SE uNA SERA D’INVERNO... (una stufa racconta) Burn after reading Il vecchio granaio riapre i battenti: fervono i preparativi, respiro adrenalina dal punto focale del mio spazio, torreggiante pezzo della scacchiera sociale di queste quattro case tra i monti. Intorno a me si sono strette madri e zie, sentinelle di balli d’altri tempi. Irraggiavo beatitudine nei circoli matronali favorendo cali di sorveglianza con strategici torpori. Lo ammetto, anche il grammofono aveva la sua personalità, ma era intorno a me che si stabiliva la riuscita di un evento. La sala è quasi una galleria, contro le pareti una teoria di sedie riciclate ed un asse portavivande. Sussiegosi giovanotti si inchinavano davanti alla prescelta e lei, prima di accettare l’invito, cercava il muto assenso dello sguardo parentale. Era l’anticamera degli amori ed io il suo cuore pulsante. Sì, io nella mia fiammante giovinezza, di terra rossa e linee sobrie (detta poi ergonomia), io, per cui il comitato organizzatore aveva fatto incursione nel bosco demaniale in cerca di legna stagionata perché sono di palato esigente, me ne sto qui a proiettare ombre: quanto tempo, quanta cenere! Tra le volute la vedo: è sottile e graziosa come un puledro incerto sulle zampe, di commovente, buffa bellezza tra le amiche che ridono di tutti, liete di bere alla coppa della vita. Viene da me a strofinarsi, ma è il volo nuziale dell’ape ebbra e subito si stacca con una scia di violetta che ben si sposa al mio profumo di pino silvestre. Lui lascia la pila dei dischi e si aggira vago tra i bambini che infestano la pista. Ignorando il protocollo la cinge e scivolano via che li si è già visti in uno Chagall. Complice, mi metto a far fumo, creo scompiglio ed eccoli già sotto le stelle invernali, emanando calore umano che le più svariate miscele arboree non sanno rendere, a pronunciare formule eterne tra i baci. Rientrano arrossati, splendenti di polvere siderale tra lo sdegno intorno a me, sorniona… La memoria sfuma in dissolvenza da cinema muto quell’ultimo ballo con cui si chiuse anche la lunga stagione delle feste al Circolo Rurale: il paese stava riversandosi in periferia… Ora mi caricano di pigne e trucioli assieme a pagine <strong>dai</strong> margini rossi fitte di una calligrafia insicura: è il diario della ragazza perduta, l’epilogo della storia interrotta consegnato a me, vestale del fuoco sotto la cenere! Nego la mia vocazione alla combustione e contro la mia stessa natura soffoco i bollenti spiriti e mi spengo! Burn after reading, please! Gabriella Ersilia Pace Ceramista Fiamma e mandarino Ho caldo! Strano per una come me, sarà l’età. D’altra parte son venticinque anni che mi usano. Senza ritegno alcuno. Qui in campagna mica vanno per il sottile. Mio dovere mantenere l’ambiente accogliente e climaticamente inappuntabile. Sono stanca, anzi, veramente stufa! Tutti i giorni, con la sola eccezione di <strong>brevi</strong> periodi estivi, mi riempion la pancia di ogni sorta di combustibile: cartacce, rimasugli di cibo, legna umida che mi fa tossire e sbuffare come una locomotiva. Quel diavoletto di Giovanni la scorsa domenica, due petardi m’ha messo dentro! Mi son proprio saltati i cerchi! Poi c’è Minù, la gatta, mi si acquatta vicino e inizia il ron ron fastidiosissimo. E che pellet! Direbbe mio nonno che non sopportava la modernità. Ecco, pure Maria, ore ed ore a cuocer sulle mie spalle casseruole di pesanti arrosti e condimenti, minestroni puzzolenti e salse ricche d’aglio che io non sopporto. Lo so, sono irritabile oltre modo e scorbutica. Anche le stufe hanno i loro periodi no! Per fortuna c’è Matilde. Mi profuma con le bucce di mandarino che sanno di Natali antichi. E lì mi commuovo. Ravvivo la fiamma e mi riempio di quell’aroma. Poi mi addormento nel silenzio della cucina nelle notti d’inverno. La neve scende copiosa. Aspetto lo “zolfanello del mattino dopo”. Sergio Donfrancesco Medico IL CUORE DELLA CASA Se una sera d’inverno Mi lasciassero parlare Sapessi quante cose Avrei da raccontare! Matilda è il mio nome E nessuno lo sa Sono una buona stufa Di tanti anni fa. Diffondo nell’ambiente Un magico calore E ho uno scomparto Adatto a cucinare. Riunisco attorno a me Tutta la famiglia Di cui conosco nonna Madre ed anche figlia. Ed è per tutto questo Che sono orgogliosa Perché mi sento come Il cuore della casa. I nonni raccontavan Qui favole e leggende Ai piccoli impauriti Nascosti tra le tende. Tra sogni di castelli E principi fatati Io intanto cucinavo Dei piatti prelibati. I bimbi son cresciuti Portando qui i morosi Li ho visti prima prendersi Lasciarsi e infine sposi, i nonni invecchiare i figli: genitori ma sempre a tutti loro io scaldo ancora i cuori. Con le manine aperte E piene di stupore Stan piccoli a distanza Con il giusto timore. Le loro vocine allegre E le domande attente S’intonano d’incanto Al fuoco scoppiettante. Ho assistito a fatti Spiacevoli e felici Han chiaccherato qui Parenti, amori, amici. Vicino e attorno a me In un clima accogliente Ho imparato storie Conosciuto gente. Lo so che tutto ciò Può apparire strano Ma proprio qui di fianco C’è un comodo divano. Si chiama Serafino È un tipo un poco schivo Ma apprezzo il Suo carattere Non troppo espansivo. Però ultimamente Mi batte forte il cuore: Arriva un’altra stufa Magari anche migliore Che attraverso tubi E canalizzazioni Potrà scaldare l’acqua Fin nei termosifoni! Ho chiesto a Serafino “Che cosa posso fare?” Mi ha detto rilassato “Non ti preoccupare! Di là c’è un camino Che ha maggior potenza Da qui lo vedo bene: Ma è in un’altra stanza… Perciò secondo me Continua a riscaldare Di questa casa tu Rimani sempre il cuore!”. Daniela Polo Grillo Commessa