta<br />

amministrativa, riservato ai curatori fallimentari e ai commissari<br />

liquidatori.<br />

275


Termini di<br />

presentazione<br />

Prima di analizzare, nel prosieguo, le più importanti novità presenti quest’anno<br />

nel modello di dichiarazione IVA/2009, si ricorda che:<br />

la dichiarazione IVA annuale (in forma autonoma o unificata) va<br />

presentata, esclusivamente in via telematica, direttamente o tramite<br />

un intermediario abilitato, entro il 31.07.2009 (non è stata, infatti,<br />

data, per il momento, attuazione alla prospettata unificazione delle<br />

scadenze delle dichiarazioni al 30 settembre);<br />

DICHIARAZIONE IVA IN FORMA AUTONOMA<br />

Si precisa che la presentazione <strong>della</strong> dichiarazione in forma<br />

autonoma interessa solo i seguenti casi:<br />

società di capitali e altri soggetti IRES <strong>con</strong> periodo d’imposta non<br />

coincidente <strong>con</strong> l’anno solare;<br />

soggetti, diversi dalle persone fisiche, <strong>con</strong> periodo d’imposta<br />

chiuso in data anteriore al 31.12.2008 (ciò interessa, ad<br />

esempio, la società di persone cessata il 12.12.2008, senza<br />

messa in liquidazione);<br />

società <strong>con</strong>trollanti e <strong>con</strong>trollate, che partecipano alla<br />

liquidazione IVA di gruppo;<br />

curatori fallimentari e commissari liquidatori per le dichiarazioni<br />

che devono presentare per <strong>con</strong>to <strong>dei</strong> soggetti falliti o sottoposti a<br />

liquidazione coatta amministrativa;<br />

soggetti non residenti che si avvalgono di un rappresentante<br />

fiscale (art. 17, DPR n. 633/72);<br />

soggetti non residenti che si sono identificati direttamente (art.<br />

35-ter, DPR n. 633/72);<br />

<strong>particolari</strong> soggetti (ad esempio, i venditori porta a porta) non<br />

tenuti alla presentazione <strong>della</strong> dichiarazione unificata in quanto<br />

titolari di redditi per i quali non sussiste l’obbligo di<br />

presentazione <strong>della</strong> dichiarazione <strong>dei</strong> redditi e dell’IRAP;<br />

soggetti risultanti da operazioni straordinarie o da altre<br />

trasformazioni sostanziali soggettive, avvenute nel periodo tra<br />

l’1.1.2009 e la data di presentazione <strong>della</strong> dichiarazione relativa<br />

al 2008, tenuti a presentare la dichiarazione IVA per <strong>con</strong>to <strong>dei</strong><br />

soggetti estinti.<br />

276


Termini di<br />

versamento del<br />

saldo annuale<br />

IVA<br />

Telefoni<br />

cellulari<br />

(Rigo VA8)<br />

il versamento dell’IVA risultante dalla dichiarazione annuale va<br />

effettuato entro il 16.03.2009, sempreché l’importo dovuto sia<br />

superiore a € 10,33 (importo arrotondato a € 10). E’ possibile, tuttavia:<br />

effettuare il versamento in forma rateale (<strong>con</strong> la<br />

maggiorazione dello 0,50% mensile);<br />

differire il versamento alla scadenza prevista per il saldo<br />

relativo al mod. UNICO 2009 (<strong>con</strong> la maggiorazione dello<br />

0,40% per ogni mese o frazione di mese successivo al<br />

16.03.2009), in caso di presentazione <strong>della</strong> dichiarazione<br />

unificata.<br />

Analizziamo ora le novità presenti quest’anno nel modello di dichiarazione<br />

IVA/2009 (anno 2008). Come si legge nel Provvedimento di approvazione, i<br />

nuovi modelli sono stati elaborati adeguando la struttura ed il <strong>con</strong>tenuto di essi<br />

alle diverse disposizioni normative e di prassi emanate nel corso dell’anno<br />

d’imposta oggetto <strong>della</strong> dichiarazione.<br />

In primo luogo, si ricorda che la Finanziaria 2008 (Legge n. 244 /2007), all’art.<br />

1, comma 261, ha abrogato la lettera g) dell’art. 19-bis1 del D.P.R. n. 633/72,<br />

disposizione che limitava al 50% la detrazione dell’IVA relativa all’acquisto e alla<br />

gestione di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico<br />

terrestre di comunicazioni.<br />

Di <strong>con</strong>seguenza, anche per i telefonini cellulari il diritto alla detrazione è<br />

tornato ad essere regolato dal principio generale dell’inerenza e, quindi,<br />

se<strong>con</strong>do la percentuale di utilizzo <strong>dei</strong> beni nello svolgimento dell’attività<br />

d’impresa o professionale.<br />

La stessa legge ha, tuttavia, previsto la programmazione di specifici <strong>con</strong>trolli<br />

nei <strong>con</strong>fronti <strong>dei</strong> <strong>con</strong>tribuenti che esercitano la detrazione in misura<br />

superiore alla al 50% dell’imposta.<br />

Il nuovo modello IVA/2009, nel Quadro VA, sezione 1, presenta, a tal<br />

proposito, un apposito rigo, VA8, dedicato proprio ai soggetti che nel corso del<br />

277


Società non<br />

operative<br />

(Rigo VA46)<br />

2008 hanno effettuato acquisti e importazioni di telefoni cellulari e delle relative<br />

prestazioni di gestione esercitando la detrazione in misura superiore al 50%, i<br />

quali dovranno riportare in tale rigo l’ammontare imponibile di dette spese e<br />

la relativa imposta detratta:<br />

Attenzione<br />

Le istruzioni ministeriali precisano che il rigo va compilato anche dai soggetti<br />

per i quali la detrazione effettiva risulti, poi, ridotta entro la predetta<br />

percentuale per effetto del pro-rata.<br />

La compilazione del rigo VA8 comporta, quindi, l’inserimento del<br />

soggetto nella lista delle posizioni suscettibili di <strong>con</strong>trollo mirato in<br />

ordine all’inerenza degli acquisti in esame, anche se ciò non preclude<br />

all’Amministrazione finanziaria di selezionare pure altri <strong>con</strong>tribuenti.<br />

Altro rigo nuovo del Quadro VA è il rigo VA46 <strong>della</strong> sezione IV, che <strong>con</strong>tiene<br />

una casella riservata alle società ed agli enti non operativi:<br />

Tale casella è finalizzata a <strong>con</strong>sentire la corretta gestione del credito IVA<br />

annuale alla luce delle limitazioni introdotte dall’art. 30, comma 4, Legge n.<br />

724/1994, come modificato dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223.<br />

Questa disposizione, infatti, prevede, tra le altre cose, che per le società e gli<br />

enti non operativi:<br />

278


Eccedenza di<br />

credito IVA non<br />

compensabile<br />

orizzontalmente<br />

Estinzione del<br />

credito<br />

Indicazione del<br />

codice corretto<br />

all’interno del<br />

Rigo VA46<br />

l’eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione Iva non è<br />

rimborsabile, né cedibile, né utilizzabile in compensazione<br />

cosiddetta “orizzontale”.<br />

La società “di comodo” può, quindi, soltanto riportare a nuovo il credito<br />

Iva per utilizzarlo nella compensazione interna (o “verticale”), ossia a<br />

scomputo degli eventuali debiti risultati dalle liquidazioni <strong>della</strong> stessa imposta.<br />

Tuttavia:<br />

qualora per tre periodi di imposta <strong>con</strong>secutivi la società o l’ente non<br />

operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini dell’Iva in misura<br />

almeno pari all’importo che risulta dall’applicazione delle percentuali<br />

stabilite per il cosiddetto “test di operatività” ai fini del reddito,<br />

l’eccedenza di credito non è neppure riportabile a nuovo nei<br />

periodi successivi, per cui si verifica l’estinzione del credito.<br />

Le nuove disposizioni hanno trovato applicazione a partire dalla<br />

dichiarazione relativa al periodo d'imposta in corso alla data del 4 luglio<br />

2006 (data di entrata in vigore del D.L. n. 223/2006), quindi dalla<br />

dichiarazione IVA/2007 relativa al 2006.<br />

Ne deriva che, <strong>con</strong> la dichiarazione Iva 2009, relativa all’anno 2008, si<br />

entra nel terzo periodo d’imposta dall’entrata in vigore <strong>della</strong> disposizione e,<br />

pertanto:<br />

la società o ente operativo che non abbia effettuato, nei tre periodi<br />

d’imposta <strong>con</strong>secutivi 2006, 2007 e 2008, operazioni rilevanti ai fini<br />

dell’Iva in misura almeno pari all’importo che risulta dall’applicazione<br />

delle percentuali stabilite per il cosiddetto “test di operatività” ai fini del<br />

reddito, l’eccedenza di credito non è più riportabile a nuovo nei<br />

periodi successivi, per cui si verifica l’estinzione del credito.<br />

Quest’anno è, quindi, la prima volta che si può presentare questa<br />

situazione.<br />

Per tale motivo è stato inserito nel modello Iva 2009 il rigo VA46, dove le<br />

società non operative dovranno indicare il codice numerico corrispondente<br />

alla situazione nella quale si trovano, in base alla seguente codifica riportata<br />

nelle istruzioni:<br />

279


Società di<br />

comodo <strong>con</strong><br />

periodo<br />

d’imposta non<br />

coincidente <strong>con</strong><br />

l’anno solare<br />

1<br />

2<br />

3<br />

4<br />

Società non operativa per l’anno oggetto <strong>della</strong> dichiarazione.<br />

Società non operativa per l’anno oggetto <strong>della</strong> dichiarazione e<br />

per il precedente.<br />

Società non operativa per l’anno oggetto <strong>della</strong> dichiarazione e<br />

per i due precedenti.<br />

Società non operativa per l’anno oggetto <strong>della</strong> dichiarazione e<br />

per i due precedenti e che non ha effettuato, in nessun anno del<br />

triennio, operazioni rilevanti ai fini Iva per ammontare almeno<br />

pari all’importo che risulta dalle percentuali di cui all’art. 30,<br />

comma 1, <strong>della</strong> legge n. 724/1994.<br />

La società che si trova nella situazione n. 4 perde l’eventuale eccedenza<br />

detraibile risultante dalla dichiarazione: tale eccedenza, che dovrà,<br />

comunque, essere indicata, come precisato nelle istruzioni, nel rigo VX2 (IVA a<br />

credito o da trasferire) o nel corrispondente rigo del quadro RX del modello<br />

Unico 2009, non potrà, dunque, essere ripresa nelle liquidazioni periodiche del<br />

2009.<br />

OSSERVA<br />

E’ necessario,quindi, per le società potenzialmente interessate, accertare<br />

quanto prima l’eventuale <strong>con</strong>dizione comportante la decadenza del credito, in<br />

modo da evitare la ripresa indebita del credito stesso nelle liquidazioni dell’anno<br />

corrente.<br />

Con riguardo alle società <strong>con</strong> esercizio non coincidente <strong>con</strong> l’anno solare,<br />

l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di chiarire, <strong>con</strong> la circolare n. 25/E del<br />

04.05.2007, che:<br />

tali società dovranno operare annualmente, a partire dal periodo<br />

d’imposta in corso al 4 luglio 2006, il raffronto tra l’importo risultante dal<br />

test di operatività e il volume d’affari Iva riferito, ai fini in esame, all’arco<br />

temporale che compone il periodo d’imposta ai fini reddituali.<br />

280


Iva di gruppo<br />

(Righi VL8, VL9,<br />

VL10, VL26,<br />

VL 25)<br />

La <strong>disciplina</strong><br />

ESEMPIO<br />

Società Alfa <strong>con</strong> periodo d’imposta che va dal 1° giugno al 31 maggio.<br />

I raffronti dovranno essere effettuati tra i dati di bilancio e i volumi d’affari<br />

ricalcolati relativamente agli esercizi:<br />

1° giugno 2006 - 31 maggio 2007;<br />

1° giugno 2007 - 31 maggio 2008;<br />

1° giugno 2008 - 31 maggio 2009.<br />

Nel caso in cui si verifichino le <strong>con</strong>dizioni per la decadenza del credito, la<br />

società non potrà più riportare a nuovo il credito esistente al 31 maggio 2009.<br />

Altra novità <strong>della</strong> dichiarazione IVA/2009 è costituita dai nuovi righi inerenti la<br />

liquidazione IVA di gruppo.<br />

Si ricorda che la <strong>disciplina</strong> <strong>della</strong> liquidazione di gruppo è regolata<br />

dall’articolo 73, ultimo comma, del Dpr n. 633/1972, integrato successivamente<br />

dal Dm 13 dicembre 1979, che ri<strong>con</strong>osce:<br />

la possibilità di compensare, nell'ambito del gruppo, i crediti e i<br />

debiti Iva risultanti dalle liquidazioni periodiche e dal <strong>con</strong>guaglio<br />

di fine anno delle società che costituis<strong>con</strong>o il gruppo ai fini<br />

dell'imposta sul valore aggiunto.<br />

La procedura <strong>con</strong>sente, quindi, di <strong>con</strong>trapporre ed estinguere<br />

automaticamente all'interno del gruppo le situazioni creditorie e debitorie di<br />

alcune società <strong>con</strong> quelle di altre rientranti nel medesimo "perimetro di<br />

liquidazione".<br />

281


La limitazione<br />

introdotta dalla<br />

Finanziaria 2008<br />

RICORDA<br />

Si ricorda che, per poter accedere alla liquidazione IVA di gruppo, è necessario<br />

che:<br />

i soggetti interessati alla procedura in questione siano società di<br />

capitali residenti in Italia;<br />

le quote o le azioni di ogni società (<strong>con</strong>trollata) siano possedute per oltre<br />

il 50% da un'altra società del gruppo ininterrottamente almeno dal 1°<br />

gennaio dell'anno solare precedente a quello in cui viene attivata<br />

la procedura. Il possesso di oltre il 50% deve sussistere in ogni<br />

passaggio <strong>della</strong> catena di <strong>con</strong>trollo.<br />

Per effetto di quanto stabilito dalla Finanziaria 2008, dal 1° gennaio 2008:<br />

non è <strong>con</strong>sentito alle società che entrano per la prima volta nella<br />

liquidazione Iva di gruppo di trasferire il proprio credito<br />

dell'anno precedente.<br />

In sostanza, è stata limitata la possibilità di utilizzare l'eccedenza di credito<br />

emergente dalle dichiarazioni relative all'anno precedente da parte delle società<br />

che partecipano per la prima volta alla liquidazione di gruppo.<br />

Sul punto, l'Agenzia delle Entrate, in occasione di Telefisco 2008, ha chiarito<br />

come utilizzare il credito emergente dalla dichiarazione degli enti e delle<br />

società aderenti alla procedura di liquidazione di gruppo relativa<br />

all'anno antecedente a quello di partecipazione alla procedura stessa,<br />

affermando che tale credito, non potendo <strong>con</strong>fluire nei calcoli compensativi:<br />

potrà essere chiesto a rimborso, nell’anno in esame o in quelli<br />

successivi, solo qualora ricorrano i presupposti dell'articolo 30<br />

del Dpr n. 633/1972;<br />

potrà essere utilizzato in compensazione “orizzontale” <strong>con</strong><br />

propri debiti tributari, <strong>con</strong>tributivi ecc.. (nei limiti stabiliti dalla<br />

legge e, cioè, 516.456,90 euro per anno solare, importo elevato a 1<br />

milione di euro per i subappaltatori in edilizia che hanno realizzato<br />

almeno l’80% del volume d’affari in operazioni sottoposte a “reverse<br />

charge”);<br />

282


Effetti nella<br />

dichiarazione<br />

IVA/2009<br />

nell'ipotesi in cui il credito Iva non fosse portato in detrazione,<br />

ovvero, chiesto a rimborso nel successivo periodo d'imposta, potrà<br />

trovare esposizione in tale ultima dichiarazione Iva, <strong>con</strong> la<br />

<strong>con</strong>seguenza che lo stesso potrà essere trasferito alla liquidazione di<br />

gruppo all'inizio del se<strong>con</strong>do anno successivo a quello di "entrata" nel<br />

regime.<br />

ESEMPIO<br />

Se la società <strong>con</strong>trollata X, che partecipa alla procedura dall'anno n (a partire<br />

dall'anno 2008), ha un credito Iva risultante dalla propria dichiarazione per il<br />

periodo d'imposta n-1, non può trasferire lo stesso al gruppo:<br />

il credito rimane nella disponibilità <strong>della</strong> società X e può essere<br />

chiesto a rimborso nell'anno n (2008) in presenza <strong>dei</strong><br />

presupposti di cui all'articolo 30 del decreto Iva;<br />

oppure può essere utilizzato in compensazione <strong>con</strong> propri debiti<br />

tributari, <strong>con</strong>tributivi ecc..<br />

Diversamente, in caso di mancato utilizzo del credito, lo stesso:<br />

può essere riportato nella dichiarazione IVA da presentarsi nel<br />

periodo d'imposta n+1 (2009) e, quindi, essere trasferito al<br />

gruppo, poiché la limitazione <strong>con</strong>cerne le sole eccedenze detraibili<br />

"risultanti dalle dichiarazioni annuali relative al periodo d'imposta<br />

precedente, degli enti e società diversi da quelli per i quali anche in<br />

tale periodo d'imposta l'ente o società <strong>con</strong>trollante si è avvalso <strong>della</strong><br />

facoltà di cui al presente comma".<br />

Allo scopo di <strong>con</strong>sentire un’efficace rappresentazione (e <strong>con</strong>trollo) <strong>della</strong><br />

situazione creditoria sottoposta alle sopra indicate limitazioni, nella<br />

dichiarazione annuale IVA/2009 è stata introdotta una sezione per<br />

l’indicazione dell’eccedenza detraibile rinveniente dall’anno precedente:<br />

283


Caso di società<br />

non operative che<br />

aderis<strong>con</strong>o all’IVA<br />

di gruppo<br />

Tale sezione ha l’obiettivo di far emergere, mediante la compilazione <strong>dei</strong> righi<br />

VL8, VL9 e VL10, l’eccedenza che può <strong>con</strong>correre alla determinazione<br />

dell’imposta a saldo per il 2008, da riportare nel successivo rigo VL26:<br />

Il procedimento si articola nei seguenti passaggi:<br />

tutti i <strong>con</strong>tribuenti che hanno chiuso la dichiarazione precedente <strong>con</strong> un<br />

credito non richiesto a rimborso debbono indicarne l’ammontare nel rigo<br />

VL8;<br />

nel successivo rigo VL9 occorre indicare la quota del predetto credito che è<br />

stata utilizzata in compensazione c.d. “orizzontale” anteriormente alla<br />

presentazione <strong>della</strong> dichiarazione Iva 2009 (va ricordato, al riguardo, che il<br />

credito 2007 può essere compensato a partire dal 1° gennaio 2008 e fino<br />

alla presentazione <strong>della</strong> dichiarazione dell’anno successivo);<br />

il rigo VL10, infine, è riservato alle società che hanno aderito nel 2008 ad<br />

una procedura “di gruppo” alla quale non partecipavano l’anno precedente,<br />

le quali dovranno indicare nel rigo in esame la differenza tra l’eccedenza<br />

detraibile rinveniente dal 2007, riportata nel rigo VL8, e la parte utilizzata<br />

in compensazione orizzontale, riportata nel rigo VL9. Tale differenza<br />

rappresenta il credito 2007 che, non essendo trasferibile al gruppo ai sensi<br />

<strong>della</strong> sopra descritta disposizione <strong>della</strong> Finanziaria 2008, rimane nella<br />

definitiva disponibilità <strong>della</strong> società e potrà essere utilizzato come indicato<br />

in precedenza (risoluzione n. 4/DPF/2008).<br />

Per quanto riguarda il rigo VL26, che accoglie, come si diceva, l’eccedenza<br />

detraibile dell’anno precedente che effettivamente <strong>con</strong>corre alla determinazione<br />

del saldo 2008, l’importo da riportare nel rigo in esame si ottiene per differenza<br />

tra l’importo del rigo VL8 e quello del rigo VL9, sempreché non sia stato<br />

compilato il rigo VL10, poiché la compilazione di quest’ultimo rigo preclude la<br />

possibilità di riportare il credito nel rigo VL26.<br />

Si evidenzia, in tema di liquidazione IVA di gruppo, che il credito Iva, per le<br />

società non operative, è intrasferibile.<br />

284


Immatricolazione<br />

veicoli di<br />

provenienza UE<br />

(Righi VL 24 e VL29,<br />

VH20-31)<br />

L'eccedenza di credito Iva generata da una società <strong>con</strong>trollata non<br />

operativa non può essere usata in compensazione dell'imposta dovuta<br />

da altre società del gruppo, né essere chiesta dalla società <strong>con</strong>trollante<br />

a titolo di rimborso, come <strong>con</strong>fermato dall’Agenzia delle Entrate nella<br />

Risoluzione n. 26/E del 30 gennaio 2008.<br />

Le limitazioni, tuttavia, riguardano il credito risultante dalla dichiarazione<br />

annuale e non le eccedenze detraibili emergenti dalle liquidazioni periodiche,<br />

sicché può accadere che la società trasferisca nel corso dell’anno dette<br />

eccedenze detraibili al gruppo e, poi, al termine del periodo d’imposta, risulti non<br />

operativa. In tal caso, come precisato dall’Agenzia delle Entrate <strong>con</strong> la<br />

risoluzione 29 aprile 2008, n. 180, la capogruppo dovrà restituire le<br />

eccedenze alla società non operativa.<br />

Il rigo VL25 accoglie, pertanto, l’indicazione delle eccedenze che la società<br />

risultata non operativa per l’anno 2007 aveva trasferito al gruppo nel<br />

corso dello stesso anno e che le sono state poi restituite dalla<br />

<strong>con</strong>trollante:<br />

Altra novità del quadro VL è costituita dai righi VL 24 e VL 29 relativi ai veicoli<br />

di provenienza comunitaria.<br />

Con il comma 9 dell’art. 1 del D.L. n. 262/2006, infatti, è stato stabilito che:<br />

per l’immatricolazione o la voltura di autoveicoli, motoveicoli e<br />

loro rimorchi, anche nuovi, oggetto di acquisto intracomunitario<br />

<br />

a titolo oneroso, la relativa richiesta deve essere corredata <strong>della</strong><br />

copia del modello F24 di versamento dell’Iva, recante per ciascun<br />

mezzo di trasporto il numero di telaio e l’ammontare dell’Iva assolta in<br />

occasione <strong>della</strong> prima cessione interna.<br />

La speciale procedura di versamento, divenuta operativa a decorrere dal 3<br />

dicembre 2007, prevede l’utilizzo di una particolare versione del modello F24,<br />

denominato “modello F24 – IVA immatricolazione auto Unione Europea” e<br />

di codici tributo istituiti ad hoc.<br />

285


Di <strong>con</strong>seguenza, già nella dichiarazione annuale dell’anno scorso è stata<br />

introdotta un’apposita sezione 2 all’interno del quadro VH, destinata<br />

all’indicazione di questi versamenti speciali, sezione che viene ora integrata <strong>con</strong><br />

12 righi, da VH20 a VH31, corrispondenti ai 12 mesi dell’anno:<br />

Tali righi sono dedicati all’indicazione <strong>dei</strong> versamenti (mensili o trimestrali)<br />

effettuati <strong>con</strong> il mod. F24 IVA immatricolazione auto UE, <strong>con</strong> riferimento<br />

all’imposta dovuta in occasione <strong>della</strong> prima cessione interna di autoveicoli nuovi<br />

e/o usati oggetto di un precedente acquisto intracomunitario nel c.d. “mercato<br />

parallelo”, il cui importo va evidenziato a rigo VL29, campo 1.<br />

Nei predetti righi devono essere ricompresi anche i versamenti effettuati nel<br />

2008 in relazione ad autoveicoli destinati a future cessioni, il cui importo deve<br />

essere evidenziato anch’esso nel nuovo rigo VL24.<br />

Nella dichiarazione IVA/2009, inoltre, è stato introdotto il rigo VL24, per<br />

l’indicazione <strong>dei</strong> predetti versamenti speciali effettuati nel 2008 in<br />

relazione a cessioni non intervenute nell’anno 2008, ma in anni<br />

successivi.<br />

Tale circostanza può verificarsi, per esempio, nel caso in cui l’immatricolazione<br />

del veicolo sia effettuata dal rivenditore non in dipendenza di una immediata<br />

cessione, ma al fine di raggiungere gli obiettivi di vendita fissati dalla casa<br />

costruttrice o dal distributore (si veda la circolare dell’Agenzia delle entrate n.<br />

52/E del 30 luglio 2008.<br />

Se, dunque, il versamento dell’Iva è stato effettuato nel corso del 2008, in<br />

dipendenza dell’immatricolazione, mentre la cessione sarà effettuata in anni<br />

successivi, l’importo del versamento speciale, da includere nell’ammontare<br />

complessivo <strong>dei</strong> versamenti periodici riportato nel rigo VL29 (crediti), va<br />

indicato anche nel rigo VL24 (debiti), al fine di non influenzare la<br />

liquidazione dell’imposta.<br />

286


Cessioni immobili<br />

strumentali cui si<br />

applica il<br />

reverse charge<br />

dal 01.03.2008<br />

(Rigo VE34, campo<br />

5 e Rigo VJ14)<br />

Analogamente, nel caso in cui siano state effettuate, nel corso del 2008,<br />

cessioni la cui imposta sia stata versata <strong>con</strong> il modello F24 speciale<br />

nell’anno precedente, in dipendenza dell’immatricolazione del veicolo, le<br />

istruzioni <strong>della</strong> dichiarazione annuale precisano che anche l’importo di tale<br />

versamento, sebbene effettuato nell’anno precedente, deve essere incluso nel<br />

rigo VL29 e altresì specificato, per ragioni di chiarezza, nel nuovo campo 2<br />

istituito all’interno del rigo stesso.<br />

Un nuovo debutto all’interno <strong>della</strong> dichiarazione IVA/2009 è quello del nuovo<br />

campo 5 del rigo VE34, rigo riservato all’indicazione dell’ammontare delle<br />

operazioni <strong>con</strong> applicazione del reverse charge.<br />

In tale campo, infatti, devono essere ricomprese, oltre alle cessioni di immobili<br />

strumentali di cui all’art. 10, n. 8-ter, lett. d), DPR n. 633/72, imponibili per<br />

opzione, anche le:<br />

cessioni di immobili strumentali di cui all’art. 10, n. 8-ter, lett.<br />

b), DPR n. 633/72 per le quali, a decorrere dal 01.03.2008,<br />

trova applicazione il meccanismo del reverse charge:<br />

La Finanziaria 2008 ha, infatti esteso, a partire dal 1° marzo 2008,<br />

l’applicazione del meccanismo del reverse – charge alle cessioni di immobili<br />

strumentali effettuate nei <strong>con</strong>fronti di soggetti <strong>con</strong> un Pro – rata di<br />

detraibilità inferiore al 25%<br />

287


Contribuenti minimi<br />

(Rigo VF16)<br />

Ricorso al<br />

ravvedimento<br />

operoso e<br />

indicazione<br />

metodo calcolo<br />

ac<strong>con</strong>to IVA<br />

(quadro VH e<br />

quadro VV)<br />

Corrispondentemente, nel quadro VJ, che prevede l'esposizione analitica delle<br />

operazioni d'acquisto <strong>con</strong> applicazione del reverse charge, il cessionario dovrà<br />

ora indicare anche le suddette operazioni per le quali è stato introdotto l'obbligo<br />

di assolvimento dell'imposta mediante reverse charge, precisamente all’interno<br />

del rigo VJ14:<br />

Il rigo VF16 del quadro VF, precedentemente dedicato agli acquisti effettuati<br />

da soggetti in regime di franchigia ex art. 32-bis, DPR n. 633/72, è ora<br />

riservato all’indicazione dell’ammontare degli acquisti effettuati da soggetti che<br />

hanno aderito, dal 1° gennaio 2008, al regime <strong>dei</strong> minimi di cui all’art. 1,<br />

commi 96 e seg., Finanziaria 2008 :<br />

Diverse novità di rilievo sono, poi, <strong>con</strong>tenute nel quadro VH, il quadro riservato<br />

al riepilogo delle liquidazioni periodiche effettuate dal <strong>con</strong>tribuente nel corso<br />

del periodo d'imposta oggetto <strong>della</strong> dichiarazione.<br />

In particolare, la sezione 1 è stata integrata <strong>con</strong> la previsione di una casella<br />

da barrare nel caso in cui, per quel determinato versamento, si sia fatto<br />

ricorso all'istituto del ravvedimento operoso, se<strong>con</strong>do le disposizioni del<br />

citato art. 13, D.Lgs. n. 472/97. In proposito, si segnala che da quest’anno, nella<br />

liquidazione dell’imposta da sviluppare nel quadro VL, non si tiene <strong>con</strong>to degli<br />

interessi da ravvedimento:<br />

288<br />

imponibile imposta


Modifiche<br />

al quadro VO<br />

Inoltre, <strong>con</strong> riferimento all’ac<strong>con</strong>to IVA dovuto, nel rigo VH13 è stata<br />

introdotta la casella per l'indicazione delle modalità di calcolo utilizzate<br />

per la determinazione dell'ac<strong>con</strong>to Iva:<br />

indicandovi uno <strong>dei</strong> seguenti codici:<br />

“1” – storico;<br />

“2” – previsionale;<br />

“3” – analitico-effettivo;<br />

“4” – soggetti operanti in <strong>particolari</strong> settori (telecomunicazioni,<br />

somministrazione di acqua, energia elettrica, raccolta e<br />

smaltimento rifiuti, ecc.).<br />

Le stesse modifiche esaminate <strong>con</strong> riguardo al quadro VH sono state<br />

riportate nel quadro VV, che richiede le liquidazioni IVA periodiche di<br />

gruppo. Pertanto, in corrispondenza <strong>dei</strong> campi a debito, è stata inserita la<br />

casella per l'indicazione del ravvedimento per versamenti periodici, mentre<br />

nel rigo VV13 è stata introdotta la casella per l'indicazione del metodo<br />

adottato ai fini del calcolo dell'ac<strong>con</strong>to Iva del gruppo:<br />

Nel quadro VO “Opzioni” è stato eliminato il rigo VO15 riguardante il<br />

regime <strong>della</strong> franchigia di cui all’art. 32-bis, DPR n. 633/72, soppresso a<br />

decorrere dal 2008.<br />

Sono stati, invece, inseriti:<br />

289


i nuovi righi VO24 e VO25 riservati alla comunicazione dell’opzione<br />

rispettivamente per:<br />

la determinazione forfetaria del reddito da parte delle società di<br />

persone e srl costituite da imprenditori agricoli di cui all’art. 1,<br />

comma 1094, Finanziaria 2007;<br />

la determinazione del reddito nei modi ordinari per le attività<br />

agricole <strong>con</strong>nesse di cui all’art. 1, comma 423, Finanziaria 2006;<br />

il nuovo rigo VO33 <strong>con</strong>tenente la casella da barrare da parte <strong>dei</strong><br />

<strong>con</strong>tribuenti che, in possesso <strong>dei</strong> requisiti per rientrare nel regime <strong>dei</strong><br />

minimi dal 2008, hanno optato per il regime ordinario a decorrere da<br />

tale anno:<br />

290

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