popoli e missione sett-ott.pdf
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In caso di mancato racapito, restituire all’ufficio di P.T. ROMA ROMANINA previo addebito<br />
MENSILE DI INFORMAZIONE E AZIONE MISSIONARIA<br />
OTTOBRE MISSIONARIO<br />
Testimoni<br />
di Dio<br />
PRIMO PIANO<br />
I volti futuri<br />
del Medio Oriente<br />
ATTUALITÀ<br />
Intervista a Moni Ovadia<br />
Straniero fra gli stranieri<br />
ANNO XXV<br />
SETTEMBRE<br />
OTTOBRE<br />
2011 8<br />
FOCUS<br />
Nell’Ucraina<br />
che cambia<br />
Rivista promossa dalla Fondazione Missio • Poste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46), art. 1, comma 2, DCB Roma • Euro 2,50
MENSILE DI INFORMAZIONE E AZIONE MISSIONARIA<br />
Trib. Roma n. 302 del 17-6-86. Con approvazione ecclesiastica.<br />
Editore: Associazione Amici della Propaganda Missionaria (APM)<br />
Presidente (APM): GIOVANNI ATTILIO CESENA<br />
La rivista è promossa dalla Fondazione Missio, organismo pastorale della CEI.<br />
Direttore responsabile: GIULIO ALBANESE<br />
Redazione: Miela Fagiolo (Redattrice), Chiara Pellicci, Ilaria De Bonis.<br />
Segreteria: Emanuela Picchierini.<br />
Redazione e Amministrazione: Via Aurelia, 796 - 00165 Roma.<br />
Abbonamenti: 06 66502632.<br />
Hanno collaborato a questo numero: Agenzia Fides, Agenzia Misna,<br />
Francesca Romana Albanese, Chiara Anguissola, Asianews,<br />
Marco Bendettelli, Francesco Ceri<strong>ott</strong>i, Franz Coriasco, Riccardo Cristiano,<br />
Ludovico D’Attilia, Francesca Lancini, Luca Moscatelli, Angelo Paoluzi,<br />
Ambrogio Spreafico.<br />
Progetto grafico e impaginazione: Alberto S<strong>ott</strong>ile.<br />
Foto di copertina: Archivio Missio/Amedeo Cristino.<br />
Foto: Afp Photo / Genya Savilov, Afp Photo/ Sergei Supinsky , Afp Photo /<br />
Mario Laporta, Afp Photo / Khaled Desouki, Afp Photo / Simon Maina,<br />
Afp Photo / Roberto Schmidt, Archivio CUM, Archivio Missio,<br />
Comboni Press, Marco Benedettelli, Maurizio Buscarino, Imaginechina,<br />
Filippo Ivardi, Notimex, Lia Pasqualino, Pino Settanni, Josè Soccal.<br />
Vignetta: Valerio De Luca.<br />
Abbonamento annuale: Individuale € 25,00; Collettivo € 20,00;<br />
Benemerito € 30,00; Estero € 40,00.<br />
Modalità di abbonamento: versamento su C.C.P. 70031968 intestato a<br />
Popoli e Missione oppure bonifico bancario intestato a Popoli e Missione<br />
Cod. IBAN IT 57 K 07601 03200 000070031968<br />
Stampa: Abilgraph srl - Via Ottoboni, 11 - 00159 Roma<br />
Manoscritti e fotografie anche se non pubblicati non si restituiscono.<br />
Mensile associato alla FeSMI e all’USPI, Unione Stampa Periodica Italiana.<br />
Chiuso in tipografia il 13-09-2011<br />
Supplementi elettronici di Popoli e Missione:<br />
MissioNews (www.missioitalia.it)<br />
La Strada (www.mgm.operemissionarie.it)<br />
INTENZIONI SS. MESSE<br />
Fondazione Missio<br />
Sezione Pontificie Opere Missionarie<br />
Via Aurelia, 796 - 00165 Roma<br />
Don Giovanni Attilio Cesena, Direttore<br />
Dr. Tommaso Galizia, Vice Direttore<br />
Don Valerio Bersano, Segretario Nazionale dell’Opera per la Propagazione<br />
della Fede (C.C.P. 63062723)<br />
Don Amedeo Cristino, Segretario Nazionale dell’Opera di S. Pietro Apostolo<br />
(C.C.P. 63062772) e della Pontificia Unione Missionaria (C.C.P. 63062525)<br />
Segretario Nazionale dell’Opera dell’Infanzia Missionaria (C.C.P. 63062632)<br />
Alessandro Zappalà, Segretario Nazionale Missio Giovani<br />
(C.C.P. 63062855)<br />
Numeri telefonici PP.OO.MM.<br />
Segreteria di Direzione 06 6650261<br />
Amministrazione 06 66502628/9<br />
P. Opera Propagazione della Fede 06 66502626/7<br />
P. Opera S. Pietro Apostolo 06 66502621/2<br />
P. Opera Infanzia Missionaria 06 66502644/5/6<br />
P. Unione Missionaria 06 66502674<br />
Missio Giovani 06 66502640<br />
Opera Apostolica 06 66502641<br />
Fax 06 66410314<br />
“Popoli e Missione”<br />
Centralino 06 6650261<br />
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Presidente Missio presidente@missioitalia.it<br />
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l Missionari e i Sacerdoti delle giovani Chiese ringraziano per l’invio di offerte per la celebrazione di Sante Messe, anche Gregoriane. La Direzione<br />
delle Pontificie Opere Missionarie raccomanda questo gesto di carità e di comunione con chi serve la Chiesa nei luoghi di prima evangelizzazione.<br />
Sul ccp n. 63062855 specificare: SS. MESSE PER I MISSIONARI · BANCA ETICA - CONTO FONDAZIONE DI RELIGIONE MISSIO - CIN I -<br />
ABI 05018 - CAB 03200 - c/c115511 - Cod. IBAN IT 55 I 05018 03200 000000115511<br />
PER AIUTARE I MISSIONARI E LE GIOVANI CHIESE<br />
La Fondazione MISSIO, costituita il 31 gennaio 2005 dalla Conferenza Episcopale Italiana, ente ecclesiastico civilmente riconosciuto (Gazzetta Ufficiale n. 44 del 22<br />
febbraio 2006, è abilitata a ricevere Eredità e Legati anche a nome e per conto delle Pontificie Opere Missionarie. Queste le formule da usare:<br />
PER UN LEGATO<br />
· di beni mobili<br />
«... lascio alla Fondazione di Religione MISSIO, con sede a Roma in Via Aurelia<br />
796, a titolo di Legato la somma di €... (o titoli, polizze, ecc.) per i fini istituzionali<br />
dell'Ente».<br />
· di beni immobili<br />
«... lascio alla Fondazione di Religione MISSIO, con sede a Roma in Via Aurelia<br />
796, l'immobile sito in ... per i fini istituzionali dell'Ente».<br />
PER UNA EREDITÀ<br />
«... nomino mio erede universale la Fondazione di Religione MISSIO, con sede<br />
a Roma in Via Aurelia 796, lasciando ad essa tutti i miei beni (oppure specificare<br />
quali) per i fini istituzionali dell'Ente. Così dispongo annullando ogni mia<br />
precedente disposizione testamentaria».<br />
È possibile ricorrere al testamento semplice nello forma di scrittura privata o condizione che<br />
sia interamente scritto a mano dal testatore, in maniera chiara e leggibile. È necessario inoltre<br />
che la s<strong>ott</strong>oscrizione autografo posto allo fine delle disposizioni contenga nome e cognome<br />
del testatore oltre alla indicazione del luogo, del giorno, mese e anno in cui il testamento<br />
viene scritto.<br />
Per ogni chiarimento si può consultare un notaio di fiducia o l'Amministrazione di MISSIO (tel. 06 66502629; e-mail: amministrazione@missioitalia.it)
EDITORIALE<br />
Senza Testimoni<br />
non c’è<br />
Missione<br />
di GIULIO ALBANESE<br />
giulio.albanese@missioitalia.it<br />
Èsempre più evidente la necessità<br />
di modelli autorevoli a cui<br />
guardare, trovandone conforto<br />
e ispirazione. Viviamo, d’altronde, in<br />
una società globalizzata che ammette<br />
cinicamente la separazione tra la<br />
cosiddetta enunciazione dei principi e<br />
la testimonianza degli stessi. Un’impostazione<br />
diffusa a macchia d’olio e in<br />
netto contrasto con il dettato evangelico:<br />
«Non chi dice “Signore, Signore”<br />
ma chi fa la volontà del Padre mio<br />
entrerà nel Regno dei cieli».<br />
Intendiamoci, il tema è davvero sc<strong>ott</strong>ante<br />
ed esige un serio discernimento<br />
da parte di tutti, anche di noi cattolici.<br />
Forse mai come oggi è necessario<br />
operare nell’ambito della società civile<br />
- e dunque anche nelle nostre comunità<br />
- un sincero esame di coscienza<br />
rispetto alle proprie responsabilità. In<br />
effetti, è molto facile dare corda al<br />
flatus vocis, disquisendo per ore e ore<br />
sulla sfera sacrosanta dei valori: dalla<br />
vita, alla famiglia; dalla sussidiarietà<br />
alla solidarietà… quando poi le nostre<br />
scelte e la nostra cond<strong>ott</strong>a di vita sono<br />
orientate su ben altri versanti. A cosa<br />
serve affermare retoricamente il celebre<br />
trittico “Dio, patria e famiglia”, se<br />
poi il Signore in questione non è quello<br />
dei Vangeli, ma una sorta di perso-<br />
naggio ideato a nostra immagine e<br />
somiglianza. Ecco perché come cristiani,<br />
in virtù del battesimo, dobbiamo<br />
prendere sempre più coscienza del<br />
mandato missionario per la causa del<br />
Regno di Dio. Da questo punto di vista,<br />
disponiamo di un valore aggiunto che<br />
non hanno altre agenzie educative.<br />
Sono i nostri missionari e missionarie<br />
che operano nelle giovani Chiese e a<br />
cui abbiamo dedicato, come redazione,<br />
il dossier di questo numero di<br />
Popoli e Missione dal titolo: “Testimoni<br />
di Dio”.<br />
Un tema a cui Missio, in quanto organismo<br />
pastorale della Cei, ha dedicato<br />
l’Ottobre Missionario. Lungi da ogni<br />
strumentalizzazione, sarebbe forviante<br />
pensare che la Missione con la “M”<br />
maiuscola, costituisca uno specchietto<br />
per le allodole in tempi di crisi. L’intento<br />
è decisamente un altro: quello di<br />
affermare che non esiste migliore maestro<br />
del testimone in un mondo che è<br />
sempre più terra di <strong>missione</strong> a tutte le<br />
latitudini. Basti pensare a uomini del<br />
calibro di monsignor Guido Maria Conforti,<br />
fondatore dei Saveriani, o di<br />
padre Clemente Vismara, del Pime, che<br />
Benedetto XVI ha deciso di elevare<br />
all’onore degli altari (il primo come<br />
santo il secondo come beato); »<br />
(Segue a pag. 2)<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
1
2<br />
Indice<br />
(segue da pag. 1)<br />
per non parlare di tanti altri testimoni<br />
che hanno dato la vita per l’evangelizzazione<br />
dei <strong>popoli</strong> come monsignor<br />
Cesare Mazzolari, recentemente<br />
scomparso a Rumbek, nel Sud Sudan.<br />
Un indirizzo il loro che ci spinge a<br />
ribadire la centralità della testimonianza<br />
cristiana, senza cui non c’è<br />
<strong>missione</strong>.<br />
Pagina 4:<br />
Giovane egiziano ferito negli scontri<br />
di piazza Tahrir.<br />
Pagina 53:<br />
“Testimoni di Dio”, il DVD che la<br />
Fondazione Missio, dedica alla<br />
Giornata Missionaria Mondiale 2011.<br />
INIZIATIVA<br />
MISSIO- L’UNITALSI<br />
La Fondazione Missio e l’Unitalsi<br />
- Unione nazionale italiana trasporto<br />
ammalati a Lourdes e santuari<br />
internazionali - impegnata dal<br />
1903 nel campo della pastorale<br />
della salute, hanno avviato insieme<br />
una campagna di promozione della<br />
rivista Popoli e Missione a favore<br />
dei pellegrini che si recano a Lourdes.<br />
Una copia omaggio del nostro<br />
mensile farà compagnia ai pellegrini<br />
in viaggio, che sfogliando le<br />
pagine del giornale, potranno<br />
apprezzarne i contenuti missionari<br />
e magari… decidere di abbonarsi.<br />
Continuando, attraverso Popoli e<br />
Missione, a restare aggiornati sulle<br />
realtà dell’evangelizzazione nel<br />
mondo.<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
EDITORIALE<br />
1 _ Senza Testimoni<br />
non c’è Missione<br />
di Giulio Albanese<br />
PRIMO PIANO<br />
4 _ I volti futuri del Medio Oriente<br />
Il diritto ad un nuovo<br />
arabismo<br />
di Riccardo Cristiano<br />
ATTUALITÀ<br />
10 _ Intervista a Moni Ovadia<br />
Straniero fra gli stranieri<br />
di Chiara Pellicci<br />
FOCUS<br />
16 _ Nell’Ucraina che cambia<br />
Ascesa di una<br />
giovane Chiesa<br />
di Ilaria De Bonis<br />
18 _ Kiev divisa<br />
tra Bruxelles e Mosca<br />
di Ilaria De Bonis<br />
SCATTI DAL MONDO<br />
21 _ Emergenza umanitaria nel<br />
Corno d’Africa<br />
a cura di Emanuela Picchierini<br />
4<br />
MARE NOSTRUM<br />
DENTRO E FUORI<br />
24 _ Al confine tra Siria e Turchia<br />
La legge della fuga<br />
di Marco Benedettelli<br />
DOSSIER<br />
27 _ Italia missionaria<br />
La carica dei diecimila<br />
di Ilaria De Bonis<br />
32 _ Intervista a don Gianni Cesena<br />
La <strong>missione</strong>?<br />
Tante voci<br />
per parlare di Dio<br />
di Miela Fagiolo D’Attilia<br />
36 _ L’ABC dell’evangelizzazione<br />
di Miela Fagiolo D’Attilia<br />
53
Copertina:<br />
Missionario a Nakwamoru in Kenya.<br />
Pagina 10:<br />
Moni Ovadia, poliedrico<br />
artista bulgaro, di origine ebraica e<br />
naturalizzato italiano.<br />
Pagina 16:<br />
Monsignor Svyatoslav Schevchuk,<br />
nuovo arcivescovo di Kiev, Ucraina.<br />
Pagina 27:<br />
Uno dei diecimila missionari italiani<br />
impegnati nel mondo.<br />
MISSIONE, CHIESA, SOCIETÀ<br />
39 _ Maître à penser<br />
La maledizione<br />
dei Narco<br />
di Angelo Paoluzi<br />
41 _ Shalom Salam<br />
Una sorgente per Dio<br />
di Chiara Pellicci<br />
42 _ L’altra edicola<br />
Cina e Brics,<br />
un altro as<strong>sett</strong>o<br />
di Francesca Lancini<br />
45 _ News not in the news<br />
a cura delle Agenzie<br />
Fides, Misna, AsiaNews<br />
48 _ Posta dei missionari<br />
Il coraggio di dire si<br />
a cura di Chiara Pellicci<br />
RUBRICHE<br />
50 _ Libri<br />
150 anni di storia<br />
e di fede<br />
di Chiara Anguissola<br />
50 _ La primavera che cambiò<br />
il Medio Oriente<br />
di F.R.A.<br />
Foto di Pino Settanni<br />
51 _ Seguendo<br />
Karol<br />
di F.R.A.<br />
51 _ Dimmi cosa mangi…<br />
di L.D.A.<br />
52 _ Musica<br />
TERRAKOTA<br />
Il mondo<br />
fatto a pezzi<br />
di Franz Coriasco<br />
53 _ Ciak dal mondo<br />
Fare memoria<br />
della <strong>missione</strong><br />
di Miela Fagiolo D’Attilia<br />
FONDAZIONE MISSIO<br />
54 _ Testimoni di Dio:<br />
non solo uno slogan<br />
Uomini e donne<br />
che vivono<br />
per sempre<br />
di Luca Moscatelli<br />
56 _ Vita di Missio<br />
A servizio<br />
della <strong>missione</strong><br />
di Chiara Pellicci<br />
16<br />
62 _ Intenzioni<br />
missionarie<br />
La bellezza<br />
del Vangelo<br />
di Francesco Ceri<strong>ott</strong>i<br />
63 _ Inserto PUM<br />
Noi Chiesa,<br />
sacramento<br />
di unità<br />
di Ambrogio Spreafico<br />
27<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
3
PRIMO PIANO I volti futuri del Medio Oriente<br />
Le rivolte arabe hanno sgretolato<br />
la cortina di ferro mediorientale:<br />
è stato un vero e proprio 1989,<br />
nel quale la società civile ha svolto<br />
il ruolo che svolse all’epoca in Polonia<br />
il movimento di Solidarnosc.<br />
A dar la spallata ai regimi però non<br />
sono stati né i partiti, né personalità<br />
politiche carismatiche.<br />
Questa rivoluzione è figlia della l<strong>ott</strong>a<br />
per la dignità di una generazione<br />
araba moderna che chiede diritto<br />
di cittadinanza.<br />
Spetta ora alle minoranze cristiane non<br />
avallare le pretese di regimi indifendibili<br />
che ancora resistono, col pretesto di una<br />
fantomatica minaccia islamica.<br />
4 POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011
Il diritto<br />
ad un nuovo<br />
arabismo<br />
di RICCARDO CRISTIANO<br />
specchiere@gmail.com<br />
Un giovane e umile venditore ambulante tunisino, Muhammad<br />
Bouazizi, dopo l’ingiusta confisca dei suoi ortaggi si è<br />
dato fuoco pur di non tollerare il sopruso patito. Asmaa,<br />
una ragazza velata d’Egitto, ha chiamato i suoi coetanei a manifestare<br />
in piazza at-Tahrir. La signora Nawal al-Shariff, trentenne<br />
saudita, dopo essere stata arrestata per il reato di “guida dell’automobile”<br />
ha messo il filmato su internet, invitando le altre saudite a<br />
sfidare il divieto. I bambini di Daraa, la piccola cittadina del Sud<br />
della Siria, hanno soltanto scritto sulle mura di scuola lo slogan che<br />
da gennaio incendia le capitali arabe «il popolo vuole la caduta del<br />
regime». Gli aguzzini del sistema imposto circa mezzo secolo fa ai<br />
siriani li hanno torturati e a quel punto anche in Siria il muro della<br />
paura è caduto.<br />
Citato tantissime volte per spiegare la violenza del mondo mediorientale,<br />
il Corano forse può servire anche per capire quanto va<br />
accadendo in questo 2011. Nella sura “Il Tuono” infatti si legge: «In<br />
verità mai Allah muta le condizioni di un popolo finché esso non<br />
le muta da sé». E in Tunisia, Egitto, Libia, Bahrain, Yemen, Siria, »<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
5
PRIMO PIANO<br />
Arabia Saudita, notiamo che sono cittadini,<br />
non leader o “Nuovi Profeti”, a<br />
guidare le rivolte. Musulmani e cristiani<br />
hanno respinto il teorema della<br />
divisione del mondo tra il ‘bene’ e il<br />
‘male’, cioè l’ideologia che ha sorretto<br />
in questi decenni di inverno arabo i<br />
diversi totalitarismi,<br />
sia alleati che nemici<br />
dell’Occidente. Questa<br />
volta infatti la sollevazione<br />
non è contro il<br />
dispotismo colonialista,<br />
ma contro quello<br />
autoprod<strong>ott</strong>o.<br />
Si è sgretolata così la<br />
cortina di ferro mediorientale.<br />
Si tratta di un<br />
vero e proprio 1989<br />
mediorientale nel quale<br />
la società civile e i<br />
giovani hanno svolto il<br />
ruolo di Solidarnosc,<br />
una Solidarnosc diffusa, senza leader<br />
e transnazionale. E la globalizzazione<br />
non è stata certo un fattore ininfluente.<br />
Come non sorprendersi infatti, rendendosi<br />
conto che in questi mesi, per<br />
la prima volta dalla fine della seconda<br />
guerra mondiale, gli arabi ci sono<br />
apparsi simili a noi: usano Facebook,<br />
internet, gli smartphone, e mettono<br />
su YouTube i video che i governanti<br />
non vogliono siano trasmessi.<br />
MESSAGGI NEL WEB<br />
Scrivono i loro messaggi in arabo ma<br />
anche in inglese, leggono i siti informativi<br />
nella loro lingua ma anche in<br />
inglese, si sentono cittadini del villaggio<br />
globale e ne parlano l’idioma, molto<br />
spesso meglio di noi italiani (almeno<br />
di quelli della mia generazione).<br />
Non è solo tecnologico il ruolo che la<br />
globalizzazione ha svolto nell’89 arabo,<br />
basti pensare al peso che l’adesione<br />
al Wto (World trade organization)<br />
ha avuto nel modificare le abitudini e<br />
le dimensioni della famiglia tradizionale<br />
anche in molti Paesi del Golfo.<br />
Senza dubbio il network globale di<br />
6 POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
idee, informazioni, scambi culturali,<br />
immagini e dirette televisive che si è<br />
costruito sopra, s<strong>ott</strong>o e attorno ai pietrificati<br />
regimi mediorientali dimostra<br />
di tutta evidenza che questo 2011 ha<br />
abbattuto soprattutto un’idea, diffusa<br />
tanto in Oriente quanto in Occidente.<br />
Un’idea che il presidente siriano<br />
Bashar al-Assad e quello francese,<br />
Nicolas Sarkozy, avevano espresso<br />
compiutamente.<br />
Quando venne eletto Presidente della<br />
Repubblica Araba di Siria, probabilmente<br />
già perfettamente consapevole<br />
A sinistra:<br />
Il Cairo (Egitto). Soldati<br />
egiziani fronteggiano<br />
i manifestanti dietro<br />
il filo spinato.<br />
S<strong>ott</strong>o:<br />
Profughi siriani diretti ad<br />
un accampamento di<br />
fortuna nei pressi di Idlib,<br />
città al confine con la<br />
Turchia.
di essere stato chiamato a guidare un<br />
regime non riformabile, Bashar al-<br />
Assad nel suo discorso di insediamento,<br />
nel giugno del 2000 disse: «Noi non<br />
possiamo applicare a noi stessi la<br />
democrazia di altri. Le democrazie<br />
occidentali, per esempio, sono il<br />
prod<strong>ott</strong>o di una lunga storia<br />
che ha generato<br />
usi e costumi,<br />
quelli che caratterizzano<br />
l’attuale<br />
cultura delle<br />
società occidentali.<br />
Noi dobbiamo<br />
avere la nostra<br />
peculiare esperienzademocratica,<br />
che sgorga<br />
dalla nostra storia,<br />
cultura e<br />
civiltà e che<br />
risponde ai bisogni<br />
delle nostre<br />
società e della<br />
nostra realtà».<br />
Un concetto che<br />
venne ripreso<br />
I volti futuri del Medio Oriente<br />
Nella foto:<br />
Giovani libici a Bengasi utilizzano internet e i<br />
social network per scambiarsi informazioni.<br />
dal presidente francese Nicolas Sarkozy<br />
quando si recò in visita di Stato a<br />
Damasco, nel <strong>sett</strong>embre del 2008. Tra i<br />
pochi ad obiettare, allora, ci fu il noto<br />
dissidente siriano Michel Kilo, che<br />
ricordò all’ambasciatore francese che<br />
proprio il suo Paese, qualche tempo<br />
addietro, aveva prod<strong>ott</strong>o e diffuso nel<br />
mondo l’idea dei diritti umani universali.<br />
Assad e Sarkozy, invece, si appellavano<br />
a quella peculiarità dei ‘diritti umani<br />
islamici’, o ‘asiatici’, per dirla in una<br />
lingua più diffusa, il cinese. Ora accade<br />
che le piazze arabe abbiano dato ragione<br />
a Kilo e torto ad Assad e Sarkozy.<br />
REGIMI TIRANNICI<br />
Perché il tratto comune dei regimi<br />
caduti o in via di crollo era proprio questo,<br />
il negare la dignità umana dei propri<br />
‘sudditi’, come il solo Gheddafi ha<br />
avuto l’onestà di affermare. Oltre che<br />
tirannici quei regimi erano anche la<br />
‘cupola’ di veri e propri ‘Stati mafia’<br />
all’interno dei quali erano nate col<br />
tempo società nuove, incompatibili.<br />
Dunque più che rivolte del pane quelle<br />
a cui abbiamo assistito sono vere e »<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
7
8<br />
PRIMO PIANO<br />
proprie rivolte per la dignità umana. La<br />
<strong>ott</strong>erranno?<br />
Alcuni, con secca efficacia, hanno<br />
risposto così: «Senza il pane non c’è<br />
dignità». E il punto di questo discorso è<br />
chiaro. Partite dalle grandi aree urbane,<br />
dai giovani e dai ceti medi, queste<br />
rivolte contro gli ‘Stati mafia’ degli<br />
Assad o dei Mubarak o dei Ben Ali o<br />
degli Ali Saleh, per affermarsi devono<br />
necessariamente <strong>ott</strong>enere miglioramenti<br />
economici. Tra i risultati indiscutibili<br />
del regime di Hosni Mubarak, ad<br />
esempio, c’è la crescita esponenziale del<br />
numero di egiziani che vivono con<br />
meno di due dollari al giorno, cioè s<strong>ott</strong>o<br />
la soglia di povertà estrema. Possono<br />
essere queste le condizioni per costruire<br />
la democrazia egiziana?<br />
Il dato economico sarà decisivo, e il<br />
crollo delle rimesse dei lavoratori egiziani<br />
espatriati (e ora rientrati) o del<br />
turismo certo non aiuterà. In un’area<br />
incredibilmente sprovvista di infrastrutture<br />
transnazionali (un lascito dell’epoca<br />
coloniale) il cammino sarà lungo<br />
e difficilissimo. I segnali non incoraggianti<br />
già sono emersi in Egitto,<br />
dove la diffusa preoccupazione per la<br />
stabilità ha spinto molti elettori ad<br />
accettare elezioni che appaiono frettolose<br />
e regolate in modo da avvantaggiare<br />
chi è già organizzato.<br />
Ma in Tunisia, dove i tunisini hanno<br />
fatto tre rivoluzioni (una contro Ben Alì<br />
e due contro governi troppo compromessi<br />
con il tiranno rimosso), molti<br />
oggi temono la lontananza del voto,<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
nell’attesa del quale le forze ostili al<br />
cambiamento ricorrano alla violenza<br />
per impaurire l’opinione pubblica e<br />
quella internazionale. Sono i gruppi<br />
salafiti, terroristi fomentati dall’Arabia<br />
Saudita e da Ben Ali, cioè da coloro che<br />
per fermare la democrazia e le riforme,<br />
cercano di impaurire il mondo con lo<br />
spettro della ‘violenza islamista’, che<br />
sgozza missionari in Tunisia e aggredisce<br />
i copti in Egitto.<br />
NUOVE LEADERSHIP<br />
In entrambi questi Paesi il successo dei<br />
partiti di ispirazione islamica ci sarà, ma<br />
non andrà considerato come un successo<br />
dei salafiti, non necessariamente.<br />
Molto dipenderà da quale leadership<br />
prevarrà in ciascun partito islamico.<br />
Quale volto avrà la Nahda tunisina del<br />
rimpatriato Ghannuchi? Quello che<br />
plaude all’attuale, avanzatissimo diritto<br />
di famiglia o quello opposto? La stessa<br />
domanda vale ovviamente per l’Egitto,<br />
dove nella Fratellanza Musulmana c’è<br />
un chiaro confronto-scontro tra vecchi<br />
e giovani, e non solo.<br />
Ma è un errore pensare che la partita si<br />
giochi in così poco tempo, che tutto si<br />
deciderà entro quest’anno. Certo,<br />
sarebbe preferibile partire con il piede<br />
giusto, ma la partita innescata dalle<br />
rivolte arabe produrrà i suoi veri risultati<br />
politici in tempi medi, quindi c’è un<br />
importante lavoro politico-culturale da<br />
portare avanti. E qui il ruolo delle<br />
minoranze cristiane diventa essenziale.<br />
Il mondo arabo in questo 2011 vive un<br />
momento storico decisivo, simile a<br />
quello che si determinò con il disfacimento<br />
dell’Impero <strong>ott</strong>omano. Gli “Stati<br />
mafia” portano giù, in fondo al mare<br />
della storia, anche gli attuali “Stati<br />
nazione”, nei quali non esistendo diritti<br />
di cittadinanza la crisi significa anche<br />
crisi dello Stato. Sembrano riprendere<br />
significato e senso le appartenenze<br />
etniche, tribali, visto che quelle statuali<br />
non ne hanno più da 50 o 60 anni.<br />
Libia e Sudan sembrano entità già<br />
superate, l’Iraq, la Siria e il Bahrain lo<br />
potrebbero essere presto. E lo Yemen?<br />
Non sta certo a noi occidentali difendere<br />
o attaccare gli attuali confini, ma<br />
alcuni timori “compl<strong>ott</strong>isti” sono comprensibili:<br />
qualcuno nel vecchio Occi
Sopra:<br />
Egiziano prega accanto a un carro<br />
armato in piazza Tahrir, al Cairo.<br />
S<strong>ott</strong>o:<br />
Ribelle libico sul tetto del check point della<br />
città di Gualish, a Sud della capitale Tripoli,<br />
teatro di accesi scontri tra i dissidenti e le<br />
forze lealiste a Gheddafi.<br />
dente ha pensato un rias<strong>sett</strong>o mediorientale<br />
con una miriade di staterelli<br />
tanto omogenei su base confessionale<br />
quanto ininfluenti sul piano politico e<br />
commerciale (mille produttori di petrolio<br />
non preoccupano quanto preoccuperebbe<br />
un produttore solo). Nella<br />
galassia fondamentalista altri invece<br />
sognano l’esatto opposto, un non<br />
più irrealistico super-Paese, che<br />
nasca nel rispetto dei legami<br />
famigliari (oggi transnazionali).<br />
Uno Stato che loro presentano,<br />
o pensano, come la vecchia comunità<br />
dei fedeli.<br />
Ma quando i fatti mettono in discussione<br />
una realtà occorrono fatti, idee, per<br />
difenderla. E i cristiani oggi possono<br />
difendere il senso degli attuali Statinazione.<br />
Ma non rimanendo aggrappati<br />
ai vecchi tiranni, nel timore che il<br />
futuro sia peggiore del presente. Quei<br />
patriarchi che difendono l’ordine dato<br />
nel timore ‘dei fondamentalisti’ pensano<br />
al ‘timore di sparire’ ma in realtà<br />
vivono il “timore di esistere”, per dirla<br />
con il teologo Jean Corbon. Le loro<br />
comunità non possono che “vivere pienamente<br />
il dramma delle loro società”.<br />
IL RUOLO DEI GOVERNI<br />
E il principale contributo che possono<br />
dare alla costruzione di un futuro diverso,<br />
e migliore, non è certo quello di<br />
offrirsi come difensori di indifendibili<br />
despoti, ma come teorici delle nuove<br />
fedeltà che dovrebbero essere alla base<br />
degli Stati-nazione messi in discussione<br />
dalla perversione del Novecento: non<br />
esiste un futuro per i cristiani del Medio<br />
Oriente senza ciò che serve per rianimare<br />
gli Stati-nazione, e cioè i diritti di<br />
cittadinanza, la partecipazione di ogni<br />
individuo e di ogni comunità alla definizione<br />
e ricostruzione della casa<br />
comune. Da dove vengono i giovani che<br />
oggi chiedono “dignità”? Dal buio senza<br />
speranze delle cellule di Al Qaeda? O,<br />
I volti futuri del Medio Oriente<br />
seguendo il ragionamento del gesuita<br />
Paolo Dall’Oglio, dalle speranze tradite<br />
dei loro nonni comunisti e dei loro<br />
genitori convinti che l’Islam è soluzione?<br />
È con questi ‘nipoti’ e ‘figli’ che i<br />
cristiani del Medio Oriente hanno un<br />
futuro in ‘comune’, non con i regimi.<br />
Infatti, il vero problema su cui si è<br />
schiantato il vecchio paradigma politico<br />
mediorientale è questo: le “fedeltà<br />
illegittime” che hanno costituito l’anima<br />
degli Stati-mafia non bastano più.<br />
Oggi occorrono nuove fedeltà per salvare<br />
appartenenze e identità che altrimenti<br />
non avrebbero più senso. Queste<br />
fedeltà si chiamano “diritti di cittadinanza”.<br />
I cristiani del Medio Oriente se resteranno<br />
nascosti dietro i satrapi mediorientali<br />
nel timore di un futuro peggiore<br />
daranno un drammatico contributo<br />
all’estinzione della loro presenza plurimillenaria<br />
in Medio Oriente. Se sceglieranno<br />
invece di guidare culturalmente<br />
questa sfida appena iniziata, potrebbero<br />
risultare decisivi a salvare se stessi e i<br />
propri Paesi.<br />
Un grande intellettuale arabo cristiano,<br />
Samir Frangieh, ha scritto un appello<br />
sul quotidiano libanese an-Nahar. Per<br />
Frangieh la sfida è costruire Stati nei<br />
quali «si riconoscono diritti ai soli cittadini,<br />
senza discriminazioni, ma allo stesso<br />
tempo si forniscono garanzie per le<br />
comunità. Nascerà di qui un nuovo arabismo,<br />
l’arabismo del vivere insieme,<br />
che non sarà altro che il figlio dell’arabismo<br />
originario dell’Andalusia, dove<br />
hanno vissuto e con-vissuto per secoli<br />
musulmani, cristiani ed ebrei in armonia,<br />
umana, culturale e religiosa».<br />
La suggestione è fortissima: l’ ‘arabismo<br />
del vivere insieme’ dovrebbe consentire<br />
di istituire un sistema regionale, partecipando<br />
effettivamente alla definizione<br />
del nuovo ordine mondiale, dovrebbe<br />
offrire un nuovo modello per il Medio<br />
Oriente, ‘L’Oriente del vivere insieme’,<br />
basato sull’iniziativa di pace araba che<br />
ha promosso uno Stato palestinese<br />
indipendente.<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
9
10<br />
ATTUALITÀ Intervista a Moni Ovadia<br />
Straniero<br />
fra gli<br />
Nella foto:<br />
Una scena dello spettacolo Oylem Goylem<br />
con cui Moni Ovadia si è imposto al grande pubblico.<br />
Foto di Maurizio Buscarino<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
stranieri
Mentre il mondo pone di nuovo attenzione alla<br />
questione israelo-palestinese, Moni Ovadia - attore,<br />
scrittore, cantastorie yiddish, poeta, musicista,<br />
cantante – racconta in questa intervista tutta la<br />
pesantezza di un conflitto che non accenna a<br />
concludersi. Nato in Bulgaria, italiano di nazionalità<br />
ed ebreo di origine, Ovadia è convinto che la pace si<br />
realizzerà se gli israeliani sapranno riscoprire le loro<br />
origini e impareranno a vivere sulla propria terra da<br />
stranieri fra stranieri.<br />
di CHIARA PELLICCI<br />
c.pellicci@missioitalia.it<br />
Nelle tante foto che lo ritraggono<br />
sulla scena di un teatro o<br />
davanti a un interlocutore, il<br />
suo sguardo va oltre, mette a fuoco in<br />
lontananza. I suoi occhi hanno una<br />
forza che penetra e scruta, quasi a<br />
voler carpire in un istante tutto quello<br />
che osservano. Anche a tu per tu, nell’incontro<br />
che con disponibilità ci offre<br />
per un’intervista a Popoli e Missione<br />
nel suo appartamento di Milano, Moni<br />
Ovadia – nato nel 1946 in Bulgaria da<br />
una famiglia ebraico-sefardita e trasferitosi<br />
nella città lombarda all’età di<br />
tre anni - sembra attratto da qualcosa che le pareti della stanza non<br />
possono contenere.<br />
Effettivamente per uno che è ora cantastorie yiddish, ora poeta, ora<br />
attore, ora musicista, ora cantante, ora tutto questo insieme ad altro,<br />
non è difficile spaziare con la mente dove ancora le parole non arrivano.<br />
E infatti la conversazione scivola subito sul contenuto del suo ultimo<br />
libro - già, è anche scrittore – intitolato “Il Popolo dell’esilio” (a cura<br />
di Alessio Aringoli, Editori riuniti) da cui scaturisce un concetto esplosivo:<br />
quello della fratellanza universale come specificità dell’ebraismo, in<br />
netta contrapposizione al nazionalismo.<br />
Moni Ovadia è seduto, ma i movimenti, l’espressione del viso e il tono di<br />
voce sanno di teatro, luogo abituale per l’attore impostosi al grande<br />
pubblico sin dal 1993 con lo spettacolo Oylem Goylem, che in yiddish<br />
significa “Il mondo è scemo”. Sul palco della sua cucina,<br />
intorno a un tavolo gigante che invita alla convivialità,<br />
tiene l’attenzione, modula il volume delle parole, alza<br />
l’intensità della voce e l’abbassa, come sul più naturale<br />
dei palcoscenici. »<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
11
12<br />
ATTUALITÀ<br />
Sopra:<br />
Il cimitero ebraico nella valle di Giosafat<br />
(la valle del Giudizio) a Gerusalemme.<br />
Al centro:<br />
Un insediamento israeliano in<br />
Cisgiordania abitato da coloni ebrei.<br />
A destra:<br />
Ebrei in preghiera al Muro occidentale del<br />
Tempio, unico luogo sacro di<br />
Gerusalemme per l’ebraismo.<br />
Perché il messaggio dell’universalismo<br />
dovrebbe essere peculiare degli<br />
ebrei?<br />
«Tutto il libro della Genesi, prima di<br />
Abramo, parla di esseri umani e non di<br />
ebrei. Gli ebrei arrivano dopo Abramo.<br />
Quindi la Bibbia si fonda sull’idea di<br />
umanità, non di ebraismo. L’ebraismo<br />
è un modo particolare di incarnare il<br />
messaggio monoteista (quello cristiano<br />
un altro, quello musulmano un<br />
altro ancora). Tutti gli uomini discendono<br />
da uno soltanto: ciò è fondamentale<br />
per la pace, perché nessuno<br />
possa dire: “Il mio progenitore era<br />
meglio del tuo”. Ancora, nella Genesi<br />
c’è scritto: “Abramo, in te si benediranno<br />
tutte le famiglie della terra”.<br />
Questa è la benedizione universalista.<br />
L’ebraismo è la prima fede della storia<br />
dell’umanità che dichiara che il Dio<br />
dell’ebreo è il Dio di tutta l’umanità».<br />
Ma allora nella Bibbia come si spiega<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
l’elezione degli ebrei a popolo prescelto<br />
da Dio?<br />
«L’elezione si spiega non perché gli<br />
ebrei sono carini, ma perché sono una<br />
massa di schiavi, schiuma della terra,<br />
esuli; sono uomini e donne che accolgono<br />
quel messaggio di Dio (per i credenti<br />
“lo accolgono”, per me “lo inventano”,<br />
cioè mettono un Dio nel cielo)<br />
che dichiara che il popolo eletto sono<br />
gli ebrei non in quanto tali ma in quanto<br />
stranieri, sbandati, privi di un’origine<br />
comune, quindi rappresentano l’universalità<br />
umana, il meticciato. Da qui non<br />
si può che salire e raccogliere tutta<br />
l’umanità: infatti il Dio del monoteismo<br />
è il Dio di tutti. Anche il riposo sabbatico<br />
è esteso a tutta l’umanità: “Ti riposerai<br />
tu, tua moglie, lo straniero che<br />
abita presso di te, la tua serva e il tuo<br />
servo, i tuoi animali, la pianta, la<br />
zolla”… è l’universalità estesa al pianeta.<br />
Il riposo sabbatico è una sorta di<br />
dignità universalista. La fratellanza universale<br />
è un’intuizione poderosa dell’ebraismo.<br />
Gli ebrei però sono esseri<br />
umani come tutti gli altri e all’interno<br />
del movimento monoteista ebraico si<br />
inseriscono anche i nazionalisti».<br />
Se è vero che l’ebraismo incarna l’universalismo,<br />
dove si collocano gli ebrei<br />
fondamentalisti che per occupare<br />
quella terra che “Dio ha dato loro”<br />
negano quotidianamente quella fra-<br />
tellanza universale che invece dovrebbero<br />
incarnare? Pensiamo, per esempio,<br />
agli ebrei di Hebron, città palestinese<br />
completamente s<strong>ott</strong>o assedio<br />
per la presenza di pochi fondamentalisti<br />
che l’hanno in pugno…<br />
«Contrariamente a quanto pensano gli<br />
antisemiti, gli ebrei sono uomini come<br />
tutti gli altri: sono straordinari come<br />
certi uomini e fanno schifo come altri;<br />
esistono anche i fascisti ebrei e i fanatici<br />
ebrei… è normale. L’ala monarchica<br />
prese il sopravvento anche ai tempi di<br />
Samuele. Nel capitolo 8 gli ebrei chiedono<br />
a Samuele di eleggere un re: qui<br />
si sente forte il dolore di Dio di fronte<br />
al desiderio del suo popolo di essere<br />
come gli altri. Il Padre eterno dice: “Va<br />
bene, Samuele, ungi un re per gli ebrei<br />
ma avvertili che porterà via i giovani<br />
più vigorosi per farsi la sua guardia personale,<br />
le ragazze più belle per farsi le<br />
sue profumiere, le vigne migliori per<br />
regalarle ai suoi ministri; ridurrà i suoi<br />
sudditi in condizione di servitù”.<br />
Samuele va a riferire, ma gli ebrei<br />
rispondono che vogliono un re. Quando<br />
Samuele comunica al Padre eterno la<br />
decisione del suo popolo, il Santo<br />
Benedetto dice: “Va bene, va bene,<br />
Samuele, fai come ti dicono gli ebrei -<br />
la voce dell’attore si fa greve, i toni si<br />
abbassano - e non te la prendere perché<br />
non è con te che ce l’hanno, ma<br />
con me - qui sussurra, con le parole che
a fatica gli escono dalla bocca, quasi a<br />
descrivere tutta la sofferenza di Dio -<br />
perché non vogliono che regni su di<br />
loro”. In questa vicenda – ora prosegue<br />
a voce alta, tuonante - la dimensione<br />
“terra” e il nazionalismo prevalgono su<br />
tutto».<br />
«Perché è santa una terra?» chiede<br />
Ovadia al suo interlocutore. E si risponde:<br />
«Non solo per la santità del popolo<br />
che la abita, ma per la capacità del suo<br />
popolo di essere straniero a casa propria,<br />
praticando un’economia di giustizia<br />
verso tutti».<br />
Quindi oggi Israele non è santa?<br />
«Ma per l’amor di Dio! Nonostante<br />
venga chiamata sempre così, non lo è<br />
affatto. Fossi il direttore di un giornale,<br />
direi ai miei giornalisti: “Questo termine<br />
non lo voglio più sentire applicato<br />
all’oggi”. Nella situazione attuale c’è il<br />
delirio della terra, il delirio nazionalista».<br />
Nel suo libro, afferma che i palestinesi<br />
sono gli ebrei del mondo arabo. E<br />
gli ebrei dovrebbero sforzarsi di<br />
diventare i palestinesi del mondo<br />
occidentale. Che significa?<br />
«È una provocazione, un paradosso che<br />
intende dire: oggi i palestinesi vivono<br />
s<strong>ott</strong>o occupazione, dispersi nei campi<br />
profughi, in enormi difficoltà. Sono i<br />
più strumentalizzati, i più abbando- »<br />
Intervista a Moni Ovadia<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
13
14<br />
ATTUALITÀ<br />
IL POPOLO DELL’ESILIO<br />
Oltre 200 pagine di «opinioni e libere riflessioni su<br />
ebraismo, conflitto israelo-palestinese e dintorni».<br />
Così lo stesso autore, Moni Ovadia, descrive il suo<br />
ultimo libro “Il popolo dell’esilio” curato da Alessio<br />
Aringoli per i tipi di Editori Riuniti. Nell’ “Avvertenza<br />
per il lettore” Ovadia vuole mettere in guardia perché<br />
sa che le sue parole possono essere esplosive,<br />
innovative, dirompenti. Parlando ad un ebreo<br />
dice: «Quella terra non ti è stata donata perché tu<br />
diventassi un fanatico nazionalista, ma anzi, proprio<br />
affinché tu dimostrassi che l’unico modo per costruire la pace è essere un<br />
popolo che sa vivere sulla sua terra da straniero fra gli stranieri». Una lettura che<br />
merita, per approfondire, comprendere, sognare. C.P.<br />
nati, i più dimenticati… per questo dico<br />
che sono gli ebrei del mondo arabo. Gli<br />
ebrei dovrebbero sforzarsi di diventare i<br />
palestinesi del mondo occidentale, nel<br />
senso che dovrebbero ritrovare quello<br />
spirito di quando essi stessi erano i<br />
paria dell’Occidente. All’epoca in tanti<br />
dicevano: “Se gli ebrei hanno questo è<br />
perché se lo meritano, perché sono<br />
avidi, controllano l’economia del<br />
S<strong>ott</strong>o:<br />
Ad Hebron, città palestinese considerata luogo<br />
santo dagli ebrei fondamentalisti, i coloni<br />
israeliani hanno occupato i piani superiori degli<br />
edifici arabi. Si noti la spazzatura gettata dalle<br />
finestre sulla rete di protezione, come segno di<br />
disprezzo verso i palestinesi che a piano terra<br />
hanno i negozi del suq.<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
mondo, ecc.”. Adesso dei palestinesi<br />
dicono lo stesso: “Se stanno così è perché<br />
se lo meritano: hanno Hamas, gli<br />
attentati, ecc.”. Dire così era sbagliato<br />
allora come oggi. Ma la cosa che più mi<br />
colpisce è che gli ebrei non li vedono<br />
proprio i palestinesi: vecchi, donne,<br />
bambini, ore e ore davanti ai check<br />
point, la miseria, la fame, lo sradicamento<br />
degli ulivi… eppure gli ebrei non<br />
li vedono – la voce dell’attore diventa<br />
quasi un grido - perché hanno dimenticato<br />
chi sono e si attaccano al totem<br />
della sicurezza, pietra filosofale e giustificatoria<br />
di ogni porcheria».<br />
In nome della sicurezza si giustifica<br />
tutto…<br />
«Esatto. Ma la sicurezza è una cosa<br />
troppo seria per farne questo. Nessuno<br />
dice agli israeliani che non hanno diritto<br />
alla sicurezza, anzi. Però dentro i<br />
loro confini. Io sono contrario ai muri,<br />
ma se gli israeliani dentro la Linea<br />
Verde (i confini dello Stato d’Israele<br />
prima del 1967, ndr) vogliono costruirsi<br />
un muro di nove metri, facciano: è<br />
casa loro. Nessuno dirà che sono stati<br />
violati i diritti umani e le risoluzioni<br />
delle Nazioni Unite. D’altronde lo Stato<br />
d’Israele non è nato grazie ad una risoluzione<br />
Onu? Allo stesso modo si devono<br />
rispettare anche le altre risoluzioni…<br />
Hamas c’è, è vero, ma va coinvolta<br />
nella trattativa di pace, perché la pace<br />
si fa con i nemici. È da Sharon in avanti<br />
che questi governi reazionari mentono:<br />
dicono che vogliono interlocutori<br />
credibili, ma in realtà non vogliono lo<br />
Stato palestinese. Non ci dimentichiamo,<br />
invece, che la Torah dice che la<br />
vera casa dell’ebreo è la sukka, la<br />
capanna del deserto: bisogna ritrovare<br />
lo spirito di quella casa, precaria, aperta,<br />
accogliente. Invece gli israeliani<br />
sono blindati in un bunker».<br />
Perché oggi in Israele sono pochi gli<br />
ebrei contrari all’occupazione?<br />
«In Israele molti sarebbero favorevoli<br />
ad una pace con i palestinesi, ma non<br />
la considerano una priorità. A poca<br />
distanza c’è ancora chi minaccia, fa<br />
proclami antisemiti, provoca: con
Ahmadinejad che una volta a <strong>sett</strong>imana<br />
gioca sulle viscere, giustamente la<br />
maggioranza dice: “Sì, è vero, dovremmo<br />
fare la pace; però i missili arrivano<br />
e poi che succederà?”. Ma in Israele c’è<br />
anche chi ha una visione molto lucida:<br />
Haaretz è un quotidiano israeliano,<br />
pubblicato da un editore israeliano, su<br />
cui scrivono giornalisti israeliani come<br />
Gideon Levy, che parla apertamente di<br />
governo segregazionista nei confronti<br />
dei palestinesi, o Amira Hass, unica corrispondente<br />
israeliana dai Territori<br />
occupati. In confronto a loro, io sono<br />
un moderato. Inoltre ci sono anche<br />
tanti gruppi pacifisti».<br />
Però sono tutti politicamente schierati<br />
a sinistra. Invece l’occupazione non<br />
è una questione politica, è una questione<br />
umana.<br />
«Sono d’accordo, ma allo stato attuale<br />
gli israeliani non trovano un rappresentante<br />
politico che possa portarli verso<br />
una pace possibile… Se gli israeliani<br />
identificassero un interlocutore credibile,<br />
intelligente, che capisse la loro<br />
storia, le cinque guerre, la paura del<br />
terrorismo, che proponesse loro una<br />
forma di pace vera, sicuramente la<br />
maggioranza lo seguirebbe. Purtroppo<br />
in questo momento la società israeliana<br />
è narcotizzata dal totem della sicurezza<br />
e anche dal fatto che la classe politica<br />
israeliana è un po’ più mediocre di<br />
quella italiana. Ma in Israele Haaretz<br />
continua ad essere pubblicato, ci sono<br />
gruppi pacifisti ed anche gruppi di<br />
refusenik, che non hanno una collocazione<br />
politica. E poi c’è Avraham Burg<br />
che ha scritto il libro “Sconfiggere<br />
Hitler. Per un nuovo universalismo e<br />
umanesimo ebraico”: è stato presidente<br />
della Knesset (il parlamento israeliano,<br />
ndr), fondatore del partito religioso<br />
nazionale, presidente dell’Agenzia<br />
ebraica e del Movimento sionista mondiale,<br />
ma nel suo libro critica pesantemente<br />
il nazionalismo. Però ha ragione,<br />
oggi tutto questo è minoritario in<br />
Israele. Bisogna tenere conto che il<br />
Paese è nato da poco, è<br />
cresciuto nelle guerre, ha<br />
una recente memoria<br />
dolorosa e drammatica,<br />
ha molta paura e ancora<br />
qualcuno – come<br />
Ahmadinejad - dice che<br />
non ha legittimità all’esistenza.<br />
E poi ci sono<br />
quelli che da Gaza lanciano<br />
i missili a caso sulla<br />
popolazione: un atto da<br />
condannare. Israele non<br />
è l’Italia. Con Netanyau<br />
non ci sarà la pace. Ma se<br />
verrà fuori un politico<br />
credibile, la pace si farà».<br />
C’è da aspettarsi una<br />
primavera israeliana,<br />
visto il vento nuovo che<br />
sta soffiando in Medio<br />
Oriente?<br />
«Le cose cominciano<br />
senza che ce ne accorgiamo.<br />
L’avremmo mai detto che sarebbe<br />
scoppiata questa gentile rivoluzione<br />
araba? No. L’avremmo detto che sarebbe<br />
caduto il muro di Berlino? No.<br />
Dipenderà da come si sviluppa la primavera<br />
nel mondo arabo: se si avvieranno<br />
processi davvero democratici,<br />
allora Israele sarà messo in condizione<br />
di reagire. Ma già il fatto che siano<br />
caduti dittatori come Mubarak, che<br />
facevano comodo all’Occidente e ad<br />
Israele, è positivo».<br />
Alcuni sostengono che il governo<br />
israeliano non voglia un accordo con i<br />
palestinesi perché in condizioni di<br />
pace si perderebbe quella coesione<br />
sociale che oggi tiene unito il Paese<br />
contro il nemico…<br />
«C’è della verità in questo, una verità<br />
inconscia. Se scoppia la pace, tempo 25<br />
anni, la metà degli ebrei lascerà Israele,<br />
perché la dimensione della diaspora è<br />
insita nel popolo ebraico. L’ebreo ha<br />
due dimensioni dentro di sé: la terra e<br />
la diaspora. C’è una frase bellissima di<br />
Intervista a Moni Ovadia<br />
Moni Ovadia, attore, scrittore,<br />
cantastorie yiddish, poeta,<br />
musicista, cantante, nato in<br />
Bulgaria, italiano di nazionalità<br />
ed ebreo di origine.<br />
Foto di Pino Settanni<br />
Franz Rosenzweig, il più grande filosofo<br />
ebreo-tedesco del Novecento, che<br />
dice: “Per il popolo eterno la patria non<br />
diviene mai sua in tal senso; a lui non è<br />
concesso incanaglirsi a casa propria,<br />
ma mantiene sempre l’indipendenza di<br />
un viaggiatore [...] La terra è sua, nel<br />
senso più profondo, proprio soltanto<br />
come terra della sua nostalgia, come<br />
terra santa. E per questo, diversamente<br />
da quanto accade agli altri <strong>popoli</strong>, la<br />
piena proprietà della sua terra gli viene<br />
contestata, egli stesso è soltanto uno<br />
straniero ed un meteco sulla sua<br />
terra”».<br />
«Però – riprende dopo una brevissima<br />
pausa - palestinesi ed ebrei si somigliano<br />
così tanto che il loro incontro<br />
dovrebbe essere la cosa più logica e<br />
normale. Purtroppo interessi di potere,<br />
paure e fragilità degli uomini combinano<br />
disastri. Il rabbino marocchino<br />
Jonas Ashkenazi diceva che un buon<br />
musulmano e un buon ebreo si assomigliano<br />
come due gocce d’acqua. Ne<br />
sono fermamente convinto anch’io».<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
15
16<br />
FOCUS Nell’Ucraina che cambia<br />
Ha appena 40 anni, è<br />
nato a Leopoli, nel Nordovest<br />
dell’Ucraina.<br />
Ordinato sacerdote nel<br />
1994, è stato eletto a<br />
capo della Chiesa<br />
cattolica di rito<br />
bizantino il 24 marzo<br />
scorso. Monsignor<br />
Svyatoslav Schevchuk,<br />
arcivescovo di Kiev,<br />
parla in quest’intervista<br />
della rinascita della<br />
Chiesa greco-cattolica.<br />
Ascesa<br />
di una<br />
giovane<br />
Chiesa<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
di ILARIA DE BONIS<br />
i.debonis@missioitalia.it<br />
Le vocazioni religiose ‘esplodono’<br />
oggi in Ucraina come mai negli<br />
ultimi 50 anni. Un nuovo spirito<br />
di libertà e di condivisione soffia sulle<br />
giovanissime comunità cattoliche della<br />
Chiesa di rito bizantino, per anni al bando<br />
nell’ex repubblica sovietica e legalizzate<br />
nuovamente solo a partire dal 1989.<br />
«Le nostre più consistenti ordinazioni<br />
sacerdotali sono arrivate nel periodo<br />
immediatamente successivo al crollo
dell’impero sovietico: questa Chiesa<br />
martire è riuscita a sopravvivere in un<br />
clima di violenza e di repressione inaudita,<br />
alimentando il desiderio di vivere.<br />
Sappiamo che quando qualcosa viene<br />
proibita o è vietata dalla legge, attrae<br />
ancora di più, soprattutto se si tratta<br />
della religione».<br />
A parlare è monsignor Svyatoslav Schevchuk,<br />
nuovo arcivescovo di Kiev, appena<br />
nominato capo dei cattolici d’Oriente di<br />
rito bizantino, dopo le dimissioni del suo<br />
predecessore, il cardinal Lubomyr Husar<br />
che ha 77 anni.<br />
Monsignor Schevchuk, nato nel 1970 a<br />
Striy nella regione di Leopoli, dove fino<br />
al 2005 ha avuto sede la Chiesa dello scisma<br />
d’Oriente, è stato ordinato sacerdote<br />
solo nel 1994. E meno di 17 anni dopo<br />
già siede ai vertici di quella struttura che<br />
oggi conta migliaia di fedeli, ma che ha<br />
sofferto per decenni le persecuzioni del<br />
regime sovietico.<br />
Svyatoslav Schevchuk ci accoglie negli<br />
uffici del collegio greco-cattolico di<br />
Roma dov’è in visita ufficiale. Parliamo<br />
anche dei rapporti con l’altra grande<br />
Chiesa d’Oriente, quella ortodossa del<br />
Patriarcato di Mosca.<br />
«L’età media dei nostri sacerdoti non<br />
arriva a 35 anni – spiega monsignor<br />
Svyatoslav con un’incredibile semplicità<br />
nei modi e gli occhi che sorridono sempre<br />
- ma la loro giovinezza non è solo<br />
anagrafica, è quella tipica di una fede<br />
che è stata repressa troppo a lungo».<br />
Per anni la preghiera, gli insegnamenti<br />
evangelici e il catechismo sono stati nel<br />
mirino di uno Stato che perseguitava la<br />
fede: «Erano allora le nonne, le mamme,<br />
le famiglie a tramandare la religione cattolica<br />
ai figli».<br />
Questo entusiasmo contagioso del giovane<br />
Patriarca si percepisce ancora di più<br />
quando descrive una comunità oggi<br />
all’apice di un nuovo fervore: «È una<br />
Chiesa giovane anche perché sta vivendo<br />
una seconda vita: si riaprono i conventi,<br />
si costruiscono le chiese, viviamo<br />
nel pieno di una rinascita».<br />
Non a caso il Primate cattolico ha indi-<br />
rizzato la sua prima lettera pastorale ai<br />
giovani, spiegando: «La Chiesa ha bisogno<br />
della vostra spontaneità e della<br />
vostra apertura intuitiva alla realtà di<br />
Dio, presente tra noi. Siete voi le voci<br />
con cui la Chiesa accoglie il suo Re».<br />
Schevchuk non parla però volentieri dell’attuale<br />
situazione politica ucraina,<br />
dove ancora i rapporti tra Stato e Chiesa<br />
rimangono piuttosto travagliati. Di rado<br />
nomina il presidente ucraino Victor<br />
Yanukovich, che pure da quando è salito<br />
al potere è fonte di forti preoccupazioni<br />
per i cattolici d’Oriente di rito bizantino<br />
perché ha sempre favorito la Chiesa<br />
ortodossa russa, di cui fa parte. Lo cita<br />
però per notare che: «Finalmente si è<br />
avviato un dialogo costruttivo anche<br />
con il nostro presidente, che ha incontrato<br />
il ‘Consiglio delle Chiese di tutta<br />
l’Ucraina’ il 21 aprile scorso». Tuttavia<br />
subito puntualizza: «Noi mai siamo stati<br />
Chiesa dello Stato, semmai Chiesa nello<br />
Stato».<br />
Il Patriarca dimostra una saggezza che<br />
va ben oltre i suoi 40 anni: è nato nel<br />
periodo della dittatura comunista ma<br />
aveva appena 19 anni quando è crollata.<br />
Si è formato in un clima di rinascita culturale<br />
e sociale, nonostante le criticità<br />
del nazionalismo. Oggi non a caso pone<br />
di continuo l’accento sull’importanza del<br />
dialogo e dell’ecumenismo tra le comunità<br />
cristiane d’Oriente. È pacato nei<br />
toni, ma allo stesso tempo trasmette<br />
grande energia.<br />
«Sfortunatamente la metropolia di Kiev<br />
è oggi divisa – racconta – e i suoi figli<br />
che appartengono alle quattro Chiese<br />
tradizionali di Ucraina portano ancora<br />
nel cuore il residuo di eventi storici dolorosi<br />
e delle ingiustizie sofferte».<br />
L’Ucraina è in effetti complessa dal punto<br />
di vista confessionale: oltre agli ortodossi<br />
fedeli a Mosca, troviamo gli<br />
ortodossi ucraini indipendenti e quelli<br />
A sinistra: Monsignor Svyatoslav<br />
Schevchuk, nuovo arcivescovo di Kiev.<br />
A fianco: Il cardinale<br />
Lubomyr Husar.<br />
legati al patriarcato ecumenico di<br />
Costantinopoli; i cattolici latini di etnia<br />
polacca e, infine, i cattolici bizantini<br />
vicini al Papa. La metropolia greco-cattolica<br />
di rito bizantino si mantiene in<br />
stretta comunione con la Chiesa di<br />
Roma ma è considerata in quest’ambito<br />
sui iuris: riconosce cioè l’autorità del<br />
Papa, i dogmi e il catechismo cattolico<br />
ma segue un rito differente.<br />
«Ho imparato da Giovanni Paolo II – ha<br />
detto Schevchuk subito dopo la sua<br />
investitura – la visione ecumenica che<br />
passa attraverso i rapporti personali,<br />
capaci di far cadere muri, pregiudizi e<br />
divisioni».<br />
E pur non entrando nel merito della<br />
situazione geo-politica del suo Paese<br />
ripete spesso: «Noi non smetteremo mai<br />
di difendere gli indifesi e la dignità della<br />
persona umana perchè non abbiamo<br />
paura. Mai abbiamo avuto paura».<br />
Nonostante i problemi interni alla nazione<br />
Ucraina, (il deficit di democrazia è<br />
stato avvertito a più riprese e a tutti i<br />
livelli dalla società, dopo il fallimento<br />
della Rivoluzione Arancione) l’arcivescovo<br />
afferma: «Noi cattolici non siamo mai<br />
stati così liberi come in questi ultimi 20<br />
anni».<br />
Ma pur sempre una libertà a rischio perchè<br />
parziale e governata da un discutibile<br />
Stato di diritto.<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
17
18<br />
FOCUS<br />
Kiev<br />
divisa tra<br />
Bruxelles<br />
e Mosca<br />
L’istituto americano Freedom House ha<br />
declassato l’Ucraina da Paese democratico a<br />
‘parzialmente democratico’. Lo Stato<br />
multietnico lascia ancora molto a desiderare<br />
quanto a libertà politiche e diritti<br />
fondamentali. Ma forse l’esigenza di<br />
avvicinarsi all’Unione Europea e stipulare<br />
accordi commerciali con i 27 Paesi<br />
membri, potrebbe condurre<br />
ad interessanti aperture.<br />
di ILARIA DE BONIS<br />
i.debonis@missioitalia.it<br />
Kiev si mantiene ancora fedele a<br />
Mosca, gravitando come sempre<br />
nell’area russa, ma comincia a<br />
guardare con crescente interesse a Bruxelles.<br />
È infatti con l’Unione Europea<br />
che l’attuale governo ucraino potrebbe<br />
ben presto stipulare accordi vantaggiosi<br />
in ambito economico e commerciale,<br />
in cambio di maggiori garanzie democratiche.<br />
L’‘europeizzazione’ di Kiev non<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
è però un passaggio immediato.<br />
Mentre negozia con i funzionari europei<br />
i termini di un trattato per la creazione<br />
di un’area di libero scambio con i 27<br />
Stati membri (Deep and Comprehensive<br />
Free Trade Agreement), il presidente<br />
ucraino Victor Yanukovich guarda<br />
ancora ad Est e rinnova con il premier di<br />
Mosca gli accordi di Kharkiv sulle concessioni<br />
di scorte di gas dalla Russia<br />
all’Ucraina, stipulati ad aprile del 2010.<br />
L’ex premier Julia Timoshenko, molto<br />
amata dal popolo, affronta invece un<br />
processo per via di altri accordi sul gas<br />
giudicati svantaggiosi per Kiev.<br />
Sono in corso insomma triangolazioni<br />
diplomatiche complesse, da seguire con<br />
pazienza nell’ex repubblica sovietica.<br />
Nel frattempo si tenta di sciogliere la<br />
tensione interna relativa al rapporto tra<br />
lo Stato e le Chiese (l’Ucraina è uno Stato<br />
multi-confessionale a maggioranza<br />
ortodossa, dove però le confessioni religiose<br />
non hanno tutte pari dignità).<br />
Qualcosa infatti si sta muovendo.<br />
Yanukovich - finora piuttosto sbilancia-
to a favore della Chiesa<br />
ortodossa del Patriarcato di<br />
Mosca - ha incontrato il 21<br />
aprile scorso i rappresentanti<br />
di tutte le Chiese ucraine<br />
(All-Ukrainian Council of<br />
Churches and Religious<br />
Organizations, cui aderiscono<br />
anche musulmani, luterani,<br />
ortodossi e cattolici). Su<br />
richiesta del Consiglio d’Europa<br />
ha discusso dell’opportunità<br />
di modificare in senso<br />
estensivo la legge sulla libertà<br />
di coscienza e di religione,<br />
ad<strong>ott</strong>ata dal parlamento nell’aprile<br />
del 1991 agli albori dell’indipendenza<br />
da Mosca. Ma le<br />
sue parole non sono bastate a rassicurare<br />
i capi religiosi che preferirebbero<br />
non mutare la legge.<br />
«Esistono minacce alla libertà di fede<br />
nel senso di veder favorita una denominazione<br />
piuttosto che un’altra o di<br />
veder aumentata l’influenza governativa,<br />
inclusa quella fiscale, della sfera<br />
religiosa del Paese» scrive l’Istituto per<br />
la Libertà religiosa di Kiev.<br />
DEFICIT DI DEMOCRAZIA E RISCHI<br />
DI UN NUOVO 1989<br />
Ma quello confessionale non è l’unico<br />
tasto sensibile per la società civile<br />
ucraina: vari istituti di ricerca trovano<br />
che il livello di democraticità dell’ex<br />
repubblica sovietica lasci ancora molto<br />
a desiderare.<br />
Anzi peggiora, secondo gli analisti della<br />
Ong americana Freedom House.<br />
Così l’Ucraina è stata declassata già<br />
qualche tempo fa da democratica a<br />
‘parzialmente democratica’: il deficit<br />
di libertà è elevato e il tasso di democraticità<br />
è sceso nel 2011 a 4,61 punti,<br />
su una scala di valori che va da uno a<br />
<strong>sett</strong>e (dove <strong>sett</strong>e è il punteggio più<br />
basso).<br />
Freedom House ha azzardato anche un<br />
parallelismo tra i corr<strong>ott</strong>i regimi arabi<br />
in disfacimento e gli attuali governi<br />
post-sovietici ancora fedeli a Mosca.<br />
Lasciando intravedere la possibilità di<br />
un nuovo 1989.<br />
Si sente il bisogno di «significative<br />
riforme», tanto più che «i regimi stanno<br />
andando nella direzione sbagliata e<br />
corrono il rischio di condividere il<br />
destino delle loro controparti in Egitto,<br />
Tunisia e Siria», si legge in un<br />
report del 2011.<br />
Il quadro politico anche in Ucraina in<br />
effetti riassume l’iter di una presidenza<br />
travagliata con l’affermarsi di una<br />
compagine politica discutibile, supportata<br />
da uno scarsissimo consenso<br />
popolare. Da quando ha raggiunto<br />
Nell’Ucraina che cambia<br />
l’indipendenza dall’Unione Sovietica<br />
nel 1991, l’Ucraina ha tenuto cinque<br />
elezioni presidenziali (l’ultima nel<br />
2010) e cinque parlamentari (l’ultima<br />
nel 2007). L’ultima nel febbraio del<br />
2010 si è conclusa con la vittoria dell’ex<br />
primo ministro Viktor Yanukovich,<br />
la cui precedente vittoria nel 2004 era<br />
naufragata a causa delle accuse di frode<br />
e per l’avvio delle proteste popolari,<br />
sfociate poi nella nota Rivoluzione<br />
Arancione. In quell’occasione la Corte<br />
Suprema era stata costretta ad invalidare<br />
i risultati. E la Timoshenko era<br />
diventata premier.<br />
Poi nel corso del suo nuovo incarico<br />
Yanukovich ha ribaltato molte delle<br />
riforme costituzionali approvate nel<br />
2004, riportando indietro il Paese di<br />
qualche anno.<br />
AREA DI LIBERO SCAMBIO<br />
E APERTURE AD OVEST<br />
Queste evidenti falle nel sistema<br />
democratico potrebbero essere forse<br />
ridimensionate se l’Ucraina deci- »<br />
A sinistra<br />
L’attuale presidente ucraino Victor<br />
Yanukovich.<br />
Sopra:<br />
I sostenitori dell’ex premier Julia<br />
Timoshenko manifestano in piazza.<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
19
20<br />
FOCUS<br />
desse di seguire un percorso più<br />
trasparente. Come accennato,<br />
importanti sviluppi prendono piede<br />
nelle relazioni di vicinato Ue-<br />
Europa orientale. La trattativa<br />
diplomatica per la creazione di<br />
un’area commerciale di libero<br />
scambio a fiscalità di vantaggio<br />
(o defiscalizzata) prevede ad<br />
esempio anche una convergenza<br />
con l’Europa su questioni<br />
che vanno dall’ambiente alle<br />
politiche energetiche; dai<br />
diritti di proprietà intellettuale<br />
a quelli commerciali. Ed<br />
include riferimenti alla democrazia e<br />
alla good governance. Il governo di<br />
Yanukovich negozia seriamente, perché<br />
comprende bene che all’Ucraina<br />
non sarà consentito di aderirvi se non<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE_OTTOBRE 2011<br />
S<strong>ott</strong>o:<br />
Piazza dell’Indipendenza (Maidan<br />
Nezalezhnosti) a Kiev, Ucraina.<br />
dimostrando di possedere valide credenziali.<br />
Il presidente è molto interessato<br />
ai rapporti di buon vicinato con<br />
l’Unione Europea, tanto che il suo<br />
primo viaggio all’estero da presidente<br />
lo ha fatto a Bruxelles e non a Mosca.<br />
Qualcuno fa sapere che Yanukovich<br />
vorrebbe esser ricordato «come l’uomo<br />
che ha cond<strong>ott</strong>o l’Ucraina in<br />
Europa».<br />
Ma la domanda da porsi in futuro è:<br />
come reagirà la Russia se Kiev nei<br />
prossimi mesi dovesse decisamente<br />
rivolgersi più ad Occidente che a<br />
Oriente?<br />
A partire dalla religione (il metropolita<br />
Kirill, capo della Chiesa russo-ortodossa<br />
di Mosca è il più assiduo frequentatore<br />
delle alte sfere ucraine);<br />
per finire con le questioni prettamente<br />
commerciali, una relazione più salda<br />
tra Unione Europea e Ucraina<br />
romperebbe equilibri geo-politici<br />
consolidati tra Russia e Ucraina. E ne<br />
creerebbe di nuovi. Certamente a tutto<br />
vantaggio di una società civile<br />
stanca di soprusi, desiderosa di maggior<br />
libertà e di rispetto. A discapito<br />
però di accordi commerciali, ritorni<br />
economici e concessioni (come quella<br />
sul gas) che finora Mosca ha ‘elargito’<br />
a Kiev in cambio di una fedeltà<br />
incondizionata.
SCATTI DAL MONDO EMERGENZA UMANITARIA<br />
DEL CORNO D’AFRICA<br />
Bambini attendono la loro razione di<br />
cibo in una scuola di Lolkuta in Kenya.<br />
La carestia che ha colpito il Corno d’Africa è un fenomeno<br />
aberrante e ingiustificabile. Sono oltre 14 milioni le persone<br />
che rischiano di soccombere per inedia e pandemie. Eppure,<br />
per chi conosce quelle terre come i nostri missionari, non si<br />
tratta di una vera e propria “emergenza” dettata dalla contingenza,<br />
ma di una “costante” del degrado umano. Infatti, per<br />
quanto possano esservi variazioni meteorologiche stagionali, vi<br />
sono anche altri fattori di tipo geopolitico che non vanno s<strong>ott</strong>aciuti,<br />
quali ad esempio l’assenza di uno stato di diritto in<br />
Somalia, determinato da un’accesa conflittualità, per non parlare<br />
della mancanza di sicurezza per la gente. Inoltre, la scarsità<br />
o addirittura l’assenza dei cosiddetti servizi primari in molti<br />
Paesi della regione – sia nell’ambito della sanità, come delle<br />
comunicazioni e della gestione delle acque – acuisce la soffe-<br />
A cura di EMANUELA PICCHIERINI e GIULIO ALBANESE<br />
renza delle popolazioni autoctone. Sta di fatto che l’allarme lanciato<br />
dalle organizzazioni umanitarie non può essere inteso<br />
all’insegna dell’attimo fuggente, quasi fosse un modo per appagare<br />
le coscienze. Non possiamo continuare a passare da<br />
un’emergenza all’altra dimenticando che la vera sfida nelle relazioni<br />
“Nord – Sud” è il rilancio di una cooperazione che tenga<br />
conto non solo degli effetti, ma anche delle cause del s<strong>ott</strong>osviluppo.<br />
Il punto di partenza per ogni serio ragionamento dovrebbe<br />
essere l’affermazione sacrosanta dei diritti inviolabili della<br />
persona umana, andando al di là del tradizionale “intervento<br />
tampone”. Sarebbe pertanto più pertinente parlare di globalizzazione<br />
dei diritti: dalla prassi della salute, all’istruzione; dai<br />
beni materiali, alla partecipazione politica e alla coesione sociale.<br />
La posta in gioco è alta se si considera che la visione »<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
21
22<br />
SCATTI DAL MONDO<br />
Rifugiati somali nel campo profughi di Kobe in Etiopia.<br />
A causa della siccità che ha colpito la regione migliaia di<br />
somali sono fuggiti nella vicina Etiopia. Molti di loro stremati<br />
dalla carestia sono morti lungo la strada.<br />
attuale della cooperazione è contrassegnata molto spesso dall’efficientismo<br />
occidentale secondo cui tutto deve uniformarsi<br />
allo schema concepito a tavolino dagli esperti del <strong>sett</strong>ore. Un<br />
indirizzo che ha generato, proprio per colpa di questo centralismo<br />
decisionale, un fenomeno aberrante, quello dello sradicamento<br />
degli interventi umanitari dal territorio, con la complicità<br />
dei donatori internazionali. È importante invece spingersi oltre<br />
l’approccio paternalistico, tipico di certa propaganda assistenziale<br />
che acuisce a dismisura la dipendenza dei Paesi del Sud<br />
del mondo. Non basta neanche concepire gli interventi trasferendo<br />
da un continente all’altro l´enciclopedia dei saperi e delle<br />
conoscenze, ma occorre avere il coraggio di promuovere la<br />
crescita integrale della persona e delle comunità riconoscendone<br />
i diritti inalienabili. Non dimentichiamo che la povertà è un<br />
processo di esclusione determinato dalle ineguaglianze di un<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011
EMERGENZA UMANITARIA DEL CORNO D’AFRICA<br />
sistema strutturale incentrato sui privilegi di pochi, negando il<br />
primato dell’uomo creato a immagine somiglianza di Dio. Ben<br />
vengano i summit contro la fame, ma a condizione che non si<br />
riducano alla solita colletta nei confronti di chi invece invoca<br />
giustizia. Finché a dettare le regole del gioco non sarà la politica,<br />
soggetti come il Capital World Investors, indicato nel 2009<br />
come il più potente controllore di titoli azionari sulle borse globali,<br />
faranno il bello e il cattivo tempo. Stiamo parlando di chi<br />
detiene anche la quota maggiore, oltre il 12% della azioni, delle<br />
due principali agenzie di rating, Moody’s e Standard & Poor’s<br />
che tanto stanno facendo per minare la credibilità degli Stati<br />
europei, acuendo peraltro la divaricazione tra ricchi e poveri a<br />
tutte le latitudini. Non basta perciò sfamare le bocche nel Sud<br />
del mondo, occorre anche riformare, in funzione anti speculativa,<br />
un’economia globalizzata protesa alla massimizzazione dei<br />
profitti a vantaggio di uno sparuto manipolo di nababbi.<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
23
24<br />
MARE NOSTRUM<br />
DENTRO E FUORI<br />
La legge<br />
della fuga<br />
di MARCO BENEDETTELLI<br />
<strong>popoli</strong>e<strong>missione</strong>@operemissionarie.it<br />
Secondo la Lega siriana per i diritti<br />
dell’uomo, dall’inizio delle proteste<br />
contro il presidente Bashar<br />
al-Assad, le vittime fra i civili sono state<br />
più di 2.200. Dinnanzi al montare<br />
della repressione, per molti l’unica alternativa<br />
è stata la fuga. Non solo in Turchia.<br />
Anche in Libano, dove negli ultimi<br />
mesi hanno trovato la salvezza più di<br />
duemila famiglie. L’esodo è iniziato<br />
quando le truppe di Bashar al-Assad,<br />
guidate dal fratello minore Maher, 43<br />
anni, detto ‘il duro’, hanno avviato ‘delle<br />
azioni di bonifica’ contro i focolai di<br />
ribellione scoppiati nella cittadina di Jifs<br />
al Shugur, vicina al confine della Turchia.<br />
Operazioni che, dalla città, hanno<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
Sopra:<br />
Turchia. Il campo<br />
profughi di Yayladagi,<br />
uno dei cinque allestiti<br />
dalla Mezza Luna Rossa<br />
turca per accogliere i<br />
siriani in fuga.<br />
A fianco:<br />
La tendopoli di Reyhanli.<br />
allargato il loro raggio d’azione in tutta<br />
la campagna intorno dove decine di<br />
migliaia di contadini hanno abbandonato<br />
le loro case. In circa 10mila sono<br />
stati accolti nei cinque campi profughi<br />
allestiti con celerità dalla Mezza Luna<br />
Rossa, (la Croce Rossa dei Paesi islamici).<br />
Sono tensostrutture oppure dormitori<br />
ricavati da fabbriche dismesse.<br />
Due campi sono stati aperti a Yayladagi<br />
Al confine tra Siria e Turchia<br />
e un altro a Reyhanli, proprio a un passo<br />
dal confine. Altre due tendopoli si<br />
trovano più all’interno della regione, nei<br />
paesi di Altinouzu e Boynuyogun.<br />
La visita ai campi è preclusa ai giornalisti.<br />
L’esercito turco ha appeso teli di<br />
nylon su tutte le grate divisorie che<br />
delimitano l’area delle tendopoli per<br />
impedire qualsiasi contatto tra i rifugiati<br />
e gli esterni. Un giovane agricoltore
Hanno abbandonato i villaggi, i campi, gli animali<br />
nelle stalle. Dalla Siria del Nord continuano a fuggire<br />
famiglie di profughi che scavalcano la cortina che li<br />
divide dalla Turchia. Dalla regione di Idlib si sono<br />
rifugiati in quella di Hatay, il lembo più meridionale<br />
della Turchia. Migliaia di persone sono ammassate<br />
in accampamenti di emergenza a ridosso della<br />
frontiera, pronte ad abbandonare il loro Paese. In un<br />
clima di terrore che ha gettato l’area in una grave<br />
emergenza umanitaria.<br />
dagli occhi azzurri spiega, attraverso le<br />
sbarre di ferro di Yayladagi, di essere<br />
sfollato proprio da Jifs al Shugur con<br />
tutta la sua famiglia. Alcuni bambini si<br />
assiepano dietro di lui, e scandiscono<br />
cori contro il loro attuale presidente:<br />
«Assad, vattene, vattene!».<br />
Dentro, all’ombra di qualche muricciolo,<br />
le donne siedono in circolo, avvolte da<br />
stoffe colorate. Lo sguardo è teso per la<br />
preoccupazione, nella fuga hanno<br />
abbandonato la casa e tutte le loro cose.<br />
I bambini giocano fra le macerie dell’ex<br />
tabacchificio, altri piccoli si divertono<br />
sugli scivoli e le altalene del parco giochi.<br />
Neonati e ragazzini sono ovunque.<br />
Per due terzi, gli abitanti dei campi sono<br />
proprio donne e bimbi. Sui cancelli dei<br />
campi si accalcano in continuazione<br />
gruppi di turchi che vengono a portare il<br />
loro saluto ai parenti siriani rifugiati nei<br />
campi. Attendono con le buste cariche<br />
di b<strong>ott</strong>iglie di bibite, pane e scatole di<br />
cibo offerte in dono ai propri familiari<br />
divenuti, da un giorno all’altro, profughi.<br />
I legami di sangue sono infiniti fra le<br />
famiglie che vivono sui due lati del confine.<br />
Entrambe le popolazioni sono sunnite<br />
e ancora 70 anni fa Hatay era una<br />
regione siriana. La gente veste allo stesso<br />
modo, riesce a parlare la stessa lingua,<br />
condivide lo stesso identico orizzonte.<br />
I profughi non possono uscire dai campi.<br />
Secondo la legge non sono ancora<br />
rifugiati politici e sono sprovvisti di<br />
documenti per girare liberamente in<br />
Turchia. Nei registri compilati dalle<br />
autorità turche viene annotato solo il<br />
nome proprio, e il cognome con le iniziali<br />
puntate.<br />
Tutto ciò per tranquillizzarli e rendere<br />
più deboli le possibili tracce dell’espatrio.<br />
«Molti temono che, una volta tornati,<br />
potrebbero essere presi di mira dalla<br />
polizia segreta e puniti per aver<br />
abbandonato il Paese. È per questo che<br />
cerchiamo di rendere il più anonimo<br />
possibile il loro passaggio in Turchia»,<br />
spiega Emre Manav, coordinatore del<br />
foreign office turco. Ed è per questo che<br />
molti dei rifugiati non vogliono farsi<br />
fotografare in volto. Hanno paura di<br />
essere riconosciuti in patria. Negli ospedali<br />
del campo di Yayladagi da giorni<br />
sono ricoverati giovani feriti negli scontri<br />
da arma da fuoco con l’esercito. In<br />
alcune interviste girate da un attivista<br />
siriano all’interno del campo di Yayladagi<br />
e pubblicate in internet, si ascoltano<br />
dei feriti distesi sulle brandine raccontare<br />
delle violenze di Assad. Alcuni ex soldati<br />
spiegano di essere divenuti disertori<br />
dopo aver ricevuto l’ordine di sparare<br />
sulla gente. Altri uomini mostrano le<br />
loro ferite e raccontano di essere stati<br />
selvaggiamente picchiati durante le<br />
manifestazioni nelle loro città. Nessuno<br />
ha ancora fatto richiesta di asilo politico.<br />
Tutti sperano di tornare presto in<br />
Siria, per poter badare ai campi e alle<br />
proprie cose. E in molti hanno già deciso<br />
di farlo, bisogna solo inoltrare una<br />
richiesta formale. Nel giro di un mese,<br />
giorno dopo giorno, intere famiglie<br />
sono tornate a casa. Alla fine dello scorso<br />
mese di giugno i profughi nei campi<br />
erano 11mila, un mese dopo, a luglio, il<br />
loro numero è sceso a 8.500. Il 21 giugno<br />
Bashar al-Assad ha concesso una<br />
sorta di amnistia per chi si è pubblicamente<br />
opposto al regime e poi, attraverso<br />
la propaganda messa in circolo<br />
dalle tv di Stato, ha promesso un paternalistico<br />
perdono a chi ha abbandonato<br />
il Paese.<br />
Ma la situazione resta del tutto fluida,<br />
anche perché non ci sono solo i profughi<br />
accolti nei campi turchi. Migliaia<br />
di uomini e donne che vivono a »<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
25
26<br />
MARE NOSTRUM<br />
DENTRO E FUORI<br />
ridosso del confine in campi di emergenza,<br />
nascosti nella boscaglia, pronti a<br />
scappare oltre il filo spinato che divide<br />
i due Paesi. Secondo le stime della Mezza<br />
Luna Rossa, sono circa 10mila i contadini<br />
sfollati fra le colline. Sono divisi<br />
in piccoli gruppi, di 50, 60, 200 persone.<br />
I primi insediamenti si sono formati<br />
ad aprile scorso. Mille di loro vivono<br />
direttamente a ridosso dei <strong>sett</strong>e chilometri<br />
di frontiera che si snodano tra il<br />
paese di Güveççi e la base militare di<br />
Topraktutan, più a Sud, pronti a saltare<br />
il filo spinato. Ogni giorno, all’ora di<br />
pranzo, gli operatori della Mezza Luna<br />
Rossa passano, attraverso <strong>sett</strong>e punti di<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
smistamento, a fornire acqua potabile e<br />
cibi già preparati ai siriani che, dall’altra<br />
parte, attendono l’evolversi degli<br />
eventi. «Il numero degli sfollati cambia<br />
di volta in volta. In molti tornano in<br />
dietro, nei loro paesi abbandonati, per<br />
nutrire il bestiame. Altri, esasperati, da<br />
un’ora all’altra decidono di entrare in<br />
Turchia», racconta Fabio Torretta, 29<br />
anni, emergency manager del team<br />
internazionale della Croce Rossa, arrivato<br />
per monitorare la situazione.<br />
I siriani che scavalcano il confine si<br />
ritrovano sulla strada ghiaiata che lambisce<br />
il filo spinato, e lì sono subito raccolti<br />
dai minibus turchi e poi accompa-<br />
A fianco:<br />
Bambini giocano tra le<br />
fabbriche dismesse che<br />
ospitano il campo<br />
profughi di Yayladagi.<br />
S<strong>ott</strong>o:<br />
Profughi siriani ospitati a<br />
Reyhanli, il campo<br />
profughi al confine tra la<br />
Siria e la Turchia.<br />
Al confine tra Siria e Turchia<br />
gnati nei campi profughi. «In molti<br />
degli accampamenti qualcuno ha issato<br />
una bandiera turca, in segno di gratitudine<br />
verso il governo di Erdogan che sta<br />
prestando loro assistenza. Ma i più tesi<br />
sono proprio i militari turchi. Ormai la<br />
situazione è da guerra di nervi», spiega<br />
ancora Fabio.<br />
Dopo l’assalto al villaggio siriano di<br />
Khirbet al Joz, a ridosso del confine, gli<br />
autocarri siriani si sono spinti a un passo<br />
dalla Turchia e hanno messo in fuga<br />
più di 1.000 profughi che si erano<br />
accampati sulla linea di frontiera. Dinnanzi<br />
all’avanzata delle truppe di<br />
Damasco, anche Ankara ha mobilitato il<br />
proprio esercito. Plotoni di militari sono<br />
scesi in strada a piantonare gli incroci e<br />
a scrutare l’orizzonte e le mosse del<br />
vicino. Davanti al paesino <strong>ott</strong>omano di<br />
Güveççi è visibile a occhio nudo un piccolo<br />
accampamento oltreconfine, dove<br />
la casa di un agricoltore è diventata un<br />
punto di ritrovo di siriani fuggiaschi.<br />
Parliamo con un giovane fuoriuscito,<br />
Nazir.<br />
«È stato come uno tsunami. Siamo<br />
scappati di corsa – racconta - ma la<br />
mia famiglia è rifugiata nel campo di<br />
Yayladagi. Mio fratello, di 23 anni, è<br />
scomparso un venerdì, dopo aver partecipato<br />
a una manifestazione anti<br />
Assad. Non ne ho più notizie da troppe<br />
<strong>sett</strong>imane».
ITALIA MISSIONARIA<br />
La carica dei<br />
diecimila<br />
Èun esercito di quasi 10mila inviati. Quelli che non si arrendono,<br />
resistono alla secolarizzazione che avanza e alla crisi<br />
vocazionale. Affrontano un’inversione di ruoli tra Chiese sorelle<br />
che fa saltare antichi schemi e rinomina le priorità. Sono laici,<br />
fidei donum, religiosi, suore, ma anche membri di congregazioni<br />
missionarie, vescovi e nunzi apostolici. Tutti italiani e tutti in <strong>missione</strong>.<br />
Nelle lontane terre d’Asia, America Latina, Africa, Oceania<br />
e nella vicina Europa.<br />
A cavallo di uno tsunami economico e culturale che sempre più<br />
ridisegna le categorie di ricchezza e povertà, i nostri missionari<br />
oggi attraversano un periodo difficile.<br />
Si interrogano sui limiti geografici e sulle nuove dimensioni teologiche<br />
dell’andare ad gentes. Scoprono frontiere prima inesplorate,<br />
vivono con meno protagonismi rispetto al passato, l’età<br />
media si è alzata a 63 anni. Ma confermano un impegno che<br />
richiede decisamente più coraggio, perché va oltre il tempo e la<br />
storia.<br />
D O S S I E R<br />
di Ilaria De Bonis<br />
i.debonis@missioitalia.it<br />
COME CAMBIA E CHE<br />
OBIETTIVI HA LA MISSIONE<br />
ITALIANA DEL XXI SECOLO?<br />
TRASFORMAZIONI EPOCALI,<br />
NUOVE PRIORITÀ, VECCHIE<br />
FRONTIERE: LA SFIDA<br />
DELL’EVANGELIZZAZIONE<br />
NEL MONDO GLOBALIZZATO.<br />
«Oggi i giovani ci ammirano, ci stimano ma non ci imitano –<br />
ammette Alberto Pelucchi, vicario generale dei padri Comboniani<br />
- La solitudine, l’incomprensione, il l<strong>ott</strong>are possono anche far<br />
paura. Il mondo è più frantumato, l’immagine da esploratori e da<br />
eroi non tiene più e accettare di ritornare nelle retrovie non è<br />
facile».<br />
Ma chi è il missionario del terzo millennio? E chi è stato in passato?<br />
Personaggio epico ed eroico, iconograficamente riconoscibile<br />
dalla lunga barba bianca, esploratore di mondi esotici, fino ai<br />
primi anni del ‘900 andava a battezzare, a convertire, a salvare<br />
anime.<br />
Curava gli ammalati, assisteva gli orfani, i poveri e di fatto affrontava<br />
pericoli con l’urgenza di ‘salvare’ chi il Dio cristiano non lo<br />
aveva mai neppure sentito nominare. Poche erano a quel tempo<br />
le sfumature, pochissimi i dubbi nell’annunciare verità ‘assolute’.<br />
«I nostri anziani, e lo dico con grande rispetto e stima, partivano<br />
per terre lontane con l’idea di andare per gli altri. Io parto »<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
27
28<br />
ITALIA MISSIONARIA<br />
NELLA FOTO: Padre Filippo Ivardi, comboniano, missionario in Ciad.<br />
invece per vivere con gli altri, perché <strong>missione</strong> è sempre reciprocità<br />
– dice Filippo Ivardi, 38 anni, appena ordinato tra i comboniani<br />
in Ciad - Per scoprire insieme il Dio che era già presente<br />
molto prima che arrivassimo noi... Oggi <strong>missione</strong> è incontro,<br />
senza voler convertire o avere l’ansia di battezzare. La mia spiritualità<br />
è il Vangelo, ma per altri è il Corano».<br />
Eppure, anziché attrarre vocazioni la <strong>missione</strong> continua a perder<br />
pezzi. Perché?<br />
NUMERI E CRISI VOCAZIONALE<br />
Inutile nasconderselo: il numero totale dei missionari italiani già<br />
da qualche tempo è in calo. Se nei primi anni ‘90, ancora sulle<br />
orme del Concilio Vaticano II, aveva raggiunto il record delle<br />
20mila presenze (un trend in ascesa che durava dal 1934), alla<br />
fine del 2008 il numero era sceso a poco più di 10mila. Stando<br />
ai dati degli archivi storici nel 1934 l’Italia aveva 4.013 missionari<br />
nei territori di <strong>missione</strong>, 7.713 nel 1943, 10.523 nel 1954,<br />
16.000 negli anni ’80, più di 20mila nel 1991.<br />
Cosa è accaduto dunque dopo?<br />
Alla decrescita non troppo felice hanno contribuito diversi fattori:<br />
certamente il fisiologico calo demografico in Italia; una cri-<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
si vocazionale dettata da un’incalzante secolarizzazione e dalla<br />
delusione dei più giovani verso le istituzioni. Ma anche una certa<br />
prudenza dei vescovi – ci fa notare più di un missionario –<br />
che tendono a rimandare le partenze temendo vocazioni giovanili<br />
non sempre solidissime.<br />
«È la paura che tutto si perda – confida don Alberto Brignoli,<br />
dell’Ufficio Nazionale per la Cooperazione Missionaria tra le<br />
Chiese della Cei e fidei donum in America Latina – Risponde ai<br />
criteri di una pastorale di conservazione», comprensibile in un<br />
mondo in trasformazione totale. E in crisi d’identità.<br />
«La ricchezza del Vangelo è anche quella di poter distribuire e<br />
condividere questa parola – sostiene don Alberto - È l’aprirsi al<br />
dialogo con l’altro. Queste cose le ha capite bene il Concilio nel<br />
1962 ma noi nel 2011 stiamo rallentando parecchio… Di conseguenza<br />
nasce la paura d’andare e ci si rinchiude nelle sagrestie».<br />
Inoltre, come scrive, il giornalista Raniero La Valle: «Il<br />
Concilio parla di un solo popolo di Dio. Non ci sono i pagani da<br />
una parte e i cristiani dall’altra». Perché non c’è mai stata un’interruzione<br />
del rapporto di Dio con l’uomo: ecco allora che la<br />
<strong>missione</strong> si trasforma in un incontro alla pari per condividere la<br />
scoperta del Vangelo.
Se e dove questa dimensione si offusca, i più giovani scelgono<br />
volentieri altre strade. Tanto più che chi vuole prevalentemente<br />
vivere con i ‘poveri’ e realizzare progetti di sviluppo in contesti<br />
diocesani, oggi, da laico, ha diverse alternative.<br />
I dati dicono che il numero dei missionari laici è in costante<br />
aumento (erano 788 in totale nel 2008), mentre si ass<strong>ott</strong>iglia di<br />
anno in anno quello dei religiosi e delle religiose in <strong>missione</strong>.<br />
«La visione immediata che se ne ha è quella di un vaso che si<br />
svuota da una parte e si riempie dell’altra », dice ancora don<br />
Alberto Brignoli.<br />
AD VITAM, RELIGIOSI,<br />
FIDEI DONUM E LAICI<br />
Secondo i numeri forniti dalla Cimi (Conferenza degli istituti<br />
missionari) alla fine del 2008 erano circa 2.100 i membri italiani<br />
degli 11 istituti maschili e femminili che ne fanno parte (Pontificio<br />
Istituto Missioni Estere, Società Missioni Africane, Comboniani,<br />
Padri Bianchi, Verbiti, Saveriani, Missionari della Consolata,<br />
Nostra Signora degli Apostoli, Francescane Missionarie<br />
di Maria, Mariste e Suore dell’Immacolata).<br />
Molto diversa è anche l’età dei laici in <strong>missione</strong> rispetto a quella<br />
dei religiosi: da una recente ricerca emerge che il 58,6% dei<br />
laici è s<strong>ott</strong>o i 40 anni e meno di uno su quattro ha superato la<br />
soglia dei 50 anni. Il 55,7% è composto da donne e il 60% è<br />
coniugato.<br />
Entrando nel dettaglio del nostro universo missionario, a parti-<br />
CIMI- CONFERENZA DEGLI<br />
ISTITUTI MISSIONARI ITALIANI<br />
La Conferenza degli Istituti missionari in Italia è<br />
composta dagli Istituti di origine italiana - Pime,<br />
Missionarie dell'Immacolata, Missionari e Missionarie<br />
Comboniane, Missionari e Missionarie della Consolata,<br />
Missionari Saveriani, Missionarie di Maria (Saveriane)<br />
- e da alcuni istituti di origine non italiana, ma presenti<br />
e operanti in Italia come: Missionari d'Africa (Padri<br />
Bianchi), Società Missioni Africane (Sma), Missionarie<br />
di Nostra Signora degli Apostoli, Missionari Verbiti,<br />
Missionarie Mariste, Francescane Missionarie di Maria.<br />
Negli anni, la Cimi ha promosso numerose campagne<br />
di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, tra cui “Mai<br />
senza l’altro” del 2008 e “Non possiamo tacere” del<br />
giugno 2010 in favore dell’accoglienza ai rom e ai<br />
migranti, “Aiutateci a riconoscerci come patrimonio<br />
delle vostre diocesi” del 2009 e molte altre.<br />
D O S S I E R<br />
re dalle quattro categorie che lo rappresentano appieno, si<br />
intravede però anche la grande potenzialità che vibra ancora<br />
oggi sulla missio ad gentes.<br />
Forse la più epica delle figure rimane quella degli istituti missionari<br />
ad vitam. Uomini e donne che vivono ai margini, tra guerre<br />
dimenticate e degradate periferie urbane; nei pressi di enormi<br />
discariche a cielo aperto o nei villaggi sperduti dell’Africa<br />
Sub-sahariana, attenti alle necessità primarie e spirituali dei<br />
poveri. Ma anche qui i numeri calano: ad esempio, i Comboniani<br />
italiani nel 1983 erano oltre 1.200, oggi sono circa 800. E<br />
l’età media è oltre i 60 anni.<br />
Mentre quelli del Pime sono oggi 495 di cui 392 italiani. Ma nel<br />
1983 erano 653 in totale.<br />
Segue la categoria degli istituti religiosi aventi missioni: dai<br />
Francescani, ai Salesiani, ai Gesuiti che pur non possedendo un<br />
carisma esclusivamente missionario hanno interpretato la <strong>missione</strong><br />
come dimensione evangelica primaria. Sulle orme del loro<br />
fondatore, i figli di don Bosco, ad esempio, in tutta l’America<br />
Latina svolgono oggi un lavoro intenso di promozione umana<br />
ed istruzione; lavorano con i ragazzi di strada, costruiscono università<br />
e scuole professionali. Per loro l’educazione è la chiave<br />
dello sviluppo.<br />
Altrettanto affascinante è la figura del fidei donum, ideata nel<br />
1957 da Pio XII che gli dedica un’intera enciclica. È il sacerdote<br />
ordinato in una diocesi locale italiana che accetta di partire<br />
in <strong>missione</strong>, su volere del vescovo, per un certo periodo di »<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
29
30<br />
ITALIA MISSIONARIA<br />
NELLA FOTO: Suore e laiche insieme in aiuto dei bambini kenioti.<br />
tempo. Quando il Papa scrive, pensando in modo particolare<br />
all’Africa, in realtà le prime partenze erano già state orientate<br />
verso il continente latino-americano: si andava anche per<br />
accompagnare i migranti in particolare nelle grandi città dell’Argentina,<br />
del Brasile e Venezuela.<br />
«Numericamente oggi si registra un calo rispetto al passato –<br />
spiega don Alberto Brignoli - se fino a 25 anni fa potevamo<br />
contare su un numero di circa 800 fidei donum italiani, l’80%<br />
dei quali in America Latina, oggi sono circa 500 di cui il 65% in<br />
America Latina».<br />
Valorizzare il sacerdote che rientra è fondamentale, anche perché<br />
le parrocchie italiane non somigliano più a quelle degli anni<br />
‘80: «Ritornare è spesso dura: non ci si riconosce più nella veste<br />
attuale della propria Chiesa d’origine. Gli oratori sono più vuoti,<br />
i giovani non riempiono più le chiese». Ma la grande ricchezza<br />
del missionario diocesano resta: è quella d’aver conosciuto a<br />
fondo realtà ecclesiali differenti che possono arricchire la nostra<br />
fede o animare quella delle comunità dei migranti in Italia.<br />
Infine, abbiamo, come accennato, la figura del missionario laico,<br />
incaricato di portare avanti progetti di sviluppo e di aiutare<br />
nell’opera di evangelizzazione della diocesi locale. Secondo gli<br />
ultimi dati i missionari laici raggiungono oggi quota 790: il<br />
45,7% parte da solo; tra gli sposati il 38,6% del campione decide<br />
di partire in <strong>missione</strong> con il coniuge, mentre il 15,7% ha con<br />
sé anche dei figli.<br />
Guardando alla nazione di destinazione degli intervistati, si<br />
nota che è diretto in Africa il 55,7% dei laici, mentre nel continente<br />
latino-americano va il 38,6% del campione. Il Brasile<br />
rimane comunque la nazione preferita, accogliendo il 27,1% dei<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
laici. Seguono, come Paesi di destinazione, Camerun ed Etiopia.<br />
Il 37,1% di questi missionari ha meno di 30 anni, mentre il<br />
28,6% ha un’età compresa tra 31 e 35 anni. Tra le attività svolte,<br />
prevale l’aiuto e il sostegno ai religiosi che coinvolge i due<br />
terzi dei partenti; il lavoro per progetti di pastorale parrocchiale<br />
ordinaria riguarda il 9% dei laici.<br />
MODERNITÀ DELLE CONGREGAZIONI<br />
«Qualunque cosa si faccia, la domanda è sempre: quando tu te<br />
ne vai altri riusciranno a portare avanti questo progetto o senza<br />
i tuoi soldi crolla tutto? Siamo lì per contribuire a fondare la<br />
Chiesa locale e far in modo che un domani questa possa prendere<br />
in mano la gestione».<br />
A parlare è padre Daniele Mazza, 34 anni, Pime in Thailandia.<br />
Daniele pone l’accento sulla ‘cooperazione’ e la reciprocità: «<br />
Io la vocazione l’ho sentita già a 14-15 anni – racconta - C’era<br />
inizialmente il desiderio vago di aiutare gli altri».<br />
Poi è subentrata un’altra consapevolezza: «Oggi per me <strong>missione</strong><br />
è un cammino di Chiese: è un gruppo di persone che si<br />
mettono assieme e intraprendono un percorso».<br />
Simile la visione dei Padri Comboniani: « In Africa la prima cosa<br />
da fare è ascoltare, conoscere e togliersi i sandali. Oggi la<br />
nostra sfida è quella della formazione delle coscienze dei giovani<br />
leader comunitari, perché siano loro i protagonisti del<br />
cambiamento che sogniamo», dice Ivardi. L’aiuto allora è tutt’altro<br />
che assistenzialismo.<br />
Dal diario di un comboniano in Kenya: «È stata una Pasqua<br />
speciale, quella di quest’anno a Korogocho. Nell’anfiteatro<br />
davanti alla grande discarica di Nairobi c’erano più di duemila
COS’È LA FESMI<br />
Sono 42 le riviste missionarie della Fesmi, la<br />
Federazione stampa missionaria italiana, l’organismo<br />
di studio e collaborazione tra le testate che da anni anima<br />
campagne di sensibilizzazione sui problemi dei Paesi del<br />
Sud del mondo e per la promozione del bene comune.<br />
Dopo la mobilitazione per “Notizie, non gossip”, la campagna<br />
sull’equità delle tariffe postali e la più recente sull’<br />
“Acqua bene comune”, la Fesmi è impegnata a stimolare la<br />
collaborazione delle Riviste missionarie italiane, per dare<br />
risonanza alla voce dei missionari nella società, scegliendo<br />
di volta in volta modalità e strumenti per denunciare le<br />
violazioni dei diritti fondamentali dell'uomo. Da un lato, la<br />
Federazione punta all'unità ideale di finalità e di lavoro dei<br />
membri e dall'altro si caratterizza per la differenziazione e<br />
autonomia di impostazione e di gestione degli stessi. Il<br />
nuovo coordinatore della Fesmi è padre Gigi Anataloni,<br />
direttore della rivista “Missioni della Consolata”.<br />
persone. Tutta la n<strong>ott</strong>e tra danze, preghiere e battesimi. Credo<br />
siamo sulla strada giusta».<br />
È evidente che le trasformazioni sociali e i nuovi strumenti di<br />
comunicazione spingono oggi ad arricchire i contenuti: il missionario<br />
è sempre più attento alla dimensione geopolitica del<br />
mondo e agli squilibri globali: l’annuncio del Vangelo arriva<br />
anche tramite i nuovi media, internet e i social network: «In<br />
questi anni, non poche persone mi hanno chiesto perché un<br />
missionario debba fare il giornalista – scrive padre Giulio Albanese<br />
in ‘Il mondo capovolto’ – Perché la <strong>missione</strong> è innanzitutto<br />
e soprattutto comunicazione di una ‘buona notizia’! Sono<br />
convinto che i missionari facciano veramente notizia. Non solo<br />
quando sono perseguitati».<br />
Andare in <strong>missione</strong> è stare dentro i movimenti della società<br />
civile: «Oggi la questione della finanza mondiale e dell’ambiente<br />
sono centrali – spiega ancora Ivardi - Se non lo capiamo<br />
noi come Chiesa e come cristiani siamo fuori dal tempo e<br />
non attraiamo più nessuno. Vedo in Italia una Chiesa stanca.<br />
Che non rischia, si ripiega su se stessa e finisce per non essere<br />
più credibile».<br />
NUOVE FRONTIERE E CHIESE<br />
LOCALI PROTAGONISTE<br />
D’altra parte, fa notare ancora don Alberto Brignoli, «grazie<br />
all’incremento delle vocazioni locali, questa è sempre meno<br />
una Chiesa bianca», composta cioè di suore e padri occidentali,<br />
ma piuttosto una Chiesa missionaria locale dal volto africano,<br />
asiatico, indiano. Un tempo a ricevere l’annuncio «era una<br />
comunità molto incerta, appena nata, ma adesso ha le sue<br />
D O S S I E R<br />
strutture, i suoi preti, i suoi vescovi, le sue priorità…», concorda<br />
padre Alberto Pelucchi.<br />
«Oggi io parto perché ne ho bisogno come uomo e cristiano –<br />
confessa Ivardi - Per lasciarmi trasformare dalla gente che incontro,<br />
dai volti che Dio mi mette sul cammino. In altre parole per<br />
essere finalmente me stesso, cioè dare il meglio di me».<br />
Dunque, ruoli che si invertono e Chiese che cooperano. Tant’è<br />
che anche l’Europa diventa ‘territorio di <strong>missione</strong>’: si va (o si<br />
rimane) per assistere migranti, profughi, perseguitati da guerre<br />
interne e da disordini geopolitici. Perfino l’Italia, dove i disagi<br />
patiti dall’immigrato si sovrappongono a quelli del nuovo povero,<br />
è diventata obiettivo di <strong>missione</strong>.<br />
Ne è un esempio il lavoro di padre Alex Zanotelli, comboniano,<br />
che di ritorno dalle miserie della discarica di Korogoko, in Kenya,<br />
si è dedicato ai poveri dei quartieri popolari di Napoli e si batte<br />
per diritti come quello all’acqua bene comune.<br />
In ogni caso la <strong>missione</strong> è e rimane principalmente legata ad<br />
un’umanità decentrata, senza chance di far sentire la propria<br />
voce, ma sempre più artefice della propria liberazione.<br />
È possibile certo essere missionari in Europa, ma si deve ancora<br />
e sempre avere a cuore di partire «verso quelle urgenze che oggi<br />
si chiamano Africa, baraccopoli, indios, slum, periferie urbane,<br />
degrado, necessità di giustizia. C’è bisogno dappertutto di gridare<br />
il Vangelo con la propria vita».<br />
Perché l’uomo contemporaneo crede più ai testimoni che ai<br />
maestri, più all’esperienza che alla d<strong>ott</strong>rina. E, come scrive Paolo<br />
VI nell’Evangelii Nuntiandi: l’uomo cerca Dio «attraverso vie<br />
inaspettate», sentendone «dolorosamente il bisogno», tanto da<br />
esser divenuto soggetto non più oggetto di <strong>missione</strong>.<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
31
32<br />
ITALIA MISSIONARIA<br />
INTERVISTA A DON GIANNI CESENA<br />
LA MISSIONE? TANTE VOCI<br />
PER PARLARE DI DIO<br />
Nel mondo contemporaneo non si può<br />
continuare a vivere la <strong>missione</strong> secondo<br />
vecchi schemi. Il pregiudizio nei confronti<br />
di mondi distanti rappresenta un ostacolo<br />
per l’evangelizzazione. Ed ecco che la sfida<br />
di oggi si gioca all’insegna dell’ascolto,<br />
del dialogo e dell’inculturazione.<br />
T estimoniare<br />
di Miela Fagiolo D’Attilia<br />
m.fagiolo@missioitalia.it<br />
Dio non è solo l’eccellenza<br />
di vite di ordinaria santità ma<br />
il compito di ogni battezzato che, in<br />
occasione della Giornata Missionaria<br />
Mondiale, è chiamato a ricordare esempi<br />
di umanità, amore e servizio che<br />
restano vivi nel tempo. Sono proprio i<br />
“Testimoni di Dio” evocati dallo slogan<br />
di quest’anno ad aprire grandi interrogativi<br />
sulla evangelizzazione ad gentes nell’epoca<br />
della globalizzazione. Per sfogliare<br />
il grande libro della <strong>missione</strong>,<br />
abbiamo chiesto a don Gianni Cesena,<br />
direttore della Fondazione Missio, di aiutarci<br />
a leggere i nuovi capitoli che l’evangelizzazione<br />
sta scrivendo in tutti gli<br />
angoli della terra, grazie ad un concerto<br />
di voci che, tra sussurri e grida, hanno<br />
molto da raccontare. Spiega infatti Don<br />
Cesena: «Da un certo punto di vista la<br />
<strong>missione</strong> in Italia è tutt’altro che afona:<br />
ovunque ci si giri si vedono iniziative,<br />
convegni, concerti, viaggi, raccolte fondi.<br />
Questo anche nell’ambito tradizionale<br />
dei missionari italiani e non solo tra gli<br />
organismi di volontariato, con o senza<br />
ispirazione religiosa. Un’osservazione<br />
meno superficiale fa però vedere come<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
tra organismi missionari<br />
si faccia fatica a<br />
raggiungere una lettura<br />
univoca della realtà. Le<br />
novità sono tali e tante<br />
che i missionari più<br />
sperimentati e generosi<br />
non sempre le accolgono:<br />
educati alla stabilità della loro scelta<br />
vocazionale non sempre vedono, per<br />
esempio, l’invio di laici per due o tre anni<br />
come fatto autenticamente missionario.<br />
Anche il rispetto per le scelte delle Chiese<br />
locali in cui operano è difficile. Le<br />
strade sulle quali oggi il Signore ci fa<br />
camminare non sono migliori o peggiori<br />
delle precedenti: sono diverse, insolite<br />
e, quindi, meritevoli di essere meglio<br />
studiate e comprese».<br />
Sullo sfondo dei nuovi orizzonti missionari,<br />
come si concilia la tradizione<br />
col bisogno di aderire ai cambiamenti<br />
della società?<br />
«Tra i fenomeni emergenti c’è quello dell’incremento<br />
di laici e laiche missionari,<br />
legati non solo a progetti di sviluppo, ma<br />
inviati dalle diocesi e non raramente dai<br />
movimenti e direttamente impegnati in<br />
percorsi di evangelizzazione. Le Chiese<br />
in Italia sono sempre state molto gene-<br />
Don Gianni Cesena, direttore della Fondazione Missio<br />
(organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana-CEI)<br />
rose. Hanno inviato nel tempo migliaia di<br />
missionari – uomini e donne, sacerdoti,<br />
religiosi e religiose, laici – in vari Paesi<br />
del mondo. Dobbiamo custodire la<br />
memoria di queste partenze e incoraggiare<br />
nuove relazioni con le giovani<br />
Chiese che oggi sono autenticamente<br />
sorelle e compagne di strada sulla via<br />
dell’evangelizzazione e dell’annuncio».<br />
In che modo la diversità di identità<br />
delle istituzioni che animano la <strong>missione</strong><br />
in Italia diventa sinergia di servizio<br />
all’evangelizzazione?<br />
«Dal 2005 la Conferenza Episcopale Italiana<br />
ha istituto la Fondazione Missio<br />
come organismo pastorale incaricato di<br />
promuovere, specialmente nelle diocesi<br />
e nelle parrocchie, la dimensione ad<br />
gentes. Missio è quindi l’organismo che<br />
rappresenta a nome dei vescovi italiani
LA MISSIONE IN CIFRE<br />
l’impegno missionario delle loro comunità.<br />
Missio, raccogliendo la funzione<br />
degli organismi in essa rappresentati –<br />
la Direzione nazionale delle Pontificie<br />
Opere Missionarie, l’Ufficio nazionale<br />
per la Cooperazione Missionaria tra le<br />
Chiese della Cei, il Cum di Verona per la<br />
formazione – cura i tre aspetti fondamentali<br />
di una pastorale missionaria ad<br />
gentes: l’animazione missionaria delle<br />
parrocchie, degli adulti e delle famiglie,<br />
dei giovani e dei ragazzi; la cooperazione<br />
con le Chiese sorelle attraverso lo<br />
scambio di persone e di beni materiali e<br />
spirituali; la formazione di tutti coloro<br />
che partono verso altri Paesi e altre culture,<br />
e riflettono su un eventuale impegno<br />
missionario ad gentes».<br />
Come è cambiato il rapporto tra le<br />
Chiese di invio dei missionari con le<br />
cosiddette “giovani Chiese”? Anche il<br />
modo di fare <strong>missione</strong> è oggi molto<br />
D O S S I E R<br />
FONDO DI SOLIDARIETÀ E CONTRIBUTI<br />
L’<br />
Italia ogni anno devolve al mondo<br />
missionario – in base a<br />
quanto raccolgono le diocesi italiane<br />
tramite Missio - una considerevole<br />
cifra, in parte rappresentata nel Fondo<br />
Universale di Solidarietà (Fus) delle<br />
Pontificie Opere Missionarie.<br />
Il Fus attinge dalle comunità cristiane<br />
di tutti i continenti e garantisce aiuti<br />
regolari a più di mille circoscrizioni<br />
ecclesiastiche.<br />
Il contributo italiano al Fondo nel<br />
2010 è stato pari a 12 milioni e<br />
900mila euro, leggermente in calo<br />
rispetto all’anno precedente quando<br />
aveva superato i 13 milioni di euro e<br />
al 2006 quando era a quota 15 milioni<br />
di euro.<br />
«Tutti gli aiuti italiani che convergono<br />
verso le Pontificie Opere Missionarie<br />
non arrivano da canali istituzionali e<br />
governativi - precisa Tommaso Galizia,<br />
vicedirettore della Fondazione<br />
Missio - ma sono libere offerte dei<br />
fedeli e delle parrocchie».<br />
Ai contributi per le missioni, come si<br />
accennava, vanno poi aggiunti quelli<br />
raccolti in autonomia dagli istituti<br />
missionari e dalle singole diocesi per<br />
i loro fidei donum; e quelli che la<br />
Conferenza Episcopale Italiana, tramite<br />
il Comitato per gli Interventi Caritativi,<br />
attinge dall’8 per mille. Questi<br />
ultimi sono fondi destinati esclusivamente<br />
a progetti di ‘promozione<br />
sociale’ nei Paesi in via di sviluppo.<br />
L’Italia rimane comunque ai primi<br />
posti nella classifica mondiale quanto<br />
a generosità dei fedeli: con 19 milioni<br />
e 600mila dollari era terza nel<br />
NELLA FOTO: Celebrazione eucaristica a Wansokou, villaggio nel nord del Benin.<br />
2009, dopo Usa (che aveva devoluto<br />
al Fus ben 56 milioni e 900mila dollari)<br />
e Spagna (28 milioni e 500mila<br />
dollari). Veniva invece prima di Germania<br />
(circa 12 milioni), Francia (7<br />
milioni e 400mila dollari) e Inghilterra-Galles<br />
(4 milioni e 900mila dollari).<br />
Infine il trend senz’altro da registrare<br />
è quello che vede i Paesi tradizionalmente<br />
donatori diminuire con gli anni<br />
il proprio contributo, mentre alcuni di<br />
quelli che non rientrano certamente<br />
nella categoria dei ‘ricchi’, incrementare<br />
considerevolmente l’impegno al<br />
Fondo di Solidarietà. Tra questi spiccano<br />
Burkina Faso, Romania ed Etiopia<br />
che, con notevole sforzo, nel<br />
2009 avevano più che triplicato il<br />
proprio sostegno economico.<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
33
34<br />
ITALIA MISSIONARIA<br />
NELLA FOTO: La piccola chiesa di Bafoussan, cittadina del Camerun.<br />
diverso rispetto a quello di qualche<br />
decennio fa…<br />
«Il Concilio Vaticano II (anticipato fin dal<br />
1957 dall’enciclica Fidei Donum) pone<br />
le Chiese locali al centro dell’attività missionaria.<br />
Questo vale non solo per le<br />
nostre Chiese europee, ma anche per<br />
quelle degli altri continenti. Da qui l’enfasi<br />
sull’animazione missionaria con il<br />
servizio meritorio delle Pontificie Opere<br />
Missionarie, il ruolo degli Uffici e dei<br />
Centri missionari diocesani che a nome<br />
del vescovo esercitano un vero e proprio<br />
ministero della <strong>missione</strong> a favore<br />
della propria Chiesa e di tutte le Chiese,<br />
la responsabilità ultima del vescovo nell’inviare<br />
e nell’accogliere il personale<br />
apostolico, il confronto e l’interdipendenza<br />
dei programmi pastorali all’interno<br />
della stessa comunità e tra comunità<br />
di diversi continenti, l’edificazione di un<br />
volto di Chiesa capace di collaborare in<br />
spirito di condivisione e non con progetti<br />
fatti a tavolino».<br />
Nella ridefinizione della geopolitica<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
del nuovo millennio, nella rete dei<br />
flussi migratori dal Sud al Nord del<br />
mondo, in mezzo a rivoluzioni economiche<br />
e politiche che influenzano intere<br />
aree del pianeta, quali sono le sfide<br />
più urgenti per i missionari?<br />
«L’interdipendenza mondiale – la cosiddetta<br />
globalizzazione – e le migrazioni<br />
hanno intrecciato in maniera sempre più<br />
stretta legami tra <strong>popoli</strong>, culture e religioni<br />
nella vita quotidiana delle persone.<br />
Ciò che una volta era un incontro piuttosto<br />
esotico e non intaccava certezze né<br />
stili di vita di un popolo, oggi è consueto.<br />
Una vera educazione non solo per i<br />
bambini, ma anche per gli adulti, non<br />
solo per la gente del popolo, ma per le<br />
stesse nostre classi dirigenti, non può<br />
prescindere oggi dalla considerazione<br />
della mondialità».<br />
E le nuove generazioni? Come guardano<br />
alla <strong>missione</strong> e alla testimonianza<br />
dei missionari?<br />
«Il tema dei giovani ci sorprende se pen-<br />
siamo ai numeri: le vecchie popolazioni<br />
occidentali non sono paragonabili alle<br />
giovani popolazioni dei Paesi emergenti.<br />
In Africa, come in Asia, come in America<br />
Latina è possibile ascoltare o incontrare<br />
giovani che vogliono porre le mani<br />
ben salde sul timone del loro futuro,<br />
senza dare spazio a compromessi o<br />
imbrogli: la recente “primavera del Nordafrica”<br />
ne è stata solo una prova generale.<br />
Per i nostri pochi giovani d’altra parte,<br />
pensare a una vocazione definitiva è una<br />
sfida umanamente inarrivabile, mentre<br />
oscillano tra il sentirsi cittadini del mondo<br />
e il cercare garanzie per mantenere i<br />
privilegi del mondo ricco a cui appartengono».<br />
Cambia lo stile della <strong>missione</strong>. Quali<br />
sono le nuove parole dell’annuncio?<br />
«Certo, non è questo il mondo per cui la<br />
missio ad gentes è stata progettata 100,<br />
50 o anche solo dieci anni fa. Di fronte<br />
a tanti elementi di cambiamento non
possiamo continuare con i vecchi schemi<br />
di etnia, cultura o geografia per definire<br />
la <strong>missione</strong>. Anche l’insistenza sulla<br />
“nuova evangelizzazione” in Europa –<br />
ben descritta da Giovanni Paolo II nella<br />
Redemptoris Missio – può creare equivoci<br />
se non si riflette sulla <strong>missione</strong> della<br />
Chiesa come fu fin dalle origini, ossia<br />
semplicemente l’offerta del Vangelo alla<br />
libertà dell’uomo in ogni angolo del<br />
mondo».<br />
Come deve calibrare la Chiesa il suo<br />
impegno istituzionale di fronte a questi<br />
scenari in trasformazione?<br />
«La maturazione di una diffusa mentalità<br />
missionaria ha bisogno di una cultura<br />
corrispondente che può nascere solo da<br />
percorsi di comunione, evitando di mortificare<br />
la profezia ma anche di produrre<br />
nuovi moralismi e coniugando carisma<br />
NELLA FOTO: In <strong>missione</strong> a sostegno delle famiglie in Papua Nuova Guinea.<br />
e istituzione. Per fare questo occorre<br />
correggere le visioni distorte della <strong>missione</strong><br />
(proselitismo, assistenzialismo,<br />
efficientismo, neocolonialismo, unilateralità)<br />
e tornare con lo sguardo a Gesù e<br />
al suo modo di evangelizzare. Un cammino<br />
di questo tipo non può essere fatto<br />
da soli e va sollecitato a tutti i soggetti<br />
della <strong>missione</strong>, a partire dalla Chiesa<br />
locale. È quanto promuoviamo anche a<br />
livello nazionale nell’ambito di Missio».<br />
Quale indicazione ci viene dalla Giornata<br />
Missionaria Mondiale che ha<br />
come slogan “Testimoni di Dio”?<br />
«Ci troviamo di fronte a una fase critica<br />
per la Chiesa e il mondo missionario:<br />
negli ultimi tempi siamo stati amareggiati<br />
da alcune vere e proprie “controtestimonianze”.<br />
Resta però una verità di<br />
fondo: i missionari sono i testimoni di<br />
D O S S I E R<br />
Dio, con le loro opere, le parole, la vita,<br />
la vocazione, la dedizione. Nessuno tuttavia<br />
è veramente “testimone di Dio” se<br />
non s<strong>ott</strong>olinea la provenienza della sua<br />
scelta proprio e solo da Dio, il Dio della<br />
misericordia e dell’amore che vuole la<br />
salvezza di ogni uomo. I missionari non<br />
devono presentare il proprio volto a<br />
coloro a cui vanno ad annunciare il Vangelo,<br />
ma il volto di Cristo e l’abbraccio<br />
del Padre. Se non l’hanno sperimentato<br />
per primi essi stessi, tante loro azioni<br />
saranno forse meritevoli per la storia ma<br />
poco efficaci per quanto riguarda il cammino<br />
del Vangelo. Infine ricordiamo che<br />
essere testimoni di Dio è il compito di<br />
ogni battezzato. Che si parta o no per<br />
terre lontane, ciò che risuona presso il<br />
cuore di Dio non sono le grandi opere,<br />
ma l’umile testimonianza di ogni battezzato».<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
35
36<br />
ITALIA MISSIONARIA<br />
IN OLTRE 40 ANNI DI<br />
ATTIVITÀ AL CUM -<br />
CENTRO UNITARIO<br />
MISSIONARIO DI<br />
VERONA, COME SPIEGA<br />
IL DIRETTORE DON<br />
MAURIZIO CUCCOLO -<br />
SONO PASSATI OLTRE<br />
SEIMILA RELIGIOSI,<br />
SUORE E LAICI PER<br />
FREQUENTARE I CORSI<br />
DI PREPARAZIONE<br />
PRIMA DELLA<br />
PARTENZA PER LA<br />
MISSIONE. PER<br />
MOLTISSIMI<br />
MISSIONARI, SONO<br />
MOMENTI DI GRAZIA<br />
STRAORDINARIA. LA<br />
PRESENZA, AD OGNI<br />
CORSO, DI RELIGIOSI E<br />
RELIGIOSE DI ALTRI<br />
CONTINENTI, INVIATI<br />
DAI LORO ISTITUTI IN<br />
AMERICA LATINA,<br />
IN AFRICA, IN ASIA,<br />
O PRESENTI NELLA<br />
CHIESA ITALIANA,<br />
CONTRIBUISCE<br />
AD APRIRE<br />
ALL’UNIVERSALITÀ<br />
DEL VANGELO E A<br />
SPERIMENTARE IL<br />
CRESCERE DELLA<br />
FRATERNITÀ TRA<br />
CHIESE SORELLE.<br />
Don Maurizio Cuccolo,<br />
direttore del Centro Unitario<br />
Missionario - CUM.<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
L’ABC<br />
dell’evangelizzazione<br />
di Miela Fagiolo D’Attilia<br />
m.fagiolo@missioitalia.it<br />
Il documento della Cei “Comunione e comunità missionaria” s<strong>ott</strong>olineava già nel<br />
1986 che “la <strong>missione</strong> non è opera di navigatori solitari”. E nemmeno improvvisati,<br />
viene da aggiungere, guardando all’importante lavoro di formazione svolto dalla Fondazione<br />
Cum- Centro unitario missionario di Verona che, s<strong>ott</strong>o l’egida della Fondazione<br />
Missio, prepara i partenti “ad gentes”. Don Maurizio Cuccolo, dal 2007 direttore<br />
del Cum, ci parla della formazione alla <strong>missione</strong>, con l’intensità di chi ha vissuto la <strong>missione</strong><br />
in prima persona, come fidei donum in Zambia dal 1989 al 2000. Classe 1954,<br />
don Maurizio, racconta ai nostri lettori la storia di questa istituzione che da 40 anni è<br />
così importante per il servizio dei missionari: «Inaugurato nel 1964 come sede del<br />
seminario per l’America latina, già in quell’anno viene organizzato dal Ceial (Comitato<br />
episcopale italiano per l’America Latina) il primo corso per sacerdoti diocesani in<br />
partenza per alcune diocesi latino americane. Due anni dopo la partecipazione è aperta<br />
anche alle religiose ai laici e ancora oggi i corsi si ripetono regolarmente».<br />
A distanza di un pugno di anni iniziano i corsi per i partenti verso l’Africa e l’Asia, con
il coordinamento dei quattro Istituti missionari italiani. Per<br />
questo filone viene scelta la sigla Ceias (Centro Ecclesiale<br />
Italiano per l’Africa e l’Asia), diretto dall’Ufficio Nazionale<br />
Missionario. È nel 1988 che la Cei delibera la costituzione<br />
del Centro Unitario per la cooperazione tra le Chiese nel<br />
quale convergono il Ceial per l’America latina, il Ceiaf per<br />
l’Africa e il Ceias per l’Asia. Nel complesso, spiega, don Cuccolo:<br />
«Il Cum non è la somma delle realtà precedenti ma un<br />
organismo di convergenza, nel rispetto delle particolarità<br />
della <strong>missione</strong> in ciascun continente. Infatti nel dicembre<br />
1997 la Cei costituisce la Fondazione Cum con un proprio<br />
statuto che dal 2005 coordina la sua attività di formazione<br />
con l’impegno più ampio della Fondazione di religione Missio.<br />
Finalità di questo organismo pastorale della Chiesa italiana<br />
è il sostegno alla dimensione missionaria della comunità<br />
ecclesiale, con particolare attenzione alla missio ad<br />
gentes attraverso il coordinamento unitario delle seguenti<br />
realtà che già operano a livello nazionale nell’ambito della<br />
<strong>missione</strong>: l’Ufficio nazionale per la cooperazione missionaria<br />
tra le Chiese, la Direzione nazionale delle Pontificie opere<br />
NELLA FOTO: Religiosi, suore e laici prendono parte ad uno dei corsi del CUM.<br />
D O S S I E R<br />
missionarie, e appunto il Cum».<br />
Dal 1970 ad oggi i missionari - religiosi, suore e laici - passati<br />
al Cum sono più di seimila. Ai corsi di formazione partecipano<br />
i missionari “rientrati”, un modo intelligente per<br />
trasmettere l’esperienza della <strong>missione</strong> a chi si appresta a<br />
partire (circa 80). Per molti aspetti il Cum è punto di osservazione<br />
privilegiato per comprendere esigenze e nuovi stili<br />
di <strong>missione</strong>, come s<strong>ott</strong>olinea il direttore don Cuccolo: «L’età<br />
media dei corsisti è salita oggi intorno ai 45 anni (rispetto ai<br />
32 di 20 anni fa), mentre è aumentato il numero di corsisti<br />
stranieri appartenenti a congregazioni italiane che partono<br />
per una nuova <strong>missione</strong> in un nuovo continente e la partecipazione<br />
dei laici. Va fatta chiarezza sul fatto che nei corsi<br />
del Cum mancano gli Istituti missionari e i grandi ordini e<br />
congregazioni aventi <strong>missione</strong>. Certamente sono molte le<br />
spiegazioni che si possono dare, non ultime la carenza di<br />
vocazioni missionarie ad vitam e la realtà di comunità internazionali<br />
che esigono la formazione del missionario sul<br />
posto. Tuttavia, il carattere ecclesiale del corso di formazione<br />
richiede, per sua natura, l’apporto della competen- »<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
37
38<br />
ITALIA MISSIONARIA<br />
SUAM: ANIMAZIONE E FORMAZIONE<br />
Il Segretariato Unitario di Animazione Missionaria - Suam è stato<br />
costituito a Frascati nell’ <strong>ott</strong>obre 1971 per desiderio dei missionari<br />
del Pime, dei Comboniani e delle Comboniane, dei Saveriani e delle<br />
Saveriane, dei missionari/e della Consolata per rispondere ad un bisogno<br />
di unità e di comunione tra le forze missionarie presenti e operanti<br />
nella Chiesa italiana. Il Suam è un organismo di comunione e collaborazione<br />
tra istituti e altre realtà missionarie presenti in Italia per l’animazione<br />
della <strong>missione</strong> ad gentes a livello regionale e nazionale. Ha<br />
come suoi referenti ufficiali la CIMI per gli Istituti missionari e i responsabili<br />
delle altre realtà missionarie (associazioni anche laicali che<br />
fanno parte del Segretariato) e opera per promuovere iniziative e<br />
momenti di animazione formativi per gli operatori di animazione missionaria<br />
ad gentes presenti sul territorio nazionale.<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
D O S S I E R<br />
za e dell’esperienza di chi da secoli è impegnato<br />
con la <strong>missione</strong> ad gentes».<br />
Tante tipologie diverse di partenti si ritrovano a<br />
passare nella aule del Cum. Come superare le<br />
diversità di bisogni formativi, culturali e spirituali,<br />
nella condivisione dell’unico anche se<br />
multiforme impegno missionario?<br />
Don Cuccolo risponde con l’esperienza di tanti<br />
anni di lavoro: «La comunione, sorgente e fine<br />
della <strong>missione</strong>, presuppone una circolazione di<br />
doni maturati nelle singole realtà missionarie in<br />
ordine all’invio. Le piccole congregazioni impegnate<br />
da pochi decenni con la <strong>missione</strong> ad<br />
gentes possono, infatti, arricchirsi dell’esperienza<br />
degli istituti missionari, per esempio in<br />
ordine alla inculturazione del Vangelo, alle<br />
comunità internazionali, alla collaborazione<br />
con le Chiese locali, alla spiritualità missionaria».<br />
Oggi i criteri della formazione dei partenti sono<br />
cambiati a misura dei nuovi orizzonti della <strong>missione</strong><br />
del terzo millennio. Infatti, l’impianto dei<br />
corsi si basa sempre più su alcuni principi fondamentali,<br />
come spiega don Maurizio: « Il missionario<br />
deve verificare i motivi del suo andare,<br />
ma deve anche conoscere la storia, la cultura,<br />
la situazione sociale e politica, i progetti del<br />
Paese dove intende andare. Il Cum propone<br />
un’azione educativa capace di formare alla<br />
pazienza dei tempi lunghi, che permettono di<br />
formare all’umiltà di chi è consapevole di essere<br />
ospite, collaboratore provvisorio, straniero.<br />
Esperti di varie discipline e i documenti delle<br />
Chiese che si trovano nel Centro di documentazione<br />
“Oscar Romero” offrono strumenti utili<br />
per entrare nella cultura del popolo a cui si va».<br />
L’annuncio non è più prerogativa dei cristiani di<br />
alcuni Paesi, e non consiste più nell’affidare un<br />
territorio particolare ad un Istituto missionario<br />
o ad una congregazione religiosa perché vi faccia<br />
sorgere delle comunità cristiane. Oggi, in<br />
quasi tutti i Paesi del mondo, anche se esigua,<br />
esiste una comunità cristiana, un vescovo,<br />
alcuni preti e, almeno, un piccolo gruppo di cristiani,<br />
impegnati a trasmettere la Buona Notizia.<br />
Nella maggioranza dei casi, i missionari non<br />
vanno a fondare delle comunità cristiane, piuttosto<br />
vanno a mettersi al servizio di comunità<br />
cristiane esistenti, così come i preti e le suore<br />
di altri Paesi vengono in Italia per mettersi al<br />
servizio delle nostre comunità».
MAÎTRE À PENSER Droga e criminalità<br />
La maledizione<br />
di ANGELO PAOLUZI<br />
angelopaoluzi@tiscali.it<br />
Sino a quando il prefisso ‘narco’<br />
descriverà, nell’immaginario<br />
collettivo, l’attuale situazione<br />
del Messico? ‘Narcoterrorismo’, ‘narcotraffico’,<br />
‘narcobusiness’, ‘narcostato’,<br />
‘narcoelezioni’: è il lessico corrente<br />
per un Paese (il secondo per<br />
popolazione dell’America Latina)<br />
impegnato da cinque anni nella ‘narcoguerra’<br />
dichiarata dal presidente<br />
Felipe Calderòn e che sino a ora ha<br />
dato pochi risultati. Dei quali il più<br />
negativo consiste in una cifra: da<br />
40mila a 65mila morti ammazzati<br />
(fra loro un migliaio di bambini). Il<br />
governo afferma che è una strage<br />
interna fra i clan della criminalità<br />
organizzata; l’opinione pubblica non<br />
dei Narco<br />
ne è affatto convinta, perché soltanto<br />
in cinque casi su 100 si è appurato,<br />
attraverso indagini e sentenze, chi<br />
fossero le vittime degli omicidi. E<br />
intanto la ‘nota roja’, come un macabro<br />
bollettino di guerra, continua a<br />
registrare ogni giorno il rosario dei<br />
caduti.<br />
La gente è stanca. L’economia risente<br />
delle condizioni di tensione. Chi può<br />
fugge: secondo calcoli approssimativi<br />
sono espatriate centinaia di migliaia di<br />
persone, per lo più clandestinamente<br />
verso gli Stati Uniti, che hanno eretto<br />
una barriera di 3mila chilometri lungo<br />
Nella foto:<br />
Il sequestro di un<br />
consistente quantitativo<br />
di droga da parte<br />
dell’esercito messicano.<br />
il confine (i 161 del malfamato muro<br />
di Berlino diventano uno scherzo) per<br />
impedire gli ingressi. Anche questi<br />
passaggi rendono agli organizzatori –<br />
cioè alla delinquenza comune – <strong>sett</strong>e<br />
miliardi di dollari l’anno, causando<br />
6mila morti, fra i quali donne e bambini.<br />
La Chiesa messicana ha denunciato,<br />
a questo proposito, il rapimento<br />
o il sequestro di 20mila migranti per<br />
ognuno degli ultimi anni.<br />
La società civile chiede conto delle<br />
carenze del potere e cerca di reagire. A<br />
maggio e giugno scorsi, con l’appoggio<br />
della Chiesa (la Conferenza »<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
39
40<br />
MAÎTRE À PENSER Droga e criminalità<br />
episcopale ha diffuso sulla situazione<br />
un severo documento), si sono organizzate<br />
due carovane della pace.<br />
La prima, lungo un percorso di 85 chilometri<br />
sino a Città del Messico, è stata<br />
accompagnata dal vescovo di Santillo,<br />
monsignor José Raùl Vera Lopez; la<br />
seconda, dal 4 all’11 giugno con una<br />
grande partecipazione popolare, ha<br />
attraversato tutto il Paese, da Cuernavaca<br />
a Ciudad Juarez. Qui – in una città<br />
definita per la terza volta in tre anni<br />
come ‘la più pericolosa del mondo’ – è<br />
stato firmato, presente l’arcivescovo di<br />
Cuernavaca, monsignor Alfonso Cortés<br />
Contreras, il ‘patto nazionale per la<br />
pace’.<br />
All’insegna dello slogan ‘Mai più un<br />
morto’, e mentre in 12 altre città si<br />
svolgevano analoghe manifestazioni,<br />
Nella foto:<br />
Un ufficiale statunitense sorveglia la barriera<br />
lunga 3 mila chilometri che segna il confine<br />
tra gli Stati Uniti e il Messico.<br />
Il muro è stato eretto dagli USA per impedire<br />
gli espatri clandestini dei messicani.<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
gli iniziatori della marcia sono stati<br />
ricevuti dal presidente Calderòn, cui<br />
hanno rimproverato la soluzione di forza<br />
che ha prod<strong>ott</strong>o tante vittime senza<br />
dare risultati. A capo della delegazione<br />
c’era lo scrittore e poeta cattolico Javier<br />
Sicilia, il cui figlio era stato ucciso pochi<br />
mesi prima con altri ragazzi – tutti<br />
assolutamente estranei al mondo della<br />
droga – da un commando di criminali.<br />
Non si tratta, è stato detto, di fare una<br />
guerra ma di predisporre le condizioni<br />
per far funzionare la giustizia, eliminare<br />
la corruzione diffusa a tutti i livelli,<br />
impedire il lavaggio del denaro sporco,<br />
preparare un migliore futuro per i giovani.<br />
Le risposte del potere non sono<br />
sembrate soddisfacenti: a <strong>sett</strong>embre si è<br />
svolto un incontro per impostare una<br />
strategia comune. Sta di fatto che gli<br />
affari del narcotraffico coinvolgono<br />
mezzo milione di persone per un giro di<br />
interessi tra i 15 e i 25 miliardi di dollari.<br />
Nessuno, in Messico, si sente oggi al<br />
sicuro. Lo scontro militare dei cartelli<br />
distrugge con conseguenze devastanti<br />
il tessuto civile, la corruzione ha guadagnato<br />
le stesse forze dell’ordine e l’esercito<br />
che dovrebbero combattere la criminalità.<br />
Sono un migliaio i vescovi e<br />
preti minacciati; amministratori e dirigenti<br />
politici vengono abbattuti per le<br />
strade; funzionari di polizia si dimettono<br />
nel timore di essere uccisi; dal 1987<br />
sono 107 i giornalisti assassinati. Ma<br />
ognuno ha le sue colpe. Dagli Stati Uniti<br />
che, principali destinatari del flusso di<br />
droga, erigono la barriera anti-immigrati,<br />
viene però l’85% delle armi (la cui<br />
lobby negli Usa è molto potente) agli<br />
agguerritissimi squadroni della morte,<br />
per un valore di nove miliardi di dollari.<br />
Gli alunni delle scuole medie sono stati<br />
coinvolti in un test che li invitava a illustrare<br />
graficamente la situazione del<br />
loro Paese: il 95% ha risposto con disegni<br />
che descrivevano la violenza. In un<br />
appello rivolto, dopo la morte del figlio,<br />
dallo scrittore Jorge Sicilia ai suoi concittadini<br />
si implorava: «È tempo di restituire<br />
la dignità alla nostra nazione». Ci<br />
si riuscirà con le marce della pace e della<br />
giustizia?
UNA SORGENTE PER DIO<br />
di Chiara Pellicci<br />
c.pellicci@missioitalia.it<br />
Soprattutto in questo periodo, dopo l’afa estiva, il paesaggio delle dolci colline<br />
intorno al Lago di Tiberiade sembra assolutamente brullo. Certo, non mancano<br />
le intensive coltivazioni israeliane a palmeti e altri alberi da frutto, ma guardando il<br />
paesaggio nel suo insieme, oltre le distese agricole, prevale il marrone bruciato dal<br />
sole. Di luogo desertico parla anche il Vangelo, che ambienta proprio qui l’episodio<br />
della moltiplicazione dei pani e dei pesci (vedi Mt 14, 13-15).<br />
Ma un pellegrino attento, che non si accontenta di fermarsi all’apparenza, in quest’area<br />
può scorgere la sorpresa di un particolare: una sorgente dall’acqua che sgorga<br />
rigogliosa a pochi passi dalla riva del lago, in un luogo oggi chiamato Tabga.<br />
Nell’arsura del paesaggio, ecco un angolo che dona vita e trasforma il deserto in<br />
un’area verde e rigogliosa. Sembra un’anomalia della natura, eppure già all’epoca di<br />
Gesù qui c’era questa sorgente. Il Vangelo della moltiplicazione dei pani e dei pesci,<br />
infatti, oltre a descrivere un luogo desertico, parla anche di “erba verde”: si precisa,<br />
infatti, che la folla fu fatta sedere a gruppetti su un manto erboso (vedi Mc 6, 39).<br />
Particolare strano in un ambiente arido, a meno che non ci sia una sorgente che<br />
garantisca abbondanza d’acqua.<br />
Oggi come allora il paesaggio è rimasto quello: un angolo di vegetazione rigogliosa<br />
in un luogo desertico, grazie alla presenza di una fonte. Il parallelo storico è confermato<br />
da numerosi studi archeologici: al tempo di Gesù, il luogo in cui oggi sgorga la<br />
sorgente custodita nel giardino delle Suore francescane missionarie del Cuore immacolato<br />
di Maria, era chiamato Ma-Gadan, cioè “acque di fortuna” e gli studiosi hanno<br />
appurato che le sorgenti che rendevano verde il luogo arido erano ben <strong>sett</strong>e, tanto<br />
che in alcuni documenti storici l’area viene definita in greco “Heptapegon”, cioè delle<br />
<strong>sett</strong>e sorgenti.<br />
Ma l’autenticità del luogo non è garantita solo dalla presenza di sorgenti e dalla corrispondenza<br />
tra oggi e duemila anni fa. È assicurata soprattutto da quanto è accaduto<br />
in due millenni di storia e da quanto è giunto fino a noi. Si deve ad una pellegrina<br />
di nome Egeria la certezza dell’ubicazione dei luoghi sacri: nel 383 d. C. visitò i luoghi<br />
di Gesù e annotò in un diario con dovizia di dettagli e particolari tutto ciò che<br />
vedeva. I suoi scritti sono stati ritrovati nei secoli successivi e hanno garantito l’autenticità<br />
e la veridicità della sacralità dei luoghi: si è infatti riscontrata una corrispondenza<br />
tra i siti che dopo secoli venivano considerati “sacri”, e pertanto venerati, e<br />
quelli che alla sua epoca, nei primi secoli dopo Cristo, erano già diventati meta di pellegrini.<br />
Proprio a Tabga Egeria descrive una roccia sulla quale Gesù aveva posato i<br />
pani, poi moltiplicati: già all’epoca era diventata l’altare di una piccola chiesa. I resti<br />
di questo luogo sacro, costruito intorno al 350 d. C., sono visibili anche oggi all’interno<br />
della chiesa attuale.<br />
Indipendentemente dalla storia, dagli edifici costruiti, poi distrutti e riedificati, la fonte<br />
di Tabga per duemila anni non ha mai smesso di garantire la sacralità di quel luogo.<br />
Anch’essa, con la semplicità dell’acqua, è stata ed è tuttora una sorgente testimone<br />
di Dio.<br />
Shalom Salam<br />
In alto:<br />
A pochi metri dalle sponde del Lago di<br />
Tiberiade sgorga la sorgente che un tempo era<br />
chiamata Ma-Gadan, cioè “acqua di fortuna”.<br />
Oggi è custodita nel giardino delle Suore<br />
francescane missionarie del Cuore immacolato<br />
di Maria a Tabga.<br />
Sopra:<br />
La fontana di Tabga in ricordo delle <strong>sett</strong>e<br />
sorgenti che rendevano verde il luogo desertico<br />
dove Gesù moltiplicò i pani e i pesci.<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
41
42<br />
L’altra<br />
edicola<br />
CINA E BRICS,<br />
UN ALTRO ASSETTO<br />
Nella foto:<br />
Panoramica del quartiere degli<br />
affari a Pechino, Cina.<br />
LA NOTIZIA<br />
NUOVI POTERI ECONOMICI<br />
RIDISEGNANO IL MONDO:<br />
REPUBBLICA POPOLARE CINESE,<br />
BRASILE, RUSSIA, INDIA,<br />
SUDAFRICA SALGONO ALLA<br />
RIBALTA. UN BIG FIVE CHE SI<br />
PRESENTA ANCORA INFORMALE,<br />
DESTINATO PERÒ A<br />
CONDIZIONARE LA FINANZA,<br />
L’ECONOMIA E LA POLITICA<br />
INTERNAZIONALE.<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
di FRANCESCA LANCINI<br />
francescalancini@gmail.com<br />
L’<br />
economia che cresce più velocemente al mondo.<br />
Uno dei maggiori esportatori che sa attrarre investimenti<br />
stranieri da record. La crisi finanziaria<br />
globale l’ha colpita in modo pesante solo inizialmente, ma<br />
poi è stata fra le prime economie a riprendersi. Lo scorso<br />
febbraio è diventata ufficialmente la seconda potenza<br />
economica mondiale, superando il Giappone, che aveva<br />
mantenuto questa posizione per 40 anni. Rimane il Paese<br />
che produce e consuma più carbone, e che spende miliardi<br />
di dollari per <strong>ott</strong>enere rifornimenti energetici stranieri.<br />
Il suo mercato mediatico è il più grande del pianeta, come<br />
pure la sua popolazione di internauti: 420 milioni, nono-
stante controlli e censure. Così la BBC tratteggia il profilo<br />
della Cina, cercando di sintetizzare il suo potere economico<br />
in continua espansione. Ma è lo stesso network britannico<br />
a evidenziare le contraddizioni: «La disparità economica<br />
fra la Cina urbana e i suoi hinterland rurali è tra le<br />
più alte al mondo. Negli ultimi decenni molti poveri abitanti<br />
delle campagne si sono riversati nelle città orientali,<br />
che hanno giovato di un boom edilizio. Un malcontento<br />
sociale si manifesta in proteste di contadini e operai. La<br />
corruzione, che affligge ogni livello della società, è un problema<br />
urgente da risolvere».<br />
La Repubblica Popolare, in bilico fra Nord e Sud del mondo,<br />
è anche il membro più importante dei Brics, l’acronimo<br />
coniato nel 2001 da Jim O’ Neill, guru di Goldman Sachs, e<br />
che poi si è trasformato in un gruppo effettivo di cinque<br />
nazioni che stringono accordi fra loro: Brasile, Russia,<br />
India, Cina e da qualche mese anche il Sudafrica. Si tratta<br />
di alcune fra le più importanti potenze emergenti, che rappresentano<br />
un quarto del territorio globale e oltre il 40%<br />
della sua popolazione.<br />
CINA, LUCI E OMBRE<br />
Ma quanto cresce la Cina? Sono in molti a domandarselo,<br />
soprattutto all’interno dei più autorevoli giornali economici,<br />
ora che Pechino deve fare i conti con un Indice dei<br />
Prezzi al Consumo, il maggior indicatore dell’inflazione,<br />
del 6,4% (a giugno scorso). I prezzi degli alimenti (in particolare<br />
del maiale, componente base della dieta) e di altri<br />
beni continuano ad aumentare, ma l’agenzia di stampa<br />
statale Xinhua cerca di tranquillizzare riportando che la<br />
banca centrale ha finora aumentato i tassi di interesse per<br />
tre volte nella prima metà del 2011. Lo sviluppo cinese non<br />
è una strada senza ostacoli, ma un collasso sarebbe improbabile.<br />
Lo dice l’inviato dell’Economist, che si firma R.A.,<br />
dopo due <strong>sett</strong>imane di viaggio: «I fondamenti dell’economia<br />
cinese sono più resistenti di quanto gli americani credano».<br />
A preoccupare sono appunto l’inflazione e i problemi<br />
strutturali: l’imprenditoria privata che sta crescendo, ma<br />
non sempre coincide con gli obiettivi del partito unico al<br />
potere. Secondo il reporter non ci sarebbe inoltre un piano<br />
di difesa per un’eventuale futura recessione che avviene<br />
in ogni ciclo economico, ma gran parte dei cinesi resteranno<br />
convinti che quella tracciata dal governo sia una via<br />
verso la prosperità. R.A. spiega così il boom edilizio: «I<br />
lavoratori stanno comprando nuove abitazioni o veicoli,<br />
ricorrendo però ai risparmi, non all’indebitamento. Sarebbe<br />
sbagliato sostenere che il mercato degli immobili opera<br />
allo stesso modo di quello americano e presenta le stesse<br />
vulnerabilità».<br />
Per il giornalista, il <strong>sett</strong>ore manifatturiero continua a essere<br />
importantissimo, malgrado la de-industrializzazione in<br />
atto sulle coste. Esso, tuttavia, non riesce ad assorbire tutta<br />
l’immensa forza lavoro disponibile, vero carburante della<br />
locomotiva cinese, che dunque viene impiegata in servizi<br />
di ogni tipo.<br />
BBC news, invece, preferisce evidenziare i lati oscuri di<br />
questa crescita grazie a un’analisi di Damian Tobin, studioso<br />
della School of Oriental and African Studies : «L’emergere<br />
di una classe media, associata ad alti livelli di risparmi<br />
individuali e bassi livelli di debito, offre una prova<br />
seducente del nuovo benessere cinese. Tuttavia, dietro<br />
questi titoli, è evidente che se la crescita economica ha<br />
creato vasta ricchezza per alcuni, ha anche amplificato le<br />
disparità fra ricchi e poveri».<br />
La distribuzione della ricchezza è diseguale soprattutto fra<br />
campagne e città: «Il gap – continua Tobin – è cresciuto<br />
continuamente dal 1978». E poi insiste: «Persino dopo »<br />
Nella foto:<br />
Lavoratrici presso un’industria<br />
calzaturiera nella provincia di Jiangxi.<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
43
44<br />
L’altra edicola<br />
tre decadi di rapida crescita, la Cina resta un’economia<br />
principalmente rurale. Nonostante l’urbanizzazione incessante,<br />
il 50,3% della popolazione vive in campagna».<br />
Un dato più roseo e sorprendente è però fornito dal Financial<br />
Times, secondo cui una forte crescita rurale non compare<br />
nelle statistiche ufficiali, ma risulta da una sua indagine:<br />
dai 250 ai 300 milioni di cinesi si sono trasformati da<br />
consumatori di beni e servizi di prima necessità a compratori<br />
di beni e servizi non essenziali.<br />
BRICS<br />
L’ingresso del Sudafrica conferma la leadership cinese che<br />
è riuscita a favorire il suo partner economico africano per<br />
Nella foto:<br />
Raccolta del tè<br />
nella provincia di Guizhou.<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
motivi politici e strategici. Dalla prospettiva Brics si valuta<br />
come si stanno muovendo i nuovi equilibri internazionali,<br />
con la Cina come demiurgo. Secondo Il Sole 24 Ore, i Brics<br />
mirano ai vertici (alcuni appena rinnovati) delle istituzioni<br />
finanziarie. Avrebbero, infatti, appoggiato la nomina della<br />
francese Christine Lagarde come direttrice del Fondo<br />
Monetario dopo aver <strong>ott</strong>enuto contropartite, come la scelta<br />
del cinese Zhu Min a vicedirettore. La corsa per la Fao,<br />
inoltre, è stata vinta dal brasiliano José Graziano, padre del<br />
programma Fame zero.<br />
«I Brics sono più di un acronimo», dice a Limes Andrea Goldstein,<br />
economista dell’Ocse, organizzazione per la cooperazione<br />
e lo sviluppo economico di cui fanno parte i Paesi<br />
a livello alto e medio-alto di Pil. «Sono la metafora di una<br />
nuova geografia economica, del sopravvento della sfera<br />
economico-finanziaria sulla politica, e dei costi e delle<br />
opportunità che apre la globalizzazione». L’Italia, però,<br />
sarebbe in ritardo nel riconoscere il ruolo dei Brics: «L’Italia<br />
si è accostata ai Brics con molto ritardo rispetto ad altri<br />
Paesi occidentali, e paga la scarsa presenza - anche a livello<br />
di personale diplomatico – e la scarsa capacità di fare<br />
sistema-Paese».<br />
Il cambiamento in corso è epocale. Quando ci fu il primo<br />
summit dei Brics nel 2009, Martin Hutchinson scrisse su<br />
Asia Times un articolo che s<strong>ott</strong>olineava i «pericoli della<br />
multipolarità»: «Una delle cose che ci ha protetti finora da<br />
un ripetersi della Grande Depressione è stata l’unipolarità<br />
dell’economia globale, dominata dagli Stati Uniti. Dal<br />
1945 gli Usa nel complesso hanno giocato un ruolo benigno,<br />
promuovendo il libero mercato e i liberi movimenti di<br />
capitali, perché non si sentivano molto minacciati da altri<br />
grandi poteri economici».<br />
Col nuovo millennio, però, è cominciato un declino per<br />
l’economia statunitense, mascherato fino al 2007 da una<br />
crescita esplosiva dei servizi finanziari e dei beni immobiliari.<br />
E’ allora che i Bric (il Sudafrica non c’era ancora) si<br />
sono riuniti per la prima volta al fine di coordinare le loro<br />
risposte rispetto alle mosse di politica economica degli<br />
Usa, concentrandosi soprattutto sulle politiche monetarie<br />
e le difficoltà del dollaro. «Un mondo multipolare – conclude<br />
Hutchinson – sarà più protezionista e più nazionalista».<br />
E poi aggiunge: «Si potrà stabilire un sistema monetario<br />
globale che fornisca una vera scorta di valuta, senza l’inflazione<br />
incessante che ha tormentato il regno del dollaro».<br />
Infine, un’ultima nota precauzionale: «Per definizione<br />
la multipolarità è più esposta ai conflitti; ci sono molte<br />
cose su cui scontrarsi e manca una forza egemone che<br />
mantenga la pace. Il 1914 non è accaduto per caso».
NEWS<br />
I l<br />
Centro indonesiano di musica<br />
liturgica, PusatMusikLiturgi, compie<br />
40 anni e inaugura una serie di iniziative.<br />
Fra di esse, la pubblicazione<br />
del libro intitolato The wheel of liturgical<br />
music, una guida per i praticanti<br />
di questo genere di musica. Il logo<br />
NOT IN THE NEWS<br />
a cura delle Agenzie Fides, Misna, AsiaNews<br />
PAKISTAN<br />
Punjab: scuola d’inglese<br />
per i ragazzi di strada<br />
«N on abbiamo più scuse: se soltanto l’1% di noi si occupasse di un ragazzo<br />
di strada, in 10 anni avremmo 1,8 milioni di persone istruite in più.<br />
E 10 anni volano: pensate se il 2% di noi si mobilitasse…».<br />
A parlare è padre John Maxwell, sacerdote cattolico e fondatore della Saint<br />
John Education System, una scuola d’inglese per ragazzi di strada nel distretto<br />
di Layyah, provincia del Punjab. Bambini che chiedono l’elemosina, puliscono<br />
le strade, o vendono giornali ai semafori: il sacerdote ha creato la scuola per<br />
offrire loro un’alternativa possibile, partendo proprio dall’istruzione.<br />
Nel marzo di quest’anno, la Pakistan Education Task Force ha pubblicato un<br />
rapporto sull’emergenza educativa in Pakistan, dove si evidenzia un tasso di<br />
scolarizzazione bassissimo per via di politiche governative inefficaci. Ma più<br />
dell’85% dei ragazzi intervistati desidera «un miglior grado di istruzione», e<br />
oltre il 90% ritiene che l’istruzione serva a «formare esseri umani migliori». Per<br />
rispondere alle necessità la Saint John Education System vuole espandersi in<br />
tutto il Pakistan ed educare i bambini che non hanno possibilità ma vogliono<br />
studiare. (Asianews)<br />
INDONESIA<br />
Musica sacra<br />
inculturata<br />
scelto per pubblicizzare l’evento è una<br />
nave. «Abbiamo deciso di scegliere<br />
una nave come simbolo per celebrare<br />
il 40esimo anniversario. Una nave che<br />
sta ancora navigando nel grande oceano<br />
per cercare di inculturare al suo<br />
meglio la musica liturgica», ha dichiarato<br />
il presidente del Pml, padre Karl<br />
Edmund Priersj, sacerdote di origine<br />
tedesca. Promuovere l’inculturazione<br />
della musica indonesiana nella liturgia<br />
è un servizio tra i più importanti compiuti<br />
finora dal Centro. In effetti sono<br />
Notizie nel cas<strong>sett</strong>o<br />
BURUNDI<br />
DIRITTI UMANI E PACE<br />
A BUJUMBURA<br />
Utilizzare i nuovi mezzi di comunicazione<br />
sociale come strumento di tras<strong>missione</strong><br />
dei diritti umani, educare ai diritti nelle lingue<br />
locali, difendere la dignità della persona, promuovere<br />
la pace, la riconciliazione, la giustizia e<br />
la solidarietà: sono i principali impegni assunti<br />
dai partecipanti al primo ‘Seminario sul diritto<br />
internazionale dei diritti umani alla luce della d<strong>ott</strong>rina<br />
sociale della Chiesa’, tenuto a Bujumbura,<br />
capitale del Burundi.<br />
Il seminario – spiegano gli organizzatori, in particolare<br />
il Forum internazionale dell’Azione cattolica<br />
– ha riunito esponenti delle Commissioni<br />
giustizia e pace, dell’Azione cattolica, vescovi,<br />
sacerdoti, religiosi e numerosi laici, allo scopo<br />
di creare un quadro di formazione sulla tematica<br />
dei diritti umani. La messa di conclusione dei<br />
lavori è stata celebrata da monsignor Franco<br />
Coppola, nunzio apostolico in Burundi, che ha<br />
attirato l’attenzione dei partecipanti sulla ‘credibilità’<br />
che si deve guadagnare<br />
chi, come cristiano,<br />
lavora nel campo<br />
dei diritti umani.<br />
All’incontro hanno partecipato<br />
rappresentanti<br />
del Burundi, del Rwanda,<br />
della Repubblica<br />
democratica del Congo<br />
e dell’Unione europea.<br />
(Misna)<br />
40 anni che le composizioni del Centro<br />
risuonano nelle chiese indonesiane.<br />
Proprio per ricordare questi 40 anni di<br />
attività una celebrazione particolare è<br />
stata officiata nel quartier generale<br />
del Pml a Yogyakarta.<br />
L’arcivescovo di Semarang Johannes<br />
Pujasumarta e il capo della Provincia<br />
indonesiana dei gesuiti, padre Riyo-<br />
Mursantosj hanno officiato la messa,<br />
mentre veniva eseguita una performance<br />
speciale di musica e danza<br />
sacra. (Asianews)<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
45
46<br />
NEWS<br />
NOT IN THE NEWS<br />
Nuovo Superiore generale della Consolata<br />
Èpadre Stefano Camerlengo il nuovo superiore generale dei missionari<br />
della Consolata, eletto dal XII Capitolo generale a Roma.<br />
Nella sua scheda di presentazione capitolare, padre Camerlengo<br />
parla del ruolo del missionario nel contesto di un mondo in mutazione<br />
come quello in cui viviamo: «Non è facile oggi, nel mondo attuale,<br />
guidare un Istituto internazionale, saper leggere i segni dei tempi<br />
a livello mondiale ed essere profetici per il futuro. Il missionario deve<br />
essere ponte tra le culture e, soprattutto tra la Chiesa e la società in<br />
cambiamento». Padre Camerlengo ribadisce anche lo stile che<br />
dovrebbe animare l’azione del missionario della Consolata di oggi,<br />
auspicandosi che tutte le scelte siano fatte in nome della <strong>missione</strong>,<br />
nel rispetto delle persone e senza mai dimenticarsi che gli ‘ultimi’<br />
sono sempre i primi destinatari dell’annuncio del Regno. Nato l’11<br />
giugno 1956 a Morrovalle (Mc), padre Camerlengo ha compiuto gli<br />
GIAPPONE<br />
Impegno per le vittime dello tsunami<br />
vescovi del Giappone hanno indirizzato una lettera a tutti i fedeli del Paese,<br />
I in relazione allo tsunami e al terremoto dell’11 marzo 2011. Il documento si<br />
intitola “Verso il recupero dopo la tragedia del terremoto nel Nord-est del<br />
Giappone” e ricorda che il sisma e lo tsunami hanno distrutto case, industrie,<br />
campi e porti; il problema della contaminazione radioattiva è<br />
grandissimo, e molte persone sono state obbligate a vivere<br />
in rifugi di fortuna.<br />
I presuli hanno discusso della situazione nella<br />
loro Assemblea e hanno deciso di «collaborare<br />
al recupero di tutte le zone devastate».<br />
Il documento afferma: «Fino a questo<br />
momento la Chiesa cattolica ha indirizzato<br />
gli aiuti attraverso la Caritas<br />
Japan. Ma senza dubbio, osservando<br />
la grandezza del disastro<br />
abbiamo deciso che l’aiuto che<br />
daremo al recupero sarà d’ora<br />
in avanti una forma concreta<br />
attraverso tutte le diocesi del<br />
Giappone. Per questo desideriamo<br />
che tutti i sacerdoti, religiosi<br />
e tutti i nostri fratelli e<br />
sorelle nella fede si uniscano in<br />
forma stabile a questo appello<br />
che facciamo», chiedendo «a<br />
tutti i nostri fratelli del Giappone<br />
e del resto del mondo preghiere e<br />
aiuto, e che camminino insieme a<br />
noi». (Asianews)<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
studi teologici a Torino e<br />
Roma, presso l’Università<br />
Gregoriana, ed è stato ordinato<br />
sacerdote il 19 marzo<br />
1984 a Wamba, nell’attuale<br />
Repubblica Democratica del<br />
Congo. In questo Paese,<br />
padre Camerlengo ha lavorato<br />
a più riprese, impegnandosi<br />
in attività pastorale, formativa<br />
e come Superiore regionale.<br />
Il 10 maggio 2005, durante l’XI Capitolo generale celebratosi a<br />
San Paolo (Brasile), era stato eletto vice superiore generale, incarico<br />
che ha svolto durante questi ultimi sei anni. (Misna)<br />
SRI LANKA<br />
LA CHIESA EDUCA<br />
A COMUNICARE<br />
E ASCOLTARE<br />
Nella comunicazione da parte dei cattolici<br />
ci deve essere una «differenza riconoscibile<br />
e ammirevole», che con saggezza<br />
e spiritualità renda l’uomo un comunicatore<br />
e un ascoltatore corretto. È una delle piste<br />
affrontate in occasione della Giornata mondiale<br />
delle comunicazioni sociali. Il tema era<br />
‘Verità, proclamazione e autenticità della vita<br />
nell’era digitale’. Seminaristi di San Aloysius,<br />
sacerdoti e suore cattolici e personalità dei<br />
media si sono incontrati presso la Jubilee<br />
Hall dell’arcidiocesi. Per padre CyrilGamini<br />
Fernando, ex direttore del Catholic<br />
Communication Centre della diocesi di<br />
Colombo, l’urgenza più importante è «sviluppare<br />
le menti, i cuori e le attitudini di chi<br />
ha a che fare con le nuove tecnologie», perché<br />
«esistono molti corsi per imparare come<br />
gestire e lavorare con i nuovi strumenti».<br />
Padre Sujeewa Athukorala ha aggiunto: «È<br />
essenziale insegnare questo ai più giovani,<br />
perché possano comprendere cosa è buono<br />
e cosa non lo è». Alla fine dell’incontro la<br />
Com<strong>missione</strong> arcidiocesana per le comunicazioni<br />
sociali ha lanciato un cd sulla<br />
Passione di Cristo, dal titolo «Sii positivo. La<br />
pace inizia con un sorriso». (Asianews)
VATICANO<br />
AIDS, al Sud<br />
del mondo<br />
servono<br />
antiretrovirali<br />
«L’<br />
accesso alle terapie antiretrovirali continua ad<br />
essere fuori della portata di molti dei Paesi più<br />
poveri e deboli. Nei Paesi di medio e basso salario, circa<br />
15 milioni di persone convivono con l’Hiv o con<br />
l’Aids ma soltanto poco più di 5 milioni hanno accesso<br />
ai farmaci salva vita di cui necessitano»: è sulle iniquità<br />
dell’accesso alle cure che ha voluto insistere la<br />
delegazione del Vaticano all’incontro convocato dall’Assemblea<br />
generale dell’Onu. Un appuntamento<br />
organizzato a 30 anni dalla scoperta del virus da immunodeficienza umana (Hiv)<br />
all’origine della malattia che colpisce circa 33 milioni di persone. La Chiesa cattolica<br />
è molto attiva nell’assistenza alle persone colpite dal virus, in particolare nel Sud<br />
del mondo. Monsignor Francis Assisi Chullikatt, Osservatore permanente della<br />
Santa Sede all’Onu, aveva definito l’Aids «una delle più grandi tragedie dei nostri<br />
tempi» e s<strong>ott</strong>olineato che le persone colpite sono «parte della famiglia umana».<br />
Monsignor Chullikatt ha ricordato che non solo la Chiesa si è impegnata nell’assistenza,<br />
ma anche nella ricerca di risposte all’emergenza che fossero basate su valori.<br />
Un impegno coronato da successi, soprattutto in Africa, grazie a programmi<br />
basati sull’esclusione di comportamenti a rischio e basate sulla dignità della persona.<br />
Capi di stato, gruppi della società civile, organizzazioni di l<strong>ott</strong>a contro l’Aids e<br />
attivisti di una trentina di Paesi hanno preso parte ai tre giorni di lavoro della conferenza<br />
a New York. La dichiarazione finale,<br />
approvata in conclusione, prevede l’intento di<br />
raddoppiare il numero di pazienti curati con<br />
antiretrovirali entro il 2015, per arrivare a raggiungere<br />
la soglia di 15 milioni di persone.<br />
L’impegno è anche quello di sradicare la tras<strong>missione</strong><br />
del virus da madre a figlio, di<br />
dimezzare i decessi di malati affetti anche da<br />
tubercolosi e di aumentare le misure preventive<br />
per le popolazioni più vulnerabili. (Misna)<br />
COREA<br />
Una messa per il dialogo<br />
O ltre<br />
20mila cattolici sudcoreani hanno partecipato alla messa per la pace<br />
organizzata dalla Conferenza episcopale del Sud. La funzione ha avuto lo<br />
scopo principale di «chiedere la fine delle ostilità che stanno dividendo ancora di<br />
più la penisola coreana». La messa è stata la prima di questo tipo degli ultimi <strong>ott</strong>o<br />
anni: fra i presenti anche il ministro per l’Unificazione di Seoul, Hyun In-take.<br />
Parlando ai fedeli riuniti presso la zona demilitarizzata, al confine con il Nord, il<br />
vescovo di Chunchon, Luca KimWoon-hoe ha detto: «Stiamo affrontando la crisi<br />
peggiore mai verificatasi dalla divisione della Corea. Dobbiamo riprendere il dialogo<br />
e gli scambi intercoreani, per superare la fase della sfida militare. Dobbiamo<br />
tornare a rispettarci l’un l’altro». La messa si è chiusa con un lungo applauso.<br />
Il presule, presidente della Com<strong>missione</strong> episcopale per la riconciliazione del<br />
popolo coreano, aggiunge anche: il compito dei cattolici del Sud «è pensare a quei<br />
fratelli al di là del confine che vengono lasciati morire di fame. Abbiamo bisogno<br />
non di una politica passiva di sopportazione, ma di un atteggiamento attivo. Non<br />
dobbiamo mai scordarci che siamo apostoli di pace». (Asianews)<br />
Notizie nel cas<strong>sett</strong>o<br />
FILIPPINE<br />
Mindanao:<br />
raccolta per<br />
musulmani poveri<br />
P er<br />
rinsaldare il dialogo islamo- cristiano,<br />
i giovani del movimento di Silsilah<br />
hanno organizzato una raccolta di giocattoli<br />
e vestiti per 80 bambini musulmani della<br />
piccola isola di Saint Cruz al largo di Zamboanga<br />
(Mindanao). L’iniziativa rientra nel<br />
programma del Silpeace, che ogni anno<br />
coinvolge giovani cristiani e musulmani in<br />
seminari e attività caritatevoli nelle aree più<br />
povere della regione a maggioranza islamica.<br />
Vanessa Andico, coordinatrice del programma,<br />
spiega che i giovani hanno impiegato<br />
una <strong>sett</strong>imana per raccogliere fra la<br />
popolazione di Zamboanga vestiti e giocattoli<br />
donati da persone caritatevoli di<br />
entrambe le fedi. Grazie a questa iniziativa<br />
la popolazione sa di non essere isolata dal<br />
mondo e i giovani volontari del Silpeace<br />
hanno la possibilità di vivere un’esperienza<br />
di amicizia e carità.<br />
Fondato da padre Sebastiano D’Ambra<br />
(Pime), Silsilah propone da oltre 20 anni<br />
progetti e iniziative come la Conferenza<br />
dei vescovi e degli ulema (Bishop ulema<br />
forum) e corsi di formazione per giovani<br />
cristiani e musulmani. In questi anni il<br />
movimento è divenuto un punto di riferimento<br />
per la riconciliazione in atto fra<br />
governo filippino e ribelli islamici Moro.<br />
(Asianews)<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
47
48<br />
MISSIONE, CHIESA, SOCIETÀ Posta dei missionari<br />
Ilcoraggio<br />
a cura di<br />
CHIARA PELLICCI<br />
c.pellicci@missioitalia.it di<br />
Il telefono squilla. Speriamo che<br />
non sia una delle tante comunicazioni<br />
per promozioni telefoniche.<br />
«Pronto, pronto… hello, pronto…», una<br />
voce distante sussurra qualcosa: «Josè,<br />
sei tu?». È suor Agnese Grones dal Pakistan.<br />
«Sì, sì, sono io!» rispondo alzando<br />
il mio tono di voce e sperando che<br />
questo possa contribuire alla migliore<br />
riuscita della conversazione.<br />
Succede una cosa strana quando ti telefona<br />
un missionario: da un lato capisci<br />
che questa persona probabilmente<br />
ha dovuto fare un grande sforzo per<br />
poterti chiamare, visto che non sempre<br />
si ha facile accesso ad una linea<br />
telefonica e i costi sono alti, quindi<br />
punteresti sulla sintesi della conversa-<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
dire sì<br />
zione… dall’altro, vorresti farti raccontare<br />
tutto e tu raccontare le novità. La<br />
voce non è troppo chiara e non sempre<br />
riesco a sentire la frase completa,<br />
alcune parole però mi descrivono la<br />
difficoltà della situazione che sta vivendo<br />
suor Agnese. Cerco in mezzo alle<br />
carte un foglietto dove poter scrivere,<br />
una matita è la prima cosa che mi<br />
passa tra le mani. Ascolto con attenzione,<br />
cerco di cogliere ogni cosa che<br />
mi dice e cerco di essere diretto nelle<br />
domande: i secondi passano e non<br />
vorrei farle spendere troppo. «Pronto,
non ti sento più… Pronto…». Si conclude<br />
la telefonata dopo poco più di<br />
un minuto. Mi rimane sulla scrivania<br />
questo foglietto, con alcune parole:<br />
attentato, quello lì (testuali parole<br />
per non pronunciare il nome proprio<br />
della persona e quindi essere intercettati),<br />
persecuzioni, sempre peggio,<br />
torno a giugno.<br />
Sulla scrivania, a fianco del mio foglietto,<br />
il quotidiano “Avvenire” non è<br />
stato ancora aperto ma sulla prima<br />
pagina il titolo principale riporta:<br />
“Spezzata la voce dei deboli” e nel<br />
sommario: «In Pakistan un commando<br />
di terroristi assassina il ministro<br />
Bhatti, paladino delle minoranze e in<br />
l<strong>ott</strong>a contro la legge sulla blasfemia».<br />
Mi rendo conto di quanto vicino sia a<br />
me questo evento, non solo come<br />
concittadino di suor Agnese che vive<br />
la realtà pakistana, ma soprattutto<br />
come cristiano. Un’immagine, però,<br />
più di tutte mi ritorna alla mente: i<br />
seminaristi cattolici.<br />
In Pakistan ebbi la fortuna di partecipare<br />
ad una celebrazione eucaristica<br />
dove erano presenti anche alcuni se-<br />
In alto a sinistra:<br />
Seminaristi in preghiera durante<br />
una celebrazione eucaristica alla<br />
periferia di Karachi (Pakistan), dove<br />
si trova uno dei seminari cattolici<br />
sostenuti dalla Pontificia Opera<br />
di San Pietro Apostolo.<br />
Sopra:<br />
Baghdad (Iraq). Cristiani iracheni<br />
ispezionano la cattedrale siro-cattolica di<br />
Sayidat al-Najat (Nostra Signora della<br />
Salvezza) dopo l’assalto da parte di un<br />
gruppo di estremisti islamici.<br />
A sinistra:<br />
La cattedrale di San Patrizio<br />
a Karachi in Pakistan.<br />
minaristi della diocesi di Karachi.<br />
Umanamente, con che coraggio possono<br />
affrontare una scelta di questo<br />
tipo? Già è difficile essere cristiani in<br />
un Paese come il Pakistan, ma scegliere<br />
di essere prete mi risulta veramente<br />
difficile da comprendere. Quando si fa<br />
una scelta come questa, la si fa con<br />
una speranza, un sogno. Qual è il sogno<br />
di questi seminaristi? Essere preti<br />
di una minoranza sempre s<strong>ott</strong>o il mirino<br />
del terrorismo? Di una comunità<br />
che è destinata ad ass<strong>ott</strong>igliarsi ogni<br />
giorno di più? Di una realtà che domani<br />
forse non esisterà più?<br />
Ricordo che don Robert, per un anno<br />
missionario in Niger, mi raccontò che<br />
mentre era in Belgio venne a visitarlo<br />
un monaco iracheno. Durante la cena<br />
il suo volto si coprì di lacrime mentre<br />
chiedeva aiuto per portare in Europa<br />
l’ultima zia rimastagli. Il resto della<br />
famiglia era stato ucciso la sera prima<br />
a Baghdad.<br />
Qualche giorno fa scopro che il panorama<br />
per i cristiani in Iraq è peggiore<br />
che per chiunque altro. Padre Bashar<br />
Warda, redentorista, parla dell’aumento<br />
della disoccupazione tra i cristiani,<br />
delle confische arbitrarie delle<br />
proprietà di famiglie a Baghdad e<br />
Mosul, delle violazioni della libertà<br />
religiosa e di pensiero, di rapimenti,<br />
attentati e minacce di stampo confessionale.<br />
«Approfittano di noi –<br />
continua – perché non godiamo dell’appoggio<br />
di nessuna forza esterna,<br />
né possediamo una nostra milizia;<br />
sanno che l’unica cosa che possiamo<br />
fare è lanciare appelli e denunce, così<br />
la politica va avanti ormai convinta<br />
che la nostra comunità sia destinata<br />
ad estinguersi entro pochi anni». In<br />
mondi come questi qualche giovane<br />
ha ancora il coraggio di dire il suo sì a<br />
un Dio che vedono crocifisso ogni<br />
giorno.<br />
Josè Soccal<br />
Centro missionario diocesano<br />
di Belluno-Feltre<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
49
LIBRI<br />
50<br />
150 anni di<br />
storia e di fede<br />
Le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia danno la<br />
possibilità di portare alla luce pagine di storia nazionale<br />
poco conosciuta. In particolare quella dei rami maschile<br />
e femminile della congregazione dei Salesiani di Don Bosco<br />
e delle Figlie di Maria Ausiliatrice: il lavoro di 30mila religiosi<br />
e religiose è oggi racchiuso in due volumi che colmano<br />
un notevole vuoto storico. Don Bosco parlava sempre dell’impegno<br />
educativo di formare «dei buoni cristiani e degli<br />
onesti cittadini». I volumi permettono una precisa ricomposizione<br />
storica con dati, studi, saggi e ricerche, documentando<br />
non solo i fatti conosciuti da tutti ma dando «il giusto<br />
rilievo a quelle figure e istituzioni che finora erano rimaste<br />
a margine degli interessi degli studiosi». Per oltre 40<br />
anni Don Bosco si prodigò a favore della gioventù, prima<br />
nelle carceri, poi negli orfanotrofi, negli oratori, nei collegi;<br />
promosse le “opere di carità”, ampliando la rete di esperienze<br />
e iniziative assistenziali, educative e scolastiche in<br />
tutta Italia. Il modello salesiano ha raggiunto centinaia di<br />
migliaia di giovani del ceto popolare; il servizio dei religiosi<br />
ha supportato il giovane Stato italiano contribuendo alla<br />
formazione dei suoi cittadini. Diceva Don Bosco: «La cari-<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
tà operosa non è qualcosa di<br />
estraneo o di separato dalla<br />
storia civile, politica, sociale e<br />
culturale». Anche l’opera delle<br />
Figlie di Maria Ausiliatrice,<br />
quasi 14mila religiose dal<br />
1872 al 2010, è sempre stata<br />
al servizio delle fasce più<br />
bisognose della società italiana<br />
«coniugando il sistema<br />
educativo salesiano con le<br />
risorse femminili e con le esigenze dell’educazione della<br />
donna e dell’infanzia». Oggi le Fma proseguono nel loro<br />
impegno educativo, missionario e sociale continuando a<br />
creare «un ponte tra la Chiesa e i diversi ambiti di vita:<br />
famiglia, scuola, strada, mondo del lavoro, tempo libero,<br />
volontariato». Chiara Anguissola<br />
La primavera che cambiò il Medio Oriente<br />
Riccardo Cristiano,<br />
giornalista vaticanista,<br />
corrispondente dai<br />
Paesi arabi, impegnato<br />
per Radio Rai da una<br />
decina d’anni, firma questo<br />
volume intitolato<br />
“Caos Arabo” che raccoglie<br />
cronache ed<br />
inchieste di giornalisti<br />
indipendenti promotori<br />
della l<strong>ott</strong>a alla libertà di<br />
stampa e attenti testimoni<br />
delle guerre nel bacino mediterraneo<br />
ed in Medio Oriente. Difficile s<strong>ott</strong>rarsi al<br />
sano contagio che le sue parole di cronista,<br />
reporter di frontiera, riescono a<br />
Francesco M<strong>ott</strong>o<br />
SALESIANI DI DON BOSCO<br />
IN ITALIA<br />
Grazia Loparco<br />
e Maria Teresa Spiga<br />
FIGLIE DI MARIA<br />
AUSILIATRICE IN ITALIA<br />
DONNE NELL’EDUCAZIONE<br />
Las - Roma<br />
Riccardo Cristiano<br />
CAOS ARABO<br />
Edizioni Mesogea - € 19,00<br />
trasmettere sulle realtà di<br />
città indebolite e private<br />
del loro legittimo processo<br />
di evoluzione e progresso<br />
civile come Beirut,<br />
Damasco, Daraa,<br />
dove la “rivoluzione” è<br />
scoppiata dopo l’arresto<br />
di 20 bambini che scrivevano<br />
sui muri, vittime dell’ingordigia<br />
di regimi autoritari padroni non solo dell’economia<br />
ma usurpatori delle<br />
coscienze e degli animi s<strong>ott</strong>omessi del-<br />
la povera gente. Una lezione quella<br />
di Cristiano che va oltre la retorica,<br />
che scuote il buon senso ed<br />
il giudizio dei benpensanti, come<br />
nel caso di Iman, Ahlam e Najla, tre<br />
ragazze che arrivano a morire per via<br />
delle orrende consuetudini e delle norme<br />
sociali in Paesi dove la società è<br />
maschilista e patriarcale. In questi territori<br />
si assiste impotenti alla privazione<br />
dei diritti civili, i familiari spesso affittano<br />
i corpi femminili delle loro bambine.<br />
Sono Paesi in cui la legge spesso punisce<br />
la maternità come fosse una colpa.<br />
Questa raccolta di inchieste denuncia le<br />
storture di società chiuse e <strong>ott</strong>use.<br />
F.R.A.
Seguendo Karol<br />
I l<br />
Filippo Anastasi<br />
IN VIAGGIO CON UN SANTO<br />
Edizioni Messaggero Padova<br />
€ 15,00<br />
tributo di Filippo Anastasi, ‘In<br />
viaggio con un santo’ è un originale<br />
pamphlet dedicato al Giovanni<br />
Paolo II, il primo Papa ricordato<br />
come un vero e proprio cittadino<br />
del mondo. L’autore - giornalista<br />
e scrittore, responsabile di più<br />
testate di informazione religiosa, inviato<br />
del Messaggero, conduttore e caporedattore<br />
del TG1, vicedirettore del TG2<br />
- ha avuto modo di partecipare ad<br />
alcuni dei numerosi viaggi apostolici,<br />
se ne contano una cinquantina, oltre i<br />
confini italiani. Giovanni Paolo II è stato<br />
in assoluto il Papa che ha percorso<br />
Dimmi cosa<br />
mangi…<br />
C ome<br />
si distingue un uovo che proviene da un allevamento<br />
intensivo da uno deposto in un allevamento a<br />
cielo aperto? Quali sono i vari nomi per segnalare la presenza<br />
nei cibi di grassi idrogenati, estremamente dannosi per la<br />
salute? “Quello che le etichette non dicono, guida per uscire<br />
sani dal supermercato” è un invito ad allargare il proprio<br />
bagaglio culturale, a chiedersi se riusciamo a ‘leggere’ ciò<br />
che le etichette dei prod<strong>ott</strong>i alimentari oggi ci dicono. Il libro<br />
ha per protagonista il ‘signor no’, che insieme alla moglie<br />
Nina si interroga, girando nel supermercato, sui prod<strong>ott</strong>i che<br />
quotidianamente troviamo sulle nostre tavole, resistendo<br />
anche a qualche richiesta fin troppo golosa dei piccoli figli.<br />
L’opera di Pierpaolo Corradini, giornalista free-lance, è<br />
un’utilissima guida per conoscere veramente ciò che man-<br />
la distanza chilometricamaggiore<br />
rispetto ai<br />
suoi predecessori,sinceramente<br />
motivato<br />
da un obiettivo a<br />
lui caro: il progettomissionario<br />
che ha caratterizzato<br />
ogni<br />
giorno del suo<br />
pontificato, quello di portare il Vangelo<br />
a tutte le genti costruendo un ponte tra<br />
nazioni, <strong>popoli</strong> e religioni. È stato il<br />
grande Karol, che ha voluto e saputo<br />
capire ed interpretare tutte le lingue, il<br />
Papa che ha colto in ogni cultura,<br />
anche in quelle apparentemente più<br />
lontane dal cristianesimo, le radici<br />
comuni che rendono gli uomini e le<br />
giamo e quali sono gli additivi<br />
più diffusi tra gli scaffali dei<br />
supermercati. Per tutelare la<br />
propria salute e quella dei<br />
familiari, è necessaria una<br />
nuova consapevolezza, un<br />
saper ‘fare la spesa 2.0’, in un<br />
panorama di offerte troppo<br />
spesso lontane dalla loro originale<br />
naturalezza, in un’Italia<br />
che ha sempre inteso il mangiar<br />
bene come un’espressione<br />
tipica della propria cultura.<br />
Ironico e coinvolgente, il testo<br />
si divide in nove capitoli e ha<br />
inoltre un’ampia appendice<br />
che dettaglia le normative italiane<br />
ed europee, gli aspetti<br />
tecnici e scientifici e le ricer-<br />
donne di ogni civiltà e condizione fratelli<br />
e sorelle. Polonia, Romania, Regno<br />
Unito, Messico, Brasile, la Cuba di<br />
Fidel Castro, le Afriche, città come<br />
Nuova Delhi o Sarajevo, sono la storia<br />
civile, religiosa e moderna di un’umanità<br />
a cavallo tra due millenni, durante i<br />
quali abbiamo assistito alla liberazione<br />
dell’ex cortina di ferro. Anastasi, con<br />
gli scatti ufficiali presi negli incontri con<br />
capi di Stato e autorità, a bordo dell’aereo<br />
papale, confuso con lo staff della<br />
compagnia aerea Alitalia, ha saputo<br />
ritrarre il vero volto di Giovanni Paolo II.<br />
Uno sguardo sempre in rapporto con i<br />
fedeli, gioioso ed emozionato. Continuamente<br />
alla ricerca, portato a vedere<br />
e capire sia le masse oceaniche di<br />
fedeli che gli scettici, i perseguitati, gli<br />
intimoriti, sue amate creature al pari di<br />
tutti gli altri. F.R.A.<br />
Pierpaolo Corradini<br />
QUELLO CHE<br />
LE ETICHETTE<br />
NON DICONO<br />
Edizioni Emi - € 13,00<br />
che internazionali, per avere più informazioni su temi come<br />
Ogm, biologico, coloranti e tabelle nutrizionali. L.D.A.<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
LIBRI<br />
51
MUSICA<br />
52<br />
TERRAKOTA<br />
Il mondo<br />
fatto a pezzi<br />
U n<br />
gruppo interessante, questo<br />
ensemble, mezzo portoghese<br />
(come base operativa e creativa) e<br />
mezzo angolano (per radici culturali).<br />
Abbiamo parlato più volte in queste<br />
pagine di world-music, una scuola<br />
espressiva stilisticamente assai variegata<br />
che, se da un lato è espressione<br />
inconfutabile della globalizzazione in<br />
atto nella post-modernità, dall’altro ne<br />
rappresenta al meglio tutte le opportunità<br />
potenzialmente positive e certi<br />
ideali di fraternità così spesso vilipesi<br />
dai diktat delle lobbies economiche e<br />
del potere.<br />
Ebbene, i Terrakota ne rappresentano<br />
una delle espressioni più originali e pittoresche.<br />
Non solo per i succitati background,<br />
ma anche perché in questo<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
loro nuovissimo World Massala, fresco<br />
di stampa per la Ojo, ne rilanciano ulteriormente<br />
il concetto, aprendo il loro<br />
sound su orizzonti ancora più vasti. Un<br />
vero e proprio patchwork (meno<br />
modernista, ma non meno intrigante di<br />
quelli proposti da un Manu Chao, per<br />
intendersi). Tra gli undici frammenti<br />
echeggiano sonorità perennemente<br />
mutanti, che guardano sempre più lontano:<br />
spaziando sul Brasile, diversi Paesi<br />
africani, i Caraibi (dalla Giamaica a<br />
Cuba, passando per la Guinea) e addirittura<br />
il Rajasthan indiano.<br />
Multiculturalismo di suoni e di ritmi lontani<br />
secoli e migliaia di chilometri tra<br />
loro, ma capaci di coabitare armoniosamente<br />
in un album che ha nella<br />
genuinità non artefatta, e nella passione<br />
per la musica come strumento universale<br />
di fratellanza, la sua primaria<br />
ragion d’essere. E la sua avvincente<br />
bellezza.<br />
Il massala è una delle spezie indiane più<br />
note ed apprezzate al mondo. E mirabilmente<br />
speziata appare anche questa<br />
crociera sonora che proprio dall’India<br />
diparte (da quella tradizionale a quella<br />
post-moderna di Bollywood) per poi<br />
costeggiare mille altre sponde, arric-<br />
chendosi ad ogni fermata di sempre<br />
nuovi sapori.<br />
Fuor di metafora, è un lavoro non frutto<br />
di strategie studiate a tavolino, ma di<br />
esperienze vissute sul campo e sperimentate<br />
sulla propria pelle (come in Illegal,<br />
dove la cantante Rumi racconta della<br />
sua attesa di un permesso di soggiorno).<br />
Il <strong>sett</strong>etto ha ospitato musicisti gitani,<br />
percussionisti africani, e solisti fascinosi<br />
come la star bollywoodiana Vasundhara<br />
Das, il rapper cubano Cuban<br />
Kamar e il cantautore angolano Paolo<br />
Flores. Un gustoso pinzimonio insomma:<br />
perfetto anche per far sopravvivere i<br />
colori e calori dell’estate nelle brume di<br />
questo nuovo autunno.<br />
Franz Coriasco<br />
f.coriasco@tiscali.it
Cosa rappresentano i missionari<br />
nell’immaginario collettivo? Cosa<br />
pensa di loro la gente? Basta fermare<br />
qualcuno per la strada, all’uscita di una<br />
scuola o tra i banchi del mercato per<br />
ascoltare le risposte più varie. Eroi<br />
silenziosi o sconosciuti sparsi nel mondo,<br />
i missionari restano delle persone<br />
che, attraverso la loro scelta, sono la<br />
testimonianza vivente del Vangelo portato<br />
ad gentes.<br />
È dedicato infatti ai “Testimoni di Dio” il<br />
video promosso dalla Fondazione Missio<br />
per la Giornata Missionaria Mondiale<br />
2011 e realizzato da Tv 2000, di cui<br />
sono autori padre Giulio Albanese,<br />
direttore di Popoli e Missione e Antonio<br />
Soviero che ne firma anche la regia.<br />
Autorevoli personaggi del mondo della<br />
cultura, del volontariato, religiosi di oggi<br />
e di ieri, rappresentanti di istituzioni raccontano<br />
le numerose peculiarità del<br />
servizio dei missionari tra tutti i <strong>popoli</strong><br />
della terra.<br />
Tra le personalità intervistate, Elisabetta<br />
Belloni, Direttore generale della cooperazione<br />
allo sviluppo del Ministero degli<br />
esteri italiano, che s<strong>ott</strong>olinea: «In tutti i<br />
viaggi che ho effettuato ho avuto modo<br />
di incontrare missionari che operano<br />
concretamente sul terreno, soprattutto<br />
nel <strong>sett</strong>ore sanitario e soprattutto in<br />
Africa».<br />
Padre Albanese ci conduce attraverso<br />
Fare<br />
memoria<br />
della<br />
<strong>missione</strong><br />
questa inchiesta sul missionario<br />
del terzo millennio, passando<br />
attraverso luoghi significativi<br />
per la storia della <strong>missione</strong><br />
dal Palatino al Colosseo dove i<br />
primi martiri della cristianità<br />
hanno pagato la fede a prezzo<br />
della propria vita. Anche oggi la<br />
lista dei missionari uccisi nelle<br />
zone a rischio del pianeta è<br />
sempre più lunga, forse proprio<br />
perché, come spiega lo<br />
storico Franco Cardini: «Il missionario<br />
è per definizione un<br />
uomo di pace e se si confronta<br />
con la violenza lo fa nella misura<br />
in cui l’accetta dagli altri.<br />
Quindi il missionario può<br />
diventare martire, una parola di<br />
origine greca che significa testimone».<br />
Vivere alla luce del Vangelo significa<br />
lasciarsi interrogare dalle sfide dei tempi<br />
che viviamo, quella dell’accoglienza<br />
a chi bussa alla nostra porta innanzitutto,<br />
come ricorda suor Elisa Kidanè,<br />
comboniana: «Un albero si riconosce<br />
soprattutto dai frutti delle radici cristiane<br />
del Vecchio continente, in particolare<br />
dalla capacità dell’accoglienza. In<br />
questo momento abbiamo il dovere di<br />
aprire i cuori e le menti per mostrare a<br />
chi arriva da lontano che Dio si prende<br />
cura di questa gente attraverso gli<br />
uomini e le donne di buona volontà».<br />
Le voci della <strong>missione</strong> nell’era della globalizzazione<br />
hanno echi che vengono<br />
dal passato. Padre Rino Benzoni, superiore<br />
generale dei Saveriani, ricorda la<br />
figura del fondatore, monsignor Conforti<br />
che a 80 anni dalla morte viene proclamato<br />
santo. La modernità di questo<br />
grande missionario viene accostata nel<br />
video al ricordo del Beato Clemente<br />
Vismara, detto anche l’apostolo della<br />
Birmania, ricordato da padre Piero<br />
Gheddo, che della sua causa di beatificazione<br />
è stato postulatore.<br />
Miela Fagiolo D’Attilia<br />
m.fagiolo@missioitalia.it<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
CIAK DAL MONDO<br />
53
54<br />
FONDAZIONE MISSIO<br />
Nel mese che la Chiesa<br />
dedica alla Missione, in<br />
vista della 85esima<br />
Giornata missionaria<br />
mondiale che si celebra<br />
domenica 23 <strong>ott</strong>obre,<br />
pubblichiamo un<br />
approfondimento del<br />
tema scelto da Missio<br />
per l’Ottobre<br />
missionario: “Testimoni<br />
di Dio”. Perchè non<br />
resti solo uno slogan.<br />
di LUCA MOSCATELLI<br />
<strong>popoli</strong>e<strong>missione</strong>@operemissionarie.it<br />
Nel Vangelo, il Figlio rende<br />
testimonianza al Padre, e<br />
questo è assai noto. Forse<br />
meno conosciuto è il fatto che anche<br />
il Padre rende testimonianza al Figlio.<br />
In due punti strategici del suo racconto<br />
– all’inizio e nello snodo decisivo a<br />
metà – l’evangelista Marco fa risuonare<br />
prima dal cielo che si apre sopra<br />
il battesimo di Gesù, e poi da dentro<br />
una nube che è scesa sul monte della<br />
trasfigurazione, queste parole: «Tu sei<br />
il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il<br />
mio compiacimento» (Marco 1,11);<br />
«Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!»<br />
(Marco 9,7). In entrambi i casi<br />
la voce dice l’amore per il Figlio. La<br />
prima volta rivolgendosi al Figlio, la<br />
seconda ai suoi discepoli; nel primo<br />
testo scendendo dal cielo squarciato,<br />
nel secondo uscendo da una nube,<br />
cioè da un pezzo di cielo sceso sulla<br />
cima di un monte fino a toccare la<br />
terra… Queste due testimonianze che<br />
il Padre rende al Figlio tracciano un<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE- OTTOBRE 2011<br />
Uomini e<br />
cammino discendente, che si incarna,<br />
e trovano il loro compimento alla fine<br />
(altro luogo assolutamente simbolico<br />
della narrazione) nell’esclamazione<br />
del centurione s<strong>ott</strong>o la croce, il quale<br />
visto Gesù morire in quel modo disse:<br />
«Davvero quest’uomo era Figlio di<br />
Dio!» (Marco 15,39). Il centurione ha<br />
visto morire Gesù come un Figlio che<br />
confida nel Padre, e gli rende testimonianza.<br />
Pur essendo romano e pagano<br />
riconosce la presenza di Dio nella<br />
morte di questo uomo e attesta che<br />
proprio lì ha capito la paternità di Dio<br />
e la fraternità universale di tutti gli<br />
uomini. Perciò il cielo che ha parlato<br />
due volte alla fine del racconto può<br />
tacere, perché ormai da quel venerdì<br />
santo nel quale il Figlio si è donato<br />
per amore la voce che riconoscerà la<br />
figliolanza divina del Nazareno sarà<br />
umana, una voce che appartiene alla<br />
terra.<br />
Nel Vangelo il linguaggio della testimonianza<br />
esprime dunque l’amore, e<br />
questo è un primo grande elemento di<br />
riflessione: solo chi riconosce di essere<br />
amato da Dio, e si impegna a<br />
ricambiare questo amore, conosce il<br />
Signore e può essere in verità suo<br />
testimone; e d’altra parte, solo Dio<br />
può accreditare i suoi testimoni, attestando<br />
a sua volta che essi, amandolo,<br />
lo conoscono davvero poiché a loro<br />
egli si dona in pienezza. Se stiamo,<br />
dunque, al testo del Vangelo non
donne<br />
che vivono<br />
per sempre<br />
dovrebbero esserci dubbi: siamo stati<br />
scelti per amore al fine di continuare<br />
nella storia la testimonianza che Gesù<br />
ha reso al Padre.<br />
‘Testimoni di Dio’ dice allora l’identità<br />
dei cristiani e il centro della <strong>missione</strong><br />
che è loro affidata. Tuttavia ‘testimone’<br />
è il nome di una relazione, dove<br />
colui che si rende disponibile a testimoniare<br />
sa di essere chiamato a mettere<br />
in primo piano non se stesso bensì<br />
colui che testimonia. Insomma nella<br />
frase ‘Testimoni di Dio’ l’accento<br />
deve cadere su Dio, non sul testimone.<br />
È questo che caratterizza<br />
il testimone cristiano in quanto<br />
la sua parola e la sua esistenza<br />
rimanda ad un Altro.<br />
E qui siamo richiamati a un<br />
secondo elemento di riflessione:<br />
la nostra testimonianza<br />
vuole attirare l’attenzione<br />
su di noi, cioè prima<br />
di tutto e soprattutto<br />
sulla Chiesa, oppure su<br />
Dio? Anche quando il testimone<br />
fosse chiamato a<br />
imprese grandiose, la sua<br />
testimonianza resterebbe<br />
un rimando al suo Maestro e<br />
Signore. Altrimenti non<br />
sarebbe testimonianza cristiana.<br />
Ma se la testimonianza è un<br />
rimando al volto di Dio, quale<br />
volto la <strong>missione</strong> cristiana deve testimoniare<br />
al mondo? Senz’altro il volto<br />
Testimoni di Dio: non solo uno slogan<br />
di un Padre, che per amore si fa povero,<br />
servo, umile, paziente e misericordioso.<br />
Immensamente, incomprensibilmente,<br />
meravigliosamente misericordioso. I<br />
testimoni di questo Padre non potranno<br />
che riconoscersi figli nel Figlio<br />
Gesù, grati di essere stati accolti senza<br />
merito e impegnati ad annunciare<br />
a tutti la fraternità universale alla<br />
quale siamo da sempre destinati. E se<br />
per questo annuncio di amore dovessimo<br />
essere odiati e alla fine perfino<br />
uccisi, rinunceremo a qualsiasi vendetta<br />
morendo con parole di perdono<br />
sulle labbra, quelle stesse imparate da<br />
Gesù nel momento del suo dono<br />
supremo: «Padre, perdona loro perché<br />
non sanno quello che fanno» (Luca<br />
23,34).<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE- OTTOBRE 2011<br />
55
56<br />
VITA DI MISSIO<br />
di CHIARA PELLICCI<br />
c.pellicci@missioitalia.it<br />
Non è per gli addetti ai lavori, né<br />
per gli esperti, né per pochi<br />
intimi. È per tutti: ragazzi, giovani,<br />
famiglie, consacrati. La <strong>missione</strong><br />
non lascia fuori nessuno, dal momento<br />
in cui si è stati battezzati. Impegna<br />
ciascuno per ciò che può dare, a<br />
seconda dell’età, condizioni fisiche,<br />
scelte di vita fatte. Lo sa bene Missio,<br />
l’organismo pastorale della Conferenza<br />
episcopale italiana a cui è affidata<br />
l’animazione delle comunità, la formazione<br />
di chi sceglie l’ad gentes e la<br />
cooperazione missionaria tra le Chiese.<br />
In <strong>ott</strong>obre, mese che la Chiesa universale<br />
dedica in particolar modo all’im-<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE- OTTOBRE 2011<br />
A servizio<br />
della<br />
<strong>missione</strong><br />
pegno per l’evangelizzazione, la sezione<br />
di Missio che promuove l’animazione<br />
missionaria è più che mai attenta a<br />
mettere strumenti, attività, proposte,<br />
risorse a servizio di tutti: le Pontificie<br />
Opere Missionarie – il cui scopo, ricordato<br />
da Giovanni Paolo II nella<br />
Redemptoris Missio, è quello di «promuovere<br />
lo spirito missionario universale<br />
in seno al popolo di Dio» - si mettono<br />
a servizio della <strong>missione</strong>.<br />
NON È MAI TROPPO PRESTO<br />
PER ESSERE MISSIONARI<br />
Si può essere protagonisti della <strong>missione</strong><br />
da <strong>ott</strong>o a 14 anni, anche senza partire<br />
per luoghi misteriosi o lasciare<br />
casa, genitori, fratelli, amici. Come? Lo<br />
insegna la Pontificia Opera dell’Infanzia<br />
Missionaria (Poim), che<br />
accompagna i ragazzi attraverso testimonianza,<br />
gioco, preghiera, condivisione<br />
perché diventino missionari in<br />
famiglia, a scuola, in parrocchia e<br />
negli altri luoghi di incontro con i coetanei.<br />
La Poim non svolge attività separate<br />
dagli altri gruppi ecclesiali o dalle altre<br />
associazioni cristiane, ma si pone al<br />
loro servizio, come stimolo all’azione<br />
missionaria. Volendo, il parroco può<br />
scegliere di costituire un gruppo di<br />
ragazzi missionari, con il proprio<br />
nome e i propri impegni concreti, ma i<br />
ragazzi che vi faranno parte avranno<br />
l’impegno di continuare a partecipare<br />
alla catechesi parrocchiale e agli altri
Anche tu come Gesù<br />
Ricalca lo slogan della prossima Giornata Missionaria dei Ragazzi, il titolo del<br />
sussidio annuale 2011/2012 che la Poim ha preparato per animatori, parroci,<br />
insegnanti, catechisti. “Anche tu come Gesù” è l’invito che viene fatto ad ogni<br />
bambino perché possa vivere come il Maestro, ovvero alla sua maniera, testimone<br />
in prima persona dell’amore misericordioso di Dio. Essere come Gesù<br />
significa porsi con ricorrenza una domanda: cosa avrebbe fatto Lui in questa<br />
determinata situazione? Un quesito con cui i più giovani possono confrontarsi,<br />
affinché diventino i protagonisti della loro vita.<br />
Il sussidio propone cinque schede tematiche, legate ad altrettante azioni che<br />
caratterizzano chi intende vivere come il Maestro: ascoltare, dialogare, incontrare,<br />
condividere, annunciare. Ogni scheda tematica è composta da una riflessione<br />
sulla Parola di Dio - proposta da Don Gianni Cesena, direttore delle Pontificie<br />
Opere Missionarie -, da una testimonianza<br />
che mette in luce un aspetto del volto misericordioso<br />
del Padre, da un esplicito riferimento<br />
ad un continente del quale si presenta il<br />
relativo Progetto del Fondo di Solidarietà.<br />
servizi di evangelizzazione offerti loro<br />
dalla realtà ecclesiale.<br />
Gli strumenti che la Poim offre a bambini<br />
e pre-adolescenti sono: la newsletter<br />
<strong>sett</strong>imanale dal titolo “Il Vangelo<br />
a fumetti”, che invita alla preghiera<br />
con la Parola della domenica,<br />
illustrata in bianco e nero perché i<br />
ragazzi possano colorarla e leggerla<br />
con attenzione; il Diario di bordo del<br />
Ragazzo Missionario, un quaderno<br />
che aiuta a pregare, sprona all’annuncio,<br />
invita alla solidarietà con i bambini<br />
dei Paesi più bisognosi, apre a nuove<br />
amicizie con la “Festa dei ragazzi a<br />
colori”; alcuni gadget come la Matita<br />
missionaria o i palloncini; i Progetti<br />
del Fondo di Solidarietà della Pontifi-<br />
cia Opera della Santa Infanzia (Posi), ai<br />
quali contribuiscono con generosità<br />
tutti i bambini del mondo; il materiale<br />
per la Giornata Missionaria dei<br />
Ragazzi, tra cui la Novena di Natale e<br />
l’attività dei Seminatori di stelle.<br />
Periodicamente la Poim organizza<br />
anche eventi nazionali per rendere i<br />
ragazzi protagonisti della <strong>missione</strong> in<br />
una particolare occasione (per esempio:<br />
nel recente Anno Paolino) e si fa<br />
promotrice di un incontro annuale di<br />
approfondimento e confronto per gli<br />
animatori impegnati nel proporre la<br />
<strong>missione</strong> ai più piccoli.<br />
Maggiori informazioni sul sito<br />
www.poim.it<br />
DAI GIOVANI PER I GIOVANI<br />
Si chiama Movimento Giovanile Missionario<br />
(Mgm) o, più semplicemente,<br />
Missio Giovani il servizio di pastorale<br />
missionaria delle Pontificie Opere Missionarie<br />
svolto dai giovani per i giovani.<br />
L’Mgm opera nella Chiesa locale,<br />
all’interno del Centro missionario diocesano<br />
e in collaborazione con gli altri<br />
<strong>sett</strong>ori della pastorale diocesana: non<br />
vive da estraneo, ma svolge il suo servizio<br />
nelle e per le comunità locali, per<br />
gli altri movimenti, associazioni e<br />
organismi ecclesiali, tenendo l’attenzione<br />
sempre alta sull’anima missionaria<br />
della Chiesa.<br />
L’Mgm è un’agorà per adolescenti e<br />
giovani che vogliono maturare nella<br />
vita cristiana e partecipare alla <strong>missione</strong><br />
universale della Chiesa; è un’occasione<br />
di formazione missionaria per<br />
conoscere gli altri <strong>popoli</strong>, scegliere<br />
uno stile di vita evangelico, scoprire la<br />
propria chiamata come sacerdote,<br />
consacrato, laico o famiglia; è un luogo<br />
di “vita comunitaria” per con- »<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE- OTTOBRE 2011<br />
57
58<br />
VITA DI MISSIO<br />
tribuire all’abbattimento dell’indifferenza<br />
e dei pregiudizi, favorire l’incontro<br />
con giovani di religione e culture<br />
differenti, promuovere a livello diocesano,<br />
regionale e nazionale la comunione,<br />
la corresponsabilità e l’impegno<br />
tra le diverse realtà missionarie di<br />
carattere giovanile.<br />
Per realizzare tutto ciò, Missio Giovani<br />
ha messo a punto vari strumenti:<br />
l’esperienza di visita missionaria in<br />
un Paese del Sud del mondo da fare in<br />
estate vivendo insieme ai missionari<br />
italiani presenti in quella realtà; la<br />
Compagni<br />
di viaggio<br />
Sono uomini e donne di<br />
speranza che hanno<br />
lasciato un segno nella<br />
storia del mondo, ma non<br />
sono una categoria a<br />
parte, un’unità di misura<br />
fuori portata per chi si<br />
definisce un “comune<br />
mortale”: i “compagni di<br />
viaggio” sono testimoni,<br />
ma anche e soprattutto<br />
persone come gli altri, che<br />
camminano con la loro gente, uomini e donne che<br />
svolgono le più comuni professioni e lasciano<br />
un’impronta nel cuore della gente che incontrano.<br />
Il sussidio di animazione missionaria 2011/2012<br />
per adolescenti e giovani presenta nove “compagni<br />
di viaggio” con altrettante schede: ciascuna è<br />
costituita da un breve focus sulla vita del testimone,<br />
un brano della Parola di Dio, la presentazione<br />
di un libro per approfondire, una dinamica da vivere<br />
in gruppo e un film per riflettere sull’argomento<br />
proposto.<br />
La parte finale del sussidio espone alcune problematiche<br />
legate alla mondialità che non possono<br />
essere ignorate: per ciascuna di esse si forniscono<br />
strumenti per approfondire l’argomento e<br />
sostenere la relativa campagna (“Abiti puliti”,<br />
“Banche armate”, “Ponti e non muri”, ecc.).<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE- OTTOBRE 2011<br />
scuola di formazione “Missio Edu”,<br />
per approfondire ogni giorno un tema<br />
specifico legato alla missionarietà; tre<br />
week-end di spiritualità missionaria<br />
nell’arco di un anno; la newsletter<br />
<strong>sett</strong>imanale per mantenere un collegamento<br />
costante con chi lo desidera;<br />
canali multimediali, come Facebook,<br />
Twitter e Youtube, indispensabili nella<br />
comunicazione di oggi tra giovani; il<br />
sostegno annuale ad un progetto di<br />
istruzione da realizzare nel Paese meta<br />
dell’esperienza estiva con i proventi<br />
della vendita di “1 quaderno x 2”. Va<br />
inoltre ricordato il Convegno Missionario<br />
Giovanile con frequenza triennale,<br />
occasione per definire gli obiettivi<br />
missionari da realizzare nel triennio<br />
successivo: il prossimo si terrà a Frascati<br />
dal 28 aprile all’1 maggio 2012.<br />
Maggiori informazioni sul sito<br />
www.giovani.missioitalia.it<br />
ADULTI, FAMIGLIE, COMUNITÀ:<br />
SIAMO TUTTI MISSIONARI<br />
“Missio adulti e famiglie” rappresenta<br />
il segretariato nazionale della Pontifi-
Testimoni della Misericordia<br />
Si intitola così il sussidio annuale di animazione<br />
missionaria 2011/2012 dedicato<br />
ad adulti, famiglie e comunità. Al<br />
suo interno è contenuto un percorso in<br />
cinque tappe basate su altrettanti episodi<br />
del Vangelo di Luca: l’incontro di<br />
Gesù con Pietro e i pescatori (Lc 5, 1-<br />
11); la vocazione di Matteo (Lc 5, 27-<br />
32); la guarigione del servo del centurione<br />
(Lc 7, 1-10); l’incontro con<br />
Zaccheo (Lc 19, 1-10); l’episodio del<br />
paralitico guarito (Lc 5, 17-26). Sono<br />
brani scelti per mettere in evidenza cinque<br />
azioni che descrivono la presenza<br />
della Misericordia divina: ascoltare,<br />
accogliere, avere cura, coinvolgersi,<br />
riconciliarsi. Modi in cui Dio rende<br />
capaci di testimoniare il suo Amore<br />
all’umanità intera. Infatti la parola del<br />
missionario – confermata dalla sua vita<br />
pienamente umana – è occasione per<br />
mostrare la Misericordia contenuta nel Vangelo. Don Valerio Bersano, segretario<br />
nazionale della Popf, nel presentare il sussidio s<strong>ott</strong>olinea quale sia la dinamica della<br />
testimonianza: «Nel luogo in cui vivono i cristiani, deve crescere la simpatia per<br />
tutti, l’impegno per la giustizia e per la pace». E aggiunge: «Se comprendiamo<br />
quanto sia prezioso il dono ricevuto, ci impegniamo ad offrirlo a nostra volta». Un<br />
augurio e un invito per tutti: adulti, famiglie e comunità.<br />
cia Opera della Propagazione della<br />
Fede (Popf). Una denominazione che<br />
s<strong>ott</strong>olinea l’appartenenza alla Fondazione<br />
Missio - assieme alle altre Pontificie<br />
Opere Missionarie in Italia - e<br />
la peculiarità della prospettiva pastorale:<br />
l’animazione missionaria di<br />
adulti, famiglie e comunità. La Popf<br />
invita a due tipi di solidarietà: quella<br />
spirituale, con l’offerta della preghiera<br />
e la vicinanza spirituale ai missionari,<br />
e quella materiale, mediante la<br />
raccolta di offerte inviate alle Chiese<br />
di <strong>missione</strong> più povere. Tante le proposte<br />
ideate per l’animazione missionaria:<br />
il Pellegrinaggio ad gentes, un<br />
viaggio di preghiera che conduce<br />
ogni giorno in un Paese del mondo,<br />
per offrire quotidianamente a Dio<br />
un’intercessione per una nazione, per<br />
la sua Chiesa e per quanti hanno dato<br />
la vita per il Vangelo in quella terra:<br />
un calendario e uno schedario, con<br />
365 schede informative sul Paese del<br />
giorno e su tematiche missionarie,<br />
aiutano nella preghiera quotidiana;<br />
l’Atto di Offerta della Sofferenza, da<br />
proporre a quanti sono infermi o<br />
malati: un modo per vivere la propria<br />
vocazione missionaria mediante l’offerta<br />
a Dio delle sofferenze fisiche e<br />
spirituali, attraverso la preghiera<br />
quotidiana per i missionari, sull’esempio<br />
di Santa Teresa di Lisieux; la<br />
promozione della raccolta di oggetti<br />
sacri essenziali ai sacerdoti nelle giovani<br />
Chiese per una celebrazione<br />
liturgica dignitosa: l’iniziativa è pro-<br />
mossa attraverso l’Opera Apostolica,<br />
un servizio interno alla Popf; la raccolta<br />
di fondi a favore delle cosiddette<br />
Chiese di <strong>missione</strong>: un impegno<br />
che si concretizza in particolare con<br />
la celebrazione della Giornata Missionaria<br />
Mondiale, penultima domenica<br />
d’<strong>ott</strong>obre.<br />
Per animare comunità, adulti e famiglie,<br />
l’Opera propone inoltre specifici<br />
sussidi, soprattutto in preparazione<br />
al mese che la Chiesa universale dedicata<br />
alla <strong>missione</strong>. Tra questi si ricorda<br />
il fascicolo “Ottobre Missionario -<br />
Proposte di animazione per adulti e<br />
famiglie” per celebrare con la preghiera<br />
le cinque <strong>sett</strong>imane del mese e<br />
l’ “Animatore Missionario” che raccoglie<br />
gli strumenti di animazio- »<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE- OTTOBRE 2011<br />
59
60<br />
VITA DI MISSIO<br />
Il dono della <strong>missione</strong><br />
Anche la Pum elabora un sussidio annuale di animazione<br />
missionaria: dedicato ai consacrati, vuole<br />
essere uno strumento per vivere la <strong>missione</strong> a partire<br />
dal mandato di Gesù. Quello dell’anno in corso<br />
si intitola “Spezzare pane per tutti i <strong>popoli</strong>, il dono<br />
della <strong>missione</strong>” e parte dall’ascolto della Parola di<br />
Gesù.<br />
Il pane spezzato posto al centro di questo percorso<br />
di riflessione è quel pane quotidiano che i cristiani<br />
invocano ogni giorno nella preghiera del Signore,<br />
sapendo che è allo stesso tempo pane donato<br />
come frutto della terra e della provvidenza di Dio, e<br />
pane ricavato dal sudore del lavoro, dalla fatica delle<br />
relazioni, dalla l<strong>ott</strong>a contro l’ingiusta e la discriminatoria<br />
distribuzione dei beni della terra. Nel percorso<br />
si matura la convinzione che l’eucaristia, così come ogni altro dono della fede,<br />
esprime non una, ma due direzioni: il dono, infatti, si dà e si riceve. Il dono della<br />
<strong>missione</strong> è imbandito sulla tavola del mondo, dove ci si siede con tutti i <strong>popoli</strong><br />
a spezzare pane, a condividere Parola e parole, a raccontare i cammini che portano<br />
a quella mensa per ripartire verso altri fratelli e sorelle.<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE- OTTOBRE 2011<br />
ne per parroci e collaboratori<br />
in vista dell’<strong>ott</strong>obre.<br />
Maggiori informazioni sul<br />
sito www.famiglie.missioitalia.it<br />
CONSACRATI IN RETE<br />
Seminaristi, religiosi e religiose,<br />
sacerdoti, diaconi. Sono<br />
loro i protagonisti della Pontificia<br />
Unione Missionaria<br />
(Pum), l’Opera che si propone<br />
di animare alla <strong>missione</strong> gli uomini e le<br />
donne consacrati a Dio. Un importante<br />
obiettivo della Pum è la formazione<br />
missionaria dei giovani che si preparano<br />
al sacerdozio. Come? Gli strumenti<br />
vanno dal Convegno annuale dei
seminaristi, che è la conclusione di un<br />
percorso iniziato con la visita di un<br />
animatore Pum che stimola i ragazzi a<br />
iniziative di carattere missionario, alla<br />
promozione dei Gruppi di animazione<br />
missionaria (Gamis) all’interno di ciascun<br />
seminario. Ma la Pum non vuole<br />
essere una struttura centrale che da<br />
Roma invia materiale o propone iniziative<br />
a senso unico, vuole piuttosto<br />
essere un punto di raccolta di esperienze<br />
e risorse: strumento principe per<br />
perseguire questo obiettivo è il sito<br />
web, a disposizione di chiunque voglia<br />
renderlo fruibile e utile in modo che si<br />
crei una vera e propria ragnatela con la<br />
sede dell’Opera al centro e i seminari<br />
nei vari snodi della rete.<br />
Le proposte della Pum coinvolgono<br />
anche coloro che si sono già consacrati<br />
al Signore. Tra queste segnaliamo<br />
una newsletter periodica dall’emblematico<br />
titolo “ProVoc@zioni”- scritta<br />
da don Amedeo Cristino, segretario<br />
nazionale - inviata a migliaia di contatti;<br />
la Giornata di spiritualità missionaria<br />
delle religiose, che si celebra<br />
l’1 <strong>ott</strong>obre in occasione della memoria<br />
di Santa Teresa di Lisieux, con la proposta<br />
di una veglia; la Giornata di spiritualità<br />
missionaria dei sacerdoti e dei<br />
religiosi, che si celebra il 3 dicembre,<br />
festa di san Francesco Saverio, con la<br />
proposta di una preghiera centrata sulla<br />
celebrazione eucaristica e sul mandato<br />
missionario.<br />
Infine la Pum propone l’adesione<br />
all’Opera offrendo l’abbonamento al<br />
mensile “Popoli e Missione”, l’itinerario<br />
annuale di catechesi, l’Animatore missionario<br />
(rivista trimestrale per comunità)<br />
e altro materiale prod<strong>ott</strong>o dalle<br />
Pontificie Opere Missionarie.<br />
Maggiori informazioni sul sito<br />
www.pum.operemissionarie.it<br />
CHIUNQUE PER<br />
LE CHIESE SORELLE<br />
C’è una quarta Opera che completa le<br />
Pontificie Opere Missionarie: questa<br />
non si rivolge ad un target particolare<br />
(ragazzi, giovani, famiglie, consacrati),<br />
ma a tutti. Chiunque lo voglia, infatti,<br />
può prendere contatti con la Pontificia<br />
Opera di San Pietro Apostolo (Pospa)<br />
e sostenere le vocazioni sacerdotali in<br />
tutto il mondo. Compito della Pospa,<br />
infatti, è quello di favorire lo sviluppo<br />
delle giovani Chiese di <strong>missione</strong> aiutando<br />
la formazione del personale<br />
apostolico locale. In poco più di cento<br />
anni l’Opera è riuscita a raccogliere<br />
attorno a sé migliaia di persone, accomunate<br />
dallo stesso impegno in favore<br />
dei seminaristi delle Chiese del Sud del<br />
mondo. In particolare, attraverso un<br />
fondo universale di solidarietà, vengono<br />
forniti in maniera regolare i mezzi<br />
economici necessari alla costruzione<br />
dei seminari e al mantenimento dei<br />
seminaristi. Attualmente sono affidati<br />
all’Opera circa 78mila seminaristi<br />
distribuiti in poco meno di mille seminari.<br />
Chi desidera accompagnare il cammino<br />
vocazionale di un giovane africano,<br />
asiatico, latinoamericano o dell’Oceania<br />
fino alla sua ordinazione sacerdotale<br />
può farlo accogliendolo come un<br />
vero e proprio figlio “ad<strong>ott</strong>ivo” attraverso<br />
l’adozione missionaria: si tratta<br />
di pregare in modo speciale per lui e di<br />
sostenerlo con un contributo economico.<br />
Maggiori informazioni sul sito<br />
www.missioitalia.it<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE- OTTOBRE 2011<br />
61
62<br />
FONDAZIONE MISSIO<br />
La bellezza<br />
del Vangelo<br />
SETTEMBRE<br />
Perché le comunità<br />
cristiane sparse nel<br />
continente asiatico<br />
proclamino il Vangelo<br />
con fervore,<br />
testimoniandone<br />
la bellezza con la<br />
gioia della fede.<br />
OTTOBRE<br />
Perché la celebrazione<br />
della Giornata<br />
Missionaria Mondiale<br />
accresca nel popolo<br />
di Dio la passione<br />
per l’evangelizzazione<br />
e il sostegno dell’attività<br />
missionaria con la<br />
preghiera e l’aiuto<br />
economico alle Chiese<br />
più povere.<br />
di FRANCESCO CERIOTTI<br />
ceri<strong>ott</strong>i@chiesacattolica.it<br />
La bellezza e la gioia hanno la<br />
massima espressione in Dio,<br />
nelle tre Divine Persone, e sono<br />
le caratteristiche della vita che i<br />
seguaci del Figlio di Dio fatto uomo,<br />
sono chiamati a vivere già nel cammino<br />
terreno. La gioia della fede, che<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE- OTTOBRE 2011<br />
testimonia la bellezza del Vangelo,<br />
deve abitare il cuore dei credenti per<br />
proclamarla, come suggerisce l’intenzione<br />
di <strong>sett</strong>embre invitando a pregare<br />
perchè le comunità cristiane asiatiche<br />
sappiano comunicarla in quel<br />
grande continente. La fede cristiana<br />
non è malinconia, ma gioia. Vivere la<br />
fede significa diffondere gioia perché<br />
si ha la certezza di essere amati da Dio<br />
e la si comunica. Di fede gioiosa oggi<br />
forse più che in altri tempi c’è tanto<br />
bisogno ovunque, come c’è tanto bisogno<br />
di guardare a Dio con gioia,<br />
sapendo di essere amati da Lui.<br />
Anche la passione per l’evangelizzazione<br />
e l’impegno a realizzarla<br />
o sostenerla ha la sua radice,<br />
il suo fondamento nella<br />
gioia che nasce dalla fede.<br />
La gioia e la fede cristiane<br />
sono comunicative, come<br />
l’amore di cui parla Gesù:<br />
«Come io ho amato voi,<br />
così amatevi anche voi gli<br />
uni gli altri»; non si ama e<br />
non si crede veramente<br />
se prevale l’egoismo del<br />
proprio io che rinchiude<br />
in se stessi.<br />
La preghiera a cui siamo<br />
invitati ci unisce ai fratelli<br />
delle comunità cristiane del<br />
continente asiatico, e ci<br />
rende loro collaboratori nel<br />
diffondere l’amore e la gioia<br />
della fede in Gesù in quell’immenso<br />
territorio. Perché questo<br />
avvenga, occorre che l’amo-<br />
Intenzioni missionarie<br />
Settembre e <strong>ott</strong>obre 2011<br />
re del Figlio di Dio fatto uomo abiti in<br />
grande libertà il nostro cuore.<br />
Pregare secondo le intenzioni di questi<br />
mesi è un impegno ad esaminarci se<br />
viviamo la gioia della fede in Dio e la<br />
bellezza del testimoniarla nel vissuto<br />
quotidiano.
PONTIFICIA UNIONE MISSIONARIA<br />
Noi Chiesa,<br />
sacramento<br />
di unità<br />
di AMBROGIO SPREAFICO<br />
curia@diocesifrosinone.com<br />
La <strong>missione</strong> della Chiesa ha<br />
un carattere universale.<br />
Non ha confini di <strong>popoli</strong>,<br />
di lingue, di culture. Se la <strong>missione</strong><br />
langue in tante situazioni e in tante<br />
realtà che viviamo, ci dobbiamo<br />
chiedere se sentiamo come nostra<br />
questa preoccupazione di universalità<br />
e di singolarità del cristianesimo,<br />
insita fin dall’inizio nella vita<br />
della Chiesa. Infatti, anche se siamo<br />
in un mondo globale, è difficile<br />
condividere uno spirito universale.<br />
Anzi, poiché la globalizzazione<br />
talvolta impaurisce, ci si chiude<br />
facilmente in se stessi, nel proprio<br />
particolare, che può essere un<br />
gruppo, una comunità, un Paese,<br />
una nazione, un’etnia, insomma<br />
qualsiasi realtà che faccia sentire<br />
protetti dalla minaccia di chi è o si<br />
presenta diverso. La spinta al particolarismo<br />
cresce anche nella nostra<br />
vecchia Europa, nonostante essa<br />
abbia raggiunto una certa unità.<br />
Basti pensare solo al nostro Paese,<br />
dove i particolarismi stanno intaccando<br />
un’unità conquistata a fatica<br />
e che senza alcun dubbio ci accomuna.<br />
Fin dall’inizio del cristianesimo ci<br />
furono divisioni e il senso del particolare<br />
talvolta mise in seria difficoltà<br />
questo spirito universale, che<br />
fa di individui separati un solo corpo.<br />
Il capitolo 15 degli Atti degli<br />
Apostoli ci racconta la discussione<br />
di Paolo con i responsabili della<br />
comunità di Gerusalemme, la<br />
comunità madre, circa le modalità<br />
di am<strong>missione</strong> dei pagani alla<br />
comunità cristiana. Un momento<br />
di passaggio significativo, nel quale<br />
la saggezza degli apostoli permise<br />
di rimanere radicati nella tradizione<br />
di Israele senza vanificare la<br />
novità dell’annuncio evangelico e<br />
della salvezza in Cristo morto e<br />
risorto.<br />
La controversia tuttavia non si<br />
risolse definitivamente se nella lettera<br />
ai Galati Paolo rimprovera<br />
Pietro di un doppio comportamento<br />
che metteva in discussione<br />
l’unità della comunità: «Quando<br />
Cefa venne ad Antiochia, mi<br />
INSERTO PUM<br />
opposi a lui a viso aperto perché<br />
aveva torto. Infatti, prima che<br />
giungessero alcuni da parte di Giacomo,<br />
egli prendeva cibo insieme<br />
ai pagani; ma, dopo la loro venuta,<br />
cominciò ad evitarli e a tenersi in<br />
disparte, per timore dei circoncisi»<br />
(2,11-12). È soprattutto nella<br />
comunità di Corinto che la rivendicazione<br />
dell’appartenenza a un<br />
gruppo piuttosto che a un altro<br />
rischia di mettere radicalmente in<br />
pericolo l’unità della comunità.<br />
Gesù, proprio prima della sua passione,<br />
aveva pregato per l’unità dei<br />
discepoli quasi come fosse il suo<br />
testamento: «Non prego solo per<br />
questi, ma anche per quelli che<br />
crederanno in me mediante la loro<br />
parola: perché tutti siano una cosa<br />
sola; come tu, Padre, sei in me e io<br />
in te, siano anch’essi in noi, perché<br />
il mondo creda che tu mi hai mandato.<br />
E la gloria che tu hai dato a<br />
me, io l’ho data a loro, perché »<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE- OTTOBRE 2011<br />
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PONTIFICIA UNIONE MISSIONARIA<br />
siano una cosa sola come noi siamo<br />
una cosa sola. Io in loro e tu in<br />
me, perché siano perfetti nell’unità<br />
e il mondo conosca che tu mi hai<br />
mandato e che li hai amati come<br />
hai amato me» (Gv 17, 20, 23).<br />
Chissà, forse Gesù sentiva come<br />
l’unità di quella piccola comunità<br />
fosse già minacciata dalla divisione.<br />
L’unità influisce in maniera decisiva<br />
sulla <strong>missione</strong> e sulla testimonianza<br />
dei discepoli al mondo.<br />
Gesù prega perché siano una cosa<br />
sola «perché il mondo creda che tu<br />
mi hai mandato». E poi ancora:<br />
«Siano perfetti nell’unità e il mondo<br />
conosca che tu mi hai mandato<br />
e li hai amati come hai amato me».<br />
Insomma, l’unità della comunità, a<br />
qualsiasi livello e in ogni espressione,<br />
non è una cosa in più, un’ag-<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE- OTTOBRE 2011<br />
giunta che può anche non esserci,<br />
ma si costituisce come un elemento<br />
essenziale del nostro essere<br />
discepoli e della crescita della<br />
Chiesa. Gli altri crederanno anche<br />
nella misura in cui noi siamo uniti.<br />
E qui non si tratta solo dell’unità<br />
della diverse Chiese e<br />
comunità cristiane, a cui si è talvolta<br />
relegata l’interpretazione di<br />
questo passo evangelico, ma dell’unità<br />
di ogni comunità in se stessa<br />
e nel suo legame con il corpo<br />
della Chiesa. Per questo è necessario<br />
esaminare la vita delle nostre<br />
comunità, in qualsiasi forma esse<br />
si siano costituite, per chiederci in<br />
quale misura la preoccupazione<br />
dell’unità stia alla base della nostra<br />
preghiera e del nostro essere insieme.<br />
Talvolta prevale, soprattutto<br />
nella vita parrocchiale, un profondo<br />
e radicato individualismo,<br />
per cui la fede è un fatto privato,<br />
che non si incontra che<br />
casualmente con gli altri. Manca<br />
spesso una tensione verso l’unità, e<br />
quindi un impegno per l’unità. Si<br />
accetta con naturalezza che ci siano<br />
gruppi e individui contrapposti,<br />
litigi e fratture insanabili, prepotenze<br />
degli uni sugli altri, spartizioni<br />
di potere e partiti, divisioni<br />
antiche mai sanate. Forse, e bisogna<br />
chiederselo, la crisi della <strong>missione</strong><br />
è determinata anche dalla<br />
scarsa unità che noi testimoniamo.<br />
Mancanza di unità significa mancanza<br />
di amore reciproco, mancanza<br />
di umanità, di calore umano,<br />
di preoccupazione per gli altri,<br />
soprattutto per i poveri e i
isognosi. Significa concentrazione<br />
su sé stessi e sulle proprie pretese,<br />
che si impongono sugli altri,<br />
ambizione e ricerca di ruoli e<br />
posti da occupare. Quindi divisione<br />
e contrapposizione.<br />
Soprattutto, mancanza di unità<br />
significa uno scarso senso del proprio<br />
bisogno del Signore e degli<br />
altri, un individualismo esasperato<br />
che porta a vivere senza gli altri,<br />
un orgoglio di gente che si crede<br />
sicura di sé e disprezza o giudica<br />
gli altri. Si fa da maestri, magari<br />
solo nel proprio cuore, mentre si è<br />
poco figli, gente che ascolta il<br />
Signore anziché se stessa e si lascia<br />
guidare da Lui.<br />
L’apostolo Paolo aveva consapevolezza<br />
di questo pericolo che correvano<br />
le sue comunità. Nella prima<br />
lettera ai Corinzi ne parla chiaramente:<br />
«Vi esorto pertanto, fratelli,<br />
per il nome del Signore nostro<br />
Gesù Cristo, a essere tutti unanimi<br />
nel parlare, perché non vi sia-<br />
no divisioni tra voi, ma siate in<br />
perfetta unione di pensiero e di<br />
sentire. Infatti a vostro riguardo,<br />
fratelli, mi è stato segnalato dai<br />
familiari di Cloe che tra voi vi<br />
sono discordie. Mi riferisco al fatto<br />
che ciascuno di voi dice: ‘Io<br />
sono di Paolo’, ‘Io invece sono di<br />
Apollo’, ‘Io invece di Cefa’, ‘E io<br />
di Cristo’. È forse diviso il Cristo?<br />
Paolo è stato forse crocifisso<br />
per voi? O siete<br />
stati battezzati nel nome<br />
di Paolo?» (1,10-13).<br />
Le divisioni mettono in<br />
discussione radicalmente<br />
la vita della comunità e<br />
il suo stesso fondamento<br />
evangelico. Paolo risponde<br />
a questa situazione<br />
difficile in tutta la lettera,<br />
anche affrontando<br />
situazioni concrete che<br />
avevano portato alla<br />
divisione, come nel capitolo<br />
dieci la questione<br />
dei pasti sacri. Tuttavia è<br />
in particolare nel capitolo<br />
12, quando egli affronta il problema<br />
dei doni spirituali e dei carismi,<br />
che Paolo offre una visione<br />
concreta e insieme profonda dell’unità<br />
della Chiesa.<br />
Qual è la risposta alla diversità<br />
umana, ma anche alla diversità dei<br />
doni e dei ministeri che noi stessi<br />
abbiamo ricevuto da Dio. È il ben<br />
noto brano della Chiesa come un<br />
corpo. Il parlare dell’apostolo è<br />
concreto. Quando in 1 Cor. 12,<br />
Paolo parla della necessità di formare<br />
un unico corpo, non si riferisce<br />
a una prospettiva ideale, ma<br />
reale e concreta.<br />
INSERTO PUM<br />
Il problema di Corinto era l’unità<br />
del corpo, la comunione tra membra<br />
diverse, tra etnie diverse, tra<br />
gente la più differente come origine<br />
sociale e cultura. C’erano militari<br />
e schiavi, commercianti, ebrei,<br />
greci. Dobbiamo abituarci a vedere<br />
oltre queste belle immagini della<br />
prima lettera ai Corinzi la realtà<br />
della comunità. Dio stesso ha<br />
disposto «le membra del corpo in<br />
modo distinto», ma nessuna parte<br />
del corpo può dire di essere autosufficiente<br />
e di non avere bisogno<br />
delle altre parti. Se una mano, una<br />
testa, un occhio dice alle altre<br />
membra: «Non ho bisogno di te»,<br />
quella parte si inaridisce e muore.<br />
Sì, talvolta le comunità si inaridiscono,<br />
e persino si estinguono,<br />
perché ognuno vive per stesso,<br />
come se gli altri non esistessero.<br />
«Dio ha disposto il corpo conferendo<br />
maggiore onore a ciò che<br />
non ne ha, perché nel corpo non<br />
vi sia divisione, ma anzi le varie<br />
membra abbiano cura le une delle<br />
altre. Quindi se un membro soffre,<br />
tutte le membra soffrono<br />
insieme; e se un membro è onorato,<br />
tutte le membra gioiscono con<br />
lui. Ora voi siete corpo di Cristo<br />
e, ognuno secondo la propria parte,<br />
sue membra» (12,24-27).<br />
Viviamo come un corpo, un noi,<br />
un’unità di gente diversa, perché<br />
gli altri vedendo come ci amiamo,<br />
siano conquistati alla fede nel<br />
Signore nostro Gesù Cristo. Così<br />
la Chiesa, e ogni nostra comunità,<br />
potrà davvero essere «sacramento<br />
dell’unità di tutto il genere umano»,<br />
come ha scritto il Concilio<br />
Vaticano II (LG 1).<br />
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