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un nido di memorie - La Contrada

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Commissario Giuseppe Gueli, per reprimere il “ban<strong>di</strong>tismo” locale. <strong>La</strong><br />

questione nazionale, con le sue <strong>di</strong>fficili e delicate e straor<strong>di</strong>narie alchimie,<br />

fu, alla fine, ridotta dal Duce ad <strong>un</strong>a questione <strong>di</strong> “or<strong>di</strong>ne pubblico”,<br />

<strong>di</strong> repressione brutale. Il metodo era infatti quello adottato in Sicilia nella<br />

lotta contro la mafia. Uno dei più zelanti repressori, il vice-Commissario<br />

Gaetano Collotti, <strong>di</strong>venne tristemente noto con l’occupazione tedesca<br />

quando, operando alla Villa Triste <strong>di</strong> via Bellosguardo, guidò, con rara<br />

ferocia , la famigerata “banda Culot”.<br />

Con la guerra il Regime procedeva inoltre ad isolare ed internare le popolazioni<br />

slave della Venezia Giulia, similmente a quanto era andato facendo<br />

con i 51 campi per internati civili <strong>di</strong> guerra <strong>di</strong>stribuiti sul territorio<br />

nazionale e destinati a raccogliere gli ebrei. Ai campi <strong>di</strong> concentramento<br />

per le popolazioni slave <strong>di</strong> Gonars (U<strong>di</strong>ne, 4.000 internati), <strong>di</strong> Arbe (isola<br />

<strong>di</strong> Rab, 15.000 internati), <strong>di</strong> Visco (Palmanova, 4.000 internati) e <strong>di</strong><br />

Sdraussina (Gorizia, 1.000 internati), si vanno ad aggi<strong>un</strong>gere quelli <strong>di</strong>sposti<br />

all’interno del paese: Renicci (Arezzo), Monigo (Treviso),<br />

Chiesanuova (Padova), Fraschette Alatri (Frosinone) ecc… Naturalmente<br />

non si tratta <strong>di</strong> campi paragonabili ai <strong>La</strong>ger nazisti, anche se i decessi<br />

tra gli internati per le cattive con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita furono rilevanti. Potenzialmente<br />

però la logica della deportazione era presente: veniva ferito il principio<br />

dell’intangibilità <strong>di</strong> <strong>un</strong> gruppo etnico nel suo <strong>di</strong>ritto all’esistenza e<br />

<strong>un</strong>a sua territorialità.<br />

<strong>La</strong> lotta <strong>di</strong> liberazione jugoslava, egemonizzata da Tito e dalla sua componente<br />

d’ispirazione com<strong>un</strong>ista, non tardò a capire che l’elemento nazionale<br />

poteva f<strong>un</strong>gere da collante in <strong>un</strong> paese multietnico ed eterogeneo come<br />

pochi altri. <strong>La</strong> grave minaccia esterna, costituita dal fascismo e dal nazismo<br />

invasori, offriva <strong>un</strong>’occasione storica <strong>un</strong>ica per fondare <strong>un</strong> nuovo e <strong>di</strong>verso<br />

spirito trans-nazionale, in grado, con il robusto innesto <strong>di</strong> elementi<br />

ideologici marxisti, <strong>di</strong> fornire <strong>un</strong>a nuova identità agli sloveni, ai croati, ai<br />

serbi; quella componente nazionalista che Trieste, e le terre contese alla<br />

fine della guerra, finiranno amaramente per scontare con l’occupazione<br />

jugoslava, nutrita e permeata da <strong>un</strong> forte sentimento revanscista.<br />

Ma prima, tra l’8 settembre del ’43 e l’aprile del ’45, <strong>un</strong> altro e più potente<br />

nazionalismo s’abbatte sulla Venezia Giulia. Denominata dai tedeschi<br />

Adriatisches Küsterland, la Venezia Giulia prefigurava <strong>un</strong> territorio a se<br />

stante. Trieste, capitale <strong>di</strong> questo <strong>La</strong>nd, era sottoposta al controllo militare<br />

e civile assoluto del Gauleiter Friedrich Reinar. Il territorio era separato<br />

da confini con la Repubblica Sociale Italiana e le leggi e i provve<strong>di</strong>menti<br />

presi da Salò, nel Litorale Adriatico non avevano effetto. <strong>La</strong> presen-

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