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Untitled - Barz and hippo

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l’insopportabile antipatia degli altri. «Surreale» è un altro termine critico da maneggiare con cautela. Da<br />

Buñuel in poi, può voler dire tutto e il contrario di tutto. E però La bellezza del somaro è qualcosa di più di<br />

una commedia grottesca, è proprio un film surreale, dove di tanto in tanto il regista/attore/autore guarda in<br />

macchina e si rivolge a noi spettatori, e dove il montaggio sempre acrobatico di Francesca Calvelli (di solito<br />

monta i film di Bellocchio, che Castellitto ben conosce) crea associazioni visive sorprendenti. In breve: è<br />

chiarissimo cosa NON È. Non è una commedia all’italiana, non è un film natalizio. Più arduo dire cos’è.<br />

Forse un tentativo di importare Almodovar nella borghesia italiana, o di ritrovare le atmosfere feroci di Ferreri<br />

(altro autore che Castellitto ha frequentato). Sicuramente è un film sfrontato, coraggioso, personalissimo.<br />

Solo Castellitto poteva farlo.<br />

Boris Sollazzo - Liberazione<br />

Si deve attingere alla vecchia cultura popolare contadina per intuire il significato di questo titolo. Che si<br />

riferisce sì a quella bellezza senza meriti che viene solo dalla freschezza della gioventù, ma che in questo<br />

film di Sergio Castellitto si rivolge anche a un recalcitrante muto comprimario: un asino, appunto. La bellezza<br />

del somaro, in fondo, gira attorno a lui.<br />

Dopo una premessa cittadina, infatti, in cui conosciamo un piccolo mondo altoborghese concentrato intorno<br />

alle famiglie di tre amici, ci si trasferisce tutti in un casolare in Toscana, per un tranquillo week-end di paura,<br />

un ponte dei Santi e dei Morti gioiosamente inquietante. I tre amici sono un architetto "figaccione" (Sergio<br />

Castellitto), un cardiologo dongiovanni impenitente (Marco Giallini) e uno squalo della finanza schiavo del<br />

suo corso d'inglese (Gianfelice Imparato). Amano il karaoke, il benessere e la facciata più o meno ipocrita<br />

dietro alla quale nascondono la loro dorata insoddisfazione. Odiano le mogli, o le ex, ma non ne sanno fare<br />

a meno. I figli sono la loro croce. La coppia Castellitto-Mazzantini sembra voler ritrarre quell'universo radical<br />

chic romano che conoscono bene, proprio partendo da lui, architetto che tanto richiama, almeno nella<br />

dialettica, quel Fuksas già maltrattato, con la complicità di un Fantastichini gr<strong>and</strong>ioso, da Maselli ne Le<br />

ombre rosse. E i due film, in fondo, non sono poi così lontani.<br />

Ci mostrano entrambi i salotti buoni "centrosinistri" nel loro squallore, non resistono alla tentazione di<br />

rivelarci la loro visione del mondo. In più, forse, La bellezza del somaro ci mette un gusto dell'anomalo e del<br />

grottesco che ricorda un po' Libero Burro. E come quell'opera, è piena di buone intuizioni e discontinuità naif.<br />

I due coniugi hanno l'ansia, in 107 minuti, di dire la propria su tutto, dall'educazione dei figli alla raccolta<br />

differenziata, pass<strong>and</strong>o per gli emarginati, il razzismo (la scena del campo nomadi non è male) e le crisi di<br />

mezza età.<br />

Gli errori e gli eccessi, che pure non sono pochi, vengono superati di slancio da un ritmo frenetico, da<br />

continui cambi di registro e di tema, da una narrazione sopra le righe. Ci si diverte con questo oggetto<br />

cinematografico diverso e anarchico, con questi solisti che si trasformano in rumorosa e variegata orchestra<br />

che gode di una stonata armonia. E il centro di questa gita fuori porta che diviene resa dei conti è un<br />

simpatico vecchio, Enzo Jannacci. Nei panni di un santone solo perché è l'unico che probabilmente non<br />

mente né a sé, né agli altri. E' il fidanzato della figlia di Castellitto e Laura Morante (psicologa psicotica, che<br />

ha in cura una Bobulova in gran forma). Cinquant'anni dividono lui e quell'adolescente supponente: l'unico<br />

tabù che i suoi illuminati genitori benestanti e benpensanti non riescono a superare. E qui è brava la

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