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Se Questo E' Un Uomo - Massimo Ubertini

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permanenza sotto lavori forzati in condizioni disumane) demoralizzati, dato che erano sopraffatti dalla fame,<br />

erano vestiti e acconciati in un modo unico e riconoscibilissimo come appartenente allo stile di un detenuto<br />

di un campo di concentramento, erano privi di soldi e, non sapendo il polacco, lingua locale, non sapevano<br />

come muoversi in zona e dove poter trovare un riparo sicuro nelle vicinanze. <strong>Se</strong> tutto questo non bastasse i<br />

tedeschi utilizzavano una tecnica abbastanza convincente ed intimidatoria per reprimere, senza alcuno<br />

sforza eccessivo, qualsiasi forma di pensiero di fuga: tutti coloro che venivano riacciuffati o pescati nell’atto<br />

di organizzare o di mettere in atto una fuga venivano pubblicamente impiccati nella piazza dell’Appello. In<br />

più abbiamo anche una totale assenza di una voglia di ribellarsi a cotanta crudeltà e disumanità nei confronti<br />

dei prigionieri stessi. Però è degno di nota che, anche se di peso numerico abbastanza scarso, alcune rivolte<br />

ci sono state, ma tutte capitanate dai prigionieri che stavano meglio, perché come noto, “gli stracci non si<br />

ribellano”. Infatti, soprattutto nei campi di detenuti per motivi politici, o comunque dove la maggioranza di<br />

prigionieri erano politici, l’esperienza cospirativa di questi ultimi si dimostrò in ogni situazione un’arma<br />

potente e poderosa per attività di difesa molto efficienti: si riuscì quindi, ad esempio, a corrompere (non<br />

ovunque, dipende dai tempi e dai Lager) SS, oppure a sabotare il lavoro di intere industrie, ad organizzare<br />

evasioni, a comunicare mediante una radio con il Fronte degli Alleati, comunicando loro direttamente ed in<br />

tempo reale le loro condizioni, le condizioni del campo ed eventuali scoperte strategiche (ad esempio punti<br />

deboli della guardia del campo), a migliorare il trattamento dei malati, a pilotare le selezioni, oppure ancora a<br />

prepararsi ed organizzarsi il più possibile dal punto di vista militare in previsione di una possibile decisione<br />

dei nazisti, impauriti da una eventuale avanzata degli alleati, di eliminare totalmente (ogni traccia, quindi<br />

anche tutti i prigionieri) l’esistenza dei Lager. Ora una domanda può sorgere spontanea: come mai i<br />

prigionieri appena scesi nel campo dal treno e diretti alla camera a gas non hanno mai presentato nessuna<br />

sorta di reazione collettiva? La risposta anche in questo caso è abbastanza semplice: i tedeschi avevano<br />

ideato e messo in pratica un astuto espediente, quel era quello di raccontare a tutti i destinati all’immediato<br />

sterminio che la stanza dove vanivano raccolti era la sala docce; lì si dovevano spogliare per lavarsi<br />

completamente e poi, una volta puliti a dovere per entrare nel campo venivano accolti da una bella tazza di<br />

caffè. Ovviamente era tutta una presa in giro, e per renderla ancora più credibile ad alcuni veniva porto con<br />

certa gentilezza anche asciugamano e sapone. Ma la cosa era moto più grave di quanto si poteva pensare:<br />

infatti, in questa crudele ed inumana morte si presentava già tutta la volontà di questi uomini (anzi bestie)<br />

senza scrupoli, ossia la voglia di ridurre tutti coloro che entravano nel Lager allo stato di animali, o peggio di<br />

cose, sia da vivi, che in seguito da morti. I fatti a testimonianza di questo sono essenzialmente due: nelle<br />

camere a gas stesse non veniva usato nessun gas velenoso particolare, ma semplicemente e banalmente il<br />

gas per la disinfestazione attuata durante la coltivazione delle piante; il secondo è da ricercarsi nella fine che<br />

facevano i cadaveri: una volta bruciati venivano usate le ceneri o come fertilizzanti o come sapone da<br />

distribuire per l’uso ad altri prigionieri. Quindi stando così le cose appare abbastanza assurda l’affermazione<br />

ogni tanto udibile secondo cui gli ebrei non si siano mai ribellati per codardia:<br />

nessuno si è mai ribellato.<br />

E’ fondamentale ora una analisi comparata tra le varie esperienze nazionali<br />

e in particolare tra il lager<br />

nazista e il campo di lavoro<br />

sovietico per dare una visione di<br />

insieme sulla multiforme<br />

diffusione di questi campi di<br />

concentramento propriamente<br />

detti, in alcuni casi trasformatisi<br />

nei crudeli e mortali campi di<br />

sterminio veri e propri. Accanto<br />

ad evidenti somiglianza tra i<br />

Lager sovietici e quelli nazisti ci<br />

sono però da notare parecchie<br />

ed evidenti differenze. La prima e più importante è senza dubbio la loro<br />

finalità. Infatti, mentre quelli in Germania all’antico scopo di eliminare e terrorizzare gli avversari politici, si è<br />

affiancato a poco a poco, e sempre in modo più incisivo, fino a soppiantare quello vecchio, un nuovo<br />

obiettivo, ossia quello di cancellare dal mondo interi popoli e culture. Dall’inizio del 1941 essi diventano vere<br />

e proprie macchine di morte che mediante lo sfruttamento di strumenti mostruosi quali camere a gas e<br />

crematori, progettati esclusivamente per uno scopo ben preciso, hanno distrutto appunto migliaia, anzi<br />

milioni di vite umane (il record spetta al campo di Auschwitz con circa 24000 morti in un solo giorno,<br />

nell’agosto 1944). I Lager in <strong>Un</strong>ione Sovietica invece sono profondamente differenti: il soggiorno non è<br />

comunque, ed ovviamente, gradevole, ma qui, nemmeno nei momenti più bui del regime totalitario di Stalin,<br />

la morte dei prigionieri non veniva ricercata assiduamente. Accadeva assai frequentemente, ma era<br />

considerata come un incidente: era tollerato con brutale indifferenza ma non era mai un atto voluto. In più<br />

nei Lager tedeschi si entrava sempre per non uscirne: infatti sono pochissimi i fortunati che come Primo Levi<br />

sono riusciti a baciare la terra natale ed a rivedere i loro luoghi di residenza abituale. Nei Lager sovietici<br />

invece era sempre previsto una sorta di termine della detenzione stessa: i colpevoli di solito venivano<br />

condannati a pene lunghissime ma comunque sia una seppur lieve speranza esisteva in qualsiasi caso. Da<br />

qui si possono rilevare tutte le altre importanti diversità tra le due storie parallele dei campi di

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