31.05.2013 Views

12. Formazione, nuove tecnologie e interculturali- tà - Edutic

12. Formazione, nuove tecnologie e interculturali- tà - Edutic

12. Formazione, nuove tecnologie e interculturali- tà - Edutic

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

<strong>12.</strong> <strong>Formazione</strong>, <strong>nuove</strong> <strong>tecnologie</strong> e <strong>interculturali</strong><strong>tà</strong><br />

Abstract: L’Autore dopo aver affrontato il<br />

tema del diritto e dell’accesso alla formazione<br />

per tutta la vita si sofferma in modo più<br />

specifico sul tema dell’educazione interculturale<br />

definendone compiti e ambiti. Nell’ultima<br />

parte l’Autore individua alcune aree di<br />

intersezione tra la dimensione interculturale<br />

e le potenziali<strong>tà</strong> offerte dalla <strong>nuove</strong> <strong>tecnologie</strong><br />

dell’informazione e della comunicazione.<br />

Parole chiave: formazione permanente, educazione<br />

interculturale, <strong>nuove</strong> <strong>tecnologie</strong>, rete<br />

Internet<br />

Massimiliano Fiorucci<br />

Universi<strong>tà</strong> degli Studi Roma Tre<br />

m.fiorucci@uniroma3.it<br />

Abstract: The author considers firstly the issue<br />

of right and access to long life learning<br />

and, then, focuses more specifically on the<br />

topic of intercultural education, defining its<br />

tasks and fields. In the last part, the author<br />

considers some areas of intersection between<br />

intercultural dimension and potentialities<br />

offered by new information and communication<br />

technologies.<br />

Key words: continuing education, intercultural<br />

education, new technologies, Internet<br />

R. Roig Vila & M. Fiorucci (Eds.) (2010). Claves para la investigación en innovación y calidad educativas. La integración<br />

de las Tecnologías de la Información y la Comunicación y la Interculturalidad en las aulas / Strumenti di ricerca per<br />

l’innovazione e la quali<strong>tà</strong> in ambito educativo. Le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione e l’Interculturali<strong>tà</strong><br />

nella scuola. Alcoy & Roma: Marfil & Universi<strong>tà</strong> degli Studi Roma Tre, 137-150.<br />

137


138<br />

MASSIMILIANO FIORUCCI<br />

1. L’Accesso e iL diritto ALLA ForMAzione<br />

Nel corso degli ultimi venti anni è stato messo in rilievo con sempre maggiore forza il rapporto<br />

tra sviluppo della democrazia e ruolo e funzione dell’istruzione e della formazione nella<br />

vita degli individui e delle socie<strong>tà</strong>. In questa prospettiva, è divenuto sempre più evidente come<br />

l’apprendimento sia non un privilegio riservato a pochi, quanto un diritto il cui esercizio è essenziale<br />

allo sviluppo degli individui e delle socie<strong>tà</strong> stesse. «La consapevolezza di uno stretto<br />

rapporto tra sviluppo della democrazia, equi<strong>tà</strong> e livello di istruzione è venuta progressivamente<br />

emergendo come necessi<strong>tà</strong> non solo politica ma anche come condizione economica di ottimizzazione<br />

delle risorse» (Alberici, 1999: 31).<br />

Una conferma, in tale direzione, è arrivata già quindici anni or sono dal Libro Bianco su<br />

istruzione e formazione della Commissione Europea secondo il quale la ragione più profonda<br />

della posizione centrale dell’educazione va ricercata nel fatto che «la socie<strong>tà</strong> europea è entrata<br />

in una fase di transizione verso una nuova forma di socie<strong>tà</strong>» (Commissione Europea, 1995: 22),<br />

la cosiddetta socie<strong>tà</strong> della conoscenza.<br />

E’ utile ricordare che, sempre il Libro Bianco, dopo aver delineato i tre “fattori di cambiamento”<br />

che «contribuiscono all’evoluzione verso la socie<strong>tà</strong> conoscitiva» (la nascita della<br />

socie<strong>tà</strong> dell’informazione, lo sviluppo della civil<strong>tà</strong> scientifica e tecnica e la globalizzazione<br />

dell’economia), afferma che la costruzione di questa socie<strong>tà</strong> dipenderà dalla capaci<strong>tà</strong> di apportare<br />

due grandi risposte alle implicazioni negative causate da questi tre “fattori”. Una prima<br />

risposta incentrata sulla rivalutazione della cultura generale; una seconda, volta a sviluppare<br />

l’integrazione fra accumulazione di conoscenze di base (per le quali è fondamentale il sistema<br />

d’istruzione), di conoscenze tecnico-professionali (che possono essere acquisite in parte nel<br />

sistema d’istruzione e nella formazione professionale e in parte nell’impresa) e di attitudini<br />

sociali (acquisibili nel contesto di vita e di lavoro).<br />

Successivamente il Memorandum sull’istruzione e sulla formazione permanente ha sottolineato<br />

come, per gli stati europei, collaborare per rendere concreta l’istruzione e la formazione<br />

permanente costituisce il modo migliore per:<br />

“costruire una socie<strong>tà</strong> d’integrazione che offra a tutti le stesse opportuni<strong>tà</strong> di accedere ad<br />

un apprendimento di quali<strong>tà</strong> lungo l’intero arco della vita e nella quale l’offerta d’istruzione e<br />

di formazione si basi innanzitutto sui bisogni e le esigenze del singolo;<br />

– adattare le modali<strong>tà</strong> d’offerta d’istruzione e di formazione, nonché l’organizzazione della<br />

vita professionale retribuita, affinché i cittadini possano formarsi lungo tutta la vita e<br />

organizzarsi in modo da conciliare formazione, lavoro e vita familiare;<br />

– elevare il livello generale degli studi e delle qualifiche in tutti i settori, per garantire un’offerta<br />

di quali<strong>tà</strong> e, contemporaneamente, l’adeguatezza delle conoscenze e delle competenze<br />

acquisite alle mutevoli esigenze occupazionali, dell’organizzazione del luogo di<br />

lavoro e dei metodi di lavoro;<br />

– sollecitare i cittadini, dotandoli dei mezzi adeguati, a cooperare sempre più attivamente<br />

in tutte le sfere della vita pubblica moderna, in particolare nel campo sociale e politico,<br />

a tutti i livelli della vita comune ivi compreso a livello europeo” (Commissione Europea,<br />

2000: 5).<br />

L’accesso alla formazione per tutto l’arco della vita è posto, quindi, tra le condizioni essenziali<br />

per garantire nuovi diritti di cittadinanza, non solo per garantire i livelli minimi di conoscenze<br />

e competenze a quella percentuale di popolazione adulta in possesso di bassi livelli


<strong>12.</strong> FORMAZIONE, NUOVE TECNOLOGIE E INTERCULTURALITÀ<br />

di istruzione, ma per affrontare in modo adeguato le sfide della moderni<strong>tà</strong> all’interno di quelle<br />

che vengono ormai definite come “socie<strong>tà</strong> complesse” (Morin, 1993, 1999, 2000, 2001; Bocchi,<br />

Ceruti, 1997 e 2004).<br />

Viene evocata, quindi, da più parti la necessi<strong>tà</strong> di riorganizzare i sistemi educativi e formativi<br />

affinché siano in grado di educare i cittadini a sostenere le diverse sfide che si profilano<br />

all’orizzonte: garantire un equo accesso alla conoscenza, stimolando percorsi di apprendimento<br />

critico (sfida educativa e sociologica); rafforzare la percezione globale e sistemica dei problemi,<br />

ossia fuoriuscire dalla logica della specializzazione che colloca l’individuo dentro la sua<br />

nicchia settoriale e determina due effetti perversi (sfida civica) (Morin, 2000):<br />

1. affievolisce il senso di responsabili<strong>tà</strong> civica, poiché «ciascuno tende a essere responsabile<br />

solo del suo compito specializzato […] e percepisce solo il legame organico con la propria<br />

cit<strong>tà</strong> e i propri concittadini» (Morin, 2000: 11).<br />

2. limita la diffusione delle conoscenze alla cerchia degli esperti, contribuendo a rendere<br />

il know how sempre più anonimo.<br />

All’interno di questo scenario, Edgar Morin attribuisce all’insegnamento, e al sistema educativo<br />

e formativo in senso lato, l’imperativo di sviluppare l’attitudine sia a contestualizzare sia<br />

a globalizzare saperi e competenze. Nella capaci<strong>tà</strong> di effettuare collegamenti fra conoscenze,<br />

abili<strong>tà</strong>, competenze ed esperienze all’apparenza distanti, risiede la possibili<strong>tà</strong> di formare<br />

il pensiero ecologizzante, una struttura cognitiva idonea ad innescare processi riflessivi e di<br />

apprendimento consapevoli e di spingere il cittadino di oggi e di domani fuori dalla sua orbita<br />

particolaristica nella prospettiva di una cittadinanza terrestre.<br />

Anche l’accelerazione dello sviluppo delle <strong>tecnologie</strong> ha poi profondamente inciso sulla<br />

“stabili<strong>tà</strong> delle conoscenze”, sempre più rapidamente rese obsolete dalle innovazioni. Proprio<br />

la consapevolezza di questa rapida obsolescenza delle conoscenze ha reso evidente che la<br />

formazione deve comprendere al suo interno forti elementi culturali di tipo generale, metodologico<br />

e di indirizzo, tali da favorire la formazione del soggetto nella sua interezza e da fornirgli,<br />

nello stesso tempo, gli strumenti per mantenere aggiornati i livelli di competenza, di conoscenza<br />

e di abili<strong>tà</strong> (Commissione Europea, 1995: 6-9).<br />

Il tema della formazione ha acquistato, per conseguenza, anche in Italia una rilevanza strategica<br />

in conseguenza del consolidamento di orientamenti normativi e prassi contrattuali che<br />

interconnettono formazione ed occupazione. Va osservato, tuttavia, che tale riconoscimento<br />

della centrali<strong>tà</strong> della formazione rimane nei fatti spesso disatteso. Alle dichiarazioni dei decisori<br />

politici sull’importanza della formazione non seguono adeguati investimenti economici che,<br />

anzi, vengono progressivamente ridotti di anno in anno.<br />

La scommessa per le politiche di formazione è, pertanto, la compatibili<strong>tà</strong> tra sostegno alle<br />

crescenti sfide competitive, lotta all’emarginazione sociale e culturale e piena integrazione<br />

(economica, sociale, culturale, politica) di tutti i cittadini (autoctoni e immigrati).<br />

2. coMPiti e AMBiti deLL’edUcAzione intercULtUrALe<br />

L’educazione interculturale si configura come la risposta in termini di prassi formativa alle<br />

sfide poste dal mondo delle interdipendenze; “è un progetto educativo intenzionale che taglia<br />

trasversalmente tutte le discipline insegnate nella scuola e che si propone di modificare le percezioni<br />

e gli abiti cognitivi con cui generalmente ci rappresentiamo sia gli stranieri sia il nuovo<br />

mondo delle interdipendenze” (Susi, 999: 11).<br />

139


140<br />

MASSIMILIANO FIORUCCI<br />

L’educazione interculturale non ha un compito facile né di breve periodo, poiché implica un<br />

riesame degli attuali saperi insegnati nella scuola e perché l’educazione interculturale non è<br />

una nuova disciplina che si aggiunge alle altre, ma un punto di vista, un’ottica diversa con cui<br />

guardare ai saperi attualmente insegnati (Fiorucci, 2008). L’origine dell’educazione interculturale<br />

è da collegarsi allo sviluppo dei fenomeni migratori e, tuttavia, oggi essa ha abbandonato<br />

il terreno dell’educazione speciale rivolta ad un gruppo sociale specifico diventando un approccio<br />

pedagogico innovatore per la rifondazione del curricolo in generale.<br />

Molte sono le definizioni di “educazione interculturale” (Damiano, 1999; Portera, 2003;<br />

Favaro, Luatti, 2004; Nanni, Curci, 2005; Zoletto, 2007) emerse negli ultimi anni in seguito alle<br />

ricerche e alle sperimentazioni condotte nei contesti educativi italiani (Catarci, 2006: 187-213;<br />

Gobbo, 2008). E’ possibile affermare, tuttavia, che la ricerca educativa interculturale si muove<br />

e si è mossa essenzialmente lungo due direttrici.<br />

a) Da una parte mira all’individuazione e alla progettazione delle più idonee strategie<br />

educative e didattiche per favorire un positivo inserimento degli allievi stranieri nella<br />

scuola e, quindi, nella socie<strong>tà</strong> (ma la scuola e i servizi socio-educativi e formativi in<br />

questo compito non possono essere lasciati soli) (MIUR, 2006). Ciò implica la predisposizione<br />

delle condizioni necessarie per garantire a tutti i soggetti (autoctoni e immigrati)<br />

di ottenere gli stessi tassi di successo scolastico. In questa direzione si possono sinteticamente<br />

indicare alcuni ambiti di lavoro:<br />

– accoglienza (accoglienza scolastica insieme all’accoglienza sociale) (cfr. www.centrocome.it):<br />

significa capire e farsi capire ossia acquisire informazioni e conoscenze sui<br />

sistemi scolastici di provenienza e sulla scolarizzazione pregressa; significa, inoltre,<br />

dare informazioni sul sistema scolastico italiano, tracciare un profilo linguistico e<br />

cognitivo degli allievi, acquisire informazioni sul progetto migratorio della famiglia.<br />

L’accoglienza si compone di diversi aspetti: burocratici, organizzativi, affettivo-relazionali,<br />

educativo-didattici e cognitivi (MIUR, 2006; cfr. anche Demetrio e Favaro,<br />

1996; Pinto Minerva, 2003);<br />

– insegnamento dell’italiano come L2: questo aspetto è assolutamente centrale<br />

(Tosi, 1995; Vaccarelli, 2001; Favaro, 2002; Vedovelli, 2002). Le competenze linguistiche<br />

sono alla base di ogni processo di integrazione ed è necessario insegnare<br />

l’italiano in modo diverso a chi è alfabetizzato in un’altra lingua; e, tuttavia, tale<br />

insegnamento non può che avvenire all’interno delle normali classi scolastiche,<br />

evitando la costruzione di luoghi separati di apprendimento; tale scelta non è messa<br />

in discussione da pratiche di divisione in gruppi, per brevi periodi e per specifici<br />

apprendimenti (laboratori linguistici). Il punto centrale dell’azione di inserimento è<br />

proprio la possibili<strong>tà</strong>, per l’alunno straniero, di entrare in contatto con i coetanei,<br />

dai quali, in modali<strong>tà</strong> formali e non formali, apprenderà non solo le forme linguistiche<br />

più immediate, ma anche le forme della comunicazione e le regole del gruppo<br />

di accoglienza. Tutto gli studi mostrano che una separazione totale del nuovo<br />

alunno sarebbe penalizzante per la sua possibili<strong>tà</strong> di inserirsi, a livello linguistico,<br />

comunicativo, cognitivo e culturale, nel gruppo-classe. Diverso è ovviamente il caso<br />

di corsi intensivi (di qualche ora a settimana) che rafforzino e sostengano i suoi apprendimenti,<br />

specialmente con il crescere dell’e<strong>tà</strong>. Per ragazzi e ragazze via via più<br />

grandi, infatti, i corsi intensivi sono maggiormente necessari ed efficaci, sempre<br />

che si accompagnino ad una continua relazione con l’insieme del gruppo-classe,


<strong>12.</strong> FORMAZIONE, NUOVE TECNOLOGIE E INTERCULTURALITÀ<br />

delle sue attivi<strong>tà</strong>, del suo sentirsi appunto “gruppo”. La classe, infatti, costituisce il<br />

contesto significativo di ogni espressione linguistica e comunicativa, cioè il contesto<br />

che dà significato ai contenuti: sia a quelli relazionali che a quelli di apprendimento<br />

(Baldacci, 2009: 33-38);<br />

– valorizzazione della lingua e cultura d’origine: è un tema complesso e articolato<br />

che richiede risposte diverse anche in funzione dei progetti migratori delle famiglie.<br />

Il mantenimento e il rafforzamento della lingua e della cultura d’origine rinforzano<br />

le capaci<strong>tà</strong> comunicative generali degli alunni immigrati contribuendo all’innalzamento<br />

del livello di autostima. E, tuttavia, su questo territorio vi deve essere la<br />

massima liber<strong>tà</strong> salvaguardando il diritto di ognuno a svilupparsi a partire da ciò<br />

che è;<br />

– attivi<strong>tà</strong> <strong>interculturali</strong> comuni: vanno favorite tutte quelle attivi<strong>tà</strong> che contribuiscono<br />

al dialogo e alla conoscenza reciproca. Tali attivi<strong>tà</strong> (espressive, musicali, teatrali,<br />

ecc.) dovrebbero favorire sia le relazioni tra allievi stranieri e italiani in classe sia le<br />

relazioni con i pari nel tempo extrascolastico. La quali<strong>tà</strong> e la quanti<strong>tà</strong> di queste relazioni<br />

rappresentano degli importanti indicatori di integrazione.<br />

b) Dall’altra parte, poiché l’educazione interculturale si rivolge a tutti e in modo particolare<br />

agli autoctoni, la ricerca si è concentrata sull’obiettivo di favorire abiti di accoglienza<br />

negli italiani. Ciò può tradursi anche nella revisione, nella rivisitazione e nella rifondazione<br />

dell’asse formativo della scuola che non deve mirare solo alla formazione del<br />

cittadino italiano, ma soprattutto alla formazione di un cittadino del mondo, che vive e<br />

agisce in un mondo interdipendente (Fiorucci, 2008).<br />

Tale prospettiva implica necessariamente:<br />

– una rilettura in chiave interculturale dei saperi insegnati nella scuola e quindi il passaggio<br />

alla didattica interculturale delle discipline che consiste nella revisione dei programmi<br />

di insegnamento scolastici (per fare qualche esempio: nell’insegnamento della storia<br />

vi sarebbe da rivisitare il tema della scoperta/conquista dell’America (Todorov, 1992); vi<br />

sarebbe da riconsiderare la vicenda delle crociate anche attraverso il punto di vista degli<br />

storici arabi (Gabrieli, 1957; Maalouf, 1989), vi sarebbe da riscoprire la storia stessa<br />

del “Mediterraneo” (Braudel, 1977; Riccardi, 1997) come spazio di dialogo e di incontro<br />

tra civil<strong>tà</strong>; per l’insegnamento della geografia si pensi al ruolo che potrebbe svolgere la<br />

conoscenza anche di altre rappresentazioni cartografiche del mondo come, per fare un<br />

esempio, quella proposta da Arno Peters (Peters, 1988; Grillotti Di Giacomo, 2008); per<br />

l’insegnamento della matematica (Cappelletti, 2000a e 2000b; Ascher, 2007; Supino,<br />

2008) e della filosofia (Nkafu, 2003; Bernal, 1997) si pensi alle molteplici influenze culturali<br />

che ne hanno determinato lo sviluppo;<br />

– un’analisi critica dei libri di testo. I libri di testo sono i primi mediatori e spesso sono<br />

portatori di stereotipi e sono fautori di una rappresentazione euro ed etnocentrica (Ministero<br />

della Pubblica Istruzione –Direzione Generale per gli Scambi Culturali, Movimento<br />

di Cooperazione Educativa, 1993; Portera, 2000);<br />

– significativi investimenti nella formazione interculturale degli insegnanti (Sirna, 1996)<br />

per dotarli di competenze e di conoscenze di tipo antropologico, sociologico, pedagogico,<br />

linguistico, psicologico, ecc. e sui temi delle grandi e millenarie culture (come quella<br />

indiana o cinese) e delle grandi religioni.<br />

141


142<br />

MASSIMILIANO FIORUCCI<br />

3. LA rete internet, Le nUove tecnoLogie e L’edUcAzione intercULtUrALe<br />

La rete Internet può rappresentare un mezzo efficace per attivare i processi educativi e<br />

formativi anche in prospettiva interculturale. Come hanno affermato Ibrahim e Franklin “il solo<br />

navigare attraverso il World Wide Web rappresenta di per sé un’esperienza educativa” poiché<br />

si devono attuare strategie di ricerca e affinare delle abili<strong>tà</strong> (Calvani e Rotta, 1999: 49). E’ evidente,<br />

infatti, che “per muoversi in un ambiente ipertestuale, come il World Wide Web, siano<br />

necessarie abili<strong>tà</strong> che l’ambiente stesso contribuisce a sviluppare” (Calvani e Rotta, 1999: 49).<br />

La rete Internet offre, quindi, <strong>nuove</strong> opportuni<strong>tà</strong> di apprendimento, aumenta la possibili<strong>tà</strong> di<br />

accedere a enormi quanti<strong>tà</strong> di informazioni e/o di risorse fino e la libera esplorazione della rete<br />

con la sua struttura ipertestuale ha una ricaduta sull’apprendimento individuale e collettivo.<br />

La rete Internet, inoltre, può anche contribuire, se opportunamente utilizzata, a ridimensionare<br />

i processi di discriminazione. I pregiudizi di classe, di “razza”, di genere possono essere<br />

attenuati, poiché gli studenti in rete apprendono che si viene giudicati solo per ciò che si dice,<br />

per come lo si dice e per ciò che si conosce 1 . La rete può effettivamente consentire di mettere<br />

lo studente al centro del processo formativo. Uno studente che incontra delle difficol<strong>tà</strong><br />

può confrontarsi e scambiare domande, opinioni e affermazioni con i compagni di scuola o di<br />

corso e con l’intero mondo, proprio perché uno dei punti di forza del Web consiste proprio in<br />

questo: chi sa mette a disposizione le sue conoscenze, chi non sa chiede. I bambini e i ragazzi<br />

capiscono immediatamente che la ricompensa su Internet è proporzionata ai loro sforzi per<br />

apprendere a gestire e utilizzare al meglio la rete. Gli allievi imparano a domandare meglio, ad<br />

argomentare e presentare se stessi in modo più positivo. Non ci sono dubbi, inoltre, sul fatto<br />

che la tecnologia e Internet hanno creato nuovi spazi mettendo in contatto studenti di diverse<br />

nazionali<strong>tà</strong> aumentando il livello di partecipazione internazionale.<br />

Per usare una rete, utilizzare gli ambienti aperti e instaurare una comunicazione mediata<br />

dal computer (Trentin, 1998: 11) occorre necessariamente la conoscenza dei servizi di base.<br />

Un individuo, quindi, deve essere in grado di consultare le pagine Internet ossia saper navigare<br />

e recuperare le informazioni contenute in queste pagine, pertanto deve saper usare un<br />

Browser (un programma che permette di sfogliare queste pagine), deve essere in grado di comunicare<br />

a distanza e deve poter partecipare a incontri virtuali. Solo se in possesso di queste<br />

competenze di base un individuo potrà consultare l’ipertesto telematico distribuito su migliaia<br />

di computer disseminati in tutto il mondo per acquisire informazioni e conoscenze attraverso<br />

la consultazione di banche dati o altre fonti di informazione. L’acquisizione di <strong>nuove</strong> informazioni<br />

e conoscenze attraverso l’interazione in rete non implica necessariamente la presenza<br />

di un’azione di insegnamento a distanza strutturata. Attraverso l’interazione si può procedere<br />

allo scambio e alla condivisione di conoscenze e ad un livello più alto si può anche cooperare<br />

1. E’ evidente che ciò vale solo nella misura in cui si è in grado di superare il problema dell’accesso. Ci si riferisce al cosiddetto<br />

Digital Divide (divario digitale) ossia alle significative differenze nell’accesso alla rete che vi sono tra i paesi del<br />

Nord del mondo e i paesi del Sud del mondo. Analoghe differenze vi sono tra i diversi soggetti di una stessa socie<strong>tà</strong>. Chi<br />

non dispone degli strumenti culturali, sociali ed economici è escluso dalla rete, non la utilizza perché non è in grado di<br />

utilizzarla. Il Digital Divide è riconducibile a un insieme di cause tra cui: l’assenza di infrastrutture; l’analfabetismo informatico<br />

degli utenti, sia riguardo il computer in genere, sia, in particolare, le potenziali<strong>tà</strong> di Internet. Si ripropone come<br />

sempre la questione dei differenti livelli di istruzione della popolazione che condiziona fortemente e decisivamente la<br />

possibili<strong>tà</strong> di accedere alle stesse opportuni<strong>tà</strong> (Dossier, 2002; Zanetti, 2002; Zocchi, 2003; Sartori, 2006; Bentivegna,<br />

2009).


<strong>12.</strong> FORMAZIONE, NUOVE TECNOLOGIE E INTERCULTURALITÀ<br />

alla risoluzione di problemi comuni, “si può quindi proporre una possibile categorizzazione<br />

delle attivi<strong>tà</strong> in rete disponendole sui piani di un edificio immaginario a forma di piramide”<br />

(Trentin, 1998: 11).<br />

Didattica<br />

Educazione<br />

Cooperazione<br />

Condivisione delle informazioni e delle conoscenze<br />

Accesso alle informazioni e alle conoscenze<br />

Servizi telematici di base<br />

<strong>Formazione</strong><br />

La figura rappresenta i diversi livelli di utilizzo di una rete telematica (Trentin, 1998: 4).<br />

Secondo Antonio Calvani e Mario Rotta i livelli del disegno corrisponderebbero alle seguenti<br />

modali<strong>tà</strong>: “l’accesso all’informazione, la comunicazione, il costruttivismo e l’organizzazione”<br />

(Calvani e Rotta, 1999: 9). Solo recentemente nei processi di insegnamento-apprendimento<br />

sono state introdotte componenti tecnologiche di tipo informatico o telematico e nel mondo<br />

dell’educazione è presente un certo bipolarismo. Da una parte si tende ad usare le <strong>tecnologie</strong><br />

come strumenti per risolvere problemi legati alla gestione della didattica (problemi di tempi e<br />

spazi) e dall’altra parte si cerca di studiare nuovi modelli di insegnamento-apprendimento. Ci<br />

si trova quindi ancora oggi di fronte a due estremi: da un lato l’uso strumentale delle risorse<br />

di rete nell’ambito di processi didattici tradizionali (modello della classe virtuale) e dall’altro<br />

la rete come ambiente portante di attivi<strong>tà</strong> educative dando vita a modelli di insegnamentoapprendimento<br />

innovativi centrati sulla comunicazione.<br />

Nel primo caso nell’insegnamento a distanza si ha la «remotizzazione del docente», la riproduzione<br />

della situazione della classe virtuale e dell’interazione uno a molti, una enti<strong>tà</strong> che<br />

insegna e altri che apprendono (apprendimento basato sull’individuali<strong>tà</strong>), nell’altro caso, che<br />

rappresenta la prospettiva più promettente, si instaura un processo di insegnamento/apprendimento<br />

basato su strategie collaborative, una forte interrelazione fra gli individui, gli attori<br />

sono coinvolti nel processo e si attua una rivalutazione delle esperienze individuali 2 .<br />

L’idea chiave –propria anche di una reale prospettiva interculturale– è che il significato<br />

viene costruito attraverso il continuo confronto fra prospettive diverse. La crescita concettuale<br />

deriva dalla condivisione di prospettive differenti e dal simultaneo cambiamento delle nostre<br />

rappresentazioni interne in risposta a quelle prospettive. L’educazione ha il ruolo di promuovere<br />

la collaborazione con gli altri e di mettere in evidenza i molteplici punti di vista che ci<br />

possono essere su uno stesso problema, in modo tale che il discente possa arrivare a una<br />

sua propria posizione. L’apprendimento collaborativo è una delle strategie più efficaci nella<br />

didattica in rete e ha le sue radici nel costruttivismo e nel costruttivismo sociale e la sua base<br />

2. Sono alcuni dei principi su cui si basa il modello andragogico proposto da Malcom Knowles (Knowles, 1996, 1997).<br />

143


144<br />

MASSIMILIANO FIORUCCI<br />

tecnologica nella telematica. Antony Kaye in un suo articolo del 1994 definiva l’apprendimento<br />

collaborativo basato sul computer in questo modo: “collaborare vuol dire lavorare insieme, il<br />

che implica una condivisone di compiti e un’esplicita intenzione di «aggiungere valore», per creare<br />

qualcosa di nuovo o differente attraverso un processo collaborativo deliberato e strutturato,<br />

in contrasto con un semplice scambio di informazioni o esecuzione di istruzioni. Un’ampia definizione<br />

di apprendimento collaborativo potrebbe essere l’acquisizione da parte degli individui<br />

di conoscenze, abili<strong>tà</strong> o atteggiamenti che sono il risultato di un’interazione di gruppo, o, detto<br />

più chiaramente, un apprendimento individuale come risultato di un processo di gruppo” (Kaye,<br />

1994). Nelle situazioni di apprendimento cooperativo studenti, docenti ed esperti collaborano<br />

su un tema comune, “il docente è un membro alla pari, è una risorsa intellettuale che a volte<br />

assume la veste di facilitatore, di ‘terapeuta’ e di ‘maieuta’ dando indicazioni e facendo emergere<br />

atteggiamenti e valori sulla tematica trattata. Il potere didattico della telematica –secondo<br />

Guglielmo Trentin– consiste non tanto nel suo essere in grado di sostituire il telefono quanto<br />

piuttosto nella sua capaci<strong>tà</strong> di favorire forme di interazione collettiva di matrice collaborativa<br />

(tra docente e docente, studente e studente, studenti e docente)” (Trentin, 1998: 106-112).<br />

La rete può, quindi, contribuire a:<br />

• costruire/decostruire significati: studenti e docenti sono tenuti ad essere autori e non<br />

solo fruitori. Nel processo autorale ogni soggetto è chiamato a relazionarsi, a dialogare,<br />

a definirsi, a costruire e a decostruire significati utilizzando la propria individuali<strong>tà</strong>;<br />

• attivare intelligenza collettiva/connettiva. Il lavoro comune, il mettere a disposizione di<br />

tutti, in rete, i propri percorsi, la possibili<strong>tà</strong> che altri hanno di utilizzare i materiali appartenenti<br />

a percorsi già pubblicati, tutto questo si configura come partecipazione alla costruzione<br />

di quell’intelligenza collettiva 3 /connettiva 4 di cui parlano Pierré Levy e Derrick<br />

De Kerckhove;<br />

• costruire una cultura condivisa che, come sostiene Edgar Morin (Morin, 2001: 65-75), ha<br />

come obiettivo ultimo la formazione del cittadino planetario;<br />

• attivare forme di cooperazione/collaborazione in rete: significa utilizzare una didattica<br />

cooperativa e collaborativa sia entro il gruppo autore del percorso sia nei confronti di<br />

altri gruppi di studenti con i quali l’interazione avviene in rete. La rete diviene anche<br />

luogo di educazione alla convivenza democratica e all’<strong>interculturali</strong><strong>tà</strong>, il lavoro diviene<br />

un momento di partecipazione e di costruzione dell’identi<strong>tà</strong>. Un’identi<strong>tà</strong> dinamica che si<br />

confronta costantemente con le altre attenuando continuamente le dimensioni etnocentriche<br />

insite in ognuno di noi. Collaborare vuole dire lavorare insieme per creare qualcosa<br />

di nuovo in comune, qualcosa di diverso dal semplice scambio di informazioni.<br />

3. L’intelligenza collettiva è una intelligenza distribuita, continuamente valorizzata, coordinata in tempo reale, che porta<br />

ad una mobilitazione effettiva di competenze. Il fondamento e lo scopo dell’intelligenza collettiva sono la riconoscenza<br />

e l’arricchimento reciproco delle persone: “L’intelligenza collettiva è il prodotto della memoria collettiva, dell’immaginario<br />

collettivo e diventa progetto quando l’uomo mette a disposizione della collettivi<strong>tà</strong> gli strumenti che permettono<br />

una interazione tra gli individui”. (Lèvy, 1996: 29).<br />

4. Cfr. il sito http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/d/dekerc05.htm#link005: “Pierre Lèvy, Derrick De<br />

Kerckhowe. Due filosofi a confronto. Intelligenza collettiva e intelligenza connettiva: alcune riflessioni”. Secondo De<br />

Kerckhove il concetto di intelligenza connettiva trae ispirazione da quello di ‘intelligenza collettiva’ di Levy e solo in<br />

un secondo tempo se ne distingue concettualmente caratterizzandosi nella pratica diretta del concetto di ‘intelligenza<br />

collettiva’. Essa è infatti la “pratica della moltiplicazione delle intelligenze le une in rapporto alle altre all’interno del<br />

tempo reale di un’esperienza”.


<strong>12.</strong> FORMAZIONE, NUOVE TECNOLOGIE E INTERCULTURALITÀ<br />

Si può, quindi, affermare che:<br />

1. “nell’apprendimento cooperativo in rete cambia l’atteggiamento nei confronti dell’apprendimento:<br />

gli studenti scrivono gli uni per gli altri, forniscono contributi al sapere di<br />

tutti. Si condividono le conoscenze, la sintesi, la strutturazione di <strong>nuove</strong> conoscenze ed<br />

abili<strong>tà</strong> attraverso un processo a forte connotazione sociale.<br />

2. Nelle esperienze telematico-informatiche gioca un ruolo significativo il Reciprocal teaching,<br />

in cui ciascun alunno svolge il ruolo di docente nei confronti di altri compagni,<br />

rispetto a ciò che ha già imparato.<br />

3. Una cooperazione efficace, secondo gli studi di Brown e di Aroson, assume le vesti<br />

della Community of Learners (Cols.), un modello didattico che assume il principio della<br />

cooperazione e della collaborazione. Nella Cols, l’insegnante ha il compito di dare le<br />

istruzioni per iniziare le attivi<strong>tà</strong> e fungere da modello iniziale: la domanda da cui partire<br />

è “Come fare a sapere”. Si tratta di un metodo di apprendimento simile a quello delle<br />

botteghe artigiane: obiettivo quello di rendere gli allievi sempre più autonomi ed indipendenti,<br />

attraverso 4 fasi:<br />

• modelling: osserva la dimostrazione dell’insegnante;<br />

• scaffolding: l’insegnante offre solo il supporto emotivo: incoraggiamento, spiegazione,<br />

chiarimento;<br />

• fading: lenta rimozione del supporto;<br />

• coaching: comprende il rivedere tutta l’azione educativa, le attivi<strong>tà</strong>, i consigli, le valutazioni,<br />

il rafforzamento di eventuali debolezze” (Tosolini, Trovato, 2001: 66-67).<br />

Secondo Guglielmo Trentin “le valenze positive della cooperazione educativa sono esaltate<br />

dal lavoro telematico: nel gruppo telematico il vantaggio più evidente è che tutta la comunicazione<br />

passa attraverso la rete e quindi ogni attore del processo ne ha piena visibili<strong>tà</strong>; questo<br />

è importante non solo per il singolo studente ma anche per chi ha in carico la gestione ed il<br />

monitoraggio delle attivi<strong>tà</strong>” (Trentin, 1998: 118). Costruttivismo e costruttivismo sociale realizzano<br />

quindi un tipo di “progettazione didattica ben diverso da quella di stampo oggettivista<br />

(in particolare a matrice neo-comportamentista). Essa è infatti legata ad una progettazione per<br />

Progetti Didattici (P.D.), cioè centrata sui suoi allievi, sui loro bisogni e sulle loro risorse, valorizzandole;<br />

è perciò pensata come strumento di garanzia del diritto alla diversi<strong>tà</strong> piuttosto che<br />

all’uguaglianza. [..] In una progettazione per P.D. (o per significati) il processo di apprendimento<br />

non è lineare, ma iterativo, ricorsivo, talvolta caotico; problemi, migliorie e cambiamenti vengono<br />

determinati in contesto, la pianificazione è organica, evolutiva, riflessiva e collaborativa:<br />

gli allievi sono co-protagonisti del processo (progettazione partecipata); gli obiettivi emergono<br />

dallo sviluppo dei progetti di apprendimento (progettazione emergente); viene enfatizzato<br />

l’apprendimento in contesti significativi; vengono favoriti: l’insegnamento ancorato a problemi<br />

autentici, realistici e complessi, la cognizione situata in specifici contesti applicativi, l’apprendistato<br />

cognitivo, la flessibili<strong>tà</strong> cognitiva (approccio multidimensionale alla conoscenza realizzato<br />

anche attraverso la tecnologia ipermediale). La valutazione formativa (autovalutazione<br />

di processo effettuata dal singolo e dal gruppo, oltre che dall’insegnante) diventa elemento<br />

strategico” (Varisco, 1999: 141-142). Una progettazione didattica tipica del costruttivismo sociale<br />

è quella caratterizzata da progettazione flessibile, emergente, partecipata e le <strong>nuove</strong><br />

<strong>tecnologie</strong> sono il motore propulsivo delle dinamiche di gruppo quando sono accompagnate da<br />

una buona organizzazione. “Non è sufficiente la tecnologia per fare un gruppo che collabora.<br />

145


146<br />

MASSIMILIANO FIORUCCI<br />

La collaborazione va costruita. [...] Creare un ambiente per la collaborazione è un’arte, non una<br />

scienza, richiede competenze che implicano anche un senso estetico, una forte capaci<strong>tà</strong> intuitiva<br />

delle dinamiche profonde” (Calvani e Rotta, 1999: 191). E’ facile dedurre che il modello di<br />

apprendimento collaborativo e gli ambienti multimediali non sono ancora entrati in modo significativo<br />

nella scuola e sono penetrati solo in parte nel mondo più ampio della formazione.<br />

Le <strong>nuove</strong> <strong>tecnologie</strong> comunicative possono quindi rivelarsi un importante strumento per<br />

“fare educazione interculturale”. La comunicazione telematica alla base di Internet, può essere<br />

considerata un vero e proprio “linguaggio interculturale”, una forma comunicativa in cui<br />

le “culture” 5 hanno la possibili<strong>tà</strong> di conoscersi, confrontarsi, “dialogare” tra loro e insieme<br />

costruire.<br />

La rete Internet può rappresentare, in primo luogo, un ricco e importante patrimonio di<br />

contenuti e informazioni di natura interculturale: attraverso testi, racconti, immagini, musiche<br />

si possono conoscere alcuni elementi dei sistemi culturali diversi dal proprio. Le <strong>nuove</strong> <strong>tecnologie</strong><br />

offrono, inoltre, possibili<strong>tà</strong> di scambio, dialogo e conoscenza tra individui e real<strong>tà</strong> lontane e<br />

differenti: si pensi a tal proposito alle cosiddette chat (in cui persone che vivono anche in paesi<br />

e continenti diversi, possono conoscersi, parlare, costruire una relazione) o ai social network.<br />

L’educazione interculturale, in real<strong>tà</strong>, va realizzata nel contatto reale e quotidiano, ma anche<br />

ad un livello virtuale è possibile costruire le condizioni per avviare scambi e relazioni tra individui<br />

che non condividono sempre lo stesso sistema culturale e valoriale.<br />

La multimediali<strong>tà</strong> è concepibile, inoltre, anche come un facilitatore per l’acquisizione di<br />

competenze, atteggiamenti e abili<strong>tà</strong> tipicamente <strong>interculturali</strong>: gli utilizzatori della rete possono<br />

sperimentare il relativismo, la curiosi<strong>tà</strong>, il dialogo, il decentramento del proprio punto di<br />

vista. Le <strong>nuove</strong> forme di comunicazione e l’educazione interculturale costituiscono due modi di<br />

“essere-nel-mondo” tipici della contemporanei<strong>tà</strong>, condividono il medesimo paradigma: l’idea di<br />

cooperazione, di arricchimento proveniente da più fonti, di differenza come risorsa importante<br />

da riutilizzare positivamente e costruttivamente.<br />

La prospettiva interculturale e il mondo della rete Internet hanno in comune l’idea che<br />

vi siano significati univoci e definiti una volta per sempre. La rete può essere costantemente<br />

modificata, aggiornata e arricchita con il contributo di più soggetti. La rete Internet, infatti, è<br />

nata come un progetto in cui, spesso, individui diversi hanno la possibili<strong>tà</strong> di co-costruire lavorando<br />

congiuntamente. Per raggiungere tali obiettivi è però necessaria la capaci<strong>tà</strong> di “mediare”<br />

e negoziare visioni del mondo, mentali<strong>tà</strong> e interessi non sempre omogenei. E’ importante<br />

quindi acquisire la capaci<strong>tà</strong> di “decentrarsi”, di assumere una prospettiva di “etnocentrismo<br />

critico”, di mettere in discussione se stessi e il proprio universo culturale di riferimento in<br />

nome di azioni e lavori condivisi. Insegnare in chiave interculturale implica necessariamente<br />

5. Ovviamente non sono le culture a incontrarsi, ma le persone che rielaborano in modo unico e originale il loro rapporto<br />

con i sistemi culturali di origine. E, quindi, è pericolosa una interpretazione della cultura come qualcosa di statico e<br />

immodificabile. La cultura è un “sistema di riferimenti, simboli, credenze, che riceviamo in eredi<strong>tà</strong>, ma anche un inedito<br />

percorso individuale che ha il carattere dell’imprevedibili<strong>tà</strong> e della scelta. La cultura –la nostra e tutte le culture– è viva<br />

e dinamica, inserita in un processo di continuo cambiamento che si origina attraverso gli scambi, gli incontri, l’accoglienza<br />

di altri apporti e anche dalla difesa dei propri principi e riferimenti. […] La cultura di ciascuno di noi si costruisce<br />

e si modifica strada facendo e diventa la nostra storia, grazie alle scelte e alle variazioni individuali, che ci rendono per<br />

certi versi simili a coloro che si collocano nel nostro gruppo e nella nostra famiglia, ma anche estremamente diversi da<br />

ciascun altro individuo” (Favaro, 2004: 22 e 23). Cfr. anche Susi (1995: 47), Maalouf (1999), Rivera (2001: 75-106) e<br />

Aime (2004).


<strong>12.</strong> FORMAZIONE, NUOVE TECNOLOGIE E INTERCULTURALITÀ<br />

una prospettiva almeno in parte “relativista” che si traduce nel decentramento cognitivo,<br />

nella consapevolezza della plurali<strong>tà</strong> delle forme di vita e della varie<strong>tà</strong> dei codici espressivi,<br />

linguistici e valoriali.<br />

La rete Internet e le sue potenziali<strong>tà</strong> possono quindi contribuire in maniera significativa<br />

ad educare i giovani e a sensibilizzare gli adulti a quei valori (relativismo, dialogo, rispetto,<br />

collaborazione e cooperazione) considerati centrali per la costruzione di socie<strong>tà</strong> che vogliano<br />

compiere il difficile ma decisivo passaggio dalla multiculturali<strong>tà</strong> di fatto all’<strong>interculturali</strong><strong>tà</strong> intesa<br />

come progetto concreto e quotidiano. La conoscenza della rete può rientrare quindi proficuamente<br />

nella “cassetta degli attrezzi” (concettuali, etici e sociali) degli uomini e dei cittadini<br />

di oggi impegnati nella costruzione intenzionale di una socie<strong>tà</strong> aperta, realmente democratica<br />

e solidale.<br />

RIFERIMENTI<br />

# AA.VV. (2002). L’Africa e il digital divide. Africa e Mediterraneo, 3/02 (41).<br />

# Abruzzese, A., Maragliano, R. (2008). Educare e comunicare. Spazi e azioni dei media. Milano: Mondadori.<br />

# Aime, M. (2004). Eccessi di culture. Torino: Einaudi.<br />

# Alberici, A. (1999). Imparare sempre nella socie<strong>tà</strong> conoscitiva. Dall’educazione degli adulti all’apprendimento<br />

durante il corso di vita. Torino: Paravia.<br />

# Ascher, M. (2007). Etnomatematica. Esplorare concetti in culture diverse. Torino: Bollati Boringhieri.<br />

# Baldacci, M. (2009). L’educazione interculturale e le classi-ponte. Pedagogia più didattica. Teorie e pratiche<br />

educative, 2, aprile, 33-38.<br />

# Bentivegna, S. (2009). Disuguaglianze digitali. Le <strong>nuove</strong> forme di esclusione nella socie<strong>tà</strong> dell’informazione.<br />

Roma-Bari: Laterza.<br />

# Bernal, M. (1997). Atena nera. Le radici afroasiatiche della civil<strong>tà</strong> classica. Milano: EST.<br />

# Bocchi, G., Ceruti, M. (a cura di). (1997). La sfida della complessi<strong>tà</strong>. Milano: Feltrinelli.<br />

# Bocchi, G., Ceruti, M. (2004). Educazione e globalizzazione. Milano: Raffaello Cortina.<br />

# Braudel, F. (1997). Il Mediterraneo. Lo spazio, la storia, gli uomini, le tradizioni. Milano: Bompiani.<br />

# Calvani, A., Rotta, M. (1999). Comunicazione e apprendimento in Internet. Didattica costruttivistica in rete.<br />

Trento: Erickson.<br />

# Cappelletti, A. M. (2000a). Didattica interculturale della matematica. Bologna: EMI.<br />

# Cappelletti, A. M. (2000b). Didattica interculturale della geometria. Bologna: EMI.<br />

# Catarci, M. (2004). All’incrocio dei saperi. Una didattica per una socie<strong>tà</strong> multiculturale. Roma: Anicia.<br />

# Catarci, M. (2006). L’inclusione dell’altro. Una ricerca sulle strategie di costruzione di una didattica interculturale.<br />

In D. Santarone (a cura di), Educare diversamente (pp. 187-213). Roma: Armando.<br />

# Catarci, M., Fiorucci, M., Santarone, D. (a cura di). (2009). In forma mediata. Saggi sulla mediazione interculturale.<br />

Milano: Unicopli.<br />

# Commissione Europea (1995). Insegnare e apprendere. Verso la socie<strong>tà</strong> conoscitiva. Bruxelles.<br />

# Commissione Europea (2000). Memorandum sull’istruzione e sulla formazione permanente. Bruxelles.<br />

# Damiano, E. (a cura di). (1999). La sala degli specchi. Pratiche di Educazione interculturale in Europa. Milano:<br />

Franco Angeli.<br />

# Demetrio, D., Favaro, G. (1996). Bambini stranieri a scuola. Accoglienza e didattica interculturale nella scuola<br />

dell’infanzia e nella scuola elementare. Firenze: La Nuova Italia.<br />

# Demetrio, D., Favaro, G. (2002). Didattica interculturale. Nuovi sguardi, competenze, percorsi. Milano: Franco<br />

Angeli.<br />

# Favaro, G. (2002). Insegnare l’italiano agli alunni stranieri. Firenze: La Nuova Italia.<br />

147


148<br />

MASSIMILIANO FIORUCCI<br />

# Favaro, G. (2004). Dialogo a più voci. In G. Favaro, M. Fumagalli, Capirsi diversi. Idee e pratiche di mediazione<br />

interculturale (pp. 13-48). Roma: Carocci.<br />

# Favaro, G., Fumagalli, M. (2004). Capirsi diversi. Idee e pratiche di mediazione interculturale. Roma: Carocci.<br />

# Favaro, G., Luatti, L. (a cura di). (2004). L’intercultura dalla A alla Z. Milano: Franco Angeli.<br />

# Fiorucci, M. (2000). La mediazione culturale. Strategie per l’incontro. Roma: Armando.<br />

# Fiorucci, M. (a cura di). (2004). Incontri, Spazi e luoghi della mediazione interculturale. Roma: Armando.<br />

# Fiorucci, M. (a cura di). (2007). Dossier La mediazione interculturale e le sue forme: contesti, esperienze e<br />

proposte. Studi Emigrazione, Rivista trimestrale del Centro Studi Emigrazione di Roma, 165 (XLIV), 61-168.<br />

# Fiorucci, M. (a cura di). (2008). Una scuola per tutti. Idee e proposte per una didattica interculturale delle discipline.<br />

Milano: Franco Angeli.<br />

# Fiorucci, M., Susi, F. (a cura di). (2004). Mediazione e mediatori in Italia. La mediazione linguistico-culturale per<br />

l’inserimento socio-lavorativo dei migranti. Roma: Anicia.<br />

# Gabrieli, F. (1957). Storici arabi delle crociate. Torino: Einaudi.<br />

# Galliani, L., Luchi, F., Varisco, B.M. (1999). Ambienti multimediali di apprendimento. Lecce: Pensa Multimedia.<br />

# Gobbo, F. (a cura di). (2008). L’educazione al tempo dell’intercultura. Roma: Carocci.<br />

# Grillotti Di Giacomo, M.G. (2008). Per una didattica interculturale della geografia. In M. Fiorucci (a cura di), Una<br />

scuola per tutti. Idee e proposte per una didattica interculturale delle discipline (pp. 158-174). Milano: Franco<br />

Angeli.<br />

# Knowles, M. (1996). La formazione degli adulti come autobiografia. Milano: Raffaello Cortina.<br />

# Knowles, M. (1997). Quando l’adulto impara. Pedagogia e andragogia. Milano: Franco Angeli.<br />

# Lèvy, P. (1996). L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio. Milano: Feltrinelli.<br />

# Maalouf, A. (1989). Le Crociate viste dagli arabi. Torino: SEI.<br />

# Maalouf, A. (1999). L’identi<strong>tà</strong>. Milano: Bompiani.<br />

# Maragliano, R. (2004). Nuovo manuale di didattica multimediale. Roma-Bari: Laterza.<br />

# Maragliano, R. (2004). Pedagogie dell’e-learning. Roma-Bari: Laterza.<br />

# Ministero della Pubblica Istruzione – Direzione Generale per gli Scambi Culturali, Movimento di Cooperazione<br />

Educativa (1993). Interculturalismo e immagine del mondo non occidentale nei libri di testo della scuola<br />

dell’obbligo, a cura di P. Falteri, I Quaderni di Eurydice, 8, BDP – Uni<strong>tà</strong> Italiana di Eurydice.<br />

# Morin, E. (1993). Introduzione al pensiero complesso. Gli strumenti per affrontare la sfida della complessi<strong>tà</strong>.<br />

Milano: Sperling & Kupfer.<br />

# Morin, E. (1999). Educare gli educatori. Una riforma del pensiero per la democrazia cognitiva. Roma: EdUP.<br />

# Morin, E. (2000). La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero. Milano: Raffaello Cortina.<br />

# Morin, E. (2001). I sette saperi necessari all’educazione del futuro. Milano: Raffaello Cortina.<br />

# Nanni, A., Curci, S. (2005). Buone pratiche per fare intercultura. Bologna: EMI.<br />

# Nkafu, M. (2003). Aprire la filosofia all’intercultura. Bologna: EMI.<br />

# Peters, A. (1988). La nuova cartografia. Roma: Asal.<br />

# Pinto Minerva, F. (2002). L’intercultura. Roma-Bari: Laterza.<br />

# Portera, A. (2000). L’educazione interculturale nella teoria e nella pratica. Stereotipi, pregiudizi e pedagogia<br />

interculturale nei libri di testo della scuola elementare. Padova: CEDAM.<br />

# Portera, A. (a cura di). (2003). Pedagogia interculturale in Italia e in Europa. Aspetti epistemologici e didattici.<br />

Milano: Vita e Pensiero.<br />

# Portera, A. (2006). Globalizzazione e pedagogia interculturale. Trento: Erickson.<br />

# Postman, N. (1993). Technopoly. La resa della cultura alla tecnologia. Torino: Bollati Boringhieri.


<strong>12.</strong> FORMAZIONE, NUOVE TECNOLOGIE E INTERCULTURALITÀ<br />

# Riccardi, A. (1997). Mediterraneo: Cristianesimo e Islam tra coabitazione e conflitto. Milano: Guerini.<br />

# Rivera, A. (2001). Cultura. In R. Gallissot, M. Kilani, A. Rivera (a cura di), L’imbroglio etnico in quattordici parole-<br />

chiave (pp. 75-106 ). Bari: Dedalo.<br />

# Sartori, L. (2006). Il divario digitale. Internet e le <strong>nuove</strong> disuguaglianze sociali. Bologna: Il Mulino.<br />

# Sirna, C. (a cura di). (1996). Docenti e formazione interculturale. Torino: Il Segnalibro.<br />

# Supino P. (2008). Per una didattica interculturale della matematica. In M. Fiorucci (a cura di), Una scuola per<br />

tutti. Idee e proposte per una didattica interculturale delle discipline (pp. 2014-217). Milano: Franco Angeli.<br />

# Susi, F. (1995). L’<strong>interculturali</strong><strong>tà</strong> possibile. L’inserimento scolastico degli stranieri. Roma: Anicia.<br />

# Susi, F. (a cura di). (1999). Come si è stretto il mondo. L’educazione interculturale in Italia e in Europa: teorie,<br />

esperienze e strumenti. Roma: Armando.<br />

# Todorov, T. (1992). La conquista dell’America. Il problema dell’«altro». Torino: Einaudi.<br />

# Tosi, A. (1995). Dalla madrelingua all’italiano. Firenze: La Nuova Italia.<br />

# Tosolini, A., Trovato, S. (2001). New media, internet e intercultura. Bologna: EMI.<br />

# Trentin, G. (1998). Insegnare e apprendere in rete. Bologna: Zanichelli.<br />

# Vaccarelli, A. (2001). L’italiano e le lingue altre nella scuola multiculturale. Pisa: ETS.<br />

# Vedovelli, M. (2002). Guida all’italiano per stranieri. Roma: Carocci.<br />

# Zanetti, F. (2002). Telematica e intercultura. Le differenze culturali nelle contraddizioni del villaggio globale.<br />

Bergamo: Junior.<br />

# Zocchi, P. (2003). Internet: la democrazia possibile. Come vincere la sfida del digital divide. Milano: Guerini e<br />

Associati.<br />

# Zoletto, D. (2007). Straniero in classe. Una pedagogia dell’ospitali<strong>tà</strong>. Milano: Raffaello Cortina.<br />

149

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!