RiccardoCotarella - TuttOrvieto

Adolf Eichmann
Ben pochi, sulla Rupe ricordano
Bruno Venturelli, nato il 6
gennaio 1915, figlio di un ferroviere,
Francesco, e di una casalinga,
Annunziata. Un rapido
passaggio, il suo, all'ombra del
Duomo. Poi la vocazione, il seminario,
il liceo a Vercelli e quindi,
il 3 luglio 1938, l'arrivo a Genova
come sacerdote. Anni difficili,
subito seguiti da una guerra
devastante. Stagioni di dolore e
sofferenze, attraverso le quali
don Bruno seppe conquistarsi
ben presto, con i propri gesti
quotidiani, un appellativo capace
di descrivere appropriatamente
la sua indole: il «prete dei bisognosi».
Aiutava tutti, il giovane sacerdote
orvietano, senza mai chiedere,
senza distinguere tra fedi
politiche e provenienze, senza
guardare ai diversi colori delle
divise. La sua parrocchia era un
rifugio per tutti e per tutti era
disponibile, ad ogni ora del giorno
e della notte, una minestra
calda e una parola di conforto. E
fu così anche nell'immediato
dopoguerra, quando proprio
Genova divenne via di fuga privilegiata
per quanti dovevano fuggire
dall'Europa.
Nel mucchio dei bisognosi, però,
si nascondevano anche efferati
criminali nazisti che intendevano,
in questo modo, sfuggire alla
giustizia per le brutalità da loro
commesse.
I loro nomi hanno fatto, tragicamente,
la storia più nera del
Novecento: Adolf Eichmann,
Obersturmbannfuhrer delle SS,
ideatore e artefice della «soluzione
finale del problema ebraico»,
un uomo con sei milioni di ebrei
sulla coscienza; Joseph
Mengele, l'«Angelo della Morte»
di Auschwitz, il medico degli
esperimenti indicibili su prigionieri
adulti e bambini, colui che
all'arrivo dei treni blindati decideva,
con un semplice cenno del
frustino, il destino - la vita di
stenti nel lager o l'immediata
morte nelle camere a gas- dei
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