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MARIE ANTOINETTE

MARIE ANTOINETTE - Barz and hippo

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Sofia CoppolaNasce a New York (Stati Uniti) il 12 maggio 1971. Ha respirato 'aria di cinema' fin da piccola,sotto l'ala protettiva del famoso padre Francis Ford. Ha iniziato come attrice apparendo, quasineonata, nei primi due episodi della saga de "Il padrino". Nel terzo capitolo della serie (1990) hainterpretato il ruolo di Maria Corleone. Fra le altre sue interpretazioni sono da ricordare quelle in"Cotton Club" (1984) e "Star Wars: episodio I - La minaccia del fantasma" (1999). Ha lavoratoanche come costumista e come produttrice. Da autrice e regista ha esordito nel 1998 con il corto"Lick the Star". "Il giardino delle vergini suicide" è il suo esordio alla regia di lungometraggicinematografici. Nel 2003, grazie alla realizzazione di "Lost in Translation", da lei scritto, diretto eprodotto ha ricevuto l'Oscar per la miglior sceneggiatura originale (era stata candidata anche per ilmiglior film e la miglior regia). Una curiosità: è la terza donna ad essere stata candidataall'Academy Award come miglior regista, ma è la prima americana poiché le altre due sono JaneCampion (neozelandese) e l'italiana Lina Wertmüller. Nel 1999 ha sposato il regista Spike Jonze,ma nel settembre 2003 i due hanno presentato i documenti per il divorzio.FilmografiaHearts of Darkness: A Filmmaker'sApocalypse [1991] - AttriceIl giardino delle vergini suicide [1999]- Regia, SceneggiaturaIl padrino parte III [1990] - AttriceLost in transaltion - L'amore tradotto[2003] - Regia, Sceneggiatura,SoggettoMarie Antoinette [2006] - Regia,SceneggiaturaNew York Stories - Storie di NewYork [1989] - Costumi,Sceneggiatura, SoggettoIl Padrino parte II [1974] - AttriceRusty il selvaggio [1983] - AttriceStar wars Episodio I –La minacciafanatasma [1999] - AttriceI visitatori del sabato sera [1990] -CostumiKirsten DunstKirsten Caroline DunstNasce a Point Pleasant, New Jersey (Stati Uniti) il 30 aprile 1982. Nel 1989, dopo la separazionedei genitori, lascia la città natale per trasferirsi in California con la madre Ines e il fratello Christian(il padre Klaus, dirigente di un'azienda di servizi medici, vive ancora in New Jersey). Inizia alavorare nel mondo dello spettacolo sin dalla tenera età di tre anni, come interprete di spotpubblicitari. Nel 1989 debutta sul grande schermo nell'episodio "Edipo relitto" diretto da WoodyAllen del film "New York Stories". Nel 1994 viene candidata al Golden Globe per la suainterpretazione in "Intervista col vampiro", di Neil Jordan, e ottiene riconoscimenti come migliorattrice esordiente. Seguono numerose apparizioni, ma per ottenere il suo posto tra le star diHollywood deve attendere il 1999, anno in cui è la protagonista del film di Sofia Coppola "Ilgiardino delle vergini suicide". Nonostante gli impegni cinematografici, riesce a portare avanti glistudi e nel giugno 2000 si diploma alla Notre Dame High School, una scuola privata cattolica di LosAngeles. Nel 2001 debutta anche come cantante, interpretando il brano "Dream of me" nel film"Get over it", diretto da Tommy O'Haver, di cui è anche l'interprete principale. Attualmente sioccupa anche della sua casa di produzione, la Wooden Spoon Productions, fondata insieme allamadre. E' stata legata sentimentalmente a Jake Hoffman (figlio di Dustin) e all'attore Ben Foster.Attualmente sembra aver iniziato una relazione con Tobey Maguire, con cui nel 2002 è interpretedel film "Spider-Man" dedicato al famoso eroe dei fumetti americani.


FilmografiaBella da morire [1999] - AttriceCollege femminile [1998] - AttriceConfessione finale [1996] - AttriceCrazy/Beatifull [2001] - AttriceElizabethtown [2005] - AttriceIl falò delle vanità [1990] - AttriceGet over it [2001] - AttriceIl corvo 3–Salvation [2000] - AttriceIl giardino delle vergini suicide [1999]- AttriceIntervista col vampiro [1994] - AttriceJumanji [1995] - AttriceLe ragazze della casa bianca [1999] -AttriceLevity [2003] - AttriceIntervista a Sofia CoppolaMarie Antoinette [2006] - AttriceMona Lisa Smile [2003] - AttriceNew York Stories - Storie di NewYork [1989] - AttricePiccole donne [1994] - AttriceRagazze nel pallone [2000] - AttriceSe mi lasci ti cancello [2004] - AttriceSesso e potere [1997] - AttriceSmall soldiers [1998] - AttriceSpider-Man [2002] - AttriceSpider-Man 2 [2004] - AttriceSpider-Man 3 [2007] - AttriceThe cat’s meow [2001] - AttriceWimbledon [2004] - AttriceLa parola ai protagonistiNon si capisce quanta volontà di una vera aderenza storica alla realtà volesse avere SofiaCoppola con il suo Marie Antoinette: fatto sta che il film scritto e diretto dalla regista italoamericana,tratto dal romanzo di Antonia Fraser, è stato accolto dai fischi della stampa in unaproiezione stracolma. L'atteso terzo film della giovane autrice è una superficiale analisi dellavita di Maria Antonietta, affrancandola di tute le colpe e responsabilità e sostenendo la tesi(falsa) che la Francia sia diventata povera per colpa unicamente del suo supporto economicoalla Rivoluzione Americana. Un film irritante che tra un paio di scarpe di ginnastica e unacolonna sonora rock, sembra essere rivolto ad un pubblico più femminile che maschile.Qualcuno potrebbe considerare questo film come una sorta di capitolo finale di una trilogiasulla storia di tre giovani donne iniziato con Il giardino delle vergini suicide e proseguito conLost in translation...Sinceramente è qualcosa cui non avevo pensato: quando stavo girando questo film erointeressata più che alla conclusione di un qualcosa al passaggio verso una nuova fasedel mio lavoro.L'elemento storico e sociale della Francia del diciottesimo secolo sembra non averlainteressata...Questo perché non stavo facendo un film politico sulla Rivoluzione Francese, ma unritratto personale della vita di Maria Antonietta: per me è sempre stata una figurasimbolo della decadenza e della frivolezza. E' stato molto interessante fare dellericerche e studiare in profondità le sue esperienze di donna e di teen ager alla corte diVersailles. Una ragazzina arrivata a quattordici anni in un paese straniero che ècresciuta da sola in Francia: una straniera che cerca di trovare la sua strada in unluogo che le era sconosciuto in mezzo a degli estranei.Perché ha voluto privilegiare l'elemento personale?Perché questo è il mio approccio al cinema: ogni mia storia e ogni mio film vengono


caratterizzati dal mettere il mio cuore e le mie esperienze in quello che faccio.Cosa la ha spinta a scegliere Kirsten Dunst come Maria Antonietta?Mi interessava esprimere il suo punto di vista personale e più leggevo libri su questadonna, mi accorgevo di quante qualità in comune avesse con Kirsten con cui avevolavorato nel mio primo film.Quali in particolare?Sicuramente il lato giocoso del suo carattere e quello un po' più profondo e di sostanzache ha acquisito nel corso degli anni.Nel film tutti parlano inglese (anche gli austriaci...). Poi, però, ogni tanto qualcuno pronunciaqualche parola in francese...L'idea era quella di incorporare serenamente le lingue: le scene con la piccola cheinterpreta la figlia di Maria Antonietta sono state girate con una bambina di due anniche non parlava inglese. Sono rimasta affascinata dal suo parlare dell'ape e i fiori infrancese...E' stato girato in inglese perché siamo americani, ma i momenti in francesecredo che non disturbino nessuno.Come ha scelto Asia Argento?Per le sue qualità di riuscire ad essere davvero all'opposto di Maria Antonietta sottomolti punti di vista. Asia era perfetta per dare vita con forza ad un contrasto moltointeressante...Trovare la Regina è stata la cosa più facile. Prima ancora di iniziare a scrivere la sceneggiatura,lei aveva già immaginato l'attrice perfetta nel ruolo della protagonista: Kirsten Dunst, l'unicache sembrava possedere la stessa esuberanza sbarazzina e la carnagione pallida, quasiabbagliante, per le quali la regina francese era tanto famosa. Oltre ad avere già lavorato con leine Il giardino delle vergini suicide. Jason Schwartzman è risultato da subito un perfetto LuigiXVI, noto per essere il sovrano francese più goffo, timido e riluttante. L'attore è ingrassato dicirca 20 chili per assomigliare all'immagine paffuta del giovane monarca e ha preso lezioni perimparare a danzare, a cavalcare a dorso di cavallo e a comportarsi secondo l'etichetta reale delXVIII secolo. Per il resto del cast si è affidata ad un casta veramente eterogeneo e insolito,come mai?Il nostro cast è assolutamente originale. Abbiamo un Re di Francia texano impersonatoda Rip Torn, una Madame Du Barry italiana interpretata da Asia Argento e unaContessa De Noailles con il volto dell'australiana Judy Davis. È davvero un gruppomolto eterogeneo, ed è perfetto perché quello era un periodo eccentrico e decadente e ilcast esprime esattamente la sensazione che tutto fosse sempre portato all'eccesso. Hotrovato davvero molto stimolante osservare gli attori mentre creavano i loropersonaggi.Intervista a Kirsten DunstLa corona di star acqua e sapone di Hollywood comincia a stargli stretta. E' stata la fidanzatina pereccellenza: in Elizabethtown, in Wimbledon e soprattutto di Spiderman nel primo e nel secondocapitolo, e lo sarà anche nel terzo, in uscita la prossima estate. Nel 1999 ha rifiutato il ruolo dellaseduttiva adolescente di American beauty: troppo osé. Adesso, a ventiquattro anni, ha deciso dicambiare. Dopo Il giardino delle vergini suicide Kirsten torna a lavorare con la regista Sofia Coppolaper interpretare il personaggio più importante e più difficile della sua carriera: Marie Antoinette. Unpersonaggio complesso, pieno di sfaccettature, di nobiltà e trasgressione. La storia è quella della


celebre regina di Francia, riletta come un personaggio post-moderno, con i gusti, le voglie, le pauredi una ragazza di oggi.Cosa la attraeva di questo film?Sofia è una delle registe che apprezzo maggiormente, tutti i suoi film ruotano intorno apersonaggi femminili, ognuno a suo modo straordinario. Sono tutti personaggi che hanno ache fare con un'idea molto moderna della donna. Credo che i suoi tre film possano formareuna sorta di ideale trilogia di donne sole: Il giardino delle vergini suicide, Lost inTranslation e Marie Antoinette sono una sorta di piéce in tre parti.E' la seconda volta che lavora con lei…Sono estremamente fiera del primo film che abbiamo fatto insieme (Il giardino delle verginisuicide), e mi riconosco moltissimo in quel personaggio. Sofia è l'unica in grado dimostrarmi per quella che sono davvero e–questa cosa–lo confesso, mi mette un po' adisagio. E' successo anche per Maria Antonietta, dove mi ha messo di fronte a me stessa, allamia idea di Maria Antonietta, praticamente senza dialoghi: tutto proveniva dal di dentro edalla libera interpretazione della sua vita.Maria Antonietta, però, è spesso ricordata come –nel migliore dei casi –una donna moltosuperficiale…Credo che sia stata una bambina per tutta la vita. E' diventata una donna solo quando–affacciandosi al balcone del suo palazzo–ha visto la folla dei rivoluzionari inferociti controtutta la sua famiglia. Non penso fosse una donna poco intelligente, ma credo che fossesemplicemente troppo giovane quando è diventata regina ed è cresciuta isolata e in un certosenso perfino ignorata dal mondo reale. Viveva per l'estetica dele cose: arte e musica…inuna prigione dorata. E' stata una specie di capro espiatorio e credo che definirla comeun'idiota è davvero 'da idioti'. Nel libro di Antonia Fraser è addirittura un'anticipatrice deisuoi tempi. Per me è un po' come una Lady Diana del diciottesimo secolo. Era una donnamoderna. Su questo credo che non ci sia alcun dubbio…Cosa sapeva di lei prima di portarla sullo schermo?Molto poco. Conoscevo la batuta 'Che si diano loro i croisants…" e che era statadecapitata, ma–a parte questo–non avevo un'idea chiara di quale fosse stata la sua vita.Dopo avere letto il romanzo di Antonia Fraser mi è apparsa come un personaggio molto piùumano. Una donna molto sola…Che differenza c'è tra girare ad Hollywood o a Versailles?La nostra è stata la prima produzione cinematografica che ha davvero girato all'interno delPalazzo di Versailles. E' stata la prima volta, mentre–in passato–si erano visti solo pochipezzi veri della reggia, in questo film, invece, si vedranno le ambientazioni reali. Girare inun grande studio di Hollywood è un pò come andare in ufficio. Girare a Versailles ticostringe in ogni momento ad immaginare la storia. Stare in quella reggia di notte è statauna delle esperienze più forti ed emozionanti della mia vita.E adeso c'è Spiderman…E' strano tornare ad essere ancora una volta Mary Jane. Eppure è un personaggio che ècresciuto con me. Sono sei anni che me lo porto dietro. Siamo tutti cambiati e cresciutiinsieme. Credo che i forti legami che si sono creati sul set pasino anche sulo schermo…


I costumi e la moda dell'epoca: intervista a Milena CanoneroI costumi in Marie Antoinette erano uno degli elementi fondamentali per riuscire a realizzarel'audace progetto del film secondo la visione della Coppola.La regista avrebbe potuto affidare il delicato incarico solo a una costumista che possedesse sia lasensibilità per far rivivere lo stile settecentesco comprendendone il significato storico profondo, siala creatività senza preconcetti per reinterpretare la foggia antica in chiave moderna, esprimendo ungusto riconoscibilmente attuale."Molti dei nostri costumi si possono ritrovare nel testo della canzone I Want Candy", spiega MichelaCanonero."Abbiamo scelto colori e tessuti - continua la Canonero- che facciano pensare a cose che sivorrebbero mangiare e hanno tinte che variano da sfumature molto chiare e delicate a tonalitàdecisamente più sfacciate e audaci. Certo, siamo state molto influenzate dal periodo, ma lo abbiamovoluto presentare in un modo tutto nostro. Non c'è solo il pacato racconto della compostezzaaristocratica: alle volte è puro rock and roll".Per le calzature, che erano una delle manie della giovane sovrana, la Canonero si è affidata aimagnifici disegni del guru della moda Manolo Blahnik che ha saputo realizzare delle versionistilizzate di alcuni modelli dell'epoca."Non sono scarpe in perfetto stile settecentesco, ma lo ricordano molto" dice ancora la Canonero.Le recensioniGiancarlo ZappoliMaria Antonietta nasce a Vienna il 2 novembre 1755. Nel 1770 raggiunge a Versailles il suopromesso sposo, il delfino di Francia futuro Luigi XVI. Il 16 ottobre 1793 viene ghigliottinata. Sipuò racchiudere in queste tre date la vicenda storica di una delle regine più note della Storia. Non èperò a questo che guarda Sofia Coppola nella terza opera di una filmografia dedicata alla difficoltàdi crescere per una giovane donna, quale che sia il luogo o l'epoca. Che si sia chiusi nell'ottusità diuna famiglia americana (Il giardino delle vergini suicide), che ci trovi in un luogo in cui il nonconoscere la lingua corrisponde anche al complesso rapporto con se stessi (Lost in Translation) oche siano i fasti di una reggia a circondare una giovane e bella futura regina di Francia, la situazionesi ripete.La Coppola torna a lavorare con Kirsten Dunst, ne utilizza la fresca malizia ma al contempo lalibera dal ruolo "fidanzatina della porta accanto" che Spider man le ha appiccicato addosso e cheElizabethtown ha solo ritoccato. Aiutata da costumi straordinari (Milena Canonero) e da unacolonna sonora che mescola musica d'epoca a brani di Bow Wow Wow, New Order e Phoenix,Sofia Coppola ci fa "sentire" moderna una storia antica, evitando i cliché storici e la ricostruzionepolitica. È di una donna che ci vuole parlare, una donna che soffre per la disattenzione sessuale delmarito che si trova caricata come colpa, una donna-bambina che compensa le frustrazioni giocandocon scarpe, cibi, cani come una ricca signora di Beverly Hills. Guardatela nella prima inquadraturache precede il titolo e che ricorda come capacità di sintesi quella del maestro Kubrick in Eyes WideShut. Sembra esserci tutta Maria Antonietta e invece ci sono 2 ore in cui procedere nella scoperta.Natalia Aspesi (La Repubblica)Distesa su una dormeuse, Maria Antonietta, lucente di giovinezza, lo sguardo verso la macchina dapresa, una montagna di dolcetti rosa al suo fianco, una cameriera in ginocchio che le infila ai piedile babbucce di seta, pare una top model, e infatti la prima inquadratura dei film di Sofia Coppola siispira a una celebre immagine di moda anni '70 del sofisticato fotografo Guy Burden. Si capiscesubito, anche dal rock duro che ha accompagnato i titoli di testa rosso fuoco da video musicale, chel'ennesimo film sulla disgraziata moglie austriaca di Luigi XVI se ne fregherà della storia, dellapolitica, e in un certo senso della Francia. E racconterà invece la breve esistenza di una teenager in


crinolina che come fosse oggi a Bevery Hills, «è costretta a vivere in una società decrepitaprigioniera di riti per lei incomprensibli, a cui si sottrae con lo shopping, le feste, le amiche,l'amante, il gioco».Per forza Maria Antonietta, in concorso ieri e da oggi sugli schermi francesi, non convince del tuttoil pubblico, soprattutto quello francese, che lo ha accolto con qualche buuh (ma anche applausi): sipuò appropriarsi di questa massima tragica icona della loro storia, splendente regina nei ritratti digran pompa di Elisabeth Vigée Le Brun, miserabile condannata al patibolo nello schizzo crudele diJacques-Louis David, dimenticando la Rivoluzione su cui la Repubblica si è fondata, evitando latragedia spettacolare della prigionia, dei processo farsa e della ghigliottina?«So di essermi presa molte libertà, ma non era la grande storia che mi interessava: per quella cisono gli storici, c'è Antonia Fraser alla cui biografia mi sono ispirata. Io ho voluto raccontarel'umanità di una donna che non era né innocente né crudele, né stupida né intelligente, il cui destinol'ha portata nel posto sbagliato al momento sbagliato».Il film parla degli annidi Versailles, vissuti dalla corte in opulento, smemorato isolamento dal paesein tumulto, e finisce con la fuga della famiglia reale mentre forconi e bastoni premono alle porte.Nella notte illuminata dalle torce minacciose, la regina apre la finestra sulla folla davanti a cui siinchina, ormai conscia del suo destino: poi sale sulla carrozza fatale con l'ultimo sguardo d'addio alcastello e alla vita. È uno dei tanti momenti beffi dei film, che riluce dell'oro inimitabile del veroappartamento di Maria Antonietta, della cappella, del salone degli specchi di Versailles e delteatrino dei petit Trianon.Kirsten Dunst, graziosa e sottile, è una Maria Antonietta leggera e leggiadra, frivola e triste,ignorata dal re, disprezzata per la mancanza di eredi e peri suoi sprechi. Corre, sposa ragazzinavestita d'azzurro nella galleria reale piena di sole, la ripercorre anni dopo, nell'ombra della sera,lenta e vestita di nero per il lutto del delfino Luigi Giuseppe. Nel mezzo, il film è tutto un rutilare diabiti meravigliosi color pastello disegnati da Milena Canonero, di dame che ridono e fanno gossip,di tavoli da gioco, di bocche piene di dolci alla crema, di coppe di champagne (una trasgressionecoppoliana), di feste da ballo una volta regina, (altra trasgressione, a 18 anni non lo era ancora), dishopping esagerato, di parrucchieri gay che baciano sulle guance come oggi, però fuori da ognietichetta rococò.La regista decide di mandare a letto sul serio la regina, nuda se non per le calze auto-reggenti,utensile erotico di ogni brava massaia contemporanea, con l'affascinante svedese Fersen, eventoancora in dubbio tra gli storici più pedanti. Sofia Coppola si sente sorella di Maria Antoniettaraccontandone benissimo l'oppressione insopportabile dei riti di corte, immutabili, mentre il paeseaffamato sta per ribellarsi: quell'alzarsi ogni mattina tra le dame di corte che secondo il rango hannoil privilegio di lavarla (poco) e di vestirla, quella gelida prima colazione, il re e la regina sedutidavanti a montagne di cibo, i cortigiani in piedi attenti ad ogni impazienza regale, quel giovanemarito che non la guarda mai e che a letto, al massimo, le parla delle sue amate serrature.A onore dell'autrice, a parte le troppe piume, neppure un minuetto, pochi ventagli, nessun vaso danotte, per lei mai la parrucca: invece magnifiche riprese dei giardini di Versailles con l'interminabilescalinata su cui il vento sollevai lievi vestiti delle dame e soprattutto una colonna sonoratravolgente: techno, acid music e rock anni '80 con Gluck, Vivaldi e Rameau, esprimono benissimoinsieme la sontuosità regale dell'epoca e l'energia, la sfrenatezza, l'impazienza della giovinezzasenza tempo. Asia Argento è una DuBarry in rosso che palpa Luigi XV e fa i rutti a tavola,Marianne Faithfull, irriconoscibile, è la matronale Maria Teresa d'Austria.Pier Cardinali (Il Mattino)«L'hanno ghigliottinata che aveva la mia età: poco più di trent'anni. Ed era approdata in Francia perdivenirne regina al'età dele mie ”vergini suicide”: 12-14 anni». In questo cortocircuito anagrafico,che l'apparenta alla sua storia personale e artistica, Sofia Coppola racchiude la parabola fulminea diMaria Antonietta, la giovane principessa d'origine austriaca travolta dalla Rivoluzione Francese, alcentro del suo nuovo film, ora al montaggio a New York dopo il lungo periodo di riprese in Francia:


tre mesi nel segreto dei castelli più sontuosi, Versailles, Vaux-le-Vicomte, Chantilly. «Per la moledi lavoro e l’impegno, La vita di Maria Antonieta è il mio personale Apocalypse Now» scherza lafiglia di Francis Ford Coppola, da lui tenuta a batesimo d'atrice nel ”Padrino” e poi coinvolta a 5-6anni nella sfibrante esperienza del kolossal con Marlon Brando nelle Filippine, dove con la mammae i fratelli visse per molti mesi, frequentandovi la prima elementare. «Mai più carovanate comequesta: folle di comparse in costume, piani di lavorazione rigorosissimi, una doppia troupe, francesee americana, da tenere a bada ogni giorno, con una ”corte” composta da Marianne Faithfull, AuroreClément, Judy Davis, accanto a Kirsten Dunst e a mio cugino Jason Schwartzman nei ruoli di MariaAntonietta e Luigi XVI». Come si lega, Sofia Coppola, il nuovo film ai due precedenti, Il giardinodelle vergini suicide e Lost in translation? «Insieme formano una sorta di trittico, sulla figura dellateenager solitaria, melanconica, che rinvia all'infinito il passaggio all'età adulta. In Maria Antoniettae negli intrighi di palazzo, c'è persino l'eco del mio primo corto, Lick the star, su quell'età strana incui gli adolescenti sono oggetto di desiderio e nemici da combattere: l'avevo girato nel '98, a 27anni, come prova generale del Giardino delle vergini suicide, con un quartetto di spaventosetredicenni che architettano un piano per avvelenare i compagni di scuola. Rivalità, pettegolezzi deitempi del liceo, li ho ora trasferiti a corte. Della Du Barry, interpretata da Asia Argento, ho fatto unaragazzaccia che si scatena in scene di leto piutosto ”rock'n'rol” con Rip Torn, vecchio ”bad boy”di Hollywood, nel ruolo di Luigi XV». Un Settecento gemello della nostra società-spettacolo? «Glistorici mi daranno addosso, per le libertà che mi sono presa rispetto ai libri di scuola e alle biografieufficiali, come quella di Stefan Zweig, che non ho nemmeno terminato di leggere, tanto m'èsembrata intransigente. A me basta che il film sia credibile, non storicamente corretto. Il palazzo diMaria Antonietta, regina di frivolezze, ma anche donna-bambina, dagli ideali soffocati dentro unmondo-bomboniera, non è lontano dai attuali rituali tutto look e apparenza, specie negli Usa, doveHollywood è simile a una corte settecentesca, con i suoi contratti-intrighi, le mondanità d'obbligo, ilvuoto culturale, le cerimonie d'investitura, come la nottedegli Oscar…», Le è stato facile suggeriree intrecciare analogie tra le due epoche? «Sono abituata, anche nelle ricostruzioni storiche, a giocaresu riferimenti molto contemporanei. Dipenderà dalla mia prima formazione di fotografa o di stilista,con unalinea chiamata Milk Fed, e di costumista (anche per l'episodio di ”New York Stories” giratoda papà). La sceneggiatura, con tutti i ritagli d'immagini che via via vi ho incollato, è diventata unenorme patchwork, con ritratti di Kate Moss o fotografie di Helmut Newton su giovani inesposizione sulle scalinate di Versailles negli anni '70. Con Lance Acord, già direttore di fotografiain Lost in translation, mi sono divertita a rivedere film di David Hamilton, per assorbirne laleggerezza sensuale ma anche la distanza ironica nel rappresentare universi di fatuità». Come è resala Maria Antonietta della storia? «Ho cercato di cogliere e restituire, oggi, i suoi smarrimenti disovrana debuttante, le frustrazioni di donna, gli slanci e le incertezze davanti alla storia: e il suogrande talento di regina dell'eleganza. A Parigi, capitale della moda, polverizzava le convenzionicon la complicità di una sarta geniale, Rose Bertin. Anch'io ho avuto la mia Rose Bertin: MilenaCanonero, costumista di film come Arancia meccanica, Barry Lyndon, Il Padrino 2. È stata unamagica intesa. La Canonero è entrata subito in sintonia con le mie richieste di abiti assai stilizzati,plausibili ma senza fronzoli accademici: per intenderci sui colori, facevamo riferimento a sughi dimaccheroni o a sorbeti predileti…Ci si capiva al volo».Maurizio Cabona (Il Giornale)Sofia Coppola ha girato scene di prigionia ed esecuzione per «Maria Antonietta»? Se sì, le haeliminate dall'edizione del film in concorso ieri al Festival di Cannes temendo un finale troppo tristeo di urtare le jacobin Jacob, presidente del Festival, che cala la mannaia dell'esclusione sui filmdove la mannaia della rivoluzione cala su colli aristocratici. Un film deve infatti avere al centro unpersonaggio affascinante e Maria Antonietta era all'altezza del ruolo, per bell'aspetto e per bruttafine: uccisa da giovane come Lady Diana dopo essere stata regina immatura e irrequieta. Questascelta si capisce dell'assimilazione fra Maria Antonietta e Lady Diana: il grosso del pubblico deicinema negli Stati Uniti ha meno di vent'anni e ricordi in proporzione all'età, dunque stenta perfino


a ricordare Lady Diana, morta anche lei a Parigi. Si capisce anche la Coppola adotti il rock comecolonna sonora (stile Il destino di un cavaliere) per saldare passato e presente. Oltre a quel chederiva da ragioni di opportunità, in Maria Antonietta c'è quel che deriva da ragioni di grossolanità,come il fraintendimento dello spirito dei tempi - fine XVIII secolo - che permea tutto il film. Lacostante derisione dell'aristocrazia è più sciocca di quella nella quale incorse Bertrand Tavernier inChe la festa cominci. Nella reggia di Versailles il centralismo regale concentrava l'alta aristocraziaper controllarla, non per favorirla, ma anche in cattività i più bei nomi di Francia non eranoun'accolita di invertebrati dai titoli ridondanti e di scostumate in costumi sfarzosi.Luigi XVI era un debole, dice la storia, ma la Coppola impone a Jason Schwartzman di farne unamacchietta; e Luigi XV era rude, ma la Coppola impone a Rip Torn di farne un mandriano, più cheun sovrano. Solo Kirsten Dunst è credibile nel ruolo di Maria Antonietta. Movente di questa scelta -alla quale non deve essere estraneo Francis Ford Coppola, produttore del film e padre della regista -divertire il pubblico anglosassone. In effetti quello americano riderà, perché odia i re, ma gli StatiUniti sono nati coi soldi e coi soldati della Francia di Luigi XVI, non - come Hollywood fa credere -con le gesta di patrioti alla maniera di quelli impersonati da Mel Gibson; riderà anche il pubblicobritannico, perché odia i re non britannici e ignora il ruolo della sovversione britannica contro lamonarchia francese per vendicare la perdita delle colonie ribelli di George Washington. Ma lastampa ieri ha ululato contro Maria Antonietta perché ne ha avvertito le ambizioni commerciali.Che rendevano adatto il film per la chiusura, quando c'è l'aria serena del ritorno a casa e al poterdormire nel letto (di casa), anziché sulla poltrona (del cinema). Ma si poteva liquidare così lafamiglia Coppola, con Francis Ford consacrato proprio dal Festival nel 1979 per Apocalypse Now equi riconsacrato nel 2001 per Apocalypse Now Redux?Alberto Crespi (L'Unità)Maria Antonietta lost in translation: persa nella traduzione. La citazione del precedente film di SofiaCoppola sorge spontanea dopo aver visto il nuovo, sull'ultima regina di Francia: un' opera moltodeludente, che paga la difficoltà di «tradurre» nel linguaggio dei cinema storico i turbamentiadolescenziali che la regista aveva brillantemente raccontato nei primi due turn (Lost in Translation,appunto, e l'opera prima Il giardino delle Vergini suicide). Fra i tanti guai del film c'è anche il fattoche tutti i regnanti dei XVIII secolo, dall'austriaca Maria Teresa al francese Luigi XVI, parlano uninglese dai più svariati accenti: mentre le famiglie regnanti nell'Europa di allora, dai Borboni agliAbsburgo. dagli Harmover ai Romanov, si esprimevano rigorosamente in francese.Maria Antonietta, dunque: il film più atteso del concorso di Cannes 2006. il titolo più pompato daimedia dopo Il codice da Vinci, la pellicola che Venezia aveva annunciato quasi ufficialmente (amiciveneziani, potete brindare allo scampato pericolo)... Due ore di crinoline, di scarpette di raso, dicagnolini che si pappano i dolci schifiltosamente snobbati dagli umani: due ore di balli, opere efeste, a tratti sulle melodie d'epoca di Rameau, più spesso - con voluto anacronismo - sulle musichetechno-pop di Cure, New Order, Strokes, Aphex Twin; due ore di noia abissale. I primi 70 minutiimperniati sull'angoscioso interrogativo: Luigi XVI, «delfino» di Francia ed erede al trono, faràfinalmente il proprio dovere di marito con la 15enné (nel 1770, anno delle nozze) Maria Antoniettad'Austria? Quando il fausto evento si compie la domanda cambia: riuscirà Maria Antonietta a darealla Francia l'erede maschio che. la corte reclama? Quando il nuovo «delfino» nasce, si può dire cheil film finisca. Nella vita di Maria Antonietta avverranno un paio di altre cosucce (la RivoluzioneFrancese, l'arresto, la guerra con l'Austria, la condanna a morte di Luigi XVI e la decapitazionedella stessa sovrana, il 16 ottobre del 1793) che, nei film, occupano circa 5 minuti. In una scena siannuncia che i «rivoltosi» hanno preso la Bastiglia. Nella scena dopo, il re. durante una battuta dicaccia, viene avvertito che il popolo sta arrivando a Versailles, «Vogliono la farina», dice il messo:la Rivoluzione ridotta a una faccenda di catering. Maria Antonietta e il marito salgono in carrozza.A Parigi li attende la ghigliottina, ma il film si ferma prima.Una rivista francese ha definito Maria Antonietta «l'evento glam-rock di Canes 2006». Ladefinizione nasce dalla colonna sonora e forse dalla presenza nei cast, nel ruolo piccolo ma


impressionante di Maria Teresa, della cantante (già musa dei Rolling Stones) Marianne Faithfull.Curiosamente l'aspetto glam-rock è l'unico motivo di interesse del film. L'irruzione della musicapop crea se non altro atmosfere stranianti. e pennette a Sofia Coppola di comporre un paio divideoclip con il vorticoso montaggio di cibi, abiti, scarpe e suppellettili varie, di tutto il lussuosobric-à-brac che riempie i saloni di Versailles (il film è girato nella vera reggia). Sono gli unicimomenti in cui Sofia Coppola si mette sulla scia di Eisenstein (Ottobre), Rossellini (La presa delpotere da parte di Luigi XIV), Sternberg (L'imperatrice Caterina) e Kubrick (Barrr Lyndon, dalquale eredita la costumista Milena Canonero) nel mostrarci il Potere attraverso i suoi orpelli. Iparagoni illustri finiscono qua. La giovane Coppola non ha nemmeno un millesimo del talento edella preparazione culturale che sarebbero necessari per farci intravedere i meccanismi del poteredietro i rituali di corte. Inoltre, ha speso tutti i 40 milioni di euro di budget in scarpine e parrucche,al dunque non ha più un soldo per le comparse e fa «sentire» la Rivoluzione mettendo un po' di corida stadio in colonna sonora. AI di là della messinscena, lussuosa ma vacua, il problema è a monte:Sofia Coppola vuole raccontarci una Maria Antonietta adolescente che «rompe» i rigidi codicicomportamentali di Versailles, e sembra ignorare che le corti europee del '700 erano dominate dauna casta di parenti che si scambiavano matrimoni come contratti. Di fronte al rituale delle darne dicorte che la accolgono al risveglio e la vestono secondo la scala gerarchica, Maria-Kirsten Dunstesclama «it's ridicobus», è ridicolo. La vera Maria Antonietta. che in quel mondo era cresciuta, nonl'avrebbe mai detto. Qui, di ridicolo, c'è solo un film che parla di Maria Antonietta ma sta pensandoa Lady D.Valerio Caprara (Il Mattino)Ogni giornalista da festival sa che può toccargli d'esultare o d'infuriarsi a causa delle reazioni deicolleghi. Tanto è vero che potrebbe stilare un rapporto circostanziato e sorprendente sugliatteggiamenti di volta in volta tenuti dal plenum internazionale di fronte a molti film, che sianodestinati al palmarés o meno. Quindi, dopo avere giudiziosamente precisato che la ruota può girareanche domani, deprechiamo la fredda e ostile accoglienza riservata ieri a Marie Antoinette, per noi(guarda caso) uno dei pochissimi titoli intelligenti, aggraziati e divertenti dell'edizione diquest'anno. Tutto sta nel modo in cui ci s'avvicina al nuovo film di Sofia Coppola: preso comekolossal didascalico, magari sostenuto da storici distinguo, il ritratto della sedicenne austriacacostretta a sposare l'erede al trono francese e a convivere con un Luigi XVI molliccio edisinteressato e una corte fatua e imbalsamata varrebbe poco o niente; entrando, invece, senzaremore nelle atmosfere sapientemente distillate dalla figlia d'arte, è facile apprezzare un temasempreverde come quello dell'esilio adolescente in una prigione dorata. Accompagnando KirstenDunst in un periodo all'incirca ventennale, l'autrice di Lost in Translation adotta, in pratica, il puntodi vista della protagonista che può/potrebbe essere benissimo quello di una principessa Sissi, di unaLady D o, meglio ancora, di una ragazza moderna in stile «Desperate Housewives» e sublima ilplateale anacronismo con una serie deliziosa di contrappunti psicologici, figurativi e musicali.Marie Antoinette non cerca neppure lontanamente di revisionare l'identikit della regina decapitatadai rivoluzionari e tradizionalmente odiata dai francesi, bensì di tratteggiare una favolasettecentesca in cui lo stupore e la malizia, l'incoscienza e un'ombra di consapevolezza siarmonizzino grazie allo stile, in parte affettuosamente ironico e in parte delicatamenteimpressionista. Affascinata dagli ori e dai fasti di Versailles, Sofia Coppola manipola, così, i riticaricaturali della vestizione, del matrimonio, del ritiro notturno in camera da letto, del risveglio edei lavacri, dei banchetti e delle feste in una collana di sequenze vagamente ispirate alle scrupolosebiografie e disinvoltamente interessate ai gossip pre-rivoluzionari, dalla passione dell'imbelle LuigiXVI per la caccia alle volgarità della favorita Duchessa du Barry (ovviamente l'ispida AsiaArgento) e al sex-appeal dell'idealizzato cavaliere Fersen, (presunto) amante della nostra regaleBovary... Insomma un bouquet di programmatiche insolenze, scandite dall'euforizzante colonnasonora pop, che mirano, di fatto, a rivelare come la regista americana non s'identifichi in MarieAntoinette per fare il verso a Rossellini, ma per lanciare un'occhiata blandamente «scorretta» sul


mito fondatore della Francia e, soprattutto, per regalare all'alter ego Kirsten Dunst la chance di unviaggio nel tempo leggiadro e impertinente. Per gli indignati speciali, adepti del cinema sgradevole,il programma ha, del resto, offerto un immediato risarcimento con «La raison du plus faible». Unnoir alla Thompson o alla Leonard, ma ahimé di nazionalità belga, diretto e interpretato da LucasBelvaux, che parte sui toni de «I soliti ignoti», vira rapidamente alla denuncia sociologica in stilefratelli Dardenne e poi s'imballa nell'enfatica e farraginosa cronaca di una rapina destinata a finiretragicamente. Succede che lo scenario della città di Liegi induca di per sé al peggiore pessimismo enon abbia alcun bisogno dei tagli di una regia piatta e deprimente; se è il caso d'aggiungercil'handicap di attori tanto appropriati e volenterosi quanto totalmente sprovvisti di fascino, neconsegue il risultato prossimo allo zero che è apparso chiaro persino ai fischiatori di Marie-Antoinette.Massimo Rota (Rolling Stone)Un'apoteosi assordante di colori. Un geniale film rockcocò. Un fuoco d'artificio di musica ecostumi. Sofia Coppola chiude la sua trilogia sulla difficoltà del passaggio all'età adulta con unanuova ricerca d'identità, spiazzante fin dalla colonna sonora che "invade" il XVIII secolo con TheRadio Dept, Adam Ant, Cure, Squarepusher, Bow Wow Wow, Air, Strokes e via rockeggiando. E laregina assomiglia davvero a una teenager qualsiasi quando per il suo compleanno una canzone deiNew Order ci restituisce la malinconia di quel momento. La 14enne Marie Antoinette (KirstenDunst, in continuo inseguimento della maturità, dell'assunzione di responsabilità), figliadell'imperatore d'Austria, attraversa la frontiera nuda, pronta a rinascere come sposa di Luigi XVI(Jason Schwartzman, inetto e titubante al punto giusto). Una vergine senza storia che sta peraffrontare l'ignoto: un marito, il difficile compito di governare, la gestione di un potere immenso,una nuova lingua e soprattutto un cerimoniale che uccide qualsiasi riservatezza e intimità. Insomma,un percorso obbligato per poter abbandonare l'adolescenza: «Per me Marie Antoinette ha gli stessiproblemi di una liceale di oggi. Deve affrontare doveri e codici che non comprende, le sono troppolontani. Stenta a farsi nuovi amici, ha un'ossessione per i vestiti, il corpo, l'apparenza. Il mondopretende troppo e lei si sente inadeguata persino per la vita quotidiana», ha dichiarato la regista aCannes, dove ha anche confessato di essersi ispirata al clima di Lisztomania di Ken Russell. Nelladelirante pellicola dei 1975, Franz Liszt, interpretato da Roger Daltrey, è una vera e propria rockstarche beve Coca-Cola, litiga con i giornalisti e l'odiato Wagner. Un personaggio-icona con evidentilegami con la regina di Sofia Coppola. Ispirato alla controversa biografia dell'inglese AntoniaFraser (pubblicata in Italia da Mondadori), il film è deliziosamente, programmaticamenteantistorico. Pronto a strizzare l'occhio al kitsch quando affonda lo sguardo nella voluttà, nelle feste,nei gioielli che riempiono la vita ultrapop della monarca (sua madre, Maria Teresa d'Austria èinterpretata da Marianne Faithfull, "regina-bambina" degli Stones...). Perfetta antenata di Lady D,l'indolente Marie Antoinette si disinteressa completamente della politica e fa della frivolezza e dellavanità le colonne portanti della sfrenata vita della corte di Versailles. Per Sofia Coppola: «Non ècerto impeccabile o innocente, ma nemmeno cattiva come vorrebbero farci credere gli storici. Lasua esistenza è difficile perché suo marito la ignora. E questa mancanza di intimità che la indirizzaverso le feste e i divertimenti con le amiche. In questo assomiglia a una signora di Beverly Hillsche, trascurata dal marito, si rifà con lo shopping». Una casalinga disperata che finisceghigliottinata a 33 anni. Tanto tutto appare già scritto, scontato, con la vittima sacrificale, una donnamai cresciuta, ormai buona solo per salire gli scalini del patibolo. .A rischio costante di overdose dichampagne, innamorata dell'eccesso, Marie Antoinette legge Rousseau, ha un amante, appoggiaconfusamente la Rivoluzione americana e trascura l'infelice figlio. Lost in transgression?Fabio Ferzetti (Il Messaggero)La corte di Versailles come una super Beverly Hills, Maria Antonietta come una specie di fashionvictim ricca e viziata ma fondamentalmente innocente, il suo infelice matrimonio con Luigi XVIcome trionfo della politica e della ragion di Stato sulle passioni e sul corpo. Marie Antoinette di


Sofia Coppola (concorso) non è un brutto film, anzi è gradevole, pieno di brio, di finezze, di(piccole) idee, ma è come minimo un film a metà. Avesse raccontato solo l'arrivo in Francia dellaprincipessa 14enne, costretta ad "abbandonare tutto ciò che ha di austriaco" in una tenda in mezzoal bosco, si potrebbe capire. Fosse un'opera rock, come a suo tempo Lisztomania di Ken Russell(modello dichiarato della regista) o il Moulin Rouge di Baz Luhrmann, andrebbe benone. Ma laregista di Lost in Translation e del Giardino delle vergini suicide compie un peccato imperdonabilealla sua età: si ripete.Non è sbagliato fare della regina di Francia il prototipo dell'adolescente incompresa, ma non è unavisione abbastanza originale e profonda da nutrire l'intero film. Che fra l'altro non si ferma ai suoiprimi anni a corte, ma prosegue temerariamente fino quasi alla fine (il finale coincide con la fuga daVersailles). Perdendo quota man mano che la tragedia si avvicina. E con la tragedia il popolo, laRivoluzione, la Storia, che Sofia Coppola non rappresenta non perché non voglia ma perché nonsaprebbe come farlo.Così tutto si riduce all'idea, amabilmente anacronistica e perfettamente funzionante, di usare nellacolonna sonora non solo Rameau ma gruppi rock come i Cure, i Bow Wow Wow, gli Strokes o iNew Order. Chiarito il concetto di base, il resto è una girandola briosa ma non sempre allegra dimomenti nella vita di Maria Antonietta. Ecco dunque la regina ragazzina scoprire con sgomento chea corte tutto è pubblico, anche (soprattutto!) il momento in cui si corica con il re, o si alza lamattina. Eccola esplorare i lambiccati cerimoniali che regolano i poteri delle varie dame di corte("E' assurdo! - No, è Versailles!"), snobbare l'equivoca Du Barry (una divertente Asia Argento,peccato che il personaggio sparisca prima di crescere), solo per scoprire che evitando la favoritacritica il re, cosa sconsigliabile finché il matrimonio non sarà consumato. O tentare appunto dirisvegliare la libido del Delfino, che si sfoga solo nella caccia e le si addormenterà accanto ogni seracome un bambino per ben sette anni.In questo quadretto scandito da feste, abiti, scarpe, dolciumi, e velato da una malinconia volatilecome tutto il resto, la politica compare episodicamente (Luigi XV muore, suo figlio e MariaAntonietta, 20 e 19 anni, pregano: "Dio aiutaci, siamo troppo giovani per governare"). Si accennaalla rivoluzione americana, sostenuta in chiave anti-inglese. Nasce anche il mito della regina frivolae dissipata (in una caricatura irriverente si ironizza sul suo gusto per la vita agreste dicendo che"mostra a Jefferson il suo cespuglio", in inglese bush , sai le risate in America...). Ma il film,formalmente splendido grazie ai costumi di Milena Canonero e al gran cast (Jason Schwartzman,Judy Davis, Marianne Faithfull, Rip Torn), non esce mai da quest'amabile circolo vizioso. Un po'poco per una superproduzione girata dal vero grazie alla Francia. Maria Antonietta c'est moi , paredire Sofia Coppola. È anche questo che non le perdoneranno.Luca Castelli (Il Mucchio Selvaggio)Se fossi una ragazza sola e incompresa, non so cosa darei perché Sofia Coppola girasse un film sudi me. È incredibile la capacità che la regista americana ha di rappresentare questa categoria. Primale tormentate sorelle Lisbon de Il giardino delle vergini suicide, poi la Charlotte smarrita a Tokyo inLost In Translation, adesso Maria Antonietta. Sì, proprio quella Maria Antonietta. Quella che perdue secoli ha incarnato la quintessenza della frivolezza e a cui i libri di scuola attribuisconoun'unica immortale sentenza: "Il popolo non ha il pane? Che mangi le brioche". Sofia Coppola ce nefornisce un'immagine ben diversa, forse revisionista, di certo più umana. La frivolezza rimane. Ed'altronde anche Madre Teresa di Calcutta sarebbe diventata frivola, se fosse stata catapultata aquattordici anni a Versailles come futura regina di Francia. Ma c'è qualcosa di più. C'è la vitalità,l'esuberanza, la joie de vivre, la voglia di sorridere, di emozionarsi, di provare i primi turbamenti edi innamorarsi. E c'è quella malinconica sensazione che il mondo non ti capisca, che non ti dia lapossibilità di esprimerti, che sappia benissimo cosa vuole da te, ma non abbia la più pallida idea diciò di cui tu hai bisogno. La Maria Antonietta di Sofia Coppola si muove in un guazzabuglio pop:tra tonnellate di cipria e acconciature appariscenti, un clavicembalo e i New Order, MarianneFaithfull e una Asia Argento portatrice di rutto e sesso libero alla corte del re. In quanto a sesso, al


fianco di Maria Antonietta c'è invece un imberbe Luigi XVI (tutta la prima metà del film è giocatasulla necessità di "consumare" il loro matrimonio per dare un erede alla dinastia).A tratti molto divertente, segnato dai paesaggi infiniti di Versailles e dal forte contrasto tral'ambientazione settecentesca e la colonna sonora in buona parte contemporanea, Maria Antoniettanon è tuttavia all'altezza dei precedenti lavori della regista. Forse a causa dell'eccessiva lunghezza,forse perché sui titoli di testa sappiamo già che la protagonista alla fine verrà abbattuta a colpi diliberté, egalité e fratemité, forse perché la Coppola si trova più a suo agio con dimensioni menokolossal, fatto sta che ogni tanto il film perde il ritmo, si appesantisce, la magia si offusca. Volaalto, comunque, ma non altissimo quanto avremmo sperato.Valerio Caprara (Il Mattino)«Marie Antoinette», uno dei pochi titoli intelligenti, aggraziati e divertenti di Cannes 2006, siscontrò con l'accoglienza fredda e ostile dei festivalieri e fu ignorato da una delle peggiori giurie ditutti i tempi. Tutto sta nello spirito con cui si prende il film di Sofia Coppola: inteso come kolossaldidattico, il profilo della sedicenne austriaca costretta a sposare un Luigi XVI molliccio e asessuatoe a convivere con una corte fatua e maligna, può sconcertare; abbandonandosi, invece, allescatenate tonalità glam-rock allestite dalla figlia d'arte, si capisce come l'indovinato leitmotiv siaquello dell'esilio di un'adolescente in una gabbia dorata. Rievocando l'innocente MarieAntoinette/Kirsten Dunst in un arco di tempo ventennale, l'autrice assume il suo punto di vista - chepotrebbe essere quello di una principessa Sissi, di una Lady D o addirittura di una ragazza modernain stile «Casalinghe disperate» - e sublima i micro-anacronismi con una serie di contrappuntipsicologici, figurativi e musicali. Il film non vuole affatto revisionare il cliché della reginagiustiziata dai robespierristi e odiata dai francesi (da cui discendono i maldipancia critici), bensìraccontare una storia in cui lo stupore e la malizia, l'incoscienza e un'ombra di presentimento siarmonizzino grazie allo stile in parte ironico e in parte delicatamente impressionista. Affascinatadagli ori e dai fasti di Versailles, Sofia Coppola tratteggia, così, i riti severi e insieme derisori dellavestizione, del matrimonio, del ritiro notturno in camera da letto, del risveglio e dei lavacri, deibanchetti e delle feste in un'elegante serie di sequenze ispirate al libro della storica Antonia Fraser esoprattutto interessate ai gossip pre-rivoluzionari, dalla passione dell'imbelle Luigi XVI per lacaccia alle volgarità della favorita Duchessa du Barry (l'ispida Asia Argento) e al sex-appealdell'idealizzato cavaliere Fersen, (presunto) amante della nostra regale Bovary. Affinché, traBeaumarchais e Zweig, la «principessa rococò» possa rivivere insieme agli scherzi, i giochi, la setedi piaceri, il gusto di spendere e di abbordare che restituiscono l'identikit di tutte le «fashion victim»dell'epoca. Insomma un bouquet di calcolate insolenze, scandite dall'euforizzante colonna sonora,dalle mirabili luci e dagli splendidi costumi, che mirano, di fatto, a rivelare come la registaamericana non s'identifichi in Marie-Antoinette per fare il verso al Rossellini de La presa di poteredi Luigi XIV, ma per sollecitare un colpo d'occhio deliziosamente scorretto sul mito fondatore dellaFrancia e regalare al proprio alter ego Kirsten Dunst la chance di un viaggio nel tempo estroso eimpertinente.Manuel BilliSofia Coppola è una regista abbondantemente sopravvalutata che realizza “solo” buoni film, equest’ultimo, accolto tiepidamente a Cannes dala critica non francese, non fa eccezione. Sebbenel’autrice del Giardino dele vergini suicide sembri inizialmente aspirare a vivisezionare, con spiritoda entomologo, il dorato e fatuo (altro) mondo di Versailles, con i suoi rituali, i doveridel’eticheta, il Petit e il Grand Trianon, le fontane zampilanti e la Galerie des Glaces, presto,molto perspicacemente, si accorge di non poter eguagliare Kubrick, abbandona la via del Maestroed imbocca quella di Bridget Jones.Il racconto biografico della giovane Maria Antonietta, di origine austriaca, si trasforma così in unapiacevole commedia sentimentale e di formazione che solo casualmente ha per décor le tappezzerie,i divani, le sedie Luigi XIV, i proliferanti specchi suscettibili di produrre involontarie mises en


abyme e per costumi le sfavillanti invenzioni della grande Milena Canonero; che soloaccidentalmente incappa nella Storia (il 1789, la rivoluzione, la boutade delle brioches) e chegiustamente, in colonna sonora, mescola l’inevitabile Romeau e i giovani Air (vale a dire: la musicadel rito, del coté pubblico, degli altri e le melodie del’intimo, del privato, di lei).I patimenti dela giovane delfina diventano paradigma di “genere”, dal momento che coincidonocon i turbamenti e le angosce che sconta ogni adolescente al momento del suo ingresso in società.Nel caso specifico, Maria Antonieta sopravvivere ala routine inventandosi un “micromondo”impenetrabile proprio come le giovani suicide, supplendo istericamente ai deficitari piaceri dellacarne ed esorcizzando il paradosso di una solitudine sottoposta perennemente allo sguardoindiscreto delle damigelle o dei paggetti della corte ingozzandosi di dolciumi o scritturando lostilista più in voga, in grado di regalarle improbabili mise ed acconciature che avrebbero fattorisparmiare la fatica di una caricatura a un Daumier.La Coppola è abile nel mescolare le carte, nel pedinare la donzella nelle stanze della reggia, nelcogliere i rari momenti di tenerezza ritagliati tra pranzi e cene consumati sul proscenio e battute dicaccia: gli imbarazzi ed i tentennamenti del giovane fesacchioto Luigi XVI nel’alcova, piùinteressato allo studio delle serrature che alla pratica sessuale; la libertà finalmente raggiunta con lapiccola figlia nel Petit Trianon, che coincide singolarmente con la scoperta della dicotomiaNatura/Civiltà (tramite Rousseau); la liaison, neanche tanto clandestina, col bel soldatino olandese,di ritorno e pronto a ripartire per il fronte americano, conosciuto dalla delfina durante un ballo inmaschera à la Baz Luhrmann; l’atesa snervante nele anticamere durante l’invasione dela reggia daparte della folla inferocita (resa acusticamente, e con straordinaria efficacia).Cast all’altezza, dala vitale Dunst al rigidissimo Schwartzman, dala maliarda Madame du Baryversione Asia Argento alla sempre luminosa Aurore Clément.Più che un romanzo storico, un efficace e ben impaginato manuale per giovani ragazze di buonafamiglia e non. Ed in questo consiste l’originalità (più che la modernità) dela letura dela regista:nel’aver utilizzato la Storia ed i suoi orpeli come sfondo nel quale calare un itinerario metastoricoe come pretesto per redigere, con grazia e sensibilità, il terzo capitolo dela serie “ragazze smarite”,aggiungendo un nuovo tassello al proprio mosaico di figure femminili in fieri, iniziato con levergini suicide e proseguito con la splendente e sfuggente Charlotte di Lost in Translation.Priscilla CaporroAffogare nello champagne e affondare nella panna più soffice: Marie Antoinette è una giostragoliardica e divertente, nella quale stoffe e ricami pregiati, parrucche, porcellane e diamanti fannoda contorno ad una storia estremamente semplice che non ha bisogno di approfondire l’aspeto piùesplicitamente storico della vicenda della Delfina di Francia e di suo marito Luigi XVI. La storiadela sovrana di origine austriaca è infati più che altro un pretesto per raccontare le “strabilianti”avventure di una ragazzina alle prese con compiti troppo importanti, costretta a convivere dapprimacon il rigore imposto dai ruoli e poi condannata a sopravvivere e a salvarsi da uno stile di vita che sein un primo momento appare fatto solo di sfrenato divertimento, si rivela in realtà difficile dacontrollare. I vizi e i capricci gradualmente prendono il sopravvento su tutto, trascinando chi vi sitrova invischiato in un turbinio di curiosità e di necesità di avere, posedere. La smania d’acquistidi Maria Antonietta è quella di una qualunque ragazza che ha bisogno di comprare per sentireappagati i suoi sensi insoddisfatti, per placare la sete di sentimenti e di affetto, la sua ricerca dioriginalità è quela di chi si esalta con l’innovazione e la scoperta. Un Luigi XVI goffo e“panzotino” rafigura il classico consorte afetuosamente imbarazzato ed incapace di dedicareattenzione, le dame di corte sono dei nudibranchi multicolori pronti ad avvelenare la vita dellaregina. La Coppola conosce l’ambiente viziato in cui si muove Maria Antonietta e la accompagnanele sale di Versailes con sofisticata naturalezza: la fusione fra l’ambiente Setecentesco e le scelte“moderne” dela regista è totale, la sinergia fra l’elemento ricercatamente pop e l’atmosfera delacorte di Francia abbraccia ogni aspeto dela pelicola. L’occhio si stringe sule chiacchierepubbliche spesso costituite da pettegolezzi di varia sorta e sui privati silenzi sognanti di una reginastraordinariamente vitale e allo stesso tempo completamente sfinita dale giornaliere “dificoltà” che


derivano dai costanti eccesi. Maria Antonieta al’improvviso sembra metere momentaneamenteda parte le parrucche svettanti e gli onnipresenti fiocchetti e nastrini per dedicarsi appieno allasemplicità, ovviamente nei limiti di chi tiene un elefante in giardino. La Coppola continua la suaindagine nei pianti sommessi e nella serenità latitante di giovani donne soffusamente tristi (Lost inTraslation, Il Giardino delle Vergini Suicide) e fa compagnia alla Delfina mentre dapprima beffardae ingenua, poi spossata e vagamente disgustata, si accascia fra i regali cuscini della ricca reggia.Purtroppo la scelta di concentrarsi esclusivamente sula vita al’interno di Versailes rende nonparticolarmente efficace il finale, che sembra letteralmente precipitare sulla storia: la folla inferocitaraggiunge la corte imbracciando le armi e resta ammutolita davanti alla figura della tanto odiatasovrana, emblema di quella vita regale frivola che trova la propria forza nelle piume colorate, neiventagli impreziositi da cristalli, nei gioielli vistosi. Marie Antoinette non è una storia sullaghigliottina che tagliò la testa alla regina di Francia il 16 ottobre del 1793; è la storia di quellaghigliottina che recise la sua serenità illudendola di vivere in un paradiso.Raffaella SasoLa pellicola di Sofia Coppola mostra molto chiaramente che la sua regista trovava stimolanterealizzare il racconto di un’adolescenza, non un film storico. E infati persegue l'intento in modoradicale, non mostrando nulla di ciò che accade al di fuori della reggia, nulla della Rivoluzione inarrivo, nulla della vita e dei sentimenti del popolo, realizzando un film profondamente intimista.Neppure un accenno agli Stati generali, che pure coinvolsero direttamente i sovrani, ed un finale incui la tempesta esterna piomba all'improvviso sulla reggia, praticamente inattesa. La narrazione siferma al 1789, giacché allora termina la vicenda di Maria Antonietta di Versailles.Per quanto Maria Antonietta fosse forse estranea a ciò che accadeva al suo paese e ripiegata su sestesa, questo distacco e questa tenace omisione risultano narativamente un po’ stranianti se noninverosimili, seppure non casuali dal momento che alla Coppola interessava evidentementeraccontare la vita di una donna imprigionata sotto una campana d'oro e, in misura minore, la vitadella corte che la circondava. Il quadro della corte di Versailles da parte sua risulta a tratti efficace,a tratti approssimativo, basti pensare alle scene dedicate all’ostilità con la contesa du Bary (nota amargine: Asia Argento deve la sua partecipazione al film al fatto di essere volgare e naturalmenteantipatica?).Sofia Coppola è abituata a gestire bene i silenzi, eppure quest’ultima prova lascia in alcuni pasaggiun po’ freddi ed asonnati.Maria Antonietta è forse troppo idealizzata nella prima parte, ingenua e conciliantissima ragazzinache si aggira per Versailles spaesata dal grottesco della propria condizione sfortunata. Ed èraccontata con distacco da "osservazione sul campo" dopo, con una scelta dei tempi non semprecoerente. Se emerge certamente bene la ragazza affamata di sensazioni, che gradualmente afferrasenza misura tutte quelle che le capitano a portata di mano, con una mollezza verosimilissima, ci sichiede come la madre insoferente al’eticheta di corte e fulminata dal'esigenza di vita semplice acontato con la natura proprio in quela fase dela vita si dedichi al’adulterio.La parte più gratuita e noiosa è proprio quella relativa alla relazione col conte Fersen, relegata abreve tresca patinata (coerentemente con la tesi della fame di divertimenti, si può presumere),quando le testimonianze storiche tramandano con certezza un legame profondo durato molti anni,provato dalla corrispondenza e dalla fuga di Varenne organizzata da Fersen a rischio della sua vita.Qualche sbadiglio e qualche mancanza, dunque, pur in una ricostruzione formalmente splendida esgargiante, pur riconoscendo alla Coppola di aver saputo rendere l'immagine che di certo aveva inmente della vita di una adolescente comunissima ma dal destino unico, totalmente plasmata dallecircostanze.Luca PacilioMarie Antoinete c’est moi, potrebbe dire la regista, la delfina a tuto shopping, dal’infanziainevitabilmente dorata, catapultata suo malgrado in un mondo adulto (Questa è Versailes=That’s


Holywood), la “figlia di” che ha sempre avuto tuto (e adeso dà anche sfogo al gigantismo che fudel papà) ma pagandolo caro, a lungo incompresa e osteggiata da chi la circondava (i pianti e irigorosi riti - apparizioni, soirée-berline e flash cui sottoporsi -, il chiacchiericcio malevolo dellacorte-jetset): non è un caso che la vicenda umana della protagonista (facile rinvenire, in questofulmineo percorso di traumatica iniziazione e dolorosa fine, il fil rouge che lega Marie Antoinetteagli altri lavori del’autrice) sia filtrata atraverso la sensibilità e il mondo del’adolescente che laCoppola fu (e questo spiega non solo la spiazzante e poppeggiante colonna sonora (1) ma anche laprevalenza, in essa, di pezzi new wave anni 80; e ancora che i consigli sulla condotta da tenere apalazzo - ma fuori cosa sta succedendo? - vengano da un’ambita mamma rock - la voce di MarianneFaithfull, prevalentemente fuori campo, è tra le cose piùbele del’opera: ditele pure addio, italianitapini -).Peccato però che questa impronta, questo sottile appropriarsi del personaggio,modernizzato poichéidealizzato, rimanga vezzo autoriale soltanto accennato e che tale cenno renda sostanzialmente (e dirimando stilisticamente, e/o viceversa) incerto l’intero film, non connotandolo mai, al contrarioaffermandosi come carineria a fasi alterne (la lunga sequenza prettyinpink - gli acquisti smodatidella ragazzina, acconciature-dolci-scarpe-nastrini a gogò, le chiacchiere con le amiche - chesembra tratta, appunto, da un teenage-movie di un ventennio fa), l’opera funzionando sopratutonegli altri momenti, queli in cui si girano (in ogni senso) le pagine de “il libro-una vita” dela(s)fortunata regina, soffermandosi su certi episodi (la reggia è un megateatro emotivo), inquadrandofigure in movimento, senza nessuna urgenza di approfondire un carattere o di effettareun’immagine, senza cadere mai nela tremenda (poiché ipotetica) introspezione o nel fatuo fuocod’artificio visivo, mantenendo lo sguardo saldamente in superficie, lasciandolo scivolarefelicemente tra pubblica magnificenza e tenera intimità.(1) Imposibile non avere un brivido quando, sule sontuose immagini del’incoronazione, partonole note di Plainsong dei Cure; nella colonna sonora anche Adam and the Ants, Siouxie, Bow wowwow, New Order, Radio Dept., Aphex Twin, Air, Strokes e i (sopravvalutati, ma la famiglia è lafamiglia) Phoenix (sono i tre musicisti che suonano la chitarra nella scena ambientata nel PiccoloTrianon).Alessandro BarattiTra la soffusa morbidezza di Watteau e la maliziosa opulenza di Fragonard, Sofia Coppola sbozzaelegantemente la vicenda dela “sua” Maria Antonieta in perfeto equilibrio tra caraterizzazionepsicologica e osservazione comportamentale. Nella prima parte abbondano le notazioni intime e lesfumature emotive (dal’angelico candore del viaggio in carozza ale calde lacrime di Versailespasando per la malignità del’astioso pisipisi di corte), mentre nella seconda (dalla morte di LuigiXV in poi) l’analisi carateriale lascia spazio ala descrizione dele situazioni, abbandonandosimaggiormente ala varietà e al’imprevedibilità degli eventi. Fiancheggiata dal’estro luministico diLance Acord (già direttore della fotografia di Lost in Translation), la trentacinquenne cineastanewyorkese riserva alle due parti un trattamento filmico fortemente differenziato: se nella prima stamolto addosso a Maria Antonietta (una Kirsten Dunst sottile e guizzante) imprigionandola nelleopprimenti architetture della reggia, nella seconda lascia che le inquadrature respirinomaggiormente, rompendo le rigide simmetrie visive di Versailles con squarci ariosamentetrasgresivi e lasciando che un’alegra ventata di disordine scompagini la rigorosa etichetta di corte.Chi scrive ha preferito quest’ultima, sopratuto in virtù di una maggiore inaferabilità, ambiguità elevità stilistica. Osservazione eccentrica: le sequenze en plein air (soprattutto quella col ConteFersen) mi hanno ricordato un film sublime e osceno al tempo stesso, Elvira Madigan (1967) di BoWiderberg. Letteralmente imprescindibile.


Biografia storica di Maria Antonietta1755 L'Arciduchessa nasce a Vienna il 2 novembre. È figlia dell'Imperatore Francesco I, sovranodel Sacro Romano Impero, e dell'Imperatrice Maria Teresa.1765 L'Imperatore Francesco I muore, lasciando a Maria Teresa la responsabilità dei possedimentiasburgici. Donna dal carattere austero e politicamente molto accorta, l'imperatrice inizia unacampagna per rinsaldare l'alleanza con le corone d'Europa attraverso il matrimonio delle propriefiglie con i rampolli delle maggiori case reali del continente. Maria Antonietta, la quindicesimanata, non è coinvolta nel progetto fino alla morte della sorella maggiore Giovanna Gabriella. Soloallora viene destinata all'unione con il futuro Re di Francia.1769 Luigi XV chiede la mano della quattordicenne Maria Antonietta perché sposi Luigi Augusto,suo giovane erede, il futuro Luigi XVI.1770 La giovane lascia famiglia, amici, averi, addirittura gli abiti e affronta il viaggio oltre ilconfine francese. Non rivedrà mai più la sua terra.1770 Le nozze della giovane coppia vengono celebrate a Versailles con una sfarzosa cerimonia. Mail matrimonio non viene consumato per ben sette anni.1774 Ammalatosi di vaiolo, Luigi XV muore improvvisamente. Luigi e Maria Antonietta diventanoRe e Regina rispettivamente all'età di 20 e 18 anni. Come noto, dichiareranno: "Proteggici, oSignore, perché siamo troppo giovani per regnare".1774 La ragazza conosce l'affascinante Conte Hans Axel de Fersen, un nobile svedese con il qualevivrà una breve ma appassionata storia d'amore. Le rimarrà devoto per il resto della vita.1777 È documentata la prima intimità fisica della coppia reale.1778 Maria Antonietta dà alla luce la sua prima figlia, Maria Teresa Carlotta.1780 La giovane realizza il sogno di fare l'attrice, recitando per la prima volta sul palco del Teatrodel Trianon.1780 Muore l'Imperatrice d'Austria e madre di Maria Antonietta.1781 Nasce il primo figlio maschio della coppia, il Delfino Luigi-Giuseppe.1785 Nasce un secondo figlio maschio, Luigi Carlo di Francia.1786 Nasce un'altra bambina, Sofia Beatrice, che non vivrà abbastanza da vedere il suo primocompleanno. Per la disinvoltura delle sue spese, Maria Antonietta si vede attribuito il soprannomedi "Madame Deficit".1789 Il primo Delfino, Luigi Giuseppe, muore di tubercolosi all'età di sette anni.1789 Il 14 luglio, giorno dei tumulti alla Bastiglia, segna l'inizio della Rivoluzione Francese.1790 Una folla inferocita prende d'assalto il Palazzo Reale, uccidendo le guardie della Regina.Maria Antonietta esce su un balcone della reggia e tenta di sedare gli animi con un discorso.


1792 La folla assalta le Tuileries, nuova residenza della coppia a Parigi. Sebbene le sia data lapossibilità di fuggire, la giovane rifiuta, preferendo restare al fianco del marito. Le guardie realivengono massacrate e ogni autorità derivante dai sovrani viene sospesa. Maria Antonietta e LuigiXVI sono accusati di tradimento.1792 Il 21 settembre la Francia si proclama ufficialmente una Repubblica. Luigi XVI vieneprocessato.1792 La Francia dichiara Guerra all'Austria: per la nazione francese, Maria Antonietta è dunquestraniera e nemica.1793 Il 21 gennaio Luigi XVI viene ghigliottinato.1793 Maria Antonietta è separata dai suoi figli. Processata da un tribunale rivoluzionario che latrova colpevole di tutte le accuse imputatele, il 16 ottobre la regina viene ghigliottinata. Ha 37 anni.

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